SCRITTURE D’OLTREMANICA Direttore Maria Teresa Chialant Università degli Studi di Salerno Comitato scientifico Laura Di Michele Università degli Studi di L’Aquila Carlo Pagetti Università degli Studi di Milano Antonella Piazza Università degli Studi di Salerno Patrick Parrinder The University of Reading SCRITTURE D’OLTREMANICA Questa collana di studi inglesi comprende sia saggi critici, sia edizioni critiche di testi in traduzione italiana, con o senza originale a fronte, preceduti da un’introduzione e corredati di un apparato di note. Si selezioneranno, nel primo caso, scrittori e scrittrici, opere e tematiche di carattere letterario che risultino di sicuro interesse culturale e di attualità; nel secondo caso, testi appartenenti a generi letterari diversi, composti in un ampio arco di tempo — dalla prima età moderna alla contemporaneità, ma con un’attenzione particolare ai secoli e —, poco o affatto noti nel nostro Paese e per la prima volta tradotti in italiano. I curatori e/o gli autori sono docenti, ricercatori universitari, dottori di ricerca con specifiche competenze nelle aree entro cui si opererà la scelta dei testi e degli argomenti. Il titolo della collana intende indicare sia l’area geografico–culturale alla quale si riferiscono i lavori qui ospitati, sia la direzione dello sguardo dei loro autori: dall’Italia alla Gran Bretagna. Questo libro nasce da un lungo lavoro di ricerca svolto in seno all’Università Cattolica di Milano e non avrebbe mai visto la luce senza il sostegno e l’aiuto della Prof.ssa Luisa Camaiora e della Prof.ssa Anna Anzi, che ringrazio con tutto il cuore. Devo molto anche all’Università della Valle d’Aosta e al prezioso aiuto del Prof. Carlo M. Bajetta. Un ringraziamento particolare è dovuto anche alla Prof.ssa Francesca Orestano e alla Prof.ssa Maria Teresa Chialant. Sono anche grata al personale della British Library di Londra, dove ho svolto la maggior parte delle ricerche e dove sono conservati i manoscritti e le edizioni shakesperiane originali. Ringrazio anche i colleghi dell’Università Cattolica di Milano e dell’Università degli Studi di Milano. Infine, uno speciale ringraziamento ai miei genitori, agli amici e a Emiliano per il costante appoggio e l’incoraggiamento. Roberta Grandi King Lear dopo Shakespeare Adattamenti, riscritture, burlesques (–) Prefazione di Anna Anzi Copyright © MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: aprile Indice Not Shakespeare’s Lear. Introduzione Capitolo I Lear’s Restoration .. La situazione politica e teatrale, – .. Nahum Tate: la vita e le opere, – .. The History of King Lear, – ... Le fonti, – ... Le linee direttrici, – ... Il primo atto , – ... Il secondo atto , – ... Il terzo atto, – ... Il quarto atto, – ... Il quinto atto, – .. La resurrezione di Tate: la matrice politica, – .. Lunga vita al Re: il successo di Tate, – .. Una breve antologia critica, . Capitolo II Enter the Bard .. Il quadro politico e culturale del Settecento , – .. Il Bardo, gli editori e i critici, – ... La “creazione” del King Lear, – ... L’Ur–Lear di Willam Henry Ireland, – .. David Garrick, George Colman e il teatro, – .. I due King Lear del Settecento, – ... King Lear. A tragedy, di David Garrick, – ... The History of King Lear, di George Colman, . Capitolo III Smiles and Tears (IV.iii) .. Il quadro politico, sociale e culturale dell’Ottocento, – .. Ritorno a Shakespeare: il Romanticismo Indice e i grandi attori, – ... Il Lear di John Philip Kemble, – ... Un infelice esperimento: il King Lear di Edmund Kean, – ... William Charles Macready e il ritorno a Shakespeare , – .. Riscrivere il Lear: il melodramma di Moncrieff, – .. “This great stage of fools” (IV.vi): tre burlesques shakespeariani, – ... King Leer and His Darters di John Chalmers, – ... King Queer and his Daughters Three di Joseph Halford e C.J. Collins , – ... Kynge Lear and his Faythefulle Foole di Frederick Marchant, . Indice dei nomi Bibliografia