Coordinamento Anticaccia Lombardia c/o Lega Abolizione Caccia – Viale Bligny , 22 20136 MILANO – Tel. 02-58.30.65.83 Alcune domande e risposte sulla caccia in Lombardia Con questo documento, il Coordinamento Anticaccia della Lombardia intende fornire una serie di dati e approfondimenti in merito ad alcuni degli aspetti più rilevanti del dibattito sull’attività venatoria. In questi ultimi mesi la pressione degli interessi del mondo venatorio più estremista si sta affermando grazie ad alcune forze politiche con prepotenza sia a livello locale che regionale e statale. In questo ultimo ambito ricordiamo la delega alle Regioni delle deroghe al regime di protezione europeo sugli uccelli non supportata da un adeguato regime di controllo e coordinamento, la proposta di aprire la caccia nei Parchi, le proposte di modifica della legge nazionale sulla caccia che ci riportano al medioevo, la depenalizzazione dei reati venatori grazie alla quale anche gli atti più gravi diventano sanabili con una sanzione amministrativa, come un divieto di sosta. L’ambiente e la fauna selvatica che ne è parte essenziale sono patrimonio di tutti: non si può permettere che una esigua minoranza di cittadini (i cacciatori sono l’1% degli Italiani!) se ne voglia appropriare a danno di tutti gli altri. Con questo documento intendiamo chiarire alcuni aspetti fondamentali del dibattito in conrso. Per qualsiasi ulteriore approfondimento si può contattare il Coordinamento Anticaccia della Lombardia presso Lega per l’Abolizione della Caccia, tel. 02 58306583 Con le riforme istituzionali in senso federalista la caccia è divenuta materia di esclusiva competenza regionale La nuova legge di Riforma Costituzionale n. 3 del 18.10.2001 “Modifiche al titolo V della Costituzione” non ha attribuito alle Regioni nuove potestà esclusive in materia di fauna, in quanto questa appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato (legge 157/92, art. 1 comma 1). L’art. 3 della legge, che ha modificato l’art. 117 della Costituzione, ha mantenuto allo Stato la legislazione esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”. In particolare, quali siano le specie cacciabili e quali i limiti temporali entro cui la caccia si può svolgere restano di competenza statale, come recentemente ribadito da una sentenza della Corte Costituzionale (sentenza n° 536 del 20 Dicembre 2002). Lo stesso Stato deve gestire questi due elementi cruciali nel pieno rispetto della normativa comunitaria, in vigore dal 1979. D’altra parte tutti gli stati federali, dagli Stati Uniti all’Australia, mantengono su questi temi delle competenze centralizzate in base alla considerazione che la gestione di un patrimonio ampio e complesso come l’ambiente e la fauna selvatica non possa essere gestito che nell’ambito il più ampio possibile. Molti uccelli provocano gravi danni all’agricoltura quindi la loro caccia è necessaria per limitarne gli effetti negativi Da un rilevamento effettuato presso tutte le province lombarde emerge che i danni causati dagli animali selvatici alle colture sono del tutto irrilevanti, oltre che rimborsati integralmente dalla Province. Va inoltre rilevato che ogni volta che si è autorizzata la caccia sulla base dei “danni all’agricoltura”, le autorità non sono mai state in grado di fornire un solo dato numerico che supportasse queste affermazioni. Addirittura molti degli animali “imputati” non possono materialmente produrre questi danni, in quanto presenti sul nostro territorio (la peppola ad esempio) solo quando i prodotti agricoli sono stoccati nei silos e sui campi restano solo i semi persi durante la raccolta. Altre specie, come ad esempio lo storno, “compensano” indirettamente i pochi danni causati provvedendo all’eliminazione di enormi quantità di insetti nocivi all’agricoltura nel periodo primaverile ed estivo. Semmai è appropriato parlare dei danni della caccia all’agricoltura, per quanto riguarda l’invasione di terreni agricoli con colture in atto, l’abbandono dei bossoli a terra e la dispersione nell’ambiente di tonnellate di piombo, sostanza altamente inquinante. Il piombo figura infatti al 2° posto nella lista delle sostanze pericolose indicate dall'Agenzia per le Sostanze Tossiche degli Stati Uniti. Il piombo, assorbito attraverso la nutrizione, è in grado di danneggiare praticamente tutti i tessuti dell'organismo umano, in