Prof.ssa Eleonora Bilotta
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Secondo Grice (1967) la comunicazione si
definisce efficace se risponde al Principio di
Cooperazione, in base al quale sia chi parla
che chi ascolta deve cercare di essere
cooperativo.
Emittente
Principio di cooperazione
Ricevente
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Grice ha inoltre proposto quattro massime
conversazionali delle quali bisogna tener
conto in una conversazione e sono:
◦ Massima di quantità – chi parla dovrebbe essere
informativo quanto necessario , ma non di più.
◦ Massima di qualità - chi parla dovrebbe dire il
vero.
◦ Massima di relazione - chi parla dovrebbe dire
cose pertinente alla situazione.
◦ Massima di modo - chi parla dovrebbe rendere il
proprio intervento facilmente comprensibile.
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Secondo Clark e Carlson (1981), chi parla
deve tener conto del Common ground o
terreno comune.
Si definisce “terreno comune” tra due persone
tutto quanto è rappresentato dalle
convinzioni, dalle aspettative e dalle
conoscenze comuni.
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Inoltre, Clark (1994) ha suggerito di
distinguere tra “terreno comune della
comunità” e Terreno comune personale.
◦ Terreno comune della comunità  fa riferimento a
tutte le conoscenze e le convinzioni universalmente
accettate dalla comunità a cui le due persone (chi
parla e chi ascolta) appartengono.
◦ Terreno comune personale  fa riferimento a tutte
le conoscenze e le convinzioni comuni che le due
hanno desunto dalla reciproca interazione.
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Horton e Keysar (1996) hanno proposto due
modelli:
◦ Il modello del piano iniziale: è basato sul principio
del piano ottimale, in cui chi parla, desidera che
l’interlocutore basi le proprie inferenze solo sulle
conoscenze e convinzioni comuni. Pertanto, il piano
iniziale del discorso tiene conto del terreno comune
condiviso con chi ascolta.
◦ Il modello del monitoraggio e di regolazione: chi
parla modula il proprio discorso inizialmente sulla
base delle informazioni di cui dispone senza
considerare la prospettiva di ascolta. Solo in un
secondo momento terrà conto del terreno comune.
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Horton e Keysar (1996) hanno sottoposto a verifica tali
modelli.
Ai partecipanti hanno assegnato il compito di descrivere
degli oggetti in movimento in modo tale che gli ascoltatori
potessero identificarli.
Condizione di contesto condiviso: i partecipanti sapevano
che gli ascoltatori vedevano gli stessi oggetti che vedevano
loro.
Condizione di contesto non condiviso: i partecipanti
sapevano che gli ascoltatori non vedevano gli altri oggetti.
Utilizzando il terreno comune i partecipanti avrebbero
dovuto utilizzare nelle loro descrizioni le informazioni
derivanti dal contesto nella prima condizione (contesto
condiviso), ma non nella seconda condizione di contesto
non condiviso.
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I partecipanti che utilizzavano
una normale velocità di
linguaggio includevano nelle
proprie descrizioni il terreno
comune condiviso con gli
ascoltatori;
Mentre i partecipanti che
utilizzavano una maggiore
velocità di linguaggio
tendevano ad includere le
informazioni contestuali sia in
modo inopportuno che in
modo opportuno.
È probabile che il terreno
comune non venisse usato in
modo appropriato perché non
vi era tempo sufficiente.
Limite i partecipanti non
conoscevano i propri
interlocutori.
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Si definiscono “Turni conversazionali” tutti
quei fattori che determinano “chi parla
quando” (Brennan, 1990).
In genere, il turno della conversazione si
sposta da un soggetto ad un altro per mezzo
di una coppia adiacente, in cui ciò che dice il
primo soggetto offre a chi ascolta un forte
invito a prendere in mano la conversazione.
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Il linguaggio è un’attività piuttosto complessa
che implica numerose abilità, quali: la capacità di
pensare a ciò che si vuol dire; di scegliere le
parole appropriate per esprimerlo, di organizzare
queste parole dal punto di vista grammaticale, e
di trasformare le frasi in linguaggio vero e
proprio.
La comprensione del linguaggio, per chi ascolta,
è facilitata da una serie di indizi prosodici:
◦ Il ritmo;
◦ L’accento;
◦ L’intonazione.
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Allbritton, Mckoon e Ratcliff (1996) hanno
studiato la quantità di indizi prosodici forniti
da chi parla.
I partecipanti allo studio leggevano brevi
brani contenenti frasi ambigue il cui
significato era però chiarito dal contesto della
frase stesso.
Pochissimi partecipanti all’esperimento
fornirono indizi prosodici coerenti.
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Lea (1973) ha esaminato centinaia di frasi
spontanee ed ha scoperto che i confini
sintattici vengono in genere segnalati da
indizi prosodici.
