LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI
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Un percorso
didattico
al Museo
Ebraico
di Merano
di Rosanna Pruccoli
Prenotazioni e informazioni:
Solo tra il 1 settembre e il
31 ottobre per tutto l’anno
scolastico.
Tel. 0473.201300
dal lunedì al giovedì dalle ore
17.30 alle 19.00
Fax 0473.201300
e-mail: [email protected]
storiae
Il Museo Ebraico di Merano, allestito all’interno della
Sinagoga di via Schiller, è stato inaugurato nel giugno del
1996. Le eleganti vetrine contengono paramenti sacri come le
pregiate Parochet da Aron, ossia le tende di seta, velluto o
damasco che adornano l’armadio nel quale sono custoditi i
rotoli della Torà; oggetti rituali come i rotoli della Torà; un
antico Talmud; una Haggadà di Pesach (il libro che narra la
liberazione degli ebrei dalla schiavitù in Egitto) istoriata;
i filatteri di cuoio, così come un antico Taled (scialle da
preghiera), impreziosiscono il percorso museale e narrano
più di un aspetto della vita religiosa, tradizionale e cultuale. Molte fotografie ritraggono personaggi che un tempo
avevano dato lustro alla Comunità, così come edifici di
proprietà ebraica; unitamente a lettere, planimetrie e importanti documenti storici accompagnano invece il visitatore
attraverso le vicissitudini della Comunità ebraica meranese,
dalla sua formazione fino agli anni di maggiore sviluppo.
Essi documentano il contributo dato dalla comunità ebraica
al turismo cittadino, dalla creazione del Sanatorio al soggiorno in città di scrittori, intellettuali e uomini di scienza
che diedero un decisivo impulso a Merano come meta
ambita per la borghesia colta mitteleuropea.
Ben nove vetrine contengono invece significativi e
toccanti documenti capaci di testimoniare con chiarezza
le esclusioni perpetrate nei confronti della popolazione
ebraica a partire dalla propaganda fascista antiebraica
che precedette l’emanazione delle leggi razziali, fino alle
persecuzioni messe in atto a partire dal 1938 e le laceranti
esperienze della Shoah. Infine l’arrivo e il ricovero al Sanatorio ebraico di Merano di molte centinaia di sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti concluse quella tragedia
individuale e collettiva, ma per gli ebrei meranesi la conta
definitiva dei propri assassinati nei campi di Reichenau,
Mauthausen ed Auschwitz, ai quali si aggiungono quelli
assassinati nel Lager di Bolzano, costituisce il fulcro di
quel periodo.
Il Museo si è organizzato da subito per accogliere le
classi delle scuole di ogni ordine e grado della regione
offrendo loro una visita guidata e veri e propri laboratori
di storia e cultura ebraica. Con incessante frequenza, infatti, al Museo Ebraico bambini delle scuole elementari,
ragazzi delle scuole medie e giovani delle scuole superiori
si confrontano con la storia della Comunità ebraica cittadina, fatta di imprenditoria, crescita culturale ed economica, rinomanza internazionale, ma anche emarginazione ed
infine persecuzione, denuncia, distruzione, deportazione e
morte. Ogni attività didattica consta di lavori in coppie o
in piccoli gruppi, letture e osservazioni, analisi di fonti e
documenti; su richiesta e ad integrazione di tutto ciò vengono inoltre proiettati filmati e documentari. Ogni attività
pedagogica viene bilanciata ed adeguata alle esigenze della
singola classe, costruendo con l’insegnante o con il gruppo di insegnanti che partecipano al progetto un cammino
attraverso la cultura, la ritualità, la letteratura e la storia
della Comunità ebraica di Merano e dell’Ebraismo in genere. A partire dai primi giorni del nuovo anno scolastico,
infatti, è cura del Museo incontrare i professori, mostrare i
materiali e concordare i criteri dell’intervento. Per le classi
l’ingresso al Museo Ebraico è vincolato alla prenotazione e
alla visita guidata o a un progetto di più ampio respiro. Si
accetta una sola classe per volta e si richiede agli studenti
di portare carta e penna nonché, per i maschi, di indossare
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un copricapo durante la visita del cimitero e del
tempio.
Il Museo offre ben 15 diversi percorsi didattici
che prendono in esame tanto gli aspetti storici,
quanto quelli letterari e religiosi attinenti nello
specifico alla presenza ebraica nella regione,
estendendone tuttavia gli approfondimenti all’
Ebraismo in generale.
