FONDAZIONE
IRCCS POLICLINICO
“SAN MATTEO”
Percorso diagnostico terapeutico per il
paziente oncologico in stadio avanzato con
sintomatologia dolorosa che accede alle
macroattività di cure palliative
Direzione
Sanitaria
Aziendale
PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO PER IL PAZIENTE
ONCOLOGICO IN STADIO AVANZATO CON SINTOMATOLOGIA
DOLOROSA CRITICA CHE ACCEDE ALLA MACROATTIVITA’ DI
CURE PALLIATIVE
PDT 064.1 SC Oncologia Medica
Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato
Rev. 1 del 31/12/2009 1/46
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1 BACKGROUND E RAZIONALE
In Italia l'incidenza dei tumori e' in drammatica crescita, tanto che da una ricerca condotta
dall’Istituto Scientifico per la Prevenzione Oncologica della Regione Toscana, presentata nel
Giugno del 2006, si stima che un uomo su tre e una donna su quattro svilupperanno una
patologia oncologica nel corso della vita.
Usando le informazioni ricavate dai Registri Tumori attivi sul territorio nazionale, si può
stimare che nel nostro paese siano diagnosticati circa 270.000 - 300.000 nuovi casi di tumore
per anno. Si stima inoltre che l'incidenza media annuale, standardizzata per età, per tutti i
tumori (esclusi i tumori non melanomatosi della pelle), e per tutte le età, è pari a 463,7
casi/100.000 negli uomini e a 371,9 casi/100.000 nelle donne con un forte gradiente
geografico nord-sud, essendosi registrati tassi di incidenza di circa 1,7- 1,6 volte più alti negli
uomini e nelle donne del nord rispetto al meridione.
Per quanto riguarda la mortalità, in Italia, ogni anno muoiono circa 550.000 persone: di
queste morti, circa 240.000 (44%) sono dovute alle malattie cardiovascolari e circa 150.000
(27%) ai tumori.
I risultati ottenuti in Oncologia negli ultimi anni, con i progressi conseguiti nella diagnosi
precoce e nelle terapia antineoplastiche integrate, hanno consentito un incremento della
sopravvivenza per quasi tutte le neoplasie. All’incremento quantitativo della sopravvivenza è
necessario si accompagni però uno sforzo sostanziale per il miglioramento della qualità di vita
dei pazienti portatori di patologia oncologica.
Alla luce di quanto sopra riportato, è diventata urgente la necessità di creare Centri che si
prendano cura di questa tipologia di pazienti in tutte le fasi della malattia (dall’esordio fino alla
fase terminale).
I sofferenti di tumore in fase avanzata (con metastasi) e avanzatissima (i cosiddetti malati
terminali) necessitano di assistenza continuativa per periodi di tempo molto variabile da caso
a caso, mediamente dai 3 ai 24 mesi.
Arrivati ad una certa fase della malattia, quando sopraggiungono limitazioni fisiche sempre
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più importanti e tali da rendere difficoltoso anche il recarsi presso una struttura ambulatoriale,
l’unica alternativa è il ricovero in strutture assistenziali dedicate in grado di coprire in modo
completo le necessità cliniche e sociali dei sofferenti e delle loro famiglie (coinvolte
fortemente nella vicenda del congiunto e costrette a subire i condizionamenti che la malattia
comporta), evitando l’abbandono in termini di assistenza specialistica (rivolta specificamente
ad alcuni aspetti della malattia: dolore, dispnea, anoressia…).
I reparti di Cure Palliative nascono proprio sulla scorta di questo bisogno ed erogano le
terapie rivolte al trattamento dei sintomi e delle problematiche psicosociali ed assistenziali dei
pazienti, con un “approccio di tipo globale”, volendo soprattutto “prendersi cura” e non solo
“curare” il malato.
I Centri di Cure Palliative sono una struttura socio-sanitaria che risponde ai bisogni specifici
dei pazienti non guaribili provvedendo in particolare al supporto fisico ed emozionale non
solo dei pazienti stessi, ma anche dei loro familiari.
Empatia e alleanza medico-paziente-famiglia sono i fondamenti delle Cure Palliative.
Si tratta in genere di piccoli reparti di degenza dove i famigliari possono stare per il tempo che
desiderano, senza alcuna limitazione di orari né di altro genere.
La filosofia delle Cure Palliative è infatti quella di consentire ai pazienti di poter restare il più
possibile accanto ai propri parenti ed amici, in un ambiente comunque familiare e meno
spersonalizzante di quello dell’Ospedale tradizionale, garantendo comunque una continua
assistenza medico-infermieristica.
In particolare il ruolo di questi Centri di Cura Palliativa è quello di provvedere al supporto
medico, prevalentemente volto a controllare i sintomi rilevanti dei pazienti, così da migliorare
la loro qualità di vita e da andar incontro ai bisogni sociali, emozionali e spirituali di ciascun
paziente e della rispettiva famiglia.
Centri di Cura Palliativa sono nati storicamente agli inizi degli anni Sessanta, sviluppandosi
dapprima in Gran Bretagna (nel 1967 fu fondato, per iniziativa di Cecily Saunders, il St.
Christopher Hospice di Londra), poi negli Stati Uniti, in Australia quindi in altre partI del
mondo con un modello assistenziale di tipo ospedaliero, con medici e infermieri disponibili in
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qualunque momento a rispondere alle richieste d’aiuto, realizzando quella continuità
terapeutico-assistenziale così tanto auspicata e reclamata dai pazienti e dai loro famigliari.
Alla base di questi progetti c’è la volontà di dare ascolto e risposte operative ai bisogni del
singolo paziente.
Senza la passione medico-scientifica di ricerca e aggiornamento, che si espliciti in
competenza clinica, emerge in questo ambito di cure il rischio di un “buonistico paternalismo”
assistenziale di scarso spessore e privo di strutturazione.
Un elemento irrinunciabile è quindi per noi la formazione degli operatori che, per la
complessità del settore, richiede continua crescita delle competenze (con aggiornamento e
formazione), delle capacità non solo tecniche, ma anche relazionali e un adeguato apporto di
consulenza da parte di personale specializzato.
Sicuramente centrale in questo contesto è la terapia del dolore. Il dolore rappresenta infatti
uno dei sintomi più comuni nel paziente con patologia tumorale; inoltre tale sintomatologia
molto spesso, se non correttamente trattata, determina un netto peggioramento della qualità
della vita del paziente, la perdita dell’autosufficienza e un peggioramento dell’outcome.
Il dolore oncologico rappresenta un serio problema di salute pubblica a livello mondiale, se si
tiene presente che si stimano annualmente 10 milioni di nuove diagnosi di cancro e 6 milioni
di decessi per tale patologia.
Il sintomo dolore ha una incidenza elevata in tutti gli stadi della malattia tumorale attiva
(variando dal 30% alla diagnosi al 65-85% nelle fasi avanzate di malattia) ed è presente
anche in fase di remissione.
La terapia antalgica nei pazienti con tumori prevede non solo l’utilizzo di numerosi farmaci
(non solo oppioidi e analgesici non oppioidi), ma anche tecniche più recenti come la
possibilità di rotazione degli oppioidi e, qualora anche la rotazione degli oppioidi non sia
sufficiente, la rotazione della via di somministrazione con l’utilizzo di vie più specifiche quali la
via parenterale, peridurale e/o spinale.
Una adeguata gestione del dolore in un reparto di cure palliative, richiede una specialistica
formazione del personale infermieristico e medico del reparto (con aggiornamento continuo),
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un adeguato apporto di consulenza da parte di personale specializzato in terapia del dolore (il
nostro Reparto di Cure Palliative prevede la possibilità di usufruire di consulenze
specialistiche da parte di due anestesisti-rianimatori terapisti del dolore) e la possibilità
tecnica e logistica di eseguire la maggior parte dei blocchi antalgici da parte degli specialisti
della terapia del dolore.
Un approccio farmacologico al dolore, basato prevalentemente sull’uso corretto degli oppioidi
analgesici, consente di controllare il sintomo in circa il 90% dei casi.
L’OMS sottolinea l’importanza di attuare precocemente la terapia del dolore.
Il dolore oncologico cronico è il paradigma del “dolore totale”.
Il tema del dolore infatti in
questo contesto è senz’altro più complesso della mera valutazione quali/quantitativa di un
fenomeno fisico; infatti vi è alla base di tale sintomo un’ampia varietà di fattori fisici (sintomi
della malattia neoplastica, effetti collaterali delle cure), psicologici, sociali e spirituali (ansia
che scaturisce dalla paura della malattia e della morte, delle cure e degli effetti collaterali di
queste, dalla perdita del controllo del proprio corpo e della mente; dalla depressione
associata alla perdita del proprio ruolo in ambito lavorativo e famigliare ma anche allo
sviluppo degli aspetti fisici ed estetici della malattia; dalla rabbia e frustrazione scatenata dalla
perdita dei legami amicali, dalla difficoltà ad affrontare le cure o il fallimento di queste, dalle
difficoltà burocratiche).
Il Ministero della Salute ha recentemente introdotto, per tale tipo di dolore, la definizione di
“dolore inutile”, raccomandando un trattamento tempestivo 1.
Al momento della diagnosi è presente in circa il 30% dei pazienti oncologici.
Nelle fasi avanzate di malattia, a seconda delle casistiche, è presente nel 64-80% dei pazienti
2
. In fase di remissione è presente nel 45% dei pazienti 3.
