PRIME NOTE SUI DIFFICILI RAPPORTI TRA CODICE ANTIMAFIA E CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI M.Cristina Colombo Avvocato in Milano PREMESSA Per effetto delle nuove norme in materia di antimafia, introdotte dal D. Lgs. n. 159/2011, di recente modificato dal D. Lgs. n. 218/2012, le stazioni appaltanti devono acquisire la documentazione antimafia, tra gli altri casi, prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici. La nuova normativa, come si dirà più in dettaglio nei paragrafi successivi, pone un problema non agevole di coordinamento con il Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. n. 163/2006), che, all’ art. 247, comma 1, stabilisce che «restano ferme le vigenti disposizioni in materia di prevenzione della delinquenza di stampo mafioso e di comunicazioni e informazioni antimafia». Certamente, le difficoltà di prima applicazione sono anche dipese dal fatto che, a fronte delle norme del D. Lgs. n. 159/2011, c.d. «Codice Antimafia», che rinviava l’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel Libro II, in materia di documentazione antimafia, a 24 mesi successivi al regolamento per il funzionamento della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia (regolamento non ancora adottato), il D. Lgs. Correttivo n. 218/2012 ha anticipato al 13 febbraio 2013 l’entrata in vigore delle medesime disposizioni.1 A ciò si aggiunga che il Consiglio dei Ministri ha varato anche il D.P.C.M. 18 aprile 2013, che istituisce la cd. «White List» di operatori economici non soggetti a rischio di infiltrazione mafiosa presso tutte le Prefetture; in particolare, il decreto disciplina le modalità relative all’istituzione e all’aggiornamento presso ciascuna Prefettura dell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori operanti nei settori esposti maggiormente a rischio, individuati dall’art. 1, commi 53 e 54 della L. n. 190/2012 (c.d. Legge Anticorruzione), nonché le attività di verifica da svolgersi per l’accertamento dei requisiti richiesti per l’iscrizione nel medesimo elenco. LA DOCUMENTAZIONE ANTIMAFIA: CENNI IN TEMA DI AMBITO DI APPLICAZIONE SOGGETTIVO ED OGGETTIVO artt. 83, 84 e 86 del Codice Antimafia La documentazione antimafia è costituita: 1) dalla comunicazione antimafia, che consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 del D. Lgs. n. 159/2011, ovvero dell’applicazione con provvedimento definitivo di una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II del Codice: le c.d. misure di prevenzione personali; 2) dalla informazione antimafia, che consiste nell’attestazione della sussistenza delle medesime cause previste per la comunicazione antimafia, nonché di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate. Quanto all’ambito di applicazione oggettivo, ai sensi dell’art. 83, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di opere pubbliche, devono acquisire la documentazione antimafia prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e 1 A tale proposito il Decreto Correttivo ha inserito una disciplina di diritto transitorio, poi chiarita dalla Circolare Ministeriale – Ministero Interno 8 febbraio 2013. forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67 del Codice (rilascio di contributi pubblici, concessioni etc.). La documentazione antimafia non è comunque richiesta: per i rapporti fra i soggetti pubblici di cui sopra; per il rilascio o rinnovo delle autorizzazioni o licenze di polizia di competenza delle autorità nazionali e provinciali di pubblica sicurezza; per i rapporti fra i soggetti sopra elencati ed altri, anche privati, i cui organi rappresentativi e quelli aventi funzioni di amministrazione e di controllo sono sottoposti, per disposizione di legge o di regolamento, alla verifica di particolari requisiti di onorabilità tali da escludere la sussistenza di una delle cause di sospensione, di decadenza o di divieto di cui all'articolo 67 del Codice; per la stipulazione o approvazione di contratti e per la concessione di erogazioni a favore di chi esercita attività agricole o professionali, non organizzate in forma di impresa, nonché a favore di chi esercita attività artigiana in forma di impresa individuale e attività di lavoro autonomo anche intellettuale in forma individuale; per i provvedimenti gli atti, i contratti e le erogazioni il cui valore complessivo non supera i 150.000 euro. Quanto invece ai soggetti