VOL Fed 53,6 4 -7,4% +0,5% QE2 1,86% La recente durata del regime di volatilità dei mercati azionari è stata superiore a quella dei due anni precedenti. Come spiegarlo? Pagina 2 La Federal reserve non ha alzato i suoi tassi d’interesse a settembre. Essa agirà con prudenza. Prevediamo un aumento di 75 pb da oggi a fine 2016. Pagina 4 Il livello ancora favorevole dell’indice dei direttori degli acquisti (PMI) non manifatturiero cinese come media nel 3° trimestre 2015. Pagina 5 condizioni necessarie per un trend rialzista duraturo delle azioni americane ed europee. Pagina 6 Forte caduta del mercato giapponese ad agosto, seguita da un ulteriore arretramento del 7,5% a settembre. Pagina 7 Performance delle obbligazioni Investment Grade americane a settembre, le sole a produrre un rendimento positivo. Pagina 10 della BCE: quando, come, quanto? Pagina 12 L’inflazione attesa a lungo termine secondo i sondaggi Survey Professional Forecasters (SPF) della BCE. Pagina 13 Rimbalzo malgrado l’assenza di momentum Ottobre 2015 Prospettive COMMENTO L’aumento della volatilità dei mercati non dovrebbe precludere un rimbalzo delle azioni dei mercati sviluppati Dopo essere rimasta relativamente contenuta per un lungo periodo, la volatilità dei mercati si è recentemente impennata. Come dimostra il grafico nella pagina a fianco, il Vix, un indice ampiamente utilizzato della volatilità del mercato azionario, si è trovato in un regime di rischio sistemico per 15 giorni quest’anno, rispetto a soli 2 giorni nel 2014 e a nessun giorno nel 2013. Come si spiega questo cambiamento? La maggiore volatilità dei mercati attualmente è in parte il risultato della scarsa visibilità sulla crescita economica e gli utili. Un altro importante fattore è costituito dalle politiche monetarie divergenti e incerte delle banche centrali. Christophe Donay Responsabile dell’asset allocation e della ricerca macroeconomica Chief Strategist Le banche centrali prestano infatti attenzione a limitare la volatilità dei mercati, poiché vogliono proteggere l’effetto ricchezza creato dall’allentamento quantitativo (QE) e mantenere bassi i costi di finanziamento al fine di sostenere la ripresa economica. Per questo motivo esse hanno mantenuto tassi d’interesse estremamente bassi per un periodo insolitamente lungo dopo la crisi del 2008-2009, e sviluppato la «forward guidance» per fare conoscere le loro intenzioni ai mercati. Questa logica è anche alla base dell'affermazione implicita del nuovo stile di politica monetaria di obiettivo di prezzi asimmetrici delle attività che mira a porre un limite inferiore al prezzo delle attività - come abbiamo spiegato in precedenza1. Tuttavia, l’ambizione delle banche centrali di limitare la volatilità dei mercati è attualmente in difficoltà, poiché le loro politiche sono scoordinate e sempre più incerte. Primo, le politiche delle banche centrali rimangono desincronizzate. La Federal reserve (Fed) statunitense e la Bank of England (BoE) hanno terminato il QE sono pronte ad alzare i tassi d’interesse. La Bank of Japan (BoJ) e la Banca centrale europea (BCE) continuano invece il QE e probabilmente lo intensificheranno a causa della bassa inflazione e della crescita economica fiacca. Anche la People’s Bank of China (PBoC) sta allentando la sua politica monetaria, seppure utilizzando strumenti diversi da quelli utilizzati dalla BoJ e dala BCE. Infine, le banche centrali dei mercati emergenti sono combattute tra l’esigenza di tagliare i tassi d’interesse al fine di contrastare la debolezza della crescita economica e quella di attuare una stretta per ridurre i deflussi di capitali con l’avvicinarsi dell’aumento dei tassi della Fed. Secondo, vi è incertezza sulle intenzioni delle banche centrali. Ciò è in parte dovuto alla scarsa visibilità che sta complicando il loro processo decisionale. Questo risulta evidente dai tentativi della Fed a settembre che, mentre teneva fermi i tassi d’interesse, continuava a fare trapelare un rialzo dei tassi nel 2015, per poi rimettere tutto in dubbio appena due settimane dopo visti i dati deludenti sull’occupazione. Con l’economia globale debole, le banche centrali devono inoltre tenere sempre più conto nel loro processo decisionale di condizioni economiche esogene su cui non hanno controllo. La Fed ha fornito ancora una volta un buon esempio rinviando a settembre l’aumento dei tassi in parte a causa dei timori sull’impatto del rallentamento in Cina. Ma questo aggiunge un altro elemento di incertezza alla valutazione dei mercati sulla politica della Fed. Risultato, confusione per i mercati e forte aumento della volatilità. Difficilmente tutto questo cambierà nel breve termine. Le politiche delle banche centrali rimarranno desincronizzate, dato che la BCE e la BoJ sono ancora nella fase relativamente iniziale del loro QE e difficilmente seguiranno la Fed e la BoE nella restrizione monetaria ancora per |2| prospettive|ottobre 2015 INDICE VIX, CHE MISURA LA VOLATILITÀ IMPLICITA DEL MERCATO AZIONARIO AMERICANO (S&P 500) 48 Rischio sistemico 44 Timori per la Cina 40 36 32 Preoccupazioni per la crescita Peso argentino e mercati emergenti 28 24 Regime di volatilità standard Tapering della Fed: previsione dell'inizio 20 Shutdown Stati Uniti Crimea Grecia Russia Grecia 16 12 Basso rischio 8 Gen 13 Apr 13 Lug 13 Ott 13 Gen 14 Apr 14 Lug 14 Ott 14 Gen 15 Apr 15 Lug 15 Ott 15 Fonte: Pictet WM - AA&MR, Datastream qualche anno. Anche la scarsa visibilità continuerà - più in particolare, anche se i dati dalla Cina nel quarto trimestre potrebbero riuscire a calmare i timori immediati circa una crisi economica, la protratta transizione economica della Cina è lontana dall’essere completa e servirà del tempo perché la sua economia prenda una traiettoria più stabile, il paese rimarrà pertanto una fonte di instabilità per l’economia globale. Da un lato, le banche centrali supportano largamente i mercati, cosa che gioca a favore di ulteriori rialzi dei prezzi delle azioni. Dall’altro, nonostante le loro migliori intenzioni, la desincronizzazione delle politiche delle banche centrali e l’incertezza sui temi delle decisioni di politica monetaria significa che la volatilità è destinata a rimanere elevata. Questa analisi supporta la nostra sovrapponderazione delle azioni dei mercati sviluppati, ma richiede anche una continua robusta diversificazione al fine di ridurre l’impatto della volatilità sui portafogli, che noi otteniamo mediante gli US Treasury e titoli a contenuto azionario decorrelati dalle azioni. 