Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro Newsletter n° 2 – Marzo 2010 In questo numero: Ricerca & Innovazione Un’importante applicazione della coltura in vitro: la tecnologia dell’incapsulamento e la produzione di semi sintetici di Maurizio Micheli e Alvaro Standardi Pag. 2 Sterilizzare con microonde: l’ENBIOJET COMPACT FLOW PASTEURIZER di Romano Roncasaglia e Carla Benelli Pag. 3 Laboratori di Ricerca e Commerciali I Laboratori BioLabs, Scuola Sup. Sant’Anna di Pisa Il Laboratorio Didattico e di Ricerca del Dipartimen to A.A.T. della Facoltà di Agraria di Palermo Il Laboratorio Didattico dell’ITAS di Firenze Il Laboratorio Commerciale Apice Piante di Ripa T.na Pag. 5 Pag. 6 Pag. 7 Pag. 8 Convegni, Congressi & Simposi La Coltura in vitro al 2nd International Citrus Biotechnology Symposium, Catania 30 nov. - 2 dic. 2009 Pag. 9 Prossimi appuntamenti del Gruppo di Lavoro Workshop “Il supporto della ricerca alla propagazio ne in vitro di qualità”–IX Giornate Scientifiche SOI Pag. 10 Workshop “La coltura in vitro applicata alla conservazione e alla valorizzazione della biodiversità“ Auditorium Sericchi, L’Aquila, 30 set. - 1 ott. 2010 Pag. 13 Novità Novità Editoriali Pag. 14 Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 1 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro Ricerca & Innovazione Un’importante applicazione della coltura in vitro: la tecnologia dell’incapsulamento e la produzione di semi sintetici Negli ultimi anni, le tecniche di coltura in vitro sono state sempre più diffusamente impiegate in campo vivaistico per la rapida propagazione massale di piante sane e geneticamente rispondenti, per la diffusione e lo scambio di materiale vegetale, oltre che in programmi di miglioramento genetico, di risanamento e di salvaguardia del germoplasma. Tuttavia, il ricorso a materiale micropropagato, prodotto in condizioni di asepsi, poco maneggevole ed inadatto alle consuete pratiche di stoccaggio e di trasporto, sottoposto a rischio di deperimento o danneggiamento durante la movimentazione, sembra presentare dei limiti, soprattutto di tipo economico. A tale proposito, una nuova tecnologia, in grado di riunire in un unico prodotto, i vantaggi della propagazione in vitro e la semplicità di manipolazione e conservazione che caratterizzano i semi gamici, risulta quella dell’incapsulamento di propaguli vitro-derivati (embrioni somatici, microbulbi, protocormi, frammenti di radici o di rizomi, apici meristematici o microtalee, cioè porzioni uninodali dotate di gemme ascellari o di gemma apicale), che, mediante un processo di gelificazione per scambio ionico tra un agente incapsulante (alginato di sodio), disciolto in una formulazione nutritiva (endosperma artificiale), e un agente complessante (cloruro di calcio), rimangono racchiusi in una matrice avente duplice funzione: trofica e protettiva. Dagli studi più recenti, condotti presso il Laboratorio di colture in vitro del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Perugia, è emersa la possibilità di ottenere due tipologie di prodotto finale: trattasi di capsule e semi sintetici che, caratterizzati da dimensioni ridotte (4-6 millimetri di diametro), si differenziano essenzialmente perché le prime, ottenute dall’incapsulamento di propaguli unipolari, sono in grado di sviluppare germogli, quando poste e mantenute in opportune condizioni di coltura, mentre i semi sintetici sono in grado di evolvere in una plantula completa (conversione). Il concetto di seme sintetico nacque con Murashige (1977), che avanzò l'ipotesi di poter utilizzare l'embriogenesi somatica a fini applicativi e, successivamente, formulò la prima definizione di synthetic seed, che però limitava il campo di applicazione dell’incapsulamento solo a quelle specie per le quali si disponesse di un idoneo protocollo di rigenerazione di embrioni somatici (propaguli bipolari). Tuttavia, le possibilità applicative dell'embriogenesi somatica sembrano vincolate alla risoluzione di alcune problematiche, quali la sincronizzazione dello sviluppo degli embrioni somatici, i bassi livelli di conversione dei semi sintetici e la variabilità somaclonale, che rappresenta il limite maggiore all’impiego degli embrioni somatici nell’attività vivaistica. La definizione di seme sintetico ha, quindi, subito ulteriori evoluzioni, fino ad estendere il concetto all’impiego di qualsiasi propagulo vitroderivato che, posto in opportune condizioni (in vitro o in vivo), è in grado di evolvere in plantula. Allo stato attuale delle ricerche, interessanti sembrano essere le potenzialità applicative della tecnologia dell’incapsulamento, in quanto le capsule potrebbero essere utilizzate per lo stoccaggio, il trasporto e lo scambio di germoplasma tra laboratori, offrendo la possibilità di ripristinare velocemente cicli di micropropagazione ed ‘elasticizzare’ l’organizzazione Conversione in plantula di un seme sintetico produttiva dei laboratori commerciali, mentre i semi di una specie ornamentale acquatica Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 2 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro sintetici potrebbero trovare impiego anche nelle tradizionali strutture vivaistiche, al pari di ciò che avviene per i semi gamici. Ciò, tuttavia, presuppone il superamento di problematiche legate essenzialmente a: 1) ottimizzazione di procedure idonee ad indurre la formazione exnovo del meristema radicale, di cui i propaguli unipolari sono privi; 2) incremento della protezione del propagulo incapsulato da patogeni fungini e/o batterici, per conseguire la conversione anche in ambienti non sterili (ex vitro), verificando la possibilità di aggiungere all’agente incapsulante specifici prodotti, di effettuare trattamenti di “concia” pre-semina o trattamenti specifici al letto di semina oppure ricorrere ad antagonisti biologici; 3) riduzione degli oneri dovuti agli interventi manuali per la preparazione dei propaguli vitro-derivati, che sembrano ridurre la possibilità applicativa della tecnologia dell’incapsulamento su scala industriale o, quantomeno, limitarne l’utilizzo a genotipi di elevato valore commerciale (novità varietali, ibridi, ecc.). Le altre fasi dell’incapsulamento possono, invece, già essere automatizzate, mediante procedure e tecnologie assimilabili a quelle che da tempo vengono impiegate nella microbiologia alimentare Sviluppo iniziale di germoe nell’industria enologica. Infine, è ipotizzabile, anche in tempi glio da una capsula di serelativamente