SOCIETA’ DI SCIENZE FARMACOLOGICHE APPLICATE SOCIETY FOR APPLIED PHARMACOLOGICAL SCIENCES SSFAoggi Notiziario di Medicina Farmaceutica Bimestrale della Società di Scienze Farmacologiche Applicate Agosto 2015 numero Fondata nel 1964 50 Numero 50, qualche riflessione Sommario: Editoriale 1 Test sugli animali 2 Regolamento Europeo 3 Congresso GIQAR 6 Congresso SMD 9 Qualità nel Regolamento EU 12 Oggi parliamo di…. 14 Cari Soci, cari lettori, eccoci arrivati al numero 50 della nostra rivista, qualche riflessione è doverosa. Per prima cosa, lasciatemi dire che mai avrei pensato, quando nel marzo 2007 mi recai presso l’ufficio di Marco Romano (a quei tempi in via Pirelli) per impostare il numero 1 di SSFAoggi, che stavamo dando il via ad un’avventura di così grande successo. In questi cinquanta numeri, siamo passati da 4 facciate in bianco e nero e con caratteri piccolissimi, ad una rivista con 24 oppure 32 pagine, a colori, e con tanti collaboratori che regolarmente inviano articoli per la pubblicazione. Il gradimento della nostra rivista è molto alto, come molti di voi mi testimoniano quando ci incontriamo ai corsi oppure ai seminari SSFA. Naturalmente, di questo successo devo personalmente ringraziare i tre Presidenti SSFA che hanno sempre sostenuto la rivista, da Francesco De Tomasi a Gianni De Crescenzo ed ora a Marco Romano. E questo ringraziamento va esteso a tutti i membri del Consiglio SSFA, che hanno dato un importante contributo con suggerimenti ed idee. Ed infine, un grazie anche ai 5 membri della redazione, che dividono con me l’impegno di rileggere i testi e di suggerire i contenuti. Ed ancora grazie a Sabrina, che impagina e confeziona ogni numero, con molta passione ed impegno. Fatti i ringraziamenti, lasciatemi ora fare qualche riflessione, che terremo presente per i ….prossimi 50 numeri! Costi della rivista. Seminario BIAS 16 BMJ 17 Ricerca Clinica e Comitati Etici 18 Notizie dai master 20 Per SSFA, che ha un bilancio molto modesto basato essenzialmente sulle quote di iscrizione e sugli (ormai pochi) utili da convegni e corsi, è fondamentale tenere i costi sotto un rigoroso controllo. Ecco le cifre: i sei numeri dell’anno 2014 sono costati complessivamente 16.230 euro (impostazione, stampa e spedizione). Abbiamo anche pubblicato 37 inserzioni pubblicitarie (di cui ringraziamo gli sponsor), con un incasso di 11.100 euro. in conclusione, ogni numero, che viene stampato in media in 1500 copie, è costato circa 850 euro, poco più di 50 centesimi a copia. Si tratta di una cifra non indifferente, ma che il Consiglio ha ripetutamente deciso di poter sostenere, alla luce dei benefici che riusciamo ad ottenere. Carta o digitale? Tesi master Bicocca 20 Campus Biogem 25 Botanicals 26 Conflitto di interesse 28 News on Clinical Trials 31 Nuovi Soci 32 Più volte, nelle riunioni di Consiglio, si è discusso se non valesse la pena, per ridurre i costi, di passare alla versione digitale, ed abbandonare la carta stampata. Personalmente ho sempre sostenuto l’importanza di avere una versione cartacea, perché così i Soci ricevono un “oggetto” che spesso vedo sulle loro scrivanie, per una consultazione ripetuta nel tempo. Inoltre la versione cartacea ci consente un’ampia distribuzione: per esempio, gli studenti dei diversi master dove sono coinvolti docenti SSFA, ricevono regolarmente, nel corso delle lezioni, copie della rivista, e da questa distribuzione scaturiscono molto spesso iscrizioni alla SSFA. Io stesso, ogni volta che sono invitato a seminari o congressi, mi preoccupo di portare diverse copie della rivista, e so che l’apprezzamento per la rivista si è spesso trasformato in altrettante iscrizioni. Infine, se ci confrontiamo con le società scientifiche a noi più vicine (come SIF oppure SIAR), possiamo constatare che anche loro continuano a stampare su carta la loro rivista, avendo raggiunto le nostre medesime conclusioni. Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB PRATO (Continua a pagina 2) Anno IX numero 50 Pagina 2 La crescita della SSFA Nell’editoriale dello scorso numero, Marco Romano ha sottolineato la buona salute di SSFA, ed il significativo incremento di iscrizioni da parte di nuovi soci, al punto che lo stesso Marco si è augurato di poter arrivare al socio numero mille entro il suo triennio da Presidente SSFA. Condivido appieno il suo augurio, che ritengo raggiungibile: e la sua riflessione mi ha spinto a fare un’analisi dell’incremento delle nostre iscrizioni. Come potete apprezzare dalla Figura 1, il numero di nuove iscrizioni, stabile intorno a quota 50 per anno, ha subito un significativo incremento a partire dall’anno 2008. Molti fattori hanno di certo causato questo incremento (la qualità dei nostri seminari e congressi, l’attualità dei temi in discussione). Però è anche giusto ricordare che SSFAoggi ha iniziato le sue pubblicazioni proprio nel maggio 2007: quindi un contributo alle iscrizioni SSFA è certamente anche ascrivibi- Figura 1. Nuove iscrizioni alla SSFA negli ultimi dieci anni le alla nostra rivista, che è sempre più gradita ed apprezzata. In conclusione, lasciatemi dire che il successo della nostra rivista è per me motivo di grande soddisfazione, che ampiamente ripaga le molte ore che dedico a SSFAoggi. Ringrazio ancora tutti, dalla redazione a Sabrina, dal Consiglio agli autori degli articoli, che hanno contribuito, e che continuano a contribuire a rendere la nostra rivista non solo un utile strumento di lavoro, ma anche una piacevole lettura. Domenico Criscuolo Test sugli animali, Nature: "Proibirli è un pericolo per la scienza" Il dibattito in corso sulla sperimentazione animale si arricchisce. A prendere posizione è la rivista Nature che ospita un editoriale firmato da Kay Davis, genetista dell'Università di Oxford. In sintesi: eliminare le attuali normative europee sulla sperimentazione sarebbe un pericolo per la scienza ma anche per la salute degli animali. E l'allerta di Nature è destinata a influire sulla discussione in corso al parlamento UE, per abrogare le attuali leggi, promossa dai movimenti anti -vivisezione, soprattutto italiani. Dopo aver acceso il dibattito nell'aula del Senato, il tema delle normative sulle sperimentazioni animali si allarga dunque all'Europa. Forte di un milione di firme raccolte, l'iniziativa europea anti- vivisezione "chiede l'abrogazione di una direttiva europea che protegge gli animali utilizzati per la scienza", spiega Davis. "La rimozione della direttiva - scrive la genetista - sarebbe un passo significativo indietro sia per il benessere degli animali nell'Unione Europea e per il ruolo guida dell'Europa nella promozione della salute umana e animale". "Si tratta di una provocazione estremista", ha commentato Silvio Garattini, direttore dell'Istituto Mario Negri. "Si tratta di movimenti ideologici - ha aggiunto - puramente antiscientifici" Anno IX numero 50 Pagina 3 CRITICITA’ DEL REGOLAMENTO EUROPEO SUGLI STUDI CLINICI Organizzato dal Gruppo Medicina Farmaceutica della SSFA, il seminario si è tenuto il 21 maggio a Milano presso la FAST. Aula strapiena a dimostrazione che l’argomento è di straordinaria attualità e suscita grande interesse. In effetti possiamo dire che l’introduzione del Regolamento costituirà un evento epocale per la sperimentazione clinica, e che comporterà mutamenti e riorganizzazioni anche nelle industrie farmaceutiche e nelle CRO. Il prof. Vincenzo Salvatore, docente di Diritto Internazionale all’Università dell’Insubria e per diversi anni Head of the Legal Services EMA, ha illustrato gli elementi innovativi del Regolamento e le previste date di attivazione che comunque dovrà essere preceduta dalla entrata in funzione degli indispensabili strumenti informatici (Portale, Banca Dati). Il regolamento si propone di eliminare o ridurre al minimo le difformi procedure locali dei singoli stati: pertanto, prima della sua entrata in vigore, dovranno essere implementati numerosi “Delegated Acts” e “Guidance Documents” elaborati dalla Commissione, come ad esempio quelli riguardanti le procedure di ispezione dell’osservanza della GCP, con qualifiche e formazione degli ispettori, quelli riguardanti la GMP, la presentazione e la condivisione dei dati grezzi degli studi clinici su base volontaria da parte del promotore. Per quanto riguarda i Comitati Etici (CE), Salvatore ha ricordato che la Commissione non ha competenza nel settore e non può quindi imporre agli stati membri norme di legge su questi organismi. Il Regolamento richiede comunque come “mandatory” la valutazione da parte di una struttura indipendente costituita secondo le leggi dello stato membro. Resta in discussione un aspetto che ha suscitato critiche e cioè che anche nel caso dei CE varrà la regola del silenzio/assenso mentre le norme vigenti impongono che sia comunque espresso un motivato parere da parte del CE prima che lo studio abbia inizio. Altro punto che notoriamente ha suscitato critiche è quello degli studi a basso livel- lo di intervento, cioè studi con farmaci impiegati nelle indicazioni e alle dosi specificate nella AIC. Scopo del Regolamento è consentire che tali studi (prevalentemente di tipo No Profit), richiedano una minore copertura assicurativa o addirittura non ne richiedano alcuna, con sollievo economico degli enti di ricovero e cura da dove prevalentemente essi emanano. Ho già sottolineato in un mio articolo che a queste condizioni rispondono in pratica solo gli studi osservazionali che già ora non richiedono coperture assicurative ad hoc, mentre, qualora si tratti di uno studio interventistico, sarà in genere difficile stabilire i criteri in base ai quali definire il “minimal additional risk”, anche perché il fattore generalmente preso in considerazione in uno studio clinico non è il rischio in assoluto ma piuttosto il rapporto beneficio/rischio che può anche indurre ad accettare di correre qualche rischio a fronte di maggiori consistenti benefici. Per non parlare di quali garanzie richiederebbero le compagnie di assicurazione: altro che minimal additional premium! Tra le maggiori aree critiche si segnalano ancora la protezione di inGianluca Botta Prof. Vincenzo Salvatore formazioni confidenziali aventi importanza sotto il profilo commerciale, la protezione dei dati personali, la lingua da utilizzare per il dossier da presentare ed i tempi di risposta indicati dal Regolamento. E’ evidente che, a fronte di una richiesta allo sponsor, può risultare difficile dare risposta in 12 giorni se si considera che spesso la richiesta arriva alla CRO incaricata di gestire lo studio o all’affiliata locale dell’azienda farmaceutica, le quali dovranno probabilmente girare la richiesta al promotore oppure alla casa madre. E non è detto anche qui che la risposta arrivi immediatamente perché può essere necessario discutere il problema con altre funzioni. Questo suggerisce che sia le aziende che le CRO dovranno riorganizzarsi per potere rispettare i tempi, forse centralizzando maggiormente la comunicazione e le responsabilità con un unico referente come richiede il Regolamento: e da alcune parti infatti già arrivano notizie che diverse aziende stanno rivedendo gli organigrammi e le procedure per potere ottemperare alle nuove necessità. Ha preso quindi la parola il dr. Gianluca Botta, Regulatory Affairs Manager, Amgen e membro della SIAR, che ha brevemente riassunto i motivi che hanno portato alla elaborazione del Regolamento: eccessiva lunghezza e difformità delle procedure di accesso agli studi clinici nei diversi paesi dopo la Direttiva 2001/20, eccessiva burocratizzazio(Continua a pagina 4) Anno IX numero 50 (Continua da pagina 3) ne, conseguente riduzione del numero degli studi in Europa (-25% tra 2007 e 2011), tempi medi di attesa aumentati mediamente del 90% (152 giorni), aumento dei costi in buona parte attribuibile ai premi assicurativi. La percentuale degli studi clinici in Italia si è mantenuta costante, intorno al 17% ma poiché in Europa questi sono scesi da 4600 a 3380, il numero assoluto degli studi nel nostro paese è diminuito fortemente. Vi è da notare che, secondo alcuni analisti, la causa principale della diminuzione degli studi clinici sia da attribuire al fatto che le aziende farmaceutiche si stanno progressivamente orientando verso le malattie rare, il che giustifica la riduzione dei centri e dei pazienti coinvolti. Le principali criticità. Le Autorità Competenti (AC) saranno in grado di rispettare gli stretti tempi assegnati per la valutazione dei dossier (32 giorni di calendario)? Riusciranno le AC dei vari stati membri a comunicare tra loro? Riusciranno i promotori a rispondere ad eventuali domande di precisazione entro i 12 giorni assegnati (vedi anche la presentazione precedente)? Tempi e procedure di valutazione dei CE: l’esame sarà eseguito da un solo CE per paese conformemente alle norme dello stato membro prescelto? Chi ed in che modo verrà scelto il CE? Si va verso un solo CE nazionale come prospetta il prof. Pani nella intervista al Sole 24Ore? L’OsSC resterà in attività e come si interfaccerà con la banca dati del Portale? Insomma, occorrerà un forte impegno da parte degli stati membri per mettere in moto e fare ben funzionare in modo armonizzato il nuovo sistema. Teniamo presente che inevitabilmente le sperimentazioni si concentreranno nei paesi che dimostreranno di rispettare i tempi e le prescrizioni introdotti dal nuovo Regolamento, per cui è indispensabile che tutti si attivino per farsi trovare pronti al momento in cui esso entrerà in vigore. E’ seguito l’intervento di Alessandro Mugelli, Professore Ordinario al Dipartimento di Neuroscienze, Area del Farmaco e Salute del Bambino, Università di Firenze, il quale ha esordito mostrando dati che pongono l’Italia in buona posizione in Europa Pagina 4 per quanto riguarda i tempi di esame dei dossier da parte dei CE, mentre il problema è rappresentato dalle lungaggini burocratiche, specie dai ritardi nella firma del contratto. Il tempo intercorrente tra data di presentazione dei documenti al CE ed il ricevimento del contratto presenta una mediana di 6,15 mesi con estremi da 3,5 mesi per la Toscana a 8-9 mesi per Valle d’Aosta e Basilicata. Analogamente il tempo intercorrente tra l’apertura del centro e l’arruolamento del primo paziente cente a contratto all’Università di Tor Vergata il quale collabora con il gruppo di lavoro “GIQAR-GCP Regolamento UE” della SSFA, di cui fanno parte anche Carla Bruzzese, Marina Filippone e Carla Turriziani. Anziché sunteggiare l’intervento, preferisco rimandare il lettore all’approfondito articolo che sull’argomento il prof. Filibeck ha scritto e che è stato pubblicato sul numero 49 di SSFAoggi ed alla seconda parte dell’articolo che appare su questo numero, a pagina 12. varia da 14,0 giorni per Umbria e Liguria a 35-36 giorni per Campania e Piemonte ed ancora più per altre regioni. Il prof. Mugelli ha quindi illustrato la nuova organizzazione dei CE in Toscana. Essi sono passati da 16 ad un CE regionale unico per la sperimentazione clinica suddiviso in 4 sezioni: 3 Aree Vaste (Nord Ovest, Centro e Sud Est) più un CE pediatrico regionale presso l’Ospedale Meyer di Firenze. Si tengono riunioni, alle quali possono partecipare anche sperimentatori, per procedere nella armonizzazione delle procedure, dei criteri di valutazione, ed altro. Mugelli ha ricordato ancora quanto detto dal prof. Pani nella intervista al Sole24Ore, cioè che AIFA intende avviare entro il 2015 uno studio pilota con alcuni CE di eccellenza per definire linee guida sulle rispettive competenze in materia di valutazione di studi e simulare le modalità di interazione con un solo CE. Ha preso quindi la parola sul tema “Aspetti di qualità nel nuovo Regolamento” il dr. Umberto Filibeck, do- La conclusione dell’analisi compiuta dagli autori è che nel Regolamento sono presenti obblighi procedurali finalizzati alla garanzia della qualità nella conduzione degli studi clinici superiori rispetto a quelli richiesti dalle vigenti direttive. Un punto interessante è che viene reso obbligatorio il monitoraggio per tutte le sperimentazioni cliniche, inclusi gli studi No Profit, il che, malgrado gli accorati appelli del recente documento FADOI, non contribuirà certo a ridurre i costi di queste sperimentazioni che appaiono essere uno dei motivi principali della loro forte riduzione di numero. Qui sotto è riportato un testo preparato dalla dr.ssa Elisabetta Riva, Responsabile dell’Ufficio Ricerche Cliniche dell’IRCCS San Raffaele di Milano, nel quale sono illustrate le conclusioni finali da lei esposte anche in riferimento agli interventi presentati. “Il regolamento