Sul piano storico i percorsi affrontano la presenza ebraica nell’Europa e nel Tirolo medievali,
ricostruendo, ove possibile, le storie dei singoli,
e ripercorrendo la complessa legislazione tirolese
in materia ebraica stilata spesso in una situazione
di totale assenza di ebrei. Vengono inoltre analizzate le forme di antisemitismo, l’iconografia
antiebraica, le diverse ondate persecutorie e i
processi scaturiti dalle false accuse di omicidio
rituale. La presenza ebraica sul territorio tirolese
è documentata sin dal XIII secolo. Allo stato attuale delle ricerche sappiamo che l’insediamento
di ebrei veniva limitato, per precisa volontà dei
principi territoriali del Tirolo, a settori specifici
quali l’imprenditoria ed il commercio, nonché
alla gestione di alcuni aspetti finanziari e fiscali
connessi alla dominazione del territorio e consentendo loro, peraltro dietro lauti tributi detti “Judensteuer”, di ottenere protezione e possibilità
di lavoro senza che essi potessero comunque
ottenere una parificazione agli altri sudditi. Essi
si stabilirono così nei centri del commercio e del
potere tirolesi: Merano, Bolzano, Innsbruck, Hall,
Lienz, Rovereto, ove furono costretti ad occuparsi nei mestieri più sgradevoli od invisi alla
popolazione. Sul territorio tirolese e nelle enclave
dei principati vescovili di Trento e Bressanone
gli ebrei furono prestatori di denaro, gabellieri
di dogana, esattori, amministratori di zecca, farmacisti, stracciaioli, venditori ambulanti. Così,
ad esempio, l’ebreo Maisterlino tra il 1296 ed il
1297 fu impiegato in una delle numerose dogane
che costellavano il territorio tirolese e che assicuravano al principe un gettito fiscale continuo,
quella di Tel. Dodici anni dopo, nel 1309 e fino
al 1311, Isaak di Lienz e il di lui cugino Bonisaak
di Gorizia amministravano la zecca di Merano, la
dogana di Tel e quella di Lueg am Brenner. Ma
la presenza ebraica sul territorio tirolese in epoca medievale fu tutt’altro che scevra di violente
persecuzioni così come ebbe a rivelare anche
l’importante cronaca di Goswin di Marienberg,
che tramandò il ricordo delle torture e delle violenze perpetrate sugli ebrei nel 1348 in occasione
del propagarsi della peste. Essi furono bruciati,
ammazzati a colpi di spada e uccisi come martiri.
Trucidare la popolazione ebraica molto spesso
significava anche non dover più far fronte ai
debiti contratti coi finanziatori e con i prestatori
di denaro, salvaguardando così le già precarie
condizioni economiche di regnanti e popolazione.
Inoltre l’automatica confisca dei beni ebraici portava ulteriore introito all’erario. Le persecuzioni e
gli eccidi continuarono nel territorio tirolese con
le accuse di omicidio rituale avvenute tra il 1442
e il 1475 a Lienz, Rinn, Trento e Monticolo.
Dopo i fatti di sangue legati alle false accuse
di omicidio rituale per un lungo periodo di tempo
in Tirolo la presenza ebraica fu sporadica se non
completamente assente. È nell’Ottocento, invece,
che nuclei familiari ebraici tornano a stanziarsi
nel Tirolo meridionale con permesso imperiale e
provenienti dal Vorarlberg. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, grazie anche all’emanazione dell’ordinamento sulla libertà confessionale (1861), numerosi medici e imprenditori di fede
ebraica vennero a stabilirsi a Merano, infoltendo
il minuscolo gruppo ebraico preesistente e dando notevole impulso alle strutture d’accoglienza
del turismo di cura ebraico e più in generale alla
nomea di centro climatico che la città stava formandosi. Con l’andare degli anni in città il flusso
di trasferimento di imprenditori, commercianti,
artigiani, fotografi ebrei fu continuo.
Per il periodo ottocentesco i percorsi affrontano la storia della formazione della Comunità
ebraica meranese, le storie familiari e imprenditoriali dei primi ebrei giunti nel Sudtirolo a
partire dal 1832. Vengono indagate le diverse
fasi di crescita, di inserimento nel tessuto sociale
con l’apertura di alberghi, negozi e caffè, fino
a giungere alla fondazione di quelle strutture
indispensabili per la vita religiosa e per la solidarietà ebraica quali il cimitero, il sanatorio per
non abbienti ed infine la sinagoga.