brevi, l’applicazione della tecnologia dell’incapsu- quoia monumentale. lamento alla salvaguardia della biodiversità vegetale. Numerosi sono, infatti, i gruppi di ricerca che hanno messo a punto efficienti protocolli che, sfruttando la possibilità di ricoprire i propaguli di una struttura di conservazione come la matrice incapsulante, adatta a preservarne inalterata la vitalità, consentono di mantenere capsule e semi sintetici a temperature basse e/o ultrabasse (crioconservazione) nella realizzazione di banche del germoplasma vegetale. Maurizio Micheli, Alvaro Standardi Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università degli Studi di Perugia ************************************************** Sterilizzare con microonde: l’ENBIOJET COMPACT FLOW PASTEURIZER (www.enbiotechnology.com) Nuove frontiere si aprono per la sterilizzazione dei substrati di coltura nei laboratori di micropropagazione con produzione commerciale su larga scala e forse, in futuro, anche per laboratori di ricerca e didattica che operano su piccole produzioni. L’innovazione è rappresentata da un pastorizzatore che sfrutta l’energia prodotta dalle microonde per riscaldare e sterilizzare il substrato di coltura; la tecnologia è stata messa a punto dalla ENBIO TECHNOLOGY, una azienda giovane ed intraprendente che ha sede a Kosakowo, vicino a Gdynia (Danzica), in Polonia. Incuriositi da tale innovazione, un gruppo di operatori in micropropagazione ha effettuato una visita presso la ditta produttrice e presso il laboratorio commerciale Vitroflora di Tochowo, ove è possibile visionare ENBIOJET, il “sistema a microonde per la sterilizzazione del substrato di coltura”, introdotto da circa due anni con successo nel ciclo produttivo del laboratorio nel quale si producono oltre 6.000.000 di piante/anno. Il pastorizzatore Enbiojet si integra in un sistema di micropropagazione che adotti vasi di plastica sterili monouso, una scelta questa che accomuna la maggior Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 3 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro parte dei laboratori di coltura in vitro del nord Europa (Olanda, Belgio, Germania) con produzione prevalente nel settore delle piante ornamentali da interno. Per sfruttare al massimo le potenzialità di Enbiojet, il pastorizzatore va inserito in una linea comprendente un agarizzatore, ove viene preparato il substrato liquido che, tramite una pompa e relativi collegamenti, passa in Enbiojet, ove subisce un veloce riscaldamento e viene Processo di sterilizzazione del substrato e riempimen- sterilizzato con un passaggio di pochi to dei contentori monouso basato sul sistema Enbiojet secondi alla temperatura di 132°C, prodot ta dall’energia di un sistema in serie di emettitori di microonde; il substrato è poi raffreddato, mantenendone la sterilità, ed inviato ad un contenitore ove resta per lungo tempo ad una temperatura costante, sopra il livello di gelificazione. Il riempimento dei vasi monouso avviene in semi-automatico, sotto cappa a flusso laminare. Tutto il processo è controllato da un software che permette la regolazione dei parametri di sterilizzazione mediante un elegante pannello LCD, di facile lettura ed impostazione. Durante la visita, l’ideatore e realizzatore del progetto, Marek Krajczynski, ha evidenziato come Enbiojet sia una macchina elegante e compatta, dalle dimensioni contenute (180x60x40 cm), dotata di un moderno sistema chiamato Direct Energy Transfer (DET) che comporta un immediato trasferimento dell’energia generata dalle microonde al substrato di coltura, mentre questo transita all’interno di tubi di Teflon. In prove sperimentali condotte dalla ditta costruttrice è stato rilevato che quando il substrato di coltura è riscaldato alla temperatura di 132°C, in soli 10 secondi viene raggiunta la sterilità del liquido, senza che si verifichi l’effetto ‘bruciato’ di parte del substrato e di parziale alterazione dei componenti, fenomeni tipici della sterilizzazione tradizionale in autoclave. La validazione microbiologica della sterilizzazione in Enbiojet è stata verificata con ceppi di Bacillus subtilis e Geobacillus stearothermophilus, con percentuali di contaminazione irrisorie (inferiori allo 0.5%) rilevate in due anni di operatività presso il laboratorio commerciale Vitroflora. Grazie al metodo DET è possibile ottenere un risparmio in termini di Pannello di controllo LCD tempo di preparazione dei vasi di coltura fino al 50%, nonché del 50%-75% di energia, rispetto all’utilizzo di autoclavi tradizionali. Inoltre tale metodo, come detto, ha il vantaggio di eliminare il gradiente di temperatura che inevitabilmente si forma all’interno del substrato di coltura con le attuali autoclavi. A questi vantaggi si aggiunge il minor impiego di agar, quantificato nell’ordine del 30% in meno, ed una perfetta stabilizzazione del pH del substrato, impossibile da ottenere con autoclavaggio tradizionale. La capacità ottimale di sterilizzazione di Enbiojet è di 150 L/ora, anche se si può arrivare fino a 200 L/ora; il pastorizzatore si propone, quindi, per realtà produttive elevate, nell’ordine di almeno 5 milioni di piante/anno, con una produzione di substrato sterile di almeno 100 L al giorno. Peraltro, secondo Marek Krajczynski, i vantaggi dell’impiego di Enbiojet si evidenziano appieno a partire dai 300 L di substrato di coltura al Mauro Masini, Maurizio Lambardi e Roma giorno, una quantità che permette l’ammortamento no Roncasaglia, insieme alla responsabile della macchina in due sole stagioni produttive. delle vendite e del marketing di Enbio Technology, Katarzyna Bednarczyk Romano Roncasaglia, Carla Benelli Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 4 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro Laboratori di Ricerca e Commerciali Segnalate le attività del vostro laboratorio in max 500 parole e 1-2 immagini a: <[email protected]> I Laboratori BioLabs della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa I Laboratori BioLabs della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (www.sssup.it) hanno sede a Pontedera presso il Polo Sant'Anna Valdera ed ospitano ricerche nelle aree delle biotecnologie, della biochimica e chimica analitica, oltre che della crio-microscopia elettronica e della microscopia ottica. I BioLabs sono nati per supportare le attività dei ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna nei settori della biologia vegetale applicata (Settore di Scienze Agrarie). Le competenze