“Lab TD” – Rete dirigenti – Seminario 25/1/2011
Dirigenti o caporali ?
forme di direzione e democrazia nei luoghi di lavoro
“…contro ogni probabilità sono
risultate efficaci quelle scuole …basate su
modelli distribuiti e orizzontali di leadership…”
(Telford)
“se venti anni fa avessi affermato
di avere una ‘visione’ sarei stato internato;
ora non posso fare il manager senza averne una”
(dirigente anonimo)
Brunettamente
ma anche l’ ANP…..
la tesi
Il managerialismo come risposta “semplice”,
ma sbagliata,
alla organizzazione e direzione delle scuole
Il managerialismo come ideologia che
• importa nelle scuole valori, logiche di funzionamento e
tecniche di direzione delle aziende private
• accentra il potere decisionale nella figura individuale
del manager
• considera la partecipazione, ovvero la co-costruzione
dei significati, la negoziazione sindacale, la democrazia
decisionale, come fattori di disturbo da limitare o
liquidare, per quanto possibile.
Il decreto-Brunetta (d. lgs 150)
• Trasferisce poteri da organi collegiali e
ambiti negoziali all’ organo individuale
• Introduce una premialità rigidamente
individuale e selettiva
• Enfatizza un approccio punitivo e
sanzionatorio all’errore
il brunettismo come fase estrema del managerialismo
 Il d. lgs 150 perfeziona la risposta manageriale ai
problemi di governo-direzione di una organizzazione “a
legami deboli” come la scuola, ma…
 Il managerialismo era già nel codice genetico della
dirigenza scolastica, per come è stata costruita alla
fine degli anni ‘90 (norme istitutive, formazione,
associazionismo professionale, strategie sindacali)
 I legami deboli non sono una anomalia da liquidare,
ma una specificità da valorizzare, organizzare,
potenziare
la ricerca va verso un’ altra direzione…
autorevoli studi internazionali evidenziano una significativa
correlazione tra direzione “distribuita” e scuole di
successo:
“contro ogni probabilità sono risultate efficaci quelle scuole
che hanno rifondato la cultura della scuola mediante
nuovi modi di pensiero e di lavoro basati su modelli
distribuiti e orizzontali di leadership… perché nessuna
singola persona da sola ha l’insieme di capacità per fare
questo lavoro… lavorare insieme in modalità di problemsolving per cercare risposte probabili a ciò che non si
conosce… nel fare ciò si rende la scuola un luogo dove
è piacevole vivere; un luogo di apprendimento continuo
per sé stessi e per gli studenti…” (ricerca “Telford”)
L’ideologia manageriale viene da lontano
• Negli anni ’80 cambia il paradigma politico: il mercato
come massimo regolatore della società; il comando
come forma di direzione “vincente”.
• Colonizzazione culturale: subordinazione del discorso
educativo al discorso economico-finanziario
• Riduzione e precarizzazione del personale, contrazione
dei curricoli, gerarchizzazione dei saperi, scelta del
cliente, scuola-azienda, presidi-manager, competizione
tra scuole, valutazione esterna pubblica… il discorso
managerialista va posizionato dentro i processi
socio-politici che lo hanno generato.
• Conseguente transizione da modelli organizzativi
burocratico-professionali a direzione collegialecogestionale a modelli aziendalistici mutuati dal
privato a direzione autocratico-manageriale
Legami deboli: due risposte
Le scuole sono organizzazioni a “legami deboli”. Approcci
lassisti e non-lassisti.
Due approcci non-lassisti: i legami deboli vanno gestiti per
integrare i processi lavorativi e organizzativi.
• manageriale: usa le risorse del comando gerarchico e
del controllo su obiettivi dati per assimilare le logiche di
azione del nucleo tecnico alla piramide burocratica
• democratico: punta a valorizzare le logiche
professionali del nucleo tecnico, quindi a intensificare la
comunicazione e la riflessione sulle pratiche, la
produzione e negoziazione dei significati, la generazione
di sapere endogeno e di innovazione incrementale
Gli errori della risposta manageriale
Il disconoscimento e la svalutazione della specificità
professionale e delle proprietà dei contesti lavorativi
scolastici sta causando:
• Il rafforzamento della frattura tra gerarchia e nucleo
tecnico e le rispettive agende, logiche, tempi, velocità
che si traduce in “doppiezza” organizzativa e in
innovazioni “cosmetiche”
• Il fenomeno definito “nichilismo pedagogico”:
disinteresse per il pensiero pedagogico, abbandono
delle tematiche didattiche, liquidazione di pratiche
costruite negli anni, svalutazione della collegialità e della
partecipazione alla gestione delle scuole.
