Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology
Anno IV numero 2 - aprile 2012 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali
Il challenge antigenico perenne e il sistema immunitario nel bambino
Colavita L, Cuppari C, Manti S, Loddo I, Salpietro C
Dipartimento di Scienze Pediatriche, UOC di Genetica ed Immunologia Pediatrica - Università di Messina
Introduzione
Il sistema immunitario costituisce un’arma di difesa fondamentale contro la moltitudine di
microrganismi con cui veniamo quotidianamente in contatto. La risposta immunitaria e le
eventuali manifestazioni cliniche conseguenti dipendono sia da fattori genetici legati
all’ospite che dalla tipologia di agenti microbici implicati.
Fig. 1 Interazione patogeni/ospite: variabilità della risposta immunitaria
Com’è noto, il sistema difensivo dell’uomo contro gli agenti patogeni (sistema
immunitario integrato) consta di meccanismi di barriera quali cute e mucose; di
un’immunità innata e di un’ immunità adattiva. Quest’ultima presenta la peculiare
caratteristica di fornire una risposta antigene (Ag) specifica, di tipo umorale o cellulomediato.
Fig. 2 Le componenti del sistema immunitario integrato (J Allrgy Clinic Immunol, volume
125, number 2)
L’immunità innata è quella più antica, dunque più conservata dal punto di vista evolutivo,
e che fornisce una pronta difesa contro microrganismi patogeni in tempi brevi, giorni
prima dall’attivazione dell’immunità adattiva. Indiscussi protagonisti dell’immunità innata
sono i Toll-Like-Recptors (TLRs). Essi appartengono alla famiglia dei pattern-recognition
receptors (PRRs), che riconoscono specificamente componenti microbici ben conservati,
conosciuti come PAMPS (pathogen-associated molecular patterns), che comprendono
lipidi, lipoproteine, proteine, glicani e acidi nucleici.
L’interazione dei PRRs con i PAMPS determina l’attivazione a cascata di eventi
biochimici che, tramite fenomeni d’attivazione e silenziamento genico,
conducono all’espressione di citochine pro-infiammatorie, diverse a seconda del tipo di
TLR implicato (ne sono noti 13 tipi diversi). A seconda del patogeno implicato e del tipo
di TLRs conseguentemente attivato, viene avviata una risposta immunitaria
sia aspecifica che specifica per quel patogeno. A seconda poi della loro localizzazione
nella cellula, i TLRs possono essere divisi in intracellulari e di superficie.
Quelli intracellulari riconoscono gli acidi nucleici: i TLR3 riconoscono il dsRNA, i TLR7 e
TLR8 l’ ssRNA e i TLR9 il CpG DNA non
metilato. I TLR posti sulla superficie cellulare comprendono i TLR 1/TLR2/TLR6 che
riconoscono le lipoproteine batteriche, i TLR4 i lipopolisaccaridi, i TLR5 la flagellina, i
TLR 11 le proteine profilin-like di origine protozoaria e di E.Coli. I TLR 10, 12 e
13 rimangono recettori orfani.
Fig.3 Toll-Like-Recptors e cascata molecolare che consegue alla loro attivazione
La cellula dendritica (DC) costituisce inoltre il regista della risposta immunitaria.
Svolge infatti un ruolo centrale nella regolazione delle varie forme d’immunità e
tolleranza. Tale cellula processa e presenta l’Ag tramite gli MHC di classe II° espressi
sulla sua superficie.
Il recettore espresso dai linfociti (TCR) può riconoscere solo Ag presentati tramite gli
MHC di classe II° delle APC (=cellule presentanti l’Ag, ) o gli MHC di classe I° di cellule
infettate da virus o cellule neoplastiche.
