Review n. 9 – Italus Hortus 16 (1), 2009: 23-44
Meccanismi fisiologici e molecolari di resistenza a stress idrico in Vitis
vinifera L: aspetti del metabolismo primario e secondario e adattamenti
di genotipi diversi
Alessandra Ferrandino, Irene Perrone, Sara Tramontini e Claudio Lovisolo*
Dipartimento Colture Arboree, Università di Torino, via Leonardo da Vinci 44, Grugliasco (TO)
Ricezione: 28 novembre 2008; Accettazione: 12 gennaio 2009
Physiological and molecular mechanisms of resistance to drought in
Vitis vinifera L: aspects of primary
and secondary metabolisms and
adaptation of genotypes
Abstract. In this review, we address the main
aspects of grapevine (Vitis vinifera L.) resistance to
water stress. We point to examine physiological and
molecular answers, involving both primary and secondary metabolisms. The grapevine has been generally classified as drought-avoiding or as “pessimistic”
following the ecological classification of plants into
“pessimists” and “optimists”, even if different
grapevine cultivars show different behaviours of
defence against drought. This ecological classification
is analogous to the physiological classification into
isohydric and anisohydric plants and fundamentally
linked to stomatal behaviour. Stomatal regulation of
grapevine is under hormone (ABA) and hydraulic control, the latter linked to embolism formation and recovery in xylem tissues up-stream the stomata. We
review ABA effects on stomata, and their interrelationship with hydraulics of the plant. To this aim, we show
that in grapevine, xylem embolism occurs and repairs
during diurnal cycles, extreme water potential causing
embolism, whereas an almost full recovery of water
potential is needed to promote repair mechanisms. In
this phase, an ABA-induced transpiration control is
proposed. Aquaporins play fundamental role on water
stress control, and both early or late contribution
(especially in root) are discussed. When droughtavoidance mechanisms are limiting in further plant
dehydration avoidance (earlier in anisohydric varieties, but in all grape cultivars during late and/or severe
drought stages) metabolic mechanisms of dehydration tolerance arise. In all tissues solutes accumulate
to prevent water loss, by minimizing interferences with
cellular function. Grapevines accumulate one or more
types of compatible solutes (osmotic adjustment).
Metabolite profiling reveals that there are higher concentrations of glucose, malate, proline, phenolics and
flavour precursors upon water stress. The metabolite
differences are linked to differences in transcript
*
[email protected]
abundance of many genes involved in energy metabolism, particularly photosynthesis and photorespiration. Droughted grapevines appear to have a higher
demand than non-stressed plants to detoxify free radicals (reactive oxygen species), and to cope with photoinhibition. Results of these defence strategies accumulate in berries, during the ripening period, and are
at the base of grape quality. Berry metabolites accumulated in several cultivars, as a response of controlled levels of water stress applied to the grapevine,
are shown. Berry (skin, pulp and seed) phenolic fractions and flavours are reviewed and linked to perturbations of their molecular pathways, when known.
Physiological, molecular and metabolic peculiarities
genotype-specific are underlined. Future perspectives
of research on the reviewed topic are proposed, as
focused on the interrelationship between ABA metabolism and molecular aspects of water control (aquaporins).
Key words: aquaporin, abscisic acid (ABA), phenolics, flavour, transcriptomics.
Introduzione
La vite è la pianta da frutto più diffusa al mondo,
sia in termini di produzione che di valore economico
(66.271.676 Mt prodotte su 7.501.872 ha nel 2007, da
FAOSTAT, http://faostat.fao.org/). Si tratta di una
coltura per tradizione non irrigua, diffusasi su un’ampia area, anche in presenza di ecosistemi aridi e
semiaridi. Il rendimento produttivo e qualitativo della
vite, da cui dipende la sua importanza economica, è
strettamente legato all’adattabilità di questa coltura
alla siccità. Per la vite lo stress idrico non va pertanto
esclusivamente considerato in termini negativi, se
correttamente gestito. Il controllo del livello di stress
è infatti alla base di pratiche agronomiche affermate –
uso del portinnesto, inerbimenti e lavorazioni controllati, tecniche irrigue di soccorso quali la RDI, regulated deficit irrigation (Keller, 2005), o la PRD, partial
rootzone drying (Dry e Loveys, 1999) – per inibire la
crescita vegetativa della pianta a vantaggio della qua-
23
Ferrandino et al.
lità del frutto. Lo stress idrico moderato sembra inoltre promuovere la colonizzazione radicale da parte di
funghi micorrizici arbuscolari (Schreiner et al., 2007).
In queste pagine verranno approfonditi alcuni
aspetti della resistenza di Vitis vinifera a condizioni di
carenza idrica, con particolare attenzione alle risposte
ecofisiologiche e molecolari legate al metabolismo
primario e secondario, soprattutto a livello di bacca.
Nell’ultima parte saranno presi in esame gli aspetti
legati alle peculiarità varietali, a tutti i livelli d’indagine considerati e fino ai più recenti risultati pubblicati.
Meccanismi di elusione o tolleranza dello stress
idrico
Come schematizzato in figura 1, il deficit idrico
produce svariate reazioni, a seconda che agisca nel
breve o nel lungo periodo. Nel primo caso, può favorire la chiusura degli stomi, idropassiva ed idroattiva
(quest’ultima controllata dall’acido abscissico), limitante la fotosintesi, l’abscissione fogliare e la rottura
della colonna d’acqua sotto tensione nello xilema
(cavitazione). Nel secondo caso, può frenare lo sviluppo dell’area fogliare complessiva, agendo su numero e
dimensioni delle foglie, stimolare l’estensione dell’apparato radicale, provocare la sintesi di una spessa cuticola sulla superficie fogliare (Kramer e Boyer, 1995).
La vite bilancia lo stress idrico, per lo più prodotto
da condizioni di siccità, eccessiva salinità e gelo, con
un meccanismo di resistenza composto di
elusione/tolleranza allo stress (da una definizione di
Levitt, 1972). Con l’elusione la pianta tenta di mantenere un alto potenziale idrico anche quando è sottoposta a condizioni di aridità. Quando questa condizione
non può più essere mantenuta e i tessuti soffrono lo
stress idrico, la pianta reagisce o mantenendo alto il
contenuto idrico dei tessuti o tollerandone l’abbassamento. L’elusione agisce nel breve periodo sulla chiusura della rima stomatica e nel lungo su altri meccanismi capaci di influenzare più o meno direttamente la
gestione della riserva idrica a disposizione della pianta. Nel lungo periodo, perciò, si possono osservare
crescita degli elementi sotterranei (Soar e Loveys,
2007) e abscissione volontaria delle foglie (con incremento del rapporto radici/fusto), modifiche dell’orientamento fogliare (Palliotti et al., 2008), variazioni dei
pigmenti fotosintetici, di dimensione e densità degli
stomi (Gomez-Del-Campo et al., 2003) e degli elementi xilematici (Lovisolo e Schubert, 1998), incremento della capacità di immagazzinamento dell’acqua
nei tessuti (Patakas e Noitsakis, 1999), riduzione di
superficie e spessore fogliare (diretta conseguenza
delle limitazioni a divisione ed espansione cellulare),
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inspessimento della cuticola, aumento della pubescenza, variazioni nell’elasticità della parete cellulare
(Patakas e Noitsakis, 1997), variazioni della composizione lipidica della foglia (Toumi et al., 2008) e
variazioni nella permeabilità idrica della superficie
fogliare (Keller, 2005). In tal modo e per condizioni
di siccità temporanee o leggere, l’elusione può da sola
garantire le performances della pianta.
Quando poi lo stress si acutizza, la regolazione
della fotosintesi è determinata da meccanismi non
stomatici: principalmente dalla riduzione dell’attività
fotochimica, dalla depressione dell’attività degli enzimi fotosintetici, dall’abbassamento della conduttanza
del mesofillo e del tasso di trasporto elettronico sulla
membrana del tilacoide e dalla ridotta capacità di
rigenerazione della RuBisCO (Medrano et al., 2003).
Oltre una certa soglia di stress, però, la pianta deve
contare sulla propria tolleranza alla disidratazione.
I diversi eventi molecolari e le corrispondenti
risposte metaboliche della pianta allo stress non possono essere classificati come solo di tolleranza o solo
di elusione, poiché agiscono in un continuum su vari
fronti in contemporanea, senza una progressione
lineare su durata o intensità dello stress e regolati da
un network di risposte complesse (Verslues et al.,
2006); tuttavia verranno qui di seguito descritti in
paragrafi distinti per favorirne la comprensione.
Meccanismi di elusione: la regolazione stomatica
La prima reazione della vite allo stress idrico si
verifica a livello degli stomi, la cui apertura e chiusura sono regolate attraverso meccanismi di tipo idraulico, ormonale e chimico. Allo scopo, entrano in gioco
varie componenti: l’ABA (acido abscissico) inviato
dalle radici con il flusso xilematico o redistribuito a
livello fogliare, la domanda evaporativa, l’efficienza
traspirativa, la formazione di embolismi, la rapidità di
crescita fogliare, le componenti esogene origine del
deficit, nonché una certa influenza dovuta alla variabilità genetica.
Proprio in funzione del comportamento di controllo stomatico, le specie vegetali possono essere classificate come isoidriche o anisoidriche (Tardieu e
Simonneau, 1998), riprendendo da un punto di vista
fisiologico i concetti ecologici di piante “pessimiste”
ed “ottimiste”. In condizioni limitanti, le prime tendono a modificare crescita e fisiologia per salvaguardare
il più a lungo possibile il proprio stato idrico e le temporanee risorse, mentre le seconde a subire gli stress
senza evidenti reazioni di controllo del contenuto
d’acqua nei tessuti. Il meccanismo isoidrico, tipico
delle piante ecologicamente “pessimiste”, agisce sotto
stretto controllo stomatico.
Meccanismi di resistenza a stress idrico della vite
Fig. 1 - Meccanismi di elusione o tolleranza dello stress idrico: il deficit idrico produce svariate reazioni, a seconda che agisca
nel breve o nel lungo periodo.
Fig. 1 - Avoidance and tolerance of water stress in the grapevine: different responses are related to short or long term strategies.
La vite è stata genericamente classificata come
specie isoidrica, capace di elevata regolazione stomatica sotto il controllo di segnale ABA, tuttavia esiste
una diffusa variabilità varietale che determina scostamenti anche considerevoli da questo tipo di comportamento.
Il delicato meccanismo di regolazione stomatica
che nella vite si attiva in risposta a condizioni di
moderate carenze idriche del suolo fa della conduttanza stomatica stessa un indicatore dello stress idrico
più preciso e sensibile di altri parametri di misura
delle relazioni idriche (Cifre et al., 2005), primo fra
tutti il potenziale idrico.
25
Ferrandino et al.
La regolazione stomatica influenza direttamente
l’assimilazione della CO2 fotosintetica. È probabile
che, in condizioni di moderato stress idrico, la fotosintesi nella vite venga depressa quasi esclusivamente
a livello degli stomi, a conferma dell’incremento di
efficienza intrinseca nell’uso dell’acqua, cosa per
altro presumibilmente comune a varie specie vegetali.
