LIFE10 NAT/IT/000239 Il monitoraggio delle popolazioni astacicole del Friuli Venezia Giulia: II stato di avanzamento (analisi dati ambientali) A.F. Inghilesi1, L. Aquiloni1, F. Gherardi1, F. Giovannelli1, G. Mazza1, G.A. Moro2, M. Trenta1, E. Tricarico1, V. Villani1 & F. Scapini1 1 Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Firenze, Firenze 2 Biologo consulente esterno per l’Ente Tutela Pesca Sommario 1. INTRODUZIONE .......................................................................................................................................... 4 1.1 Indice Biotico Esteso (I.B.E.) .................................................................................................................... 4 1.2 Analisi della US della comunità macrobentonica .................................................................................... 5 1.3 Analisi della struttura funzionale della comunità macrobentonica ........................................................ 6 1.4 Indice di Funzionalità Fluviale.................................................................................................................. 7 2. ATTIVITÀ DI CAMPO E RACCOLTA DATI ......................................................................................................... 9 2.1. Raccolta macroinvertebrati stazioni RARITY e indice IBE ....................................................................... 9 2.2 Analisi della comunità di macroinvertebrati ......................................................................................... 15 2.3 Analisi della struttura della comunità di macroinvertebrati ................................................................. 18 2.4 Indice di Funzionalità Fluviale................................................................................................................ 20 3 INTEGRAZIONE CON I DATI ARPA ................................................................................................................. 20 3.1 La comunità di macroinvertebrati ......................................................................................................... 22 3.2 La struttura funzionale della comunità macrobentonica ...................................................................... 23 4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI ..................................................................................................................... 25 Box1: Haitia acuta e Physa fontinalis: alloctono e indigeno a confronto ................................................... 28 Ringraziamenti ................................................................................................................................................. 29 BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................................................. 29 1. INTRODUZIONE Per una corretta programmazione degli interventi di gestione delle popolazioni di gamberi è necessario analizzare le principali pressioni ambientali e antropiche alle quali le popolazioni sono sottoposte. I dati ambientali hanno un ruolo fondamentale, dunque, per permettere una valutazione accurata dello stato di salute dell’ecosistema “fiume” e degli eventuali impatti esercitati dalla presenza del gambero alloctono invasivo Procambarus clarkii. I gamberi sono specie onnivore che possono determinare un forte impatto sulla comunità macrobentonica. In particolare, è noto che P. clarkii è in grado di alterarla sia per via diretta, ad esempio attraverso la predazione, sia per via indiretta in quanto modifica profondamente l’ambiente elettivo di queste specie. In particolare, è stato dimostrato che i macroinvertebrati rappresentano una frazione importante della dieta di P. clarkii (Gherardi & Barbaresi 2008) tanto da causare in breve tempo una drastica riduzione della loro ricchezza specifica e abbondanza (Gherardi & Acquistapace 2007). Per questo motivo, l'analisi della comunità macrobentonica, in termini di composizione, ricchezza, ruolo trofico, modalità di nutrizione e di movimento, può essere impiegata per valutare l’eventuale impatto esercitato da gamberi, autoctoni e alloctoni sugli ambienti occupati. L’elaborazione di indici quali l’IBE e l’IFF così come l’analisi della composizione e della struttura funzionale della comunità di macroinvertebrati possono, infatti, fornire utili indicazioni per determinare lo stato di qualità dei corsi d’acqua nelle stazioni di monitoraggio e per valutare le possibili alterazioni che questi ecosistemi potrebbero aver subito in seguito all’arrivo della specie invasiva P. clarkii. Inoltre, questo tipo di indagine sul territorio fornisce anche utili informazioni sulle specie presenti nei diversi ambienti dulcacquicoli regionali, sugli eventuali endemisimi e sulla presenza di altre specie rare o minacciate dalla presenza di alloctoni. Le azioni di campo previste nel progetto RARITY, infatti, pur avendo come specie target i gamberi dulcacquicoli, rappresentano uno strumento importante per valutare la biodiversità presente nei corpi idrici regionali. Proprio grazie al lavoro svolto nell’ambito del progetto è stato possibile individuare altre specie alloctone potenzialmente pericolose, come il mollusco Haitia acuta che minaccia la specie indigena Physa fontinalis, e segnalarne i siti di presenza (vedi box di approfondimento). 1.1 Indice Biotico Esteso (I.B.E.) L’Indice Biotico Esteso (I.B.E.) deriva dal Trent Biotic Index (Woodiwiss, 1964) rielaborato come “Extended Biotic Index” (E.B.I.) e utilizzato nei paesi anglosassoni. Successivamente quest’ultimo è stato adattato per un’applicazione standardizzata ai corsi d'acqua italiani (Ghetti 1997) ottenendo così l’I.B.E. Esso consente di determinare la qualità biologica di un corso d’acqua valutando la presenza di determinati taxa (Unità Sistematiche, U.S.) che viene convertita in valori numerici convenzionali (Indice Biotico) e in Classi di Qualità. In particolare, l’Indice consente di verificare la qualità delle acque correnti in base allo studio delle modificazioni nella composizione della comunità di macroinvertebrati bentonici causate da fattori d’inquinamento o da significative alterazioni dell’ambiente. I macroinvertebrati bentonici sono organismi con dimensioni non inferiori al millimetro che vivono sul fondo del corso d’acqua. La maggior parte è specializzata per un determinato habitat: di conseguenza, la diversità nella comunità riflette la diversità dei microambienti. La scelta ricade su questi organismi, in particolare sullo stato larvale, anche per altri motivi: rispondono rapidamente a variazioni minime delle caratteristiche ambientali, risiedono stabilmente in un determinato sito senza spostarsi, hanno un ciclo vitale prolungato e sono relativamente semplici da campionare e da identificare. L’Indice, quindi, si basa sulla diversa sensibilità ai fattori di alterazione dell’ambiente nei diversi gruppi di macroinvertebrati e sulla ricchezza complessiva in Unità Sistematiche della comunità esaminata. Dal momento che l’I.B.E. evidenzia gli effetti ma non definisce le cause delle alterazioni osservabili sugli organismi in esame, deve essere integrato con le analisi precedentemente citate. Inoltre, non può essere utilizzato successivamente ad eventi idrologici eccezionali come magra prolungata o forte piena, né in prossimità di scarichi. L’Indice può assumere un valore da 1 a 14 al quale corrisponde una Classe di Qualità delle acque che va da I, la condizione migliore, a V, quella peggiore. Per calcolare questo