Il trattamento del dolore deve essere basato anche sui meccanismi patogenetici che lo
determinano tenendo sempre in considerazione lo stato generale del paziente. Il dolore infatti
può essere conseguenza diretta della neoplasia (infiltrazione tessutale, interessamento
viscerale o delle strutture scheletriche, compressione nervosa, ipertensione endocranica) o
da causa indiretta (infezioni, decubiti, polineuropatia paraneoplastica e nevralgie, stipsi,
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contratture muscolari, linfedemi e manifestazioni trombo-emboliche) oppure può essere
conseguenza di trattamenti antineoplastici (chirurgico, chemioterapico, radioterapico)4. Il
dolore direttamente causato dalla neoplasia rappresenta la causa più frequente di algia in una
percentuale intorno all’80%.
Il dolore episodico intenso (o breakthrough pain) è un dolore transitorio, che si manifesta in
pazienti con un dolore cronico di base ben controllato da una terapia analgesica
somministrata ad orari fissi
(range 19-95%)
5,6
.
E’ presente nel 63-89% dei pazienti oncologici avanzati
5,6,7,8,9
. Gli episodi dolorosi hanno frequenza variabile (1-6 al giorno) e durano
mediamente 20-30 minuti 6,7,8,9,10. Nella pratica corrente, una frequenza superiore a 2 episodi
al giorno potrebbe indicare la necessità di modificare la terapia analgesica di base.
Nell’ambito del breakthrough pain va distinto il dolore acuto incidente, scatenato da eventi
specifici (es. tosse, cambi postura, defecazione) e spesso legato alla presenza di metastasi
ossee 6. La conoscenza del tipo di dolore (neuropatico, nocicettivo), l’eziopatogenesi e la
quantificazione dell’intensità del dolore forniscono una guida indispensabile nella scelta della
terapia farmacologia più appropriata e una valutazione più obiettiva dei risultati della terapia
analgesica instaurata11.
Per quanto riguarda l’intensità del dolore sono disponibili due tipologie di Scale Di
Misurazione11:
- unidimensionali: che misurano esclusivamente l’intensità del dolore (analogiche visive VAS,
numeriche NRS, verbali VRS)
- multidimensionali: valutano, oltre all’intensità del dolore, anche altre dimensioni (sensorialediscriminativa, motivazionale-affettiva, cognitivo-valutativa). La loro complessità ne consente
un uso limitato nella pratica clinica quotidiana.
Non esistono prove sulla superiorità di una scala rispetto ad un’altra; è comunque
fondamentale farnE uso, scegliendone una che risulti comprensibile al paziente11,12,13,14.
Nell’ottica di assicurare una adeguata gestione del “problema dolore” dei pazienti ricoverati
presso il nostro reparto è previsto:
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•
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corsi formativi di “Terapia del Dolore” per il personale medico e infermieristico (alcuni
nostri infermieri hanno già partecipato a un evento formativo svoltosi presso il
Policlinico San Matteo tenuto dai nostri terapisti del dolore)
•
condivisione con i terapisti del dolore dei protocolli di gestione del dolore e una
consulenza fissa settimanale sia per valutare l’efficacia dei protocolli sia per una
valutazione di eventuali problematiche insorte durante la settimana
•
possibilità di richiedere consulenze di terapia del dolore non programmate (“urgenti”)
per problematiche non gestibili secondo i protocolli programmati
•
possibilità di eseguire blocchi centrali (posizionamento cateteri peridurali/spinali) e
blocchi neurolitici. Per il posizionamento di cateteri peridurali/spinali è previsto il
trasferimento del paziente presso la sede centrale del Policlinico per poi nuovamente
trasferirlo e gestirlo nel nostro reparto.
•
per assicurarci la possibilità di dimettere il prima possibile i pazienti (tutte le linee
guida internazionali evidenziano l’importanza della gestione a domicilio dei pazienti
con tumori sia per una miglior comfort per il paziente sia per una diminuzione dei
costi sanitari) è prevista una modalità di collaborazione tra il servizio di terapia del
dolore, i colleghi oncologi, il nostro reparto e l’ASL per appoggiarsi a un servizio
medico-infermieristico domiciliare in modo da poter garantire quella continuità
assistenziale fondamentale per poter gestire tali pazienti e diminuire il numero di
ricoveri dovuti solo all’aumento del dolore.
2. SCOPO ED AMBITO DI APPLICAZIONE
Lo scopo di questo PDT è di ordinare la gestione del paziente oncologico avanzato con
sintomatologia dolorosa che afferisce alla S. C. di Oncologia Medica - Macroattività U. O. di
Cure Palliative, all’interno di un percorso predefinito nell’intento di ottimizzare le risorse ed
offrire al paziente ed alla sua famiglia le migliori cure.
La Macroattività di U. O. di Cure Palliative, S. C. di Oncologia Medica, si inserisce nel
programma di implementazione della rete delle Cure Palliative della zona ed è
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prevalentemente dedicata ai pazienti oncologici in fase avanzata a garanzia della continuità
delle cure.
Ci siamo orientati su diversi fronti:
•
costruire un’ipotesi organizzativa coerente con la filosofia delle Cure Palliative che
mettono al centro l’interesse per la qualità della vita del malato e della sua rete
affettiva.
•
collegare tale struttura in maniera efficace ed efficiente con il contesto delle cure già
esistenti (ADI, MMG, volontariato, Ospedale), individuando le modalità e gli strumenti
di integrazione con la rete delle Cure Palliative, allo scopo di attuare continuità nelle
cure e favorire la comunicazione tra i servizi che condividono il percorso di cura
•
costruire un’equipe di operatori motivati e qualificati, attivando una adeguata
selezione delle figure e coinvolgendole in una forma specifica di formazione. E’ uno
sforzo che richiede definizioni chiare (di competenze, di protocolli, di strumenti) e
orientamento a riflessioni importanti (il rapporto con la malattia, il dolore, la morte, le
emozioni ed i sentimenti nella cura, l’accettazione della impossibilità della guarigione,
il senso del limite e la sapienza di una presa in carico ben fatta). Il personale medico
ed infermieristico dovranno apprendere nozioni tecniche e mettersi in gioco rispetto
ai temi fondamentali della relazione di aiuto, della interazione del malato e la famiglia,
dell’accompagnamento alla morte, della qualità di vita del paziente inguaribile, ma
non incurabile.
•
scegliere un modello organizzativo coerente con la filosofia delle Cure Palliative,
cercando di costruire modalità operative, relazioni di cura e ambiente di vita che
rispecchino la nuova filosofia di cura delle Cure Palliative, fondata sull’ascolto e sulla
comprensione dei bisogni, delle aspettative dei malati e delle loro famiglie, sulla
personalizzazione degli interventi, sull’attenzione ai particolari per creare il più
possibile un clima di calda accoglienza intorno al malato
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•
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sviluppare una cultura della qualità della vita che assicuri dignità al malato,
intervenga con progetti di riduzione del dolore, presti attenzione alla morte come
momento finale dell’assistenza da non ignorare, negare, sottovalutare.
•
sostenere percorsi di cura economicamente compatibili con i budget definiti
•
aprire al contributi di diversi attori, quali ad esempio i volontari
•
suscitare attenzione e sensibilità intorno alle Cure Palliative per ottenere
comprensione e consenso al progetto, coinvolgendo nella nuova sfida culturale che
oggi si impone alla nostra attenzione. Tutto ciò richiede una strategia di
comunicazione pubblica, finalizzata a garantire informazione alla cittadinanza ed a
fornire strumenti interpretativi circa la mission di un reparto di Cure Palliative
all’interno della rete delle Cure Palliative e contrastare la tendenza semplicistica e
negativa che porta a ritenere il reparto di Cure Palliative solo come il reparto “in cui si
va a morire”.
•
uno degli obiettivi del Reparto di Cure Palliative è favorire il ritorno a domicilio dopo
una valutazione accurata dei bisogni del paziente e delle difficoltà future, e la messa
in atto di condizioni adeguate alle situazioni del paziente, sia dal punto di vista
umano, sia dal punto di vista medico-sociale.
La lista di attesa per l’accesso al reparto viene gestita secondo le modalità previste dalla IO
64.4.
Le scale di valutazione in uso per determinare la criticità dei sintomi sono la:
-
Numerical Rating Scale (NRS) per il dolore (IO 64.15)
-
Karnosky/ECOG per il performance status
Dal punto di vista assistenziale, per eseguire un corretto triage, sono necessarie le seguenti
valutazioni (IO 64.4):
-
valutatazione del grado di intensità assistenziale (nursing sanitario e tutelare)
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-
valutazione dolore percepito e terapie effettuate
-
valutazione del grado di capacità assistenziale, autonomia del caregiver
famigliare
-
valutazione dei sintomi prevalenti
-
valutazione del rischio di lesioni da pressione o presenza di lesioni cutanee in
genere
L’approccio farmacologico “a tre gradini” (tabella 1) consente di controllare il dolore
oncologico cronico in circa il 90% dei casi.
Tale approccio, sviluppato nel 1986 da un gruppo di esperti dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS)15, fornisce specifiche indicazioni per la scelta della terapia antidolorifica
che non va somministrata al bisogno, ma ad orari fissi.
Durante eventuali attacchi di breakthrough pain è necessario utilizzare farmaci al bisogno e
capirne la causa.
Quando il dolore non è adeguatamente controllato, pur con l’aumento delle dosi, il passaggio
da un gradino all’altro dovrebbe essere rapido.
L’approccio a tre gradini andrebbe inserito in una strategia complessiva che comprenda
anche terapie non farmacologiche (anestesiologiche, radioterapiche, fisiatriche, psico-sociali
e spirituali) e l’uso dei bisfosfonati e dei radionuclidi per le metastasi ossee.