Premessa Questo volume raccoglie una grande varietà di testi teatrali tutti connessi al Re Lear di Shakespeare e si propone anche come uno studio organico delle modalità di riscrittura adottate dal teatro inglese lungo l’arco di tempo che va dal al . Re Lear presenta una vita scenica molto diversa dagli altri testi del Bardo: a partire dal viene stabilmente sostituito sulle scene inglesi dall’adattamento di Nahum Tate e non riappare sui palcoscenici fino al quando W.C. Macready lo ripropone in forma molto tagliata ma almeno priva di interpolazioni. In questo lasso di tempo, vedono la nascita diversi adattamenti, riscritture e burlesques che hanno come fonte di ispirazione la tragedia di Shakespeare. Tra Settecento e Ottocento, gli adattamenti shakespeariani risentono di quello da tempo definito “pregiudizio anti–teatrale” che li identificava quali forme degradanti di rielaborazione del materiale del Poeta. Inoltre, come è noto, Shakespeare, secondo l’opinione critica di quell’epoca, andava letto ma non rappresentato. Al fine di riabilitare queste “disdicevoli” alterations, l’autrice — utilizzando i risultati della critica più recente (dal postmodernismo ai cinema studies) — assimila gli adattamenti shakespeariani del passato alle moderne forme di riscrittura e appropriazione culturale, offrendoli, in questo modo, a un’analisi meticolosa, puntuale e priva di preconcetti. Indice Oltre che alle riscritture e agli adattamenti, molto spazio è offerto in questo volume a un genere, il burlesque, solitamente trascurato e misconosciuto dalla critica militante. Una particolare attenzione è dedicata ai burlesques shakespeariani. Data la completa mancanza di materiale critico relativo a queste opere, quella che viene offerta nelle pagine seguenti è una ricerca davvero originale che attinge direttamente dai manoscritti, dai carteggi e dai quotidiani dell’epoca. All’inizio, l’attenzione dell’autrice si concentra sull’adattamento di Nahum Tate () che viene puntualmente analizzato e raffrontato con l’originale shakespeariano. In un secondo momento, l’analisi si rivolge all’evoluzione teatrale ed editoriale del Re Lear nel Settecento, mettendo in luce l’appassionato lavoro sul testo di David Garrick e George Colman. Considerata la peculiare situazione di questo dramma shakespeariano, in cui l’operazione di conflation elaborata a quell’epoca aveva alterato fortemente la composizione dell’opera, il percorso dettagliato di ricostruzione storica dell’evoluzione testuale ed editoriale della tragedia risulta importante e interessante anche al fine di delineare un quadro chiaro della situazione culturale del periodo. La nascita poi del fenomeno della bardolatria segnò quel ritorno a Shakespeare che porterà, nel secolo successivo, all’abbandono definitivo del testo di Tate grazie anche al lavoro e all’intenso studio dei testi shakespeariani di attori e cultori di teatro quali J.P. Kemble, Edmund Kean e W.C. Macready. Infine, a chiudere questo percorso sugli adattamenti e le riscritture del Re Lear, vengono analizzati tre burlesques che, se da un lato sottolineano le infinite possibilità di manipolazione del testo del Poeta, dall’altro ne ribadiscono e ne esaltano il valore archetipico. Indice La lettura di questo saggio ci conferma ancora una volta — se mai ce ne fosse bisogno — la vivacità del teatro inglese tra Restaurazione e Ottocento. Anna Anzi Not Shakespeare’s Lear Introduzione LEAR: Doth any here know me? This is not Lear: Doth Lear walk thus? Speak thus? In mezzo al precipitare degli eventi, il vecchio re si rifiuta di accettare il cambiamento e nega la sua identità. Lear non “cammina” e non “parla così”, quindi “non è Lear”. Questo studio si occupa proprio di questo: i cambiamenti del King Lear in mezzo al turbinio di accadimenti e mode che investe il teatro inglese dalla Restaurazione all’Ottocento, ovvero, ciò che non è — o non è soltanto — il Lear di Shakespeare. Nell’ambito degli studi di anglistica, tutti coloro che si sono occupati, seppur brevemente, del King Lear shakespeariano, si sono imbattuti almeno una volta in qualche notizia riguardante l’adattamento scritto da Nahum Tate, il King Lear con il lieto fine — o, come lo definisce Shattuck, “Tate’s unhappy happy ending” (). Le informazioni riportate dai testi critici si limitano spesso a rendere conto del fatto che Lear e Cordelia sopravvivono, che Cordelia ed Edgar convolano a giuste nozze e che il personaggio del Fool viene eliminato dall’opera. Queste modifiche sono . Greenblatt, , I.iv.