europeo rappresenta per tutti gli attori coinvolti uno stimolo di innovatività ed una sfida volta al (Continua a pagina 5) Pagina 5 Anno IX numero 50 (Continua da pagina 4) miglioramento della sperimentazione clinica in Europa. E’ indubbio che per un promotore che voglia effettuare uno studio in diversi paesi europei, un portale unico di richiesta e di ritorno sia per le autorità competenti che per i CE, rappresenti una procedura sicuramente molto positiva e vantaggiosa. Di conseguenza il regolamento deve essere considerato una semplificazione normativa e procedurale mirante ad aumentare il numero e la qualità delle sperimentazioni cliniche in Europa, gli investimenti in ricerca, e nuove molecole da saggiare: tutto questo a fronte della garanzia che venga mantenuta l’attenzione verso la salvaguardia dei soggetti in studio. In quest’ottica la possibilità di un tavolo di lavoro comune AIFA – CE viene considerato di grande interesse ed utilità. Dalla lettura del regolamento e dall’ articolo pubblicato dal prof. Pani sul Sole24ore sembra di capire che ci possa essere un solo CE nazionale o un gruppo ristretto di CE volti a collaborare strettamente con AIFA, anche indipendentemente dalla partecipazione alla sperimentazione dei centri di afferenza dei CE. Sarà quindi importante stabilire molto chiaramente i compiti e le responsabilità di AIFA e dei CE in questo nuovo cammino. Sembra di capire che anche tutti gli emendamenti, i rapporti annuali, gli eventi avversi siano in capo a questi comitati, lasciando ai CE attualmente presenti sul territorio nazionale le altre attività quali la valutazione degli studi osservazionali, su dispositivi medici, su procedure chirurgiche, integratori alimentari ed altro. Sarà quindi molto importante che questi CE nazionali costituiscano una rete collaborativa e culturale, con procedure comuni, check list specifiche e condivise. Infine sarà molto importante per il successo dell’iniziativa a livello italiano migliorare le procedure amministrative definendo un modello di contratto standard obbligatorio per tutti i centri italiani e creando le condizioni di fiducia nei confronti della ricerca italiana per i potenziali pazienti.” Luciano M. Fuccella Le presentazioni autorizzate sono disponibili sul sito WWW.SSFA.IT 1 2 Drug Discovery: Contract Research Organization: THERAMetrics is an international, full-service, technology-driven Contract Research & Development Organization providing services and solutions throughout the entire drug discovery & development cycle – from Preclinical to Market Access. THERAMetrics S.p.A. Via Alberto Falck, 15 20099 Sesto San Giovanni (MI), Italy Tel.: +39 02 2413 491 Fax: +39 02 2486 2961 [email protected] www.therametrics.com § Hypothesis generating software tool § International project management § Drug repurposing and repositioning § Regulatory support & submissions § Pre-screening of any selected project § Study activation and monitoring § Improving of sustainability of § Data management & statistics current R&D system § Medical coding & medical review § Pharmacovigilance § Medical writing 4 3 Early Clinical Services: Clinical Supply Services: § Manufacturing and packaging § Logistics and distribution § Return and destruction § IMPD preparation § Multilingual labelling and QR codes § Two own Pase I research units § Testing compounds and devices in healthy volunteers, patients, children and special populations § High recruitment potential § ICH-GCP trained staff Anno IX numero 50 Pagina 6 IL XXIV CONGRESSO NAZIONALE GIQAR Il Congresso Nazionale GIQAR 2015 si è tenuto il 27, 28 e 29 maggio a Napoli presso il Royal Continental Hotel. Al Congresso hanno partecipato circa 100 professionisti appartenenti ad aziende farmaceutiche, istituti accademici, AIFA, Ministero della Salute, Istituto Superiore della Sanità e CRO. Il Congresso si è svolto in tre giornate al fine di consentire la partecipazione di tutti i partecipanti ai workshop. Il Congresso era intitolato, "LA QUALITÀ E LE GXP, L’ASTICELLA SI SPOSTA SEMPRE PIÙ IN ALTO”: questo è stato evidenziato sia dalle sfide delle nuove tipologie di studi svolti in BPL, dall’impegno richiesto per adeguarsi al nuovo Regolamento europeo per la sperimentazione clinica e dalla gestione di source documents elettronici, solo per dire alcuni. Queste novità richiederanno uno sforzo sempre maggiore per assicurare la conformità dei nostri sistemi di qualità. Inoltre le novità presentate dal Regolamento europeo sono state discusse in un’apposita tavola rotonda, mentre gli aspetti nuovi delle BPL e farmacovigilanza sono stati discussi durante gli specifici workshop tenuti nei pomeriggi delle rispettive giornate. Il programma era articolato su due giornate e mezzo di lavoro. La sessione iniziale della prima giornata, dedicata a temi della Buona Pratica di Laboratorio (BPL), è stata aperta con una relazione di P. Cristofori (GSK) e P. Albertini (Aptuit) “GLP Principles in Advanced Therapy Medicinal Products: a new challenge in Gene Therapy Medicinal Products Development”. Un tema molto tecnico dove è stata illustrata la complessità di adeguamento di queste tipologie di studi ai requisiti della BPL. La seconda relazione presentata da B. Vaccarini (Aptuit) verteva su come creare un sistema di qualifica della strumentazione che garantisca compliance GLP, qualità ed efficienza ottimizzando lo sforzo e i costi, ed ha dimostrato come si possa gestire l’impegno richiesto dalla qualifica della strumentazione per il rispetto della BPL pur risparmiando su tempi e costi. La terza relazione presentata da A. Meneguz (Istituto Superiore Sanità) intitolata “L’applicazione della BPL ai dispositivi medici” ha messo in evidenza in modo molto chiaro che in moltissimi casi la BPL non è applicabile o difficilmente applicabile a studi svolti sui dispositivi medici. La seconda sessione era dedicata al workshop BPL con la presenza di A. Meneguz (Ispettore dell’Unità di Monitoraggio BPL) e i moderatori M.M. Brunetti (RTC) ed E. Invernizzi (MerckSerono RBM). Il workshop è stato svolto fornendo ai partecipanti osservazionali” presentata da S. Montanari (Medidata) ha illustrato in modo chiaro le azioni e le procedure applicate a questa tipologia di studi al fine di assicurarne la qualità. La terza relazione trattava il tema, “Source documents elettronici: criticità applicative e approccio alla convalida”, presentata da P. Morelli (Arithmos), il quale ha abilmente descritto le criticità pratiche e le necessità di un corretto approccio alla convalida. La successiva relazione, tenuta da M. Corrado (CROSS Alliance) dal titolo “Nota AIFA sugli studi di bioequivalenza” ha illustrato il lavoro svolto dal sottogruppo GCP GIQAR mettendo in evidenza i punti poco chiari che sono stati presentati ad AIFA ed i chiarimenti ricevuti Paolo Morelli alcune problematiche BPL da risolvere. I presenti sono stati divisi in diversi gruppi, ed il loro lavoro è stato poi discusso collegialmente. La terza sessione, moderata da F. Galliccia (AIFA) e A. Piccolboni (Zambon), era dedicata principalmente alla Buona Pratica Clinica (GCP), ed è iniziata con una relazione molto interessante presentata da S. Ceccotti (Istituto Servier) del titolo “Studi clinici in pediatria: consenso informato nei minori”, che ha messo in evidenza le peculiarità e complessità di questo processo. La successiva relazione “La qualità negli studi dall’autorità regolatoria. L’ultima relazione di questa sessione, presentata da D.G. Calò (Università di Bologna), era intitolata “Il monitoraggio statistico della qualità dei dati e di potenziali frodi negli studi clinici multicentrici ” ed ha descritto in modo molto comprensibile un argomento piuttosto ostico per la sua complessità, indicando come dal monitoraggio statistico si possano identificare potenziali frodi. Nella prima parte della quarta sessione, A. Del Vecchio (AIFA) ha presentato una relazione interessante (Continua a pagina 7) Anno IX numero 50 (Continua da pagina 6) sulla ”Gestione dei serious breaches” spiegando come l’ente regolatorio identifica questi problemi e come vengono gestiti. Questa relazione è stata seguita dalla tavola rotonda GCP “Nuovo Regolamento europeo, impatto su AC, CE, PI, PV, IMP e legale” moderata da F. Galliccia, U. Filibeck (Università Tor Vergata) e C. Turriziani (Consulente QA GCP). E’ stato presentato il lavoro svolto dal sottogruppo GCP GIQAR, guidato in questo lavoro da U. Filibeck, che ha fatto un’analisi molto dettagliata del regolamento, ma soprattutto delle sue ripercussioni sulla legislazione vigente in materia di gestione della sperimentazione clinica. La discussione su questo tema è stata molto interattiva ed interessante, con un generoso contributo dei rappresentanti AIFA. Nella quinta sessione, moderata da A. Del Vecchio e D. Marcozzi (PMClinical) e dedicata alla farmacovigilanza, la prima relazione, presentata da S. Hall (Takeda), trattava il tema “How does drug safety/PV see QA?”. La relazione è stata molto interessante ed ha illustrato i lati positivi e negativi nel rapporto drug safety/PV e QA ed anche come gli aspetti comportamentali possono influenzare questo rapporto. La seconda relazione, presentata in modo brillante da D. Fulco, del titolo “Privacy” ha fornito informazioni e suggerimenti utili e pratici in merito alla gestione della privacy. La successiva relazione, Pagina 7 che potremmo definire il “keynote” della sessione, presentata da P. Porcelli (AIFA), intitolata semplicemente “Relazione AIFA”, ha fornito informazioni preziose e utili in merito alla GVP. Il relatore ha poi risposto con molta chiarezza alle numerose domande poste dai partecipanti. L’ultima relazione della sessione è svolta sotto forma di un workshop, moderata da G. Valsecchi (PQE), D.Marcozzi e P. Porcelli sul tema già citato nella precedente sessione: “Interfacce fra PV ed altre funzioni aziendali, lavoro del sottogruppo QA e PV del GIQAR: incominciamo dal regulatory affairs; requisiti GVP, flussi e processi dalla A alla Z”. I parte- Carla Turriziani stata presentata da A. Pascale (ACRAF) del titolo “Sistema di farmacovigilanza, interfacce fra PV e altre funzioni aziendali: introduzione al lavoro svolto dal sottogruppo GIQAR QA e PV”. La presentazione ha illustrato il lavoro che viene svolto dal gruppo con particolare riferimento agli aspetti delle interfacce con altre funzioni aziendali ed è seguita una discussione interessante. La sesta ed ultima sessione è stata Antonia Pascale cipanti sono stati suddivisi in vari gruppi ciascuno con un caso/ tematica da discutere. Il workshop si è dimostrato molto interessante ed interattivo grazie al contributo molto importante di P. Porcelli che ha risposto con chiarezza alle varie domande, e dando consigli utili nell’interpretazione della GVP. Copie delle presentazioni dei relatori che hanno consentito la divulgazione delle loro relazioni sono disponibili sul sito SSFA – www.ssfa.it. In conclusione, il Congresso GIQAR 2015 può considerarsi un successo sia per il numero dei partecipanti sia per il contenuto stesso del programma. Il merito di questo successo va in modo particolare ad Anna Piccolboni che ha coordinato la fase di preparazione e redazione del programma e che, con Daniela Marcozzi, ha gestito la parte del programma relativa alla GCP e farmacovigilanza. Mercede Brunetti ha curato la preparazione del programma inerente la GLP. Anche i coordinatori del sottogruppo di lavoro GCP, C. Turri(Continua a pagina 8) Anno IX numero 50 Pagina 8 ziani e M. Corrado, hanno contribuito all’organizzazione delle sessioni GCP. Un merito molto importante va ai rappresentanti di AIFA ed Istituto Superiore di Sanità, sia per la loro disponibilità a partecipare al congresso, sia per la partecipazione attiva e competente in tutte le discussioni. Un grazie particolare va anche agli sponsor: ALTERRCONSULTING, CROSS ALLIANCE, CHIESI, CROMSOURCE, HIPPOCRATES RESEARCH, ISTITUTO DI RICERCA SERVIER, MERCK-SERONO–RBM, ROCHE, i quali, con il loro sostegno, hanno contribuito alla buona riuscita dell’evento. In ultimo, ma non per questo meno importante, un ringraziamento alla DOC Congress per aver organizzato tutta la parte logistica e gestionale del Congresso in modo gradevole ed efficiente, insieme alla nostra Segretaria SSFA, Sabrina, che assicura che tutto proceda bene e correttamente. Valentine Sforza Vi aiutiamo nella Gestione della Qualità, con attenzione alla vostra «spending review» 9 9 9 9 9 Sistemi di Qualità GxP Attività di Auditing Gestione e controllo del “sistema SOP” aziendale Convalida Sistemi Computerizzati Formazione Al.Terr. consulting S.r.l. Via Galati Mamertino 61 – 00132 Roma Tel.: +39 0620608109 Mobile: +39 3384830388 e-mail: [email protected] Anno IX numero 50 Pagina 9 ADVANCING COMPETENT PROFESSIONALS IN MEDICINES DEVELOPMENT A PHARMATRAIN – IFAPP – SSFA CONFERENCE ROME, 10-11 JUNE, 2015 I nostri lettori ricorderanno che SSFA aveva ricevuto l’incarico, da parte di IFAPP e PharmaTrain, di organizzare un congresso internazionale per il lancio del progetto SMD (Specialist in Medicines Development). Mi piace qui ricordare che, dopo il Congresso ICPM 1994, organizzato a Roma da SSFA per conto di IFAPP e con l’attenta regia di Luciano M. Fuccella, siamo stati di nuovo invitati a dare il nostro contributo ad una iniziativa internazionale. Sono passati 21 anni, ma SSFA ha saputo ancora una volta dimostrare di essere un’associazione dotata di grandi capacità e forte personalità. Il congresso ha avuto successo, e nel prossimo numero di SSFAoggi ne pubblicheremo un dettagliato resoconto. In questo numero, ci limitiamo a riportare il comunicato stampa che abbiamo diffuso al termine del congresso, ed una carrellata di fotografie. Concludo con un ringraziamento al Consiglio che ha sostenuto questa iniziativa, che ha dato grande prestigio a SSFA: tutti i partecipanti sono rimasti senza parole sia per la scelta della sede (una chiesa che si affaccia sul Foro Romano), sia per l’ottima organizzazione (curata da Sabrina Lucioni), sia per l’alto livello di tutte le presentazioni. Domenico Criscuolo COMUNICATO STAMPA DELLA FEDERAZIONE PHARMATRAIN, DI IFAPP E DI SSFA Lo scorso 10 ed 11 giugno 2015, circa 80 professionisti del settore biomedico, in rappresentanza di Università, Istituti di Ricerca, Agenzie Regolatorie ed Industrie Farmaceutiche, provenienti da tutto il mondo (dagli USA al Giappone, dal Brasile ed Argentina alla Giordania ed alla maggioranza dei Paesi Europei) si sono incontrati a Roma per partecipare al congresso “ Advancing Competent Professionals in Medicines Development ”. Nel presentare il Congresso, il dr Domenico Criscuolo (ex Presidente di IFAPP e SSFA) ha così commentato: “ La qualità nell’industria farmaceutica è un dovere: la missione dell’industria è quella di scoprire, sviluppare e produrre farmaci per migliorare la salute, per cui ogni attività deve adottare i più elevati standard di qualità. In verità, i processi di qualità nell’industria farmaceutica sono iniziati ai tempi dell’esplosione industriale degli anni ’60: le Norme di Buona Fabbricazione (GMP), le Norme di Buona Pratica di Laboratorio (GLP) e le Norme di Buona Pratica Clinica (GCP) hanno ben definito gli standard di qualità di attività molto complesse. Ora è giunto il momento di valutare la qualità della formazione dei professionisti che si occupano dello sviluppo dei farmaci. Negli ultimi anni sono stati attivati in ogni Paese diversi master in medicina farmaceutica e/o sviluppo di farmaci, ed ora è necessario implementare un sistema indipendente di certificazione di qualità, che abbia una visione globale, in quanto lo sviluppo dei farmaci ha una dimensione globale”. La dr.ssa Ingrid Klingmann (Belgio, Presidente della Federazione PharmaTrain) ha aggiunto che “Il progetto PharmaTrain, finanziato nell’ambito del programma Europeo noto con la sigla IMI (Innovative Medicines Initiative), ha avuto la visione di armonizzare in tutta Europa i master di medicina farmaceutica: esso ha avuto molto successo nel definire gli standard di qualità, e nell’identificare diversi centri di eccellenza. Questo programma ha anche suscitato un interesse globale, al punto che nel 2014 si è deciso di costituire la Federazione Pharmatrain, con il compito non solo di continuare nel processo di armonizzazione dei master, ma anche di istituire il titolo di “Specialista nello Sviluppo dei Farmaci (SMD)”, un percorso volontario che garantisca l’applicazione sul lavoro dei principi teorici appresi durante il percorso formativo del master”. Questo concetto è stato ulteriormente sottolineato dal dr Gustavo Kesselring (Brasile, Presidente IFAPP) che ha aggiunto “ Il progetto PharmaTrain è nato in Europa, ed è stato congiuntamente finanziato dalla Commissione Europea e da EFPIA, ma il suo scopo ha rilevanza globale, per cui anche altri continenti, come le Americhe e l’Asia, hanno in corso la sua applicazione”. Infine il dr Marco Romano (Presidente SSFA) ha concluso dicendo “ Siamo orgogliosi nel sottolineare che l’Italia, insieme al Giappone, sarà il primo Paese al mondo ad applicare il progetto SMD. Quindici Università Italiane hanno attivato master in medicina farmaceutica/sviluppo dei farmaci, per cui abbiamo molti professionisti già formati e pronti a partecipare a questo programma di certificazione di qualità. Sono molto contento nel sottolineare che sia AIFA che EMA, le nostre Autorità Regolatorie, ci stanno aiutando in questa iniziativa”. Le diapositive di tutte le relazioni sono disponibili sul sito www.ssfa.it Per ulteriori informazioni, visitare: www.pharmatrain.eu www.ifapp.org Anno IX numero 50 Pagina 10 Dr.ssa Sandra Petraglia Un momento della tavola rotonda Prof. Massimo Di Maio Mariapia Cirenei Prof. Sergio Bonini Anno IX numero 50 Nella foto sopra da sinistra: Gerfried Nell Honorio Silva Luciano M. Fuccella Peter Stonier Johanna Schenk Domenico Criscuolo Gustavo Kesselring Marco Romano Prof. Antonio Torsello durante la sua relazione Pagina 11 Anno IX numero 50 Pagina 12 Le norme del Regolamento UE n. 536/2014 per il rispetto dei requisiti di qualità nelle sperimentazioni cliniche dei medicinali (II parte) Introduzione Il presente articolo completa quanto pubblicato nel precedente numero di SSFA oggi, con la I parte dell’ analisi sulle norme per il rispetto dei requisiti di qualità ( Q ) nel Regolamento UE ( R). In particolare nella I parte sono state analizzate le Enunciazioni e i Principi Generali relativi alla qualità presenti nel R e le connesse specifiche prescrizioni in tema di documentazione generale, di fascicolo di domanda di autorizzazione e di relative valutazioni, nonché gli elementi del protocollo e del monitoraggio ai fini della qualità nella conduzione della sperimentazione. In questa seconda parte verranno analizzate le prescrizioni sulla Q in tema di idoneità degli sperimentatori e delle strutture , sulle verifiche per la Q e sulle possibili conseguenti sanzioni in caso di inadempienze. Qualità in tema di idoneità degli sperimentatori e delle strutture Per questo aspetto le previsioni del R [art. 7 Relazione di valutazione sugli aspetti compresi nella parte II : comma1, lettere e) ed f)], a differenza di quelle della Direttiva 2001/20 [art. 6. Comma 3, lettere d) ed f)] , precisano che la valutazione (lettera e) della idoneità degli individui coinvolti nella conduzione della sperimentazione clinica, debba verificare le specifiche in termini “di istruzione, formazione ed esperienza, ad assolvere ai propri compiti “ (rif. all’art. 49) , così come deve essere valutata la idoneità dei siti di sperimentazione clinica “nel rispetto delle disposizioni” del R stesso(rif. all’art. 50), disposizioni che , come riportato in questa analisi ( I e II parte), riguardano la necessità di essere conformi a numerosi e specifici requisiti di qualità. In particolare il R, a differenza della citata Direttiva, entra in ulteriori dettagli per ottenere una garanzia sulla qualità di tali aspetti prevedendo , per quanto riguarda l’idoneità dello sperimentatore, quanto segue (all. 1 par. M) : Punto 64 : “Deve essere presentato un elenco dei siti presso cui è in programma la sperimentazione clinica, il nome e la funzione degli sperimentatori principali e il numero dei soggetti che si prevede di coinvolgere presso i siti di sperimentazione. “ Punto 65: “La qualifica degli sperimentatori è descritta in un curriculum vitae aggiornato e in altra documentazione pertinente. Va descritta ogni precedente formazione sui principi della buona pratica clinica o qualsiasi esperienza lavorativa nel campo delle sperimentazioni cliniche e dell'assistenza dei pazienti”. Per la prima volta abbiamo l’obbligo per legge di una formazione GCP per gli sperimentatori . Inoltre, elemento completamente nuovo, sulla idoneità delle strutture, il R (punto 67) sancisce che: “ Il direttore del centro clinico/ istituzione che accoglie il sito di sperimentazione clinica o un altro responsabile, a seconda del sistema proprio dello Stato membro interessato, presenta una dichiarazione scritta debitamente giustificata relativa all'idoneità dei siti di sperimentazione clinica, adattata alla natura e all'uso dei medicinali sperimentali, che comprenda una descrizione dell'idoneità delle strutture, delle attrezzature, delle risorse umane e una descrizione delle competenze.” Si richiama l’attenzione sul fatto che tale relazione non possa essere una mera dichiarazione formale di carattere generico, ma debba essere una descrizione di conformità sostanziale delle strutture, da intendere, a parere dello scrivente, anche in termini di spazi, tipologia e turn-over dei pazienti, disponibilità del personale, specifiche competenze e risorse umane dedicate anche a garanzia della qualità delle sperimentazioni, organizzazione, strutture di supporto coinvolte e, soprattutto, sistema di qualità e procedure, tali da poter dimostrare l’idoneità dei siti “adattata alla natura clinica e all’uso dei medicinali sperimentali”. Verifiche sulla qualità La verifica sulla qualità da parte delle Autorità Regolatorie viene compiuta tramite attività ispettive a norma dell’ art. 78, il cui obiettivo è la verifica dell’ osservanza del R e quindi di tutti i relativi requisiti di qualità in esso richiesti . Nel dettaglio del R l’articolazione delle attività ispettive viene praticamente a programmare uno svolgimento su tre diversi livelli: nazionale, comunitario ed extra UE: In ambito nazionale In ambito nazionale gli Stati membri designano ispettori incaricati di effettuare ispezioni al fine di vigilare sulla conformità al regolamento e garantiscono che le qualifiche e la formazione degli ispettori siano adeguate ( art. 78, comma 1). Con maggior dettaglio le attività di verifica per il rispetto del Regolamento, dei suoi principi e per il rispetto degli aspetti di qualità sono previste, seppur senza citare che si tratta di verifiche GCP come invece è precisato nelle Direttive attuali, nelle definizioni, ove l’ ispezione viene definita esattamente come nella Direttiva 2001/20 (art.2, comma 1, lettera l), confermando l’attuale obiettivo delle ispezioni di verificare , tra l’altro, la conduzione in qualità della sperimentazione: (Articolo 2 punto 31): “«Ispezione»: lo svolgimento da parte di un'autorità competente di un controllo ufficiale dei documenti, delle strutture, delle registrazioni, dei sistemi di garanzia della qualità e di qualsiasi altra risorsa che l'autorità competente ritiene pertinente per la sperimentazione clinica e che può essere effettuata presso il sito della sperimentazione clinica, le strutture del promotore e/ o dell'organismo di ricerca a con(Continua a pagina 13) Anno IX numero 50 (Continua da pagina 12) tratto, oppure in altri luoghi che l'autorità competente ritiene opportuno ispezionare .” In ambito UE E’ importante sottolineare la previsione di coordinarsi tra gli Stati membri in tali attività ispettive e di far conoscere i risultati delle ispezioni condotte su specifiche sperimentazioni a tutti gli altri Stati UE ove esse si svolgono (art. 78, comma 3: “ Se uno Stato membro interessato intende effettuare un'ispezione sul proprio territorio o in un paese terzo in merito a una o più sperimentazioni cliniche condotte in più di uno Stato membro interessato, esso notifica tale intenzione agli altri Stati membri interessati, alla Commissione e all'Agenzia, mediante il portale UE, e li informa dei risultati dell'ispezione”) . Al fine di ottenere tale informativa per le ispezioni condotte da Stati extra UE su sperimentazioni effettuate anche in Stati UE, si prevede l’obbligo per il promotore di trasmettere tutti i verbali, da questi ricevuti, agli Stati UE interessati (art. 53, comma 2). Tali meccanismi consentono quindi una vigilanza europea sulle singole sperimentazioni e il R prevede anche che vi siano dei controlli dell'Unione al fine di verificare se gli Stati membri vigilano correttamente sulla conformità al R (art. 79, comma 1). Inoltre per ottenere una armonizzazione in ambito UE sulle modalità di verifica della qualità Pagina 13 delle sperimentazioni, il R prevede (art. 78, comma 7) che la Commissione specifichi, mediante atti di esecuzione, le modalità dettagliate delle procedure di ispezione, compresi i requisiti in materia di qualifica e formazione degli ispettori. siano venuti a mancare, esso può, all'interno del proprio territorio: a) revocare l'autorizzazione di una sperimentazione clinica; b) sospendere una sperimentazione clinica; c) richiedere al promotore di modificare qualsiasi aspetto della sperimentazione clinica. In ambito extra UE Viene previsto (art. 79. comma 1, lettera c) che la Commissione UE effettui un’opera di vigilanza per verificare se il sistema normativo applicabile alle sperimentazioni cliniche condotte al di fuori dell'Unione garantisce “la loro conformità a principi equivalenti a quelli stabiliti dal regolamento in materia di diritti e sicurezza dei soggetti e affidabilità e robustezza dei dati ottenuti dalla sperimentazione clinica “. In tal modo ci si aspetta che le sperimentazioni condotte al di fuori della Comunità e i cui risultati siano presentati in UE a fini AIC, abbiano gli stessi requisiti, tra cui quelli di qualità, obbligatori per le sperimentazioni condotte in ambito UE. Sanzioni Ovviamente, se agli obblighi debbono seguire verifiche è consequenziale che a queste ultime, qualora necessario, seguano sanzioni. Al riguardo l’articolo 77, relativo alle “ Misure correttive che gli Stati membri devono adottare”, prevede al comma 1 che, se uno Stato membro interessato ha ragioni giustificate di ritenere che i requisiti stabiliti nel regolamento, tra cui quelli di qualità, Conclusioni Valutando quanto esposto nella precedente e nella presente analisi sulle misure del R connesse con la qualità, sui relativi requisiti che debbono essere seguiti, nonché sui diversi livelli di controlli che possono essere attuati e considerando anche che quanto descritto non copre tutti gli aspetti di dettaglio su questa tematica contenuti nel R, si ritiene di poter confermare quanto nelle conclusioni del precedente articolo, cioè che nel R sono presenti obblighi procedurali ai fini della qualità nella conduzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali sicuramente superiori rispetto alle Direttive vigenti. Questo implica un maggior impegno da parte dei promotori e sperimentatori ed in particolare un nuovo approccio per la garanzia della qualità da mettere in atto nelle sperimentazioni no profit, che finora, a livello nazionale ed europeo, hanno usufruito di alcune formule normative che consentivano loro un minor rigore su questo aspetto. Umberto Filibeck Il presente testo è stato predisposto sulla base degli approfondimenti e Anno IX numero 50 Pagina 14 Oggi parliamo di…. Modelli animali per studi di cardioprotezione Ibernazione e letargo sono risposte adattative ad inverni rigidi. Il letargo è una forma di vita latente che comporta un rallentamento, profondo e reversibile, delle funzioni vitali. Trascrizione, trasduzione del segnale, omeostasi degli ioni sono molto rallentati, mentre la temperatura corporea può scendere anche sotto gli 0° C, fino a -2.9°C, valori inferiori a quelli che causano aritmie ventricolari ed arresto ipotermico del cuore ad essere un potenziale regolatore dell’ipertrofia dei cardiomiociti, media l’ipertrofia cardiaca e ne promuove la progressione verso l’insufficienza cardiaca. Terminato il letargo, gli animali tornano allo stato normotermico, senza subire i tipici danni da riperfusione: questa caratteristica ne fa eccellenti modelli animali per lo studio dei meccanismi cardioprotettivi. Sono stati studiati gli eventi molecolari che intervengono dei mammiferi che non vanno in letargo. L’elevata concentrazione ematica di urea, acido urico ed ioni impedisce ai liquidi corporei di cristallizzare. In queste condizioni l’ossigenazione dei tessuti perde efficienza e ciò induce il letargo. L’entrata in letargo comporta conseguenze per il cuore, che deve continuare a battere, resistendo alle aritmie cardiache ventricolari. Il ritmo cardiaco rallenta durante il letargo fino all’1-2% del ritmo eutermico - ed il miocardio deve aumentare la forza contrattile, per vincere la viscosità del sangue che diventa più denso, col rischio di ipertrofia cardiaca; questa, se prolungata, può indurre una cardiomiopatia dilatativa che esita in insufficienza cardiaca. Segnali intracellulari agiscono da trasduttori/ regolatori critici della risposta ipertrofica, caratterizzandone la natura multifattoriale. La calcineurina, oltre durante il rimodellamento del metabolismo, nell’induzione dell’ipotermia e nel mantenimento delle funzioni vitali, allo scopo di indurre processi analoghi nel cuore di mammiferi che non vanno in letargo. Due sono i modelli animali risultati particolarmente interessanti: il primo riguarda i meccanismi proteomici di cardioprotezione, la vasodilatazione NOdipendente e la gestione del Ca2+ endocellulare nel miocardio di Marmota monax in letargo. Le differenze più significative nel proteoma cardiaco di marmotte ibernanti vs il proteoma di marmotte estivanti erano la regolazione della catalasi antiossidante (trasforma H2O2ÆH2O e O2) e l’inibizione della risposta allo stress del reticolo endoplasmico. La sopravvivenza a temperature vicine al congelamento corporeo ed al ridotto flusso sanguigno durante il letargo sono, verosimilmente, indotti da cambiamenti nell’espressione di geni specifici, come dimostrato nel secondo modello animale che ha coinvolto lo scoiattolo del Nebraska (Spermophilus tridecemlineatus). Questo scoiattolo cade in un vero letargo: la temperatura corporea scende appena al di sopra del congelamento, mentre il ritmo cardiaco cala da 200 a 20 battiti/minuto. Lo studio dei meccanismi cardiaci adattativi è stato fatto con l’analisi digitale del trascrittoma, per identificare geni espressi durante il letargo in un organo contrattile vitale, che deve continuare a battere, nonostante la bassa temperatura corporea (5°C) ed il prolungato digiuno. L’analisi statistica dei profili di espressione cardiaci degli scoiattoli estivanti vs quelli ibernanti ha indicato una significativa regolazione differenziale di 48 geni (p 0,03): di questi, 37 mostravano un’espressione più alta nel cuore di scoiattoli estivanti, mentre 11 erano maggiormente espressi nel cuore di animali in letargo. Molti di questi geni codificano per proteine che, verosimilmente, sono coinvolte nelle funzioni cardiache non interrotte nel letargo, comprese quelle implicate nel metabolismo, nella contrattilità, nella movimentazione del Ca2+ e nella catalisi a basse temperature. Specie ibernanti si trovano un pò in tutti gli ordini della classe dei mammiferi: si pensa che gli adattamenti fisiologici che intervengono negli animali di queste specie siano indotti, prima e durante il letargo, da cambiamenti nell’espressione di geni specifici comuni a tutti i mammiferi, piuttosto che dall’attivazione/ inattivazione di un ipotetico gruppo di geni presenti esclusivamente nei genomi delle specie ibernanti. Il concetto di “cardioprotezione” comprende meccanismi e strumenti adattativi e compensativi che contribuiscono alla protezione del cuore tramite la riduzione del danno cardiaco. I meccanismi cronici compensano condizioni dannose di lunga durata, come l’aumento del sovraccarico da lavoro o l’ischemia, ma possono indurre effetti collaterali. Attivazione neuroumorale, ipertrofia e dilatazione ven(Continua a pagina 15) Pagina 15 Anno IX numero 50 (Continua da pagina 14) tricolare sinistra, che rimodellano il cuore infartuato, e letargo sono meccanismi cronici di compensazione. A differenza dei meccanismi adattativi acuti, quelli cronici possono evocare non solo effetti cardioprotettivi, ma anche effetti indesiderati. Il rapporto tra cardioprotezione ed effetti indesiderati dipende dall’attivazione del meccanismo compensativo: in genere, più un meccanismo compensativo è attivato, più gravi sono le possibili conseguenze dannose. La cardiochirurgia continua ad essere limitata dalla incapacità di assicurare una protezione del miocardio dal danno da ischemia, mentre il trapianto cardiaco trova il principale ostacolo nella cronica