Le esitazioni e le pause che hanno luogo nella
produzione del linguaggio suggeriscono che
il linguaggio viene pianificato in frasi.
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Le pause in un linguaggio spontaneo si verificano
più spesso che altrove in prossimità delle
congiunzioni grammaticali.
Boomer (1965) ha scoperto che tali pause durano
in media più a lungo di quelle che si verificano in
altri punti del discorso (1.03 e 0.75). Le pause
che coincidono con i confini della frase tendono
ad essere colmate con suoni tipo “mmm”, “eeeh”,
“aah”, mentre quelle che si verificano all’interno
di una frase tendono ad essere silenziose (Maclay
e Osgood, 1959).
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Molti ricercatori hanno cercato di scoprire come
alcuni individui siano in grado di parlare
correttamente analizzando gli errori che hanno
luogo nella produzione del linguaggio.
Dalal’analisi degli errori nel linguaggio è emerso
che che le varie forme di errori implicano
problemi nella scelta della parola appropriata
(selezione lessicale). Altri tipi di errore sono la
fusione (blending: “Il cielo è luminoso” invece di
“Il cielo è blu”) e l’errore di scambio di parola in
cui viene invertita la posizione di due parole
all’interno di una frase.
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Nell’errore di scambio di morfemi, le
inflessioni o suffissi rimangono al proprio
posto, ma sono collegate alle parole
sbagliate.
Uno degli errori linguistici più noti è lo
spoonerismo, in cui vengono scambiate le
lettere o le iniziali di due parole.
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Molti studiosi hanno utilizzato le evidenze
derivanti dagli errori del linguaggio per
costruire teorie sulla produzione del
linguaggio.
Tra queste abbiamo:
◦ Teoria sulla diffusione dell’attivazione (Dell, 1986;
Dell, Burger e Svec, 1997);
◦ L’approccio teorico di Levelt, Roelofs e Meyer
(1999).
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È basata su principi connessionisti ed è costituita
da quattro livelli:
◦ Il livello semantico - riguarda il significato di quanto si
deve dire;
◦ Il livello sintattico - riguarda la struttura grammaticale
delle parole nell’enunciato programmato;
◦ Il livello morfologico – riguarda i morfemi della frase
programmata;
◦ Il livello fonologico - riguarda i fonemi o unità sonore
basilare della frase.
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Secondo questa teoria, esistono regole
categoriali per ciascuno di questi quattro livelli.
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Queste regole limitano le categorie di elementi e
la combinazione di categorie accettabili o meno
nel costruire le rappresentazioni.
Le regole di ciascun livello definiscono le
categorie appropriate per quel livello.
Esiste poi un lessico che è organizzato come una
rete connessionista, che include nodi per i
concetti, per le parole, per i morfemi e per i
fonemi.
Esistono infine le regole di inserzione:
◦ Viene scelto il nodo maggiormente attivato appartenente
alla categoria appropriata.
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Secondo questa teoria gli errori di linguaggio si
verificano perché a volte un elemento scorretto
avrà un livello di attivazione più elevato
dell’elemento corretto. La diffusione
dell’attivazione implica che più nodi siano attivati
contemporaneamente e ciò aumenta la
probabilità che venga commesso un errore
linguistico.
La teoria predice che:
◦ Gli errori dovrebbero appartenere alla categoria
appropriata per effetto delle regole categoriali;
◦ Molti errori dovrebbero essere errori di anticipazione per
cui una parola viene enunciata prima di quanto sia
appropriato nella frase;
◦ Spesso gli errori di anticipazione dovrebbero
trasformarsi in errori di scambio, per cui parole di una
frase vengono scambiate;
◦ Gli errori di anticipazione e di scambio di solito
interessano parole relativamente vicine all’interno della
frase;
◦ Gli errore i linguaggio tendono ad essere parole reali o
morfemi;
◦ Il concetto che i vari livelli interagiscano fra loro in modo
flessibile comporta che un errore di linguaggio possa
essere determinato in diversi modi (Let’s stop invece di
Let’s start) – errore di tipo semantico che può anche
essere considerato di tipo fonologico.
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Dell et al. (1997) hanno sviluppato e poi
approfondito la teoria di diffusione
dell’attivazione, partendo dall’assunto che
quasi tutti gli errori linguistici
appartengono a due categorie:
◦ Anticipazione – alcuni suoni e alcune parole
vengono enunciate prima del tempo;
◦ Perseverazione - alcuni suoni e alcune parole
vengono enunciate in ritardo rispetto a quanto
sarebbe opportuno.