cui la documentazione antimafia deve riferirsi, gli stessi possono essere in sintesi cosi riepilogati: (i) per le imprese individuali: il titolare e il direttore tecnico, ove previsto; (ii) per le società in nome collettivo: tutti i soci e il direttore tecnico, ove previsto; (iii) per le società in accomandita semplice: tutti i soci accomandatari e il direttore tecnico, ove previsto; (iv) per le società di capitali, anche consortili, società cooperative: a) legale rappresentante e eventuali altri componenti l'organo di amministrazione; b) anche il socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro; c) socio in caso di società con socio unico; (v) per i consorzi: ciascuno dei consorziati che detiene una partecipazione superiore al 10 per cento oppure una partecipazione inferiore al 10 per cento e abbia stipulato un patto parasociale riferibile a una partecipazione pari o superiore al 10 per cento, e soci o consorziati per conto dei quali le società consortili o i consorzi operino in modo esclusivo nei confronti della pubblica amministrazione; (vi) per le associazioni e società di qualunque tipo: soggetti membri del collegio sindacale o, nei casi contemplati dall'articolo 2477 del codice civile, sindaco, nonché soggetti che svolgono i compiti di vigilanza di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (art. 85, comma 2-bis, D. Lgs. n. 159/2011); (vii) per le società estere con sede secondaria in Italia: i soggetti che rappresentano stabilmente la sede secondaria e il direttore tecnico, ove previsto; se invece non hanno una sede secondaria in Italia, i soggetti che esercitano poteri di amministrazione, rappresentanza o direzione d’impresa; (viii)per i Gruppi Europei di interesse economico: i soggetti che ne hanno la rappresentanza e il direttore tecnico, ove previsto. Per l’informazione antimafia è espressamente previsto all’art. 85, comma 3, del Codice (così modificato dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 3, D. Lgs. n. 218/2012), che la stessa debba riferirsi anche ai familiari conviventi dei soggetti sottoposti a verifica. Il Codice conferma la validità semestrale della comunicazione; ad opera del D. Lgs. n. 218/2012, è stata invece ampliata la validità dell’informazione antimafia, che da 6 mesi viene portata a 12 mesi, nel caso in cui non siano intervenuti mutamenti nell’assetto societario e gestionale dell’impresa. Nel caso si verifichi un mutamento, i legali rappresentanti degli organismi societari hanno l’obbligo di trasmettere al Prefetto, che ha rilasciato l’informazione antimafia, copia degli atti dai quali risulta l’intervenuta modificazione per quanto concerne i soggetti destinatari di verifiche antimafia. I termini di validità decorrono non più dal rilascio da parte del Prefetto, bensì dall’acquisizione da parte dell’Amministrazione richiedente. La comunicazione antimafia è rilasciata dal Prefetto della provincia in cui i soggetti richiedenti hanno sede ed è conseguita mediante consultazione della banca dati nazionale da parte dei soggetti debitamente autorizzati di cui all’art. 97, comma 1, del Codice, ovvero: i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2, del Codice; le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura; gli ordini professionali. Anche l'informazione antimafia è rilasciata dal Prefetto della provincia in cui hanno residenza o sede le persone fisiche, le imprese, le associazioni, le società o i consorzi interessati ai contratti e subcontratti di cui all'art. 91, comma 1, lettere a) e c) del Codice o che siano destinatari degli atti di concessione o erogazione di cui alla lettera b) dello stesso comma 1. Nei confronti dei soggetti aventi residenza o sede all'estero, l'informazione antimafia è rilasciata dal Prefetto della provincia dove ha inizio l'esecuzione dei contratti e dei subcontratti di lavori, servizi o forniture pubblici nonché delle attività oggetto dei provvedimenti indicati nell' art. 67 del Codice. Da ultimo e brevemente con riferimento ai termini, l’informazione antimafia interdittiva (ma analoghi termini valgono per la comunicazione) deve essere rilasciata entro 45 giorni dal ricevimento della richiesta. Se le verifiche sono particolarmente complesse, il prefetto comunica all’amministrazione interessata il ritardo e fornisce le informazioni richieste entro i successivi 30 giorni. Decorsi 45 giorni, ovvero, nei casi di