Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology Anno IV numero 2 - aprile 2012 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali Il challenge antigenico perenne e il sistema immunitario nel bambino Colavita L, Cuppari C, Manti S, Loddo I, Salpietro C Dipartimento di Scienze Pediatriche, UOC di Genetica ed Immunologia Pediatrica - Università di Messina Introduzione Il sistema immunitario costituisce un’arma di difesa fondamentale contro la moltitudine di microrganismi con cui veniamo quotidianamente in contatto. La risposta immunitaria e le eventuali manifestazioni cliniche conseguenti dipendono sia da fattori genetici legati all’ospite che dalla tipologia di agenti microbici implicati. Fig. 1 Interazione patogeni/ospite: variabilità della risposta immunitaria Com’è noto, il sistema difensivo dell’uomo contro gli agenti patogeni (sistema immunitario integrato) consta di meccanismi di barriera quali cute e mucose; di un’immunità innata e di un’ immunità adattiva. Quest’ultima presenta la peculiare caratteristica di fornire una risposta antigene (Ag) specifica, di tipo umorale o cellulomediato. Fig. 2 Le componenti del sistema immunitario integrato (J Allrgy Clinic Immunol, volume 125, number 2) L’immunità innata è quella più antica, dunque più conservata dal punto di vista evolutivo, e che fornisce una pronta difesa contro microrganismi patogeni in tempi brevi, giorni prima dall’attivazione dell’immunità adattiva. Indiscussi protagonisti dell’immunità innata sono i Toll-Like-Recptors (TLRs). Essi appartengono alla famiglia dei pattern-recognition receptors (PRRs), che riconoscono specificamente componenti microbici ben conservati, conosciuti come PAMPS (pathogen-associated molecular patterns), che comprendono lipidi, lipoproteine, proteine, glicani e acidi nucleici. L’interazione dei PRRs con i PAMPS determina l’attivazione a cascata di eventi biochimici che, tramite fenomeni d’attivazione e silenziamento genico, conducono all’espressione di citochine pro-infiammatorie, diverse a seconda del tipo di TLR implicato (ne sono noti 13 tipi diversi). A seconda del patogeno implicato e del tipo di TLRs conseguentemente attivato, viene avviata una risposta immunitaria sia aspecifica che specifica per quel patogeno. A seconda poi della loro localizzazione nella cellula, i TLRs possono essere divisi in intracellulari e di superficie. Quelli intracellulari riconoscono gli acidi nucleici: i TLR3 riconoscono il dsRNA, i TLR7 e TLR8 l’ ssRNA e i TLR9 il CpG DNA non metilato. I TLR posti sulla superficie cellulare comprendono i TLR 1/TLR2/TLR6 che riconoscono le lipoproteine batteriche, i TLR4 i lipopolisaccaridi, i TLR5 la flagellina, i TLR 11 le proteine profilin-like di origine protozoaria e di E.Coli. I TLR 10, 12 e 13 rimangono recettori orfani. Fig.3 Toll-Like-Recptors e cascata molecolare che consegue alla loro attivazione La cellula dendritica (DC) costituisce inoltre il regista della risposta immunitaria. Svolge infatti un ruolo centrale nella regolazione delle varie forme d’immunità e tolleranza. Tale cellula processa e presenta l’Ag tramite gli MHC di classe II° espressi sulla sua superficie. Il recettore espresso dai linfociti (TCR) può riconoscere solo Ag presentati tramite gli MHC di classe II° delle APC (=cellule presentanti l’Ag, ) o gli MHC di classe I° di cellule infettate da virus o cellule neoplastiche. Per attivare i linfociti T helper CD4+ e citotossici CD8+ a svolgere la loro funzione è necessaria l’interazione cellula-cellula con APC professioniste, come le DC, dotate in membrana di tutti i segnali molecolari necessari comprendenti l’adeguata espressione di molecole costimolatorie, quali il CD80 e il CD86 espresse dalle DC dopo il legame dell’Ag al suo PRR (TLR). (Fig.4) La cellula dendritica interagisce direttamente anche col linfocita B. Le cellule B vergini, che esprimono sulla loro superficie sIg specifiche per un determinato Ag, si legano agli Ag presentati dalle DC. Se vi è sufficiente affinità tra sIg e Ag, il linfocita si sviluppa in plasmacellula. Se l’affinità non è abbastanza alta o se i segnali della cellula Th non vengono ricevuti, la cellula B muore