In condizioni più limitanti, però, l’inibizione della
fotosintesi è provocata da fattori non direttamente
legati all’attività delle cellule di guardia (Flexas et al.,
2004). Sebbene, infatti, l’effetto stomatico giochi un
ruolo determinante nella risposta della vite allo stress
idrico, è stato dimostrato come effetti permanenti non
stomatici divengano più importanti mano a mano che
le condizioni ambientali si fanno più limitanti
(Escalona et al., 1999).
L’acido abscissico. Gli stomi si chiudono per induzione ormonale originata dalle radici le quali, in penuria d’acqua, inviano messaggeri biochimici, in particolare l’ABA, verso gli organi fogliari attraverso il
flusso di linfa grezza del legno. L’ABA, in sinergia
con la concentrazione cellulare di ioni Ca2+, ha un
effetto stimolante sulle strutture radicali, mentre su
quelle stomatiche favorisce la chiusura delle cellule di
guardia (Quintero et al., 1999), e non produce nessun
effetto su sviluppo e funzionalità idraulica dei tessuti
xilematici (Lovisolo et al., 2002).
In presenza di stress idrico, l’ABA è ridistribuito
nella foglia a seguito dell’alcalinizzazione del succo
xilematico. In condizioni naturali, infatti, il succo
xilematico è debolmente acido, cosa che favorisce
l’assorbimento della forma indissociata di ABA
(ABAH) da parte delle cellule del mesofillo. Al verificarsi dello stress, il succo xilematico diventa debolmente alcalino, favorendo la dissociazione
dell’ABAH in ABA-, che non permea la membrana
cellulare. Di conseguenza le cellule del mesofillo
assorbono meno ABA, rendendone disponibile una
quantità maggiore che raggiunge le cellule di guardia,
dotate di canali ionici specifici. Gli effetti del segnale
di ABA sono avvertiti dagli stomi della vite non solo
in stress idrico (vedi bibliografia in Lovisolo et al.,
2002), ma anche nelle prime fasi della reidratazione,
quando i flussi xilematici dilavano l’elevato ABA
residuo radicale e lo trasportano verso le rime stomatiche (Lovisolo et al., 2008a).
L’importanza della relazione tra ABA, conduttanza stomatica e stato idrico della pianta (potenziale
idrico) si può evincere da un modello di simulazione
(Tardieu, 2003) col quale è stato confrontato il comportamento di quattro genotipi virtuali che presentino
differenti abilità nella sintesi di ABA in condizioni di
26
stress idrico. Nel virtuale wild type il potenziale idrico
fogliare non varia nella prima settimana di carenza
d’acqua per poi decrescere progressivamente fino
a -1,5 MPa nelle successive due settimane, secondo
un trend piuttosto comune in differenti esperienze
reali su vite. Al contrario, il potenziale quasi non
varia in un genotipo virtuale capace di un tasso di sintesi ABA doppio, mentre crolla in cinque giorni o in
due giorni a -2,0 MPa in due genotipi virtuali la cui
sintesi di ABA è rispettivamente la metà o un quinto
del controllo wild type.
Formazione e recupero degli embolismi. L’ABA
sintetizzato in condizioni di stress idrico, e più in
generale i segnali di tipo chimico, controllano però
solo parzialmente la risposta stomatica nella vite:
sembrano essere i segnali di tipo idraulico i primi ad
essere avvertiti (Rodrigues et al., 2008).
La struttura dello xilema garantisce una semplice
via di transito a bassa resistenza attraverso cui l’acqua
può muoversi liberamente in risposta a gradienti di
pressione o tensione, richiedendo una forza motrice
1010 volte inferiore rispetto a quella necessaria a spostare l’acqua attraverso la cellula. Struttura e dimensioni delle diverse subunità xilematiche, poi, sono
determinanti nell’efficienza della conduttività
(Lovisolo e Schubert, 1998). L’acqua scorre all’interno dello xilema in minima parte sospinta dalla pressione radicale positiva (quasi solo al germogliamento)
ed in massima parte attirata verso l’apice dalla forte
pressione idrostatica negativa (tensione) che la traspirazione produce. Quest’elevata tensione, che tenderebbe a far collassare gli elementi di trasporto, viene
sopportata grazie alla lignificazione dei tessuti vasali,
ma con un’importante conseguenza sul liquido: favorisce la separazione dei gas che vi sono disciolti. È
così che si formano le bolle di gas all’interno dei tessuti xilematici per il fenomeno detto di cavitazione.
Secondo l’ipotesi più accreditata (Zimmermann,
1983), i gas che penetrano nei condotti xilematici
attraverso i micropori, una volta all’interno, produrrebbero la perdita di coesione fra le molecole d’acqua. Questo meccanismo è frequente e minimizzabile
dalla pianta: infatti i piccoli pori che connettono le
varie unità costituenti dello xilema impediscono alla
bolla di espandersi all’infinito, grazie alla tensione
superficiale che l’acqua adiacente oppone a questo
livello.
Se la vite non è in grado di evitare l’embolizzazione, ha i mezzi per limitare il fenomeno: l’embolizzazione, infatti, causa in primo luogo una riduzione
della conduttività idraulica, che a sua volta, limitato il
flusso idrico, provoca la chiusura degli stomi
Meccanismi di resistenza a stress idrico della vite
(Schultz, 2003). Ne risultano un abbassamento dell’efficienza traspirativa, quindi della tensione di
suzione dell’acqua e, in ultima analisi, delle condizioni favorevoli al (ri-)verificarsi dell’evento.
Esistono poi vie alternative, fornite dai capillari
vicini e comunicanti, che permettono al flusso idrico
di proseguire aggirando l’ostacolo, e meccanismi di
recupero dell’embolismo. Inoltre, quando durante le
ore pomeridiane e la notte la traspirazione si riduce,
anche la tensione dello xilema scende e i gas sono
riassorbiti, almeno parzialmente, nel liquido circolante. La dinamica di recupero degli embolismi nella vite
segue un modello proposto di recente (Lovisolo et al.,
2008a) secondo tre punti principali: i) il recupero
avviene in primo luogo a livello di fusto e poi in radice e piccioli fogliari, ma solo a seguito di risalita del
potenziale idrico; ii) il recupero avviene anche durante le ore del giorno, mentre la vite traspira; ma iii) la
traspirazione nelle fasi di recupero è ridotta da un
segnale di ABA, residuale dello stato di stress.
Ruolo delle acquaporine. L’acqua si muove all’interno delle strutture vegetali attraverso tre diverse vie:
apoplastica, simplastica e transmembrana. La via apoplastica individua il passaggio del liquido attraverso il
continuum di pareti cellulari e spazi aeriferi intercellulari che incontra nei tessuti della pianta, senza penetrare la membrana cellulare. Questo tipo di trasporto è
guidato da forze fisiche e regolato principalmente da
differenze di potenziale tra suolo, pianta e atmosfera
(Lovisolo et al., 2002). La via transmembrana, con
cui l’acqua attraversando il citoplasma percorre almeno due volte, in entrata ed in uscita la membrana e la
via simplastica, creata dai plasmodesmi quale passaggio preferenziale fra due cellule contigue, sono invece
difficilmente distinguibili sperimentalmente e comunemente riunite sotto la più ampia definizione di via
cellulare (Steudle, 2000).
La conduttanza della via cellulare è fortemente
influenzata dalla presenza e attività delle acquaporine
(Vandeleur et al., 2008). Un aspetto interessante delle
acquaporine vegetali consiste nella loro abbondanza e
complessità: basti pensare che solo in Vitis sp. ne
sono state identificate 28, attraverso analisi del genoma sequenziato (Fouquet et al., 2008). Come già
accennato, è intuitivo arrivare a comprendere l’importanza fisiologica che le acquaporine sono in grado di
rivestire per le piante, in tutti i processi fondamentali
in cui entra in gioco il trasporto idrico, dall’assorbimento radicale, alla crescita cellulare (Maurel et al.,
2008), alla traspirazione e al controllo dell’embolizzazione (Kaldenhoff et al., 2008). Il fatto che queste
proteine facilitino il flusso di molecole d’acqua attra-
verso la membrana, non è, di per sé, garanzia di un
miglior funzionamento del sistema: piante di tabacco
in cui la sintesi di una specifica acquaporina, precisamente la PIP1, era stata geneticamente incrementata,
hanno mostrato sì un aumento di efficienza fotosintetica e traspirativa, ma anche di velocità di appassimento (Aharon et al., 2003).
Questi risultati possono essere interpretati come
utili delucidazioni sulle reciproche proporzioni entro
cui l’acqua utilizza nella pianta il cammino endo- ed
esocellulare. Se quest’ultimo, infatti, è strettamente
governato da forze fisiche, controllato dai salti di
energia potenziale esistenti fra suolo, pianta e atmosfera e stimolato dalla traspirazione, il primo dipende
prevalentemente da numero e funzionalità delle
acquaporine. Una pianta con “troppi” canali per l’acqua, come osservabile in individui mutanti, potrebbe
traspirare di più, producendo un flusso idrico di maggior portata; in tal caso, all’alta traspirazione corrisponderanno un’elevata fotosintesi e un aspetto vigoroso. Un sistema così esigente non è però sempre in
grado di far fronte a condizione di stress idrico e/o
salino.
Il mezzo con cui questi canali facilitano il flusso
dell’acqua è la riduzione dell’energia di attivazione
per il trasporto. Le molecole d’acqua che utilizzano
questo cammino preferenziale, infatti, possono superare l’alta barriera energetica prodotta dall’acqua
incanalata all’interno della fase idrofobica del doppio
strato fosfolipidico attraverso un flusso passivo. Se la
funzionalità delle acquaporine viene meno, l’energia
di attivazione cresce immediatamente, secondo un
effetto che può essere provocato artificialmente ricorrendo all’uso di reagenti mercuriali. Il mercurio interagisce con i legami solfidrilici presenti nella struttura
proteica e dovuti ai residui di cisteina, posti in specifici punti della molecola. Il blocco così ottenuto è
reversibile per somministrazione di composti riducenti, come il ß-mercaptoetanolo. L’utilizzo di queste
sostanze presenta però dei limiti: prima di tutto, la
sensibilità agli agenti mercuriali non è una caratteristica comune a tutte le acquaporine, mentre lo è ad
altri trasportatori di membrana; poi, il mercurio produce una serie di effetti negativi, come la depolarizzazione delle membrane e l’inibizione del metabolismo
in generale, non sempre riconoscibili e quantificabili
(Tyerman et al., 2002). Ciononostante, continua ad
essere un utile supporto in indagini sperimentali su
tessuti e organismo.
In vite, l’uso del mercurio ha dimostrato che il
recupero degli embolismi necessita di apporto metabolico e non si verifica se l’attività cellulare, e quella
delle acquaporine, viene inibita (Lovisolo e Schubert,
27
Ferrandino et al.
2006). Inoltre, a livello radicale, ha permesso di suggerire che i portinnesti ibridi di Vitis rupestris conferiscono resistenza a stress idrico maggiore che gli ibridi
di Vitis riparia, grazie ad un miglior controllo dell’embolizzazione (Lovisolo et al., 2008b).
