STEELMASTER 2007 ISTITUTO PER LA CULTURA E LA STORIA D’IMPRESA “FRANCO MOMIGLIANO" Le tecnologie di termospruzzatura applicate alla siderurgia AUTORE RELATORE Diego Poleggi Diego Poleggi CORRELATORE Dott. Domenico Stocchi (CSM s.p.a)
“…e impaziente ai mantici tornò, li volse al fuoco, e comandò suo moto a ciascheduno. Eran venti che dentro la fornace per venti bocche ne venian soffiando; e al fiato che mettean dal cavo seno, or gagliardo, or leggier, come il bisogno chiedea dell’opra e di Vulcano il senno, sibilando prendea spirto la fiamma” (Iliade, XVIII 643­651)
Indice Intr oduzione ………………………………………………………………………... 4 1 2 3 I r ivestimenti ……………………………………………………………... 5 1.1 La por osità ……………………………………………………... 6 1.2 Adesione e coesione ……………………………………………. 7 1.3 L’inter faccia substr ato­r ivestimento …………………………. 7 1.4 Str ess r esidui ………………………………………………….... 8 1.5 Str ess di deposizione …………………………………………..12 Le tecniche di ter mospr uzzatur a ……………………………………… 15 2.1 Combustion Spr ay …………………………………………… 15 2.2 Plasma spr ay …………………………………………………. 18 2.3 Electr ic wir e­Ar c ……………………………………………... 21 La tecnologia PTA ……………………………………………………… 24 3.1 Analisi del pr ocesso …………………………………………... 24 3.2 Il legame metallico …………………………………………… 26 3.3 Le car atter istiche di deposizione del pr ocesso PTA ……….. 27 3.4 Il mater iale di appor to: le polver i …………………………... 30 3.5 La scelta dei mater iali ……………………………………….. 35 3.6 I campi di impiego …………………………………………… 39 3.7 Un esempio di impiego: applicazioni di utensili saldati con tecnica PTA dur ante la r ealizzazione di tubi per la laminazione a caldo …………………………………………... 40 3.8 Confr onto con altr i pr ocessi di saldatur a e analisi dei Costi del pr ocesso PTA ………………………………………..49 Bibliogr afia ………………………………………………………………………... 66 Ringr aziamenti……………………………………………………………………...67
Intr oduzione Da sempre lo sviluppo delle scienze dell’ingegneria e dell’innovazione nel campo delle tecnologie sono fortemente correlati con il processo industriale. Scopo di tale sinergia è garantire la possibilità di un diretto inserimento nei cicli di processo, migliorando così qualità e capacità produttive. Allo stato attuale, l’adozione a livello industriale e siderurgico di riporti termici ­ nonché di nuovi metodi di saldatura ­ è in grado di fornire all’azienda una forte competitività, permettendo in tal modo una riduzione dei costi di manutenzione mediante il prolungamento della durata in servizio dei particolari riportati abbinati al minor numero degli interventi manutentivi e alle conseguenti perdite per fermi di produzione a volte non previsti . E’ quindi possibile integrare e migliorare le caratteristiche intrinseche del substrato (resistenza a fatica, migliore lavorabilità, basso costo), con quelle proprie del materiale di cui il rivestimento è composto (durezza, proprietà termiche). Le tecniche per la realizzazione di rivestimenti protettivi generici sono diverse, ed alcune ampiamente utilizzate da diverse decine di anni, in particolare la termospruzzatura. I processi di deposizione termica consentono di realizzare rivestimenti ad alta densità tramite l’uso combinato di velocità e temperatura. Elevate velocità di volo e temperature adeguate sono gli obiettivi da perseguire per garantire la sopravvivenza delle polveri nel flusso e la realizzazione di rivestimenti di alta qualità. Quello della termospruzzatura è una tecnologia che si esegue per ottimizzare il funzionamento e l’affidabilità di componenti meccanici quando i tradizionali trattamenti termici si dimostrino inadeguati. Uno dei primi utilizzi è stato il ripristino delle dimensioni di organi meccanici usurati, senza generare deformazioni e variazioni nella struttura del materiale di base. E’ stato spesso notato che materiali vecchi a cui è stato applicato un rivestimento si sono comportati meglio dei componenti nuovi. In tale contesto di realizzazione dei rivestimenti, ha trovato notevole applicazione il processo P.T.A., acronimo di Plasma Arc Trasferred, un procedimento di saldatura per fusione idoneo a rivestire, con superleghe metalliche in polvere, organi meccanici soggetti ad usura e/o corrosione. Tale tecnologia trova ormai applicazione in segmenti di mercato ben definiti, quali valvole per automobili, stampi ed accessori per vetreria, cilindri oleodinamici, utensili da taglio per la lavorazione di carta, legno, plastica o metalli, matrici per fucinatura, anelli di usura di pompe, rivestimenti interni di tubi, rulli e cilindri per processi di laminazione, viti di estrusione per materie plastiche, coclee di trasporto in genere.
4 Cap. 1 I Rivestimenti Tutti i processi di termospruzzatura si basano su un comune meccanismo di formazione dei rivestimenti che prevede l’impiego di una sorgente termica per ottenere la fusione delle materie prime da depositare; queste ultime vengono proiettate in forma di particelle liquide verso il substrato da rivestire dove solidificano rapidamente dando luogo a strutture lamellari interconnesse. Al momento dell’impatto ciascuna particella dà origine ad uno splat, ovvero si appiattisce assumendo una morfologia discoidale per via del flusso di materia allo stato liquido sul materiale sottostante, sia esso il substrato o altre lamelle già solidificate. La sovrapposizione delle lamelle dà quindi luogo alla formazione del rivestimento. La velocità di raffreddamento, anche se può variare sensibilmente a seconda della temperatura del substrato, è dell’ordine dei 100 K/s: le strutture che si formano sono generalmente cristalline caratterizzate da grani molto fini (1 μm) e privi di segregazioni, ma è anche possibile il conseguimento di strutture amorfe. Fig. 1.1 For mazione di un rivestimento
5 Non è semplice ottenere un grado di fusione completo delle particelle perché, oltre alle caratteristiche della sorgente termica, si deve tener conto anche delle proprietà chimico­fisiche delle materie prime impiegate, oltre che della loro morfologia. I processi di termospruzzatura impiegano prevalentemente polveri ed i limiti imposti alle loro dimensioni derivano soprattutto dalla necessità di prevederne il comportamento una volta immesse nel getto caldo: solo uno stretto controllo granulometrico permette alle polveri di seguire traiettorie uniformi nel volo verso il substrato ed allo stesso tempo di fondere in modo ottimale. A parità di altre condizioni, la quantità di calore scambiata dalle particelle dipende dallo sviluppo superficiale ( proporz. d2 dove d è un parametro rappresentativo della loro dimensione) mentre quella necessaria a completare la fusione è legata alla massa ( proporz. d3 ma dipendente anche dalla densità) e dalla capacità termica: esistono quindi limiti dimensionali precisi al di fuori dei quali le particelle non fondono affatto o evaporano completamente. Nel caso delle polveri ceramiche, che non hanno una buona conducibilità interna di calore, molto spesso accade invece che esse impattino contro il substrato conservando un nucleo non fuso, mentre la superficie è gia andata incontro a parziale evaporazione. La Fig. 1 mostra lo schema della formazione di un rivestimento e si nota che oltre alle lamelle sovrapposte sono presenti delle porosità, particelle non fuse ed inclusioni di ossidi, tipiche difettosità di questo genere di rivestimenti. 1.1 La por osità Una delle caratteristiche più importanti per un rivestimento è rappresentata dal suo grado di porosità in quanto ne influenza molte proprietà, fra cui quelle elettriche e la resistenza alla corrosione e all’erosione. Una elevata porosità può ridurre notevolmente il ciclo di vita di un riporto o addirittura pregiudicarne l’impiego. Soltanto in pochissimi casi essa è desiderata, ad esempio nelle barriere termiche per l’aumento della capacità isolante e per i minori stress sopportati durante i cicli termici dai rivestimenti a causa della diminuzione del modulo di Young; la porosità, inoltre, induce dei benefici in alcune applicazioni anti­usura perché i lubrificanti riescono ad impregnare il rivestimento. Tuttavia si deve tener presente che la porosità è strettamente legata alla coesione della struttura, per cui i benefici precedentemente citati possono essere conseguiti solo accettando dei compromessi sulle proprietà meccaniche del rivestimento (ad es. il modulo elastico). La porosità dei rivestimenti dipende da numerosi fattori, fra i quali le caratteristiche delle polveri, il grado di fusione delle particelle al momento dell’impatto, la morfologia degli splats, l’ossidazione in fase di volo e l’angolo di incidenza del getto. La morfologia delle polveri è un fattore importante
6 poiché i rivestimenti ottenuti a partire da grani di forma irregolare, quali quelli ottenuti per sinterizzazione o fusione e successiva macinazione, sono maggiormente porosi di quelli realizzati a partire da polveri sferiche. Particelle non fuse o che abbiano nuovamente solidificato in volo possono rimbalzare contro il substrato o rimanere intrappolate fra gli splats, ai quali aderiscono male, provocando quindi con la loro presenza un aumento della porosità del rivestimento ed una sua minore coesione. Gli stessi effetti sono indotti dall’impatto di particelle non completamente fuse, che solidificano formando splats irregolari che non si sovrappongono in modo uniforme agli altri. 1.2 Adesione e coesione Due proprietà fondamentali nella caratterizzazione dei rivestimenti sono l’adesione ­ intesa come il legame tra il substrato e il rivestimento ­ e la coesione, definita come è il legame interlamellare che si sviluppa tra gli splats . In entrambe interviene la bagnabilità relativa dei materiali. La bagnabilità diventa fondamentale per l’ottenimento di rivestimenti adesi e privi di tensioni residue, poiché un buon contatto fra il materiale di riporto e il substrato è decisivo sia nel processo di scambio termico che avviene durante la deposizione, sia nell’esercizio successivo del materiale. La scarsa bagnabilità è un fatto di cui si deve tener conto, ad esempio, quando si depositano polveri ceramiche su substrati metallici, ed è per questo che per migliorarla normalmente si fa ricorso alla sabbiatura del substrato che permette di ottenere una rugosità superficiale di 4­5 μm; nel caso di materiali metallici, inoltre, si perviene ad una “attivazione” della superficie attraverso la rimozione dello strato esterno di ossido. La pulizia del substrato è importante, ed è per questo che prima della sabbiatura spesso i substrati vengono puliti tramite ultrasuoni e l’impiego di prodotti sgrassanti. I valori teorici di adesione sono sempre superiori a quelli riscontrati nella realtà, poiché non tengono conto di fenomeni penalizzanti, come porosità, presenza di particelle non fuse, stress residui che sono inevitabili durante le deposizioni. Bisogna precisare che, nonostante le operazioni preliminari di irruvidimento della superficie, raramente si ottengono buone adesioni unicamente per via meccanica. E’ invece più corretto riconoscere come i tre tipi di legame siano sempre presenti contemporaneamente, ma di volta in volta uno di essi diventa prevalente sugli altri. 1.3 L’inter faccia substrato r ivestimento L’interfaccia tra il substrato e il rivestimento è riconducibile a tre modelli principali riportati in Fig.2. I parametri più importanti nella determinazione dell’interfaccia sono: la contaminazione, le interazioni chimiche, l’energia del flusso delle particelle e il comportamento delle particelle al momento dell’impatto.
7 Fig. 1.2 Str uttur e all' inter faccia Quando una goccia colpisce il substrato non si aggancia immediatamente, ma migra sulla superficie cedendole energia. Negli stadi iniziali della formazione del riporto, le prime particelle si concentrano in nuclei stabiliti, che per densità e dimensioni determinano l’adesione del riporto; generalmente, una buona adesione è associata ad una nucleazione frequente e di dimensioni piccole, dovuta ad una forte interazione fra gli atomi del substrato e delle particelle che limita la mobilità di questi ultimi. La temperatura di deposizione è un parametro importante per la determinazione della morfologia interfacciale. Se essa è bassa, è possibile l’adesione fra due monostrati di rivestimento e substrato, con cambiamenti compositivi che avvengono nell’arco di pochi angstrom: in questo modo difetti e stress residui sono confinati in un volume estremamente ridotto, ma l’adesione è spesso scarsa. L’alta temperatura favorisce invece la diffusione degli elementi e la formazione di legami chimici all’interfaccia, con conseguente generazione di un consistente strato intermedio di composizione variabile che assicura in genere una buona adesione; nel caso infatti di diffusività nettamente diverse, può insorgere una forte porosità responsabile del decadimento della resistenza interfacciale. 1.4 Stress residui Le tensioni (stress) che insorgono nei rivestimenti durante la loro realizzazione sono un problema fondamentale per il successivo utilizzo, tali stress possono raggiungere valori tali da provocare la rottura meccanica del rivestimento. Si possono verificare diverse tipologie di rottura: • Frattura per tensione: Fig. 1.3 Fr attur a dovuta ad uno stato di tensione residua
8 Può accadere quando il rivestimento possiede un coefficiente di espansione termica superiore a quello del substrato, durante il raffreddamento finale a temperatura ambiente il ritiro del rivestimento è superiore a quello del substrato ponendo in tensione il rivestimento e in compressione il materiale sottostante. Buckling Fig. 1.4 Fr attur a dovuta ad uno stato di compr essione r esidua Può avvenire nel caso in cui il rivestimento possiede un coefficiente di espansione termica minore del substrato. In questo caso è il substrato che nel ritiro finale pone in compressione il rivestimento e se l’adesione tra di due materiali non è perfetta si può arrivare a questo tipo di rottura. Debonding Fig. 1.5 Rottur a dovuta al taglio Questo tipo di rottura è tipico dei bordi, nel caso del rivestimento delle piastre il taglio è massimo ai bordi mentre lo sforzo normale è massimo al centro come mostrato in Fig.6, proprio il taglio è responsabile di questa tipologia di rottura. Fig. 1.6 Stato pensionale di una piastr a con effetti di bor do
9 Fig. 1.7 Stor ia ter mica di una par ticella Le cause di stress sono molteplici e possono essere individuate seguendo la storia termica di una particella durante la sua deposizione. Nel caso in cui il rivestimento è ben eseguito, la particella arriva all’impatto con il substrato ad una temperatura superiore alla sua temperatura di fusione, subito dopo con un rapido raffreddamento (che avviene in ~10­5 secondi), si porta ad una temperatura comune con il substrato e a causa dei successivi passaggi della torcia subisce conseguenti riscaldamenti che diventano di intensità minore a causa dell’aumento dello spessore del rivestimento; quindi, terminato il processo di deposizione, inizia il raffreddamento finale a temperatura ambiente. In Fig.7 sono stati evidenziati i tre intervalli temporali in cui è possibile suddividere la storia termica di una particella e in cui possono essere individuate le origini delle differenti tipologie di tensioni residue. Nel primo intervallo, tra t0 e t1, si sviluppano principalmente due tipi di stress, se la particella arriva a contatto con il substrato ad una temperatura inferiore a quella di fusione ma in un stato ‘rammollito’, a causa dell’appiattimento della particella si possono generare tensioni dovute ad una forte deformazione plastica che può arrivare allo snervamento. Il rapido raffreddamento che si sviluppa negli istanti di tempo successivi all’impatto è causa del ritiro del materiale della goccia che però è vincolato dal materiale sottostante, questo provoca delle tensioni dette di deposizione (quenching stress).