tecnicoscientifiche dei laboratori sono funzionali alle attività didattiche, perseguono l'innovazione tecnologica in aree multidisciplinari di rilievo nazionale ed internazionale, e servono per il trasferimento dell’innovazione al territorio. L’inizio delle attività presso il Polo Sant’Anna Valdera risale al Pioppo in micro2000, e fin da subito i BioLabs sono stati dotati di un’area dedicata alla propagazione micropropagazione, continuando così una tradizione di ricerche già consolidata presso l’originale nucleo dei laboratori a Pisa. Lo scopo del laboratorio dedicato alla micropropagazione è di fornire un supporto: 1) all’implementazione di protocolli per la propagazione e la conservazione di alcune specie arboree (olivo, vite, melo e pero); 2) agli studi di base (fisiologico-molecolari) sui meccanismi di risposta delle piante arboree agli stress abiotici; 3) al miglioramento genetico per la resistenza agli stress abiotici mediante tecniche di selezione in vitro e biotecnologie di nuova generazione. Nel settore della micropropagazione “classica” i BioLabs si sono impegnati per sviluppare protocolli più efficaci per la propagazione in vitro e l’acclimatazione ex-vitro dell’olivo e della vite cercando di spiegare e correlare la variabilità micro-morfologica delle plantule in vitro con i tassi di sopravvivenza delle piante ex vitro. Gli studi sui meccanismi fisiologico-molecolari di risposta agli stress abiotici hanno, invece, riguardato l’impiego della micropropagazione come modello per analizzare stati carenziali o di tossicità di alcuni micronutrienti essenziali come il ferro (Fe) ed il rame (Cu) in portainnesti o in specie arboree modello come il pioppo. Nel settore del miglioramento genetico basato sulle biotecnologie, ci si è occupati della messa a punto di protocolli di rigenerazione nei portainnesti di melo (M26 e M111) e pero (Pyrodwarf e Fox11) e della selezione per la resistenza a stress salino di embrioni di olivo. In sintesi, l’esperienza ed risultati ottenuti nel corso di quest’ultimo decennio dai BioLabs hanno permesso di dimostrare come la micropropagazione sia ancora oggi uno strumento di ricerca versatile, riproducibile ed efficiente. Luca Sebastiani, Direttore BioLabs ([email protected]) Bibliografia recente di approfondimento Martinelli F., Sebastiani L. 2009. Development of an efficient regeneration protocol for apple rootstock M111. Advances in Horticultural Science 23: 61-64. Martinelli F., Busconi M., Fogher C., Sebastiani L. 2009. Development of an efficient regeneration protocol for pear rootstock Pyrodwarf and assessment of SSR variability of shoots. Caryologia 62: 62-68. Bracci T., Minnocci A., Sebastiani L. 2008. In vitro olive (Olea europaea L.) cvs Frantoio and Moraiolo microshoot tolerance to NaCl. Plant Biosystems 142: 563-571. Lombardi L., Sebastiani L. 2005. Copper toxicity in Prunus cerasifera: growth and antioxidant enzymes responses of in vitro grown plants. Plant Science 168: 797-802. Immagine al Cryo-SEM di una foglia idratata-congelata di olivo in vitro (preparato e foto di Antonio Minnocci) Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 5 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro Il Laboratorio Didattico e di Ricerca della Sezione di Orticoltura e Floricoltura del Dipartimento di Agronomia Ambientale e Territoriale (A.A.T.) della Facoltà di Agraria di Palermo Il Laboratorio di micropropagazione della Sezione di Orticoltura e Floricoltura è inserito all’interno dell’azienda didattico-sperimentale del Dipartimento A.A.T. L’azienda ha sede presso l’ex-Istituto Agrario Castelnuovo, un’antica struttura la cui storia ha inizio nel 1819 quando Carlo Cottone, principe di Castelnuovo, volle fondare nel suo parco nella “Piana dei Colli” di Palermo un Istituto Agrario con l’intento di diffondere in Sicilia “metodi razionali di conduzione agricola” attraverso una formazione scolastica di elevato livello. Dalla seconda metà del 1900, per una serie di motivi, l’Istituto Agrario Castelnuovo, il cui stile neoclassico ricorda l’analoga struttura dell’Orto Botanico, non è più sede della scuola agraria, ma è divenuto un’Opera Pia. Tuttavia, gli scopi per i quali esso fu istituito permangono grazie ad una convenzione che ha consentito l’utilizzo da parte dell’Università di Palermo di un edificio e dei terreni ad esso annessi. La Sezione di Orticoltura e Floricoltura dispone di serre e tunnel per studi e ricerche nel settore ortofloricolo e di un fabbricato adibito in parte a laboratorio di micropropagazione. Il laboratorio, attivo dal 1993, si sviluppa su una superficie di circa 50 m2 ed è suddiviso in due ambienti. Nel primo sono disposti gli armadi climatici e le autoclavi di sterilizzazione, nel secondo ambiente, dove trovano collocazione la strumentazione e le cappe a flusso laminare, avviene la preparazione dei mezzi di coltura. La funzione didattica del laboratorio si esplica attraverso le esercitazioni svolte dagli studenti dei corsi di ‘Floricoltura’ e ‘Vivaismo ortofloricolo’ della Facoltà di Agraria e da quelli del corso di ‘Biotecnologie applicate all’ortoflorovivaismo’ del Corso di Laurea Interfacoltà in Biotecnologie. Tali esercitazioni consentono l’acquisizione delle basi tecniche e teoriche della coltura di tessuti vegetali e della micropropagazione. Il laboratorio e la vicina serra di propagazione costituiscono, inoltre, la sede per lo svolgimento di tesi di laurea e di dottorato di ricerca in Agronomia Ambientale nonché di tirocini pratico-applicativi. Le finalità scientifiche si realizzano attraverso lo sviluppo di ricerche applicative volte alla realizzazione di protocolli di micropropagazione di specie orticole (carciofo, patata ed aglio) ed ornamentali, con particolare riguardo a quelle della flora mediterranea. Sono stati, infatti, messi a punto protocolli di propagazione in vitro di specie arbustive della macchia e della gariga mediterranea come Crataegus monogyna (biancospino), Thymus capitatus (timo), Lonicera caprifolium (caprifoglio), Erica multiflora, Prasium majus e di rare specie rupicole come Lithodora rosmarinifolia ed Iberis semperflorens a fioritura autunno-vernina caratterizzate da notevole potenzialità ornamentale ed adattamento a varie condizioni pedoclimatiche. Questi protocolli sono stati il punto di partenza per il mantenimento e la conservazione di tali essenze, nonché della loro valorizzazione a fini ornamentali. Protocolli di micropropagazione sono stati realizzati anche per specie ornamentali di