urgenza, decorso il termine di quindici giorni dalla ricezione della richiesta, i soggetti richiedenti procedono anche in assenza dell'informazione antimafia. In tale caso, l’autorizzazione ed il rilascio di contributi, finanziamenti, agevolazioni e altre erogazioni è sottoposta a condizione risolutiva e i soggetti richiedenti revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite; La revoca e il recesso di cui al sopra si applicano anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto. CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI E CODICE ANTIMAFIA E’ evidente, per la stretta correlazione tra le due discipline, che sarebbe stato non solo opportuno, ma necessario un coordinamento tra i due Codici. Del resto, anche l’ Autorità di Vigilanza, in sede di audizione alla Commissione giustizia presso la Camera dei deputati sul disegno di legge contenente la delega al Governo in materia di normativa antimafia, aveva suggerito di effettuare un coordinamento con quanto previsto dall’ art. 38 del Codice dei Contratti, onde scongiurare incertezze interpretative sull’ambito di applicazione delle cause ostative alla partecipazione alle procedure di gara. In effetti, il rinvio previsto dall’art. 247 del Codice dei Contratti, richiamato in premessa, ed in forza del quale «restano ferme le vigenti disposizioni in materia di prevenzione della delinquenza di stampo mafioso e di comunicazioni e informazioni antimafia» non appare sufficiente a garantire un coordinamento adeguato per quanto riguarda il rapporto tra l’art. 38 del Codice dei Contratti e l’art. 84 del Codice Antimafia; e sotto un altro profilo il rapporto tra l’art. 135 del Codice dei Contratti e l’art. 94 del Codice Antimafia.2 Sotto il primo aspetto, si ricorda che l’art. 38, comma 1, lett. c), del Codice dei Contratti, nell’occuparsi delle condizioni di capacità generale a contrarre con la pubblica amministrazione (i cd. requisiti generali) elenca tra i soggetti “incapaci” i soggetti condannati con sentenza passata in 2 Il tema è stato trattato in termini scientifici ed analitici da D’Angelo,” La documentazione antimafia……profili critici” in urb.e app., 3/2013, pag. 256 ss. giudicato per determinati reati (tra cui quello di partecipazione a un’organizzazione criminale e il riciclaggio); i soggetti nei cui confronti è pendente procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione personale; i soggetti vittima dei reati di concussione ed estorsione che non abbiano denunciato i fatti all’autorità giudiziaria, in assenza di una causa di giustificazione. Fattispecie coincidenti con quelle che l’art. 84, comma 4 del Codice Antimafia considera rilevanti a tali fini: la norma fa infatti riferimento a provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio o che recano una condanna anche non definitiva. Sotto un ulteriore profilo, il Codice Antimafia, a differenza che del Codice Appalti, fa riferimento a misure cautelari o condanne non definitive e alle misure di prevenzione in genere; pertanto, secondo la dottrina che sino ad ora si è occupata della questione il rilascio dell’informativa interdittiva per tentativo di infiltrazione mafiosa si fonderebbe su un elenco di fattispecie penali che, a prima lettura, risulta più ampio di quello previsto all’art. 38 del Codice dei Contratti3. Subito evidenti e di agevole intuizione le conseguenze operative su un appalto pubblico e la sua gestione da parte del responsabile del procedimento laddove l’informativa intervenga, dopo l’aggiudicazione, ma prima della stipulazione del contratto. Si pensi al caso del concorrente idoneo a partecipare alla gara d’appalto, in quanto in possesso dei requisiti di capacità generale a contrarre con la pubblica amministrazione, ai sensi dell’ art. 38 del Codice dei Contratti, che risulti aggiudicatario e sia successivamente destinatario di una informativa interdittiva alla stipula del contratto ex art. 84, comma 4, del Codice Antimafia. L’informativa tardiva rispetto all’aggiudicazione, assolutamente legittima rispetto alle previsioni del Codice Antimafia, produrrebbe effetti sull’andamento della gara, sull’obbligo per le stazioni appaltanti di assumere provvedimenti di secondo grado o comunque allungherebbe i tempi procedimentali al fine di ottenere un nuovo legittimo aggiudicatario dell’appalto. Non solo. Il Codice Antimafia, anche per effetto del Decreto correttivo, amplia