10 Fissato un punto della superficie del substrato, tra t1 e t2, viene depositato uno strato di rivestimento, prima che questo raggiunga una temperatura uniforme con il materiale sottostante si generano tensioni dovute a salti termici differenziati. Il rivestimento tende a raffreddarsi e il materiale del substrato più vicino all’interfaccia tende ad una temperatura superiore a quella iniziale del substrato (Ts), questi differenti salti termici provocano la dilatazione di un piccolo spessore di substrato e la contrazione dello strato appena depositato che portano quindi a dilatazioni termiche differenziate. Inoltre in questo intervallo di tempo, in alcuni casi, possono insorgere tensioni dovute a cambiamenti di fase. Nello stesso intervallo di tempo i successivi picchi di temperatura causati dalla deposizione dei successivi strati possono essere paragonati ad un trattamento termico per gli strati già depositati, e in alcuni casi le tensioni possono subire una diminuzione tramite un meccanismo di rilassamento simile a quello che avviene durante una ricottura del materiale. Infine durante il raffreddamento finale, se il materiale depositato e il substrato sono diversi, si presentano stress a causa del differente coefficiente di dilatazione termica, supponendo che il substrato e il rivestimento abbiano raggiunto una temperatura comune (Ts) alla fine della deposizione degli strati di rivestimento, si produce una deformazione pari a : dove con s viene indicato il substrato e con r il rivestimento. Bisogna notare che è assolutamente necessario utilizzare coefficienti di dilatazione termica dipendenti dalla temperatura se non si vuole incorrere in errori numerici rilevanti. Esistono anche altre sorgenti di tensione come i gradienti termici o effetti non elastici come il flusso plastico, il gradiente termico in particolare produce una tensione residua solo se è di tipo non lineare o se è presente una discontinuità in termini di espansione termica, ma comunque producono valori di stress trascurabili se confrontati con le due principali sorgenti di tensione che sono la deposizione e la differente contrazione termica.
11 1.5 Stress di deposizione La solidificazione e il conseguente raffreddamento di una singola particella (splat) possono essere trattati come eventi indipendenti nella formazione di un rivestimento. L’origine del quenching stress risiede nella contrazione del singolo splat ostacolata dal materiale sottostante che avviene durante il passaggio dalla temperatura di impatto alla temperatura raggiunta dall’interfaccia. Generalmente la particella al momento dell’impatto possiede una velocità compresa tra i 250 e i 400 m/s, una temperatura tra 1000 e 3000 °C, e un diametro tra i 10 e i 60 μm. Subito dopo l’impatto in un tempo di circa 0.01 ms avviene l’appiattimento della particella che si trasforma in un disco, che in pochissimi istanti di tempo (10­5 s) raffredda fino a raggiungere una temperatura di equilibrio con il materiale immediatamente sottostante, è proprio durante questo raffreddamento che nascono le tensioni di deposizione. Fig.1.8 Schema nascita quenching str ess Il quenching stress diventa indipendente dal materiale del substrato e da un suo eventuale trattamento superficiale (sabbiatura) non appena il rivestimento supera i 10 μm di spessore, questo permette di supporre che alla base del fenomeno ci siano solo le caratteristiche del materiale in deposizione. Se si provasse a calcolare lo stress di deposizione con la semplice formula qui di seguito riportata: Tm = temperatura di fusione del materiale di rivestimento Te = temperatura di equilibrio tra lo splat e il materiale sottostante
12 si calcolerebbero dei valori superiori a 109 Pa, mentre le misure effettuate concordano tutte nell'affermare che il valore non supera il valore dei 100­200 MPa, questo è dovuto ad un meccanismo di rilassamento delle tensioni. Supponiamo che il legame tra lo splat ed il materiale sottostante sia perfetto e che il salto termico sia tale da sviluppare una tensione superiore a quella di snervamento del materiale in deposizione. Questo causa lo sviluppo di un flusso plastico in un sottile film di materiale fortemente unito al substrato. Tuttavia ci sono numerosi meccanismi di rilassamento delle tensioni con cui si possono ridurre le tensioni nel singolo splat al di sotto del valore di snervamento (Fig. 9). Fig. 1.9 Possibili meccanismi di r ilassamento degli str ess La questione chiave è di quanto questi processi di rilassamento riescono a ridurre le tensioni.
13 Se il materiale è fragile le tensioni possono essere ridotte significativamente da microfratture, se è un metallo sarà soggetto a creep, ma esistono notevoli differenze tra i metalli soggetti a tale fenomeno. Un ulteriore fattore di incertezza nel calcolo delle tensioni di deposizione è il modulo di Young, la porosità presente in un materiale spruzzato fa si che il modulo risulti notevolmente inferiore a quello dello stesso materiale massivo. Se non si può misurare si può assumere che il modulo sia pari ad un terzo del valore massivo.
14 Cap. 2 Le tecniche di ter mospr uzzatura Le tecniche fino ad ora sviluppate per la termodeposizione possono essere racchiuse in tre categorie: • Combustion Spraying; • Plasma spraying; • Electric Wire­Arc. Fig. 2.1 Caratter istiche dei pr ocessi di ter mospr uzzatur a Ciascuna di esse differisce dall’altra per il diverso modo di somministrare energia termica alle particelle, il che consente, da un lato, di diversificare la distribuzione granulometrica delle polveri impiegate, dall’altro di conferire loro diverse velocità e temperature, contribuendo ad elevare la versatilità della tecnica. 2.1 Combustion Spr ay Per generare i gas caldi per fondere le polveri si sfrutta la reazione di un combustibile con un ossidante. Le temperature massime raggiungibili dalla combustione sono un ordine di grandezza più piccole di quelle tipiche di un processo di plasma spraying; a limitarle è la temperatura adiabatica di fiamma, fissa per ogni combinazione di reagenti ad una certa pressione. Ad esempio per una miscela di idrogeno e ossigeno a 10 atm, per un rapporto di miscela molto prossimo allo stechiometrico, la temperatura di combustione è intorno a 3500°C.
15 Nel confronto col plasma spraying tuttavia c’è un guadagno in termini di velocità a cui si accelerano le particelle, con regimi ampiamente al di sopra di Mach 1: c’è ancora la possibilità di ottenere rivestimenti ad alta densità. L’evoluzione del processo di combustion spraying ha portato allo sviluppo di più tecniche di deposizione con diverse configurazioni per la torcia e diverse caratteristiche per i rivestimenti ottenuti: • Flame Spray • Detonation Gun (D­Gun™) • HVOF (High Velocity Oxy­Fuel) Flame Spray – Sfrutta la combustione di gas reagenti, principalmente acetilene con ossigeno, per generare il flusso ad alta temperatura, anche fino a 2200 °C circa. Le particelle sono immesse nella corrente esternamente. A volte il getto caldo può essere circondato da un getto d’aria che confinando la fiamma in una zona più ristretta aumenta l’intensità di combustione (shrouded jet). Questa può inoltre essere controllata modificando l’eccesso d’aria. Le velocità del getto arrivano fino a circa 100 m/s, mentre le polveri possono essere trasportate fino a valori dell’ordine di 80 m/s. Anziché immettere direttamente polveri, le particelle da depositare possono formarsi a partire da fili o sbarre del materiale opportuno, introdotte nella fiamma. Fig. 2.2 Schema gener ale di un Flame Spr ay I materiali generalmente depositati sono quelli che non hanno una alta temperatura di fusione: è infatti un processo che si adatta molto bene alla spruzzatura di polimeri, alluminio, zinco. Nel caso di shrouded jet si possono depositare anche acciai, molibdeno e in qualche caso ossidi. La densità dei rivestimenti varia dall’85 al 95%. Nel caso dei polimeri, PVC in particolare, si osservano alte densità dei depositi ed una alta adesione del rivestimento col substrato.
16 Detonation Gun (D­Gun™) – Si creano getti con maggiore energia cinetica e termica confinando la fiamma in un tubo o ugello in cui vengono immesse le polveri. Non solo si raggiungono temperature maggiori per le particelle, ma anche la loro accelerazione è superiore. La particolarità della combustione è che sfrutta una candela d’accensione per accendere la miscela che quindi non brucia in maniera continua: questo genera un fronte di fiamma detonante estremamente efficace nell’accelerare le particelle. Fig. 2.3 Schema gener ale di un D­Gun I cicli di combustione sono circa 100 al minuto con velocità delle particelle che arrivano a circa 800 m/s migliorando l’adesione rivestimento–substrato rispetto al flame spray; questo aspetto è favorito anche da una migliore fusione delle particelle attraverso un innalzamento del tempo di residenza, le temperature massime raggiunte sono dell’ordine di 4500 K. Il minore contenuto di ossidi nel rivestimento è imputabile invece al fatto che il tubo in cui avviene la fusione delle polveri le scherma dall’ambiente esterno. High velocity oxigen fuel (HVOF) – La combustione avviene all’interno della torcia, ma l’alimentazione di ossigeno miscelato a propilene, idrogeno, propano oppure a cherosene è continua. Il condotto della miscela è di tipo convergente divergente (Fig. 2.4). Fig. 2.4 Schema gener ale dell’HVOF
17 Le polveri sono introdotte assialmente nella regione di bassa pressione dell’ugello dove vengono a contatto con il gas caldo. La velocità di uscita del gas è compresa fra Mach1 e Mach 2 che corrispondono nelle condizioni di temperatura e pressione della spruzzatura a circa 1000 m/s. Data l’alta velocità delle particelle si ottengono rivestimenti molto densi ed aderenti. Tipici rivestimenti sono: cermet per applicazioni antiusura (in particolare carburi di tungsteno e matrici metalliche) superleghe ( tipo In600, NiCrFeBSi ), leghe metalliche per applicazioni antiusura (Ni NiAl, ecc). 2.2 Plasma spr ay Le tecnologie di plasma spray utilizzano il Plasma come sorgente di calore per fondere ed accelerare le particelle. Lo stato di plasma è generato mediante un arco elettrico stabilito all’interno di una torcia. I gas plasmogeni sono generalmente argon, idrogeno, azoto, elio o una miscela di questi. I gas biatomici hanno una maggiore entalpia dovuta al doppio processo di dissociazione (da molecola ad atomo e da atomo a ione). Il gas fluisce nel condotto anulare in cui scocca l’arco ad alta frequenza fra gli elettrodi, l’arco si propaga all’interno del getto di gas fuoriuscendo dall’ugello sotto forma di fiamma. (Fig. 2.5). Fig. 2.5 Schema gener ale del Plasma Spr ay Nel plasma si raggiungono temperature fra 10000 e 15000 o C ed è quindi previsto un sistema di raffreddamento ad acqua forzata per prevenire riscaldamenti eccessivi. Le polveri sono iniettate mediante un gas vettore e la loro portata e la distanza dal punto di immissione nella fiamma influenzano la temperatura e la velocità delle particelle. Velocità che a pressione ambiente è dell’ordine di 120­350 m/s e che a bassa pressione arriva a 400­550 m/s. Per quanto riguarda i parametri caratteristici del processo Plasma Spray: ­ Le dimensioni delle polveri devono essere ottimizzate per il rivestimento desiderato. Si usano distribuzioni granulometriche aventi diametri dai 5 ai 45 μm o dai 30 agli 80 μm. Polveri fini producono rivestimenti più densi aventi una minore rugosità in superficie.
