www.ildirittoamministrativo.it IL DIRITTO DI ACCESSO NEI CONFRONTI DELLE SOCIETÀ CHE SVOLGONO UN SERVIZIO PUBBLICO A cura di Claudio Varrone Presidente emerito del Consiglio di Stato Il diritto di acceso nei confronti delle società che svolgono un servizio pubblico in più occasioni è stato oggetto di pronunzie giurisdizionali. Il quesito che il giudice amministrativo è stato chiamato a risolvere attiene alla configurabilità o meno di tale diritto a favore dei dipendenti o di terzi nei confronti della società al fine di poter prendere visione di documenti attinenti, in particolare, alle procedure interne per la selezione del personale e agli atti di organizzazione. 1. In proposito, la disciplina legislativa cui è necessario fare riferimento è prevista dagli art. 22 e ss. L. n .241/1990 , che, nel tempo, hanno subito profonde modifiche , rispetto al testo legislativo originariamente emanato. Tali mutamenti possono essere considerati, da due diverse angolazioni, a seconda che si faccia riferimento alla diversa portata delle disposizioni, vale a dire al loro contenuto giuridico, ovvero alla loro ratio ispiratrice. Dal nostro punto di vista entrambe tali prospettive hanno rilevanza, anche se il profilo di maggiore interesse è il primo, vale a dire quello relativo all’individuazione dell’attuale ambito di efficacia di tali disposizioni nei confronti delle società che svolgono, ad un tempo. attività d’impresa e attività di rilevanza pubblicistica, in quanto finalizzate a soddisfare esigenze di interesse collettivo riassumibili nella nozione di pubblico servizio, come tale, al di fuori di una logica di solo profitto. E’ tuttavia indubbio che i risultati che si ritiene caratterizzano tale indagine sono fortemente influenzati da quelli desumibili da una considerazione del testo legislativo sulla base della diversa ottica cui si è fatto cenno, perché l’esatta ricostruzione delle motivazioni socio-politiche che sottendono la disciplina positiva e che hanno indotto il legislatore a modificare l’originaria formulazione delle richiamate disposizioni, costituisce un passaggio necessario per comprendere l’effettiva portata della disciplina sopravvenuta e, a nostro avviso, per una corretta soluzione dei problemi che essa pone. 2. Senza alcuna pretesa di svolgere in proposito un approfondimento che risulterebbe esorbitante rispetto all’economia dell’ indagine complessiva, pur tuttavia non può essere sottaciuto che il diritto di accesso che chiamerei di nuova generazione ha caratteristiche profondamente diverse da quelle originarie. La diversità si coglie a piene mani se si ha presente un dato fondamentale, vale a dire che nel testo originario erano lasciati alle singole amministrazioni ampi spazi per emanare la disciplina di dettaglio, in base alla quale, in ultima analisi, si delineava a questo proposito il rapporto tra singola amministrazione e privato cittadino. www.ildirittoamministrativo.it Il diritto di accesso non aveva caratteristiche unitarie ma, si frantumava secondo una logica tipica delle posizioni soggettive riassumibili nella nozione di interesse legittimo, caratterizzato dall’influenza che le scelte discrezionali dell’amministrazione hanno sulla sua conformazione, al fine di contemperare le possibilità di riconoscimento dell’interesse di cui è portatore il privato con quelle proprie della stessa amministrazione. A sua volta, tale disciplina era la risultante di una visione di tipo concessivo del rapporto tra privato e pubblici poteri, nel senso che il riconoscimento della rilevanza dell’interesse del singolo è in questi casi subordinata alla sua compatibilità con l’interesse pubblico che, con esso, può risultare solo in parte compatibile. Visione questa che è a fondamento del concetto di interesse legittimo. Questa visione può dirsi del tutto superata nel nuovo testo, nel quale i margini di discrezionalità delle singole amministrazioni risultano notevolmente ristretti, dal momento che la disciplina primaria delinea in modo pressoché esaustivo la portata ed il contenuto effettuale di tale posizione soggettiva denominata diritto di accesso, le cui connotazione sono da essa compiutamente delineate, così da giustificare, sul piano teorico, il convincimento che a favore del cittadino risulti ormai riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo e non già una posizione di semplice interesse legittimo. Ciò, come vedremo, ha ricadute significative, anche sul piano giurisdizionale, in quanto anche l’area