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Aspetti
igienico-sanitari e
tecnologici dei prodotti della Pesca
confezionati in atmosfera protettiva e sottovuoto,
trattati con monossido di carbonio
M. Montagnese
Ministero della
Salute U.V.A.C.
Friuli Venezia Giulia
P. Catellani
Università di Padova
Premessa
Il pesce ha un ruolo estremamente importante nella dieta dell’uomo: è un piatto nutriente, ricco di acidi grassi polinsaturi (in
particolare della serie omega 3), caratterizzato però da un’elevata deperibilità.
Pertanto un obiettivo dell’industria alimentare è stato quello di sviluppare tecnologie,
che permettessero di prolungare la vita commerciale del prodotto, senza modificarne le
caratteristiche igieniche, nutrizionali e, in
particolare, quelle sensoriali, che sono avvertite dal consumatore quale indice di freschezza e di naturalezza o, meglio, di qualità organolettica.
Il confezionamento sottovuoto e in atmosfera protettiva (Modified Atmosphere Packaging, MAP) sono due sistemi di condizionamento che, grazie all’utilizzo di contenitori e di pellicole plastiche termosaldabili,
impermeabili ai gas, agiscono sull’ambiente, che circonda l’alimento, senza alcun trattamento conservativo per lo stesso.
Nel sottovuoto si estrae dalla confezione
buona parte dell’aria originariamente presente, creando condizioni di anaerobiosi,
più o meno spinta, a ridosso dell’alimento.
Nel caso delle atmosfere protettive si sfruttano le proprietà chimico-fisiche e antimicrobiche di determinati gas, che sono immessi nella confezione in sostituzione dell’aria.
Il confezionamento in atmosfera protettiva
dei prodotti della pesca rappresenta indubbiamente una delle tecniche più interessanti nel settore della produzione di nuove preparazioni a base di pesce. Esso esprime al massimo la sua efficacia, se la materia
prima presenta ottime condizioni microbiologiche ed organolettiche iniziali.
Per confezionare i prodotti ittici si consigliano miscele gassose, formate da sola anidride carbonica e azoto (40-60% CO2 e 6040% N2) e, soltanto per mantenere il colore
delle masse muscolari dei pesci a carni
molto rosse, come il tonno, si ipotizza di aggiungere l’ossigeno (40-60% CO2 / 20-40%
O2 / 10-20% N2), valutando però sempre il
pericolo di una possibile ossidazione lipidica, favorita da quest’ultimo gas.
Ultimamente il monossido di carbonio (CO)
è stato particolarmente studiato proprio per
l’azione stabilizzante sul colore rosso e le
ricerche sinora condotte mirano a verificare
questo effetto anche sui pesci a carni scure.
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Contributi pratici
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Contributi pratici
Aspetti tecnologici e igienici
dell’utilizzo del
monossido di carbonio
nei prodotti della pesca
Il monossido di carbonio
e il colore degli alimenti
L’aspetto e il colore sono importanti nella
valutazione qualitativa degli alimenti ed essi possono determinare il valore commerciale, soprattutto nei pesci a carni scure,
quali ad esempio il tonno.
Il consumatore generalmente è attratto dal
colore rosso vivo conferito dall’ossimioglobina, ovvero quando l’ossigeno si lega
al gruppo eme della mioglobina. Invece, la
colorazione marrone-nocciola, provocata
da un processo di autossidazione dell’ossimioglobina a metamioglobina, è tipica di
un prodotto non più fresco.
Il monossido di carbonio conferisce alle
carni una colorazione rosso ciliegia e ne
garantisce a lungo la stabilità durante la
conservazione, perché legandosi alla mioglobina, forma la carbossimioglobina, che,
avendo una stabilità 240 volte superiore a
quella dell’ossimioglobina, è molto più resistente ai processi chimici di ossidazione.
