n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE Disservizio Wind Tagliare (ancora) Tutti i punti vendita iPhone 6 arriverà diventeranno il 30 settembre Sono in arrivo personale è come Saturn 05 secondo Amazon 10 i rimborsi 11 tagliarsi le vene Media World La crisi morde e arrivano i licenziamenti e le ristrutturazioni. Le multinazionali – si sa – non vanno troppo per il sottile: scende il fatturato, a casa “n” persone. Una pratica quasi meccanicistica che ricorda – pur con tutte le dovute differenze – le decimazioni imposte ai civili italiani dalla Wermacht durante la Seconda Guerra Mondiale. E, per certi versi, le notizie che arrivano sanno proprio di bollettino di guerra: Sony è in pieno taglio, l’ennesimo; Microsoft ha annunciato un piano di sacrifici “umani” mai visto prima; altri colossi, soprattutto giapponesi, hanno già fatto e continuano a fare “accorciamenti della coperta”; le catene di elettronica di consumo riducono ancora il personale quando proprio non passano alla chiusura di alcuni negozi. La redditività che scende suggerisce le contromisure; la caduta libera dei prezzi le impone. Non sappiamo come vadano le cose nel resto del Mondo, dove magari i tagli sono anche giustificati. Ma conoscendo la complessità del nostro mercato (e la complessità dei prodotti), siamo però certi che da noi il “fondo del barile” fosse già stato toccato: gli staff delle aziende e dei negozi ci paiono già ai minimi necessari per garantire la normale operatività, forse siamo già anche al di sotto. Ridurre gli addetti, a questo punto, significa strozzare ancora di più le possibilità di ripresa e di rivincita. Tanto più che l’esperienza ci insegna che a lasciare le aziende in ristrutturazione sono spesso le figure che più facilmente riescono a ricollocarsi, e quindi le più valide. il rischio è che nessuno, produttori e retailer, con meno addetti per un mercato che muove occhio e croce gli stessi pezzi, abbiano più tempo e competenze per fare le cose per bene; per proporre i prodotti con i giusti contenuti; per creare quella magia che per tanti anni è stata il motore del mercato e della passione. C’è il rischio di abituarsi, più ancora di quanto non venga già fatto, a banalizzare tutto; il rischio di rendere l’elettronica di consumo addirittura meno attraente di lavatrici e frigoriferi; un abbandonarsi definitivamente nelle mani dei “prezzacci” mettendo per sempre da parte prestazioni e qualità. È in queste situazioni che si sente nel nostro settore la mancanza di un comparto industriale italiano; e se manca l’industria di certo non esistono le politiche industriali, che infatti languono. Il libero mercato, senza politiche di indirizzo e sostegno e con sole filiali commerciali, si comporta nei periodi di crisi in maniera miope. Non servono eventi come “Digital Venice” e neppure è utile avere il maggior tasso europeo di penetrazione degli smartphone, se poi la gente non sa come usare le tecnologie e se le infrastrutture fanno acqua. L’Italia – ben più di altri Paesi come Germania o UK – ha bisogno di filiali e negozi forti, perché il gap da colmare è maggiore; e proprio per questo le aziende potrebbero contare - se lavorassero per lo sviluppo della cultura digitale - su margini di crescita più alti di altri Paesi. Ridurre il personale, oggi, non fa altro che ridurre le nostre possibilità di colmare le differenze che ci tengono ai margini dell’Europa digitale. Gianfranco GIARDINA In allegato l’inchiesta verità su SIAE & co. Che fine fanno i soldi della copia privata Abbiamo provato a ricostruire i metodi di ridistribuzione La gestione costa 10 milioni all’anno ed è troppo lenta Infinity sui TV con Chromecast 02 Il servizio di streaming video Mediaset ora è compatibile con Chromecast: oltre 5.000 contenuti ora anche sui TV non “TivùOn” Basta smartphone Android Microsoft uccide Nokia X 09 Non verranno più sviluppati telefoni Android Tutti gli investimenti solo su Windows Phone Sfida all’ultimo sorriso In prova gli spazzolini elettrici IN PROVA 21 Abbiamo messo a confronto gli spazzolini elettrici Philips e Oral B: quale tra i due farà “sorridere meglio” e quale risulterà il più efficace nella pulizia quotidiana dei denti? TV LG 47LB730V È arrivato webOS 25 35 Wiko Wax, potente e super conveniente n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE TV E VIDEO Infinity, il servizio di videostreaming Mediaset, diventa compatibile con Chromecast I film di Infinity sul TV grazie a Chromecast I 5.000 contenuti disponibili grazie alla chiavetta di Google vanno su qualsiasi TV di casa di Emanuele VILLA nfinity, il servizio di video-streaming targato Mediaset, espande la propria presenza all’interno delle mura domestiche. E lo fa annunciando la piena compatibilità Chromecast, la “chiavetta magica” targata Google che permette il trasferimento e lo streaming via Wi-Fi dal dispositivo mobile (smartphone/tablet) direttamente al grande schermo del TV di casa. L’implementazione è stata resa possibile integrando la tecnologia di Google all’interno di Accenture Video Solution (AVS), il software che gestisce i servizi di Video on IP e che, di conseguenza, rappresenta la piattaforma tecnologica utilizzata da Infinity. Il risultato è che ora è possibile vedere sul proprio TV HD i contenuti presenti su Infinity anche tramite Chromecast, spaziando da film italiani, esteri, serie TV e I Haier lancia la nuova gamma di TV Android M7000 Già disposnibili i TV M7000 di Haier Due modelli, un 39 e un 48 pollici che si distinguono per l’integrazione di Android 4.2 con accesso a tutte le app del Google Play Store di Paolo CENTOFANTI cartoni. L’app di Infinity con il supporto di Chromecast è disponibile nel Play Store, presto lo sarà nell’App Store, e la funzionalità Chromecast è stata anche aggiunta al sito web di Infinity. A livello pratico, è tutto molto semplice: l’app mostra l’icona di Google Cast in alto a destra, e basta premerla per effettuare lo streaming del contenuto dal dispositivo mobile al TV. Nulla di più complesso, ma un grosso passo avanti per chi vuole (giustamente) gustarsi i contenuti video sull’impianto audio-video principale di casa. TV E VIDEO L’aggiornamento della app di Chromecast abilita il mirroring sullo schermo del TV Chromecast: ecco il mirror, ma non per tutti Chromecast ora diventa come Miracast, ma i dispositivi supportati non sono moltissimi C di Roberto PEZZALI on un post sul suo blog Google annuncia l’arrivo di una feature molto attesa dagli utenti di Chromecast (qui la nostra prova), ovvero la possibilità di inviare ad una TV o a un monitor, al quale è collegato ovviamente il dispositivo, le immagini dello smartphone. Un mirroring vero, esattamente come quello che viene eseguito da Miracast, con la differenza che quest’ultimo richiede un TV compatibile, mentre con Chromecast ogni TV, anche non recente, può accettare lo stream. Per funzionare l’applicazione Chromecast deve essere aggiornata all’ultima versione, la 1.7, e il dispositivo dev’essere uno di quelli abilitati. Non molti, ma comunque troviamo alcuni tra i più diffusi terminali con Android a bordo, e precisamente Nexus 4, Nexus 5, Nexus 7 (2013), Nexus 10, Samsung Galaxy S4, Samsung Galaxy S4 (Google Play Edition), Samsung Galaxy S5, Samsung Galaxy Note 3, Samsung Galaxy torna al sommario Note 10, HTC One M7, HTC One M7 (Google Play Edition), LG G3, LG G2, LG G Pro 2. Usare Chromecast in mirroring non equivale comunque ad avere un’applicazione Chromecast nativa e se si pensa di usare questa possibilità per trasmettere ad un TV SkyGo o Mediaset Infinity si deve valutare anche il carico di lavoro a cui viene sottoposto lo smartphone o il tablet, che deve decodificare il flusso in streaming per poi ricomprimerlo in un formato adatto al TV. Nessun problema invece per visualizzare foto, presentazioni o pagine web. Sono già disponibili in Italia i nuovi TV Android di Haier. La serie M7000 integra, infatti, il sistema operativo mobile di Google, con certificazione per le Google Apps e il Play Store. Questo significa che sarà possibile scaricare sul TV la maggior parte delle app disponibili anche per smartphone e tablet, dai giochi ai lettori multimediali, passando naturalmente per tutto il resto (come è possibile vedere nella nostra preview completa). La serie M7000 è composta da due modelli di TV Full HD, LE39M7000BF e LE48M7000BF, rispettivamente con schermo da 39 e 48 pollici. Si tratta di TV LCD direct LED, con Wi-Fi integrato, Android in versione 4.2.2, porte USB con funzione di PVR e time shift (collegando hard disk esterni o chiavette), slot CI+ per la ricezione di programmi TV a pagamento e classe energetica A+. Molto Interessanti i prezz di listino: 439 euro e 649 euro rispettivamente per i modelli da 39 e 48 pollici. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE TV E VIDEO Dopo il lancio in occasione dei mondiali, Hisense rivede il listino della serie K680 Hisense 42K680, il 4K scende a 400 euro Il listino del 42” scende da 699 euro a 599 euro, ma si trova in vendita a molto meno H di Roberto PEZZALI isense scommette sul 4K a basso costo: dopo la prima offerta per i mondiali di calcio, che vedeva il modello 42K680 in vendita a 699 euro nelle principali catene di elettronica, arriva ora un ulteriore sconto che porta il prezzo di listino della versione da 42” a 599 euro. Un prezzo che viene limato ulteriormente online, dove svariati negozi stanno già proponendo il 42” a poco più di 400 euro con garanzia italiana. Con una risoluzione pari a 3840x2160 pixel, Wi-Fi integrato, quattro HDMI, tre USB e Tuner Digitale e Satellitare (niente HEVC però) i TV della serie K680 sono dei buoni candidati anche come TV per la visualizzazione di fotografie. “Hisense si pone come obiettivo finale la soddisfazione del cliente. Un risultato possibile grazie alla presentazio- Il magnifico TV 21:9 da 105” che Samsung ha presentato al CES ha un prezzo da capogiro, ma chi può permetterselo farà un figurone di Roberto PEZZALI ne di un prodotto qualitativamente elevato, che combina sapientemente innovazione e tecnologia. Desideriamo che il consumatore abbia la possibilità di vivere un’esperienza di consumo eccellente. Noi siamo sicuri di potergliela garantire”, ha dichiarato Gianluca Di Pietro, General Manager di Hisense Italia. La serie K680 è disponibile anche con schermo daa 50”: in questo caso per l’acquisto servono però 999 euro. TV E VIDEO Avviato il progetto di approvazione delle specifiche dello standard 4K fino a 60 fps DVB lavora al nuovo standard DVB-UHDTV L’iter di approvazione è lungo ma la prima fase è stata avviata. Arriveranno anche i canali? M di Michele LEPORI entre il mondo si interroga (o meglio, continua a interrogarsi) circa l’assenza di contenuti 4K di valore, i detentori di contenuti sembrano intenzionati a giocare la carta dello streaming. In Italia siamo indietro, tanto per cambiare, ma qualcosa a livello mondiale (tra Netflix e soci) inizia a muoversi. E sul digitale terrestre? Non vedremo mai un programma 4k? In realtà DVB, l’organizzazione che sottostà allo sviluppo degli standard per le trasmissioni del digitale terrestre, satellitare e via cavo, pare abbia dato luce verde alla “Phase 1” di un progetto che vedrà la nascita di standard dedicati alla trasmissione nativa in 4K, a 60 immagini per secondo (una manna per gli sport) e con supporto di 10 bit per pixel colore invece degli 8 attuali. Nome in codice DVB-UHDTV. L’iter è appena agli albori e ora le specifiche andranno valutate accuratamente dall’European Telecommunications torna al sommario Chi ha 119.990 euro per comprare il 105” Samsung? Standards Institute, ma si parla già di una potenziale Phase 2 con supporto a 120 fps e uno spazio colore esteso Rec. 2020. Per la fruizione dei contenuti 4K su digitale terrestre e sat sarà ovviamente necessario avere un decoder DVB-UHDTV dedicato che non è ancora ben chiaro se gli attuali TV 4K potranno gestire senza problemi; di sicuro invece i TV delle prossime generazioni saranno già compatibili (si parla di “modelli post-2015”) e DVB obbligherà le emittenti interessate a trasmettere con algoritmo di compressione HEVC, molto più prestante dell’attuale standard H.264. Per molti è il TV dei sogni: 105” di diagonale, formato 21:9, 5120 x 2160 di risoluzione e tutte le ultime tecnologie Samsung, incluso ovviamente lo schermo curvo. Il Samsung UE105S9W era uno dei due TV da 105” che LG e Samsung hanno portato per sbalordire tutti al CES di Las Vegas e ora, almeno per quanto riguarda Samsung, questo modello si può davvero acquistare. In Germania infatti il televisore può essere ordinato per la “modica” cifra di 119.990 euro, speriamo trasporto e installazione inclusa. Al di la degli aspetti puramente tecnici, che probabilmente fanno discutere per l’assenza di materiale da vedere in quel formato e l’uso del form factor 21:9, il TV UE105S9W è senza dubbio uno dei pochi televisori che può lasciare a bocca aperta e installato in un ambiente adeguato lascia il segno. L’equipaggiamento del TV e le sue funzionalità sono quelle della serie HU8500, mentre il design è il Timeless Design di Samsung già usato su altri prodotti della gamma “luxury”. Il lancio in Germania forse non è casuale, in Italia sono poche le persone che possono permettersi questo piccolo lusso. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE ENTERTAINMENT Dopo lo scoop degli scorsi, presentato ufficialmente il servizio Kindle Unlimited Amazon toglie il velo a Kindle Unlimited Leggi quello che vuoi a 9,99 dollari al mese, ma per ora vale solo per i cittadini statunitensi di Paolo CENTOFANTI N on è poi mancato molto all’annuncio ufficiale: dopo l’indiscrezione dei giorni scorsi, Amazon ha infatti lanciato sul portale americano Kindle Unlimited. Come era emerso dall’anticipazione, si tratta di un servizio “a volontà”, che al costo di un abbonamento mensile di 9,99 dollari dà all’utente la possibilità di leggere un numero illimitato di libri, scegliendo da un catalogo di oltre 600.000 titoli. Tra questi, quelli messi in evidenza da Amazon comprendono Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli di Tolkien, le saghe di Harry Potter e di Hunger Games, Vita di Pi, giusto citare alcuni dei più famosi. I libri saranno leggibili con i prodotti Kindle di Amazon, oltre che tramite le app per le altre piattaforme. Kindle Unlimited dà accesso inoltre FOTOGRAFIA Canon presenterà EOS 7D MKII il 5 settembre Nulla più di un rumor, ma attendibile. La fonte è CanonRumors, che dopo aver annunciato l’8 settembre come data di presentazione di EOS 7D MK II, ora rettifica: la reflex che succederà a EOS 7D verrà presentata il 5 settembre. Il che avrebbe senso perché permetterebbe all’azienda di mostrarla all’IFA e, soprattutto, al Photokina di Colonia, fiera che aprirà i battenti 10 giorni dopo. Le notizie che si hanno sulle caratteristiche della 7D MK II sono basate sui rumor: si parla di un sensore da 20 mpixel, con velocità otturatore fino a 1/8000, autofocus a rilevamento di fase, range IS 100-12.800 espandibile fino a 25.600, scatto a raffica fino a 8 fps e un display 3’’ posteriore. torna al sommario Samsung Gear VR sarà la star di IFA 2014 Samsung presenterà a IFA 2014 l’headset per la realtà virtuale Prodotto abbordabile che sfrutterà l’hardware del telefono collegato di Emanuele VILLA a oltre 2000 audiolibri, con funzione whispersync voice per la sincronizzazione tra diversi dispositivi. Il servizio al momento però, non solo è disponibile unicamente su Amazon.com e con cata- logo di libri in inglese, ma solo i residenti negli Stati Uniti possono accedere a Kindle Unlimited. Amazon ha comunque annunciato l’intenzione di espandere il servizio anche livello internazionale. ENTERTAINMENT Dal rock al jazz dagli anni ‘70 a oggi Accordo YouTube e Music Vault 12.000 concerti di grandi artisti Y di Paolo CENTOFANTI ouTube ha raggiunto un accordo con Music Vault, il sito web che ospita una delle più grandi raccolte di video live. 50 anni di storia della musica approdano così su YouTube sul canale di Music Vault, con le esibizioni di alcuni dei più grandi artisti della musica, dal rock al jazz. Mostri sacri come Santana, Neil Young, The Who, Bob Dylan, dagli anni ‘70 fino ai giorni nostri, ma è davvero impossibile citarli tutti visto che si sta parlando di qualcosa come circa 12.000 clip dal vivo. Il canale YouTube è organizzato anche in sottocanali dedicati ai singoli artisti e i concerti completi sono organizzati in playlist. La lista è destinata anche a crescere, visto che l’offerta di YouTube non comprende ancora il catalogo completo disponibile su musicvault.com. Il vantaggio dell’approdo su YouTube di Music Vault è naturalmente la possibilità di riprodurre i concerti su qualsiasi dispositivo sia dotato di accesso a Internet Music Vault e app YouTube. Gear VR sarà sicuramente uno dei prodotti più gettonati e “curiosati” di IFA 2014, insieme all’altro attesissimo Galaxy Note 4. Che Samsung stesse lavorando a un headset per la realtà virtuale, sul modello di Oculus Rift, è noto, ma SamMobile fa un regalo gradito agli appassionati mostrando per la prima volta l’immagine del prodotto. L’idea che ci siamo fatti, considerando gli indizi esistenti, le caratteristiche leaked e il look del prodotto, è che Samsung voglia puntare su un dispositivo abbordabile, un accessorio vero e proprio e non un prodotto stand alone. Lo dimostra un aspetto piuttosto asciutto e senza fronzoli e la forte dipendenza dallo smartphone collegato (non è ancora chiaro se si tratterà di una connessione wireless o di una USB): Gear VR non avrà sensori assortiti e SoC da urlo ma si affiderà, per la posizione, l’orientamento e tutta la potenza di calcolo, all’hardware del telefono collegato. GPS, accelerometro, giroscopio e SoC del Galaxy saranno anche il cuore di Gear VR, da cui si deduce un prezzo di lancio molto contenuto. Da notare la presenza di un piccolo touchpad che servirà per navigare nei menù di configurazione senza l’ausilio del telefono. Poco più di un mese e lo vedremo in azione, scoprendo anche quale software sarà disponibile per sfruttarne appieno le funzionalità 3D. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE MERCATO MediaMarket, titolare delle insegne Media World e Saturn, annuncia il rebranding dei punti vendita Saturn in Italia Addio Saturn: i punti vendita diventeranno Media World I 14 punti vendita diventeranno a tutti gli effetti dei Media World. Lo stesso discorso vale per le attività online e mobile M di Emanuele VILLA tradurrà in un servizio migliore per la clientela: avere due insegne, due strutture, due linee di comunicazione, iniziative diverse e due community facenti capo alla medesima azienda rischia di generare un modello di business estremamente complesso e di perdere in efficienza. Ecco perché ediaMarket, azienda titolare delle insegne Media World e Saturn, annuncia il rebranding dei 14 punti vendita Saturn presenti sul territorio nazionale, punti vendita che diventeranno gradualmente dei Media World a tutti gli effetti. In pratica, “Media World ha sempre rappresentato l’insegna Saturn un modello di innovazione da cui prendere spunto sparirà dal noe, una volta completato il piano di attività, la rete di stro territorio, e vendita sarà composta da 116 punti vendita questo accadrà dislocati su tutto il territorio nazionale e dal sito anche online: citando il comu- internet, Media World Compra on Line” nicato stampa Joachim Rösges, CEO di MEDIAMARKET S.p.A ufficiale, infatti, e COO di Media-Saturn Holding GmbH “i canali digitali web e mobile Saturn verranno pro- Media Market ha inaugurato la strategressivamente reindirizzati su Media gia Seamless Customer Experience, il World Compra on Line”.L’operazione, cui obiettivo è rendere l’esperienza di di proporzioni ingenti, mira a poten- acquisto appagante grazie alla massiziare l’efficienza del gruppo, che si ma integrazione tra canali di vendita, comunicazione e community digitali. È da questa necessità di semplificazione e di efficienza che si origina la decisione odierna, decisione che di fatto dà addio al brand Saturn in Italia dopo una permanenza decennale. Cambieranno i colori (l’arancio lascerà spazio al rosso e nero), cambierà l’insegna e MERCATO Apple e IBM annunciano una partnership per integrare i servizi business IBM in iOS Apple e IBM insieme per portare iOS in azienda L’obiettivo di Apple è quello di incrementare l’uso di iPhone e iPad in ambito business C di Emanuele VILLA upertino si lancia all’attacco del mercato professionale siglando una partnership con IBM, prima concorrente storico, poi fornitore d’eccellenza dei processori PowerPC e ora partner strategico per il mercato professionale, laddove Apple, lungi dall’essere assente, considera che siano possibili ampi margini di crescita. Conta in tal senso anche la presentazione e il prossimo lancio di iOS 8, che promette funzionalità evolute legate alla sicurezza e alla produttività, ma contano soprattutto le competenze e le soluzioni IBM in ambito business, tra cui il concetto stesso di Smarter Analytics per automatizzare i processi, accelerare le decisioni e trarre vantaggio da tutti i “big data” disponibili. L’accordo riguarda in particolare i dispositivi iOS, ovvero iPad e iPhone, la cui presenza e l’impiego in ambito business/aziendale potrebbe crescere notevolmente grazie all’integrazione torna al sommario delle soluzioni business targate IBM. In particolare, l’accordo tra i due colossi dell’IT porterà a una nuova classe di app e soluzioni aziendali che integreranno in iOS i principali servizi IBM permettendone l’uso in mobilità e con la massima sicurezza, nuovi servizi cloud realizzati da IBM appositamente per dispositivi iOS, nuove offerte di assistenza AppleCare pensate appositamente per il mercato aziendale e offerte di “bundle” proposte direttamente da IBM che coinvolgeranno prodotti Apple, ovvero iPhone e iPad. le iniziative di marketing (comprese carte fedeltà, community e affini), ma l’esperienza per il consumatore finale non potrà che risentire in positivo della semplificazione. Al momento non sono noti i tempi e gli step del passaggio da un’insegna all’altra, ma che si farà è cosa certa. MERCATO Conti OK per Intel Crescono i PC Intel ha pubblicato i risultati finanziari del secondo trimestre 2014: l’azienda riporta il segno più praticamente in tutti i settori, compresa l’area PC. Il fatturato complessivo è stato di 13,8 miliardi USD, superiore rispetto al trimestre precedente e molto più alto rispetto allo scorso anno. Battute le previsioni degli analisti, che prospettavano un 12,7 mld USD complessivo. Crescono di conseguenza gli utili d’esercizio, che questo trimestre si posizionano a 2,8 miliardi USD contro i 2 mld dello scorso anno, ma soprattutto cresce il fatturato della divisione PC, che fa registrare un buon 8,7 miliardi contro gli 8,1 del Q2/2013. L’azienda sostiene che il trend resti tale almeno fino alla fine dell’anno. Segno meno per il Mobile and Communications Group che fa registrare, con fatturati da 51 milioni, un -67% rispetto al primo trimestre e -83% rispetto allo scorso anno. IL PIÙ SEMPLICE IL PIÙ SMART *LG G2 vincitore del premio Best Phone 2013 di Cellulare Magazine. Now It’s All Possible Cosa c’è di meglio di LG G2, eletto migliore smartphone del 2013*? La sua sorprendente evoluzione. Nuovo LG G3. Il più semplice, il più smart. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE MERCATO Sky Italia e H3G lanciano una nuova offerta con traffico, smartphone e Sky TV Promozione Sky e Tre: TV e telefonia a 39 euro L’offerta costa 39 euro, ma manca l’HD e soprattutto i dati di SkyGo non sono inclusi D di Roberto PEZZALI opo una prima fase di prova viene estesa a oltre 200 negozi l’offerta commerciale che prevede la partnership tra Tre Italia e Sky per unire l’offerta TV all’offerta mobile dell’operatore. L’offerta prevede uno smartphone top di gamma con minuti, SMS e Internet veloce assieme all’offerta satellitare del pacchetto Sky TV a soli 39 euro al mese, non molto se si considera che l’offerta è anche senza tassa di concessione governativa. Sky mette sul piatto l’abbonamento a Sky TV, quindi il pacchetto base con news, spettacoli e serie TV oltre a Sky Go, Sky On Demand e al decoder Sky, mentre Tre offre uno smartphone a scelta fra iPhone 5s, iPhone 5c, Samsung Galaxy S5, Samsung Galaxy S4 e Samsung Galaxy S4 mini e minuti e SMS illimitati con 1 GB di Internet LTE al mese. Conviene davvero? Difficile dirlo, ipotizziamo che l’offerta tenga vincolati per almeno 30 mesi. Quello che si può dire è che ad oggi Sky TV è in offerta a 19 euro al mese, e sul sito di Tre si può fare un abbonamento Top Unlimited con Galaxy S4 o Galaxy Note 3 a 20 euro al mese, totale 39 euro, esattamente quanto viene chiesto dalla promozione. Con l’iPhone si spende qualcosa di più, certo, ma anche il pacchetto Sky è “a partire da” quindi ipotizziamo che per un iPhone 5s il prezzo non sia di 39 euro. Si risparmia qualcosa se si ha già uno smartphone: l’offerta esclusiva 3 e SKY ha un costo di 29€ al mese, la stessa offerta fatta separatamente costerebbe 34 euro. Aggiungendo 10 euro si può aggiungere avere un pacchetto a scelta tra Sky Cinema, Sky Sport e Sky Calcio, mentre non è chiaro se si può aggiungere l’HD che costa solitamente 5 euro. A prescindere dalla convenienza, il motivo per cui forse non conviene l’offerta è la presenza di un solo GB di traffico dati sotto rete LTE Tre: basta un film con Sky Go per restare a secco. Ben venga la partnership tra Sky e Tre, ma serve uno sforzo maggiore tra i due operatori: il traffico generato da SkyGo non deve essere calcolato nel piano dati, un po’ come fa Tim con il calcio o Tim Vision. Quando gli operatori lo capiranno finalmente l’uso delle reti veloci decollerà. MERCATO Con una lettera ai dipendenti il nuovo CEO di Microsoft illustra la nuova direzione Satya Nadella annuncia il nuovo credo di Microsoft Il discorso verte su cloud e mobile, mentre Microsoft verrà completamente riorganizzata N di Paolo CENTOFANTI adella torna a parlare ai dipendenti Microsoft con un nuovo intervento, in cui delinea quella che vuole essere la nuova missione di Microsoft. “Il punto di partenza è che viviamo nell’era del cloud e del mobile computing e sono questi gli ambiti in cui la Microsoft di Nadella svilupperà le sue nuove soluzioni. Con più di 3 miliardi di persone dotate di almeno un dispositivo con accesso a Internet nell’immediato futuro, le opportunità per Microsoft sono infinite”, ha detto Nadella. “Svilupperemo interfacce uomocomputer più naturali che daranno più potenziale alle persone. Svilupperemo e installeremo piattaforme e infrastrutture sicure per tutte le industrie. E raggiungeremo il giusto equilibrio tra l’utilizzo dei dati per creare esperienze personali e intelligenti, e la sicurezza e la privacy. Facendo tutto questo, avremo il più ampio impatto”. Il ruolo che Microsoft vede per se stessa in questa nuova era è quello di rivoluzionare il concetto di produttività, che non è più sinonimo di “documenti, fogli di calcolo e presentazioni” e che, torna al sommario si legge tra le righe, andrà oltre Office, con la creazione di nuovi strumenti che nelle parole di Nadella saranno più “predittivi, personalizzati e d’aiuto”, mentre sarà sempre più sottile il confine che separa gli strumenti di lavoro da quelli per lo studio e il tempo libero: separazione tra dati di lavoro e personali, ma non degli strumenti e delle tecnologie. Ma non ci saranno solo nuovi software e nuove piattaforme nel futuro di Microsoft. Nadella ribadisce infatti l’impegno nella produzione di hardware che possa essere da riferimento per tutti gli altri produttori partner, come Surface Pro 3, e smentisce la cessione del ramo Xbox, che anzi viene confermato essere di prioritaria importanza per la visione consumer di Microsoft. Parole d’ordine sono dunque, cloud, mobile, produttività e hardware di riferimento, ma per raggiungere gli obiettivi Microsoft andrà verso una decisa riorganizzazione. Niente è fuori dal tavolo in termini di come pensiamo a cambiare la cultura (aziendale) per conseguire questa strategia di base. Cambieranno le organizzazioni. Ci saranno fusioni e acquisizioni. Le posizioni lavorative evolveranno. Tradizioni consolidate verranno messe in discussione”. Nadella vuole un’azienda più snella, in cui le persone possano cambiare posizione in modo più fluido, il know-how di ognuno sia più valorizzato e in cui le varie divisioni possano scambiarsi meglio le informazioni. Il CEO promette nuovi investimenti sia in termini di nuovi posti di lavoro che di formazione della forza lavoro esistente, mentre i clienti finali devono tornare al centro dei pensieri di tutti. Nel complesso un discorso lungo e appassionato, in cui traspare l’ambizione per ricostruire un ruolo di primo piano per Microsoft tra le forze innovatrici del settore. Microsoft taglia 18.000 posti di lavoro Non sono 10.000 i posti tagliati da Microsoft, come da previsione di Bloomberg, ma 18.000, il 14% della forza lavoro. La maggior parte dei dipendenti coinvolti è ex-Nokia di Emanuele VILLA Se il report di Bloomberg faceva paura annunciando 10.000 possibili tagli ai posti di lavoro, la realtà ha tristemente superato l’ipotesi. Sono 18.000 le posizioni che, da qui a un anno, verranno eliminate, molte delle quali (si parla di 12.500) riguardano ex-dipendenti Nokia. Lo stesso Nadella comunica che il suo team è al lavoro per la riduzione delle prime 13.000 posizioni, e la stragrande maggioranza dei dipendenti coinvolti verrà notificata entro sei mesi. Bloomberg era stato ottimista nel supporre 10.000 tagli, pari a circa il 10% della forza lavoro; si parla invece di una quota del 14-15%, una quantità enorme considerando le proporzioni dell’azienda e il recente incorporamento di Nokia Devices & Services. Sempre Bloomberg, dal canto suo, ci aveva azzeccato dicendo che si tratta del più grosso taglio al personale mai fatto in casa Microsoft: quello del 2009, che aveva coinvolto 5.800 persone, sembra ben poca cosa se raffrontata ai numeri di quella attuale. Purtroppo era prevedibile: la stessa azienda si era impegnata a raggiungere un risparmio di 600 milioni di dollari all’anno entro i 18 mesi dall’acquisizione di Nokia, e non è casuale che la stragrande maggioranza dei tagli venga da lì. Secondo Nadella, la riduzione della forza lavoro si rende necessaria per la semplificazione del lavoro, per l’integrazione di Nokia Devices and Services e per l’allineamento strategico dei due team. Mentre la borsa reagisce positivamente alla notizia, Microsoft ora si concentrerà al massimo nel potenziale il proprio market share nel segmento mobile, e per questo annuncia la totale eliminazione di Android dalla propria offerta. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE MERCATO L’artista sempre più convinto del progetto: portare a tutti la “pienezza” della musica Neil Young assume la carica di CEO di PonoMusic In vista il lancio del lettore audio portatile ad alta risoluzione e uno store di musica di qualità di Paolo CENTOFANTI D opo l’incredibile successo della campagna di crowd founding su kickstarter - oltre 6 milioni di dollari raccolti - Neil Young decide di rilanciare il suo impegno in PonoMusic assumendo la carica di CEO. John Hamm, che occupava il ruolo precedentemente, rimane a bordo essenzialmente come finanziatore SOCIAL MEDIA & WEB WhatsApp è la più usata dagli italiani Da un’indagine di Audioweb risulta che sono 25 i milioni di italiani che ogni mese accedono a Internet: di questi, 19,8 milioni vi accedono ogni giorno. A prevalere, sempre basandoci sul dato giornaliero, sono i 14,5 milioni di persone che accedono da dispositivo mobile, mentre le connessioni da PC desktop sono circa 12,5 milioni. Concentrandosi sugli accessi esclusivi da un solo tipo di dispositivo, sempre nel giorno medio, sono 7,4 i milioni di italiani che accedono da smartphone o tablet contro i 5,3 milioni da PC fisso. Il tempo medio trascorso in rete è di 1 ora e 53 minuti, e il 59% del tempo totale viene speso sui social network. Audiweb pubblica inoltre un’interessante classifica di utilizzo delle app mobili: in testa troviamo WhatsApp con 13,8 milioni di utenti unici mensili. Facebook è al secondo posto con 13,6 milioni. Seguono i servizi di Google, come GMail (9 milioni) e YouTube (8,7 milioni). Google+ con 6 milioni di utenti unici mensili è la seconda app social più utilizzata, seguita da Instagram con 4 milioni e da Twitter con 3,6 milioni. torna al sommario del progetto. Contestualmente PonoMusic si arricchisce di nuove figure chiave nel suo management. In particolare sale a bordo anche Bruce Botnick, storico ingegnere del suono, che assume il delicato ruolo di Head of Content Acquisition, ossia colui che avrà l’arduo compito di portare la musica delle case discografiche in alta risoluzione sullo store di Pono. Così ha annunciato le novità riguardo a PonoMusic Neil Young: “PonoMusic è una mia missione da molti anni ormai e sono più motivato che mai dalla prospettiva del suo successo. Voglio sfruttare il mio tempo e le mie capacità per portare la pienezza della musica, così come l’hanno creata gli artisti, a quanti più appassionati di musica possibile”. Secondo i piani delineati dalla campagna di KickStarter, i primi esemplari del PonoPlayer dovrebbero vedere la luce a ottobre. Nessuna notizia invece ancora sullo store che dovrebbe offrire la musica in alta risoluzione. MERCATO Offerte e prodotti più facili su smarthpone e tablet L’e-store di Euronics diventa mobile di Paolo CENTOFANTI er gli storici marchi della grande distribuzione dell’elettronica, paradossalmente la sfida più difficile è quella di confrontarsi con i giganti dell’online. Per migliorare il posizionamento del suo portale di e-commerce, Euronics lancia ufficialmente il portale mobile della versione online della sua insegna. Più facile trovare i prodotti e le nuove offerte da smartphone e tablet. “La nostra mission è accontentare il cliente in ogni esperienza di acquisto. E da oggi, grazie al nuovo portale mobile, siamo davvero sempre a portata di mano!” Così ha commentato l’arrivo della versione mobile Emanuela Formicola, Web Marketing Manager di Euronics. P Sorpresa! Il PC non è ancora morto In un mercato dominato da dispositivi mobili e touch sorprende la “tenuta” di desktop e portatili. Le vendite di PC negli USA sono aumentate e nel resto del mondo il calo è inferiore alle previsioni Stranamente, Apple in leggero calo di Andrea ZUFFI il mercato dei PC è in calo, ma meno rispetto al previsto. A sostenerlo è IDC, azienda di ricerche di mercato, che rileva come le consegne globali di PC abbiano subito un decremento inferiore alle previsioni. Nel primo semestre 2014, il calo sarebbe stato infatti del 1,7 %, cioè sensibilmente inferiore a quel 7,1 % precedentemente stimato. A favore di questo risultato potrebbero aver giocato fattori quali un rinnovato interesse dei consumatori o il costante rinnovamento dei molti computer con Windows XP, utilizzati nelle aziende. Combinando i dati di vendita del secondo trimestre per i primi 5 produttori di PC (Lenovo, HP, Dell, acer e Asus) si arriva ad una crescita anno su anno del 9,8%, mentre negli USA HP e Dell crescono ancora più rapidamente e ci sono buone ragioni per aspettarsi risultati positivi per tutto l’anno. Sempre negli Stati Uniti, un’analisi di Gartner indica che nel secondo trimestre 2014 le consegne di computer Apple sono scese del 1,3 % rispetto allo stesso periodo del 2013. Pur non potendo risalire al motivo, Gartner ritiene che possa aver contribuito il passaggio, da parte di alcuni utenti, a PC Windows dotati di display touch, considerando che tale categoria è assente in casa Apple. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE MOBILE Microsoft non svilupperà più terminali basati su Android. È la fine della serie Nokia X Basta Android: Microsoft uccide Nokia X Nella fascia low cost arriveranno nuovi Lumia. Supporto garantito per Nokia X esistenti di Emanuele VILLA icordate il Nokia X, di cui parlammo intensamente la scorsa primavera e che, nelle intenzioni di Nokia, doveva conquistare i mercati emergenti? Bene, Microsoft l’ha appena ucciso. E ancor più curiosamente, questo succede neppure un mese dopo il lancio di X2, la seconda generazione di terminali low cost Nokia basati su Android. R Ma d’altronde ha molto più senso quello che sta succedendo oggi rispetto all’idea, maturata lo scorso inverno, di introdurre nella linea Lumia uno (poi 2) terminali basati sul sistema operativo concorrente: sarà stato pur modificato nelle fondamenta, non avrà il Play Store, ma ha richiesto comunque uno sforzo gestionale notevole, sforzo che (giustamente) l’azienda preferisce dirottare completamente su Windows Phone. MOBILE MediaTek SoC otto core 64 bit con LTE Sarà disponibile entro fine anno il chipset MT6795, con caratteristiche di certo interessanti. Si tratta infatti di un SoC a 64 bit, con supporto per LTE integrato e CPU a otto core fino a 2,2 GHz, con tecnologia Mediatek CoPilot per governare l’architettura big.LITTLE in modo ottimale e supporto per memoria LPDDR3 dual-channel a 933MHz. Mediatek non specifica di che classe sono i singoli core, ma è ipotizzabile che per l’octa core vengano utilizzati in combinazione dei Cortex-A57. Oltre a integrare il supporto per le reti LTE Cat4 a 150 Mbit/s, il SoC di Mediatek pilota display con risoluzione 2K (2560x1600 pixel) e offre registrazione di video full HD fino a 480 fps, registrazione e riproduzione di video in 4K anche in formato HEVC, oltre che H.264. L’MT6795 integra anche Wi-Fi 802.11ac, Bluetooth e ANT+. Da specifiche insomma c’è tutto per offrire un’alternativa molto competitiva, anche sul versante dei costi. torna al sommario In una lettera agli ex-dipendenti Nokia (ora Microsoft), Elop conferma l’intenzione dell’azienda di voler realizzare ulteriori Lumia low-cost, e di spostare in area Windows Phone gli attuali progetti per futuri Nokia X. In pratica, Microsoft continuerà a supportare i prodotti Nokia X esistenti ma non ne produrrà di nuovi: al loro posto, i Lumia low cost che, seguendo l’esempio del 520, stanno andando benissimo Lumia 520 a quota 12 milioni Tempo di festeggiamenti in casa Microsoft: ora che i Lumia sono ufficialmente prodotti Microsoft è tempo di mettere nero su bianco il grande apporto che hanno dato all’espansione di Windows Phone sui mercati internazionali.In particolare, il responsabile Kevin Turner ha voluto ribadire l’interesse della sua società verso il mercato più attento ai costi, ringraziandolo per i 12 milioni di Lumia 520 acquistati nel mondo. Numeri importanti, che però hanno una facile spiegazione: quasi in tutto il mondo il Lumia 520 è venduto a meno di 100 dollari/ euro e chiunque fosse in cerca di qualcosa di nuovo a prezzi popolari ha trovato esattamente quello che cercava. È però già tempo di guardare avanti, ed è lo stesso Turner ad annunciare che il neonato Lumia 630, nuovo entry level con Windows 8.1, porterà avanti il percorso intrapreso dal Lumia 520. MOBILE Sul forum cinese weibo compaiono i primi scatti rubati del nuovo top di gamma Sony Sony Xperia Z3: compaiono le prime foto Si ipotizza la presentazione all’IFA di Berlino, come da copione per la casa giapponese L di Michele LEPORI a notizia non è ufficiale e va quindi presa con il beneficio del dubbio ma il protagonista di questa news, immortalato anche nei soliti scatti rubati delle “gole profonde”, pare proprio essere Xperia Z3: il prototipo qui immortalato ha infatti numero di serie L55t, un piccolo passo avanti rispetto a L50t che identifica l’attuale top di gamma Xperia Z2. Non è la prima volta che ne parliamo, ma finora non erano comparse foto del prodotto finale, e questo ci fa pensare che Z3 sia effettivamente il prodotto “top” che Sony presenterà al prossimo IFA. Cosa dobbiamo aspettarci da questo Z3, quindi? Difficile dirlo: Sony è stata chiara nel far capire che il suo ciclo di aggiornamento dei dispositivi high end è su base semestrale e quindi questo ipotetico Z3 non va visto come portatore di chissà quali innovazioni, ma la schedina tecnica dovrebbe comunque vantare un processore da 2.5 GHz Qualcomm Snapdragon 801 con grafica Adreno 330, fotocamera da 20.7 MP con sensore Exmor RS (la stessa di Z2) ed un aumento di RAM da 3 GB a 4 GB. Nessun dettaglio sul comparto software: la UI sembra la stessa ma le foto rubate mostrano solo la homepage, difficile dire se ci potranno essere migliorie o nuove funzioni. Se la storia è destinata a ripetersi, allora l’attesa non è destinata a durare molto: agli ultimi 2 IFA Sony non si è mai presentata a mani vuote allo stand smartphone e qualora questi rumor dovessero trovare conferme, il palcoscenico della kermesse tedesca potrebbe rivelarsi una volta in più come l’occasione ideale di presentazione a stampa e pubblico dei propri nuovi dispositivi. