la violenza contro le donne nella comunicazione pubblicitaria pubblicità e stereotipi videomontaggio “ ma le l‘immagine donne” femminile nella pubblicità televisiva una “ sintesi ” di più di 40 anni di comunicazione pubblicitaria dimostra che gli stereotipi di genere - donna oggetto, casalinga perfetta, mamma felice - sono rimasti identici, inalterati nel corso dei decenni e che la comunicazione non è in grado di proporre modelli femminili alternativi e di rappresentare donne “reali” Ma la pubblicità non nasce nel “vuoto”, rispecchia e semplifica gli usi, i costumi e i pregiudizi più diffusi. Si esprime all’interno del più ampio sistema dei media e non è innocente: al contrario. Ha responsabilità grandi proprio perché è efficace anche quando diffonde e rafforza modelli di ruolo arcaici, sistemi di disvalori, stereotipi deleteri, oltraggiosi ed offensivi. La pubblicità può cambiare se, insieme alla consapevolezza, cresce la sensibilità del pubblico. Alcune aziende usano lo scandalo e la provocazione per amplificare il loro messaggio. Se una campagna ci offende, denunciamola allo IAP. Se utilizza stereotipi discriminatori boicottiamola, non acquistando i suoi prodotti. Non contribuiamo a farla girare sui social network. Per difendersi dalla cattiva pubblicità bisogna stanare gli esempi negativi. I pubblicitari devono sapere che la vigilanza collettiva su quanto producono è diventata più stretta, ed esperta. Segnali positivi arrivano dagli stessi pubblicitari, ma il cammino è ancora lungo, ma dobbiamo percorrerlo, tutte e tutti, insieme. Campagne denunciate allo IAP Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria La ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicità non è più tollerabile. Una mentalità diffusa propone mete scintillanti e facili guadagni offrendo merce umana al potente di turno, disposto a scambiarla con risorse e ruoli pubblici. Il modello malato di relazione tra donne e uomini che ne deriva incide profondamente sugli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle persone e delle istituzioni. SE NON ORA, QUANDO? pubblicità e violenza contro le donne Esiste una relazione diretta tra la violenza sulle donne e il modo in cui i media e la pubblicità la raccontano e la rappresentano? E cosa si intende con il termine violenza? E’ violenza arrecare un danno fisico o psichico a un altro individuo. È violenza anche ostacolare il pieno sviluppo della persona, permettendo il consolidarsi di quegli stereotipi che imprigionano le donne in ruoli limitati. La televisione e tutto il sistema dei media, pubblicità compresa, hanno di fatto perpetuato “ruoli gabbia” per le donne, mentre le conquiste avviate dal movimento femminista degli anni settanta portavano gradualmente le donne a laurearsi più e meglio degli uomini. Perpetuare stereotipi è una grave forma di violenza per quanto meno evidente: gli stereotipi condizionano le persone per tutta la vita, limitandone la realizzazione e la libertà di scelta. L’ Art.3. della nostra Costituzione ci dice che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Il problema non è negare il corpo femminile, ma riconoscere alle donne il diritto di essere raccontate e rappresentate come esseri umani e non solo come carne in vendita al miglior offerente. l’Italia è al 1°posto in Europa per numero di femminicidi e violenza contro le donne la pubblicità non solo non fa nulla per sensibilizzare sul fenomeno, ma alcune aziende lo strumentalizzano creando campagne che rappresentano un’offesa verso chi subisce violenza la comunicazione inizia dall’umiliazione delle donne fino ad arrivare all’umiliazione delle vittime di violenza fisica, psicologica e sessuale, presentandole come un fenomeno di cui sorridere, anzi ridere Conseguenze ben più pesanti rispetto al banale involgarimento di massa, vengono segnalate dalla psicoterapeuta e sessuologa Giuliana Proietti: “appaiono numerose evidenze di una possibile relazione fra l’oggettivazione massiccia del corpo femminile e l’aumento impressionante della violenza contro le donne. Diversi studi mettono infatti direttamente in relazione la violenza sulle donne con la loro deumanizzazione”. Non si tratta di un’equazione immediata, certamente, non di una causa diretta; ma l’influsso subliminale che questo tipo di bombardamento visivo esercita sullo spettatore medio, esiste. L’immaginario collettivo si costruisce anche così, sedimentando e stratificando concetti, visioni, segni. la bellezza autentica La campagna internazionale di prodotti cosmetici DOVE Unilever dal 2004 è fondata sul concetto della bellezza autentica, di cui offre una visione estesa, salutare e democratica. Parla alle donne di un tema molto sentito: il confronto tra i modelli proposti dai mass media e le donne “reali”, quelle vere, e si pone strategicamente al loro fianco per combattere le definizioni ristrette di bellezza e di femminilità.