per apoptosi. La cellula dendritica svolge inoltre la sua funzione immunoregolatoria determinando il tipo di risposta immunitaria (Th1, Th2 oTreg) che verrà a istaurarsi tramite lo sviluppo selettivo di DC funzionalmente differenti, conseguenti all’interazione tra Ag e specifico PRRs. Importante per tale polarizzazione della risposta immunitaria è anche il legame con specifiche citochine e chemochine, che vengono prodotte anch’esse in seguito all’interazione tra Ag e corrispondente TLR. [7] Fig. 4 Interazione cellula dendrica/linfocita e polarizzazione Th1/Th2 cellula dendriticamediata Il sistema immunitario nel neonato e nel bambino Alla nascita il nostro sistema immunitario è strutturalmente completo ma funzionalmente immaturo. E’ proprio grazie alla stimolazione antigenica cui è esposto il bambino tramite l’inalazione e l’ingestione di microrganismi, nonché il contatto del GULT (gut-associated lymphoid tissue) con gli Ag alimentari, che è resa possibile la maturazione del sistema immunitario. Il primo contatto con Ag esogeni, non-self, si ha infatti attraverso il MALT (mucosa associated lymphoid tissue) presente sia a livello delle vie aeree (BALT) che del tratto digestivo (GULT). Esso raggiunge il pieno sviluppo già alla 28° settimana di gestazione. Tuttavia alla nascita diversi fattori rendono il neonato particolarmente vulnerabile nei confronti dei vari agenti patogeni: un’immaturità delle tight-junctions, che determina un’aumentata permeabilità della parete mucosa; una secrezione di proteasi e peptidi antimicrobici non completamente sviluppata; un ph gastrico più elevato; una ridotta glicosilazione e un’alterata composizione dello strato mucoso a livello dell’apparato digerente e respiratorio. [3] Oltre all’incompleto sviluppo di tali meccanismi di barriera, vi è una ridotta attività dei granulociti che sono presenti in minor numero, hanno una ridotta espressione di L-selectina, una minore capacità di chemiotassi e di transmigrazione. Le APC (= cellule presentanti l’Ag) presentano una ridotta produzione di citochine e una minor espressione di MHC-II e di molecole costimolatorie, oltre ad una ridotta attività di fagocitosi ed endocitosi. L’attività delle cellule NK, cellule tipiche dell’immunità innata che mediano la citotossicità non-Ag specifica, è ridotta alla nascita ma aumenta rapidamente fino a diventare predominante dai 6 mesi di vita ai 4 anni d’età, al fine di supplire l’immaturità dell’immunità adattiva. Infatti i linfociti T, che rispondono ad Ag presentati dagli MHC-II delle APC, anch’esse poco attive, presentano una normale capacità di risposta ad Ag e mitogeni, ma una ridotta produzione di citochine rispetto all’adulto, soprattutto di quelle di tipo Th1, come l’IFN-γ che raggiunge valori normali all’età di 5 anni. E’ dunque prevalente nel bambino fino ai 5 anni d’età, ma soprattutto nei primi 6 mesi di vita, una risposta di tipo Th2 (una risposta veramente efficace di tipo Th1 è stata osservata solo per i vaccini più potenti come quello con BCG) . E’ inoltre ridotta l’attività dei linfociti T citotossici CD8 ed il rapporto CD4/CD8 è maggiore rispetto all’adulto (3.5-5/1 vs 1.5-2/1). Relativamente ai linfociti T vi è poi una prevalenza delle cellule native, di recente migrazione dal timo, che esprimono il CD45RA e contengono alte concentrazioni di TREC (=T cell recombination excision circles), ovvero frammenti extracromosomici di DNA circolare generati durante la ricombinazione genica del locus TCR. [1] Un recente studio condotto da un gruppo americano ha utilizzato i TREC come biomarkers del normale sviluppo delle cellule T, evidenziando come possano essere utilizzati per lo screening neonatale delle immunodeficienze combinate severe (SCID), al fine di porne diagnosi prima dell’esordio di gravi processi infettivi e di attuare il più precocemente possibile i migliori trattamenti quali il trapianto allogenico di cellule ematopoietiche o la terapia genica. [5] Relativamente ai linfociti Treg, la loro attività è particolarmente sviluppata nel neonato in cui si trovano in numero elevato. Tali cellule infatti giocano un ruolo importante nello sviluppo della tolleranza