Desidera ma desidera senza limiti! Se altri sono diventati santi perché non tu? Io voglio essere santo, un grande santo, il più grande possibile! San Massimiliano Maria Kolbe è figlio del suo tempo e della sua terra: egli nacque l’8 gennaio del 1894 in un piccolo paesino della Polonia, Zdunska Wola, da ferventi genitori cristiani, Giulio e Maria, che avevano un umile laboratorio di tessitura. Il suo nome di battesimo è Raimondo e aveva due fratelli, Francesco e Giuseppe. Come si racconta in Polonia i bambini polacchi non diventano mariani ma lo nascono… e Raimondo ne è un esempio. Un aneddoto della sua infanzia, narrato da lui stesso molti anni dopo, chiarisce il suo profondo rapporto con Maria fin da piccolissimo. Si narra che Raimondo era un bambino molto buono, ma nello stesso tempo molto vivace e che un giorno avesse speso tutti i suoi soldi, che dovevano servire alla sua mamma, per comprarsi un uovo; il piccolo lo aveva fatto perché da quell’uovo voleva che nascessero tanti pulcini. Questa marachella fu presa in malo modo dalla madre, considerando i tempi di gravissime ristrettezze economiche in cui versava la famiglia con la guerra ormai alle porte. Allora Raimondo, dispiaciuto per quell’episodio, si recò in chiesa e fece un’esperienza mistica bellissima. Lui stesso racconta: «Chiesi alla Madonna che cosa sarebbe germogliato da me; allora Ella mi è apparsa tenendo nelle mani due corone, una bianca e l’altra rossa. Mi guardava con affetto e mi chiese se avessi voluto quelle due corone. La bianca significava che avrei perseverato nella purezza e la rossa che sarei stato un martire. Risposi che le accettavo… allora la Madonna mi guardò dolcemente e scomparve». A causa delle scarse risorse finanziarie, Raimondo non potè frequentare la scuola, ma si racconta che cercò di apprendere qualcosa dal farmacista del paese e da un prete; tutto ciò fin quando non si stabilirono a Leopoli i Francescani, i quali conosciuti i Kolbe proposero di accogliere nel loro collegio Raimondo. Egli passò dal collegio al seminario dei francescani conventuali e a sedici anni divenne novizio, cambiando il suo nome in fra Massimiliano Maria. Date le sue brillanti capacità, fu inviato a Roma, dove si laureò prima in Filosofia e dopo soli 4 anni in Teologia. Si interessava di fisica, di matematica, tanto che con gli anni progettò nuovi tipi di aerei e molte apparecchiature. 1 Nel 1917 accade qualcosa nella sua vita, che caratterizzerà tutto il suo apostolato. Egli assiste una sera a Roma, in piazza San Pietro, ad una processione di anticlericali massoni che celebravano Giordano Bruno, inalberando uno stendardo nero su cui satana schiacciava San Michele Arcangelo e distribuivano volantini, in cui c’era scritto che satana deve regnare in Vaticano e il Papa fargli da servo. Tutto ciò lo scuote fortemente ed egli si interroga: «è possibile che i nemici di Dio devono tanto adoperarsi e noi rimanere oziosi, al più pregare, senza però agire? Che cosa possiamo fare noi? Non abbiamo noi una potenza più grande? Sì, l’Immacolata. Dobbiamo metterci come strumenti docili nelle mani dell’Immacolata, adoperandoci con tutti i mezzi leciti». Così la sera del 16 ottobre del 1917 insieme ad altri 7 confratelli dinanzi ad una piccola immagine dell’Immacolata fonda la Milizia dell’Immacolata, sottoscrivendo su un piccolo pezzo di carta di voler impegnarsi ad annunciare il Vangelo nel mondo con ogni mezzo, consegnandosi totalmente nelle mani dell’Immacolata. Le due frasi poste all'inizio del programma della M. I.: "Ella ti schiaccerà il capo" (Gen 3, 15) e "Tu sola hai distrutto tutte le eresie sul mondo intero" (ufficio della B. V. M.) indicano lo scopo della Milizia. San Massimiliano Kolbe voleva che i cristiani diventassero i cavalieri dell'Immacolata e che si trovassero dappertutto, ma specialmente