Per attivare i linfociti T helper CD4+ e citotossici CD8+ a svolgere la loro funzione è
necessaria l’interazione cellula-cellula con APC professioniste, come le DC, dotate in
membrana di tutti i segnali molecolari necessari comprendenti l’adeguata espressione
di molecole costimolatorie, quali il CD80 e il CD86 espresse dalle DC dopo il legame
dell’Ag al suo PRR (TLR). (Fig.4)
La cellula dendritica interagisce direttamente anche col linfocita B. Le cellule B vergini,
che esprimono sulla loro superficie sIg specifiche per un determinato Ag, si legano agli
Ag presentati dalle DC. Se vi è sufficiente affinità tra sIg e Ag, il linfocita si sviluppa
in plasmacellula.
Se l’affinità non è abbastanza alta o se i segnali della cellula Th non vengono ricevuti, la
cellula B muore per apoptosi.
La cellula dendritica svolge inoltre la sua funzione immunoregolatoria determinando il
tipo di risposta immunitaria (Th1, Th2 oTreg) che verrà a istaurarsi tramite lo sviluppo
selettivo di DC funzionalmente differenti, conseguenti all’interazione tra Ag e specifico
PRRs. Importante per tale polarizzazione della risposta immunitaria è anche il legame
con specifiche citochine e chemochine, che vengono prodotte anch’esse in seguito
all’interazione tra Ag e corrispondente TLR. [7]
Fig. 4 Interazione cellula dendrica/linfocita e polarizzazione Th1/Th2 cellula dendriticamediata
Il sistema immunitario nel neonato e nel bambino Alla nascita il nostro sistema
immunitario è strutturalmente completo ma funzionalmente immaturo.
E’ proprio grazie alla stimolazione antigenica cui è esposto il bambino tramite
l’inalazione e l’ingestione di microrganismi, nonché il contatto del GULT (gut-associated
lymphoid tissue) con gli Ag alimentari, che è resa possibile la maturazione del sistema
immunitario.
Il primo contatto con Ag esogeni, non-self, si ha infatti attraverso il MALT (mucosa
associated lymphoid tissue) presente sia a livello delle vie aeree (BALT) che del tratto
digestivo (GULT).
Esso raggiunge il pieno sviluppo già alla 28° settimana di gestazione. Tuttavia alla
nascita diversi fattori rendono il neonato particolarmente vulnerabile nei confronti dei vari
agenti
patogeni: un’immaturità delle tight-junctions, che determina un’aumentata permeabilità
della parete mucosa; una secrezione di proteasi e peptidi antimicrobici non
completamente sviluppata; un ph gastrico più elevato; una ridotta glicosilazione e
un’alterata composizione dello strato mucoso a livello dell’apparato digerente e
respiratorio. [3] Oltre all’incompleto sviluppo di tali meccanismi di barriera, vi è una
ridotta attività dei granulociti che sono presenti in minor numero, hanno una ridotta
espressione di L-selectina, una minore capacità di chemiotassi e di transmigrazione.
Le APC (= cellule presentanti l’Ag) presentano una ridotta produzione di citochine e una
minor espressione di MHC-II e di molecole costimolatorie, oltre ad una ridotta attività
di fagocitosi ed endocitosi.
L’attività delle cellule NK, cellule tipiche dell’immunità innata che mediano la citotossicità
non-Ag specifica, è ridotta alla nascita ma aumenta rapidamente fino a diventare
predominante dai 6 mesi di vita ai 4 anni d’età, al fine di supplire l’immaturità
dell’immunità adattiva.
Infatti i linfociti T, che rispondono ad Ag presentati dagli MHC-II delle APC, anch’esse
poco attive, presentano una normale capacità di risposta ad Ag e mitogeni, ma una
ridotta produzione di citochine rispetto all’adulto, soprattutto di quelle di tipo Th1, come
l’IFN-γ che raggiunge valori normali all’età di 5 anni.
E’ dunque prevalente nel bambino fino ai 5 anni d’età, ma soprattutto nei primi 6 mesi di
vita, una risposta di tipo Th2 (una risposta veramente efficace di tipo Th1 è stata
osservata solo per i vaccini più potenti come quello con BCG) .