particolare i reni e il sistema immunitario ed è un potente neurotossico a livello centrale(fonte: CNR). Per questi motivi in molti paesi sono vietati i pallini di piombo che devono essere sostituiti da materiali inerti. In altri casi si è concessa la caccia a specie protette “perché abbondanti” senza che esistano dati scientifici certi in grado di valutare la consistenza della popolazione e la sua evoluzione. La deroga per la caccia ad uccelli protetti è chiaramente prevista dalla legislazione europea L’Art. 9 della direttiva 409/79 prevede che gli Stati possano derogare al regime di protezione di alcuni uccelli consentendone la caccia “sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti” (comma 1), e che ricorrano le seguenti ragioni: • interesse della salute e della sicurezza pubblica; • interesse della sicurezza aerea; • per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque; • per la protezione della flora e della fauna. Lo Stato italiano ha recentemente delegato alle Regioni l’attuazione di queste deroghe, ma pur sempre nel rispetto della norma comunitaria. Ricordiamo infatti che è comunque lo Stato ad essere responsabile nei confronti dell’Unione europea delle violazioni compiute dalle singole Regioni. Tutti i provvedimenti assunti in fatto di deroghe dalla Regione Lombardia sono stati legittimamente bloccati negli ultimi anni o dal TAR o dalla Magistratura proprio perché presi in aperto contrasto con le norme vigenti. I ricorsi delle associazioni ambientaliste sono solo pretestuosi e non hanno alcun fondamento e l’ultimo intervento della Magistratura è un attacco politico Le Associazioni ambientaliste e animaliste si sono sempre fatte carico di vigilare sulla corretta applicazione delle norme da parte del Governo regionale ed hanno sempre avuto riconosciute le proprie ragioni dagli organi di giustizia. Il provvedimento della Magistratura di Cremona che ha posto sotto sequestro cautelativo le popolazioni di uccelli rese cacciabili dalla Regione in deroga al regime di protezione europeo è stato nella sostanza confermato e i ricorsi della Regione contro di esso sono stati respinti. Anche il Tribunale del Riesame ha sancito, nel Dicembre scorso, che le deroghe regionali in materia di caccia sono illegittime perché competente è lo Stato. Dopo tutte queste qualificate conferme, diventa davvero difficile sostenere che i ricorsi ambientalisti siano “pretestuosi” o “infondati”: infondata è la volontà dei politici sostenuti dalla lobby della caccia e delle armi di volere creare un regime di anarchia venatoria dove pochissimi possono appropriarsi indiscriminatamente del patrimonio di tutti. Le specie cacciabili sono poche: la maggior parte degli animali non viene cacciata e quindi l’ambiente è pur sempre tutelato L’attività venatoria ha un impatto su tutto l’ambiente. Immaginate che la Polizia possa sparare a vista sui malviventi per strada: potremmo dire che solo i malviventi avrebbero da temere, o qualsiasi cittadino che si trova per strada dovrebbe preoccuparsi? Uomini armati che battono campi e boschi, cani da caccia che seguono tutte le tracce di selvatico che trovano, spari, sono elementi di disturbo per tutti, non ultimi anche per quelle persone che vorrebbero godere nella natura per altri scopi: escursionisti, ciclisti, appassionati di funghi, fiori, bird watchers. A questo si aggiunge la possibilità di errori nella caccia (ricordiamoci che molto spesso gli stessi cacciatori si scambiano reciprocamente per bersagli, con il risultato di circa 40 morti all’anno!) e di comportamenti volutamente criminali. La limitatezza dei controlli lascia impunite la maggior parte delle violazioni commesse abbattendo animali protetti che in teoria Aderiscono al Coordinamento le seguenti Associazioni: Associazione Radicale Enzo Tortora - Asilo del cane Palazzolo Milanese - Associazione Progetto Gaia - Centro Studi Arcadia - Coordinamento Proprietari Animali Como - Comitato Europeo Difesa Animali - ENPA Sezioni di Brescia, Como, Lecco, Pavia, Varese - Gruppo Ambiente Como - Gruppo Ornitologico Lombardo - LIPU Lombardia e Sezione di Pavia - Lega per l’Abolizione della Caccia, Lombardia e Sezioni di Bergamo , Brescia, Cremona - LAV Sezioni di Brescia, Mantova, Milano – Mondogatto - Movimento Antispecista - OIPA Lombardia - Radicali, Lista Emma Bonino Regione Lombardia - Uomo