n.94 / 14
21 LUGLIO 2014
MAGAZINE
Disservizio Wind
Tagliare (ancora) Tutti i punti vendita iPhone 6 arriverà
diventeranno il 30 settembre
Sono in arrivo
personale è come Saturn
05 secondo Amazon 10 i rimborsi
11
tagliarsi le vene Media World
La crisi morde e arrivano i licenziamenti
e le ristrutturazioni. Le multinazionali – si
sa – non vanno troppo per il sottile: scende
il fatturato, a casa “n” persone. Una pratica
quasi meccanicistica che ricorda – pur con
tutte le dovute differenze – le decimazioni
imposte ai civili italiani dalla Wermacht
durante la Seconda Guerra Mondiale.
E, per certi versi, le notizie che arrivano
sanno proprio di bollettino di guerra: Sony
è in pieno taglio, l’ennesimo; Microsoft ha
annunciato un piano di sacrifici “umani”
mai visto prima; altri colossi, soprattutto
giapponesi, hanno già fatto e continuano a
fare “accorciamenti della coperta”; le catene
di elettronica di consumo riducono ancora
il personale quando proprio non passano
alla chiusura di alcuni negozi. La redditività
che scende suggerisce le contromisure; la
caduta libera dei prezzi le impone.
Non sappiamo come vadano le cose nel
resto del Mondo, dove magari i tagli sono
anche giustificati. Ma conoscendo la complessità del nostro mercato (e la complessità
dei prodotti), siamo però certi che da noi il
“fondo del barile” fosse già stato toccato:
gli staff delle aziende e dei negozi ci paiono
già ai minimi necessari per garantire la
normale operatività, forse siamo già anche
al di sotto. Ridurre gli addetti, a questo
punto, significa strozzare ancora di più le
possibilità di ripresa e di rivincita. Tanto più
che l’esperienza ci insegna che a lasciare
le aziende in ristrutturazione sono spesso
le figure che più facilmente riescono a
ricollocarsi, e quindi le più valide. il rischio è
che nessuno, produttori e retailer, con meno
addetti per un mercato che muove occhio
e croce gli stessi pezzi, abbiano più tempo
e competenze per fare le cose per bene;
per proporre i prodotti con i giusti contenuti;
per creare quella magia che per tanti anni è
stata il motore del mercato e della passione.
C’è il rischio di abituarsi, più ancora di quanto non venga già fatto, a banalizzare tutto;
il rischio di rendere l’elettronica di consumo
addirittura meno attraente di lavatrici e
frigoriferi; un abbandonarsi definitivamente
nelle mani dei “prezzacci” mettendo per
sempre da parte prestazioni e qualità.
È in queste situazioni che si sente nel
nostro settore la mancanza di un comparto
industriale italiano; e se manca l’industria
di certo non esistono le politiche industriali,
che infatti languono. Il libero mercato, senza
politiche di indirizzo e sostegno e con sole
filiali commerciali, si comporta nei periodi
di crisi in maniera miope. Non servono
eventi come “Digital Venice” e neppure
è utile avere il maggior tasso europeo di
penetrazione degli smartphone, se poi la
gente non sa come usare le tecnologie e se
le infrastrutture fanno acqua. L’Italia – ben
più di altri Paesi come Germania o UK – ha
bisogno di filiali e negozi forti, perché il
gap da colmare è maggiore; e proprio per
questo le aziende potrebbero contare - se
lavorassero per lo sviluppo della cultura
digitale - su margini di crescita più alti di altri
Paesi. Ridurre il personale, oggi, non fa altro
che ridurre le nostre possibilità di colmare
le differenze che ci tengono ai margini
dell’Europa digitale.
Gianfranco GIARDINA
In allegato l’inchiesta verità su SIAE & co.
Che fine fanno i soldi della copia privata
Abbiamo provato a ricostruire i metodi di ridistribuzione
La gestione costa 10 milioni all’anno ed è troppo lenta
Infinity sui TV con Chromecast
02
Il servizio di streaming video Mediaset ora
è compatibile con Chromecast: oltre 5.000
contenuti ora anche sui TV non “TivùOn”
Basta smartphone Android
Microsoft uccide Nokia X
09
Non verranno più sviluppati telefoni Android
Tutti gli investimenti solo su Windows Phone
Sfida all’ultimo sorriso
In prova gli spazzolini elettrici
IN PROVA
21
Abbiamo messo a confronto gli spazzolini elettrici Philips
e Oral B: quale tra i due farà “sorridere meglio” e quale
risulterà il più efficace nella pulizia quotidiana dei denti?
TV LG 47LB730V
È arrivato webOS
25
35
Wiko Wax, potente
e super conveniente
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TV E VIDEO Infinity, il servizio di videostreaming Mediaset, diventa compatibile con Chromecast
I film di Infinity sul TV grazie a Chromecast
I 5.000 contenuti disponibili grazie alla chiavetta di Google vanno su qualsiasi TV di casa
di Emanuele VILLA
nfinity, il servizio di video-streaming
targato Mediaset, espande la propria presenza all’interno delle mura
domestiche. E lo fa annunciando la
piena compatibilità Chromecast, la
“chiavetta magica” targata Google
che permette il trasferimento e lo
streaming via Wi-Fi dal dispositivo mobile (smartphone/tablet) direttamente
al grande schermo del TV di casa.
L’implementazione è stata resa
possibile
integrando
la
tecnologia di Google all’interno di
Accenture Video Solution (AVS), il
software che gestisce i servizi di
Video on IP e che, di conseguenza,
rappresenta la piattaforma tecnologica utilizzata da Infinity. Il risultato è
che ora è possibile vedere sul proprio
TV HD i contenuti presenti su Infinity
anche tramite Chromecast, spaziando da film italiani, esteri, serie TV e
I
Haier lancia
la nuova gamma
di TV Android
M7000
Già disposnibili
i TV M7000 di Haier
Due modelli, un 39
e un 48 pollici che
si distinguono per
l’integrazione di
Android 4.2 con
accesso a tutte le app
del Google Play Store
di Paolo CENTOFANTI
cartoni. L’app di Infinity con il supporto di Chromecast è disponibile nel
Play Store, presto lo sarà nell’App Store,
e la funzionalità Chromecast è stata
anche aggiunta al sito web di Infinity.
A livello pratico, è tutto molto semplice: l’app mostra l’icona di Google Cast
in alto a destra, e basta premerla per
effettuare lo streaming del contenuto dal dispositivo mobile al TV. Nulla
di più complesso, ma un grosso passo avanti per chi vuole (giustamente)
gustarsi i contenuti video sull’impianto
audio-video principale di casa.
TV E VIDEO L’aggiornamento della app di Chromecast abilita il mirroring sullo schermo del TV
Chromecast: ecco il mirror, ma non per tutti
Chromecast ora diventa come Miracast, ma i dispositivi supportati non sono moltissimi
C
di Roberto PEZZALI

on un post sul suo blog Google
annuncia l’arrivo di una feature
molto attesa dagli utenti di
Chromecast (qui la nostra prova), ovvero la possibilità di inviare ad una TV
o a un monitor, al quale è collegato
ovviamente il dispositivo, le immagini
dello smartphone. Un mirroring vero,
esattamente come quello che viene
eseguito da Miracast, con la differenza
che quest’ultimo richiede un TV compatibile, mentre con Chromecast ogni
TV, anche non recente, può accettare
lo stream. Per funzionare l’applicazione
Chromecast deve essere aggiornata
all’ultima versione, la 1.7, e il dispositivo
dev’essere uno di quelli abilitati. Non
molti, ma comunque troviamo alcuni tra
i più diffusi terminali con Android a bordo, e precisamente Nexus 4, Nexus 5,
Nexus 7 (2013), Nexus 10, Samsung
Galaxy S4, Samsung Galaxy S4 (Google
Play Edition), Samsung Galaxy S5, Samsung Galaxy Note 3, Samsung Galaxy
torna al sommario
Note 10, HTC One M7, HTC One M7
(Google Play Edition), LG G3, LG G2,
LG G Pro 2.
Usare Chromecast in mirroring non
equivale comunque ad avere un’applicazione Chromecast nativa e se
si pensa di usare questa possibilità
per trasmettere ad un TV SkyGo o
Mediaset Infinity si deve valutare anche il carico di lavoro a cui viene sottoposto lo smartphone o il tablet, che
deve decodificare il flusso in streaming
per poi ricomprimerlo in un formato
adatto al TV. Nessun problema invece
per visualizzare foto, presentazioni o
pagine web.
Sono già disponibili in Italia i
nuovi TV Android di Haier. La
serie M7000 integra, infatti, il
sistema operativo mobile di
Google, con certificazione per
le Google Apps e il Play Store.
Questo significa che sarà possibile scaricare sul TV la maggior parte delle app disponibili
anche per smartphone e tablet,
dai giochi ai lettori multimediali, passando naturalmente per
tutto il resto (come è possibile
vedere nella nostra preview
completa).
La serie M7000 è composta
da due modelli di TV Full HD,
LE39M7000BF e LE48M7000BF,
rispettivamente con schermo
da 39 e 48 pollici. Si tratta di TV
LCD direct LED, con Wi-Fi integrato, Android in versione 4.2.2,
porte USB con funzione di PVR e
time shift (collegando hard disk
esterni o chiavette), slot CI+ per
la ricezione di programmi TV a
pagamento e classe energetica
A+. Molto Interessanti i prezz
di listino: 439 euro e 649 euro
rispettivamente per i modelli
da 39 e 48 pollici.
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21 LUGLIO 2014
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TV E VIDEO Dopo il lancio in occasione dei mondiali, Hisense rivede il listino della serie K680
Hisense 42K680, il 4K scende a 400 euro
Il listino del 42” scende da 699 euro a 599 euro, ma si trova in vendita a molto meno
H
di Roberto PEZZALI
isense scommette sul 4K a basso
costo: dopo la prima offerta per i
mondiali di calcio, che vedeva il
modello 42K680 in vendita a 699 euro
nelle principali catene di elettronica,
arriva ora un ulteriore sconto che porta il prezzo di listino della versione da
42” a 599 euro.
Un prezzo che viene limato ulteriormente online, dove svariati negozi stanno già proponendo il 42” a
poco più di 400 euro con garanzia
italiana. Con una risoluzione pari a
3840x2160 pixel, Wi-Fi integrato,
quattro HDMI, tre USB e Tuner Digitale e Satellitare (niente HEVC però)
i TV della serie K680 sono dei buoni
candidati anche come TV per la visualizzazione di fotografie.
“Hisense si pone come obiettivo finale
la soddisfazione del cliente. Un risultato possibile grazie alla presentazio-
Il magnifico TV 21:9
da 105” che Samsung
ha presentato al CES
ha un prezzo da
capogiro, ma chi può
permetterselo farà
un figurone
di Roberto PEZZALI
ne di un prodotto qualitativamente
elevato, che combina sapientemente
innovazione e tecnologia. Desideriamo che il consumatore abbia la
possibilità di vivere un’esperienza di
consumo eccellente. Noi siamo sicuri
di potergliela garantire”, ha dichiarato
Gianluca Di Pietro, General Manager
di Hisense Italia.
La serie K680 è disponibile anche con
schermo daa 50”: in questo caso per
l’acquisto servono però 999 euro.
TV E VIDEO Avviato il progetto di approvazione delle specifiche dello standard 4K fino a 60 fps
DVB lavora al nuovo standard DVB-UHDTV
L’iter di approvazione è lungo ma la prima fase è stata avviata. Arriveranno anche i canali?
M
di Michele LEPORI

entre il mondo si interroga (o
meglio, continua a interrogarsi)
circa l’assenza di contenuti 4K
di valore, i detentori di contenuti sembrano intenzionati a giocare la carta
dello streaming. In Italia siamo indietro,
tanto per cambiare, ma qualcosa a livello mondiale (tra Netflix e soci) inizia
a muoversi. E sul digitale terrestre?
Non vedremo mai un programma 4k?
In realtà DVB, l’organizzazione che sottostà allo sviluppo degli standard per le
trasmissioni del digitale terrestre, satellitare e via cavo, pare abbia dato luce
verde alla “Phase 1” di un progetto che
vedrà la nascita di standard dedicati
alla trasmissione nativa in 4K, a 60 immagini per secondo (una manna per gli
sport) e con supporto di 10 bit per pixel
colore invece degli 8 attuali. Nome in
codice DVB-UHDTV.
L’iter è appena agli albori e ora le specifiche andranno valutate accuratamente
dall’European
Telecommunications
torna al sommario
Chi ha
119.990 euro
per comprare
il 105” Samsung?
Standards Institute, ma si parla già di
una potenziale Phase 2 con supporto
a 120 fps e uno spazio colore esteso
Rec. 2020. Per la fruizione dei contenuti 4K su digitale terrestre e sat sarà
ovviamente necessario avere un decoder DVB-UHDTV dedicato che non
è ancora ben chiaro se gli attuali TV
4K potranno gestire senza problemi;
di sicuro invece i TV delle prossime
generazioni saranno già compatibili
(si parla di “modelli post-2015”) e DVB
obbligherà le emittenti interessate a
trasmettere con algoritmo di compressione HEVC, molto più prestante dell’attuale standard H.264.
Per molti è il TV dei sogni: 105”
di diagonale, formato 21:9,
5120 x 2160 di risoluzione e tutte le ultime tecnologie Samsung,
incluso ovviamente lo schermo
curvo. Il Samsung UE105S9W era
uno dei due TV da 105” che LG e
Samsung hanno portato per sbalordire tutti al CES di Las Vegas e
ora, almeno per quanto riguarda
Samsung, questo modello si può
davvero acquistare. In Germania
infatti il televisore può essere
ordinato per la “modica” cifra di
119.990 euro, speriamo trasporto
e installazione inclusa.
Al di la degli aspetti puramente tecnici, che probabilmente
fanno discutere per l’assenza di
materiale da vedere in quel formato e l’uso del form factor 21:9,
il TV UE105S9W è senza dubbio
uno dei pochi televisori che può
lasciare a bocca aperta e installato in un ambiente adeguato lascia il segno. L’equipaggiamento
del TV e le sue funzionalità sono
quelle della serie HU8500, mentre il design è il Timeless Design
di Samsung già usato su altri prodotti della gamma “luxury”.
Il lancio in Germania forse non è
casuale, in Italia sono poche le
persone che possono permettersi questo piccolo lusso.
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ENTERTAINMENT Dopo lo scoop degli scorsi, presentato ufficialmente il servizio Kindle Unlimited
Amazon
toglie
il
velo
a
Kindle
Unlimited
Leggi quello che vuoi a 9,99 dollari al mese, ma per ora vale solo per i cittadini statunitensi
di Paolo CENTOFANTI
N
on è poi mancato molto all’annuncio ufficiale: dopo l’indiscrezione dei giorni scorsi, Amazon
ha infatti lanciato sul portale americano
Kindle Unlimited.
Come era emerso dall’anticipazione, si
tratta di un servizio “a volontà”, che al
costo di un abbonamento mensile di
9,99 dollari dà all’utente la possibilità di
leggere un numero illimitato di libri, scegliendo da un catalogo di oltre 600.000
titoli. Tra questi, quelli messi in evidenza
da Amazon comprendono Lo Hobbit e
Il Signore degli Anelli di Tolkien, le saghe di Harry Potter e di Hunger Games,
Vita di Pi, giusto citare alcuni dei più
famosi. I libri saranno leggibili con i prodotti Kindle di Amazon, oltre che tramite
le app per le altre piattaforme.
Kindle Unlimited dà accesso inoltre
FOTOGRAFIA
Canon
presenterà
EOS 7D MKII
il 5 settembre

Nulla più di un rumor, ma attendibile. La fonte è CanonRumors, che
dopo aver annunciato l’8 settembre come data di presentazione di
EOS 7D MK II, ora rettifica: la reflex
che succederà a EOS 7D verrà presentata il 5 settembre. Il che avrebbe senso perché permetterebbe all’azienda
di mostrarla all’IFA e, soprattutto, al
Photokina di Colonia, fiera che aprirà
i battenti 10 giorni dopo. Le notizie
che si hanno sulle caratteristiche
della 7D MK II sono basate sui rumor:
si parla di un sensore da 20 mpixel,
con velocità otturatore fino a 1/8000,
autofocus a rilevamento di fase, range
IS 100-12.800 espandibile fino a
25.600, scatto a raffica fino a 8 fps e
un display 3’’ posteriore.
torna al sommario
Samsung
Gear VR
sarà la star
di IFA 2014
Samsung presenterà
a IFA 2014 l’headset
per la realtà virtuale
Prodotto abbordabile
che sfrutterà l’hardware
del telefono collegato
di Emanuele VILLA
a oltre 2000 audiolibri, con funzione
whispersync voice per la sincronizzazione tra diversi dispositivi. Il servizio al
momento però, non solo è disponibile
unicamente su Amazon.com e con cata-
logo di libri in inglese, ma solo i residenti negli Stati Uniti possono accedere a
Kindle Unlimited. Amazon ha comunque
annunciato l’intenzione di espandere il
servizio anche livello internazionale.
ENTERTAINMENT Dal rock al jazz dagli anni ‘70 a oggi
Accordo YouTube e Music Vault
12.000 concerti di grandi artisti
Y
di Paolo CENTOFANTI
ouTube ha raggiunto un accordo
con Music Vault,
il sito web che ospita
una delle più grandi
raccolte di video live.
50 anni di storia della
musica approdano così
su YouTube sul canale di Music Vault, con
le esibizioni di alcuni
dei più grandi artisti della musica, dal rock al jazz. Mostri sacri come Santana,
Neil Young, The Who, Bob Dylan, dagli anni ‘70 fino ai giorni nostri, ma è davvero
impossibile citarli tutti visto che si sta parlando di qualcosa come circa 12.000 clip
dal vivo. Il canale YouTube è organizzato anche in sottocanali dedicati ai singoli
artisti e i concerti completi sono organizzati in playlist. La lista è destinata anche
a crescere, visto che l’offerta di YouTube
non comprende ancora il catalogo completo disponibile su musicvault.com.
Il vantaggio dell’approdo su YouTube di
Music Vault è naturalmente la possibilità
di riprodurre i concerti su qualsiasi dispositivo sia dotato di accesso a Internet
Music Vault
e app YouTube.
Gear VR sarà sicuramente
uno dei prodotti più gettonati
e “curiosati” di IFA 2014, insieme
all’altro attesissimo Galaxy Note 4.
Che Samsung stesse lavorando a
un headset per la realtà virtuale,
sul modello di Oculus Rift, è noto,
ma SamMobile fa un regalo gradito agli appassionati mostrando
per la prima volta l’immagine del
prodotto. L’idea che ci siamo fatti,
considerando gli indizi esistenti, le
caratteristiche leaked e il look del
prodotto, è che Samsung voglia
puntare su un dispositivo abbordabile, un accessorio vero e proprio
e non un prodotto stand alone.
Lo dimostra un aspetto piuttosto
asciutto e senza fronzoli e la forte dipendenza dallo smartphone
collegato (non è ancora chiaro
se si tratterà di una connessione
wireless o di una USB): Gear VR
non avrà sensori assortiti e SoC
da urlo ma si affiderà, per la posizione, l’orientamento e tutta la
potenza di calcolo, all’hardware
del telefono collegato. GPS, accelerometro, giroscopio e SoC del
Galaxy saranno anche il cuore di
Gear VR, da cui si deduce un prezzo di lancio molto contenuto. Da
notare la presenza di un piccolo
touchpad che servirà per navigare
nei menù di configurazione senza
l’ausilio del telefono. Poco più di
un mese e lo vedremo in azione,
scoprendo anche quale software
sarà disponibile per sfruttarne appieno le funzionalità 3D.
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21 LUGLIO 2014
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MERCATO MediaMarket, titolare delle insegne Media World e Saturn, annuncia il rebranding dei punti vendita Saturn in Italia
Addio Saturn: i punti vendita diventeranno Media World
I 14 punti vendita diventeranno a tutti gli effetti dei Media World. Lo stesso discorso vale per le attività online e mobile
M
di Emanuele VILLA
tradurrà in un servizio migliore per
la clientela: avere due insegne, due
strutture, due linee di comunicazione,
iniziative diverse e due community
facenti capo alla medesima azienda
rischia di generare un modello di business estremamente complesso e
di perdere in efficienza. Ecco perché
ediaMarket, azienda titolare
delle insegne Media World e
Saturn, annuncia il rebranding
dei 14 punti vendita Saturn presenti sul
territorio nazionale, punti vendita che
diventeranno gradualmente dei Media
World a tutti gli
effetti. In pratica, “Media
World
ha
sempre
rappresentato
l’insegna Saturn un modello di innovazione da cui prendere spunto
sparirà dal noe, una volta completato il piano di attività, la rete di
stro territorio, e
vendita sarà composta da 116 punti vendita
questo accadrà
dislocati su tutto il territorio nazionale e dal sito
anche
online:
citando il comu- internet, Media World Compra on Line”
nicato
stampa
Joachim Rösges, CEO di MEDIAMARKET S.p.A
ufficiale, infatti,
e COO di Media-Saturn Holding GmbH
“i canali digitali
web e mobile Saturn verranno pro- Media Market ha inaugurato la strategressivamente reindirizzati su Media gia Seamless Customer Experience, il
World Compra on Line”.L’operazione, cui obiettivo è rendere l’esperienza di
di proporzioni ingenti, mira a poten- acquisto appagante grazie alla massiziare l’efficienza del gruppo, che si ma integrazione tra canali di vendita,
comunicazione e community digitali. È
da questa necessità di semplificazione e di efficienza che si origina la decisione odierna, decisione che di fatto
dà addio al brand Saturn in Italia dopo
una permanenza decennale. Cambieranno i colori (l’arancio lascerà spazio
al rosso e nero), cambierà l’insegna e
MERCATO Apple e IBM annunciano una partnership per integrare i servizi business IBM in iOS
Apple e IBM insieme per portare iOS in azienda
L’obiettivo di Apple è quello di incrementare l’uso di iPhone e iPad in ambito business
C
di Emanuele VILLA

upertino si lancia all’attacco del
mercato professionale siglando
una partnership con IBM, prima concorrente storico, poi fornitore
d’eccellenza dei processori PowerPC
e ora partner strategico per il mercato professionale, laddove Apple, lungi
dall’essere assente, considera che siano possibili ampi margini di crescita.
Conta in tal senso anche la presentazione e il prossimo lancio di iOS 8, che
promette funzionalità evolute legate
alla sicurezza e alla produttività, ma
contano soprattutto le competenze e
le soluzioni IBM in ambito business,
tra cui il concetto stesso di Smarter
Analytics per automatizzare i processi,
accelerare le decisioni e trarre vantaggio da tutti i “big data” disponibili.
L’accordo riguarda in particolare i dispositivi iOS, ovvero iPad e iPhone,
la cui presenza e l’impiego in ambito
business/aziendale potrebbe crescere
notevolmente grazie all’integrazione
torna al sommario
delle soluzioni business targate IBM.
In particolare, l’accordo tra i due colossi dell’IT porterà a una nuova classe di
app e soluzioni aziendali che integreranno in iOS i principali servizi IBM permettendone l’uso in mobilità e con la
massima sicurezza, nuovi servizi cloud
realizzati da IBM appositamente per dispositivi iOS, nuove offerte di assistenza AppleCare pensate appositamente
per il mercato aziendale e offerte di
“bundle” proposte direttamente da IBM
che coinvolgeranno prodotti Apple, ovvero iPhone e iPad.
le iniziative di marketing (comprese
carte fedeltà, community e affini), ma
l’esperienza per il consumatore finale
non potrà che risentire in positivo della semplificazione. Al momento non
sono noti i tempi e gli step del passaggio da un’insegna all’altra, ma che si
farà è cosa certa.
MERCATO
Conti OK
per Intel
Crescono i PC
Intel ha pubblicato i risultati finanziari del secondo trimestre 2014:
l’azienda riporta il segno più praticamente in tutti i settori, compresa
l’area PC. Il fatturato complessivo è
stato di 13,8 miliardi USD, superiore rispetto al trimestre precedente
e molto più alto rispetto allo
scorso anno. Battute le previsioni
degli analisti, che prospettavano
un 12,7 mld USD complessivo.
Crescono di conseguenza gli utili
d’esercizio, che questo trimestre si
posizionano a 2,8 miliardi USD contro i 2 mld dello scorso anno, ma
soprattutto cresce il fatturato della
divisione PC, che fa registrare un
buon 8,7 miliardi contro gli 8,1 del
Q2/2013. L’azienda sostiene che
il trend resti tale almeno fino alla
fine dell’anno. Segno meno per il
Mobile and Communications Group
che fa registrare, con fatturati
da 51 milioni, un -67% rispetto al
primo trimestre e -83% rispetto allo
scorso anno.
IL PIÙ SEMPLICE
IL PIÙ SMART
*LG G2 vincitore del premio Best Phone 2013 di Cellulare Magazine.
Now It’s All Possible
Cosa c’è di meglio di LG G2, eletto migliore smartphone del 2013*?
La sua sorprendente evoluzione.
Nuovo LG G3. Il più semplice, il più smart.
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21 LUGLIO 2014
MAGAZINE
MERCATO Sky Italia e H3G lanciano una nuova offerta con traffico, smartphone e Sky TV
Promozione Sky e Tre: TV e telefonia a 39 euro
L’offerta costa 39 euro, ma manca l’HD e soprattutto i dati di SkyGo non sono inclusi
D
di Roberto PEZZALI
opo una prima fase di prova viene
estesa a oltre 200 negozi l’offerta commerciale che prevede la
partnership tra Tre Italia e Sky per unire
l’offerta TV all’offerta mobile dell’operatore. L’offerta prevede uno smartphone
top di gamma con minuti, SMS e Internet veloce assieme all’offerta satellitare
del pacchetto Sky TV a soli 39 euro al
mese, non molto se si considera che
l’offerta è anche senza tassa di concessione governativa. Sky mette sul piatto
l’abbonamento a Sky TV, quindi il pacchetto base con news, spettacoli e serie
TV oltre a Sky Go, Sky On Demand e al
decoder Sky, mentre Tre offre uno smartphone a scelta fra iPhone 5s, iPhone 5c,
Samsung Galaxy S5, Samsung Galaxy
S4 e Samsung Galaxy S4 mini e minuti e
SMS illimitati con 1 GB di Internet LTE al
mese. Conviene davvero? Difficile dirlo,
ipotizziamo che l’offerta tenga vincolati
per almeno 30 mesi. Quello che si può
dire è che ad oggi Sky TV è in offerta a
19 euro al mese, e sul sito di Tre si può
fare un abbonamento Top Unlimited con
Galaxy S4 o Galaxy Note 3 a 20 euro al
mese, totale 39 euro, esattamente quanto viene chiesto dalla promozione. Con
l’iPhone si spende qualcosa di più, certo,
ma anche il pacchetto Sky è “a partire da”
quindi ipotizziamo che per un iPhone 5s il
prezzo non sia di 39 euro.
Si risparmia qualcosa se si ha già uno
smartphone: l’offerta esclusiva 3 e SKY
ha un costo di 29€ al mese, la stessa
offerta fatta separatamente costerebbe
34 euro. Aggiungendo 10 euro si può
aggiungere avere un pacchetto a scelta
tra Sky Cinema, Sky Sport e Sky Calcio,
mentre non è chiaro se si può aggiungere l’HD che costa solitamente 5 euro.
A prescindere dalla convenienza, il motivo per cui forse non conviene l’offerta
è la presenza di un solo GB di traffico
dati sotto rete LTE Tre: basta un film con
Sky Go per restare a secco. Ben venga la
partnership tra Sky e Tre, ma serve uno
sforzo maggiore tra i due operatori: il traffico generato da SkyGo non deve essere
calcolato nel piano dati, un po’ come fa
Tim con il calcio o Tim Vision. Quando gli
operatori lo capiranno finalmente l’uso
delle reti veloci decollerà.
MERCATO Con una lettera ai dipendenti il nuovo CEO di Microsoft illustra la nuova direzione
Satya Nadella annuncia il nuovo credo di Microsoft
Il discorso verte su cloud e mobile, mentre Microsoft verrà completamente riorganizzata
N
di Paolo CENTOFANTI

adella torna a parlare ai dipendenti
Microsoft con un nuovo intervento, in cui delinea quella che vuole
essere la nuova missione di Microsoft. “Il
punto di partenza è che viviamo nell’era
del cloud e del mobile computing e sono
questi gli ambiti in cui la Microsoft di Nadella svilupperà le sue nuove soluzioni.
Con più di 3 miliardi di persone dotate
di almeno un dispositivo con accesso a
Internet nell’immediato futuro, le opportunità per Microsoft sono infinite”, ha detto
Nadella. “Svilupperemo interfacce uomocomputer più naturali che daranno più
potenziale alle persone. Svilupperemo e
installeremo piattaforme e infrastrutture
sicure per tutte le industrie. E raggiungeremo il giusto equilibrio tra l’utilizzo dei
dati per creare esperienze personali e
intelligenti, e la sicurezza e la privacy. Facendo tutto questo, avremo il più ampio
impatto”. Il ruolo che Microsoft vede per
se stessa in questa nuova era è quello di
rivoluzionare il concetto di produttività,
che non è più sinonimo di “documenti,
fogli di calcolo e presentazioni” e che,
torna al sommario
si legge tra le righe, andrà oltre
Office, con la creazione di nuovi strumenti che nelle parole di
Nadella saranno più “predittivi,
personalizzati e d’aiuto”, mentre
sarà sempre più sottile il confine
che separa gli strumenti di lavoro da quelli per lo studio e il tempo libero: separazione tra dati di
lavoro e personali, ma non degli
strumenti e delle tecnologie. Ma
non ci saranno solo nuovi software e nuove piattaforme nel futuro di Microsoft. Nadella ribadisce infatti l’impegno nella produzione di hardware che possa essere
da riferimento per tutti gli altri produttori
partner, come Surface Pro 3, e smentisce
la cessione del ramo Xbox, che anzi viene
confermato essere di prioritaria importanza per la visione consumer di Microsoft.
Parole d’ordine sono dunque, cloud, mobile, produttività e hardware di riferimento,
ma per raggiungere gli obiettivi Microsoft
andrà verso una decisa riorganizzazione.
Niente è fuori dal tavolo in termini di come
pensiamo a cambiare la cultura (aziendale) per conseguire questa strategia di
base. Cambieranno le organizzazioni. Ci
saranno fusioni e acquisizioni. Le posizioni lavorative evolveranno. Tradizioni consolidate verranno messe in discussione”.
Nadella vuole un’azienda più snella, in cui
le persone possano cambiare posizione
in modo più fluido, il know-how di ognuno
sia più valorizzato e in cui le varie divisioni
possano scambiarsi meglio le informazioni. Il CEO promette nuovi investimenti sia
in termini di nuovi posti di lavoro che di
formazione della forza lavoro esistente,
mentre i clienti finali devono tornare al
centro dei pensieri di tutti. Nel complesso un discorso lungo e appassionato, in
cui traspare l’ambizione per ricostruire un
ruolo di primo piano per Microsoft tra le
forze innovatrici del settore.
Microsoft taglia
18.000 posti
di lavoro
Non sono 10.000 i posti
tagliati da Microsoft, come
da previsione di Bloomberg,
ma 18.000, il 14% della forza
lavoro. La maggior parte
dei dipendenti coinvolti
è ex-Nokia
di Emanuele VILLA
Se il report di Bloomberg faceva
paura annunciando 10.000 possibili tagli ai posti di lavoro, la realtà
ha tristemente superato l’ipotesi.
Sono 18.000 le posizioni che, da
qui a un anno, verranno eliminate, molte delle quali (si parla di
12.500) riguardano ex-dipendenti
Nokia. Lo stesso Nadella comunica che il suo team è al lavoro per
la riduzione delle prime 13.000
posizioni, e la stragrande maggioranza dei dipendenti coinvolti
verrà notificata entro sei mesi.
Bloomberg era stato ottimista nel
supporre 10.000 tagli, pari a circa
il 10% della forza lavoro; si parla
invece di una quota del 14-15%,
una quantità enorme considerando le proporzioni dell’azienda
e il recente incorporamento di
Nokia Devices & Services. Sempre
Bloomberg, dal canto suo, ci aveva
azzeccato dicendo che si tratta del
più grosso taglio al personale mai
fatto in casa Microsoft: quello del
2009, che aveva coinvolto 5.800
persone, sembra ben poca cosa
se raffrontata ai numeri di quella
attuale. Purtroppo era prevedibile:
la stessa azienda si era impegnata a raggiungere un risparmio di
600 milioni di dollari all’anno entro
i 18 mesi dall’acquisizione di Nokia,
e non è casuale che la stragrande
maggioranza dei tagli venga da lì.
Secondo Nadella, la riduzione della forza lavoro si rende necessaria
per la semplificazione del lavoro,
per l’integrazione di Nokia Devices
and Services e per l’allineamento
strategico dei due team. Mentre la
borsa reagisce positivamente alla
notizia, Microsoft ora si concentrerà al massimo nel potenziale il
proprio market share nel segmento mobile, e per questo annuncia
la totale eliminazione di Android
dalla propria offerta.
n.94 / 14
21 LUGLIO 2014
MAGAZINE
MERCATO L’artista sempre più convinto del progetto: portare a tutti la “pienezza” della musica
Neil Young assume la carica di CEO di PonoMusic
In vista il lancio del lettore audio portatile ad alta risoluzione e uno store di musica di qualità
di Paolo CENTOFANTI
D
opo l’incredibile successo della
campagna di crowd founding
su kickstarter - oltre 6 milioni
di dollari raccolti - Neil Young decide
di rilanciare il suo impegno in PonoMusic assumendo la carica di CEO.
John Hamm, che occupava il ruolo
precedentemente, rimane a bordo
essenzialmente come finanziatore
SOCIAL MEDIA & WEB
WhatsApp è
la più usata
dagli italiani

