Priorato delle Confraternite per la Diocesi di Acqui Aspetti sociali delle confraternite religiose: una forma antesignana di welfare Enrico Ivaldi L’8 aprile 1536, l’agricoltore Antonio Botta, abitante nella valle del fiume Letimbro, dove ora sorge il santuario della Madonna della Misericordia di Savona, si recava per la seconda volta all’appuntamento con la Vergine Maria, come preannunciato. Dopo la prima apparizione, il 18 marzo precedente, il messaggio di questa era altrettanto chiaro ed inequivocabile: Tu andrai da quelli di Savona e dirai che annuncino al popolo di digiunare per tre sabati, e facciano fare la processione per tre giorni a tutti i Religiosi e Disciplinanti; ed a questi Disciplinanti sia raccomandata la disciplina soprattutto nel giorno del Venerdì Santo. Perché se non fosse per quelle poche orazioni ed opere buone, compiute dalle Confraternite e da altri servi di Dio, il mondo sarebbe ancor più tribolato che non è.” Ma se già nel 500 le confraternite vengono citate ad esempio persino dalla Beata Vergine, è proprio perché erano oltre trecento anni che esse operavano. L’origine però delle odierne Confraternite va ricercata in quel periodo cruciale per la Chiesa che va dalla metà del 1200 a tutto il 1300. È il periodo della grande espansione demografica, che interessa sia le campagne sia le città, che tornano a popolarsi, offrendo nel commercio e nell’artigianato nuovi sbocchi di lavoro. La storia, lentamente, comincia ad uscire dai grandi palazzi per bussare alle case modeste di chi, fino ad allora, non era “importante”. I contrasti tra Impero e Chiesa Le lotte tra il Papato e l’Impero, che hanno il loro episodio più significativo nella sottomissione di Enrico IV a Gregorio VII a Canossa, non rimangono un fatto privato di chi detiene la forza nelle proprie mani. Sia il potere spirituale, sia quello temporale, forse per la prima volta in così aperto contrasto, cercano alleati e sostegno. Per ottenerli diffondono, per quanto è possibile, le proprie teorie, divulgano il proprio pensiero. In questo modo quella che in linguaggio odierno chiamerebbe “partecipazione” va allargandosi. La cattività avignonese Il Papato, che con Gregorio VII aveva raggiunto il culmine del suo potere terreno, proprio per questo suo potere divenne oggetto delle lotte ingaggiate dai sovrani per ottenerne il controllo e finì per gran parte del 1300 sotto l’egemonia dei re di Francia con la “cattività avignonese”. Infatti, dopo l’arresto nel 1309 di Bonifacio VIII nel suo palazzo ad Agnani da parte di mercenari al soldo della corte francese, il re Filippo IV il Bello costringe il papa Clemente V a trasferire la sede pontificia da Roma ad Avignone, dove sette Pontefici tutti di origini francesi rimasero fino al 1377, in pratica prigionieri della Francia. In seguito, fissata di nuovo la sede a Roma, il Papato continuò ad essere dilaniato da contese interne che nascondevano in realtà le ambizioni politiche e territoriali di sovrani stranieri e signori italiani. Il Grande Scisma d’Occidente l “grande scisma d’Occidente” contrappose, dal 1378 al 1417, ad un papa un antipapa, che si scomunicavano l’un l’altro contestandosi la legittimità dell’elezione e godendo dell’appoggio dei potenti secondo le loro convenienze. Lo scandalo di queste lotte provocò, anche a livello popolare, un grandissimo fermento di idee sulle forme di organizzazione ecclesiastiche ed acuì l’esigenza di rinnovamento e di rigenerazione delle strutture ecclesiali e di partecipazione dei laici alla vita della Chiesa Sono tempi questi nei quali il pensiero cristiano informa ogni aspetto della vita del popolo, materialmente organizzata intorno alla chiesa che domina ogni città e villaggio. La chiesa è la casa del popolo, le campane segnano con il loro suono le tappe della sua giornata di lavoro, in chiesa si va non solo a pregare ma anche a rifugiarsi nell’ora del pericolo. Qui