18 ­ La forma delle particelle deve essere tale da massimizzare lo scambio di calore. ­ La forma più adeguata, in virtù dell’elevato rapporto superficie/volume, è quella sferica anche perché irregolarità della forma possono provocare problemi di agglomerazione o cattivo scorrimento negli alimentatori e compromettere l’uniformità del rivestimento. ­ La distanza fra ugello e substrato deve essere valutata in base al tipo di polvere da depositare. Brevi distanze consentono di avere un elevata densità ed aumentano la resistenza del legame, ma se sono troppo basse, possono indurre temperature troppo alte sul substrato e provocare la formazione di rivestimenti con elevate percentuali di particelle non fuse. ­ L’angolo di deposizione deve essere più vicino possibile a 90 o e non inferiore a 60 o per evitare fenomeni di ombreggiatura che generano un aumento della porosità del rivestimento. ­ La portata delle polveri consente, mantenendo costante la potenza, di modificare il grado di fusione delle particelle, la forza di legame, l’efficienza di deposizione, i livelli di porosità ed inclusioni di ossidi. ­ La velocità relativa tra torcia e substrato deve essere tale da garantire, ad ogni passata, uno strato di spessore consistente (10­30 μm) ed evitare il successivo surriscaldamento del substrato. ­ La temperatura del substrato non deve essere troppo bassa per evitare che il raffreddamento delle particelle sia troppo rapido, ne troppo alta per evitare successivi stress termici all’interno del rivestimento e sull’interfaccia. Le principali varianti del Plasma Spray sono: Air Plasma Spray (APS) – Questa tecnologia consente di lavorare in aria a pressione atmosferica. La lunghezza della fiamma è di pochi centimetri a causa dell’azione frenante dell’aria sulle particelle del plasma. La distanza fra torcia e substrato durante la deposizione varia dai 12 ai 16 cm. Le polveri utilizzate hanno una granulometria elevata (40­90 μm), mentre i rivestimenti ottenuti hanno una porosità residua intorno al 5% per via della bassa velocità delle particelle. Il livello di inclusione di ossidi è generalmente elevato a causa dell’atmosfera di lavoro. La temperatura di deposizione non supera i 350 o C per cui l’adesione con la superficie del substrato, resa rugosa con processi di sabbiatura, avviene prevalentemente per aggancio meccanico.
19 Vacuum Plasma Spray (VPS) – La deposizione avviene a pressioni comprese tra i 100 e i 400 mbar che consentono di allungare la fiamma della torcia con conseguente incremento di tempo di permanenza delle particelle nel getto di plasma. L’assenza di atmosfera favorisce il surriscaldamento del substrato (600­ 900 o C) e il sorgere di fenomeni diffusivi. L’adesione, dunque, è prevalentemente di tipo metallurgico. I rivestimenti VPS sono molto densi, pressoché privi di porosità e di inclusioni di ossidi e si possono avere spessori variabili tra 100 μm e 1 mm. Inert Plasma Spray (IPS) – All’interno della camera di deposizione si inserisce un atmosfera di gas inerte (argon o elio) per limitare la produzione di ossidi e di altri composti indesiderati quando si depositano metalli altamente reattivi (Cr, W, Mo, Ti). L’argon, inoltre, raffredda il getto di plasma meno dell’aria e lo mantiene caldo più a lungo, aumentando così il tempo di permanenza delle particelle in un getto caldo. Reactive Plasma Spray (RPS) – Con questo metodo si possono depositare rivestimenti di composti ottenuti dalla reazione del materiale spruzzato con i gas reattivi in camera di deposizione. In tal modo è possibile ottenere rivestimenti con materiali ceramici (TiN, CrN ecc) altrimenti possibili solo attraverso l’impiego della sinterizzazione o di deposizione di fase vapore. High Pressure Plasma Spray (HHPS) – Consente di operare con pressioni fino a 4 bar per favorire la fusione di particelle di grandi dimensioni (>100 μm) a causa del maggior scambio termico dovuto all’aumento della pressione. Fra le metodologie sopra elencate non compare un’ultima tecnica di spruzzatura al plasma: l’ UPS (Underwater Plasma Spray). È un metodo questo, che consente di controllare l’ambiente di deposizione, col vantaggio notevole di abbassare la rumorosità degli impianti tradizionali e di limitare drasticamente la dispersione delle polveri nell’ambiente. Sebbene l’impianto preveda una spruzzatura “sott’acqua”, in realtà la fiamma è inglobata in una “bolla” di gas inerte che la separa dal liquido: altro vantaggio che ne deriva è quello di ottenere rivestimenti con bassa concentrazione di ossidi, con caratteristiche simili a quelle proprie di impianti quali l’IPS o il VPS. Una peculiarità di questa tecnica è la particolare distanza di deposizione che non supera generalmente i 3 cm, il che comporta tempi di residenza bassi. In molti casi si verifica una fusione tra substrato e rivestimento che favorisce l’adesione tra i due. I metodi fin qui esposti hanno tutti la caratteristica comune di sfruttare un arco elettrico come fonte di energia per il plasma. Un altro metodo per generare il plasma è attraverso le radiofrequenze: il metodo di deposizione corrispondente va sotto il nome di RFPS (Radio Frequency Plasma Spray).
20 Le frequenze vanno dai 400 kHz ai 4 MHz. Tale tecnica è piuttosto importante dato che permette di depositare numerosi tipi di materiali ottenendo densità ragguardevoli se confrontate con gli altri processi, giustificate dal fatto che sebbene le velocità raggiunte dalle particelle sono al più di 30 m/s, l’accelerazione progressiva è tale da garantire tempi di residenza ottimali e quindi una percentuale alta di particelle completamente fuse. Il difetto dell’ RF è che i costi di produzione piuttosto elevati non permettono la produzione su larga scala. 2.3 Electric Wir e­Ar c Con riferimento alla superficie del pezzo in lavorazione e alle modalità di collegamento del generatore di corrente d'arco con gli elettrodi, si possono distinguere le principali tecniche di deposizione che costituiscono questa categoria: • Electric Wire–Arc • PTA (Plasma Transferred Arc) Electric Wire­Arc ­ L’impianto consiste di due cavi conduttori con due loro estremità che, attraverso delle guide isolate, vengono tenute affacciate ad una distanza opportuna; le altre due opposte estremità vengono invece collegate ad un generatore di corrente continua: il circuito si chiude attraverso un arco elettrico che viene fatto scoccare tra le due punte separate. Fig. 2.6 Schema gener ale dell’Electric Wire­Arc La funzione dell’arco è quella di produrre all’istante le particelle fuse da far depositare abladendo i cavi; contemporaneamente dalla parte opposta al rivestimento, un gas ad alta pressione (generalmente aria compressa) fornisce la spinta necessaria all’accelerazione delle stesse. Dei rulli
21 permettono di muovere i fili conduttori mantenendone costante la distanza nel punto in cui si genera l’arco, così da ottenere un processo continuo di deposizione. Uno schema di funzionamento del genere ha evidenti vantaggi di efficienza termica, se confrontata con quella tipica del Combustion/Plasma Spray: l’assenza di gas ad alta temperatura necessari per scaldare fino a fusione le polveri, consente di contenere la dissipazione di energia termica verso l’esterno ed inoltre di tenere più bassa la temperatura del substrato: si può allora depositare anche su un polimero, una fibra di vetro o sul legno. Particolare attenzione va posta nel valutare la distanza elettrodi–substrato che è minore rispetto agli altri processi: il gas ad alta velocità che trasporta le particelle, essendo a più bassa temperatura, le raffredda velocemente col pericolo che sul substrato arrivino già solidificate. Un neo del processo è però rappresentato dall’instabilità dell’arco elettrico: il meccanismo che aziona i rulli, per quanto preciso possa essere, non riesce a mantenere sufficientemente costante la distanza delle punte che per di più possono abladersi in modo non perfettamente simmetrico. Tale fenomeno dà luogo ad una disomogeneità delle particelle fuse che in definitiva porta ad una porosità marcata del rivestimento. Per correggere questo difetto è possibile in alcuni casi ridurre lo spessore dei fili e contemporaneamente abbassare la corrente agendo sul generatore, quindi accelerare il flusso atomizzatore. Va inoltre considerato che i materiali spruzzabili sono esclusivamente quelli conduttori oltre che duttili: ad esempio alluminio, zinco e recentemente anche cermet. Per questi materiali i rendimenti di deposizione sono superiori a quelli ottenibili con gli altri processi di termospruzzatura. Plasma Transferred Arc (PTA) – Si basa sempre sull’uso di un generatore di corrente continua per far scoccare un arco elettrico tra due elettrodi. La peculiarità sta nel fatto che uno di essi è costituito dal substrato stesso, come evidente in Fig. 2.7; l’altro è invece in tungsteno. Questo modo di operare è tipico del procedimento di saldatura passante (senza materiale di apporto) e di taglio al plasma. Tra gli elettrodi è immessa una miscela di gas, argon e idrogeno, che viene immediatamente trasformata in plasma ad altissima temperatura. Le polveri sono iniettate direttamente nella zona calda e dato che il plasma le fonde quasi all’istante, l’alta percentuale di particelle liquide riesce a mantenere nel rivestimento una porosità bassa con spessori elevati.
22 Fig. 2.7 Schema della tor cia PTA C’è da osservare che la corrente che passa attraverso il substrato­anodo scalda molto il pezzo da rivestire: da una parte ciò consente di pulire a fondo la superficie col vantaggio di aumentare l’adesione del riporto tanto da non richiedere in alcuni casi la sabbiatura del pezzo; dall’altra però rischia di pregiudicare le caratteristiche stesse del metallo.
23 Cap. 3 La tecnologia PTA 3.1 Analisi del pr ocesso Il processo di riporto di polveri metalliche, fuse e saldate con il Plasma ad Arco Trasferito (P.T.A.) è stato dimostrato ed introdotto nel 1961 dalla Society Union Carbide Corporation, in occasione della 42° Riunione annuale dell’ American Welding Society (A.W.S.), durante l’Esposizione Internazionale della saldatura. Il sistema ed il relativo impianto sono brevettati come numero USA 1.157.321 con il titolo “Procedimento e relativa apparecchiatura per il riporto di polveri metalliche,depositate e saldate con il plasma ad arco trasferito” . L’origine del nome della tecnologia risiede nell’utilizzo di un arco strozzato (vale a dire un arco trasferito avente una forma tipicamente cilindrica, con una divergenza di circa 6°), in modo da modificare la distribuzione dell’energia termica conferita al pezzo in lavorazione e nell’utilizzo di materiale d’apporto sotto forma di polveri, permettendo così di poter intervenire anche sulla intensità termica dell’arco trasferito. In questo modo non c’è più una forte dipendenza dalla forma della punta dell’elettrodo, come invece avviene nel processo GTAW, nel quale viene impiegato un arco aperto dalla forma tipicamente conica. Fig. 3.1 Schema di pr incipio del pr ocesso PTA (fonte Plasmateam)
24 E’ proprio la possibilità di poter disporre di un arco dalla forma sopra descritta a consentire al PTA una agevole introduzione delle polveri di riporto nella colonna plasma (arco pilota + arco trasferito), favorendo la sottrazione di energia termica al plasma e conseguentemente riscaldandosi notevolmente. In virtù di tale geometria, potendo disporre di una maggiore lunghezza dell’ arco strozzato, le polveri possono essere meglio immesse che non nella tecnica ad arco aperto e corto. I vantaggi sono una penetrazione poco profonda, ma molto estesa, che è in grado realizzare una vera e propria saldatura dei riporti (intesa come fusione di uno stato superficiale sottile ed esteso). La ridotta penetrazione dell'arco trasferito nel pezzo in lavorazione, a cui sono associati piccoli volumi del bagno di fusione, consente inoltre di minimizzare la diluizione del metallo base nel riporto, mantenendo un legame di tipo metallico tra deposito e pezzo. In effetti Nei riporti PTA si ottengono facilmente rapporti di diluizione (deposito monostrato) nel campo 3­10 %, contro i valori a partire da 10­15% riscontrati con il procedimento GTAW per diluizioni monostrato. Tutto il sistema si basa sull’utilizzo di due archi distinti: ­ Il primo, definito anche come arco pilota , viene mantenuto costantemente acceso, con la funzione primaria di creare il getto di plasma. Esso viene innescato da impulsi ad Alta Frequenza, e si stabilisce tra l'elettrodo di Tungsteno e l'ugello anodico in rame. ­ Il secondo, l’arco trasferito o principale, scocca invece tra elettrodo catodico e pezzo con funzione di anodo ed è proprio esso a regolare le caratteristiche energetiche della saldatura, ovvero il riscaldamento del pezzo e la conseguente diluizione del riporto. Una volta stabilito l’arco, viene immessa una lega di particelle metalliche ridotta in polvere che, a contatto con l'arco, sono rapidamente riscaldate e portate in uno stato di fusione semiplastico. Cadono quindi nel bagno di fusione dove vengono completamente fuse grazie a questo ulteriore apporto termico, formando un deposito omogeneo, che risulta quindi unito al pezzo in lavorazione da un legame metallurgico di saldatura mediante fusione. Ecco perché si può dire che la superficie risultante è legata metallurgicamente al metallo base. Altri elementi che sono alla base del processo sono tre tipi di gas inerti, ognuno dei quali svolge un preciso compito: 1) Gas Plasma (quasi sempre Argon), che viene immesso nella torcia in un canale che circonda l'elettrodo catodico. Nell'arco il gas si ionizza e assume le caratteristiche dello stato di plasma che fuoriesce dall'orifizio dell'ugello anodico sotto forma di getto.