Da un’indagine di Audioweb risulta
che sono 25 i milioni di italiani che
ogni mese accedono a Internet: di
questi, 19,8 milioni vi accedono
ogni giorno. A prevalere, sempre
basandoci sul dato giornaliero, sono
i 14,5 milioni di persone che accedono da dispositivo mobile, mentre
le connessioni da PC desktop sono
circa 12,5 milioni. Concentrandosi
sugli accessi esclusivi da un solo
tipo di dispositivo, sempre nel
giorno medio, sono 7,4 i milioni di
italiani che accedono da smartphone o tablet contro i 5,3 milioni da PC
fisso. Il tempo medio trascorso in
rete è di 1 ora e 53 minuti, e il 59%
del tempo totale viene speso sui
social network. Audiweb pubblica
inoltre un’interessante classifica
di utilizzo delle app mobili: in testa
troviamo WhatsApp con 13,8 milioni
di utenti unici mensili. Facebook è
al secondo posto con 13,6 milioni.
Seguono i servizi di Google, come
GMail (9 milioni) e YouTube (8,7
milioni). Google+ con 6 milioni di
utenti unici mensili è la seconda
app social più utilizzata, seguita da
Instagram con 4 milioni e da Twitter
con 3,6 milioni.
torna al sommario
del progetto. Contestualmente PonoMusic si arricchisce di
nuove figure chiave nel suo management. In particolare sale a
bordo anche Bruce Botnick,
storico ingegnere del suono,
che assume il delicato ruolo di
Head of Content Acquisition,
ossia colui che avrà l’arduo
compito di portare la musica
delle case discografiche in alta
risoluzione sullo store di Pono.
Così ha annunciato le novità
riguardo a PonoMusic Neil Young:
“PonoMusic è una mia missione da
molti anni ormai e sono più motivato
che mai dalla prospettiva del suo successo. Voglio sfruttare il mio tempo e
le mie capacità per portare la pienezza
della musica, così come l’hanno creata
gli artisti, a quanti più appassionati di
musica possibile”. Secondo i piani delineati dalla campagna di KickStarter,
i primi esemplari del PonoPlayer dovrebbero vedere la luce a ottobre.
Nessuna notizia invece ancora sullo
store che dovrebbe offrire la musica in
alta risoluzione.
MERCATO Offerte e prodotti più facili su smarthpone e tablet
L’e-store di Euronics diventa mobile
di Paolo CENTOFANTI
er gli storici marchi della grande distribuzione dell’elettronica, paradossalmente la sfida più difficile è quella di confrontarsi con i giganti dell’online. Per
migliorare il posizionamento del suo portale di e-commerce, Euronics lancia
ufficialmente il portale mobile della versione online della sua insegna. Più facile
trovare i prodotti e le nuove offerte da smartphone e tablet.
“La nostra mission è accontentare il cliente in ogni esperienza di acquisto. E da
oggi, grazie al nuovo portale mobile, siamo davvero sempre a portata di mano!”
Così ha commentato l’arrivo della versione mobile Emanuela Formicola,
Web Marketing Manager di Euronics.
P
Sorpresa!
Il PC non è
ancora morto
In un mercato dominato
da dispositivi mobili
e touch sorprende la
“tenuta” di desktop
e portatili. Le vendite
di PC negli USA sono
aumentate e nel resto
del mondo il calo è
inferiore alle previsioni
Stranamente, Apple in
leggero calo
di Andrea ZUFFI
il mercato dei PC è in calo, ma
meno rispetto al previsto. A sostenerlo è IDC, azienda di ricerche di
mercato, che rileva come le consegne globali di PC abbiano subito
un decremento inferiore alle previsioni. Nel primo semestre 2014, il
calo sarebbe stato infatti del 1,7 %,
cioè sensibilmente inferiore a quel
7,1 % precedentemente stimato. A
favore di questo risultato potrebbero aver giocato fattori quali un
rinnovato interesse dei consumatori o il costante rinnovamento dei
molti computer con Windows XP,
utilizzati nelle aziende. Combinando i dati di vendita del secondo
trimestre per i primi 5 produttori di
PC (Lenovo, HP, Dell, acer e Asus)
si arriva ad una crescita anno su
anno del 9,8%, mentre negli USA
HP e Dell crescono ancora più
rapidamente e ci sono buone ragioni per aspettarsi risultati positivi
per tutto l’anno. Sempre negli Stati
Uniti, un’analisi di Gartner indica
che nel secondo trimestre 2014
le consegne di computer Apple
sono scese del 1,3 % rispetto allo
stesso periodo del 2013. Pur non
potendo risalire al motivo, Gartner
ritiene che possa aver contribuito il
passaggio, da parte di alcuni utenti, a PC Windows dotati di display
touch, considerando che tale categoria è assente in casa Apple.
n.94 / 14
21 LUGLIO 2014
MAGAZINE
MOBILE Microsoft non svilupperà più terminali basati su Android. È la fine della serie Nokia X
Basta Android: Microsoft uccide Nokia X
Nella fascia low cost arriveranno nuovi Lumia. Supporto garantito per Nokia X esistenti
di Emanuele VILLA
icordate il Nokia X, di cui parlammo intensamente la scorsa
primavera e che, nelle intenzioni
di Nokia, doveva conquistare i mercati
emergenti? Bene, Microsoft l’ha appena ucciso. E ancor più curiosamente,
questo succede neppure un mese
dopo il lancio di X2, la seconda generazione di terminali low cost Nokia
basati su Android.
R
Ma d’altronde ha molto più senso quello che sta succedendo oggi rispetto
all’idea, maturata lo scorso inverno, di
introdurre nella linea Lumia uno (poi 2)
terminali basati sul sistema operativo
concorrente: sarà stato pur modificato
nelle fondamenta, non avrà il Play Store,
ma ha richiesto comunque uno sforzo
gestionale notevole, sforzo che (giustamente) l’azienda preferisce dirottare completamente su Windows Phone.
MOBILE
MediaTek
SoC otto core
64 bit con LTE

Sarà disponibile entro fine anno il
chipset MT6795, con caratteristiche
di certo interessanti. Si tratta infatti
di un SoC a 64 bit, con supporto per
LTE integrato e CPU a otto core fino
a 2,2 GHz, con tecnologia Mediatek
CoPilot per governare l’architettura big.LITTLE in modo ottimale
e supporto per memoria LPDDR3
dual-channel a 933MHz. Mediatek
non specifica di che classe sono i
singoli core, ma è ipotizzabile che
per l’octa core vengano utilizzati in
combinazione dei Cortex-A57. Oltre
a integrare il supporto per le reti LTE
Cat4 a 150 Mbit/s, il SoC di Mediatek
pilota display con risoluzione 2K
(2560x1600 pixel) e offre registrazione di video full HD fino a 480 fps,
registrazione e riproduzione di video
in 4K anche in formato HEVC, oltre
che H.264. L’MT6795 integra anche
Wi-Fi 802.11ac, Bluetooth e ANT+.
Da specifiche insomma c’è tutto per
offrire un’alternativa molto competitiva, anche sul versante dei costi.
torna al sommario
In una lettera agli ex-dipendenti Nokia
(ora Microsoft), Elop conferma l’intenzione dell’azienda di voler realizzare
ulteriori Lumia low-cost, e di spostare in area Windows Phone gli attuali
progetti per futuri Nokia X. In pratica,
Microsoft continuerà a supportare i
prodotti Nokia X esistenti ma non ne
produrrà di nuovi: al loro posto, i Lumia
low cost che, seguendo l’esempio del
520, stanno andando benissimo
Lumia 520
a quota
12 milioni
Tempo di festeggiamenti in casa
Microsoft: ora che i Lumia sono
ufficialmente prodotti Microsoft è
tempo di mettere nero su bianco
il grande apporto che hanno dato
all’espansione di Windows Phone
sui mercati internazionali.In particolare, il responsabile Kevin Turner
ha voluto ribadire l’interesse della
sua società verso il mercato più
attento ai costi, ringraziandolo per
i 12 milioni di Lumia 520 acquistati
nel mondo. Numeri importanti, che
però hanno una facile spiegazione:
quasi in tutto il mondo il Lumia 520
è venduto a meno di 100 dollari/
euro e chiunque fosse in cerca di
qualcosa di nuovo a prezzi popolari
ha trovato esattamente quello che
cercava. È però già tempo di guardare avanti, ed è lo stesso Turner
ad annunciare che il neonato Lumia
630, nuovo entry level con Windows 8.1, porterà avanti il percorso
intrapreso dal Lumia 520.
MOBILE Sul forum cinese weibo compaiono i primi scatti rubati del nuovo top di gamma Sony
Sony Xperia Z3: compaiono le prime foto
Si ipotizza la presentazione all’IFA di Berlino, come da copione per la casa giapponese
L
di Michele LEPORI
a notizia non è ufficiale e va quindi
presa con il beneficio del dubbio
ma il protagonista di questa news,
immortalato anche nei soliti scatti rubati
delle “gole profonde”, pare proprio essere Xperia Z3: il prototipo qui immortalato ha infatti numero di serie L55t,
un piccolo passo avanti rispetto a L50t
che identifica l’attuale top di gamma
Xperia Z2. Non è la prima volta che ne
parliamo, ma finora non erano comparse foto del prodotto finale, e questo ci
fa pensare che Z3 sia effettivamente il
prodotto “top” che Sony presenterà al
prossimo IFA. Cosa dobbiamo aspettarci da questo Z3, quindi? Difficile dirlo:
Sony è stata chiara nel far capire che il
suo ciclo di aggiornamento dei dispositivi high end è su base semestrale e
quindi questo ipotetico Z3 non va visto
come portatore di chissà quali innovazioni, ma la schedina tecnica dovrebbe
comunque vantare un processore da
2.5 GHz Qualcomm Snapdragon 801
con grafica Adreno 330, fotocamera da
20.7 MP con sensore Exmor RS (la stessa di Z2) ed un aumento di RAM da 3 GB
a 4 GB. Nessun dettaglio sul comparto
software: la UI sembra la stessa ma le
foto rubate mostrano solo la homepage, difficile dire se ci potranno essere
migliorie o nuove funzioni. Se la storia
è destinata a ripetersi, allora l’attesa non
è destinata a durare molto: agli ultimi 2
IFA Sony non si è mai presentata a mani
vuote allo stand smartphone e qualora
questi rumor dovessero trovare conferme, il palcoscenico della kermesse
tedesca potrebbe rivelarsi una volta in
più come l’occasione ideale di presentazione a stampa e pubblico dei propri
nuovi dispositivi.
n.94 / 14
21 LUGLIO 2014
MAGAZINE
MOBILE Il sito giapponese di Amazon conferma l’uscita di iPhone 6 per la fine di settembre
Per Amazon iPhone 6 arriva il 30 settembre
La versione da 4,7’’ peserà come l’iPhone 5S. Compaiono in rete le prime immagini rubate
S
di Emanuele VILLA
i avvicina il giorno della presentazione dei nuovi iPhone e i rumor
si sprecano. Ma in questo caso c’è
qualcosa di diverso: il nome Amazon. Sì,
il più grande online retailer al mondo ha
pubblicato sul proprio sito giapponese la
scheda di iPhone 6, carente sotto il profilo delle caratteristiche ma dalla quale
si riescono ad evincere informazioni importanti. La prima, più rilevante di tutte,
è la data di lancio: 30 settembre per il
Giappone, il che conferma la presentazione per metà settembre, magari appena smaltita l’attenzione mediatica per
l’IFA di Berlino (che quest’anno finisce il
10). Confermati i 4,7’’, non è stata ancora
pubblicata la scheda di quello da 5,5’’
ma non dubitiamo della sua esistenza,
mentre per quanto concerne le dimensioni si parla di 13 x 6.5 x 0.7cm per un
peso di 113 grammi, assolutamente identico a quello di iPhone 5S (che però è più
piccolo) e discretamente inferiore a quello di iPhone 5C, che pesa 132 -grammi.
Nella scheda si parla di versioni da 16,
32 e 64GB, con quest’ultima in versione
gold al prezzo “stellare” di 1380 dollari;
in realtà questo dato va preso con le
pinze, visto che altre fonti (le stesse
che ritengono che iPhone 6 uscirà solo
da 32 e 64 GB) parlano di 1.000 dollari US tondi tondi, che al cambio sono
circa 700 euro.
Nel frattempo, inoltre, un anonimo produttore di custodie ha lasciato trapelare
le prime immagini dell’iPhone 6 in versione da 4,7’’. Confermato il design ultrasottile e dai lineamenti mordibi.
NGM Forward 5.5 è il più sottile al mondo
Presentato all’MWC 2014, Forward 5.5 sarà disponibile bianco e nero, al prezzo di 399€
di Matteo ROSELLI
C

torna al sommario
Secondo i rumor
Apple utilizzerà per
iPhone 6 un processore
dual core da 2.0 GHz
Niente quad core
neanche questa volta
di Emanuele VILLA
MOBILE Con Forward 5.5 NGM fa sul serio: è sottilissimo, potente e con un bel design
on un comunicato stampa, NGM
ha annunciato la disponibilità del
modello Forward 5.5, disponibile
nelle colorazioni white e black al prezzo
di 399€. La caratteristica più importante,
su cui il comunicato insiste in modo deciso, è sicuramente lo spessore di appena
5,55 mm: secondo le rilevazioni del produttore, questo lo rende lo smartphone
più sottile al mondo.
Sul fronte estetico troviamo una scocca
in Gorilla Glass 3 contornata da una cornice in metallo, mentre per quanto riguarda l’hardware, Forward 5.5 monta un display Full HD SuperAmoled da 5 pollici e
un processore octa core Mediatek affiancato da 2 GB di Ram. La fotocamera
frontale è da 5 Megapixel, mentre quella
posteriore è da 13 Megapixel con flash
e stabilizzatore dell’immagine. La memoria interna del prodotto è da 16 GB.
Sul fronte batteria NGM ha montato una
2300 mAh. Infine NGM prende spunto da varie case produttrici per le sue
Smart Gestures, con il tap to unlock (doppio tap per sbloccare il telefono), Ear to
Apple A8 sarà
un dual core
da 2 GHz
answer/to call e Turn to silent/to alarm,
ovvero rispondere alla chiamata portando il telefono all’orecchio e silenziare il
telefono capovolgendolo, due funzioni
già presenti nei prodotti Samsung da
anni. Il nuovo NGM è dotato di connessione 3G e di Android 4.2. All’interno
della confezione sarà inclusa una Flip
Cover. Il nuovo Forward 5.5 si posiziona
in una fascia di prezzo molto agguerrita,
dove troverà spazio con difficoltà. Basti
pensare a LG G2, smartphone con batteria da record e prestazioni altissime;
oppure Sony Xperia Z1 Compact, che
integra potenza e autonomia in uno
smartphone molto compatto. In ogni
caso, i numeri per far bene li ha: vedremo come reagirà il mercato.
Crescono esponenzialmente i rumor sulle sue (potenziali) caratteristiche di iPhone 6. A parte quelle
pressochè certe, come la dimensione del display (sicuro 4,7’’, in
forse il 5,5’’), e diverse immagini
del design, Apple riesce comunque a mantenere molti aspetti del
proprio gioiellino in forma strettamente confidenziale. Quanto
segue è dunque un rumor, ma
con un certo grado di attendibilità: iPhone 6 sarà “alimentato”
da un processore A8 (e fin qui,
nessuna nuova), che sarà sempre un dual core ma questa volta
da 2.0 GHz, al posto dell’1.3 GHz
dell’A7. Buona parte degli appassionati avrebbe scommesso su
un quad core, vista la diffusione
ormai capillare degli stessi in
ambiente Android, ma evidentemente Apple ha ritenuto giusto
non dare troppo peso a questioni
di puro marketing, concentrandosi sulla funzionalità. È infatti vero
che il mondo Android è dominato da quad-core e octa-core, ma
i due sistemi non sono in alcun
modo paragonabili: lo stesso
iOS, ma anche Windows Phone,
hanno dimostrato che l’ottimizzazione del sistema e del software
contano più delle prestazioni
“brute” del processore, che tra
l’altro più è “potente”, più consuma. Vedremo che succederà
subito dopo l’estate, ma l’ipotesi
che Apple non si discosti – sotto
questo profilo – dalla strada già
tracciata è più che fondata.
n.94 / 14
21 LUGLIO 2014
MAGAZINE
MOBILE Le associazioni dei consumatori ottengono il via libera per i rimborsi agli utenti
Disservizio Wind: sono in arrivo i rimborsi
Chi ha presentato reclamo entro il 16 luglio all’operatore telefonico otterrà un rimborso
di Michele LEPORI
L
e associazioni dei consumatori
hanno fatto valere i diritti dei loro
assistiti e tutti coloro che hanno
esposto i loro reclami all’operatore entro il 16 luglio otterranno un rimborso.
Secondo quanto riporta repubblica.it,
Wind gestirà due tipi di rimborsi: gli
utenti con piano ricaricabile avranno
1 GB gratis (se hanno un piano dati)
più un extra bonus del 20% calcolato
sulla base delle ricariche effettuate
nelle successive 48 ore dal blackout.
Mentre il GB extra sarà una tantum,
il bonus massimo sulle ricariche sarà
spendibile entro 30 giorni dall’accredito ed avrà priorità rispetto al credito
già esistente. Per gli utenti abbonati,
2,5 euro nella prima fattura utile più,
anche in questo caso, 1 GB extra per
gli utenti che ne hanno diritto.
Altroconsumo ed altre associazioni di
categoria sono soddisfatte dell’accordo
raggiunto ma altre realtà non ci stanno,
sono sul piede di guerra e combatteran-
no per avere rimborsi più alti: nonostante le spiegazioni e le scuse di Wind ai
suoi 25 milioni di clienti, le richieste che
eccedono quanto previsto dalla normativa di settore saranno probabilmente
tante. “L’azienda si è immediatamente
messa in moto, grazie all’intervento
tempestivo della propria macchina
operativa e dei propri tecnici di rete
che hanno individuato l’anomalia, ne
hanno verificato gli impatti sulle tratte
geografiche della rete per bloccarne la
diffusione. Per incidenti di simile natura,
verificatisi su reti di telecomunicazioni
che hanno dimensioni analoghe nel
mondo, i tempi di risoluzione sono stati molto più lunghi con impatti decisamente più pesanti”, con queste parole
gli alti vertici della compagnia chiedevano “clemenza” ai propri clienti, che però
potrebbero non essere d’accordo, chiedendo ulteriore voce in capitolo.
Haier punta sul phablet ultrasottile da 6’’
I prezzi sono competitivi: Il phablet W970 è in vendita a 229 euro, il W858 costa 159 euro
di Emanuele VILLA
H

torna al sommario
Molti punti in comune
con il top di gamma G3
ma con schermo da
5 pollici, processore
Snapdragon 400
e prezzo da fascia media
di Emanuele VILLA
MOBILE Haier lancia due prodotti: un phablet da 6’’ e uno smartphone da 5’’ Android 4.3
aier annuncia la disponibilità sul
mercato italiano di due dispositivi
mobile, ovvero un phablet da 6’’
con design ultrasottile e un entry level
con Android 4.3 e prezzo di listino di
159 euro. Andiamo per gradi: il phablet
è il modello W970 e punta a coniugare
dimensioni, caratteristiche e, soprattutto, un elevato rapporto qualità/prezzo.
Costa, diciamolo subito, 229 euro di listino, è disponibile da questo mese ed
è il più sottile della serie 9, con 7,6mm
di spessore nonostante i 6’’ di diagonale dello schermo. Il display è un OGS,
On-Glass Solution (che elimina il gap
tra il display e lo strato touch), con risoluzione HD di 1280 x 720, mentre
come processore Haier ha optato per
un quad-core da 1,3 GHz. Per quanto
concerne la capacità di storage, W970
ha 16 GB incorporati, mentre il comparto fotografico è affidato a una camera
LG annuncia
G3 Beat
È lui il G3 Mini?
principale da 13 Mpixel.
L’altra novità si chiama W858 ed è un
entry level pensato per chi cerca un
prodotto completo e conveniente. È un
terminale 3G con display da 5’’ qHD e
tecnologia IPS, basato su un processore quad core da 1,2 GHz, ma soprattutto è un Dual SIM, pensato per chi vuole
separare nettamente l’ambito persona-
le dal lavorativo senza doversi portare
dietro due telefoni. Chiude il quadro il
sistema operativo Android Jelly Bean
4.3, 1 GB di memoria e 4 GB di storage
espandibile, mentre per quanto concerne gli aspetti fotografico, la camera
principale è da 5 Mpixel con flash LED.
La disponibilità è immediata, per un listino di 159 euro.
LG ha annunciato il G3 Beat,
quello che con ogni probabilità le indiscrezioni delle scorse
settimane identificavano come
G3 Mini (o forse no?). Si tratta di
uno smartphone di fascia media,
come lo definisce la stessa LG
nel comunicato stampa ufficiale,
che mantiene molti punti in comune con il top di gamma G3,
ma in un formato più piccolo.
Quanto più piccolo? Qui forse
sta la vera sorpresa, perché il
G3 Beat sfoggia un display da
ben 5 pollici, seppure con risoluzione di 1280x720 pixel. Ridimensionato anche il processore,
visto che il G3 Beat monta un
Qualcomm Snapdragon 400 da
1,2 GHz, mentre la fotocamera ha
ora un sensore da 8 Mpixel. La
fotocamera posteriore mantiene
una delle caratteristiche di punta del G3, cioè il sistema di auto
focus LASER. Simile anche il design del prodotto, con la stessa
finitura Floating Arc del modello
superiore. Per il resto si segnalano 8 GB di memoria integrata,
batteria da 2540 mAh, sistema
operativo Android KitKat 4.4.2,
1 GB di RAM e la connettività
LTE. L’LG G3 Beat ha debuttato
in Corea del Sud il 18 luglio, nelle prossime settimane inizierà la
distribuzione in Europa.
n.94 / 14
21 LUGLIO 2014
MAGAZINE
MOBILE Samsung lancia (finalmente) una nuova serie di SoC con modem LTE integrato
Samsung integra l’LTE nei suoi Exynos
Si tratta del primo passo per ridurre la dipendenza da produttori terzi come Qualcomm
S
di Paolo CENTOFANTI
amsung ha annunciato una nuova serie di processori della famiglia Exynos. Si chiama ModAP
abbreviazione per Modem - Application Processor, a indicare che si tratta
del primo processore mobile Exynos
a integrare anche il modem LTE. Nel
caso del primo modello, per la precisione, si parla di LTE Cat 4, cioè fino
a circa 150 Mbit/s di velocità massima in download. Il processore non è
dei più potenti sfornati fino ad oggi
da Samsung: un quad core basato su
processo a 28 nm e con image signal
processor integrato in grado di gestire
moduli fotocamera fino a 8 Megapixel e
30 fotogrammi al secondo. Il punto è
però che Samsung potrà ora contare
su una soluzione in casa per realizzare
smartphone 4G con più bassi consumi
energetici e presumibilmente anche
minori costi.
Parallelamente Samsung ha annunciato anche un nuovo modem per
MOBILE
Non è tempo
per Tizen

Il lancio del primo smartphone
Samsung con sistema operativo
Tizen, il Samsung Z, è stato rimandato a data da non meglio precisata.
Come è noto, Samsung è diventata
negli ultimi anni uno dei principali
sponsor del sistema operativo open
source nato dalla fusione di LiMo e
MeeGo, tanto da averlo preferito ad
Android per i suoi ultimi modelli di
smart watch della gamma Gear. Ma
a quanto pare Tizen non è ancora
del tutto maturo per lo smartphone
e Samsung ha deciso di rimandare
il lancio dello Z, dispositivo che
sarebbe dovuto uscire sul mercato
russo nel terzo trimestre del 2014,
dopo l’annuncio del mese scorso.
In una dichiarazione rilasciata alla
testata online The Verge, Samsung
ha dichiarato che nonostante il
ritardo del Samsung Z “continuerà a lavorare attivamente con i
membri della Tizen Association per
sviluppare ulteriormente Tizen OS e
l’ecosistema Tizen”.
torna al sommario
l’LTE-Advanced. In questo caso il componente va ad aggiungersi al processore principale, ma l’Exynos Modem 300
promette pieno supporto alla funzione
di carrier aggregation dello standard
LTE-Advanced, per aumentare ulteriormente la velocità massima di download.
In questo modo Samsung punta a ridurre sempre più la sua dipendenza
da produttori terzi come Qualcomm.
La versione con processore Exynos
Ocat-Core del Galaxy S5, ad esempio,
non è dotata di connettività LTE, proprio a causa della necessità di dover
aggiungere un ulteriore modem esterno, cosa non necessaria con i chipset
Qualcomm. L’inaugurazione della serie
ModAP, potrebbe presto portare alla
soluzione tutto in uno anche per i prodotti di punta di Samsung.).
A pagamento i
servizi di avviso
chiamata TIM
e Vodafone
I servizi che tramite SMS avvisano di
una telefonata nel caso di mancata
copertura o di telefono spento non
sono più gratuiti per TIM e Vodafone.
I servizi che i due gestori tarifferanno
sono LoSai e ChiamaOra di Tim e
Recall e Chiamami di Vodafone, usati
da milioni di utenti perché spesso
attivi di default. Per TIM il costo
varia tra ricaricabile e abbonamento:
1,90 euro ogni quattro mesi, con addebito su credito residuo a partire dal
21/07/2014 per chi ha una ricaricabile,
48 cent (IVA inclusa) al mese solare,
con addebito bimestrale di 96 cent sul
rendiconto TIM per gli abbonati. Vodafone Recall e Chiamami costeranno
invece 6 centesimi al giorno, per un
totale di circa 22 euro all’anno. Per
disattivare i servizi basta accedere
alle aree personali dai siti web, o più
semplicemente comporre il 40920
per i clienti TIM (sequenza 0 – 1) oppure il 42070 per Vodafone.
MOBILE Nuovo smartphone Dual sim da NGM, sfoggia una dotazione da primo della classe
NGM Forward Extreme: super Dual SIM a 399 €
Offre display 5.5’’ Full HD, cpu octa-core, 2 GB di memoria e fotocamera da 18 Mpixel
N
di Emanuele VILLA
GM vuole sfatare il mito secondo
cui i telefoni Dual SIM siano dedicati alla fascia media di mercato,
a professionisti che vogliono separare
in modo netto la propria vita lavorativa da quella personale ma non hanno
grosse pretese sotto il profilo della potenza di calcolo. Per questo ha presentato Forward Xtreme, un terminale con
processore octa-core, display da 5,5’’
con risoluzione Full HD, un corpo realizzato interamente in lega d’alluminio e
una fotocamera da ben 18 Mpixel, il tutto
sull’immancabile Android KitKat 4.4 con
personalizzazioni del produttore italiano.
Il processore (non meglio identificato) è
un octa-core da 2.0 GHz supportato da
2 GB di RAM, quantità di memoria che
sta diventando standard sui terminali di
fascia alta, e può contare su un design
con spessore di 6,9 mm. La fotocamera,
come anticipato, è da 18 Mpixel stabi-
lizzata e riprende video fino a Full HD:
niente 4k, anche se la potenza sarebbe
stata adeguata allo scopo.
Tutte le applicazioni e i contenuti trovano spazio nella memoria integrata da
32 GB; sotto il profilo della connettività, si tratta di un terminale 3G HSPA+
con Wi-Fi Dual Band e Dynamic 3G per
commutare la connettività dati 3G da
una SIM all’altra attraverso un menù dedicato, senza dover invertire fisicamente le SIM. Infine, NGM dichiara l’utilizzo
di una batteria da 2300 mAh capace,
secondo le rilevazioni dell’azienda, di
garantire fino a 750 minuti di conversazione e 17 giorni di stand by.
Il prezzo di listino è di 399 euro, con disponibilità immediata.
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MOBILE Disponibili nel nostro Paese gli activity tracker e i dispositivi fitness intelligenti FitBit
FitBit aiuta anche gli italiani a mandar giù la pancia
Quattro i prodotti presentati, tra i quali il noto braccialetto Flex, in vendita a 99,95 euro
F
Da Adidas un
nuovo componente
dell’ecosistema
miCoach, si tratta
di un braccialetto
con display LED che
integra contapassi e
cardiofrequenzimetro
Prezzo dimezzato
rispetto allo Smart Run
di Roberto PEZZALI
itBit arriva in Italia, con l’applicazione
in italiano e nuove funzionalità come
MobileRun, che permette di monitorare in tempo reale le statistiche di corsa
sullo smartphone attraverso il GPS. FitBit,
nata nel 2007 a San Francisco, insieme a
Whitings e Jawbone, è una delle aziende
più attive al mondo nella produzione di
activity tracker, con una quota di mercato
che in America sfiora il 67%. Tra i dispositivi più noti di Fitbit c’è il braccialetto Flex,
con il suo design sottile e minimalista:
Flex, disponibile in 10 colori, è in grado
di monitorare il numero di passi effettuati,
la distanza percorsa, le calorie bruciate, i
minuti attivi e quelli di sonno, sincronizzando questi dati con lo smartphone (indispensabile Bluetooth 4.0).
“Siamo entusiasti di entrare nel mercato
italiano e non vediamo l’ora di aiutare gli
Italiani a vivere in modo più salutare e a
muoversi di più, come abbiamo già fatto
con milioni di consumatori nel mondo”
afferma James Park, CEO e Co-Fondatore di Fitbit. “Grazie alla nostra capacità
Il braccialetto FitBit Flex: 99,95 euro
di offrire la più ampia scelta di prodotti
compatibili con il più alto numero di dispositivi, le persone potranno scegliere
lo smartphone che preferiscono ed avere un maggior successo nel monitorare
l’attività e raggiungere i propri obbiettivi
di benessere e fitness.”
Oltre al Flex (99,95 euro) fanno parte del
catalogo FitBit anche One (99,95 euro),
un activity tracker a clip, Zip (59,95 euro),
una versione semplicificata di One e la
bilancia Wi-Fi Fitbit Aria (119 euro). Non
c’è il FitBit Force, che ha avuto dei problemi sul mercato americano. Grazie
alla nuova app, FitBit è compatibile con
oltre 60 device, tra cui tutti i dispositivi
iOS con BT 4.0 e la maggior parte dei
dispositivi Android: manca all’appello
Windows Phone. Tra le altre caratteristiche si segnala anche la “dashboard
motivazionale” grazie alla quale si possono coinvolgere gli amici in sfide all’ultimo
passo. FitBit sarà compatibile anche con
Healthkit di iOS 8, anche se proprio l’arrivo di iOS 8 creerà qualche problema agli
Activity Tracker: l’uso del processore M7
per contare i passi e registrare le attività
potrebbe rendere superflui alcuni di questi dispositivi, anche se sicuramente FitBit
ha già in cantiere versioni più evolute.
La clip FitBit One: prezzo 99,95 euro
FitBit Zip, in vendita a 59,95 euro
MOBILE Un test dimostra che i dati degli smartphone Android sono facilmente recuperabili
Android: foto e dati recuperabili dopo il ripristino
Mail, messaggi e dati dei proprietari non vengono cancellati dal ripristino di fabbrica
I
di Roberto PEZZALI