si tengono le prime assemblee dalle quali nasceranno i Comuni, qui sono solennemente celebrati i momenti salienti della nascita di ognuno, dal battesimo al matrimonio alla sepoltura; sul sagrato si amministra la giustizia, si stipulano i contratti, si scambiano le merci. San Francesco d’Assisi e San Domenico di Guzmàn, agli inizi del secolo XIII fondarono dei nuovi ordini votati alla povertà e alla predicazione. In contemporanea alla nascita di questi nuovi ordini monastici, si svilupparono anche movimenti laici che giravano di città in città per predicare la penitenza e la conversione. Questi erano chiamati, a seconda dei casi, Flagellanti, Disciplinati, Battuti, per il loro uso di privarsi delle vesti e di flagellarsi nelle pubbliche vie per dimostrare che ci si doveva mortificare per espiare i peccati e raggiungere la salvezza in una adesione senza riserve alla Passione di Cristo in tutti i suoi aspetti più concreti e reali. Le Confraternite che vengono a costituirsi sono quindi la risposta laica alla crisi della Chiesa, così come i nuovi ordini religiosi sono la risposta ecclesiale. Promotori e fondatori di confraternite furono gruppi di laici di diverse estrazioni sociali; la maggior parte appartenevano alle classi più povere, contadini ed artigiani, ma non mancarono esponenti delle classi dominanti, borghesi o nobili. Tutti vedevano nell’istituto della confraternita lo strumento sia per svolgere le pratiche devozionali sia, nel contempo, svolgere varie forme di assistenza, beneficenza e mutualità. Le Opere di Misericordia Regole guida divennero le 14 proposizioni canoniche conosciute come “Opere di Misericordia” nella quali la Chiesa Cattolica, intorno all’anno Mille, aveva riassunto l’atteggiamento positivo che un cristiano deve assumere verso chi è in situazione di disagio fisico o morale. Solo grazie a questo atteggiamento sarà possibile per l’uomo trovare misericordia, ossia perdono dei peccati, da parte di Dio. Le Opere di Misericordia Corporale La tradizione ne elenca due gruppi di sette:il primo gruppo, le opere di misericordia corporale, hanno in Matteo (25, 31-46) la loro formulazione: 1 – dar da mangiare agli affamati 2 – dar da bere agli assetati 3 – vestire gli ignudi 4 – alloggiare i pellegrini 5 – visitare gli infermi 6 – visitare i carcerati 7 – seppellire i morti Le Opere di Misericordia Spirituale Il secondo gruppo, le opere di misericordia spirituale, ha come riferimento precise pagine del nuovo testamento: 1 – consigliare i dubbiosi 2 – insegnare agli ignoranti 3 – ammonire i peccatori 4 – consolare gli afflitti 5 – perdonare le offese 6 – sopportare pazientemente le persone moleste 7 – pregare Dio per i vivi e per i morti Adottando come norma di comportamento queste regole, volgendo la loro attenzione a chi più aveva bisogno, le Confraternite, pur conservando lo scopo religioso e salvifico originario, e cioè la “salus animarum”, tendono a laicizzarsi estendendo le proprie finalità a forme di assistenza materiale degli iscritti ed intervenendo sempre di più nel campo della beneficenza pubblica. In tal modo l’organizzazione confraternale si lega sempre più alle trasformazioni economiche, sociali e politiche della società in cui opera; il ruolo che vengono a rivestire all’interno della società supera l’ambito religioso e fa delle Confraternite un luogo di aggregazione, di confronto, di scambio di idee. Funzione sociale delle Confraternite Gli statuti garantiscono dunque ai confratelli, proprio in nome della proclamata fratellanza in Cristo che costituisce un vincolo di tipo parentale, una protezione sociale particolarmente preziosa in un’epoca in cui non vi era alcuna forma di tutela pubblica. In due campi però, in questi decenni iniziali, l’attività delle confraternite era particolarmente attiva e di grande rilevanza sociale: l’assistenza e la cura dei malati la sepoltura dei morti Sviluppo delle