E’ inoltre ridotta l’attività dei linfociti T citotossici CD8 ed il rapporto CD4/CD8 è maggiore
rispetto all’adulto (3.5-5/1 vs 1.5-2/1).
Relativamente ai linfociti T vi è poi una prevalenza delle cellule native, di recente
migrazione dal timo, che esprimono il CD45RA e contengono alte concentrazioni di
TREC (=T cell recombination excision circles), ovvero frammenti extracromosomici di
DNA circolare generati durante la ricombinazione genica del locus TCR.
[1] Un recente studio condotto da un gruppo americano ha utilizzato i TREC come
biomarkers del normale sviluppo delle cellule T, evidenziando come possano essere
utilizzati per lo screening neonatale delle immunodeficienze combinate severe (SCID),
al fine di porne diagnosi prima dell’esordio di gravi processi infettivi e di attuare il più
precocemente possibile i migliori trattamenti quali il trapianto allogenico di cellule
ematopoietiche o la terapia genica.
[5] Relativamente ai linfociti Treg, la loro attività è particolarmente sviluppata nel
neonato in cui si trovano in numero elevato.
Tali cellule infatti giocano un ruolo importante nello sviluppo della tolleranza
immunologica verso il self.
In uno studio svedese è stato evidenziato come i linfociti Treg aumentino gradualmente
dopo la nascita raggiungendo un picco durante il 1° mese di vita per poi decrescere
progressivamente fino a raggiungere i valori propri dell’adulto.
I Treg agiscono una soppressione nei confronti dell’immunità innata, sebbene i TLRs ne
modulino l’attività.
Parallelamente alla riduzione con l’età della funzione regolatoria svolta dai linfociti Treg
nei confronti dell’immunità innata, s’assiste a un aumento dell’attività T regolatoria
Ag-specifica, a uno sviluppo dell’immunità adattiva e a una riduzione della risposta
mediata dall’IL8, citochina pro-infiammatoria che agisce nell’attivazione e nella
stimolazione della chemiotassi delle cellule monocito-macrofagiche e dei granulociti. [2]
Le cellule B si trovano in numero elevato nel neonato ma la loro maturazione in
plasmacellule risulta incompleta.
La risposta B cellulare linfociti T-indipendente è assente alla nascita e raggiunge la
piena maturazione a 3-5 anni d’età.
Quella T-dipendente è invece presente alla nascita verso la maggior parte degli Ag
proteici. Vi è un ridotto switching isotipico anticorpale con conseguente scarsa
produzione di Ab: le IgG presenti nel neonato sono infatti nei primi 6 mesi di vita di
origine materna.
Le IgA e le IgM sieriche sono presenti in scarsa quantità ma il loro numero
aumenta rapidamente dopo stimolazione antigenica. Valori d’immunoglobuline analoghe
a quelle dell’adulto si raggiungono gradualmente nel corso degli anni.
A tal proposito, al fine di stabilire eventuali effettivi immunodeficit, sono stati individuati
dei valori di riferimento delle Ig per le varie fasce d’età. (Tab. 1) [1]
A livello salivare, amilasi, lisozima e lattoferrina si trovano in elevate concentrazioni nel
periodo fetale, conferendo una protezione non specifica in assenza di un’immunità
secretoria specifica efficace.
In assenza d’infezioni intrauterine, il BALT fetale è privo di cellule B attive contenenti
IgA.
Dopo la nascita, durante i primi 6 mesi di vita, si assiste a una graduale scomparsa delle
IgG di origine materna dalla mucosa orale associata a un aumento dei fattori difensivi
innati e di quelli aspecifici (amilasi, lattoferrina e lisozima salivari), al fine di supplire
l’immaturità dell’immunità adattiva.
Una maturazione dei linfociti B si ha nelle prime 12 settimane di vita: le cellule B
produttrici di IgG aumentano nelle ghiandole salivari, mentre le IgM appaiono nelle
secrezioni mucosali solo transitoriamente nella prima infanzia.