25 2) Gas Vettore (sempre Argon), che ha lo scopo di trasportare la polvere metallica, contenuta nel dosatore, fino alla torcia dove viene distribuita uniformemente ed immessa nella colonna d'arco immediatamente sotto l'ugello anodico. 3) Gas di protezione (di solito Argon puro o in miscela con Idrogeno), che isola il bagno di fusione dalla contaminazione chimico­fisica dell'ambiente circostante. 3.2 Il legame metallico La tecnica di riporto PTA è un vero e proprio processo di saldatura e non un metodo di riporto con proiezione di polveri, in cui non è richiesta fusione col pezzo e l'aderenza che si realizza con lo stesso è caratterizzata da un legame di tipo meccanico. Mentre infatti quest’ultimo è tipico dell' aderenza di un deposito ottenuto per proiezione termica, ed è attribuibile ad un meccanismo di bloccaggio meccanico delle singole particelle di polvere, prestandosi a resistere prevalentemente solo ad un’usura di tipo abrasivo, nel riporto saldato con arco trasferito, il riporto è unito al metallo base da un legame di tipo metallico. Infatti il materiale base e le polveri di apporto si mescolano assieme formando il bagno di fusione, che a raffreddamento ultimato costituisce il cordone di riporto, o deposito. Fig. 3.2 Legame di tipo metallico Fig. 3.3 Legame di tipo meccanico La parte del materiale base che raggiunge la sua temperatura di liquidus prende il nome di Zona Fusa (Z.F.); quella che non è stata fusa, ma le cui caratteristiche meccaniche o microstrutturali sono state alterate dal processo di saldatura si chiama Zona Termicamente Alterata (Z.T.A.).
26 3.3 Le car atter istiche di deposizione del processo PTA La proporzione con cui il materiale base e quello di apporto si miscelano per costituire il deposito saldato viene definita rapporto di diluizione o più brevemente diluizione (Fig. 3.4). Fig. 3.4 Diluizione deposito PTA Sia B il peso del metallo base fuso durante il processo di riporto ed A il peso del materiale di apporto saldato (polveri); entrambe le quantità in peso sono riferite ad una superficie ottenuta con una sezione trasversale del deposito. Poichè il peso totale della zona interessata dal processo di fusione e di successiva solidificazione è espresso da (A+B), il rapporto di diluizione tra le polveri saldate (deposito PTA) e il metallo base può essere espresso in percentuale da : La diluizione non è solo un rapporto geometrico tra le superfici, ma è anche un indicatore fondamentale della qualità del riporto. Il riporto con polveri manifesta diluizioni quando il materiale di apporto nel deposito (si parlerà in questo caso di stato as­welded, vale a dire la condizione della polvere al termine della saldatura) presenta una composizione chimica diversa da quella della polvere da cui proviene (in questo primo caso si parla allora di stato as—cast, vale a dire lo stato del materiale di apporto quando esce dal crogiolo di colata al termine del procedimento di fabbricazione, ma prima della riduzione in polvere). Lo strato riportato presenta una composizione chimica che è in qualche modo inquinata da elementi estranei (principalmente il tenore di Ferro) provenienti dal materiale base per effetto del processo di saldatura. Il materiale di apporto, scelto in
27 funzione delle sue proprietà specifiche di resistenza all'usura, deve essere depositato sul metallo base col valore minimo del rapporto di diluizione allo scopo di conservarne le originarie pregiate caratteristiche. La tecnologia PTA consente di depositare il materiale duro in polvere realizzando un cordone monostrato caratterizzato da diluizione minima, come risulta dalla Tabella 1 e dall'analisi del tenore di Ferro contenuto in un deposito PTA realizzato su valvole automobilistiche. P ROCEDI MENTO DI RI P ORTO P ER SALDA TURA DI LUI ZI ONE M I N ­M A X DEP OSI TO M ON OSTRATO (%) Brasatura 0 Riporto Ossiacetilenico 1 ­ 5 Riporto Laser 1 ­ 6 Riporto P TA 2 ­ 10 Riporto GTA W (Tig) 10 ­ 20 Riporto Elettroscoria 15 ­ 25 Riporto GM A W (M ig) 15 ­ 25 Riporto A rco con Elettrodo 15 ­ 30 Riporto A rco Sommerso 30 ­ 60 Riporto a Resistenza 90 ­ 99 Tab.1 Valor i minimo­massimo di diluizione di deposito monostr ato di leghe dur e antiusur a La penetrazione è invece la profondità alla quale giunge la zona fusa, misurata sulla linea mediana di una sezione trasversale del deposito. Naturalmente essa è funzione lineare dello spessore del riporto e varia con il rapporto di diluizione, per cui per avere una penetrazione contenuta, con valori accettabili del grado di diluizione, occorre agire sullo spessore del riporto. Appare evidente che uno dei parametri di maggior rilievo nel processo PTA sia caratterizzato dalle polveri adottate per effettuare la saldatura. Sono infatti quest’ ultime che, trasportate nel corpo della torcia dal razzo vettore, a contatto con l’arco vengono rapidamente riscaldate e portate in uno stato di fusione semiplastico, formando un deposito omogeneo, unito al pezzo in lavorazione da un legame metallico di saldatura. Solitamente, la scelta delle polveri metalliche va fatta in funzione della composizione chimica caratterizzante le particolari proprietà antiusura del riporto. Infatti alla complessità e varietà del tipo di usura deve corrispondere un insieme particolarmente studiato delle proprietà della lega di riporto in polvere. Per ottenere una fusione completa, omogenea ed uniforme delle polveri, ogni particella o grano metallico deve avere la stessa composizione chimica della lega che è stata studiata in laboratorio per prevenire e/o limitare in modo efficace un particolare tipo di usura.
28 Caratteristica comune ai vari tipi di polveri metalliche è la loro resistenza all'usura; questa proprietà particolare si basa sull'azione reciproca che la fase dei costituenti duri esercita sulla fase della matrice ospitante, in genere tenace. I costituenti duri possono essere formati dagli ingredienti che entrano nella composizione della matrice (ad esempio i Carburi di Cromo in una lega ad alto tenore di Cromo), oppure essere del tutto diversi dalla matrice stessa (ad esempio i Carburi di Tungsteno in una matrice di Nichel), oppure possono formare anche durante il raffreddamento, senza alcun processo di formazione preliminare in lega, grazie ad una separazione in sede di superamento dei limiti di solubilità (ad esempio nelle leghe di Rame). E' quindi evidente da questi esempi che anche il procedimento di saldatura in sé esercita una notevole influenza sulla formazione delle leghe e con ciò sulle caratteristiche di impiego dopo il riporto. Altro parametro importante del processo è caratterizzato dalla penetrazione, intesa come la profondità a cui giunge la zona fusa, misurata sulla linea mediana di una linea trasversale del deposito. Ovviamente, la penetrazione è funzione lineare dello spessore del riporto, e varia con il rapporto di diluizione secondo il rapporto diagrammato in fig. 3.5: Fig. 3.5 Penetr azione del r ipor to Appare quindi evidente come, per ottenere una penetrazione contenuta, con valori accettabili del grado di diluizione, sia necessario intervenire sullo spessore del deposito.
29 3.4 Il mater iale di appor to: le polver i Come più volte evidenziato, il processo PTA è un procedimento di saldatura ad arco elettrico che utilizza come materiale di apporto una lega metallica antiusura ridotta allo stato di polvere (fig 3.6). Fig. 3.6 Immisione delle polver i (fonte Plasmateam) La polvere, immagazzinata nell’apposito dosatore, viene immessa nel corpo torcia tramite un gas vettore, e quindi trasportata nella colonna d’arco plasma immediatamente sotto l’ugello di strozzamento dell’arco. Le particelle metalliche micropolverizzate, una volta a contatto con l’arco, vengono rapidamente riscaldate e portate ad uno stato di fusione semiplastico. Cadono quindi nel bagno di fusione dove vengono completamente fuse grazie a questo ulteriore apporto termico, formando così un deposito omogeneo, unito al pezzo in lavorazione da un legame metallurgico di saldatura mediante fusione. L’apporto termico alle polveri in questa fase dipende essenzialmente da: 1) tempo di soggiorno delle particelle nella colonna plasma, dipendente dalla portata volumetrica del gas vettore; 2) velocità delle particelle, dipendente dalla granulometria, dalla morfologia del grano, e dalla portata volumetrica del gas vettore; 3) zona di focalizzazione delle polveri sotto l’ugello di strozzamento, dipendente dall’inclinazione del condotto conico di distribuzione.
30 Al fine di ottenere risultati di qualità soddisfacente, il materiale di apporto (lega metallica in polvere a base Nichel, Cobalto o Ferro) deve avere un punto di fusione inferiore a quello del metallo base ( T liquidus polveri inferiore a T liquidus materiale base), contrariamente a quanto avviene nei procedimenti di riporto con proiezione di polveri. Questo tipo di alimentazione è normalmente usato nella tecnica PTA e assicura depositi a minima diluizione (diluizione controllata) grazie al riscaldamento preliminare delle polveri durante il loro soggiorno nella colonna plasma. La presenza e l'entità di questo apporto termico alle polveri consentono di ottenere ridotti volumi del bagno di fusione, minima penetrazione, e quindi minima diluizione. Esistono anche in commercio torce PTA che utilizzano una adduzione supplementare e separata per l'inserimento di polveri di Carburi di Tungsteno nel bagno di fusione, insieme ad una matrice di supporto in lega a base Cobalto, Nichel o Ferro. Ovviamente anche le polveri devono rispondere a precisi requisiti di sistema, in particolare: 1) densità apparente; 2) distribuzione granulometrica; 3) scorrevolezza e stato di ossidazione superficiale. La densità apparente è data dal rapporto tra il peso della polvere e lo spazio apparente da essa occupato, e si esprime in g/cm 3 . essa dipende dalle frazioni granulometriche presenti nella polvere, dalla sua morfologia e dal processo di atomizzazione usato. Fig. 3.7 densità apparente delle polver i
31 La distribuzione granulometrica si determina setacciando selettivamente 100 g di polvere mediante l'impiego di setacci unificati; si esprime in base ai pesi, uguali alle percentuali, delle varie frazioni granulometriche presenti. Le dimensioni delle particelle di polvere sono distribuite in modo gaussiano attorno ad un valore medio, come ad esempio illustrato in Fig. 3.8. Fig. 3.8 Distr ibuzione di frequenza delle polver i La scorrevolezza di una polvere rappresenta invece l’attitudine a riempire cavità di piccole dimensioni. Essa viene determinata misurando il tempo che impiega un dato volume di polvere (solitamente 50 g) a fluire attraverso l’ orifizio calibrato di un contenitore conico (detto volumometro di Hall). La sua unità di misura è s/50 g . Solitamente, l’indice di scorrevolezza è fortemente influenzato dalla forma e dalle dimensioni dei grani, e quindi dal loro procedimento di realizzazione. Le polveri con grani a forma sferica garantiscono migliori caratteristiche di scorrevolezza; tuttavia le polveri con dimensioni del grano molto piccole, anche se sferiche, possono provocare difficoltà e necessitano di un trattamento speciale. Le polveri a forma non sferica invece, specie quelle ottenute per frantumazione meccanica, e con evidenti angolosità, possono provocare usura nei sistemi di distribuzione e quindi creare difficoltà nel passaggio e nel deflusso. Esiste la possibilità che sulla superficie delle polveri sia presente un consistente quantitativo di ossido e ciò a causa del procedimento di atomizzazione usato, oppure del successivo immagazzinamento, o infine come conseguenza del procedimento di deposizione.
32 Allo scopo di assicurare un risultato soddisfacente all'operazione di riporto, è necessario che le particelle di polvere lascino il dispositivo applicatore (torcia ) dopo essere state quasi completamente fuse. La forma delle particelle ha una notevole influenza sotto questo aspetto, in quanto vi sono grandi variazioni nel rapporto superficie/volume tra le polveri a forma sferica e polveri a forma irregolare (globulare, ovoidale, ramificata, con satelliti, ecc.). In pratica si è verificato sperimentalmente che polveri a forma perfettamente sferica hanno bisogno di un apporto termico più elevato delle corrispondenti polveri a forma irregolare. Più importante è l'influenza esercitata dalle dimensioni delle particelle; quelle troppo grandi vengono riscaldate in modo incompleto, mentre quelle troppo fini possono essere sopraffuse e quindi essere fortemente ossidate (fenomeno del gocciolamento). Al fine di garantire il massimo apporto termico, sono state sviluppate anche tecnologie PTA definite ad arco semitrasferito, dove si può conferire una maggiore quantità di calore alle polveri utilizzando l'arco pilota per un loro riscaldamento. Lo stadio di potenza della corrente dell'arco pilota deve avere caratteristiche di regolazione che consentano questa ampia variazione di apporto termico alle polveri; analogamente la parte di controllo deve gestire in modo ottimale queste variazioni di corrente durante il processo. Una volta determinata la distribuzione granulometrica più idonea al tipo di applicatore usato (scelta del processo di riporto), il passo successivo consiste nello scegliere la polvere avente la composizione chimica desiderata, in funzione della proprietà antiusura del riporto. In effetti, a seconda del modelli di usura (evidenziati in Tabella 2), dovrà corrispondere un insieme particolarmente studiato delle proprietà delle leghe da riporto in polvere. Per ottenere una fusione completa, omogenea ed uniforme delle polveri, ogni particella o grano metallico deve avere la stessa composizione chimica della lega che è stata preventivamente sviluppata in laboratorio, per prevenire e/o limitare quel particolare tipo di usura. Sono quindi da evitare in modo più assoluto miscugli meccanici di particelle di varie composizioni chimiche, che non permettono di ottenere depositi di qualità soddisfacente sotto tutti gli aspetti; inoltre una fusione selettiva causata da una infelice e non accurata scelta della composizione chimica, della distribuzione granulometrica e della scorrevolezza delle particelle di polvere, provoca quasi sempre un deposito non uniforme, e quindi di qualità scadente.