del potere in proposito riconosciuto al giudice amministrativo è destinata a restringersi, nella misura in cui l’operato dell’amministrazione assume le caratteristiche proprie dell’attività di natura sostanzialmente vincolata, piuttosto che quelle tipiche dell’attività di natura discrezionale, caratterizzata dalla possibilità di conformazione della contrapposta posizione soggettiva del privato. Il rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione tende ad assumere in questo modo natura paritaria. Di qui anche la possibilità di immaginare ora più agevolmente un controllo giurisdizionale delle Sezioni Unite della Cassazione con riferimento alle decisioni del giudice amministrativo per quanto attiene alla contrapposta posizione dell’amministrazione o, più specificamente, del soggetto privato di utilità sociale, nell’ipotesi in cui ritenga che il comando giurisdizionale abbia leso la sua sfera giuridica soggettiva, che essa ritiene sottratta al diritto di accesso del privato. 3. Se , infatti, si approfondisce il discorso sotto tale punto di vista, si nota come l’intera disciplina è orientata a considerare la pubblica amministrazione in questa nuova veste di soggetto deputato al soddisfacimento degli interessi collettivi elevati a livello di interesse pubblico, rispetto ai quali il privato non assume la veste passiva di semplice destinatario di tale attività, ma di attivo protagonista della sua corretta esplicazione, mediante il riconoscimento di una peculiare posizione di verifica e controllo delle modalità con le quali essa si è articolata nell’adozione di atti o provvedimenti in grado di incidere direttamente o indirettamente sul suo interesse sostanziale. www.ildirittoamministrativo.it La nozione di “documento” fornita dalla norma, è una chiara dimostrazione di quanto ora detto, nel senso che il diritto di accesso si atteggia nei termini di una posizione pretensiva a favore del privato, delineata nei suoi tratti essenziali in sede di legislazione primaria, volta ad ottenere la conoscenza del contenuto di atti, provvedimenti o, più genericamente, di risultanze in possesso dell’amministrazione, in grado di testimoniare le modalità con le quali si è inciso direttamente o indirettamente sull’altrui sfera giuridica soggettiva. Tale posizione, per esplicita previsione contenuta nell’art. 22 della legge in commento, può essere fatta valere anche nei confronti “di soggetti privati limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale e comunitario”. 4. L’attrazione nella disciplina in questione dei soggetti privati nell’orbita pubblicistica è affidata a tale espressione estremamente generica, in quanto il riferimento al diritto nazionale e comunitario, che dovrebbe costituire il parametro alla stregua del quale individuare la misura della sua applicabilità nei loro confronti, non è in grado di fugare i dubbi in proposito, posto che il soggetto privato è sottoposto alla normativa interna e a quella comunitaria anche per quanto riguarda le attività diverse da quelle riconducibili alla nozione di pubblico servizio. Basti pensare alla disciplina della concorrenza, la cui ratio ispiratrice è rappresentata dalla tutela di tale interesse pubblico, considerato l’asse portante dell’intero Trattato e della normativa emanata in base ad esso, per rendersi conto che il riferimento, se non viene correttamente inteso, va anche al di là di quanto in realtà il legislatore ha voluto affermare, dal momento che, preso alla lettera, ciò comporterebbe che l’intera attività di tali soggetti potrebbe ritenersi soggetta alla richiamata disciplina pubblicistica. Una lettura corretta di tale disposizione porta a ritenere preferibile ricorrere ad una interpretazione di tipo letterale, nel senso che attività di pubblico interesse, suscettibile di dar luogo al diritto di accesso del privato, è solo a quella oggetto di tale precipua qualificazione giuridica operata dal legislatore nazionale o da quello comunitario. Le restanti attività, ancorché risultino parimenti disciplinate da disposizioni legislative di eguale natura, sono sottratte al diritto di accesso, se risultano preordinate alla realizzazione di uno scopo di lucro, piuttosto che essere orientate al soddisfacimento di interessi di rilevanza pubblicistica. 