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE MOBILE Il sito giapponese di Amazon conferma l’uscita di iPhone 6 per la fine di settembre Per Amazon iPhone 6 arriva il 30 settembre La versione da 4,7’’ peserà come l’iPhone 5S. Compaiono in rete le prime immagini rubate S di Emanuele VILLA i avvicina il giorno della presentazione dei nuovi iPhone e i rumor si sprecano. Ma in questo caso c’è qualcosa di diverso: il nome Amazon. Sì, il più grande online retailer al mondo ha pubblicato sul proprio sito giapponese la scheda di iPhone 6, carente sotto il profilo delle caratteristiche ma dalla quale si riescono ad evincere informazioni importanti. La prima, più rilevante di tutte, è la data di lancio: 30 settembre per il Giappone, il che conferma la presentazione per metà settembre, magari appena smaltita l’attenzione mediatica per l’IFA di Berlino (che quest’anno finisce il 10). Confermati i 4,7’’, non è stata ancora pubblicata la scheda di quello da 5,5’’ ma non dubitiamo della sua esistenza, mentre per quanto concerne le dimensioni si parla di 13 x 6.5 x 0.7cm per un peso di 113 grammi, assolutamente identico a quello di iPhone 5S (che però è più piccolo) e discretamente inferiore a quello di iPhone 5C, che pesa 132 -grammi. Nella scheda si parla di versioni da 16, 32 e 64GB, con quest’ultima in versione gold al prezzo “stellare” di 1380 dollari; in realtà questo dato va preso con le pinze, visto che altre fonti (le stesse che ritengono che iPhone 6 uscirà solo da 32 e 64 GB) parlano di 1.000 dollari US tondi tondi, che al cambio sono circa 700 euro. Nel frattempo, inoltre, un anonimo produttore di custodie ha lasciato trapelare le prime immagini dell’iPhone 6 in versione da 4,7’’. Confermato il design ultrasottile e dai lineamenti mordibi. NGM Forward 5.5 è il più sottile al mondo Presentato all’MWC 2014, Forward 5.5 sarà disponibile bianco e nero, al prezzo di 399€ di Matteo ROSELLI C torna al sommario Secondo i rumor Apple utilizzerà per iPhone 6 un processore dual core da 2.0 GHz Niente quad core neanche questa volta di Emanuele VILLA MOBILE Con Forward 5.5 NGM fa sul serio: è sottilissimo, potente e con un bel design on un comunicato stampa, NGM ha annunciato la disponibilità del modello Forward 5.5, disponibile nelle colorazioni white e black al prezzo di 399€. La caratteristica più importante, su cui il comunicato insiste in modo deciso, è sicuramente lo spessore di appena 5,55 mm: secondo le rilevazioni del produttore, questo lo rende lo smartphone più sottile al mondo. Sul fronte estetico troviamo una scocca in Gorilla Glass 3 contornata da una cornice in metallo, mentre per quanto riguarda l’hardware, Forward 5.5 monta un display Full HD SuperAmoled da 5 pollici e un processore octa core Mediatek affiancato da 2 GB di Ram. La fotocamera frontale è da 5 Megapixel, mentre quella posteriore è da 13 Megapixel con flash e stabilizzatore dell’immagine. La memoria interna del prodotto è da 16 GB. Sul fronte batteria NGM ha montato una 2300 mAh. Infine NGM prende spunto da varie case produttrici per le sue Smart Gestures, con il tap to unlock (doppio tap per sbloccare il telefono), Ear to Apple A8 sarà un dual core da 2 GHz answer/to call e Turn to silent/to alarm, ovvero rispondere alla chiamata portando il telefono all’orecchio e silenziare il telefono capovolgendolo, due funzioni già presenti nei prodotti Samsung da anni. Il nuovo NGM è dotato di connessione 3G e di Android 4.2. All’interno della confezione sarà inclusa una Flip Cover. Il nuovo Forward 5.5 si posiziona in una fascia di prezzo molto agguerrita, dove troverà spazio con difficoltà. Basti pensare a LG G2, smartphone con batteria da record e prestazioni altissime; oppure Sony Xperia Z1 Compact, che integra potenza e autonomia in uno smartphone molto compatto. In ogni caso, i numeri per far bene li ha: vedremo come reagirà il mercato. Crescono esponenzialmente i rumor sulle sue (potenziali) caratteristiche di iPhone 6. A parte quelle pressochè certe, come la dimensione del display (sicuro 4,7’’, in forse il 5,5’’), e diverse immagini del design, Apple riesce comunque a mantenere molti aspetti del proprio gioiellino in forma strettamente confidenziale. Quanto segue è dunque un rumor, ma con un certo grado di attendibilità: iPhone 6 sarà “alimentato” da un processore A8 (e fin qui, nessuna nuova), che sarà sempre un dual core ma questa volta da 2.0 GHz, al posto dell’1.3 GHz dell’A7. Buona parte degli appassionati avrebbe scommesso su un quad core, vista la diffusione ormai capillare degli stessi in ambiente Android, ma evidentemente Apple ha ritenuto giusto non dare troppo peso a questioni di puro marketing, concentrandosi sulla funzionalità. È infatti vero che il mondo Android è dominato da quad-core e octa-core, ma i due sistemi non sono in alcun modo paragonabili: lo stesso iOS, ma anche Windows Phone, hanno dimostrato che l’ottimizzazione del sistema e del software contano più delle prestazioni “brute” del processore, che tra l’altro più è “potente”, più consuma. Vedremo che succederà subito dopo l’estate, ma l’ipotesi che Apple non si discosti – sotto questo profilo – dalla strada già tracciata è più che fondata. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE MOBILE Le associazioni dei consumatori ottengono il via libera per i rimborsi agli utenti Disservizio Wind: sono in arrivo i rimborsi Chi ha presentato reclamo entro il 16 luglio all’operatore telefonico otterrà un rimborso di Michele LEPORI L e associazioni dei consumatori hanno fatto valere i diritti dei loro assistiti e tutti coloro che hanno esposto i loro reclami all’operatore entro il 16 luglio otterranno un rimborso. Secondo quanto riporta repubblica.it, Wind gestirà due tipi di rimborsi: gli utenti con piano ricaricabile avranno 1 GB gratis (se hanno un piano dati) più un extra bonus del 20% calcolato sulla base delle ricariche effettuate nelle successive 48 ore dal blackout. Mentre il GB extra sarà una tantum, il bonus massimo sulle ricariche sarà spendibile entro 30 giorni dall’accredito ed avrà priorità rispetto al credito già esistente. Per gli utenti abbonati, 2,5 euro nella prima fattura utile più, anche in questo caso, 1 GB extra per gli utenti che ne hanno diritto. Altroconsumo ed altre associazioni di categoria sono soddisfatte dell’accordo raggiunto ma altre realtà non ci stanno, sono sul piede di guerra e combatteran- no per avere rimborsi più alti: nonostante le spiegazioni e le scuse di Wind ai suoi 25 milioni di clienti, le richieste che eccedono quanto previsto dalla normativa di settore saranno probabilmente tante. “L’azienda si è immediatamente messa in moto, grazie all’intervento tempestivo della propria macchina operativa e dei propri tecnici di rete che hanno individuato l’anomalia, ne hanno verificato gli impatti sulle tratte geografiche della rete per bloccarne la diffusione. Per incidenti di simile natura, verificatisi su reti di telecomunicazioni che hanno dimensioni analoghe nel mondo, i tempi di risoluzione sono stati molto più lunghi con impatti decisamente più pesanti”, con queste parole gli alti vertici della compagnia chiedevano “clemenza” ai propri clienti, che però potrebbero non essere d’accordo, chiedendo ulteriore voce in capitolo. Haier punta sul phablet ultrasottile da 6’’ I prezzi sono competitivi: Il phablet W970 è in vendita a 229 euro, il W858 costa 159 euro di Emanuele VILLA H torna al sommario Molti punti in comune con il top di gamma G3 ma con schermo da 5 pollici, processore Snapdragon 400 e prezzo da fascia media di Emanuele VILLA MOBILE Haier lancia due prodotti: un phablet da 6’’ e uno smartphone da 5’’ Android 4.3 aier annuncia la disponibilità sul mercato italiano di due dispositivi mobile, ovvero un phablet da 6’’ con design ultrasottile e un entry level con Android 4.3 e prezzo di listino di 159 euro. Andiamo per gradi: il phablet è il modello W970 e punta a coniugare dimensioni, caratteristiche e, soprattutto, un elevato rapporto qualità/prezzo. Costa, diciamolo subito, 229 euro di listino, è disponibile da questo mese ed è il più sottile della serie 9, con 7,6mm di spessore nonostante i 6’’ di diagonale dello schermo. Il display è un OGS, On-Glass Solution (che elimina il gap tra il display e lo strato touch), con risoluzione HD di 1280 x 720, mentre come processore Haier ha optato per un quad-core da 1,3 GHz. Per quanto concerne la capacità di storage, W970 ha 16 GB incorporati, mentre il comparto fotografico è affidato a una camera LG annuncia G3 Beat È lui il G3 Mini? principale da 13 Mpixel. L’altra novità si chiama W858 ed è un entry level pensato per chi cerca un prodotto completo e conveniente. È un terminale 3G con display da 5’’ qHD e tecnologia IPS, basato su un processore quad core da 1,2 GHz, ma soprattutto è un Dual SIM, pensato per chi vuole separare nettamente l’ambito persona- le dal lavorativo senza doversi portare dietro due telefoni. Chiude il quadro il sistema operativo Android Jelly Bean 4.3, 1 GB di memoria e 4 GB di storage espandibile, mentre per quanto concerne gli aspetti fotografico, la camera principale è da 5 Mpixel con flash LED. La disponibilità è immediata, per un listino di 159 euro. LG ha annunciato il G3 Beat, quello che con ogni probabilità le indiscrezioni delle scorse settimane identificavano come G3 Mini (o forse no?). Si tratta di uno smartphone di fascia media, come lo definisce la stessa LG nel comunicato stampa ufficiale, che mantiene molti punti in comune con il top di gamma G3, ma in un formato più piccolo. Quanto più piccolo? Qui forse sta la vera sorpresa, perché il G3 Beat sfoggia un display da ben 5 pollici, seppure con risoluzione di 1280x720 pixel. Ridimensionato anche il processore, visto che il G3 Beat monta un Qualcomm Snapdragon 400 da 1,2 GHz, mentre la fotocamera ha ora un sensore da 8 Mpixel. La fotocamera posteriore mantiene una delle caratteristiche di punta del G3, cioè il sistema di auto focus LASER. Simile anche il design del prodotto, con la stessa finitura Floating Arc del modello superiore. Per il resto si segnalano 8 GB di memoria integrata, batteria da 2540 mAh, sistema operativo Android KitKat 4.4.2, 1 GB di RAM e la connettività LTE. L’LG G3 Beat ha debuttato in Corea del Sud il 18 luglio, nelle prossime settimane inizierà la distribuzione in Europa. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE MOBILE Samsung lancia (finalmente) una nuova serie di SoC con modem LTE integrato Samsung integra l’LTE nei suoi Exynos Si tratta del primo passo per ridurre la dipendenza da produttori terzi come Qualcomm S di Paolo CENTOFANTI amsung ha annunciato una nuova serie di processori della famiglia Exynos. Si chiama ModAP abbreviazione per Modem - Application Processor, a indicare che si tratta del primo processore mobile Exynos a integrare anche il modem LTE. Nel caso del primo modello, per la precisione, si parla di LTE Cat 4, cioè fino a circa 150 Mbit/s di velocità massima in download. Il processore non è dei più potenti sfornati fino ad oggi da Samsung: un quad core basato su processo a 28 nm e con image signal processor integrato in grado di gestire moduli fotocamera fino a 8 Megapixel e 30 fotogrammi al secondo. Il punto è però che Samsung potrà ora contare su una soluzione in casa per realizzare smartphone 4G con più bassi consumi energetici e presumibilmente anche minori costi. Parallelamente Samsung ha annunciato anche un nuovo modem per MOBILE Non è tempo per Tizen Il lancio del primo smartphone Samsung con sistema operativo Tizen, il Samsung Z, è stato rimandato a data da non meglio precisata. Come è noto, Samsung è diventata negli ultimi anni uno dei principali sponsor del sistema operativo open source nato dalla fusione di LiMo e MeeGo, tanto da averlo preferito ad Android per i suoi ultimi modelli di smart watch della gamma Gear. Ma a quanto pare Tizen non è ancora del tutto maturo per lo smartphone e Samsung ha deciso di rimandare il lancio dello Z, dispositivo che sarebbe dovuto uscire sul mercato russo nel terzo trimestre del 2014, dopo l’annuncio del mese scorso. In una dichiarazione rilasciata alla testata online The Verge, Samsung ha dichiarato che nonostante il ritardo del Samsung Z “continuerà a lavorare attivamente con i membri della Tizen Association per sviluppare ulteriormente Tizen OS e l’ecosistema Tizen”. torna al sommario l’LTE-Advanced. In questo caso il componente va ad aggiungersi al processore principale, ma l’Exynos Modem 300 promette pieno supporto alla funzione di carrier aggregation dello standard LTE-Advanced, per aumentare ulteriormente la velocità massima di download. In questo modo Samsung punta a ridurre sempre più la sua dipendenza da produttori terzi come Qualcomm. La versione con processore Exynos Ocat-Core del Galaxy S5, ad esempio, non è dotata di connettività LTE, proprio a causa della necessità di dover aggiungere un ulteriore modem esterno, cosa non necessaria con i chipset Qualcomm. L’inaugurazione della serie ModAP, potrebbe presto portare alla soluzione tutto in uno anche per i prodotti di punta di Samsung.). A pagamento i servizi di avviso chiamata TIM e Vodafone I servizi che tramite SMS avvisano di una telefonata nel caso di mancata copertura o di telefono spento non sono più gratuiti per TIM e Vodafone. I servizi che i due gestori tarifferanno sono LoSai e ChiamaOra di Tim e Recall e Chiamami di Vodafone, usati da milioni di utenti perché spesso attivi di default. Per TIM il costo varia tra ricaricabile e abbonamento: 1,90 euro ogni quattro mesi, con addebito su credito residuo a partire dal 21/07/2014 per chi ha una ricaricabile, 48 cent (IVA inclusa) al mese solare, con addebito bimestrale di 96 cent sul rendiconto TIM per gli abbonati. Vodafone Recall e Chiamami costeranno invece 6 centesimi al giorno, per un totale di circa 22 euro all’anno. Per disattivare i servizi basta accedere alle aree personali dai siti web, o più semplicemente comporre il 40920 per i clienti TIM (sequenza 0 – 1) oppure il 42070 per Vodafone. MOBILE Nuovo smartphone Dual sim da NGM, sfoggia una dotazione da primo della classe NGM Forward Extreme: super Dual SIM a 399 € Offre display 5.5’’ Full HD, cpu octa-core, 2 GB di memoria e fotocamera da 18 Mpixel N di Emanuele VILLA GM vuole sfatare il mito secondo cui i telefoni Dual SIM siano dedicati alla fascia media di mercato, a professionisti che vogliono separare in modo netto la propria vita lavorativa da quella personale ma non hanno grosse pretese sotto il profilo della potenza di calcolo. Per questo ha presentato Forward Xtreme, un terminale con processore octa-core, display da 5,5’’ con risoluzione Full HD, un corpo realizzato interamente in lega d’alluminio e una fotocamera da ben 18 Mpixel, il tutto sull’immancabile Android KitKat 4.4 con personalizzazioni del produttore italiano. Il processore (non meglio identificato) è un octa-core da 2.0 GHz supportato da 2 GB di RAM, quantità di memoria che sta diventando standard sui terminali di fascia alta, e può contare su un design con spessore di 6,9 mm. La fotocamera, come anticipato, è da 18 Mpixel stabi- lizzata e riprende video fino a Full HD: niente 4k, anche se la potenza sarebbe stata adeguata allo scopo. Tutte le applicazioni e i contenuti trovano spazio nella memoria integrata da 32 GB; sotto il profilo della connettività, si tratta di un terminale 3G HSPA+ con Wi-Fi Dual Band e Dynamic 3G per commutare la connettività dati 3G da una SIM all’altra attraverso un menù dedicato, senza dover invertire fisicamente le SIM. Infine, NGM dichiara l’utilizzo di una batteria da 2300 mAh capace, secondo le rilevazioni dell’azienda, di garantire fino a 750 minuti di conversazione e 17 giorni di stand by. Il prezzo di listino è di 399 euro, con disponibilità immediata. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE MOBILE Disponibili nel nostro Paese gli activity tracker e i dispositivi fitness intelligenti FitBit FitBit aiuta anche gli italiani a mandar giù la pancia Quattro i prodotti presentati, tra i quali il noto braccialetto Flex, in vendita a 99,95 euro F Da Adidas un nuovo componente dell’ecosistema miCoach, si tratta di un braccialetto con display LED che integra contapassi e cardiofrequenzimetro Prezzo dimezzato rispetto allo Smart Run di Roberto PEZZALI itBit arriva in Italia, con l’applicazione in italiano e nuove funzionalità come MobileRun, che permette di monitorare in tempo reale le statistiche di corsa sullo smartphone attraverso il GPS. FitBit, nata nel 2007 a San Francisco, insieme a Whitings e Jawbone, è una delle aziende più attive al mondo nella produzione di activity tracker, con una quota di mercato che in America sfiora il 67%. Tra i dispositivi più noti di Fitbit c’è il braccialetto Flex, con il suo design sottile e minimalista: Flex, disponibile in 10 colori, è in grado di monitorare il numero di passi effettuati, la distanza percorsa, le calorie bruciate, i minuti attivi e quelli di sonno, sincronizzando questi dati con lo smartphone (indispensabile Bluetooth 4.0). “Siamo entusiasti di entrare nel mercato italiano e non vediamo l’ora di aiutare gli Italiani a vivere in modo più salutare e a muoversi di più, come abbiamo già fatto con milioni di consumatori nel mondo” afferma James Park, CEO e Co-Fondatore di Fitbit. “Grazie alla nostra capacità Il braccialetto FitBit Flex: 99,95 euro di offrire la più ampia scelta di prodotti compatibili con il più alto numero di dispositivi, le persone potranno scegliere lo smartphone che preferiscono ed avere un maggior successo nel monitorare l’attività e raggiungere i propri obbiettivi di benessere e fitness.” Oltre al Flex (99,95 euro) fanno parte del catalogo FitBit anche One (99,95 euro), un activity tracker a clip, Zip (59,95 euro), una versione semplicificata di One e la bilancia Wi-Fi Fitbit Aria (119 euro). Non c’è il FitBit Force, che ha avuto dei problemi sul mercato americano. Grazie alla nuova app, FitBit è compatibile con oltre 60 device, tra cui tutti i dispositivi iOS con BT 4.0 e la maggior parte dei dispositivi Android: manca all’appello Windows Phone. Tra le altre caratteristiche si segnala anche la “dashboard motivazionale” grazie alla quale si possono coinvolgere gli amici in sfide all’ultimo passo. FitBit sarà compatibile anche con Healthkit di iOS 8, anche se proprio l’arrivo di iOS 8 creerà qualche problema agli Activity Tracker: l’uso del processore M7 per contare i passi e registrare le attività potrebbe rendere superflui alcuni di questi dispositivi, anche se sicuramente FitBit ha già in cantiere versioni più evolute. La clip FitBit One: prezzo 99,95 euro FitBit Zip, in vendita a 59,95 euro MOBILE Un test dimostra che i dati degli smartphone Android sono facilmente recuperabili Android: foto e dati recuperabili dopo il ripristino Mail, messaggi e dati dei proprietari non vengono cancellati dal ripristino di fabbrica I di Roberto PEZZALI l famoso “ripristina dati di fabbrica” degli smartphone Android non basta per cancellare del tutto i dati presenti sui dispositivi. Lo ha accertato la nota azienda di sicurezza Avast, facendo il test su 20 smartphone a caso usati. il risultato, inaspettato, è che è possibile recuperare in modo anche abbastanza semplice parte dei dati contenuti sui dispositivi. Su questi smartphone Avast, usando un software di recupero abbastanza diffuso, ha re- torna al sommario Adidas lancia il braccialetto FIT SMART cuperato ben 40000 foto, tra queste anche 1500 foto di bambini, 750 foto di donne che si fotografano mentre si svestono e oltre 250 selfie di uomini totalmente nudi. Non solo: il recupero ha anche portato alla scoperta dei precedenti proprietari, delle ricerche fatte su Google, di oltre 250 contatti e di mail e messaggi. I dati di Avast vanno comunque presi con le pinze: Avast infatti propone una sua soluzione per Android e ha tutto il vantaggio nello spingere i propri prodotti. In ogni caso al momento non è chiaro come Google impedisca l’accesso ai dati cancellati: solitamente per rendere inefficace il recupero di questi dati si deve sovrascrivere la partizione, ed è quello che fanno i vecchi dispositivi iOS. Apple tuttavia, per rendere ancora più sicura la cancellazione, rimuove la chiave di decodifica con la quale vengono letti i dati degli utenti, che sono sempre criptati, foto incluse: in questo modo è davvero impossibile accedere ai contenuti di uno smartphone usato. di Paolo CENTOFANTI Adidas ha annunciato un nuovo componente della gamma di accessori per il tracking dell’attività fisica miCoach. Il nuovo dispositivo si chiama FIT SMART ed è a tutti gli effetti l’ennesimo tracker a forma di braccialetto. Segni particolari della proposta Adidas sono il misuratore di battito cardiaco da polso, costituito da un sensore ottico posto sul retro del braccialetto, e il design originale che offre un display a matrice di LED da 17 x 11 punti. Oltre al lettore di battito cardiaco, FIT SMART integra un contapassi basato su accelerometro, con il quale è in grado di stimare distanza percorsa, velocità, ritmo della corsa e calorie bruciate. A differenza dell’orologio SMART RUN, in questo caso per tenere bassi consumi e costi, manca il modulo GPS. Il dispositivo è disponibile in due colori diversi, grigio scuro o grigio chiaro trasparente, è resistente al sudore e offre un’autonomia di circa 10 ore a carica completa. I dati si sincronizzano con l’app per Android e iOS via Bluetooth Smart. Il prodotto sarà disponibile da agosto 2014 a un prezzodi 199 euro. Qui il video di presentazione. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE PC Presentata da QNAP una linea di NAS pensata per lo streaming di contenuti multimediali QNAP TS-x51: i NAS nati per film e musica I nuovi modelli TS-x51 sono già disponibili con prezzi al pubblico a partire da 490 Euro S di Emanuele VILLA QNAP ha presentato i nuovi NAS della famiglia TS-x51, pensati per l’utenza domestica e, in particolare, per essere il cuore pulsante del sistema d’entertainment di casa. La linea TS-x51 si compone di diversi modelli disponibili nelle versioni da 2, 4, 6 o 8 dischi e offre funzionalità di trascodifica Full HD realtime e streaming video attraverso DLNA, AirPlay e Plex Media Server. Per quanto concerne le prestazioni dichiarate, i nuovi NAS raggiungono velocità di lettura e scrittura nell’ordine dei 220 MB/s. Cuore multimediale, dicevamo, ma anche strumento di cloud storage per definizione, con tanto spazio e opzioni di sicurezza, archiviazione, backup e sincronizzazione dei contenuti. Sotto il profilo hardware, i prodotti della famiglia TS-x51 integrano un processore Intel Celeron Dual Core da 2.41 GHz e sono disponibili in versione da 1GB o 4GB di memoria DDR3L (espandibile fino a 8GB) e supportano configurazioni a doppia porta LAN con velocità di lettura e scrittura fino a 220MB/s. Inoltre, gra- Kevin Turner (Microsoft) annuncia che HP ha pronto un laptop Windows da 199 dollari I Chromebook hanno ora un rivale di Michele LEPORI zie all’accelerazione hardware, i nuovi NAS sono pensati per offrire prestazioni elevate nella transcodifica di file video Full HD sia in tempo reale che offline con la possibilità di convertire i video in tempo reale o in background verso formati video compatibili con PC, smartphone/tablet e Smart TV. I modelli della serie TS-x51 possono essere collegati alla TV grazie all’HDMI e “Gli utenti nelle altre stanze possono riprodurre i video in streaming attraverso i protocolli DLNA, AirPlay o attraverso Plex Media Server su TV in alta definizione, smartphone e tablet”. Si parla molto di video, ma in realtà i NAS in questione sono pensati per diversi tipi di contenuti: usando, per esempio, Photo Station e Music Station, gli utenti possono archiviare, gestire e condividere anche foto e musica (oltre al video, ovviamente). I nuovi modelli TS-x51 sono disponibili da subito con questi prezzi al pubblico: TS-251 (2 dischi) a 490 Euro, TS-451 (4 dischi) a 674 Euro, TS-651 (6 dischi) a 861 Euro e TS-851 (8 dischi) a 1045 Euro. PC Uno screenshot mostra il ritorno dell pannello Start MAGAZINE Estratto dal quotidiano online www.DDAY.it Registrazione Tribunale di Milano n. 416 del 28 settembre 2009 direttore responsabile Gianfranco Giardina editing Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago, Alessandra Lojacono, Greta Genellini Editore Scripta Manent Servizi Editoriali srl via Gallarate, 76 - 20151 Milano P.I. 11967100154 Per informazioni [email protected] Per la pubblicità [email protected] torna al sommario Da HP laptop Windows a 199$ Sarà l’anti Chromebook? Nuovo pannello per Windows 9? I di Michele LEPORI iniziano ad arrivare su tutto il web gli scatti di quello che, a meno che qualcuno non si sia divertito per qualche ora con Photoshop, sembrerebbe essere il nuovo aggiornamento software che riporterà il pannello Start in Windows 8. Le influenze del design Metro sono ben visibili, ma l’importanza di questo ritorno farà sicuramente passare i malumori sul design in secondo piano. Il pannello Start è chiaramente pensato per gli impieghi “desktop” del sistema ma non si rinuncia a una vista laterale sull’interfaccia Metro, che resta il modello da spingere per il presente e il futuro. L’aggiornamento 9788, nome in codice Treshold, stando a fonti vicine al colosso di Redmond potrebbe però anche essere l’occasione buona per prepensionare Windows 8 e lanciare il neonato Windows 9: una scelta aggressiva che però potrebbe essere necessaria per rilanciare branding e marketing di un sistema operativo che molti considerano ormai di passaggio tra la vecchia architettura desktop e un futuro veramente “multi-device”. Alla conferenza con i partner commerciali Microsoft, il responsabile Kevin Turner rivela l’annuncio shock: HP prima di Natale lancerà sul mercato un laptop Windows da 199 dollari, nome in codice Stream. Non si sanno ancora i dettagli, ma il buon Turner non si è risparmiato nell’elargire paragoni con i competior Acer e Toshiba lasciando intendere che a differenza delle rivali, la “corsa al ribasso” di Microsoft sarà intesa a tagliare solo i prezzi e non le prestazioni. Non solo: Turner annuncia anche che il partner di Palo Alto è in dirittura d’arrivo anche con una gamma di PC Windows da 7 ed 8 pollici che partiranno da soli 99 dollari. La minaccia Chromebook, nonostante all’inizio sia stata presa un po’ sottogamba, è ora al centro delle attenzioni di Redmond ed è lo stesso Turner a sottolinearlo quando afferma che “… abbiamo in cantiere delle ottime alternative a Chromebook poiché non abbiamo intenzione di regalare fette di mercato a nessuno”. Resta da vedere quanto controllo avrà Microsoft su questa ondata di mini-PC a basso costo: se il taglio di prezzo non sarà figlio di un (sensibile) taglio delle prestazioni questa scelta di attacco alla base del mercato avrebbe un senso. Una seconda generazione di netbook depotenziati andrebbe esclusivamente a vantaggio del mercato tablet e degli stessi Chromebook. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE SCIENZA E FUTURO Bell Labs raggiuge i 10 Gbps di velocità usando un doppino telefonico Altro che fibra: 10 Gbps su doppino di rame La velocità varia con la distanza, ciò rende la nuova tecnologia più indicata nelle grandi città B di Roberto PEZZALI ell Labs è riuscita a trasmettere dati ad una velocità di 10 Gbps usando una coppia di doppini telefonici in rame su una lunghezza di 30 metri. Un esperimento che, se replicato in condizioni reali, permetterebbe comunque di raggiungere 1 Gbps di velocità in modalità simmetrica. I ricercatori del laboratorio, di proprietà di Alcatel Lucent, sono comunque convinti che questa nuova tecnologia possa in qualche modo aiutare i paesi dove mancano gli investimenti per una distribuzione completa in fibra: riutilizzando il rame già presente che collega le abitazioni agli armadi si potrebbe comunque raggiungere una velocità superiore a quella delle ADSL normali, arrivando anche a 100 Mbps. La tecnologia usata nei Bell Labs è stata denominata XG-Fast, una estensione della tecnologia G Fast che verrà standardizzata dall’ITU il prossimo anno. La velocità raggiungibile dalla nuova tecnologia varia molto a seconda della distanza, pertanto in Italia è attuabile solo nelle grandi città dove la vicinanza tra le abitazioni e gli armadi è ormai ridotta a qualche centinaio di metri e soprattutto i cabinet sono raggiunti dalla fibra, cosa che non avviene invece in molti capoluoghi di provincia e soprattutto piccoli paesi dove la banda è fornita spesso dalla centrale, distante anche 2 km dall’abitazione. Si tratta comunque di una novità molto interessante, soprattutto per Telecom Italia, che sta portando il Fiber To The Cabinet in molte città, e proprio grazie a XG-Fast potrà migliorare ulteriormente la resa nell’ultimo tratto. IBM: 3 miliardi di dollari per andare oltre il silicio IBM guarda verso soluzioni alternative per rimanere agganciati alla legge di Moore I BM ha annunciato lo stanziamento di 3 miliardi dollari in 5 anni nella ricerca di nuove tecnologie per scalare la produzione dei processori fino a 7 nm e oltre. Mentre l’industria dei semiconduttori attualmente lavora sui 22 e i 14 nm e comincia a guardare verso i 10 nm, più i transistor diventano piccoli, più ci si avvicina agli invalicabili limiti fisici dei materiali semiconduttori basati sul silicio. Il progressivo spostamento verso scale sempre più ridotte nella realizzazione dei processori, è ciò che in questi anni ha permesso di rimanere agganciati alla legge di Moore, ma per superare la so- torna al sommario Importante scoperta dall’Università della California: usando il quarzo contenuto nella sabbia per realizzare le batterie si ottiene un’autonomia tripla rispetto all’attuale di Emanuele VILLA SCIENZA E FUTURO L’attuale tecnologia di semiconduttori difficilmente andrà oltre i 7 nm di Paolo CENTOFANTI Le batterie del futuro saranno fatte di sabbia glia dei 7 nm, IBM ha deciso che occorre cominciare a guardare altrove. Gli ingenti fondi di IBM destinati alla ricerca verranno impiegati su diversi fronti e l’azienda dice di aver già più di 500 brevetti su tecnologie che permetteranno di lasciarsi alle spalle l’era del silicio. Un primo campo di indagine è quello dei processori quantistici, sistemi in cui vengono elaborati non bit (1 e 0) ma qubit, unità elementari di informazione vettoriali, che possono assumere più stati simultaneamente (principio di sovrapposizione), caratteristica questa che dovrebbe permette di risolvere più velocemente alcune classi di problemi. IBM è stata pioniera nel quantum computing e continuerà a investire pesantemente in questo settore dell’informatica. Sempre rimanendo sulla nuova frontiera della programmazione, IBM ha anche sviluppato una nuova architettura “Neurosinaptica”, che simula cioè il modo di elaborare le informazioni del cervello umano. L’obiettivo di IBM è quello di realizzare un sistema neurosinaptico costituito da 10 miliardi di neuroni e 100 trilioni di sinapsi il tutto in meno di 2 litri di volume e con un consumo di 1 kWatt. Sul fronte dei nuovi materiali che possano sostituire il silicio, invece, IBM lavorerà su nanotubi di carbonio e grafene. Entrambi i materiali sono costituiti da fogli di carbonio spessi un solo atomo, nel primo caso arrotolati in tubi appunto. I nanotubi possono essere potenzialmente utilizzati per realizzare transistor sotto i 10 nm con prestazioni superiori da 5 a 10 volte superiori a quelli realizzati con semiconduttori tradizionali. Circuiti in grafene consentono agli elettroni di muoversi fino a dieci volte più velocemente che nel silicio, e anche in questo caso il materiale consente la realizzazione di transistor più piccoli e performanti. Altra strada è quella dei circuiti ibridi basati su semiconduttori tradizionali e comunicazioni ottiche. IBM lavora infatti da 12 anni su circuiti integrati in cui le comunicazioni tra i vari componenti avvengono tramite la luce anziché con piste elettriche, migliorando capacità di trasmissione ed efficienza energetica. I ricercatori dell’Università della California hanno creato una batteria agli ioni di litio che dura il triplo di quelle “standard” (a parità di volume e ingombro) poiché basata, come elemento cardine del processo, sulla sabbia. Pensiamo a un intero mondo di utenti smartphone che tutte le sere devono ricaricare il proprio telefono o alle auto elettriche e all’ansia dei loro guidatori quando la lancetta dell’autonomia scende sotto i 30 km/h: la batteria “di sabbia” sarebbe la classica manna dal cielo. Nel comunicato stampa dell’Università della California si spiega come si è ottenuto l’eccellente risultato. Attualmente si usa la grafite come materiale standard per l’anodo, ma per il miglioramento delle prestazioni, i ricercatori sostengono da tempo la necessità di sostituire questo materiale con nano particelle di silicio, ma hanno sempre incontrato problemi di produzione in ampie quantità, oltre al fatto che questo si degrada rapidamente. L’uso della sabbia (o, meglio, del quarzo di cui si compone) servirebbe proprio a realizzare nano particelle di silicio a costo ridottissimo e in enormi quantità. Passare da 1 giorno di autonomia a 3 e a una media di 450 km a ricarica per l’auto elettrica, mantenendo inalterati peso, ingombro e tempi di carica, sarebbe davvero un risultato storico. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE SCIENZA E FUTURO È italiano il primo progetto per l’applicazione dei Google Glass in medicina Dental Glass: Google Glass aiuta i dentisti Gli occhiali connessi al computer permetteranno di operare in modo molto più efficace di Andrea ZUFFI N asce da un team italiano Dental Glass, la prima ingegnerizzazione dei Google Glass che dà vita a un’importante applicazione nel settore medico/dentale. Il progetto è di Sellwell, agenzia pubblicitaria specializzata nella promozione di soluzioni tecnologiche e con esperienza nel settore della realtà aumentata, che si ispira alla volontà di fare innovazione sfruttando le potenzialità degli occhiali super tecnologici di Mountain View. Grazie ad uno speciale hardware montato sui Google Glass e a un software dedicato, i Dental Glass permetteranno ai dentisti di svolgere in modo completamente nuovo il loro lavoro. Senza allontanarsi dalla poltrona, infatti, i dentisti che indossano i Dental Glass potranno consultare il gestionale dello studio per recuperare le informazioni dalla cartella clinica del paziente e, per esempio, avere davanti agli occhi le radiografie durante le visite. Allo stesso tempo con il microfono integrato i professionisti potranno dettare le note da inserire nella documentazione o ancora, sfruttare la fotocamera integrata per scattare foto o registrare filmati in HD da utilizzare negli Google ha annunciato di aver raggiunto un accordo con Novartis per trasformare in realtà il suo progetto di lenti a contatto smart Aiuteranno i diabetici e i presbiti di Paolo CENTOFANTI interventi successivi. Il dispositivo, che si innesta sulla stanghetta dei Google Glass, e un vero e proprio minicomputer con processore da 1GHz, 256 MB di RAM e 16 GB di memoria. Può scattare foto a 5MPx e registrare video a 720p. Integra un minitouchpad e un microfono. La durata prevista della batteria è di 15 ore. Spetta ora a Gerhò, azienda leader nella fornitura di prodotti odontoiatrici e partner di Sellwell nel progetto, la commercializzazione del prodotto. In occasione del 57° Congresso Amici di Brugg a Rimini, dove è stato presentato un prototipo funzionante dei Dental Glass, Ralph Greifeneder - CEO di Sellwell - ha definito il progetto “una vera rivoluzione nel mondo medicale” e ha aggiunto “Questo è un primo progetto, già realizzato, ma abbiamo in cantiere nuove idee per l’utilizzo dei Google Glass in altri settori merceologici specifici per ambiti industriali diversi”. SCIENZA E FUTURO Il primo sensore cerotto sarà disponibile per istituti di ricerca e università Toshiba prepara il sensore cerotto che sa tutto di te Resta attaccato al corpo e può leggere la temperatura, il battito cardiaco e la postura di Roberto PEZZALI A ltro che contapassi: quello che Toshiba si prepara a lanciare sul mercato giapponese è il primo esempio di sensore indossabile biologico, capace di rilevare non solo i movimenti ma anche dati dell’organismo come temperatura e battito cardiaco. “Silmee Bar”, questo il nome del sensore, sarà dato inizialmente a laboratori di ricerca e università per studiare le sue possibili applicazioni in campo medico, ma a breve potrebbe arrivare anche una versione più compatta destinata al pubblico. Silmee Bar non viene considerato comunque un dispositivo medico, ma un semplice sensore. L’accoppiamento con il corpo avviene tramite una serie di elettrodi attaccati torna al sommario Google - Novartis Accordo per lo sviluppo delle lenti a contatto smart con un cerotto e un gel conduttore, lo stesso usato per facilitare l’elettrocardiogramma: Silmee Bar è in grado di leggere proprio le pulsazioni, di registrare un elettrocardiogramma e la temperatura corporea, oltre a memorizzare tutti i movimenti del corpo per interpolare informazioni come la postura, i passi e i movimenti. Il dispositivo sarà leggerissimo, solo 14 grammi, e anche abbastanza piccolo: grazie alla protezione IPX5/7 sarà possibile fare la doccia senza scollegarlo; l’accoppiamento con tablet e smartphone avverrà tramite Bluetooth 4.0. Medicina e tecnologia sono destinate a incontrarsi, sperando che possano contribuire insieme a migliorare la vita umana. Alcon, divisione specializzata in prodotti per la cura dell’occhio di Novartis, e Google hanno stretto un accordo che permetterà alla casa farmaceutica di sviluppare lenti a contatto smart basate sulla tecnologia creata da Google nei suoi laboratori Google[X]. L’accordo, che arriva proprio a pochi giorni dall’uscita da Google del leader del progetto sulle lenti, consente a Novartis di lavorare su due applicazioni delle lenti smart di Google. In primo luogo le lenti a contatto permetteranno di monitorare costantemente il livello di glicemia nei malati di diabete, misurando la composizione dell’umore dei dotti lacrimali e inviando i dati a uno smartphone. Un secondo campo di applicazione è quello di curare la presbiopia, costruendo una lente in grado di ripristinare la messa a fuoco dell’occhio in modo automatico per la vista da vicino. Dal comunicato si legge che Google[X] si occuperà dello sviluppo dell’elettronica miniaturizzata, mentre Alcon sfrutterà la sua esperienza nel campo delle lenti a contatto per giungere a un prodotto commerciale. Sempre nel comunicato, si legge che l’accordo passerà ora all’esame delle autorità anti-trust. Concert for one Cuffia P3. Un mix di alta qualità sonora e comfort di lusso, frutto della fusione calcolata e calibrata tra materiali pregiati e tecnologie raffinate. Nata dalla penna di Morten Warren, lo stesso creatore dello Zeppelin Air iPod Speaker, la P3, disponibile in 4 colori, nero, bianco, rosso e blu, ne conserva la personalità, il talento sonoro e la frequentazione privilegiata, ovvero l’iPod e l’iPhone dai quali estrapola il meglio dei conte- nuti sonori, ne integra la funzionalità e la cosmetica. P3 è infatti dotata di un cavo con comando per iPod/iPhone con microfono e controllo volume/salto-traccia, utilissimo per tutti gli amanti dei player firmati dalla mela argentata. Ma –ovviamenteP3 è "anche" una cuffia Hi Fi tradizionale di elevatissimo livello, da poter collegare a qualsiasi sorgente standard, tramite il cavo a corredo intercambiabile con quello per player Apple. Zeppelin e Zeppelin Air sono marchi registrati di B&W Group Ltd. AirPlay, iPod, iPhone e iPad sono marchi di Apple Inc. registrati negli Stati Uniti e in altri paesi. www.audiogamma.it n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE AUTOMOTIVE Una carica senza fili in tre ore attraverso una bobina installata nel pavimento BMW ricaricherà le auto a induzione nel box Un nuovo sistema di carica delle batterie per la flotta di auto BMW elettriche e ibride plug-in di Paolo CENTOFANTI L e auto elettriche e ibride nel prossimo futuro si caricheranno automaticamente nel box senza bisogno di cavi. Basterà installare una particolare pedana nel pavimento del proprio garage: parcheggiandoci l’auto sopra, le batterie si ricaricheranno senza fili tramite tecnologia a induzione, la stessa che lentamente si sta diffondendo su dispositivi come smartphone, ma chiaramente con una potenza nettamente superiore. Ci sta lavorando con impegno BMW che ha annunciato lo sviluppo di un sistema in grado di caricare la batteria di un’auto ibrida plug-in come la i8 in circa tre ore, utilizzando un impianto da 3,6 kWatt. Il sistema su cui sta lavorando BMW ha un’efficienza di trasferimento energia del 90% ed è costituito da due bobine di forma circolare da installare una nel pavimento e una naturalmente sul fondo dell’autovei- Ampia serie di tecnologie per il concept Vision della gamma SUV Discovery che vedrà la luce nel 2015 colo. La forma delle bobine è studiata per confinare in modo ottimale il campo magnetico utilizzato per la ricarica a induzione, sia per motivi di sicurezza che di efficienza di accoppiamento. Nel caso di veicoli completamente elettrici, BMW ipotizza lo sviluppo di un sistema da almeno 7 kWatt per garantire tempi di ricarica simili a quelli delle ibride plug-in. BMW ha stretto un accordo con il gruppo Daimler per arrivare a una standardizzazione dei sistemi di ricarica dei veicoli di questo tipo. Uno standard permetterebbe la diffusione di stazioni di ricarica compatibili con i veicoli di diversi marchi e magari la realizzazione di parcheggi completamente elettrificati. BMW al momento non ha comunicato una precisa tabella di marcia per la commercializzazione del suo sistema e parla genericamente di un progetto a medio termine. APP WORLD Nasce dalla collaborazione tra Areonautica Militare e istituti di ricerca marittimi SeaConditions, le previsioni del tempo del mare Un servizio che promette previsioni precise, dalle precipitazioni a onde e vento. Imperdibile T di Roberto PEZZALI empo ballerino in estate? Ci pensa Sea Conditions, il primo servizio gratuito per le previsioni del tempo del mare. Il sito, accessibile da browser all’indirizzo http://www.sea-conditions.com/home (ma ci sono anche le app iOS e Android), è il risultato di un progetto che vede unite le forze di diversi istituti, tra i quali il Servizio Meteorologico dell’Areonau- torna al sommario Realtà aumentata fari LASER e guida remota per Land Rover tica Militare e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Grazie all’utilizzo di modelli meteo all’avanguardia, SeaConditions permette di accedere alle previsioni per il bacino del Mediterraneo con una buonissima risoluzione e in un formato leggibile. I dati arrivano non solo da satellite ma anche da centraline, boe meteo e altri sensori disseminati in tutta l’area, e vengono rielaborati per fornire previsioni su un arco temporale di tre giorni con fasce orario di sei ore. Le previsioni disponibili sono divise in due zone: quelle atmosferiche, quindi temperatura dell’aria a 2 m, pressione alla superficie, precipitazioni, copertura nuvolosa, venti a 10 m e quelle del mare ovvero temperatura, correnti, altezza significativa e direzione delle onde, periodo e direzione delle onde. È davvero così preciso? di Paolo CENTOFANTI A quanti è capitato di sporgersi in avanti durante la guida per riuscire a vedere oltre al cofano? Ora immaginate di far sparire dalla vista la parte anteriore del veicolo e di vedere la strada davanti e sotto di voi. È una delle tante possibilità su cui sta lavorando Land Rover con il suo concept Discovery Vision, che farà da base per la prossima gamma Discovery. Land Rover ha presentato diverse soluzioni tecnologiche all’avanguardia, ma sicuramente il Transparent Bonnet è quella di maggiore di fascino. È una delle possibilità della realtà aumentata offerta dal parabrezza smart che funzionerà da head-up display. Altra soluzione all’avanguardia è il sistema LASER Terrain Scanning che utilizza dei LASER all’infrarosso integrati nei fendinebbia, per ricostruire la conformazione del terreno davanti a noi e configurare così automaticamente la trazione del veicolo per le migliori prestazioni. Altra funzionalità che si baserà sulla tecnologia LASER, questa volta con luce visibile, è il LASER Referencing, sistema che proietterà dei segnali, ad esempio, sui muri quando si affrontano dei passaggi stretti o si posteggia l’auto, oppure sulla strada in caso di nebbia. Per chi utilizzerà il nuovo Discovery come vero fuoristrada, il Wade System utilizzerà il LASER per determinare la profondità dell’acqua nel caso di attraversamento di un guado. Per i passaggi più pericolosi, o che necessitano di un attento controllo dei movimento dall’esterno, Land Rover integrerà un sistema di guida remoto a bassa velocità: sarà possibile pilotare il Discovery da fuori dell’abitacolo per effettuare manovre con lo smartphone e il tablet. Clicca per vedere il video. n.94 / 14 21 LUGLIO 2014 MAGAZINE SMARTHOME Uno è un robot per l’aspirazione e l’altro è un lavapavimenti per pulizie perfette Roomba e Scooba: tu riposi, loro puliscono iRobot annuncia la disponibilità per il mercato italiano di Roomba serie 800 e Scooba 450 di Massimiliano ZOCCHI D opo aver ricevuto diversi riconoscimenti e premi internazionali per qualità e innovazione, arrivano anche sul mercato italiano i nuovi top di gamma di iRobot. Stiamo parlando di Roomba Serie 800, proposti a 629 euro per il modello 870, a cui bisogna aggiungere ulteriori 100 euro per la punta di diamante 880, e Scooba 450, il nuovo robot lavapavimenti, che costerà 649 euro. Partiamo da quest’ultimo, completamente ridisegnato e riprogettato ma che mantiene l’idea alla base dei modelli precedenti: il ciclo di lavaggio in tre fasi. La prima fase prevede pulizia e prelavaggio dello sporco più ostinato tramite un apposito detergente. Il robot passa poi al lavaggio vero e proprio e all’aspirazione dei liquidi, per poi asciugare il pavimento rimuovendo i liquidi rimasti tramite una spatola. Cuore pulsante di questo fido collaboratore domestico rimane sempre la spazzola pulente in grado di ruotare a oltre 600 giri al minuto garantendo ottimi risultati. La serie Roomba 800, composta dai modelli 870 e 880, cela al suo interno la nuova tecnologia iRobot chiamata AeroForce Performance Cleaning System, in pratica un nuovo set di spazzole senza più setole, ma completamente in gomma, sempre in accoppiata con cassetto aspirante con filtro HEPA. Il nuovo sistema, secondo iRobot, dovrebbe garantire ARM, Nest e Samsung uniscono le forze per creare un nuovo standard wireless per l’era dell’Internet delle cose e la smart home di Paolo CENTOFANTI fino al 50% in più di sporco raccolto. iRobot dichiara la disponibilità da luglio, presso i rivenditori autorizzati. SMARTHOME La trattativa, non confermata, porterebbe un nuovo protagonista nel settore Samsung è pronta a scommettere sulla domotica Samsung starebbe acquisendo SmartThings, startup specializzata nel gestire la casa intelligente di Andrea ZUFFI L a smarthome è ormai territorio di conquista e nessuno dei grandi protagonisti è disposto a restare a bocca asciutta. Il modo più rapido di ottenere il know-how è sempre il solito: investire nell’acquisizione di quelle aziende che già possiedono le competenze necessarie a sviluppare o implementare nuovi torna al sommario business. Con le operazioni Google/Nest e Apple/Homekit ormai già consolidate, poteva Samsung essere da meno? La domanda ha già una risposta: SmartThings, start-up nata da un progetto finanziato su KickStarter e che già commercializza un dispositivo che funge da Hub di interconnessione tra tutti gli smart device di casa, rendendoli controllabili dallo smartphone o tablet tramite specifiche applicazioni. I rumor, cui non ha fatto seguito alcun commento ufficiale da parte di SmartThings, rivelano una trattativa Nasce Thread Protocollo wireless per la smart home sfociata nell’offerta di una cifra poco inferiore ai 200 milioni di dollari da parte di Samsung. Se le informazioni trapelate verranno confermate, il settore della domotica avrà presto un nuovo e importante protagonista a tutto vantaggio della pluralità dell’offerta per i consumatori. ARM, Nest (ora di proprietà di Google) e Samsung, insieme a Freescale e Silicon Labs, hanno deciso di fondare il Thread Group, dove Thread è il nome di un nuovo protocollo wireless per connettere qualunque tipo di dispositivo nell’era dell’Internet delle cose. Ma a quale bisogno cerca di rispondere Thread che non sia già coperto da Wi-Fi o Bluetooth? Nel primo caso, gli standard Wi-Fi consumano troppo per i dispositivi portatili più piccoli alimentati a batteria. Per quanto riguarda il Bluetooth, invece, fermo restando il problema dei consumi, manca ancora il supporto a IP versione 6, ormai un obbligo con l’esaurimento definitivo degli indirizzi IPv4. Inoltre, Thread si pone l’obiettivo di semplificare la connessione tra diversi dispositivi e di superare il modello centrostelle per abbracciare le reti mesh, in cui ogni dispositivo diventa un nodo della rete. Tutti questi requisiti sono in realtà già soddisfatti da protocolli come quello della ZigBee Alliance, e infatti Thread sarà basato sullo stesso standard radio IEEE 802.15.4, tanto che i prodotti ZigBee dovrebbero diventare compatibili Thread con un aggiornamento del firmware. Thread promette la possibilità di connettere più di 250 dispositivi contemporaneamente e di offrire anni di autonomia con l’equivalente di una semplice batteria a stilo. n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST LG ha lanciato i primi TV con sistema operativo WebOS, un’innovativa piattaforma Smart e di gestione dell’apparecchio È arrivato webOS: in prova il TV LG 47LB730V L’interfaccia è facile e divertente da utilizzare, un pò lenta in alcuni passaggi. Non convince, invece, la resa video del TV di Paolo CENTOFANTI o scorso gennaio a Las Vegas abbiamo visto tutte le ultime novità in fatto di TV per il 2014 e per una volta una di quelle che ci ha colpito maggiormente non riguardava una nuova tecnologia di display, bensì l’esperienza d’uso. Negli ultimi anni tutti i produttori hanno cercato di interpretare la “rivoluzione smart” sul TV, ma ad oggi nessuno sembra ancora imbroccato la strada giusta: i TV diventano sempre più completi sul fronte delle funzionalità, ma anche più complessi e le varie piattaforme fin qui viste difettano tutte in semplicità e immediatezza d’uso. Al CES 2014, però, LG ha mostrato per la prima volta la sua nuova piattaforma basata su webOS, il sistema operativo sviluppato inizialmente da Palm per gli smartphone, e che sembra portare davvero una ventata di semplicità, oltre che di colore. Per testarla abbiamo messo le mani su un modello di TV di fascia media di LG, la serie LB730V, che offre pannello full HD IPS con retroilluminazione a LED Edge con local dimming, 3D passivo, tuner satellitare integrato, DVB-T2 e decoder per il nuovo codec HEVC. L Cornice ultra sottile e doppio telecomando La serie LB730V si distingue per la cornice sottile ai bordi e ben curata a livello estetico. Il profilo esterno è rifinito in quello che sembra alluminio con un effetto molto elegante. Il frontale del TV è completamente ricoperto da un “vetro” con finitura lucida che ricopre anche il sottilissimo bordo che circonda il pannello full HD LCD di tipo IPS. Solo nella parte inferiore LG si concede un bordino nero più spesso dove incastonare il proprio logo e la spia LED di accensione del televisore. Ancora più sotto, un bordino metallizzato nasconde i diffusori miniaturizzati. La base d’appoggio per l’installazione su un piano è costituita da tre elementi che una volta montati formano un unico “tubo” metallico che sostiene con leggerezza il televisore. L’unico difetto se vogliamo di questa soluzione, oltre a non permettere di ruotare lo schermo, è che il TV rimane fin troppo vicino al piano su cui lo si appoggia, con una disposizione che manca un filo di slancio. Il retro del TV è costituito da un lamierino abbastanza robusto, così come robusto ci è parso il profilo esterno della cornice. Quello che non ci ha convinto è la fattura del rivestimento frontale del pannello, che ci è parso un po’ troppo “ballerino” e che impone un minimo di attenzione in fase di installazione. Il parco connessioni è abbastanza completo e offre quella che ormai è la dotazione standard di ogni TV che si rispetti. Solo gli ingressi HDMI sono solo 3 anzi dei 4 che troviamo su quasi ogni nuovo TV, ma per il resto abbiamo il Wi-Fi e Bluetooth integrati, 3 porte USB per il collegamento di hard disk e chiavette, ingressi analogici SCART e Component, porta di rete Ethernet cablata, uscita digitale ottica per ampli video lab LG 47LB730V BENE LA NUOVA INTERFACCIA, QUALITÀ VIDEO MIGLIORABILE 1.199,00 € Il TV della serie LB730V offre un primo assaggio delle potenzialità di webOS come base della piattaforma smart di LG. Le applicazioni sono ancora poche, ma dalla configurazione iniziale all’interfaccia d’uso, la nuova piattaforma sembra andare nella direzione giusta per offrire allo stesso tempo versatilità e semplicità di utilizzo. Dove ci ha convinto di meno il TV è sotto il profilo della qualità di immagine: ottimo dettaglio e buona resa cromatica nelle scene più luminose, ma anche un rapporto di contrasto non eccezionale, con un sistema di retroilluminazione dinamica poco efficace e, soprattutto nel caso dell’esemplare giunto in redazione, evidenti problemi di uniformità. 