Indice si utilizza una tabella a doppia entrata in cui nella prima entrata orizzontale, di tipo qualitativo, sono riportate le Unità Sistematiche (US) che dall'alto al basso segnalano una minore sensibilità all'inquinamento o a fenomeni di alterazione; nella seconda entrata, quella verticale, si inseriscono il numero totale delle Unità Sistematiche trovate (Tabella 1). L'incrocio tra l'ingresso orizzontale e verticale si traduce in un valore numerico, appunto l’Indice IBE, indicante con un numero da 1 a 14 la crescente qualità dell'ambiente fluviale. Per convenzione internazionale e per praticità, questa scala è stata suddivisa in Classi di Qualità (I-V) ciascuna rappresentabile in cartografia con un colore (Tabella 2) (Campaioli & Ghetti 2003). Tabella 1. Tabella a doppia entrata per il calcolo del valore di IBE (Campaioli & Ghetti 2003). TAXA PRES ENTI PLECOTTERI (Leuctra se presenti Efemerotteri) EFEMEROTTERI eccetto Baetidae e Caenidae > 1 U.S. 1 U.S. TRICOTTERI + Baetidae e Caenidae (+ Leuctra) GAMMARIDI / ATIIDI / PALAEMONIDI AS ELLIDI / NIFARGIDI OLIGOCHETI / CHIRONOMIDI ALTRI NUMERO TOTALE DI U.S . COS TITUENTI LA COMUNITÀ 0-1 2-5 6-10 11-15 16-20 21-25 26-30 31-35 >36 8 9 10 11 12 13 14 7 8 9 10 11 12 13 > 1 U.S. 1 U.S. - - 7 6 8 7 9 8 10 9 11 10 12 11 - > 1 U.S. 1 U.S. U.S. Superiori assenti U.S. Superiori assenti U.S. Superiori assenti U.S. Superiori assenti 1 - 5 4 4 3 2 - 6 5 5 4 3 - 7 6 6 5 4 - 8 7 7 6 5 - 9 8 8 7 - 10 9 9 8 - 11 10 10 9 - - Tabella 2. Tabella di conversione del valore di IBE in Classi di Qualità con relativo colore per la rappresentazione cartografica e giudizio di qualità. VALORE DI I.B.E. CLAS S E DI QUALITÀ GIUDIZIO DI QUALITÀ 10-11-12-13-14 8-9 6-7 4-5 1-2-3 CLAS S E I CLAS S E II CLAS S E III CLAS S E IV CLAS S E V Ambiente non alterato in modo sensibile Ambiente con moderati sintomi di alterazione Ambiente alterato Ambiente molto alterato Ambiente fortemente degradato 1.2 Analisi delle US della comunità macrobentonica La comunità macrobentonica è stata analizzata anche utilizzando alcune tecniche di analisi multivariata che hanno permesso di tenere conto di tutte le US rinvenute nel campione, anche di quelle che sono state escluse ai fini del calcolo IBE. L’obiettivo è stato quello di valutare la presenza di anomalie nella comunità di macroinvertebrati delle stazioni di monitoraggio e, in caso di presenza, analizzare le US coinvolte e le possibili cause di queste alterazioni (presenza di gamberi o differenze ambientali legate alla quota). La matrice di dati costruita con le abbondanze delle varie US nei campioni raccolti è stata inizialmente analizzata utilizzando il non-metric Multi Dimensional Scaling (nmMDS), che elabora una mappa autocostruita in cui i campioni vengono posizionati secondo il loro grado di somiglianza relativo, misurato mediante l’indice di Bray-Curtis dopo trasformazione log (x+1). Sugli assi, quindi, non sono riportate le distanze cartesiane, ma distanze autoreferenziate. La distorsione necessaria per compiere questo ordinamento, attraverso successive interazioni, viene espressa come “misura di stress” inversamente proporzionale alla sua attendibilità. I risultati ottenuti con la nmMDS sono stati successivamente analizzati mediante la Permutational Multivariate Analysis of Variance (Anderson et al. 2008). La PERMANOVA lavora con fattori fissi o random (fisso: presenza/assenza di A. pallipes o P. clarkii; random: quota 0-50 m.s.l., 51-300 m.s.l., >300 m.s.l.) all’interno dei quali i campioni vengono analizzati e comparati. Si tratta quindi di uno strumento di indagine che consente di scomporre la varianza nelle sue parti restituendo un valore di F e una misura di significatività P per ogni fattore e per le loro interazioni. Questo valore viene ricavato attraverso migliaia di distribuzioni casuali dei campioni all’interno dei fattori definiti nel disegno sperimentale, ottenendo così una distribuzione nota dei valori di F. Livelli diversi per ogni fattore vengono poi confrontati mediante post-hoc test (o test di confronto a coppie) permettendo di ottenere un valore di t e una misura di probabilità associata per valutare se tra coppie di campioni appartenenti a uno stesso fattore ci siano differenze significative. Una volta che l’analisi della PERMANOVA ha evidenziato delle differenze, è stata eseguita la Canonical Analysis of Principal Coordinates (CAP) per individuare quali siano le variabili (le nostre Unità Sistematiche) responsabili di tali differenze. La mappa creata consente di massimizzare lungo gli assi, CAP1 e CAP2, la differenza fra i livelli di uno stesso fattore, permettendo di valutare quali siano le variabili altamente correlate con questi assi e che abbiano quindi un ruolo nel caratterizzare campioni appartenenti a gruppi differenti. La CAP quindi chiarisce quali siano le Unità Sistematiche che determinano la variabilità dei campioni in base al fattore gambero e/o quota. Tutte queste analisi sono state eseguite con il programma PRIMER 6 Version 6.1.12 (Clarke & Warwick 2001) e l’estensione PERMANOVA + Version 1.0.2. (Anderson et al. 2008). 1.3 Analisi della struttura funzionale della comunità macrobentonica Oltre che nella sua composizione, la stessa comunità macrobentonica è stata analizzata anche nella sua struttura trofica. Per effettuare questa indagine, le US sono state suddivise in base al loro ruolo trofico e alle loro modalità di nutrizione seguendo la classificazione proposta da Campaioli & Ghetti (2003). Ruolo trofico carnivori (C): si nutrono di altri animali (invertebrati o piccoli vertebrati); detritivori (D): si nutrono di detrito vegetale o animale; erbivori (E): si nutrono di organismi autotrofi. Modalità di nutrizione collettori: si nutrono di particelle organiche di dimensioni <1 mm e si suddividono in collettori aspiratori (A) e filtratori (F). I primi aspirano il particolato organico deposto sul substrato di fondo e gli altri filtrano quello trasportato dalla corrente; filtratori con rete (Fr): si tratta di alcuni Tricotteri che filtrano producendo reti con dimensioni di maglie variabili. Si nutrono mangiando le particelle rimosse dalla rete (animali e vegetali) e, periodicamente, anche la rete; tagliuzzatori (T): si nutrono di elementi grossolani di materia organica quali foglie cadute, rametti, organismi morti (riducono i detriti in particelle fecali con diametro <1 mm); raschiatori (R): si nutrono principalmente di alghe e di altri organismi che incrostano i substrati duri; predatori (P): catturano prede vive mediante apparati buccali specializzati; predatori succhiatori (S): succhiano i liquidi corporei di altri organismi. Per alcuni taxa è difficile definire un unico ruolo trofico e/o un’unica modalità di nutrizione: in molti casi, infatti, una stessa Unità Sistematica svolge contemporaneamente diversi ruoli. In questo caso, l’US considerata è stata conteggiata tante volte quanti sono i ruoli trofici e/o le modalità di nutrizione che svolge. Inoltre, si possono presentare situazioni in cui si hanno un ruolo trofico e/o una modalità di nutrizione prevalenti associati ad una secondaria: quest’ultima è stata inserita fra parentesi e non è stata conteggiata nell’analisi. I macroinvertebrati sono stati inoltre classificati secondo la loro rapidità di movimento ed è stata analizzata la composizione della comunità sulla base delle diverse categorie di movimento (Gherardi et al. 2009) è stata analizzata per comparare diverse stazioni. Dato che il successo di predazione del gambero e quindi la sua capacità di influenzare