clima mediterraneo, ma aventi origine diversa dal Bacino mediterraneo come Metrosideros excelsa (Nuova Zelanda) e Polygala myrtifolia (Sud-Africa). Giovanni Iapichino ([email protected] ) Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 6 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro Il Laboratorio Didattico di Micropropagazione dell’Istituto Tecnico Agrario (ITAS) di Firenze L’Istituto Tecnico Agrario di Firenze, con i suoi 160.000 mq immersi nel verde del Parco delle Cascine, ha una lunga storia: fu fondato il 5 febbraio 1882 con il nome di “Regia Scuola di Agraria di Pomologia e Orticoltura” presso le “Pavoniere” del Parco e in quegli anni ricevette un grosso impulso sia dai numerosi riconoscimenti in campo internazionale, sia dall’opera di Alessandro Morettini che gettò le basi della moderna frutticoltura. Nel 1931 divenne Istituto Tecnico Agrario e dal 1936 occupa la sede attuale in Via delle Cascine, con l’annessa Azienda Agraria. Dopo gli anni della seconda guerra mondiale la ricostruzione fu lunga ed impegnativa; in occasione dell’alluvione di Firenze del 1966 si contarono innumerevoli danni, ma i restauri furono realizzati in breve tempo e, dopo gli anni ’80, la scuola poté iniziare l’adeguamento dei Laboratori (Chimica, Fitopatologia ed Entomologia, Topografia, Informatica, Fisica), dotandoli di nuove attrezzature e apparecchiature per rispondere all’evoluzione delle tecniche e fornire agli studenti, futuri Periti Agrari, le opportune conoscenze e competenze nel settore agricolo. Il Laboratorio di Micropropagazione dell’Istituto Tecnico Agrario di Firenze fu realizzato nei primi anni ’90; è dotato di un locale dove si preparano i terreni di coltura e si sterilizzano i materiali, un locale provvisto di due cappe a flusso laminare Modello Oasis 48 e uno adibito a camera di crescita. Nell’Azienda Agricola è inoltre presente una serra per l’ambientamento delle piante, di recente ristrutturazione. Il Laboratorio viene utilizzato esclusivamente per scopi didattici, dando agli studenti delle classi 4a e 5a la possibilità di apprendere le metodiche su cui si basano le tecniche della micropropagazione, imparandone la manualità necessaria. Le lezioni prevedono due ore settimanali, rivolte a piccoli gruppi di studenti (massimo 5). Il programma di lavoro è svolto dalla Responsabile del laboratorio, Prof.ssa Anna Merciai, con il supporto tecnico di Silvana Ballato, e prevede i seguenti argomenti: 1. descrizione delle norme di sicurezza, del materiale e degli strumenti del laboratorio; 2. scopi della micropropagazione e preparazione del terreno di coltura; 3. preparazione del materiale per la sterilizzazione; 4. prelievo espianti con microscopio e loro trasferimento; 5. trasferimento per moltiplicazione; 6. trasferimento per allungamento e radicazione; 7. trasferimento in serra di ambientamento; 8. produzione di “baby plants”. Il materiale utilizzato è prelevato dalle collezioni di piante presenti nell’Azienda annessa all’Istituto; nel corso degli anni sono state realizzate colture di germogli delle seguenti specie: Aechmea, Ananas, Asplenium nidus, Daucus carota, Croton, Cyrtomium falcatum, Ilex aquifolium, Myrsine africana, Nephrolepis exaltata (var. bostoniensis e Teddy), Olea fragrans, Pandanus, Paeonia, Peperomia, Phalenopsis, Philodendron corsinianum, Spatyphillum, Syngonium. Anna Merciai ([email protected]) Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 7 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro Il Laboratorio Commerciale dell’Azienda Apice Piante di Ripa Teatina, Chieti (www.apicepiante.it) “Micropropagazione” e “vivaismo di qualità”: queste parole sintetizzano gli obiettivi dell’Azienda Apice Piante, nata nel 1984 a Ripa Teatina (CH) e costituita da un laboratorio di micropropagazione e da un vivaio specializzato nella produzione e commercializzazione di piante da frutto. Il laboratorio è nato dall’esperienza e dagli studi svolti presso la Facoltà di Agraria di Perugia dal titolare, Dr. Roberto Di Primio, e nel corso degli anni si è sviluppato seguendo le necessità dei mercati nazionale ed europei verso i quali è rivolta la produzione. Descrizione Il laboratorio ha una dimensione di 180 mq; in fase di progettazione è stata posta particolare cura nel garantire un’elevata igienicità degli ambienti, tutti situati al primo piano. All’ingresso dispone di una saletta incontri, di servizi e di un ambiente con una cappa, usato per la spedizione del materiale; si accede quindi al laboratorio vero e proprio, costituito da una sala con autoclavi e zona lavaggio, da un ambiente per la preparazione dei substrati di coltura, dalla sala cappe e da due celle climatiche con diversa temperatura e fotoperiodo. Il laboratorio dispone in complesso di 9 posti cappa ed ha una capacità di 25.000 vasi. Tutti i substrati vengono prodotti in azienda e si utilizzano vasi in vetro ed in plastica riciclabile ed autoclavabile. In azienda è inoltre presente una cella frigo per la conservazione del materiale, un impianto di produzione di acqua deionizzata ed un impianto di produzione di acqua fredda utilizzata per il condizionamento delle celle climatiche e degli ambienti di lavoro. Il numero degli addetti, interamente formati in azienda, varia durante l’anno da 6 a 10. Rispetto per l’ambiente e contenimento dei costi Negli ultimi anni il costo di gestione del laboratorio è cresciuto notevolmente a causa dell’alto consumo di energia elettrica, dei materiali d’uso e della mano d’opera; questo, per di più, a fronte di una situazione di stasi dei mercati sia nei consumi che nei prezzi di vendita. Per ridurre i costi di produzione è stato perciò realizzato un impianto fotovoltaico posto sul tetto del laboratorio che produce tutta l’energia elettrica necessaria all’azienda; questo impianto è stato poi affiancato da un secondo per la vendita di energia. Inoltre tutti materiali organici di rifiuto del laboratorio e dell’azienda sono trattati e di nuovo utilizzati come ammendanti dei terricci. Produzioni La produzione del laboratorio è volta soprattutto ai portinnesti e varietà da frutto, con obiettivo prioritario la produzione di piante da crescere direttamente in serra e vivaio e da vendere all’utilizzatore sia professionale che hobbistico. Nel settore ornamentale vengono prodotte piante su commissione di aziende che provvedono all’ambientamento. L’ampia gamma di piante comprende portinnesti (GF 677, mirabolani, ciliegi, vite e altri), nonché numerose cultivars di fico (22), kiwi (4), rovo (4), lampone (6), mirtillo (5), uvaspina (2), carciofo (4), nocciolo, giuggiolo, pero e melograno. Obiettivi futuri Non si vedono margini per l’aumento delle produzioni, molte importate dall’estero a costi competitivi; tuttavia c’è grande spazio per il miglioramento delle tecniche di coltivazione e per le produzioni di nicchia di piante difficilmente reperibili sul mercato. Non va trascurata, inoltre, l’attività di formazione, svolta con Istituti Agrari e Università, e di sperimentazione, quale quella relativa al risanamento da virosi di 20 linee di aglio rosso di Sulmona, seguita da ambientamento e moltiplicazione in serra con ottenimento di piante madri utilizzate per il rilancio della coltura. Piante di fico in ambientamento Roberto Di Primio Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 8 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro Convegni, Congressi & Simposi LA COLTURA IN VITRO AL 2nd INTERNATIONAL CITRUS BIOTECHNOLOGY SYMPOSIUM Catania, 30 novembre - 2 dicembre 2009 Si è svolto a Catania dal 30 novembre al 2 dicembre 2009 il 2nd International Citrus Biotechnology Symposium, organizzato dalla Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Catania, in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Palermo, l’International Society for Horticultural Science, l’International Society of Citricultu re ed il CRA. Una delle sette sessioni del Simposio ha avuto come tema “La coltura in vitro applicata al miglioramento genetico ed alla propagazione degli agrumi” ed ha registrato un’ampia partecipazione di ricercatori e studiosi del settore. Le 5 presentazioni orali e i numerosi poster della sessione hanno evidenziato i progressi recentemente compiuti dalla ricerca nel settore della coltura in vitro, una tecnica questa che, insieme alla biologia molecolare, ha incisivamente influito non solo nel campo del miglioramento genetico, ma anche in quello della micropropagazione, del risanamento e della conservazione ex situ del genere Citrus. E’ in particolare emersa l’importanza della coltura in vitro nei programmi di miglioramento varietale dei mandarini e mandarino-simili (cosiddetti ‘easy peeling’), finalizzati all’ottenimento di triploidi, estremamente importanti per il mercato degli agrumi freschi in quanto apireni. La coltura in vitro degli embrioni zigotici rende infatti più facile l’ottenimento di ibridi, anche quando la pianta portaseme è poliembrionica, consentendo una loro più elevata germinazione ed una più efficiente produzione di ibridi triploidi. Altre ricerche nell’ambito della manipolazione della ploidia hanno riguardato i tetraploidi, interessanti sia nel miglioramento genetico dei portinnesti che in quello delle varietà dove, in particolare per i genotipi monoembrionici, vengono utilizzati come genitori femminili per l’ottenimento di triploidi. La coltura in vitro di antere e la partenogenesi in situ in arancio dolce, finalizzata alla produzione di aploidi e di doppio-aploidi (DH), è risultata oggetto di programmi di breeding condotti in Brasile. L’importanza degli aploidi, come è noto, deriva dalla loro possibile applicazione nella mutagenesi, nella selezione, nella trasformazione, nella produzione di nuove varietà, grazie all’utilizzo della variabilità gametoclonale, come pure nell’analisi genomica. Anche la variabilità somaclonale, cioè la variabilità genetica che può essere presente nelle piante rigenerate da coltura in vitro, e la selezione in vitro sono risultate oggetto di studio da parte di diversi ricercatori nel campo del breeding di varietà e portinnesti. Alcuni poster hanno poi evidenziato che il microinnesto in vitro può portare al risanamento dalla maggior parte dei patogeni degli agrumi senza gli inconvenienti legati ai caratteri giovanili delle piante nucellari; la tecnica risulta oggi applicata, talora insieme alla termoterapia, in vari Paesi. Sono inoltre emersi progressi nel campo della morfogenesi in vitro, finalizzata sia all’embriogenesi somatica, sia all’organogenesi, con studi riguardanti la messa a punto od il perfezionamento dei protocolli di rigenerazione di genotipi diversi. Infine, uno specifico poster ha presentato una innovativa applicazione congiunta delle tecniche dei semi sintetici e della crioconservazione alla preservazione a lungo termine del germoplasma di agrumi. Va sottolineato, in definitiva, come questa sessione del Simposio abbia riaffermato l’importan za a livello nazionale ed internazionale del settore della ricerca concernente la coltura in vitro degli a grumi, uno strumento biotecnologico, questo, che può costituire un grande ausilio ai metodi tradiziona li di miglioramento genetico e di propagazione clona le. Maria Antonietta Germanà Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 9 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro Prossimi appuntamenti del Gruppo di Lavoro Workshop 5 delle IX Giornate Scientifiche SOI IL SUPPORTO DELLA RICERCA ALLA PROPAGAZIONE IN VITRO DI QUALITA' Sala Verde del Palazzo dei Congressi Firenze, 11 marzo 2010 (ore 17.00) E’ indubbio come la micropropagazione ancora oggi rappresenti la più importate applicazione a fini commerciali della coltura in vitro. In Italia, la propagazione in vitro, tradizionalmente incentrata nella produzione di varietà e portinnesti di fruttiferi, ha in anni recenti evidenziato un confortante dinamismo, incrementando e diversicando la sua offerta anche con numerose specie a fiore reciso, ornamentali da siepe e da giardino, nonché predisponendosi a rispondere adeguatamente alle richieste del mercato per alcune importanti specie orticole. La sempre più pressante concorrenza che deriva dai laboratori commerciali di Paesi a basso costo della manodopera è motivo di preoccupazione ma, al tempo stesso, di positivo stimolo verso un rinnovamento delle strutture e dei protocolli di produzione. Rispondenza genetico-sanitaria del materiale da vitrocoltura, innovazione e qualità del prodotto “pianta”, contenimento dei costi e tempistica dell’offerta sono tutti fattori sui quali si sta già giocando questa importante partita. Il mondo della ricerca è pronto e in grado di offrire in questo settore un valido supporto ai laboratori commerciali? Il Convegno su “La Micropropagazione in Italia” del novembre 2008, a Legnaro, ha dato risposte confortanti in termini di partecipazione, competenze e idee. Le tecniche avanzate di coltura in vitro (alcune del tutto nuove, altre opportunamente “aggiornate” e riproposte) sono