7.1 Qualità 6 Longevità 8 Design 8 - Interfaccia webOS interessante COSA CI PIACE - Configurazione iniziale molto simpatica e semplice esterni e presa mini-jack stereo per il collegamento delle cuffie. Il TV LB730V è dotato di sintonizzatore DVB-T2 e DVB-S2, con slot per moduli CI+ e integra già anche il decoder HEVC che evidentemente non abbiamo ancora potuto testare per via dell’assenza di canali con questa codifica. In dotazione troviamo due telecomandi, quello tradizionale e il magic Simplicità 8 D-Factor 8 Prezzo 7 - Pannello poco uniforme COSA NON CI PIACE - Local dimming poco efficace remote. Quest’ultimo è pensato per facilitare l’utilizzo delle funzionalità smart ed è dotato di microfono per l’utilizzo dei controlli vocali. Si tratta di un telecomando leggero e comodo da impugnare anche se la disposizione dei tasti d’uso più comune non è del tutto ottimale, specie quello “home” che a nostro av- segue a pagina 22 torna al sommario n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST TV LG 47LB730V segue Da pagina 21 viso sarebbe stato più comodo in posizione centrale e che invece è in alto a destra e un po’ scomodo da raggiungere nel modo in cui viene naturale impugnare il telecomando. Stesso discorso per il tasto “back” che è sempre in alto dalla parte opposta. Inoltre il tasto ok è costituito dalla stessa rotellina per scorrere gli elementi del menù e spesso si finisce con il fare una delle due azioni per sbaglio. Il giroscopio funziona molto bene anche se da menù abbiamo trovato più pratico ridurre la velocità di default che altrimenti ci porta a “sbattere” troppo spesso contro il bordo dello schermo portandoci a riaggiustare di continuo il gioco di polso. Nessuna contro indicazione comunque nell’usare il telecomando tradizionale con la nuova interfaccia. Interfaccia più semplice con webOS Fin dalla prima accensione, il TV LG si presenta in un modo completamente diverso da ogni altro televisore visto fino ad oggi. La prima cosa che compare sullo schermo è infatti BeamBird, la mascotte che LG ha scelto per accompagnarci nella configurazione del TV, impegnata a farsi un bel sonnellino a pancia in giù. Con il puntatore comandato dal magic remote siamo quindi chiamati a svegliarlo per iniziare la configurazione completamente guidata che avviene quasi come un colorato videogioco o un cartone animato (qui il video di presentazione). In rapidi passaggi si seleziona il paese il cui ci si trova, la lingua e si passa alla configurazione del collegamento a Internet. Fatto questo si passa alla sintonizzazione dei canali su digitale terrestre e satellite. In quest’ultimo caso va segnalato che se si seleziona come proposto TV Sat, vengono sintonizzati solo i canali del consorzio e non il resto dell’offerta Hot Bird, per cui è meglio procedere con la ricerca generica. Qui purtroppo siamo incappati in un primo intoppo, perché il TV si è riavviato e abbiamo dovuto iniziare il processo di configurazione da capo. Aggiornato il firmware del TV ciò non è più ricapitato. A parte questo, la configurazione iniziale è davvero di impatto e ben fatta e anticipa quella del menù del TV. Il menù principale è costituito da una colorata barra animata che sbuca dalla parte bassa dello schermo quando la richiamiamo e che mostra la lista delle ulti- torna al sommario me app aperte. Tutto qui: è in pratica un’applicazione, compreso il sintonizzatore TV, e l’interfaccia è ottimizzata per l’utilizzo con il magic remote ed è fluida e diversa dal solito. Scorrendola fino al bordo destro, l’ultima casella ci permette di vedere la lista completa delle app a disposizione installate sul TV. Quando passiamo il cursore su una delle app, l’icona si alza dalla fila e appare una preview a tutto schermo. Ogni azione è accompagnata da una piacevole animazione, con un effetto “a rimbalzo” sul bordo destro dello schermo. L’interfaccia è intuitiva e pratica da utilizzare, anche se quella relativa alle funzioni TV è un po’ macchinosa, visto che per scorrere la lista dei canali occorre accedere a un menù apposito con un po’ troppi passaggi a nostro avviso. Con l’apposito tasto sul telecomand, inoltre, è possibile richiamare un tastino numerico che agevola la selezione dei canali con il magic remote. Se da un lato l’interfaccia di webOS è una bella ventata d’aria fresca, al momento le app sono ancora poche e molte di meno rispetto a quelle che erano presenti sulla precedente piattaforma smart di LG. C’è da dire che l’azienda ha pubblicato solo da poco l’SDK per permettere agli sviluppatori di terze parti di realizzare e pubblicare su LG Store nuove applicazioni. La dotazione di base comprende quelle di utilizzo più comune come Facebook, Twitter, Youtube e il portale italiano di video on demand Chili.tv. Ci sono poi il browser web, il lettore multimediale compatibile anche DLNA e supporto Miracast per il mirroring dello schermo di tablet e smartphone compatibili. Il menù delle impostazioni, accessibile dall’icona in- video lab LG LB730V La nostra video prova granaggio che compare nella parte alta dello schermo, è invece di stampo più tradizionale ma comunque contraddistinto da una bella grafica e da menù piuttosto puliti. Quando vogliamo regolare un parametro, il menù assume la forma di una barra con i vari parametri della sezione in orizzontale e dei sottomenù con le singole opzioni che si aprono in verticale. La risposta del menù in questo caso è un po’ più lenta, nel senso che il passaggio da una voce all’altra, anche durante la regolazione di un parametro, offre un leggerissimo ritardo rispetto alla pressione dei tasti sul telecomando, che però dà un po’ la sensazione di pesantezza mentre ci muoviamo con il puntatore tra le varie voci. Nel complesso, anche i menù di regolazione delle varie impostazioni audio/video e di sistema sono molti completi. Per le regolazioni di immagine troviamo diversi banchi pre-impostati, a cui si aggiungono - come ormai tradizione LG da qualche tempo su tutti i suoi modelli - due banchi di memosegue a pagina 23 n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST TV LG 47LB730V segue Da pagina 22 ria ISF per una completa calibrazione avanzata del televisore. Qui possiamo regolare in modo completo bilanciamento del bianco e colorimetria del pannello. Manca solo la regolazione fine del gamma, ma per il resto c’è davvero tutto. Calibrazione di default convincente Tra i vari setup di immagine pre-impostati, abbiamo analizzato quello denominato Cinema e che in effetti offre delle regolazioni di base piuttosto buone. Selezionando questa impostazione, infatti, abbiamo potuto apprezzare un bilanciamento del bianco della scala di grigi tra i più vicini al riferimento che sia mai capitato di vedere out of the box. Stesso discorso per la colorimetria che, nonostante presenti degli scostamenti della saturazione anche superiori al 5% in alcuni punti, rimane comunque abbondantemente entro limiti d’errore assolutamente accettabili. Selezionando uno dei profili ISF otteniamo di nuovo un ottimo bilanciamento del bianco di partenza, che è possibile migliorare ancora di più con i controlli avanzati a disposizione anche se di poco, essendo comunque già molto vicino al riferimento. Di più si può fare per rendere ancora più precisa la colorimetria, che vede soprattutto il giallo leggermente sovrasaturo e viceversa rosso e blu un filo meno carichi su tinte intermedie. Il completo sistema di gestione del colore permette di rimettere in riga quasi tutto (il ciano non siamo riusciti a rimetterlo in squadra) e comunque di restare sempre su livelli di errore praticamente trascurabili ai fini della resa di immagine effettiva. L’unico parametro di immagine che non siamo riusciti a ritoccare in alcun modo è stato quello del gamma che, anche portandolo a 2,4 da menù, rimane in realtà inchiodato su un valore medio inferiore a 2,2 e con una leggere flessione nella parte superiore della scala di grigi, anche se si tratta di un comportamento difficile da valutare a causa del local dimming, che abbiamo mantenuto attivato nel nostro setup per avere delle regolazioni il più possibili fedeli alle condizioni di visione effettive. Il rapporto di contrasto espresso a calibrazione effettuata (come al solito con una luminosità massima impostata intorno alle 120 cd/mq) non è molto esaltante, frenato soprattutto dall’alto livello del nero (0,165 cd/mq), con un valore ANSI di 790:1. Infine l’input lag, che in modalità gioco si attesta su circa 48 ms. Grafico del Gamut dopo la calibrazione del TV. torna al sommario In evidenza un dettaglio della cornice inferiore dove sono posizionati i diffusori miniaturizzati del TV Il sistema audio è di tipo 2.1 con un piccolo woofer integrato nella parte posteriore del TV. Prova di visione Il TV LG è basato su un display LCD IPS con retroilluminazione LED Edge con controllo a zone (local dimming). Si tratta di un TV di fascia media e come tale non offre soluzioni particolarmente evolute per quanto riguarda il rapporto di contrasto, come abbiamo anche visto in fase di calibrazione dai nostri rilievi strumentali. La visione di film in alta definizione offre immagini dai colori caldi e sufficientemente brillanti e con un buon livello di dettaglio, ma come accennavamo risente del livello del nero piuttosto elevato, anche con local dimming attivato. Il controllo dinamico della retroilluminazione non ha una granularità molto fine (basta provare a muovere il cursore del magic remote su fondo nero per vedere le ampie fasce d’azione del local dimming) e il risultato è che non riesce a far molto per spingere il rapporto di contrasto nelle scene più scure, se non in particolari situazioni in cui c’è davvero poco di illuminato sullo schermo, dove l’effetto funziona al meglio. Basta qualcosa di un po’ più luminoso e il livello del nero si alza oltre la soglia di visibilità in modo uniforme su tutto il quadro. Certo meglio che niente, ma l’LB730V può essere definito in questo senso un LCD di stampo classico. A parte il livello del nero un po’ elevato, nelle scene più scure i dettagli sulle ombre rimangono comunque sempre bene intelligibili e la definizione non viene intaccata più di tanto. Quello che manca è essenzialmente un po’ di dinamica e resta la sensazione di un’immagine a tratti un po’ slavata. Prima ancora però di una resa con le scene più scure non del tutto esaltante, quello che si nota subito dopo pochi minuti di visione è l’uniformità non proprio da manuale. Lo schermo del TV LG innanzitutto sembra quasi vignettato, con i quattro angoli visibilmente più scuri rispetto al centro dell’immagine, ma in generale si ha la sensazione di uno schermo non solo poco uniforme, ma quasi come fosse sporco. È questa la sensazione che si ha quando ci sono filmati con movimenti laterali della camera da presa, che rivelano aree più scure un po’ distribuite su tutto lo schermo. La mancanza di uniformità si percepisce soprattutto con le scene di luminosità media, mentre diventa molto meno evidente in quelle fortemente illuminate o, viceversa, in quelle più scure. Le connessioni sono abbastanza complete anche se c’è spazio per solo tre ingressi HDMI, sufficienti per gestire un decoder, un lettore Blu-ray e una console. Proprio nelle scene più luminose il TV LG riesce a esprimersi al meglio, con una resa molto buona in termini di resa cromatica, definizione e contrasto. La risoluzione in movimento è abbastanza buona a patto di ricorrere all’elaborazione TruMotion. Questa consiste in un misto delle tue classiche tecniche di black frame insertion e interpolazione dei fotogrammi. Le impostazioni che possiamo scegliere nel menù TruMotion passano in rassegna diverse combinazione delle due (curiosamente quella utilizza solo backlight scanning nel menù è chiamata “più chiara” quando l’effetto è esattamente l’opposto), ma c’è anche una modalità personalizzabile in cui è possibile dosare a piacere i due contributi. Per chi non ama l’effetto “telenovela” è così possibile disabilitare completamente l’interpolazione dei fotogrammi. Quale sia l’impostazione scelta la risoluzione in movimento espressa dall’LB730V passa da circa 300 linee TV a oltre 700 linee. La resa con i normali canali TV è nella norma. Quelli in definizione standard offrono come è naturale un’immagine poco dettagliata e generalmente impastata. Meglio con i canali HD, anche se il dettaglio continua a non essere incisivo come nella visione di sorgenti collegate in HDMI. Senza infamia e senza lode la resa dei piccolissimi diffusori integrati, che comunque offrono una risposta abbastanza equilibrata. Per quanto riguarda il funzionamento del TV in generale va sottolineato che l’interfaccia a livello grafico è piuttosto fluida nelle animazioni, ma il passaggio da un’app all’altra non è proprio velocissimo e in particolare quando si vuole tornare ai programmi TV uscendo da un’applicazione, oppure da un ingresso esterno, si impiega qualche secondo di troppo a nostro avviso. Quando si accende il TV dallo stand-by, inoltre, il sistema operativo ci mette un po’ di tempo per essere completamente caricato e questo si avverte in una certa lentezza nell’aprire i menù nel primo paio di minuti di funzionamento del TV. Da segnalare che nonostante la presenza del decoder HEVC, non siamo riusciti a riprodurre filmati codificati in questo formato, il che ci porta a pensare che il codec sia supportato unicamente per i canali TV. La lavatrice intelligente Un concentrato di tecnologia mai visto prima. Classe energetica A+++ -40% Con un consumo energetico annuo di 118 kWh, Intelius è la lavatrice con la maggiore efficienza energetica sul mercato (giugno 2012 – GfK). Haier Smart Technologies Smart Drive Motor® Motore Inverter innestato al cestello della lavatrice per un’ incredibile riduzione delle vibrazioni e della rumorosità. Smart Dosing Grazie al serbatoio per detersivo e ammorbidente, Intelius ne dosa automaticamente la giusta quantità e il risparmio è assicurato! Smart Detecting® Un sistema intelligente di rilevamento della durezza dell’acqua si associa a Smart Dosing per avere un perfetto ciclo di lavaggio. Smart Dual Spray® Due spray intelligenti lavano fibre e pelucchi lasciati sulla guarnizione dopo ogni ciclo di lavaggio. Scopri la nuova INTELIUS. www.haier.it n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST In prova Wiko Wax: lo smartphone Android con Tegra 4i che si posiziona nell’affollata fascia di prezzo dei 200 euro Wiko Wax: conveniente e con un Tegra in più Costa poco e ha caratteristiche interessanti, tra cui l’LTE, il SoC NVIDIA e il display HD. Ce la farà a entrare in partita? di Emanuele VILLA A bbiamo provato Wiko Wax, il volto nuovo nel mercato degli smartphone. Dopo un’infornata di “top di gamma”, passiamo a un modello abbordabile, da 199 euro di listino e pensato per ottimizzare il rapporto qualità/prezzo. Quando si provano prodotti di questo tipo, il rischio è che si assomiglino un po’ tutti, che presentino un design leggermente personalizzato al di sopra di una piattaforma hardware standard e capace di offrire prestazioni decenti ma nulla di più. In realtà, qui qualche elemento di spicco c’è: ad un prezzo assolutamente “entry”, Wiko offre un display da 4,7’’ con risoluzione HD e tecnologia IPS, un processore Tegra 4i che equivale, come prestazioni, a uno snapdragon 400, e la connettività LTE, mentre per il resto troviamo Android 4.3 con esperienza “stock”, 1 GB di RAM, fotocamera principale da 8 mpixel e frontale da 5 mpixel; supponendo che 1GB di RAM sia sufficiente per la maggior parte degli scopi, l’unico limite manifesto sono i 4 GB di storage, che è proprio il minimo sindacale. C’è una micro SD con possibilità di espansione fino a 32 GB, ma non è la stessa cosa. Molto leggero e compatto Estratto dalla confezione, colpisce soprattutto per una leggerezza notevole: inizialmente pensavamo di dover ancora inserire la batteria, ma in realtà era già integrata. Il design denota una certa cura, certamente non paragonabile a quella dei top di gamma, ma anche distante da soluzioni “prestampate” che si trovano frequentemente sotto un certo prezzo: abbiamo lati con finitura in simil-alluminio e una cover posteriore in policarbonato bianco opaco che si abbina molto bene, mentre davanti troviamo un piccolo spessore sotto i tasti capacitivi del medesimo colore della costina. La leggerezza e i materiali impiegati denunciano senz’altro la natura low cost del progetto, ma a dire il vero il risultato è piacevole: Wax è un telefono leggero, sufficientemente solido e che si mostra con piacere. Pensato per giocare Considerazioni estetiche a parte, abbiamo trascorso una settimana con Wax utilizzandolo come smartphone tuttofare per la routine lavorativa e per i momenti di svago. Diciamo subito che l’esito, stanti i 199 euro di listino, è stato positivo: in questa fascia il rischio di rallentamenti costanti, attimi di freeze del sistema, scatti e via dicendo, è sempre dietro l’angolo, ma possiamo dire che Wax ne esce bene. Ma andiamo per gradi: nulla da dichiarare sull’interfaccia, poiché si tratta di Jelly Bean “standard” e da lì non ci si muove, ma eravamo abbastanza curiosi di testare il Tegra 4i quad core da 1.7GHz, che stante la fascia di mercato del prodotto, garantisce prestazioni interessanti, paragonabili (con tutte le cautele del caso) a uno snapdragon 400. Prima ancora di usarlo nella routine di tutti i giorni, abbiamo lanciato un benchmark (il “solito” An Tu Tu) giusto per farci un’idea ottenen- torna al sommario video lab Wiko Wax 199,00 € UN BUON PUNTO DI PARTENZA Wiko Wax costa poco, ha un processore adeguato con una particolare propensione per la grafica, un buon display IPS ed è 4G/LTE, cosa tutt’altro che scontata. Caratteristiche tipiche degli entry level sono invece la memoria RAM e lo storage al minimo sindacale, oltre a un design piacevole ma che non fa gridare al miracolo. Il sistema comunque è molto stabile, la lag contenuta e l’autonomia apprezzabile; la fotocamera, invece, non brilla in condizioni difficili. Le prestazioni, comprensive di gaming e di routine quotidiana, anche molto “impegnativa” per quanto concerne l’impiego dello smartphone, sono allineate con i migliori prodotti di questa fascia, di per sé il rapporto qualità/prezzo è quindi molto buono. Aggiungeteci un po’ di RAM, 8 GB di storage e non ritoccate il prezzo: sarà un best buy. 7.7 Qualità 8 Longevità 7 - Processore potente COSA CI PIACE - Supporto reti LTE - Rapporto qualità/prezzo Design 6 Simplicità 8 D-Factor 7 Prezzo 9 - Storage limitato COSA NON CI PIACE - 1 GB di RAM - Display poco luminoso do un buon risultato di 26.860, un risultato che sotto il profilo della potenza di calcolo, pone questo Wax più o meno allo stesso livello del Galaxy S4 di Samsung; certo, non siamo ai 35.000 del Galaxy S5, ma d’altronde non è paragonabile neanche il prezzo, e il risultato ottenuto lo rende adatto anche alle sessioni di gaming avanzato. Fattore limitante è di sicuro l’unico GB di RAM presente, elementi invece a favore di Wax sono la potenza grafica di Tegra 4i e la risoluzione HD del dispay, che va bene su 4,7’’ (i pixel si vedono solo andando a 1 cm dallo schermo) senza richiedere potenze di calcolo impressionanti. Partiamo dunque dal gaming, approfittando anche della presenza dell’app Tegra Zone che riporta un elenco di giochi ottimizzati per Tegra e disponibili su Play Store: abbiamo giocato subito con Rally Racer Drift e Dead Trigger ottenendo una fluidità davvero notevole, che non sembrerebbe tipica di un telefono di gamma medio/entry come questo. Siamo sui 30fps “molto abbondanti” in entrambi i casi. Il limite sui giochi è, semmai, la memoria di storage di 4 GB, memoria che si riempie un po’ troppo alla svelta con titoli di un certo calibro, considerando poi la necessità di far spazio anche ad app e dati di altro genere. In pratica, occorre munirsi fin da subito di una micro SD, tenendo comunque in considerazione tutti i vincoli del caso. Prestazioni interessanti, lag contenuta Dicevamo in apertura che i telefoni Android entry level si assomigliano ormai un po’ tutti: sono in grado di gestire la routine di una normale giornata di lavoro/svago, tutti arrivano a sera con ancora un po’ di carica. Il problema, non da poco, emerge nel momento in cui li si dà a un “power user”, colui che tutte le informazioni le cerca sul telefono, passa compulsivamente da un app all’altra senza mai chiuderle dal multitasking, che ha sempre musica in streaming mentre naviga in Internet e, magari, ha anche un’app in background che monitora la propria attività fisica