–, pag. . Not Shakespeare’s Lear. Introduzione inscritte all’interno di un quadro più ampio che vede, durante la Restaurazione e il Settecento, lo “stravolgimento” delle opere shakespeariane al fine di renderle più affini alle mode del momento e che presenta, oltre al Lear di Tate, l’esclusione dei becchini dall’Amleto (Garrick ), una versione operistica di A Midsummer Night’s Dream (Garrick ) e un Romeo & Juliet ambientato nell’antica Roma (Otway). La maggior parte dei testi critici liquida queste “alterazioni” delle opere shakespeariane con divertito compatimento se non con scandalizzata indignazione e, dall’Ottocento in poi, perpetua l’idea che “Although the Restoration critics and playwrights seem never to have realized it, their adaptations have proven to all who have come since that Shakespeare has not as yet been improved” come ripete, ancora all’alba del , Jaquelyn Walsh (). Gli stessi testi riferiscono con perplessità il sorprendente fatto che il Lear di Tate abbia sostituito quello di Shakespeare sui palcoscenici inglesi per circa anni e addebitano la “colpa” di ciò alle mode del momento, alla ricerca del profitto e all’ignoranza del pubblico e poi velocemente ritornano allo studio del “vero” Lear con generale soddisfazione. Al contrario, per coloro che, come chi scrive, sono sempre stati affascinati dalle opere poco conosciute — outsider che affiancano e contornano il canone letterario senza quasi scalfirlo — queste poche notizie e spiegazioni non fanno che generare curiosità e nuove domande. È proprio dall’unhappy happy ending di Tate e dal suo straordinario successo teatrale che ha inizio questa indagine. Un percorso che, nato da una breve ricerca sulla storia scenica del testo shakespeariano, si è trasformato in un ampio studio di tutte le diverse forme — o metamorfosi — attraverso le quali il King Lear è rimasto sui palcoscenici inglesi, e Not Shakespeare’s Lear. Introduzione che ha preso in considerazione le modalità di adattamento e riscrittura, le tensioni “esterne” e le finalità che hanno modellato il testo nel corso dei secoli. Il King Lear sui palcoscenici inglesi, in tutti i suoi accenti e le sue forme, è dunque l’oggetto di interesse di questa ricerca e anche il primo criterio di delimitazione del campo di indagine. Sono state, infatti, analizzate soltanto le opere prodotte e rappresentate in Inghilterra. Di conseguenza è stata esclusa l’intera produzione europea e nordamericana che vanta, tra gli altri, testi di interesse quali il dramma francese Le Roi Lear di Frédéric Duhomme ed Elie Sauvage (), la parodia Le roi Lu di Jean Baptiste Despres (), la riscrittura russa di Jacob Gordin The Jewish King Lear () e l’adattamento americano di Edwin Forrest (). La scelta di focalizzare questa ricerca sulle opere che sono contraddistinte da una fruizione teatrale ha determinato, inoltre, l’esclusione di tutti quei testi “altri”, appartenenti ad altri generi di produzione e fruizione. Sono così state escluse le ballate settecentesche , le trasposizioni in prosa dell’opera , le arie musicali ad essa ispirate , le parodie letterarie e ogni altra forma di appropriazione culturale, dalle vignette alla poesia alta. . Anonymous, King Lear and his Three Daughters, e Anonymous, Tragical History of King Lear, and his three daughters, ballad, . . Anonymous, “King Lear and his Three Daughters”, The History of the