attività Negli anni tra il 1400 ed il 1550 si hanno profondi mutamenti nelle finalità di carattere sociale perseguite dalle confraternite, che ne rafforzano molto il peso sociale. In quest’ambito fu particolarmente importante la loro funzione di “società di mutuo soccorso” rivolto a diverse categorie a cominciare dagli indigenti, fossero essi confratelli in primo luogo oppure concittadini, con distribuzione di cibo, con ricoveri per i vecchi non più in grado di lavorare. i bambini ed i giovani vennero assistiti, orfani di confratelli oppure trovatelli e così le vedove; per le fanciulle povere poi che, prive di dote, non avrebbero potuto sposarsi, questa veniva elargita attingendo al reddito di particolari lasciti testamentari a ciò finalizzati. Il capitale delle confraternite Tradizionalmente le “confrarie” avevano quattro fonti di finanziamento: le quote dei loro membri, le offerte dei privati, i lasciti loro pervenuti il reddito dei beni immobili di loro proprietà, frutto di donazioni o di investimenti. La scomparsa fisica dei confratelli, per epidemie, guerre o per cause naturali, grazie ad un grandissimo numero di lasciti testamentari, genera per le confraternite l’accumulo di un’ingente massa di ricchezze patrimoniali. Lo sviluppo continua… Con le seconda metà del 1500 il campo d’attività va sempre più estendendosi, mentre cresce la loro autonomia dai poteri tradizionali. Le confraternite gestiscono direttamente la pubblica assistenza di molti grandi e medi centri tramite i loro ospedali, orfanotrofi e ricoveri; inoltre, con la creazione dei Monti di Pietà come rimedio alla piaga dell’usura, esse entrano nel campo finanziario, in un’Italia che ha creato e sta rafforzando quel sistema bancario che avrebbe poi governato in gran parte l’economia europea. Questa espansione sarà però foriera per le confraternite di conflitti, specie con l’autorità religiose, e di una progressiva riduzione delle loro autonomie L’attività finanziaria Tre i principali settori di attività finanziaria a fini assistenziali in cui le Confraternite riuscirono a costruirsi un impianto programmato e solido che li portò a livelli di elevata efficienza e di effettiva utilità per la comunità Monti di pietà Monti frumentari Monti di maritaggio Monti di Pietà Gli istituti di beneficenza maggiormente deputati alla gestione di denaro furono i Monti di Pietà, che si connotarono come un fenomeno religioso-assistenziale e al contempo economicofinanziario. Queste istituzioni sorsero, affiliati alle varie Case Sante cittadine che furono spinte dagli eventi ad aprire una cassa pubblica. I cittadini, infatti, a causa delle difficili condizioni economiche in cui versava la città, per evitare di conservare in casa il proprio denaro, cominciarono a “depositarlo” presso quegli istituti. I Monti di Pietà si trovarono così a gestire un capitale che impiegarono nella loro attività istituzionale di soccorso ai poveri, mediante la concessione di piccoli prestiti su pegno, che evitava loro di cadere nella morsa dell’usura, intesa come tasso d’interesse non proporzionato all’effettivo costo del denaro. Monti di Pietà (II) Con la creazione dei Monti, dopo lungo dibattito, furono comunque ammessi tassi che variavano tra il 6% ed il 10%, giustificando ciò sotto l’aspetto di garanzia a compensazione di eventuali insolvenze che, se non coperte, si sarebbero rivelate fatali per l’istituzione Gli interessi percepiti venivano a costituire una forma di autofinanziamento indispensabile per ampliare le varie tipologie di soccorso, legate all’attività della Confraternita che gestiva il Monte. Queste “banche dei poveri” benché percepissero dunque modesti interessi sui prestiti, realizzarono tuttavia buoni utili, che impiegarono per coprire le spese di gestione, per sostenere l’attività di prestito su pegno e per le altre opere assistenziali proprie della Confraternita che aveva creato e