I “farmaci adiuvanti” (es. cortisonici, antiepilettici, anestetici locali, antidepressivi) sono quelli
che, pur avendo indicazioni differenti, hanno un effetto analgesico in alcune situazioni cliniche
specifiche (es. ipertensione endocranica, dolore neuropatico, ecc). Vengono considerati
farmaci adiuvanti anche quelli in grado di contrastare gli effetti indesiderati della terapia
analgesica (ad esempio: antiemetici, lassativi, ecc..)16.
Gli adiuvanti sono quindi farmaci la cui azione primaria non è quella analgesica, ma vengono
somministrati in associazione agli oppioidi sia per potenziarne l’effetto sia per il trattamento di
alcuni tipi di dolore che non rispondono agli oppioidi stessi. La scelta dell’adiuvante dipende
dal tipo di dolore presentato dal paziente o eventualmente dal sintomo che ad esso si
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associa, tenendo presente che non sostituiscono gli analgesici nel controllo del dolore ma in
alcuni casi possono avere un ruolo di primaria importanza.
I farmaci adiuvanti appartengono a queste categorie: antidepressivi (es. amitriptilina),
anticonvulsivanti (soprattutto indicati nel dolore neuropatico; es. pregabalin o gabapentin),
anestetici locali, corticosteroidi, bisfosfonati, neurolettici, antistaminici.
Tabella 1: Schema della strategia “a tre gradini” OSM per il controllo del dolore cronico
oncologico.
III gradino
--------------------------------------|
VAS 6-10
| Dolore moderato – severo
| Oppioidi maggiori
II gradino
| (morfina, metadone, fentanil,
| buprenorfina, ossicodone,
-----------------------------------------|
idromorfone)
|
VAS 4-6
± non oppioidi
| Dolore lieve - moderato
|
Oppioidi minori
I gradino
|
(codeina, tramadolo)
-----------------------------------------|
± non oppioidi
VAS 1-4
ossicodone + paracetamolo#
Dolore lieve
Non oppioidi
(paracetamolo, aspirina, FANS)
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------± farmaci adiuvanti
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------# L’ossicodone a basse dosi (5 mg) + paracetamolo (325 mg) può rientrare nel II gradino,
mentre a dosi superiori rientra nel III° gradino
Lo studio di Zech et al.17 (Tabella 2), in un periodo di 10 anni, ha osservato 2118 pazienti
ospedalizzati con dolore cronico oncologico dimostrando che l’approccio a tre gradini ha
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permesso il controllo del dolore nell’88% dei pazienti; il trattamento prevalente è
rappresentato da oppioidi maggiori (49% dei giorni di trattamento).
Tabella 2: Studio Zech et al.
Gradini scala OSM
I
II
III
-----------------------------------------------------------------------------------------------% giornate di terapia
11%
31%
49%
in ciascun “gradino”
Controllo del dolore: 88% dei pazienti
Dosaggio medio di morfina orale: 86 mg/die (range: 49-135)
Vie di somministrazione:
(% giorni di trattamento)
orale: 82%
parenterale: 9%
spinale: 2%
Numerosi studi sono stati condotti per validare l’approccio metodologico a tre gradini: sono
stati osservati oltre 8000 pazienti in diversi paesi del mondo ed in ambienti clinici differenziati
(ospedale e domicilio)11,12,13,14,15,16,17,18.
Le varie casistiche riportano un efficace controllo del dolore nel 71-100% dei pazienti
trattati 18.
Tra gli studi eseguiti per validare l’approccio OSM quello di Ventafridda et al 19, condotto su
1229 pazienti seguiti per 2 anni, ha evidenziato che il passaggio dal I° al II° gradino è dovuto
in circa la metà dei casi ad effetti collaterali e nell’altra metà all’inefficacia analgesica, mentre
il passaggio dal II° al III° gradino è soprattutto dovuto all’inefficacia analgesica.
Gli studi disponibili non dimostrano una chiara differenza nell’efficacia dei farmaci del I e del II
gradino e non permettono di concludere sui benefici dell’aggiunta degli oppioidi minori, in
particolare della codeina, soprattutto se sottodosata, rispetto al solo paracetamolo o al
FANS20.
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La codeina, somministrata in genere in associazione al paracetamolo, ha un effetto
analgesico di 4-6 ore. Il rapporto paracetamolo/codeina nelle specialità in commercio in Italia
non è ottimale; ciò non permette di raggiungere la dose massima efficace di codeina (360
mg/die) senza somministrare dosaggi tossici di paracetamolo (3-4 gr/die).
In alternativa si può ricorrere alle preparazioni galeniche di codeina (compresse o capsule da
60 mg).
Gli oppioidi minori hanno tutti un “effetto tetto”: ciò significa che aumentando la dose di un
farmaco oltre una certa soglia l’efficacia non aumenta (ma possono naturalmente aumentare
gli effetti indesiderati).
Il tramadolo non ha sostanziali vantaggi clinici rispetto agli altri oppioidi del II gradino; ha una
biodisponibilità per via orale del 70% e del 100% per via intramuscolare. Sono presenti
formulazioni per via orale/rettale a rapida azione (gocce, compresse, supposte), ad azione
lenta (effetto analgesico di 12 e 24 ore dopo singola somministrazione) e formulazioni per via
parenterale (fiale per via endovenosa, intramuscolare, sottocute).
Le dosi massime consigliate per il tramadolo orale sono:
- adulti: 50-100 mg (20gtt = 50 mg) ogni 4-6 ore. Non superare 400 mg/die
- pazienti > 75 anni: 300 mg/die (in dosi suddivise ogni 4-6 ore)
- insufficienza renale: 100 mg ogni 12 ore
Uno studio recente21 condotto su 54 pazienti oncologici con dolore lieve-moderato ha
confrontato una strategia a 2 gradini OMS (con passaggio diretto dal I° al III°) versus i
canonici 3 gradini OMS. I risultati hanno dimostrato che il salto del II° gradino si associa ad
una riduzione delle giornate di dolore più intenso: = 5 (22,8 vs 28,6%, p= 0,001) e = 7 (8,6 vs
11,2%, p= 0,023), ma anche ad una aumentata incidenza di effetti collaterali (anoressia e
stipsi di grado III/IV).
Quindi l’utilizzo precoce della morfina orale risulta essere vantaggiosa; ciò potrebbe infatti
favorire un maggior controllo del dolore nelle fasi iniziali così come la ricerca delle dosi
ottimali nelle fasi successive della malattia.
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Per quanto riguarda il dolore moderato-severo, la morfina rimane il farmaco di prima scelta.
La morfina è un agonista puro su tutti i recettori degli oppioidi (µ, ? e k). Per via orale ha una
biodisponibilità variabile (15-65%) a causa dell’effetto di primo passaggio epatico: ciò spiega
la necessità di individuare il dosaggio ottimale (titolazione) per ogni paziente.
Produce metaboliti attivi eliminati per via renale.
E’ un agonista completo e non presenta “effetto tetto”: la dose può essere aumentata fino al
raggiungimento dell’effetto terapeutico.
La morfina, considerato farmaco essenziale dall’OMS, è ancora oggi l’analgesico oppioide di
prima scelta nel controllo del dolore oncologico di intensità moderata-severa; il suo uso viene
raccomandato da tutte le principali linee-guida e documenti di consenso12,15,18.
Una revisione sistematica di Cochrane22 pubblicata nel 2003 (che ha analizzato 45 lavori per
un totale di 3061 pazienti) evidenzia come l’incidenza di effetti collaterali intollerabili dovuti
all’uso di morfina non superi il 4%.
Riassumendo la morfina quindi risulta essere l’oppioide di prima scelta perché:
- permette un efficace controllo del dolore
- non mostra “effetto tetto”
- presenta un basso profilo di tossicità (incidenza di effetti collaterali intollerabili nel 4%
dei pazienti)
- iniziata prececemente, consente di adattare il dosaggio alle richieste analgesiche nelle
varie fasi della malattia
- può essere usata in modo continuativo per lunghi periodi
- è disponibile in molte formulazioni e dosaggi
- ha costi relativamente contenuti
Morfina, i miti da sfatare: dipendenza, tolleranza e depressione respiratoria
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- Dipendenza psicologica (necessità compulsiva del farmaco): ha una frequenza molto
bassa (in due studi condotti su 11882 e 24000 paziente solo rispettivamente 4 e 7 pazienti
hanno presentato dipendenza psicologica23).
- Dipendenza fisica (sintomi e segni clinici da astinenza): si può evitare attuando una
riduzione a scalare del dosaggio del 50% per 2-3 giorni fino a sospensione definitiva.
- Tolleranza dell’effetto farmacologico (per mantenere l’iniziale effetto analgesico
occorre progressivamente aumentare la dose del farmaco): è limitata e lenta a verificarsi;
nella maggior parte dei casi la necessità di incrementare la dose è la conseguenza della
progressione di malattia.
- Depressione respiratoria: nell’uso terapeutico questo effetto indesiderato è
sostanzialmente assente. Vi sono invece prove sull’efficacia degli oppioidi, ed in particolare
della morfina, nel controllo della dispnea severa, sia in pazienti oncologici che in pazienti con
BPCO24,25.