per via diretta la componente biotica è legato alla rapidità delle sue possibili prede (Lodge et al. 1994; Nyström et al. 1996; Perry et al. 1997; Nyström et al. 1999), le US sono state suddivise in due categorie in base alla loro “catturabilità”: veloci (V): organismi che sono predati con difficoltà a causa della loro rapidità di movimento (Plecotteri, Efemerotteri, Coleotteri, Crostacei, Eterotteri); lenti (L): organismi che possono essere predati con relativa facilità in quanto sedentari o scarsamente mobili (Gasteropodi, Tricotteri, Ditteri, Odonati, Anellidi). In queste analisi, la normalità e l’omogeneità dei dati sono state controllate utilizzando il test di Kolmogorov-Smirnov e il test di Levene. Le percentuali delle US distinte in base al ruolo trofico prevalente, alla modalità di nutrizione e alla rapidità di movimento sono state prima normalizzate con la trasformazione arcoseno radice quadrata e poi analizzate con un Modello Generale Linearizzato (GLM; statistica: F) a due fattori (fattore gambero: presenza/assenza di A. pallipes o P. clarkii; fattore ruolo trofico prevalente o modalità di nutrizione o rapidità di movimento) seguito dai post-hoc di Bonferroni o il t-test per due campioni indipendenti (statistica: t). Il livello di significatività per il quale l’ipotesi nulla viene rigettata è =0.05. 1.4 Indice di Funzionalità Fluviale L'indice di funzionalità fluviale deriva dal Riparian Channel Environmental Inventory (RCE-I) ideato da R.C. Petersen (1992) con lo scopo di cercare informazioni ecologiche e capire lo stato degli alvei e delle fasce riparie dei corsi d'acqua svedesi. Il metodo fu sperimentato in Italia nei fiumi del Trentino. Nel 1993 subì un riadattamento alle esigenze della nuova realtà ambientale per opera di Siligardi e Maiolini, e fu ribattezzato come RCE-II. Il metodo adattato si rilevò però fin da subito insufficiente e inadatto alle realtà dei nostri corsi d'acqua. Dopo una lunga esperienza di studio degli ambienti fluviali, si rese necessario mettere a punto un metodo calibrato e generalizzabile per coprire le varie tipologie dalla situazione italiana e le reali esigenze dei tecnici addetti al monitoraggio dei fiumi. A tal fine, l'ANPA (l'allora Agenzia Nazionale per la Protezione Ambientale), costituì nel 1998 un gruppo di lavoro che modificò sostanzialmente il precedente metodo sino ad ottenere nel 2000 un indice, l'IFF appunto, in grado di fornire una nuova chiave di lettura dei corsi d'acqua in relazione alla loro funzionalità. L’indice di funzionalità fluviale (APAT 2007) si inserisce in una fase importante di cambiamento in Italia, della gestione del ciclo delle acque. Nel 1999, infatti, entra in vigore il decreto legislativo n° 152 che affida all’ANPA il compito di mettere a punto e divulgare nuovi metodi per la determinazione della qualità per le matrici acqua e sedimento. Nel 2000, gli stati membri dell’Unione Europea, dopo una lunga elaborazione iniziata negli ultimi anni ottanta, hanno adottato la Water Framework Directive (WFD) 2000/60/CE che definisce i principi generali e gli obiettivi per l’azione comunitaria in materia d'acque. L’uso di questo indice è nato con l’esigenza dell’individuazione di metodi di valutazioni più olistici e sintetici che, allargando l’orizzonte dell’indagine, tenessero conto di un più ampio ventaglio di elementi ecosistemici e indagassero sull’insieme dei processi coinvolti nelle dinamiche fisiche e biologiche fluviali. L’obiettivo principale dell’IFF consiste nella valutazione dello stato complessivo dell’ambiente fluviale e della sua funzionalità, intesa come risultato della sinergia e dell’integrazione di fattori biotici ed abiotici presenti nell’ecosistema acquatico e in quello terrestre ad esso collegato. L’applicazione di questo indice potrà documentare l’impatto devastante di molti interventi di sistemazione fluviale e l’esigenza di adottare modalità di sistemazione più rispettose. Attraverso la descrizione di parametri morfologici, strutturali e biotici dell’ecosistema, interpretati alla luce dei principi dell’ecologia fluviale, vengono rilevati la funzione ad essi associata, nonché l’eventuale grado di allontanamento dalla condizione di massima funzionalità. La scheda IFF si compone di una parte iniziale relativa alle informazioni ambientali di corredo e di quattordici domande che riguardano le principali caratteristiche ecologiche di un corso d’acqua; per ogni domanda è possibile scegliere una sola delle quattro risposte predefinite. Le domande possono essere raggruppate come segue: Le domande 1-4 riguardano le condizioni vegetazionali delle rive e del territorio circostante al corso d’acqua. Uso del territorio e ampiezza della zona riparia naturale. Le domande 5 e 6 si riferiscono all’ampiezza relativa dell’alveo bagnato e alla struttura fisica e morfologica delle rive. - Le domande 7-11 considerano la struttura dell’alveo. Le domande 12-14 rilevano le caratteristiche biologiche attraverso l’analisi strutturale delle comunità macrobentonica e macrofitica e della conformazione del detrito. Alle risposte sono assegnati pesi numerici raggruppati in quattro classi (con peso minimo 1 e massimo 30). Il valore di IFF, ottenuto sommando i punteggi parziali relativi ad ogni domanda, può assumere un valore minimo di 14 e uno massimo di 300. I valori di IFF vengono tradotti in 5 livelli di funzionalità, espressi con numeri romani (da I che indica la situazione migliore a V che indica quella peggiore), ai quali corrispondono i relativi giudizi di funzionalità (Tabella 3); sono inoltre previsti livelli intermedi al fine di meglio graduare il passaggio da un livello all’altro. Ad ogni Livello di Funzionalità viene associato un colore convenzionale per la rappresentazione cartografica. Tabella 3. Valori di IFF, con relativi livello di funzionalità, giudizio di funzionalità e colore utilizzato per la cartografia dei risultati. Nell’ambito del progetto RARITY, il calcolo di questo indice è stato effettuato nelle stazioni di monitoraggio lungo un tratto del corso d’acqua di circa 200 metri. Obiettivo del nostro lavoro era, infatti, quello di valutare la funzionalità fluviale in relazione alla popolazione astacicola eventualmente presente nella stazione di monitoraggio. 2. ATTIVITÀ DI CAMPO E RACCOLTA DATI 2.1. Raccolta macroinvertebrati stazioni RARITY e indice IBE Nel corso del primo anno di monitoraggio del progetto RARITY, il campionamento dei macroinvertebrati direttamente svolto dal personale dell’Ente Tutela Pesca del Friuli Venezia Giulia (ETP) è stato eseguito in 38 stazioni (Figura 1; Tabella 4). In nessuna di esse era stato segnalato Procambarus clarkii. Il campionamento dei macroinvertebrati è stato effettuato secondo le modalità riportate nel Protocollo Indice I.B.E. (vedi p. 25, Protocolli di monitoraggio). Il campionamento della comunità macrobentonica è stato svolto in modo qualitativo, secondo la metodica IBE. Figura 1. Le stazioni RARITY con campione di macroinvertebrati per IBE raccolto durante il primo anno di monitoraggio (2012). Tabella 4. Elenco delle stazioni di monitoraggio dove sono state eseguite le raccolte dei macroinvertebrati ad opera del personale ETP, all’interno del progetto RARITY (estate -autunno 2012). Codice RARITY 13047RN Stazione Altitudine m s.l.m. 220 Bacino idrografico Isonzo Caratteristiche idrologiche Rio Bradin, ordine IV Ubicazione A 1 km da Stupizza A. pallipes 1304800 Aborna Savogna (UD) Seuza (UD) 220 Isonzo Al centro di Savogna A. pallipes 500 Isonzo 400 Isonzo Situato nella Valle