33 Tipo di usura
Modello
Descrittivo del fenomeno fisico
Fisicamente simile all'Abrasione, con predominanza di:
A TTRI TO TRA M ETALLI ·
· Adesione
Fatica Termica Elevata energia posseduta da un solo corpo. Estesa deformazione delle superfici in contatto. I M P ATTO o URTO Le asperità che provocano l'usura possono essere fisse (caso a) oppure sono costituite da particelle dure libere (caso b). Il fenomeno comprende:
A BRA SI ONE ·
·
·
microcontatto;
incisione;
fatica termica L'energia è distribuita tra un grande numero di minuscole particelle in sospensione in un fluido. A seconda dell'angolo di impatto, si può avere:
EROSI ON E ·
·
erosione da urto (caso c);
erosione da abrasione (caso d) FA TI CA TERM I CA Variazioni cicliche di temperatura provocate dallo sviluppo di calore per attrito, spesso associato a qualche altro tipo di usura. CORROSI ON E La corrosione può essere uniforme o fortemente localizzata. E' spesso presente con altri tipi di usura. Tabella 2 ­ TIP I COM UN I DI USURA ­ DESCRI ZI ONE DEL FENOMENO FI SI CO (fonte Plasmateam)
34 3.5 La scelta dei mater iali Le condizioni di esercizio eccezionalmente gravose alla quale sono sottoposti i rivestimenti duri, realizzati con tecnologie PTA, ha portato da parte degli utilizzatori ad una richiesta di esigenze qualitative molto specifiche, e in tale ambito hanno trovato notevole applicazione le cosiddette superleghe. La definizione di superlega non fa riferimento a limiti di composizione che determinino il passaggio da una lega intesa nel senso tradizionale ad una lega dura. Mancando una netta separazione, la classificazione delle superleghe deve tener conto non solo del tenore degli elementi aggiunti, ma anche dei diversi meccanismi di modifica strutturale che conferiscono proprietà e caratteristiche peculiari alla lega dura. In linea generale, le superleghe sono leghe a base Ferro, o Cobalto, o Nichel, che contengono quasi sempre Cromo per offrire una buona resistenza alla ossidazione e alla corrosione a caldo, a cui si aggiungono altri elementi per conferire una buona resistenza meccanica a temperatura elevata. Le massime temperature di servizio per le superleghe tradizionali, nel caso di impiego in presenza di sollecitazioni meccaniche, non devono superare in genere i 950 °C. Quando invece l’entità delle sollecitazioni meccaniche è trascurabile, la temperatura di servizio può raggiungere ed anche superare i 1200° C. Oltre alla richiesta di elevati limiti di resistenza per migliorare il rapporto resistenza­peso, si richiede un buon comportamento alla ossidazione e alla corrosione a caldo; resistenza allo scorrimento a caldo, agli shock termici, agli urti, alla fatica; buona tenacità a frattura e stabilità microstruturale. La struttura delle superleghe o leghe per riporti duri è sempre eterogenea. Infatti esse sono costituite essenzialmente da un legante ( o matrice) che incorpora gli elementi duri. Così, una matrice a base Cobalto, Nichel o Ferro, può incorporare grani variabili come forma e dimensioni, di Carburi di cromo, Molibdeno, Tungsteno, ecc. I meccanismi di indurimento delle superleghe a base Cobalto, Nichel e Ferro sono essenzialmente di tre tipi: 1) indurimento della soluzione solida , cioè della matrice, dovuto ad elementi (con caratteristiche intrinsecamente dure) come CR, Mo, W, Nb, Co, Ni; 2) Indurimento per precipitazione, al contorno dei grani o entro i grani stessi, di carburi, nitruri e carbo­nitruri, oppure di composti intermetallici come la fase N3(Al,Ti);
35 3) Indurimento per dispersione di ossidi nella matrice. M icrostruttura Durezza (HV) Matrice Ferritica 70 ÷ 200 Matrice Perlitica 300 ÷ 460 Matrice Austenitica 300 ÷ 600 Matrice Martensitica 500 ÷ 1000 Carburi M3C 840 ÷ 1100 Carburi M7C3 1200 ÷ 1800 Carburo Cromo (Cr7C3) 1700 Carburo Molibdeno (Mo2C) 1500 Boruro Ferro (FeB ) 1900 ÷ 2100 Boruro Ferro (Fe2B) 1800 ÷ 2000 Nitruro di Titanio (TiN) 2000 ÷ 2100 Carburo di Niobio (NbC) 2000 ÷ 2400 Carboboruro Ferro 1800 ÷ 2500 Carboboruro Cromo 1800 ÷ 2500 Carburo Tungsteno (WC, W2C) 2200 ÷ 3000 Carburo Titanio (TiC) 3200 ÷ 4000 Carburo Vanadio (VC) 2600 ÷ 2800 Tabella 3 ­ Dur ezza (Scala Vicker s) di micr ostr uttur e tipiche di leghe dur e I meccanismi di indurimento più utilizzati sono i primi due e le leghe basate su di essi vengono definite superleghe convenzionali. La famiglia di superleghe che sfrutta il meccanismo di indurimento per dispersione di ossidi ha trovato per ora limitate applicazioni. Le Leghe Base Cobalto presentano una ottima resistenza alla corrosione a caldo (fino a 1000 °C) in atmosfere contenenti composti solforosi e Ossidi di Vanadio e di Piombo (presenti nel gas di scarico dei motori a combustione interna). Le Leghe Base Nichel sono usate nelle applicazioni che richiedono elevata resistenza meccanica e/o alla ossidazione e corrosione, con temperature fino ad 800°C e pressioni fino a 26 MPa (260 atm). Le Leghe base Ferro sono quelle in cui il Fe è presente in maggior tenore; sono più economiche e sono impiegate in condizioni di usura meno severa: temperature non superiori a 450 °C e pressioni fino a 10 MPa (100 atm).
36 Fig. 3.9 Valori di temper atur a e pr essione per Super leghe Le Figure mostrano schematicamente le caratteristiche di resistenza ai principali tipi di usura delle leghe metalliche in polvere. Il confronto è stato effettuato riportando sui cinque settori di suddivisione del cerchio di raggio unitario (corrispondente al valore massimo di resistenza all'usura prescelta) il valore relativo di resistenza. Fig. 3.10 ­ Schema delle pr incipali car atteristiche antiusur a delle leghe per r ipor ti dur i (fonte Plasmateam)
37 La tabella seguente elenca la composizione chimica (percentuale in peso) e la durezza del relativo deposito monostrato (realizzato con tecnica PTA) di tipiche leghe in polvere a base Cobalto, Nichel e Ferro normalmente reperibili sul mercato. LEGA COM P OSI ZI ONE CHI MI CA , % in peso BASE COBA LTO N r. C Mn Si Ni Cr W Mo Fe Co DEP OSI TO Altri (HRC) 1 2.4 0.5 1.0 3.0 30.0 12.0 1.0 3.0 Bal ­ 48 6 1.1 1.0 1.0 3.0 28.0 4.0 1.0 3.0 Bal ­ 37 SF6 0.7 1.0 2.5 14.5 19.0 7.5 1.0 3.0 Bal B=1.4 40 12 1.4 1.0 1.4 3.0 29.0 8.0 1.0 3.0 Bal ­ 41 21 0.3 1.0 1.0 2.8 27.0 2.0 5.5 2.0 Bal ­ 32 31 0.5 1.0 1.0 10.5 25.3 7.5 1.0 2.0 Bal ­ 32 32 1.7 1.0 1.0 22.0 25.0 12.0 1.0 1.1 Bal ­ 35 156 1.6 1.0 1.1 3.0 28.0 4.0 1.0 1.5 Bal ­ 43 157 0.1 2.0 1.6 2.0 21.0 4.5 1.0 2.0 Bal B=2.4 52 158 0.8 1.0 1.2 3.0 25.5 5.5 1.0 1.0 Bal B=0.7 43 190 3.3 0.5 1.0 3.0 26.0 14.0 ­ 5.0 Bal ­ 50 1016 2.5 1.0 1.0 2.5 32.0 17.0 ­ 3.0 Bal ­ 52 LEGA N r. COM P OSI ZI ONE CHI MI CA , % in peso BASE N I CHEL C Mn Si N i Cr W DEP OSI TO Mo Fe Co Altri (HRC) 28 2.4 1.0 1.0 Bal 29.0 15.0 ­ 8.0 10.0 ­ 34 40 0.8 1.0 4.0 Bal 14.0 ­ ­ 4.0 1.0 B=3.4 54 41 0.5 1.0 3.5 Bal 12.0 ­ ­ 3.0 1.0 B=2.5 46 43 0.9 0.5 3.9 Bal 17.0 ­ ­ 2.0 1.0 B=3.3 54 44 0.5 0.5 3.0 Bal ­ ­ 3.8 1.0 B=2.0 40 Bal 42 3.0 29.0 12.0 2.0 29 6.0 C+B 1.5 35 2.5 2.5 B96
711 ­ ­ 716 1.1 ­ ­ 23.0 26.0 3.5 N ­6 ­ ­ Bal 29.0 ­ C ­ ­ ­ 9.0 ­ 0.1 1.0 1.0 Bal 16.5 Mo+W 10 23.0 Ni+Co 4.5 ­ 17.0 5.5 38 LEGA COM P OSI ZI ONE CHI MI CA , % in peso BASE FERRO N r. C Mn Si Ni Cr DEP OSI TO W Mo Fe Co Altri (HRC) ­ Bal ­ 2.0 52 ­ 2.0 60 90 2.7 1.0 1.0 1.7 27.0 ­ 92 3.8 1.0 1.0 1.6 1.5 ­ 10.0 Bal 93 3.0 0.5 1.5 ­ 17.0 ­ 16.0 Bal 6.0 V=1.9 523 2.6 1.0 1.3 ­ 26.0 ­ ­ Bal 3.0 B=0.8 55 63 La DUREZZA (HRC) è determinata su un deposito P TA monostrato. Spessore riporto = 2.5 mm M ateriale Base = A cciaio SAE 1020 Tab. 4 Polver i per r ipor ti PTA 3.6 I campi di impiego La tecnologia PTA trova sempre più applicazione in tutto il mondo in svariati campi, sia in impianti di tipo automatico che semiautomatico, favorita in particolare, anche dalla possibilità di ricerca e sviluppo di nuove e più performanti superleghe. Proprio quest’ultime hanno favorito l’estensione a tutti quei settori industriali dove risultano fondamentali, se non critiche, le esigenze di resistenza a corrosione e di buon comportamento alle alte temperature. Si possono avere impieghi ad esempio in: I ndustria aerospaziale I ndustria motoristica Centrali termoelettriche­ nucleari I mpianti chimici e petrolchimici Nelle applicazioni nucleari, l'uso delle leghe a base Cobalto è stato limitato a causa di alcune proprietà nucleari del Cobalto; perciò le cosidette Stelliti® sono state sostituite da leghe dure a base Ni­Cr­B­Si. Queste leghe autodisossidanti, comunque, si usurano considerevolmente ed hanno tendenza alla criccatura, per cui il loro utilizzo è parzialmente limitato a causa del loro non soddisfacente comportamento alle alte temperature e nei confronti della corrosione. E’ stato per ciò che nell’impiego dell’ingegneria nucleare sono stati sviluppati riporti antiusura ed anticorrosione a base di Ni­Cr­W­C. Essi si prestano molto bene alla loro deposizione mediante la tecnica del plasma, sia col procedimento a proiezione che col procedimento PTA; anzi nel procedimento a
39 proiezione a mezzo plasma (Plasma Spraying), quando è necessario avere un deposito che presenti caratteristiche di elevata sezione d'urto neutronica (definita come il rapporto tra il numero di interazioni che avvengono nell'unità di tempo (velocità di reazione) e la densità di flusso dei neutroni incidenti su un bersaglio), l'uso di leghe a base Ni­Cr­C con l’aggiunta di carburo di Afnio (HfC), è risultato essere particolarmente indicato. 3.7 Un esempio di impiego: applicazioni per utensili saldati con tecnica PTA durante la r ealizzazione di tubi per laminazione a caldo Anche il settore siderurgico può contare sulla tecnologia di plasma ad arco trasferito per via delle elevate temperature e carichi in gioco. Basti in effetti pensare ai rulli per i treni di laminazione, siano essi a caldo che a freddo, o ai rulli per la colata continua, nonché agli utensili per il taglio. In ognuna di tali applicazioni è fondamentale la salvaguardia dell’utensile in azione, al fine di garantirne l’esercizio in condizioni ottimali e a fronte di costi e tempi di manutenzioni vantaggiosi. Anche in tale ambito sono stati condotti studi mirati a migliorare le prestazioni, intervenendo ad esempio sui materiali da apporto (polveri). Il principio fondamentale alla base del metodo è che le particelle di carburi riducono l’usura per attrito in virtù della loro coesione al materiale di matrice. Quest’ultimo deve essere quindi scelto in modo tale da avere elevata resistenza termica, così da ridurre l’usura della superficie dell’utensile. Tale compromesso tra polveri e matrice va determinato sulla base delle condizioni del processo di laminazione. La scelta dell’analisi condotta è caduta su una combinazione di polveri di NbC e AISI 316L, al fine di prolungare il ciclo di vita della spina durante la realizzazione di un tubo senza saldatura in acciaio AISI 304. La spina, saldata con procedimento PTA, è stata prima testata per un acciaio inox AIS 304 laminato a caldo, dato che il ciclo di vita per una spina convenzionale per acciai al carbonio era estremamente ridotto quando applicato direttamente alla laminazione di un AISI 304. Dal momento però che i principali materiali per un treno di laminazione sono acciai al carbonio, risulta evidente l’esigenza di prolungare la durata delle spine atte alla lavorazione dei suddetti. Una volta saldata, è stata verificata l’applicabilità della spina su materiali aventi caratteristiche di carico più leggere rispetto agli standard per acciai inossidabili. Le condizioni di laminazione e le composizioni chimiche dei materiali impiegati sono illustrate nella Tabella 5,
40 Tabella 5 condizioni di laminazione per test plug mill r olling mentre nella Fig. 3.11 sono riportate le differenze nelle caratteristiche di carico mobile delle varie billette, dove si vede che i requisiti per acciai inox sono più alti, se confrontati con gli acciai al carbonio. Fig. 3.11 Car atteristiche del car ico con la temper atur a In base all’analisi condotta in questo studio sugli effetti della temperatura di laminazione, si è visto che una combinazione di polveri di NbC e di matrice base cobalto garantisce un’elevata prestazione ai pattini guida dell’ elongatore, saldati con l’arco trasferito, come evidenziato dalla fig. 3.12,
41 Fig. 3.12 a) elogator e b) pattino guida mentre la Tabella 6 fissa i parametri ed i materiali utilizzati:
42 Tabella 6 condizioni di laminazione per l’elongator e La fig. 3.13 mostra un confronto dei danni riportati dalle due spine, rispettivamente convenzionali e saldate con tecnologia PTA. Se utilizzate per acciai al carbonio, le spine convenzionali risultano più resistenti. Il tipo di danno responsabile della vita dell’utensile nel caso di carichi elevati, è dato dall’usura per attrito. Si può notare che non c’è una significativa differenza tra i tipi di danno sulle spine impiegate per acciai AISI 304 e 25Cr – 7 Ni, nonostante ci sia una differenza tra le proprietà meccaniche dei due materiali ad elevate temperature. Si può quindi concludere che i fattori cruciali nella determinazione della durata di un cilindro a punta conica convenzionale siano l’adesione e l’usura per attrito. Nel caso della spina saldata con PTA, il danno principale che nel limita la durata è l’usura, e come nel caso della spina convenzionale, il ciclo di vita è più lungo se vengono adottati carichi di lavoro più bassi (ad esempio per gli acciai al carbonio). Questo trend è simile a quello convenzionale, ma esiste un netto contrasto tra i due tipi di spine. Mentre infatti sulla superficie saldata con PTA non c’è una usura per attrito così significativa, il fenomeno risulta ben più evidente per l’utensile finora definito convenzionale. La superiorità delle spine saldate con PTA è ovvia per quanto concerne la laminazione di acciai inossidabili. E’ allora possibile notare che, nonostante il tipo di danno, la vita dell’utensile risulta più lunga quando viene impiegato un materiale avente un ridotto stress di flusso ad elevata temperatura.