nei posti più importanti, come: 1) l'educazione della gioventù (professori di istituti scientifici, maestri, società sportive); 2) la direzione di riviste, quotidiani, biblioteche pubbliche, conferenze, proiezioni e cinematografi. Egli voleva che i membri della M. I. divenissero i pionieri e le guide nella scienza (scienze naturali, storia, letteratura, medicina, diritto, ecc.) e addirittura ipotizzava che sotto l’influsso e l'assistenza della M.I. dovessero sorgere e svilupparsi i complessi industriali e le banche. L'essenza della M.I. è costituita dall'offerta totale di noi stessi, senza limiti né condizioni, all'Immacolata come sua proprietà , affinché Ella voglia fare di noi ciò che le piace e così poter agire, per mezzo nostro, negli altri. Il segno esteriore di questa offerta di sé all'Immacolata è la Medaglia Miracolosa, che i membri della M.I. portano sul petto. Si tratta della medaglia che l’Immacolata stessa mostrò a Santa Caterina Laboure'. La medaglia miracolosa, diceva san Massimiliano, è la pallottola della Milizia dell’Immacolata. In quegli anni a Roma San Massimiliano cominciò a soffrire di tubercolosi, malattia che lo accompagnerà tra alti e bassi per tutta la vita. Il 28 aprile del 1918 venne ordinato sacerdote nella Basilica di Sant’ Andrea della Valle. Nel frattempo, entrambi i genitori in Polonia erano entrati tra i Terziari francescani. L’anno dopo egli ritornò a Cracovia. Qui comincia a realizzare il suo sogno: "la felicità di tutta l'umanità in Dio attraverso l'Immacolata”. Egli vuole portare ogni uomo al cuore sacratissimo di Gesù attraverso Lei, e come lui stesso afferma: " Questa è una missione per la quale torna conto di vivere, lavorare, soffrire e anche morire, Dio volesse da martire". San Massimiliano è profondamente innamorato dell’Immacolata, ha una devozione totale verso Maria, tanto che la chiama con i nomi più teneri e familiari, come solo i polacchi sanno fare. La Madonna a Lourdes si è definita l’Immacolata Concezione e questo è un privilegio che appartiene solo a Lei. L'Immacolata è scelta a modello e ispiratrice del suo impegno cristiano e apostolico perché, in quanto libera da ogni ombra di peccato, rappresenta il simbolo umano del mondo di Dio, a cui egli vuol portare gli uomini. Egli amava ripetere: « Chi ha Maria per madre, ha Cristo per fratello ». Nel Natale del 1921 esce un giornale di poche pagine “Il Cavaliere dell’Immacolata”, per alimentare lo spirito e la diffusione della “Milizia dell’Immacolata”. Non potendo spesso predicare per i suoi problemi di salute lo faceva attraverso “la penna” e gli scritti….padre Kolbe diceva: “Dobbiamo fasciare il mondo di stampa cristiana e mariana con parole di vita per ridare al mondo la gioia di vivere”. Si narra che per la stampa del primo numero 2 de «Il Cavaliere» padre Kolbe aveva contratto con la tipografia un grosso debito. Come saldarlo?. Egli scrive: «Entrai in una cartoleria per chiedere l'offerta per Il Cavaliere ma, confuso per la vergogna, finii invece con l'acquistare io stesso una matita ed uscirmene . Tirai avanti, rimproverandomi di debolezza per non essere riuscito, per amore della Madonna, a reprimere l'istintivo senso di vergogna. Ma tornato in Chiesa dopo aver lungamente pregato, notai sopra l'altare una busta. Con sorpresa vi lessi sopra a nitidi caratteri: «Per Te, Madre Immacolata». L'aprii e passando di meraviglia in meraviglia, vi trovai dentro proprio la somma del debito con la tipografia. Compresi tutto e, pieno di lacrime, m'inginocchiai riconoscente e adorante». Questo particolare ci fa comprendere che era grande, sognava in grande, ma nello stesso tempo era molto timido. Nel 1927 a pochi chilometri da Varsavia comincia a realizzarsi il grande sogno di padre Kolbe: grazie alla donazione di un terreno da parte del conte Lubecki egli fonda