5. Apparentemente il discrimen tra i due tipi di attività sembra di agevole individuazione. In realtà, se si esamina la giurisprudenza in materia si constata che le indicazioni legislative in materia di accesso, mentre sono estremamente puntuali per quanto riguarda il rapporto tra pubblica amministrazione e privato, lascia in un cono d’ombra l’attività dei soggetti che svolgono, ad un tempo, attività di pubblico interesse e attività che tali non sono, perché non fornisce alcun parametro puntuale oltre a quello precedentemente indicato. Tale lacuna si coglie agevolmente se si prende in esame gli atti o provvedimenti di organizzazione di tali soggetti, nella loro veste di società per azioni. www.ildirittoamministrativo.it Essi, infatti, sono strumentali sia per la realizzazione delle finalità pubblicistiche, che per quelle di natura squisitamente economica. In questo caso, il parametro legislativo fondato sulla previsione dell’attività da parte del legislatore nazionale o comunitario rappresenta un indice facilmente eludibile, posto che gli atti di organizzazione, tra i quali è da comprendere anche il rapporto di lavoro dei dipendenti si presenta sotto tale profilo orientato a criteri di efficacia e di efficienza comuni sia alle attività di pubblico interesse, che a quelle di semplice profitto. Ne è riprova la recente decisione del Consiglio di Stato ( Sez. VI, 19 gennaio 2010 n. 189 ), secondo la quale “ i dipendenti di Poste Italiane S.p.A. anche cessati dal rapporto, hanno diritto ad accedere ad alcuni atti relativi all’organizzazione interna della società, quali gli atti di un procedimento privatistico per la selezione dei dirigenti o i fogli firma delle presenze giornaliere, a nulla rilavando che l’attività di poste si svolga in parte in regime di concorrenza, atteso che in tali casi l’attività di Poste italiane, relativa alla gestione del rapporto di lavoro con i propri dipendenti è da ritenersi strumentale al servizio gestito da Poste e incidente potenzialmente sulla qualità di un servizio, il cui rilievo pubblicistico va valutato tenendo conto non solo della dimensione oggettiva, ma anche di quella propriamente soggettiva di Poste italiane “. Tale conclusione si basa sul richiamo ai giudizi di valore che connotano la formazione giuridica del giudice amministrativo e che, in questo modo, danno per presupposto la loro aderenza, nel caso concreto, al dato normativo. Come si è precisato, infatti, la linea di demarcazione tracciata dal legislatore per riconoscere al privato il diritto di accesso è costituita dall’espressa previsione e conseguente qualificazione in senso pubblicistico dell’attività concernente i documenti che il privato intende visionare. Parametro questo che non risulta in alcun modo utilizzato, dal momento che l’assunto che espressamente il giudicante ha posto a fondamento del suo ragionamento è che anche l’attività di diritto privato che non costituisce gestione del servizio pubblico è collegata ad essa da “ un nesso di strumentalità derivante anche sul versante soggettivo, dall’intensa conformazione pubblicistica “ Trattasi di un’affermazione che lascia perplessi in quanto manca la dimostrazione circa la sua rispondenza al dato positivo. Dimostrazione questa, tanto più necessaria, se si ha cura di rilevare che l’organizzazione del soggetto privato non è affatto connotato da un’intensa conformazione pubblicistica , dal momento che il legislatore, al fine di dare anche al servizio pubblico efficienza ed efficacia, ha optato per l’organizzazione di tipo privatistico, qual è appunto la società per azioni, che più di tutte le altre esalta l’estraneità della persona giuridica di diritto privato al modello organizzativo proprio degli enti pubblici. L’affermazione su cui si regge l’intero ragionamento svolto in sentenza e che è a fondamento del riconoscimento al dipendente del diritto di accesso sugli atti di natura organizzativa, ci sembra, pertanto, fondata su argomenti che non trovano una piena rispondenza nel dato normativo. Se è vero che il discrimen in questi casi è dato dalla disciplina dettata dal legislatore nazionale o da quello comunitario, ne consegue che il solo fatto che il www.ildirittoamministrativo.it legislatore nazionale disciplini in senso strettamente privatistico l’organizzazione di Poste S. p. A., costituisce argomento sufficiente per escludere a favore del dipendente il diritto di accesso nei termini disciplinati dall’art. 22 e ss. della L .n. 241/1990 e successive modificazioni. E’ il servizio pubblico, al contrario, che, per questa parte soggiace al modello privatistico, con la conseguenza che i rapporti che attengono agli aspetti organizzativi della società debbono ritenersi in generale sottratti alla disciplina pubblicistica in materia di accesso. 