l’elenco dei soggetti sottoposti alla verifica antimafia, comprendendovi anche i gruppi europei di interesse economico ed i membri dei collegi sindacali di associazioni e società, i componenti dell’organismo di vigilanza ex D. Lgs. n. 231/2001, nonché le imprese prive di sede principale o secondaria in Italia. Soggetti ad oggi non obbligati ad alcuna dichiarazione nei confronti della stazione appaltante rispetto ai requisiti di capacità generale dell’art. 38 del Codice Appalti. Anche in questo caso, che posizione dovrebbe assumere il responsabile della procedura di appalto rispetto alla conoscenza di tali dati, sicuramente significativi, ma che in quanto tali non sarebbero idonei ad impattare sul procedimento di gara e sui provvedimenti in quella sede assunti? Ma non basta. L’informativa del Prefetto può intervenire dopo la stipula del contratto di appalto, per esempio perché la Prefettura non ha adottato entro i termini previsti l’informativa, oppure nel caso di appalti urgenti. Il Codice Antimafia si è occupato di tale specifica ipotesi all’ 94, comma 2, prevedendo che l’amministrazione debba recedere dal contratto . Il comma 3 dello stesso articolo, tuttavia, introduce una contro ipotesi di deroga, specificando due casi in cui l’amministrazione possa non attivare una procedura di recesso: nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione; in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi. Casi nuovamente, ed a ben vedere, problematici un profilo applicativo, laddove si tratti di valutare il concetto di effettiva ultimazione di un’opera, ovvero la prevalenza dell’interesse pubblico rispetto ad un servizio ovvero una fornitura. Riguardo l’applicazione di tale disposizione, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di osservare che «Con riferimento al contratto di appalto pubblico, l’atto con cui la stazione appaltante, in conseguenza dell’informativa prefettizia, recede dal contratto è espressione di un 3 Così D’Angelo, op. cit. potere di valutazione di natura pubblicistica, diretto a soddisfare l’esigenza di evitare la costituzione o il mantenimento di rapporti contrattuali con imprese nei cui confronti emergano sospetti di legami con la criminalità organizzata. Pertanto, trattandosi di atto estraneo alla sfera del diritto privato, in quanto espressione di un potere autoritativo di valutazione dei requisiti soggettivi del contraente, il cui esercizio è consentito anche nella fase di esecuzione del contratto, la relativa controversia appartiene alla giurisdizione del Giudice Amministrativo». (cfr. TAR Puglia Lecce, Sez. I, 25 gennaio 2013, n. 166). E, con specifico riferimento al pubblico interesse che deve supportare una non interruzione del rapporto contrattuale già instaurato, in tempi molto recenti il Giudice amministrativo ha rilevato che occorre effettuare una « valutazione di opportunità, per l’interesse pubblico, che prosegua il rapporto negoziale già instaurato, allorché tale rapporto perduri da un cospicuo lasso di tempo e sussistano concrete e stringenti ragioni che rendano del tutto sconveniente per l’amministrazione l’interruzione della fornitura, del servizio o dei lavori oggetto del contratto revocando. Pertanto, la motivazione deve essere ampia e dettagliata, solo laddove la stazione appaltante ritenga (eccezionalmente) di valorizzare tali circostanze, e non anche laddove intenda aderire alla portata inibitoria dell’informativa prefettizia. In quest’ultimo caso, a giustificare l’adozione del provvedimento risolutorio è sufficiente il mero rinvio alla misura interdittiva medesima» (cfr. TAR Calabria Reggio Calabria, 7 maggio 2013, n. 258) Ma anche in questo caso è stato già correttamente sottolineato un mancato coordinamento con le norme del Codice Appalti. L’art. 135 (che disciplina la risoluzione del contratto qualora nei confronti dell’appaltatore sia intervenuta l’emanazione di una misura di prevenzione o la condanna definitiva per riciclaggio) osserva la dottrina pare “lasciare alla stazione appaltante un margine più ampio nella valutazione sull’interruzione del rapporto contrattuale. E’ affidata, infatti, al responsabile del procedimento la proposta alla stazione appaltante di procedere alla risoluzione del contratto, «in relazione allo stato dei lavori e alle eventuali conseguenze nei riguardi delle finalità dell’intervento»”. Si può allora ipotizzare che la norma del Codice Appalti vada interpretata, almeno nei casi che possono fondare la informativa interdittiva, secondo la regola più rigorosa indicata nell’art. 94 Codice Antimafia? 