Codariana tra Topolo e Seuza A 1 km da Peternel A. pallipes 460 Isonzo Al confine con la Slovenia A. pallipes 220 Isonzo A. pallipes 170 Isonzo A 900 m da S. Leonardo A. pallipes 170 Isonzo A 300 m da Tarpezzo A. pallipes 30 Lemene Torrente Erbezzo, ordine VI Torrente Patoc, ordine VII Torrente Alberone, ordine IV Roggia Gleris, ordine III A 1 km da Stregna 0708500 Peternel Mulino (UD) Judro Malinsche (UD) Erbezzo Stregna (UD) San Leonardo (UD) Aborna Tarpezzo (UD) Gleris (PN) Torrente Alberone, ordine IV Rio Zatraonem, ordine VII Torrente Cosizza, ordine V Fiume Judrio, ordine III Al confine con Gleris - 0708600 Savorgnano (PN) 25 Lemene Roggia Versa, ordine II All’interno di Savorgnano - 1305000 1305100 1305200 1305300 1305400 1305600 Budrin (UD) Specie A. pallipes 0709000 Versiola (PN) 15 Lemene Rio versiola, ordine II All’interno di Versiola - 0709100 Bagnarola (PN) 15 Lemene Fiume Lemene, ordine I Al confine con Bagnarola - 0709400 Case Pillon (PN) 10 Lemene All’interno di Cordovado - 0708700 34 Lemene - 30 Livenza 30 Livenza All’interno di Porcia - 0310000 Brentella (PN) 25 Livenza Canale artificiale Battistin Torrente Buion, ordine IV Rio Brentella, ordine III A 1,5 km da Casarsa della Delizia A 5 km da Zoppola 0309900 Canal Boscato (PN) Battistin Venchiaruzzo (PN) Buion (PN) Roggia Lugugnana, ordine I Rio Lin, ordine II A 4 km da Zoppola - 0410900 Paisa Fontanafredda (PN) Acqua Molino (PN) Orzaia Ranzano (PN) Livenza Molinetto (PN) Orzaia Nave (PN) 30 Livenza Rio Paisa, ordine II A 700 m da Vigonovo Fontanafredda A. pallipes 26 Livenza Fra Sacile e La Croce A. pallipes 35 Livenza Roggia Acqua del Molino, ordine III Rio Valgrande, ordine IV 35 Livenza 25 Livenza 20 Livenza 0321800 Livenza Cavolano (PN) Torre (PN) 25 Livenza 1000800 Pradulin (UD) 240 Tagliamento 1002100 Tremugna (UD) 550 Tagliamento 10022RN Cornino (UD) 165 Tagliamento 10027RN 160 Tagliamento 10028RN Bars Molino Cucco (UD) Bars 2 (UD) 169 14031RN Varmo Teghil (UD) 1403300 03097RN 0411000 0411100 0411300 0411400 0420700 Fiume Livenzetta, ordine II Scolo Orzaia, ordine II - A 3 km da Vigonovo Fontanafredda A 1,5 km da Casefranzago - Al confine con Nave - Fiume Cavolano, ordine I Fiume Noncello, ordine III Fiume nell’alveo del Tagliamento di ordine I T. Tremugna, ordine III Al confine con Cavolano Al confine con Cornino Tagliamento Roggia naturale Molino, ordine II Roggia naturale Roiatta, ordine IV Rio Pisiris, ordine IV 10 Tagliamento Fiume di ordine II 12 Tagliamento 1403400 Tagliamento Varmo (UD) Gradiscutta (UD) 20 Tagliamento 1020600 Tagliamento (UD) 130 Tagliamento 0920800 Raveo (UD) 550 Tagliamento 1000700 Venzonassa (UD) 230 Tagliamento 1000900 Palar (UD) 200 Tagliamento 1001900 Leale (UD) 190 Tagliamento 1002000 Bonifica Avasinis (UD) 180 Tagliamento All’interno di Torre Chiavris a 500m 4km dal Monte Prat - A. pallipes A. pallipes A. pallipes A 3,5 km da Rivoli di Osoppo, a 5 km da Cornino A 3km da Rivoli, a 3,5 km da Cimano Al confine con Madrisio A. pallipes Fiume Tagliamento, ordine I Fiume Varmo, ordine II A 2,5 km da San Paolo A. pallipes A 500 m da Gradiscutta A. pallipes Fiume Tagliamento, ordine I Affluente del torrente Degano, ordine IV Torrente naturale, ordine II Torrente naturale Palar di ordine III Torrente Leale, ordine II A 1 km da San Pietro Circa 1km a NW di Avasinis - Canale bonifica naturale, ordine IV Tra Avasinis e Trasaghis - A 200 m da Raveo Al confine del centro urbano di Venzone Alesso a 200m - - A.pallipes A. pallipes I campioni raccolti sono stati conservati in etanolo al 70% e sono così pervenuti per le analisi in laboratorio presso l’Università di Firenze. Ogni campione è stato passato su un filtro a 16 maglie/cm (0,6 mm) per separarli dall'etanolo e, successivamente, diluito in acqua in vaschette di plastica bianca. Dato che i campioni raccolti si presentavano per gran parte costituiti da sedimento, detriti vegetali e altro materiale di scarto che ha reso molto lunga e complessa l’individuazione dei macroinvertebrati, è stato possibile esaminare solo un sub-campione di ogni raccolta corrispondente alla quarta parte del campione pervenuto in laboratorio. Tale sub-campione è stato attentamente esaminato con l’ausilio di una lente (ingrandimento 15X) e tutti i macroinvertebrati individuati sono stati raccolti con pinzette entomologiche e conservati in una nuova soluzione di etanolo al 70%. Successivamente, sono stati identificati al livello tassonomico previsto dalla metodica ufficiale per la determinazione dell'IBE (APAT IRSA/CNR 2003; Ghetti 1997). Come ausilio per l'identificazione è stato utilizzato un microscopio stereoscopico Olympus SZ-ST. Non essendo disponibile un valore di IBE calcolato sul campo dall'esame del campione in vivo, come effettivamente previsto dalla metodica standard, abbiamo determinato l’indice seguendo due diverse modalità: (1) considerando i valori minimi di abbondanza richiesti per ogni US come previsto dalla attuale metodica standard (IBE 2003; APAT IRSA/CNR 2003) e (2) considerando la sola presenza/assenza di ogni US (IBE 1997), secondo quanto originariamente proposto da Ghetti (1997). Queste due diverse modalità di calcolo, peraltro entrambe utilizzate per la determinazione dell’indice, si sono rese necessarie per minimizzare l’errore legato alla sottostima di alcuni taxa in seguito alla cernita effettuata su materiale morto. Le abbondanze delle US sono state ottenute per conteggio diretto; quelle delle US presenti in quantità particolarmente elevate (superiori a dieci individui presenti in ogni sub-campione) sono state stimate contando gli individui presenti in un sub-campione e moltiplicando il valore ottenuto per il numero di subcampioni. Gli indici IBE (2003 e 1997) così elaborati utilizzando i campioni di macroinvertebrati raccolti dal personale ETP sono raccolti nella Tabella 5. Tabella 5. Indici IBE 2003 e IBE1997 con relative Classi di qualità per le stazioni RARITY in cui è stato fatto il campionamento di macroinvertebrati nel primo anno di monitoraggio (2012). Le celle relative alle classi di qualità sono colorate in maniera corrispondente alla classe di qualità individuata (I = azzurro, II = verde, III = giallo, IV = arancio, V = rosso). CODICE RARITY 1000700 1000800 1000900 1001900 1002000 1002100 10022RN 10027RN 10028RN 14031RN 1403300 1403400 13047RN 1304800 1305000 1305100 1305200 1305300 1305400 1305600 0708500 0708600 0708700 0709000 0709100 0709400 03097RN 0309900 0310000 0410900 0411000 0411100 0411300 0411400 NOME STAZIONE Venzonassa Pradulin Palar Leale Bonifica Avasinis Tremugna Cornino Bars Mol Cucco Bars 2 Varmo Teghil Tagliamento varmo Gradiscutta Budrin Aborna Savogna Seuza Petrenel Judro Malinsche Erbezzo Stregna S. Leonardo Aborna Tarpezzo Gleris Savorgnano Casal Boscato Versiola Bagnarola Case Pillon Battistin Venchiaruzzo Buion Brentella Paisa Fontanafredda Acqua Molino Orzaia Ranzano Livenza Molinetto Orzaia Nave IBE 2003 6 5 8 9 6 9 8 8 8 7 7 8 9 8 9 9 9 9 8 6 7 5 7 8 6 4 10 6 9 7 7 7 7 8 Classe qualità IBE 2003 III IV II II III II II II II III III II II II II II II II II III III IV III II III IV I III II III III III III II IBE 1997 9 6 9 9 8 10 10 8 9 7 8 8 10 11 10 11 9 10 10 10 7 7 7 8 6 5 12 7 9 7 10 9 8 9 Classe qualità IBE 1997 II III II II II I I II II III II II I I I I II I I I III III III II III IV I III II III I II II II 1020600 0420700 0920800 0321800 Tagliamento Livenza Cavolano Raveo Torre 6 9 8 9 III II II II 6 10 9 10 III I II I Le stesse informazioni per ognuno dei due indici sono riassunte graficamente nelle Figure 2 e 