immunologica verso il self. In uno studio svedese è stato evidenziato come i linfociti Treg aumentino gradualmente dopo la nascita raggiungendo un picco durante il 1° mese di vita per poi decrescere progressivamente fino a raggiungere i valori propri dell’adulto. I Treg agiscono una soppressione nei confronti dell’immunità innata, sebbene i TLRs ne modulino l’attività. Parallelamente alla riduzione con l’età della funzione regolatoria svolta dai linfociti Treg nei confronti dell’immunità innata, s’assiste a un aumento dell’attività T regolatoria Ag-specifica, a uno sviluppo dell’immunità adattiva e a una riduzione della risposta mediata dall’IL8, citochina pro-infiammatoria che agisce nell’attivazione e nella stimolazione della chemiotassi delle cellule monocito-macrofagiche e dei granulociti. [2] Le cellule B si trovano in numero elevato nel neonato ma la loro maturazione in plasmacellule risulta incompleta. La risposta B cellulare linfociti T-indipendente è assente alla nascita e raggiunge la piena maturazione a 3-5 anni d’età. Quella T-dipendente è invece presente alla nascita verso la maggior parte degli Ag proteici. Vi è un ridotto switching isotipico anticorpale con conseguente scarsa produzione di Ab: le IgG presenti nel neonato sono infatti nei primi 6 mesi di vita di origine materna. Le IgA e le IgM sieriche sono presenti in scarsa quantità ma il loro numero aumenta rapidamente dopo stimolazione antigenica. Valori d’immunoglobuline analoghe a quelle dell’adulto si raggiungono gradualmente nel corso degli anni. A tal proposito, al fine di stabilire eventuali effettivi immunodeficit, sono stati individuati dei valori di riferimento delle Ig per le varie fasce d’età. (Tab. 1) [1] A livello salivare, amilasi, lisozima e lattoferrina si trovano in elevate concentrazioni nel periodo fetale, conferendo una protezione non specifica in assenza di un’immunità secretoria specifica efficace. In assenza d’infezioni intrauterine, il BALT fetale è privo di cellule B attive contenenti IgA. Dopo la nascita, durante i primi 6 mesi di vita, si assiste a una graduale scomparsa delle IgG di origine materna dalla mucosa orale associata a un aumento dei fattori difensivi innati e di quelli aspecifici (amilasi, lattoferrina e lisozima salivari), al fine di supplire l’immaturità dell’immunità adattiva. Una maturazione dei linfociti B si ha nelle prime 12 settimane di vita: le cellule B produttrici di IgG aumentano nelle ghiandole salivari, mentre le IgM appaiono nelle secrezioni mucosali solo transitoriamente nella prima infanzia. Le cellule B produttrici di IgAs (IgA secretorie), sebbene aumentino rapidamente con un picco alla 4°-6° settimana di vita, raggiungono i valori minimi del range di normalità dell’adulto a 18 mesi d’età, per poi aumentare lentamente nel corso della prima infanzia. Nei primi 6 mesi di vita si verifica inoltre uno switch da IgA monometriche a IgA polimeriche. Infine, mentre nel periodo perinatale predominano le IgA1, responsabili della risposta agli Ag proteici, nel corso dei primi 6 mesi di vita si ha un aumento delle IgA2, che mediano invece la risposta agli Ag polisaccaridici e cha arrivano ad essere predominanti. Ciò riflette i cambiamenti post-natali della tipologia d’esposizione antigenica. Relativamente alle IgG2, esse presentano invece valori bassi nei primi 2 anni di vita, conferendo maggiore suscettibilità alle infezioni da parte di germi capsulati. [3] (Tab. 2) [1] Sistema immunitario e stimolazione antigenica E’ proprio grazie alla stimolazione determinata dalla molteplicità di Ag microbici e alimentari, con cui il nostro organismo sin dalla nascita entra continuamente in contatto, che avviene un adeguato sviluppo del sistema immunitario. Un ruolo fondamentale si ritiene sia svolto dalla flora batterica intestinale. Un studio del 2010 ha messo in evidenza la concreta possibilità che il processo di colonizzazione, o comunque il contatto con la flora microbica materna, avvenga già durante le ultime fasi della vita intrauterina. La composizione della flora batterica intestinale del neonato varia in relazione a fattori genetici, al tipo di parto, all’alimentazione del piccolo