via GPS. Fermo restando che questo non è il target preferenziale di Wax, vediamo che succede sottoponendo il telefono a uno stress notevole. Partiamo col dire che l’interfaccia dà un senso di fluidità davvero notevole e che, in condizioni di carico segue a pagina 26 n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST Wiko Wax segue Da pagina 25 minimo/moderato, il richiamo della homescreen, la gestione del multitasking, il passaggio tra le app e l’apertura delle stesse è pressochè istantaneo, con una lag neppure percepibile. In pratica, per l’uso di tutti i giorni, Tegra 4i e 1 GB di RAM vanno più che bene. Di default come browser c’è Chrome, e anche qui l’apertura delle schede e delle pagine è molto rapida, con una lag minima che non dà alcun alcun fastidio. Saliamo allora con le pretese ascoltando musica in streaming, consultando Facebook, pubblicando in bacheca e poi aprendo un paio di schede di Chrome: tutto sufficientemente fluido, il telefono inizia a rallentare un po’ i caricamenti e il richiamo alla homescreen mostra qualche leggera indecisione e latenza, ma siamo comunque a un livello di prestazioni e fluidità superiore alla media. Tra l’altro l’ascolto di musica in streaming e l’accesso ai giochi ci permette di valutare anche lo speaker posteriore: qualità mediocre, ma abbastanza potente. Se in mezzo al multitasking ci “infiliamo” un gioco di quelli molto esosi in termini di potenza di calcolo, allora la situazione si fa più complessa: il gioco va che è una meraviglia (come già detto), l’audio in streaming di sottofondo c’è, ma il richiamo al multitasking, alla homescreen e alle altre app è rallentato. Ci sta senza problemi, anche perché si suppone che chi gioca non faccia altro. In sostanza: come prestazioni Wax ottiene un risultato positivo, in linea con i migliori esponenti di questa fascia di prezzo. AnTuTu lo paragona a Galaxy S4 (telefono tutt’altro che da buttare), i giochi sono fluidi grazie a Tegra 4i e anche chi usa il telefono in modo impegnativo può ottenere soddisfazioni. Certo che non bisogna esagerare nelle pretese, d’altronde 1 GB di RAM qualche limite lo dovrà pur causare e non abbiamo uno snapdragon 805 da spremere con svariate app e giochi, ma le prestazioni sono commisurate, se non superiori, alla fascia di prezzo. Dimenticavamo il display: la risoluzione HD non arre- ca alcun danno a queste dimensioni di schermo e non è assolutamente da considerarsi un limite. A occhio, i colori sono sempre vividi e brillanti, ma le misure strumentali denunciano uno spazio colore limitato con un avvertibile scarto dal riferimento. Contrasti accettabili e angolo visuale esteso, con variazioni di luminosità avvertibili ma non eccessive spostandosi dal punto di visione ideale. Le misure sul display dichiarano una luminosità massima di 364 cd/mq e un contrasto di 520:1. Come si nota anche a vista, il display è poco luminoso e questo, che non rappresenta un problema in condizioni d’uso normale, può condizionare la leggibilità quando la luce ambientale diventa “importante”. Fotocamera nella norma Non è un camera-phone, nonostante la scheda tecnica faccia sfoggio di una camera da 8 mpixel con sensore retroilluminato e una frontale da 5 Mpixel per selfie “dettagliatissimi”. L’interfaccia è quella di Android, senza personalizzazioni ma che permette comunque di accedere a diverse opzioni di scatto, tra cui la compensazione dell’esposizione, il bilanciamento del bianco, la risoluzione di scatto, l’HDR e molto altro. L’esito è tutto sommato normale per questa fascia di prodotto, che può realizzare scatti piacevoli se le condizioni esterne SELEZIONA LE FOTO CON IL MOUSE PER VISUALIZZARE L’INGRANDIMENTO torna al sommario lo consentono, ma mostrando tutti i limiti (di sensore, di ottica…) nel momento in cui la situazione si fa complessa e la luce cala. Qui abbiamo notato una buona luminosità, nel senso che la macchina permette scatti serali/notturni intelligibili, e un’altrettanto valida proposizione del primo piano, ma è innegabile che gli sfondi (si noti il cielo) vengono affogati all’interno di molto rumore causato dagli alti ISO. Molto apprezzabili, invece, quelle diurne, comprensive di un ottimo macro che crea anche uno sfocato niente male: compressione in queste condizioni quasi non avvertibile. Infine l’autonomia, che mettiamo al fondo solo perché ci porta a considerazioni analoghe rispetto alle foto: siamo nella norma degli smartphone del 2014, senza infamia e senza lode. La batteria da 2.000 mAh, regge la nostra routine quotidiana, che prevede anche navigazione frequente in 3G/4G, ma non chiedetegli miracoli e non esagerate con il “pressing”. Tutte le sere si arriva col telefono ancora leggermente carico, se poi si vuole ottimizzare l’autonomia in funzione degli impieghi del telefono, si può utilizzare l’apposita funzione che limita la potenza del sistema per incrementarne l’autonomia, perfetta quando non si ha una presa elettrica a portata di mano e, al tempo stesso, lo smartphone viene usato solo per le funzioni essenziali. n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST Passare con l’HDMI in una canalina stretta è sempre un problema, Audioquest con il suo kit rende tutto molto più facile HDMI crimpati Audioquest: la canalina non un più problema Grazie a un sistema di collegamento “a crimpare” basta un colpo di pinza per terminare il cavo, realizzato su misura di Gianfranco GIARDINA A rrivare con il cavo HDMI al proiettore o anche semplicemente poter installare il proprio TV a muro rischiano di rimanere sogni nel cassetto, a meno di non ricorrere a un muratore: rompere per fare una traccia, passare una canalina gigante, stuccare e rasare sperando che la riparazione non si veda (ma si vedrà) e poi comunque sperare che il cavo HDMI non abbia una spina così grossa e rigida da non passare nella canalizzazione realizzata. Oggi quest’incubo può essere evitato, grazie a una soluzione molto interessante di Audioquest: si tratta di un sistema di cablaggio HDMI che può essere “crimpato” a misura, ovverosia per il quale il connettore finale può essere montato con un particolare utensile dopo aver passato il filo “nudo”, proprio come si fa generalmente per le connessioni di rete. Si tratta di una soluzione decisamente costosa (come vedremo più avanti) se paragonata ai cavi prefiniti, ma sicuramente conveniente rispetto alla necessità di interventi di muratura o addirittura all’impossibilità di una connessione alternativa. Difficile ma facile Di certo crimpare un HDMI non è così facile come dirlo: una ventina di contatti, con schermi, calze e fili guida bastano e avanzano per creare qualche grattacapo. Non a caso, salvo la soluzione che abbiamo provato in queste pagine, i connettori HDMI sono normalmente stampati a macchina e nessuno si azzarda a fare connettori a saldare. Va detto che, come abbiamo potuto sperimentare, la soluzione Audioquest, grazie a una serie di “passacavi” e utensili specifici (ulteriormente rivisti e ottimizzati dopo le prime installazioni), è tale da rendere l’operazione abbastanza facile. L’unico rischio è quello di un falso contatto su qualche pin, cosa che si scopre solo dopo aver terminato il lavoro: in tal caso non resta che tagliare il connettore difettoso e procedere con una nuova intestazione. In aiuto all’installatore arriva uno specifico “tester”, an- torna al sommario video ch’esso parte del kit di Audioquest: si tratta di un apparecchio in due unità, da applicare ai capi del cavo appena intestato. Se i contatti sono validi, si accendono tutte le luci e il cavo è certificato. Procedere al montaggio non è complesso – dicevamo – ma di certo lo può diventare se non si dispone degli strumenti giusti (Audioquest li raduna in un’apposita valigetta) e se manca un po’ di esperienza; chi ha già crimpato un paio di connettori, non solo procede sicuro ma anche spedito. Per questo motivo la miglior cosa da fare, se si vuole adottare la soluzione di Audioquest, è quella di rivolgersi a un negozante o installatore tra quelli “autorizzati” (per conoscerne la lista rivolgersi al distributore italiano Audiogamma). E questo non solo per l’esperienza e la capacità, ma perché l’installatore autorizzato dispone della costosa valigetta che contiene tutti gli utensili necessari: non ha ovviamente alcun senso acquistare la valigetta per farsi solo uno o due cavi. Per prima cosa scegliere il cavo Esistono due tipi di cavi sui quali è possibile crimpare i connettori HDMI: uno più sottile e flessibile (28 AWG) che garantisce una connessione high speed (ovverosia anche 4K ad alto frame rate) fino a 6 metri ed è certificato per una connessione Full HD anche 3D fino a 12 metri; con il cavo più spesso (24 AWG, un po’ più rigido) le distanze si allungano fino a 10 metri in high speed e 20 metri per velocità “convenzionali”. La scelta dipende ovviamente dalle necessità e comunque deve fare i conti con il portafoglio: la versione più sottile ha un prezzo di listino di 24 euro al metro, mentre quella più spessa arriva a 38 euro al metro. Quanto al montaggio, crimpare sul cavo più sottile è un po’ più semplice, soprattutto nella fase di chiusura delle due semicustodie; la procedura è, invece, identica. Alla spesa per il cavo vero e proprio, va aggiunta quella per i connettori (12 euro ciascuno) e la manodopera di un eventuale installatore che crimpa il cavo. lab Crimpare è un attimo Preparare il cavo è la fase critica Ovviamente la prima fase è identificare la via di passaggio del cavo: si può per esempio, nel caso di proiettori o TV già installati, sfilare i cavi dei collegamenti analogici, oramai in disuso, e utilizzare le medesime canalizzazioni. Per nuove installazioni, bisogna ovviamente procedere altrimenti e, pur essendo il passaggio nelle canalizzazioni elettriche fuori norma, resta un’opzione comunque considerabile. Una volta identificato il percorso, è bene tagliare lo spezzone di cavo che sarà necessario, ovviamente con un po’ di abbondanza. Una volta tagliato, un buon trucco è quello di intestare il primo connettore su un tavolo con il cavo totalmente sfilato, in modo da essere comodi nella preparazione. Quindi si procede infilando in capo libero del cavo dalla posizione più scomoda verso quella più comoda: sarà in quest’ultima che bisognerà fare la seconda crimpatura. La nostra prima crimpatura (ma eravamo assistiti da un installatore esperto) ha richiesto circa 20 minuti; la seconda è stata già più veloce. Ecco le diverse fasi del lavoro in questo resoconto fotografico. Innanzitutto va aperta la guaina avvalendosi di un taglierino, facendo ovviamente attenzione a non incidere i cavi sottostanti. Quindi va fatto un po’ di ordine, sistemando la calza, tagliandola a misura (ci sarà poi un’anima metallica da riportare sulla massa del connettore). segue a pagina 28 n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST Audioquest: HDMI crimpati a misura Un montaggio un po’ macchinoso ma quando serve è una vera manna segue Da pagina 27 Ogni coppia di conduttori, oltre ad essere intrecciata, dispone di una propria calza ottenuta con un foglio metallico; ma per evitare che le calze si tocchino andando tutte a terra, il foglio metallico è rivestito da un strato dielettrico, una specie di pellicola trasparente. Tutto questo “insieme” trova spazio nella pinza che effettua la crimpatura, insieme alla basetta del connettore. La chiave colore azzurro-blu sulla pinza indica il corretto verso di inserimento del blocchetto. La pellicola trasparente va svolta e tagliata giusto a misura,insieme alla calza corrispondente. A questo punto si crimpa e il connettore, ancora nudo, è fatto. A questo punto, bisogna identificare i diversi conduttori, riconoscibili dal colore (anche se con qualche problema per alcune tinte “dubbie”). Più tardi andranno infilati in due piccoli profili di plastica che riporteranno la chiave colore per un corretto collegamento. Per questo motivo bisogna identificare i diversi colori e, uno a uno, raggrupparli e ordinarli secondo lo schema previsto. I diversi fili vengono infilati sui due pettini in plastica secondo la chiave colore indicata; il filo di massa viene invece richiamato all’indietro sulla guaina. A questo punto il cavo e preparato e pronto per la crimpatura. Le abbondanze sui fili di diverso colore verranno poi tagliate dalla pinza crimpatrice. Si procede quindi a posizionare i due pettini all’intero di una piccola “custodia” calamitata (quella azzurro-blu) che li tiene insieme e nella posizione corretta, insieme alla basetta del connettore vero e proprio. torna al sommario Abbiamo testato il nostro cavo nella connessione tra un amplificatore abbastanza “esigente” in termini di precisione del clock del segnale HDMI (uno Yamaha) e un videoproiettore Full HD. La connessione si è instaurata correttamente sin dal primo momento, senza problemi né disturbi, malgrado la decina di metri di connessione e il “dilettantismo” dei crimpatori. Problema risolto, sfilando il vecchio VGA, per riutilizzarne la stretta canalina, ed evitando la non sempre affidabile connessione con gli adattatori HDMI-Cat5, soprattutto quando c’è da passare per un amplificatore. Il “conto” da pagare è di certo salato: circa 280 euro di materiale per i nostri 10 metri, più il giusto compenso per il tecnico che, oltre alla sua capacità, ci mette l’utilizzo (e quindi l’ammortamento) della “valigetta” di utensili (che da sola, costa praticamente 500 euro). Certo, se la situazione consente l’utilizzo di un cavo stampato, vale la pena di affidarsi a questo. Ma se il connettore stampato non ci passa, la soluzione Audioquest è davvero una manna, tanto da spingere chi fino a oggi ha magari resistito all’adeguamento di un vecchio proiettore proprio per non litigare con l’HDMI. Si sistemano poi le due conchiglie del corpo della spina, facendo ben attenzione a passare sotto il serracavo, il cavo di massa, indispensabile per il buon funzionamento. Una volta lavorati entrambi i capi del cavo, si passa alla fase di testing: basta mettere il tester principale a un capo del cavo e il ripetitore passivo dall’altra parte. Avviare il test e una a una, se tutto è andato liscio, si accendono le luci della corretta continuità del cavo. Nel nostro “esperimento”, la connessione si è rivelata corretta al primo colpo. I tester in dotazione con il kit di Audioquest. Rock’n’Go. Loewe Speaker 2go. Speaker Bluetooth portatile con funzione vivavoce, NFC e fino a 8 ore di autonomia. Sound 2.1 integrato da 40 Watt. Prezzo al pubblico: 299 Euro. www.loewe.it n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST Il compatto diffusore Sony è in grado di svolgere tutte le funzioni di un vero sistema stereo, accesso in rete compreso Sony CMT-X7CD, il sistema audio “personale” Versatile, ben realizzato, facile da utilizzare con l’app e capace anche di un buon suono: il Sony CMT-X7CD ci ha convinto di Roberto FAGGIANO uando lo spazio è un fattore fondamentale in casa, bisogna scegliere molto bene i componenti stereo che svolgano più funzioni possibile. Non solo la semplice riproduzione musicale da smartphone e tablet, ma anche al riproduzione di CD e l’ascolto della radio. Questo diffusore Sony CMT-X7CD (349 euro) sembra davvero il più adatto a svolgere un ruolo in tal senso e senza troppi compromessi: infatti nelle stesse dimensioni di un diffusore per smartphone e tablet ritroviamo il lettore CD con caricamento motorizzato verticale, la radio FM con 20 preselezioni, un ingresso USB per chiavette dalle quali riprodurre brani MP3 e WMA, un ingresso minijack per qualsiasi sorgente, il Bluetooth con aptX e abbinamento NFC, il collegamento Wi-Fi oppure via cavo alla rete, il DLNA e perfino l’AirPlay per dispositivi Apple. Insomma praticamente tutte le possibili sorgenti antiche e moderne, oltre all’amplificatore da 2 x 20 watt (1% THD) che pilota una coppia di larga banda con radiatore passivo, concentrate in uno spazio di 38 x 18 x 8 cm. L’alimentazione è solo quella casalinga ma inserire in questo poco spazio anche la batteria ricaricabile sarebbe stato veramente troppo. Quindi ci troviamo di fronte a un vero sistema stereo che può fungere da apparecchio principale oppure essere usato in una stanza da letto, nello studio oppure nella casa di vacanza. L’estetica è molto rigorosa in nero con fianchetti in alluminio spazzolato e griglia frontale metallica di colore bianco oppure nero. Q C’è il telecomando ma è meglio l’app Per governare tutte le funzioni ci sarebbe in dotazione un piccolo telecomando stile carta di credito, dove i tasti sono inevitabilmente affollati e la logica di utilizzo non è delle più semplici. Inoltre Sony ha scelto di concentrare le informazioni in un piccolo display sul lato superiore, una collocazione non proprio felice perché risulta del tutto invisibile se il sistema è collocato su un ripiano alto oppure in una libreria con poco spazio attorno. Ma per fortuna si può utilizzare l’app SongPal e controllare a distanza il sistema sfruttando il display del telefono o video lab Sony CMT-X7CD 349,00 € UN VERO SISTEMA STEREO IN VERSIONE RIDOTTA Il diffusore Sony CMT-X7CD non ha demeritato il titolo di sistema audio personale, suona piuttosto bene per le sue dimensioni ed è facile da usare. Fin qui meriterebbe già un buon giudizio, anche se fosse un semplice diffusore per smartphone con Bluetooth, ma qui troviamo pure tutte le sorgenti tradizionali come la radio FM e il lettore CD oltre al collegamento alla rete, con Wi-Fi o cablato e con funzioni dlna, il tutto governato da un’applicazione che ha più pregi che difetti. Per il prezzo richiesto non possiamo che promuovere ampiamente il nuovo arrivato in casa Sony, un vero sistema audio compatto che svolge egregiamente il suo compito come diffusore secondario nello studio o nella camera dei ragazzi, ma che può essere elevato al rango di vero impianto stereo principale senza troppe rinunce. 