carenza di donatori. Una più prolungata conservazione extracorporea del miocardio potrebbe aumentare il numero dei cuori disponibili per il trapianto e assicurarne una distribuzione più efficiente. La biologia del letargo va in parallelo con la fisiologia cellulare che si registra durante la conservazione dell’organo espiantato. Quali informazioni ci vengono dal cuore dei mammiferi in letargo, per migliorare i metodi impiegati per indurre l’arresto cardiaco e proteggere il miocardio dalle lesioni da ischemia? E’ possibile manipolare farmacologi- camente il cuore umano durante l’ischemia, in modo da indurlo ad agire come quello dei mammiferi in letargo? Dall’esame delle principali strategie di rallentamento dell’entropia di letargo, il principale fattore identificato è la conservazione del potenziale di membrana che, nei cuori in letargo, si mantiene vicino allo stato di pre-torpore. Nella chirurgia a cuore aperto, il 99% di tutte le soluzioni di arresto cardio-chirurgico impiega concentrazioni di K+ che depolarizzano il potenziale di membrana. Tuttavia, la cardioplegia da depolarizzazione a base di potassio è sempre più spesso associata a danni ai miociti, che causano una perdita funzionale durante la riperfusione. Ricerche hanno mutuato informazioni dalla biologia del letargo, ed è stata messa a fuoco una strategia molto differente di cardioplegia, che blocca la membrana vicino al suo potenziale di riposo e deprime i valori basali del consumo di ossigeno. La nuova “cardioplegia polarizzante” associa adenosina e lidocaina come combinazione di arresto invece di un’elevata concentrazione di potassio. Studi sul cuore isolato di ratto mostrano che la cardioplegia da lidocaina può arrestare il cuore fino a 4 ore, con recupero del ritmo cardiaco, della pressione sistolica e del flusso coronarico. Concludendo, il mantenimento del potenziale di membrana molto vicino al suo stato di riposo è sicuramente un fattore importante per la sopravvivenza del cuore in letargo, che può essere di grande utilità nelle strategie dell’induzione dell’arresto cardiaco e della protezione dei cardiomiociti del cuore in letargo. Identificare ed accendere/spegnere i geni che rallentano l’entropia, in modo da sottoregolare il cuore letargico ed applicare tutto ciò ad organi e tessuti umani, rimane la principale sfida per la genomica e la proteomica cardiache del futuro. L’approfondimento dei meccanismi alla base del letargo, naturali e indotti farmacologicamente, accelereranno lo sviluppo di nuove strategie per il trattamento di una varietà di traumi, stati di stress (ipotermia da congelamento) ed in transplantologia. Domenico Barone Anno IX numero 50 Pagina 16 Data Visualization in Clinical Research Il 29 maggio scorso si è tenuto a Milano, presso il SAS Institute, l’ormai consueto appuntamento con « I seminari BIAS ». L’evento, a cui hanno partecipato circa 60 persone, ha avuto come oggetto “Data Visualization in Clinical Research”. Il tema, oltre ad essere un argomento hot nell’ambito della ricerca clinica (ma non solo), era risultato essere l’argomento piu’ votato dai membri BIAS tra quelli proposti dal Comitato scientifico attraverso un questionario online (vedi Figura 1). L’evento ha avuto un’apertura con i “fuochi d’artificio” con l’intervento di Giorgio Uboldi del Politecnico di Milano con la sua presentazione “Visual Explorations : A designerly approach to Information Visualization” dove ha illustrato la storia della data visualization dagli albori ad oggi: dal famoso caso del colera di Londra nel 1854 dove grazie a una mappatura ‘grafica’ di una specifica area Londra fu possibile identificare l’origine dell’infezione, fino alle moderne tecniche di visualizzazione dinamica e interattiva, possibili soprattutto grazie all’innovazione tecnologica degli ultimi anni. La giornata è poi proseguita con interventi mirati all’ambito clinico. A causa di un problema personale di Dieter Haering (Novartis Basilea), che all’ultimo momento non gli ha permesso di intervenire alla giornata, abbiamo potuto sperimentare il primo caso di presentazione in streaming. Infatti per gentile concessione di PhUSE, abbiamo potuto ovviare al problema mandando ‘in-onda’ l’intervento che il dr. Haering aveva tenuto in un seminario PhUSE sul tema della data visualization dal titolo “Making the complicated obvious”; in questa presentazione sono stati forniti i concetti base per un corretto utilizzo della rappresentazione grafica dei dati nei diversi ambiti della ricerca clinica, sia in ambito efficacia che safety. Pantelis Vlachos (Cytel Inc. Ginevra) ha fornito poi ulteriori dettagli e suggerimenti con il suo intervento “Graphical (and Analytical) Tools for the Systematic Anal- Figura 1. Argomenti indicati dai soci BIAS nel sondaggio ysis of Safety Data in Clinical Trials”, descrivendo una sua precedente esperienza avuta presso MerckSerono dove ha avuto la possibilità di coordinare un gruppo di lavoro avente l’obiettivo di creare una procedura interna per una corretta ed uniforme analisi dei dati di safety, in cui erano stati identificati standard layout corredati da soluzioni tecnologiche (es. programmi SAS e R). La mattinata si è poi conclusa con l’intervento di Phil Holland (Holland Numerics), “Converting SAS/ GRAPH Plots and Annotate to ODS Graphics”, un confronto tra le procedure ‘storiche’ grafiche di SAS/ GRAPH e le recenti innovazioni apportate da SAS con ODS Graphics. Nel pomeriggio Andrea Rossi (EliLilly) con il suo intervento “Data visualization in clinical research: what writing guidelines say”, ha sottolineato l’importanza di riportare in modo corretto le informazioni, dalla pianificazione degli studi (protocollo) fino alla presentazione dei risultati (clinical study report), facendo una carrellata sulle principali linee guida esistenti, come per esempio SPIRIT, una iniziativa a livello internazionale avente come oggetto la standardizzazione della scrittura di un protocollo clinico o ancora iniziative quali CONSORT che hanno lo scopo di standardizzare le modalità con cui i dati vengono presentati, un esempio raccomandat da riviste scientifiche come BMJ o NEJM. Il successivo intervento a ‘quattro mani’ di Marco Pergher (Aptuit) e Simona Scartoni (Menarini) dal titolo “Data standards, flexible processes and visual analysis: an integrated system to manage clinical data and much more...” ha fornito ai presenti un’idea delle potenzialità di SAS Clinical Data Integration per la standardizzazione dei dati in formato CDISC-SDTM e come questa standardizzazione, attraverso l’utilizzo di sistemi per la data visualization quali SAS Office Analytics e SAS Visual Analytics, abbia facilitato e accelerato i tempi per la creazione e la divulgazione delle relazioni degli studi clinici di Menarini. Durante le pause caffè e la pausa pranzo sono state predisposte due postazioni dove i colleghi di Aptuit e Menarini hanno dato la possibilità ai partecipanti di vedere in pratica le funzionalità dei vari sistemi utilizzati. Nell’ultimo intervento dal titolo “Fraud Detection in Clinical Trial: A Graphical Tool” Giulia Zardi (CROS NT) ha infine discusso come l’utilizzo delle tecniche di data visualization, insieme a specifici modelli di analisi statistica, abbia facilitato l’individuazione di frodi e di errori sistematici negli studi clinici, sottolineando anche l’importanza che questo tipo di analisi ha in fase di revisione e controllo dei dati. La giornata si è conclusa con il consueto aggiornamento del comitato scientifico BIAS sullo stato del grup(Continua a pagina 17) Anno IX numero 50 (Continua da pagina 16) po di lavoro e sui programmi futuri. In particolare è stata comunicata la data del congresso BIAS 2015 che si terrà presso l’Università di Modena il 22 e 23 ottobre prossimo e che prevedrà una giornata dedicata alle tecniche di meta-analisi, tema che si era classificato al secondo posto tra Pagina 17 le preferenze espresse dai membri BIAS, ed una giornata dedicata ai temi di data-management. Durante il congresso verrà rinnovato il comitato scientifico di BIAS e per questo motivo invitiamo gli interessati ad inviare la propria candidatura, con un breve profilo e le principali motivazioni alla base di questa scelta, all’indirizzo [email protected]. Infine, un grazie particolare a SAS Institute che, ancora una volta, ci ha ospitato nella splendida cornice della sede milanese. Vi aspettiamo numerosi a Modena il 22-23 Ottobre per il VII congresso annuale BIAS. Angelo Tinazzi Riportiamo un interessante editoriale sul rapporto medico-paziente…. Optimism and consent to treatment British Medical Journal We know that patients and doctors tend to overestimate the benefits of treatment and underestimate the harms. We also know that people’s natural optimism is often boosted by the systematic optimism bias of the medical literature. But in the case of percutaneous coronary intervention there is no such excuse. Experts and guidelines are clear: it improves symptoms but not survival. Nor does it reduce the risk of myocardial infarction. It should be offered to patients with stable coronary artery disease only if medical treatment is failing to manage their angina. Despite this clarity, Faraz Kureshi and colleagues confirm that patients still believe that it will do more than just control their symptoms (BMJ 2014;349:g5309). Of about 1000 patients surveyed, the vast majority thought that the procedure would extend or save their lives and would prevent myocardial infarction. Only 1% correctly reported that relief of symptoms was the only expected benefit. Efforts to improve informed participation of patients in decision making are clearly failing. In what I believe is our first editorial coauthored by patients, Jeff Whittle and colleagues ask why this might be (BMJ 2014;349:g5613). The three coauthor patients all have personal or family experience of coronary revascularisation. Their views may prompt new thinking. One recalled that, although there was no statement that the procedure would prolong life, he sensed that the surgeon thought it would. Another was made aware of the seriousness of his condition and congratulated on its early discovery, which perhaps suggested that intervention would change the course of the disease. A third noted that having lots of time for questions doesn’t help if the patient doesn’t know which questions to ask. Our editorialists consider what they acknowledge might be considered a heretical question: does it matter if patients don’t have an entirely accurate understanding of the benefits of treatment? They conclude that it may not— and they even say that insisting that patients understand that treatment won’t prolong life may be demoralising. Some of us may find this hard to swallow. What of the risks of overtreatment based on unrealistic expectations? In their study Kureshi and colleagues found that patients’ level of understanding varied between the 10 different sites and that the informed consent procedures differed. It may take only a few words to give a patient a false impression of what they can expect from a procedure. I’m reminded of one of Daniel Sokol’s recent columns (BMJ 2014;348:g2192). Consent should not be something we do to patients, he said. It should be seen more as a unique gold coin. “The clinician should not snatch it away, abruptly, deceptively, or without careful explanation. He or she should explain why the patient may wish to hand over the coin. What will the patient get in return? What if the patient wishes to keep it? Explaining all this can take time and skill. It is a two way process, but ultimately the decision remains with the patient.” Rispolveriamo il nostro inglese! Ecco il significato di tre inconsuete parole presenti nell’articolo. Heretical = eretico, in contraddizione. To snatch = agguantare. Deceptively = con l’inganno, in modo ingannevole. Pagina 18 Anno IX numero 50 LA RICERCA CLINICA IN ITALIA ED I COMITATI ETICI IN ATTESA DEL NUOVO REGOLAMENTO EUROPEO La Società Italiana di Farmacologia (SIF) ha organizzato il 12 giugno scorso a Bologna, nella magnifica sala dell’Accademia delle Scienze, il convegno “La ricerca clinica in Italia e i comitati etici in attesa del nuovo regolamento europeo”, al fine di approfondire i cambiamenti realizzatisi all’interno dei comitati etici dopo il decreto Balduzzi e l’impatto che questo ha avuto a livello organizzativo in tutto il territorio nazionale, offrendo inoltre spazio di critica e discussione a tutti gli attori del sistema. L’incontro si è aperto con una lettura magistrale tenuta dal dr Giuseppe Rosano (Cardiovascular & Cell Science Institute, St George’s University, London), che ha dissertato sull’autonomia della ricerca clinica, troppo spesso influenzata da conflitti di interesse legati ad incentivi in forme diverse (dall’arruolamento al completamento del trattamento dei pazienti). Proprio per mitigare ed evitare il conflitto di interessi, sarebbe opportuno ideare e standardizzare una policy comune che venga applicata fin dall’inizio della sperimentazione (pubblicazione del protocollo di studio ed organizzazione della ricerca) e che preveda sia la pubblicazione dei dati, che la condivisione dei dati in una banca dati globale di studi clinici, anche al fine di evitare il cosiddetto “drawer effect”, cioè nascondere informazioni o studi non riusciti. La soluzione proposta verte inoltre su più interventi, quali evitare incentivi diretti agli sperimentatori (soglia critica di difficile valutazione), mantenere registri degli studi clinici, e sottoporre a stretto controllo i revisori (evitare interessi con gli sponsor industriali). Il prof Filippo Drago (Università degli Studi di Catania) ha proseguito presentando i dati dell’Osservatorio Nazionale delle Sperimentazioni Clini- che dei Farmaci (OsSC), sottolineando come la legislazione relativa alla sperimentazione clinica in vigore in Italia si sia adoperata per migliorare il funzionamento dei CE in termini di procedure, velocità di approvazione ed efficacia dei sistemi, ma sono comunque necessari ulteriori miglioramenti (ad esempio riduzione dei tempi medi autorizzativi), auspicando una fattiva collaborazione tra AIFA e CE, e costituendo una rete in- terattiva (peraltro già attiva in passato) che possa meglio affrontare con un fronte comune le varie problematiche esistenti, soprattutto in previsione delle nuove tempistiche e procedure previste dal Regolamento Europeo. Il dr Maurizio Agostini (Farmindustria) ha concentrato la sua relazione sul nuovo Regolamento Europeo, ed ha evidenziato alcuni aspetti critici sui quali tutti gli attori dovranno ancora lavorare, quali la contraddittoria affermazione di un’unica approvazione tecnicoscientifica, ma senza entrare in merito al numero di CE per Stato Membro. Ha anche identificato alcune criticità (o perlomeno punti su cui lavorare) sia in AIFA (aumento orga- nico e ristrutturazione funzionale, incremento dell’efficienza dell’IT, rapporti con le regioni e funzione dei Direttori Generali delle Aziende Ospedaliere e Aziende USL), che nei CE (incremento del numero delle sedute, formazione e competenze dei vari membri, spinta all’utilizzazione di nuovi sistemi informatizzati, definizione finale del numero di CE), ma soprattutto presso i siti sperimentali (valutazione dell’adeguatezza e dell’idoneità, risorse adeguate con la creazione di nuove figure professionali della ricerca, implementazione dei programmi di formazione). La relazione viene chiusa con l’auspicio che il tavolo di lavoro creato tra Farmindustria, AIFA, Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, SIF, SSFA, ma soprattutto FIASO (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) crei i presupposti per rilanciare il sistema Italia nella sperimentazione clinica. La drssa Paola Aita (AIFA) ha illustrato il ruolo dell’OsSC, che vuole essere anche uno strumento di analisi e gestione (e-submission); esso permette la pubblicazione di un rapporto annuale, il monitoraggio delle sperimentazioni cliniche con la possibilità di realizzare una rete con CE, sperimentatori, regioni e promotori. Ciò rappresenta una garanzia per il pubblico. Vi sono ancora criticità da risolvere quali l’inoltro del CTA a EUDRACT e registro EU , la gestione degli emendamenti, gli accessi alle regioni per la visualizzazione dei dati e la gestione di delega/revoca alle CRO. In previsione della scelta che AIFA dovrà fare in merito al numero di CE, la drssa Aita ha inoltre illustrato un progetto francese sul coordinamento dei CE, ancora in fase pilota, che è costituito dalla collaborazione fra l’autorità