- La sonnolenza diurna, il senso di instabilità e l’obnubilamento mentale compaiono di
norma solo all’inizio del trattamento, ma si risolvono quando i pazienti si stabilizzano (in
genere entro pochi giorni). Nella maggior parte dei pazienti trattati con dosi stabili di morfina
gli effetti sulle funzionalità cognitive e motorie sono minime. Anche la nausea ed il vomito, che
compaiono nei due terzi dei pazienti all’inizio della terapia, tendono a scomparire. Il principale
effetto cronico della morfina è la stipsi.
Le principali linee-guida e documenti di consenso12,18 sottolineano come, nel dolore cronico,
andrebbe privilegiata la via orale per la morfina perché è efficace e agevole. La
somministrazione parenterale si è però dimostrata più efficace nel breakthrough pain per una
più rapida insorgenza dell’effetto.
Per la morfina orale, le due forme farmaceutiche orali disponibili sono due: quella a rilascio
immediato (da somministrare ogni 4 ore) e quella a rilascio prolungato (da somministrare ogni
12 ore)18. Per una gestione ottimale del dolore con morfina orale sono utili entrambe le
formulazioni.
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Per quanto riguarda la morfina orale a rilascio immediato, il farmaco (gocce, sciroppo, fialoidi)
ha una biodisponibilità che varia da paziente a paziente, è quindi necessario individuare la
dose efficace per ogni singolo paziente: titolazione farmacologia.
Può essere anche utilizzata come dose di salvataggio nel dolore episodico intenso
(breakthrough pain): per la riacutizzazione del dolore infatti si aggiunge alla terapia di base la
morfina in formulazione pronta alla dose di ¼ - 1/6 della dose giornaliera assunta.
Tabella 3. Dosaggi iniziali della morfina a rilascio immediato nel dolore cronico18
Dosaggi iniziali
Pazienti
Dosi
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Già trattati con un oppioide minore
10 mg ogni 4 ore (equivalente a 8 gocce o un
fialoide da 10 mg)
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------Che saltono il secondo gradino
5 mg ogni 4 ore (equivalente a 4 gtt o ½
fialoide da 10 mg)
Anziani
Con insufficienza renale cronica
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Già in terapia con oppiodi maggiori
dosi da definire in base alle tabelle di
equivalenza analgesica. E’ prudente ridurre
prima dose del 50%
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Dosaggio serale: l’assunzione di una dose doppia al momento di coricarsi è un sistema
semplice ed efficace per evitare di svegliare appositamente il paziente. Non esistono però
evidenze consolidate a supporto di tale pratica.
I metaboliti della morfina vengono eliminati esclusivamente per via renale e da questo deriva
che l’accumulo di queste sostanze in presenza di una funzione renale alterata può dare
fenomeni di tossicità.
Una volta definita la dose giornaliera efficace di morfina a rilascio immediato, è possibile
somministrare la stessa dose nella formulazione a rilascio controllato ogni 12 ore18.
La mancanza di un effetto tetto consente di somministrare dosi molto elevate di morfina fino
ad ottenere un soddisfacente controllo del dolore, compatibilmente con l’accettabilità e la
gestione degli effetti collaterali.
Mediamente 2/3 dei pazienti oncologici con dolore moderato-grave hanno un buon controllo
del dolore con dosi fino a 200 mg/die di morfina orale (30 mg ogni 4 ore di morfina a rilascio
immediato oppure 100 mg ogni 12 ore di morfina a rilascio controllato); i restanti pazienti
necessitano di dosi più elevate (sino a 1200 mg/die, eccezionalmente sono stati impiegati
4500 mg/die). Quando necessario la dose quotidiana va incrementata del 30-50% ogni 24
ore, fino ad un adeguato controllo del dolore, valutando gli effetti collaterali.
In alcune situazioni cliniche caratterizzate da vomito, disfagia grave, malassorbimento,
subocclusione intestinale, confusione mentale, la via orale è controindicata e devono essere
considerate vie di somministrazione alternative.
Dati in letteratura mostrano che circa il 50% dei pazienti con dolore oncologico necessita di
cambiare più di una via di somministrazione nelle ultime 4 settimane di vita11.
Via sottocutanea.
Rappresenta una efficace alternativa alla via orale ed è preferibile a quella intramuscolare
perché più semplice, meno dolorosa e con assorbimento più regolare. L’assorbimento
intramuscolo infatti è variabile anche in rapporto al muscolo utilizzato (nel deltoide per es. è
maggiore che nel gluteo).
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Utilizzando la via sottocutanea la biodisponibilità della morfina aumenta fino all’80%, evitando
il metabolismo epatico di primo passaggio. Con l’iniezione sottocute il picco delle
concentrazioni plasmatiche si raggiunge in 15-30 minuti, con la conseguenza che il farmaco
entra in azione più velocemente di quanto accade alla somministrazione orale. In caso si
passi dalla morfina orale a quella sottocutanea la dose andrebbe divisa per 3 per ottenere un
effetto equianalgesico.
Via sottocutanea continua.
Si correla ad una bassa incidenza di tossicità acuta (sedazione, nausea/vomito, confusione);
si evitano inoltre iniezioni ripetute.
Per questo tipo di infusione sono disponibili pompe di vario genere (elastomeriche monouso,
pompe computerizzate, pompe peristaltiche) che si differenziano per la possibilità di
somministrare boli aggiuntivi “on demand” da parte del paziente, capacità ed autonomia del
serbatoio (1-7 giorni), possibilità di programmare l’infusione e la frequenza dei boli.
L’utilità di questa via di somministrazione nel paziente neoplastico è stata dimostrata.
Via endovenosa.
La scelta della via endovenosa non dipende solo da ragioni farmacocinetiche, ma anche da
considerazioni di tipo pratico come la disponibilità di sistemi impiantabili endovenosi a
permanenza nel singolo paziente, la presenza di complicanze della somministrazione
sottocute
(ad
es.
eritema,
irritazioni
cutanee,
neutropenia,
piastrinopenia,
edema
generalizzato).
Il rapporto della potenza relativa media della morfina orale rispetto a quella endovenosa è di
1:2 e 1:3. Cioè la potenza relativa della via sottocutanea è uguale a quella endovenosa.
Quando si passa dalla morfina orale a quella endovenosa, la dose dovrebbe essere divisa
per 3.
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Via spinale.
Allo stato attuale delle conoscenze e secondo l’opinione prevalente degli esperti, l’uso della
via spinale dovrebbe essere limitata ai pazienti che manifestano analgesia inadeguata o che
sviluppano effetti indesiderati intollerabili, nonostante l’uso ottimale della terapia analgesica
per via orale e parenterale.
Da un’ampio studio condotto su 1205 pazienti oncologici, è stato necessario ricorrere alla via
spinale nell’1,3% dei casi per la presenza di un dolore resistente alla terapia farmacologia
sistemica26.
In uno studio randomizzato in doppio cieco con disegno cross-over27 sono state messe a
confronto la somministrazione per via spinale (epidurale) e quella sottocutanea continua
valutandone efficacia e tollerabilità. La dose media efficace per la morfina è stata di 106 mg
per via spinale e di 375 mg per via sottocutanea. La via epidurale ha però comportato
maggiori problemi tecnici e gestionali.
Tabella 4. Potenza equivalente della morfina in funzione delle varie vie di
somministrazione
Via di somministrazione
Potenza Equivalente (mg)
Orale
300
Endovenosa/ sottocute
100
Epidurale
10-20
Spinale
1
Intra-ventricolare
0,25
Oppioidi transdermici.
Fentanil TTS e OTFC.
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Il fentanil è un oppioide sintetico. La sua elevata liposolubilità ne consente l’uso per via
transdermica e transmucosale: è disponibile infatti in commercio sotto forma di cerotto con
serbatoio e in formulazione orosolubili (OTFC). Non produce metaboliti attivi in grande
quantità e può essere impiegato in presenza di insufficienza renale attuando però uno stretto
monitoraggio del paziente. Nell’uso prolungato tende ad accumularsi: la concentrazione
plasmatici si riduce del 50% dopo 16 ore dall’asportazione del cerotto. Non presenta effetto
tetto; nella scheda tecnica del farmaco è riportato che quando la dose somministrata supera i
300 microgr/ora per alcuni pazienti potrebbe essere necessario ricorrere a metodi addizionali
o alternativi di analgesia.
Sono stati reperiti 5 studi che hanno valutato efficacia analgesica e sicurezza del fentanil
transdermico rispetto alla morfina orale a lento rilascio nel dolore cronico. Tre di questi
studi28,29,30, tutti di piccole dimensioni (hanno valutato rispettivamente 202, 131 e 40 pazienti),
riguardano il dolore neoplastico e mostrano una sostanziale sovrapponibilità di efficacia dei
due farmaci e una minore incidenza di stipsi con il fentanil (Ahmedzai et al)28. Non sono
invece state dimostrate differenze complessive nella qualità di vita (misurata con questionari
validati).
Il citrato di fentanil transmucoso orale (OTCF) è un trattamento efficace per le riacutizzazioni
dolorose in pazienti stabilizzati con morfina orale. Si tratta di una formulazione orosolubile
(anche detto lecca-lecca) che consentono un rilascio rapido del farmaco. L’insorgenza
dell’effetto analgesico si ottiene in 5-10 minuti. Il 25% del farmaco viene assorbito attraverso
la mucosa orale, mentre il resto entra in circolo attraverso il tratto intestinale. La durata di
azione varia da 2,5 a 5 ore. Il fentanil transmucosale è indicato esclusivamente per il
trattamento del breakthrough pain in pazienti già in terapia di base con un oppioide maggiore
per il dolore cronico da cancro.
Rispetto alla morfina orale, il fentanil induce meno stipsi e può essere usato nei pazienti con
insufficienza renale.