1 V. Prospettive, giugno 2015, «Tema del mese – Un nuovo stile di politica monetaria e le sue conseguenze»; ed anche The Financial Times, 19 agosto 2015, «Overvalued Equities Can Keep Rising». «Prospettive» è disponibile anche online. Seguite quotidianamente e abbonatevi alle nostre opinioni sull’economia, i mercati e le tendenze secolari sul sito http://perspectives.pictet.com prospettive|ottobre 2015 |3| MACROECONOMIA I segnali di rallentamento rientrano I timori di rallentamento dell’economia globale vengono gradualmente superati grazie agli indicatori anticipatori. Tuttavia, le minacce di deflazione preoccupano le banche centrali, che adeguano la loro politica monetaria. Christophe Donay, Bernard Lambert e Nadia Gharbi I segnali di rallentamento provenienti dalla Cina durante l’estate - nuove misure di allentamento monetario, svalutazione dello yuan e politica fiscale più accomodante - avevano fatto sorgere dubbi sulle prospettive della crescita globale. La crescita globale caratterizzata da mancanza di accelerazione I timori di rallentamento della crescita globale si stanno progressivamente dissipando. In particolare, le forti preoccupazioni riguardo al ciclo economico cinese, che ci erano sembrate infondate, vengono riassorbite. Gli ultimi indicatori anticipatori, come gli indici dei direttori degli acquisti, suggeriscono una crescita annua di circa il 7%, mentre le stime più pessimiste oscillano ancora intorno al 4%. Inoltre, seppur priva di slancio, la crescita americana prosegue a ritmo sostenuto, intorno al 2,4% come media annua per il 2° semestre e per il 2016. Nell’eurozona, le statistiche più recenti hanno fugato i dubbi di un rallentamento dell’attività, portandoci a confermare la nostra stima di crescita dell’1,5% per il 2015 e dell’1,7% per il 2016. Inoltre, la desincronizzazione delle politiche monetarie persiste. In un contesto in cui le aspettative d’inflazione sono in forte discesa sulle due sponde dell’Atlantico, la BCE resta accomodante e pensa persino di estendere il suo programma di allentamento quantitativo. La Fed si mostra più restrittiva e dovrebbe alzare i suoi tassi di riferimento a marzo 2016. Le autorità cinesi da parte loro perseguono una politica di tipo «stop and go», a seconda dell’andamento del ciclo economico. Dopo i recenti segnali di rallentamento, esse restano attualmente in modalità «go», procedendo ad abbassamenti dei coefficienti di riserva obbligatoria delle banche (50 punti base il 25 agosto al 18%) e a tagli dei tassi di riferimento (25 punti base al 4,6% sempre il 25 agosto). Queste misure di politica monetaria sono accompagnate da misure di bilancio (per maggiori dettagli, v. alla pagina seguente). La mancanza di accelerazione dovrebbe comunque continuare a caratterizzare la crescita globale nei prossimi mesi. Stati Uniti: la crescita dovrebbe restare solida L’economia americana è strattonata tra potenti forze negative e positive. Tra le prime abbiamo l’apprezzamento del dollaro, la debolezza della crescita globale, le tensioni dei mercati finanziari e l’impatto negativo del calo del prezzo del petrolio sul settore petrolifero domestico. Le seconde comprendono la dinamica positiva dell’occupazione e del credito, la forte ripresa nel settore immobiliare, l’impatto |4| favorevole del calo del prezzo del petrolio sul reddito reale delle famiglie e la ripresa della spesa pubblica. Per effetto di queste forze contraddittorie, la domanda interna – in particolare i consumi – aumenta vigorosamente, mentre il commercio estero incide molto negativamente sulla crescita. Il bilancio di questi sviluppi opposti non è facile da stimare. Vista l’importanza dei consumi (circa il 70% del PIL) e considerato che il crollo degli investimenti nel settore petrolifero nel 1° semestre sembra terminato, restiamo relativamente ottimisti e prevediamo una crescita solida (2,4% in media) nel 2° semestre di quest’anno e nel 2016 (2,4% come media annuale). Le incertezze che pesano sulla crescita globale, l’ulteriore apprezzamento del dollaro e l’aumento della tensione sui mercati finanziari hanno tuttavia generato rischi ribassisti non trascurabili. «La Fed funziona oggi in modalità “gestione del rischio”. Lo scenario più probabile per la banca centrale consisterà indubbiamente nell’aspettare fino a marzo 2016 prima di alzare i suoi tassi d’interesse» La Federal reserve (Fed) alla fine non ha alzato i suoi tassi d’interesse a settembre, a causa delle incertezze sulle prospettive di crescita nelle economie emergenti, ma anche della stretta della situazione finanziaria interna e del peggioramento delle prospettive d’inflazione. La Fed funziona oggi in modalità “gestione del rischio”. Lo scenario più probabile per la banca centrale consisterà indubbiamente nell’aspettare fino a marzo 2016 prima di alzare i suoi tassi d'interesse. In ogni caso, essa si muoverà con estrema prudenza. Prevediamo pertanto un aumento dei tassi d'interesse non superiore a 75 punti base da oggi a fine 2016. Eurozona: la BCE sempre più sotto pressione Nell’eurozona, l’inflazione complessiva è tornata in territorio negativo per la prima volta in sei mesi, arretrando dello 0,1% anno su anno a settembre. Questa debolezza deve tuttavia essere relativizzata, essendo attribuibile essenzialmente al forte calo dei prezzi dell’energia. Escludendo le componenti volatili (alimentari ed energia), l’inflazione sottostante è rimasta stabile allo 0,9% anno su anno. I prezzi dei servizi, che riflettono meglio la domanda interna, sono aumentati. Tuttavia, il calo dei prezzi delle commodity e l’apprezzamento del tasso di cambio effettivo in termini reali hanno fatto peggiorare le prospettive d’inflazione. Le aspettative inflazionistiche a lungo termine, misurate dal tasso di breakeven del forward swap, sono in flessione prospettive|ottobre 2015 ASPETTATIVE D’INFLAZIONE A 5 ANNI SU CINQUE ANNI SECONDO I TASSI SWAP PER GLI STATI UNITI E L’EUROPA Le prospettive d’inflazione si riavvicinano ai minimi osservati a inizio anno. % 3.9 Euro 2% Dollaro USA 3.4 2.9 2.4 1.9 1.4 12.09 12.10 12.11 12.12 12.13 12.14 12.15 Fonte: Pictet PWM – AA&MR, Datastream tendenziale da inizio luglio e hanno ormai raggiunto il loro minimo dallo scorso febbraio (1,56%). Un intervento della BCE è quindi probabile nei prossimi mesi (per maggiori dettagli, v. «Tema del mese» a pagina 12). Nel contempo, i sondaggi congiunturali (indice dei direttori degli acquisti/PMI, sondaggi della Commissione europea) per il 3° trimestre hanno rilevato una relativa resistenza, malgrado le preoccupazioni riguardo all’economia cinese. Essi indicano una crescita del PIL intorno allo 0,4% rispetto al trimestre precedente per fine anno. In questo contesto, il nostro scenario macroeconomico per l'eurozona rimane invariato. Prevediamo una crescita del PIL dell’1,5% per il 2015, guidata dalla domanda interna. Quest’ultima dovrebbe continuare a beneficiare della normalizzazione del mercato del lavoro, dell’inflazione