regolatoria (ANSM), 10 CE e alcuni sponsor commerciali e non-commerciali. La presentazione si è conclusa con un messaggio di apertura verso proposte da parte dell’uditorio, che rappresenta tutte le parti coinvolte. La mattina è poi proseguita con la (Continua a pagina 19) Anno IX numero 50 (Continua da pagina 18) tavola rotonda “La riorganizzazione dei CE nelle varie regioni” alla quale sono intervenuti rappresentanti di 6 CE di eccellenza di altrettante regioni italiane (drssa Elisabetta Riva, Ospedale San Raffaele, Milano; profssa Antonietta Martelli, Università degli Studi di Genova; prof Roberto Fantozzi, Università degli Studi di Torino; dr Diego Carignani, CE di area vasta Nord-Ovest, Toscana; prof Liberato Berrino, Seconda Università degli Studi di Napoli; prof Edoardo Spina, Università degli Studi di Messina), i quali hanno presentato la riorganizzazione dei loro CE e di quelli della regione di appartenenza, alla luce del decreto Balduzzi, frutto di una attenta e intensa collaborazione tra regioni e CE stessi. E’ risultato evidente, come ribadito in una considerazione conclusiva da parte del prof Alessandro Mugelli, come, a fronte di un decreto, vi siano state soluzioni molto diverse, e in molte regioni, con validi ed efficienti CE. Nonostante le suddette regioni siano considerate le più virtuose ed i relativi CE di eccellenza, notevoli sono state le difficoltà di ordine politico, burocratico, sindacale, economico, manageriale e di allocazione delle risorse per garantire il mantenimento dei tempi e l’affidabilità delle strutture. La successiva tavola rotonda “Armonizzare le procedure di valutazione per prepararsi al nuovo Regolamento Europeo” ha aperto la sessione pomeridiana ed ha visto coinvolti alcuni rappresentati di CE (prof Giorgio Cantelli Forti, prof Salvatore de Masi e prof Giorgio Minotti) e rappresentanti dell’industria (drssa Paola Fattore di MSD, dr Virginio Oldani di Novartis e dr Gilberto Riggi di AstraZeneca) che hanno presentato le differenti opinioni sulla necessità di alta professionalità nei CE, anche con specifica competenza giuridica, sugli standard di qualità dei CE stessi (SPIRIT, STROBE, QUADAS-2), sulla valutazione della performance di arruolamento dei centri sperimentali, laddove i rappresentanti aziendali hanno ribadito l’esigenza di tempi autorizzativi certi (con standardizzazione della documentazione: per esempio un solo contratto nazionale) per incrementare nuovamente l’attrattività dell’Italia alla sperimenta- Pagina 19 zione clinica, nel tentativo di contenere processo di migrazione della ricerca verso paesi extra-europei. La terza ed ultima sessione ha visto le relazione del dr Eugenio Aringhieri (Farmindustria) che ha posto l’attenzione sulla vivace attività delle aziende Biotech italiane (7000 farmaci biotech in sviluppo), particolarmente attente a creare nuove opportunità terapeutiche nelle malattie rare, evidenziando che il vero knowhow sarà la forte collaborazione tra industria ed accademia (comune accesso a reti interattive quali INNOVATION FLOW), che dovrà trovare garanzie di stabilità politica al fine di incrementare gli investimenti nel nostro Paese. A seguire il prof Massimo Di Maio (Università degli Studi di Torino) ha evidenziato l’importanza degli studi indipendenti (soprattutto in oncologia) come gli unici in grado di selezionare e trattare i pazienti “comuni”, ottimizzando l’utilizzazione dei farmaci a disposizione, mettendo inoltre in evidenza come i fondi destinati alla ricerca no-profit siano ormai un miraggio (bandi AIFA sospesi, studi no-profit in forte calo). Nel successivo intervento il prof Francesco Romeo (Università degli Studi di Roma Tor Vergata) ha messo in evidenza come la Costituzione Italiana ponga due basi fondamentali nel diritto alla salute e nel diritto alla ricerca e come questi baluardi debbano essere valutati con molto pragmatismo perché molto spesso cittadini, pazienti e ricercatori sono lasciati a se stessi. Infine la profssa Annalisa Capuano (Università degli Studi di Napoli Federico II) ha affrontato il problema della sicurezza dei farmaci in commercio, soprattutto in due particolari categorie di pazienti (età pediatrica ed anziani), molto spesso esclusi dalle sperimentazioni cliniche, e che dovrebbero essere invece al centro dei cosiddetti studi PASS (PostAuthorization Safety Study) che dovrebbero essere un vincolo insostituibile all’autorizzazione all’immissione in commercio dei nuovi farmaci. L’ultima tavola rotonda “Le problematiche nella valutazione per gli studi no-profit: verso una griglia di valutazione condivisa” ha visto gli interventi del dr Gualberto Gussoni (FADOI), del prof Nicola Montanaro (Comitato Etico Indipendente Bolo- gna) e del prof Carlo Patrono (Comitato Etico, Università Cattolica di Roma) i quali hanno evidenziato come i presupposti del decreto noprofit siano in realtà una copertura per studi di qualsiasi tipologia, visto che negli studi di fase I e II (oltre il 50% del totale degli studi no-profit) non possono non esserci interessi industriali e come questa tipologia di studi non sia aderente alla definizione del decreto che prevede l’utilizzazione di farmaci per la corrente pratica medica. Meritano infine un cenno di nota alcune osservazioni effettuate dai relatori quali la completa assenza degli studi no-profit nel Regolamento Europeo, l’esiguità dei finanziamenti per gli studi no-profit (ma soprattutto evitare che i costi ricadano sul Servizio Sanitario Nazionale) ed una maggiore severità dei CE nella valutazione della valenza scientifica di tali studi e nella valutazione delle garanzie organizzative e gestionali (inclusa la qualità) di alcuni promotori no-profit. Nelle conclusioni dei moderatori sono state sollevate perplessità quali: “Come interagirà l’attuale osservatorio con il portale EU?”, e preoccupazione: “Saremo in grado di essere pronti per maggio 2016?” Il nuovo Regolamento Europeo è sicuramente un’opportunità da cogliere: si sentiva l’esigenza di un cambiamento ed i CE, che già hanno fatto molto in questo senso, grazie a conoscenze ed a capacità organizzative, ritengono di essere in grado di effettuare un ulteriore sforzo per competere a livello europeo. Nel corso della giornata è più volte emersa l’esigenza di realizzare un tavolo di lavoro multidisciplinare: la proposta operativa è quella di attivare un dialogo fra associazioni scientifiche, industria farmaceutica, AIFA e Farmindustria, con l’impegno di SIF, anche su modello dell’esperimento francese, per favorire una soluzione che porti il nostro Paese ad essere competitivo nella ricerca clinica. Anna Piccolboni e Luigi Godi Pagina 20 Anno IX numero 50 NOTIZIE DAI MASTER LE TESI DEL MASTER BICOCCA Lo scorso 5 e 6 maggio, dopo un anno di lavoro fra lezioni in aula, stage e preparazione della tesi, i 30 studenti del master Bicocca hanno concluso il loro percorso formativo, con la discussione dei loro elaborati. Quest’anno, per evitare che le tesi fossero sui soliti argomenti, ogni studente doveva proporre due titoli, e l’abile regia del prof Antonio Torsello ha fatto sì che ci fossero trenta diversi argomenti, dai farmaci contro l’epatite C al nuovo regolamento europeo, dal lavoro nelle CRO ai farmaci orfani, e così via. Al termine delle due sessioni, il prof Vittorio Locatelli, direttore del master, ha offerto un simpatico rinfresco: nella foto alcuni docenti. Da sinistra: Prof. Vittorio Locatelli, Marco Romano, Prof. Antonio Torsello, Luciano M. Fuccella, Domenico Criscuolo, Prof.ssa Elena Bresciani The new Regulation 536/2014: what changes for the CROs Clinical trials are mainly conducted by the pharmaceutical industry in order to generate data on the safety and efficacy of medicinal products they are developing. In addition, approximately 40% of clinical trials in the EU are conducted by non-industry actors, such as academics, foundations, hospitals, or research-networks in order to improve and compare treatments with existing (authorised) medicines. The conduct of clinical trials in the EU is tightly regulated in order to ensure the safety of participants and to guarantee the reliability of results. The 2001 Clinical Trials Directive, that has ruled the European landscape so far, has been largely criticized by patients, researchers and industry alike for its disproportionate regulatory requirements. High costs and a lack of harmonisation of the applicable rules necessary for multinational clinical trials are a few examples. The new Regulation 536/2014, published on European official journal on May 2014, aims at restoring the EU’s competitiveness in clinical research and the development of new and innovative treatments and medicines by cutting red-tape and bringing patient-oriented research back to Europe. Measures that cut red tape and simplify the current rules are: -Possibility for the Commission to conduct controls in EU countries and third countries. -Transparency single EU portal through which applications for clinical trials will be processed and through which the relevant information will be stored in a single EU database publicly accessible. -Simplified reporting procedures. (Continua a pagina 21) Anno IX numero 50 Pagina 21 (Continua da pagina 20) -Straightforward authorization procedure allowing for a fast and thorough assessment of the application by all Member States concerned and resulting in one single assessment outcome. Pharmaceutical operators have highlighted that some of the operational aspects regarding the submission, assessment and decision still have to be defined, presumably when the Regulation becomes fully applicable. First of all the designation of a single reporting member state, whose assessment and decision are valid throughout all 28 EU member states could, for various reasons, lead to sponsors giving preference to some states over others. Besides it is not always clear throughout the Regulation if and when specific content is meant to be public or secured. All those aspects will challenge Big Pharma and CROs, who will also have to harmonize the new requirements stated by EU Regulation with former, local situations. Local institutions might be cause of delay in submission-authorization of substantial amendments. In particular, in our country, it could happen that protocols, that may be amended in parallel with the other EU countries and non-EU participants, could undergo delays because of the issue in electronic implementation in the OsSC platform, with a possible impact on the treatment of Italian patients. On the other hand the French National Agency (ASNM) is progressively reducing documents and French as language; in Belgium EC and Agency are coordinating their procedures in order to conduct submissions at the same time; in UK Ethic Committees and local National Agency (MHRA) are adopting the submission via an electronic portal as exclusive option. Europe have a great opportunity to get rid of outdated processes and to regain competitiveness in the area of clinical trials. It is undeniable that a considerable amount of detail needs to be clarified within the next two years in order for the Regulation to be a success. Laura Biondini Dopo la laurea in Biologia ho conseguito un Dottorato in Biologia Molecolare e Cellulare. Ho lavorato in realtà professionali diverse quali Università ed Istituti di ricerca nazionali e internazionali. Di ritorno da esperienza di lavoro in Spagna durata tre anni, mi sono iscritta al Master della Università Bicocca in “Ricerca e Sviluppo Clinico del Farmaco”. Da novembre lavoro presso una piccola CRO. BIOSIMILAR MEDICINES DEVELOPMENT: DIFFERENT APPROACH IN EU AND US. THE LOW MOLECULAR WEIGHT HEPARINS CASE. Biosimilar medicines are medicines that are similar to approved biological drugs after the patent expiration. Due to the complex intrinsic structure and their biological nature, biological medicines cannot be exactly copied. The biological medicines market is growing rapidly especially in the developed countries and is expected to represent 19-20% of the total market value by 2017(1). Many of these profitable drugs are scheduled to come off patent protection soon and the number of expected patent expirations of originator drugs illustrate well the commercial importance of biosimilar medicines. Despite wide recognition of the financial advantages that biosimilar medicines may offer to healthcare costs, some markets are better prepared to capitalize on this opportunity than others. The EU established the first legal regulatory guideline for biosimilar medicines in 2005 and since then it has optimized and expanded their guidance. Since 2005 other markets (e.g. Australia, Canada, Japan and South Korea) have set their guidelines based on the European standards while the FDA is still developing their guidelines and only few months ago the FDA accepted the first biosimilar application(2). A great work of harmonization between EMA and FDA has been conducted in the last few years, although the approach of the two agencies still present some differences. Biologic drugs may have followed different pathways for approval with FDA hence leading to an inconsistent approach versus the development of their “copies” and versus the EMA approach. A typical example of such inconsistency is represented by the low molecular weight heparins (LMWHs). This antithrombotic drugs approved for clinical indications including venous thromboembolism (VTE)(3) prophylaxis and treatment, and acute coronary syndromes (ACS), are produced through different chemical or enzymatic depolymerisation processes of the unfractionated heparin (UFH) that can be isolated from different species or tissue. EMA considers heparin and LMWHs as biologics and classifies non-proprietary versions of originator LMWHs as biosimilar LMWHs. By contrast, FDA considers heparin and LMWHs as semi-synthetic drugs and thus classifies a non-proprietary version of an approved originator LMWHs (only enoxaparin) as a generic LMWHs. As a consequence, a different development approach is required by the two regulatory agencies to grant the market authorization. The harmonization of regulatory standards for biosimilar medicine development would be of great advantage to biosimilars manufacturers. This would enable them to create a global reference product, allowing manufacturers to reduce the number of trials required for global approvals and reduce the manufacturing costs. The achievement of a global harmonization will guarantee a wider access to biosimilar medicines and an improvement of healthcare af(Continua a pagina 22) Pagina 22 Anno IX numero 50 (Continua da pagina 21) fordability. Giacomo Pedrinola References The Global Use of Medicines: Outlook through 2017. Report by the IMS Institute for Healthcare Informatics.http://www.imshealth.com/deployedfiles/imshealth/Global/Content/Corporate/IMS%20Health% 20Institute/Reports/Global_Use_of_Meds_Outlook_2017/IIHI_Global_Use_of_Meds_Report_2013.pdf H. Ledford2015 First biosimilar drug set to enter US market;Nature ; 517 ,253-254 Geerts WH, Bergqvist D, Pineo GF, Heit JA, Samama CM, Lassen MR, Colwell CW. 2008 Prevention of venous thromboembolism: American College of Chest Physicians evidence-based clinical practice guidelines (8th edition). Chest; 133 (6 Suppl): 381S–453S After the industrial biotechnology master graduation at the Università Milano Bicocca in 2011, I studied the histone deacetylase inhibitor activity in astrocytomas as preclinical research project at Italfarmaco. I joined the Ronzoni Institute as junior researcher in 2012 where I studied the biochemical and physical characterization of unfractionated heparins and low molecular weight heparins for two years. I attended the second level master in clinical and pre-clinical research and development of drugs held by the University Milano Bicocca. I am currently working as Clinical Research Associate in the Clinical Operation Unit at Ipsen. THE PLANNING OF AN INTERACTION STUDY BETWEEN AN INHALED DRUG AND THE HUMAN UPTAKE TRANSPORTER OCT2 The importance of membrane transporters in drug disposition, safety and efficacy is a crucial topic in drug discovery and development. The membrane transporters influence the processes of absorption, metabolism and elimination of the drugs, supporting or preventing the cellular uptake and efflux mechanisms. From the preliminary stages of drug development it is interesting to establish possible interactions of the drugs with the membrane transporters. Both FDA and EMA recommend to conduct in vitro and in vivo studies about drug interaction with the main uptake and