La dose equianalgesica è 1:150, ovvero 1 mg fentanil = 150 mg di morfina.
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Riassumendo, il fentanil
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trandermico è un’efficace alternativa alla morfina orale, ma
andrebbe riservata ai pazienti con esigenze oppiacee stabili. E’ particolarmente utile per i
soggetti che non riescono ad assumemere la morfina per os, in alternativa alla morfina
sottocutanea.
La formulazione transdermica di fentanil è ai dosaggi di 25-50-75-100 microgr/ora, da
sostituire ogni 72 ore, anche se ci possono essere richieste di sostituzione in tempi più brevi
(48-60 ore). Dopo l’applicazione, il fentanil non è individuabile nella circolazione sistemica per
1-2 ore, ma poi i livelli serici aumentano, con effetti analgesici evidenti entro 8-16 ore, mentre
l’equilibrio farmacocinetico si raggiunge alla settantaduesima ora. Si crea un deposito
intradermico e dopo la rimozione del cerotto i livelli serici scendono al 50% solo dopo 16 ore.
Una discreta esperienza clinica e sperimentale conferma che il fentanil transdermico provoca
meno stipsi della morfina.
Il fentanil è anche disponibile per via transmucosale (OTFC), risorsa da utilizzare nel dolore
episodico intenso quando cioè è richiesto un rapido intervento, con effetto che si raggiunge in
5-15 minuti e ha una durata d’azione breve (circa 2 ore).
Buprenorfina.
La sua elevata liposolubilità ne consente l’uso transdermico. E’ disponibile in commercio
come cerotto ai dosaggi di 35- 52,5 - 70 microgr/ora. Viene inattivato a livello intestinale ed
epatico e viene eliminato prevalentemente per via fecale. La somministrazione in corso di
insufficienza renale non richiede aggiustamenti posologici del dosaggio. Nell’uso prolungato
la buprenorfina tende ad accumularsi: la concentrazione plasmatici si riduce mediamente del
50% dopo 30 ore dall’asportazione del cerotto. Non sono ad oggi ancora disponibili studi di
numerosità adeguata e metodologicamente corretti che confrontino la buprenorfina
transdermica con altri oppioidi nelle formulazioni orali o transdermiche.
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Nell’utilizzo degli oppioidi per via transdermica va considerato che lo spessore della cute, la
temperatura corporea e la temperatura esterna possono far variare la biodisponibiltà del
farmaco in modo sostanziale. In particolare:
- alcuni studi hanno mostrato la comparsa di effetti collaterali gravi (dalla sedazione alla
depressione respiratoria) in seguito all’aumento della temperatura esterna o alla vicinanza di
fonti di calore31,32,33.
- in alcuni casi l’effetto del cerotto dura meno di 3 giorni (in un intervallo compreso tra le
48 e le 60 ore).
-l’effetto analgesico persiste per un tempo variabile dopo la rimozione del cerotto.
L’FDA e le principali linee-guida comunque evidenziano che la via transdermica non
rappresenta la prima scelta per il controllo del dolore cronico oncologico severo, ma una
possibile alternativa all’utilizzo della morfina orale nei pazienti con dolore stabilizzato, in
particolare in quelli impossibilitati ad assumere una terapia orale.
Le principali linee-guida sul dolore oncologico e i documenti di consenso concordano che:
- la via orale è quella da preferire nel controllo del dolore oncologico
- non raccomandano l’impiego della via transdermica come prima scelta. Il fentanil
transdermico viene considerato una efficace alternativa alla morfina orale nei pazienti che
presentano un dolore stabilizzato, risulta particolarmente vantaggioso per quei pazienti
impossibilitati ad assumere morfina orale, e in alternativa all’infusione sottocute.
- l’uso del cerotto di fentanil potrebbe complicare la gestione dei malati con dolore
incostante, la cui necessità di un oppioide è fluttuante.
- al cerotto di fentanil deve essere sempre associato un oppioide a breve rilascio per il
breakthrough pain.
Ossicodone cloridrato.
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L’ossicodone viene metabolizzato a livello epatico ed eliminato per via renale. In presenza di
importanti disfunzioni epatiche e renali l’eliminazione di tale farmaco può essere
compromessa. Essendo un agonista puro non presenta effetto tetto: la dose può essere
aumentata fino al raggiungimento dell’effetto terapeutico.
L’ossicodone ha una elevata efficacia, due volte più potente della morfina.
Una revisione sistematica ha reperito 5 lavori 34,35,36,37,38 che hanno direttamente confrontato
ossicodone a rilascio controllato con altri oppioidi nel controllo del dolore oncologico (di cui 4
vs morfina orale e 1 vs idromorfone, con casistiche da 20 a 101 pazienti e durata da 6 a 18
giorni). I risultati di questi lavori sono stati inoltre combinati in una meta-analisi39, che non
rileva differente efficacia e tollerabilità dell’ossicodone rispetto a morfina e idromorfone
L’ossicodone è raccomandato dalla EACP come alternativa efficace alla morfina per os.
Ci sono attualmente formulazioni a rapida azione (associate o meno a paracetamolo 325 mg)
con effetto analgesico di 4-5 ore e formulazioni a rilascio controllato ad azione più lenta (12
ore).
Raggiunge lo steady-state in 24 ore. Rispetto alla morfina crea minor nausea/vomito, meno
prurito, minor secchezza della bocca, minori allucinazioni.
La dose equianalgesica di ossicodone orale è compresa tra metà e due terzi di quella della
morfina per os.
Di particolare interesse è l’associazione precostituita tra ossicodone a rilascio immediato (510 o 20 mg) e paracetamolo alla dose fissa di 375 mg. L’aasociazione può essere
somministrata ogni 4-6 ore. Resta ancora da chiarire il ruolo in terapia di questa
associazione: secondo lo studio40 più accreditato tale associazione potrebbe rappresentare,
al dosaggio più basso (5 mg), una opzione terapeutica da collocare nel II° gradino OMS. Ciò
equivale ad utilizzare basse dosi di morfina (10 mg).
Metadone.
E’ un farmaco con cinetica complessa.
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Può essere somministrato in caso di insufficienza renale poiché è escreto prevalentemente
per via fecale e non ha metaboliti attivi. Richiede una titolazione prudente partendo da dosi
molto basse.
Il metadone è una alternativa efficace, ma può essere complicato da usare rispetto ad altri
oppiacei a causa di marcate differenze interindividuali in termini di emivita plasmatici, di
potenza analgesica relativa e di durata d’azione. EACP ne raccomanda l’uso solo da parte di
medici esperti.
Idromorfone.
Non produce metaboliti attivi; il metabolita principale viene inattivato dal fegato ed eliminato
per via renale. L’idromorfone è circa 5 volte (da 3 a 7,5) più potente della morfina41.
L’idromorfone è uno degli oppioidi alternativi alla morfina in pazienti che hanno bisogno di alte
dosi di morfina o che hanno scarsa analgesia ed effetti collaterali e scarsa compliance a
somministrazioni ripetute giornaliere di oppioidi.
Riassumendo, secondo le raccomandazioni EAPC:
•
L’oppiaceo di prima scelta per il dolore oncologico moderato-forte è la morfina
•
La via di somministrazione ottimale della morfina è quella orale. Teoricamente sono
richiesti due tipi di somministrazione: quella a rilascio immediato (per induzione della
dose corretta) e quella a rilascio modificato (per il trattamento di mantenimento).
•
Il metodo più semplice per calcolare il dosaggio prevede una dose di morfina a
rilascio immediato ogni 4 ore e la somministrazione della stessa dose per le
riacutizzazioni dolorose improvvise. Questa dose di “soccorso” può essere data al
bisogno, secondo le necessità (anche ogni ora) ed il dosaggio totale quotidiano deve
essere valutato attentamente ogno giorno. In seguito, si può aggiustare la dose
regolare sommando la quantità totale di morfina “di soccorso”.
•
Se il dolore ritorna consistentemente prima del momento stabilito per la
somministrazione della successiva dose regolare è probabile che quest’ultima vada
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incrementata. Di norma, è sufficiente somministrare la morfina a rilascio normale ogni
4 ore e la morfina a rilascio modificato ogni 12-24 ore. Per le dosi “di soccorso”
l’approccio più semplice è quello di utilizzare la stessa dose di morfina che si
somministra ogni 4 ore.
•
In caso di uso di morfina a rilascio controllato gli aggiustamenti della dose regolare
dovrebbero avvenire a intervalli di almeno 48 ore.
•
Per i pazienti che ricevono morfina a rilascio immediato ogni 4 ore, l’assunzione di
una dose doppia al momento di coricarsi è un sistema semplice ed efficace per
evitare di essere svegliati dal dolore.
•
Se il paziente non è in grado di assumere la morfina per os, la via di
somministrazione più valida è quella sottocutanea. Di norma la somministrazione di
morfina per via intramuscolare non è consigliata per il dolore oncologico cronico
perché la via sottocutanea è più semplice e meno dolorosa.
•
Il rapporto della potenza relativa media della morfina orale rispetto a quella
sottocutanea è 1:2, 1:3 (cioè 20-30 mg di morfina per os sono equianalgesici a 10
mg di morfina sottocutanea).
•
Nei pazienti che necessitano di morfina parenterale continua, il metodo di
somministrazione preferito è l’infusione sottocutanea.
•
L’infusione endovenosa di morfina potrebbe essere preferibile nei seguenti soggetti:
a) nei pazienti con accessi venosi a permanenza; b) nei soggetti con edema
generalizzato;
c)
nei
pazienti
che
sviluppano
eritema,
irritazioni
con
la
somministrazione sc; d) nei pazienti con circolazione periferica compromessa.