Le cellule B produttrici di IgAs (IgA secretorie), sebbene aumentino rapidamente con un
picco alla 4°-6° settimana di vita, raggiungono i valori minimi del range di normalità
dell’adulto a 18 mesi d’età, per poi aumentare lentamente nel corso della prima infanzia.
Nei primi 6 mesi di vita si verifica inoltre uno switch da IgA monometriche a IgA
polimeriche.
Infine, mentre nel periodo perinatale predominano le IgA1, responsabili della risposta
agli Ag proteici, nel corso dei primi 6 mesi di vita si ha un aumento delle IgA2, che
mediano invece la risposta agli Ag polisaccaridici e cha arrivano ad essere predominanti.
Ciò
riflette
i
cambiamenti
post-natali
della
tipologia
d’esposizione
antigenica. Relativamente alle IgG2, esse presentano invece valori bassi nei primi 2 anni
di vita, conferendo maggiore suscettibilità alle infezioni da parte di germi capsulati. [3]
(Tab. 2) [1]
Sistema immunitario e stimolazione antigenica
E’ proprio grazie alla stimolazione determinata dalla molteplicità di Ag microbici e
alimentari, con cui il nostro organismo sin dalla nascita entra continuamente in contatto,
che avviene un adeguato sviluppo del sistema immunitario. Un ruolo fondamentale si
ritiene sia svolto dalla flora batterica intestinale. Un studio del 2010 ha messo in
evidenza la concreta possibilità che il processo di colonizzazione, o comunque il contatto
con la flora microbica materna, avvenga già durante le ultime fasi della vita intrauterina.
La composizione della flora batterica intestinale del neonato varia in relazione a fattori
genetici, al tipo di parto, all’alimentazione del piccolo e all’utilizzo di antibiotici. Sono
comunque prevalenti batteri anaerobi facoltativi, in particolare bifidobatteri e lattobacilli.
L’allattamento al seno risulta essere molto importante per un’adeguata composizione
della flora grazie alla presenza nel latte materno di fattori bifidogenici. Una recente
ipotesi vede il latte materno come fonte di batteri per la flora microbica intestinale in
quanto trasportati dall’intestino materno alle ghiandole mammarie tramite macrofaggi e
APC.
La flora microbica svolge diverse funzioni: miglioramento dei processi digestivi;
limitazione della colonizzazione da parte di microrganismi patogeni attraverso la
sottrazione di alimenti e di siti d’adesione; promozione e modulazione dello sviluppo
del sistema immunitario a livello locale e sistemico.
A livello del GULT, la flora batterica regola lo switching delle classi di linfociti B, lo
sviluppo dei Th 17 (la cui ridotta attività predispone ad infezioni funginee e da S. aureus,
mentre la sua disregolazione favorisce lo sviluppo di autoimmunità) e sopprime la
produzione di Treg. L’intestino del neonato è tuttavia protetto dall’iperattivazione locale
del sistema immunitario grazie alla scarsa reattività fino quasi all’anergia dei TLRs (= Toll
Like Receptors) delle APC del GULT.