Natura Animali - Vita da Cani - Vita Universale - Verdi Regione Lombardia - WWF Lecco, Lombardia Coordinamento Anticaccia Lombardia c/o Lega Abolizione Caccia – Viale Bligny , 22 20136 MILANO – Tel. 02-58.30.65.83 dovrebbero essere estranei alla caccia. A questo proposito si ricorda che i Centri di Recupero per gli Animali Selvatici (CRAS) durante la stagione venatoria si riempiono di animali protetti feriti (o uccisi) da cacciatori. Se la caccia si svolge in Lombardia, cosa c’entrano le leggi europee? Non è meglio una conoscenza locale del territorio e della fauna che vi vive? La caccia si esercita principalmente su specie migratorie a cui non può essere attribuita nessuna “nazionalità”. Il fringuello che viene abbattuto a Brescia ha nidificato in Gran Bretagna e svernerà in Egitto. Ne consegue che la tutela di questa fauna deve essere affidata all’organo di più ampio respiro, l’unico che ha una visione complessiva della situazione di ogni specie. Anche una situazione di relativa numerosità concentrata in un breve periodo in un’area ristretta non significa affatto che la specie goda di ottima salute e possa essere sottoposta ad un massiccio prelievo venatorio. I cacciatori hanno diritto di esercitare liberamente la loro attività La legislazione nazionale è perentoria in tema di caccia: “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna” (Legge 157/92, art. 1). Qualsiasi decisione deve quindi rispettare questi criteri e non seguire gli umori e gli interessi molto localizzati di una parte dei cacciatori. L’attività venatoria è una deroga, limitata e temporanea, al principio generale di conservazione, e non il contrario, e ogni provvedimento conseguente deve rispettare questa indicazione generale. La stessa Corte Costituzionale definisce: “Il fine pubblico primario e prevalente perseguito dalla legge 157/92 consiste nella protezione della fauna, obiettivo prioritario al quale deve subordinarsi e aderire la regolamentazione dell’attività venatoria” (Corte Costituzionale, Sentenze n. 1002/1988; n. 169/1999). Le specie cacciabili non sono in pericolo di estinzione quindi il prelievo venatorio non costituisce un problema Diversamente da quanto troppo spesso affermato dai fautori della doppietta selvaggia, a livello europeo molte delle specie cacciabili non presentano affatto un buono stato di salute che ne possa garantire un prelievo venatorio significativo. È sufficiente consultare il “Birds in Europe: their conservation status” (Tucker e Heath, 1994), che è una delle principali pubblicazioni basate su dati scientifici certi, per rendersi conto di come la maggior parte delle popolazioni europee di uccelli siano in deciso calo. Lo storno (migratore), di cui si è reintrodotta la caccia in deroga, è proprio un esempio di specie in forte declino tanto è vero che l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica ha lanciato un progetto di monitoraggio per capire il trend della popolazione che in Nord Europa è in forte contrazione. L’allodola è un altro esempio: la specie (migratrice) è in drastico calo dappertutto in Europa, però in Lombardia se ne possono abbattere sino a 30 capi al giorno per ciascun cacciatore, ma nel contempo Liguria e Piemonte ne hanno vietato la caccia. Gli ambientalisti si inventano i numeri sugli abbattimenti: in realtà gli animali uccisi sono molto meno di quanto dichiarato Nel momento in cui un’autorità pone dei limiti quantitativi deve accettare il fatto che quei limiti siano legittimamente raggiungibili. I dati degli ambientalisti sono ottenuti semplicemente moltiplicando i limiti di carniere per il numero di cacciatori per il numero di giornate in cui si può cacciare. Se si concede a un cacciatore di cacciare per 55 giornate un limite (per esempio per quanto riguarda anatidi e trampolieri) di dieci capi al giorno, si deve accettare la possibilità che questi abbatta lecitamente un totale di 550 capi in una sola stagione venatoria. Non è ammissibile assegnare questi limiti ipotizzando che il cacciatore non vada quasi mai a caccia, o che sia particolarmente sfortunato o un pessimo tiratore. A meno che non si voglia riconoscere che il numero di capi presenti nella Regione sia decisamente inferiore al limite teorico di carniere, il quale diventerebbe quindi del tutto irraggiungibile: a maggior ragione, allora, il calendario così come era, autorizzerebbe