efflux transporters. However, their guidelines are very focused on oral administration and are not detailed for interaction studies on drugs administered by inhalation route. Following the guidelines and with the support of the scientific literature, this thesis will present the planning of an in vitro and in vivo interaction study between a cationic and hydrophilic test article and the human organic cation transporter OCT2, which is known to translocate a range of organic cations of different structures inside the cells. In vitro drug interaction studies on OCT2 are usually required by EMA and FDA if the candidate drug is characterized by a major renal excretion (> 25% of total clearance). In particular it is necessary to determine if the drug is an OCT2 substrate, by measuring its transport into a cellular system overexpressing OCT2. Then, in order to study potential drug-drug interaction mediated by OCT2, an in vivo study with a known OCT2 inhibitor is performed. In the clinical study here reported the effect of cimetidine (known inhibitor of OCT2) on the pharmacokinetics of glycopyrronium is described. Both in vitro and in vivo methods are discussed focusing on the study design and analysis method. The decision tree of the FDA guideline is described and used to represent the thread that links the two studies. The results and their interpretation in terms of drug-drug interactions are described. Glycopyrronium resulted as an in vitro substrate of OCT2, however no significant changes in the main plasmatic and urinary parameters were detected with the co-administration of cimetidine. Moreover, the current difficulty of studying the role of the transporters and evaluating the consequences of drug-transporter interactions in the pulmonary tract are widely discussed. A list of in vitro pulmonary models and the challenges in understanding the basic mechanisms on drug transporters in lung are also reported. Michela Salvadori Sono Michela Salvadori, laureata in Scienze Biologiche Molecolari presso l’ Università degli Studi di Pisa, con votazione 110/110 e lode. Da 6 anni lavoro come ricercatrice nel dipartimento di Biochimica, Metabolismo e Farmacocinetica di Chiesi Farmaceutici. Nel 2008 ho terminato gli studi universitari ed il tirocinio di tesi presso il laboratorio dell’ Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa. Nel dicembre dello stesso anno ho discusso la tesi specialistica dal titolo “Effetti di sostanze di origine vegetale sui sistemi enzimatici metabolizzanti i farmaci e gli enzimi antiossidanti”. Nel 2013 ho deciso di iscrivermi al master in Sviluppo Preclinico e Clinico dei Farmaci dell’ Università Bicocca di Milano: ho approfondito le mie conoscenze sul percorso del farmaco, dalla ricerca alla commercializzazione. Consiglio questo master a coloro che cercano una crescita professionale nell’ ambito farmaceutico di ricerca e sviluppo. Anno IX numero 50 Pagina 23 Ebola outbreaks: main experimental treatments under investigation and their clinical trial design The 2014 Ebola virus disease outbreak continues to evolve, creating challenges for the many international partners providing support. Three affected countries — Guinea, Liberia, and Sierra Leone — struggle to control the infection against a backdrop of severely compromised health systems, significant deficits in capacity, and fear. Ebola virus is regarded as the prototype pathogen of viral hemorrhagic fever, causing severe disease and high case-fatality rates. This high fatality makes Ebola virus an important public health and bio-threat pathogen. Facing such a grim situation, an alarming fact is that there are no proven therapies or vaccines against this deadly disease. However, it is a comfort that this epidemic on the verge of being out of control has eventually caused comprehensive attention in the international society. Over the past decade, several experimental strategies have shown promise in treating EBOV-challenged nonhuman primates (NHPs) after infection. These include recombinant human activated protein (rhAPC), recombinant nematode anticoagulant protein c2 (rNAPc2), small interfering RNA (siRNA), positively-charged phosphorodiamidate morpholino oligomers (PMOplus), the vesicular stomatitis virus vaccine (VSVDG-EBOVGP), as well as the monoclonal antibody (mAb) cocktailsMB-003 (consisting of human or human– mouse chimaeric mAbs c13C6,h13F6 and c6D8) and ZMAb (consisting of murine mAbs m1H3,m2G4 and m4G7). Realizing the seriousness and urgency in controlling the epidemic, governments and drug companies across the world have taken many strong measures to speed up the process of drug development. Several representative candidate drugs such as ZMapp, Brincidofovir, Favipiravir and Tekmira, that demonstrate potent anti-Ebola activity in preclinical studies, have been pushed forward to higher research stages to obtain an earlier official license. Moreover, trials on two different types of vaccines (cAd3-EBOV and rVSV-EBOV) and on the use of convalescent plasma are ongoing. It is expected that proven preventive or therapeutic regimens could be established in the near future. Ethical oversight is crucial, because case-fatality ratios are high, most therapeutics are still investigational, and the use of classical randomized, placebo-controlled trials may not be appropriate. Highly pragmatic, simple designs are needed to accommodate the particular issues inherent in this Ebola epidemic, including safety, personnel, and other resource limitations of participating facilities. In this context, an adaptive trial design that has the capacity to yield meaningful and interpretable data quickly in the midst of the (Ebola) epidemic might be considered as preferable. An adaptive design could include elements of randomized controlled trials, cluster randomization, stepped wedge, and single arm comparison trials. Andrea Carbone Laureato in Farmacia presso l'Università Federico II di Napoli, è stato da sempre affascinato dalla virologia, essendosi laureato discutendo una tesi sperimentale sull' HIV-1. Can cancer risk be explained mostly by bad luck? In a very recent work published on Science, lifetime cancer risk has been compared with cumulative total number of stem cell divisions in several tissues. The results of the paper have been globally described in the media, claiming that two thirds of cancers may be due to bad luck. The scope of this thesis is to provide a deep analysis of the paper and to propose an interpretation of the authors’ theory, based on four main aspects: epidemiological, communicational, prevention-economical and scientific. The results of the thesis highlight that (i) the work has a low study utility due to the low sample size that is limited to few tumors occurring in the US population. Moreover the global variability in cancer rate was not considered; (ii) the media disseminated a wrong message, due also to responsibilities of authors and scientific journals; (iii) prevention programs are efficient and cost-effective; (iv) the role of stem cell divisions in embryonic stage should be further investigated. Stefano Camnasio Sono un biotecnologo farmaceutico con un PhD in Scienze Farmacologiche. Grazie alle mie esperienze lavorative ho acquisito diverse competenze tecnico-scientifiche nelle varie fasi di sviluppo del farmaco: dalla ricerca di base, al “drug design”, fino alla ricerca clinica. Da marzo 2014 lavoro come Clinical Research Assistant presso il consorzio per le valutazioni biologiche e farmacologiche di Pavia, un'istituzione che fornisce supporto scientifico, metodologico e regolatorio. Mi occupo di vari aspetti legati alle clinical operations e agli affari regolatori: dalla fase più tecnica di start-up di studi clinici di patologie rare e pediatriche, contatti con comitati etici e con gli sperimentatori, alla stesura dei documenti regolatori e scientifici collegati agli studi clinici. In precedenza, dopo aver lavorato nel campo del “drug screening” per un anno presso Dialectica, una start-up biotecnologica attiva nello studio delle patologie neurodegenerative, ho svolto attività di ricercatore nel laboratorio della prof. Elena Cattaneo, Università di Milano, nell’ambito di studi su cellule staminali e malattie neurodegenerative. Nel Gennaio 2014 ho conseguito il titolo di PhD. Anno IX numero 50 Pagina 24 Genetic - driven clinical trials in oncology: design of a diagnostic, translational and therapeutic approach to cancers of unknown primary (CUPs). AGNOSTOS Precision Medicine Project Cancer of unknown primary site (CUP) is a relatively common clinical syndrome, accounting for approximately 2% to 9% of all human tumors (1,3). Due to the current inadequacy of biological insights (2) and lack of effective therapeutic strategies (1), CUPs define a still unmet medical need. Recent evidence identifies the oncogene MET as a potential key player in the concomitant regulation of both invasive growth and stemness (3), two of the most characteristic traits of CUP phenotype (4). Furthermore, whilst until recently major efforts in the CUP area have been directed to predict the ToO (Tissue of Origin), recent evidence on many cancers suggests that the use of target therapy selected after gene sequencing can significantly improve patient outcomes, confirming that mutational profiles, rather than prediction of ToO, could be useful to reveal CUPs’ vulnerabilities (5). Despite preliminary genomic surveys of CUPs have been recently presented (6), no actionable targets have been validated. Therefore, at present, systemic chemotherapy usually based on platinum- or taxane-containing regimens remains the mainstay of CUP treatment, although the response to these empirical therapeutic strategies is generally poor. In the attempt to address both clinical and translational needs of CUP syndrome this project’s aims are: To define an innovative CUP diagnostic work up - CUP Diagnostic Guidelines; To study in depth the molecular pathways involved in the CUP phenotype, focusing on the role played by the extended family of the MET oncogene - AGNOSTOS Profiling; To streamline the choice of front-line chemotherapy by conducting a phase 2 randomized trial with a ‘pick-thewinner design’, assessing the efficacy of the two best active single agent - carboplatin or gemcitabine added to nab-Paclitaxel, an innovative taxane backbone – AGNOSTOS trial; To explore the genomic landscape of CUP patients and to design a genomic driven therapeutic protocol for previously chemotherapy treated patients - AGNOSTOS 2. This combination of objectives will allow to devise less empirical treatment strategies for the CUP syndrome, through a multidisciplinary approach combining the most innovative technologies and scientific expertise of an excellence cancer center with the potential of the pharmaceutical industry. Mario Spione REFERENCES Briasoulis E, Pavlidis N, Felip E. ESMO Guidelines Working Group. Cancers of unknown primary site: ESMO clinical recommendations for diagnosis, treatment and follow-up. Ann Oncol. 2009 May; 20 Suppl. 4:154-5. Greco FA. Cancer of unknown primary site: still an entity, a biological mystery and a metastatic model. Nat Rev Cancer. 2014 Jan;14(1):3-4. Ross JS, Wang K, Gay L, Otto GA, White E, Iwanik K, Palmer G, Yelensky R, Lipson DM, Chmielecki J, Erlich RL, Rankin AN, Ali SM, Elvin JA, Morosini D, Miller VA, Stephens PJ. Comprehensive Genomic Profiling of Carcinoma of Unknown Primary Site-New Routes to Targeted Therapies. JAMA Oncol. 2015 Feb. Mani SA, Guo W, Liao MJ, Eaton EN, Ayyanan A, Zhou AY, Brooks M, Reinhard F, Zhang CC, Shipitsin M, Campbell LL, Polyak K, Brisken C, Yang J, Weinberg RA. The epithelial-mesenchymal transition generates cells with properties of stem cells. Cell. 2008 May 16; 133 (4):704-15. BIOGRAPHY I achieved a degree in CTF at the University of Calabria in 2011, with an experimental thesis after a work of 14 months within the endocrine oncology research group. Then I started to work for Eli Lilly and Company up to May 2014, when I decided to attend the master course in Pre-Clinical and Clinical Research and Development on Drugs, at the University of Milano Bicocca. In October 2014 I joined for an internship the Clinical Trials Coordination Unit of the Institute for Cancer Research and Treatment of Candiolo (Turin), where I am now working as Clinical Project Manager, with a specific focus on the design and conduction of independent clinical trials. Anno IX numero 50 Pagina 25 Una visita al campus Biogem Biogem è un ente di ricerca biomedica no-profit con sede in Ariano Irpino, costituito dal CNR, dall’Area Science Park di Trieste, dalla Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, dalle Università Federico II di Napoli, Bicocca di Milano, Seconda Università di Napoli, Sannio di Benevento, di Foggia, Lumsa di Roma, Suor Orsola Benincasa di Napoli. Peculiarità dell’Istituto è lo studio delle più gravi patologie umane attraverso la creazione di modelli murini, generati mediante avanzate metodiche di ingegneria genetica. A tal fine, unità fondamentale è la animal facility, struttura rilevante per dimensioni e per tecnologia. Il premio Nobel americano Capecchi ha scritto: “...lo stabulario di Biogem è eccezionale... ed è il migliore tra quelli che io ho visto in Europa”. Recentemente Biogem si è strutturata in tre aree funzionali: Genetics and Translational Medicine (GTM), diretta dal prof. Giovambattista Capasso, Medicinal Investigational Research (MIR), di- laboratori, dedicato all'oncologia di pazienti sottoposti a trapianti, un ambito di ricerca particolarmente innovativo e sempre più attuale, che ha già riscosso il sostegno della Società Europea di Nefrologia. Nell’area MIR, oltre alla già menzionata Animal Facility e ad una struttura per la realizzazione di modelli su zebrafish, da quest’anno sono entrati in funzione la protein factory, dedicata alla produzione di proteine a scopo terapeutico ed il laboratorio di Genetica Forense attrezzato con le retta dal prof. Claudio Pisano, e Life and Mind Science School (LIMSS), diretta dal prof. Gennaro Marino. Nell’area della ricerca traslazionale (GTM), sono attivi sette laboratori, già da tempo operativi: biologia delle cellule staminali, bioinformatica, tossicologia dei sistemi biologici, immunogenetica, nefrologia traslazionale, oncologia molecolare, modelli murini geneticamente modificati di malattia. In quest’area è stato avviato un progetto di ricerca, che coinvolge tutti i più moderne strumentazioni. Entro l’anno sarà ultimato l'iter per l’ottenimento della classificazione dei laboratori nella categoria GLP, attestante l’idoneità di Biogem a svolgere attività di ricerca preclinica finalizzata alla validazione dei farmaci. Sempre entro il 2015 entrerà in funzione la Natural Products Factory che - per essere in grado di realizzare l’estrazione, la caratterizzazione biologica e la produzione di composti di origine naturale – favorirà la valorizzazione di produzioni locali (sono già in corso studi sull’olio e sulla propoli). L’area LIMMS realizza, in collaborazione con quattro Università, una laurea magistrale in Scienze e tecnologie genetiche (a numero chiuso, in regime di residenzialità), che finora ha laureato oltre cento studenti. In partnership con aziende straniere, Biogem LIMMS continua inoltre ad organizzare corsi di specializzazione post-laurea (ha formato finora oltre seicento laureati, con un placement medio del 95 %) e corsi ECM. Per l’accoglienza di studenti e ricercatori, anche stranieri, è in avanzata fase di realizzazione una grande struttura di accoglienza nel centro urbano di Ariano. Biogem, infine, ha allestito, in convenzione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), un museo di storia della terra e della vita (Biogeo, visitatissimo da scolaresche) ed organizza ogni anno, in settembre, un meeting a tema di una settimana, intitolato “Le due culture”, per favorire confronti tra scienziati e umanisti italiani e stranieri. Ortensio Zecchino Prof. Ortensio Zecchino Storico del diritto e politico (senatore, ministro della Università e della Ricerca), ha insegnato nelle Università di Urbino, “Federico II” e “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Ha fondato e presiede il “Centro Europeo di Studi Normanni” ed ha presieduto il comitato direttivo dell’Enciclopedia Fridericiana dell’Istituto Treccani. Anno IX numero 50 Pagina 26 Botanicals, tra sicurezza ed efficacia Secondo EFSA “I prodotti botanici e le preparazioni derivate, a base di piante, alghe, funghi o licheni sono largamente presenti