l famoso “ripristina dati di fabbrica” degli smartphone Android non
basta per cancellare del tutto i dati
presenti sui dispositivi. Lo ha accertato la nota azienda di sicurezza Avast,
facendo il test su 20 smartphone a
caso usati. il risultato, inaspettato, è
che è possibile recuperare in modo
anche abbastanza semplice parte dei
dati contenuti sui dispositivi. Su questi
smartphone Avast, usando un software
di recupero abbastanza diffuso, ha re-
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Adidas lancia
il braccialetto
FIT SMART
cuperato ben 40000 foto, tra queste
anche 1500 foto di bambini, 750 foto
di donne che si fotografano mentre si
svestono e oltre 250 selfie di uomini
totalmente nudi. Non solo: il recupero ha anche portato alla scoperta dei
precedenti proprietari, delle ricerche
fatte su Google, di oltre 250 contatti e
di mail e messaggi. I dati di Avast vanno comunque presi con le pinze: Avast
infatti propone una sua soluzione per
Android e ha tutto il vantaggio nello
spingere i propri prodotti. In ogni caso
al momento non è chiaro come Google impedisca l’accesso ai dati cancellati: solitamente per rendere inefficace
il recupero di questi dati si deve sovrascrivere la partizione, ed è quello che
fanno i vecchi dispositivi iOS. Apple
tuttavia, per rendere ancora più sicura
la cancellazione, rimuove la chiave di
decodifica con la quale vengono letti
i dati degli utenti, che sono sempre
criptati, foto incluse: in questo modo è
davvero impossibile accedere ai contenuti di uno smartphone usato.
di Paolo CENTOFANTI
Adidas ha annunciato un nuovo
componente della gamma di
accessori per il tracking dell’attività fisica miCoach. Il nuovo
dispositivo si chiama FIT SMART
ed è a tutti gli effetti l’ennesimo
tracker a forma di braccialetto.
Segni particolari della proposta
Adidas sono il misuratore di battito cardiaco da polso, costituito
da un sensore ottico posto sul
retro del braccialetto, e il design
originale che offre un display a
matrice di LED da 17 x 11 punti.
Oltre al lettore di battito cardiaco, FIT SMART integra un contapassi basato su accelerometro,
con il quale è in grado di stimare distanza percorsa, velocità,
ritmo della corsa e calorie bruciate. A differenza dell’orologio
SMART RUN, in questo caso per
tenere bassi consumi e costi,
manca il modulo GPS.
Il dispositivo è disponibile in
due colori diversi, grigio scuro o grigio chiaro trasparente,
è resistente al sudore e offre
un’autonomia di circa 10 ore a
carica completa. I dati si sincronizzano con l’app per Android e
iOS via Bluetooth Smart. Il prodotto sarà disponibile da agosto
2014 a un prezzodi 199 euro.
Qui il video di presentazione.
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21 LUGLIO 2014
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PC Presentata da QNAP una linea di NAS pensata per lo streaming di contenuti multimediali
QNAP TS-x51: i NAS nati per film e musica
I nuovi modelli TS-x51 sono già disponibili con prezzi al pubblico a partire da 490 Euro
S
di Emanuele VILLA
QNAP ha presentato i nuovi NAS
della famiglia TS-x51, pensati per
l’utenza domestica e, in particolare, per essere il cuore pulsante del
sistema d’entertainment di casa. La
linea TS-x51 si compone di diversi modelli disponibili nelle versioni da 2, 4,
6 o 8 dischi e offre funzionalità di trascodifica Full HD realtime e streaming
video attraverso DLNA, AirPlay e Plex
Media Server. Per quanto concerne le
prestazioni dichiarate, i nuovi NAS raggiungono velocità di lettura e scrittura
nell’ordine dei 220 MB/s. Cuore multimediale, dicevamo, ma anche strumento di cloud storage per definizione,
con tanto spazio e opzioni di sicurezza,
archiviazione, backup e sincronizzazione dei contenuti. Sotto il profilo hardware, i prodotti della famiglia TS-x51
integrano un processore Intel Celeron
Dual Core da 2.41 GHz e sono disponibili in versione da 1GB o 4GB di memoria DDR3L (espandibile fino a 8GB)
e supportano configurazioni a doppia
porta LAN con velocità di lettura e
scrittura fino a 220MB/s. Inoltre, gra-
Kevin Turner (Microsoft)
annuncia che HP
ha pronto un laptop
Windows da 199 dollari
I Chromebook hanno
ora un rivale
di Michele LEPORI
zie all’accelerazione hardware, i nuovi
NAS sono pensati per offrire prestazioni elevate nella transcodifica di file
video Full HD sia in tempo reale che
offline con la possibilità di convertire i
video in tempo reale o in background
verso formati video compatibili con PC,
smartphone/tablet e Smart TV.
I modelli della serie TS-x51 possono
essere collegati alla TV grazie all’HDMI
e “Gli utenti nelle altre stanze possono
riprodurre i video in streaming attraverso i protocolli DLNA, AirPlay o attraverso Plex Media Server su TV in alta
definizione, smartphone e tablet”.
Si parla molto di video, ma in realtà i
NAS in questione sono pensati per
diversi tipi di contenuti: usando, per
esempio, Photo Station e Music Station,
gli utenti possono archiviare, gestire e
condividere anche foto e musica (oltre
al video, ovviamente).
I nuovi modelli TS-x51 sono disponibili
da subito con questi prezzi al pubblico: TS-251 (2 dischi) a 490 Euro,
TS-451 (4 dischi) a 674 Euro, TS-651
(6 dischi) a 861 Euro e TS-851 (8 dischi)
a 1045 Euro.
PC Uno screenshot mostra il ritorno dell pannello Start
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
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Alessandra Lojacono, Greta Genellini
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
Per informazioni
[email protected]

Per la pubblicità
[email protected]
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Da HP laptop
Windows a 199$
Sarà l’anti
Chromebook?
Nuovo pannello per Windows 9?
I
di Michele LEPORI
iniziano ad arrivare su tutto il web gli scatti di quello
che, a meno che qualcuno non si sia divertito per
qualche ora con Photoshop,
sembrerebbe essere il nuovo
aggiornamento software che
riporterà il pannello Start in
Windows 8. Le influenze del
design Metro sono ben visibili, ma l’importanza di questo
ritorno farà sicuramente passare i malumori sul design in secondo piano. Il pannello Start è chiaramente pensato per gli impieghi “desktop” del sistema ma non si rinuncia a una vista laterale
sull’interfaccia Metro, che resta il modello da spingere per il presente e il futuro.
L’aggiornamento 9788, nome in codice Treshold, stando a fonti vicine al colosso
di Redmond potrebbe però anche essere l’occasione buona per prepensionare
Windows 8 e lanciare il neonato Windows 9: una scelta aggressiva che però potrebbe essere necessaria per rilanciare branding e marketing di un sistema operativo
che molti considerano ormai di passaggio tra la vecchia architettura desktop e un
futuro veramente “multi-device”.
Alla conferenza con i partner commerciali Microsoft, il responsabile
Kevin Turner rivela l’annuncio
shock: HP prima di Natale lancerà
sul mercato un laptop Windows
da 199 dollari, nome in codice
Stream. Non si sanno ancora i
dettagli, ma il buon Turner non si è
risparmiato nell’elargire paragoni
con i competior Acer e Toshiba lasciando intendere che a differenza delle rivali, la “corsa al ribasso”
di Microsoft sarà intesa a tagliare
solo i prezzi e non le prestazioni.
Non solo: Turner annuncia anche
che il partner di Palo Alto è in dirittura d’arrivo anche con una gamma di PC Windows da 7 ed 8 pollici che partiranno da soli 99 dollari.
La minaccia Chromebook, nonostante all’inizio sia stata presa un
po’ sottogamba, è ora al centro
delle attenzioni di Redmond ed
è lo stesso Turner a sottolinearlo
quando afferma che “… abbiamo
in cantiere delle ottime alternative
a Chromebook poiché non abbiamo intenzione di regalare fette di
mercato a nessuno”.
Resta da vedere quanto controllo
avrà Microsoft su questa ondata di mini-PC a basso costo: se
il taglio di prezzo non sarà figlio
di un (sensibile) taglio delle prestazioni questa scelta di attacco
alla base del mercato avrebbe un
senso. Una seconda generazione
di netbook depotenziati andrebbe esclusivamente a vantaggio
del mercato tablet e degli stessi
Chromebook.
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21 LUGLIO 2014
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SCIENZA E FUTURO Bell Labs raggiuge i 10 Gbps di velocità usando un doppino telefonico
Altro che fibra: 10 Gbps su doppino di rame
La velocità varia con la distanza, ciò rende la nuova tecnologia più indicata nelle grandi città
B
di Roberto PEZZALI
ell Labs è riuscita a trasmettere dati
ad una velocità di 10 Gbps usando
una coppia di doppini telefonici in
rame su una lunghezza di 30 metri. Un
esperimento che, se replicato in condizioni reali, permetterebbe comunque di
raggiungere 1 Gbps di velocità in modalità simmetrica. I ricercatori del laboratorio, di proprietà di Alcatel Lucent, sono
comunque convinti che questa nuova
tecnologia possa in qualche modo aiutare i paesi dove mancano gli investimenti
per una distribuzione completa in fibra:
riutilizzando il rame già presente che collega le abitazioni agli armadi si potrebbe
comunque raggiungere una velocità superiore a quella delle ADSL normali, arrivando anche a 100 Mbps. La tecnologia
usata nei Bell Labs è stata denominata
XG-Fast, una estensione della tecnologia
G Fast che verrà standardizzata dall’ITU
il prossimo anno. La velocità raggiungibile dalla nuova tecnologia varia molto a
seconda della distanza, pertanto in Italia
è attuabile solo nelle grandi città dove la
vicinanza tra le abitazioni e gli armadi è
ormai ridotta a qualche centinaio di metri e soprattutto i cabinet sono raggiunti
dalla fibra, cosa che non avviene invece
in molti capoluoghi di provincia e soprattutto piccoli paesi dove la banda è fornita spesso dalla centrale, distante anche
2 km dall’abitazione. Si tratta comunque
di una novità molto interessante, soprattutto per Telecom Italia, che sta portando
il Fiber To The Cabinet in molte città, e
proprio grazie a XG-Fast potrà migliorare
ulteriormente la resa nell’ultimo tratto.
IBM: 3 miliardi di dollari per andare oltre il silicio
IBM guarda verso soluzioni alternative per rimanere agganciati alla legge di Moore
I

BM ha annunciato lo stanziamento di
3 miliardi dollari in 5 anni nella ricerca di nuove tecnologie per scalare la
produzione dei processori fino a 7 nm e
oltre. Mentre l’industria dei semiconduttori attualmente lavora sui 22 e i 14 nm
e comincia a guardare verso i 10 nm,
più i transistor diventano piccoli, più ci
si avvicina agli invalicabili limiti fisici dei
materiali semiconduttori basati sul silicio.
Il progressivo spostamento verso scale
sempre più ridotte nella realizzazione
dei processori, è ciò che in questi anni
ha permesso di rimanere agganciati alla
legge di Moore, ma per superare la so-
torna al sommario
Importante scoperta
dall’Università della
California: usando il
quarzo contenuto
nella sabbia per
realizzare le batterie
si ottiene un’autonomia
tripla rispetto all’attuale
di Emanuele VILLA
SCIENZA E FUTURO L’attuale tecnologia di semiconduttori difficilmente andrà oltre i 7 nm
di Paolo CENTOFANTI
Le batterie del
futuro saranno
fatte di sabbia
glia dei 7 nm, IBM ha deciso che occorre
cominciare a guardare altrove. Gli ingenti
fondi di IBM destinati alla ricerca verranno impiegati su diversi fronti e l’azienda
dice di aver già più di 500 brevetti su tecnologie che permetteranno di lasciarsi
alle spalle l’era del silicio.
Un primo campo di indagine è quello dei
processori quantistici, sistemi in cui vengono elaborati non bit (1 e 0) ma qubit,
unità elementari di informazione vettoriali, che possono assumere più stati simultaneamente (principio di sovrapposizione), caratteristica questa che dovrebbe
permette di risolvere più velocemente
alcune classi di problemi.
IBM è stata pioniera nel quantum computing e continuerà a investire pesantemente in
questo settore dell’informatica. Sempre rimanendo sulla nuova frontiera
della programmazione,
IBM ha anche sviluppato
una nuova architettura
“Neurosinaptica”, che simula cioè il modo di elaborare le informazioni del
cervello umano. L’obiettivo di IBM è quello di realizzare un sistema neurosinaptico
costituito da 10 miliardi di neuroni e
100 trilioni di sinapsi il tutto in meno di
2 litri di volume e con un consumo di
1 kWatt. Sul fronte dei nuovi materiali che
possano sostituire il silicio, invece, IBM lavorerà su nanotubi di carbonio e grafene.
Entrambi i materiali sono costituiti da fogli
di carbonio spessi un solo atomo, nel primo caso arrotolati in tubi appunto.
I nanotubi possono essere potenzialmente utilizzati per realizzare transistor sotto i
10 nm con prestazioni superiori da 5 a 10
volte superiori a quelli realizzati con semiconduttori tradizionali. Circuiti in grafene consentono agli elettroni di muoversi
fino a dieci volte più velocemente che nel
silicio, e anche in questo caso il materiale
consente la realizzazione di transistor più
piccoli e performanti. Altra strada è quella
dei circuiti ibridi basati su semiconduttori
tradizionali e comunicazioni ottiche. IBM
lavora infatti da 12 anni su circuiti integrati
in cui le comunicazioni tra i vari componenti avvengono tramite la luce anziché
con piste elettriche, migliorando capacità
di trasmissione ed efficienza energetica.
I ricercatori dell’Università della
California hanno creato una batteria agli ioni di litio che dura il triplo
di quelle “standard” (a parità di volume e ingombro) poiché basata,
come elemento cardine del processo, sulla sabbia. Pensiamo a un
intero mondo di utenti smartphone
che tutte le sere devono ricaricare il proprio telefono o alle auto
elettriche e all’ansia dei loro guidatori quando la lancetta dell’autonomia scende sotto i 30 km/h:
la batteria “di sabbia” sarebbe la
classica manna dal cielo. Nel comunicato stampa dell’Università
della California si spiega come si
è ottenuto l’eccellente risultato.
Attualmente si usa la grafite come
materiale standard per l’anodo,
ma per il miglioramento delle prestazioni, i ricercatori sostengono
da tempo la necessità di sostituire
questo materiale con nano particelle di silicio, ma hanno sempre
incontrato problemi di produzione
in ampie quantità, oltre al fatto che
questo si degrada rapidamente.
L’uso della sabbia (o, meglio, del
quarzo di cui si compone) servirebbe proprio a realizzare nano
particelle di silicio a costo ridottissimo e in enormi quantità. Passare
da 1 giorno di autonomia a 3 e a
una media di 450 km a ricarica
per l’auto elettrica, mantenendo
inalterati peso, ingombro e tempi
di carica, sarebbe davvero un risultato storico.
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21 LUGLIO 2014
MAGAZINE
SCIENZA E FUTURO È italiano il primo progetto per l’applicazione dei Google Glass in medicina
Dental Glass: Google Glass aiuta i dentisti
Gli occhiali connessi al computer permetteranno di operare in modo molto più efficace
di Andrea ZUFFI
N
asce da un team italiano
Dental Glass, la prima ingegnerizzazione dei Google Glass che
dà vita a un’importante applicazione nel
settore medico/dentale. Il progetto è di
Sellwell, agenzia pubblicitaria specializzata nella promozione di soluzioni tecnologiche e con esperienza nel settore
della realtà aumentata, che si ispira alla
volontà di fare innovazione sfruttando le
potenzialità degli occhiali super tecnologici di Mountain View. Grazie ad uno speciale hardware montato sui Google Glass
e a un software dedicato, i Dental Glass
permetteranno ai dentisti di svolgere in
modo completamente nuovo il loro lavoro. Senza allontanarsi dalla poltrona, infatti, i dentisti che indossano i Dental Glass
potranno consultare il gestionale dello
studio per recuperare le informazioni dalla
cartella clinica del paziente e, per esempio, avere davanti agli occhi le radiografie durante le visite. Allo stesso tempo
con il microfono integrato i professionisti
potranno dettare le note da inserire nella documentazione o ancora, sfruttare la
fotocamera integrata per scattare foto o
registrare filmati in HD da utilizzare negli
Google ha annunciato
di aver raggiunto un
accordo con Novartis
per trasformare in
realtà il suo progetto di
lenti a contatto smart
Aiuteranno i diabetici
e i presbiti
di Paolo CENTOFANTI
interventi successivi. Il dispositivo, che si
innesta sulla stanghetta dei Google Glass,
e un vero e proprio minicomputer con processore da 1GHz, 256 MB di RAM e 16 GB
di memoria. Può scattare foto a 5MPx e
registrare video a 720p. Integra un minitouchpad e un microfono. La durata prevista della batteria è di 15 ore. Spetta ora
a Gerhò, azienda leader nella fornitura di
prodotti odontoiatrici e partner di Sellwell
nel progetto, la commercializzazione del
prodotto. In occasione del 57° Congresso
Amici di Brugg a Rimini, dove è stato
presentato un prototipo funzionante dei
Dental Glass, Ralph Greifeneder - CEO di
Sellwell - ha definito il progetto “una vera
rivoluzione nel mondo medicale” e ha aggiunto “Questo è un primo progetto, già
realizzato, ma abbiamo in cantiere nuove
idee per l’utilizzo dei Google Glass in altri
settori merceologici specifici per ambiti
industriali diversi”.
SCIENZA E FUTURO Il primo sensore cerotto sarà disponibile per istituti di ricerca e università
Toshiba prepara il sensore cerotto che sa tutto di te
Resta attaccato al corpo e può leggere la temperatura, il battito cardiaco e la postura
di Roberto PEZZALI
A

ltro che contapassi: quello che
Toshiba si prepara a lanciare sul
mercato giapponese è il primo
esempio di sensore indossabile biologico, capace di rilevare non solo i movimenti ma anche dati dell’organismo
come temperatura e battito cardiaco.
“Silmee Bar”, questo il nome del sensore, sarà dato inizialmente a laboratori di
ricerca e università per studiare le sue
possibili applicazioni in campo medico,
ma a breve potrebbe arrivare anche una
versione più compatta destinata al pubblico. Silmee Bar non viene considerato
comunque un dispositivo medico, ma
un semplice sensore.
L’accoppiamento con il corpo avviene
tramite una serie di elettrodi attaccati
torna al sommario
Google - Novartis
Accordo per lo
sviluppo delle
lenti a contatto
smart
con un cerotto e un gel conduttore, lo
stesso usato per facilitare l’elettrocardiogramma: Silmee Bar è in grado di
leggere proprio le pulsazioni, di registrare un elettrocardiogramma e la temperatura corporea, oltre a memorizzare
tutti i movimenti del corpo per interpolare informazioni come la postura, i
passi e i movimenti. Il dispositivo sarà
leggerissimo, solo 14 grammi, e anche
abbastanza piccolo: grazie alla protezione IPX5/7 sarà possibile fare la doccia senza scollegarlo; l’accoppiamento
con tablet e smartphone avverrà tramite Bluetooth 4.0. Medicina e tecnologia
sono destinate a incontrarsi, sperando
che possano contribuire insieme a migliorare la vita umana.
Alcon, divisione specializzata in
prodotti per la cura dell’occhio di
Novartis, e Google hanno stretto
un accordo che permetterà alla
casa farmaceutica di sviluppare
lenti a contatto smart basate sulla
tecnologia creata da Google nei
suoi laboratori Google[X]. L’accordo, che arriva proprio a pochi
giorni dall’uscita da Google del
leader del progetto sulle lenti,
consente a Novartis di lavorare
su due applicazioni delle lenti
smart di Google. In primo luogo
le lenti a contatto permetteranno di monitorare costantemente
il livello di glicemia nei malati
di diabete, misurando la composizione dell’umore dei dotti
lacrimali e inviando i dati a uno
smartphone. Un secondo campo di applicazione è quello di
curare la presbiopia, costruendo
una lente in grado di ripristinare
la messa a fuoco dell’occhio in
modo automatico per la vista da
vicino. Dal comunicato si legge
che Google[X] si occuperà dello
sviluppo dell’elettronica miniaturizzata, mentre Alcon sfrutterà la
sua esperienza nel campo delle
lenti a contatto per giungere a
un prodotto commerciale. Sempre nel comunicato, si legge che
l’accordo passerà ora all’esame
delle autorità anti-trust.
Concert for one
Cuffia P3. Un mix di alta qualità sonora e comfort di lusso, frutto della fusione calcolata e calibrata tra materiali pregiati e tecnologie raffinate. Nata dalla penna di Morten Warren, lo stesso creatore dello Zeppelin Air iPod Speaker, la P3, disponibile in 4 colori, nero, bianco, rosso e blu, ne conserva la personalità, il talento sonoro e la frequentazione privilegiata, ovvero l’iPod e l’iPhone dai quali estrapola il meglio dei conte-
nuti sonori, ne integra la funzionalità e la cosmetica. P3 è infatti dotata di un cavo con comando per iPod/iPhone con microfono e controllo volume/salto-traccia, utilissimo per tutti gli
amanti dei player firmati dalla mela argentata. Ma –ovviamenteP3 è "anche" una cuffia Hi Fi tradizionale di elevatissimo livello,
da poter collegare a qualsiasi sorgente standard, tramite il
cavo a corredo intercambiabile con quello per player Apple.
Zeppelin e Zeppelin Air sono marchi registrati di B&W Group Ltd. AirPlay, iPod, iPhone e iPad sono marchi di Apple Inc. registrati negli Stati Uniti e in altri paesi.
www.audiogamma.it
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21 LUGLIO 2014
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AUTOMOTIVE Una carica senza fili in tre ore attraverso una bobina installata nel pavimento
BMW ricaricherà le auto a induzione nel box
Un nuovo sistema di carica delle batterie per la flotta di auto BMW elettriche e ibride plug-in
di Paolo CENTOFANTI
L
e auto elettriche e ibride nel prossimo futuro si caricheranno automaticamente nel box senza bisogno di
cavi. Basterà installare una particolare
pedana nel pavimento del proprio garage: parcheggiandoci l’auto sopra, le
batterie si ricaricheranno senza fili tramite tecnologia a induzione, la stessa
che lentamente si sta diffondendo su
dispositivi come smartphone, ma chiaramente con una potenza nettamente
superiore. Ci sta lavorando con impegno BMW che ha annunciato lo sviluppo di un sistema in grado di caricare la
batteria di un’auto ibrida plug-in come
la i8 in circa tre ore, utilizzando un impianto da 3,6 kWatt. Il sistema su cui
sta lavorando BMW ha un’efficienza di
trasferimento energia del 90% ed è costituito da due bobine di forma circolare
da installare una nel pavimento e una
naturalmente sul fondo dell’autovei-
Ampia serie di tecnologie
per il concept Vision
della gamma SUV
Discovery che vedrà
la luce nel 2015
colo. La forma delle bobine è studiata
per confinare in modo ottimale il campo magnetico utilizzato per la ricarica
a induzione, sia per motivi di sicurezza
che di efficienza di accoppiamento. Nel
caso di veicoli completamente elettrici,
BMW ipotizza lo sviluppo di un sistema
da almeno 7 kWatt per garantire tempi di ricarica simili a quelli delle ibride
plug-in. BMW ha stretto un accordo con
il gruppo Daimler per arrivare a una
standardizzazione dei sistemi di ricarica
dei veicoli di questo tipo. Uno standard
permetterebbe la diffusione di stazioni
di ricarica compatibili con i veicoli di diversi marchi e magari la realizzazione di
parcheggi completamente elettrificati.
BMW al momento non ha comunicato una precisa tabella di marcia per la
commercializzazione del suo sistema e
parla genericamente di un progetto a
medio termine.
APP WORLD Nasce dalla collaborazione tra Areonautica Militare e istituti di ricerca marittimi
SeaConditions, le previsioni del tempo del mare
Un servizio che promette previsioni precise, dalle precipitazioni a onde e vento. Imperdibile
T
di Roberto PEZZALI

empo ballerino in estate? Ci
pensa Sea Conditions, il primo servizio gratuito per le previsioni del tempo del mare. Il sito,
accessibile da browser all’indirizzo
http://www.sea-conditions.com/home
(ma ci sono anche le app iOS e Android),
è il risultato di un progetto che vede
unite le forze di diversi istituti, tra i quali
il Servizio Meteorologico dell’Areonau-
torna al sommario
Realtà aumentata
fari LASER
e guida remota
per Land Rover
tica Militare e l’Istituto Nazionale di
Geofisica e Vulcanologia.
Grazie all’utilizzo di modelli meteo all’avanguardia, SeaConditions permette
di accedere alle previsioni per il bacino
del Mediterraneo con una buonissima
risoluzione e in un formato leggibile.
I dati arrivano non solo da satellite ma
anche da centraline, boe meteo e altri
sensori disseminati in tutta l’area, e vengono rielaborati per fornire previsioni su
un arco temporale di tre giorni con fasce
orario di sei ore. Le previsioni disponibili
sono divise in due zone: quelle atmosferiche, quindi temperatura dell’aria a
2 m, pressione alla superficie, precipitazioni, copertura nuvolosa, venti a 10 m
e quelle del mare ovvero temperatura,
correnti, altezza significativa e direzione delle onde, periodo e direzione delle
onde. È davvero così preciso?
di Paolo CENTOFANTI
A quanti è capitato di sporgersi in
avanti durante la guida per riuscire
a vedere oltre al cofano? Ora immaginate di far sparire dalla vista
la parte anteriore del veicolo e di
vedere la strada davanti e sotto di
voi. È una delle tante possibilità su
cui sta lavorando Land Rover con
il suo concept Discovery Vision,
che farà da base per la prossima
gamma Discovery. Land Rover
ha presentato diverse soluzioni
tecnologiche all’avanguardia, ma
sicuramente il Transparent Bonnet
è quella di maggiore di fascino. È
una delle possibilità della realtà
aumentata offerta dal parabrezza
smart che funzionerà da head-up
display. Altra soluzione all’avanguardia è il sistema LASER Terrain
Scanning che utilizza dei LASER
all’infrarosso integrati nei fendinebbia, per ricostruire la conformazione del terreno davanti a noi
e configurare così automaticamente la trazione del veicolo per
le migliori prestazioni. Altra funzionalità che si baserà sulla tecnologia LASER, questa volta con luce
visibile, è il LASER Referencing,
sistema che proietterà dei segnali, ad esempio, sui muri quando si
affrontano dei passaggi stretti o
si posteggia l’auto, oppure sulla
strada in caso di nebbia. Per chi
utilizzerà il nuovo Discovery come
vero fuoristrada, il Wade System
utilizzerà il LASER per determinare
la profondità dell’acqua nel caso
di attraversamento di un guado.
Per i passaggi più pericolosi, o che
necessitano di un attento controllo
dei movimento dall’esterno, Land
Rover integrerà un sistema di guida remoto a bassa velocità: sarà
possibile pilotare il Discovery da
fuori dell’abitacolo per effettuare
manovre con lo smartphone e il
tablet. Clicca per vedere il video.
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21 LUGLIO 2014
MAGAZINE
SMARTHOME Uno è un robot per l’aspirazione e l’altro è un lavapavimenti per pulizie perfette
Roomba e Scooba: tu riposi, loro puliscono
iRobot annuncia la disponibilità per il mercato italiano di Roomba serie 800 e Scooba 450
di Massimiliano ZOCCHI
D
opo aver ricevuto diversi riconoscimenti e premi internazionali per qualità e innovazione,
arrivano anche sul mercato italiano i
nuovi top di gamma di iRobot. Stiamo
parlando di Roomba Serie 800, proposti a 629 euro per il modello 870,
a cui bisogna aggiungere ulteriori
100 euro per la punta di diamante 880,
e Scooba 450, il nuovo robot lavapavimenti, che costerà 649 euro. Partiamo
da quest’ultimo, completamente ridisegnato e riprogettato ma che mantiene
l’idea alla base dei modelli precedenti:
il ciclo di lavaggio in tre fasi. La prima
fase prevede pulizia e prelavaggio
dello sporco più ostinato
tramite un apposito detergente. Il robot passa
poi al lavaggio vero e
proprio e all’aspirazione
dei liquidi, per poi asciugare il pavimento rimuovendo i liquidi rimasti tramite una spatola. Cuore
pulsante di questo fido
collaboratore domestico
rimane sempre la spazzola pulente in grado di
ruotare a oltre 600 giri
al minuto garantendo
ottimi risultati. La serie
Roomba 800, composta dai modelli
870 e 880, cela al suo interno la nuova
tecnologia iRobot chiamata AeroForce Performance
Cleaning System, in pratica
un nuovo set di spazzole
senza più setole, ma completamente in gomma, sempre
in accoppiata con cassetto
aspirante con filtro HEPA.
Il nuovo sistema, secondo
iRobot, dovrebbe garantire
ARM, Nest e Samsung
uniscono le forze
per creare un nuovo
standard wireless per
l’era dell’Internet delle
cose e la smart home
di Paolo CENTOFANTI
fino al 50% in più di sporco raccolto.
iRobot dichiara la disponibilità da luglio, presso i rivenditori autorizzati.
SMARTHOME La trattativa, non confermata, porterebbe un nuovo protagonista nel settore
Samsung è pronta a scommettere sulla domotica
Samsung starebbe acquisendo SmartThings, startup specializzata nel gestire la casa intelligente
di Andrea ZUFFI
L