43 Fig. 3.13 confr onto dei danni tr a una spina convenzionale ed una saldata con tecnica PTA E’ tuttavia curioso osservare come l’utensile saldato con PTA mostri una durata simile a quello convenzionale usato per acciaio al carbonio. Questo suggerisce che per le spine PTA, si può considerare un elemento fondamentale l’esistenza di una scaglia all’interfaccia utensile/materiale caldo, come verrà successivamente discusso. La Fig. 3.14 mostra un confronto dei danni riportati su tre tipi di pattini guida sottoposti ad una prova di laminazione sull’elongatore, dove la temperatura di laminazione è di almeno 100 °K più
44 elevata di quella della spina. Il pattino guida, in acciaio AISI 316 L e riportato con tecnologia PTA, ha avuto prestazioni analoghe a quello convenzionale, ma si può notare una rimarchevole superiorità nel caso in cui venga adottata una polvere di matrice base cobalto, che ha uno stress di flusso ad alte temperature più elevato. Allora l’impiego di una attenta selezione di polvere di matrice nell’impiego di utensili riportati con PTA può influenzare notevolmente la vita del pezzo in termini di durata, nonché il suo costo. L’altro aspetto che emerge dall’analisi del danno è analogo a quello riscontrato precedentemente per l’indagine della spina, cioè una durata maggiore per quei materiali laminati con stress termici di flusso minori. Fig. 3.14 Confr onto tr a i danni super ficiali di un pattino guida convenzionale ed uno r ipor tato con tecnologia PTA Si deve notare che, in analogia ai risultati ottenuti per la spina, anche il risultato ottenuto per l’elongatore suggerisce che c’è una relazione tra la durata dell’utensile e la presenza di una scaglia di ossido sulla superficie del metallo caldo.
45 Durante la laminazione ad elevata temperatura, bisogna prestare particolare attenzione alla resistenza ad usura del materiale di matrice dell’utensile saldato con PTA. Per analizzare l’effetto della scaglia superficiale ed analizzarne le sue interazioni con le prestazioni del pezzo, sono stati condotti esperimenti su di un treno di trafileria. I materiali impiegati sono stati acciai al carbonio, con la differenza, rispetto a quelli già analizzati per il treno di laminazione, nella quantità di scaglia sulla superficie del prodotto. La velocità dei materiali durante il processo di trafilatura è molto più elevata rispetto a quella di laminazione dell’elongatore o della spina, e come conseguenza, la scaglia quasi non ha il tempo necessario a generarsi sulla superficie del pezzo. Confrontando come in Fig. 3.15 i risultati tra una guida convenzionale ed una rinforzata impiegate in un treno di trafilatura, si vede che la differenza nelle condizioni di bordo risiede nell’esistenza della scaglia sul materiale in arrivo. Fig. 3.15 confr onto tr a i danni super ficiali e la pr ofondità di usur a tr a una guida convenzionale ed una r ipor tata con tecnologia PTA Usando acciai al carbonio sia per il treno di laminazione che per la trafilatura, con temperature quasi simili, la maggiore usura delle guide riportate con PTA, nel caso della laminatura, può essere attribuita al fatto che la presenza della scaglia causi il deterioramento dell’utensile, o, in modo più specifico, l’esistenza di tale scaglia accelera rapidamente l’usura della matrice.
46 Questo risultato evidenzia la superiorità delle spine convenzionali rispetto a quelle saldata con arco trasferito durante la laminazione di acciai al carbonio. Sulla superficie dell’utensile convenzionale, la dimensione delle particelle di carburi sono più piccole rispetto a quelle del pezzo equivalente ma saldato con PTA, così come la spaziatura tra le particelle adiacenti. C’è quindi una ridotta probabilità, per utensili convenzionali, che tali scaglie vadano ad abradere la matrice. Per verificare ulteriormente il ruolo giocato da tali scaglie, è stato condotto un altro esperimento sulle guide impiegate per la realizzazione di tubi senza saldatura di Titanio, impiegando come utensile lo stesso saldato con PTA ed adottato per la realizzazione di tubi inox. E’ chiaro che le scalfitture longitudinali sono a malapena visibili sulla superficie interna del tubo di Titanio finito, mentre esse sono decisamente maggiori e ben visibili per il tubo realizzato con utensili convenzionali. Un discorso analogo può esser fatto in merito all’usura. Questo risultato permette quindi di dimostrare una più ampia applicabilità degli utensili saldati con PTA al di fuori del range di laminazione dell’acciaio. E’ quindi stato chiarito come per la laminazione dell’acciaio al carbonio a bassa velocità, le prestazioni di un utensile saldato con PTA ed adottando come polveri NbC e AISI 316 L siano pressoché le stesse di quelle del suo equivalente convenzionale. La ragione risiede nel fatto che la matrice viene usurata dalle scaglie presenti sul materiale che arriva. Dal momento che il costo della saldatura PTA deve tener conto anche del prezzo delle polveri specifiche, a parità di impiego, tale tecnologia non risulta conveniente se riferita ad utensili per laminazione a bassa velocità di acciai al carbonio, che presentano una notevole quantità di scaglie superficiali. Tuttavia, all’aumentare della velocità di laminazione, l’influenza giocata da tali scaglie è trascurabilmente piccola, e l’utensile saldato con PTA mostra eccellenti prestazioni in termini di durata, di un ordine di grandezza più grandi rispetto agli utensili convenzionali. L’impiego di utensili saldati con PTA è altresì vantaggioso anche con acciai inox o Titanio, dal momento che la generazione di scaglie su questo tipo di superfici è decisamente minore che non per gli acciai al carbonio, e comunque non tale da danneggiare il materiale di matrice durante la laminazione. Se la temperatura di laminazione aumenta, nell’ambito del processo PTA è conveniente intervenire sulle polveri di matrice sostituendole con altre aventi miglior resistenza ad usura alle alte temperature, ad esempio usando una polvere di matrice base Cobalto.
47 L’utensile saldato con arco trasferito offre perciò migliori risultati se impiegato in treni di laminazione a caldo, dove l’adesione o l’usura per attrito rappresentano un serio problema per pezzi convenzionali. In merito alle condizioni del bordo di scorrimento, la scelta migliore è data da particelle di carburi di NbC, mentre la polvere di matrice va scelta in funzione della temperatura di laminazione, tenendo conto della resistenza ad usura e de costo del materiale. Per temperature di laminazione al di sotto di 1100 °C, una buona scelta per la polvere di matrice può essere individuata nell’AISI 316 L. Per valori di temperatura più elevati, la scelta migliore è per un materiale come una lega base Cobalto, per via della maggiore resistenza ad usura. Un utensile saldato con PTA e rinforzato con NbC è inoltre impiegabile per piccole quantità di scaglie sulla superficie del materiale, ma le sue prestazioni saranno comunque analoghe a quelle di un utensile comune se all’interfaccia superficie del materiale/superficie dell’utensile il numero delle scaglie sarà elevato. Questo perché la scaglia gioca il ruolo di un ossido abrasivo che accelera l’usura della matrice. In effetti, mentre per gli utensili convenzionali la spaziatura dei carburi adiacenti è comunque piccola, lo stesso non può dirsi per elementi PTA, quindi più facilmente aggredibili dalla scaglia a livello di matrice. Va però detto che il tipo di carburo per un utensile convenzionale è diverso da quello del Nbc, dimostrandosi nello specifico meno idoneo nell’impiego di materiali come acciaio inox o Titanio, dove l’adesione e l’usura per attrito costituiscono un serio problema.
48 3.8 Confronto con altri pr ocessi di saldatura e analisi dei costi del pr ocesso PTA Come più volte qui evidenziato, la tecnologia di Plasma ad Arco Trasferito (PTA) alimentato con polvere è un processo di saldatura e di riporto saldato, quindi ancorato per fusione del materiale di base oltre che del materiale di apporto. Il vantaggio che questa tecnologia offre è quello di fornire, in modo abbastanza economico, un miglioramento delle caratteristiche superficiali di materiali sottoposti durante il loro ciclo di vita a processi di usura, abrasione, corrosione e/o ossidazione. Volendo provare a realizzare un confronto con altre tecnologie di saldatura, esso può esser fatto con processi: SMAW, GTAW, GMAW, FCAW, SAW. In ciascuno di essi infatti avviene la fusione del materiale di base, mentre lo stesso non avviene per Plasma Spray, HVOF, Flame Spray. La saldatura è utilizzata principalmente per la costruzione di componenti sottoposti a sforzi significativi (principalmente dovuti a pressione) o per costruzione di strutture di supporto più o meno complesse (carpenteria). Fuori da queste due applicazioni, che già coprono un' area estremamente vasta di impieghi, la saldatura è utilizzata nella costruzione di veicoli, sia marittimi, sia aerei sia terrestri. Lo sviluppo iniziale della saldatura venne proprio da questo campo di applicazioni, in particolare dalla necessità delle costruzioni navali, che richiedevano la giunzione di lamiere di spessore eccessivo per le chiodature con una notevole resistenza ed un peso, per quanto possibile, limitato. Esiste anche la saldatura a punti o chiodi di saldatura che funziona con una macchina complessa e abbastanza costosa che consiste nel far combaciare le parti di materiale da saldare e grazie ad una macchina i due pezzi vengono compressi e, grazie al passaggio di energia elettrica che scalda i corpi da saldare fino ad arrivare al punto di fusione in meno di 15 secondi, i due materiali vengono uniti da un chiodo interno particolarmente resistente che dura nel tempo. La caratteristica principale della saldatura è di creare strutture monolitiche, cioè strutture che non presentano discontinuità di caratteristiche in presenza dei giunti. Questa particolarità è di notevole importanza sia quando è richiesta una resistenza meccanica uniforme sia quando è richiesta una resistenza uniforme ad aggressioni esterne (per esempio a corrosione). Storicamente parlando, per soddisfare le esigenze di produzione industriale, la saldatura di tipo manuale fu presto sostituita da quella semiautomatica o completamente automatizzata, con la nascita della saldatura MIG (Metal Inert Gas) prima e la saldatura MAG (Metal Active Gas) poi. E’ ovvio come la spinta produttiva, abbia portato a continui innovazioni nel processo, arrivando prima alla saldatura TIG (Tungsten Inert Gas), per arrivare alla saldatura al plasma, che offriva il
49 vantaggio di saldare 10 mm di spessore con un’unica passata. Tuttavia, la scelta di una tecnologia rispetto ad un’altra, in termini industriali, risiede come noto nel miglior compromesso costi/qualità. Ad esempio, le tecnologie MIG e MAG sopra citate, risultano un buon compromesso per la loro versatilità, ma l’ingombro delle apparecchiature e i costi elevati dei gas protettivi giocano a sfavore se magari confrontate con altri processi. Ciò che differenzia il processo PTA dagli altri procedimenti di saldatura è l’elevata temperatura d’arco ottenuta dai due distinti generatori di corrente: quello dell’arco pilota e quello dell’arco trasferito. La combinazione dei due genera una fonte di calore che combina caratteristiche di elevata intensità termica e un arco concentrato e stabile. Questo, unito alla pressione di uscita del gas plasma, fa sì che la temperatura dell’arco di saldatura, raggiunta all’interno della colonna plasma sia dell’ordine di 10000­15000 °C. Tali ordini di grandezza, combinati con la possibilità di intervento sui vari parametri del processo garantiscono un ampio campo di impiego, permettendo flussi di deposito elevati e con livelli di imperfezioni decisamente inferiori rispetto ai corrispondenti altri metodi di saldatura. In particolare, la costanza di fusione col metallo base può essere mantenuta entro valori minori del 10%, agendo sulla quantità di gas ionizzato, favorendo così la deposizione di singoli riporti, ma lasciando inalterate le caratteristiche della lega da deposizione. Se si analizzano le dimensioni dei riporti depositati con PTA, in condizioni di massima efficienza, i cordoni hanno spessori oscillanti tra 1 – 4 mm e larghezze tra 5 – 30 mm (con casi eccezionali di larghezze di 40 mm). Inoltre la capacità di poter disporre di un processo quanto mai stabile e regolare, permette un agevole affiancamento e sovrapposizione degli strati, con una dispersione delle polveri dell’ordine del 5­10 % a seconda delle caratteristiche del pezzo e della posizione di saldatura. In effetti, uno dei limiti che tale tecnologia offre è la necessità di movimentazione del pezzo, per cui elementi troppo complessi o di dimensioni notevoli necessiterebbero di piattaforme rotanti altrettanto dimensionate, incappando così in un evidente limite tecnologico nonché economico. Per quanto riguarda la dinamica della sorgente termica, i riporti PTA possono del resto distinguersi in: 1) riporti puntiformi o localizzati (spot hardfacing), caratterizzati da assenza di movimento della sorgente termica; 2) riporti superficiali (surface hardfacing, surface wearfacing), dove invece la sorgente termica viene movimentata.