Il ruolo delle acquaporine è nella vite funzione del
tipo di tessuto, dello stadio di sviluppo e delle condizioni ambientali (Galmés et al., 2007): in effetti, la
permeabilità all’acqua, può essere anche una caratteristica che la pianta rifugge, come avviene in caso di
condizioni idriche limitanti. Per far fronte alle esigenze ambientali, l’attività dei canali per l’acqua è regolata in fase di trascrizione genica in funzione di messaggi di tipo ormonale (Kaldenhoff et al., 2008), e a
livello post-traduzionale attraverso reazioni di fosforilazione e defosforilazione (Maurel et al., 2008).
L’espressione di alcuni geni è stimolata dalla siccità e
dagli stress salini (Yamada et al., 1997) mentre, per
altri, non subisce alcuna influenza di tipo ambientale.
In condizioni avverse, la capacità delle cellule radicali
di interrompere chimicamente questo flusso transmembrana preferenziale potrebbe essere un mezzo per
limitare le perdite d’acqua, quando il potenziale idrico
del suolo è inferiore a quello delle radici (Martre et
al., 2001). Considerando che nelle radici la conduttività idraulica del trasporto attraverso le strutture cellulari (perciò tramite le vie transmembrana e simplastica) è circa tre volte quella della via apoplastica
(Siefritz et al., 2002), l’importanza del suddetto meccanismo risulta evidente.
Non si può infine escludere che le acquaporine
seguano speciali modelli d’espressione spaziali e temporali la cui attivazione, indotta da stress abiotici, si
verifica solo in specifici tessuti e fasi di sviluppo
(Aharon et al., 2003).
Le acquaporine della vite vengono differentemente
espresse e/o attivate in condizioni di stress idrico,
come discusso più avanti.
Meccanismi di tolleranza dello stress idrico
Lo stress idrico limita la fotosintesi non soltanto
attraverso la chiusura degli stomi, ma anche causando
alterazioni metaboliche dell’apparato fotosintetizzante, tanto più evidenti quanto più lo stato di stress si
protrae nel tempo (Escalona et al., 1999; Chaves,
2002). Nella vite la regolazione non stomatica della
fotosintesi in condizioni di severo stress idrico è evidenziata da parecchi indizi. All’aumentare della
carenza idrica, il corrispondente calo nei parametri
fotosintetici (assimilazione netta di CO2, assimilazione in condizioni ottimali di luce e di CO2, tasso di trasporto elettronico, efficienza di carbossilazione) è
infatti molto inferiore alla diminuzione di conduttanza
28
stomatica (Cifre et al., 2005). Inoltre, in condizioni
colturali tipiche, lo stress idrico si associa spesso ad
alte temperature ed irraggiamento, condizioni che
esasperano fotorespirazione e fotoinibizione (Gamon
e Pearcy, 1990 a, b).
La prima, insieme a retroregolazione del fotosistema II e assimilazione fotosintetica di CO2, contrasta
l’eccessiva fotoriduzione di O2, e perciò il danno ossidativo a membrane cellulari e apparato fotosintetico,
causato dalle specie attive dell’ossigeno prodotte
durante il ciclo perossidatico di Mehler-Asada, di cessione di elettroni all’ossigeno (Osmond et al., 1997;
Asada, 1999). Efficienza ed efficacia del meccanismo
fotorespirativo e perciò resistenza della pianta alle
condizioni di stress, sembrano essere in V. vinifera
strettamente dipendenti dal tipo di cultivar in esame
(Guan et al., 2004).
La seconda invece è conseguenza del danneggiamento dell’apparato enzimatico fotosintetico prodotto
da un eccesso di fotoni e porta a una riduzione dell’efficienza fotochimica e perciò della capacità fotosintetica della pianta (Long et al., 1994). Per altro,
data la particolare efficienza in V. vinifera di fotosintesi e fotorespirazione nel dissipare l’energia in eccesso (Medrano et al., 2002) e trattandosi di un meccanismo largamente studiato in condizioni controllate,
perciò di ancor dubbia significatività per le piante in
campo (Bertamini e Nedunchezhian, 2002), una stretta causalità e/o sinergia tra danni da stress idrico e
fotoinibizione non è certa.
A livello cellulare si innescano meccanismi di
difesa per evitare la disidratazione cellulare, o per tollerarla. I primi sono alla base della regolazione osmotica, ovvero dell’accumulo di soluti compatibili, che
non interferiscono col metabolismo cellulare, ma contribuiscono a mantenere un buon equilibrio osmotico
in condizioni di stress (Bertamini et al., 2006). Nella
vite, oltre gli zuccheri, è la prolina il più studiato di
tali soluti (Keller, 2005, Wada et al., 2008). I meccanismi di tolleranza dello stato di disidratazione ruotano invece intorno alla biosintesi di soluti e/o proteine
di protezione (ad es. deidrine, LEA LateEmbryogenesis-Abundant proteins) o di difesa (o
detossificazione) dalle specie reattive dell’ossigeno.
Tali meccanismi vengono esaminati in vite discutendone le vie biosintetiche nel paragrafo successivo,
mentre qui di seguito riportiamo gli effetti metabolici
di tali difese nell’acino d’uva.
Effetti dello stress idrico sui principali metaboliti
secondari della bacca. I primi lavori riguardanti gli
effetti del regime idrico sulla qualità dell’uva risalgono agli anni ottanta del secolo scorso. All’epoca l’in-
Meccanismi di resistenza a stress idrico della vite
teresse era soprattutto focalizzato sullo studio dei
parametri base della qualità dell’uva (contenuto zuccherino, acidità, pH) poi, via via, anche grazie all’affinarsi ed alla diffusione di tecniche analitiche più sofisticate ed efficaci, si sono approfonditi gli effetti dello
stato idrico della pianta sui metaboliti secondari della
bacca, polifenoli ed aromi in particolare.
Visto che numerosi metaboliti secondari come i
composti di natura fenolica, i carotenoidi, i terpeni, le
metossipirazine e altri ancora sono di fatto molecole
di protezione di funzioni metaboliche vitali della cellula, la cui concentrazione può variare a seguito di
stress biotici e/o abiotici, lo studio delle loro variazioni diventa fondamentale per la valutazione di ciò che
è definita come ‘qualità’ dell’uva, che ha necessariamente importanti ricadute applicative a livello di tecnologia della vinificazione e di ‘qualità’ del vino.
Polifenoli. Alla fine degli anni ‘80, Matthews e
Anderson (1988) in uno studio su Cabernet franc in
California misero in evidenza gli effetti del deficit
idrico sulla qualità dell’uva, distinguendo gli effetti
imputabili all’applicazione di stress idrico in epoca
anticipata (prima dell’invaiatura) rispetto a quelli
dovuti all’applicazione dello stesso posticipatamente
(dopo l’invaiatura). La concentrazione dei polifenoli
delle bucce incrementava se la pianta era sottoposta a
condizioni di stress idrico, indipendentemente dall’epoca in cui esso veniva applicato; ciò veniva messo in
relazione con la diminuzione del volume delle bacche
che si registrava in condizione di stress idrico e, quindi, ad un effetto concentrazione legato al decremento
della fase solvente nell’acino. Gli stessi autori però
rilevavano che, anche quando si esprimevano i polifenoli come quantità per superficie di buccia (e quindi si
escludeva l’effetto concentrazione dovuto alla riduzione del volume dell’acino), si registrava comunque
un incremento del quantitativo di polifenoli. Il deficit
idrico influenzava anche il contenuto di antociani del
mosto e del vino e la formazione del colore risultava
più rapida durante le prime due settimane dopo l’invaiatura, soprattutto qualora le condizioni di stress
idrico fossero applicate in epoca anticipata.
Gli effetti dello stress idrico sull’accumulo dei
metaboliti secondari della bacca, polifenoli totali e/o
antociani, in particolare, furono descritti anche in
molti altri lavori su vitigni quali Cabernet Sauvignon
(Bravdo et al., 1985; Dry et al., 2001; Kennedy et al.,
2002), Cabernet Franc (Matthews et al., 1990),
Moscato di Alessandria (Pedreira dos Santos et al.,
2007), Sangiovese (Poni et al., 2007).
Ampia discussione venne intrapresa a proposito
del fatto che il deficit idrico potesse alterare diretta-
mente le numerose vie biosintetiche che portano
all’accumulo dei diversi metaboliti secondari o se il
loro accumulo fosse prevalentemente una conseguenza della riduzione della dimensione delle bacche.
Maggiori elementi di chiarezza a proposito dell’influenza dello stress idrico sull’accumulo di alcune
classi di metaboliti secondari, sulla dimensione degli
acini e sulla loro interazione, vennero apportati da
Roby e collaboratori (2004). In quell’esperienza, su
piante di Cabernet Sauvignon innestate su 110 Richter
e sottoposte a condizioni di eccesso di acqua (64
l/pianta/settimana), a condizioni di normalità
(32l/pianta/settimana) ed a condizioni di stress (somministrazione di 32/l/pianta/settimana non prima di
aver raggiunto -1,5 MPa di potenziale idrico fogliare a
mezzogiorno), si rilevò la frequenza delle diverse
classi di dimensioni degli acini e si effettuarono determinazioni del contenuto in tannini dei semi ed in tannini e antociani delle bucce per ciascuna classe di
dimensione. Il contenuto in tannini dei semi, che
aumentava con l’aumento delle dimensioni della
bacca, del numero di semi e della massa totale di semi
per bacca, risultava inferiore nelle bacche provenienti
da piante mantenute in condizioni di stress idrico,
rispetto alle altre due tesi; questo aspetto venne spiegato ammettendo l’accelerazione del tasso di degradazione dei tannini durante la maturazione. A conclusioni simili erano in precedenza pervenuti Ojeda e collaboratori (2002) nel caso di uve provenienti da piante
di Syrah innestate su Fercal. Anche il contenuto di
tannini e di antociani della buccia aumentava con l’aumentare delle dimensioni della bacca, ma la concentrazione di antociani diminuiva con l’aumentare delle
dimensioni del frutto. Analizzando il contenuto di tali
composti in bucce di bacche aventi la stessa dimensione si verificò che sia le loro quantità sia le loro concentrazioni erano maggiori nelle bacche provenienti
da piante sottoposte a stress idrico rispetto ai controlli
o alle piante irrigate con il volume di acqua superiore.
Roby e collaboratori (2004) spiegarono l’incremento della concentrazione di antociani e proantocianidine della buccia ammettendo che lo stress idrico
potesse influire sulla crescita delle cellule della buccia
maggiormente di quanto non accadesse a carico delle
cellule della polpa, il che portava all’incremento dei
quantitativi dei soluti localizzati nella buccia, oltre
che ipotizzare un possibile effetto diretto sulla biosintesi dei flavonoidi.