a smarthome è ormai territorio di
conquista e nessuno dei grandi
protagonisti è disposto a restare
a bocca asciutta.
Il modo più rapido di ottenere il
know-how è sempre il solito: investire
nell’acquisizione di quelle aziende che
già possiedono le competenze necessarie a sviluppare o implementare nuovi
torna al sommario
business.
Con le operazioni
Google/Nest
e Apple/Homekit
ormai già consolidate,
poteva
Samsung essere da
meno? La domanda
ha già una risposta: SmartThings,
start-up nata da un
progetto finanziato su KickStarter e
che già commercializza un dispositivo
che funge da Hub di interconnessione
tra tutti gli smart device di casa, rendendoli controllabili dallo smartphone
o tablet tramite specifiche applicazioni. I rumor, cui non ha fatto seguito
alcun commento ufficiale da parte di
SmartThings, rivelano una trattativa
Nasce Thread
Protocollo
wireless per
la smart home
sfociata nell’offerta di una cifra poco
inferiore ai 200 milioni di dollari da
parte di Samsung.
Se le informazioni trapelate verranno
confermate, il settore della domotica
avrà presto un nuovo e importante
protagonista a tutto vantaggio della
pluralità dell’offerta per i consumatori.
ARM, Nest (ora di proprietà di
Google) e Samsung, insieme a
Freescale e Silicon Labs, hanno
deciso di fondare il Thread Group,
dove Thread è il nome di un nuovo
protocollo wireless per connettere
qualunque tipo di dispositivo nell’era dell’Internet delle cose. Ma a
quale bisogno cerca di rispondere
Thread che non sia già coperto
da Wi-Fi o Bluetooth? Nel primo
caso, gli standard Wi-Fi consumano troppo per i dispositivi portatili
più piccoli alimentati a batteria. Per
quanto riguarda il Bluetooth, invece, fermo restando il problema dei
consumi, manca ancora il supporto a IP versione 6, ormai un obbligo con l’esaurimento definitivo degli indirizzi IPv4. Inoltre, Thread si
pone l’obiettivo di semplificare la
connessione tra diversi dispositivi
e di superare il modello centrostelle per abbracciare le reti mesh,
in cui ogni dispositivo diventa un
nodo della rete. Tutti questi requisiti sono in realtà già soddisfatti
da protocolli come quello della
ZigBee Alliance, e infatti Thread
sarà basato sullo stesso standard
radio IEEE 802.15.4, tanto che i
prodotti ZigBee dovrebbero diventare compatibili Thread con
un aggiornamento del firmware.
Thread promette la possibilità di
connettere più di 250 dispositivi
contemporaneamente e di offrire
anni di autonomia con l’equivalente di una semplice batteria a stilo.
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21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
TEST LG ha lanciato i primi TV con sistema operativo WebOS, un’innovativa piattaforma Smart e di gestione dell’apparecchio
È arrivato webOS: in prova il TV LG 47LB730V
L’interfaccia è facile e divertente da utilizzare, un pò lenta in alcuni passaggi. Non convince, invece, la resa video del TV
di Paolo CENTOFANTI
o scorso gennaio a Las Vegas abbiamo visto
tutte le ultime novità in fatto di TV per il 2014
e per una volta una di quelle che ci ha colpito
maggiormente non riguardava una nuova tecnologia
di display, bensì l’esperienza d’uso. Negli ultimi anni
tutti i produttori hanno cercato di interpretare la “rivoluzione smart” sul TV, ma ad oggi nessuno sembra
ancora imbroccato la strada giusta: i TV diventano
sempre più completi sul fronte delle funzionalità, ma
anche più complessi e le varie piattaforme fin qui
viste difettano tutte in semplicità e immediatezza
d’uso. Al CES 2014, però, LG ha mostrato per la prima
volta la sua nuova piattaforma basata su webOS, il sistema operativo sviluppato inizialmente da Palm per
gli smartphone, e che sembra portare davvero una
ventata di semplicità, oltre che di colore. Per testarla
abbiamo messo le mani su un modello di TV di fascia media di LG, la serie LB730V, che offre pannello
full HD IPS con retroilluminazione a LED Edge con
local dimming, 3D passivo, tuner satellitare integrato,
DVB-T2 e decoder per il nuovo codec HEVC.
L
Cornice ultra sottile
e doppio telecomando
La serie LB730V si distingue per la cornice sottile ai
bordi e ben curata a livello estetico. Il profilo esterno
è rifinito in quello che sembra alluminio con un effetto
molto elegante. Il frontale del TV è completamente
ricoperto da un “vetro” con finitura lucida che ricopre
anche il sottilissimo bordo che circonda il pannello
full HD LCD di tipo IPS.
Solo nella parte inferiore LG si concede un bordino
nero più spesso dove incastonare il proprio logo e
la spia LED di accensione del televisore. Ancora più
sotto, un bordino metallizzato nasconde i diffusori
miniaturizzati. La base d’appoggio per l’installazione su un piano è costituita da tre elementi che una
volta montati formano un unico “tubo” metallico che
sostiene con leggerezza il televisore.
L’unico difetto se vogliamo di questa soluzione, oltre
a non permettere di ruotare lo schermo, è che il TV
rimane fin troppo vicino al piano su cui lo si appoggia,
con una disposizione che manca un filo di slancio. Il
retro del TV è costituito da un lamierino abbastanza
robusto, così come robusto ci è parso il profilo esterno della cornice. Quello che non ci ha convinto è la
fattura del rivestimento frontale del pannello, che ci
è parso un po’ troppo “ballerino” e che impone un
minimo di attenzione in fase di installazione.
Il parco connessioni è abbastanza completo e offre
quella che ormai è la dotazione standard di ogni TV
che si rispetti. Solo gli ingressi HDMI sono solo 3
anzi dei 4 che troviamo su quasi ogni nuovo TV, ma
per il resto abbiamo il Wi-Fi e Bluetooth integrati, 3
porte USB per il collegamento di hard disk e chiavette, ingressi analogici SCART e Component, porta di
rete Ethernet cablata, uscita digitale ottica per ampli
video
lab
LG 47LB730V
BENE LA NUOVA INTERFACCIA, QUALITÀ VIDEO MIGLIORABILE
1.199,00 €
Il TV della serie LB730V offre un primo assaggio delle potenzialità di webOS come base della piattaforma smart di LG. Le applicazioni sono
ancora poche, ma dalla configurazione iniziale all’interfaccia d’uso, la nuova piattaforma sembra andare nella direzione giusta per offrire allo
stesso tempo versatilità e semplicità di utilizzo. Dove ci ha convinto di meno il TV è sotto il profilo della qualità di immagine: ottimo dettaglio
e buona resa cromatica nelle scene più luminose, ma anche un rapporto di contrasto non eccezionale, con un sistema di retroilluminazione
dinamica poco efficace e, soprattutto nel caso dell’esemplare giunto in redazione, evidenti problemi di uniformità.
7.1
Qualità
6
Longevità
8
Design
8
- Interfaccia webOS interessante
COSA CI PIACE - Configurazione iniziale molto
simpatica e semplice
esterni e presa mini-jack stereo per il collegamento
delle cuffie. Il TV LB730V è dotato di sintonizzatore
DVB-T2 e DVB-S2, con slot per moduli CI+ e integra
già anche il decoder HEVC che evidentemente non
abbiamo ancora potuto testare per via dell’assenza
di canali con questa codifica. In dotazione troviamo due telecomandi, quello tradizionale e il magic
Simplicità
8
D-Factor
8
Prezzo
7
- Pannello poco uniforme
COSA NON CI PIACE - Local dimming poco efficace
remote. Quest’ultimo è pensato per facilitare l’utilizzo delle funzionalità smart ed è dotato di microfono
per l’utilizzo dei controlli vocali. Si tratta di un telecomando leggero e comodo da impugnare anche se
la disposizione dei tasti d’uso più comune non è del
tutto ottimale, specie quello “home” che a nostro av-

segue a pagina 22 
torna al sommario
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MAGAZINE
TEST
TV LG 47LB730V
segue Da pagina 21 
viso sarebbe stato più comodo in posizione centrale
e che invece è in alto a destra e un po’ scomodo da
raggiungere nel modo in cui viene naturale impugnare il telecomando. Stesso discorso per il tasto “back”
che è sempre in alto dalla parte opposta. Inoltre il
tasto ok è costituito dalla stessa rotellina per scorrere
gli elementi del menù e spesso si finisce con il fare
una delle due azioni per sbaglio. Il giroscopio funziona molto bene anche se da menù abbiamo trovato
più pratico ridurre la velocità di default che altrimenti
ci porta a “sbattere” troppo spesso contro il bordo
dello schermo portandoci a riaggiustare di continuo
il gioco di polso. Nessuna contro indicazione comunque nell’usare il telecomando tradizionale con la nuova interfaccia.
Interfaccia più semplice con webOS

Fin dalla prima accensione, il TV LG si presenta in
un modo completamente diverso da ogni altro televisore visto fino ad oggi. La prima cosa che compare
sullo schermo è infatti BeamBird, la mascotte che LG
ha scelto per accompagnarci nella configurazione
del TV, impegnata a farsi un bel sonnellino a pancia
in giù. Con il puntatore comandato dal magic remote
siamo quindi chiamati a svegliarlo per iniziare la configurazione completamente guidata che avviene quasi come un colorato videogioco o un cartone animato
(qui il video di presentazione). In rapidi passaggi si
seleziona il paese il cui ci si trova, la lingua e si passa
alla configurazione del collegamento a Internet. Fatto questo si passa alla sintonizzazione dei canali su
digitale terrestre e satellite. In quest’ultimo caso va
segnalato che se si seleziona come proposto TV Sat,
vengono sintonizzati solo i canali del consorzio e non
il resto dell’offerta Hot Bird, per cui è meglio procedere con la ricerca generica.
Qui purtroppo siamo incappati in un primo intoppo,
perché il TV si è riavviato e abbiamo dovuto iniziare
il processo di configurazione da capo. Aggiornato il
firmware del TV ciò non è più ricapitato. A parte questo, la configurazione iniziale è davvero di impatto e
ben fatta e anticipa quella del menù del TV.
Il menù principale è costituito da una colorata barra
animata che sbuca dalla parte bassa dello schermo
quando la richiamiamo e che mostra la lista delle ulti-
torna al sommario
me app aperte. Tutto qui: è in pratica un’applicazione,
compreso il sintonizzatore TV, e l’interfaccia è ottimizzata per l’utilizzo con il magic remote ed è fluida
e diversa dal solito.
Scorrendola fino al bordo destro, l’ultima casella
ci permette di vedere la lista completa delle app a
disposizione installate sul TV. Quando passiamo il
cursore su una delle app, l’icona si alza dalla fila e
appare una preview a tutto schermo. Ogni azione è
accompagnata da una piacevole animazione, con un
effetto “a rimbalzo” sul bordo destro dello schermo.
L’interfaccia è intuitiva e pratica da utilizzare, anche
se quella relativa alle funzioni TV è un po’ macchinosa, visto che per scorrere la lista dei canali occorre
accedere a un menù apposito con un po’ troppi passaggi a nostro avviso.
Con l’apposito tasto sul telecomand, inoltre, è possibile richiamare un tastino numerico che agevola la
selezione dei canali con il magic remote. Se da un
lato l’interfaccia di webOS è una bella ventata d’aria
fresca, al momento le app sono ancora poche e molte di meno rispetto a quelle che erano presenti sulla
precedente piattaforma smart di LG. C’è da dire che
l’azienda ha pubblicato solo da poco l’SDK per permettere agli sviluppatori di terze parti di realizzare e
pubblicare su LG Store nuove applicazioni. La dotazione di base comprende quelle di utilizzo più comune come Facebook, Twitter, Youtube e il portale italiano di video on demand Chili.tv. Ci sono poi il browser
web, il lettore multimediale compatibile anche DLNA
e supporto Miracast per il mirroring dello schermo di
tablet e smartphone compatibili.
Il menù delle impostazioni, accessibile dall’icona in-
video
lab
LG LB730V
La nostra video prova
granaggio che compare nella parte alta dello schermo, è invece di stampo più tradizionale ma comunque
contraddistinto da una bella grafica e da menù piuttosto puliti. Quando vogliamo regolare un parametro, il
menù assume la forma di una barra con i vari parametri della sezione in orizzontale e dei sottomenù con le
singole opzioni che si aprono in verticale.
La risposta del menù in questo caso è un po’ più lenta, nel senso che il passaggio da una voce all’altra,
anche durante la regolazione di un parametro, offre
un leggerissimo ritardo rispetto alla pressione dei tasti sul telecomando, che però dà un po’ la sensazione
di pesantezza mentre ci muoviamo con il puntatore
tra le varie voci. Nel complesso, anche i menù di regolazione delle varie impostazioni audio/video e di
sistema sono molti completi. Per le regolazioni di immagine troviamo diversi banchi pre-impostati, a cui si
aggiungono - come ormai tradizione LG da qualche
tempo su tutti i suoi modelli - due banchi di memosegue a pagina 23 
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MAGAZINE
TEST
TV LG 47LB730V
segue Da pagina 22 
ria ISF per una completa calibrazione avanzata del
televisore. Qui possiamo regolare in modo completo
bilanciamento del bianco e colorimetria del pannello.
Manca solo la regolazione fine del gamma, ma per il
resto c’è davvero tutto.
Calibrazione di default convincente
Tra i vari setup di immagine pre-impostati, abbiamo
analizzato quello denominato Cinema e che in effetti offre delle regolazioni di base piuttosto buone.
Selezionando questa impostazione, infatti, abbiamo
potuto apprezzare un bilanciamento del bianco della
scala di grigi tra i più vicini al riferimento che sia mai
capitato di vedere out of the box. Stesso discorso per
la colorimetria che, nonostante presenti degli scostamenti della saturazione anche superiori al 5% in alcuni punti, rimane comunque abbondantemente entro
limiti d’errore assolutamente accettabili.
Selezionando uno dei profili ISF otteniamo di nuovo
un ottimo bilanciamento del bianco di partenza, che
è possibile migliorare ancora di più con i controlli
avanzati a disposizione anche se di poco, essendo
comunque già molto vicino al riferimento. Di più si
può fare per rendere ancora più precisa la colorimetria, che vede soprattutto il giallo leggermente sovrasaturo e viceversa rosso e blu un filo meno carichi
su tinte intermedie. Il completo sistema di gestione
del colore permette di rimettere in riga quasi tutto
(il ciano non siamo riusciti a rimetterlo in squadra) e
comunque di restare sempre su livelli di errore praticamente trascurabili ai fini della resa di immagine
effettiva. L’unico parametro di immagine che non siamo riusciti a ritoccare in alcun modo è stato quello
del gamma che, anche portandolo a 2,4 da menù,
rimane in realtà inchiodato su un valore medio inferiore a 2,2 e con una leggere flessione nella parte
superiore della scala di grigi, anche se si tratta di un
comportamento difficile da valutare a causa del local
dimming, che abbiamo mantenuto attivato nel nostro
setup per avere delle regolazioni il più possibili fedeli alle condizioni di visione effettive. Il rapporto di
contrasto espresso a calibrazione effettuata (come al
solito con una luminosità massima impostata intorno
alle 120 cd/mq) non è molto esaltante, frenato soprattutto dall’alto livello del nero (0,165 cd/mq), con un
valore ANSI di 790:1. Infine l’input lag, che in modalità
gioco si attesta su circa 48 ms.

Grafico del Gamut dopo la calibrazione del TV.
torna al sommario
In evidenza un dettaglio della cornice inferiore dove sono posizionati i diffusori miniaturizzati del TV
Il sistema audio è di tipo 2.1 con un piccolo woofer integrato nella parte posteriore del TV.
Prova di visione
Il TV LG è basato su un display LCD IPS con retroilluminazione LED Edge con controllo a zone
(local dimming). Si tratta di un TV di fascia media e
come tale non offre soluzioni particolarmente evolute per quanto riguarda il rapporto di contrasto, come
abbiamo anche visto in fase di calibrazione dai nostri
rilievi strumentali. La visione di film in alta definizione offre immagini dai colori caldi e sufficientemente
brillanti e con un buon livello di dettaglio, ma come
accennavamo risente del livello del nero piuttosto
elevato, anche con local dimming attivato. Il controllo
dinamico della retroilluminazione non ha una granularità molto fine (basta provare a muovere il cursore del
magic remote su fondo nero per vedere le ampie fasce d’azione del local dimming) e il risultato è che non
riesce a far molto per spingere il rapporto di contrasto
nelle scene più scure, se non in particolari situazioni
in cui c’è davvero poco di illuminato sullo schermo,
dove l’effetto funziona al meglio.
Basta qualcosa di un po’ più luminoso e il livello del
nero si alza oltre la soglia di visibilità in modo uniforme su tutto il quadro. Certo meglio che niente, ma
l’LB730V può essere definito in questo senso un LCD
di stampo classico. A parte il livello del nero un po’
elevato, nelle scene più scure i dettagli sulle ombre rimangono comunque sempre bene intelligibili e la definizione non viene intaccata più di tanto. Quello che
manca è essenzialmente un po’ di dinamica e resta
la sensazione di un’immagine a tratti un po’ slavata.
Prima ancora però di una resa con le scene più scure
non del tutto esaltante, quello che si nota subito dopo
pochi minuti di visione è l’uniformità non proprio da
manuale. Lo schermo del TV LG innanzitutto sembra
quasi vignettato, con i quattro angoli visibilmente più
scuri rispetto al centro dell’immagine, ma in generale si ha la sensazione di uno schermo non solo poco
uniforme, ma quasi come fosse sporco. È questa la
sensazione che si ha quando ci sono filmati con movimenti laterali della camera da presa, che rivelano
aree più scure un po’ distribuite su tutto lo schermo.
La mancanza di uniformità si percepisce soprattutto
con le scene di luminosità media, mentre diventa molto meno evidente in quelle fortemente illuminate o,
viceversa, in quelle più scure.
Le connessioni sono abbastanza complete anche se
c’è spazio per solo tre ingressi HDMI, sufficienti per
gestire un decoder, un lettore Blu-ray e una console. Proprio nelle scene più luminose il TV LG riesce
a esprimersi al meglio, con una resa molto buona in
termini di resa cromatica, definizione e contrasto.
La risoluzione in movimento è abbastanza buona a patto di ricorrere all’elaborazione TruMotion.
Questa consiste in un misto delle tue classiche tecniche di black frame insertion e interpolazione dei fotogrammi. Le impostazioni che possiamo scegliere nel
menù TruMotion passano in rassegna diverse combinazione delle due (curiosamente quella utilizza solo
backlight scanning nel menù è chiamata “più chiara”
quando l’effetto è esattamente l’opposto), ma c’è anche una modalità personalizzabile in cui è possibile
dosare a piacere i due contributi. Per chi non ama
l’effetto “telenovela” è così possibile disabilitare completamente l’interpolazione dei fotogrammi. Quale
sia l’impostazione scelta la risoluzione in movimento
espressa dall’LB730V passa da circa 300 linee TV a
oltre 700 linee. La resa con i normali canali TV è nella
norma. Quelli in definizione standard offrono come è
naturale un’immagine poco dettagliata e generalmente impastata. Meglio con i canali HD, anche se il dettaglio continua a non essere incisivo come nella visione
di sorgenti collegate in HDMI. Senza infamia e senza
lode la resa dei piccolissimi diffusori integrati, che comunque offrono una risposta abbastanza equilibrata.
Per quanto riguarda il funzionamento del TV in generale va sottolineato che l’interfaccia a livello grafico
è piuttosto fluida nelle animazioni, ma il passaggio
da un’app all’altra non è proprio velocissimo e in
particolare quando si vuole tornare ai programmi TV
uscendo da un’applicazione, oppure da un ingresso
esterno, si impiega qualche secondo di troppo a nostro avviso. Quando si accende il TV dallo stand-by,
inoltre, il sistema operativo ci mette un po’ di tempo
per essere completamente caricato e questo si avverte in una certa lentezza nell’aprire i menù nel primo
paio di minuti di funzionamento del TV. Da segnalare
che nonostante la presenza del decoder HEVC, non
siamo riusciti a riprodurre filmati codificati in questo
formato, il che ci porta a pensare che il codec sia supportato unicamente per i canali TV.
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21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
TEST In prova Wiko Wax: lo smartphone Android con Tegra 4i che si posiziona nell’affollata fascia di prezzo dei 200 euro
Wiko Wax: conveniente e con un Tegra in più
Costa poco e ha caratteristiche interessanti, tra cui l’LTE, il SoC NVIDIA e il display HD. Ce la farà a entrare in partita?
di Emanuele VILLA
A
bbiamo provato Wiko Wax, il volto nuovo nel
mercato degli smartphone. Dopo un’infornata di
“top di gamma”, passiamo a un modello abbordabile, da 199 euro di listino e pensato per ottimizzare il
rapporto qualità/prezzo. Quando si provano prodotti di
questo tipo, il rischio è che si assomiglino un po’ tutti,
che presentino un design leggermente personalizzato al di sopra di una piattaforma hardware standard e
capace di offrire prestazioni decenti ma nulla di più.
In realtà, qui qualche elemento di spicco c’è: ad un
prezzo assolutamente “entry”, Wiko offre un display
da 4,7’’ con risoluzione HD e tecnologia IPS, un processore Tegra 4i che equivale, come prestazioni, a uno
snapdragon 400, e la connettività LTE, mentre per il resto troviamo Android 4.3 con esperienza “stock”, 1 GB
di RAM, fotocamera principale da 8 mpixel e frontale da
5 mpixel; supponendo che 1GB di RAM sia sufficiente
per la maggior parte degli scopi, l’unico limite manifesto sono i 4 GB di storage, che è proprio il minimo sindacale. C’è una micro SD con possibilità di espansione
fino a 32 GB, ma non è la stessa cosa.
Molto leggero e compatto
Estratto dalla confezione, colpisce soprattutto per
una leggerezza notevole: inizialmente pensavamo di
dover ancora inserire la batteria, ma in realtà era già
integrata. Il design denota una certa cura, certamente
non paragonabile a quella dei top di gamma, ma anche distante da soluzioni “prestampate” che si trovano
frequentemente sotto un certo prezzo: abbiamo lati
con finitura in simil-alluminio e una cover posteriore in
policarbonato bianco opaco che si abbina molto bene,
mentre davanti troviamo un piccolo spessore sotto i
tasti capacitivi del medesimo colore della costina. La
leggerezza e i materiali impiegati denunciano senz’altro la natura low cost del progetto, ma a dire il vero il
risultato è piacevole: Wax è un telefono leggero, sufficientemente solido e che si mostra con piacere.
Pensato per giocare

Considerazioni estetiche a parte, abbiamo trascorso
una settimana con Wax utilizzandolo come smartphone
tuttofare per la routine lavorativa e per i momenti di
svago. Diciamo subito che l’esito, stanti i 199 euro di
listino, è stato positivo: in questa fascia il rischio di rallentamenti costanti, attimi di freeze del sistema, scatti
e via dicendo, è sempre dietro l’angolo, ma possiamo
dire che Wax ne esce bene.
Ma andiamo per gradi: nulla da dichiarare sull’interfaccia, poiché si tratta di Jelly Bean “standard” e da
lì non ci si muove, ma eravamo abbastanza curiosi di
testare il Tegra 4i quad core da 1.7GHz, che stante la
fascia di mercato del prodotto, garantisce prestazioni
interessanti, paragonabili (con tutte le cautele del caso)
a uno snapdragon 400. Prima ancora di usarlo nella
routine di tutti i giorni, abbiamo lanciato un benchmark
(il “solito” An Tu Tu) giusto per farci un’idea ottenen-
torna al sommario
video
lab
Wiko Wax
199,00 €
UN BUON PUNTO DI PARTENZA
Wiko Wax costa poco, ha un processore adeguato con una particolare propensione per la grafica, un buon display IPS ed è 4G/LTE, cosa
tutt’altro che scontata. Caratteristiche tipiche degli entry level sono invece la memoria RAM e lo storage al minimo sindacale, oltre a un design
piacevole ma che non fa gridare al miracolo. Il sistema comunque è molto stabile, la lag contenuta e l’autonomia apprezzabile; la fotocamera,
invece, non brilla in condizioni difficili. Le prestazioni, comprensive di gaming e di routine quotidiana, anche molto “impegnativa” per quanto
concerne l’impiego dello smartphone, sono allineate con i migliori prodotti di questa fascia, di per sé il rapporto qualità/prezzo è quindi molto
buono. Aggiungeteci un po’ di RAM, 8 GB di storage e non ritoccate il prezzo: sarà un best buy.
7.7
Qualità
8
Longevità
7
- Processore potente
COSA CI PIACE - Supporto reti LTE
- Rapporto qualità/prezzo
Design
6
Simplicità
8
D-Factor
7
Prezzo
9
- Storage limitato
COSA NON CI PIACE - 1 GB di RAM
- Display poco luminoso
do un buon risultato di 26.860, un risultato che sotto
il profilo della potenza di calcolo, pone questo Wax
più o meno allo stesso livello del Galaxy S4 di Samsung; certo, non siamo ai 35.000 del Galaxy S5, ma
d’altronde non è paragonabile neanche il prezzo, e il
risultato ottenuto lo rende adatto anche alle sessioni
di gaming avanzato. Fattore limitante è di sicuro l’unico
GB di RAM presente, elementi invece a favore di Wax
sono la potenza grafica di Tegra 4i e la risoluzione HD
del dispay, che va bene su 4,7’’ (i pixel si vedono solo
andando a 1 cm dallo schermo) senza richiedere potenze di calcolo impressionanti. Partiamo dunque dal
gaming, approfittando anche della presenza dell’app
Tegra Zone che riporta un elenco di giochi ottimizzati
per Tegra e disponibili su Play Store: abbiamo giocato
subito con Rally Racer Drift e Dead Trigger ottenendo
una fluidità davvero notevole, che non sembrerebbe
tipica di un telefono di gamma medio/entry come questo. Siamo sui 30fps “molto abbondanti” in entrambi i
casi. Il limite sui giochi è, semmai, la memoria di storage di 4 GB, memoria che si riempie un po’ troppo alla
svelta con titoli di un certo calibro, considerando poi
la necessità di far spazio anche ad app e dati di altro
genere. In pratica, occorre munirsi fin da subito di una
micro SD, tenendo comunque in considerazione tutti i
vincoli del caso.
Prestazioni interessanti, lag contenuta
Dicevamo in apertura che i telefoni Android entry level
si assomigliano ormai un po’ tutti: sono in grado di gestire la routine di una normale giornata di lavoro/svago,
tutti arrivano a sera con ancora un po’ di carica. Il problema, non da poco, emerge nel momento in cui li si
dà a un “power user”, colui che tutte le informazioni le
cerca sul telefono, passa compulsivamente da un app
all’altra senza mai chiuderle dal multitasking, che ha
sempre musica in streaming mentre naviga in Internet
e, magari, ha anche un’app in background che monitora la propria attività fisica via GPS. Fermo restando che
questo non è il target preferenziale di Wax, vediamo
che succede sottoponendo il telefono a uno stress notevole. Partiamo col dire che l’interfaccia dà un senso di
fluidità davvero notevole e che, in condizioni di carico
segue a pagina 26 
n.94 / 14
21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
TEST
Wiko Wax
segue Da pagina 25 
minimo/moderato, il richiamo della homescreen, la gestione del multitasking, il passaggio tra le app e l’apertura delle stesse è pressochè istantaneo, con una lag
neppure percepibile. In pratica, per l’uso di tutti i giorni,
Tegra 4i e 1 GB di RAM vanno più che bene. Di default
come browser c’è Chrome, e anche qui l’apertura delle
schede e delle pagine è molto rapida, con una lag minima che non dà alcun alcun fastidio. Saliamo allora con
le pretese ascoltando musica in streaming, consultando Facebook, pubblicando in bacheca e poi aprendo
un paio di schede di Chrome: tutto sufficientemente
fluido, il telefono inizia a rallentare un po’ i caricamenti
e il richiamo alla homescreen mostra qualche leggera
indecisione e latenza, ma siamo comunque a un livello
di prestazioni e fluidità superiore alla media. Tra l’altro
l’ascolto di musica in streaming e l’accesso ai giochi ci
permette di valutare anche lo speaker posteriore: qualità mediocre, ma abbastanza potente. Se in mezzo al
multitasking ci “infiliamo” un gioco di quelli molto esosi
in termini di potenza di calcolo, allora la situazione si fa
più complessa: il gioco va che è una meraviglia (come
già detto), l’audio in streaming di sottofondo c’è, ma il
richiamo al multitasking, alla homescreen e alle altre
app è rallentato. Ci sta senza problemi, anche perché
si suppone che chi gioca non faccia altro.
In sostanza: come prestazioni Wax ottiene un risultato positivo, in linea con i migliori esponenti di questa fascia di prezzo. AnTuTu lo paragona a Galaxy S4
(telefono tutt’altro che da buttare), i giochi sono fluidi
grazie a Tegra 4i e anche chi usa il telefono in modo
impegnativo può ottenere soddisfazioni. Certo che
non bisogna esagerare nelle pretese, d’altronde 1 GB
di RAM qualche limite lo dovrà pur causare e non abbiamo uno snapdragon 805 da spremere con svariate
app e giochi, ma le prestazioni sono commisurate, se
non superiori, alla fascia di prezzo.
Dimenticavamo il display: la risoluzione HD non arre-
ca alcun danno a queste dimensioni di schermo e non
è assolutamente da considerarsi un limite. A occhio, i
colori sono sempre vividi e brillanti, ma le misure strumentali denunciano uno spazio colore limitato con un
avvertibile scarto dal riferimento. Contrasti accettabili
e angolo visuale esteso, con variazioni di luminosità
avvertibili ma non eccessive spostandosi dal punto di
visione ideale. Le misure sul display dichiarano una luminosità massima di 364 cd/mq e un contrasto di 520:1.
Come si nota anche a vista, il display è poco luminoso
e questo, che non rappresenta un problema in condizioni d’uso normale, può condizionare la leggibilità
quando la luce ambientale diventa “importante”.
Fotocamera nella norma
Non è un camera-phone, nonostante la scheda tecnica
faccia sfoggio di una camera da 8 mpixel con sensore retroilluminato e una frontale da 5 Mpixel per selfie
“dettagliatissimi”. L’interfaccia è quella di Android, senza personalizzazioni ma che permette comunque di
accedere a diverse opzioni di scatto, tra cui la compensazione dell’esposizione, il bilanciamento del bianco, la
risoluzione di scatto, l’HDR e molto altro. L’esito è tutto
sommato normale per questa fascia di prodotto, che
può realizzare scatti piacevoli se le condizioni esterne

