46 i m m ersi o ni Pierre Teilhard de Chardin L A P O TE N ZA S P I RIT U ALE D E L L A M ATE R I A Il testo che contiene l’«Inno alla materia». E mentre camminavano insieme, ecco un carro con cavalli di fuoco separarli: e travolto daun turbine, Elia si trovò di colpo trasportato in cielo. (Libro dei Re) Marc Chagall, Elia portato in Cielo, incisione, 1931-39, Franklin Bowles Galleries, New York. L’Uomo , seguito dal compagno, camminava nel deserto quando la Cosa gli si avventò addosso. Da lontano, gli era apparsa estremamente piccola, strisciante sulla sabbia, non più grande del palmo della mano d’un bambino, – un’ombra bionda e fuggente come uno stormo esitante di quaglie, all’aurora, sull’azzurro del mare, o come una nuvola di zanzare danzante nel sole, al tramonto, o come pierre teilhard de c h ardin 47 un vortice di polvere corrente a mezzo giorno sulla pianura. La Cosa non sembrava preoccuparsi affatto dei due viandanti. Errava capricciosamente nella solitudine. Ma, ad un tratto, chiarendo la direzione della sua corsa, venne decisamente verso di loro come una freccia. Allora l’Uomo si accorse che il leggero vapore biondo non era che il centro d’una Realtà molto più grande che veniva avanti, non circoscritta, senza forme né limiti. Sin da quando l’aveva intravista in lontananza, la Cosa, man mano che si avvicinava, si sviluppava con prodigiosa rapidità sino ad invadere l’intero spazio. Mentre i suoi piedi sfioravano l’erba spinosa del torrente, la sua fronte s’innalzava verso il cielo come una nebbia dorata dietro la quale il sole rosseggiava. E, tutto attorno, l’etere, divenuto vivente, vibrava in forma palpabile, come d’estate vibra il paesaggio dietro un suolo surriscaldato. Ciò che veniva innanzi era il cuore mobile d’una sottilità immensa… L’Uomo cadde con la faccia contro terra, si coprì il viso con le mani, ed attese. Attorno a lui, vi fu un grande silenzio. Poi, improvvisamente, un soffio ardente gli passò sulla fronte, forzò la barriera delle palpebre e penetrò sin nel profondo dell’anima. L’Uomo ebbe l’impressione di cessare d’essere unicamente se stesso. Un’irresistibile ebbrezza s’impadronì di lui, come se la linfa d’ogni vita, affluendo tutta quanta nel suo cuore troppo angusto, ricreasse potentemente le fibre indebolite del suo essere. E, ad un tempo, si sentì oppresso dall’angoscia d’un pericolo sovrumano, il sentimento confuso che la Forza avventatasi su di lui fosse ambigua e torbida, – essenza combinata di tutto il Male e di tutto il Bene. In lui, v’era l’uragano. Ora, nel più intimo fondo dell’essere da essa invaso, la Tempesta di vita, infinitamente dolce e 48 i m m ersi o ni brutale, mormorava nel solo punto segreto dell’anima che non facesse vacillare interamente. «Mi hai chiamata. Eccomi. Spinto dallo Spirito fuori delle strade seguite dalla carovana umana, hai osato affrontare la solitudine vergine. Stanco delle astrazioni, delle attenuazioni, del verbalismo della vita sociale, hai voluto misurarti con la Realtà totale e selvaggia. La solitudine di Mizushima. Fotogramma tratto dal film L’arpa birmana. – Avevi bisogno di me per svilupparti, ed io t’attendevo perché mi santificassi. – Da sempre mi desideravi senza saperlo; ed io t’attraevo. Ora sono su di te per la vita o per la morte. Non ti è più possibile indietreggiare, tornare alle soddisfazioni comuni ed all’adorazione tranquilla. Chi mi ha vista una sola volta non può più dimenticarmi: si danna con me o mi salva con sé. Vieni?». PI E R RE TEILHARD DE CH ARDIN 49 «O divina e potente, come ti chiami? Parla». «Sono il fuoco che arde e l’acqua che abbatte, l’amore che inizia e la verità che passa. Tutto ciò che s’impone e tutto ciò che rinnova, tutto ciò che libera e tutto ciò che unisce: Forza, Esperienza, Progresso, – la Materia, sono Io. Perché, nella mia violenza, mi accade d’uccidere i miei amanti, perché colui che mi tocca non sa mai quale potenza scatenerà, i