50 Solitamente i riporti puntiformi non trovano notevole applicazione nella tecnica PTA, se non per lavori di rifinitura di un ritocco o nella realizzazione di spigoli. Un tipico esempio di questo tipo di lavorazione è quello applicato sull’estremità dello stelo di una valvola automobilistica, per indurire la zona di contatto con l'albero a camme con una lega antiusura, normalmente a base Nichel. Per piccoli diametri dello stelo, l'operazione di riporto localizzato è velocissima (circa 3÷4 s) e non occorre il movimento di rotazione dello stelo o di oscillazione della torcia. Per diametri dello stelo maggiori di 4÷5 mm, il riporto viene effettuato ponendo in rapida rotazione la valvola e imprimendo alla torcia un'alta velocità di oscillazione (moto vibratorio). Fig.3 Esempio schematico di r ipor to su una valvola automobilistica Al contrario, nei riporti superficiali il movimento della sorgente di energia termica può avvenire secondo le modalità descritte nella Tabella 7: TIPO DI MOVIMENTO Rotazione Traslazione Oscillazione Movimentazione della torcia PTA Movimentazione del pezzo raramente Movimentazione della torcia PTA e del pezzo Tabella 7 Movimentazioni nel caso di ripor ti di tipo super ficiale
51 Nella quasi totalità dei casi, la tipologia del riporto PTA comporta un movimento di rotazione del pezzo e quindi un idoneo posizionatore a tavola rotante. Questa esigenza fondamentale, da personalizzare secondo le esigenze specifiche di riporto, permette anche il bloccaggio del pezzo e la sua movimentazione durante il processo. A tale scopo, gli impianti sono provvisti di circuiti di controllo e regolazione specifici che provvedono a dialogare con il generatore, consentendo all'operatore di controllare e di regolare a distanza tutti i parametri relativi al procedimento di saldatura ed ai dispositivi ausiliari esterni. Inoltre, il pezzo va preventivamente bloccato sulla tavola di lavoro, in modo da garantire: 1) adeguato contatto elettrico tra il pezzo stesso e la tavola di supporto; 2) un limitato spostamento del pezzo a seguito di deformazioni indotte dall’apporto termico durante la saldatura; 3) una efficace sottrazione del calore prodotto durante il processo PTA, ricorrendo allo scopo a specifici circuiti ad esempio, piattello di raffreddamento per il riporto su sedi di valvole automobilistiche; 4) una opportuna sagomatura della spalle di tenuta e di raffreddamento, quando queste risultino necessarie a seguito della particolare configurazione geometrica del pezzo; 5) un riferimento di posizione invariabile tra il pezzo in riporto (quello generalmente motorizzato) e la torcia di saldatura, quasi sempre vincolata ad un supporto fisso. Fig. 3.16 Ripor to PTA su sede di valvola di motor e endoter mico
52 Un altro parametro che risulta essere determinare nel valutare il rapporto costi/prestazioni del processo di saldatura con plasma ad arco è dato dalla velocità di saldatura; essa infatti permette di valutare l’apporto termico al bagno di fusione, ed è definita come la velocità alla quale si muove il campo termico, cioè la velocità della torcia PTA. Solitamente, nei riporti PTA di tipo superficiale, che come visto rappresentano l’impiego prevalente per tale tipo di tecnologia, il moto della torcia può avvenire secondo le modalità descritte nella Tabella 8: TIPO DI MOVIMENTO Movimentazione della torcia PTA V Rotazione ­ V Tr aslazione Vy V Oscillazione Vx Movimentazione del pezzo Vy raramente Vx Movimentazione della torcia PTA e del pezzo Vy Vy Vx Tabella 8 tipi di movimentazione per ripor ti PTA super ficiali in virtù della disposizione degli assi secondo il riferimento schematizzato in fig. 3.17 : Definizione degli assi di movimento della sorgente termica
x = asse di oscillazione;
· y = asse di traslazione/rotazione ;
· z = asse verticale ·
Fig. 3.17 Ter na di rifer imento della sor gente ter mica
53 Sulla base di queste preventive considerazioni, è evidente come effettivamente il processo PTA offra vantaggi laddove siano richieste specificità del tipo: ü riduzione dell’apporto termico globale; ü riduzione delle deformazioni; ü affinamento della struttura metallurgica; ü maggiore omogeneità strutturale; ü minor rischio di difetti (cricche); ü riduzione della porosità; ü maggiore resistenza a corrosione; ü maggiore costanza nei valori di durezza; ü caratteristiche del deposito (durezza/analisi) ottimali già nel primo strato. In particolare, il vantaggio di poter disporre di una buona velocità di deposizione, e di poter ottenere da subito di riporti monolayer, compatibilmente con quelle che sono le caratteristiche del pezzo, si traduce in una riduzione dei costi complessivi di circa il 50% se confrontata ad esempio alla saldatura con fili animati. Non va poi trascurato il fatto che ­ come già analizzato nel Par. 3.3 del presente lavoro ­ il processo PTA garantisce un basso rapporto di diluizione, indice questo della qualità del riporto saldato sul pezzo, con una bassa presenza di contaminanti ed elevata durezza già al primo strato. A conferma di ciò basta osservare la seguente fig. 3.18, che rappresenta un confronto del rapporto di diluizione tra un riporto con lega base Cobalto eseguito con tecnologia PTA (linea rosa tratteggiata) e lo stesso, ma eseguito con tecnologia FCAW (filo animato a base cobalto, linea azzurra continua), realizzato da una nota azienda. Il tutto unito ad una grana più fine ed una minor presenza di residui di carbonio, se visti in microscopia SEM.
54 Fig. 3.18 confr onto del r appor to di diluizione PTA ­ FCAW Inizialmente, uno dei primi limiti incorsi nello sviluppo a livello produttivo della tecnologia PTA risiedeva nella complessità di gestione della tecnica (svariati parametri da gestire simultaneamente, un software adatto e in grado di rendere efficiente l’automatizzazione del processo, la realizzazione di supporti adeguati, ecc…), nonché un limitato interesse da parte dei costruttori, dovuto ad investimenti certamente ingenti per la riconversione di impianti sviluppatisi su altri processi di saldatura. L’unica eccezione è sempre stata il riporto di valvole nel settore dell’automotive (fossero esse di motori marini o terrestri), che si esegue con successo da oltre dieci anni, al punto che il livello di tecnologia è tale da permettere di passare direttamente dalla saldatura alla rettifica senza la necessità dell’operazione di tornitura. Successivamente l’interesse si è esteso anche ad altri campi, partendo da quello degli stampi vetro in ghisa e bronzo, agli stampi per piastrelle ceramiche, ai rivestimenti anti­corrosione sull’esterno di corpi cilindrici, alle valvole per auto o per motori marini ed aeronautici, a valvole per l’industria chimica, petrolchimica ed estrattiva, alla siderurgia tramite i cilindri per laminazione a caldo, a freddo o ai rulli per colata continua, alle stampe e matrici per stampaggio a caldo dei metalli, alle coclee di trasporto in genere. Si può dire cioè che l’applicazione si sia estesa a tutte quelle applicazioni dove entrano in gioco elevate temperature, o elevati carichi, o necessità di disporre di manufatti altamente performanti.
55 Attualmente la tecnologia si è sviluppata al punto da essere in grado di eseguire riporti saldati con un tasso di deposito di circa 3Kg/ora, con uno spessore di circa 6 mm max in passata unica e con proprietà di analisi molto prossime ai valori nominali richiesti. Se si considera che per ottenere gli stessi risultati metallurgici impiegando tecnologie differenti quali MIG, TIG o arco sommerso è necessario provvedere ad almeno tre passate sovrapposte, già è facile intuire il vantaggio inequivocabile che la tecnica offre. Gli altri vantaggi che la tecnica PTA presenta rispetto ai processi tradizionali di saldatura (SMAW, GTAW, GMAW, SAW), possono essere elencati in: ü Alto rendimento energetico (capace di impiegare potenze di 12 KW per velocità di riporto dell’ordine di 4 Kg/ora; ü Elevata eterogeneità nei materiali di apporto, potendo disporre come già visto di leghe base Ferro, base Cobalto, base Nichel, nonché di altre superleghe, con costi al chilo inferiori o al più equivalenti agli analoghi dei processi tradizionali; ü Buona possibilità di automazione, favorita dalla particolare geometria della torcia; ü Qualità del deposito e ed alta velocità nel realizzarlo; ü Ridotto impatto ambientale, inteso in termini di produzione di polveri sottili ed emissioni di fumo; Nell’analisi dei costi vanno inclusi anche quelli dei materiali di apporto (le polveri), il cui costo è influenzato dai costi fissi di produzione, che incidono in maniera rilevante sui costi totali, se per esempio confrontati con quelli della tecnologia filo MIG in bobine. La Tabella 9 confronta i costi tra i vari processi, riferendosi alle principali leghe solitamente impiegate (Fe, Ni, Co, polvere di Acciaio INOX, acciai rapidi e ultrarapidi ed altri):
56 Confr onto pr ezzo per mater iale d’appor to e tipologia pr oduttiva Tipologia lega Polver e Filo GMAW Filo FCAW PTA (pieno) (animato) Acciaio inossidabile serie AISI 300 / 400 15 €/kg 7,5 €/kg 12 €/kg Acciaio rapido HS / HSS 18 €/kg 15 €/kg 18 €/kg Leghe base Cobalto 75 €/kg 135 €/kg 105 €/kg Leghe base Nichel 75 €/kg 90 €/kg 90 €/kg Leghe NiCrBSi 60 €/kg ND ND Leghe base Ni con carburi 90 €/kg ND 135 €/kg Filo/nastr o SAW 12 €/kg ND 115 €/kg 105 €/kg ND ND Tabella 9 Confr onto costi polver i per varie tecnologie di saldatur a Ovviamente l’impiego del PTA varia a seconda dei risultati che si intende ottenere; già nel Par. 3.7 si era visto come ad esempio, nell’impiego di saldatura per il riporto su rulli per laminazione o su componenti per la realizzazione degli stessi, come spine, pattini o guide, in alcuni casi la tecnologia al plasma risultava meno conveniente da un punto di vista prestazionale per la formazione di scaglie che influivano negativamente sulla durata dell’utensile, mentre la superiorità era rimarchevole se si cambiavano i materiali soggetti al riporto, come ad esempio acciai inossidabili o Titanio. Solitamente, come già detto in questo lavoro, i tipi di polveri si differenziano a seconda dell’ uso che si dovrà fare del pezzo in esame. Ad esempio, se si intende provvedere a migliorare il comportamento ad usura di tipo meccanico adottando leghe base Ferro (in particolare ghise al cromo), la scelta del PTA risulta meno vantaggiosa rispetto al MIG con filo animato, dal momento che la polvere adottata nel primo caso avrebbe un costo decisamente più elevato rispetto al filo, mentre i risultati sarebbero pressoché analoghi. Se invece lo scopo è quello di incrementare notevolmente le proprietà metallurgiche del pezzo, rivolgersi a leghe alternative (ad esempio a seguito di impieghi in ambienti particolarmente corrosivi), o dovendo rispondere a precisi requisiti metallografici (come un preciso e ridotto spessore della saldatura), allora la scelta può cadere sul PTA. La successiva Tabella 10 mostra un confronto tra le leghe più idonee al PTA, rispetto alle altre, invece più costose e quindi preferibili sotto forma di elettrodi, filo o barrette:
57 Leghe di polvere vantaggiose per tecnologia Leghe di polvere svantaggiose per tecnologia PTA PTA Leghe base Fe in acciaio da utensili tipo M2 e Leghe base Fe ad elevato tenore in C simili Leghe a base Co (Stelliti) di durezza 25­58 Leghe inossidabili serie AISI 300 , AISI 400 HRC Superleghe base Ni a basso punto di fusione Leghe 9% Cr 3% Si (tipo NiCrBSi) Leghe base Ni (tipo Hastelloy Inconel) Leghe composite con varie percentuali in ossidi o carburi Tabella 10 Tipi di polver i per PTA Si può ora provare a riportare un esempio di confronto dei costi vivi fra il processo PTA e gli altri definiti convenzionali per il riporto di lega base Cobalto su di un cilindro in acciaio Fe 430. In tale confronto non viene annoverato il caso della nastratura ad arco sommerso, dal momento che per essa non esistono nastri in lega base Co. Tale conto verrà realizzato su un costo medio di manodopera di 25 euro/ora. Nella Tabella 11 sono riportati i dati relativi al pezzo sottoposto al processo: Diametro del cilindro [mm] 250 Lunghezza del cilindro [mm] 300 Volume del cilindro [cm3 ; dm3] 75000 ; 7.5 Spessore del riporto [mm] 3.5 2 Area depositata [mm ] 235600 Volume depositato [dm 3 ] 0.824 Peso del materiale depositato [Kg] 6.9 Peso specifico del materiale depositato 8.4 [Kg/dm 3 ] Tabella 11 Car atteristiche del pezzo ripor tato
58 mentre nella sottostante fig. 3.19 viene mostrato il pezzo dopo il processo di rivestimento. Fig. 3.19 Cilindr o in acciaio Fe 430 ripor tato con lega base Co I calcoli riportati sono per una pura stima, e trattandosi di costi vivi, non verrà tenuto conto delle spese dovute ad energia elettrica o gas. Un parametro da tenere in forte considerazione è quello dei tempi morti: mentre il processo manuale di saldatura prevede circa un 50% di tempi morti, per un processo automatizzato tale percentuale si riduce al 15%. Tale parametro verrà inserito sotto forma di montante. Il processo PTA prevede un rendimento prossimo al 95%. Il materiale da apporto consumato è stato calcolato (durante la realizzazione della deposizione condotta) in 7.3 Kg, mentre, sulla base della Tabella 9, il costo per una polvere di lega base cobalto si attesta intorno ai 75 €/Kg. A livello di tempi, per una velocità di deposizione di 4Kg/ora il tempo di saldatura è stato stimato in 127 minuti, mentre il tempo di programmazione per la configurazione del processo (accensione del processo, setting di tutti i parametri di macchina) è stato calcolato in 110 minuti. Analizzando quindi il confronto riportato nella Tabella 12, si può quindi vedere come il processo PTA risulti effettivamente conveniente al pari degli altri processi tradizionali, eccezion fatta per il metodo ad arco sommerso SAW, che ha un costo totale di manodopera inferiore, ma che aumenta se si considera il costo del materiale da riportare, attestato su valori di 115 €/Kg. Inoltre, e qui è l’innegabile vantaggio del processo PTA, si può disporre del totale controllo della penetrazione, permettendo di realizzare un solo strato con ad esempio l’analisi richiesta dalle norme API.