SELEZIONA LE FOTO CON IL MOUSE PER VISUALIZZARE L’INGRANDIMENTO
torna al sommario
lo consentono, ma mostrando tutti i limiti (di sensore,
di ottica…) nel momento in cui la situazione si fa complessa e la luce cala. Qui abbiamo notato una buona
luminosità, nel senso che la macchina permette scatti
serali/notturni intelligibili, e un’altrettanto valida proposizione del primo piano, ma è innegabile che gli sfondi
(si noti il cielo) vengono affogati all’interno di molto rumore causato dagli alti ISO. Molto apprezzabili, invece,
quelle diurne, comprensive di un ottimo macro che
crea anche uno sfocato niente male: compressione in
queste condizioni quasi non avvertibile.
Infine l’autonomia, che mettiamo al fondo solo perché
ci porta a considerazioni analoghe rispetto alle foto:
siamo nella norma degli smartphone del 2014, senza infamia e senza lode. La batteria da 2.000 mAh, regge la
nostra routine quotidiana, che prevede anche navigazione frequente in 3G/4G, ma non chiedetegli miracoli
e non esagerate con il “pressing”. Tutte le sere si arriva
col telefono ancora leggermente carico, se poi si vuole
ottimizzare l’autonomia in funzione degli impieghi del
telefono, si può utilizzare l’apposita funzione che limita
la potenza del sistema per incrementarne l’autonomia,
perfetta quando non si ha una presa elettrica a portata
di mano e, al tempo stesso, lo smartphone viene usato
solo per le funzioni essenziali.
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21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
TEST Passare con l’HDMI in una canalina stretta è sempre un problema, Audioquest con il suo kit rende tutto molto più facile
HDMI crimpati Audioquest: la canalina non un più problema
Grazie a un sistema di collegamento “a crimpare” basta un colpo di pinza per terminare il cavo, realizzato su misura
di Gianfranco GIARDINA
A
rrivare con il cavo HDMI al proiettore o anche
semplicemente poter installare il proprio TV a
muro rischiano di rimanere sogni nel cassetto, a meno di non ricorrere a un muratore: rompere
per fare una traccia, passare una canalina gigante,
stuccare e rasare sperando che la riparazione non
si veda (ma si vedrà) e poi comunque sperare che il
cavo HDMI non abbia una spina così grossa e rigida
da non passare nella canalizzazione realizzata.
Oggi quest’incubo può essere evitato, grazie a una
soluzione molto interessante di Audioquest: si tratta di un sistema di cablaggio HDMI che può essere
“crimpato” a misura, ovverosia per il quale il connettore finale può essere montato con un particolare utensile dopo aver passato il filo “nudo”, proprio
come si fa generalmente per le connessioni di rete.
Si tratta di una soluzione decisamente costosa (come
vedremo più avanti) se paragonata ai cavi prefiniti,
ma sicuramente conveniente rispetto alla necessità
di interventi di muratura o addirittura all’impossibilità
di una connessione alternativa.
Difficile ma facile

Di certo crimpare un HDMI non è così facile come dirlo:
una ventina di contatti, con schermi, calze e fili guida
bastano e avanzano per creare qualche grattacapo.
Non a caso, salvo la soluzione che abbiamo provato
in queste pagine, i connettori HDMI sono normalmente stampati a macchina e nessuno si azzarda a fare
connettori a saldare. Va detto che, come abbiamo
potuto sperimentare, la soluzione Audioquest, grazie
a una serie di “passacavi” e utensili specifici (ulteriormente rivisti e ottimizzati dopo le prime installazioni),
è tale da rendere l’operazione abbastanza facile.
L’unico rischio è quello di un falso contatto su qualche
pin, cosa che si scopre solo dopo aver terminato il
lavoro: in tal caso non resta che tagliare il connettore
difettoso e procedere con una nuova intestazione. In
aiuto all’installatore arriva uno specifico “tester”, an-
torna al sommario
video
ch’esso parte del kit di Audioquest: si tratta di un apparecchio in due unità, da applicare ai capi del cavo
appena intestato. Se i contatti sono validi, si accendono tutte le luci e il cavo è certificato.
Procedere al montaggio non è complesso – dicevamo – ma di certo lo può diventare se non si dispone
degli strumenti giusti (Audioquest li raduna in un’apposita valigetta) e se manca un po’ di esperienza; chi
ha già crimpato un paio di connettori, non solo procede sicuro ma anche spedito. Per questo motivo la
miglior cosa da fare, se si vuole adottare la soluzione
di Audioquest, è quella di rivolgersi a un negozante
o installatore tra quelli “autorizzati” (per conoscerne
la lista rivolgersi al distributore italiano Audiogamma).
E questo non solo per l’esperienza e la capacità, ma
perché l’installatore autorizzato dispone della costosa
valigetta che contiene tutti gli utensili necessari: non
ha ovviamente alcun senso acquistare la valigetta per
farsi solo uno o due cavi.
Per prima cosa scegliere il cavo
Esistono due tipi di cavi sui quali è possibile crimpare i connettori HDMI: uno più sottile e flessibile (28 AWG) che garantisce una connessione
high speed (ovverosia anche 4K ad alto frame rate)
fino a 6 metri ed è certificato per una connessione Full HD anche 3D fino a 12 metri;
con il cavo più spesso (24 AWG, un po’ più
rigido) le distanze si allungano fino a 10
metri in high speed e 20 metri per velocità
“convenzionali”. La scelta dipende ovviamente dalle necessità e comunque deve
fare i conti con il portafoglio: la versione
più sottile ha un prezzo di listino di 24 euro
al metro, mentre quella più spessa arriva
a 38 euro al metro. Quanto al montaggio,
crimpare sul cavo più sottile è un po’ più
semplice, soprattutto nella fase di chiusura
delle due semicustodie; la procedura è, invece, identica. Alla spesa per il cavo vero e
proprio, va aggiunta quella per i connettori
(12 euro ciascuno) e la manodopera di un
eventuale installatore che crimpa il cavo.
lab
Crimpare è un attimo
Preparare il cavo è la fase critica
Ovviamente la prima fase è identificare la via di
passaggio del cavo: si può per esempio, nel caso di
proiettori o TV già installati, sfilare i cavi dei collegamenti analogici, oramai in disuso, e utilizzare le medesime canalizzazioni. Per nuove installazioni, bisogna ovviamente procedere altrimenti e, pur essendo
il passaggio nelle canalizzazioni elettriche fuori norma, resta un’opzione comunque considerabile. Una
volta identificato il percorso, è bene tagliare lo spezzone di cavo che sarà necessario, ovviamente con
un po’ di abbondanza. Una volta tagliato, un buon
trucco è quello di intestare il primo connettore su un
tavolo con il cavo totalmente sfilato, in modo da essere comodi nella preparazione. Quindi si procede
infilando in capo libero del cavo dalla posizione più
scomoda verso quella più comoda: sarà in quest’ultima che bisognerà fare la seconda crimpatura.
La nostra prima crimpatura (ma eravamo assistiti da
un installatore esperto) ha richiesto circa 20 minuti;
la seconda è stata già più veloce.
Ecco le diverse fasi del lavoro in questo resoconto
fotografico.
Innanzitutto va aperta la guaina avvalendosi di un
taglierino, facendo ovviamente attenzione a non
incidere i cavi sottostanti. Quindi va fatto un po’ di
ordine, sistemando la calza, tagliandola a misura (ci
sarà poi un’anima metallica da riportare sulla massa
del connettore).
segue a pagina 28 
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21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
TEST
Audioquest: HDMI crimpati a misura
Un montaggio un po’ macchinoso
ma quando serve è una vera manna
segue Da pagina 27 
Ogni coppia di conduttori, oltre ad essere intrecciata,
dispone di una propria calza ottenuta con un foglio
metallico; ma per evitare che le calze si tocchino andando tutte a terra, il foglio metallico è rivestito da un
strato dielettrico, una specie di pellicola trasparente.
Tutto questo “insieme” trova spazio nella pinza che
effettua la crimpatura, insieme alla basetta del connettore. La chiave colore azzurro-blu sulla pinza indica il corretto verso di inserimento del blocchetto.
La pellicola trasparente va svolta e tagliata giusto a
misura,insieme alla calza corrispondente.
A questo punto si crimpa e il connettore, ancora nudo,
è fatto.
A questo punto, bisogna identificare i diversi conduttori, riconoscibili dal colore (anche se con qualche problema per alcune tinte “dubbie”). Più tardi
andranno infilati in due piccoli profili di plastica che
riporteranno la chiave colore per un corretto collegamento. Per questo motivo bisogna identificare i
diversi colori e, uno a uno, raggrupparli e ordinarli
secondo lo schema previsto.

I diversi fili vengono infilati sui due pettini in plastica
secondo la chiave colore indicata; il filo di massa viene invece richiamato all’indietro sulla guaina.
A questo punto il cavo e preparato e pronto per la
crimpatura. Le abbondanze sui fili di diverso colore
verranno poi tagliate dalla pinza crimpatrice. Si procede quindi a posizionare i due pettini all’intero di una
piccola “custodia” calamitata (quella azzurro-blu) che
li tiene insieme e nella posizione corretta, insieme alla
basetta del connettore vero e proprio.
torna al sommario
Abbiamo testato il nostro cavo nella connessione tra
un amplificatore abbastanza “esigente” in termini di
precisione del clock del segnale HDMI (uno Yamaha)
e un videoproiettore Full HD. La connessione si è instaurata correttamente sin dal primo momento, senza problemi né disturbi, malgrado la decina di metri
di connessione e il “dilettantismo” dei crimpatori.
Problema risolto, sfilando il vecchio VGA, per riutilizzarne la stretta canalina, ed evitando la non sempre
affidabile connessione con gli adattatori HDMI-Cat5,
soprattutto quando c’è da passare per un amplificatore. Il “conto” da pagare è di certo salato: circa
280 euro di materiale per i nostri 10 metri, più il giusto compenso per il tecnico che, oltre alla sua capacità, ci mette l’utilizzo (e quindi l’ammortamento) della “valigetta” di utensili (che da sola, costa
praticamente 500 euro). Certo, se la situazione consente l’utilizzo di un cavo stampato, vale la pena di
affidarsi a questo. Ma se il connettore stampato non
ci passa, la soluzione Audioquest è davvero una
manna, tanto da spingere chi fino a oggi ha magari
resistito all’adeguamento di un vecchio proiettore
proprio per non litigare con l’HDMI.
Si sistemano poi le due conchiglie del corpo della
spina, facendo ben attenzione a passare sotto il serracavo, il cavo di massa, indispensabile per il buon
funzionamento.
Una volta lavorati entrambi i capi del cavo, si passa
alla fase di testing: basta mettere il tester principale
a un capo del cavo e il ripetitore passivo dall’altra
parte. Avviare il test e una a una, se tutto è andato
liscio, si accendono le luci della corretta continuità
del cavo. Nel nostro “esperimento”, la connessione
si è rivelata corretta al primo colpo.
I tester in dotazione con il kit di Audioquest.
Rock’n’Go.
Loewe Speaker 2go.
Speaker Bluetooth portatile con funzione vivavoce, NFC e
fino a 8 ore di autonomia. Sound 2.1 integrato da 40 Watt.
Prezzo al pubblico: 299 Euro.
www.loewe.it
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21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
TEST Il compatto diffusore Sony è in grado di svolgere tutte le funzioni di un vero sistema stereo, accesso in rete compreso
Sony CMT-X7CD, il sistema audio “personale”
Versatile, ben realizzato, facile da utilizzare con l’app e capace anche di un buon suono: il Sony CMT-X7CD ci ha convinto
di Roberto FAGGIANO
uando lo spazio è un fattore fondamentale in
casa, bisogna scegliere molto bene i componenti stereo che svolgano più funzioni possibile. Non solo la semplice riproduzione musicale
da smartphone e tablet, ma anche al riproduzione
di CD e l’ascolto della radio. Questo diffusore Sony
CMT-X7CD (349 euro) sembra davvero il più adatto
a svolgere un ruolo in tal senso e senza troppi compromessi: infatti nelle stesse dimensioni di un diffusore per smartphone e tablet ritroviamo il lettore
CD con caricamento motorizzato verticale, la radio
FM con 20 preselezioni, un ingresso USB per chiavette dalle quali riprodurre brani MP3 e WMA, un ingresso minijack per qualsiasi sorgente, il Bluetooth
con aptX e abbinamento NFC, il collegamento Wi-Fi
oppure via cavo alla rete, il DLNA e perfino l’AirPlay
per dispositivi Apple. Insomma praticamente tutte le
possibili sorgenti antiche e moderne, oltre all’amplificatore da 2 x 20 watt (1% THD) che pilota una coppia di larga banda con radiatore passivo, concentrate in uno spazio di 38 x 18 x 8 cm. L’alimentazione
è solo quella casalinga ma inserire in questo poco
spazio anche la batteria ricaricabile sarebbe stato
veramente troppo. Quindi ci troviamo di fronte a un
vero sistema stereo che può fungere da apparecchio principale oppure essere usato in una stanza
da letto, nello studio oppure nella casa di vacanza.
L’estetica è molto rigorosa in nero con fianchetti in
alluminio spazzolato e griglia frontale metallica di
colore bianco oppure nero.
Q
C’è il telecomando ma è meglio l’app
Per governare tutte le funzioni ci sarebbe in dotazione un piccolo telecomando stile carta di credito,
dove i tasti sono inevitabilmente affollati e la logica
di utilizzo non è delle più semplici. Inoltre Sony ha
scelto di concentrare le informazioni in un piccolo
display sul lato superiore, una collocazione non
proprio felice perché risulta del tutto invisibile se il
sistema è collocato su un ripiano alto oppure in una
libreria con poco spazio attorno. Ma per fortuna si
può utilizzare l’app SongPal e controllare a distanza il sistema sfruttando il
display del telefono o
video
lab
Sony CMT-X7CD
349,00 €
UN VERO SISTEMA STEREO IN VERSIONE RIDOTTA
Il diffusore Sony CMT-X7CD non ha demeritato il titolo di sistema audio personale, suona piuttosto bene per le sue dimensioni ed è facile da
usare. Fin qui meriterebbe già un buon giudizio, anche se fosse un semplice diffusore per smartphone con Bluetooth, ma qui troviamo pure
tutte le sorgenti tradizionali come la radio FM e il lettore CD oltre al collegamento alla rete, con Wi-Fi o cablato e con funzioni dlna, il tutto
governato da un’applicazione che ha più pregi che difetti. Per il prezzo richiesto non possiamo che promuovere ampiamente il nuovo arrivato
in casa Sony, un vero sistema audio compatto che svolge egregiamente il suo compito come diffusore secondario nello studio o nella camera
dei ragazzi, ma che può essere elevato al rango di vero impianto stereo principale senza troppe rinunce.
8.1
Qualità
8
Longevità
8
Design
7
- Versatilità
COSA CI PIACE - Connessioni senza fili complete
- Rapporto qualità/prezzo
del tablet. Questa applicazione è comune a molti apparecchi Sony ma si adatta ai dispositivi a cui
può essere abbinata. Nel nostro caso troviamo le
impostazioni dell’equalizzatore e la possibilità di
aggiungere le applicazioni già caricate sul dispositivo, ma i servizi di streaming come il proprietario
Sony Music Unlimited e Deezer sono già previsti in
partenza. Invece Spotify e Aupeo, tanto per fare due
esempi, vanno aggiunti.
Stessa procedura per la musica personale, dove
Simplicità
8
D-Factor
8
Prezzo
9
- Display poco visibile
COSA NON CI PIACE - App migliorabile nella gestione
degli streaming musicali
bisogna importare le proprie librerie di iTunes o
Google Play. Sempre dall’applicazione si controlla la
sintonia della radio e la riproduzione dei CD. La grafica è molto semplice, senza particolari raffinatezze.
Musica in rete o alla vecchia maniera
Per iniziare la prova bisogna collegare il Sony alla
rete domestica in Wi-Fi con procedura WPS (consigliabile appena possibile) oppure attraverso
smartphone e tablet con una procedura più lenta. Le
preselezioni radio vanno impostate manualmente
una per una e le operazioni via telecomando sono
alquanto complicate, poi l’ascolto è gradevole e con
buona sensibilità e selettività.
Per ascoltare un CD basta inserirlo nel meccanismo
per attivare il motorino (molto silenzioso) che preleva il disco, per l’espulsione va sfiorato l’apposito
tastino sul lato superiore. Molto rapida l’acquisizione dei contenuti musicali da una chiavetta USB, ma
le informazioni sul display sono molto limitate e se
avete archiviato molti brani la ricerca di quello desi-

segue a pagina 31 
torna al sommario
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21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
HI-FI E HOME CINEMA Si chiama Level ed è la nuova linea di prodotti audio di Samsung
Samsung sfida Beats con la gamma Level
Ogni modello Beats ha una controparte Level. Per ora sono disponibili solo oltreoceano
di Michele LEPORI
l mercato delle cuffie e dell’audio
portatile vede affacciarsi all’orizzonte
un nuovo contendente al trono delle
vendite e della popolarità e non si tratta
certop di un competitor di poco conto.
Samsung ha, infatti, deciso di creare
una line-up di prodotti, dalle cuffie inear alle sovraurali passando per gli
speaker portatili Bluetooth, che mette
senza troppi fronzoli nel mirino l’utenza - e le quote di mercato - di Beats:
una sfida davvero coraggiosa visto che
la popolarità del marchio americano ha
raggiunto livelli difficilmente eguagliabili, ma nel quartier generale di Seoul
sembrano pensarla diversamente.
Partiamo dal design, di stampo vagamente retro ma con finiture decisamente moderne simil-alluminio; in
questo modo, pur presentando un look
“premium”, difficilmente i modelli Level
si distingueranno dal più colorato ed
aggressivo marketing delle rivali americane, che pescano a piene mani dalla
cultura visiva hip-hop.
Da notare, poi, che ogni modello
Beats ha una sua controparte nella
I
gamma Level di Samsung: Over (rivale di Studio), On (rivale di Solo2) e
Level box (rivale di Pill) ed anche le
fasce di prezzo sono le stesse dell’azienda americana. I modelli della serie Level sono per ora disponibili solo
per il rivenditore americano Gilt e su
Amazon, Best Buy seguirà a ruota.
Attendiamo lo sbarco in europa per valutarne le qualità musicali.
HI-FI E HOME CINEMA
Pioneer lancia
i diffusori
FreeMe
Pioneer ha annunciato l’arrivo dei
due diffusori portatili Bluetooth
FreeMe, pensati per l’abbinamento a
smartphone o tablet, con tecnologia
NFC. I due modelli, XW-LF1 e XW-LF3,
hanno caratteristiche simili: due
altoparlanti full range da 40 mm con
magneti al neodimio e radiatore passivo, funzione auto connect per il collegamento automatico ai dispositivi
Bluetooth già accoppiati, batteria agli
ioni di litio con un’autonomia di circa
7 ore. I diffusori FreeMe sono dotati
anche di ingresso stereo mini-jack
per il collegamento di sorgenti analogiche. I due modelli si differenziano
per il rivestimento esterno. L’XW-LF1
ha guscio in gomma nelle colorazioni
nero, bianco e acqua marina e ha
un costo di 149,90 euro. Il modello
XW-LF3 per ora ha rivestimento in
pelle nera a un prezzo di 199,90 euro.
Più avanti sarà disponibile anche la
versione in pelle marrone.
Cuffie Samsung Level
TEST
Sony CMT-X7CD
segue Da pagina 30 
derato sarà lunga. Decisamente più semplice la riproduzione via Bluetooth oppure in AirPlay, se invece volete usare Spotify si può anche sfruttare l’app.
Per le radio via web è disponibile il servizio Tunein.
Unico inconveniente dell’app è quando si richiama
un’applicazione esterna, per esempio Spotify: in
questo caso si apre direttamente l’app esterna e
spariscono i controlli del diffusore, per variare il volume bisogna usare i tasti del dispositivo oppure si
deve riaprire l’app Sony.
Ascolto di qualità

Adesso il pensiero ricorrente, che era francamente
anche il nostro, sarà il seguente: con tutte queste
funzioni al prezzo di un semplice buon diffusore
non possiamo pretendere che suoni anche bene.
E invece questo Sony non delude al momento dell’ascolto, specie se si sfruttano in modo intelligente
l’equalizzatore a 5 bande integrato con le diverse
curve preimpostate.
Per queste ultime sono disponibili effetti per diversi
generi musicali ed è possibile anche inserire un allargamento dell’effetto stereo su due livelli; si tratta
torna al sommario
di elaborazioni non eccessive e piacevoli ma noi abbiamo scelto la posizione Flat; l’equalizzatore vero e
proprio è disponibile solo tramite l’app. Ascoltando
CD la resa sonora è molto piacevole, senza eccessi
sui bassi e con un buon dettaglio, gradevoli le voci
femminili e con il giusto livello di dettaglio.
Alzando il volume si ottiene anche un buon impatto
in gamma bassa rispetto alle dimensioni contenute.
Le curve preimpostate di equalizzazione aggiun-
gono brio e coinvolgimento senza eccedere nelle
variazioni apportate, dissipando il nostro preventivo
scetticismo.
Meno efficace l’allargamento del fronte stereo ma
non ci sembra un difetto grave con questa tipologia di diffusori. Abbiamo già accennato all’ascolto
della radio FM che è di buon livello, anche se volutamente limitato in gamma acuta per evitare eccessi
di fruscio.
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21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
TEST Pannello 4K con risoluzione 3840x2160, porta DisplayPort 1.2, HDMI 1.4: tutto ad un prezzo davvero super conveniente
Monitor 4K low cost: in prova il Samsung UD590
Il prezzo è inferiore a 700 euro, può contare su un pannello 4K da 28” e su un buon livello costruttivo. E’ un vero affare?
S
di Roberto PEZZALI
ono arrivati in Italia i monitor 4K a basso costo:
che l’Ultra HD non sia una tecnologia “cara”
già lo sapevamo, ma se fino a poco tempo fa
per un gran monitor ad elevata risoluzione servivano più di 1000 euro oggi si può spendere anche la
metà. La prima proposta che abbiamo voluto provare
è il nuovo Samsung U28D590D, 28” di diagonale e
pannello con risoluzione 3840x2160: la vera novità
di questo monitor è la possibilità di gestirlo direttamente a 60 Hz con una connessione single stream,
sfruttando la porta DisplayPort 1.2 sul retro.
Una possibilità questa che dovrebbero avere praticamente tutti coloro che mirano al nuovo monitor
Samsung: per gestire un pannello 4K serve una
scheda video di un certo livello, inutile nasconderlo, e le schede video al top sicuramente hanno una
uscita DisplayPort compatibile. Perché questo monitor Samsung costa così poco? Samsung è una delle
prime aziende ad aver adottato un nuovo pannello
per monitor a basso costo della CMO, un 28” TN
usato anche da altri produttori, al quale è stato abbinato un nuovo tipo di controller che ha permesso la
gestione dell’ingresso a 60 Hz. Attorno al pannello
Samsung ha costruito poi un cabinet semplice, senza
tutte le regolazioni richieste dai monitor professionali, ma con una finitura comunque più che adeguata
al brand, quindi stand in metallo e discreta stabilità. Qualcosa manca, come ad esempio l’aggancio
VESA, ma come abbiamo già detto questo monitor
non è indirizzato al professionista. Il target è il consumatore appassionato di tecnologia, che vuole tanta
risoluzione, anche se come vedremo questo rischia
di essere un boomerang: il mondo Windows ancora non è pronto per risoluzioni così elevate e non
tutte le applicazioni scalano nel migliore dei modi.
Tornando al pannello abbiamo detto che si tratta di
un TN: Samsung parla di pannello capace di visualizzare 1 miliardo di colori, e questo potrebbe lasciare
intendere che siamo di fronte ad un pannello a 10 bit:
in realtà crediamo che sia un pannello a 8 bit dove i
colori aggiuntivi vengono creati per interpolazione.
DisplayPort indispensabile

Sul retro Samsung ha inserito due porte HDMI di tipo
1.4 e una porta DisplayPort, che come abbiamo già
detto rappresenta l’unica via per gestire il monitor
torna al sommario
video
lab
Samsung U28D590D
699,00 €
È UN OTTIMO MONITOR TUTTOFARE
La presenza di un pannello TN non è mai un buon biglietto da visita per un monitor, tuttavia nel caso del Samsung dobbiamo ricrederci: il
pannello funziona molto bene e se lo si guarda di fronte, come è lecito aspettarsi da un monitor, anche la resa cromatica è decisamente buona.
Certo, non è un monitor professionale e non può servire a chi ha bisogno di un reference monitor, ma per fotoritocco, video editing e per usi
domestici va più che bene. Il limite è rappresentato dalla risoluzione: solo con un computer da urlo e con i giochi di ultima generazione si riesce
a sfruttare questo monitor al meglio, perché per le normali app manca ancora l’ottimizzazione. In ogni caso il Samsung U28D590D si comporta
discretamente bene in modalità scaling, quindi può essere un acquisto da sfruttare ora solo parzialmente per poi usarlo a dovere quando
l’ecosistema si sarà adeguato.
7.7
Qualità
8
Longevità
7
- Buona qualità video
COSA CI PIACE - Ingresso DisplayPort 1.2
- Prezzo conveniente
Design
7
Simplicità
8
D-Factor
7
Prezzo
8
- Necessità di una scheda video potente
COSA NON CI PIACE - Ecosistema non ancora pronto
- Pannello TN
a 60 Hz a risoluzione nativa. Le porte HDMI sono
comunque utili: funzionano in upscaling e possono gestire anche modalità Picture In Picture e
Picture and Picture, con due immagini affiancate. C’è
anche un piccolo jack per l’ingresso audio esterno.
una scheda video adeguata, lo abbiamo già detto in
un altro articolo. Un monitor 4K oggi per Windows
crea più problemi di quanti ne risolva, e questo non è
certo colpa di Samsung ma dell’ecosistema che non
è ancora pronto per queste risoluzioni.
Windows in 4K: tutto troppo piccolo
Gestire il monitor con Windows alla risoluzione 4K
3840x2160 è davvero impegnativo: se la modalità
“Metro UI” di Windows 8 è già strutturata per scalare
bene anche con display risoluti la stessa cosa non
si può dire di Windows 8 in versione desktop. Nel
pannello di controllo di Windows 8.1 è stata inserita la possibilità di gestire lo scaling di icone
e elementi di testo, ma non tutte le applicazioni scalano nel migliore dei modi. In
molti casi, come ad esempio con le app
Adobe, alcuni editor di testo e altre app
di terze parti, il risultato è uno schermo
con elementi piccolissimi, minuscoli.
Ad oggi l’unica cosa che sembra scalare
bene sono i giochi, dove quasi per tutti c’è
il supporto alla modalità 4K: serve comunque
segue a pagina 33 
n.94 / 14
21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
PC QNAP annuncia la disponibilità di QGenie, un compatto e versatile NAS portatile 7 in 1
QGenie è il mini NAS portatile e tuttofare
Offre fino a 32 GB di spazio, ricarica portatile e hotspot Wi-Fi: tutto gestibile tramite app
Q
di Massimiliano ZOCCHI
NAP presenta QGenie, mini NAS
portatile che promette di assolvere numerosi compiti in un unico
strumento. La caratteristica principale è
quella di NAS portatile con un’autonomia
fino a 10 ore: il dispositivo supporta fino a
20 utenti, di cui 8 simultanei, e permette
di gestire file di grosse dimensioni senza “intasare” i dispositivi portatili iOS e
Android, oppure può essere usato per
condividere dati con altre persone in
modo rapido senza appoggiarsi a drive
esterni. Sempre restando in ottica mobile, oltre alle funzionalità di archiviazione
e condivisione tipiche dei NAS, QGenie
può sfruttare la propria batteria da
3.000 mAh come “battery pack” per ricaricare smartphone o altri device (rinunciando a parte dell’autonomia, ovviamente), e ha anche la funzione Access Point
per la condivisione della rete Internet, sia
Wi-Fi che fissa, essendo inoltre dotato di
presta Ethernet. Il caricamento dei dati
dal proprio PC raggiunge i 120 MB/s in
lettura e i 40 MB/s in scrittura, grazie alla connessione
USB 3.0 e all’unità SSD da
32 GB integrata. In tal senso,
quindi, QGenie funge anche
da drive SSD esterno.
Con l’importanza che ormai
hanno raggiunto le piattaforme cloud,
non poteva mancare anche questa possibilità, chiamata myQNAPcloud e gestibile tramite le applicazioni Qsync e Qfile:
essa consente di creare un cloud personale per condividere i contenuti presenti
in QGenie in mobilità. Inoltre, sempre tramite Qfile, c’è la possibilità di salvare nel
dispositivo la propria rubrica telefonica,
sia iOS che Android, e poterla poi passare anche a un nuovo cellulare.
Il cuore del prodotto è una CPU da
TEST
Samsung U28D590D
segue Da pagina 32 
La calibrazione non è necessaria
Non è male per essere un pannello TN