saggi mi temono e mi maledicono. Nei loro discorsi mi disprezzano come se fossi una mendicante, una strega o una prostituta. Ma le loro parole sono in contraddizione con la vita, e i farisei che mi condannano deperiscono nello Spirito in cui si confinano. Muoiono d’inedia, e i loro discepoli li abbandonano perché io sono l’essenza di tutto ciò che si tocca, e gli uomini non possono fare a meno di me. Tu che hai capito che il Mondo – il Mondo amato da Dio – ha, ancor più degli individui, un’anima da redimere, apri ampiamente il tuo essere alla mia ispirazione; ricevi lo Spirito della Terra che bisogna salvare. La suprema Parola dell’enigma, la parola abbagliante scritta sulla mia fronte, quella che ormai ti brucerà gli occhi anche se tu li chiudessi, eccola: ‘Nulla è prezioso fuorché ciò che è te negli altri, e gli altri in te. Lassù, tutto è uno! Lassù, tutto è uno!’. Orsù! Non senti forse il mio soffio sradicarti e rapirti?… In piedi, Uomo di Dio, e affrettati. Secondo il modo con cui ci si abbandona al turbine, questo trascina nelle profondità oscure o solleva sino all’azzurro dei cieli. La tua salvezza e la mia dipendono da questo primo istante… » – «O Materia, vedi, il mio cuore trema. Poiché sei tu, dimmi: cosa vuoi che faccia?» – «Arma il tuo braccio, Israele, e lotta arditamente contro di me!» Il Soffio che s’insinuava come un filtro, era 50 P ierre T eilhard de nasce a Orcines nel 1881 e muore a New York nel 1955. È stato filosofo, paleontologo e sacerdote della Compagnia di Gesù. In vita viene riconosciuto soprattutto come scienziato evoluzionista. Come teologo diviene famoso – con l’appellativo di ‘gesuita proibito’ – soltanto dopo la pubblicazione postuma dei suoi principali scritti come Il fenomeno umano scritto nel 1939, ma pubblicato – per obbedienza ai superiori dell’ordine – solo nel 1955, ovvero dopo la morte. Tra i suoi libri principali si segnalano: L’energia umana, L’apparizione dell’uomo e L’avvenire dell’uomo. In questi scritti, Teilhard mette a punto la teoria sulla Legge di Complessità e Coscienza e rende popolare – in simmetria a quello di biosfera – il nuovo concetto di noosfera che appare nei suoi scritti per la prima volta nel 1925. Negli anni Venti, nel tentativo di conciliare la teoria evoluzionista e la dottrina cattolica, C h ardin i m m ersi o ni diventato provocatore ed ostile. Adesso, recava nelle sue onde un acro sentore di battaglia… Odore selvatico delle foreste, febbrile atmosfera delle città, sinistro e inebriante profumo che sale dai popoli in guerra. Tutto quanto turbinava nei suoi flussi, come un fumo raccolto dai quattro angoli della Terra. L’Uomo, ancora prostrato, ebbe un sussulto come se fosse urtato da uno sperone. D’un salto, si raddrizzò, di fronte alla tempesta. Tutta l’anima della sua razza aveva trasalito: ricordo oscuro del primo risveglio tra bestie più forti e meglio armate, eco doloroso dei lunghi sforzi per addomesticare il grano ed impadronirsi del fuoco, paura e rancore di fronte alla Forza malefica, cupidigia di sapere e di avere… Poc’anzi, nella dolcezza del primo contatto, avrebbe istintivamente desiderato perdersi nell’alito caldo che lo avvolgeva. Ed ecco che, ora, l’onda di felicità quasi dissolvente s’era mutata in un’aspra volontà di ‘più‑essere’. L’Uomo aveva subodorato la nemica e la preda ereditaria. Radicò saldamente i piedi nel suolo, e si mise a lottare. Dapprima, lottò per non essere travolto; poi lottò per la gioia di lottare, per sentirsi forte. E più lottava e più sentiva un accrescimento di forza sprigionarsi da lui per equilibrare la tempesta; da questa, a sua volta, emanava un effluvio nuovo che s’infiltrava, ardentissimo, nelle sue vene. Come il mare, in certe notti, s’illumina attorno al nuotatore, e le sue onde, più sono mosse vigorosamente da braccia robuste e più sfavillano, così la potenza oscura che combatteva l’uomo irradiava mille scintille attorno