In base ai dati bibliografici, sono sufficienti concentrazioni molto basse (0,3%0,5%) di monossido di carbonio nell’atmosfera a ridosso dell’alimento perché si formi la carbossimioglobina; quando questo
gas aumenta, raggiungendo valori compresi fra 1%-5%, viene favorita anche la
riduzione della metamioglobina a deossimioglobina. In altri termini il monossido di
carbonio non solo servirebbe a mantenere
rosso vivo il colore delle carni, ma in quantità più elevate potrebbe attenuare il loro
imbrunimento.
In genere, dopo il trattamento con monossido di carbonio i pesci a carni rosse, in particolare il tonno e il marlin, trattengono
quantitativi maggiori di gas rispetto a quelli,
che si evidenziano negli altri prodotti ittici
per il diverso contenuto in mioglobina.
Alcuni ricercatori, inoltre, evidenziano che
l’intensità del colore è influenzata dalla concentrazione impiegata del gas e dalla durata dell’esposizione del prodotto a quest’ultimo soprattutto in alcune specie, quali il
tonno, il pesce gatto e la tilapia.
Ancora, Chow et al. (2004) hanno dimo-
strato che, durante il riscaldamento a temperature comprese fra i 50 °C e i 100 °C, la
carbossimioglobina, contenuta nel tonno
(Thunnus albacares), non è in grado di dissociarsi completamente.
Proprietà antimicrobica
del monossido di carbonio
Pur essendo molto simile chimicamente all’anidride carbonica, il monossido di carbonio non sembra dotato della spiccata
azione antimicrobica di quest’ultima.
Alcuni autori segnalano un blando effetto
batteriostatico del gas contro le pseudomonadacee e gli enterobatteri.
Ross et al. (2000) evidenziano che il monossido di carbonio influisce sulla crescita
batterica e ritarda la produzione di istamina, grazie all’effetto inibitore sui microrganismi istidin-riduttori, solamente quando le
temperature di conservazione sono basse.
Utilizzo del monossido di carbonio
nella conservazione dei prodotti ittici
L’impiego del monossido di carbonio nel
trattamento dei prodotti alimentari non solo è di grande interesse in ambito sperimentale, ma viene praticato su base industriale in diversi paesi, sia nel settore ittico
sia nell’industria delle carni di altre specie
animali.
Nei Paesi scandinavi il monossido di carbonio è stato oggetto di ricerca principalmente per i suoi effetti sul mantenimento del
colore delle carni rosse. Infatti, addizionato in concentrazione dello 0,3%-0,5% ad
atmosfere protettive costituite da ossigeno, azoto e anidride carbonica si è dimostrato efficace nel prevenire l’imbrunimento delle carni bovine, dovuto a conservazione prolungata.
Nei Paesi del sud-est asiatico è prevalso
l’interesse per le applicazioni nella conservazione e il miglioramento delle caratteristiche organolettiche dei prodotti ittici.
Nei pesci il colore delle carni tende quasi
sempre al rosato e soltanto in alcune specie le masse muscolari si presentano di colore rosso scuro; pertanto sembra evidente
che il monossido di carbonio possa trovare impiego essenzialmente nel confezionamento di questi ultimi.
Esso può essere inserito tal quale nella miscela gassosa dell’atmosfera protettiva a
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diverse concentrazioni, in base alla tipologia e alla pezzatura del prodotto, oppure
essere un componente dell’affumicatura
“Tasteless Smoke” e “Clearsmoke” ovvero
con “fumo filtrato”.
Quest’ultimo è un trattamento conservativo, precedente il confezionamento sottovuoto del prodotto, per il quale è previsto
l’utilizzo di fumo di legna, sottoposto a
processi di filtrazione, che ne rimuovono la
parte corpuscolata e aromatica. Si ottiene
così una miscela di gas, fra i quali l’azoto,
l’anidride carbonica, il monossido di carbonio e una percentuale trascurabile di
componenti aromatiche.
Inoltre, nel “Clearsmoke”, dopo l’affumicatura, i prodotti vengono immersi in acqua
addizionata con ozono, per abbattere la
carica batterica e per eliminare gli aromi di
fumo residui.