Passando al monitor vogliamo partire proprio dal
pannello: Samsung non ha potuto fare miracoli e i
difetti di un pannello TN ci sono tutti: variazione di luminosità e contrasto al variare dell’angolo di visione
e soprattutto color shift, ovvero variazione cromatica
(anche pesante). Un monitor TN è un monitor che,
grazie ad un basso tempo di risposta, si presenta
come una soluzione ottimale per chi vuole giocare e
nel caso del Samsung U28D590D il tempo di risposta è inferiore ai 5 millisecondi. Samsung mette in
luce anche una buona luminosità, mentre il contrasto
è abbastanza basso a causa proprio del livello del
nero non impeccabile. Dopo la calibrazione semplice (non è possibile calibrare il monitor via hardware
accedendo alla LUT) si riescono a raggiungere co-
torna al sommario
600 MHz, è dotato di una porta USB 3.0,
porta di rete LAN, Wi-Fi 802.11n e supporto a schede SD, il che lo rende interessante anche per liberare spazio dalla
propria macchina fotografica. Infine lo
schermo OLED offre diverse indicazioni
per tenere sotto controllo le operazioni e
la quantità di utenti collegati.
QNAP dichiarala disponibilità immediata
a un prezzo per ora sconosciuto, anche
se è probabile il posizionamento nella
fascia dei 99 euro.
munque buoni risultati, anche se di default il monitor
si comporta già più che bene.
Impostando il profilo sRGB, il monitor Samsung esibisce di default una colorimetria sufficientemente
vicina al riferimento anche se necessita di qualche
messa a punto. Per quanto riguarda lo spazio colore
si notano, infatti, un verde più saturo del riferimento
e viceversa un rosso leggermente meno profondo.
Andando ad analizzare nel dettaglio la saturazione
dei vari colori, siamo sempre entro limiti sicuramente
accettabili, con un deltaE inferiore a 4 per primari,
secondari e colori come i toni della pelle. Per una
resa più fedele si dovrà necessariamente intervenire
sulla calibrazione per portare l’errore più vicino al 2.
In generale si nota soprattutto un eccesso di saturazione del verde e del giallo su colore pieno, mentre
un po’ tutti i colori tendono a essere meno luminosi
rispetto al riferimento in percentuale variabile ma comunque a singola cifra.
La linearità della scala di grigi è tutto sommato buona, anche se il bilanciamento del bianco perde di
precisione salendo verso il bianco 100%. Non esaltante il rapporto di contrasto che si ferma a 224:1.
PC
Synology
DS415play
Il server
multimediale
Chiamarlo NAS è quasi riduttivo,
considerando le caratteristiche tecniche da vero mini PC. Il nuovo NAS
a 4 bay di Synology, il DS415Play,
è infatti basato su processore dual
core Intel Atom da 1,6 GHz con 1 GB
di RAM e transcodifica hardware in
real time di contenuti video H.264
in full HD. Si tratta di un NAS ottimizzato per l’utilizzo come server
di contenuti multimediali con una
capienza massima di 24 Terabyte.
La transcodifica hardware del video
è una funzione utile per applicazioni come Plex, che permettono di
riprodurre i contenuti memorizzati
sul NAS con qualsiasi dispositivo
indipendentemente dai tipi di file
supportati. Il NAS è dotato di porta
Gigabit Ethernet, 5 porte USB (di cui
due USB 3.0) compatibili con dischi
esterni formattati EXT4, EXT3, FAT,
NTFS e HFS+ e supporta hard disk
in configurazione JBOD, RAID 0,
RAID 1, RAID 5, RAID 6 e RAID 10.
Il NAS può essere reso Wi-Fi tramite
una chiavetta USB opzionale e offre
una rumorosità di 20 dB. E come il
resto della gamma Synology, il NAS
è basato sulla piattaforma DSM 5.0,
con tutto l’ecosistema di applicazioni di terze parti già disponibili.
n.94 / 14
21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
TEST Oral B Professional Care 3000 e il Philips HX6711 in sfida: a suon di “spazzolate” aiutano a tenere i denti più puliti
Sfida di sorrisi: in prova gli spazzolini elettrici
Abbiamo messo a confronto i due spazzolini elettrici leader di mercato: Oral B e Philips. Chi farà sorridere meglio?
di Roberto FAGGIANO
l dentista è uno degli uomini più temuti al mondo
da grandi e piccini, portatore di dolori non solo al
corpo ma soprattutto al portafoglio. Quindi ogni
strada per evitare di frequentarlo troppo spesso è
lecita. Il che non vuol dire trascurare la salute della
bocca ma viceversa moltiplicare le attenzioni nella
pulizia dei denti, in modo che le visite si limitino
alla pulizia annuale o semestrale. Per questo scopo
è molto utile uno spazzolino elettrico, in grado di
aumentare la qualità della pulizia dei denti rispetto
allo spazzolino manuale. Il vantaggio rispetto allo
spazzolino manuale non è uno slogan pubblicitario,
lo spazzolino elettrico compie molti più movimenti
grazie al motore e riesce a ripulire meglio i denti e
gli spazi interdentali.
I
video
lab
I due rivali: simili ma diversi

I due protagonisti del confronto sono l’Oral B
Professional Care 3000 (108 euro) e il Philips HX6711
o Healthy White (83 euro) che dir si voglia. Ai prezzi
di listino degli spazzolini bisogna affiancare il costo
dei ricambi delle testine, da sostituire abbastanza
frequentemente, in genere ogni tre mesi.
Un costo a nostro parere eccessivo dato che Oral B
richiede 13 euro per la confezione da due testine (circa 8 euro nei supermercati), mentre Philips richiede
circa 15 euro di listino, sempre per due testine (che
fortunatamente diventano circa 12 nei supermercati). Se pensiamo che un buon spazzolino manuale
di marca costa al massimo 3 o 4 euro, il prezzo richiesto ci pare giustificato solo dai piccoli numeri
di produzione, ma non dal costo dei soli materiali.
Comunque cifre da tenere presenti per calcolare il
vero costo degli oggetti nel tempo. L’approccio alla
pulizia dentale dei due spazzolini è molto diverso:
Oral B punta sull’azione meccanica di una testina
rotonda che ruota e oscilla mentre Philips pulisce
tramite le vibrazioni soniche di una testina rettangolare, tecnologia chiamata appunto Sonicare.
Le modalità d’uso sono molto semplici, con un tasto
di avviamento e la possibilità di scegliere tra due
modalità di utilizzo per il Philips e tre per l’Oral B.
Entrambi gli spazzolini hanno un timer programmato
sul tempo di due minuti, cioè il tempo consigliato
per la pulizia dopo i pasti. I timer sono programmati
con intervalli di 30 secondi per ogni quadrante della
bocca (zona esterna e zona interna destra e sinistra
dell’arcata inferiore e superiore) e avvertono con
una vibrazione che il tempo è trascorso e si può
passare a un’altra zona della bocca.
Solo sull’Oral B c’è anche un sensore di pressione
che avvisa con una spia rossa dell’eccessiva forza
impressa allo spazzolamento. Una ulteriore spia
avverte della necessità di ricaricare le batterie, entrambe in grado di assicurare due pulizie al giorno
per circa 3 settimane.
Le basette di ricarica sono molto compatte e si pre-
torna al sommario
stano quindi anche ai viaggi, con l’Oral B arriva anche un’ulteriore basetta casalinga che contiene le tre
testine in dotazione. Entrambi gli spazzolini
non temono l’acqua e tutti i tasti sono a
membrana impermeabile. Per l’utilizzo
comune in famiglia sono disponibili
dei collarini colorati che identificano ogni testina personale.
La comunicazione
bifronte
Il mercato degli spazzolini elettrici è
praticamente diviso da due soli contendenti, cioè i marchi in prova. Succede però che la pubblicità in materia debba
affidarsi inevitabilmente agli stessi testimonial,
cioè i dentisti. Questi ultimi per non fare torto a nessuno hanno equamente diviso il loro apporto tra i
due marchi. Da qui però è nata una curiosa contraddizione, evidentemente non colta dalla categoria: un
marchio risulta come “il più consigliato” dai dentisti,
l’altro come “il più usato” sempre dai dentisti. Se ne
deve dedurre che i dentisti consigliano un marchio
Oral B fornisce in prima dotazione tre
diverse testine: la Precision Clean
è quella per l’uso quotidiano con
setole di diversa consistenza per
una pulizia avvolgente del dente,
la Floss Action invece alterna
setole e gomma per una migliore
pulizia delle zone interdentali
mentre la 3D White è da usare per
un’azione sbiancante. Philips, invece,
fornisce solo una testina Pro Result, con
setole verdi tranne un ciuffo di colore blu che
si scolorisce nel tempo, per indicare l’usura e la
necessità di sostituzione.
ORAL B PROFESSIONAL CARE 3000
PHILIPS HX6711
segue a pagina 36 
n.94 / 14
21 LUGLIO 2012
MAGAZINE
TEST
ORAL B PROFESSIONAL CARE 3000
Oral B Professional Care 3000
e Philips HX6711
segue Da pagina 35 
ma ne usano un altro, una situazione che potrebbe
portare a un risultato opposto al desiderato e porre
qualche dubbio sulla deontologia professionale.
Alla prova dei fatti
Il test sui due spazzolini si è svolto in tempi molto
più lunghi del solito, in modo da poter saggiare le
reali prestazioni dei due modelli. Premettiamo che i
risultati non hanno alcuna valenza medica o scientifica ma sono semplici impressioni personali sull’utilizzo quotidiano dello spazzolino.
Il primo spazzolino sotto esame è stato l’Oral B,
maneggevole ed ergonomico nella forma ma non
troppo leggero e non troppo silenzioso. Iniziamo
dalla testina standard che è formata da diverse fibre
sintetiche piuttosto dure: l’azione di pulizia è molto
vigorosa già senza premere troppo sui denti, la pulizia appare completa e precisa anche negli interstizi
tra i denti e sull’attacco con le gengive. In questa
zona sono possibili dei piccoli sanguinamenti, ma
non è colpa della testina bensì della scarsa pulizia
precedente.
Il movimento in bocca è agevole grazie alle dimensioni molto contenute della testina. Per far accendere la spia della pressione eccessiva bisogna ve-
ramente esagerare, la spia però la vedrete solo se
vi guardate allo specchio mentre vi lavate i denti,
abitudine forse non molto diffusa; un segnale acustico sarebbe stato più utile. Testiamo brevemente
anche le altre due testine dedicate alle funzioni di
pulizia profonda e sbiancamento con le velocità dedicate, dove alle setole si sommano parti in plastica gommosa. Qui l’azione ci è parsa troppo rude e
meccanica, meglio evitarla se non in casi estremi di
esigenza di sbiancamento o pulizia profonda a fine
giornata. Il Philips è molto compatto nell’impugnatura e abbastanza leggero, la parte che supporta
la testina è molto sottile e delicata, da trattare con
prudenza per evitare la rottura. Il rumore del motorino è modesto mentre le vibrazioni soniche possono
indurre un curioso fastidio tipo pizzicore alle parti
molli della bocca se non si posiziona correttamente
la testina sui denti e sulle gengive.
La pulizia dello spazzolino Philips è efficace e molto delicata, tanto da indurre a premere sin troppo
sui denti per “sentire” la sua azione, ma è un errore
PHILIPS HX6711
da evitare perché le vibrazioni bastano a creare un
piccolo vortice di acqua e dentifricio che asporta i
residui senza dover passare energicamente sulla
dentatura. La modalità di sbiancamento provoca
una diversa vibrazione delle testine, difficile da cogliere per la verità se non si guarda la spia relativa,
ma anche in questo caso la lasceremmo solo in caso
di necessità periodiche o dopo aver consumato alimenti molto “invasivi”, come caffè o mirtilli.
Tirando le somme i due spazzolini hanno svolto
egregiamente il loro lavoro ed è facile vedere “ a
occhio nudo” i risultati quotidiani con una superficie
dei denti chiaramente pulita e brillante come dopo
una pulizia professionale, altrettanto valida la pulizia negli spazi interdentali ma non tale da sostituire
l’uso quotidiano di filo interdentale e scovolino che
rimangono indispensabili. Sulle prime appare eccessivo il tempo di due minuti da dedicare a ogni
quadrante della bocca, ma è l’unico metodo per
ottenere una pulizia davvero completa a lungo termine. Entrambi gli spazzolini hanno buona autonomia e mantengono quanto promesso in tal senso.
L’azione del Philips ci è parsa più delicata, più adatta
a chi ha qualche problema gengivale mentre l’azione dell’Oral B è altrettanto efficace ma sin troppo
energica. Il prezzo di listino del Philips è inferiore
a quello dell’Oral B ma le differenze effettive in negozio sono minime. Pollice verso per i ricambi delle testine, troppo cari alla lunga, con prezzi tali da
portare alla tentazione di cambiare le testine meno
frequentemente e con conseguente rischi di danneggiare i denti con setole consumate.
SMARTHOME Thomas Povey, ingegnere aerospaziale che progetta sistemi di raffreddamento, ha creato la pentola perfetta
Arriva la super pentola che cuoce più in fretta
Consuma meno energia e cuoce più velocemente. E’ già in vendita in Inghilterra
di Roberto PEZZALI
I