3. Figura 2. Mappa con l’indicatore della classe di qualità relativa all’Indice Biotico Esteso elaborato tenendo conto dei taxa significativi (IBE 2003) per le stazioni di monitoraggio in cui è stato fatto il campionamento di macroinvertebrati durante il primo anno di monitoraggio (2012) dal personale ETP. Figura 3. Mappa con l’indicatore delle classi di qualità relativa all’Indice Biotico Esteso elaborato tenendo conto di tutti i taxa presenti nei campioni (IBE 1997) per le stazioni di monitoraggio in cui è stato fatto il campionamento di macroinvertebrati durante il primo anno di monitoraggio (2012) dal personale ETP. Utilizzando i due Indici descritti, si assegnano ai fiumi classi di qualità mediamente elevate. In particolare, considerando l’IBE 2003, le stazioni (n=38; Figura 4) ricadono nelle cinque diverse classi di qualità con le seguenti percentuali: I 3%, II 52%, III 37%, IV 8%, V 0%; considerando invece l’IBE 1997 le percentuali per le classi migliori salgono significativamente: I 34%, II 39%, III 24%, IV 3%, V 0%. Figura 4. Numero di stazioni assegnate per ciascuna classe di qualità secondo le due metodologie di calcolo dell’Indice Biotico Esteso utilizzate nelle versioni 2003 e 1997. I due indici concordano nell’assegnazione alla medesima classe di qualità nel 50% delle stazioni; nel restante 50% dei casi, l’indice IBE 1997 offre una classe superiore nel 95% dei casi e solo in una stazione restituisce un valore relativo a due classi di qualità sopra rispetto a quella assegnata dall’IBE 2003. 2.2 Analisi delle US della comunità macrobentonica I dati relativi alle US identificate per il calcolo dell’IBE, unite alle informazioni dei taxa di macroinvertebrati non contemplati nel calcolo dello stesso indice, sono stati utilizzati per condurre un’analisi multivariata della comunità residente nelle stazioni RARITY. I macroinvertebrati sono gli stessi raccolti durante i campionamenti effettuati dal personale di ETP durante il monitoraggio 2012. Una prima indagine esplorativa della similarità dei campioni è stata eseguita con il nmMDS, mentre la PERMANOVA è stata poi utilizzata per valutare l’eventuale presenza di differenze significative per due fattori, presenza gambero e quota. Nello specifico, per quanto riguarda il fattore “gambero” sono stati confrontati 18 campioni caratterizzati dalla presenza del gambero autoctono A. pallipes con i 20 campioni senza nessuna specie di gambero. Le mappe prodotte dal nmMDS hanno un valore di stress al limite dell’accettabilità, che offre ugualmente indicazioni utili: considerando il fattore gambero, la mappa evidenzia una parziale sovrapposizione per quanto riguarda le due tipologie di siti, che, tuttavia, sono differenziabili in due nuvole di punti relativamente ben distinte (Figura 5). Figura 5. Mappa nmMDS con campioni etichettati in base alla presenza o meno del gambero indigeno A. pallipes. Ai dati è stata applicata una trasformazione log(x+1) e costruita una matrice di similarità di tipo Bray Curtis. Considerando gli stessi campionamenti secondo il fattore quota, si nota una sovrapposizione fra i livelli 2 e 3 (media e alta quota), mentre per il gruppo 1 di bassa quota si ha una maggiore omogeneità (Figura 6). Tuttavia la bassa numerosità delle stazioni di alta quota limita una corretta interpretazione di questa mappa. Figura 6. Mappa nmMDS con campioni etichettati secondo i tre livelli del fattore quota: 0-50 m.s.l (1), 51-300 m.s.l. (2), >300 m.s.l (3). Ai dati è stata applicata una trasformazione log(x+1) e costruita una matrice di similarità di tipo Bray Curtis. La PERMANOVA con disegno sperimentale a due fattori (gambero e quota) evidenzia una differenza significativa solo per il fattore quota (Tabella 6), ciò significa che le differenze nella composizione della comunità macrobentonica sono legate solo alla quota e non alla presenza/assenza di A. pallipes. Tabella 6. Risultati della PERMANOVA eseguita sulla matrice di similarità per i due fattori gamberi e quota. Per ogni fattore sono riportati i gradi di libertà (df), la varianza (MS), il valore Pseudo-F e il livello di significatività (P). Fattore Gambero Quota Gambero x Quota Res Tot df 1 2 2 32 37 MS 1300.6 5625.5 1083.8 1615.5 Pseudo-F 10527 34822 0.67088 P (perm) 0.406 0.001 0.889 I post-hoc test per il fattore quota mostrano ciò che la mappa nmMDS ci suggeriva, e cioè che i siti a quote più basse,1, ospitano comunità di macroinvertebrati diverse rispetto ai siti di quote 2 e 3, che, invece, non sono significativamente diversi fra loro (Tabella 7). Tabella 7. Confronti post hoc per il fattore quota: per ogni coppia sono riportati il valore del test (t) e il livello di significatività (P). Gruppi 2,3 2,1 3,1 t 11.606 21.227 20.068 P(perm) 0.226 0.001 0.001 La CAP (Canonical Analysis of Principal Cooridnates) individua le US che determinano la variabilità dei campioni in base al fattore quota. L’asse CAP1 massimizza queste differenze e nella Figura 7 si evidenziano anche le variabili che pesano maggiormente nel caratterizzare i campioni appartenenti a diverse quote. In particolare, sono evidenziate le variabili con coefficiente di correlazione di Pearson < -0.45 e > 0.45 (Figura 7): Protonemura, Dixidae e Philopotamidae sono le principali US che differenziano i siti a quote più elevate, Baetis e Dina sono quelle che differenziano i siti a bassa quota. Figura 7. Risultati della CAP per il fattore quota: sono evidenziati i vettori relativi alle variabili con Coefficiente di correlazione di Pearson < -0.45 e > 0.45 con le CAP1 e CAP2: Protonemura, Dixidae e Philopotamidae caratterizzano la quota 2 e 3, Baetis e Dina caratterizzano la quota 1. Ai dati è stata applicata una trasformazione log(x+1) e costruita una matrice di similarità di tipo Bray Curtis. In realtà molte altre US vanno a caratterizzare i siti di alta quota rispetto a quelli di bassa quota e viceversa. Nella Tabella 8 si riportano alcune di esse con i coefficienti di correlazione di Pearson in valore assoluto maggiori di 0.4. Si noti come nella caratterizzazione dei siti di alta quota influiscano anche gli Athericidae e, per quelli di quote più basse, gli Asellidae, Glossiphonia e i Lumbricidae. Tabella 8. Elenco delle US correlate con la CAP1 con coefficiente di correlazione di Pearson in valore assoluto maggiore di 0.4. US (variabile) CAP1 corr. Pearson Athericidae -0.445 Philopotamidae -0.450 Dixidae -0.517 Protonemura -0.542 Asellidae 0.409 Glossiphonia 0.413 Lumbricidae 0.539 Baetis 0.568 Dina 0.587 2.3 Analisi della struttura funzionale della comunità macrobentonica Per quanto riguarda le guild troifiche, la comunità dei detritivori risulta essere generalmente la più abbondante rispetto a quelle degli erbivori e carnivori (F=55.32, df=2, 108, P<0.0001, D>E>C), senza alcuna differenza significativa tra siti con presenza/assenza di A. pallipes (Fgamberi=1.64, df=1, 108, P=0.20; Fgamberixruolo=2.49, df=2, 108, P=0.09) (Figura 8). Frequenza (%) 60 50 40 30 20 10 0 C D Ruolo trofico prevalente 0 (n=20,20,20) E 1 (n=18,18,18) Figura 8. Frequenza (in % delle US dei macroinvertebrati distinte in base al ruolo trofico prevalente: carnivori (C), detritivori (D), erbivori (E), in siti con assenza (0) e presenza di A. pallipes (1) Anche per la modalità di nutrizione, sono presenti, in generale, solo differenze significative fra le diverse categorie (F=75.31, df=6, 252, P<0.0001, A=T=R=P>F=S>Fr), ma non fra siti con e senza A. pallipes (Fgamberi=0.35, df=1, 252, P=0.55; Fgamberixmodalità=0.01, df=6, 252, P=0.46) (Figura 9). 