Questa tecnologia è stata applicata a varie
specie (pesce spada, tilapia, lampuga) sia
allo stato fresco sia a quello congelato, ma
ha riscosso particolare successo nell’industria della preparazione del tonno (Thunnus albacares). Le carni di quest’ultimo pesce normalmente hanno una colorazione
variabile dal rosa al nocciola e, dopo esposizione prolungata ad atmosfere contenenti concentrazioni variabili di monossido
di carbonio, presentano un colore rosso
vivo, per lo più descritto come rosso ciliegia. Tale colore è assai apprezzato soprattutto per l’uso ormai diffuso di consumare
piatti a base di pesce crudo o poco cotto.
Per quanto riguarda le indagini sul prolungamento della shelf-life, alcuni ricercatori
nordamericani hanno evidenziato che i prodotti della pesca, trattati con monossido di
carbonio e mantenuti a temperatura di refrigerazione, conservano più a lungo caratteristiche organolettiche accettabili rispetto al prodotto naturale.
Sono stati esaminati da Ross et al. (2000)
campioni di tonno al naturale e di tonno
trattato con atmosfere contenenti rispettivamente il 4% ed il 100% di monossido di
carbonio. Dopo 11 giorni a temperatura di
1,7 °C i primi due prodotti presentano cambiamento di colore e grave alterazione dell’odore. Il tonno trattato con monossido al
100% mantiene, invece, pressoché inalterato il colore originario e presenta un’alterazione dell’odore assai meno accentuata.
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Sempre nella medesima prova sono stati
valutati i valori dell’istamina, ma non si sono riscontrate significative differenze nei
diversi prodotti.
Altri ricercatori hanno effettuato studi analoghi su campioni di tonno (Thunnus albacares) e lampuga (Coryphena hippurus), i
quali, dopo essere stati trattati sia con affumicatura con fumo filtrato (che contiene il
20% di monossido di carbonio) sia con
miscele gassose al 4%, al 20% e al 100% di
monossido di carbonio, sono stati confezionati sottovuoto e congelati per un mese
a -30 °C. I test condotti su questi prodotti,
una volta decongelati e mantenuti a temperature di 4 °C per 8 giorni, hanno evidenziato una significativa riduzione della
carica microbica aerobia e un rallentamento nella produzione di istamina quando aumenta la percentuale d’impiego del gas.
Attualmente sul mercato è possibile rinvenire prodotti confezionati, freschi o decongelati, che riportano una data di scadenza
di 14 giorni dal confezionamento.
Numerose indagini, realizzate dalle industrie alimentari, attestano che, come per le
carni dei mammiferi terrestri, anche nei prodotti della pesca sono sufficienti basse
concentrazioni (0,1-1%) di monossido di
carbonio per stabilizzarne il colore.
La Commissione Scientifica Europea ha risposto alle autorità norvegesi con una nota
(opinione SCF/CS/ADD/MSAd/204 Final del
18.12.2001) in base alla quale “non costituisce un pericolo sanitario l’aggiunta di monossido di carbonio in concentrazioni da
0,3% a 0,5% nella miscela gassosa, formata da azoto ed anidride carbonica, che viene utilizzata nel confezionamento in atmosfera protettiva delle carni rosse (soprattutto bovine, suine, ovine) se le temperature
di conservazione non superano i 4 °C”.
Al riguardo è interessante sottolineare che
in Norvegia è consentito l’utilizzo del monossido di carbonio nelle carni rosse, ma è
proibito nei prodotti ittici.
Aspetti tossicologici
del monossido di carbonio
Rischi del monossido di carbonio
per la salute umana
Il monossido di carbonio è un gas incolore,
inodore ed insapore che per lo più si forma
nei processi di combustione incompleta.
Nell’aria ci sono 0,01-0,9 mg di CO/m3, ma
nelle aree urbane questa concentrazione
può salire fino a 60 mg/m3.
I primi veri sintomi di avvelenamento si manifestano quando la percentuale di questo
gas nell’aria, che respiriamo, supera il 10%
e soltanto quando essa oltrepassa il 50% si
corrono seri pericoli di morte.