nventare la pentola perfetta:
Thomas Povey, ingegnere inglese,
è riuscito nella sua missione e ora
la pentola è in vendita in Inghilterra
nel catalogo di una azienda di prodotti
da cucina ad un prezzo che va dalle 49
alle 85 sterline a seconda dei modelli.
Nessun chip, nessun circuito ma uno
studio incredibile sulla distribuzione
del calore sicuramente influenzato dal
background di Povey, che di giorno
lavora come ingegnere aerospaziale
torna al sommario
alla Oxford University studiando i metodi migliori per raffreddare i jet degli
aerei.
Flare Pan, questo il nome della pentola e della tecnologia usata, permette
di riscaldare I cibi in maniera più veloce ed efficiente risparmiando il 40%
di gas rispetto ad una pentola di tipo
tradizionale. Il problema di queste ultime, secondo Povey, deriva dal fatto
che il calore viene usato per riscaldare principalmente la pentola e non il
cibo. Inizialmente la pentola era stata
realizzata per facilitare la cottura ad
elevate altitudini, ma poi si sono accorti che funzionava bene in tutte le
situazioni e si è deciso di iniziare una
produzione.
Sempre secondo Povey sarebbero
gli italiani gli utenti perfetti: grazie a
Flare Pan l’acqua della pasta bolle
molto prima grazie ad una distribuzione efficiente del colore su tutta la
superficie.
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
EQUO COMPENSO
PER COPIA
PRIVATA
ECCO COME VIENE RIPARTITO
di Gianfranco Giardina
37
MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
Dove vanno a
finire tutti i soldi?
Quasi nessuno sa che strada prendano i soldi dei compensi per
copia privata una volta entrati in SIAE. Abbiamo provato a vederci
chiaro e a ricostruire, nel limite del possibile, tempi e metodi
di ridistribuzione, scoprendo che...
T
anto si è detto – a proposito e a sproposito – sulla destinazione dei compensi per copia privata. Chi dice che
se li “mangi” tutti la SIAE; chi dice che
siano utilizzati per finanziare la creatività dei
giovani artisti. Si tratta in entrambi i casi di
fesserie. Di certo i 70-80 milioni di raccolta
(che diventeranno molti di più alla luce dei
recenti aumenti) fanno gola e alimentano un
sistema di interessi all’interno del quale è
difficile discernere dove finisce il ruolo di garanzia e indipendenza dei ripartitori e dove
inizia invece una selva burocratica capace
di sollevare una coltre di nebbia che, tecnicismo dopo tecnicismo, parametrizzazione
dopo parametrizzazione, rende difficile se
non impossibile riconciliare e chiudere precisamente i conti.
Perché un’inchiesta
del genere
Non crediamo sia mai capitato di vedere su
DDAY.it un pezzo così “pesante”, in tutti i
sensi. E di questo ce ne scusiamo sin da subito con i lettori. Ma questo lavoro è una conseguenza diretta dall’esigenza di trasparenza
sulla destinazione dei proventi da compensi
per copia privata che nasce innanzitutto dal
fatto che, come indica la legge, a pagare siano i consumatori: è quindi giusto che ci sia
piena informazione verso i cittadini sul fatto
che i fondi raccolti vadano a buon fine. Inoltre, sono i “testi sacri”, anche quelli graditi
a SIAE, a richiederlo; come, per esempio,
il rapporto Castex emesso recentemente
dal Parlamento europeo: il rapporto “invita
gli Stati membri ad assicurare una maggiore trasparenza quanto alla destinazione dei
proventi ottenuti dai prelievi per copie private”. Infine, riteniamo che una maggiore
informazione, dato che SIAE non pubblica un
rapporto specifico sulla copia privata e sulla
destinazione precisa dei compensi, sia anche
di interesse di tutte le comunità degli aven-
ti diritto, che vedono sì arrivare periodicamente dei compensi ma che, come ci hanno
raccontato nelle nostre interviste, non hanno
modo di avere contezza sul fatto che le cifre
siano corrette.
Al di là degli slogan e delle fazioni, abbiamo
quindi deciso di provare a vederci più chiaro
e abbiamo faticosamente ricostruito in maniera più precisa possibile (o meglio, meno
imprecisa possibile) tutti i percorsi e i meccanismi di ridistribuzione dei proventi per
copia privata raccolti dalla SIAE.
Si tratta di un itinerario complesso, da ricostruire e anche da leggere, ma che è necessario percorrere per capire bene la questione
copia privata e parlarne seriamente e fuori
dagli slogan. Percorrendo questo itinerario, in alcuni tratti l’estrema parcellizzazione dei conti e la complessità di ripartizione
lascerebbe pensare che si tratti di una “sovrastruttura” per certi versi funzionale solo
a sostenere e giustificare gli apparati che
la governano. SIAE descrive invece questa
complessità quale un necessario “sistema di
garanzia” a tutela di un’equa distribuzione.
Lasciamo il giudizio al lettore che avrà la tenacia di arrivare fino in fondo.
38
MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
Cosa sono
i compensi
per copia privata
Per chi non lo sapesse, la
copia privata è il diritto
che un consumatore ha di
copiare un contenuto legittimamente acquistato (e
quindi tassativamente non
pirata) su altri dispositivi di
sua proprietà. I contenuti
copiati non possono essere
ceduti a terzi a nessun titolo, anche non oneroso. Per
poter avere questo diritto (che però è sempre più
difficile esercitare perché
può essere svolto solo nel
rispetto delle misure di protezione anticopia) il consumatore è tenuto al pagamento
di un compenso che grava non sui contenuti
stessi (almeno quelli copiabili) ma su supporti e apparecchi. Per semplicità di gestione,
il compenso viene versato a SIAE da chi importa o produce i prodotti assoggettati, che
poi - nella stragrande maggioranza dei casi
- carica quest’onere sulla filiera a valle (con
incremento di IVA e margine del canale distributivo) fino ad arrivare a consumatore finale. SIAE si occupa della ridistribuzione del
ricavato di questi compensi, sottratti i propri
costi, seguendo alcune indicazioni di legge
(per esempio sulle percentuali tra diverse
categorie di aventi diritto) e stabilendo autonomamente altri parametri di ripartizione
(come per esempio l’incidenza di quota audio e di quota video e così via).
Spese SIAE pari al 7%
della raccolta
Partiamo dalla raccolta lorda, ovverosia le
cifre che SIAE incassa dai produttori e distributori di prodotti soggetti al compenso. Per
tutta questa inchiesta, considereremo la raccolta lorda come il nostro “100%”: vedremo
passo passo quanta parte di questo 100% si
fermi a ogni passaggio e quanto effettivamente arrivi a valle.
La raccolta lorda di SIAE (secondo le dichiarazioni e i bilanci della stessa SIAE) negli ultimi anni ha assunto questi valori:
COMPENSI PER COPIA PRIVATA
Raccolta lorda
2009
44.574.589 euro
2010
52.223.344 euro
2011
84.476.735 euro
2012
72.416.249 euro
2013
circa 62.100.000 euro
Si tratta di cifre rilevate – ci dicono in SIAE
- “per cassa”, ovverosia gli incassi effettuati
negli anni indicati ma che non necessariamente si riferiscono a supporti e apparecchi
venduti nell’anno in questione. La cosa singolare – e prima fonte di difficile riconduci-
bilità delle date e quadratura dei conti – è il
fatto che invece tutta la ridistribuzione viene
poi fatta per competenza e non per cassa; gli
stessi bilanci vengono fatti per competenza.
Purtroppo SIAE non comunica la raccolta per
copia privata per competenza (che però è il
criterio secondo il quale opera la ripartizione),
rendendo di fatto impossibile ogni analisi precisa: a nostra richiesta di chiarimenti su discordanze e mancate quadrature tra quanto raccolto e quanto arrivato (o in arrivo) per l’anno
in questione a valle, SIAE ha risposto che uno
scostamento del 5% (circa 3 milioni di euro)
può essere giustificato appunto dai due diversi criteri di contabilizzazione. Ne parleremo
più avanti. A norma di legge, la SIAE su queste cifre trattiene un rimborso spese che – va
detto - autodetermina anno per anno e che
dovrebbe basarsi sull’onerosità dell’attività
di raccolta e ridistribuzione. Per l’anno 2012,
al quale ci siamo riferiti per questa analisi, la
trattenuta di SIAE per la gestione è stata pari
al 7% così composto: 4% di rimborso spese
vero e proprio (circa 2 milioni e 900 mila euro),
1% per la gestione dei rimborsi connessi alle
esenzioni professionali (circa 725mila euro),
2% per sostenere i costi straordinari relativi a
7 ricorsi riguardanti la copia privata pendenti
presso il TAR o il Consiglio di Stato (pari a circa 1 milione e 450mila euro).
In pratica, per l’anno 2012, SIAE ha trattenuto circa 5 milioni di euro come spese per
la raccolta e la ridistribuzione, mandando a
valle quindi il 93% della raccolta. Il fatto che la
percentuale delle trattenute sia decisa da SIAE
stessa e non da un ente di controllo (per esempio dal Ministero stesso o dalla Presidenza del
Consiglio) è probabilmente improprio, soprattutto visto che SIAE opera in regime di monopolio e quindi non viver certo il sano pungolo
della concorrenza.
Tornando al 2012, questo 93% viene spartito
tra “quota Audio” (ovverosia facente capo alle
copie private di contenuti musicali) e “quota
Video” (riferito alle copie di materiale video).
Ovviamente – altro livello di arbitrarietà del sistema – nell’era digitale non c’è un modo certo
per stabilire se un supporto viene utilizzato per
una copia di materiale audio o video; addirittura
– come ben sappiamo – non c’è modo di stabilire neppure se un supporto sia usato o meno
39
MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
per copiare materiale coperto da diritto d’autore. In ogni caso, la spartizione tra quota Audio
e quota Video viene stabilita autonomamente e
annualmente da SIAE sulla base di “ricerche di
mercato” ed è stata fissata per la ridistribuzione
2012 in una perfetta metà ad ognuna delle due
quote. Quindi, del nostro 93% residuo, il 46,5%
va in quota Audio e un altro 46,5% va in quota
Video, le quali a loro volta vengono ripartite tra
autori, editori, produttori discografici e interpreti secondo percentuali previste dalla legge.
La ripartizione
della quota video
Va detto che SIAE determina autonomamente ogni anno l’ammontare dei propri rimborsi
spese, sulla base di “ricerche” e considerazioni
interne. Dai dati di bilancio 2013, per esempio,
si può arguire un rimborso spese salito ora al
7,6%, ma non abbiamo da SIAE informazioni
specifiche sulla composizione o sulle valutazioni
che hanno portato all’aumento della percentuale dei costi.
La ripartizione
della quota audio
La legge dispone che la quota audio (per il 2012
il 50% della raccolta netta) venga ripartita per
la metà agli autori/editori (quindi agli associati
SIAE) e per l’altra metà ripartita equamente tra
produttori fonografici ed esecutori e interpreti.
In pratica, sempre riferendosi al nostro 100% iniziale di raccolta lorda, per quello che riguarda la
quota audio abbiamo queste ripartizioni:
COPIA PRIVATA
Ripartizione quota Audio
Aventi
diritto
% su
quota
Audio
% su TOT ammontare
presunto 2012
Autori / Editori
(ass. SIAE)
50%
23,25%
16.836.778 €
Produttori
fonografici
25%
11,625%
8.418.389 €
Esecutori
e Interpreti
25%
11,625%
8.418.389 €
La legge dispone che la quota video (per il
2012 anch’essa il 50% della raccolta netta)
venga ripartita per il 30% agli autori/editori
(quindi agli associati SIAE), mentre il restante
70% venga destinato equamente tra Produttori originari delle opere audiovisive (le case
cinematografiche per intenderci), Produttori
dei videogrammi (le Case di home video produttrici di DVD e Bly-ray) e Interpreti/esecutori.
In pratica, sempre riferendosi al nostro 100%
iniziale di raccolta lorda, per quello che riguarda la quota video abbiamo queste ripartizioni:
COPIA PRIVATA
Ripartizione quota Video
Aventi
diritto
% su quota % su TOT
Audio
ammontare
presunto 2012
Autori
(ass. SIAE)
30%
13,95%
10.102.067 €
Produttori
originari
23,33%
10,85%
7.857.163 €
Produttori
23,33%
Videogrammi
10,85%
7.857.163 €
Esecutori e
Interpreti
10,85%
7.857.163 €
23,33%
Anche in questo caso le cifre riportate sia nella
tabella che nel grafico rappresentano l’ammontare presunto e teorico della ripartizione 2012.
Infatti, come vederemo più avanti, per una serie
di motivi, gli importi corrisposti, almeno per diversi anni, sono decisamente inferiori.
Le cifre riportate sia nella tabella che nel
grafico rappresentano l’ammontare presunto e teorico della ripartizione 2012. Infatti,
come vederemo più avanti, per una serie di
motivi, gli importi corrisposti, almeno per
diversi anni, sono decisamente inferiori.
40
MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
Il nodo dei proventi
finanziari, degli
accantonamenti
e dei rimborsi
per usi professionali
Sembrerebbe quindi semplice determinare le
cifre precise che vengono erogate a valle, semplicemente applicando le percentuali previste
dalla legge al totale per esempio dei compensi
2012 al netto della quota di spese SIAE. In particolare, le ripartizioni per il 2012 dovrebbero
essere quelle riportate nella seguente tabella:
avuto alternative che riferirci all’analisi dei bilanci
SIAE dai quali traspare come da qualche anno
la Società stia accantonando un fondo rischi sul
mancato incasso della propria percentuale sulle
cifre che deve restituire per gli utilizzi professionali, con un forte incremento nelle ultime gestioni. Ogni anno, negli ultimi due o tre bilanci,
il fondo rischi per eventuali richieste di rimborso
(che deve proteggere SIAE verso il rischio di non
incassare sula quota parte restituita il proprio
7%) viene incrementato di circa 600-700mila
euro; se questi rappresentano il 7% dell’incasso
da restituire, si direbbe che SIAE prevederebbe
di restituire circa 9-10 milioni di euro. Si tratta in
ogni caso di una cifra molto alta, ben più alta di
quanto non ci si aspetterebbe.
Infatti, pare proprio che restituzioni per usi professionali siano limitatissime; sempre dalle note
integrative ai bilanci SIAE, emerge come i decrementi al fondo rischi (che rispecchiano, limitatamente alla percentuale SIAE, i rimborsi effettuati) sono molto bassi, in alcuni anni irrisori.
E invece, se si prova a incrociare queste cifre teoriche con quelle effettivamente ricevute dalle società di collecting a valle di SIAE (e presumiamo
anche dagli autori SIAE) non si riesce ad arrivare
a una quadratura (almeno al momento in cui scriviamo e sulla base delle informazioni che ci hanno dato le stesse associazioni degli aventi diritto):
le cifre distribuite risultano inferiori di circa il 25%
rispetto alla ripartizione “teorica” prevista dalla
legge. Interpellata SIAE sull’argomento, la Società Autori ed Editori ha giustificato questo delta
con il già citato 5% imputabile a differenze tra criteri di cassa e di competenza e un 20% circa che
sarebbe messo a riserva per consentire i rimborsi
dei compensi per gli utilizzatori professionali. In
pratica SIAE – secondo quanto ci ha detto - accantonerebbe, nel caso del 2012, qualcosa intorno ai 13 milioni di euro (il 20%) in attesa di eventuali richieste di rimborso, una cifra che appare
sicuramente molto importante, apparentemente
ben superiore alla percezione che abbiamo delle
effettive richieste di rimborso. Abbiamo chiesto
a SIAE di comunicarci a quanto ammontano le richieste di rimborsi per usi professionali relativi all’anno 2012 (che a metà 2014 dovrebbero essere
già ampiamente state presentate e contabilizzate) o, in via subordinata, un ordine di grandezza
di quanto viene mediamente restituito a tal fine,
anche con riferimento alle gestioni precedenti
al 2012: purtroppo la nostra domanda è parsa
a SIAE “eccessiva” e ha ritenuto quindi di non
doverci dare ulteriori chiarimenti. Non abbiamo
Da questi dati, tratti dalle relazioni di bilancio
di SIAE e considerando un rimborso spese del
7%, si possono stimare i rimborsi spese per uso
professionale effettivamente effettuati da SIAE,
come riportato nel grafico qui sotto:
41
MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
Se ne deduce che negli ultimi 5 anni SIAE avrebbe gestito rimborsi per usi professionali per una
media inferiore a un milione di euro all’anno, ma
nel frattempo ha bloccato capitali notevolmente maggiori in attesa di una possibile (ma molto
improbabile) restituzione. SIAE, tra le altre cose,
accetta domande di rimborso effettuate entro 90
dalla fine del trimestre interessato dal pagamento, quindi per un periodo che nella peggiore delle ipotesi potrebbe essere di sei mesi. Ovviamente i tempi di prescrizione di legge sono più lunghi
del limite temporale fissato da SIAE; ma di certo
SIAE respingerebbe una domanda di rimborso
tardiva, oltre i 90 giorni fissati, e quindi l’unico
modo per ottenere il rimborso (verso il quale
SIAE si cautela con il super accantonamento) sarebbe per via giudiziale: uno scenario che ci pare
di poter definire improbabile. Con questo livello
di accantonamenti, ovviamente, la voce a bilancio dei debiti per copia privata verso gli aventi
diritto è andata via via crescendo negli anni, un
po’ per la ridistribuzione che evidentemente non
è veloce, un po’ per i ricorsi (come vedremo) e
un po’ per questi accantonamenti fuori misura.
In pratica SIAE sta via via aumentando i debiti
verso gli aventi diritto, tenendo più soldi e più
a lungo: con il gettito attuale, SIAE ha in cassa
circa 2 anni e mezzo di compensi (oltre 150 milioni) che fruttano, ai tassi ai quali SIAE è capace di
far rendere il denaro (4,29% secondo le dichiarazioni dell’ultimo bilancio della stessa SIAE) circa
6 milioni e 500mila euro ogni anno, ben più di
quanto la SIAE ricavi “ufficialmente” dalla gestione della copia privata con il suo rimborso spese.
In definitiva, possiamo dire che la gestione della
copia privata, ammesso che presto o tardi tutti gli
accantonamenti vengano destinati effettivamente agli aventi diritto, rende a SIAE (attenzione, a
SIAE e non agli associati SIAE), tra rimborsi spese e proventi finanziari, circa 11 milioni di euro
all’anno, cifra calcolata sulla base dei compensi
precedenti al decreto Franceschini.
Ovviamente le nuove determinazioni dei compensi per copia privata non potranno che generare un incremento sia del rimborso spese dirette
SIAE che dei debiti verso aventi diritto e degli
accantonamenti per eventuali rimborsi professionali, facendo crescere – probabilmente raddoppiare – i proventi SIAE collegati alla fattispecie.
Va detto – per completezza di informazione
– come diverse tra le associazioni a valle si siano
dichiarate soddisfatte di come SIAE stia accorciando nelle ultime gestioni i tempi di pagamento; quello che sembrerebbe quasi un “effetto
ottico”, visto che i debiti verso gli aventi diritto
sono saliti nelle ultime gestioni; come dire che
SIAE paga forse più velocemente di prima, ma
accantona di più e quindi, almeno per il momento, paga meno di quanto dovrebbe.
Quanto ai soli rimborsi per usi professionali, se
scorporati, rendono a SIAE anch’essi su due fronti: l’1% del totale raccolto per le le spese di gestione direttamente imputabili a questa attività,
pari per il 2013 a 724mila euro, ai quali vanno
sommati i proventi finanziari per gli accantonamenti; la consistenza all’ultimo bilancio degli accantonamenti per usi professionali è di 28 milioni
640mila. Si tratta di compensi trattenuti in attesa
di eventuali richieste di rimborso il cui andamento negli anni è riportato in questo grafico:
Calcolando sempre una rendita finanziaria del
4,29%, i proventi finanziari collegati all’attività di
rimborso per usi professionali superano il milione
e 200mila euro.
In pratica significa che per SIAE il solo fatto che
esista una fattispecie di rimborso per usi professionali genera proventi di quasi 2 milioni di euro.
Proventi che diventerebbero zero se si passasse
– come raccomandato dall’Europa – a un sistema di esenzioni e non di rimborsi, meccanismo
che avrebbe il duplice vantaggio di abbattere
la burocrazia, permettere immediatamente il
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MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
giusto risparmio agli utilizzatori professionali e
soprattutto consentire agli aventi diritto di entrare in possesso prima dei denari che spettano loro, senza accantonamenti sulla cui dimensione ci sarebbe da interrogarsi.
Siamo a disposizione di SIAE nel caso
in cui volesse darci indicazioni relativamente al preciso ammontare dei rimborsi per usi professionali e sui motivi
che portano ad accantonamenti così
abnormi rispetto alle richieste di rimborso, permettendoci quindi una maggiore precisione dei calcoli successivi
che, purtroppo, pagano questa carenza di informazione, indipendenti dalla
nostra volontà. In mancanza di questo
dato proseguiremo i nostri calcoli senza considerare la quota di rimborsi per
uso professionale, che dovrebbe (ma
come abbiamo visto il condizionale è
d’obbligo) abbattere queste cifre e rendere eventuali ratei e risconti ininfluenti.
Tutte le cifre successivamente riportate
con l’asterisco (semplicemente a scopo
esemplificativo) ipotizzano, quindi, una
quota di rimborsi per usi professionali
pari a zero e sono da considerarsi da
rettificare alla luce delle effettive quote
rimborsate.
destinati agli autori SIAE siano ancora bloccati,
dato che è difficile pensare che ogni autore allestisca una fidejussione a favore di SIAE nel caso
in cui i giudizi in corso la vedano soccombente.
I ricorsi sono
un affare per SIAE?
C’è poi il problema dei ricorsi fatti da
diverse entità (generalmente l’industria
i cui prodotti sono assoggettati) nei
confronti dei prelievi per copia privata:
questi mettono in condizione SIAE, nelle
more di un pronunciamento del TAR o
del Consiglio di Stato, di trattenere le cifre relative ai compensi per copia privata per un lungo
periodo a tutela di un’eventuale necessità di
restituzione. Questo fa sì che per SIAE, tutto
sommato, i ricorsi possano essere considerati
un affare: innanzitutto – come abbiamo visto SIAE aumenta i propri costi per la gestione dei
ricorsi (2% in più nel 2012 pari a crica 1 milione
450mila euro; ma ne servono così tanti per il patrocinio legale?); inoltre, grazie alla ridistribuzione sospesa e rimandata, SIAE è messa in condizione di realizzare proventi finanziari che in
mancanza di ricorsi non avrebbe realizzato: non
siamo in condizione di stimare a quanto possano ammontare questi proventi (già ricompresi
nella cifra di oltre 6 milioni annui sopra esposta),
ma è facile pensare che si tratti
di cifre importanti, superiori al
milione di euro. Negli anni recenti, sono rimasti bloccati per
molto tempo nelle casse della
SIAE alcuni fondi provenienti
da copia privata, accantonati
proprio per via dei ricorsi. Recentemente si sono in parte
sbloccati verso le collecting
ma solo dietro presentazione di opportuna manleva e
fidejussione da parte delle associazioni e degli aventi diritto;
non sappiamo invece se i fondi
Giusto per fare un esempio, Anica (come da
immagine qui sopra) ha incassato i proventi da
copia privata 2010 e 2011 solo il 16 dicembre
2013, dopo aver prodotto opportuna manleva a SIAE con il relativo impegno a rifondere i
proventi incassati in caso che il pronunciamento
della giustizia ne imponga la restituzione; a sua
volta Anica si è resa disponibile a ridistribuire a
valle solo in presenza di opportuna fidejussione
da parte delle società aventi diritto da presentare poi anche a SIAE. Tutta questa catena di
blocchi e garanzie incrociate, non fa altro che
rallentare il flusso di denaro verso gli aventi diritto tenendolo all’interno delle collecting che
ovviamente ne traggono il relativo vantaggio
finanziario.
43
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Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
La ripartizione della quota
Audio agli associati SIAE
Parliamo ora di cosa accade a quel 23.25% del
totale (circa 16,6 milioni di euro* incassati nel
2012, al lordo dei rimborsi per usi professionali) che fanno capo alla quota Audio e che SIAE
ridistribuisce agli autori ed editori propri associati. I criteri di ridistribuzione non sono semplici, ma cercheremo di esporli al meglio. Va
tenuto presente, innanzitutto, che all’interno di
SIAE operano cinque sezioni, una per ogni tipologia di contenuto tutelato: Musica, Cinema,
Lirica, OLAF (Opere Letterarie e Arti Figurative) e DOR (Opere Drammatiche e Opere Televisive). Per quanto riguarda la quota audio dei
proventi da compensi per copia privata, essa
viene divisa tra le diverse sezioni della SIAE
e precisamente secondo una ripartizione che
può variare di anno in anno e che per i proventi
2012 è stata deliberata solo a primavera 2014
inoltrata: senza queste percentuali ovviamente
non è possibile procedere alla ripartizione. Le
percentuali sono state così determinate:
2012 è stata recentemente così determinata:
MUSICA: 20,22% pari al 2,8% degli introiti totali (ovverosia poco più di 2 milioni di euro*)
LIRICA: 1,76% pari allo 0,25% degli introiti totali (ovverosia circa 175mila euro*)
CINEMA: 69.63% pari al 9,71% degli introiti
totali (ovverosia circa 7 milioni di euro*)
DOR: 3.52% pari allo 0,49% degli introiti totali
(ovverosia circa 355mila euro*)
OLAF: 4,87% pari allo 0,68% degli introiti totali (ovverosia quasi 500mila euro*)
MUSICA: 94.6% pari al 22% degli introiti lordi
totali (ovverosia quasi 16 milioni di euro*)
LIRICA: 2.47% pari allo 0,57% degli introiti totali (ovverosia circa 415mila euro*)
CINEMA: 0%
DOR: 1,23% pari allo 0,28% degli introiti totali
(ovverosia poco più di 200mila euro*)
OLAF: 1,7% pari allo 0,39% degli introiti totali
(ovverosia circa 286mila euro*)
I criteri utilizzati per la successiva ripartizione
sono diversi da sezione a sezione e sono riportati, invero in maniera non sempre omogenea,
nelle diverse “Ordinanze di ripartizione” o,
laddove non chiari, ci sono stati comunicati da
SIAE (come nel caso della sezione Musica). Nei
paragrafi successivi quanto abbiamo, non sempre facilmente, ricostruito.
Come ripartisce
la sezione Musica di SIAE
Sulla base di quanto esposto, la fattispecie di
Copia Privata rappresenta per la sezione Musica di SIAE un monte compensi da ridistribuire pari al 24,8% della raccolta lorda (tra quota Audio e quota Video), che equivale a circa
18 milioni di euro*.
Questi vengono ripartiti con criteri diversi a seconda che si tratti di quota Audio e di quota
Video, così come sotto riportato:
La ripartizione della quota
Video agli associati SIAE
Come abbiamo detto, agli associati SIAE viene
ridistribuita una porzione della quota video dei
proventi da copia privata pari al 13.95% della
raccolta totale lorda (pari a circa 10 milioni di
euro* nel 2012).
Dobbiamo anche in questo caso rifarci alle cinque sezioni operanti in SIAE, Musica, Cinema,
Lirica, OLAF (Opere Letterarie e Arti Figurative) e DOR (Opere Drammatiche e Opere Televisive). Per quanto riguarda la quota video dei
proventi da compensi per copia privata, essa
viene divisa tra le diverse sezioni della SIAE
e precisamente secondo una ripartizione che
può variare di anno in anno e che per i proventi
La sezione Musica – Quota Audio
La sezione Musica ridistribuisce la porzione
della quota audio di sua competenza sulla
base di quanto già percepito dagli autori come
diritti d’autore primari nelle diverse classi e
precisamente secondo questi principi:
Il 50% (pari al 11% degli introiti totali, ovverosia quasi otto milioni di euro*) proporzionalmente a quanto percepito in “Dischi Italia”,
ovverosia proporzionalmente ai diritti d’autore
già distribuiti per l’anno in questione in base
alla vendita di dischi in Italia.
Il 20% (pari al 4,4% degli introiti totali, ovverosia circa 3 milioni e 180mila euro*) proporzionalmente a quanto percepito in Classe III,
ovverosia secondo la valutazione analitica della
musica programmata nelle emissioni radiotele-
44
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Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
visive, con parametri variabili a seconda della
durata della messa in onda, della prevalenza
della musica rispetto ad altri contenuti e del
tipo di programma.
Il 5% (pari al 1,1% degli introiti totali, ovverosia circa 800mila euro*) proporzionalmente ai
proventi dei diritti d’autore da downloading e
streaming.
Il 25% (pari al 5,5% degli introiti totali, ovverosia circa 4 milioni di euro*) proporzionalmente
ai proventi da diritto d’autore del rendiconto
generale (che quindi tiene conto di tutte le
classi) in modo tale da allargare la base dei percipienti anche a chi non dovesse ricadere nelle
fattispecie precedenti.
L’ordinanza di ripartizione non chiarisce se ci
sono cifre, sui compensi provenienti da copia
privata, che vengono trattenute a favore di
eventuali richieste tardive, né se ci sono ulteriori prelievi associati a costi di gestione.
La sezione Musica – Quota Video
La sezione Musica ridistribuisce la porzione della quota video di sua competenza sulla base di
quanto già percepito dagli autori come diritti
d’autore primari nelle diverse classi e precisamente secondo questi principi:
50% (pari al 1,4% degli introiti totali, ovverosia
circa un milione di euro*) proporzionalmente
ai diritti provenienti dalla vendita di supporti
video, come DVD e Blu-ray
30% (pari allo 0.84% degli introiti totali, ovverosia circa 600mila euro*) proporzionalmente ai
diritti provenienti dalle emittenti TV
20% (pari allo 0.56% degli introiti totali, ovverosia poco più di 400mila euro*) proporzionalmente ai proventi da diritto d’autore del rendiconto generale (che quindi tiene conto di tutte
le classi) in modo tale da allargare la base dei
percipienti anche a chi non dovesse ricadere
nelle fattispecie precedenti.
Anche in questo caso, l’ordinanza di ripartizione, che non cita affatto i proventi da copia
privata, non chiarisce se ci sono ulteriori accantonamenti.
Come ripartisce
la sezione Cinema di SIAE
La sezione Cinema non riceve proventi dalla quota Audio ma solo dalla quota Video.
La ripartizione dei compensi per copia privata di competenza della sezione Cinema, pari
al 9,71% degli introiti totali (ovverosia circa
7 milioni di euro*), è decisamente complicata e confessiamo che non ci è stato possibile
sulla base della sola ordinanza di ripartizione
ricostruirne precisamente i criteri; sfidiamo
peraltro chiunque a riuscire ad arguire il funzionamento del sistema sulla base della sola
ordinanza di ripartizione, davvero poco chiara.
D’altronde SIAE non ci ha dato ulteriori informazioni, indicandoci come unico (e bastante)
riferimento proprio l’ordinanza di ripartizione,
approvata di recente e pubblicata solo a maggio 2014 sul sito SIAE, pur riferendosi ai compensi del 2012. Come prima cosa, la sezione
Cinema accantona l’1% della base distribuibile
(circa 70mila euro*) a copertura di variazioni e
integrazioni dei dati. Il restante è ripartito se-
condo una parametrizzazione che si appoggia
a diversi “pesi”.
Per determinare gli autori percipienti, fanno
fede le trasmissioni delle reti generaliste RAI
(Rai Uno, Rai Due e Rai Tre), Mediaset (Canale
5, Italia1 e Rete 4) e La7, ai quali si aggiungono alcuni canali verticali: SKY Cinema 1 e Fox
Crime del bouquet SKY; Rai Premium, Rai Gulp
e Rai 5. Nessuna ponderazione viene fatta sugli altri canali, come i Mediaset Premium, gli
altri tanti canali SKY e così via: quindi 12 canali
in rappresentanza delle centinaia di canali disponibili. I diversi programmi vengono pesati
a seconda della rete sulla quale sono andati in
onda in ragione degli ascolti medi annui rilevati da Auditel (con un meccanismo di “ammorbidimento” secondo il quale lo share relativo
pesa solo per il 50% del peso totale).
Il montante dei compensi da ridistribuire viene
ripartito (ma non si danno indicazioni secondo
quali principi e in che proporzioni) tra quattro
generi: film, fiction, documentari e animazione.
Per quanto attiene al genere “film”, le opere
che ricevono ripartizione sono quelle appartenenti alla categoria I del repertorio; per il montante animazione, quelle della categoria IV; i
montanti “fiction” e “documentari” vengono
invece ripartiti tra le opere delle categorie I
(con peso 80%), II e III (con peso 50%). Vengono anche ricompresi gli autori dell’adatta-
mento in italiano di film e serie straniere, con
un compenso pari al 10% del compenso totale
spettante all’opera.
La ripartizione così determinata viene messa
a disposizione degli aventi diritto, anche se
non associati alla SIAE. In questo ultimo caso,
il compenso viene “congelato” per una durata massima di tre anni in cui l’autore non associato può dare mandato alla SIAE in modo
tale da ricevere il compenso; passati i tre anni,
i compensi non reclamati vengono inseriti nel
calderone dei “non liquidabili” e ridistribuiti
proporzionalmente a quanto ricevuto, sempre
a titolo di copia privata, dagli autori iscritti nel
periodo di riferimento. Nello stesso calderone
dei “non liquidabili” e con analoghe modalità e tempi di ridistribuzione, vengono inseriti
anche i fondi accantonati a monte (l’1% di cui
sopra) non resosi necessario per operazioni di
rettifica.
In ogni caso, almeno il 51% della cifra ripartibile deve essere destinato ad opere nazionali o comunitarie. Se, a valle della ripartizione
secondo i criteri sopra riportati, questo re-
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Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
quisito dovesse venir meno,
verranno rifatti i conteggi per
riequilibrare le quote in modo
da garantire più della metà a
produzioni nostrane o almeno
europee.
Come ripartisce la
sezione Lirica di
SIAE
La Sezione Lirica ridistribuisce
i proventi da copia privata di
propria competenza proporzionalmente ai diritti d’autore
per riproduzione fono e videografica già distribuiti per il
periodo in questione.
Detto questo, la quota audio, pari allo 0,57%
degli introiti totali (ovverosia circa 415mila euro*)
viene ridistribuita secondo i diritti d’autore primari per riproduzione fonografica (dischi e nastri,
oltre ad eventuale downloading e streaming); la
quota Video, pari allo 0,25% degli introiti totali
(ovverosia circa 175mila euro*), proporzionalmente ai diritti d’autore liquidati nel periodo di
competenza relativamente alle riproduzioni videografiche (DVD e Blu-ray, principalmente).
L’ordinanza di ripartizione però chiarisce come
non tutta la quota destinata alla Sezione Lirica venga effettivamente ridistribuita (almeno
tempestivamente): infatti si parla di un 3% di
trattenuta in termini di rimborso spese forfettario per i costi di ripartizione (percentuale
che, essendo applicata a valle, sembrerebbe
aggiuntiva rispetto al 7% di rimborso spese già
applicato a monte); oltre a questo, il 5% della
cifra distribuibile viene trattenuta e messo a
riserva per far fronte ad eventuali richieste tardive da parte di non iscritti alla SIAE ma aventi
diritto: queste trattenute vengono conservate
nelle casse SIAE per cinque anni (contrariamente alla sezione Cinema che accantona per
tre anni) per poi essere ridistribuite successivamente, al netto dei compensi eventualmente
erogati. Non è chiaro se anche altre sezioni si
comportino analogamente creando delle riserve da ridistribuire eventualmente con cinque
anni di ritardo o con prelievi ulteriori.
Come ripartisce
la sezione DOR di SIAE
I proventi da copia privata di competenza della sezione DOR (Opere Drammatiche e Opere
Televisive) ammontano allo 0,78% dei proventi totali lordi per un controvalore nel 2012 di
circa 562mila euro*. Questi proventi vengono
ridistribuiti proporzionalmente ai diritti d’autore primari derivanti da riproduzioni fonografiche (ovverosia dalla stampa di CD e simili) per
la quota audio (circa 207mila euro*); la quota
video (pari a circa 455mila euro*) viene ridistribuita proporzionalmente ai diritti d’autore
da riproduzioni videografiche (ovverosia dalla
stampa di DVD e Blu-Ray). Resta ovviamente
da capire quali possono essere le opere drammatiche e televisive suscettibili di riproduzione su supporti audio, come i CD per esempio:
esistono CD con un seppur minimo riscontro
commerciale che riportino un’opera teatrale in
versione audio? Confessiamo la nostra ignoranza in merito. Anche per quello che riguarda le
riproduzioni su DVD e Blu-ray, non ci risultano
titoli che negli ultimi anni possano vantare un
minimo successo commerciale e che possano
rispondere al repertorio della sezione DOR che
– ricordiamolo – tutela “le opere drammatiche, le operette, le riviste e le opere analoghe,
comprese quelle create appositamente per la
radio, la televisione o altri mezzi di diffusione
a distanza”. Non ci si spiega come mai, quindi,
la sezione DOR sia ricompresa tra i percipienti
dei proventi per copia privata e chi potrebbero
essere gli aventi diritto connessi. L’ordinanza
di ripartizione non dà ulteriori informazioni su
eventuali accantonamenti e/o trattenute, che
verosimilmente verranno effettuate, dato che
la prima ripartizione ricomprende anche opere
eventualmente non ancora depositate.
Come ripartisce
la sezione OLAF di SIAE
I proventi da copia privata di competenza della
sezione OLAF (Opere Letterarie e Arti Figurative), pari per il 2012 allo 1,07% degli introiti lordi totali (ovverosia circa 775mila euro*)
vengono ridistribuiti in maniera differenziata a
seconda che si tratti della quota audio e della
quota video.
La quota audio viene distribuita per il 50% proporzionalmente ai compensi liquidati dalla sezione OLAF per le utilizzazioni di opere riprodotti su dischi e nastri (riteniamo ci si riferisca
agli audiolibri) nell’anno di competenza e per il
restante 50% in ragione dei compensi relativi
alle diffusioni radiofoniche di opere protette.
La quota video, in maniera simmetrica, viene
ripartita per il 50% proporzionalmente ai compensi liquidati dalla sezione OLAF per le utilizzazioni di opere su videogrammi (i video-libri?)
nell’anno di competenza e per il restante 50%
in ragione dei compensi relativi alle utilizzazioni televisive su emittenti pubbliche e private.
Confessiamo di non aver ben inteso cosa si intenda per utilizzazioni su videogrammi o su canali televisivi di opere letterarie e di arti figurative. Abbiamo provato a pensare a prodotti di
questo tipo in circolazione e, oltre alle letture
dantesche di Benigni – che crediamo non più
tutelate da diritto d’autore – non ci è venuto
in mente altro.
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Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
Il nodo dei tempi della
ripartizione secondaria
e i rischi dell’arbitrarietà
Come abbiamo visto, solo per quello che riguarda gli aventi diritto facenti capo a SIAE, i
criteri di ripartizione sono spesso molto complessi. In tutti i casi, comunque, la ripartizione
dei proventi per copia privata non avviene secondo criteri diretti (ovviamente, data la natura del compenso è impossibile avere contezza
degli autori effettivamente copiati) ma è di fatto una ripartizione “secondaria”, ovverosia che
utilizza altre ripartizioni analitiche come base
proporzionale, come per esempio i diritti d’autore già incassati per altre fattispecie. In pratica alcune ripartizioni avvengono sulla base di
quanto già ripartito per le altre voci dei diritti
d’autore. Questo richiede la necessaria chiusura dei conti della ripartizione primaria, prima
di poter procedere alla ripartizione secondaria,
con i ritardi che ne conseguono.
SIAE ha dichiarato che vengono liquidate agli
aventi diritto, seppur a valle di questo lungo
iter, anche cifre minime, senza un limite inferiore: non ci sarebbero, quindi, secondo le dichiarazioni rilasciateci da SIAE, liquidazioni sospese