•
Il rapporto di potenza media della morfina orale rispetto a quella endovenosa è di
1:2, 1:3
•
Non è consigliabile somministrare la morfina sublinguale o aerosol perché allo stato
attuale non esiste la prova di un vantaggio clinico rispetto alle vie di
somministrazione tradizionale.
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•
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Il fentanil transmucosale orale (OTFC) è un trattamento efficace per le riacutizzazioni
dolorose in pazienti stabilizzati con morfina orale o con un oppiaceo alternativo del
III° gradino.
•
Una piccola percentuale di pazienti sviluppa effetti collaterali intollerabili con la
morfina orale. In questi casi è consigliabile passare ad un oppiaceo alternativo o
cambiare via di somministrazione.
•
L’idromorfone e l’ossicodone, se disponibili, sono alternative efficaci alla morfina per
os in entrambe le formulazioni a rilascio normale o modificato per la
somministrazione orale
•
Il metadone è un’alternativa efficace, ma può essere più complicato da usare rispetto
ad altri oppiacei a causa di marcate differenze interindividuali in termini di emivita
plasmatici, di potenza analgesica relativa e di durata d’azione.
•
Il fentanil transdermico è un’efficace alternativa alla morfina orale, ma andrebbe
riservato a quei pazienti con esigenze oppiacee stabili. E’ particolarmente utile per i
soggetti che non riescono ad assumere la morfina orale, in alternativa alla morfina
sottocutanea.
•
La somministrazione spinale (epidurale ed intratecale) di analgesici associati ad
anestetici locali o a clonidina dovrebbe essere presa in considerazione in pazienti
che manifestano un’analgesia inadeguata o sviluppano effetti indesiderati intollerabili,
nonostante l’uso ottimale di oppiacei sistemici e di non oppiacei.
Tabella 6. Equianalgesia; dosi raccomandate
Ossicodone orale
Morfina orale
Morfina parenterale
Buprenorfina TTS
Buprenorfina s.l
Buprenorfina parenterale
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Dosi/die: mg/die
20-30 mg
40-50 mg
30-60 mg
90 mg
10-20 mg
30 mg
35 µgr/h
52,5 µgr/h
0,4-0,8 mg
1,2 mg
0,3-0,6 mg
0,9 mg
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60 mg
120 mg
40 mg
70 µgr/h
1,6 mg
1,2 mg
120 mg
240 mg
80 mg
70x2
3,2 mg
2,4 mg
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Ossicodone orale
(mg/die)
< 44
45-74
75 - 104
105 – 134
135 – 164
165 – 194
195 – 224
225 – 254
Percorso diagnostico terapeutico per il
paziente oncologico in stadio avanzato con
sintomatologia dolorosa che accede alle
macroattività di cure palliative
Morfina orale
(mg/die)
<88
89 - 148
149 - 208
209 – 268
269 – 328
329 – 388
389 – 448
449 – 508
Direzione
Sanitaria
Aziendale
Fentanil transdermico
(µgr/h)
25
50
75
100
125
150
175
200
Gestione del breakthrough pain o del dolore episodico intenso.
Il breakthrough pain è un dolore transitorio detto anche episodico intenso, che si manifesta
dal 19% al 95% dei pazienti con un dolore cronico di base ben controllato da una terapia
analgesica somministrata ad orari fissi.
La strategia terapeutica dovrebbe prevedere oltre al trattamento ad orari fissi (terapia di base)
quello di eventuali episodi di breakthrough pain (terapia di salvataggio)15.
Nella pratica corrente, una frequenza superiore a 2 episodi al giorno di breakthrough pain
dovrebbe indurre a riconsiderare la terapia di base e l’eventuale aumento della dose
dell’oppioide di almeno 25-30%.
Il dolore acuto incidente o da movimento è una forma di breakthrough pain e potrebbe
giovarsi di un trattamento preventivo o di farmaci ad immediata biodisponibilità6.
Terapia di salvataggio per la breakthrough pain
•
Se l’oppiode scelto è lo stesso utilizzato per la terapia di base ed è somministrato per
la medesima via, calcolare circa il 20% della dose assunta nelle ultime 24 ore13.
•
Se l’oppioide e/o la via di somministrazione sono diversi: determinare la dose
equivalente analgesica della singola somministrazione per quella via, moltiplicarla
per il numero di somministrazioni giornaliere, e calcolarne il 20%. Naturalmente la
dose va ricalcolata ogni qual volta viene modificata la terapia di base.
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•
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Il fentanil transmucosale orale (OTFC) è un trattamento efficace per le riacutizzazioni
dolorose in pazienti stabilizzati con morfina orale o con un oppiaceo alternativo del
III° gradino
•
I FANS possono rappresentare una alternativa agli oppioidi per il trattamento e/o la
prevenzione (dolore incidente) di episodi di breakthrough pain in pazienti che si sono
dimostrati responsivi a questi farmaci.
Considerazioni conclusive
Il dolore oncologico può essere adeguatamente controllato attraverso la strategia
farmacologia “a tre gradini”
OMS che prevede, in base all’intensità del dolore e alla
tollerabilità dei farmaci nel singolo paziente, l’utilizzo di FANS, oppioidi minori e oppioidi
maggiori somministrati ad orari fissi più farmaci di salvataggio per il breakthrough pain.
L’utilizzo di una scala per la misurazione dell’intensità del dolore è importante per la scelta di
una adeguata terapia farmacologia oltre che per la rivalutazione regolare della sua efficacia.
La morfina è il farmaco di scelta nel controllo del dolore oncologico di intensità da moderata a
severa perché:
- è efficace nel controllo del dolore e mantiene la sua efficacia nel tempo
- è ben tollerata (effetti collaterali gravi sono limitati e i rischi di dipendenza sono
sostanzialmente assenti)
- il dosaggio può essere personalizzato (non presenta effetto tetto)
- può essere utilizzata per lunghi periodi.
La via orale è preferibile in quanto efficace ed agevole. Le vie di somministrazione alternative
dovrebbero essere utilizzate nelle situazioni cliniche in cui la via orale è controindicata (es.
nausea e vomito, disfagia severa, subocclusione, malassorbimento ecc…). (In particolare la
via transdermica è meno flessibile di quella orale considerando il ritardo nella comparsa
dell’effetto analgesico e l’effetto persistente dopo la rimozione. Può risultare utile nella
gestione di pazienti con dolore stabilizzato ed impossibilità ad assumere farmaci per bocca).
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L’ossicodone cloridrato a rilascio prolungato può rappresentare invece una valida alternativa
alla morfina orale di pari efficacia e tollerabilità.
La strategia terapeutica per il controllo del dolore oncologico dovrebbe prevedere sempre
oltre al trattamento ad orari fissi (terapia di base), quello di eventuali episodi di breakthrough
pain (terapia di salvataggio).
La rotazione degli oppioidi (opioid switching) è la pratica clinica relativa alla sostituzione di un
oppioide maggiore con un altro oppioide maggiore nel tentativo di ottenere una migliore
analgesia e l’eventuale riduzione degli effetti collaterali e della tossicità.
Gli effetti indesirati che impongono una limitazione comportano di solito tossicità a carico del
SNC (senso di instabilità, confusione, obnulamento del sensorio, allucinazioni, confusione,
spasmi mioclonici)
E’ una evidenza clinica che pazienti che hanno una scarsa efficacia analgesica o una scarsa
tollerabilità ad un oppioide frequentemente tollerano bene un altro oppioide. Sfortunatamente
non è possibile prevedere quale oppioide darà un vantaggio clinico rispetto ad un altro nel
singolo paziente.
Naturalmente per utilizzare correttamente questa tecnica bisogna considerare i dosaggi
equianalgesici dei differenti oppioidi; è indicato peraltro, nel passaggio tra un oppioide ed un
altro, ridurre il dosaggio equivalente di circa 1/3, 1/4, rispetto all’oppioide in corso.
{Antidoto per la depressione respiratoria in pazienti in trattamento con oppioidi: diluire
naloxone 400 ugr in 10 ml di soluzione fisiologica, somministrare 0,5 ml ev ogni 2 minuti fino
a respirazione soddisfacente; se necessario praticare ulteriori boli data la breve emivita del
naloxone}
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3. DOCUMENTAZIONE DI RIFERIMENTO
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- 3. Lidstone V et al: Symptoms and concerns amongst cancer outpatients: identifying
the need for specialist palliative care. Palliat Med. 2003; 17: 588-595.
- 4. Foley KN in Bonica JJ, Ventafridda V.: Advances in pain research and therapy
(pp59-75). New York: Raven, 1979.
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receiving regular opiates. A preliminare report. Pain 1992; 50: 75-77.
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- 10. Zeppetella G el al: Opioids for the management of breakthrough (episodic) pain in
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CD004311 DOI: 10.1002/14651858.CD004311.
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cancro. Masson Milano 2000.
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dextropropoxyphene, buprenorphine and pentazocine in cancer pain. J Pain Symptom
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- 42. Bandieri E, Formoso G, Magrini N, Magnano L, Maltoni M, Marata AM, Ripamonti
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novità. Pacchetti informativi sui farmaci 2006; 2: 1-16.