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I percorsi didattici che si occupano degli aspetti
letterari affrontano invece la presenza a Merano di
numerosi scrittori ebrei. Sulla scia dei numerosi turisti convinti che il clima meranese potesse curarli o
addirittura guarirli, si mise in viaggio anche il poeta, novellista e pubblicista ebreo Perez Smolenskin
(1842–1885) che raggiunse Merano il 16 dicembre
1884. Al suo arrivo fu .naturalmente registrata la sua
presenza e la “Meraner Kurliste” lo classificò come
“Literat aus Wien”. Scelse di alloggiare alla Pension Tschoner in via Winkel. Perez Smolenskin
era uno dei primi propugnatori del nazionalismo
ebraico, nonché un pioniere del ritorno degli ebrei
in Palestina. Morì a Merano qualche tempo dopo,
il 2 febbraio del 1885, e fu sepolto nel cimitero
ebraico cittadino.Da qui la sua salma fu traslata,
dopo la seconda guerra mondiale, in Israele, ed
ora riposa con i fondatori dello stato d’Israele sul
Monte Herzl a Gerusalemme. Assai noti sono i
soggiorni in città del viennese Arthur Schnitzler
avvenuti fra il 1882 ed il 1907, di cui viene data
ampia testimonianza tanto nelle lettere quanto
nelle opere dello scrittore. Nel 1882 Schnitzler
giunse a Merano al seguito del padre per tornarvi
nel 1886 ed ebbe modo di rincontrare Olga Waissnix, il cui appassionato ricordo attraversa molta
dell’opera dell’autore. Tornò nel 1900 e nel 1907,
quando vi trascorse un mese con la moglie Olga
Gussmann, soggiorno questo nel quale lavorò essenzialmente al suo romanzo Der Weg ins Freie.
Tracce dei soggiorni meranesi di Stefan Zweig,
avvenuti tra il 1908 ed il 1913, si ritrovano tanto
nelle lettere quanto nelle opere. Quando Zweig
giunse a Merano per la prima volta aveva già
raggiunto una sua notorietà avendo pubblicato la
raccolta Silberne Seiten, ed il dramma Tersites.
I percorsi dedicati alle persecuzioni, alle leggi
razziali, alla Shoah e alla preparazione dei giovani
in vista della Giornata della Memoria, che il 27 gennaio di ogni anno da quando fu istituita con legge
dello Stato ricorda la Shoah e quanti aiutarono gli
ebrei a rischio della propria vita, sono ovviamente
i più numerosi.
Degli ebrei censiti a Merano nel 1938 solo 113
risultavano di nazionalità italiana mentre la maggior
parte possedeva cittadinanze straniere e proveniva
da ogni dove: dalla Germania alla Polonia, dalla Cecoslovacchia alla Lituania, dall’Olanda alla Spagna,
dalla Turchia alla Francia e persino dal Nicaragua.
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Gli ebrei stranieri residenti in Alto Adige furono
espulsi dalla provincia di Bolzano nel 1939. Essi
cercarono rifugio in vari luoghi fra cui Francia,
Svizzera, e Stati Uniti, oltre che nella Palestina
che a quel tempo era un mandato assegnato dalla
Società delle Nazioni alla Gran Bretagna. Degli
ebrei rimasti in città molti erano anziani, malati o
invalidi, ciò nondimeno furono chiamati al lavoro
coatto e sottoposti a pesanti mansioni. Fin dalla caduta del regime fascista, il 25 luglio 1943, la Germania tentò di riprendere in mano il caso politico
lasciato in sospeso per molti anni e si preparò ad
occupare militarmente l’Alto Adige per annetterlo
al Terzo Reich. All’indomani della dichiarazione
di armistizio annunciata dal Generale Pietro Badoglio (8 settembre 1943), Himmler inviò in Alto
Adige il Brigadeführer delle SS Karl Brunner. Egli
attivò tutte le locali organizzazioni naziste e ordinò
loro di arrestare tutti gli ebrei. A Merano arrivò il
feroce gruppo al comando di Luis Schintlholzer
con il compito di organizzare la deportazione. Gli
ebrei furono denunciati da vicini, conoscenti, da
chiunque volesse liberarsi di una loro presenza
spesso solo per potersi impadronire dei loro beni;
arrestati dagli uomini della Gestapo e della SOD,
essi furono condotti poi nei sotterranei dell’allora
“Casa del Balilla” in via Huber. Qui furono tenuti
senza cibo né acqua, interrogati e schedati, quindi
condotti al lager di Reichenau presso Innsbruck. In
questo luogo furono raggiunti da altri ebrei catturati
a Bolzano e in altre località della provincia. Questa
del 16 settembre 1943 fu la prima deportazione degli
ebrei in Italia. Altri ebrei meranesi furono catturati
nelle località dove si erano rifugiati e quindi deportati. Reichenau, Mauthausen, Auschwitz furono i
luoghi della loro morte.
Importanti documenti narrano anche delle violenze perpetrate sugli ebrei nel lager di Bolzano
nei dieci mesi in cui esso rimase in funzione. I
percorsi didattici si occupano infine della Brichà,
una organizzazione di volontari che, con il sostegno
dell’American Joint Distribution Committee americano, faceva giungere illegalmente e generalmente
nottetempo al Sanatorio ebraico di Merano quanti
più sopravvissuti ai lager possibile. Nel sanatorio
venivano loro praticate le prime cure e venivano
rimessi in forza per affrontare la seconda e ancor
più dura parte del viaggio: raggiungere Erez Israel,
la Terra d’Israele, che essi speravano potesse divenire anche la loro patria sognata nei duemila anni
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155. - 159. Immagini del Museo Ebraico di
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