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L’ipotesti fondamentale era che i parlanti esperti sono più bravi di
quelli non esperti nel pianificare in anticipo il proprio discorso e
pertanto una percentuale maggiore dei loro errori sarà di tipo
anticipatorio. Infatti, dall’esperimento fatto emergeva che la
percentuale di anticipazione aumentava dal 37% dall’inizio
dell’esperimento al 59% alla fine.
Dell et al. (1997) hanno sostenuto che errori linguistici di qualsiasi
tipo si verificano con maggiore probabilità quando chi parla non ha
elaborato una pianificazione coerente del suo discorso, quindi si
verificherà un numero relativamente esiguo di errori di
anticipazione. Infatti scoprirono che la percentuale di anticipazione
diminuiva dal 75% con tassi globali di errore bassi a 40% con tassi
globali di errore elevati.
I pazienti, il cui linguaggio tende all’errore, dovrebbero tendere a
commettere un numero di errore di perseverazione relativamente
più alto dei soggetti normali. A sostegno di tale ipotesi, esistono
numerose evidenze sperimentali, come alcuni studi con pazienti
affetti da afasia.
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Il modello WEAVER, acronimo di Word-form
Encoding by activation and VERification,si
basa sui seguenti assunti:
Esiste una rete di diffusione in avanti
dell’attivazione, il che significa che
l’attivazione procede in avanti e non indietro
nella rete;
Nella rete vi sono tre livelli principali:
◦ Nodi che rappresentano i concetti lessicali;
◦ Nodi che rappresentano i lemmi o le parole astratte
del lessico mentale;
◦ Nodi che rappresentano le forme delle parole in
termini di morfemi ed i loro segmenti fonetici;
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La rete non contiene alcun legame inibitorio;
La produzione del linguaggio implica una
serie di fasi di elaborazione che si
susseguono in modo seriale;
Gli errori linguistici vengono evitati mediante
un meccanismo di controllo.
Fase 1
Preparazione concettuale
Concetto Lessicale
Fase 2
Selezione lessicale
Lemma
Fase 3
Codifica morfologica
Morfema, o forma della parola
Fase 4
Codifica fonologica
Parola fonologica
Fase 5
Codifica fonetica
Sensazione gestuale fonetica
Fase 6
Articolazione
Onda sonora
Auto-monitoraggio
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Anomia implica una compromissione della capacità
di denominare gli oggetti. I motivi secondo Levelt et
al. (1999) sono: può trattarsi di un problema nella
selezione dei lemmi o di un problema nella scelta
della forma delle parole.
Agrammatismo Riescono a trovare le parole che
intendono pronunciare ma non sono in grado di
formulare frasi corrette dal punto di vista
grammaticale. Tendono infatti a produrre frasi brevi
che mancano di parole funzionali o delle desinenze
delle parole.
Gergo Afasiauna condizione in cui la scelta della
parola giusta diventa un problema così rilevante da
indurre spesso i pazienti a creare dei neologismi.
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Afasia di Broca Paul Broca studiò
un paziente, Leborgne, che soffriva
di gravi problemi di produzione
del linguaggio, ma sembrava
comprendere quanto gli veniva
detto. L’esame post mortem di
questo paziente e di altri pazienti
affetti da simili problemi suggerì a
Broca che le lesioni di alcune aree
dell’emisfero cerebrale sinistro
erano responsabili di tale deficit
del linguaggio.
La cosidetta area di Broca è
costituita dalle aree posteriori
della terza circonvoluzione
frontale e dalle adiacenti aree
inferiori del giro frontale.
I pazienti affetti da Afasia di Broca
sono oggi noti come afasi nonfluenti o afasi on agrammatici.
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Vari studi PET condotti su individui normali
indicano che l’are di Broca è interessata nella
produzione del linguaggio e che quindi,
l'emisfero sinistro sembra essere
maggiormente interessato nella
decodificazione e produzione di componenti
fonologiche, morfologiche, sintattiche e
lessicali, mentre l'emisfero destro è coinvolto
nell'interpretazione dei significati impliciti.
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Carl Wenicke ha studiato
alcuni pazienti che
presentavano gravi
problemi nella
comprensione del
linguaggio parlato, ma che
erano in grado di parlare
speditamente anche se non
i n modo molto eloquente.
L’esame post mortem di
questo pazienti indusse
Wenicke ad individuare
come responsabili delle
difficoltà di comprensione,
delle lesioni ad una parte
dell’emisfero cerebrale
sinistro.
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L’area di Wenicke è
costituita dalla metà
posteriore del primo giro
temporale e probabilmente
dalla corteccia adiacente.
Il disturbo noto in
precedenza come Afasia di
Wenicke è oggi definito
afasia fluente o gergo
afasia.
Gli studi PET hanno fornito
evidenze più chiare
dell’interessamento
dell’area di Wenicke nella
comprensione
dellinguaggio.
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Produzione del linguaggio