- Procedure di Sistema della Qualità Aziendale (P1-P14; M 4.1)
- JCI Standard per Ospedali e per la Sicurezza del paziente Maggio 2008
- Comunicazioni Direzione Sanitaria
- Manuale della Cartella Clinica seconda edizione 2007-Regione Lombardia
- Decreto della Regione Lombardia DRL 90014 del 20.2.2009
- Legge sulla Privacy art. 13 del Dlgs. 196/2003
- Modello di consenso per il trattamento dei dati sensibili
- Modello di consenso informato per le procedure diagnostiche e terapeutiche
- Istruzioni operative della SC di Oncologia Medica e Macroattività Cure Palliative
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- Scheda di diagnosi e procedure (Prodotta attraverso programma Monitor presente sui
PC nelle sale mediche e conservata in copia in cartella clinica)
- Cartella Clinica Integrata
- Programma Monitor
- Linee guida AIOM 2009
- Linee Guida NCCN 2009
- Disegno di legge N. 1771 16/9/2009
- G W Hanks, F de Conno, N Cherny, M Hanna, E Kalso, H J McQuay, S Mercadante, J
Meynadier, P Poulain, C Ripamonti, et al: Morphine and alternative opioids in cancer
pain: the EAPC recommendations. British Journal of Cancer 84, 587-593 (27 February
2001).
4. RESPONSABILITA’
Coordinatore del personale infermieristico (AFD):
•
Coordina le informazioni in entrata/uscita relative ai pazienti ricoverati, è a disposizione
dei pazienti e dei famigliari per informazioni
•
Gestisce, insieme al medico di settore, la lista di attesa per l’ammissione al reparto di
Cure Palliative
•
Espleta le attività burocratiche relative alle degenze in collaborazione con il medico
•
È responsabile dell’archiviazione e conservazione dei dati
•
È responsabile dell’ottimizzazione e dell’integrazione delle risorse umane disponibili
•
Valuta le prestazioni del personale assegnato
•
È responsabile della gestione dei sistemi di monitoraggio dei processi e dei risultati
•
È responsabile della gestione delle risorse materiali (ordini approvvigionamento,
stoccaggio, conservazione di materiali ed alimenti, richieste e verifiche manutenzione
ordinaria – straordinaria delle apparecchiature)
•
È responsabile delle rilevazioni dei bisogni formativi ed organizzativi, del sostegno
dell’equipe, delle motivazioni, dello sviluppo professionale di ciascuno
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Medico di settore:
•
È responsabile della gestione della lista di attesa per l’ammissione al reparto
•
Garantisce l’attività clinica assicurando continuità terapeutica. In particolare è
responsabile dello sviluppo ordinato di tutto il percorso diagnostico-terapeutico
•
Supporta l’equipe nella gestione del paziente e della famiglia
Infermiere:
•
Elabora il piano di assistenza: pianifica, conduce e valuta gli interventi assistenziali in
accordo con il medico di settore
•
Attua interventi di educazione sanitaria al paziente ed alla famiglia qualora ne
identifichi la necessità
•
Agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli operatori sanitari e sociali
•
Garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche
Operatore di supporto:
•
Soddisfa i bisogni primari della persona in collaborazione/su indicazione/con
supervisione del personale infermieristico secondo il piano di assistenza
concordato
•
Favorisce il benessere e l’autonomia degli utenti
•
Eroga aiuto domestico/alberghiero
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5. FLOW CHART DELLE ATTIVITA’ E SUBATTIVITA’
VALUTAZIONE
PROPOSTA DI
RICOVERO UO CURE
PALLIATIVE
MMG
ALTRE UU OO
ALTRI OSPEDALI
NO
CRITERI L.A.
SODDISFATTI
PROPOSTA
NON
ACCOLTA
ADI
SI
INSERIMENTO IN
LISTA ATTESA
SI
POSTO
LETTO
NO
GESTIONE
LISTA D’ATTESA
RICOVERO
VALUTAZIONE
CLINICA
IDENTIFICAZIONE
DIAGNOSI DI INGRESSO
PERCORSO E
PROGETTO DI CURA
TERAPEUTICI
OBIETTIVO
RAGGIUNTO
NO
SI
DIMISSIONE
FOLLOW UP
AMBULATORIO/DH
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6. STEP DEL PERCORSO
Step 1: valutazione della proposta di ricovero ed eventuale inserimento lista d’attesa
per il ricovero presso il reparto di Cure Palliative secondo le modalità esplicitate nella
IO 64.4.
La proposta di ricovero riguarda il paziente con sintomatologia critica dolorosa non
controllata:
- al domicilio, su richiesta del MMG
- in ADI, su richiesta del MMG
- ricoverato presso altre UU OO o atri ospedali su richiesta del medico di reparto
- al domicilio nell’ambito del follow - up presso l’U.O. di Cure Palliative, su richiesta del
medico di settore ed in accordo con il MMG.
a. Se i criteri sono soddisfatti si procede con l’inserimento della proposta di ricovero in
lista d’attesa.
b. e i criteri non sono soddisfatti la proposta di ricovero non viene accettata; tale esito
viene comunicato al medico proponente, al paziente e/o ai suoi familiari.
Step 2: valutazione della disponibilità del posto letto in reparto
a. se vi è disponibilità del posto letto, il paziente viene contattato dall’l’Infermiera
Coordinatrice per il ricovero;
b. se non vi è disponibilità del posto letto la proposta di ricovero rimane all’interno della
lista d’attesa fino a quando non si verificherà la disponibilità del posto letto; in tal caso
e solo per il paziente al domicilio, è previsto che il medico di reparto o l’Infermiera
Coordinatrice stabiliscano un contatto telefonico con il paziente e/o con i parenti per il
monitoraggio delle condizioni cliniche in accordo con il medico curante.
Step 3: ricovero in reparto e valutazione clinica
Il paziente viene ricoverato in reparto secondo quanto dettagliatamente descritto nella PP64 e
nella IO 64.5.
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Il paziente viene valutato dal medico di settore; nel caso in cui il motivo del ricovero sia il
dolore oncologico non controllato viene richiesta anche la valutazione del medico anestesista,
specialista nella ”terapia del dolore”.
Il dolore viene quindi valutato in base alla sua patogenesi, alla topografia e alla cronologia:
Definizione patogenetica
Dolore nocicettivo:
Dolore non nocicettivo:
• Somatico superficiale (cutaneo e mucoso).
• Neuropatico (da lesione delle
strutture nervose).
• Somatico profondo (ossa, articolazioni, tendini,
• Periferico.
legamenti, ecc.).
• Viscerale.
• Centrale.
• Neurogeno (nerve trunk pain) da flogosi nervosa.
Psicogeno (di riscontro eccezionale nel paziente oncologico).
Misto (inteso come dolore che riconosca più meccanismi patogenetici di base, tra quelli
precedentemente descritti).
Topografia
•
Sedi.
•
Irradiazione.
•
Proiezione.
Cronologia
•
Modalità di esordio.
•
Durata.
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•
Variazioni
dell’intensità
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(esacerbazioni
col
movimento/respiro
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profondo/torchio
addominale)
•
Periodicità (periodico e senza remissioni).
•
Continuità-intermittenza.
Viene eseguita una ulteriore valutazione in relazione alle caratteristiche del dolore:
•
Dolore incidente (sinonimo: Incident / dinamico), intendendo come tale il dolore che
compare in seguito a modifica posturale.
•
Breakthrough pain (o DEI cioè dolore episodico intenso). Intendendo come tale il
dolore che compare in modo intervallare senza chiari rapporti causali, nei pazienti nei
quali è già in atto un trattamento con oppioidi in grado di controllare la sintomatologia
di base.
In reparto è prevista anche la valutazione soggettiva del dolore; questa viene eseguita
mediante 3 valutazioni quotidiane per mezzo della Numerical Rating Scale (NRS) che rileva
l’intensità del dolore a riposo e al movimento riferite dal paziente e annotate sulla scheda
termometrica da parte dell’infermiere secondo quanto specificato nella IO 64.4.
Step 4: identificazione della diagnosi di ingresso
In base a quanto detto negli step precedenti viene formulata la diagnosi di ingresso, nel caso
specifico, del tipo di dolore, delle sue caratteristiche e della sua eziopatogenesi.
Step 5: identificazione del percorso e del progetto di cura.
Questo step prevede:
•
che vengano elaborate una o più strategie terapeutiche, adeguandole nel tempo
all’evoluzione della patologia.
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•
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di approfondire il livello di consapevolezza del paziente in relazione alla diagnosi e
alla prognosi.
•
di identificare il/i familiare/i caregiver o, in assenza, una figura di riferimento per il
paziente con la quale approfondire il livello di consapevolezza in relazione alla
diagnosi e alla prognosi del paziente.
•
che il medico di settore e l’anestesista collaborino con gli altri specialisti e con il
medico di medicina generale e territoriale, per le problematiche attinenti al dolore,
concordando con il paziente il piano terapeutico e informando gli altri Colleghi
interessati.
•
la scelta della/e metodica/e terapeutica/e, a parità di risultati attesi in base all’EBM
e alle valutazioni cliniche, devono essere utilizzate:
•
quelle meno invasive;
o
quelle gravate da minori effetti collaterali;
o
le metodiche terapeutiche più gradite al paziente;
o
le meno costose.
Fa seguito una proposta di atteggiamento farmacologico e non, nei confronti delle più
frequenti situazioni di dolore sia nel paziente degente.
Paziente con dolore somatico/viscerale NRS: 1 – 3:
•
paracetamolo x os / ev max 4 gr/die
•
ibuprofene 600 mg x 3 /die; max 1.8 gr /die
•
diclofenac x os max 150 mg /die
N.B. utilizzare i FANS a cicli di 15 gg associando gastroprotezione (inibitori pompa protonica).