sul mercato europeo sotto forma di integratori alimentari. Ne sono esempi il ginkgo, l’aglio, l’erba di San Giovanni e il ginseng. Di norma tali prodotti vengono etichettati come alimenti naturali e se ne vantano svariati e possibili effetti benefici sulla salute. Essi possono essere acquistati come prodotti da banco in farmacia, nei supermercati, nei negozi specializzati e via internet”. Cerchiamo di capirci qualcosa in più avvelendoci del supporto del dr. Luca Bucchini. Luca Bucchini è esperto di rischi alimentari ed affari regolatori nell'ambito degli integratori e degli alimenti. Dopo laurea e dottorato a Pavia, e specializzazione negli Stati Uniti, dal 2003 si occupa professionalmente di valutazione del rischio, sicurezza alimentare, di etichettatura e di pubblicità di alimenti ed integratori alimentari. E'stato project manager di PlantLIBRA, un progetto della commissione europea sugli integratori alimentari a base di sostanza vegetali, occupandosi - dal punto di vista scientifico - della valutazione dei rischi e benefici dei botanicals. Gentile dr. Bucchini iniziamo col dire che per Botanicals si intende.. Per botanicals si intendono piante – sostanze vegetali - e preparati derivati, impiegati in ambito alimentare, e quindi negli integratori alimentari, nei quali sono inclusi per i loro effetti fisiologici, o, più raramente, nutrizionali. Anche funghi, licheni, alghe utilizzati nello stesso modo rientrano nella definizione. Si tratta di parti di piante, tal quali o sottoposte ad estrazione. Per motivi puramente normativi, in ambito medicinale, si parla di erbe. Il concetto di sostanze vegetali (tutte le piante, le parti di piante, le alghe, i funghi e i licheni, interi, a pezzi o tagliati, in forma non trattata, di solito essiccata, ma talvolta anche allo stato fresco….taluni essudati non sottoposti ad un trattamento specifico…definite in modo preciso in base alla parte di pianta utilizzata e alla denominazione botanica secondo la denominazione binomiale genere, specie, varietà e autore) e preparati (preparati ottenuti sottoponendo le sostanze vegetali a trattamenti quali estrazione, distillazione, spremitura, frazionamento, purificazione, concentrazione o fermentazione…anche sostanze vegetali triturate o polverizzate, tinture, estratti, oli essenziali, succhi ottenuti per spremitura ed essudati lavorati) sono invece, di fatto, comuni. Di norma tali prodotti vengono etichettati come alimenti naturali e se ne vantano svariati e possibili effetti benefici sulla salute. Ci può fare qualche esempio? Il Ginkgo (per la memoria, per esempio), il carciofo (per gli effetti positivi a livello epatico e digestivo), il ginseng (per l’effetto tonico), l’aloe (regolarità intestinale), il finocchio (per i gas intestinali), la valeriana (per il rilassamento), i derivati della soia (sintomi della menopausa), l’echinacea (supporto alle vie respiratorie) sono i botanicals più usati in Europa, secondo i dati di uno studio recente. Non esiste una definizione di “naturale” nella normativa europea o italiana. Tuttavia, bisogna ricordare, come prevede anche la legge, che naturale non vuol dire sicuro, o efficace. Ad ogni farmaco vengono richieste sicurezza ed efficacia, per quanto riguarda i botanicals possiamo dire lo stesso? Quali sono le linee guida, gli studi a cui far riferimento? Tutti gli alimenti, compresi gli integratori alimentari, devono essere sicuri per legge; le aziende sono per legge responsabili dei prodotti immessi sul mercato, e non possono vendere integratori che non sono sicuri. Vi è un complesso sistema di normative – dalle norme sui solventi a quelle sull’ igiene – per assicurare la qualità e sicurezza della produzione. Ci sono regole rigorose e specifiche per la sicurezza dei nuovi botanicals, e di ingredienti quali gli aromi e gli additivi. È vero però che non abbiamo norme e procedure specifiche per valutare la sicurezza dei botanicals “storici”, al passo con l’evoluzione delle conoscenze attuali, e ci si affida ancora molto alla tradizione. EFSA, l’autorità europea, ha proposto alcune linee guida nel 2009 ma, per vari motivi, non hanno trovato applicazione. Allo stesso tempo, una filiera complessa, che spesso parte dalla Cina, richiede controlli sempre più sofisticati, anche solo per confermare l’identità delle piante. Su questi ultimi due fronti si dovrebbe fare di più. Dal punto di vista dell’efficacia, la normativa sarebbe estremamente severa: di fatto, richiede dati ottenuti in studi clinici interventistici, randomizzati e controllati con placebo, con una adeguata dimensione del campione. Tuttavia, se il sistema di valutazione dell’efficacia (il cosiddetto regolamento claim) ha funzionato per vitamine ed altre sostanze (per esempio, i fitosteroli), per i botanicals, su cui gli studi clinici sono scarsi, non ha funzionato e la sua applicazione è stata per ora sospesa. Difficile dire cosa succederà. Per ora l’Italia consente vanti di efficacia basati, in realtà, solamente sulla tradizione. Non si deve dimenticare, però, che i medicinali vegetali tradizionali – categoria molto usata in Germania e Regno Unito, pochissimo da noi per una serie di scelte anche delle autorità – possono vantare un’efficacia rispetto a sintomi o a lievi condizioni patologiche solo sulla base della tradizione, con il solo conforto della verosi(Continua a pagina 27) Anno IX numero 50 miglianza (spesso semplici studi in vitro). Si ha quindi il paradosso che ai botanicals è stato richiesto un livello di evidenza superiore che ai medicinali vegetali tradizionali. Insomma, la soluzione “italiana” applica lo stesso criterio anche ai botanicals ma è difficile prevedere cosa succederà a livello europeo, tra spinte diverse dei paesi membri e sentenze della corte di giustizia. Per semplificare, al momento attuale, bisogna chiedersi cosa ci si aspetta da un integratore con botanicals. Se ci si aspetta un effetto fisiologico blando, come quello di una tisana, il quadro normativo è già adeguato. Se invece – e forse è questa la domanda – si cerca un effetto che si avvicina a quello del farmaco, per quanto consentito dalla legge, per esempio per quanto riguarda la riduzione del colesterolo, il quadro normativo per le sostanze diverse dai botanicals è adeguato; per i botanicals ancora no, e quindi dipende ancora troppo dalla responsabilità delle aziende. E quali sono gli enti che si occupano di certificare sicurezza dei botanicals e degli integratori a base di botani- Pagina 27 cals? Il Ministero della Salute considera sicuri circa un migliaio di botanicals tradizionali, d’accordo con Belgio e Francia. I nuovi botanicals – quelli provenienti da fuori Europa – vengono valutati generalmente a livello europeo da EFSA. A livello di prodotto, il Ministero ha la facoltà di vietare quanto ritiene non sicuro. Ma, sia da un punto di vista legale che pratico, la responsabilità è principalmente delle aziende, che devono garantire la sicurezza, e la conformità degli ingredienti che utilizzano e dei prodotti che forniscono al consumatore. Non c’è ancora una rete di certificazioni volontarie come nel settore degli alimenti comuni per un motivo piuttosto banale: non c’è una grande distribuzione, consolidata, con forte potere negoziale, né una concentrazione dei produttori. Quest’ultimo fattore risulta in una varietà incredibile di prodotti a disposizione dei consumatori, ma anche meno risorse per standardizzare e certificare. Ed infine, dr. Bucchini cosa vede all’orizzonte? L’orizzonte è, purtroppo, poco chiaro. Consumatori ed imprese sono vitali; i botanicals sono una fonte inesauribile di scoperte, e finora vi è stata sufficiente flessibilità per esplorare nuove piante e nuovi estratti. Non credo però si possa rimandare un quadro normativo più al passo con l’evoluzione delle conoscenze scientifiche. Potrebbe essere estremamente restrittivo, oppure ragionevole e centrato sulle esigenze di sicurezza ed informazione dei consumatori. Il confronto è europeo, e tanto dipende dalla capacità del settore e dei rappresentati tecnici e politici di lavorare ad una soluzione valida. Ne dobbiamo riparlare tra sei mesi. A cura di Giovanni Abramo Anno IX numero 50 Pagina 28 Interazioni Accademia Industria Nelle scorse settimane, la letteratura scientifica ha visto infiammarsi un dibattito dai toni molto accesi fra il NEJM ed il BMJ. Alcuni editoriali del NEJM suggerivano la possibilità di adottare meno rigore, nella definizione di conflitto di interessi: le risposte del BMJ, dai toni molto aspri, non si sono fatte attendere, e sono qui riportate. A conclusione, The Lancet sembra suggerire (come saggiamente pensiamo tutti) una posizione di compromesso. Il dibattito è chiuso? Certamente no, siamo certi che altre voci si faranno sentire! Revisiting the commercial-academic interface in medical journals BMJ 2015;350:h2957 The New England Journal of Medicine goes on an ill advised journey Public trust in the pharmaceutical and biotechnology industry is low.1 Many practising physicians share that mistrust and are inclined to discount the results of otherwise sound studies that are industry funded.2 3 There are good historical reasons to be sceptical. But has suspicion degenerated, as some have charged, into “mindless demonisation?”4 The New England Journal of Medicine (NEJM) seems to think so. It has published a series of commentaries and an editorial suggesting there have been serious negative consequences of strict, “oversimplified” conflict of interest and disclosure policies, including the development of a “hostile climate” and “loss of trust.”5 6 7 8 Editor in chief, Jeffrey Drazen, says the “divide” between academic researchers and industry is not in the best interests of the public because “true improvement can come only through collaboration.” A close reading of Drazen’s editorial suggests he is having second thoughts about policies put in place by many journals—including The BMJ—that make it “harder and harder for people who have received industry payments or items of financial value to write editorials or review articles . . . Having received industry money, the argument goes, even an acknowledged world expert can no longer provide untainted advice.”9 These policies, he says, came about “largely because of a few widely publicized episodes of unacceptable behavior.” He urges revisiting of the reasons that “medical journal editors remain concerned about authors with pharma and biotech associations.” We are deeply troubled by a possible retreat from policies that prevent experts with relevant commercial ties from authoring commentary or review articles. The pharmaceutical and biotechnology industries may well be our medical saviours, but that is not a good reason to return to past practices. Such policies were not motivated solely by a few events, as Drazen asserts, but by recognition of extensive, systemic problems. These problems are far from solved, including internationally, as shown by recent events in India and China.10 11 Checks and balances remain important We agree that people with industry affiliations may be capable of expressing impartial views about matters affecting the commercial interests with which they are associated. Journal readers and editors, however, have no reliable way of identifying which industry affiliated views are disinterested and which are inappropriately influenced by commercial considerations, particularly in subtle ways. Bias is not always overt or easily detected. Authors with industry ties may be likely to approach a topic from a perspective shaped by their associations, so that their views will reflect industry assumptions, priorities, and preferences. The existence of academic and non-financial conflicts of interest does not reduce the need to be wary about conflicts that arise out of the powerful economic incentives associated with industry connections. In our view, no one has such superior knowledge that he or she is the only one qualified to write an article on a subject. Checks and balances are important in any system. In the case of medical evidence, they should be based on the assumption that it is a mistake to combine evidence production and appraisal functions in a single person or group. Some academics must work closely with industry to develop and commercialise new medical treatments, but they should not also author editorials, reviews, or guidelines that appraise them. These are different professional responsibilities, and they clash. The stakes are high. Editorials, reviews, and guidelines legitimise medical knowledge and shape clinical practice. Society needs a group of people who can evaluate medical evidence completely free of the appearance of commercial taint. One goal of The BMJ’s zero tolerance policy on education pieces by authors with industry ties was to offer unconflicted authors “prominence and visibility.” The success or failure of this policy can be evaluated only after the distinction between these different responsibilities—developing treatments or evaluating their place in practice—has been established long enough to influence the career choices of young doctors. Disclosure does not solve the problem of bias and might make it worse. Advisers who disclose conflicts may subsequently feel more comfortable giving biased advice, a phenomenon called moral licence. Those who receive advice from a biased adviser often do not discount it sufficiently.12 Finally, “requiring disclosure is much easier than changing the status quo . . . I’d rather tell you I’m on the gravy train than get off it.”13 We don’t find much to agree with in NEJM’s anecdotal analysis, but we do agree that criticism of the pharmaceutical and biotechnology industry is often reflexive and unfair. In fact, industry leads academia in complying with trial registration and reporting requirements.14 Many companies have embraced the open data movement.15 These are good things, but improvements in obvious problems should not be a pretext for regressive change. Instead, we should encourage all medical journals to separate the functions of evidence generation from those of appraisal. Poli(Continua a pagina 29) Anno IX numero 50 Pagina 29 (Continua da pagina 28) cies that prevent experts with commercial ties from participating in evidence evaluation institutionalise this protection instead of making it optional. They are an important safeguard against bias and a defence against the perception of a “trial-journal pipeline” in which “companies treat trials and journals as marketing vehicles.”16 We agree with Steinbrook and colleagues that journal editors have a responsibility to lead on this issue and that “financial conflicts of interest in medicine are not beneficial.”17 It is a mistake by NEJM to suggest that rigorous standards should be revisited. To do so would undermine the trustworthiness of medical journals and be a disservice to clinical practice and patient safety. References 1. 2. Ipsos Mori. Reputation snapshot for the pharmaceutical sector. 2012. Kesselheim AS, Robertson CT, Myers JA, et al. A randomized study of how physicians interpret research funding disclosures. N Engl J Med2012;367:12. 3. Schroter S, Morris J, Chaudhry S, Smith, R, Barratt H. Does the type of competing interest affect readers’ perceptions of the credibility of research? Randomised trial. BMJ2004;328:742. 4. Novella S. Demonizing big pharma. 22 Apr 2010. 5. Drazen JM. Revisiting the commercial-academic interface. N Engl J Med2014;372;19:1853-4. 6. Rosenbaum L. Reconnecting the dots-reinterpreting industry-physician relations. N Engl J Med2015;372:1860-4. 7. Rosenbaum L. Understanding bias-the case for careful study. N Engl J Med2015;372:1959-63. 8. Rosenbaum L. Beyond moral outrage-weighing the trade-offs of COI regulation. N Engl J Med 2015;372:2064-8. 9. Chew M, Brizzell C, Abbasi K, Godlee F. Medical journals and industry ties. BMJ2014;349:g7197. 10. Jain A, Nundy S, Abbasi K. Corruption: medicine’s dirty open secret. BMJ2014;348:g4184. 11. Jourdan A, Ruwitch J. RTP-Big Pharma Beware: GSK China case may be just the beginning. Reuters 2014 May 12. Cain DM, Loewsenstein G, Moore DA. The dirt on coming clean: perverse effects of disclosing conflicts of interest. 13. Humphries C. Deeply conflicted. Boston Globe2011 May15 14. Anderson ML, Chiswell K, Peterson ED, Tasneem A, Topping J, Califf RM. Compliance with results reporting at ClinicalTrials.gov. N Engl J Med2015;372:1031-9. 15. MRCT Center at Harvard. Committed leaders gather to drive clinical trial data transparency solutions. 30 Apr 2015. 