e all’utilizzo di antibiotici. Sono comunque prevalenti batteri anaerobi facoltativi, in particolare bifidobatteri e lattobacilli. L’allattamento al seno risulta essere molto importante per un’adeguata composizione della flora grazie alla presenza nel latte materno di fattori bifidogenici. Una recente ipotesi vede il latte materno come fonte di batteri per la flora microbica intestinale in quanto trasportati dall’intestino materno alle ghiandole mammarie tramite macrofaggi e APC. La flora microbica svolge diverse funzioni: miglioramento dei processi digestivi; limitazione della colonizzazione da parte di microrganismi patogeni attraverso la sottrazione di alimenti e di siti d’adesione; promozione e modulazione dello sviluppo del sistema immunitario a livello locale e sistemico. A livello del GULT, la flora batterica regola lo switching delle classi di linfociti B, lo sviluppo dei Th 17 (la cui ridotta attività predispone ad infezioni funginee e da S. aureus, mentre la sua disregolazione favorisce lo sviluppo di autoimmunità) e sopprime la produzione di Treg. L’intestino del neonato è tuttavia protetto dall’iperattivazione locale del sistema immunitario grazie alla scarsa reattività fino quasi all’anergia dei TLRs (= Toll Like Receptors) delle APC del GULT. Studi condotti su animali hanno evidenziato come l’assenza di flora batterica intestinale (germ free animals) abbia profondi effetti sulla maturazione del sistema immunitario. In tali animali si ha infatti una mancata espansione dell’arsenale antimicrobico dell’epitelio intestinale e un ridotto sviluppo dei villi capillari e dell’immunità innata. Anche la maturazione dei linfociti T e B a livello delle placche del Peyer viene inficiata: nei “germ free animals” si ha infatti una ridotta produzione di IgA, un minor numero di cellule NK e un’attività dei linfociti T citotossici CD8 notevolmente ridotta. [1] La flora batterica intestinale, così come gli agenti microbici dell’ambiente esterno che vengono continuamente inalati o ingeriti, hanno poi un’importante azione regolatoria a livello sistemico, modulando il rapporto Th1/Th2. Come già detto prima, fino ai 5 anni d’età, ma soprattutto nei primi 6 mesi di vita, nel bambino è prevalente una risposta di tipo Th2. E’ proprio grazie all’esposizione microbica che avviene, nel corso dei primi 5 anni di vita, un’immuno-deviazione, in cui s’osserva un progressivo aumento dell’attività Th1 (con aumento della produzione di IFNγ), che diviene poi prevalente su quella Th2 (Ipotesi Igienica) : ciò rende possibili un’omeostasi immunocitochinica. Fig. 5 Fig. 5 Equilibrio immunocitohinico caratteristico del bambino sano È proprio in virtù dell’ipotesi igienica che viene spiegata la sempre maggiore diffusione delle allergopatie nei paesi industrializzati, in maniera inversamente proporzionale al grado d’esposizione microbica. Nei paesi industrializzati infatti le norme igieniche in uso (decontaminazione dell’acqua, pastorizzazione e sterilizzazione di latte e altri alimenti, disinfezione degli ambienti domestici, vaccinazioni, antibiotici), riducono l’esposizione microbica e l’incidenza di malattie infettive. Ciò determina una ridotta stimolazione antigenica con conseguente insufficiente immunostimolazione, che a sua volta si rende responsabile di una mancata immunodeviazione da una risposta di tipo Th2 a una Th1. Mentre le cellule Th1 producono citochine quali l’Il2, l’IFNγ e il TNFα che intervengono nell’immunità cellulo-mediata, le cellule Th2 producono IL4, IL5, IL6 e IL13 e favoriscono la sintesi di IgE e l’insorgenza di atopia. Dunque il persistere di una prevalente risposta Th2 spiega l’aumentata suscettibilità all’atopia e alla conseguente insorgenza di patologie allergiche (in particolare asma e riniti) . Fig. 6 [6] Fig.6 Reattività Th2 prima e dopo la nascita nei bambini sani, in quelli con patologia allergica solo nei primi anni di vita e infine nei bimbi con malattia atopica persistente A sostegno di quanto appena detto vi sono i dati di un studio del 2010 condotto in Australia. Tale studio si basava sul dosaggio delle Ig salivari. Venivano osservati valori più elevati nei bambini provenienti