al suo sforzo. Con un mutuo risveglio delle loro opposte PI E R RE TEILHARD DE CH ARDIN esprime opinioni non conformi alla dottrina ufficiale della Chiesa. I superiori del suo ordine, con un provvedimento disciplinare, lo costringono a dimettersi dall’insegnamento di materie filosoficoteologiche, lo invitano a non pubblicare più nulla su questi temi e gli impongono il trasferimento in Cina, dove si era già recato nel 1923 per conto del Museo di Storia naturale di Parigi. L’esilio in Cina dura dal 1926 al 1946. Durante la permanenza nel continente asiatico – approfondita la mistica indiana, cinese e giapponese – avvia la riflessione sui rapporti tra l’Uno e il Molteplice e scrive, nel 1932, il saggio Route de l’Ouest. Vers une mystique nouvelle. Nel 1947, ritornato in Europa, scrive L’apport spirituel de l’Extreme-Orient. Ritiene che la via orientale all’Uno costituisca il punto di unione tra la mistica occidentale e quella orientale. 51 potenze, egli esaltava la propria forza per dominarla, ed ella rivelava i suoi tesori per offrirglieli. «Immergiti nella Materia, Figlio della Terra, bagnati nei suoi flussi ardenti, poiché essa è la sorgente e la giovinezza della tua vita. Ah! Credevi di poterne fare a meno, perché in te il pensiero s’è acceso! Speravi d’essere tanto più vicino allo Spirito quanto più accuratamente avresti respinto ciò che si tocca, d’essere più divino vivendo nell’idea pura, o almeno più angelico fuggendo i corpi. Ebbene! Poco è mancato che tu non morissi di fame! Ci vuole olio alle tue membra, sangue nelle tue vene, acqua per la tua anima, Realtà per la tua intelligenza; ne hai bisogno per la stessa legge della tua natura, te ne rendi ben conto?… Volendo vivere e crescere, mai, mai potrai dire alla Materia: ‘Ti ho vista abbastanza; ho fatto il giro dei tuoi misteri, ne ho prelevato di che alimentare per sempre il mio pensiero’. Senti bene: quand’anche portassi nella tua memoria, come il Saggio dei Saggi, l’immagine di tutto ciò che popola la Terra o nuota sotto le acque, questa scienza sarebbe un bel nulla per la tua anima, poiché ogni conoscenza astratta è solo ‘essere appassito’; poiché, per capire il Mondo, non basta sapere: bisogna vedere, toccare, vivere nella presenza, bere l’esistenza bell’e calda nel seno stesso della Realtà. Dunque, non dire mai, come taluni: ‘La Materia è sfinita, la Materia è morta!’. Sin all’ultimo giorno, la Materia sarà giovane ed esuberante, sfolgorante e nuova per chi vorrà… Neppure devi ripetere: ‘La Materia è condannata, la Materia è cattiva!…’ È venuto Uno che ha detto: ‘Berrete il veleno e non vi nuocerà’. Ed ancora: ‘La vita sorgerà dalla morte’, e proferendo finalmente la parola definitiva della mia liberazione: ‘Questo è il mio Corpo’. No, la purezza non sta nella separazione, ma in 52 i m m ersi o ni una più profonda penetrazione dell’Universo. Sta nell’amore dell’unica Essenza, non circoscritta, che penetra e trasforma ogni cosa dall’interno, oltre le zone mortali ove si agitano le persone e i numeri. E un casto contatto con tutto ciò che è ‘lo stesso in tutti’. Oh! com’è bello lo Spirito che si eleva tutto adorno delle ricchezze della Terra! Immergiti nella Materia, figlio dell’Uomo, tuffati in essa, laddove è più violenta e più profonda! Lotta nella sua corrente e bevi il suo flusso! Ha cullato lei, una volta, la tua vita incosciente. Essa, poi, ti porterà sino a Dio!» In mezzo all’uragano, l’Uomo girò la testa cercando di vedere il compagno. E in quel momento si accorse che, alle sue spalle, per una strana metamorfosi, la Terra, ad un tempo, fuggiva e cresceva. La Terra fuggiva, poiché qui, proprio sotto, i vani dettagli del suolo diminuivano o si scioglievano. Eppure cresceva, poiché laggiù, in lontananza, il cerchio dell’orizzonte saliva, saliva senza posa... L’Uomo si vide al centro d’una coppa immensa il cui orlo, a poco a poco, si richiudeva su di lui. Allora, la febbre