Niepokalanow, che letteralmente significa “ Proprietà dell’Immacolata”, la “Città di Maria”. Egli dal nulla comincia a creare una grande basilica per l’Immacolata, una biblioteca, le tipografie, i vari reparti della legatoria, dei depositi e delle spedizioni, le officine dei fabbri e dei meccanici, i laboratori per i falegnami, per i sarti, per i dentisti, per i calzolai, le rimesse per i muratori, il corpo dei pompieri, i fabbricati per i postulanti, per i novizi, per i sacerdoti, una grande centrale elettrica, un grande parco macchine, una piccola stazione ferroviaria; era persino previsto un aeroporto con quattro velivoli e un progetto di stazione radio trasmittente. A Niepokalanow un solo ambiente doveva essere piccolo: il cimitero, perché diceva padre Kolbe: "Prevedo che le ossa dei miei frati saranno disperse in tutto il mondo". Padre Kolbe era tenace, ostinato, implacabile... Era un calcolatore nato: calcolava e raffrontava senza posa, valutava, combinava bilanci e preventivi. Se ne intendeva di tutto: di motori, di biciclette, di radio; conosceva quello che costava poco e quello che costava molto; sapeva dove, come e quando era opportuno comprare… Non c'era sistema di comunicazione troppo veloce per lui, “il veicolo del missionario, diceva spesso, dovrebbe essere l'aereo ultimissimo modello ". Da matematico e fisico diceva: “Ogni volta che fai il segno della Santa Croce, ricordati del “coraggio dell’umiltà”: 1) consegna la tua capacità di valutare, ragionare, la tua intelligenza; 2) la tua capacità di Amare, il cuore e di desiderare quello che stai facendo; 3) e 4) le tue spalle, la tua capacità di sostenere il peso di quello che Dio ti sta per chiedere per amore suo e perchè molti conoscano il suo Amore; 5) amen = desidero che avvenga proprio così”. E ancora padre Kolbe sosteneva che la formula della felicItà è : v = V; ovvero consiste nel far coincidere la volontà dell’uomo con la volontà di Dio. Padre Kolbe sosteneva che noi, tutti dell’Immacolata, dobbiamo essere come un pennello nelle mani di Dio e ci dobbiamo fare dirigere da Lui, che lo può fare nel modo più perfetto possibile. In ciò dobbiamo guardare a MARIA, che è stata lo strumento più perfetto nelle mani di Dio. Egli scriveva: 3 « Immaginiamo di essere un pennello nella nella mano di un pittore infinitamente perfetto. Che cosa deve essere il pennello perché il quadro riesca il più perfetto possibile? Deve lasciarsi dirigere nel modo più perfetto. Un pennello potrebbe ancora vantare delle pretese di miglioramento da parte di di un pittore terreno, limitato, fallibile. Ma quando Dio, la Sapienza Eterna, si serve di noi quali strumenti, allora faremo il massimo, nel modo più perfetto, purché ci lasciamo guidare in modo perfettissimo e totale. Con l’atto di consacrazione noi ci siamo siamo offerti all’Immacolata in proprietà assoluta. Senza dubbio Ella è lo strumento più perfetto nelle mani di Dio, mentre noi, da parte nostra, dobbiamo essere degli strumenti nelle Sue mani immacolate. Quando perciò debelleremo nel modo più rapido e più perfetto il male del mondo intero? maniera iera più perfetta. Ciò avverrà allorché ci lasceremo guidare da Lei nella man È questa è la cosa più importante ed unica ». Ai giovani diceva: «I cancelli della città dell'Immacolata sono sempre aperti! Entrate in questi cancelli, voi che desiderate ardentemente mettervi al servizio di Maria… ma non fate tanti calcoli! Perché è nel lavoro dove non viene ricercato un guadagno materiale, nell'abbandono di se stessi e nella penitenza che troverete la strada che conduce alla pace, quella pace che il mondo non può darvi…….. Non preoccuparti di portare con te molti bagagli. Tu sei molto più importante di quello che possiedi purchè il tuo desiderio sia quello di servire Dio attraverso Maria Immacolata: questo basterà». Niepokalanow