gestiva il Monte. Monti di Pietà (III) Oltre l’aspetto prettamente bancario, sia pure di banca etica, vennero regolati altri aspetti dell’attività finanziaria dei Monti, che venivano a configurarsi come banche locali, agenti per lo sviluppo del territorio e per la pace sociale. la concessione di prestiti alle magistrature cittadine, in occasioni di crisi alimentari, onde evitare tumulti sociali, o del passaggio di truppe, per evitare saccheggi e rappresaglie. lo svolgimento di funzioni di tesoreria per conto degli istituti assistenziali operanti nel territorio che permetteva non solo il controllo degli stessi ma favoriva tempestivi interventi in aiuto. Quasi tutti i Monti di Pietà fondati dalle antiche Confraternite, hanno seguito l’evolversi in senso laicale della società occidentale e si sono trasformate nelle odierne Casse di Risparmio o nelle Banche del Monte, che tanto hanno contribuito ancora allo sviluppo delle comunità locali in cui hanno operato. Le norme canoniche per l’attività finanziaria delle confraternite Elaborate nel Concilio Lateranense V, indetto da Papa Giulio II della Rovere, il grande Papa Guerriero, le norme furono promulgate il 4 maggio 1515 con la bolla “Inter Multiplices” emanata da Papa Leone X de Medici; successivamente l’intero “corpus” normativo fu rivisto e rielaborato dal Concilio di Trento ( 1545-1563 ) In sintesi, le norme prescrivevano che i Monti di Pietà fossero autorizzati, sulla base degli Statuti di cui dovevano obbligatoriamente dotarsi, ad accettare depositi volontari, remunerandoli con un tasso d’interesse a concedere prestiti, solo ai confratelli, di somme piuttosto modeste chiedendo come garanzia in pegno oggetti di valore; la concessione era vincolata ad un giuramento del richiedente che il prestito serviva a proprie necessità ed a usi moralmente leciti. ad accendere mutui ipotecari con privati. I Monti Frumentari A differenza degli abitanti delle città quelli delle campagne ben difficilmente disponevano di oggetti preziosi da dare in pegno e d’altro canto l’economia rurale si basava essenzialmente sul baratto. Ciò che di più prezioso possedevano i contadini erano le scorte di sementi, peraltro di notevole quantità, data la resa molto bassa delle semine. Ma esse potevano venire mancare principalmente per due cause: non si era raccolto a cause delle avverse condizioni climatiche come grandine o pioggia o per eventi guerreschi o per pestilenze. il raccolto era stato così scarso o l’inverno così lungo da obbligare a consumare tutto il prodotto sementi comprese, per sopravvivere. I Monti Frumentari (II) Proprio a rimedio di queste situazioni nacquero, su iniziativa delle varie Confraternite, i Monti Frumentari, che prestavano ai contadini bisognosi le sementi necessarie; il primo del quale si ha notizia è quello di Foligno e risale al 1488. Veniva così arginata la piaga dell’usura e potevano accedere a questa forma di finanziamento anche coloro la cui povertà non li faceva reputare solvibili dagli assai scarsi istituti regolari di prestito. Nelle campagne il Monte Frumentario veniva a costituire un importante supporto al regolare svolgimento del normale ciclo agrario. I Monti Frumentari (III) Al momento della semina o del raccolto gli aderenti al Monte, praticamente la totalità dei componenti le comunità rurali, partecipavano con giornate di lavoro gratuito alle varie operazioni nei campi e nei magazzini, immagazzinando le eccedenze per le prossime semine. Quando il prodotto immagazzinato superava le normali esigenze della comunità, questa parte veniva venduta ed il ricavato andava a costituire il Monte Pecuniario, minuscola riserva di denaro liquido, imitazione in piccolo dei Monti di Pietà. Al Monte Pecuniario i contadini potevano attingere con piccoli prestiti al tasso corrente del 5% per far fronte unicamente alle spese di raccolto. I Monti Frumentari (IV) Per il prestito, invece, di