un importante substrato sul quale confrontarsi. Tra queste, sembra opportuno ricordare le colture liquide continue o ad immersione temporanea, la tecnologia di incapsulamento, la radicazione ex vitro, le colture fotoautotrofiche, la termoterapia in vitro combinata alla coltura di apici, la conservazione in crescita rallentata, solo per citare le più importanti. I progressi della diagnostica virologica e della biologia molecolare, inoltre, offrono oggi efficienti strumenti alla richiesta di certificazione della rispondenza genetico-sanitaria del materiale proveniente da vitrocoltura. Ma la ricerca potrebbe dare un fondamentale contributo anche nella soluzione di problemi annosi dei laboratori commerciali di micropropagazione, quali quelli connessi con le contaminazioni, con alcune patologie del vitro, con la perdurante recalcitranza alla vitrocoltura di alcune specie di importanza economica, con le perdite di plantule in fase di acclimatazione. In Italia esistono competenze e laboratori di ricerca attrezzati per la coltura in vitro, come pure esistono laboratori commerciali coscienti delle necessità del settore in termini di innovazione, tecnologie e prodotti. Gli esempi di proficuo incontro tra queste due realtà - ricerca e produzione - sono già numerosi e tracciano una via che, è auspicabile, altri seguiranno, anche attraverso momenti di confronto quali vogliono essere i Workshop organizzati dal Gruppo di Lavoro SOI “Micropropagazione e tecnologie in vitro”. A tutto vantaggio di un rinnovato impulso, scientifico e tecnologico, nel settore della propagazione in vitro. • Relazioni ad invito La micropropagazione in floricoltura tra ricerca e mercato Margherita Beruto Istituto Regionale per la Floricoltura, Sanremo (IM), [email protected] Il mercato delle ornamentali è estremamente dinamico e costantemente alla ricerca di nuovi prodotti, nuove tecnologie e produzioni di nicchia. Tale processo è fortemente basato su ricerca e sviluppo, richiedendo collaborazione tra i diversi livelli della filiera produttiva. Infatti, la conoscenza scientifica dell’articolo da proporre deve necessariamente combinarsi con la ca- Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 10 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro pacità imprenditoriale delle aziende private e la capacità di sviluppare azioni promozionali nei confronti del consumatore finale, che veramente potrà decretare il successo dell’innovazione proposta. L’elevato valore aggiunto delle specie ornamentali ha fatto sì che la micropropagazione potesse apparire un’interessante tecnica vivaistica risultata poi effettivamente suscettibile di importanti applicazioni industriali. Inoltre, il fatto che molte ornamentali siano caratterizzate da propagazione vegetativa ha fatto intravedere in tale tecnica la possibilità di poter disporre di una produzione di qualità fitopatologica e fisiologica. Tale potenzialità favorì, attorno agli anni ’80, la nascita di molti laboratori commerciali; l’instaurarsi di una competizione più severa portò quindi ad una diminuzione dei prezzi. Conseguentemente la micropropagazione, vissuta la sua fase giovanile, cominciò ad affrontare la maturità e la competizione tra le produzioni fu focalizzata sull’efficienza del sistema. Nei Paesi in cui fu possibile intraprendere una stretta interazione tra ricerca di base/ricerca applicata e le applicazioni commerciali, tale maturità fu raggiunta creando una stretta sinergia tra le aziende private, che sono in grado di identificare i problemi che impediscono la produzione, e la ricerca, che studia il problema e cerca di trovare un’alternativa economica per controllare od evitare il problema. L’interazione pose le basi per stimolare un incremento del numero di specie micropropagate in vitro e per affrontare diverse casistiche di studio proprie dei sistemi in vitro. Fu ben presto evidente che il numero di specie potesse essere allargato e che la produzione in vitro avrebbe sempre potuto produrre piante con un sostanziale valore aggiunto (stato fitopatologico, miglioramento genetico….). Si assistette così all’ampliamento del numero di piante micropropagate commercializzate e sulla scena comparvero i laboratori di Paesi a bassa manodopera (il 65% del prezzo di una pianta micropropagata è legato al costo del lavoro) con tutti i problemi che da ciò derivano per Paesi come il nostro. In questo intervento, si vuole focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti che hanno rappresentato un punto fondamentale di studio ed applicazione nella coltura in vitro negli ultimi 25 anni. In particolare, si affronteranno temi legati all’ecofisiologia del contenitore di coltura, al miglioramento genetico, alla fitopatologia e nuovi o vecchi approcci che possono contribuire a valorizzare la produzione del materiale micropropagato. Tale presentazione è sicuramente non esaustiva, ma vuole costituire un punto di riflessione a partire da esperienze condotte sia presso il nostro laboratorio che presso i laboratori di colleghi che a tali studi hanno dedicato la loro professionalità. Verifica con metodi molecolari della stabilità genetica delle piante micropropagate Rosario Muleo Università degli Studi della Tuscia, Viterbo Le biotecnologie delle piante hanno acquisito una notevole importanza nell’ambito economico mondiale, e quelle impiegate per una moltiplicazione (propagazione) clonale rapida di genotipi di molte specie, tra cui le arboree, oramai sono una grande realtà commerciale. I vantaggi maggiori che la micropropagazione ha rispetto ai metodi tradizionali sono sintetizzabili in: (a) propagare cloni di elite in specie recalcitranti; (b) propagare piante in qualsiasi periodo dell’anno; (c) propagare piante esenti da patogeni; (d) produrre un grande numero di piante in breve tempo da un numero selezionato di genotipi, in assenza di metodi di propagazione tradizionali o inefficienti. Sin dagli anni ’80 dello scorso secolo sono comparse le prime segnalazioni di instabilità genetica che erano concomitanti a quelle dell’instabilità fenotipica. I caratteri fenotipici maggiormente segnalati riguardavano tutti gli organi: fiori, foglie, rami, ecc, così come è stata segnalata instabilità dei caratteri fisiologici e dello sviluppo, come epo- Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 11 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro ca di fioritura, vigoria della pianta, fertilità, sviluppo fiorale, maturazione e contenuto di composti nei frutti e nelle