Ultima lezione Corso 2007-08 Appunti di Lapo Piccionis, Filosofia teoretica a.a 2007-08 Son passati ormai tre mesi – da febbraio prendo appunti – se i miei giorni bene ho spesi o in inutili riassunti ho sprecato le mie ore, la mia carta e la matita, non è questo che ora ho a cuore, ma saper se ho ben capita la sottile distinzione che separa ciò che è segno, e che sta per convenzione, da ciò che ti dà il disegno, ossia la figurazione. Se tu vuoi, puoi stipulare, e obbligarti a concordare, che sia questo segno a quello che stia il brutto per il bello che stia l’alto per il basso o la piuma per il sasso. E il cemento dei rimandi? Sol che i patti son servandi! Ma se vuoi che in un affresco ben si veda il fior del pesco, tu lo devi pitturare come ti comandan gli occhi: nessun altro può dettare al pennello i suoi ritocchi! Si conviene su qualcosa: non v’è modo di sbagliare. Il disegno è un’altra cosa: qui vi è un giudice - è il guardare. Che sia poi quel che tu vedi dentro un quadro che hai dipinto dammi retta e a questo credi: vedi un mondo, anche se è finto. Vedi un mondo, ma lo vedi proprio fatto di pigmenti; che reale sia non credi: di toccarlo tu non tenti. Vedi il legno oppur la tela - ché l’immagine non cela il suo stato di parvenza: il sembrar per lei è l’essenza. Una lunga digressione (che mi ha invero un po’ annoiato) sul trompe l’oeil e le sue illusioni questo almeno l’ha mostrato: sulla tela quei cartigli che ti sembrano credibili sono solo degli appigli che ben rendono visibili le molteplici ragioni che consentono di dire che le raffigurazioni non han più che l’apparire. Ho poi scritto di mio pugno (ma di questo non mi vanto) un pensier che non espugno che l’immagine è soltanto! Io l’ho scritto due o tre volte, del suo senso ero sicuro: due o tre volte sono molte, ma quel detto resta oscuro. Lascio questo strano appunto (di cui un poco mi vergogno) per toccare un altro punto: è l’imago ombra o pur sogno? Per capire che quegli occhi ti son volti dritti in viso o che un pomo la man tocchi o che sia questo un sorriso, ciò che vedi è sufficiente. Ma se invece vuoi pensare che a te rida veramente e che te voglia guardare, e che il pomo ti sia offerto, tu lo devi immaginare. Ciò che vedi, questo è certo, ti consente di giocare, ma quel gioco prende forma se tu sogni ciò che vedi, se la vista segue l’orma di quel che immagini e credi! Anche qui una digressione sul reale e finto spazio ti ripete la lezione: ma ripeterla è uno strazio. E così son soddisfatto di potermi riposare e riprendo col ritratto che mi dà un po’ da pensare Il ritratto ha la sembianza di quel viso che ti è noto ma non può la somiglianza esaudir da sola il voto di colui che l’ha dipinto. Se ti invita a rimirare ciò che con fatica ha finto è perché vuole additare al tuo sguardo un’altra meta: tu, quel volto familiare che è per te ormai cosa vieta, tu lo devi ritrovare, devi assumerti il cimento di guardare e riguardare, di tentar l’esperimento che ti invita ad ascoltare come il volto disegnato dir di sé intende ed osa nel piegar l’aspetto dato alla legge della posa. Se il ritratto ti concede di narrarti a chi lo vede, spetta alla caricatura una regola più dura. Essa vive nel confronto, tra te e te pone uno iato; non le basta un qualche affronto: vuole dir “Ti ho smascherato!” Se ti fa più lungo il naso, e ritrae come uno scemo, credi a me, non è per caso, ma per dir che è vero, temo. A nasconderlo hai provato, ma ti sei forse distratto e così ti ha catturato con il suo sottile tratto. Di quel che tra aprile e maggio detto fu nella lezione ora no, non ho il coraggio di ridire a profusione. Nel ricordo si è stampato solo qualche oscuro detto. Il noema dice “è stato”, ma so che va contraddetto! Poi ricordo una questione: è la foto trasparente? Ma non so la soluzione: mi è scappata dalla mente. Per l’esame, credo basti dire spesso “banalmente” e toccar quei due o tre tasti che ha toccato di frequenteGuardo ancora nel quaderno, ma alla fine è un vero inferno: sopra il punctum non c’è niente, sullo studium dei pasticci. Se vi sembra insufficiente, be’, chiedetelo a Spinicci. Simone Cantarini, San Matteo e l’angelo Lo scrittore come lettore di se stesso P. Klee, “so fang es heimlich an” Labirinto di scrittura