contenuta, della progressiva ripresa della fiducia delle famiglie e dell’aumento del credito al settore privato. La domanda interna dovrebbe pertanto parzialmente compensare la probabile debolezza delle esportazioni, legata al rallentamento della domanda proveniente dal taluni paesi emergenti. Anche se la situazione rimane molto incerta e la lettura delle statistiche assai problematica, sembra che il peggioramento dell’economia si sia fermato. Sicuramente è ancora troppo presto per parlare di miglioramento, ma la stabilizzazione degli indici dei direttori degli acquisti (PMI) per il settore manifatturiero a settembre e il proseguimento del rimbalzo dei prezzi degli immobili appaiono relativamente incoraggianti, così come la buona tenuta dei consumi e un livello ancora favorevole del PMI non manifatturiero (53,6 in media nel 3° trimestre). Parallelamente, le misure di sostegno alla crescita si moltiplicano. Le imposte sugli acquisti di automobili sono state ridotte, la percentuale dei mezzi propri necessari per l’acquisto di una abitazione anche, le iniezioni di liquidità continuano e, soprattutto, il ritmo di autorizzazione dei progetti di infrastrutture ha registrato una accelerazione, mentre i dirigenti regionali sono stati caldamente incoraggiati a spendere i budget a loro disposizione. Un hard landing dell’economia a nostro avviso rimane dunque poco probabile. Al contrario, sebbene i rischi che pesano sulla crescita a medio termine restino importanti, un leggero miglioramento dell’economia nel corso dei prossimi mesi appare lo scenario più verosimile. Cina: timidi segnali di stabilizzazione dell’economia Nelle ultime settimane le preoccupazioni in merito all’entità del rallentamento della crescita cinese sono rimaste elevate. prospettive|ottobre 2015 |5| STRATEGIA I motori di performance non hanno potenza Un rialzo dei mercati azionari può essere duraturo solo se i quattro principali motori di performance funzionano simultaneamente. Un cambiamento di percezione è stato all’origine della correzione dei mercati ad agosto e settembre. Ma il rimbalzo dei mercati è in corso. Christophe Donay, Jacques Henry, Luc Luyet e Alexandre Tavazzi MERCATI FINANZIARI Performance in % degli indici finanziari in moneta locale. Dati al 30.09.2015 Indice Dal 31.12.2014 Mese precedente Azioni statunitensi* USD S&P 500 -5.3% -2.5% Azioni europee* EUR Stoxx600 4.3% -4.0% Azioni mercati emergenti* USD MSCI Emerging Markets -15.2% -3.0% US Treasury* USD ML Treasury Master 1.8% 0.9% Obbligazioni societarie investment grade statunitensi* USD ML Corp Master -0.1% 0.5% Obbligazioni societarie high yield statunitensi* USD ML US High Yield Master II -2.5% -2.6% Hedge fund USD Credit Suisse Tremont Index global** 0.8% -2.0% Commodity USD Reuters Commodities Index -15.7% -4.1% Oro USD Oncia troy oro -6.1% -1.4% I timori riguardanti la crescita globale e l’anticipazione dell’aumento dei tassi da parte della Fed sono stati una fonte di preoccupazione importante che ha pesato sui mercati alla fine dell’estate. Il rinvio di questo aumento a marzo 2016 dovrebbe però contribuire ad un rimbalzo dei mercati nel 4° trimestre, come testimonia il rialzo dell’8% da fine settembre. Inoltre, anche una seconda ondata di allentamento quantitativo della BCE dovrebbe sostenere i corsi, in aggiunta al miglioramento delle statistiche economiche cinesi nel 4° trimestre. Rimbalzo in vista per le attività rischiose Nell’attuale contesto, l’affermazione di un trend rialzista duraturo delle azioni americane ed europee necessita idealmente di quattro condizioni (motori): • una espansione sincronizzata dei principali cicli economici (Stati Uniti, Europa e Cina). Questi sono sicuramente in espansione, ma differiscono sensibilmente quanto a ritmo di crescita. Inoltre, mancano di momentum poiché la |6| * Dividendi/cedole reinvestiti ** fine agosto 2015 crescita non accelera più (per maggiori dettagli, v. «Macroeconomia») • politiche monetarie delle grandi banche centrali che siano cooperative, omogenee e sincronizzate. Queste tre condizioni non sono verificate • una crescita degli utili resistente e a due cifre. Con stime per il 2016 leggermente inferiori al 10% per i principali mercati sviluppati (dopo una crescita del 5% per le società europee), questo criterio non è soddisfatto • infine, livelli delle valutazioni ragionevoli, che offrano un potenziale di espansione dei multipli. Su questo punto, la correzione dei mercati ad agosto e settembre ha compresso le valutazioni, creando effettivamente un potenziale di miglioramento. La correzione dei mercati è stata alimentata dai timori legati alla crescita globale, sulla scia delle notizie provenienti dalla Cina, e dalla prospettiva di un aumento dei tassi d’interesse da parte della Fed in occasione della sua riunione di settembre. Nella misura in cui la Cina rassicura, in cui la Fed dimostra capacità di trattenersi rinviando la stretta al 2016 e in cui la BCE si appresta ad attuare il suo QE2, un rimbalzo tattico delle attività rischiose (azioni sviluppate ed emergenti, obbligazioni societarie investment grade e high yield, nonché obbligazioni dei mercati emergenti in moneta locale) sembra lo scenario più probabile. In una settimana e mezza, le azioni dei mercati sviluppati hanno infatti già espresso un rimbalzo di circa l’8%. I titoli di Stato hanno protetto i portafogli a settembre Dopo un mese di agosto deludente, i titoli di Stato hanno giocato il loro abituale ruolo di protezione nell’ambito di un portafoglio bilanciato. Mentre l’indice S&P 500 ha perso il 2,5%, gli US Treasury a 10 anni hanno guadagnato l’1,4%. Il comportamento è stato analogo in Europa, con una perdita del 4% per lo Stoxx Europe 600, in parte compensata da un guadagno dei Bund tedeschi del 2%. Anche l’andamento delle obbligazioni americane ed europee è stato convergente, e la correlazione tra loro (che era diminuita) si è riavvicinata ai massimi tra metà settembre e fine mese. I mercati finanziari giapponesi non si sono comportati come i loro omologhi americani ed europei: i titoli di Stato a 10 anni hanno guadagnato solo lo 0,9% ad agosto e settembre, contro un ribasso del 14,3% dell’indice TOPIX nello stesso periodo. prospettive|ottobre 2015 Arretramento delle azioni a settembre Il ribasso dei mercati azionari, innescato inizialmente dal cambiamento di politica valutaria in Cina ad agosto, si è prolungato a settembre con le incertezze gravanti sulla crescita globale. Le difficoltà incontrate dal gruppo Volkswagen hanno ulteriormente accentuato i dubbi degli investitori sull’andamento degli utili delle grandi imprese esportatrici europee. Il mese di settembre è stato pertanto caratterizzato da un generale arretramento dei corsi. I due argomenti attualmente