30 Frequenza (%) 25 20 15 10 5 0 A F Fr T R P S Modalità di nutrizione 0 (n=20,20,20) 1 (n=18,18,18) Figura 9. Frequenza (in %) delle US dei macroinvertebrati distinte in base alle modalità di nutrizione: aspiratori (A), filtratori (F), filtratori con rete (Fr), tagliuzzatori (T), raschiatori (R), predatori (P), predatori succhiatori (S), in siti senza (0) e con A. pallipes (1). Frequenza (%) Analogamente, l’analisi della rapidità di movimento rileva una componente più abbondante di organismi lenti (F=33.75, df=1, 72, P<0.001) in entrambi i siti (con presenza/assenza di A. pallipes) (Fgamberi=0.01, df=1, 72, P=0.81; Fgamberixvelocità=0.05, df=1, 72, P=0.11) (Figura 10). 70 60 50 40 30 20 10 0 V L Rapidità di movimento 0 (n=20,20,20) 1 (n=18,18,18) Figura 10. Frequenza (in %) delle US dei macroinvertebrati distinte in base alla rapidità di movimento: veloci (V), lenti (L), in siti senza (0) e con A. pallipes (1). 2.4 Indice di Funzionalità Fluviale Nel corso dell’attività di monitoraggio, il personale di ETP ha registrato i dati richiesti per l’elaborazione dell’IFF in 19 stazioni di campionamento, pari al 9% circa dei siti monitorati nel 2012 (Figura 11). Come si evince dalla stessa mappa, le informazioni per l’elaborazione dell’IFF (così come indicato in APAT 2007) sono state raccolte solamente in siti appartenenti ai collegi di pesca 4, 3,7 e 14, tutti del Friuli Venezia Giulia sudoccidentale. Figura 11. Mappa delle stazioni in cui è stato calcolato l’Indice di Funzionalità Fluviale. Ciascun simbolo rappresenta la classe di qualità assegnata dal calcolo dell’IFF alla sponda destra e alla sponda sinistra dell’asta fluviale. I valori di IFF risultano abbastanza omogenei, con elevata corrispondenza tra sponda destra e sinistra (73% dei casi), principalmente ascrivibili alle classi intermedie con alcune eccezioni. 3 INTEGRAZIONE CON I DATI ARPA Molte stazioni indagate all’interno del progetto RARITY sono state scelte in quanto corrispondenti a stazioni oggetto di monitoraggio da parte del personale dell’ Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli-Venezia Giulia (ARPA FVG) per quanto riguarda la qualità dell’acqua. La stessa Agenzia ha fornito per le 90 stazioni coincidenti con quelle del progetto RARITY (vedi I Report Monitoraggio) delle liste faunistiche relative ai macroinvertebrati campionati che si riferiscono a campionamenti effettuati in due stagioni di cattura, 2009-2010 e 2010-2011. Questi dati si sono rivelati utili soprattutto per avere un quadro della comunità dei macroinvertebrati nei siti in cui è stata riscontrata la presenza di Procambarus clarkii, dato che in questo primo anno di progetto non è stato possibile raccogliere dati in queste stazioni. Per 6 stazioni (due delle quali con presenza di A. pallipes; Tabella 9), poi, è disponibile sia il dato sui macroinvertebrati di RARITY sia il dato proveniente da ARPA. Questa coincidenza tra stazioni RARITY e ARPA ci ha permesso di confermare che i dati sono stati raccolti con due metodiche molto diverse e, dunque, le due raccolte non possono essere considerate complementari. Eventuali confronti tra i due dataset devono dunque essere fatti con molta attenzione. Per questo, in questa sede, non sono mai stati analizzati insieme dati provenienti da RARITY e ARPA, ma sono sempre state condotte analisi separate. Tabella 9. Elenco delle stazioni di monitoraggio dove sono state eseguite le raccolte dei macroinvertebrati ad opera del personale ETP, all’interno del progetto RARITY, per le quali sono disponibili anche i dati relativi ai campionamenti ad opera di ARPA FVG. Codice RARITY 1000700 Codice ARPA UD42 Stazione Altitudine m s.l.m. 230 Bacino idrografico Tagliamento Caratteristiche idrologiche Torrente naturale, ordine II 1000900 UD162 Palar (UD) 200 Tagliamento UD178 Leale (UD) 190 Tagliamento 1002000 UD177 Bonifica Avasinis (UD) 180 Tagliamento 1305600 UD80 Aborna Tarpezzo (UD) 170 Isonzo 0708700 PN46 Canal Boscato (PN) 34 Lemene Torrente naturale Palar di ordine III Torrente Leale, ordine II Canale bonifica naturale, ordine IV Torrente Alberone, ordine IV Rio Lin, ordine II 1001900 Venzonassa (UD) Ubicazione Al confine del centro urbano di Venzone Alesso a 200m Circa 1km a NW di Avasinis Tra Avasinis e Trasaghis A 300 m da Tarpezzo A 1,5 km da Casarsa della Delizia Presenza gamberi - A. pallipes - A. pallipes - Come già anticipato, nelle stazioni in cui è stato rinvenuto P. (Tabella 9), invece, non sono state eseguite dal personale ETP e quindi in ambito di progetto RARITY. Le catture di macroinvertebrati per queste stazioni provengono esclusivamente da campionamenti eseguiti da personale ARPA FVG. Tabella 10. Elenco delle stazioni di monitoraggio in cui sono state eseguite le raccolte dei macroinvertebrati esclusivamente ad opera del di ARPA FVG. Codice RARITY 02011RN CODICE ARPA GO02 Stazione Alberoni (GO) Altitudine m s.l.m. 0 Bacino idrografico Levante 0708800 0520900 PN50 PN79 Villutta (PN) Cellina Claut (PN) 15 570 Lemene Livenza Caratteristiche idrologiche Scolo artificiale alla foce dell’Isonzo Rio Lin, ordine II Torrente Cellina, ordine III Ubicazione All’interno delle zona di bonifica del Brancolo A 2 km da Taiedo A 700 m da Claut Presenza gamberi P. clarkii P. clarkii P. clarkii 3.1 La comunità di macroinvertebrati Sulle sei stazioni di cui sopra è stata condotta una analisi della comunità dei macroinvertebrati analogamente a quanto fatto sui campioni RARITY. Le mappe ottenute dall’ordinazione nmMDS dei dati provenienti dai campionamenti ARPA dei siti con assenza/presenza di A. pallipes e P. clarkii presentano un livello di stress (0.12) trascurabile. Considerando il fattore gambero non si riscontrano raggruppamenti significativi (Figura 12). Figura 12. Mappa nmMDS eseguita considerando i 3 livelli del fattore gambero: assenza di gamberi, presenza del gambero autoctono A. pallipes e presenza del gambero alloctono P.clarkii. Ai dati è stata applicata una trasformazione log(x+1) e costruita una matrice di similarità di tipo Bray Curtis. Per quanto riguarda il fattore quota (Figura 13), anche se il campione è basso, si evidenziano delle differenze tra i livelli considerati. Figura 13. Mappa nmMDS eseguita considerando 3 livelli del fattore quota: 0-50 m.s.l. (1), 51-300 m.s.l. (2), >300 m.s.l. Ai dati è stata applicata una trasformazione log(x+1) e costruita una matrice di similarità di tipo Bray Curtis. La PERMANOVA con disegno sperimentale a due fattori (gambero e quota) non rileva differenze significative per nessuno di essi, anche se per il fattore quota si evidenzia una tendenza al limite della significatività (Tabella 11). Tabella 11. Risultati della PERMANOVA eseguita sulla matrice di similarità per i due fattori gamberi e quota. Per ogni fattore sono riportati i gradi di libertà (df), la varianza (MS), il valore Pseudo-F e il livello di significatività (P). **L’interazione fra i due fattori non può essere calcolata per la mancanza di un numero di campioni sufficiente del fattore gambero per ogni livello del fattore quota. Fattore df MS Pseudo-F P (perm) Gamberi 2 1321.2 10.281 0.489 Quota 2 2225.7 17.319 0.054 Gamberi x Quota** 0 Res 4 Tot 8 No test 1285.1 3.2 La struttura funzionale della comunità macrobentonica L’analisi dei dati provenienti dal campionamento ARPA mostra risultati simili a quelli ottenuti considerando i campioni RARITY. I detritivori si confermano essere la componente maggiore nella comunità di macroinvertebrati (F=23.29, df=2, 18, P<0.0001, D>C=E), senza alcuna differenza significativa tra siti con e senza A. pallipes o P. clarkii (Fgamberi=0.09, df=1, 18, P=0.92; Fgamberixruolo=2.13, df=4,18 P=0.09) (Figura 14). 