Giants, London: T. Sabine and Son, , pagg. – e Charles Lamb, “King Lear — the tale of Shakespeare’s play” in Hermann Schutz ed., The Story–teller. A Collection of Tales, Stories and Novels, Siegen: Ferdinand Schulz, . . Henry Phillips, Goneril. A Scena, founded on the King Lear of Shakspeare Composed for a baritone or tenor, London: Addison, Hollier & Lucas, . . R. W. Criswell, The New Shakespeare and other travesties, New York: The American News Company, e Hugo Vamp, King Lear and his Daughters Queer, Comic Scena, London: Brewer & Co, . Not Shakespeare’s Lear. Introduzione La ragione di questa scelta è dovuta alla volontà di proporre come alternativa al criterio di valore, che solitamente dà forma al canone letterario, un altro principio: quello del successo teatrale, il motore che invece muove il repertorio teatrale. Infatti, come chiarisce Gary Taylor, “a repertoire is a theatrical memory, and as such it can serve as a useful model of what literary critics call the ‘canon’ of great literature” (:). La “memoria” del repertorio teatrale, però, si costituisce in base alla durata , reiterazione e successo delle performances di un’opera e non è — almeno non sempre — influenzata dalla qualità letteraria del testo rappresentato. Sostituire il criterio di “valore letterario” con quello di “successo teatrale” permette di rivalutare lavori solitamente ritenuti “sub–canonical” (Powell:) che hanno invece goduto di fama, popolarità e di una vita scenica duratura. Il fatto che i testi abbiano avuto una vita scenica è quindi una condizione necessaria ma non l’obiettivo principale di questa ricerca: sebbene, in questo percorso, si sia talvolta cercato di gettare nuova luce sulla prassi teatrale del King Lear, non si tratta di “performance criticism” o di “stage–oriented studies” . Il punto focale di questo studio è e rimane il testo. Naturalmente, come sottolinea efficacemente Wells, “plays written for performance are not fully realized until they reach the stage, and critics who treat such plays purely as literature are choosing to work in blinkers” (in Taylor — Warren:). In questo percorso di ricerca, dunque, si è sempre cercato di considerare le opere teatrali nella loro unicità e complessità, come testi espressamente pensati per essere rappresentati e non letti e con una storia che include sempre la prassi scenica ma che . Cfr. Osborne in Bulman. Not Shakespeare’s Lear. Introduzione non esclude la dimensione editoriale. Per questo motivo l’analisi ha affrontato le singole opere come prodotti unici di un determinato periodo, studiandole in successione cronologica nella loro interezza, quali esiti del lavoro di un autore, di una determinata situazione storica e culturale e come variazioni letterarie da confrontare con l’ipotesto shakespeariano e con eventuali adattamenti precedenti o fonti alternative. Porre il testo al centro di questa analisi vuol dire anche introdurre un secondo criterio di delimitazione del campo di indagine. Partendo, infatti, dal proporre una definizione di ciò che è un adattamento teatrale si viene, necessariamente, a escludere altre categorie di produzione che appartengono alla storia scenica ma che, per quanto riguarda l’aspetto testuale dell’opera, non propongono variazioni rilevanti. Si è scelto di adottare la definizione di adattamento teatrale proposta da Ruby Cohn a partire da quella fornita da Hazelton Spencer: The typical adaptation includes substantial cuts of scenes, speeches, and speech assignments; much alteration of language; and at least one and usually several important (or scene– length) additions.” (H. Spencer: ) Additions are crucial in distinguishing reduction / emendation from adaptation, but my definition is wider than Spencer’s, including plays that are relatively faithful to Shakespeare’s story, however far they depart from his text. (Cohn:–) L’adattamento è dunque una trasformazione vera e propria, un’alterazione dell’ipotesto che prevede