al centro della discussione (domanda cinese e industria tedesca) si sono riflessi nella performance dei diversi indici borsistici. Gli indici MSCI Latin America, TOPIX e Dax hanno perso rispettivamente il 7,7%, il 7,5% e il 5,8%. I mercati che hanno una crescita economica più dipendente da elementi interni se la sono cavata meglio, pur restando in territorio negativo. In un contesto in cui la crescita diviene una rarità, la leadership del mercato è rimasta invariata dall’inizio del ribasso. I settori e le imprese capaci di generare crescita vengono chiaramente favoriti a scapito dei titoli con valutazioni basse, che hanno fondamentali spesso controversi. La sovraperformance è destinata a perdurare fino a quando i dubbi sulla crescita mondiale non saranno dissipati. Questa divergenza nelle performance, iniziata nella primaversa 2015, crea un differenziale di valutazioni prospettive|ottobre 2015 particolarmente importante tra i titoli attualmente favoriti dagli investitori e il resto del mercato. Bisognerà probabilmente attendere una stabilizzazione della situazione macroecomica perché questa divergenza diminuisca. Correzione delle azioni giapponesi a settembre Il mercato giapponese, che era in vantaggio rispetto agli altri mercati azionari sviluppati, è crollato negli ultimi due mesi, con una flessione del 7,4% ad agosto seguita da un ulteriore arretramento del 7,5% a settembre. La progressione dal 1° gennaio al 30 settembre, a dividendi reinvestiti, è ormai solo del 4,3%. L’analisi dei flussi mostra che gli investitori esteri hanno venduto massicciamente le azioni giapponesi a partire da metà agosto. Questo movimento si è verificato in concomitanza con il completamento della riallocazione del fondo pensionistico giapponese GPIF (Government Pension Investment Fund), dato che la ponderazione delle azioni giapponesi nel fondo ha raggiunto il 23,9%, contro un livello obiettivo medio del 25%, I dati economici rimangono contrastati e inferiori rispetto alle attese, come la produzione industriale che è calata dello 0,5% ad agosto. sono comunque l’unico paese a soffrire di questi mali. Soprattutto in Europa e in Giappone, le banche centrali stanno lottando per spingere l’inflazione verso l’obiettivo del 2%. Mentre la Fed preferisce temporeggiare, le probabilità che altre banche centrali debbano rafforzare il loro stimolo monetario sono significativamente aumentate. In sintesi, malgrado il rinvio dell’aumento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti, potenzialmente fino al 2016 visti i dati deludenti sull’occupazione del 2 ottobre, la divergenza delle politiche monetarie dovrebbe rimanere un fattore chiave dei movimenti dei cambi, favorendo un rafforzamento del dollaro USA. Ancora nessun rialzo dei tassi negli Stati Uniti L’aumento delle incertezze riguardo alla crescita economica estera e le pressioni ribassiste sull’inflazione hanno probabilmente prevalso sull’intenzione della Fed di alzare i tassi d’interesse. Gli Stati Uniti non |7| FATTI SALIENTI NEL MONDO La crescita globale perde il suo slancio L’economia globale è relativamente robusta. Ma la crescita manca di dinamismo e le statistiche economiche recenti hanno deluso, contribuendo ad una diminuzione dell’ottimismo sui mercati azionari, che prevaleva ancora quest’estate. Tuttavia, dati sulla crescita favorevoli nei prossimi mesi potrebbero attenuare le percezioni negative e favorire un rimbalzo dei listini. 53,9 La ripresa economica britannica in perdita di velocità. L’indice dei direttori degli acquisti (PMI) è sceso, da 55,4 ad agosto a 53,9 a settembre, il suo livello più basso da aprile 2013. 48,6 Il settore manifatturiero canadese ha toccato un minimo record a settembre, per le perduranti ripercussioni negative sull’economia del calo del prezzo del petrolio. Il PMI manifatturiero è sceso a 48,6 lo scorso mese, rispetto a 49,4 ad agosto, il suo minimo da cinque anni a questa parte. 53,1 I consumi americani rimangono sostenuti, ma il settore manifatturiero risente della domanda esterna fiacca. Il PMI manifatturiero, pur essendo leggermente migliorato a 53,1 a settembre rispetto a 53,0 ad agosto, è rimasto al suo secondo livello più basso da ottobre 2013. 47,0 Il PMI manifatturiero del Brasile è salito a 47,0 a settembre, contro 45,8 ad agosto. Questo settore è tuttavia in contrazione per l’ottavo mese consecutivo. L’economia del paese sta vivendo la sua peggiore recessione da 25 anni a questa parte. |8| prospettive|ottobre 2015 0,75% La banca centrale norvegese ha ridotto il suo tasso di riferimento allo 0,75%, il livello più basso mai registrato. Essa ha annunciato che la crescita dovrebbe rimanere modesta «per un periodo più lungo del previsto», sulla scia del calo dei prezzi del petrolio e della flessione degli investimenti nel settore petrolifero 49,8 Il PMI manifatturiero cinese è leggermente aumentato a 49,8 a settembre, da 49,7 ad agosto, ma resta in territorio di contrazione. Il rallentamento della Cina ha costituito una fonte importante di preoccupazione per i mercati finanziari mondiali, anche se potrebbe avere raggiunto il suo minimo. -5,7% In Giappone, gli ordinativi sottostanti di macchinari, un indicatore anticipatore della spesa, sono crollati del 5,7% ad agosto, dopo il ribasso del 3,6% a luglio. Questi dati deludenti affondano le speranze della Bank of Japan su una ripresa della spesa delle imprese. -5,2% L’economia tedesca appare resistente, con i consumatori che beneficiano di redditi reali più elevati e prezzi dell’energia più bassi. Tuttavia, la domanda esterna debole dovrebbe pesare sulla crescita. Le esportazioni hanno subìto una flessione del 5,2% ad agosto, il calo più marcato in sei anni. prospettive|ottobre 2015 |9| CLASSI DI ATTIVITÀ Rimbalzo in vista per le attività rischiose I timori legati alla crescita globale sono in progressiva dissipazione. Le principali banche centrali stanno inoltre conducendo politiche monetarie tuttora accomodanti. Dopo una correzione alla fine dell’estate, le attività rischiose dovrebbero rimbalzare. Azioni La correzione è proseguita Dalla Cina agli altri mercati, i timori legati alla crescita si propagano. «Dove va la crescita globale?», questa è la domanda apparentemente nella testa di ciascun investitore. In assenza di una risposta chiara, la fase di correzione delle attività rischiose è continuata a settembre, trascinando tutti i mercati azionari in territorio negativo. L’ampiezza dell’arretramento è funzione delle preoccupazioni del mercato, con i mercati legati alla domanda cinese, come l’America latina e il Giappone, che hanno perso rispettivamente il 7,7% e il 7,6%. Il mercato tedesco, travolto dai problemi del gruppo Volkswagen, ha perso quasi il 6%, con pesanti conseguenze sull’indice