di fatto lo sterminio delle popolazioni di fauna selvatica cacciabile residenti e di passo in Lombardia. Per quanto riguarda l’obbligo per i cacciatori di segnare su un apposito tesserino il numero e la specie dei capi abbattuti, così da consentire alle province una valutazione del prelievo venatorio, è da rilevare che il dato complessivo non è minimamente affidabile. A prova di ciò si rileva che il maggior numero di sanzioni amministrative elevato contro i cacciatori è proprio per non avere rispettato quest’obbligo e che i controlli coprono, per mancanza di mezzi, una percentuale infinitesima dei cacciatori presenti sul territorio. La caccia è un modo per vivere a contatto la natura e conoscerla: i cacciatori sono i primi ad essere interessati ad un ambiente in buona salute Occorre sfatare qualche mito, come per esempio quello del cacciatore che si avventura nella natura selvaggia col proprio cane, riconosce ogni suono e ogni arbusto, e come un animale predatore si integra perfettamente nel proprio ambiente. La caccia oggi in Lombardia si divide principalmente in due grandi categorie. La fauna stanziale (fagiani, lepri, ecc.) non ha una popolazione selvatica significativa: di conseguenza viene allevata e liberata per essere cacciata. In pratica si allevano fagiani come polli, li si liberano in una zona limitata e i cacciatori li abbattono senza nessuna difficoltà in quanto si tratta di animali domestici abituati all’uomo, incapaci di muoversi nell’ambiente selvatico e spesso incapaci di volare. Non è raro vederli avvicinarsi verso l’uomo sperando di ottenere quel cibo che hanno sempre ricevuto e di cui hanno bisogno non sapendosela cavare da soli. Il secondo tipo di caccia è alla fauna migratoria, di solito da appostamento. Si catturano degli uccelli e li rinchiudono per il resto della loro breve vita in una piccola gabbietta (e dietro a questo c’è un giro di affari milionario – in euro! – del tutto illegale). Si espongono le gabbie e ci si nasconde in un capanno (spesso quasi uno chalet di montagna): quando si avvicina un uccello attirato dal canto di quelli in gabbia, lo si ammazza. Dove è la poesia, la cosiddetta “arte venatoria” in tutto questo? Sparare ad animali allevati e fucilare piccoli uccelli standosene seduti in poltrona: questa è la caccia per la stragrande maggioranza dei cacciatori lombardi il cui unico interesse è riassunto nel motto “ho pagato quindi ho diritto di sparare a qualcosa”. Ci sono tanti modi per godere la natura, e sempre più gente che li pratica: è molto inquietante pensare che per qualcuno per “godere” qualcosa occorre ammazzarlo. Se davvero vengono continuamente e ripetutamente violate le leggi, se le lobby più facinorose cercano di dettare legge in tema di caccia con profonde fratture tra gli stessi cacciatori, se l’ambiente è una risorsa fondamentale e un bene di tutti che deve essere tutelato e non saccheggiato, se tutti i sondaggi danno la stragrande maggioranza dei cittadini contrari alla caccia, soprattutto dei piccoli uccelli, se una sparuta minoranza cerca di dettare legge a tutta la collettività nel proprio interesse, se già ora non gli sembra sufficiente avere a disposizione per il proprio “hobby” più del 70% del territorio pur essendo l’1% della popolazione, se 800.000 uomini armati che sparano spesso senza alcun criterio sono un pericolo per tutti, uomini compresi, perché si fa di tutto perché si possa CACCIARE Peggio E DI PIÙ? A questa domanda non possiamo rispondere noi. Dovrebbero rispondere quei politici che si fanno portabandiera dell’interesse di pochi a danno di tutti. Chiedetegli voi le spiegazioni. Aderiscono al Coordinamento le seguenti Associazioni: Associazione Radicale Enzo Tortora - Asilo del cane Palazzolo Milanese - Associazione Progetto Gaia - Centro Studi Arcadia - Coordinamento Proprietari Animali Como - Comitato Europeo Difesa Animali - ENPA Sezioni di Brescia, Como, Lecco, Pavia, Varese - Gruppo Ambiente Como - Gruppo Ornitologico Lombardo - LIPU Lombardia e Sezione di Pavia - Lega per l’Abolizione della Caccia, Lombardia e Sezioni di Bergamo , Brescia, Cremona - LAV Sezioni di Brescia, Mantova, Milano – Mondogatto - Movimento Antispecista - OIPA Lombardia - Radicali, Lista Emma Bonino Regione Lombardia - Uomo Natura Animali - Vita da Cani - Vita Universale - Verdi Regione Lombardia - WWF Lecco, Lombardia