aggiunte oltre che tagli. Il Lear di Tate risulta dunque un adattamento — uno di quelli che “si distanziano molto” dall’origina. Utilizzo questo termine nell’accezione proposta in Genette, pag. . Not Shakespeare’s Lear. Introduzione le, Wells ne parla come di un lavoro “radical enough to count as independent” (:) — in quanto riorganizza la disposizione delle scene, elimina alcuni personaggi e ne aggiunge di nuovi, altera la trama compreso il finale e, soprattutto, propone una versificazione diversa per più di metà del testo. Se si è analizzato il Lear di Tate con precisione, si sono invece trascurate le numerose messinscene del testo che si sono susseguite negli anni apportando, talvolta, tagli ai dialoghi e alle scene ma nessuna aggiunta o modifica rilevante in quanto, come sottolinea Cohn “reduction/emendations are properly considered as theater history rather than literary alteration” (). Per la stessa ragione si sono studiati gli adattamenti di Garrick, Colman, Kemble e Kean in quanto si muovono su di un “doppio binario”: ogni opera manifesta chiaramente la sua natura di “fusione” tra il testo shakespeariano e quello di Tate e presenta, quindi, una versificazione variabile, una disposizione delle scene modificata e, talvolta, anche alterazioni nella trama. Si è scelto di fermare la ricerca al King Lear di William Charles Macready del perché, da quel momento in poi, la presenza della mano di Tate scompare definitivamente dal testo del King Lear shakespeariano e le messinscene successive si presentano solo come un insieme di tagli e, talvolta, ri–disposizioni di scene o dialoghi, ma non propongono mai aggiunte o modifiche sostanziali. Grazie alla loro natura teatrale e al rapporto “creativo” che intrattengono con l’ipotesto, sono state prese in considerazione anche la riscrittura di W.T. Moncrieff e tre burlesques ottocenteschi. I burlesques fanno parte delle produzioni che riservano un trattamento di tipo parodico al loro ipotesto: distorcono a fini comici il materiale originale secondo modalità che risultano profondamente diverse da quelle utilizzate dall’adattamento. I burlesques sono produ- Not Shakespeare’s Lear. Introduzione zioni metateatrali e intertestuali, ovvero, conservano un costante rapporto con il testo di partenza, ne propongono una revisione critica e non possono essere fruite senza che il pubblico abbia una precedente conoscenza dell’ipotesto. Senza la complicità dello spettatore e la condivisione di un comune livello di conoscenze — che comprendono non soltanto l’opera di partenza ma anche, i riferimenti all’attualità storica, sociale e culturale — il meccanismo del burlesque non potrebbe funzionare: “burlesque can never displace Shakespeare because it cannot be understood without Shakespeare” (Schoch :). Si tratta di un rapporto di dipendenza quasi simbiotica che appare molto diverso da quello che l’adattamento intrattiene con l’ipotesto: per lo spettatore, il confronto e il paragone tra l’opera adattata e l’originale è solitamente fonte di conflitto, mentre nel caso del burlesque è un’operazione essenziale al fine della fruizione e della comprensione. Un rapporto di tipo ulteriormente diverso è quello intrattenuto dalle riscritture con il loro materiale di origine: Charles Marowitz, parlando delle riscritture cinematografiche, sottolinea come “Knowledge of the ur–text here may enhance a filmgoer’s appreciation, but it is just as keen for people who never heard of the original” (). Trattandosi di un testo dotato di una propria autonomia, la fruizione di una riscrittura, come l’adattamento, non necessita della conoscenza del testo originale ma, come nel caso del burlesque, il confronto con l’ipotesto ne approfondisce la comprensione invece che renderla problematica. Il processo di riscrittura, che Cohn definisce “trasformazione” (), è il risultato di un’appropriazione di elementi dell’ipotesto e di un loro riutilizzo o ricollocazione in un’opera autonoma: