5 PER MILLE Leucemie e mieloma In questo articolo: 5 per mille Federico Caligaris-Cappio leucemia linfatica cronica Con le comunicazioni interrotte le leucemie segnano il passo Il programma di ricerca sui marcatori della leucemia linfatica cronica e del mieloma multiplo portato avanti dal gruppo dell’Istituto San Raffaele diretto da Federico Caligaris-Cappio raccoglie i primi promettenti risultati a cura di DANIELA OVADIA ono 135 i ricercatori, tra clinici, medici e scienziati, coinvolti nel progetto di ricerca sulla leucemia linfatica cronica e sul mieloma multiplo diretto da Federico Caligaris-Cappio, direttore del Dipartimento di oncologia presso l’Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano e finanziato grazie ai fondi raccolti con il 5 per mille. Partito due anni fa, il programma, come tutti quelli finanziati con analogo bando, ha una forte impronta traslazionale: si chiede infatti ai ricercatori di arrivare, entro i primi tre anni, a risultati utili per i pazienti. Solo chi avrà raggiunto il traguardo vedrà il proprio finanziamento prorogato per altri due anni. S Comunicazioni proibite Il progetto di Caligaris-Cappio è stato selezionato da un comitato composto esclusivamente da scienziati stranieri con il primo dei due bandi messi in piedi da AIRC, quello 28 | FONDAMENTALE | APRILE 2012 rivolto all’oncologia molecolare. E infatti lo scopo dello studio è scoprire in che modo le cellule di questi due tumori del sangue comunicano con l’ambiente circostante e, soprattutto, quanto questi scambi contribuiscano alla diffusione e al peggioramento della malattia. “Ci sono alcune forme che progrediscono molto rapidamente, altre che invece restano praticamente quiescenti per molti anni. Stiamo individuando i marcatori molecolari che caratterizzano questa diversità di comportamento” spiega Caligaris-Cappio. “Si tratta di elementi importanti sia dal punto di vista della conoscenza scientifica della malattia (perché ci consentono di individuare bersagli sensibili sui quali orientare eventuali terapie mirate) sia da quello clinico: il medico può infatti analizzare le cellule del suo paziente e capire se si tratta di una forma più o meno aggressiva. E anche se non abbiamo ancora strumenti per modificare lo stato delle cose dal punto di vista molecolare (sebbene questo sia lo scopo finale del nostro progetto) possiamo già decidere di trattare con cure più aggressive chi è a rischio di un’evoluzione meno favorevole”. Isolare le cellule dall’ambiente Come accade con i tumori solidi – che ricevono nutrimento e informazioni dalla ricca rete di vasi che li circonda e che gli scienziati stanno cercando di “soffocare” con i farmaci antiangiogenetici – così i tumori del sangue ricevono nutrimento e informazioni dall’ambiente circostante attraverso particolari messaggi che vengono ricevuti dalla cellula maligna. “Una volta individuati questi elementi, possiamo interferire con i messaggi usando farmaci adatti” spiega ancora Caligaris-Cappio. “C’è un’analogia concettuale con quanto si sta cercando di fare nei tumori solidi. Siamo stati i primi a proporla: oggi è una teoria più che confermata da lavori eseguiti in tutto il mondo”. Come tutti coloro che hanno godu- “ I DUE SORVEGLIATI SPECIALI Moli enormi ” di dati genetici vengono archiviate nei computer Il programma del San Raffaele studia due tipi di cancro ematologico, la leucemia linfatica cronica e il mieloma multiplo. La prima è la forma di leucemia più diffusa. Colpisce i maschi più delle femmine. L’incidenza è di circa 10 casi su 100.000. Nella maggior parte dei casi si tratta di una malattia a lentissima evoluzione, per la quale inizialmente ci si limita a sorvegliare il malato con ripetuti controlli. Solo in caso di aggravamento o di evoluzione verso una forma acuta si procede a trattamenti farmacologici. Il mieloma multiplo è un tumore che colpisce le plasmacellule, componenti molto importanti del sistema immunitario. Le cellule di mieloma producono in grande quantità una proteina nota come componente monoclonale (Componente M), un particolare tipo di anticorpo. La crescita anomala delle plasmacellule può creare problemi anche alle altre cellule del sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine) e dare origine, per esempio, a un indebolimento delle difese immunitarie, anemia o difetti nella coagulazione. Il mieloma è un tumore tipico dell’età avanzata e la sua diffusione si è mantenuta piuttosto stabile nel tempo, mentre la mortalità è in lieve calo. È una patologia leggermente più diffusa negli uomini che nelle donne: nel nostro Paese in media vengono diagnosticati ogni anno 9,5 nuovi casi ogni 100.000 uomini e 8,1 nuovi casi ogni 100.000 donne. Viene trattato con diversi farmaci a seconda dello stadio e dell’evoluzione. to di un finanziamento nell’ambito dei programmi 5 per mille di AIRC, anche questo gruppo verrà sottoposto, tra un anno, a una valutazione ufficiale che sancirà il termine del primo triennio. Loro, però, si sono dotati anche di un ulteriore sistema di controllo: un advisory board, cioè un comitato di tre persone – uno svedese, un inglese e un esperto statunitense – che già quest’anno, nel mese di aprile, valuterà l’andamento della ricerca. “Siamo ottimisti. Abbiamo raggiunto ottimi risultati, riconoscendo alcuni bersagli importanti contro i quali sono disponibili farmaci già registrati. Li abbiamo provati su cellule in vitro e in modelli sperimentali con un esito ottimo. Ciò significa che entro un anno contiamo di passare a studi di fase 1, cioè direttamente su pazienti selezionati”. Poiché i farmaci da loro individuati non sono del tutto nuovi ma sono registrati per altre indicazioni, i tempi per la diffusione della cura al letto di tutti i pazienti sono molto più brevi di quelli previsti per sostanze del tutto nuove, che devono passare anche la lunga fase preliminare degli studi di tossicità. “A noi basterà dimostrare che effettivamente la sostanza che abbiamo individuato agisce sul bersaglio cellulare prescelto e che questo ha un effetto sull’evoluzione della malattia”. La grande forza del gruppo che opera presso il San Raffaele risiede anche nella banca dati di pazienti che ha a disposizione: “Quando troviamo un marcatore che potrebbe essere legato a una determinata evoluzione della malattia possiamo andare a vedere se nei pazienti che abbiamo curato in anni passati era presente e se effettivamente è correlabile con quanto è accaduto loro. Questo perché, essendo un grande ospedale, abbiamo raccolto cartelle cliniche e campioni di cellule per moltissimi anni”. Una banca dati enorme consente di verificare le ipotesi teoriche APRILE 2012 | FONDAMENTALE | 29