Recenti ricerche su Cabernet Sauvignon innestato
su 140R hanno dimostrato che l’espressione di alcuni
enzimi legati alla via biosintetica dei fenilpropanoidi,
risultava incrementata in condizioni di stress idrico
sia se esso veniva applicato in epoca anticipata (dal-
29
Ferrandino et al.
l’allegagione alla fine dell’invaiatura, 77 giorni dopo
la fioritura), sia se esso veniva applicato più tardi dall’invaiatura (77 giorni dopo la fioritura) fino alla raccolta (Castellarin et al., 2007a). Anche il profilo degli
antociani risultava influenzato da condizioni di stress
idrico in quanto veniva favorito l’accumulo delle
antocianine tri-sostituite (delfinina, petunina, malvina) rispetto alle di-sostituite (cianina e peonina). La
maggior concentrazione di antociani per acino era
strettamente legata all’incremento di espressione degli
enzimi della biosintesi dei flavonoidi che si traduce in
un reale incremento del loro accumulo e non ad un
effetto concentrazione legato alla riduzione del peso
della bacca. Lo stress idrico anticipato era in grado
non solo di incrementare il quantitativo di antociani
alla raccolta, ma anche di anticipare l’accumulo del
colore nelle bacche.
I meccanismi che sono stati ipotizzati per giustificare l’incremento e l’anticipo dell’accumulo di antociani sono complessi: si è ipotizzato che uno stress
idrico prima dell’invaiatura, abbassando il turgore cellulare, possa incrementare l’afflusso di zuccheri e
ABA floematici, aumentando il delta di pressione tra
sorgenti e sink necessario per attivare i meccanismi di
caricamento e scaricamento del floema. La maggior
concentrazione di zuccheri a sua volta attiverebbe l’espressione dei trasportatori degli zuccheri e i geni
legati al metabolismo dei flavonoidi (Castellarin et
al., 2007a).
Gli stessi autori su Merlot innestato su SO4 avevano
rilevato che, in condizioni di stress idrico, molti geni
legati alla biosintesi dei flavonoidi erano sovra-regolati,
il che portava ad un significativo incremento del contenuto in antociani e ad un effetto sul loro profilo, non
solo aumentando l’incidenza delle antocianine tririspetto alle di-sostituite, come già rilevato dagli stessi
autori su Cabernet Sauvignon, ma anche favorendo
l’accumulo delle forme maggiormente metilate (malvina e peonina) rispetto a quelle con un più basso o nullo
livello di metilazione (Castellarin et al., 2007b).
L’effetto del deficit idrico specificatamente riferito
a flavonoidi non antociani è stato meno indagato. Un
lieve incremento dell’espressione della leucoantocianidina-riduttasi (enzima chiave che apre la via della
biosintesi delle catechine) è indotto da condizioni di
deficit idrico anticipato: a questo incremento non è
però corrisposto un significativo aumento della concentrazione in proantocianidine (Castellarin et al.,
2007a) anche se, a livello di tendenza, alcuni gruppi
di lavoro su Syrah (Ojeda et al., 2002) hanno rilevato
che sia il deficit idrico anticipato che quello tardivo
determinano un incremento del contenuto in proantocianidine rispetto ai controlli. Ancora minori sono
30
risultati gli effetti dello stress idrico sulla flavonolsintasi (FLS1) e quindi sull’accumulo dei flavonoli
(Castellarin et al., 2007a).
Sono poco delineate, al momento, le conoscenze
relative all’effetto dello stress idrico sull’accumulo
degli stilbeni, resveratrolo in particolare, il cui contenuto non è risultato influenzato dallo stress idrico in
piante di Barbera innestate su 3309 C (Vezzulli et al.,
2007).
Composti aromatici. Attualmente i lavori relativi
all’effetto dello stress idrico sulla quantità di composti aromatici e sul loro profilo non sono ancora molto
numerosi. Qualche conoscenza in più si ha a proposito dell’effetto dello stress idrico sui carotenoidi per i
quali la relativamente recente identificazione e caratterizzazione di una specifica carotenoide diossigenasi
dell’uva, la cui attività è stata correlata in vivo con
l’accumulo di 3-idrossi-ß-ionone, isoprenoide C-13,
dal significativo impatto aromatico, ha definitivamente chiarito, anche in Vitis vinifera, l’origine dei C-13
norisoprenoidi da precursori carotenoidi (Mathieu et
al., 2005).
La mancanza di irrigazione su piante di Touriga
nacional innestate su 196-17 causava un incremento
significativo del contenuto in carotenoidi rispetto al
trattamento irriguo, in condizioni di suolo con scarsa
capacità di trattenuta idrica, mentre nel suolo con
capacità di trattenuta superiore le differenze tra condizioni irrigue e condizioni non irrigue risultavano sfumate, pur essendo ancora evidenti (Oliveira et al.,
2003). L’influenza dello stato idrico è stata valutata
su piante di Cabernet Sauvignon sottoposte a partial
root drying (PRD) e su piante testimoni normalmente
irrigate su entrambi i lati del filare: l’influenza della
riduzione dell’apporto idrico incomincia a verificarsi
a partire da circa 10 e circa 30 giorni dall’invaiatura
per la luteina e per il ß-carotene, rispettivamente.
Anche la concentrazione dei C-13 norisoprenoidi, in
particolare quella di ß-damascenone, ß-ionone e
1,1,6-trimetil-1,2-diidronaftalene (TDN), era significativamente maggiore nelle piante sottoposte a condizioni di PRD; ciò si verificava anche su base di contenuto per acino e quindi parrebbe un effetto che, similmente a quanto già chiarito per i polifenoli, non è solo
il risultato di un alterato rapporto buccia/polpa ma,
presumibilmente, è legato ad un incremento dell’attività enzimatica (Bindon et al., 2007). Una limitata
disponibilità idrica incrementava il contenuto degli
aromi glico-coniugati nei vini prodotti a partire da
uve della cv Agiorgitiko innestata su 41B, in particolare nelle condizioni di minor disponibilità idrica si
determinarono le maggiori concentrazioni di terpenil-
Meccanismi di resistenza a stress idrico della vite
glicosilati (Koundouras et al., 2006). Un comportamento simile è stato osservato su un altro vitigno, il
Moscato di Alessandria su 1103 Paulsen (Pedreira dos
Santos et al., 2007), caso in cui, in condizioni di
moderata disponibilità idrica a seguito dell’applicazione di condizioni di PRD e di non-irrigazione, si
rilevò un incremento della concentrazione del glicosil-glucosio (GG) che, nelle uve a bacca bianca, è
essenzialmente ascrivibile alla presenza di metaboliti
secondari glicosilati aromatici (Williams et al., 1995).
L’effetto della ridotta disponibilità idrica è stato anche
osservato a carico di alcuni aromi tiolici, derivati
dall’S-cisteina, in Sauvignon blanc: Peyrot des
Gachons e collaboratori (2005) hanno dimostrato che
condizioni di ridotta disponibilità idrica accompagnate da una non limitata dotazione azotata favoriscono il
massimo accumulo del 4MMP (4-mercapto-4-metilpentano-2-one), del 4MMPOH (4-mercapto-4-metilpentan-2-olo) e del 3MH (3-mercaptoesan-1-olo).
È stato riportato che lo stress idrico ha favorito sia
incrementi sia decrementi dell’accumulo dell’mRNA.
Alcuni enzimi coinvolti nella sintesi dell’isopentenilpirofosfato attraverso la via metabolica non mevalonato-dipendente, hanno mostrato una significativa
riduzione in condizioni di stress idrico; tra questi la 1deossi-D-xylulosio 5-fosfato sintasi e la (E)-ßocimene
sintasi che catalizzano la sintesi di olefina monoterpenica, un composto con importanti implicazioni dal
punto di vista del profumo e la zeaxantina epossidasi
che porta alla formazione di xantofille. La β-carotene
idrossilasi, responsabile dell’idrossilazione del carotene e che è necessaria per la sintesi delle xantofille,
risultava significativamente indotta nella polpa a
seguito di stress idrico. Anche 5 metil-transferasi dell’acido caffeico, coinvolte, almeno alcune, nella formazione di sostanze aromatiche mostravano incremento di mRNA nella buccia e nella polpa di bacche
in stress idrico (Grimplet et al., 2007).
In tabella 1 (a: polifenoli; b: composti aromatici)
sono elencati in forma riassuntiva i risultati ottenuti
per i metaboliti descritti.
Risposte molecolari allo stress idrico
In questi ultimi anni l’uso della genomica funzionale ha permesso di comprendere le risposte molecolari agli stress in maniera più completa rispetto alle
altre tecniche molecolari tradizionali, osservando la
contemporanea variazione di espressione, e l’eventuale correlazione, di migliaia di trascritti o centinaia di
proteine, e non solo di pochi geni d’interesse. Oggi
sono ormai disponibili chip che contengono l’intero
genoma di una pianta; in un solo esperimento si possono quindi ricavare migliaia di informazioni.
Esiste una quantità di studi molecolari di genomica
funzionale condotti su piante sottoposte a condizioni
di deficit idrico, molti dei quali hanno sfruttato la tecnologia microarray come strumento per l’analisi trascrittomica, quali quelli di Seki e collaboratori in arabidopsis (2002) o di Rabbani e collaboratori in riso
(2003). Nel 2007 Cramer et al. si sono serviti di questa potente tecnologia informativa per indagare sulle
risposte molecolari precoci e tardive della vite (cv
Cabernet Sauvignon) a stress di tipo idrico e salino.
L’elegante disegno sperimentale utilizzato ha permesso di separare le risposte dovute agli effetti dei due
tipi di stress. Durante l’esperimento, le piante sottoposte a stress idrico non sono state irrigate, mentre quelle sottoposte a stress salino sono state irrigate con una
soluzione di sali tale da portarle ad avere valori di
potenziale idrico del fusto simili alle piante trattate
con deficit di acqua. Al sedicesimo giorno di trattamento, tutte le piante stressate mostravano un valore
basso di potenziale idrico del fusto rispetto al controllo normalmente irrigato, ma solo le piante in stress
idrico apparivano avvizzite. Il lavoro molecolare e di
caratterizzazione dei metaboliti eseguito in parallelo
ha permesso di dare delle risposte a questo diverso
comportamento e permette di sottolineare quanto sia
importante una corretta integrazione di studi di tipo
fisiologico, molecolare e metabolico per avere una
visione globale del processo studiato. Entrambi i tipi
di stress impongono cambiamenti osmotici nella pianta, ma quello salino, oltre ad un abbassamento del
potenziale idrico, provoca un accumulo di ioni nella
zona radicale. La compartimentalizzazione di questi
ioni nel vacuolo delle cellule appare essere un vantaggio per le piante, che dispongono in questo modo di
osmoliti “a basso costo”, ossia che non devono sintetizzare, per bilanciare gli equilibri osmotici. Al contrario le viti in stress idrico analizzate possiedono una
maggior concentrazione di prolina, glucosio e acido
malico che devono sintetizzare con dispendio di energia (Raven, 1985). È interessante notare come l’acido
malico, secondo più abbondante acido organico in
vite, mostra un notevole incremento in risposta allo
stress idrico rispetto a quello salino (rispettivamente
473 e 182 % rispetto al controllo).