Studi condotti su animali hanno evidenziato come l’assenza di flora batterica intestinale
(germ free animals) abbia profondi effetti sulla maturazione del sistema immunitario. In
tali animali si ha infatti una mancata espansione dell’arsenale antimicrobico dell’epitelio
intestinale e un ridotto sviluppo dei villi capillari e dell’immunità innata. Anche la
maturazione dei linfociti T e B a livello delle placche del Peyer viene inficiata: nei “germ
free animals” si ha infatti una ridotta produzione di IgA, un minor numero di cellule NK e
un’attività dei linfociti T citotossici CD8 notevolmente ridotta. [1] La flora batterica
intestinale, così come gli agenti microbici dell’ambiente esterno che vengono
continuamente inalati o ingeriti, hanno poi un’importante azione regolatoria a livello
sistemico, modulando il rapporto Th1/Th2. Come già detto prima, fino ai 5 anni d’età, ma
soprattutto nei primi 6 mesi di vita, nel bambino è prevalente una risposta di tipo Th2. E’
proprio grazie all’esposizione microbica che avviene, nel corso dei primi 5 anni di vita,
un’immuno-deviazione, in cui s’osserva un progressivo aumento dell’attività Th1 (con
aumento della produzione di IFNγ), che diviene poi prevalente su quella Th2 (Ipotesi
Igienica) : ciò rende possibili un’omeostasi immunocitochinica. Fig. 5
Fig. 5 Equilibrio immunocitohinico caratteristico del bambino sano
È proprio in virtù dell’ipotesi igienica che viene spiegata la sempre maggiore diffusione
delle allergopatie nei paesi industrializzati, in maniera inversamente proporzionale al
grado d’esposizione microbica. Nei paesi industrializzati infatti le norme igieniche in uso
(decontaminazione dell’acqua, pastorizzazione e sterilizzazione di latte e altri alimenti,
disinfezione degli ambienti domestici, vaccinazioni, antibiotici), riducono l’esposizione
microbica e l’incidenza di malattie infettive. Ciò determina una ridotta stimolazione
antigenica con conseguente insufficiente immunostimolazione, che a sua volta si rende
responsabile di una mancata immunodeviazione da una risposta di tipo Th2 a una Th1.
Mentre le cellule Th1 producono citochine quali l’Il2, l’IFNγ e il TNFα che intervengono
nell’immunità cellulo-mediata, le cellule Th2 producono IL4, IL5, IL6 e IL13 e favoriscono
la sintesi di IgE e l’insorgenza di atopia. Dunque il persistere di una
prevalente risposta Th2 spiega l’aumentata suscettibilità all’atopia e alla conseguente
insorgenza di patologie allergiche (in particolare asma e riniti) . Fig. 6 [6]
Fig.6 Reattività Th2 prima e dopo la nascita nei bambini sani, in quelli con patologia
allergica solo nei primi anni di vita e infine nei bimbi con malattia atopica persistente
A sostegno di quanto appena detto vi sono i dati di un studio del 2010 condotto in
Australia. Tale studio si basava sul dosaggio delle Ig salivari.
Venivano osservati valori più elevati nei bambini provenienti dai paesi in via di sviluppo,
nei bambini di paesi industrializzati che frequentavano asilo o scuola, nei bimbi
ospedalizzati e infine in quelli con uno o più fratelli rispetto ai figli unici, tutte situazioni in
cui è più alta l’esposizione microbica e l’incidenza di malattie infettive.
E’ stata poi riscontrata un’associazione tra bassi valori di IgA e IgM salivari e lo sviluppo
di atopia. [4]
E’ stata tuttavia evidenziata una correlazione inversamente proporzionale anche tra
malattie infettive e malattie autoimmunitarie (quali il diabete mellito di tipo 1 o la sclerosi
multipla), che, com’è noto, sono Th1-mediate. E’stato anche riscontrato un
ruolo protettivo svolto dalle infezioni parassitarie, che evocano una risposta Th2 con
produzione d’IgE ed eosinofilia, nei confronti delle allergopatie. Dunque quello appena
citato non è l’unico meccanismo che deve entrare in gioco. Al fine di spiegare tali rilievi
sono state formulate varie ipotesi.
Una di queste prevede l’intervento di un meccanismo definito di “competizione
antigenica” secondo il quale lo sviluppo di una risposta immunitaria forte nei confronti di
Ag di microbi responsabili di patologie infettive determina un’inibizione della
risposta contro Ag più deboli, quali gli auto -antigeni e gli allergeni. In tale competizione
antigenica si pensa possano avere un ruolo anche i linfociti Treg.