foglie, comportamento della pianta in interazione con l’ambiente (stress abiotici) e con altri organismi (stress biotici). L’insieme delle modifiche osservate nellepiante rigenerate da coltura di tessuti e nella loro progenie fu definita variazione somaclonale da parte di Larkin e Scowcroft (1981). Pertanto in base a questa definizione l’instabilità genetica per le piante micropropagate, di cui è richiesta la corrispondenza genetica con la pianta capostipite, è un problema. Diverse sono le basi molecolari e genetiche che determinano la variazione somaclonale, pertanto diversi sono i metodi di indagine che possono essere impiegati. Tra le mutazione genetiche quelle relative alla ploidia sono ampiamente studiati con metodi citologici, ma ben difficile appare lo studio delle mutazioni riguardanti la struttura molecolare del DNA e del livello di regolazione epigenetica nell’organizzazione della cromatina. Una tecnica molecolare semplice che è in grado di individuare mutazioni puntiformi e quella RAPD, che sfrutta l’omologia di sequenza di decameri impiegati come primer random. Esempi inerenti il loro impiego riguardano anche le specie arboree: in olivo è stata studiata il tempo di permanenza in vitro dell’espianto e la fonte di carbonio, evidenziando un numero maggiore di polimorfismi RAPD a carico del numero di subculture. In melo tale tecnica ha evidenziato un ampio polimorfismo nelle piante micropropagate. Tuttavia in Pinus e in Betulla tale tecnica non ha evidenziato instabilità genetica, concordando con la stabilità fenotipica osservata. La tecnica RAPD pur evidenziando modifiche puntiformi nel DNA essa è poco esplorativa, inoltre non consente di evidenziare polimorfismi allelici. Lo studio dei microsatelliti (SSR) supera il problema del polimorfismo allelico, ma è poco esplorativo e non individua mutazioni in regioni tradotte e di regolazione dell’espressione genica. In piante micropropagate della cv Tomuri di A. deliciosa gli SSR hanno identificato variazioni genetiche mentre i RAPD non hanno evidenziato polimorfismi. Queste osservazioni indicano che l’impiego di più tecniche, che esplorano regioni diverse del DNA, siano in grado di valutare la stabilità con maggiore attendibilità. Le tecnologie innovative che valutano ampie regioni del DNA, il polimorfismo di singoli nucleotidi, il livello e lo stato epigenetico delle piante micropropagate forniscono marcatori utili, sensibili e solidi per determinare la fedeltà clonale ed il significato biologico ed agronomico della variazione somaclonale. Tali tecnologie saranno discusse criticamente per individuare quelle idonee da impiegare nel settore delle propagazione delle piante arboree, in considerazione del sistema vivaistica italiano. • Tavola rotonda sul tema del Workshop • Comunicazioni relative al Gruppo di Lavoro Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 12 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro Workshop “La coltura in vitro applicata alla conservazione e alla valorizzazione della biodiversità“ Auditorium Sericchi, via Pescara, L’Aquila Primo annuncio e programma provvisorio Giovedì 30 settembre 2010 14.00 15.00 Arrivo partecipanti e registrazione Inizio convegno (saluti delle autorità accademiche e cittadine) Ia Sessione: 15.30 16.15 16.30 18.30 19.00 21.00 La coltura in vitro applicata alla conservazione della biodiversità Relazioni ad invito Coffee break Contributi dei partecipanti e dibattito Termine dei lavori Breve presentazione e visita nella zona rossa della città de L’Aquila Cena sociale Venerdì 1 Ottobre 2010 2a Sessione: 9.00 10.15 10.30 12.30 La coltura in vitro applicata alla valorizzazione della biodiversità Relazioni ad invito Coffee break Contributi dei partecipanti e dibattito Chiusura del Workshop Con il Patrocinio di In collaborazione con Comitato scientifico Dr.ssa Loretta Pace, Dip. di Scienze Ambientali, Università degli Studi dell’Aquila Prof.ssa Laura Spanò, Dip. di Biologia di Base ed Applicata, Univ. degli Studi dell’Aquila Dr. Maurizio Lambardi, CNR, Resp. GdL SOI Micropropagazione e Tecnologie In Vitro” Dr. Paolo Fasciani, Dip. di Scienze Ambientali, Università degli Studi dell’Aquila Dr. Andrea Tartarini, Dip. di Biologia di Base ed Applicata, Univ. degli Studidell’Aquila Prof. Luca Sebastiani, BioLabs – Scuola Sup. Sant’Anna di Studi Univ. e di Perfez., Pisa Per informazioni Dr.ssa Loretta Pace, tel. 3389595857 (segret. 0862 701946), <[email protected]> Prof.ssa Laura Spanò, tel. 3498627710, <[email protected]> Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 13 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro " Novità Editoriali Questa rubrica riporta le novità editoriali (articoli di riviste, libri, note tecniche) di interesse per il settore della micopropagazione e delle tecnologie in vitro. Inviate le vostre segnalazioni a <[email protected]>. PROSPECTS AND APPLICATIONS FOR PLANT-ASSOCIATED MICROBES A Laboratory Manual. Part A: Bacteria. Seppo Sorvari and Anna Maria Pirttilä (eds). 383 pages, Softcover, 2008 Price: $170.00. ISBN 978-952-99302-5-8 Questo interessante manuale di laboratorio fornisce strumenti utili a coloro che sono interessati alle applicazioni biotecnologiche dell’associazione pianta/batteri e al biocontrollo. Il volume, che si articola in due capitoli, il primo sperimentale e il secondo teorico, contempla sessioni dedicate alle tecniche in vitro, tra le quali si segnalano: In Vitro screening of bacteria efficient against diseases Screening of bacteria active towards plant parasitic nematodes (Johannes Hallmann) Niche Overlap Index (NOI) and antibiosis: Consistent and reliable procedures for selecting bacteria as biocontrol agents at root level (Lilia R. Cavaglieri, Carina E. Magnoli, Miriam G. Etcheverry) Treatment of plants and seeds with bacteria In vitro colonisation of strawberry with Pseudomonas fluorescens and testing against Phytophthora cactorum (Seppo Sorvari, Katriina Ahanen, Jaana Ala-Kaarre, Minna Pohjola, Eeva Renfors, Suvi Valkonen, Otto Toldi) In Vitro screening of bacteria efficient against diseases Biocontrol of plant parasitic nematodes by plant-associated bacteria (Johannes Hallmann) Application of bacterial antagonistic mixtures in biocontrol of plant diseases and assessment of niche overlap index and antifungal activity using bioassay culture (Lilia R. Cavaglieri, Carina E. Magnoli, Miriam G. Etcheverry) Biotechnology Colonisation of microseedlings with bacteria and testing against fungal disease in vitro (Seppo