riuscirà a contare fino a 700 religiosi, diventando il convento più grande del mondo. In questa nuova " città " sì stampano otto riviste per parecchie centinaia di migliaia di copie. La maggiore tra esse, " Il cavaliere dell'Immacolata " tocca in quegli anni il milione di copie. Padre Massimiliano prevede traduzioni in italiano, inglese, francese, spagnolo e latino. Padre Kolbe usava i termini “milizia, cavaliere”, come se fosse in guerra, come se stesse conducendo una battaglia, perché, come emerge dai suoi scritti, egli voleva “conquistare all'Immacolata un’anima dopo l'altra, un avamposto dopo l'altro, inalberare il Suo vessillo sulle case editoriali dei quotidiani, sulla stampa periodica e non, sulle antenne radiofoniche, sugli istituti artistici e letterari, sui teatri, sulle sale cinematografiche, sui parlamenti, sui senati, in una parola dappertutto sulla terra; inoltre vigilare affinché nessuno mai riesca a rimuovere quei vessilli”. San Massimiliano abiterà pochissimi anni a Niepokalanow; già nel 1930 è in Giappone con altri quattro frati, a fondare dal nulla una città analoga a Niepokalanow, che chiamerà “ Il Giardino dell’Immacolata”. Si narra che questa “città” alla periferia di Nagasaki rimarrà intatta quando nel 1945 esploderà la bomba atomica che colpirà Nagasaki. Un autore, che è critico verso l'opera di Kolbe, scrive: " Mirava né più nè meno che a conquistare il mondo. Per questo andò a convertire i 'pagani' in Giappone. Tutte le sue opere, concepite su scala gigantesca, le creò quasi dal nulla: senza un soldo in tasca, questuando incessantemente col proverbiale saio rappezzato. Intraprendeva ogni iniziativa letteralmente con le proprie mani. Mescolava la calce e portava i mattoni nel cantiere, lavorava alla cassa di composizione in tipografia. A Nagasaki intraprese 4 l'edizione della versione locale de 'Il Cavaliere dell’Immacolata' senza sapere una parola di giapponese...e durante questo periodo dormiva in una soffitta coprendosi col cappotto ". Nel 1932 si recò in India, dove voleva fondare una nuova città dell’Immacolata e far conoscere la Milizia dell’Immacolata anche lì, ma dopo i primi accordi, con lo scoppio improvviso della seconda guerra mondiale, dovette interrompere le trattative. Lasciò definitivamente il Giappone nel 1936, anche per i suoi problemi di salute, e l’anno dopo si recò in Italia, ad Assisi (come francescano amava tanto San Francesco), a Roma, a Padova per partecipare ai festeggiamenti del movimento mariano. Nel 1938 conseguì la licenza di radioamatore e fu attivo per alcuni anni con il nominativo SP3RN; ancora oggi è ricordato quale patrono dei radioamatori italiani e ci sono tuttora alcune radio intitolate a suo nome. Partì quindi alla volta della Lettonia, dove voleva costruire una nuova città di Maria, ma gli eventi in Europa precipitarono: scoppiò la seconda guerra mondiale, la Polonia venne occupata dai nazisti, i quali bombardarono e saccheggiarono Niepokalanow il 19 settembre del 1939, arrestando Padre Kolbe, insieme ad altri 37 confratelli. Il grande santo confortava i suoi frati dicendo: " Coraggio, andiamo in missione ". Dopo quasi tre mesi di prigionia, San Massimiliano fu liberato inaspettatamente l’8 dicembre. Tornato alla “Città dell'Immacolata” la adibì ad ospedale con un ufficio della Croce Rossa. Pian piano venivano accolti qui rifugiati e scampati: oltre 2000 espulsi dalla Polonia e alcune centinaia di ebrei. Padre Kolbe riorganizzò la città per la sopravvivenza di tutti i rifugiati, organizzando infermeria, farmacia, ospedale, cucine, panetteria, orto e altri laboratori. Il 17 febbraio 1941 il grande santo viene arrestato per la seconda volta dalle truppe tedesche. La Gestapo gli fece sapere che avrebbe gradito una sua opzione per la cittadinanza germanica se si fosse iscritto nella lista