Stoxx Europe 600, che ha lasciato sul terreno il 4%. Lo S&P 500, i cui utili sono meno esposti all’economia globale, nello stesso periodo ha perso «solo» il 2,5%. Le incertezze attuali si riflettono nel livello elevato della volatilità, che a fine settembre era al 24% negli Stati Uniti e al 32% in Europa. La nostra analisi mostra che una volta raggiunti, questi livelli elevati tendono a durare diverse settimane. Le stime di crescita degli utili per il 2015 sono variate di poco nello scorso mese, restando all’1% per lo S&P 500, al 6,3% per lo Stoxx 600 e al 20,5% per il TOPIX. Per il 2016, i tassi di crescita previsti sono rispettivamente del 9,6%, del 9,3% e dell’8,3%. Da notare l’evidente erosione rispetto ai tassi a due cifre formulati a maggio. Con il ribasso degli indici, le valutazioni sono migliorate, ritornando verso le loro medie a lungo termine con rapporti prezzo/utile di 14,5 per lo S&P 500, di 13,3 per lo Stoxx 600 e di 12,4 per il TOPIX. |10| Obbligazioni Buona performance dei titoli di Stato dei mercati sviluppati L’atteggiamento della Fed favorisce i titoli di Stato dei mercati sviluppati sulla parte lunga della curva, ma non porta la calma sui mercati emergenti. L’immobilismo e le parole accomodanti della Fed hanno sorpreso i mercati a settembre, alimentando le previsioni di un allentamento monetario aggiuntivo da parte della BCE. La prospettiva di un proseguimento della politica economica espansionistica ha favorevolmente influenzato i titoli di Stato. Il rendimento degli US Treasury a 10 anni è sceso di 18 pb al 2,04%, offrendo una performance mensile dell’1,3%. Il rally è stato più pronunciato per i Bund, con un rialzo dell’1,9% e un tasso che si è attestato allo 0,59%. Nel mese, le curve di rendimento si sono appiattite, con le scadenze pari o superiori a 5 anni che hanno beneficiato di una discesa più pronunciata dei tassi. Il tasso trentennale tedesco ha registrato l'invidiabile performance del 4,1%. Lo spread tra i tassi decennali dei paesi periferici europei e quello della Germania è diminuito. La Spagna ha fatto eccezione, a causa dei timori legati alle elezioni in Catalogna. Dopo che questi ultimi sembrano essere svaniti, lo spread ha chiuso il mese su livelli invariati. Infine, i titoli di Stato dei mercati emergenti sono rimasti vittima dell’avversione al rischio dei mercati, esprimendo un rendimento del -1,2% in dollari USA e del -0,3% in moneta locale. L’America Latina e l’Asia sono state particolarmente colpite, con performance rispettivamente del -2,7% e del -0,8% in dollari. Obbligazioni societarie L’HY e l’Europa soffrono Il mercato delle obbligazioni societarie rimane sotto pressione, con una performance negativa dell’High Yield americano ed europeo. Timori specifici, legati a Glencore e VW, hanno avuto inoltre un impatto sul segmento Investment Grade europeo. Il mercato delle obbligazioni societarie ha registrato performance contrastate. L’andamento delle obbligazioni Investment Grade (IG) europee è stato buono. In effetti, sono le sole obbligazioni ad avere ottenuto una performance mensile positiva (0,5%), beneficiando probabilmente dell’atteggiamento più accomodante del previsto della Fed. Gli spread si sono allargati solo di 8 pb, mentre nel segmento High Yield (HY) il movimento è stato di 78 pb. Quest’ultimo segmento è peraltro in difficoltà, avendo chiuso settembre con un -2,6%, senza alcun settore in territorio positivo a causa della riluttanza del mercato ad assumere rischio. L’energia prosegue la sua discesa in picchiata, con una perdita del 5% da agosto e del 12% da inizio anno. Anche il settore delle telecomunicazioni è in forte arretramento (-5,3%), mentre i servizi di pubblica utilità perdono il 2,4%. In Europa, l’emorragia ha toccato anche l’IG, in terreno negativo con un -0,7% a seguito dello scoppio dello scandalo VW e ai timori riguardanti Glencore, in relazione al calo dei prezzi delle commodity. I produttori di automobili hanno chiuso il mese al -3,5%. Anche l’HY soffre, perdendo il 2,5%, con il segmento delle imprese non finanziarie che registra un ribasso del -3%. Gli spread in Europa sono in notevole allargamento sui due segmenti, con un aumento di 25 pb per l’IG e di 88 pb per l’HY. prospettive|ottobre 2015 Hedge fund I punti di forza delle strategie long/short equity I gestori long/short equity dimostrano capacità di generazione di alfa positivo e di protezione dai ribassi mentre i mercati cadono in preda ai timori di deflazione globale a causa della Cina. La fine dell’estate è stata piuttosto turbolenta quando la Cina ha innescato una ondata di vendite sui mercati globali. Nel crollo delle azioni in tutto il mondo, i gestori long/short equity hanno ridotto le loro esposizioni solo marginalmente e tratto vantaggio della discesa dei prezzi per incrementare le posizioni core o adattare i loro book short, sovraperformando i mercati in termini relativi. I nomi Internet e della salute più seguiti che sono usciti malconci ad agosto hanno ovviamente influito negativamente sui rendimenti dei book long, in particolare per i gestori focalizzati sugli Stati Uniti. Ma la debolezza dei mercati emergenti e l’esposizione verso i settori ciclici e del petrolio/gas si sono dimostrate positive, offrendo opportunità interessanti sul lato short. In particolare i gestori focalizzati sull’Europa avevano sofferto all’inizio dell’anno per il mercato azionario rialzista alimentato dal QE, in cui le forti correlazioni tra i vari titoli lasciavano poche possibilità di stock picking. Al contrario, le crisi greca e cinese nell’estate hanno segnato la fine del rally indiscriminato e il ritorno della divergenza nelle valutazioni azionarie, che i gestori sono stati in grado di sfruttare tramite i loro book sia long che short. Per il futuro, prevediamo che la generazione di alfa positivo continuerà, anche se i gestori che saranno capaci di effettuare una copertura tattica dei loro portafogli o assumere posizioni nette short potrebbero essere meglio posizionati in un contesto macro in deterioramento. prospettive|ottobre 2015 Metalli preziosi Cambi Lo scandalo Volkswagen (VW) ha avuto un effetto significativo sul platino e il palladio, due metalli utilizzati nei catalizzatori per le automobili. La Federal reserve non ha alzato i suoi tassi d’interesse a settembre, senza peraltro indebolire il dollaro. L’effetto Volkswagen La frode di VW sulle reali emissioni di ossidi di azoto (NOx) evidenzia il lato poco ecologico delle vetture diesel e questo che dovrebbe nuocere alla loro domanda. Aumentano anche le probabilità che si affermino standard ambientali più rigorosi in Europa (il maggior utilizzatore di vetture diesel al mondo) relativamente alle emissioni di NOx. Senza contare che dopo lo