dai paesi in via di sviluppo, nei bambini di paesi industrializzati che frequentavano asilo o scuola, nei bimbi ospedalizzati e infine in quelli con uno o più fratelli rispetto ai figli unici, tutte situazioni in cui è più alta l’esposizione microbica e l’incidenza di malattie infettive. E’ stata poi riscontrata un’associazione tra bassi valori di IgA e IgM salivari e lo sviluppo di atopia. [4] E’ stata tuttavia evidenziata una correlazione inversamente proporzionale anche tra malattie infettive e malattie autoimmunitarie (quali il diabete mellito di tipo 1 o la sclerosi multipla), che, com’è noto, sono Th1-mediate. E’stato anche riscontrato un ruolo protettivo svolto dalle infezioni parassitarie, che evocano una risposta Th2 con produzione d’IgE ed eosinofilia, nei confronti delle allergopatie. Dunque quello appena citato non è l’unico meccanismo che deve entrare in gioco. Al fine di spiegare tali rilievi sono state formulate varie ipotesi. Una di queste prevede l’intervento di un meccanismo definito di “competizione antigenica” secondo il quale lo sviluppo di una risposta immunitaria forte nei confronti di Ag di microbi responsabili di patologie infettive determina un’inibizione della risposta contro Ag più deboli, quali gli auto -antigeni e gli allergeni. In tale competizione antigenica si pensa possano avere un ruolo anche i linfociti Treg. Un altro meccanismo ipotizzato, in cui i Treg giocano un ruolo predominante, è il fenomeno chiamato“bystander suppression”, in cui i linfociti Treg andrebbero a sopprimere le risposte immunitarie diverse da quelle rivolte contro gli Ag microbici. A sostegno di tale ipotesi vi è il riscontro di alti valori di Treg, espressione di un’upregulation, nel sangue cordonale di neonati figli di madri che lavorano in ambito agricolo, con elevata esposizione microbica. [6] Ancora, sempre a sostegno di un’elevata attività di omeostasi immunitaria nei soggetti in cui è maggiore l’esposizione microbica, vi è il riscontro, in uno studio condotto nel sud America su bambini abitanti in zone rurali (scarse condizioni igienico- sanitarie), di un ‘elevata produzione di IL10, citochina ad azione anti-infiammatoria spesso prodotta dai Treg. In tali bambini era inoltre presente una risposta massimale ritardata all’IFNγ, un numero elevato di cellule memoria e una più rapida down- regulation della risposta dell’ IL8 alla stimolazione agita dai PAMPS sui TLR 3 e 6.[2] Da alcuni studi è emersa la possibilità di una prevenzione svolta dagli agenti infettivi indipendente dai loro Ag costitutivi, attraverso la stimolazioni di recettori non-Ag-specifici, quali i Toll-like-receptors (TLRs). E’ nota la capacità di quest’ultimi d’indurre la sintesi di citochine pro-infiammatorie e di attivare la risposta immunitaria. Ciò porta a pensare alla stimolazione dei TLRs come fattore favorente lo sviluppo di risposte autoimmunitarie. E’ stato però sorprendentemente osservato su modelli animali che la stimolazione dei TLRs ha un effetto preventivo sullo sviluppo di malattie autoimmunitarie come il diabete di tipo 1. Gli esatti meccanismi immunologici sottostanti devono ancora essere ben definiti ma si ipotizza un ruolo svolto dalla produzione di specifiche citochine e dall’induzione dei linfociti Treg. [6] Possiamo dunque concludere che l’esposizione ad agenti microbici nei primi anni di vita non costituisce esclusivamente un rischio allo sviluppo di malattie infettive, ma rappresenta anche un fattore importante per un’adeguata maturazione del sistema immunitario e ha un’azione preventiva nei confronti di patologie allergiche e autoimmunitarie. Immunodeficienze primitive Cenno a parte meritano le immunodeficienze primitive. Queste sono condizioni geneticamente determinate caratterizzate da alterazioni dei meccanismi molecolari e cellulari che regolano lo sviluppano di uno o più componenti del sistema immunitario. Sono oggi note circa 220 condizioni d’immunodeficienza primitiva, che sono state così classificate nel 2009 dalla Experts Committee on Primary Immunodeficiencies of the International Union of Immunological Societies (IUIS), con il supporto della Jeffrey Modell Foundation and