della lotta lasciando nel suo cuore il posto a un’irresistibile passione di subire, egli scoprì, in un lampo, presente ovunque attorno a lui, l’Unico Necessario. Comprese che, nell’Uomo come nell’atomo, ha valore solo la parte dell’essere assunta dall’Universo. Vide, con assoluta evidenza, la vuota fragilità delle più belle teorie di fronte alla pienezza definitiva del più infimo fatto colto nella sua realtà concreta e totale. Contemplò, con una chiarezza implacabile, l’irrisoria pretesa degli uomini a regolare il Mondo, ad imporgli i loro dogmi, le loro misure e le loro convenzioni. Assaporò, sino alla nausea, la banalità delle loro PI E R RE TEILHARD DE CH ARDIN 53 gioie e delle loro sofferenze, il misero egoismo delle loro preoccupazioni, la scipitezza delle loro passioni, l’attenuazione della loro capacità di sentire. Ebbe pietà di coloro che si spaventano di fronte a un secolo, o che non sanno amare oltre le frontiere d’un paese. Tante cose che, una volta, lo avevano turbato o irritato, i discorsi e i giudizi dei dottori, le loro affermazioni e le loro proibizioni, il loro divieto all’Universo di muoversi... Tutto quanto gli apparve ridicolo, inesistente, paragonato alla Realtà maestosa, rigogliosa d’Energia, che a lui si rivelava, universale nella sua presenza, immutabile nella sua verità, implacabile nel suo sviluppo, inalterabile nella sua serenità, materna e sicura nella sua protezione... Finalmente! Egli aveva dunque trovato un punto d’appoggio e un ricorso fuori della società! Un manto pesante gli cadde dalle spalle e gli scivolò dietro: il carico di tutto ciò che v’è di falso, d’angusto, di tirannico, d’artificiale, d’umano, nell’Umanità. Un’ondata di trionfo liberò la sua anima. E sentì che nulla al Mondo avrebbe potuto ormai distaccare il suo cuore dalla Realtà superiore che si rivelava a lui. Nulla: né gli uomini, in ciò che hanno d’intrusivo e d’individuale (perché, così, li disprezzava); né il Cielo e la Terra nella loro altezza, larghezza, profondità, potenza (poiché proprio a esse egli si votava per sempre). In lui si era operato un rinnovamento così profondo che, ora, non gli era più possibile essere Uomo se non su di un altro piano. Quand’anche fosse, adesso, ritornato sulla Terra di tutti – fosse pure presso il compagno fedele rimasto laggiù prostrato, sulla sabbia del deserto – sarebbe stato ormai uno straniero. Sì: ne era consapevole; anche per i suoi fratelli in Dio, migliori di lui, avrebbe parlato inesorabilmente 54 i m m ersi o ni d’ora innanzi un linguaggio incomprensibile, proprio lui al quale il Signore aveva deciso di far imboccare la strada del Fuoco. Anche per coloro che gli erano più cari, il suo affetto sarebbe stato un peso, poiché lo avrebbero sentito cercare, irrimediabilmente, qualche cosa dietro di loro. Dato che la Materia, rigettando il velo d’agitazione e di moltitudine in cui s’avvolge, gli aveva rivelato la sua gloriosa unità, tra gli altri e lui v’era ormai il caos. Poiché aveva staccato per sempre il suo cuore da tutto ciò che è locale, individuale, frammentario, solo essa nella sua totalità sarebbe stata ormai per lui, padre, madre, famiglia, razza, la sua unica e ardente passione. E nessuno, in questo Mondo, avrebbe potuto farci nulla. Distogliendo decisamente gli occhi da ciò che fuggiva, si abbandonò traboccante di fede al soffio che trascinava l’Universo. Ora, in seno al turbine, cresceva una luce che aveva la dolcezza e la mobilità d’uno sguardo... Si diffondeva un calore che non era più la dura irradiazione d’un focolaio ma la ricca emanazione d’una carne... L’immensità cieca e selvaggia diventava espressiva, personale. I suoi strati amorfi assumevano via via i lineamenti d’un volto ineffabile. Un Essere si delineava da tutte le parti: affascinante come un’anima, palpabile come un corpo, vasto come il cielo, un Essere mescolato alle cose, seppure distinto da esse, superiore alla loro