scandalo VW, la mancanza di test antinquinamento seri è stata ormai acclarata. In Europa, la differenza tra le emissioni di CO2 dichiarate e quelle reali sarebbe di quasi il 40%. Una soluzione al problema delle emissioni di NOx non dovrebbe implicare necessariamente un maggiore utilizzo di platino, ma probabilmente costi (di manutenzione o di fabbricazione) più elevati, nonché una riduzione della potenza dei motori - un corollario poco gradito ai guidatori. Sui mercati, ciò si traduce in una caduta del prezzo del platino (-10,2% nel mese), visto il grande utilizzo nei catalizzatori diesel e quello, marginale, nei catalizzatori a benzina. Al contrario, il palladio, utilizzato principalmente nei motori a benzina, ha visto il suo prezzo rimbalzare (+8,6% nel mese). A più lungo termine, dato che le prospettive di vendita delle vetture diesel sono notevolmente peggiorate, una riduzione della domanda industriale di platino dovrebbe trasformarsi in un aumento, di minore entità, della domanda di palladio. Quest’ultimo rimane pertanto il metallo prezioso più interessante. Il dollaro si affranca dalla Fed Il dollaro non ha risentito della decisione della Fed di non alzare i tassi a settembre. In causa, la Banca centrale europea (BCE), che il 3 settembre ha indicato di essere pronta a intensificare il proprio stimolo monetario, riducendo l’attrattiva dell’euro; un apprezzamento troppo marcato dello yen avrebbe invece un effetto disinflazionistico particolarmente indesiderato, visto che il dato dell’inflazione della Bank of Japan è appena passato in territorio negativo. In aggiunta, il recente ribasso dei tassi d’interesse in Norvegia, abbinato ad una forte revisione al ribasso della loro evoluzione, conferma che le banche centrali dei mercati sviluppati legati alle commodity dovranno mantenere un atteggiamento accomodante per sostenere le prospettive di crescita interna. Infine, anche se il temporaneo rinvio della Fed è favorevole per le monete emergenti, la maggior parte di queste ultime ha altri gravi problemi strutturali, come dimostra, tra l’altro, il declassamento del rating creditizio del Brasile a «speculativo» da parte dell’agenzia Standard & Poor’s. Nel contempo, il franco svizzero è ha raggiunto la soglia di 1,10 contro euro, grazie al contributo congiunto di una moneta elvetica più debole e di un euro forte. Con la probabile perdita di forza dell'euro per l'ulteriore stimolo della BCE, il CHF dovrebbe indebolirsi gradualmente a causa dei tassi d'interesse negativi e della domanda interna fiacca. |11| TEMA DEL MESE - IL QE DELLA BCE QE2 BCE: quando, come, quanto? La BCE potrebbe essere costretta a espandere il suo programma di QE come durata, dimensione o entrambe, in funzione della natura e dell’entità degli choc. La BCE è chiamata ad allentare ulteriormente la sua politica monetaria. Questa volta, la pressione viene dagli choc esogeni - un rallentamento più brusco del previsto della crescita dei mercati emergenti, un ulteriore calo del petrolio e un nuovo apprezzamento del cambio «trade weighted» dell’euro. Quest’ultimo è stato alimentato da una Fed più accomodante, che minaccia alla fine di forzare la mano della BCE. Se necessario, la BCE intensificherà il suo Quantitative Easing (QE) in molti modi, ma potrebbe non avere a disposizione un nuovo strumento per impressionare il mercato. Cambiamento di contesto Da quando Mario Draghi è entrato in carica a novembre 2011, la BCE ha dovuto allentare la sua politica monetaria in cinque principali ondate: tagli dei tassi e LTRO1 a 3 anni a fine 2011, OMT2 a metà 2012, forward guidance a metà 2013, tasso sui depositi negativo, TLTRO3 e QE titoli privati a metà 2014 e, infine, QE titoli di Stato a inizio 2015. 1 2 3 Long Term Refinancing Operations Outright Monetary Transactions Targeted Longer-Term Refinancing Operations Frederik Ducrozet Senior Economist Europa |12| Un numero crescente dei partecipanti di mercato si attende ora che la BCE espanda il suo programma QE in termini di durata (oltre settembre 2016) o di importo degli acquisti mensili (dagli attuali EUR 60 miliardi). L’odierno scenario economico e finanziario è comunque diverso rispetto al 2011. • La ripresa dell’eurozona continua, dopo essere sopravvissuta ai rischi sistemici di quest’anno - la minaccia della Grexit, i timori di deflazione e la turbolenza dei mercati finanziari cinesi. Cosa più importante, la ripresa è sempre più guidata dalla domanda interna e alimentata dal credito bancario al settore privato non finanziario, un modello che a nostro avviso dovrebbe perdurare. Escludendo un hard landing, ciò significa che la minaccia di un rallentamento della Cina può essere compensata da maggiori consumi privati, maggiori investimenti e un mix di politica monetaria molto accomodante nell’eurozona. • La aspettative sull’inflazione si erano inizialmente stabilizzate in risposta alle azioni della BCE nel 1° trimestre di quest’anno, prima di essere trascinate ulteriormente verso il basso dalla discesa dei prezzi delle commodity. La BCE comunque non può fare molto di più per fare aumentare le aspettivative d’inflazione basate sul mercato, che tendono a reagire a fattori globali e alle condizioni di liquidità. L’attenzione della BCE si è invece spostata su un più ampio insieme di indicatori, comprese le aspettative sull’inflazione basate su sondaggi, che in generale hanno tenuto relativamente bene. Le aspettative sull’inflazione a lungo termine del Survey of Professional Forecasters (SPF) della BCE, ad esempio, sono aumentate dall’1,77% all’1,86% negli ultimi due mesi. • L’euro ha registrato un rimbalzo di oltre l’8% in termini nominali rispetto ai suoi minimi del 2015, nei confronti di un paniere di 38 monete. Ciò però si è verificato dopo un deprezzamento del 15% nei 12 mesi precedenti, orchestrato in gran parte dalla BCE stessa. In termini reali, l’euro si è apprezzato «solo» del 6%. Le parole non costano nulla decoupling dalla Fed tramite una forward guidance più accentuata Tuttavia, la BCE ha mandato un chiaro segnale della sua riunione di politica monetaria a settembre, abbassando la sua valutazione delle condizioni economiche e affermando di essere pronta, intenzionata e in grado di allentare se necessario. In particolare, la BCE difficilmente tollererà una restrizione ingiustificata delle condizioni monetarie che verrebbe causata da ulteriori apprezzamenti della moneta, come Draghi ha chiarito per la prima volta in un memorabile discorso ad Amsterdam nell’aprile 2014. In questo contesto, una espansione del QE della BCE potrebbe effettivamente aiutare ad accentuare la forward guidance rafforzando il decoupling di politica economica dalla Fed. Una maggiore divergenza percepita a sua volta eserciterebbe una