sementi, normalmente cereali e cioè orzo, segale e grano, talvolta fave, lenticchie, ceci, l’interesse era calcolato come tradizionalmente avveniva nelle campagne, dove i prodotti non venivano mai pesati ma misurati, con misure locali quali l’emina o lo staio. Al momento del prestito, la semente era misurata “a raso”, rasando cioè con apposito strumento la misura, al momento invece della restituzione la misurazione avveniva “a colmo”, riempiendo cioè il recipiente oltre i bordi fino a che si poteva e formando così un piccolo cono. E’ stato calcolato che questa eccedenza rappresentasse un tasso medio pari al 6%. I Monti Frumentari (V) I Monti Frumentari che ebbero larga diffusione principalmente nelle regioni meridionali d’Italia, eminentemente agricole, ad opera del cardinale Orsini, ebbero sempre vita travagliata. La mancanza di garanzie, che certo non potevano dare i poverissimi utenti dei prestiti, ne minò il funzionamento o lo bloccò del tutto quando, a causa di annate particolarmente avverse, di guerre o pestilenze, i raccolti andarono distrutti o non si poterono effettuare in tempo. Ma ancora nel 1904 alcuni erano comunque funzionanti in Basilicata; nelle altre regioni, invece, erano stati sostituiti dalle Casse Rurali e Artigiane, ancor ‘oggi presenti. Anche in questo caso siamo in presenza di quelle forme di microcredito, recentemente rivalutate, che, essendo elargite caso per caso in funzione delle effettive necessità assumono la funzione del moderno credito al consumo. I Monti dei maritaggi Tra le varie forme di assistenza ve ne fu una, suggerita proprio da alcune disposizioni testamentarie di alcuni benefattori: il compito di dispensare doti per “maritaggi” a fanciulle povere, ma rispettabili. Nei secoli passati, infatti, e fino all’Ottocento, una fanciulla povera che non avesse una famiglia ed una dote era destinata fatalmente alla servitù o alla prostituzione; Sostenere le spese per un matrimonio, per alcuni ceti sociali, era quasi impossibile e il sussidio caritativo diventava l’unica possibilità per realizzare unioni matrimoniali. I Monti dei maritaggi (II) Il deposito dei fondi da dispensare in doti maritali consentiva di disporre di capitali da utilizzare per le proprie esigenze fino a quando la fanciulla non veniva provvista di dote per poi convolare a nozze. I Monti di maritaggi esercitavano così, indirettamente, una forma di controllo delle nascite e soprattutto di quelle destinate a bilanciare il numero degli infanti abbandonati. La dote costituiva un capitale il cui investimento produttivo assicurava, al di là di una rendita sul denaro depositato, la “produzione” di un nucleo sociale, la famiglia, moralmente ed economicamente controllato e la continuazione della specie e della forza-lavoro attraverso i figli della donna maritata. Cosa dobbiamo alle Confraternite ? Le Confraternite hanno senza dubbio influito sullo sviluppo non solo religioso ma globale della società occidentale. La decisione della Chiesa determinata dalla nascita dei Monti di Pietà di rendere lecita l’imposizione di un tasso di interesse sui prestiti concessi, ha reso lecita anche per chi era cristiano l’attività bancaria, con tutto quanto ciò comporta in termini di sviluppo: è’ sufficiente accennare solo all’influenza sulla nostra civiltà dei grandi gruppi bancari fiorentini, primi fra tutti il Banco de’Medici, e come i Monti si siano evoluti nell’Ottocento nelle Casse di Risparmio. Cosa dobbiamo alle Confraternite ? (II) L’instaurarsi in Europa di forme di individualismo di stampo protestante, la tendenza alla laicizzazione, l’affermarsi di correnti di pensiero anticlericale portarono alla trasformazione delle aggregazioni di ispirazione religiose legate ad una comune appartenenza professionale in un nuovo tipo di associazionismo, le Società operaie di mutuo soccorso nelle quali è facile vedere come, tolte le motivazioni religiose, si