59 PRO C ES S O DI S ALDATURA PTA Tipo di processo GM AW FCAW SAW Automatico Automatico Automatico Automatico Rendimento % 95 100 85 100 Consumo materiale depositato Kg 7,3 6,9 8,1 6,9 Costo materiale depositato € 576,32 931,50 1000,59 793,50 Velocità di deposizione Kg/ora 4 3 3 5 tempo di programmazione per la configurazione del processo min 110 138 162 83 Tempi morti % 15 15 15 15 Montante ­ 1,15 1,15 1,15 1,15 Tempo di saldatura min 127 159 190 95 Costo della manodopera €/ora 25,00 25,00 25,00 25,00 Totale tempo impiegato ore 4,27 5,35 6,34 3,20 Totale dell a m anodopera € 106,69 133,69 158,54 80,10 Costo totale del ri porto € 683,00 1065,19 1159,13 873,60 Confronto costo % 100 156 170 128 Tabella 12 Analisi dei costi di pr ocesso Si può provare a valutare un secondo esempio di confronto tra i costi vivi per la realizzazione di uno stampo vetro dove il riporto sia stato eseguito rispettivamente con tecnologia PTA e con cannello, al fine di dare una stima del tempo di ritorno dell’investimento. Non è un caso che l’esempio venga riferito ad uno stampo vetro, dato che esso deve lavorare in condizioni critiche di temperatura, dal momento che durante la produzione il vetro viene fuso e ricotto a 1200 °C, infine la pasta pressata in elementi cavi.
60 Se invece si parla di vetromattone, sempre più impiegato nell’edilizia per la costruzione di piani di calpestio e chiusure trasparenti di sicurezza, o per realizzare pareti verticali non portanti, con un impiego analogo a quello dei comuni laterizi, si procede per la sua realizzazione ad uno stampaggio pressato. Nei conteggi seguenti, si fa riferimento al riporto per uno stampo per bottiglia bordolese, recipiente dalla forma cilindrica, spalle accentuate e collo corto. Ci si riferirà ad una serie di 20 stampi (due metà), con un tempo di programmazione e verifica ex novo stimato in 2 ore (anche se per una serie di 20 stampi esistono programmi di elaborazione in grado di eseguire il processo in 1 ora e 15 minuti). Anche in questo secondo caso dobbiamo tener conto del parametro relativo dei tempi morti: mentre il processo manuale di saldatura prevede circa un 50% di tempi morti, per un processo automatizzato tale percentuale si riduce al 15%. Per il processo PTA, in questo secondo esempio, va considerato che: ü il tempo di saldatura di uno stampo è stato calcolato in 24 minuti; ü la quantità di polvere impiegata è stata di 0.500 Kg, con un rendimento del 95 %; ü il gas considerato è Argon, al costo di 30 €/bombola, con un consumo di una bombola ogni 8 ore;
61 Per il processo di saldatura con cannello invece è stato considerato che: ü il tempo di saldatura di uno stampo è ancora di 24 minuti, ma dal momento che i tempi morti sono del 50 %, il tempo diventa di 48 minuti; per cui in 8 ore vengono saldati 10 stampi e quindi per stamparne 20 occorreranno 16 ore; ü la quantità di polvere per ogni stampo è di 0.600 Kg, in quanto il volume del deposito è meno controllabile del PTA. Il rendimento è del 60 %; ü i gas ossigeno/acetilenici costano almeno quattro volte più del gas argon. E’ stato ipotizzato un consumo equivalente di gas. La Tabella 13 riporta in forma sintetica i dati impiegati per l’ analisi comparativa dei costi dei due processi.
62 PRO C ES S O DI S ALDATURA PTA Cannello Tipo di processo Automatico M anuale Rendimento % 95 60 Materiale depositato per uno stampo Kg 0,500 0,600 Totale stampi ­ 20 20 Totale materiale depositato Kg 10 12 Costo Polvere €/Kg 30 30 Costo m aterial e deposi tato € 15,79 30,00 Costo Gas €/bombola 30 120 Totale costo gas per ogni stampo € 1,88 7,50 Totale costo gas € 37,50 150,00 tempo di programmazione per la configurazione del processo min 75 0 Tempi morti % 15 50 Montante ­ 1,15 1,5 Tempo di saldatura per un solo stampo min 24 24 Costo della manodopera €/ora 25,00 25,00 Totale tempo impiegato ore 10,45 24,00 Total e m anodopera 1 stam po € 13,06 20,00 Totale dell a manodopera € 261,25 600,00 Costo totale del ri porto per un solo stam po € 30,73 57,50 Tabella 13 confr onto costi PTA – cannello
63 Riguardo quest’ ultimo esempio vanno fatte alcune considerazioni. La polvere di apporto per saldatura per stampi di vetreria in ghisa ed in bronzo deve fondere indicativamente ad una temperatura di 1000 °C per evitare di danneggiare da un punto di vista metallurgico il metallo base. Solitamente, il materiale da apporto più indicato per tali esigenze contiene l’ 85 % di Nichel. Fino all’inizio del 2006 il Nichel ha subito gli aumenti fisiologici di un prodotto strategico. Successivamente, a seguito di una maggior richiesta da parte della Cina per la produzione di acciaio inossidabile, i prezzi sono lievitati mettendo in difficoltà il settore degli stampisti. Sono stati eseguiti dei calcoli allo scopo di valutare l’influenza esercitata da tali aggravi, prendendo a riferimento i valori riportati nella Tabella 14: Tabella 14 Var iazioni del costo del Nichel anni 2006­2007 Effettuando dei confronti sul costo di un collarino standard 89 x 47.6 mm e standard 105 x 66.7 mm, sia in ghisa che in bronzo, con varie modalità di riporto, si ottengono i risultati riportati nella Tabella 15:
64 Tabella 15 Var iazioni dei costi al var iare del prezzo del Nichel Consultandola si può vedere che l’incidenza del costo della polvere sul prezzo di vendita del collarino varia considerevolmente a seconda che il riporto sia superficiale o solo sullo spigolo. Questo significa che il processo PTA dovrà comunque svilupparsi ulteriormente in termini tecnologici, ad esempio nella movimentazione del pezzo, al fine di contenere maggiormente il costo del prezzo e la competitività sul mercato. L’ultima considerazione che si vuole analizzare durante il presente lavoro è l’impatto ambientale offerto dalla tecnologia PTA, e ancora una volta un suo confronto con gli altri processi. In effetti, l’impiego di lega metallica in polvere, come materiale d’apporto, ha suscitato perplessità in merito ad un eccessivo inquinamento dell’ambiente di lavoro. Studi commissionati e relativi ad una lega base Cobalto grado 6, solitamente la più impiegate nel plasma ad arco trasferito, e confrontati con i processi tradizionali di cannello OAW e filo animato FCAW, hanno mostrato come il PTA risulti meno inquinante, permettendone l’installazione anche in prossimità delle macchine utensili. Tale minor tasso di inquinamento ambientale viene determinato dalle caratteristiche dell’arco di plasma e dalla scelta delle polveri atomizzate con una ridotta percentuale di polvere extrafine (3 < %). Il contenimento della dispersione di polvere nell’ambiente, oltre a rappresentare un indiscutibile vantaggio economico, consente di rientrare nei limiti di inquinamento ambientale imposti dalle normative, ed in linea con la salvaguardia dello stato di salute degli operatori. I risultati ora discussi sono riportati nella Tabella 16: Cannello OAW Filo animato FCAW Plasma PTA LIMITI MASSIMI DI CONCENTRAZIONE (ammessi in Emilia Romagna) Polveri totali (PV) 1,50 90,1 10 < 10,0 Ossidi di azoto (NOX espressi come N02) 12,7 0,50 2,14 < 5,00 Monossidi di carbonio (CO) 8,20 12,3 1,17 <10,0 PROCESSO DI SALDATURA Tabella 16 Rilievi delle emissioni inquinanti PTA, OAW, FCAW
65 BIBLIOGRAFIA [1] S. Brown : Basics data of Plasma Phisics Massacchussets Institute of Technology (1959) [2] L. Pawloski : The science and Engineering of Thermal Spray Coatings, Wiley & Sons (1959) [3] M. Vardelle, A. Vardelle, P. Fauchais : Spray Parametrs and Particle Behaviour Relationahip During Plasma Spray Tech. (1959) [4] C. C. Chiu, Y. Liou : Residual stresses and stress­induced cracks in coated components, Thin Solid Films (1995) [5] S. Kuroda, T. Dendo, S. Kitahara : Quenching stress in plasma sprayed coatings and its correlation with the deposit microstructure, J. Thermal Spray Tech (1995) [6] Materials Engineering Institute : course 51 lessons ­ 1­5, ASM international (1992) [7] ASM International : ASM Handbook, vol. 6 welding brazing and soldering (1993) [8] A.S.C.M. d’ Oliveira, R. Vilar, C.G. Feder : High temperature behaviour of Plasma Transferred Arc and laser Co­based alloy coatings (2002) [9] B. H. Yoon, Y.S. Ahn, C. H. Lee : The effect of dilution on HAZ Liquation Cracking in PTAW Ni­Base superalloys overlay deposit (2001) [10] S. H. Kang, T. Shinoda, Y. Kato, H. S. Jeong : Thermal fatigue characteristics of PTA hardfaced steels (2001) [11] H. J. Kim, Y. J. Kim : Wear and corrosion resistance of PTA weld surfaced Ni and co­Based alloy layers (1999) [12] K. M. Kulkarni, V. Anand : Metals powders used for hardfacind, Metal Handbook vol. 7 (1984) [13] W. Xibao, W. Xiaofeng, S. Zhongquan : the composite Fe­ti­B­C coatings by PTA powder surfacing process (2004) [14] M. Akiyama, K. Tsobouchi, T. Okuyama, N. Sakaguki : application for plasma transferred arc welded tools during hot steel tube making [15] Bethlehem steel corporation (ISG), Oak Ridge National Laboratory : Large – scale evaluation of Nickel aluminide rolls in a heat – treat furnace at Bethlehem Steel’s (now ISG) burns Harbor plate mill (2003) [16] Automotive Steel Design Manual, section 4.3 Welding Processes (2000) [17] Commersald s.p.a. PTA news : incidenza dell’aumento del costo della polvere per saldatura sul costo degli stampi e degli accessori per stampi vetro (2007) [18] www.plasmateam.com
66 RINGRAZIAMENTI Ringrazio il Dott. Enrico Gibellieri. Ringrazio il C.S.M. s.p.a. di Castelromano (Roma) nella persona dell’Ing. Fabrizio Casadei. Ringrazio il Dott. Domenico Stocchi, del C.S.M. s.p.a. di Castelromano (Roma), già correlatore per il presente lavoro. Ringrazio l’ ICSIM , Istituto per la Cultura e la Storia d’ Impresa “Franco Momigliano”, e tutto il personale, in particolare il Dott. Andrea Tropeoli e il Dott. Simone Mazzilli. Ringrazio la Spett.le ditta Commensald s.p.a. per il materiale messo a disposizione.
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POLEGGI DIEGO (Relatore: Stocchi) - Centro Sviluppo Materiali S.p.A.