the National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) of the National Institutes of Health: - Immunodeficienze combinate gravi (SCID), che possono essere a loro volta suddivise in: T−B+ SCID (γc deficiency; JAK3 deficiency; IL7Rα deficiency; CD45 deficiency; CD3δ/CD3ε /CD3ζ deficiency; Coronin-1A deficiency) ; T−B− SCID (RAG 1/2 deficiency; DCLRE1C (Artemis) deficiency, DNA PKcs deficiency, Adenosine deaminase (ADA) deficiency, Reticular dysgenesis), Omenn syndrome, DNA ligase IV deficiency, Cernunnos deficiency, CD40 ligand deficiency, CD40 deficiency, Purine nucleoside phosphorylase deficiency (PNP), CD3γ deficiency, CD8 deficiency, ZAP-70 deficiency, Ca++ channel deficiency, MHC class I or II deficiency, Winged helix deficiency (Nude), CD25 deficiency, STAT5b deficiency, Itk deficiency, DOCK8 deficiency- Deficit del sistema del complemento - Deficienze prevalentemente anticorpali, suddivise in: 1. Riduzione severa di tutte le classi d’Ig con linfociti B molto ridotti o assenti 2. Riduzione severa di almeno 2 isotipi d’Ig sieriche con lifociti B in numero normale o lievemente ridotto 3. Riduzione severa d’IgG e IgA sieriche con IgM normali/elevate e normale numero di cellule B 4. Deficit di un isotipo o delle catene leggere cn normale numero di cellule B 5. Deficit anticorpale specifico con gamma-globuline e numero di cellule B nella norma 6. Ipogammaglobulinemia transitoria dell’infanzia - Sindromi ben definite con immunodeficienza - Malattie da disregolazione immunitaria (Immuno-deficiency with/hypopigmentation, Familial hemophagocytic lymphohistiocytosis (FHL) syndromes, Lymphoproliferative syndromes, Syndromes with autoimmunity) - Difetti congeniti dei fagociti (di numero, funzione o altro) - Difetti dell’immunità innata In tali situazioni la risposta immunitaria deficitaria verso uno o più patogeni aumenta notevolmente il rischio a contrarre patologie infettive e rende quest’ultime particolarmente pericolose fino a poter diventare letali per il bambino che ne è affetto. [8] Tuttavia, oltre ai sopra citati immunodeficit in cui l’aumentata suscettibilità riguarda diversi tipi di patogeni, sempre maggiore attenzione viene rivolta alla predisposizione a contrarre malattie infettive correlate a uno specifico agente patogeno. In queste situazioni, si ritiene che un ruolo centrale sia svolto dai già citati TLRs e dalle molecole a valle attivate a cascata dopo l’interazione TLR-Ag. Diversi recenti studi hanno infatti documentato una correlazione tra predisposizione a contrarre una data patologia infettiva e polimorfismi a carico dei TLRs. Inoltre quest’ultimi sono correlati anche a patologie non infettive. Ne è un esempio il riscontro di una stretta connessione tra alcuni polimorfismi a carico dei TLR-2 e 4 e la dermatite atopica. [9] Infine, immuni deficit selettivi verso specifici possono essere correlati a mutazioni dei geni codificanti le molecole del pathway intracellulare che vengono coinvolte in seguito all’attivazione dei TLRs . Possiamo citare come esempio il deficit di IRAK4, chinasi intracellulare implicata della via cosiddetta “Myd88-dipendente”, che determina un aumentato rischio d’infezioni invasive da GRAM positivi con deficit di produzione di citochine (TNFa, IL-6, IL-1. IFN) e scarsa risposta infiammatoria. [10] Tuttavia la selettiva predisposizione a contrarre determinate malattie infettive può essere correlata anche a meccanismi. Ad esempio sia il deficit selettivo di ICAM1 che il deficit di funzione dei Th17 possono causare la candidiasi muco-cutanea cronica. Inoltre il deficit dei Th17 aumenta anche la predisposizione a infezioni da S. aureus, come nella sindrome da iper-IgE autosomica dominante (STAT3 deficiency). Possiamo dunque concludere che la risposta ai patogeni presenta numerose variabili correlate sia all’ambiente microbico con cui il bambino entra in contatto che ai fattori genetici legati all’ospite, che influenzeranno la risposta immunitaria e l’espressività patologica della malattia infettiva. Bibliografia 1. “Early life: gut microbiota and immune development in infancy” - R. Martin, A.J. 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