Sor vari, Katriina Ahanen, Jaana Ala-Kaarre, Minna Pohjola, Eeva Renfors, Suvi Valkonen, Otto Toldi) Maria Claudia Piagnani THE ENCAPSULATION TECHNOLOGY-A REVIEW. Autori: Rai M.K., Asthana P., Singh S.K., Jaiswal V.S., Jaiswal U. Biotechnology Advances 27 (2009), pp. 671679. La produzione di seme sintetico (SS), o seme artificiale, ha, negli ultimi anni, acquisito una graduale e significativa importanza per le implicazioni scientifiche ed applicative che presenta. Questa review rappresenta un importante contributo alla conoscenza dello stato di sviluppo e di applicazione di tale tecnica nei fruttiferi. La tecnica della produzione di SS prevede l’incapsulazione di embrioni somatici, gemme ascellari o altri tessuti meristematici in un rivestimento artificiale e permette all’espianto di mantenere inalterato il suo potenziale rigenerativo. Si possono produrre SS idrati o essiccati e il materiale in cui viene inserito il propagulo può essere di diversi tipi (carragenina, potassio alginato, polietilenglico Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 14 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro le), ma la sostanza più utilizzata per produrre le sfere in cui è incapsulato l’espianto è l’alginato di sodio a cui possono essere aggiunti nutrienti, fitoregolatori e antibatterici allo scopo di favorire la ricrescita e controllare le contaminazioni. Nella review, a questo proposito, sono inseriti anche utili dettagli per l’applicazione della tecnica. I vantaggi e i campi di applicazione riguardano principalmente: 1) la propagazione di materiale geneticamente uniforme, con particolare riferimento alle specie fruttifere che, essendo eterozigoti, sono propagate per via vegetativa, ai genotipi di elite (specie rare e/o di elevata rilevanza commerciale) e ai genotipi che non producono naturalmente seme, durante tutto l’anno; 2) la conservazione del germoplasma, operato con (i) il mantenimento per breve o medio periodo di materiale vegetale in crescita rallentata a bassa temperatura e con vari adattamenti fisici e chimici delle condizioni di coltura (illuminazione ridotta, uso di osmotici, regolazione delle combinazioni ormonali), o (ii) con conservazione per lungo periodo, mediante l’applicazione della crioconservazione in cui gli espianti incapsulati vengono o sottoposti al trattamento di disidratazione mediante immersione in substrato liquido ad elevata concentrazione di saccarosio, essiccati in flusso laminare o in silicagel (incapsulazione–disidratazione) o trattati con una soluzione “vitrificante” (incapsulazione– vitrificazione) e rapidamente immersi in azoto liquido; 3) il trasporto di materiale vegetale tra laboratori per fini di studio e applicativi, in quanto lo scambio di seme sintetico, date le dimensioni degli espianti incapsulati, avviene molto più facilmente e vengono ridotti i rischi di diffusione di materiale infetto. La tecnica è stata applicata con successo tra i fruttiferi, sia su specie tropicali e sub-tropicali, sia su specie diffuse nelle aree temperate, utilizzando espianti prelevati da colture in vitro. Tra le specie più rilevanti alle quali questa tecnica è stata applicata con successo si annoverano: (i) melo (Malus spp.), con vari tipi di espianto incapsulati (gemme ascellari, espianti uninodali o apici vegetativi) per varie finalità e SS con apici vegetativi impiegati in crioconservazione mediante incapsulazione-disidratazione; (ii) Citrus spp., utilizzando embrioni somatici per la produzione di SS (includendo nell’endosperma artificiale sia acido giberellico, sia l’antibatterico PPM e il fungicida tiofanato metile), impiegati anche per la conservazione a crescita rallentata e per crioconservazione mediante incapsulazione-disidratazione; (iii) la vite (Vitis spp.), utilizzando embrioni somatici, apici vegetativi e gemme ascellari, anche per crioconservazione. La produzione di SS è stata, inoltre, messa a punto anche su altre specie, tra le quali Actinidia deliciosa (gemme apicali ed ascellari), gelso (gemme ascellari), melograno (Punica granatum, segmenti nodali), pero (Pyrus communis, apici), ribes (Rubus idaeus, gemme e microtalee). Tra le specie tropicali, la tecnica è stata applicata con successo al banano (Musa spp.), utilizzando apici vegetativi e embrioni somatici e addizionando antibiotici e carbone attivo (0.1%) per controllare le contaminazioni e gli imbrunimenti nella produzione di SS, e all’ananas (Ananas comosum), utilizzando apici per la crioconservazione (mediante incapsulazione-disidratazione e incapsulazione-vitrificazione) e gemme ascellari per la conservazione in crescita rallentata. La tecnica è stata anche applicata alla guava (Psidium guaiava), al mango (Mangifera indica) e alla papaya (Carica papaya), incapsulando embrioni somatici, apici vegetativi e segmenti nodali. Gli Autori evidenziano le notevoli potenzialità di questa tecnica, cosa che ne spiega il crescente interesse verso la messa a punto di protocolli nelle diverse specie. Tuttavia, sono ancora necessari studi tesi all’ottimizzazione dei protocolli per quanto riguarda l’incremento delle risposta di conversione dei SS in pianta, al fine di avere a disposizione protocolli commercialmente sfruttabili. Emilia Caboni Newsletter n° 2 – Marzo 2010 - 15 Gruppo di Lavoro Micropropagazione e tecnologie in vitro Gruppo di Lavoro SOI “Micropropagazione e tecnologie in vitro” vitro” Responsabile: Maurizio Lambardi, CNR-IVALSA Comitato di Redazione della Newsletter Carla Benelli, <[email protected]> Maurizio Capuana, <[email protected]> Anna De Carlo, <[email protected]> Corrispondenti Specie da frutto: Maurizio Micheli, <[email protected]> Claudia Piagnani, <[email protected]> Specie ornamentali: (fiore, interno, esterno) Margherita Beruto, <[email protected]> Aylin E. Ozudogru, <[email protected]> Arboree da legno e forestali: Maurizio Capuana, <[email protected]> Anna De Carlo, <[email protected]> Specie orticole e medicinali: Giorgio De Paoli, <[email protected]> Alberto Previati, <[email protected]> Agrumi e vite: M. Antonietta Germanà, <[email protected]> Ivana Gribaudo, <[email protected]> Fruttiferi minori: Edgardo Giordani, <[email protected]> Tecnologie in vitro: Carla Benelli, <[email protected]> Emilia Caboni, <[email protected]> Innovazione nei laboratori: Giuliano Dradi, <[email protected]> Barbara Ruffoni, <[email protected]> L’email della Newsletter è [email protected] Le note tecnico-scientifiche della Newsletter appaiono anche su www.fertirrigazione.it