Un altro meccanismo ipotizzato, in cui i Treg giocano un ruolo predominante, è il
fenomeno chiamato“bystander suppression”, in cui i linfociti Treg andrebbero a
sopprimere le risposte immunitarie diverse da quelle rivolte contro gli Ag microbici.
A sostegno di tale ipotesi vi è il riscontro di alti valori di Treg, espressione di un’upregulation, nel sangue cordonale di neonati figli di madri che lavorano in ambito agricolo,
con elevata esposizione microbica. [6] Ancora, sempre a sostegno di un’elevata attività
di omeostasi immunitaria nei soggetti in cui è maggiore l’esposizione microbica, vi è il
riscontro, in uno studio condotto nel sud America su bambini abitanti in zone rurali
(scarse condizioni igienico- sanitarie), di un ‘elevata produzione di IL10, citochina ad
azione anti-infiammatoria spesso prodotta dai Treg.
In tali bambini era inoltre presente una risposta massimale ritardata all’IFNγ, un numero
elevato di cellule memoria e una più rapida down- regulation della risposta dell’ IL8 alla
stimolazione agita dai PAMPS sui TLR 3 e 6.[2] Da alcuni studi è emersa la possibilità di
una prevenzione svolta dagli agenti infettivi indipendente dai loro Ag costitutivi,
attraverso la stimolazioni di recettori non-Ag-specifici, quali i Toll-like-receptors (TLRs).
E’ nota la capacità di quest’ultimi d’indurre la sintesi di citochine pro-infiammatorie e di
attivare la risposta immunitaria. Ciò porta a pensare alla stimolazione dei TLRs come
fattore favorente lo sviluppo di risposte autoimmunitarie. E’ stato però
sorprendentemente osservato su modelli animali che la stimolazione dei TLRs ha un
effetto preventivo sullo sviluppo di malattie autoimmunitarie come il diabete di tipo 1.
Gli esatti meccanismi immunologici sottostanti devono ancora essere ben definiti ma si
ipotizza un ruolo svolto dalla produzione di specifiche citochine e dall’induzione dei
linfociti Treg. [6] Possiamo dunque concludere che l’esposizione ad agenti microbici nei
primi anni di vita non costituisce esclusivamente un rischio allo sviluppo di malattie
infettive, ma rappresenta anche un fattore importante per un’adeguata maturazione del
sistema immunitario e ha un’azione preventiva nei confronti di patologie allergiche e
autoimmunitarie.
Immunodeficienze primitive
Cenno a parte meritano le immunodeficienze primitive. Queste sono condizioni
geneticamente determinate caratterizzate da alterazioni dei meccanismi molecolari e
cellulari che regolano lo sviluppano di uno o più componenti del sistema
immunitario. Sono oggi note circa 220 condizioni d’immunodeficienza primitiva, che sono
state così classificate nel 2009 dalla Experts Committee on Primary Immunodeficiencies
of the International Union of Immunological Societies (IUIS), con il supporto della Jeffrey
Modell Foundation and the National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID)
of the National Institutes of Health:
- Immunodeficienze combinate gravi (SCID), che possono essere a loro volta suddivise
in: T−B+ SCID (γc deficiency; JAK3 deficiency; IL7Rα deficiency; CD45 deficiency;
CD3δ/CD3ε /CD3ζ deficiency; Coronin-1A deficiency) ; T−B− SCID (RAG 1/2 deficiency;
DCLRE1C (Artemis) deficiency, DNA PKcs deficiency, Adenosine deaminase (ADA)
deficiency, Reticular dysgenesis), Omenn syndrome, DNA ligase IV deficiency,
Cernunnos deficiency, CD40 ligand deficiency, CD40 deficiency, Purine
nucleoside phosphorylase deficiency (PNP), CD3γ deficiency, CD8 deficiency, ZAP-70
deficiency, Ca++ channel deficiency, MHC class I or II deficiency, Winged helix
deficiency (Nude), CD25 deficiency, STAT5b deficiency, Itk deficiency, DOCK8
deficiency- Deficit del sistema del complemento - Deficienze prevalentemente