A livello del profilo trascrittomico, questo studio
sembra dimostrare come in vite la risposta allo stress
idrico sia più immediata rispetto a quella allo stress
salino, anche se per rilevare cambiamenti nell’espressione genica piuttosto importanti bisogna attendere
almeno dieci giorni in entrambi i casi. Nei primi dieci
giorni di stress, i meccanismi di elusione, di controllo
31
-
110
Richter
41B
Cabernet
Sauvignon
Cabernet
Sauvigonon
Agiorgitiko
(segue)
Fercal
Syrah
Portinnesto
Ganzin
32
Cabernet
Franc
Vitigno
Eccesso idrico 64
l/settimana/pianta (H)
Deficit: 32
l/settimana/pianta non
prima di -1.5 MPa (L)
Controlli: 32
l/settimana/pianta
Diversa disponibilità
idrica ambientale:
pianura con CC ca 190 mm (P)
collina con CC ca 70 mm (H)
collina argillosa in altitudine
(700 m slm) con elevata CC (A)
8 l/h /pianta per 8h (DI)
senza apporti fino a -1.6 MPa
(MI)
4 l/h /pianta per 8h (SI)
Deficit forte prima della
invaiatura (S1)
Deficit debole prima della
invaiatura (S2)
Deficit forte dopo
invaiatura (S3)
Controllo (C)
All’inv. (ED)
Dopo inv. (LD)
Deficit protratto (FD)
Controlli (SP)
Apporti continui (C)
Gestione dell’acqua
Campo
Campo
All’alba alla raccolta
P = ca -0.50 MPa
H = ca -0.85 MPa
A = -0.15 MPa nel ‘97
-0.55 MPa nel ’98
Campo
Vaso (70 L)
Campo
Condizioni
sperimentali
A mezzogiorno alla
raccolta
H = -1.16 MPa
L = -1.59 MPa
C = -1.36 MPa
A mezzogiorno alla
raccolta
DI = -1.08 MPa
MI = -1.58 MPa
SI = -1.38 MPa
All’alba nel corso della
stagione
S1, S2 = tra -0.6 e
-1.0 MPa
S3 = tra -0.4 e -1.0 MPa
A mezzogiorno alla
raccolta
ED = -1.24 MPa
LD = -1.64 MPa
FD = -1.48 MPa
SP = -1.35 MPa
C = -1.32 MPa
Valori potenziale
idrico fogliare
Matthews e
Anderson, 1988
Bibliografia
Incremento concentrazione Ojeda et al.,
antociani totali in,
2002
nell’ordine, S3, S2, S1
rispetto a C
Accumulo più veloce e
quantità superiori in ED,
LD e C, nell’ordine
Antociani
Maggiori valori dell’indice
di polifenoli totali in
situazione di maggiore
stress idrico (H)
Incremento tannini della
buccia in L
Incremento concentrazione
antociani in H,
Koundouras et
indipendentemente dalla al., 2006
quantità di produzione
Incremento antociani in L Roby et al.,
2004
MI alla raccolta incrementa Kennedy et al.,
la concentrazione
Incremento contenuto in
2002
tannini in MI rispetto DI e (espressa in mg/g uva)
SI
Tannini della buccia: concentrazioni superiori in S2
e S3 rispetto a S1 e C
Nessuna differenza nell’accumulo dei flavonoli
Flavonoli: concentrazione
maggiore in S1, S2, S3
rispetto a C
In SP e C ca. 0.88 µM
Aumento in ED, LD e FD
(ca 1.15 µM)
Polifenoli
Tab. 1a - Variazioni del contenuto in polifenoli dell’acino in situazioni di stress idrico.
Tab. 1a - Berry phenolic content upon water stress.
Ferrandino et al.
140R
SO4
1103P
SO4
Merlot
Moscato di
Alessandria
Sangiovese
(clone 12T)
Portinnesto
Cabernet
Sauvignon
Vitigno
Non irrigato (NI)
50 % evapotraspirazione reale
(ETc ), (DI)
50 % ETc, su lati alterni (PRD)
100 % ETc (FI)
ca 5 L/vaso/giorno per riportare
alla capacità di campo (WW)
ca 5L/vaso/giorno solo in 1 dei
2 vasi alternativamente (PRD)
Irrigazioni di soccorso per evitare
perdita di produzione nelle piante
WS
2.5 L/m/h per mantenere il
potenziale tra -0.2 e -0.6 MPa
nei controlli
Deficit da allegagione a
invaiatura (ED)
Deficit dalla fine dell’invaiatura
(LD)
Controllo (C)
Gestione dell’acqua
Condizioni
sperimentali
A mezzogiorno alla
raccolta
ED = fino a -1.4 MP
ante invaiatura poi
Campo
simile a C;
LD = simile a C ante
invaiatura poi fino a
-1.4 MPa;
C = tra -0.9 e -1.2 MPa
Potenziale del tralcio
Piante in stress (WS)
= fino a -1.4 MPa, nel
2004;
= fino a -1.20 MPa nel
Campo
2005 ma per tempi più
prolungati in pre-invaiatura
controllo (CT) = tra -0.2 e 0.6 MPa in entrambi
gli anni
All’alba in pre-raccolta
NI = -0.64 MPa
DI = -0.45 MPa
Campo
PRD = -0.40 MPa
FI = -0.22 MPa
Vaso (40 L) con
All’alba alla raccolta
apparato radicale
WW = - 0.30 MPa
diviso in due
PRD = -0.55 MPa
contenitori
Valori potenziale
idrico fogliare
Incremento antociani
totali in WS + 37 % nel
2004, +57 % nel 2005
Antociani
Bibliografia
-
Aumento in NI e PRD,
non imputabile, almeno in
PRD, alla riduzione della
quantità di produzione
-
Pedreira dos
Santos et al.,
2007
Incremento antociani totali Poni et al., 2007.
(su base peso fresco)
-
Castellarin et al.,
Incremento % delle
antocianine tri-sostituite in 2007b.
WS
Incremento del livello di
mutilazione delle
antocianine in WS
Incremento concentrazione
e contenuto antociani in
Castellarin et al.,
deficit
2007a
effetto non significativo
incremento della
sull’accumulo dei flavonoli percentuale di antocianine
tri-idrossilate in ED
Effetto limitato
sull’accumulo delle
proantocianidine
Polifenoli
Meccanismi di resistenza a stress idrico della vite
33
34
Moscato di
Alessandria
Cabernet
Sauvignon
Agiorgitiko
Sauvignon
Blanc
Touriga
Nacional
Vitigno
Diversa disponibilità idrica
ambientale:
suolo A = capacità volumetrica
alta (irrigato = AI; non irrigato =
ANI)
Gestione dell’acqua
1103P
Non irrigato (NI)
50 % evapotraspirazione reale
(ETc ), (DI)
50 % ETc, su lati alterni (PRD)
100 % ETc (FI)
suolo B = capacità volumetrica
bassa (irrigato = BI;
non irrigato = BNI)
Diversa disponibilità idrica
ambientale:
Diversi
capacità volumetrica di 67 mm per
portinnesti 1.0 m di profondità (SG)
a seconda capacità volumetrica di 39 mm per
del vigneto 0.8 m di profondità (GS)
capacità volumetrica di 93 mm per
1.4 m di profondità (LSB)
Nessuna limitazione idrica (LHB)
Diversa disponibilità idrica
ambientale:
pianura con capacità volumetrica
41B
di 190 mm (P)
collina con capacità volumetrica
di 70 mm (H)
collina argillosa in altitudine
(700 m slm) con elevata capacità
volumetrica (A)
1.19 ML/ha nel 2001-02 e 1.37
ML/ha nel 2002-03 (C)
0.84 ML/ha nel 2001-02 e 0.85
ML/ha nel 2002-03 (PRD)
196-17
Portinnesto
Campo
Campo
Campo
Condizioni
sperimentali
All’alba in pre-raccolta
NI = -0.64 MPa
DI = -0.45 MPa
PRD = -0.40 MPa
FI = -0.22 MPa
Campo
Varie misure durante i cicli
di irrigazione ampiamente Campo
discusse anche in funzione
della conduttanza stomatica
All’alba alla raccolta
P = ca -0.50 MPa
H = ca -0.85 MPa
A = -0.15 MPa nel ‘97
-0.55 MPa nel ’98
All’alba:
piante non in stress in
LSB e LHB;
a partire dal giorno
giuliano 230: -0.5 MPa
in GS, -1.0 MPa in SG
-
Valori potenziale
idrico fogliare
Aromi (liberi o in forma
glico-coniugata)
-
Il contenuto in carotenoidi
aumenta in PRD rispetto a
C, più la luteina del
β-carotene
-
Stress idrici severi sembrano
limitare il loro accumulo
I precursori aromatici
coniugati dell’S-cisteina
aumentano in condizioni di
moderato stress idrico
Peyrot des
Gachon et al.,
2005
Oliveira et al.,
2003
Bibliografia
Aumenta in modo netto il
contenuto per bacca di
alcuni C13-norisoprenoidi
(β-damascenone, β-ionone
e TDN) in condizioni di
PRD
Il contenuto di glicosilglucosio per bacca
aumenta in nelle condizioni
di maggior stress (NI e
PRD)
Pedreira dos
Santos et al.,
2007
Bindon et al.,
2007
Concentrazioni maggiori
di composti C6 (es. etanolo,
esenolo), di fenoli volatili, Koundouras et
di terpeni nelle condizioni al., 2006
di maggiore stress idrico
(H); di C13-norisoprenoidi
in un anno su due
-
Il contenuto in carotenoidi
incrementa nelle condizioni
di stress idrico, tanto più
quanto minore è la capacità
volumetrica del suolo (in
B più che in A)
Precursori d’aroma
Tab. 1b - Variazioni del contenuto in aromi e loro precursori nell’acino in situazioni di stress idrico.
Tab. 1b - Berry flavours and flavour precursors as affected by water stress.
Ferrandino et al.
Meccanismi di resistenza a stress idrico della vite
idraulico e stomatico hanno probabilmente ritardato la
maggior parte delle risposte metaboliche della pianta.
Infatti i trascritti che hanno mostrato una variazione di
espressione rispetto al controllo sono aumentati con
l’intensificarsi degli stress e molti di tali trascritti
variano in entrambi i tipi di stress.
Questa ricerca ha rivelato inoltre come l’accrescimento vegetativo della vite sembri più sensibile allo
stress idrico che ad un equivalente livello di stress
salino. Questo rafforza la tesi che l’assorbimento del
sale possa contribuire al riequilibrio osmotico, facilitando il richiamo di acqua e la crescita nei giovani
germogli. È interessante notare come, nel caso di
stress prolungati nel tempo, la vite mostri invece maggior adattabilità allo stress idrico e sia da sempre considerata una specie sensibile alla salinità (Hawker e
Walker, 1978; Shani et al., 1993). Oggi possiamo
finalmente comprendere come questa intolleranza sia
probabilmente dovuta all’incapacità della pianta di
tener testa all’alta concentrazione interna di ioni e alla
conseguente tossicità nel lungo periodo (Munns,
2002).