degli oriundi tedeschi, dato il suo cognome e le sue origini (nonostante che il cognome della madre fosse evidentissimamente polacco), ma egli non accettò. Così fu trasferito ad Auschwitz. Egli, al riguardo, consolava i suoi frati dicendo: " Vado a servire l’Immacolata in un altro campo di lavoro " e ancora «Pensate se avessimo deciso noi di venire qui a svolgere la nostra missione di speranza: quanti documenti ci sarebbero stati richiesti e senza poter aver la certezza di ottenere i permessi necessari! Ora, invece, è l’Immacolata stessa che ci conduce in questo nuovo campo di lavoro, in questa nuova missione!». Ora comincia un periodo di grande sofferenza per Padre Kolbe, che già era fisicamente fragilissimo, in quanto malato di tisi e con un solo polmone. Poiché sacerdote per odio e maltrattamenti è accomunato agli ebrei e dopo poco tempo egli dovette indossare un abito civile, in quanto il saio francescano adirava moltissimo i carcerieri. Diventa il n. 16670. Nel campo di concentramento egli comincia tirando carri di ghiaia e di sassi per la costruzione di un muro del crematorio: un carro che doveva essere tirato sempre correndo; poi è addetto a tagliare e trasportare tronchi d'albero. A lui, perché prete, toccava un peso due o tre volte superiore agli altri. Quando i suoi compagni lo vedono sanguinare e barcollare egli non vuole che alcuno si esponga per lui, infatti diceva:« "Non vi esponete a ricevere colpi per me. L'Immacolata mi aiuterà, farò da solo». Quando alcuni compagni lo vogliono portare all'ospedale del campo egli indica sempre qualcun altro che, a suo parere, ha più bisogno di lui:« Io posso aspettare. Piuttosto quello lì... ». Quando viene assegnato a trasportare cadaveri, spesso orrendamente mutilati, e ad accatastarli per l'incenerimento, lo sentono mormorare pian piano: " Santa Maria prega per noi " e poi: " Il Verbo si è fatto carne”. Nelle baracche quando qualcuno di notte striscia verso di lui in preda all'orrore si 5 sente dire lentamente, pacatamente, come un balsamo: " l'odio non è forza creativa; solo l'amore crea", oppure “L’Immacolata è la vera consolatrice degli afflitti. Ascolta tutti, ascolta tutti! ". Un prigioniero di Auschwitz racconta che Padre Kolbe divideva con gli altri prigionieri le sue razioni di cibo, “ io stesso ho ricevuto da lui un quarto di pane [...] Una volta uno dei prigionieri fu bastonato dal capo perché lavava male la sua gavetta. Padre Kolbe ebbe cura di quel prigioniero e lavò a fondo per lui la gavetta giacché il compagno di prigionia aveva ricevuto forte percosse sulle mani. Padre Kolbe trattava come un proprio fratello ognuno dei prigionieri”. Padre Massimiliano Kolbe celebrò nel più grande segreto due volte la santa Messa tra i blocchi con circa 30 prigionieri, i quali tutti ricevettero la santa Comunione dalle sue mani"; il prigioniero Dziuba racconta: "Alle volte, dopo la confessione dal Padre Massimiliano, desideravamo ricevere la santa Comunione, ma ciò non era possibile, giacché a quel tempo non si poteva celebrare la santa Messa nel lager e consacrare. Allora, volendo simboleggiare per noi questa santa Comunione in qualche modo, prendeva il proprio pane, lo benediceva e ne dava un pezzo ad ognuno di noi, poi non voleva accettare nulla dalle nostre razioni”. Alla fine di luglio del 1941 Padre Kolbe fu trasferito al Blocco14. Dopo soli pochi giorni un detenuto di quel blocco riuscì a fuggire: per un prigioniero fuggito dieci prigionieri dovevano essere condannati a morte nel bunker della fame. Il Blocco 14 dovette stare allineato immobile per un giorno intero: percossi, digiuni, sotto il sole di luglio, distrutti dalla fame, dall'immobilità, dall'attesa terribile. Alla fine della giornata il Lagerfuehrer Fritsch decide chi sono i dieci condannati. Un condannato, Francesco Gajowniczek, al pensiero di perdere la moglie e i figli gridò e si disperò. Ad un tratto Padre Massimiliano uscì dalla fila e si diresse diritto, " a passo svelto” verso il Lagerfuehrer Fritsch, (allibito per il fatto che un prigioniero osasse tanto), e si offrì in cambio di quell'uomo che nemmeno conosceva. Il Lagerfuehrer Fritsch disse : “Che cosa vuole questo sporco polacco? ", ed egli " Sono un sacerdote cattolico. Sono anziano (aveva solo 47 anni) e voglio prendere il suo posto perché lui ha moglie e figli ". La cosa più incredibile, il primo miracolo di Kolbe e attraverso Kolbe fu il fatto che il sacrificio, lo scambio venne accettato. Il campo di concentramento per i nazisti doveva essere la dimostrazione che " l'etica della fratellanza umana " era solo vigliaccheria; il principio umanitario secondo l'ideologia nazista era una menzogna giudeo-cristiana. Da quel giorno, da quella accettazione, il campo possedette un luogo sacro. Nel blocco della morte i condannati vennero gettati nudi, al buio, in attesa di morire per fame. Non venne dato loro più nulla, nemmeno una goccia d'acqua. La lunga agonia era scandita dalle preghiere e dagli inni sacri che Padre Kolbe recitava ad alta voce e dalle celle vicine gli altri condannati gli rispondevano. L'eco di quel pregare penetrava attraverso i muri, di giorno in giorno sempre più debole, trasformandosi in sussurro, spegnendosi insieme al respiro umano. Il campo tendeva l'orecchio a quelle preghiere. Ogni giorno la notizia che pregavano ancora faceva il giro delle baracche. Ogni mattina il bunker della fame veniva ispezionato. Quando le celle si aprivano i condannati piangevano e chiedevano del pane; Padre Kolbe non chiedeva nulla, non si lamentava, restava in fondo seduto, appoggiato alla parete. Gli stessi soldati lo guardavano con rispetto. Poi, col passare dei giorni, i condannati cominciarono a morire; dopo due settimane erano vivi solamente in quattro con Padre Kolbe. Per costringerli a morire, il 14 agosto del 1941, venne 6 fatta loro una iniezione di acido fenico. Era la vigilia di una delle feste mariane che San Massimiliano amava di più: l'Assunta. " Quando aprii la porta di ferro, racconta il suo carceriere, non viveva più; ma mi si presentava come se fosse vivo. Ancora appoggiato al muro. La faccia era raggiante in modo insolito. Gli occhi largamente aperti e concentrati in un punto. Tutta la figura come in estasi. Non lo dimenticherò mai ". All’ufficiale medico nazista che gli fece l’iniezione mortale, Padre Kolbe disse: «Lei non ha capito nulla della vita…..l’odio non serve a niente…..solo l’amore crea» e porgendo il braccio sinistro le sue ultime parole furono: «AVE MARIA». Il giorno dopo il suo corpo fu cremato e le sue ceneri disperse. Francesco Gajowniczek riuscì a sopravvivere ad Auschwitz. Tornato a casa, trovò sua moglie viva, ma i suoi due figli erano rimasti uccisi durante un bombardamento russo. Morì nel 1995. Padre Kolbe è stato beatificato il 17 ottobre 1971 da papa Paolo VI, il quale amava particolarmente la frase Kolbiana “ SOLO L’AMORE CREA” ed è stato canonizzato il 10 ottobre 1982 da Papa Giovanni Paolo II, suo conterraneo. Il giorno della canonizzazione, il Papa definì San Massimiliano “patrono del nostro difficile secolo” e “martire della carità” (espressione quest’ultima usata per la prima volta). Giovanni Paolo Il, predicando ad Auschwitz, ha detto: " In questo luogo che fu costruito per la negazione della fede in Dio e della fede nell'uomo e per calpestare radicalmente non soltanto l'amore, ma tutti i segni della dignità umana e dell'umanità, Padre Kolbe ha riportato la vittoria mediante l'amore e la fede ". Il mio augurio, cari fratellini, è che tutti noi possiamo essere, sull’esempio di SAN MASSIMILIANO KOLBE, i pennelli nelle mani di DIO, completamente consacrati ed affidati a MARIA. LUISA D. 7