70 Frequenza (%) 60 50 40 30 20 10 0 C D Ruolo trofico prevalente 0 (n=4,4,4) 1 (n=2,2,2) E 2 (n=3,3,3) Figura 14. Frequenza (in %) delle Unità Sistematiche dei macroinvertebrati distinte in base al ruolo trofico prevalente: carnivori (C), detritivori (D), erbivori (E), in siti senza (0) e con A. pallipes (1) o P. clarkii (2). Fra le diverse categorie della modalità di nutrizione si riscontrano differenze significative (F=56.84, df=6, 42, P<0.0001, A=T=R=P>F=S>Fr) senza alcuna associazione significativa con la presenza di A. pallipes o P. clarkii (Fgamberi=0.10, df=2, 42, P=0.91; Fgamberixmodalità=1.38, df=12, 42, P=0.21) (Figura 15). Frequenza (%) 40 35 30 25 20 15 10 5 0 A F Fr T R Modalità di nutrizione 0 (n=4,4,4) 1 (n=2,2,2) P S 2 (n=3,3,3) Figura 15. Frequenza in %) delle US dei macroinvertebrati distinte in base alle modalità di nutrizione: aspiratori (A), filtratori (F), filtratori con rete (Fr), tagliuzzatori (T), raschiatori (R), predatori (P), predatori succhiatori (S), in siti senza (0) e con A. pallipes (1) o P. clarkii (2). Frequenza (%) Analogamente, le US a movimento lento sono maggiormente rappresentate (F=6.56, df=1, 12, P=0.03) senza alcuna differenza significativa tra siti con la presenza/assenza di A. pallipes o P. clarkii (Fgamberi=0.01, df=1, 12, P=1.00; Fgamberixvelocità=3.49, df=2, 12, P=0.07) (Figura 16). 70 60 50 40 30 20 10 0 V L Rapidità di movimento 0 (n=4,4,4) 1 (n=2,2,2) 2 (n=3,3,3) Figura 16. . Frequenza (in %) delle Unità Sistematiche dei macroinvertebrati distinte in base alla rapidità di movimento: veloci (V), lenti (L), in siti senza (0) e con A. pallipes (1) o P. clarkii. 4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Le Classi di Qualità ricavate dai valori IBE 2003 per le stazioni RARITY con A. pallipes indicano che generalmente siamo in presenza di fiumi in cui l’ambiente presenta moderati sintomi di alterazione (II) o è alterato (III); se invece si considerano i valori IBE 1997, molto spesso ci spostiamo dalla Classe II alla I (ambiente non alterato in modo sensibile) e dalla III alla II. I medesimi risultati sono evidenziabili anche per le stazioni in cui A. pallipes non è presente, primo indice del fatto che non esiste una differenza per la qualità biotica tra siti con presenza/assenza di A. pallipes. Confrontando questi risultati con quelli ottenuti dalle stazioni campionate da ARPA notiamo che i valori delle Classi di Qualità, considerando i valori IBE 2003, sono generalmente superiori (II e I), mentre considerando i valori IBE 1997 in tutti casi eccetto uno, questi valori non aumentano (questo andamento lo si registra anche per i dati relativi a siti con P. clarkii).I valori superiori di Classe di Qualità dei dati ARPA rispetto ai dati RARITY possono essere imputati alla qualità delle acque che si è modificata nel tempo (i dati ARPA, infatti, risalgono al 2009/2010) e alle differenze nel metodo di campionamento (qualitativo in RARITY, quantitativo proporzionale in ARPA). In ogni caso, sembra non sia la qualità delle acque a influenzare la distribuzione di A. pallipes e nemmeno che A. pallipes influenzi la stessa, come già costatato da Brusconi (2005); piuttosto, è la diversa quota di ubicazione delle stazioni di campionamento, come rilevato dall’analisi della PERMANOVA, che determina una differente qualità e composizione biotica delle acque. Siti a quote più elevate (> 50 m s.l.m.), infatti, sono caratterizzati dalla presenza di Protonemura, Dixidae e Philopotamidae, siti a quote più basse (< 51 m s.l.m.) sono invece contraddistinti da Baetis e Dina. In particolare, le US delle quote elevate sono maggiormente sensibili all’inquinamento di quelle a quote più basse: prediligono, infatti, luoghi ben ossigenati in prossimità di sorgenti e torrenti montani, a differenza delle Unità Sistematiche caratterizzanti i siti di più bassa quota che hanno una maggiore tolleranza all’inquinamento e vivono bene in acque a lento scorrimento (Campaioli et al. 1994; Sansoni 2005). L’analisi della struttura della comunità macrobentonica, che prende in considerazione il ruolo trofico prevalente, la modalità di nutrizione e la rapidità di fuga, rileva variazioni nella frequenza relativa di ciascuna categoria dei gruppi considerati, ma poiché queste variazioni hanno un andamento molto simile per siti con e senza A. pallipes, abbiamo un’ulteriore conferma del fatto che i siti occupati da A. pallipes non sono, per quanto riguarda la comunità macrobentonica, significativamente differenti da quelli senza. Le Classi di Qualità ricavate dai valori IBE per le stazioni indagate da ARPA in cui è presente P. clarkii indicano che siamo in presenza di un ambiente con moderati sintomi di alterazione (II) o che non è alterato in modo sensibile (I). Questi dati rimangono invariati sia che si considerino solo i taxa significativi o tutti quelli presenti. Tali risultati sono, in tutti casi eccetto uno, in accordo con quelli riportati da ARPA per le 6 stazioni con e senza A. pallipes. Diversamente da quanto riportato in letteratura (Geiger et al. 2005; Rodríguez et al. 2005), l’invasione di P. clarkii non sembra essere quindi associata a una significativa riduzione nella qualità delle acque. Al contrario, se consideriamo studi simili effettuati da Gherardi et al. (2009) per la regione Lazio su un campione molto più ampio, si evidenzia una riduzione significativa della qualità delle acque in siti in cui P. clarkii è presente rispetto a corsi d’acqua che, a parità di altre condizioni, non risultano ancora invasi. Similmente con quanto evidenziato fino ad ora per la specie invasiva e per le stazioni con e senza A. pallipes considerate da ARPA, l’analisi della comunità macrobentonica rileva un effetto della quota ma non della presenza di P. clarkii; tuttavia questo risultato, probabilmente a causa della scarsità numerica del campione, non risulta statisticamente significativo. Analogamente e inaspettatamente, l’invasione di P. clarkii non appare associata a significative differenze nella frequenza di taxa con diverso ruolo trofico e modalità di nutrizione, cosa che invece possiamo notare in altri studi (Rodríguez et al. 2005; Gherardi et al. 2009). Inoltre, colpisce il fatto che la presenza del gambero alloctono non vada neppure a determinare significative differenze nella frequenza di taxa con diversa rapidità di movimento, come emerso anche in Gherardi et al. (2009). E’ noto, infatti, come i gamberi alloctoni predino con maggiore facilità gli invertebrati bentonici sedentari o comunque poco mobili come i Molluschi (Goddard 1988; Hanson et al. 1990; Momot 1995; Perry et al. 1997, 2000; Wilson et al. 2004), rispetto a quelli più rapidi nei movimenti (Lodge et al. 1994; Nyström et al. 1996; Nyström et al. 1999; Perry et al. 1997) come gli Isopodi, gli Anfipodi, gli Eterotteri e i Coleotteri, ma anche alle specie dotate di astucci protettivi (Tricotteri) e che vivono nel sedimento (alcuni Ditteri) (Lodge et al. 1994; Nyström et al. 1996). Tuttavia, è da sottolineare che, nella maggior parte dei casi, gli studi sopra elencati sono stati eseguiti in ambienti semi-naturali e hanno analizzato cambiamenti in termini di abbondanza e di biomassa. I risultati di questi studi risultano pertanto di difficile comparazione con i dati del presente lavoro, ottenuti invece in ambienti naturali e non sperimentali. Non è quindi possibile rilevare un effetto negativo della presenza della specie invasiva sulla comunità di