Se nel lavoro appena descritto Cramer e collaboratori indagano sulle risposte allo stress idrico a livello
della pianta intera, un altro studio, eseguito sempre su
Cabernet Sauvignon, con un approccio di tipo trascrittomico, servendosi della tecnologia microarray, sposta
l’attenzione direttamente sull’acino (Grimplet et al.,
2007). Tale ricerca, condotta su diversi tessuti dell’acino e su acini raccolti da piante normalmente irrigate
o poste in condizioni di stress idrico, mette in luce
come questo tipo di stress abbia profondi effetti sul
profilo di espressione di geni soprattutto a livello di
polpa e buccia. In questi tessuti il deficit idrico provoca l’aumento del livello di trascritti di diverse categorie funzionali, tra cui quelle associate alla biosintesi
dei fenilpropanoidi, della lignina, delle proantocianidine così come dei metaboliti responsabili dell’aroma.
Inoltre, come già discusso precedentemente, piante di
vite (cv Cabernet Sauvignon e cv Merlot) cresciute in
condizioni di stress idrico mostrano un incremento di
espressione dei geni coinvolti nelle vie di biosintesi
dei flavonoidi nell’acino (CHS, F3H, DFR, LDOX,
F3’5’H, UFGT, GST, OMT) (Castellarin et al.,
2007a, 2007b), con le importanti ricadute sulla qualità
dell’uva di cui si è detto.
Altrettanto interessanti sono i risultati di una ricerca che ha sfruttato un altro strumento della genomica
funzionale, l’analisi proteomica, già utilizzata per
individuare le variazioni enzimatiche nell’acino
durante la maturazione (Giribaldi et al., 2007). In
Chardonnay e Cabernet Sauvignon sono state indagate le differenze proteomiche di risposta allo stress
idrico e salino (Vincent et al., 2007). Le pratiche di
miglioramento genetico cercano da sempre di sfruttare variazioni genetiche tra cultivar per ottenere una
varietà d’élite più performante. Nel caso della vite
sono invece proprio le differenze tra le diverse cultivar a guidare le preferenze del consumatore per un
particolare vino o una particolare uva da tavola; tali
differenze vanno quindi mantenute. Lo studio effettuato dimostra come, a livello fisiologico,
Chardonnay sembra essere più tollerante di Cabernet
Sauvignon sia allo stress idrico che a quello salino.
Fra le proteine maggiormente attivate dagli stress in
quest’ultima cultivar si ritrovano proteine coinvolte
nel macchinario di proteolisi delle cellule, risultato
che sembra indicare una maggiore sofferenza fisiologica agli stress. Parallelamente, in Chardonnay risultano attivati enzimi, quali xiloglucano-endotransglicosilasi, che modificano la parete nella fase di crescita
cellulare (Wu et al., 2005). La sovra-espressione di
questi enzimi potrebbe essere correlata al miglior
comportamento della cv Chardonnay per quel che
riguarda l’accrescimento del fusto sotto stress.
Risultato particolarmente interessante, l’analisi della
varianza indica che è la differenza varietale la principale componente che influisce sulla variazione dell’espressione proteica (40% degli spot mostra variazione
significativa in risposta alla cv contro il 15% che
varia in risposta agli stress).
Nei paragrafi successivi riepiloghiamo, divise in
varie categorie funzionali, quelle che sono le principali risposte molecolari della vite allo stress idrico che
emergono dagli studi presenti in letteratura.
Effetti sul metabolismo dei carboidrati
L’aumentata produzione di soluti cellulari, principalmente osmoliti protettori come zuccheri, ammine e
zuccheri alcolici, è una delle prime risposte di difesa
alla disidratazione e mira a mantenere inalterato il
potenziale idrico cellulare e a limitare il più possibile
la perdita di acqua (Bray, 1997). È risaputo inoltre
che l’espressione di enzimi coinvolti nella degradazione di carboidrati complessi a zuccheri semplici
aumenta in risposta a stress idrico, salino e freddo
(Taji et al., 2002). In giovani apici vegetativi di
Cabernet Sauvignon, quali quelli usati nel lavoro di
Cramer e collaboratori già citato, l’aumento dei trascritti coinvolti nella glicolisi e nel metabolismo di
composti osmoprotettori è una delle prime risposte
allo stress idrico. Diversamente, in foglie mature di
viti (cv Savatiano) sottoposte a stress idrico, si è
osservato come il riequilibrio osmotico è largamente
associato all’aumento del contenuto di ioni inorganici
e non di carboidrati solubili o di aminoacidi (Patakas
35
Ferrandino et al.
et al., 2002). Questa diversa risposta sembra essere
associata all’età dell’organo vegetativo preso in considerazione. Patakas (2000) ha infatti dimostrato come,
in normali condizioni, i carboidrati solubili rappresentino circa il 70% dei soluti osmoticamente attivi in
giovani foglie di vite cv Savatiano. Nelle foglie mature, durante lo stress idrico, la concentrazione di tali
carboidrati è ridotta forse perchè trasportati nei tessuti
sink più giovani (Cramer et al., 2007); per questo
motivo le foglie più mature si servirebbero degli ioni
inorganici per gestire il riequilibrio osmotico.
A livello dell’acino di Cabernet Sauvignon si è
riscontrata una sottoregolazione dell’espressione di
trasportatori di zucchero seme- e polpa-specifici e di
una invertasi vacuolare polpa-specifica. Questo
potrebbe suggerire un’ipotesi alternativa al caricamento di esosi nell’acino durante lo stress idrico,
ossia che l’aumento dei gradi Brix possa essere dovuto ad un rimpicciolimento dell’acino (Grimplet et al.,
2007).
Effetti sul trasporto di soluti e ioni
I trasportatori, presenti soprattutto sul plasmalemma e sul tonoplasto, hanno lo specifico compito di
ripristinare la pressione osmotica in condizioni di
stress imposte dall’ambiente esterno (Seki et al.,
2002). In Cabernet Sauvignon lo stress idrico, come
quello salino, provoca un incremento dei trascritti che
codificano per una varietà di trasportatori di ioni, aminoacidi, nucleotidi e peptidi (Cramer et al., 2007). Si
ritrova anche una pronunciata e precoce espressione
di un trasportatore di lipidi. Trasportatori di questo
tipo pare abbiano un ruolo nella protezione delle
membrane cellulari dal danno osmotico e sembra possano mediare eventuali cambiamenti nella composizione dei fosfolipidi (Holmberg e Bülow, 1998). Un
problema che le piante in stress idrico si trovano ad
affrontare è la riduzione dell’attività fotosintetica che
può portare a problemi di fotoinibizione in condizioni
di luce normali. Per tali motivi, l’organismo tenta di
reagire attivando la fotorespirazione e provvedendo a
smaltire diversamente gli elettroni in eccesso; si spiega così l’incremento nei trascritti relativi ai geni coinvolti nella catena di trasporto di elettroni del fotosistema I e II (Cramer et al., 2007).
In merito alla problematica dello stress idrico, le
acquaporine, proteine canale finemente regolate che
facilitano il trasporto dell’acqua, meritano particolare
attenzione. Alcune acquaporine sono espresse costitutivamente mentre l’espressione di altre è regolata da
differenti stimoli quali lo stadio di sviluppo, la luce,
gli ormoni o da avverse condizioni ambientali quali
deficit idrico, stress salino, basse temperature (Vera-
36
Estrella et al., 2004). Studi di espressione genica in
varie specie vegetali mostrano una risposta variabile
delle diverse isoforme di acquaporina allo stress idrico, con sotto- o sovra-regolazione dei geni (Yamada
et al., 1997; Alexandersson et al., 2005; Secchi et al.,
2007). Probabilmente per mantenere un corretto stato
idrico in condizioni di stress abiotico, sono necessari
sia l’incremento del trasporto dell’acqua in certi tessuti che la riduzione in altri (Jang et al., 2004). I risultati delle analisi trascrittomiche sopra descritte mettono in evidenza come diverse acquaporine risultino
sotto-regolate sia in apice vegetativo che nella polpa e
nella buccia di acini di Cabernet Sauvignon in stress
idrico. Un altro lavoro prende invece in considerazione uno studio di espressione di sette geni di acquaporine in foglie e radici dell’ibrido Richter-110 (Vitis
berlandieri x Vitis rupestris), portinnesto che mostra
particolare vigore e resistenza allo stress idrico
(Galmés et al., 2007). In foglia tutti i geni considerati
mostrano una significativa sottoregolazione in condizioni di stress moderato; al contrario nelle piante fortemente stressate l’espressione risulta uguale o più
alta rispetto al controllo, a seconda del particolare
gene. Nelle radici non si osserva un trend generale
nella variazione dei trascritti: PIP1;2, PIP2;1 e TIP2
risultano sovra-espressi in condizioni di stress moderato, ma in una settimana la loro espressione ritorna ai
livelli del controllo. Solo l’espressione di una PIP2;2
risulta prolungata nel tempo.
Una recente ricerca di Vandeleur et al. (2008)
mette in relazione la diversa espressione di due
acquaporine (VvPIP2;2 e VvPIP1;1) fortemente
espresse in radice con la diversa strategia di difesa di
due varietà di vite, Grenache e Chardonnay, nei confronti dello stress idrico. In generale le acquaporine
radicali influiscono sulla via transcellulare e simplastica del flusso radiale dell’acqua in radice e, con la
loro espressione regolata da vari fattori, condizionano
la conduttanza idraulica di quest’organo. I risultati di
questo studio mostrano come VvPIP2;2 sia caratterizzata da un’espressione costitutiva in radice, in
entrambe le cultivar ed anche in stress idrico, mentre
il livello del trascritto VvPIP1;1 aumenta durante lo
stress idrico in Chardonnay ma non in Grenache.
Questo si traduce in un contenimento della riduzione
di conduttanza idraulica radicale in Chardonnay in
condizioni di stress idrico, a causa dell’aumento del
contributo transcellulare al trasporto radiale d’acqua
in radice. Questo indicherebbe perché tale cultivar sia
meno vulnerabile all’embolizzazione di Grenache
(Alsina et al., 2007), riuscendo a mantenere differenze di potenziale più piccole fra suolo e xilema. Al
contrario, la strategia adottata dalla cv Grenache sem-
Meccanismi di resistenza a stress idrico della vite
bra essere opposta; la mancata variazione nei livelli
dei trascritti delle due più importanti acquaporine
radicali si traduce in una conduttanza idraulica
(soprattutto nella sua componente intracellulare) più
bassa in condizioni di deficit idrico e quindi in una
maggiore tolleranza alle condizioni di stress. Questa
strategia è possibile solo grazie allo stretto controllo
della regolazione stomatica che questa varietà possiede, riuscendo così a prevenire potenziali xilematici
eccessivamente negativi (Schultz, 2003; Soar et al.,
2006). Grenache sembra quindi avere un approccio
allo stress idrico simile a quello delle piante del deserto, dove le acquaporine della radice vengono sottoregolate per prevenire la perdita di acqua nel suolo in
stress idrico (North et al., 2004).