pressione ribassista sulla curva dei rendimenti e sull’euro - o almeno così spera la BCE. Quanto QE sarà necessario? Uno sguardo a scenari stilizzati La politica monetaria non convenzionale ha prodotto molte pagine di letteratura accademica ed prospettive|ottobre 2015 empirica in un periodo in cui le condizioni economiche e finanziarie e di conseguenza i meccanismi di trasmissione - sono stati profondamente interessati. In sintesi, sembra sia quasi impossibile quantificare e distinguere i vari effetti macro del QE. Nel caso della BCE, le cose sono ancora più complicate a causa della natura eterogenea dell'unione monetaria. Dato che l’eurozona è una economia basata sulle banche4, la «deframmentazione» dei mercati creditizi è stata troppo lenta perché la politica monetaria possa riuscire ad essere pienamente efficace. Di conseguenza, alcuni dei tradizionali canali di trasmissione del QE Stima dell’ulteriore QE richiesto nei vari scenari di rischio Ulteriore QE necessario per spingere l'inflazione IAPC all'1,9% entro il 4T 2017 (€ mld) Scenari EUR/USD Petrolio Previsione sull'inflazione staff BCE (T4 2017) Trasmissione debole QE % di aumento Data fine (€ 60 mld/mese) Trasmissione forte QE % di aumento Data fine (€ 60 mld/mese) Miglioramento condizioni endogene Miglioramento condizioni esogene 1,05 $65 1,9 0 0 Set-16 0 0 Set-16 Miglioramento condizioni endogene + «choc petrolifero» 1,10 $40 1,7 500 45% Mag-17 250 23% Gen-17 Miglioramento condizioni endogene + «choc EUR» 1,20 $60 1,6 750 68% Set-17 375 34% Mar-17 Peggioramento condizioni endogene + choc esogeni combinati 1,20 $40 1,5 1000 91% Gen-18 500 45% Mag-17 Fonte: Pictet WM - AA&MR, BCE Abbiamo utilizzato due ipotesi differenti per la trasmissione degli acquisti di titoli sull’inflazione in base alle informazioni sulla stampa tedesca nel 20145. Nello scenario di «trasmissione debole», una espansione di 100 miliardi di euro del QE farebbe salire l’inflazione dell’eurozona fino a 0,04 punti percentuali entro due anni; in caso di «trasmissione forte», gli stessi 100 miliardi di euro di acquisti di titoli la farebbero salire di 0,08 punti percentuali nello stesso orizzonte temporale. In entrambi i casi, gran parte dell’impatto reflazionistico passerebbe attraverso un ulteriore deprezzamento della moneta. Al fine di derivare una stima approssimativa dell’importo richiesto di QE addizionale necessario per riportare l’inflazione IACP al suo obiettivo, abbiamo iniziato dalle proiezioni dello staff della BCE di settembre, che sono state riviste all’1,7% per il 2017. Da qui, Draghi ha evidenziato rischi di ribasso, dovuti in gran parte ad un rallentamento della crescita nei mercati emergenti, al calo dei prezzi del petrolio e all’apprezzamento della moneta. Le ipotesi sottostanti utilizzate a settembre comprendevano un obiettivo del cambio EUR/USD di 1,10 e un prezzo del petrolio di 60 dollari al barile entro il 2017. Descriviamo quattro scenari stilizzati, compresi choc endogeni ed esogeni, per i quali abbiamo fissato ipotesi arbitrarie per i prezzi dell’euro e del petrolio. Utilizzando le elasticità standard derivate dai modelli BCE e OCSE6, abbiamo proiettato le previsioni mediane dello staff BCE per l’inflazione IACP nel 4T 2017. Ulteriori sviluppi nella domanda interna sono stati poi utilizzati per affinare la variazione prevista dell’inflazione di base rispetto al livello base di settembre (1,6% in media nel 2017). Infine, il gap tra il tasso d’inflazione stimato e l’obiettivo (fissato all'1,9%, ovvero un livello «vicino, ma inferiore al 2%») porta ad un importo del QE addizionale basato sulla relazione sopradescritta (EUR 100 miliardi per ciascuno spostamento di 4 pb nello scenario di «trasmissione debole» ed EUR 100 miliardi per ciascuno spostamento di 8 pb nello scenario di «trasmissione forte»). Inutile dire che la realtà è più complessa e questa analisi approssimativa ignora gli effetti indiretti e secondari degli choc esogeni sull’inflazione, compresi gli altri canali di trasmissione in caso di un rallentamento più accentuato della crescita cinese. 4 5 6 Prima Jean-Claude Trichet e ora Mario Draghi hanno sempre messo in evidenza il fatto che il sistema bancario rappresenta i tre quarti del finanziamento all’economia (rispetto a meno di un terzo negli Stati Uniti). Due articoli pubblicati sul giornale tedesco FAZ nel 2014 hanno sostenuto che secondo il modello della BCE EUR 1000 miliardi di acquisti di titoli potrebbero potenzialmente produrre un aumento dell’inflazione dell’eurozona compreso tra 0,4 e 0,8 punti percentuali. Le elasticità descritte nel modello Interlink dell’OCSE o nelle stime della BCE indicano che un deprezzamento del 10% del tasso di cambio nominale effettivo (nominal effective exchange rate - NEER) dell’euro potrebbe avere un impatto medio di 1 punto percentuale sull’inflazione nell’arco di 2-3 anni. Nel contempo, un calo del 50% del prezzo del petrolio avrebbe un effetto duraturo di soli 0,2 punti percentuali sull’inflazione nello stesso arco di tempo, una volta esauriti gli effetti temporanei. prospettive|ottobre 2015 |13| TEMA DEL MESE - IL QE DELLA BCE potrebbero funzionare meno bene nell’eurozona, inclusi gli effetti di ribilanciamento dei portafogli, e questo spiega la prolungata attenzione della BCE sulle misure di allentamento del credito. Avendo presenti tutti questi limiti, abbiamo sviluppato un quadro di riferimento analitico semplice per stimare quanto QE addizionale potrebbe essere necessario in vari scenari, cercando di interpretare il modello della BCE. I risultati sono presentati nella tabella alla pagina precedente. Comprare più titoli, comprarli per più tempo, o un mix di entrambe le cose? Vi sono diversi modi con cui la BCE potrà intensificare il suo QE della misura richiesta, qualora si decidesse a farlo a dicembre. Mantenendo il ritmo mensile degli acquisti di titoli a EUR 60 miliardi, essa potrebbe allungare la durata del programma oltre settembre 2016, un riferimento che il Consiglio dei governatori ha esplicitato nella dichiarazione introduttiva all’ultima riunione. Ad esempio uno choc valutario che dovesse portare il cambio EUR/USD sopra 1,20 potrebbe costringere, ceteris paribus, un allungamento dell’attuale programma di QE fino ad almeno marzo 2017 (nell’ipotesi di una trasmissione forte) o settembre 2017 (trasmissione debole), comportando un aumento del totale degli acquisti di titoli di circa EUR 375 miliardi a 750 miliardi. In alternativa, la BCE potrebbe annunciare un aumento del ritmo mensile del QE rispetto agli attuali EUR 60 miliardi. Di fronte allo stesso choc valutario, i nuovi obiettivi implicherebbero un aumento a EUR 100-140 miliardi degli acquisti mensili se la BCE dovesse attuare questo cambiamento da gennaio 2016, tenendo ferma la data finale di settembre 2016. Ovviamente, potrebbe anche decidere per una combinazione di maggiori acquisti e di un prolungamento nel tempo degli acquisti, conservando la massima flessibilità Ad esempio, una BCE flessibile potrebbe annunciare l’aumento degli acquisti mensili del QE di EUR 30 mld a EUR 80/90 mld a partire da gennaio 2016 e un prolungamento almeno fino a marzo 2017. In aggiunta, il pool di debito delle agenzie ammissibile potrebbe essere ampliato ulteriormente, aggiungendo 7 Exchange Traded Fund DIVERGENZA DELLA POLITICA MONETARIA: UN NUOVO DECOUPLING? 