per scarsa consistenza e men che meno riversamenti in “calderoni” di compensi indistribuibili
da ripartire tra gli aventi diritto più “corposi”,
cosa che ogni tanto si sente dire e che quindi
sarebbe destituita da ogni fondamento. Ben più
problematica invece la questione dei compensi
non distribuiti perché semplicemente l’autore
non è associato a SIAE o non è reperibile: in tal
caso i compensi vengono tenuti in cassa per un
certo numero di anni, variabile tra l’altro da sezione a sezione, prima di essere ridistribuiti agli
autori associati e reperibili proporzionalmente
a quanto già percepito. Nel frattempo questi
soldi restano nelle casse SIAE e alimentano il
flusso di proventi finanziari.
Dai processi sopra analizzati, infine, risulta
chiaro come ci siano molti ambiti di “arbitrarietà”, in cui parametri e criteri di ripartizione
sembrano più “convenzionali” che legati a una
fattispecie reale di copia privata. Per esempio,
noi ci siamo stupiti di come, per la ripartizione
della quota audio della sezione musica, solo il
5% sia perequato ai diritti d’autore provenienti dal mondo online, che potrebbe apparire
come uno tra i più rilevanti; in realtà SIAE ci ha
spiegato che questa ripartizione proporzionale
deriva proprio dalla consistenza dei diversi canali del diritto d’autore: il digitale “cuba” per
i diritti d’autore circa il 5% dei proventi totali
– così ci è stato spiegato. Ma le aree di arbitrarietà, come abbiamo visto, sono molte altre:
la ripartizione percentuale tra quota audio e
video; la ripartizione percentuale tra le diverse
sezioni SIAE; i criteri di ripartizione di ogni sezione, non sempre coerenti l’una con l’altra; la
stessa percentuale di rimborso spese stabilita
in maniera diversa ogni anno da SIAE; e infine,
la grande quota di accantonamento per le possibili richieste di rimborso. SIAE ci ha tenuto
a chiarire che le ordinanze di ripartizione vengono deliberate non da singoli decisori o uffici
specifici ma dai vari comitati competenti con i
rappresentanti degli aventi diritto. Molto probabilmente, però, uno schema così complesso (che secondo SIAE è comunque garanzia
di una equa ripartizione) rende quasi impossibile a qualsiasi realtà esterna a SIAE (come
anche agli aventi diritto) poter effettuare verifiche analitiche dei compensi e delle ripartizioni. Non a caso diverse associazioni a valle
di SIAE, pur decisamente favorevoli all’istituto
della copia privata e all’aumento dei relativi
compensi, ci hanno confessato che “devono
fidarsi di SIAE”, visto che tutte le complessità
e i differimenti temporali rendono difficilissimo
se non addirittura impossibile qualsiasi verifica
sostanziale sui conti.
I produttori fonografici: una
quota da dividere in cinque
I produttori fonografici ricevono il 50% dei
proventi netti della quota Audio, la cui metà
va girata a Esecutori e Interpreti. In pratica i
produttori fonografici, sempre con riferimento
all’anno 2012, dovrebbero ricevere a regime
l’11,63% del totale lordo dei compensi per
copia privata, pari a circa 8 milioni e 400mila
euro*. Qui poi la questione si complica. Infatti
le società che rappresentano i discografici musicali sono cinque: S.C.F., AFI, PMI, Itsright e
Audiocoop. In questa situazione risulta (ancora più) difficile fare una vera riconciliazione dei
conti: ai ritardi nei pagamenti, agli sfasamenti
tra cassa e competenza, ai “disturbi” dati da
ricorsi, fidejussioni e accantonamenti di garanzia, si aggiungono le contabilità di cinque
entità diverse. La quota destinata ai produttori fonografici viene ripartita a queste cinque
società sulla base del diritti d’autore pagati a
fronte della distribuzione di dischi. Va detto
che, secondo le dichiarazioni della stessa società, S.C.F. rappresenta comunque un peso
decisamente prevalente in questo panorama,
equivalente a circa il 90% del mercato, e come
tale ci si aspetta che debba assorbire più o
meno analoga percentuale di compensi. Non
ci sono state però rivelate da SIAE le reali percentuali secondo le quali nel nostro anno campione, il 2012, sono stati suddivisi i compensi.
Tra le altre cose colpisce la situazione di una
delle cinque società percipienti, P.M.I., che non
compare tra le società autorizzate dal Governo
a compiere attività di collecting e che quindi
non potrebbe amministrare e ripartire proventi da Copia Privata (salvo errori e omissioni sul
sito della Presidenza del Consiglio).
Come ripartisce S.C.F.
La Società Consortile Fonografici, (che associa tutte le major,
oltre a una grande quantità
di altre Case discografiche e
rappresenta la percentuale
nettamente maggioritaria del
mercato), riceve direttamente
dalla SIAE la quota di compensi spettante ai discografici
e agli esecutori e interpreti di
opere edite dalle case discografiche consorziate a SCF: il
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Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
50% lo destina direttamente – come previsto
dalla legge - alle associazioni che rappresentano esecutori e interpreti musicali (Nuovo Imaie
e Itsright). Dalla propria metà, trattiene il 5%
come rimborso spese per gli oneri contabili e
di ridistribuzione e trasferisce alle case discografiche la cifra restante, cosa che rende S.C.F
la società di collecting tra le più economiche
per quanto attiene alla copia privata.
I criteri di ridistribuzione sono abbastanza semplici: il 50% secondo la quantità di dischi stampati e il 50% secondo l’analitica dei passaggi
radiotelevisivi. Le cifre che derivano da questa
ripartizione analitica vengono interamente erogate, anche se riguardano importi piccoli: negli
ultimi tre anni ripartiti, per esempio, SCF ci ha
comunicato di aver destinato 740mila euro a
223 produttori indipendenti, con una media di
3300 euro cadauno; addirittura, a 70 case discografiche (evidentemente molto piccole) SCF ha
distribuito ripartizioni da meno di 100 euro.
Nell’anno 2012 la cifra incassata da S.F.C. a titolo di copia privata, già decurtata della parte
girata a NUOVOIMAIE e Itsright) è stata pari a
9 milioni e 439mila euro, ma questa comprende diverse annualità che erano bloccate per
i ricorsi in atto e ora parzialmente sbloccate.
In realtà S.C.F., che in maniera molto trasparente ci ha dato accesso ai propri conti, ha
incassato sinora per competenza 2012, un totale di 6 milioni 841mila euro, da dividere con
interpreti ed esecutori, quindi una quota per
i propri associati di circa 3 milioni e 420 mila
euro. Ipotizzando che S.C.F. valga realmente
una percentuale di circa il 90% del mercato, la
sua quota di competenza 2012 (salvo riduzioni da rimborsi per usi professionali) dovrebbe
aggirarsi intorno a 7 milioni e mezzo di euro:
dopo 18 mesi dalla fine dell’anno in questione,
mancano ancora molti soldi all’appello.
S.C.F. – come sopra esposto – ha trattenuto il
5% di quanto percepito nel 2012 a titolo di rimborso spese, pari a circa 470mila euro. S.C.F
si fa vanto – giustamente, a nostro avviso – di
ripartire interamente ogni trimestre tutto l’incassato del trimestre precedente.
Come ripartisce P.M.I.
P.M.I. (produttori
Musicali Indipendenti) nasce nel
2005 e associa 120
Case
discografiche italiane: 32 di
queste hanno dato
mandato a P.M.I.
per quanto attiene
al collecting da SIAE e alla ridistribuzione dei
proventi da copia privata. Stranamente però –
e non sappiamo il perché – PMI non compare
tra le società autorizzate dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri a operare come intermediario di diritti connessi al diritto d’autore:
o P.M.I. non ha tutti requisiti richiesti o semplicemente la pagina sul sito governo.it non
è aggiornata; peraltro P.M.I è in buona compagnia, visto che nella lista mancano anche
Anica e APT. Non capiamo a questo punto se
il requisito della “compliance” alle norme dettate dalla legge per le società che intermedia-
no diritti connessi sia davvero tassativa o sia interpretata solo come una “raccomandazione”
In ogni caso, sulla cifra ricevuta da SIAE, P.M.I.
dichiara di operare una trattenuta del 3% in
ragione di rimborso spese per le attività di ridistribuzione. Fino alla competenza 2011, la distribuzione è avvenuta secondo il semplice criterio del “fonomeccanico versato”, ovverosia
dei diritti versati dagli associati rappresentati in
ragione della stampa e distribuzione di dischi.
Dal 2012 verranno introdotti nuovi criteri – al
momento allo studio – che affianchino al puro
“fonomeccanico” anche ulteriori parametri sulla base delle esperienze degli altri Paesi, come
per esempio il broadcasting televisivo e radiofonico e il downloading: il Presidente Mario Limongelli, con il quale siamo stati in contatto, ci
ha confessato di auspicare che si riesca a creare
la condivisione affinché i criteri di ridistribuzione siano comuni tra le diverse società di collecting dei discografici musicali. In particolare PMI
ci ha chiesto che venisse chiarito che l’attività
di ripartizione Copia Privata per P.M.I. è affidata al vice Presidente Massimo Benini coadiuvato dal Segretario Generale Luca Barone, fatto
di cui diamo volentieri pubblicazione.
Al momento in cui scriviamo, PMI ha ricevuto
in acconto da SIAE, per l’anno 2012, 820mila
euro, di cui a norma di legge, 410mila sono
stati rigirati a interpreti ed esecutori attraverso
Itsright. Sui 410mila euro restanti, PMI avrebbe
trattenuto quindi poco più di 12mila euro in ragione di rimborsi spese.
Come ripartisce Itsright
Itsright compare in diverse voci delle ripartizioni dei proventi da
copia privata, in virtù
dei tanti ruoli svolti dalla
società nata dopo la liberalizzazione dell’intermediazione per i diritti
connessi che ha portato alla chiusura di IMAIE e alla creazione di Nuovo IMAIE. Itsright
gestisce mandati sia da parte dei produttori
fonografici che da parte degli artisti interpreti e trattiene dai proventi il 13,5% come
commissioni per il proprio operato. Il regolamento di mandato lascia però la porta aperta
a negoziazioni particolari tra Itsright e i mandanti per aumentare questa commissione a
seconda dei casi. La ridistribuzione dei diritti
d’autore (anche quelli diversi da copia privata)
ricevuti da Itsright è complessa e indicata dettagliatamente in un regolamento pubblicato
sul sito. In realtà, per quanto riguarda la copia privata, il regolamento di Itsright si rifà, in
maniera nebulosa (almeno per noi), alle ripartizioni SIAE: in particolare, il 50% dei proventi
viene ridistribuito “sulla base dei criteri che
saranno definiti dalla SIAE per la cosiddetta
ripartizione generale primaria dei compensi
da essa incassati per Copia Privata”; difficile
capire di che si tratti precisamente. Il restante
50% viene ridistribuito proporzionalmente ai
compensi netti percepiti dagli associati a Itsright per le altre voci di diritto d’autore. Itsright
sostiene di aver ottenuto da SIAE per l’anno
2012 solo un acconto parziale di cui ha ritenuto di non volerci comunicare l’ammontare.
48
MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
Come ripartisce Audiocoop
Audiocoop raccoglie un certo numero di etichette indipendenti. L’ultimo dato certo riguarda la raccolta
2010: Audiocoop
ha ricevuto da SIAE
100mila euro come
diritti per copia privata, di cui il 50% è stato girato a NUOVOIMAIE per la successiva ripartizione agli artisti coinvolti nei dischi rappresentati da Audiocoop.
Dei 50mila euro restanti, Audiocoop trattiene
il 10% per i propri costi e ridistribuisce il rimanente ai produttori discografici indipendenti
associati in proporzione alle copie bollinate
SIAE: chi più stampa, più riceve di compenso
per copia privata.
A.F.I. commissariata non risponde
A.F.I. (Associazione Fonografici Italiani) vive
un periodo di commissariamento oramai da
alcune
gestioni;
la nostra inchiesta è iniziata con
un
Commissario
Straordinario, Leopoldo Lombardi,
che ha ritenuto di
non doverci rispondere, e si è chiusa con un
nuovo Commissario Straordinario, Vittorio
Costa, che anch’esso si è trincerato dietro un
“no comment”. Ne prendiamo atto e ne siamo
dispiaciuti, anche se questa mancanza, stante
la magnitudo non certo rilevante di A.F.I. nel
panorama della copia privata, sposta di poco
le conclusioni del nostro lavoro. Se A.F.I. cambiasse idea, siamo a disposizione per completare il panorama con le informazioni mancanti.
In ogni caso dal sito di A.F.I. (ammesso che
sia aggiornato) abbiamo dedotto che la ripartizione avverrebbe proporzionalmente al “fonomeccanico”, ovverosia ai diritti pagati per la
stampa e distribuzione di dischi.
I produttori di videogrammi
Ripartisce tutto Univideo
Univideo associa i principali produttori di videogrammi (VHS, DVD e Blu-Ray) e gestisce
interamente
la
ridistribuzione
dei compensi per
questa categoria,
anche ad eventuali
produttori non associati. Gli editori
che ritengano di aver diritto alla ripartizione,
devono sottoporre la propria candidatura alla
ripartizione, compilando una richiesta completa dei dati di fatturato da prodotti tutelati da
diritto d’autore e ricompresi nelle fattispecie
stabilite dal regolamento Univideo.
Sull’ammontare versato da SIAE, Univideo trattiene il 10% in ragione di rimborso spese per
la gestione e gli audit necessari per certificare
le richieste degli aventi diritto. Il restante viene
ripartito all’80% tra gli aventi diritto mentre il
20% viene messo su conto fruttifero a riserva
per eventuali richieste tardive: gli interessi maturati su questo conto vengono poi ridistribuiti a
favore degli aventi diritto insieme ai compensi e
non costituiscono un provento per Univideo.
Il criterio base di ripartizione è il fatturato dichiarato (e opportunamente validato da un
professionista revisore incaricato).
Per il 2012 Univideo non ha ancora “emesso
fattura” a SIAE per i relativi compensi, in quanto è in corso una riorganizzazione della struttura societaria legata alla raccolta (sta per essere
creata una società di servizi deputata, tra le
altre cose, alla redistribuzione). SIAE ha già comunque destinato una cifra relativa alla ripartizione 2012 pari a 5 milioni e 900 mila euro:
si tratta come negli altri casi di un “acconto”
2012. Infatti, nel caso di Univideo più ancora
che negli altri casi (essendo unico percipiente
di una categoria predeterminata per legge) la
riconciliazione dei conti dovrebbe risultare facilmente: infatti ai produttori di videogrammi
va una percentuale stabilita dalla legge, pari
all’11,66% della raccolta netta e quindi pari al
10,85% della raccolta lorda (compresa quindi
la quota di spese di competenza SIAE). Questo
significa che, sempre salvo eventuali rimborsi
per utilizzi professionali, a Univideo dovrebbero giungere per il 2012 precisamente 7milioni
857mila euro: mancano quindi al momento circa due milioni di euro (pari a circa il 25%), che
in parte potranno anche essere erosi da eventuali rimborsi per usi professionali (anche se,
stante il volume di rimborsi che abbiamo stimato, l’erosione della quota Univideo dovrebbe
non andare oltre i 100-150mila euro) ma che
presto o tardi dovrebbero poter arrivare nelle
casse Univideo. Abbiamo quindi fatto la verifica sul 2011 per capire se, tornando indietro di
un anno, i ritardati pagamenti da parte di SIAE
a Univideo fossero più contenuti, ma abbiamo
trovato una percentuale mancante analoga.
Sentita SIAE proprio su questo caso specifico,
il delta del 25% è stato giustificato, pur senza
calcoli analitici, come un 5% dovuto a scostamenti tra criteri di cassa e di competenza e un
20% agli accantonamenti per possibili rimborsi
per usi professionali. Il tema è stato già abbondantemente trattato precedentemente in questo articolo.
I produttori originari
delle opere audiovisive
TV e cinema hanno
associazioni separate
La quota spettante ai produttori originari audiovisivi (praticamente le case di produzione
del film o del programma TV, nulla a che vedere con i supporti DVD e Blu-ray ovviamente) è
pari per legge all’11,66% della raccolta netta e
quindi, per il 2012, pari al 10,85% della raccolta lorda, circa 7 milioni 850mila euro*. Questa
cifra viene destinata da SIAE in parte ad Anica
(produttori cinematografici) e in parte ad APT
(produttori televisivi) secondo proporzioni che
SIAE non ha ritenuto di rivelarci; secondo indicazioni avute da ANICA, le proporzioni di
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MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
ripartizione sarebbero 62,5% a favore dei produttori cinematografici (pari a 4 milioni 910mila
euro*) e 37,5% a favore dei produttori televisivi
(pari a 2 milioni 946mila euro*).
Come ripartisce ANICA
Anica rappresenta le case cinematografiche;
raccoglie da SIAE e ripartisce (anche per le
aziende non associate) i compensi
per copia privata
spettanti alla categoria. Come già
detto precedentemente, Anica stranamente non rientra fra le società autorizzate
a intermediare diritti connessi riportate sul sito
della Presidenza del Consiglio.
Fino a qualche anno fa, tratteneva sui compensi
intermediati il 10% di spese generali aumentati
dei costi diretti correlati alla ridistribuzione, calcolati a pié di lista. L’esperienza ha fatto emergere come questi costi fossero mediamente
nell’ordine del 3% dei compensi intermediati e
da qualche gestione Anica trattiene direttamente il 13% a titolo omnicomprensivo di rimborso
spese.
La ripartizione è assai complessa e prevede
l’analisi dei palinsesti dei principali canali televisivi (ai classici 7 canali generalisti sono stati recentemente aggiunti alcuni canali satellitari della piattaforma SKY). Non esistendo un pubblico
registro dell’audiovisivo, in cui venga riportato
lo schema degli aventi diritto contenuto per
contenuto, Anica cerca di stabilire chi siano gli
aventi diritto sulla base di un database proprietario costruito nel tempo e continue ricerche sul
mercato dei diritti. Anica ripartisce comunque
come minimo il 51% dei proventi a favore dei
produttori originari di opere UE, mentre il 49%
va normalmente alle opere extra-UE. La suddivisione dei proventi sui diversi film (e quindi sui
relativi aventi diritto) viene effettuata sulla base
dell’audience realizzata, grazie a una serie di
parametri del valore del singolo contatto che
assicuri appunto il bilanciamento tra il 51% UE
e il 49% extra-UE. Infatti, pur i file extra-UE (tipicamente americani) cubi in termini di audience
circa il doppio di quelli UE, a questi ultimi viene
assicurato un moltiplicatore (il valore unitario
contatto) pressoché doppio. L’ultimo dato pubblicato sul sito di Anica si riferisce all’anno 2010
mostra la parametrizzazione appena esposta:
NAZIONALITÀ
PRODUZIONE
TOTALE
ASCOLTATORI
TOTALE
COMPENSI
VALORE
UNITARIO
CONTATTO
UE
1.338.346.348
1.729.262
0,001292
EXTRA UE
2.696.698.682
1.661.448
0,000616
A valle di questi calcoli, fatti sulla base di questi
parametri moltiplicati per dati di audience (e
anche le repliche), Anica destina i compensi a
una serie molto ampia di società aventi diritto,
non necessariamente associate di Anica. Le cifre destinate ai non associati restano a disposizione degli aventi diritto per un periodo di 10
anni, prescrizione legale di cautela, durante i
quali, se non ritirati, restano nella disponibilità
di Anica. Dopodiché le cifre accantonate e mai
ritirate vengono ridistribuite tra gli aventi diritto che, relativamente all’anno di competenza,
hanno incassato quote di ridistribuzione, in misura proporzionale a questi stessi incassi.
Anica, nel momento in cui scriviamo, ha ricevuto da SIAE acconti 2012 per circa 3 milioni di
euro, circa il 60% di quanto, secondo la nostra
stima, dovrebbe ricevere a regime, salvo ratei
e risconti e rimborsi per usi professionali.
Come ripartisce APT
L’Associazione Produttori Televisivi riceve da SIAE
il 37,5% del compenso destinato ai produttori
originari di audiovisivi e, come dice il nome stesso, ridistribuisce ai
produttori di contenuti televisivi, principalmente fiction.
Anche in questo
caso, non c’è traccia di APT nella lista delle società autorizzate a intermediare diritti connessi.
Dalla cifra ricevuta da SIAE, APT deduce il 10%
a titolo di rimborso per i costi generali, opportunamente aumentato di un importo non predeterminato “pari ai costi ed alle spese sostenute per
le attività specifiche di individuazione delle opere
telediffuse nonché per le attività di computo e
contabili relative alla ripartizione, nonché per le
spese, anche legali, derivanti da studi, analisi,
ricerche demoscopiche e di mercato, correlate
all’attività di ripartizione”. In pratica una quota
del 10% va a sostenere i costi generali, alla quale
si somma la struttura di costi direttamente imputabili all’attività di ripartizione, calcolata a pié di
lista. APT ci ha fornito alcune informazioni, giusto
per avere un ordine di grandezza: non sarebbe
stato ancora incassato da SIAE, al momento in
cui abbiamo contattato APT, alcun compenso di
competenza 2012 e 2013; per il 2013, tanto per
fare un esempio, sono stati esposti costi diretti
pari a 96.881,25 euro ma ne sono stati sostenuti
ulteriori 80mila euro circa che non verranno imputati come costi per la ridistribuzione compensi
per copia privata. Si tratta quindi di 96mila euro
di spese direttamente sottratte dal monte ridistribuibile, cifra che si attesta tra il 3 e il 4 % della
cifra teorica destinata ad APT, aggravio che sommato al 10% base porta APT nello stesso ambito
di onerosità di Anica. APT ci tiene a sottolineare
che queste spese dipendono dalla necessità di
acquisire una serie di dati sull’effettiva messa in
onda dei diversi contenuti e l’inserimento a database per le successive analisi, abbastanza complesse, il cui algoritmo è qui di seguito esposto.
La quota di compensi distribuibile viene innanzitutto ripartita in quattro macro-aree, secondo le
seguenti percentuali:
Fiction televisiva
68%
Varietà intrattenimento
17%
Cartoni animati brevi
10%
Documentari
5%
Queste percentuali portano alla ripartizione tra
macro-aree. Inoltre, all’interno della macro-area Fiction televisiva viene fatta una distinzione
tra Film TV/serie TV e Soap Opera/Telenovela/
50
MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
Sit-com: queste ultime avranno un peso ridotto
al 40% di quello previsto per le produzioni più
“italiane”.
All’interno di ogni macro-area viene fatta una
ripartizione sulle singole produzioni proporzionalmente a un coefficiente che viene così determinato:
somma in minuti delle puntate della trasmissione x % fascia oraria x % rete televisiva di
emissione x % nazione della produzione
laddove la “% fascia oraria” è così determinata:
Mattina (ore 07.00-12.30)
7%
Pomeriggio (ore 12.31-20.30)
21%
Prima serata (ore 20.31-22.30)
57%
Seconda serata (ore 22.31-01.00)
15%
Notte (01.01-7.00)
0%
La % rete televisiva di emissione è così determinata (elaborazione 2011)
RaiUno
26%
RaiDue
12%
RaiTre
12%
Canale 5
24%
Italia 1
12%
Rete 4
9%
La 7
5%
La “% nazione della produzione” è invece fissata a 100% per l’Italia e le nazioni estere con
accordo di reciprocità con APT, mentre è fissato allo 0% per le nazioni che non riconoscono a
loro volta i diritti alle produzioni italiane.
Artisti interpreti
ed esecutori: c’è caos per
la “mezza” liberalizzazione
Le quote relative ai diritti connessi a favore di
interpreti ed esecutori sono gestite oggi da
diverse società di collecting. Storicamente ne
esisteva solo una, l’IMAIE, che operava in uno
stato di monopolio di fatto ed è stata coinvolta
da un grande scandalo legato alla sparizione di
fondi in attesa di ridistribuzione. Sulle sue ceneri è nato il NUOVOIMAIE e il mercato è stato
aperto alla libera concorrenza delle società di
collecting. Sono così comparse anche Itsright
per la quota Audio (già trattata più sopra, rappresenta anche alcune Case discografiche) e
Ass.Artisti7607 per la quota Video. Recentemente, ma pur sempre in gran ritardo rispetto
alla liberalizzazione, è stato emesso un decreto
per la regolamentazione del libero mercato dei
diritti connessi, che però è ancora oggetto di
interpretazioni e ha sollevato grandi polemiche
tra gli addetti ai lavori. In particolare, c’è chi
dice che l’ex-monopolista cerchi di resistere a
una reale liberalizzazione o che comunque ne
voglia differire gli effetti concreti di un po’ di
gestioni. Non entriamo nella polemica, che
richiederebbe un altro articolo, ripromettendoci di tornare sull’argomento. Ma di certo, il
mondo degli interpreti ed esecutori è addirittura attraversato da più “correnti elettriche” di
quanto non accada addirittura al tormentato
mondo degli autori.
Tornando alla copia privata, esecutori e interpreti ricevono l’11,63% dei proventi totali
da copia privata per la quota Audio (pari nel
2012 a circa 8 milioni 400mila euro*) e un altro
10,85% sempre dei proventi totali per la quota
Video (pari nel 2012 a circa 7 milioni e 850mila
euro). La quota Audio viene ripartita tra NUOVOIMAIE e Itsright; la quota Video tra NUOVOIMAIE e Ass.Artisti7607. Non sono note le
percentuali, ma in entrambi i casi, la grande
prevalenza dei compensi va a NUOVOIMAIE.
Come ripartisce NUOVOIMAIE
Su quanto incassato da SIAE, NUOVOIMAIE
trattiene il 15% in qualità di proprio aggio, una
delle percentuali più alte di tutto il campione.
NUOVOIMAIE, da noi interpellato, ci ha tenuto
a sottolineare che
tale percentuale,
che copre tutte le
spese dell’Istituto,
comprese quelle
per l’incasso da
tutti i 23 Paesi del
mondo con i quali vige un accordo bilaterale, è
necessaria per assicurare una ripartizione “analitica e di eccellenza”.
Il meccanismo applicato da Nuovo IMAIE nella ripartizione dei compensi di copia privata è
distinto a seconda che si tratti di copia privata
audio e di copia privata video.
Per quanto riguarda i compensi di copia privata
in quota Audio, sino ad oggi il NUOVOIMAIE
ha ripartito i compensi in rapporto proporzionale ai fonogrammi venduti nel periodo considerato (e ciò in base ai dati forniti dalla SIAE).
Tuttavia – ci fanno sapere - con il recente decreto di riordino dei diritti connessi potrebbero
profilarsi delle nuove modalità di ripartizione di
tali compensi secondo criteri da definirsi.
Nel caso di compensi per copia privata in quota Video i compensi, per legge, sono destinati
al 50% ad attività che l’istituto deve svolgere
per legge a favore della categoria “per le attività di studio e di ricerca nonché per i fini di
promozione, di formazione e di sostegno professionale degli artisti interpreti o esecutori”.
Ovviamente si tratta di una definizione molto
lasca entro la quale può rientrare un’ampia
gamma di attività e che lascia molto spazio
alla discrezionalità, che come abbiamo visto, è
sempre nemica della trasparenza.
Il restante 50% è distribuito agli artisti in proporzione a quanto loro hanno incassato come
diritti connessi alla pubblica divulgazione delle
loro opere.
Nel momento in cui abbiamo interpellato l’Istituto, NUOVOIMAIE dichiara di non aver ancora incassato i compensi relativi all’anno 2012.
Grossomodo – ci dicono - dovrebbero ammontare a circa 5/7.000.000,00 per ciascuna delle
due quote Audio e Video. NUOVOIMAIE ci tiene però a chiarire che “si tratta di una somma
51
MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
che varia di anno in anno, per cui ogni previsione rischia di essere disattesa”.
Come ripartisce
Associazione Artisti 7607
L’Associazione Artisti 7607 è di recente costituzione (dopo la caduta del monopolio de
facto di Imaie) e malgrado ciò associa già grandi nomi tra gli interpreti video. I problemi e i
chiaro-scuri della
transizione tra la
vecchia gestione
dell’IMAIE e il regime con più società di collecting
e
ridistribuzione
dei compensi agli
esecutori, ha fatto
sì che la situazione
del 2012 (e anche
2013) non sia ancora definita. In ogni caso SIAE
ha già liquidato a Associazione Artisti 7607 un
acconto per gli anni 2012 e 2013 pari a circa
500mila euro per ogni anno, ma non si tratta di
un computo definitivo. Ci colpisce che questa
piccola collecting abbia già ottenuto acconti
per il 2012 e 2013, soprattutto in considerazione del fatto che NUOVOIMAIE dichiari di non
avere incassato nulla per il 2012.
In ogni caso, l’Associazione Artisti 7607 ha
già ridistribuito queste cifre secondo un criterio molto semplice, ovverosia dividendolo
in parti uguali tra tutti gli associati. Infatti – ci
ha spiegato Cinzia Mascoli, presidente dell’associazione – non si è voluto ridistribuire
anche il compenso per copia privata in maniera proporzionale agli altri diritti già percepiti ma ragionare in maniera più “mutualistica”, cercando di sostenere in parti uguali
tutti gli associati, proprio per non garantire
solo i più forti. Ma non ci sarebbe solo una
ragione “mutualistica” dietro questa scelta
ma anche una ratio concreta: “L’attività di
copia privata per il video – ci ha spiegato
Cinzia Mascoli - si realizza oggi attraverso
canali legati a Internet e molto lontani dalle tradizionali fruizioni televisive per le quali
c’è il tracciamento e la liquidazione dell’equo
compenso. Non esistendo alcuna attività di
monitoraggio concreto, preferiamo ridistribuire i proventi dalla copia privata pro capite
piuttosto che su basi che sarebbero in ogni
caso arbitrarie”.
In definitiva quanto costa
la burocrazia
della copia privata?
Non è possibile dire con precisione matematica quanto costi agli aventi diritto mantenere una tale gestione dei compensi per copia
privata. Ma – l’abbiamo capito in questa inchiesta – la precisione all’euro è l’ultima cosa
che conta in questa storia; e anzi, facendo
attenzione alle virgole, si rischia di perdere la
visione globale della questione.
Secondo la nostra ricostruzione, basata sulle dichiarazioni di SIAE e delle altre società
coinvolte nella ridistribuzione agli aventi diritto dei proventi, l’intera filiera assorbe in
burocrazia e rimborsi spese, quasi il 14% dei
proventi totali, per una cifra 2012 (sempre al
netto delle provvigioni sui rimborsi per usi
professionali) di poco meno di 10 milioni di
euro, secondo la nostra stima che riportiamo
qui sotto (in caso di suddivisione tra più associazioni si è utilizzata una media pesata dei
relativi costi di gestione):
A questi costi “visibili” per gli aventi diritto,
vanno aggiunti ovviamente anche i mancati
proventi dovuti ai pagamenti fortemente dif-
feriti delle collecting: la non tempestività si
trasforma sulle spalle degli aventi diritto in
mancati interessi o, nel peggiore dei casi, addirittura in interessi passivi, ben più costosi.
Qualche associazioni degli aventi diritto ci ha
parlato di piccole società aventi diritto che
sono entrate in difficoltà con la crisi e che
hanno finito per chiudere o addirittura fallire: cosa sarebbe successo se i compensi di
loro spettanza fossero stati distribuiti tempestivamente e interamente? Tra i costi occulti
della ridistribuzione lenta, vanno considerati
anche questi.
Le conclusioni
Copia privata, un sistema
costoso, lento e opaco,
non sempre dalla parte
degli aventi diritto
Alla fine di questo lunghissimo e complesso
viaggio, non è difficile trarre qualche conclusione di ordine generale. Di certo l’utilizzo,
nella ripartizione dei proventi da copia privata, di sistemi super-analitici e parametrizzati
e di percentuali stabilite a tavolino addirittura con doppia cifra decimale, fanno pensare
a un sistema artatamente complicato, tanto
da rendere impossibile, in mancanza di contabilità del tutto separate, una precisa rendicontazione. Tanto più che, data la natura
intrinsecamente arbitraria e presuntiva della
52
MAGAZINE
Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
logica della copia privata, il voler rendere
più formale e deterministico un sistema totalmente statistico appare un vero colpo di
coda di una burocrazia autoreferenziale fuori
dal tempo e che tarda a morire.
La ridistribuzione a carattere secondario dei
proventi da copia privata, ovverosia perequata su altre ripartizioni primarie, richiederebbe, per un controllo adeguato, l’analisi puntuale di tutte queste ultime: se la ripartizione
primaria è mal fatta (o come si dice spesso
favorisce i “soliti noti”), finirà per esserlo anche quello dei compensi per copia privata.
E questo aggiunge un livello di opacità nel
modello di ridistribuzione.
Inoltre il flusso dei pagamenti ha un orizzonte
strutturalmente pluriennale, con pagamenti
agli aventi diritto che iniziano mesi se non
anni dopo gli incassi e con una selva di accantonamenti per rischi veri o presunti; questi fattori, sommati a una certa “pigrizia” di
alcuni apparati burocratici, non permettono
di chiudere i conti entro orizzonti temporali
decenti (si arriva a 10 anni e oltre per una
definizione totale), entro i quali c’è spazio
per mancate chiarezze e in considerazione
dei quali comunque vige un’impossibilità di
fatto per gli aventi diritto di controllare i propri conti.
Questa “stagnazione” di capitali nelle collecting, SIAE prima fra tutte, genera ovviamente un importante flusso di proventi finanziari; il paradosso è che, salvo rarissimi
esempi (siamo a conoscenza solo di Univideo
che accantona su un conto fruttifero) i fondi
trattenuti e in attesa di ridistribuzione non
generano interessi poi riversati a favore degli
aventi diritto (come sembrerebbe d’obbligo
sia da un punto di vista legale che morale)
ma si trasformano solo in proventi che restano nelle casse di chi cura il collecting: e
questo, stante l’orizzonte temporale pluriennale della ridistribuzione, è un vero e proprio
scandalo.
Il caso di SIAE da questo punto di vista balza
sicuramente agli occhi: con l’equivalente di
circa due anni e mezzo di compensi da copia
privata ancora in cassa in attesa di distribuzione, ricava di più in interessi su questi fondi
parcheggiati che dal proprio (non
trascurabile) rimborso spese del 7%.
Addirittura, guardando l’ultimo bilancio, se venissero meno i proventi
finanziari riconducibili ai soli fondi di
copia privata, SIAE vedrebbe il proprio margine operativo azzerato e
probabilmente metterebbe a segno
una perdita. Il recente aumento rilevante dei compensi stabilito con il discusso decreto Franceschini, porterà
in questo sistema “aria fresca”, in
grado di rinvigorire i flussi in ingresso in SIAE e quindi di rialimentare la
dinamica dei proventi finanziari, pur
aumentando i pagamenti agli aventi
diritto e magari aumentandone anche un po’ la tempestività. Una sorta
di “refresh” della politica un po’ di
facciata che ha portato molte associazioni di
aventi diritto a dichiararsi soddisfatte della
maggiore velocità nei pagamenti assunta da
SIAE, proprio negli stessi anni in cui i debiti
verso aventi diritto per copia privata triplicavano passando dai 58 milioni del 2009 ai 151
milioni del 2013.
Un discorso a parte merita la fattispecie dei
rimborsi per utilizzi di tipo professionale: da
facilitazione per le aziende che dovrebbero
essere tenute esenti dai compensi per copia
privata, si trasforma addirittura anch’essa in
un business per SIAE che, oltre a trattenere spese più alte per questa gestione, mette
a segno importanti proventi finanziari sulle
cifre accantonate, diventate in questi ultimi
anni, altissime rispetto ai rimborsi effettuati.
È evidente che bisognerebbe passare a uno
schema non di rimborsi ma di esenzioni che
eviterebbe sia la gestione burocratica che gli
improbabili accantonamenti, a sincrono vantaggio sia per gli utilizzatori professionali,
che avrebbero il dovuto risparmio a monte,
che per gli aventi diritto, che vedrebbero i
propri soldi molto prima. Non crediamo che
SIAE ritenga però percorribile una strada che
di fatto la disintermedia completamente.
Quanto alle associazioni a valle di SIAE, rimborsi spese variabili dal 3 al 15% raccontano
di un panorama troppo variegato, che forse meriterebbe almeno un indirizzo di tipo
governativo a tutela degli aventi diritto che,
almeno in alcune fattispecie, non vedono un
sistema veramente concorrenziale.
In definitiva, appare oramai chiaro come sia
urgente almeno iniziare la migrazione verso
un modello legato al reale utilizzo, cosa che
i mezzi di distribuzione digitale dei contenuti
consentono ampiamente: paga la copia privata solo chi copia e in ragione di quanto copia;
ricevono proventi solo gli artisti, esecutori,
interpreti e case produttrici copiate, secondo le percentuali di legge. Certo, in questo modo, potremmo scoprire che il gettito
totale da copia privata potrebbe scendere,
ma semplicemente perché la stessa fattispecie della copia, nel nuovo contesto digitale,
sta cessando di esistere. Si potrà pensare a
delle attività di sostegno governative per il
settore della creatività; si potrà ipotizzare un
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Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito
percorso pluriennale che ci porti a questo
ragionevole obiettivo. Ma bisogna riformare l’istituto della copia privata prima che le
“stonature” che emergono da questa analisi
diventino così forti da risultare addirittura ingiustizie insopportabili.
Con buona pace dei 16 milioni di euro all’an-
no che in questo momento alimentano gli apparati burocratici che – quasi più degli aventi
diritto – lottano perché il vecchio e non più
funzionante sistema della copia privata possa
essere eternato sine die.
* tutte le cifre relative alle diverse ripartizioni riportate con l’asterisco non tengono conto degli eventuali rimborsi per uso
professionale
Una nota operativa
Il percorso di ricostruzione di tutti i flussi monetari legati alla destinazione dei proventi da copia
privata è difficile, lungo e lastricato di zone non sempre chiare. Questo lavoro è stato possibile
grazie all’iniziale disponibilità di SIAE, che ci ha ricevuto nei propri uffici per un incontro ai
massimi livelli di poco meno di due ore e ci ha dedicato il tempo di tre lunghe telefonate per
successivi ulteriori chiarimenti. Man mano che la nostra analisi scendeva nel particolare, le nostre domande non hanno più avuto risposta puntuale da parte di SIAE, se non dietro un livello
di insistenza che abitualmente non ci è proprio: ne prendiamo atto, ma ringraziamo comunque
la Società per aver dimostrato una disponibilità almeno ad iniziare il dialogo; dialogo che in altri
tempi – ne siamo certi - non sarebbe neppure iniziato. Vanno poi citate tutte le Associazioni e
le collecting society che rappresentano produttori di fonogrammi e videogrammi, produttori
originari e artisti interpreti ed esecutori per la collaborazione dimostrata (in alcuni casi anche
oltre ogni aspettativa) e il sereno confronto: ringraziamo quindi, in rigoroso ordine alfabetico,
Anica, APT, Ass.Artisti 7607, Audiocoop, Itsright, NUOVOIMAIE, P.M.I., S.C.F. e Univideo, senza
la cui collaborazione, il lavoro sarebbe rimasto monco di una parte molto importante.
Questa inchiesta pur realizzata con la maggiore cura possibile, difetta ancora di alcune informazioni e non escludiamo possa includere ancora qualche involontario errore: invitiamo tutte
le figure coinvolte che lo ritenessero a segnalarci eventuali errori o omissioni, fornendoci le informazioni mancanti: cercheremo di tenere aggiornato l’articolo. Siamo certi che – al di là delle
posizioni anche distanti – un quadro finalmente più chiaro sulla destinazione dei proventi per
copia privata sia un patrimonio per tutto il mercato, dai consumatori-pagatori fino agli aventi
diritto-precipienti, dagli operatori del mercato fino al legislatore.
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