Limitare ed evitare in pazienti: età > 60 aa, gastropatici, insuff. renale, ipovolemia, terapia in
atto con ciclosporina, cisplatino e chemioterapici escreti per via renale.
Solo per i pazienti in cui si renda strettamente necessario l'impiego di FANS per via ev è
possibile utilizzare per brevi periodi di tempo e con le opportune cautele:
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FONDAZIONE
IRCCS POLICLINICO
“SAN MATTEO”
Percorso diagnostico terapeutico per il
paziente oncologico in stadio avanzato con
sintomatologia dolorosa che accede alle
macroattività di cure palliative
•
ketoprofene 100 mg 1 fl ev
•
ketorolac 10-30 mg ev (per non più di 5 giorni consecutivi)
Direzione
Sanitaria
Aziendale
Se insufficiente analgesia dopo 2 farmaci in successione o dopo 30’ passare a:
•
paracetamolo + codeina x os max 8 cpr/die (= 4 gr paracetamolo)
•
tramadolo ev lenta (15’) diluita in 100 ml di soluzione fisiologica, max 400 mg/die
•
tramadolo + ibuprofene/ketoprofene
Ottenuto il dosaggio giornaliero efficace calcolare e prescrivere sempre una dose
supplementare.
Paziente con dolore somatico/viscerale con dolore costante e NRS > 4:
Se gia’ in trattamento con oppioidi
Utilizzare le rescue dose più sotto riportate e rivalutare dopo 24h; se n° rescue dose > 4 /die
aumentare posologia giornaliera dell’oppioide principale.
Se naive agli oppioidi
Somministrare morfina cloridrato 2 mg ev ogni 10’ fino a NRS 3 moltiplicare il dosaggio totale
somministrato per 2 max 3 ottenendo così la posologia orale di mantenimento di morfina
solfato pronta e poi convertire negli oppioidi a lunga durata d’azione qui sotto riportati secondo
tabella rotazione oppioidi e prescrivere la rescue dose con oppioidi a rilascio rapido più
appropriata.
Indicativamente le dosi minime di partenza per ogni oppioide sono:
•
morfina solfato per os in cp 10 mg/ die
•
ossicodone CR 10 mg per os x 2 / die
•
fentanyl TTS cerotto 25 mcg / 72 h (escludere se febbre elevata/sudorazione
abbondante)
PDT 064.1 SC Oncologia Medica
Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato
Rev. 1 del 31/12/2009 41/46
FONDAZIONE
IRCCS POLICLINICO
“SAN MATTEO”
•
Percorso diagnostico terapeutico per il
paziente oncologico in stadio avanzato con
sintomatologia dolorosa che accede alle
macroattività di cure palliative
Direzione
Sanitaria
Aziendale
buprenorfina TTS cerotto 35 mcg / 72h (escludere se febbre elevata/sudorazione
abbondante)
La dose dell’oppioide dipende comunque dalla dose di morfina ev richiesta dal singolo
paziente secondo la titolazione eseguita. L’uso della via di somministrazione transdermica è
riservata ai pazienti per i quali la via orale non può essere praticata o sulla base di altre
considerazioni cliniche
Rescue dose ripetibile fino a NRS 3:
•
morfina cloridrato ev 2 mg ogni 10’
•
morfina solfato RS per os in gtt/fiale 5-10 mg ogni 20’
•
ossicodone 5 mg + paracetamolo 325 mg per os ogni 4 h
Dolore episodico intenso
Somministrare fentanyl citrato per mucosa orale 200 mcg ripetibile dopo 15’ allo stesso
dosaggio, se insufficiente al successivo episodio somministrare 400 mcg.
Valutare livello sedazione, frequenza respiratoria, nausea,vomito e prurito.
Rivalutazione dopo 24 h (48 h per oppioidi transdermici la cui concentrazione minima efficace
si raggiunge dopo 17-24 h dall’applicazione del cerotto):
•
se NRS immodificato o il n° rescue dose è > 4 /die aumentare la posologia
dell’oppioide di base;
•
se NRS dimezzato, calcola la dose totale in 24 h sommando oppioide di base e rescue
dose e fraziona in nel n° di somministrazioni /die necessarie a sec. dell’oppioide usato.
PDT 064.1 SC Oncologia Medica
Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato
Rev. 1 del 31/12/2009 42/46
FONDAZIONE
IRCCS POLICLINICO
“SAN MATTEO”
Percorso diagnostico terapeutico per il
paziente oncologico in stadio avanzato con
sintomatologia dolorosa che accede alle
macroattività di cure palliative
Direzione
Sanitaria
Aziendale
Paziente ricoverato già in terapia con oppioidi forti e dolore incostante con intensità
NRS > 7:
•
Patient Controlled Analgesia (PCA): morfina ev bolo 2 mg/lock-out 8 min/max 30 mg in
4h
•
PCA: fentanyl ev bolo 100 mcg/lock-out 5 min/max 0.3 mg ogni 4 h
Iniziare con bolo/i ev dell’oppioide prescelto fino a NRS 3 quindi avviare pompa PCA e
regolare nei controlli successivi il dosaggio max in 4/h fino a personalizzarlo.
L’utilizzo della PCA richiede una sorveglianza stretta da parte del personale dell’Anestesia.
Paziente con effetti collaterali intollerabili e/o tolleranza all’oppioide: rotazione di via e
oppioidi
Cambio via di somministrazione e rapporti di equianalgesia.
Paziente con effetti collaterali intollerabili o dolore neurogeno da compressione:
Per distretto toraco / lombare / sacrale:
•
se dolore costante associare gabapentin secondo schema: 1° giorno 300 mg alle 20,
2° - 3° g 300 mg alle 8 e 20, 4°-7° giorno 300 mg x 3 /die fino ad arrivare a 1800-3200
mg/die se necessario e tollerato.
•
nei paz. intolleranti a gabapentin passare a pregabalin con schema : 1°-2° g: 75 mg x
2/die ; 3°- 5° g: 150 mg x 2 /die; se necessario e tollerato raggiungere 600 mg/die
•
inoltre se dolore prevalentemente notturno associare alla sera da 3 a 7 gtt di
amitriptilina per os oppure clonazepam 5-7 gtt la sera.
Per distretto cefalico-trigeminale:
•
carbamazepina / oxacarbazepina a dosaggio incrementale x 3 volte /die fino a 6001200 mg /die.
PDT 064.1
Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato
Rev. 1 del 31 dicembre 2009
43/45
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“SAN MATTEO”
Percorso diagnostico terapeutico per il
paziente oncologico in stadio avanzato con
sintomatologia dolorosa che accede alle
macroattività di cure palliative
Direzione
Sanitaria
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Valutazione dell’anestesista
•
blocco regionale analgesico diagnostico/terapeutico
•
infusione continua in peridurale di anestetico locale e/o oppioide tramite elastomero.
Dolore non trattabile e/o effetti collaterali intollerabili (aspettativa di vita > 4 mesi):
•
Test single-shot iniezione subaracnoidea di morfina 0.2-2 mg / die
•
Pompa impiantabile subaracnoidea con morfina a posologia settimanale di 0.1-10 mg
/die.
Step 6: valutazione dell’efficacia del trattamento mediante l’esame clinico e la
rilevazione quotidiana del dolore.
•
Se viene raggiunto il controllo del dolore il paziente viene dimesso, compatibilmente
alle sue condizioni cliniche.
•
Se non viene raggiunto un adeguato controllo del dolore si apportano eventuali
modifiche al trattamento e/o si procede ad eseguire ulteriori indagini diagnostiche
specialistiche e si richiede l’ulteriore valutazione del terapista del dolore.
Step 7 e 8: Dimissione
Il paziente viene dimesso secondo quanto espresso nella PP64 e nella IO 64.11. La
dimissioni può avvenire:
•
con reinvio del paziente al domicilio e l’indicazione ad eseguire controlli di follow up
presso l’Ambulatorio/DH dell’UO, con la supervisione del medico curante.
•
con reinvio del paziente al domicilio ed attivazione dell’Assistenza Domiciliare
Integrata (ADI) nel caso di pazienti non più autonomi che necessitano di cure al
domicilio, con la supervisione del medico curante.
Le due modalità di dimissione permettono al paziente di restare all’interno della rete delle
cure palliative e di poter essere nuovamente inserito in lista d’attesa per il ricovero nel caso
di peggioramento clinico.
PDT 064.1
Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato
Rev. 1 del 31 dicembre 2009
44/45
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Percorso diagnostico terapeutico per il
paziente oncologico in stadio avanzato con
sintomatologia dolorosa che accede alle
macroattività di cure palliative
Direzione
Sanitaria
Aziendale
7. INDICATORI DI PERFORMANCE E DI PROCESSO
Indicatori di processo
- tempo medio di attesa prima del ricovero in reparto di Cure Palliative (pazienti
ricoverati negli ultimi sei mesi)
- numero totale di pazienti ricoverati (negli ultimi sei mesi)
- rispetto delle priorità di accesso codificate
Indicatori di esito clinico:
- Esito terapeutico: adeguato controllo dei sintomi presenti al ricovero (es. dolore
percepito: N° pazienti con dolore inferiore o uguale a 4 dopo trattamento antalgico/
N° totale di pazienti con dolore, trattati)
Indicatori di confort:
- Gradimento dell’assistenza ricevuta: N° pazienti (%) ricoverati in 6 mesi con grado di
soddisfazione maggiore o uguale a x.
PDT 064.1
Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato
Rev. 1 del 31 dicembre 2009
45/45
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