4Non mancheranno anche sotto questo profilo contrasti interpretativi. Ed ancora, anche se gli ambiti applicativi sono diversi, non è escluso che i giudizi resi dai giudici amministrativi rispetto ai provvedimenti antimafia possano condizionare le amministrazioni appaltanti nel prosieguo della gestione della commessa pubblica. La lettura delle massime delle più recenti sentenze in materia antimafia pare condurre a tale interpretazione. Ad esempio è stato affermato che «Le informative antimafia negative non sono provvedimenti di carattere punitivo, per l’adozione dei quali è necessario individuare un elemento di colpevolezza nei riguardi dei soggetti a cui sono rivolte; attengono piuttosto alla natura dei provvedimenti di carattere preventivo – tutela avanzata – posti a presidio dell’ordine pubblico, volti ad evitare la possibile infiltrazione di ambienti criminali nel tessuto economico della società; ed in quanto tali sono dipendenti dalla valutazione, ampiamente discrezionale, operata dalle Prefetture di circostanze rilevanti nel loro complesso, su un piano oggettivo, indipendentemente dalle specifiche colpe che possono essere attribuite ai soggetti interessati» (cfr. TAR Sicilia Palermo, Sez. I, 7 dicembre 2012, n. 2571). Ed ancora: «L’effetto tipico dell’interdittiva è non già l’accertamento della «criminalità» dell’imprenditore o della sua vicinanza collaborativa con organizzazioni criminali, bensì l’individuazione del solo «rischio» che l’impresa non sia libera di determinarsi: per questo motivo, la soglia di valore che segna il limite della fattispecie non è disponibile, perché costituisce un preciso punto di equilibrio del bilanciamento di opposti interessi, individuato dal legislatore. Tale limite è posto, infatti, per contemperare in maniera ragionevole e proporzionata l’esigenza di assicurare le ragioni di interesse pubblico alla prevenzione con l’altrettanto qualificata esigenza di consentire libertà di impresa e speditezza degli affari ad operatori che comunque non sono colpiti da condanne o soggetti a conseguenti interdizioni sanzionatorie di 4 Così D’angelo, op. cit. natura penale ed, al contempo, la celere effettuazione da parte della PA di spese, ordinativi e contratti di uso comune e di minore complessità» (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 17 gennaio 2013, n. 371). Ed infine, illuminante sul rapporto tra provvedimento antimafia e prosieguo dell’appalto, la recente pronuncia sopra già citata del maggio di quest’anno del Tar Calabria secondo il quale «In caso di interdittiva antimafia a carico della mandante, la mandataria resta obbligata all’esecuzione della prestazione e, per rispettare tale impegno negoziale, può, secondo una previsione chiaramente eccezionale, sostituire la mandante colpita con altro soggetto parimenti idoneo, anche esterno all’originaria composizione partecipante alla gara. […] Diversamente, in caso di interdittiva antimafia a carico della mandataria, il meccanismo sopra descritto non può operare, poiché è venuto meno proprio il soggetto che ha la responsabilità generale e solidale della buona esecuzione dell’appalto». Infine, si ricorda che il D. Lgs. n. 5/2012, convertito in L. n. 35/2012 ha introdotto nel Codice dei Contratti il nuovo art. 6-bis, il quale ha previsto che, a partire dal 1° gennaio 2013 (termine ora già prorogato di un anno), tutta la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di partecipazione alle gare pubbliche in capo ai partecipanti sia acquisita dalle stazioni appaltanti direttamente dalla Banca dati dei contratti pubblici, istituita presso l’AVCP. In tema di appalti quindi si sovrapporrebbero, una volta che i due sistemi saranno a regime, due diverse Banche dati, con finalità certamente diverse, ma accumunate da medesimi obiettivi di controllo. Già in occasione dell’adozione del D.Lgs. n. 218/2012, l’AVCP aveva suggerito di unificare il sistema dei controlli in materia di appalti pubblici, indicando se stessa come interlocutore unico per le richieste relative all’antimafia finalizzate alla verifica dei requisiti generali. Tutto ciò e nuovamente nel tentativo di evitare anche riguardo tale ultimo tema prevedibili problemi operativi di coordinamento.