In sintesi…
• Le politiche di managerializzazione
costringono i d.s. a prendere le distanze
dal corpo insegnante in termini di valori,
aspettative, agenda, obiettivi, pratiche.
• La managerializzazione della direzione è
stata definita “un dispositivo di distrazione
dei dirigenti dalle pratiche più specifiche
delle scuole” (Serpieri)
perche’ la risposta manageriale e’ “sbagliata”
1. la crisi dei modelli ingegneristici di innovazione
2. il mito della decisione “razionale”
3. il superamento dei modelli lineari e prescrittivi
di progettazione didattica
4. l’affidabilità delle scuole (capacità sistemica di
affrontare eventi imprevisti)
crisi dei modelli ingegneristici di innovazione
• La complessità rende il sistema gerarchico (un centro
che pensa, progetta e comanda e una periferia che
applica innovazioni pensate altrove) lento, intempestivo,
non pertinente, costoso. INEFFICACE E INEFFICIENTE.
• La complessità obbliga le organizzazioni a riorientarsi
sulla valorizzazione dei contesti e sulla acquisizione di
capacità situate e diffuse di riflessione collaborativa
sulle pratiche.
• La “carta vincente” è la forma organizzativa “a rete”, in
cui l’innovazione è progettata in modo endogeno
(dentro le scuole), prossimale/incrementale (vicino e
ancorato alle pratiche reali), connettivo (tra i docenti e
tra le scuole).
• l’Autonomia è nata per questo, per consentire alle
scuole, a livello decentrato, di dare risposte creative e
tempestive alle domande mutevoli dei contesti.
Le decisioni nelle organizzazioni complesse
• La decisionalità come mito fondativo del managerialismo
scolastico
• Le decisioni reali sono processi complessi, multiformi,
“opachi”
• Pluralità ed eterogeneità degli ingredienti delle decisioni:
expertise, coalizioni, ideologie, conformità a norme,
procedure e ruoli, incontri casuali tra soluzioni e
problemi…
• Al di là delle ipocrisie e delle retoriche istituzionali, le
decisioni “importanti” rispondono a logiche esperte,
sociali, situate, debolmente razionali e lineari (se non ex
post)
dai modelli prescrittivi e lineari a modelli aperti e
dialogici di progettazione didattica
Modelli prescrittivi:
• Programmi nazionali + libri di testo
• Modelli istruzionalisti (ADDIE)
• Stagione costruttivista: ambienti di apprendimento,
problemi aperti e attività adeguate alla costruzione di
competenze
Approcci naturalistici: come pensano e lavorano i docenti,
come agisce l’insegnante “esperto”
• progettazione ecologica: bricoleur, interpretativa,
dialogica, aperta, situata.
• CONSEGUENZE PER L’ORGANIZZAZIONE.
indebolimento della affidabilità
•
L’affidabilità è la capacità sistemica di gestire con successo eventi
imprevisti evitando che questi, inascoltati od occultati, provochino “disastri”
(Weick 2009).
•
Nella società dell’incertezza (Bauman) e del rischio (Beck) la affidabilità
delle organizzazioni è messa a dura prova.
•
Una organizzazione affidabile non si lascia fuorviare dalle proprie
procedure e routine (cd “fallacia della predeterminazione”)
•
L’evento didattico-educativo è per sua natura denso di imprevisti.
Le proprietà di una organizzazione affidabile secondo Weick:
•
sensibilità al contesto e valorizzazione del personale in “prima linea”
•
decisioni competenti e accurate: ascolto reciproco, integrazione delle
prospettive, coordinamento delle azioni, potere “migrante”
•
approccio non punitivo all’errore: sicurezza della reciprocità,
comunicazione aperta. “Nelle organizzazioni in cui vige un rapporto stretto
tra errore e sanzione si sviluppa da un lato un atteggiamento di
occultamento dell'errore dall'altro di individuazione del capro espiatorio cui
addossare le colpe del fallimento “ (Weick 2009)
Le scuole AFFIDABILI
“…le prestazioni coscienziose e affidabili sono
possibili soltanto come frutto di menti collettive.
Innanzitutto significa che per fare bene un lavoro che
esige cura e attenzione non bastano persone diligenti,
se poi vengono lasciate sole… Stare attento, fare con
cura le cose non è un atto solitario, è un atto sociale…
la superiorità di una mente collettiva rispetto a una
pluralità di menti individuali sta nella capacità di
affrontare eventi inattesi con molta maggiore efficacia.
Nella mente collettiva, sebbene le attività restino
individuali, il referente diventa un campo socialmente
strutturato e la coscienziosità delle azioni dei singoli
dipende dall’interazione tra i know-how individuali.”