Effetti sulla risposta agli stimoli ormonali
L’acido abscissico (ABA) ricopre il ruolo di
importante molecola segnale nei meccanismi di risposta a svariate condizioni di stress, come quelle provocate da deficit idrico (Wilkinson e Davies, 2002). In
apici vegetativi di piante di Cabernet Sauvignon sottoposte a stress idrico, un enzima chiave regolatore
della biosintesi dell’ acido abscissico (ABA), quale il
9-cis-epossicarotenoide diossigenasi (NCED), aumenta molto il suo livello di espressione rispetto al controllo, così come risulta incrementata l’espressione di
25 diversi trascritti correlati a quest’ormone (Cramer
et al., 2007). Sappiamo che in foglie e radici l’ABA
ricopre il ruolo di importante molecola segnale nei
meccanismi di risposta a svariate condizioni di stress,
come quelle provocate da deficit idrico (Stoll et al.,
2000; Wilkinson e Davies, 2002). Tale ruolo potrebbe
essere invece trascurabile nell’acino. In Merlot si è
visto infatti come, a livello di trascritto, l’espressione
di quattro geni correlati al metabolismo dell’ABA
(NCED1, NCED2, rd22 e ACPK1) non risultino particolarmente indotti nell’esocarpo di acini in stress idrico (Castellarin et al., 2007b) mentre in acini di
Cabernet Sauvignon risulta incrementata l’espressione
di un gene relativo all’enzima NCED ma sotto-regolati geni rd22 che rispondono all’ABA e alla deidratazione (Grimplet et al., 2007).
È ben noto invece come l’ABA rappresenti un
importante segnale dell’inizio della maturazione degli
acini, poiché la vite mostra un aumento della concentrazione di quest’ormone nelle bucce delle bacche
appena prima dell’invaiatura (Coombe e Hale, 1973;
Davies et al., 1997). Evidenze sull’importanza
dell’ABA in questo processo sono state ottenute studiando gli effetti di applicazioni esogene di ormone
sugli acini. Questi trattamenti favoriscono l’accumulo
degli antociani e l’espressione dei geni che presiedono
alla loro via biosintetica (Ban et al., 2003; Jeong et
al., 2004). Come già discusso nei paragrafi precedenti, lo stress idrico porta ad un incremento di espressione dei geni coinvolti nelle vie di biosintesi di antociani e flavonoidi ma, alla luce di quanto detto e di quanto discusso soprattutto da Castellarin e collaboratori,
non sembra esserci un rapporto causale tra stress idrico a livello di pianta intera, livelli di ABA nell’esocarpo dell’acino e regolazione trascrizionale degli
antociani. Lo stress idrico potrebbe servirsi di vie di
segnalazione alternative a quella dell’ABA o di modificazioni post-trascrizionali o di attività delle proteine
per indurre l’aumento della biosintesi di antociani
(Castellarin et al., 2007b).
L’etilene sembra giocare un ruolo critico durante
lo stress idrico, anche sullo sviluppo e la maturazione
dell’acino. Enzimi quali S-adenosil-L-metionina sintetasi 1 (SAM) o 1-aminociclopropano-1-carbossilato
(ACC) ossidasi vengono sovra-espressi sia nell’acino
che nel tessuto vegetativo in seguito a questo tipo di
stress (Cramer et al., 2007; Grimplet et al., 2007).
Effetti sul metabolismo e sulle proprietà chimico-fisiche della parete cellulare
Anche piccoli cambiamenti nello stato idrico della
pianta possono avere effetti rapidi e significativi sulla
crescita (Passioura e Munns, 2000). L’inibizione dell’espansione cellulare può risultare innanzitutto da un
ridotto turgore cellulare. Infatti la crescita per distensione dipende innanzitutto da fattori chimico-fisici,
ossia dall’equilibrio tra la pressione di turgore e la
forza meccanica della parete che si oppone a cambiamenti di forma. Si è prima discusso come il rallentamento della crescita sia meno evidente in viti sottoposte a stress salino che riescono a gestire meglio la
pressione di turgore, avendo a disposizione osmoliti
“a basso costo”. Per sostenere la crescita è però necessario un processo metabolicamente attivo che controlli l’estensibilità della parete cellulare. Tale processo
richiede un’acidificazione di parete dovuta alla
aumentata attività delle pompe protoniche ATPasiche
localizzate sulla membrana plasmatica, mediata dall’auxina. Il basso valore di pH rilassa i legami che
tengono insieme i componenti di parete e nello stesso
tempo attiva gli enzimi che portano alla sintesi di
nuovo materiale. In piante in stress idrico, la riduzione dell’allungamento fogliare è correlata all’aumento
di pH del succo xilematico, aumento che causa anche
un incremento della concentrazione di ABA xilematico che agisce sulla conduttanza stomatica (Hartung et
al., 1988; Bacon et al., 1998).
Inoltre gli studi microarray effettuati su tessuti
vegetativi di Cabernet Sauvignon in stress idrico
37
Ferrandino et al.
mostrano una riduzione dei trascritti relativi a geni
che codificano per enzimi di parete (poligalatturonasi,
pectinmetilesterasi, espansine, xiloglucano-endotransglicosilasi (XET)) (Cramer et al., 2007). Una risposta simile si ritrova negli acini sottoposti a stress idrico, in cui si verifica anche una diminuzione dei livelli
di trascritti relativi a proteine indotte o che rispondono all’auxina; questo porterebbe a ipotizzare un
abbassamento della concentrazione di auxina e un
conseguente minor contributo all’acidificazione di
parete (Grimplet et al., 2007).
Tutto questo si traduce in un rallentamento o un
arresto della crescita in risposta allo stress idrico,
anche se sono presenti differenze fra cultivar. La crescita in condizioni di stress sembra essere sostenuta
meglio da Chardonnay rispetto a Cabernet Sauvignon;
questa differenza potrebbe essere dovuta all’elevata
quantità di xiloglucano-endotransglicosilasi (XET)
osservata in Chardonnay rispetto all’altra varietà
(Vincent et al., 2007).
Effetti sul metabolismo energetico
Come sopra accennato, lo stress idrico induce un
calo dell’attività fotosintetica, in quanto, come attestato da diversi studi (Chaves, 2002), la chiusura degli
stomi stimolata dai livelli endogeni di ABA, impedisce il normale assorbimento di CO2, limitando il funzionamento dei fotosistemi I e II. La RuBisCO attivasi è in grado di modulare la fotosintesi agendo sulla
RuBisCO; in condizioni normali solo l’85% del pool
di RuBisCO è attivato da quest’enzima in tabacco
(Mott e Woodrow, 2000). Durante lo stress idrico in
vite si osserva un rapido aumento del livello di trascritto di questo enzima chiave che porta ad un
miglioramento dell’efficienza fotosintetica, incrementando la quantità di RuBisCO attivata.
Effetti sulla regolazione dei fattori di trascrizione
La risposta agli stress osmotici è regolata da un
complesso network di fattori trascrizionali (Shinozaki
e Yamaguchi-Shinozaki, 2000). Il profilo di espressione di circa 200 fattori di trascrizione, presenti sul
chip utilizzato per l’analisi trascrittomica in apici
vegetativi di Cabernet Sauvignon, è significativamente influenzato da entrambi i tipi di stress abiotici considerati, soprattutto ad un livello elevato di stress. Tra
i geni indotti sono stati individuati fattori di trascrizione appartenenti alla famiglia NAC. I membri di questa
numerosa famiglia mostrano svariate funzioni cellulari (Olsen et al., 2005) e sono implicati nell’intricato
processo di trasduzione del segnale diretto dall’ABA.
Il ruolo dei NAC sembra essere quello di aumentare la
sensibilità della pianta alle concentrazioni endogene
38
di ABA, determinando di conseguenza una migliore
tolleranza al danno osmotico (Fujita et al., 2004).
Altre due importanti famiglie risultano attivate dallo
stress idrico: quella dei fattori trascrizionali
CBF/DREB, che giocano un ruolo importante anche
nell’attivazione della risposta al freddo (Xiao et al.,
2008) e quella denominata WRKY. L’espressione dei
geni appartenenti a quest’ultima famiglia è localizzata
nella buccia e nella polpa dell’acino e sembra essere
coinvolta nella risposta a stress abiotici e di difesa ai
patogeni. Nell’acino infatti, in seguito a stress, si
osserva l’aumento di trascritti corrispondenti a chitinasi, taumatine, β-1,3-glucanasi. L’aumento di tali proteine correlate alla patogenesi (PR) potrebbe essere
spiegato se si pensa che le vie di risposta a stress biotici e abiotici sono in parte sovrapponibili. Un’ipotesi
che si può formulare, ma che necessita di evidenze
sperimentali, è che lo stress idrico potrebbe aiutare a
migliorare la resistenza a patogeni nell’acino
(Grimplet et al., 2007). Sempre in quest’organo, infine, questo studio ha messo in evidenza come i fattori
di trascrizione possano avere un’espressione tessutotrattamento-specifica: un gene MYB che mostra un
profilo di espressione buccia-specifico in condizioni di
buona disponibilità di acqua viene invece espresso
specificamente nella polpa in condizioni di stress idrico.
Deidrine
Anche le deidrine, proteine che si accumulano nei
tessuti vegetativi soggetti a vari tipi di stress abiotico
e nei semi durante l’ultimo stadio di embriogenesi,
vengono sovra-espresse durante il deficit idrico in
vite. Recentemente due geni molto simili tra loro che
codificano per deidrine, DHN1a e DHN1b, sono stati
isolati in Vitis vinifera e in Vitis riparia, specie quest’ultima molto tollerante alle basse temperature
(Xiao e Nassuth, 2006). DHN1b risulta essere espresso solo in Vitis vinifera e quindi non sembra contribuire alla maggiore tolleranza al freddo. Questo gene
possiede 18pb in meno rispetto al DHN1a e forse un
non corretto ripiegamento della proteina, dovuto agli
aminoacidi mancanti, impedisce l’attività della deidrina o l’attivazione a basse temperature.
In tabella 2 sono elencate in forma riassuntiva le
risposte molecolari descritte.
Adattamenti di genotipi diversi allo stress idrico
Come descritto a riguardo dei differenti meccanismi discussi, un interessante adattamento della vite,
caratterizzata da un’incredibile diversità varietale,
riguarda la strategia di risposta al deficit idrico, varia-
Meccanismi di resistenza a stress idrico della vite
Gene o composto di
biosintesi
prolina, glucosio, malato
RuBisCO attivasi,
citocromi, xantofille
chitinasi, taumatine, beta1,3-glucanasi
fenilalanina ammonioliasi
(PAL), stilbene sintasi,
calcone sintasi, cinnamoil
CoA-riduttasi
invertasi vacuolare
CHS, F3H, DFR, LDOX,
F3’5’H, UFGT, GST, OMT
enzimi che modificano la
parete cellulare (es. XET xiloglucanoendotransglicosilasi )
proteasomi, ubiquitine,
chaperones molecolari
ioni inorganici
acquaporine
9-cis-epossicarotenoide
diossigenasi (NCED)
S-adenosil-L-metionina
sintetasi 1 (SAM)
1-aminociclopropano-1carbossilato (ACC) ossidasi
trasportatori di zuccheri,
ioni, aminoacidi,
nucleotidi,lipidi
NAC, CBF/DREB, WRKY,
MYB
deidrine
Tab. 2 - Risposte molecolari allo stress idrico.