16. Light DW, Lexchin J, Darrow JJ. Institutional corruption of pharmaceuticals and the myth of safe and effective drugs. J Law Med Eth- ics2013;14:590-610. 17. Steinbrook R, Kassirer JP, Angell M. Justifying conflicts of interest in medical journals: a very bad idea.BMJ2015;350:h2942. Conflict of interest: forward not backward BMJ 2015; 350 The New England Journal of Medicine has refuelled the smouldering debate on conflicts of interest. In a surprising series of articles and an editorial by its editor in chief, Jeffrey Drazen, the journal seems to signal a retreat from current efforts to tackle financial conflicts of interests in medicine There has been no shortage of critical response, including in The BMJ. In an editorial I and colleagues conclude that it’s a mistake to suggest that rigorous standards should be revisited. And an accompanying article by three former editors of the New England Journal of Medicine, Robert Steinbrook, Jerome P Kassirer, and Marcia Angell, calls its series of articles “a seriously flawed and inflammatory attack” that tries to rationalise conflicts of interest in the medical profession. They fear a further weakening of conflict of interest policies at the New England Journal of Medicine and hope that its stance will serve as a wake-up call. Other contributions to the debate come from bloggers surprised and concerned at the journal’s new stance. Indeed it’s hard to find support for the New England Journal of Medicine’s move. Richard Horton, editor of the Lancet, comes closest. The truth, he says, lies somewhere between these extremes. So where is this common ground? No one doubts the need for a vibrant drug and devices sector that serves patients and populations. Nor does anyone seriously question that, to deliver this, the industry must interact with researchers and understand the needs of patients and clinicians. And there is little dispute that non-financial conflicts of interest—such as academic passion and personal belief—are just as important, if harder to track. Has the debate been useful? Horton thinks so, and I agree. Two clarifications in particular. Firstly, this is not a moral but a practical issue. As Steinbrook and colleagues say, it should not be insulting to suggest that a person’s judgment can be affected by financial relationships. “The concern is not whether physicians and researchers who receive money have been bought by the drug companies . . . The essential issue is that it is impossible for editors and (Continua a pagina 30) Anno IX numero 50 Pagina 30 (Continua da pagina 29) readers to know one way or another.” Secondly, the same person or people shouldn’t be asked to produce the evidence and appraise it. As our editorial says, “These are different professional responsibilities, and they clash.” The BMJ’s new policy on conflicts of interest among authors of educational articles seeks to make clear this distinction. Ironically, we took as our model the New England Journal of Medicine’s former policy, which set similar rules. These are hard to implement, but we are determined to push on, evaluating as we go. Our aim is not only to ensure that our educational content can be trusted but to encourage culture change in medicine in the interests of patients and the public. We seek experts in all fields of medicine who do not have relevant financial relations with the industry. If you are such a person and would like to contribute, please email us so we can add you to our growing database. The BMJ vs NEJM—lessons for us all The Lancet It's hard to recall now, but there was a time in medicine's recent past when interactions between physicians and the pharmaceutical industry were seen as positively virtuous. During medical school (a long time ago, 1980–86, at the University of Birmingham), most of our general medicine teaching was organised by the Department of Pharmacology and Therapeutics, led by the inspirational Martin Kendall. In weekly “roadshows”, 180 students would discuss clinical scenarios from a pharmacological perspective. Martin Kendall would lead the class through vignettes of patient management. He would do so by testing the students on stage, a ritual we all endured and enjoyed in equal part. An appreciation of, and respect for, the contribution of the pharmaceutical industry to clinical medicine was embedded in our training, and I think most of us felt better prepared for the practical aspects of subsequent ward work as a result. This mutuality extended to research. In 1985, I spent 3 months working at the Astra Laboratories in Mölndal, near Gothenburg, Sweden. At that time, the great Swedish cardiovascular physiologist, Björn Folkow, was at the University of Gothenburg. It was accepted (and encouraged) that senior faculty in Folkow's department, together with post-docs and PhD students, would move seamlessly between university and industry. This symbiosis is hard to comprehend today. The conflict between those who see industry as an enemy to the values of medicine and those who see great possibilities from collaboration is exemplified by the recent argument between two great general medical journals, The New England Journal of Medicine and The BMJ. Writing in The BMJ this week, two former Editors-in-Chief of the NEJM, Jerry Kassirer and Marcia Angell, call three recent NEJM articles (by the journal's national correspondent, Lisa Rosenbaum) and an editorial (by the journal's current Editor-in-Chief, Jeff Drazen), “A seriously flawed and inflammatory attack” on financial, largely pharmaceutical and device manufacturer, conflicts of interest. “We find it sad”, they write, “that the medical journal that first called attention to the problem of financial conflicts of interest among physicians would now backtrack so dramatically, and indulge in ad hominem attacks on those who disagree”. They accuse the NEJM of downplaying the importance of conflicts of interest in medicine. They allege the journal has “little understanding of the meaning of the term”. They call Lisa Rosenbaum's three essays “rambling”, “fanciful”, and “data-free”. They also attack Drazen, their successor, for weakening the NEJM's conflict of interest policy. In an accompanying editorial, the BMJ's Editorin-Chief, Fiona Godlee, together with the journal's heads of research and education, notes that they are “deeply troubled” by Drazen's “possible retreat from policies that prevent experts with relevant commercial ties from authoring commentary or review articles”. “We don't find much to agree with in NEJM's anecdotal analysis…It is a mistake by NEJM to suggest that rigorous standards should be revisited.” There have been few such sharp rebukes by one journal editor against another. What led to this surprising assault? Lisa Rosenbaum posed a series of questions that have upset those who believe in the inimical influence of industry in medicine. For example, Rosenbaum asked whether it was reasonable to conclude that a physician with industry ties is motivated by a desire for financial gain? To what extent are reactions to industry influenced by reason or emotion? Why do we not take non-financial conflicts as seriously as financial entanglements? What unanticipated negative consequences might accrue from a hunt for wrongdoing? Why are the benefits of industry–academic collaborations persistently ignored? It would seem within the spirit of scientific inquiry to pose questions that challenge received orthodoxies. Rosenbaum accepts that gifts to doctors can have unacceptable influence. She agrees that past wrongdoings should not be excused. She believes that oversight of industry should not be eliminated. And she discusses evidence that industry-sponsored studies are more likely to be positive. Therefore, I don't agree with the NEJM's critics that the Rosenbaum papers represent a reversal of policy by the NEJM. But while I don't agree with these critics, I do think that the BMJ's analysis should be welcomed. A clear division of opinion in this argument helpfully clarifies both positions. The truth is likely to lie somewhere between these extremes. It's time we found it. Anno IX numero 50 Pagina 31 NEWS ON CLINICAL TRIALS GENE THERAPY Applied Genetic Technologies Corporation, a clinical stage biotechnology company developing adeno-associated virus (AAV)-based gene therapies for the treatment of rare eye diseases, today announced that it has filed an IND application with the FDA to conduct a Phase I/II clinical trial of the company's gene therapy product candidate for the treatment of X-linked retinoschisis (XLRS). Utilizing technology licensed from the University of Florida, AGTC's XLRS product candidate uses an AAV capsid with surface residues that have been specifically engineered for better penetration to the back of the eye. AGTC uses its proprietary gene therapy platform to develop products designed to transform the lives of patients with severe diseases in ophthalmology. AGTC's lead product candidates focus on X-linked retinoschisis, achromatopsia and X-linked retinitis pigmentosa, which are inherited orphan diseases of the eye, caused by mutations in single genes that significantly affect visual function and currently lack effective medical treatments. AGTC is also pursuing pre-clinical development of treatments for wet AMD using the company's experience in ophthalmology to expand into disease indications with larger markets. Pending the FDA's acceptance of the IND application, the Company plans to initiate a clinical study evaluating the safety and efficacy of AGTC's proprietary gene therapy for treating XLRS during the second quarter of 2015 and expects to have initial data during the second half of 2015. XLRS is an inherited retinal disease caused by mutations in the RS1 gene, which encodes the retinoschisin protein. XLRS is characterized by abnormal splitting of the layers of the retina, resulting in poor visual acuity in young boys, which can worsen as the patients age. There are currently no approved treatments for XLRS. BREAST CANCER Puma Biotechnology is a development stage biopharmaceutical company that acquires and develops innovative products for the treatment of various forms of cancer. The company focuses on in-licensing drug candidates that are undergoing or have already completed initial clinical testing for the treatment of cancer and then seeks to further develop those drug candidates for commercial use. The company is initially focused on the development of PB272 (oral neratinib), a potent irreversible tyrosine kinase inhibitor, for the treatment of patients with HER2positive breast cancer and patients with non-small cell lung cancer, breast cancer and other solid tumors that have a HER2 mutation. Puma Biotechnology announced the initiation of a Phase II trial of Puma's investigational drug PB272 (neratinib) for the extended adjuvant treatment of breast cancer. The 70 patient study will be an open label single arm Phase II trial of PB272 monotherapy administered to patients with HER2-positive early stage breast cancer who have previously received adjuvant treatment with trastuzumab. Patients will receive extended adjuvant treatment with neratinib for a period of one year. Patients will receive primary prophylaxis with high dose loperamide (16 mg per day initially) in order to attempt to reduce the neratinib-related diarrhea. The primary endpoint of the trial is reduction in the incidence and severity of diarrhea. Because the ExteNET Phase III trial was run prior to the implementation of loperamide prophylaxis in clinical trials of neratinib, in the ExteNET Phase III trial neratinib was administered without loperamide prophylaxis. The results from this Phase II study will give physicians a better understanding of the safety of neratinib in the extended adjuvant setting with concurrent high dose loperamide administered and, importantly, to what degree the grade 3 neratinib-related diarrhea can be reduced. Initial results from this trial should be available by year-end 2015 and would enable Puma Biotechnology to include this data in the NDA filing for neratinib in the extended adjuvant setting, which is currently anticipated for the first quarter of 2016. HEART FAILURE Capricor Therapeutics, a biotechnology company focused on developing novel therapeutics for the treatment of cardiovascular diseases, today announced that it is currently enrolling a Phase II clinical trial with Cenderitide, a dual receptor natriuretic peptide agonist that has previously been used in approximately 270 patients including those suffering from acute decompensated heart failure. Capricor's current trial is a dose ranging study that is intended to evaluate the safety and feasibility of delivering the drug via a subcutaneous drug delivery patch pump. Capricor intends to address the large market for outpatient and ambulatory heart failure treatment including those patients with recent acute heart failure admissions as well as other potential indications. Cenderitide belongs to a class of drugs called natriuretic peptides. Preclinical and clinical data have shown that the natriuretic peptide class can act on multiple disease processes that play a role in negative outcomes associated with heart failure. Cenderitide is designed as an outpatient therapy to be delivered continuously using a validated subcutaneous infusion pump for up to 90 days (the "post-acute" period) following a hospital admission for ADHF. Cenderitide was designed by scientists at the Mayo Clinic to be the only dual natriuretic peptide receptor agonist. The present trial will enroll up to 14 patients with stable, chronic heart failure. Currently, the first two cohorts of patients have completed dosing with the remaining subjects expected to be treated over the next month. Patients will receive up to eight consecutive days of Cenderitide through subcutaneous infusion using Insulet's drug delivery system based on the OmniPod technology. This trial will assess the safety and tolerability, pharmacokinetics profiles, and pharmacodynamic response to increasing dose levels of open-label Cenderitide administered in a stepwise fashion with each patient getting the entire range of doses. Cenderitide's treatment goal and target indication is to provide a novel and effective therapeutic option for the outpatient treatment of heart failure thereby addressing a critical unmet need and one of the largest potential markets in medicine. According to the American Heart Association, heart failure is the leading cause of hospitalization among adults older than 65 years of age in the United States and is responsible for over 1 million hospital admissions annually. Among those patients that have been admitted, approximately 24% are re-hospitalized in one month, and 50% are re-hospitalized in six months. The Affordable Care Act may not allow Medicare payments for heart failure rehospitalization within 30 days. A cura di Domenico Barone Anno IX numero 50 Pagina 32 NUOVI SOCI BARATTINI SERENA PHILOGEN BASS ROLF FREIE UNIVERSITAT BERLIN BONARI ILARIA LIBERA PROFESSIONISTA DE STEFANI ELEONORA THERAMETRICS GIRO MARA ECCRT TIBOLLA GIANPAOLO FONDAZIONE SISA Hanno collaborato a questo numero: Giacomo Abramo - [email protected] Domenico Barone - [email protected] Laura Biondini - [email protected] Stefano Camnasio - [email protected] Andrea Carbone - [email protected] Domenico Criscuolo - [email protected] Luciano M. Fuccella - [email protected] Umberto Filibeck - [email protected] Luigi Godi - [email protected] Giacomo Pedrinola - [email protected] Anna Piccolboni - [email protected] Michela Salvadori - [email protected] Valentine Sforza - [email protected] Mario Spione - [email protected] Angelo Tinazzi - [email protected] Ortensio Zecchino - [email protected] CONSIGLIO DIRETTIVO Presidente: Marco Romano Vice—presidente: Anna Piccolboni Segretario: Salvatore Bianco Tesoriere: Luigi Godi Consiglieri: Giuseppe Assogna, Rossana Benetti, Marie-Georges Besse, Sergio Caroli, Simona Colazzo, Domenico Criscuolo, Gianni De Crescenzo. Direttore Responsabile: Domenico Criscuolo Comitato editoriale: Giovanni Abramo, Salvatore Bianco, Sergio Caroli, Domenico Criscuolo, Luciano M. Fuccella, Marco Romano Segreteria editoriale: Sabrina Lucioni Segreteria Organizzativa: Viale Abruzzi 32—20131 MILANO Tel. 02-29536444 Fax. 02-89058506 E-mail [email protected] SSFA oggi Stampa: MEDIA PRINT, Livorno Registrazione del Tribunale di Milano, N. 319 del 14/05/2007 “Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB PRATO” Numero progressivo 50 Periodicità: bimestrale WWW.SSFA.IT