anticorpali, suddivise in:
1. Riduzione severa di tutte le classi d’Ig con linfociti B molto ridotti o assenti
2. Riduzione severa di almeno 2 isotipi d’Ig sieriche con lifociti B in numero normale o
lievemente ridotto
3. Riduzione severa d’IgG e IgA sieriche con IgM normali/elevate e normale numero di
cellule B
4. Deficit di un isotipo o delle catene leggere cn normale numero di cellule B
5. Deficit anticorpale specifico con gamma-globuline e numero di cellule B nella norma
6. Ipogammaglobulinemia transitoria dell’infanzia
- Sindromi ben definite con immunodeficienza
- Malattie da disregolazione immunitaria (Immuno-deficiency with/hypopigmentation,
Familial hemophagocytic lymphohistiocytosis (FHL) syndromes, Lymphoproliferative
syndromes, Syndromes with autoimmunity)
- Difetti congeniti dei fagociti (di numero, funzione o altro)
- Difetti dell’immunità innata
In tali situazioni la risposta immunitaria deficitaria verso uno o più patogeni aumenta
notevolmente il rischio a contrarre patologie infettive e rende quest’ultime
particolarmente pericolose fino a poter diventare letali per il bambino che ne è affetto.
[8] Tuttavia, oltre ai sopra citati immunodeficit in cui l’aumentata suscettibilità riguarda
diversi tipi di patogeni, sempre maggiore attenzione viene rivolta alla predisposizione a
contrarre malattie infettive correlate a uno specifico agente patogeno. In
queste situazioni, si ritiene che un ruolo centrale sia svolto dai già citati TLRs e dalle
molecole a valle attivate a cascata dopo l’interazione TLR-Ag.
Diversi recenti studi hanno infatti documentato una correlazione tra predisposizione a
contrarre una data patologia infettiva e polimorfismi a carico dei TLRs.
Inoltre quest’ultimi sono correlati anche a patologie non infettive. Ne è un esempio il
riscontro di una stretta connessione tra alcuni polimorfismi a carico dei TLR-2 e 4 e la
dermatite atopica. [9] Infine, immuni deficit selettivi verso specifici possono essere
correlati a mutazioni dei geni codificanti le molecole del pathway
intracellulare che vengono coinvolte in seguito all’attivazione dei TLRs .
Possiamo citare come esempio il deficit di IRAK4, chinasi intracellulare implicata della
via cosiddetta “Myd88-dipendente”, che determina un aumentato rischio d’infezioni
invasive da GRAM positivi con deficit di produzione di citochine (TNFa, IL-6, IL-1. IFN) e
scarsa risposta infiammatoria. [10] Tuttavia la selettiva predisposizione a contrarre
determinate malattie infettive può essere correlata anche a meccanismi. Ad esempio sia
il deficit selettivo di ICAM1 che il deficit di funzione dei Th17 possono causare la
candidiasi muco-cutanea cronica. Inoltre il deficit dei Th17 aumenta anche la
predisposizione a infezioni da S. aureus, come nella sindrome da iper-IgE autosomica
dominante (STAT3 deficiency). Possiamo dunque concludere che la risposta ai patogeni
presenta numerose variabili correlate sia all’ambiente microbico con cui il bambino entra
in contatto che ai fattori genetici legati all’ospite, che influenzeranno la risposta
immunitaria e l’espressività patologica della malattia infettiva.
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www.geneticapediatrica.it trimestrale di divulgazione scientifica dell'Associazione Pediatrica di Immunologia e Genetica
Legge 7 marzo 2001, n. 62 - Registro della Stampa Tribunale di Messina n. 3/09 - 11 maggio 2009
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Carmelo Salpietro - Direttore responsabile
Giuseppe Micali - Segreteria redazione
Basilia Piraino - Piera Vicchio
Direzione-Redazione: UOC Genetica e Immunologia Pediatrica - AOU Policlicnico Messina
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