La normativa italiana (DPCM del 25/3/83)
prevede per il monossido di carbonio, un
valore soglia di 10 mg/ m3 di aria per esposizioni non superiori alle 8 ore che corrisponderebbe ad un valore di carbossimioglobina nel sangue dei soggetti esposti,
non superiore al 5% dell’emoglobina totale. Dopo inalazione, il monossido di carbonio dai polmoni passa nel sangue e si
lega all’emoglobina formando la carbossimioglobina.
L’intossicazione da monossido di carbonio
nell’uomo lede le funzioni dell’apparato
cardiocircolatorio e nervoso; nella donna
in gravidanza, il gas può recare danni anche al feto in utero.
L’organismo umano assorbe lentamente il
monossido di carbonio, pertanto l’esposizione a livelli anche molto alti di monossido di carbonio nell’aria per tempi brevi
non produce aumenti significativi di carbossimioglobina nel sangue, ma è opportuno
evitare di superare il 2% di monossido di
carbonio nell’aria per non creare problemi
ai soggetti più sensibili.
Tossicità per il consumo di prodotti
confezionati con
monossido di carbonio
Per quanto riguarda i possibili pericoli dovuti al consumo di un alimento, trattato o
mantenuto in atmosfera contenente monossido di carbonio, si ammette che essi siano
estremamente limitati.
Ad esempio conservando per 3 giorni una
carne in atmosfera protettiva contenente
l’1% di monossido di carbonio, si induce
un accumulo di circa 0,1 mg CO/kg-carne
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che, in considerazione del minore assorbimento da parte dell’uomo attraverso la via
digerente rispetto a quella inalatoria, può
essere ritenuto un rischio tossicologico trascurabile. Pertanto secondo i ricercatori una
normale razione di carne trattata con l’1%
di CO/kg non porterebbe ad alcun significativo aumento del valore ematico di carbossimioglobina nell’uomo. Il consumo di
tonno, contenente monossido di carbonio, non comporta evidenti e diretti pericoli per la salute del consumatore.
A ciò va aggiunto che al momento attuale
le autorità sanitarie europee non hanno ancora preso una posizione netta sulla questione, se il monossido di carbonio possa
essere impiegato nelle industrie alimentari
oppure se esso debba essere vietato.
È evidente che i problemi connessi all’impiego di questo gas non riguardano soltanto gli effetti del monossido di carbonio sugli alimenti in sé, quanto, piuttosto, i pericoli che potrebbero concretizzarsi per quegli
operatori, che nelle industrie sono a stretto
contatto con le macchine confezionatrici
(ovvero per la sicurezza del personale sul
lavoro).
Indubbiamente è molto importante valutare anche il rischio tossicologico, determinato dal prolungamento della shelf-life, soprattutto per quei prodotti della pesca che,
come il tonno, sono normalmente ricchi di
istidina e che, pertanto, successivamente
ad un’impropria conservazione, possono
sviluppare elevati livelli di istamina ad opera di decarbossilasi tessutali e batteriche.
In questo caso, un ulteriore e ancora più
grave problema potrebbe derivare dall’utilizzo della colorazione del monossido di
carbonio per mascherare e per recuperare
quei prodotti, che altrimenti sarebbero da
considerare di qualità scadente o non commerciabile. Occorre puntualizzare che almeno per quanto riguarda il tonno (Thunnus albacares) attualmente presente sul territorio comunitario proviene esclusivamente da un’area di produzione ben precisa
che comprende Paesi, quali Indonesia, Sri
Lanka, Vietnam e Filippine.
Presso il mercato ittico di Milano alcune partite di questo prodotto, confezionato sottovuoto e trattato con monossido di carbonio, sono state testate per la presenza
d’istamina, che è risultata superiore ai limi-
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Contributi pratici
ti fissati dalla direttiva 91/493/CE attualmente in vigore.
A tal proposito le segnalazioni di istamina
in tonno e in pesce spada d’importazione,
riportate nel Sistema di Allerta Rapido Comunitario (Rapid Alert System for Food and
Feed, R.A.S.F.F.) non consentono però di
estrapolare le positività riferibili ai prodotti
trattati con monossido.