sostanza di cui si ammantava, eppure assumente un volto in esse... L’Oriente nasceva nel cuore del Mondo. Dio risplendeva al vertice della Materia i cui flussi Gli portavano lo Spirito. L’Uomo cadde in ginocchio nel carro di fuoco che lo rapiva. E disse: PI E R RE TEILHARD DE CH ARDIN 55 I nno alla Materia «Benedetta sii tu, aspra Materia, sterile gleba, dura roccia, tu che cedi solo alla violenza e ci costringi a lavorare se vogliamo mangiare. Benedetta sii tu, pericolosa Materia, mare violento, indomabile passione, tu che ci divori se non t’incateniamo. Benedetta sii tu, potente Materia, Evoluzione irresistibile, Realtà sempre nascente, tu che, spezzando ad ogni momento i nostri schemi, ci costringi a inseguire, sempre più oltre, la Verità. Benedetta sii tu, universale Materia, durata senza fine, Etere senza sponde, – triplice abisso delle stelle, degli atomi e delle generazioni, tu che travalicando e dissolvendo le nostre anguste misure, ci riveli le dimensioni di Dio. Benedetta sii tu, impenetrabile Materia, tu che, ovunque tesa tra le nostre anime e il Mondo delle Essenze, ci fai languire dal desiderio di forare il velo senza cucitura dei fenomeni. Benedetta sii tu, mortale Materia, tu che, dissociandoti un giorno in noi, c’introdurrai necessariamente nel cuore stesso di ciò che è. Senza di te, o Materia, senza i tuoi attacchi, senza i tuoi strazi, noi vivremo inerti, stagnanti, puerili, ignoranti di noi stessi e di Dio. Tu che ferisci e medichi – tu che resisti e pieghi – tu che sconvolgi e costruisci – tu che incateni e liberi – Linfa delle nostre anime, Mano di Dio, Carne del Cristo, o Materia, io ti benedico. Ti benedico, o Materia, e ti saluto, non già quale ti descrivono, ridotta o sfigurata, i pontefici della Scienza e i predicatori della Virtù, – un’accozzaglia, dicono, di forze brutali e di bassi appetiti, ma quale tu mi appari oggi, nella tua totalità e nella tua verità. Ti saluto, inesauribile capacità d’essere e di trasformazione in cui germina e cresce la Sostanza eletta. Ti saluto, universale potenza di ravvicinamento e d’unione, che lega tra di loro le innumerevoli monadi e in cui esse convergono tutte sulla strada dello Spirito. Ti saluto, sorgente1 armoniosa delle anime, cristallo limpido dal quale è tratta la Gerusalemme nuova. Ti saluto, Ambiente divino, carico di potenza Creatrice, Oceano mosso dallo Spirito, Argilla impastata e animata dal 56 Scritto tratto da Pierre Teilhard de Chardin, Inno dell’universo, Editrice Queriniana, Brescia, 1992. Nello stesso volume sono pubblicati: La Messa sul mondo; Il Cristo nella Materia; Pensieri scelti. i m m ersi o ni Verbo incarnato. Credendo di rispondere al tuo irresistibile appello, gli uomini, spesso, si precipitano per amor tuo nell’abisso esterno dei piaceri egoistici. Un riflesso li inganna, oppure una eco. Lo vedo adesso. Per raggiungerti, o Materia, bisogna che, partiti da un contatto universale con tutto ciò che, quaggiù, si muove, sentiamo via via svanire nelle nostre mani le forme particolari di tutto ciò che stringiamo, sino a rimanere alle prese con la sola essenza di tutte le consistenze e di tutte le unioni. Se vogliamo possederti, bisogna che ti sublimiamo nel dolore dopo averti voluttuosamente stretta tra le nostre braccia. O Materia, tu regni sulle vette serene ove i santi pensano di evitarti, – Carne così trasparente e mobile che non ti distinguiamo più da uno spirito. Portami su, o Materia, attraverso lo sforzo, la separazione e la morte, – portami dove sarà finalmente possibile abbracciare castamente l’Universo». Giù, sulla sabbia ridiventata tranquilla, qualcuno piangeva: «O Padre mio! Padre mio! Quale vento folle lo ha dunque rapito!» E per terra giaceva un mantello. Jersey, 8 agosto 1919 Pierre Teilhard de Chardin. PI E R RE TEILHARD DE CH ARDIN 57 Paul Gauguin, La lutte de Jacob avec l’ange, 1888, olio su tela. National Gallery of Scotland, Edimburgo.