(Karl Weick, 1998)
la svolta professionale, comunitaria e democratica
• emerge l’importanza della riflessività sulle pratiche e della
natura partecipativa dei contesti versus le logiche
prescrittive, gerarchiche, decontestualizzate, astrattamente
razionali.
• Razionalità “sporca”, euristica, dialogica, plurale, situata,
che collide con la razionalità “pura” e autoritaria del
managerialismo.
• PER LA DIREZIONE il problema diventa come allestire
contesti che consentano e intensifichino comunicazione,
riflessione, cooperazione, problem solving; cognizione e
intelligenza orizzontale, “a rete”, e decisionalità
distribuita.
• Forme organizzative “a direzione distribuita”: adhocrazia
(Mintzberg), comunità di pratica (Wenger), laboratori riflessivi
(Mortari), wiki-schools.
• Decisori politici: meno onnipotenza, > umiltà e rispetto,
fiducia nelle scuole
DIRIGENTI: CHE FARE ?
•
Riprendere “respiro”: non facciamoci schiacciare sulla gestione. Il
managerialismo è molto “avido”: recuperiamo energie e tempo per una
riflessione critica sul nostro ruolo, emancipandoci dalle tutele
ideologiche concesse in cambio di servizi assicurativi e di consulenza.
•
Non limitarsi alla resistenza “ironica” o alle mediazioni impossibili,
ma esplicitare il disagio per la semplificazione concettuale e lo
slittamento valoriale impliciti nella identificazione tra funzione di
direzione e figura del dirigente. A chi ? Come ?
•
Porre all’odg la questione della democrazia nei luoghi di lavoro, tra
cui le scuole. L’istruzione e il lavoro sono “beni comuni”, “beni non
rivali” e come tali vanno trattati.
•
Riproporre un discorso democratico e partecipativo focalizzando
l’attenzione sulla intensificazione della comunicazione e la
“coltivazione di comunità di pratica” (Wenger); sulla organizzazione
“a rete” dentro le scuole e tra le scuole
•
Esercitare un ruolo di promozione della partecipazione, di facilitazione
delle interazioni orizzontali, di sostegno ai processi decisionali, di
connessione di expertise; un ruolo di “coltivatore” di rete (Wenger).
in sintesi:
 Il d. lgs 150 perfeziona la risposta “manageriale” ai
problemi di governo-direzione di una organizzazione “a
legami deboli” come la scuola
 I legami deboli non sono una anomalia da liquidare, ma
una specificità da valorizzare, organizzare, potenziare
 Nella società della conoscenza e dell’incertezza
l’organizzazione piramidale non funziona, è inefficace, è
anti-democratica.
 La risposta efficace sta in una direzione distribuita e
democratica che emerge da una organizzazione a
rete, perché più funzionale alla generazione di
apprendimento e innovazione attraverso la riflessione
basata sulle pratiche, l’intensificazione delle interazioni
cognitive, una distribuzione orizzontale della
decisionalità
«Nel mondo ricco ha vinto la libertà. Con le
immani conseguenze che questo comporta.
La democrazia è rinviata ad altre epoche.»
(Luciano Canfora, “La democrazia. Storia di una
ideologia”, Laterza 2008)
La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.
(Giorgio Gaber, “La libertà” 1972)
•
Bonazzi G. “Dire, fare, pensare. Decisioni e creazione di senso nelle
organizzazioni”, F. Angeli 2002
•
Cobalti A. “Globalizzazione e istruzione” il Mulino 2006
•
Crouch C. “Post-democrazia” Laterza 2003
•
Gherardi S. e Nicolini (2005) “Apprendimento e conoscenza nelle
organizzazioni”, Carocci
•
Morelli U. “Incertezza e organizzazione” R. Cortina 2009
•
Rossi P., Toppano E., “Progettare nella società della conoscenza” Carocci
2009
Serpieri R. “Leadership senza gerarchia: riflessioni sul management
scolastico” Liguori 2002
•
•
Serpieri R. “La leadership educativa in Italia: oltre il discorso burocratico ?”
in “Scienza dell’amministrazione scolastica” , 2007 n. 2 e 2008 n. 1
•
Weick K. “Governare l'inatteso. Organizzazioni capaci di affrontare le crisi
con successo” R. Cortina 2009
•
Wenger E. “Comunità di pratica” R. Cortina 2006
•
Wenger E., McDermott R., Snyder W.M. “Coltivare comunità di pratica.
Prospettive ed esperienze di gestione della conoscenza”, Guerini e
associati 2007
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