Aspetti legislativi
Sia nel mercato nordamericano sia in quello
comunitario negli ultimi anni sono stati
ampiamente commercializzati prodotti, che
presentano inequivocabili segni dell’avvenuto trattamento.
Per quanto riguarda la normativa comunitaria, il monossido di carbonio non è incluso
nella lista positiva degli additivi alimentari
di cui alla Direttiva 95/2/CE.
Inoltre, la Direttiva 91/493/CEE nel capitolo
IV dell’allegato sottolinea che i trattamenti
applicati per inibire lo sviluppo dei microrganismi patogeni o per aumentare la
shelf-life devono essere scientificamente
riconosciuti.
Il trattamento con monossido di carbonio
è pertanto vietato nella Comunità Europea
con l’unica eccezione dell’Olanda, dove un
decreto della Corte di Giustizia ha riconosciuto ad una nota multinazionale il diritto
di vendere un prodotto “leggermente affumicato a freddo” (ovvero con metodo
“Clearsmoke”), limitandone però la commercializzazione solamente al proprio territorio e non verso altri Stati Membri.
A tal proposito le Autorità olandesi hanno
evidenziato in una comunicazione rinforzata, riportata in un’informazione del Sistema
di Allerta Rapido Comunitario (R.A.S.F.F.),
di accettare quelle partite di tonno trattato
con metodo Clearsmoke respinte dagli altri
Stati.
In Italia, il Ministero della Salute con nota
del 29.05.2003 indirizzata ai Posti di Ispezione Frontalieri e agli Uffici Veterinari per
gli Adempimenti Comunitari, senza differenziare fra prodotti della pesca trattati
con monossido o trattati con fumo filtrato,
ha interpretato tali pratiche come una violazione della direttiva 95/2/CE e ne ha vietato la commercializzazione sul territorio
nazionale. Inoltre, lo stesso Ministero in
una nota del 11.04.2005, precisando che
gli stati Membri possono adottare sui prodotti trattati con monossido di carbonio
provenienti o meno dall’Olanda tutte le misure necessarie e proporzionate previste
dalla legislazione comunitaria, ammette il
respingimento dei prodotti ittici in base al
solo esame organolettico (controllo visivo)
nel caso in cui essi presentino una colorazione difforme dal colore naturale del prodotto della stessa specie.
Nel 2003 la Commissione nella RASFF News
Notification 03/102 ha indicato la tecnica
di gas-cromatografia con rilevatore di fiamma, quale metodo per la ricerca del monossido di carbonio nei pesci.
Da allora sono state segnalate dal Sistema
di Allerta Rapido Comunitario diversi allerta relativi al riscontro di monossido di carbonio in tranci di tonno (Thunnus albacares) e pesce spada (Xiphias gladias) originari dai Paesi del sud est asiatico (per lo
più zona FAO 71 e 58). Confrontando i dati
degli anni precedenti, nei primi otto mesi
del 2005 le positività (42 allerta contro i 13
del 2004) per questo gas sono notevolmente incrementate ed esse sono state soprattutto notificate dall’Italia.
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Conclusioni
Malgrado i divieti imposti dalla normativa
comunitaria, le notifiche del sistema RASFF
denunciano un notevole commercio di prodotti della pesca, trattati con monossido di
carbonio. I vantaggi commerciali, quali la
stabilità del colore e il prolungamento della shelf-life sono evidenti; ma, come denunciato anche dall’AVA (Agri-food and
Veterinary Authority of Singapore), il prodotto così trattato può rappresentare un
rischio per il consumatore, perchè la colorazione artificiosa non consente di accertare con relativa sicurezza i parametri ispettivi organolettici che ne denunciano il deterioramento.
Pertanto non è da escludere che una libera
circolazione sui mercati di tali prodotti, in
assenza di un adeguato controllo della filiera produttiva da parte dell’autorità competente del Paese d’origine, possa rappresentare un semplice artificio per commercializzare prodotti diversamente ottenuti e
vietati dalla legge.
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