60 Numero di mesi fino al primo aumento dei tassi - BCE Numero di mesi fino al primo aumento dei tassi - Fed 50 40 30 20 10 0 12 Contributori | Christophe Donay, Alexandre Tavazzi, Jean-Pierre Durante, Bernard Lambert, Jean-Damien Marie, Jacques Henry, Luc Luyet, Nadia Gharbi, Lauréline Chatelain, Frederik Ducrozet Editoriale | Aidan Manktelow, Kalina Moore, Wilhelm Sissener | Redazione terminata il 9 ottobre 2015 Traduzione | Mario Clapis Impaginazione | Production Multimédia Pictet Stampa | Stampa su carta certificata FSC Disclaimer | Il presente documento non è destinato alle persone aventi cittadinanza, residenza o domicilio o alle entità registrate in un Paese o una giurisdizione in cui la sua distribuzione, pubblicazione, messa a disposizione o utilizzo sono in contrasto con norme di legge o regolamentari in vigore. 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Tutto ciò potrebbe richiedere ulteriori cambiamenti nelle modalità del QE, compreso in termini di limiti degli emittenti, acquisti sostitutivi o la ripartizione tra Paesi. È possibile che la BCE consideri opzioni più radicali se tutto il resto dovesse fallire, compresa una più ampia estensione del QE alle classi di attività rischiose, come i prestiti o gli ETF7. Forse più realisticamente, un ulteriore taglio dei tassi sui depositi portandoli ancora di più in territorio negativo potrebbe essere preso in considerazione in caso di grave tensione, sebbene in precedenza la BCE abbia affermato che i tassi di politica monetaria hanno raggiunto il loro limite inferiore. 13 14 15 Fonte: Pictet WM – AA&MR, Datastream residua, delle condizioni di mercato, della volatilità e della solvibilità dell’emittente o dell'emittente di riferimento. I tassi di cambio possono inoltre influire positivamente o negativamente sul valore, sul prezzo o sul reddito dei titoli o degli investimenti ad essi relativi menzionati nel presente documento. Le performance del passato non devono essere considerate come una indicazione o una garanzia delle performance future, e le persone destinatarie del presente documento sono interamente responsabili dei loro eventuali investimenti. Non viene fornita alcuna garanzia esplicita o implicita in merito alle performance future. Il contenuto del presente documento è confidenziale e può essere letto e/o utilizzato solo dalla persona alla quale è indirizzato. Il Gruppo Pictet non è responsabile dell’utilizzo, della trasmissione o dell’ elaborazione dei dati contenuti nel presente documento. Di conseguenza, qualsiasi forma di riproduzione, copia, divulgazione, modifica e/o pubblicazione del contenuto è sotto la responsabilità esclusiva del destinatario del documento, a completo discarico del Gruppo Pictet. 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Dati al 30 settembre 2015 TASSI D’INTERESSE PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI Stime Pictet - (consenso*) Tassi di crescita del PIL 2013 2014 Stati Uniti Eurozona Svizzera Regno Unito Giappone Cina Brasile Russia 1.5% -0.3% 1.8% 2.2% 1.6% 7.7% 2.7% 1.3% 2.4% 0.9% 1.9% 2.9% -0.1% 7.4% 0.1% 0.6% Inflazione (IPC) Media annuale, Brasile escluso, a fine d'anno 2013 2014 2015E Stati Uniti Eurozona Svizzera 1.5% 1.3% -0.2% 1.6% 0.4% 0.0% 0.1% (0.2%) 0.2% (0.2%) -1.1% (-1.1%) 1.9% (1.9%) 1.3% (1.2%) -0.2% (-0.1%) 2.6% 0.4% 2.6% 6.2% 6.8% 1.5% 2.7% 2.0% 6.3% 7.8% 0.2% 0.7% 1.6% 9.3% 15.0% 1.5% 0.9% 1.8% 5.5% 6.5% Regno Unito Giappone Cina Brasile Russia 2015E 2.5% 1.5% 0.7% 2.4% 0.6% 6.8% -2.5% -3.5% 2016E (2.5%) (1.4%) (0.7%) (2.6%) (0.7%) (6.8%) (-2.6%) (-3.8%) 2.4% (2.7%) 1.7% (1.7%) 1.0% (1.2%) 2.3% (2.5%) 1.3% (1.5%) 6.5% (6.6%) -0.5% (-0.6%) 1.0% (0.0%) 2016E (0.1%) (0.7%) (1.5%) (9.3%) (12.4%) Breve termine (3 mesi) Lungo termine (10 anni) 0.25% 0.05% -0.75% 0.5% 0.0% 1.75% (1 anno) 14.25% 2.1% 0.6% -0.1% 1.8% 0.3% 4.8% (5 anni) 15.1% Stati Uniti Eurozona Svizzera Regno Unito Giappone Cina Brasile MERCATI OBBLIGAZIONARI Performance dal 31.12.2014 (1.4%) (0.8%) (2.0%) (5.8%) (7.5%) CHF USD GBP EUR *Fonte: Consensus Economics Inc JPY High Yield EUR VARIAZIONI DEI TASSI DI CAMBIO (DAL 31.12.2014) High Yield USD Rispetto all’EUR Rispetto all’USD Rispetto al CHF CHF — CHF — JPY — JPY — JPY — HKD — HKD — HKD — USD — USD — GBP — GBP — GBP — SEK — SEK — SEK — EUR — EUR — NOK — NOK — NOK — CAD — CAD — CAD — AUD — AUD — NZD — NZD — AUD — NZD — % -15 -10 -5 0 5 10 % -20 15 -15 -10 -5 0 5 Debito emergente (in USD) Debito emergente (in moneta locale) % -15 -13 -11 -9 -7 -5 -3 -1 1 3 MERCATI AZIONARI Performance dal 31.12.2014 USD % -25 -20 -15 -10 -5 0 COMMODITY Performance dal 31.12.2014 Performance del mese precedente -24.7 Platino -22.4 Zinco -19.3 Stagno -18.5 Palladio -18.2 Rame -17.6 Petrolio quotato in Asia -17.0 Brent -15.7 WTI -15.1 Alluminio -12.6 Gas naturale -11.3 Zucchero -10.1 Piombo Oro in USD Mais Argento Cacao Platino WTI Zinco Gas naturale Piombo Alluminio Oro in USD Brent Argento Petrolio quotato in Asia Cacao Rame Mais Stagno Palladio Zucchero % -6.1 -2.3 -30 -25 -20 -15 -10 -5 prospettive|ottobre 2015 0.0 7.0 0 5 10 % MSCI World* S&P 500* MSCI Europe* Tokyo SE (Topix)* MSCI Pacific ex. Japan* SPI* Nasdaq MSCI Em. Markets* Russell 2000 -5.6% -5.3% -4.8% 2.1% -12.3% -0.3% -2.5% -15.2% -8.6% EUR 2.3% 2.7% 3.3% 10.7% -4.9% 8.0% 5.8% -8.1% -1.0% -9.5 CHF GBP -7.2% -2.9% -6.9% -2.5% -6.3% -2.0% 0.4% 5.1% -13.8% -9.7% -2.0% 2.6% -4.1% 0.4% -16.6% -12.7% -10.2% -6.0% * Dividendi reinvestiti -8.4 -6.9 SETTORI DI ATTIVITÀ -6.1 -15 -10 -3.6 -3.2 Performance dal 31.12.2014 Stati Uniti Europa Mondo -1.4 -0.3 0.0 0.4 0.5 0.6 3.3 9.6 15.4 20.5 -5 0 5 10 15 20 25 Industria Tecnologia Materiali di base Telecomunicazioni Salute Energia Servizi di pubblica utilità Finanza Consumi di base Consumi voluttuari -10.5% -4.3% -17.4% -6.6% -2.8% -23.1% -9.4% -7.8% -3.4% 2.1% 0.1% 0.6% -13.5% 3.0% 7.7% -14.1% -7.5% 0.0% 9.8% 3.4% -9.5% -4.6% -5.9% -5.9% -1.5% -23.9% -9.9% -9.0% -1.4% -1.0% |15| PERSP ITA 1015 «Prospettive» è disponibile anche online. Seguite quotidianamente e abbonatevi alle nostre opinioni sull’economia, i mercati e le tendenze secolari sul sito http://perspectives.pictet.com