6. A nostro avviso proprio il riferimento alla ratio ispiratrice delle disposizioni dettate in materia di organizzazione, induce a privilegiare la soluzione opposta a quella volta a riconoscere in questi casi l’esistenza di un diritto di accesso in ordine alla conoscenza di una tale tipologia di atti. Va al riguardo, anzitutto ricordato che la scelta legislativa è di ritenere ammissibile il diritto di accesso, nei confronti dei soggetti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse, limitatamente alle attività al riguardo espressamente disciplinate dal diritto interno o da quello comunitario. In questo caso non si è in presenza di un’attività a rilevanza esterna, ma di un’attività strumentale, qual è quella attinente all’organizzazione del personale e dei mezzi finanziari necessari per il perseguimento delle finalità complessive che costituiscono l’oggetto sociale della società, che, a loro volta, rispondono ad una logica di natura squisitamente imprenditoriale, com’è proprio delle società per azioni, per il solo fatto che sono disciplinate dalle norme del codice civile espressamente dettate per tali particolari persone giuridiche di diritto privato. Se si dà il giusto rilievo alla disciplina positiva dettata dal legislatore al riguardo, la conclusione dovrebbe essere di segno contrario, nel senso che la scelta del modello privatistico per accrescere l’efficienza e l’efficacia della mission di dette società, ivi compresa quella attinente allo svolgimento del servizio pubblico, comporta che i parametri organizzativi di efficienza utilizzati non sono quelli propri degli enti pubblici, nei quali il principio di imparzialità e di trasparenza fanno aggio su quelli di natura economico patrimoniale. Tale affermazione non va intesa nel senso che la società per azioni non deve anch’essa ispirarsi e rispettare anche il principio di imparzialità proprio degli enti pubblici, ma che l’organizzazione del servizio, le scelte relative alle modalità con le quali si ritiene di accrescere la produttività dell’impresa costituiscono, nelle società di capitale, un valore aggiunto, un bene giuridico a sé stante, che la società ha diritto di tutelare nei confronti di quanti a vario titolo cercano di conoscerne le peculiari caratteristiche. L’organizzazione produttiva rappresenta una delle componenti fondamentali del know-out dell’impresa, una delle componenti essenziali per accrescerne la produttività. Il fatto stesso che la società, come ad esempio Poste italiane, cui il comando giurisdizionale era rivolto, in altri settori, opera in regime di concorrenza, fa sì che il diritto alla riservatezza, relativamente a tali scelte, serve a proteggerla dalla possibilità di conoscenza delle peculiari caratteristiche dei suoi atti di organizzazione, www.ildirittoamministrativo.it che sono appunto atti privi di rilevanza esterna, di cui unico destinatario è il relativo personale, sul quale grava l’obbligo di fedeltà e di astensione. Ciò a riprova del fatto che si è in presenza di un bene giuridico ritenuto meritevole di tutela anche nei loro confronti. Trattasi di un bene giuridico la cui protezione, soprattutto nei confronti dei terzi, è giustificata dal fatto che esso costituisce uno dei fattori produttivi di più significativa rilevanza per l’attività d’impresa. La sua protezione nasce dalla consapevolezza che, a differenza di quanto è proprio degli enti pubblici, il modello organizzativo prescelto dalla società è frutto della capacità ideativa dei suoi amministratori al fine di accrescere la produttività dell’impresa. . Consentire perciò l’accesso ai dati che direttamente influenzano la sua crescita sul mercato equivale ad introdurre una chiara, ingiustificata discriminazione per tali tipi di soggetti di diritto privato, rispetto a tutti gli altri di eguale natura che operano in concorrenza con essa . Basti pensare alla grave distorsione che in tal modo si crea con riferimento alla raccolta del credito, che costituisce una delle attività fondamentali della società presa in esame nella richiamata decisione. In questo modo essa è esposta al rischio che i suoi diretti concorrenti vengano a conoscenza delle modalità di organizzazione di tale fondamentale settore, mediante il quale la società è in grado di reperire le risorse finanziarie necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti, ivi compresi quelli attinenti al servizio pubblico.