Tab. 2 - Molecular responses to water stress condition.
Funzione
osmoliti
geni coinvolti nella
regolazione
fotosintetica e nella
prevenzione del danno
foto-ossidativo
proteine correlate alla
patogenesi (PR)
biosintesi dei
fenilpropanoidi, della
lignina, delle
proantocianidine e dei
metaboliti responsabili
degli aromi
scissione di zuccheri
complessi
enzimi coinvolti nella
biosintesi di
antocianine e flavonoidi
Specie
Vitis vinifera L
coinvolgimento nella
crescita cellulare
enzima coinvolto nella
biosintesi dell’ABA
enzimi coinvolti nella
biosintesi dell’etilene
famiglie di fattori
trascrizionali coinvolte
nelle vie di risposta a
stress abiotici e patogeni
proteine accumulate in
condizioni di stress;
funzione non ben
conosciuta
Bibliografia
Cabernet Sauvignon
Cramer et al., 2007
Cabernet Sauvignon
Grimplet et al., 2007
Cabernet Sauvignon
Merlot
Castellarin et al., 2007a
Castellarin et al., 2007b
Chardonnay
Cabernet Sauvignon
coinvolgimento nel
catabolismo delle
proteine
osmoliti
proteine trasportatrici di
acqua
Cultivar
Cabernet Sauvignon
Savatiano
Cabernet Sauvignon
Richter-110
(Vitis berlandieri x
Vitis rupestris)
Grenache
Chardonnay
Vincent et al., 2007
Grimplet et al., 2007
Cramer et al., 2007
Patakas et al., 2002
Grimplet et al., 2007
Cramer et al., 2007
Vandeleur et al., 2008
Galmés et al., 2007
Vitis vinifera L
Cabernet Sauvignon
Grimplet et al., 2007
Cramer et al., 2007
Castellarin et al., 2007b
V. vinifera L,
Vitis riparia
Chardonnay
Xiao et al., 2006a
39
Ferrandino et al.
bile anche a livello intraspecifico (Vitis vinifera L) e
non unicamente interspecifico (Schultz, 2003).
In effetti, non sorprende che una pianta conosciuta
e coltivata sin dall’antichità come la vite, con un areale di distribuzione vastissimo così come il numero di
cultivar accertate (10-20.000), possa essere fenotipicamente molto eterogenea, ma è certamente peculiare
il fatto che questa variabilità porti a tali differenze
fisiologiche. Genericamente, Vitis vinifera L. è classificata come ecologicamente “pessimista”, per via
della sua tendenza a ritardare le condizioni di stress
rallentando traspirazione, crescita e metabolismi, sino
alla scomparsa del fenomeno limitante; in realtà non è
sempre così. Cultivar originarie di zone diverse, caratterizzate da condizioni climatiche distinte, mostrano
comportamenti tanto peculiari da poter essere classificate come anisoidriche e isoidriche.
Proprio a questa ampia varietà comportamentale
fanno riferimento i risultati di Schultz (2003) relativi
alla diversità intraspecifica di Vitis vinifera, che individua in Syrah e Grenache due rappresentanti di comportamenti fisiologici nettamente distinti, all’interno
della medesima specie: anisoidrico e quasi isoidrico.
Tali indicazioni sono emerse in seguito ad analisi
degli scambi gassosi e del potenziale idrico in condizioni di siccità. Così che, se Grenache, originaria del
bacino del Mediterraneo, tende a mantenere un potenziale fogliare pressoché costante durante il decorso
della giornata e delle stagioni (comportamento isoidrico, o ecologicamente “pessimista”), Syrah, nativa
della Valle del Reno, regola il potenziale idrico proporzionandolo, inversamente, al livello evaporativo
dettato dall’ambiente e dalle stagioni (comportamento
anisoidrico, o ecologicamente “ottimista”). Questa
differenza comportamentale per i medesimi genotipi
viene descritta e confermata anche a livello dei tessuti
fogliari in una più recente pubblicazione di Soar et al.
(2006), o descritta per altri vitigni, ad esempio
Sangiovese, isoidrico a bassi livelli di stress, ma anisoidrico quando lo stress diventa più severo (Poni et
al., 2007) e Chardonnay, anisoidrico (Vandeleur et
al., 2008).
Le acquaporine, per attività, composizione ed
espressione, sembrano dare un importante contributo
alle diverse risposte che le radici di Vitis vinifera possono dare allo stress idrico. Cultivar “ottimiste”
(Chardonnay) reagiscono con un blando abbassamento della conduttanza idraulica radicale, mantenendo
basso il gradiente di potenziale idrico tra lo xilema e il
suolo; ciò potrebbe spiegare perché molte cultivar anisoidriche presentano anche una minor propensione
agli embolismi. D’altro canto, cultivar “pessimiste”
riducono l’espressione delle acquaporine in stress
40
idrico, e proprio per prevenire conseguenze di potenziali idrici eccessivamente negativi a livello xilematico, necessitano di un maggior controllo stomatico
(Vandeleur et al., 2008) e di fenomeni efficienti del
recupero dell’embolizzazione (Lovisolo et al.,
2008a).
La discriminazione isotopica del carbonio come strumento di screening dell’adattamento varietale allo
stress idrico
Il rapporto tra gli isotopi 13C e 12C nei tessuti vegetali è minore di quello atmosferico, ad indicare che la
pianta discrimina a sfavore del 13C durante l’assimilazione fotosintetica. La diffusione della 13CO2 attraverso la rima stomatica è infatti inferiore a quella della
12
CO2 di un fattore 4,4‰. Inoltre, anche la ribulosio
bisfosfato carbossilasi (RuBisCO) discrimina a favore
della 12CO2 rispetto alla 13CO2 (secondo un fattore di
~27‰). In entrambi i casi, il processo discrimina l’isotopo pesante (Farquhar et al., 1989), quantitativamente meno presente nella miscela aria.
Quando negli spazi intercellulari del mesofillo
fogliare la concentrazione di CO2 diminuisce - e questo accade sia quando è maggiore l’assimilazione (A),
che sottrae CO2 dall’apoplasto, sia quando è minore la
conduttanza stomatica (gs), via d’ingresso della CO2 anche il tasso di discriminazione verso l’isotopo
pesante diminuisce. Tale tasso viene comunemente
espresso come ‰13C, che esprime il rapporto 13C/12C
in relazione ad un rapporto isotopico standard
(PeeDee Belemnite) (Craig, 1957).
L’efficienza di uso dell’acqua (WUE, Water Use
Efficiency) può essere espressa come rapporto tra A e
gs o tra A e la traspirazione (E), che è funzione della
gs e del deficit di pressione di vapore nell’aria. Sulla
base di quanto detto, la WUE è maggiore se diminuisce la gs (cioè in presenza di chiusura stomatica) e/o
se aumenta l’assimilazione (Pou et al., 2008).
Chiusura stomatica ed assimilazione carbonica diminuiscono la concentrazione di CO2 intercellulare e di
conseguenza la discriminazione verso la 13CO2. Sia la
WUE che la regolazione stomatica sono quindi correlate al ‰13C. Per questo motivo il valore del ‰13C
accumulato nei tessuti fogliari è indice dal regime stomatico (e fotosintetico) medio presente durante la vita
della foglia.
Durante la maturazione dell’acino, il saccarosio è
floematicamente traslocato dalle foglie ai frutti e rapidamente convertito in glucosio e fruttosio (Davies e
Robinson, 1996). Per questo motivo il rapporto trai
due isotopi di carbonio negli zuccheri dell’acino
maturo dipende dalla discriminazione isotopica avvenuta durante la fotosintesi nella foglia nel periodo
Meccanismi di resistenza a stress idrico della vite
della maturazione, come dimostrato da Di Marco et
al. (1977). Partendo da questo presupposto,
Gaudillère et al. (2002) hanno stabilito in 31 differenti
genotipi una relazione tra il ‰13C nell’acino alla raccolta e lo stress idrico avvertito dalla pianta nell’estate
del 1999 in un vigneto sperimentale a Ferrade, nel
Bordolese. Ordinando i 31 genotipi a ‰ 13C decrescente, gli Autori hanno proposto un metodo per
misurare la capacità di controllo stomatico dei differenti genotipi. Nel loro ranking, Riesling e Grenache
superano il Syrah, dimostrando una maggior efficienza delle prime nel controllare stomaticamente lo stress
idrico, come discusso dagli autori, o una migliore
WUE, forse causata da una migliore assimilazione. In
condizioni di stress idrico, si può quindi supporre che
il δ ‰13C nella foglia o nell’acino sia indice del comportamento iso o anisoidrico dei differenti genotipi.
Sviluppi di ricerca futuri
Funzione delle acquaporine e trasduzione del
segnale di acido abscissico (ABA) sono interconnesse
durante le situazioni di stress idrico (Tyerman et al.,
2002; Zhu et al., 2005). Tale regolazione appare strategica a livello di idraulica della radice (Vandeleur et
al., 2008), di controllo dell’embolizzazione e del
recupero degli embolismi (Lovisolo et al., 2008a), di
regolazione dei flussi verso l’acino durante la maturazione (Foquet et al., 2008; Castellarin et al., 2007a), e
più in generale dei meccanismi iso ed anisoidrici di
risposta a stress idrico della vite. Oltre alla variabiltà
intraspecifica di Vitis vinifera L, le relazioni idriche
del portinnesto (per lo più ibridi di Vitis spp.) condizionano biosintesi e flussi da radice a foglia di ABA e
ruolo delle acquaporine nella radice. In campo si
dispone di innumerevoli combinazioni cultivar/portinnesto, le quali all’atto pratico possono presentare
risposte assai peculiari a situazioni di stress idrico.
Tali risposte potranno essere studiate in quest’ottica
fisiologica, per poter prevedere e quindi esasperare o
contenere le risposte della pianta, puntando ad ottimizzare i fenomeni di tolleranza della pianta. Questo
nell’evidente prospettiva di migliorare gli aspetti del
metabolismo della pianta, e soprattutto dell’acino, in
tali situazioni.
Ringraziamenti
Gli autori ringraziano Andrea Schubert, nel laboratorio del quale hanno maturato l’esperienza nei diversi
aspetti della fisiologia delle relazioni idriche della
vite.
Riassunto
In questa review, affrontiamo i principali aspetti
della resistenza della vite (Vitis vinifera L) a stress idrico, soffermandoci sulle risposte ecofisiologiche, fisiologiche e molecolari legate al metabolismo primario e
secondario, soprattutto a livello di acino. Esaminiamo i
meccanismi di elusione dello stress, relativi al controllo stomatico, al ruolo di segnale dell’acido abscissico,
a quello del segnale idraulico (embolismi) e delle
acquaporine. Descriviamo i diversi meccanismi di tolleranza, sia dal punto di vista dell’induzione e regolazione delle vie biosintetiche, sia dell’accumulo dei
metaboliti derivati. In tutti gli aspetti esaminati, sottolineiamo le peculiarità varietali conosciute.
Parole chiave: acquaporine, acido abscissico (ABA),
polifenoli, aromi, analisi trascrittomica.
Bibliografia
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Meccanismi fisiologici e molecolari di resistenza a