macroinvertebrati e di conseguenza sull’ambiente. Bisogna tuttavia ricordare che questi dati risalgono a pochi anni dopo l’invasione di P. clarkii e che il numero di stazioni esaminate è ridotto e che quindi ci potrebbe essere un’influenza di questi fattori nei risultati ottenuti. In conclusione, dall’analisi dei dati raccolti nel primo anno di monitoraggio emerge che non esistono differenze nella qualità biotica (che sembra subire solo l’effetto della quota) dei siti con assenza e presenza di A. pallipes, che inoltre non apporta modificazioni significative anche nella comunità macrobentonica. La ridotta distribuzione del gambero indigeno non sembra quindi derivare da alterazioni della qualità ambientale, che si riflettono sulla struttura di a comunità di macroinvertebrati. L’ampliamento delle conoscenze e delle informazioni acquisite alle altre stazioni non ancora monitorate dal punto di vista dei macroinvertebrati bentonici è di fondamentale importanza per indagare le cause della ridotta dimensione delle popolazioni di A. pallipes. Risulta evidente, tuttavia, che i siti dove la specie non è presente costituiscono ambienti potenzialmente idonei per la sua sopravvivenza e quindi per future attività di reintroduzione. L’unico fattore limitante, in questo caso, potrebbe essere costituito dalla competizione con il gambero alloctono in espansione. Al momento le informazioni ambientali sui siti con presenza di P. clarkii provengono esclusivamente dai campionamenti ARPA FVG. Non potendo confrontare direttamente i dati RARITY con quelli ARPA l’analisi che è stata tentata, sui soli dati ARPA indica che la specie è localizzata principalmente in aree di bassa quota (generalmente non occupate da A. pallipes) con valori IBE e le relative Classi di Qualità valori elevati e comunque in linea con quelli con e senza A. pallipes analizzati (sempre di provenienza ARPA). Non sembra quindi possibile rilevare un effetto negativo della presenza della specie invasiva sulla comunità di macroinvertebrati e, quindi, sull’ambiente, come si può appurare anche dall’analisi della struttura della comunità macrobentonica. Tuttavia, queste conclusioni potrebbero essere fuorviate dalla bassa numerosità di stazioni con P. clarkii e dalle poche stazioni ARPA utilizzate per l’analisi. Inoltre questi dati risalgono al 2009/2010, quando la specie si era da poco insediata e non ancora stabilizzata e l’effetto della presenza del gambero killer sull’ecosistema potrebbe non essere stato ancora visibile. E’ opportuno, quindi, aggiornare i dati (campionando i macroinvertebrati nelle stazioni con P. clarkii in questo secondo anno di monitoraggio) in modo tale da comprendere se ci sia stata un’evoluzione quantitativa della specie invasiva ed eventualmente verificarne l’impatto sulla comunità dei macroinvertebrati. Inoltre, questo consentirebbe di effettuare un’analisi diacronica sugli stessi siti mettendo a confronto i dati attuali con quelli degli anni passati e informando sulle eventuali alterazioni avvenute nel tempo. Box1: Haitia acuta e Physa fontinalis: alloctono e indigeno a confronto Figura 17. L’alloctono Haitia acuta (a sinistra) e l’indigeno Physa fontinalis (a destra). Haitia acuta (Draparnaud 1805) è originaria dell’America del Nord ed è stata accidentalmente introdotta in Europa probabilmente attraverso immissioni ittiche attorno alla metà dell’ottocento. Ha una conchiglia sinistrorsa di dimensioni medio piccole e, per queste caratteristiche, è facilmente confondibile con Physa fontinalis. Da quest’ultima si differenzia prevalentemente per la spira più elevata e aguzza e il guscio più robusto. H. acuta è una specie facilmente individuabile ad occhio nudo sulla vegetazione sommersa, sui fondali fangosi e su substrati solidi di acque lentiche e lotiche. Ha un’ampia valenza ecologica, molto maggiore di quella della specie indigena, ed è capace di resistere a brevi periodi di disseccamento e in condizioni di elevata antropizzazione. Ad oggi in Italia si può considerare la specie acquatica alloctona più diffusa, essendo presente in venti regioni compreso il Friuli Venezia Giulia (Manganelli et al. 1995; De Mattia & Prodan 2009), con grandi popolazioni anche in corpi d’acqua molto inquinati. La specie è inoltre diffusa pressoché ovunque in Europa (Cianfanelli et al. 2007). Physa (Physa) fontinalis (Linnaeus 1758) è un mollusco gasteropode (famiglia Physidae) indigeno e molto comune, un tempo, in stagni e zone paludose del Paese. I dati museali sulle collezioni malacologiche sono significativi perché testimoniano la progressiva scomparsa di questa specie autoctona e il contemporaneo insediamento del un mollusco alloctono invasivo, H. acuta. Questo fiside, trovando una nicchia ecologica parzialmente libera e, probabilmente, entrando in competizione con la specie indigena, è stato corresponsabile della sua estinzione. L’esame delle collezioni museali ha mostrato come in Toscana P. fontinalis sia stata molto comune negli stagni della piana tra Firenze, Prato e Pistoia (Cianfanelli et al. 2008), mentre oggi è una specie rara, se non addirittura estinta, tanto da essere inserita nella Legge Regionale 56/2000 tra le specie da proteggere (Cianfanelli et al. 2008; Cianfanelli 2009). La sua scomparsa va di pari passo con la diffusione di H. acuta, che sembra essere inarrestabile: ha ormai invaso i corsi d’acqua di tutta Italia ed è stata e continua a essere un elemento di pericolo per la conservazione della biodiversità locale. Nell’ambito del monitoraggio previsto dal progetto RARITY, l’analisi dei campioni raccolti nel 2012 ha permesso di individuare la presenza di entrambe le specie sopra descritte. H. acuta è stata rinvenuta sia nel Pordenonese nei comuni di Sesto al Reghena (stazioni Bagnarola 0709100 e Versiola 0709000) e di Cordovado (stazione Case Pillon 0709400) e sia nella Provincia di Udine nel comune di Trasaghis (Cianfanelli S., com. pers.). P. fontinalis è stata, invece, rinvenuta nel Pordenonese, nei comuni di Pordenone (stazione Torre 0321800) e di Sesto al Reghena (stazione Versiola 0709000). Il ritrovamento del mollusco indigeno P. fontinalis, ormai raro anche in Friuli Venezia Giulia, è un dato importante per la conservazione degli ambienti dulcaquicoli della Regione. Soprattutto perché nella stazione di Versiola (0709000), sul rio Versiola, nel bacino del Lemene, la specie è in copresenza con l’alloctona H. acuta. Anche in questo caso, come per la conservazione del gambero indigeno, sarebbe opportuno intervenire prima che la specie minacciata scompaia per sempre. Ringraziamenti Si ringrazia tutto il gruppo di volontari ETP che si sono occupati della raccolta in campo del materiale e ARPA per la collaborazione al progetto. Si ringraziano Simone Cianfanelli (molluschi), Saverio Rocchi, Cinzia Monte (coleotteri) e gli altri esperti della sezione di zoologia del Museo di Storia Naturale di Firenze per l’aiuto nelle determinazioni del materiale raccolto. BIBLIOGRAFIA Anderson M.J., Gorley R.N., Clarke K.R., 2008. PERMANOVA + for PRIMER: Guide to Software and Statistical Methods. PRIMER-E: Plymouth, UK. APAT 2007. IFF 2007, INDICE DI FUNZIONALITA’ FLUVIALE. Manuale APAT. Linea grafica Bertelli Editori snc. Trento. APAT – IRSA/CNR 2003. Metodi Analitici per le Acque. Volume Terzo. Sezione 9000, 29 (3): 1111-1153. Brusconi S., 2005. Strategie per la conservazione del gambero di fiume indigeno Austropotamobius italicus: valutazione dell’habitat elettivo e dello status di popolazione toscane. 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