siano conservate aggiornandole le finalità tipiche delle Confraternite. A loro volta le SOMS hanno costituito il nocciolo dal quale sarebbe poi germinate le moderne organizzazioni sindacali, attraverso un lento processo evolutivo che non ha però cancellato l’originario sentimento di misericordia. Evoluzione caritativa- finanziaria delle Confraternite : la Compagnia di S.Paolo di Torino Allorché nel 1563 Emanuele Filiberto di Savoia poneva definitivamente a Torino la capitale del ducato, si trovò ad affrontare subito due gravi problemi: fermare l’espansione del Protestantesimo e alleviare la miseria che colpiva oltre un terzo dei 30.000 abitanti . Gli vennero in soccorso sette eminenti e pii cittadini, ai quali ben presto si unirono nobili ma soprattutto mercanti, uomini di legge, funzionari della nuova capitale e molti artigiani che diedero alla pia associazione un eccezionale sviluppo. Cronologia della Compagnia di San Paolo (I) 1563 fondazione della Confraternita sotto il titolo di Compagnia di San Paolo che raccoglieva le elemosine e le distribuiva a domicilio ad ammalati e bisognosi. 1579 riapertura del Monte di Pietà, a rimedio dell’usura . E’ questa la prime delle “Opere” destinate ad incidere profondamente nel tessuto sociale ed economico della città 1589 istituzione della “Casa del soccorso” per fanciulle povere di civile condizione che qui ricevevano ricevere un’adeguata educazione ed una dote per potersi sposare 1595 costituzione dell”Ufficio Pio” per far fronte alle moltissime richieste di doti. In breve la nuova istituzione accentrò la gestione di tutta l’attività assistenziale della Compagnia: sussidi ai decaduti, ai malati, ai mendicanti, doti, servizi religiosi, rette del Soccorso 1650 creazione dell’Ospedale di Carità Cronologia della Compagnia di San Paolo (II) 1653 assunzione dell’amministrazione del debito pubblico (Monte della fede) affidata al Monte di Pietà – la Compagnia, della quale facevano ora parte anche i più influenti membri della Corte sabauda, aveva aumentato il suo patrimonio grazie a grandi lasciti ed a una miriade di piccoli legati e lo aveva impegnato in redditizi investimenti immobiliari e mobiliari ed in prestiti a comunità e nobili che le avevano aperto le porte dell’amministrazione del ducato 1683 fondazione della “casa del deposito” per ospitare donne desiderose di abbandonare situazioni di “disonestà” 1700 costruzione del nuovo Ospedale dei Pazzi 1802 il governo repubblicano francese sopprime la Compagnia e ne confisca i beni, provvedimenti annullati con la Restaurazione 1814 gestione fino al 1851 del servizio sanitario di Torino per i poveri: cure mediche, ma anche assistenza farmaceutica e specialistica 1853 le attività della Compagnia finanziarie vengono accentrate nell’Istituto San Paolo che, tramite il Monte di Pietà agisce ormai come una vera banca ed infatti nel 1867 in concomitanza con la riforma agraria e lo sviluppo urbanistico del Piemonte assume l’ esercizio del Credito Fondiario 1923 nasce la Banca San Paolo di Torino 1991 le attività creditizie furono demandate ad una società per azioni di nuova costituzione l’Istituto Bancario San Paolo di Torino S.p.A.. La Compagnia di San Paolo oggi Le attività di pubblico interesse e utilità sociale rimasero nel “vecchio” Sanpaolo, che assumeva, in omaggio alla sua storia, la denominazione di Compagnia di San Paolo. Oggi la Compagnia è una fondazione di diritto privato, retta da un proprio Statuto; al 31 dicembre 2008 il valore del portafoglio ammonta a 6,2 miliardi di euro. La Compagnia di San Paolo è attiva nei settori: ricerca scientifica, economica e giuridica istruzione; arte; beni e attività culturali; sanità; assistenza alle categorie sociali deboli. Le diapositive sono disponibili sul sito internet http://www.confraternitediocesiacqui.org alla voce Corsi di Formazione Lezione UNITE 29 Gennaio 2010 Grazie per l’attenzione!