8.1 Qualità 8 Longevità 8 Design 7 - Versatilità COSA CI PIACE - Connessioni senza fili complete - Rapporto qualità/prezzo del tablet. Questa applicazione è comune a molti apparecchi Sony ma si adatta ai dispositivi a cui può essere abbinata. Nel nostro caso troviamo le impostazioni dell’equalizzatore e la possibilità di aggiungere le applicazioni già caricate sul dispositivo, ma i servizi di streaming come il proprietario Sony Music Unlimited e Deezer sono già previsti in partenza. Invece Spotify e Aupeo, tanto per fare due esempi, vanno aggiunti. Stessa procedura per la musica personale, dove Simplicità 8 D-Factor 8 Prezzo 9 - Display poco visibile COSA NON CI PIACE - App migliorabile nella gestione degli streaming musicali bisogna importare le proprie librerie di iTunes o Google Play. Sempre dall’applicazione si controlla la sintonia della radio e la riproduzione dei CD. La grafica è molto semplice, senza particolari raffinatezze. Musica in rete o alla vecchia maniera Per iniziare la prova bisogna collegare il Sony alla rete domestica in Wi-Fi con procedura WPS (consigliabile appena possibile) oppure attraverso smartphone e tablet con una procedura più lenta. Le preselezioni radio vanno impostate manualmente una per una e le operazioni via telecomando sono alquanto complicate, poi l’ascolto è gradevole e con buona sensibilità e selettività. Per ascoltare un CD basta inserirlo nel meccanismo per attivare il motorino (molto silenzioso) che preleva il disco, per l’espulsione va sfiorato l’apposito tastino sul lato superiore. Molto rapida l’acquisizione dei contenuti musicali da una chiavetta USB, ma le informazioni sul display sono molto limitate e se avete archiviato molti brani la ricerca di quello desi- segue a pagina 31 torna al sommario n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE HI-FI E HOME CINEMA Si chiama Level ed è la nuova linea di prodotti audio di Samsung Samsung sfida Beats con la gamma Level Ogni modello Beats ha una controparte Level. Per ora sono disponibili solo oltreoceano di Michele LEPORI l mercato delle cuffie e dell’audio portatile vede affacciarsi all’orizzonte un nuovo contendente al trono delle vendite e della popolarità e non si tratta certop di un competitor di poco conto. Samsung ha, infatti, deciso di creare una line-up di prodotti, dalle cuffie inear alle sovraurali passando per gli speaker portatili Bluetooth, che mette senza troppi fronzoli nel mirino l’utenza - e le quote di mercato - di Beats: una sfida davvero coraggiosa visto che la popolarità del marchio americano ha raggiunto livelli difficilmente eguagliabili, ma nel quartier generale di Seoul sembrano pensarla diversamente. Partiamo dal design, di stampo vagamente retro ma con finiture decisamente moderne simil-alluminio; in questo modo, pur presentando un look “premium”, difficilmente i modelli Level si distingueranno dal più colorato ed aggressivo marketing delle rivali americane, che pescano a piene mani dalla cultura visiva hip-hop. Da notare, poi, che ogni modello Beats ha una sua controparte nella I gamma Level di Samsung: Over (rivale di Studio), On (rivale di Solo2) e Level box (rivale di Pill) ed anche le fasce di prezzo sono le stesse dell’azienda americana. I modelli della serie Level sono per ora disponibili solo per il rivenditore americano Gilt e su Amazon, Best Buy seguirà a ruota. Attendiamo lo sbarco in europa per valutarne le qualità musicali. HI-FI E HOME CINEMA Pioneer lancia i diffusori FreeMe Pioneer ha annunciato l’arrivo dei due diffusori portatili Bluetooth FreeMe, pensati per l’abbinamento a smartphone o tablet, con tecnologia NFC. I due modelli, XW-LF1 e XW-LF3, hanno caratteristiche simili: due altoparlanti full range da 40 mm con magneti al neodimio e radiatore passivo, funzione auto connect per il collegamento automatico ai dispositivi Bluetooth già accoppiati, batteria agli ioni di litio con un’autonomia di circa 7 ore. I diffusori FreeMe sono dotati anche di ingresso stereo mini-jack per il collegamento di sorgenti analogiche. I due modelli si differenziano per il rivestimento esterno. L’XW-LF1 ha guscio in gomma nelle colorazioni nero, bianco e acqua marina e ha un costo di 149,90 euro. Il modello XW-LF3 per ora ha rivestimento in pelle nera a un prezzo di 199,90 euro. Più avanti sarà disponibile anche la versione in pelle marrone. Cuffie Samsung Level TEST Sony CMT-X7CD segue Da pagina 30 derato sarà lunga. Decisamente più semplice la riproduzione via Bluetooth oppure in AirPlay, se invece volete usare Spotify si può anche sfruttare l’app. Per le radio via web è disponibile il servizio Tunein. Unico inconveniente dell’app è quando si richiama un’applicazione esterna, per esempio Spotify: in questo caso si apre direttamente l’app esterna e spariscono i controlli del diffusore, per variare il volume bisogna usare i tasti del dispositivo oppure si deve riaprire l’app Sony. Ascolto di qualità Adesso il pensiero ricorrente, che era francamente anche il nostro, sarà il seguente: con tutte queste funzioni al prezzo di un semplice buon diffusore non possiamo pretendere che suoni anche bene. E invece questo Sony non delude al momento dell’ascolto, specie se si sfruttano in modo intelligente l’equalizzatore a 5 bande integrato con le diverse curve preimpostate. Per queste ultime sono disponibili effetti per diversi generi musicali ed è possibile anche inserire un allargamento dell’effetto stereo su due livelli; si tratta torna al sommario di elaborazioni non eccessive e piacevoli ma noi abbiamo scelto la posizione Flat; l’equalizzatore vero e proprio è disponibile solo tramite l’app. Ascoltando CD la resa sonora è molto piacevole, senza eccessi sui bassi e con un buon dettaglio, gradevoli le voci femminili e con il giusto livello di dettaglio. Alzando il volume si ottiene anche un buon impatto in gamma bassa rispetto alle dimensioni contenute. Le curve preimpostate di equalizzazione aggiun- gono brio e coinvolgimento senza eccedere nelle variazioni apportate, dissipando il nostro preventivo scetticismo. Meno efficace l’allargamento del fronte stereo ma non ci sembra un difetto grave con questa tipologia di diffusori. Abbiamo già accennato all’ascolto della radio FM che è di buon livello, anche se volutamente limitato in gamma acuta per evitare eccessi di fruscio. n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST Pannello 4K con risoluzione 3840x2160, porta DisplayPort 1.2, HDMI 1.4: tutto ad un prezzo davvero super conveniente Monitor 4K low cost: in prova il Samsung UD590 Il prezzo è inferiore a 700 euro, può contare su un pannello 4K da 28” e su un buon livello costruttivo. E’ un vero affare? S di Roberto PEZZALI ono arrivati in Italia i monitor 4K a basso costo: che l’Ultra HD non sia una tecnologia “cara” già lo sapevamo, ma se fino a poco tempo fa per un gran monitor ad elevata risoluzione servivano più di 1000 euro oggi si può spendere anche la metà. La prima proposta che abbiamo voluto provare è il nuovo Samsung U28D590D, 28” di diagonale e pannello con risoluzione 3840x2160: la vera novità di questo monitor è la possibilità di gestirlo direttamente a 60 Hz con una connessione single stream, sfruttando la porta DisplayPort 1.2 sul retro. Una possibilità questa che dovrebbero avere praticamente tutti coloro che mirano al nuovo monitor Samsung: per gestire un pannello 4K serve una scheda video di un certo livello, inutile nasconderlo, e le schede video al top sicuramente hanno una uscita DisplayPort compatibile. Perché questo monitor Samsung costa così poco? Samsung è una delle prime aziende ad aver adottato un nuovo pannello per monitor a basso costo della CMO, un 28” TN usato anche da altri produttori, al quale è stato abbinato un nuovo tipo di controller che ha permesso la gestione dell’ingresso a 60 Hz. Attorno al pannello Samsung ha costruito poi un cabinet semplice, senza tutte le regolazioni richieste dai monitor professionali, ma con una finitura comunque più che adeguata al brand, quindi stand in metallo e discreta stabilità. Qualcosa manca, come ad esempio l’aggancio VESA, ma come abbiamo già detto questo monitor non è indirizzato al professionista. Il target è il consumatore appassionato di tecnologia, che vuole tanta risoluzione, anche se come vedremo questo rischia di essere un boomerang: il mondo Windows ancora non è pronto per risoluzioni così elevate e non tutte le applicazioni scalano nel migliore dei modi. Tornando al pannello abbiamo detto che si tratta di un TN: Samsung parla di pannello capace di visualizzare 1 miliardo di colori, e questo potrebbe lasciare intendere che siamo di fronte ad un pannello a 10 bit: in realtà crediamo che sia un pannello a 8 bit dove i colori aggiuntivi vengono creati per interpolazione. DisplayPort indispensabile Sul retro Samsung ha inserito due porte HDMI di tipo 1.4 e una porta DisplayPort, che come abbiamo già detto rappresenta l’unica via per gestire il monitor torna al sommario video lab Samsung U28D590D 699,00 € È UN OTTIMO MONITOR TUTTOFARE La presenza di un pannello TN non è mai un buon biglietto da visita per un monitor, tuttavia nel caso del Samsung dobbiamo ricrederci: il pannello funziona molto bene e se lo si guarda di fronte, come è lecito aspettarsi da un monitor, anche la resa cromatica è decisamente buona. Certo, non è un monitor professionale e non può servire a chi ha bisogno di un reference monitor, ma per fotoritocco, video editing e per usi domestici va più che bene. Il limite è rappresentato dalla risoluzione: solo con un computer da urlo e con i giochi di ultima generazione si riesce a sfruttare questo monitor al meglio, perché per le normali app manca ancora l’ottimizzazione. In ogni caso il Samsung U28D590D si comporta discretamente bene in modalità scaling, quindi può essere un acquisto da sfruttare ora solo parzialmente per poi usarlo a dovere quando l’ecosistema si sarà adeguato. 7.7 Qualità 8 Longevità 7 - Buona qualità video COSA CI PIACE - Ingresso DisplayPort 1.2 - Prezzo conveniente Design 7 Simplicità 8 D-Factor 7 Prezzo 8 - Necessità di una scheda video potente COSA NON CI PIACE - Ecosistema non ancora pronto - Pannello TN a 60 Hz a risoluzione nativa. Le porte HDMI sono comunque utili: funzionano in upscaling e possono gestire anche modalità Picture In Picture e Picture and Picture, con due immagini affiancate. C’è anche un piccolo jack per l’ingresso audio esterno. una scheda video adeguata, lo abbiamo già detto in un altro articolo. Un monitor 4K oggi per Windows crea più problemi di quanti ne risolva, e questo non è certo colpa di Samsung ma dell’ecosistema che non è ancora pronto per queste risoluzioni. Windows in 4K: tutto troppo piccolo Gestire il monitor con Windows alla risoluzione 4K 3840x2160 è davvero impegnativo: se la modalità “Metro UI” di Windows 8 è già strutturata per scalare bene anche con display risoluti la stessa cosa non si può dire di Windows 8 in versione desktop. Nel pannello di controllo di Windows 8.1 è stata inserita la possibilità di gestire lo scaling di icone e elementi di testo, ma non tutte le applicazioni scalano nel migliore dei modi. In molti casi, come ad esempio con le app Adobe, alcuni editor di testo e altre app di terze parti, il risultato è uno schermo con elementi piccolissimi, minuscoli. Ad oggi l’unica cosa che sembra scalare bene sono i giochi, dove quasi per tutti c’è il supporto alla modalità 4K: serve comunque segue a pagina 33 n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE PC QNAP annuncia la disponibilità di QGenie, un compatto e versatile NAS portatile 7 in 1 QGenie è il mini NAS portatile e tuttofare Offre fino a 32 GB di spazio, ricarica portatile e hotspot Wi-Fi: tutto gestibile tramite app Q di Massimiliano ZOCCHI NAP presenta QGenie, mini NAS portatile che promette di assolvere numerosi compiti in un unico strumento. La caratteristica principale è quella di NAS portatile con un’autonomia fino a 10 ore: il dispositivo supporta fino a 20 utenti, di cui 8 simultanei, e permette di gestire file di grosse dimensioni senza “intasare” i dispositivi portatili iOS e Android, oppure può essere usato per condividere dati con altre persone in modo rapido senza appoggiarsi a drive esterni. Sempre restando in ottica mobile, oltre alle funzionalità di archiviazione e condivisione tipiche dei NAS, QGenie può sfruttare la propria batteria da 3.000 mAh come “battery pack” per ricaricare smartphone o altri device (rinunciando a parte dell’autonomia, ovviamente), e ha anche la funzione Access Point per la condivisione della rete Internet, sia Wi-Fi che fissa, essendo inoltre dotato di presta Ethernet. Il caricamento dei dati dal proprio PC raggiunge i 120 MB/s in lettura e i 40 MB/s in scrittura, grazie alla connessione USB 3.0 e all’unità SSD da 32 GB integrata. In tal senso, quindi, QGenie funge anche da drive SSD esterno. Con l’importanza che ormai hanno raggiunto le piattaforme cloud, non poteva mancare anche questa possibilità, chiamata myQNAPcloud e gestibile tramite le applicazioni Qsync e Qfile: essa consente di creare un cloud personale per condividere i contenuti presenti in QGenie in mobilità. Inoltre, sempre tramite Qfile, c’è la possibilità di salvare nel dispositivo la propria rubrica telefonica, sia iOS che Android, e poterla poi passare anche a un nuovo cellulare. Il cuore del prodotto è una CPU da TEST Samsung U28D590D segue Da pagina 32 La calibrazione non è necessaria Non è male per essere un pannello TN Passando al monitor vogliamo partire proprio dal pannello: Samsung non ha potuto fare miracoli e i difetti di un pannello TN ci sono tutti: variazione di luminosità e contrasto al variare dell’angolo di visione e soprattutto color shift, ovvero variazione cromatica (anche pesante). Un monitor TN è un monitor che, grazie ad un basso tempo di risposta, si presenta come una soluzione ottimale per chi vuole giocare e nel caso del Samsung U28D590D il tempo di risposta è inferiore ai 5 millisecondi. Samsung mette in luce anche una buona luminosità, mentre il contrasto è abbastanza basso a causa proprio del livello del nero non impeccabile. Dopo la calibrazione semplice (non è possibile calibrare il monitor via hardware accedendo alla LUT) si riescono a raggiungere co- torna al sommario 600 MHz, è dotato di una porta USB 3.0, porta di rete LAN, Wi-Fi 802.11n e supporto a schede SD, il che lo rende interessante anche per liberare spazio dalla propria macchina fotografica. Infine lo schermo OLED offre diverse indicazioni per tenere sotto controllo le operazioni e la quantità di utenti collegati. QNAP dichiarala disponibilità immediata a un prezzo per ora sconosciuto, anche se è probabile il posizionamento nella fascia dei 99 euro. munque buoni risultati, anche se di default il monitor si comporta già più che bene. Impostando il profilo sRGB, il monitor Samsung esibisce di default una colorimetria sufficientemente vicina al riferimento anche se necessita di qualche messa a punto. Per quanto riguarda lo spazio colore si notano, infatti, un verde più saturo del riferimento e viceversa un rosso leggermente meno profondo. Andando ad analizzare nel dettaglio la saturazione dei vari colori, siamo sempre entro limiti sicuramente accettabili, con un deltaE inferiore a 4 per primari, secondari e colori come i toni della pelle. Per una resa più fedele si dovrà necessariamente intervenire sulla calibrazione per portare l’errore più vicino al 2. In generale si nota soprattutto un eccesso di saturazione del verde e del giallo su colore pieno, mentre un po’ tutti i colori tendono a essere meno luminosi rispetto al riferimento in percentuale variabile ma comunque a singola cifra. La linearità della scala di grigi è tutto sommato buona, anche se il bilanciamento del bianco perde di precisione salendo verso il bianco 100%. Non esaltante il rapporto di contrasto che si ferma a 224:1. PC Synology DS415play Il server multimediale Chiamarlo NAS è quasi riduttivo, considerando le caratteristiche tecniche da vero mini PC. Il nuovo NAS a 4 bay di Synology, il DS415Play, è infatti basato su processore dual core Intel Atom da 1,6 GHz con 1 GB di RAM e transcodifica hardware in real time di contenuti video H.264 in full HD. Si tratta di un NAS ottimizzato per l’utilizzo come server di contenuti multimediali con una capienza massima di 24 Terabyte. La transcodifica hardware del video è una funzione utile per applicazioni come Plex, che permettono di riprodurre i contenuti memorizzati sul NAS con qualsiasi dispositivo indipendentemente dai tipi di file supportati. Il NAS è dotato di porta Gigabit Ethernet, 5 porte USB (di cui due USB 3.0) compatibili con dischi esterni formattati EXT4, EXT3, FAT, NTFS e HFS+ e supporta hard disk in configurazione JBOD, RAID 0, RAID 1, RAID 5, RAID 6 e RAID 10. Il NAS può essere reso Wi-Fi tramite una chiavetta USB opzionale e offre una rumorosità di 20 dB. E come il resto della gamma Synology, il NAS è basato sulla piattaforma DSM 5.0, con tutto l’ecosistema di applicazioni di terze parti già disponibili. n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST Oral B Professional Care 3000 e il Philips HX6711 in sfida: a suon di “spazzolate” aiutano a tenere i denti più puliti Sfida di sorrisi: in prova gli spazzolini elettrici Abbiamo messo a confronto i due spazzolini elettrici leader di mercato: Oral B e Philips. Chi farà sorridere meglio? di Roberto FAGGIANO l dentista è uno degli uomini più temuti al mondo da grandi e piccini, portatore di dolori non solo al corpo ma soprattutto al portafoglio. Quindi ogni strada per evitare di frequentarlo troppo spesso è lecita. Il che non vuol dire trascurare la salute della bocca ma viceversa moltiplicare le attenzioni nella pulizia dei denti, in modo che le visite si limitino alla pulizia annuale o semestrale. Per questo scopo è molto utile uno spazzolino elettrico, in grado di aumentare la qualità della pulizia dei denti rispetto allo spazzolino manuale. Il vantaggio rispetto allo spazzolino manuale non è uno slogan pubblicitario, lo spazzolino elettrico compie molti più movimenti grazie al motore e riesce a ripulire meglio i denti e gli spazi interdentali. I video lab I due rivali: simili ma diversi I due protagonisti del confronto sono l’Oral B Professional Care 3000 (108 euro) e il Philips HX6711 o Healthy White (83 euro) che dir si voglia. Ai prezzi di listino degli spazzolini bisogna affiancare il costo dei ricambi delle testine, da sostituire abbastanza frequentemente, in genere ogni tre mesi. Un costo a nostro parere eccessivo dato che Oral B richiede 13 euro per la confezione da due testine (circa 8 euro nei supermercati), mentre Philips richiede circa 15 euro di listino, sempre per due testine (che fortunatamente diventano circa 12 nei supermercati). Se pensiamo che un buon spazzolino manuale di marca costa al massimo 3 o 4 euro, il prezzo richiesto ci pare giustificato solo dai piccoli numeri di produzione, ma non dal costo dei soli materiali. Comunque cifre da tenere presenti per calcolare il vero costo degli oggetti nel tempo. L’approccio alla pulizia dentale dei due spazzolini è molto diverso: Oral B punta sull’azione meccanica di una testina rotonda che ruota e oscilla mentre Philips pulisce tramite le vibrazioni soniche di una testina rettangolare, tecnologia chiamata appunto Sonicare. Le modalità d’uso sono molto semplici, con un tasto di avviamento e la possibilità di scegliere tra due modalità di utilizzo per il Philips e tre per l’Oral B. Entrambi gli spazzolini hanno un timer programmato sul tempo di due minuti, cioè il tempo consigliato per la pulizia dopo i pasti. I timer sono programmati con intervalli di 30 secondi per ogni quadrante della bocca (zona esterna e zona interna destra e sinistra dell’arcata inferiore e superiore) e avvertono con una vibrazione che il tempo è trascorso e si può passare a un’altra zona della bocca. Solo sull’Oral B c’è anche un sensore di pressione che avvisa con una spia rossa dell’eccessiva forza impressa allo spazzolamento. Una ulteriore spia avverte della necessità di ricaricare le batterie, entrambe in grado di assicurare due pulizie al giorno per circa 3 settimane. Le basette di ricarica sono molto compatte e si pre- torna al sommario stano quindi anche ai viaggi, con l’Oral B arriva anche un’ulteriore basetta casalinga che contiene le tre testine in dotazione. Entrambi gli spazzolini non temono l’acqua e tutti i tasti sono a membrana impermeabile. Per l’utilizzo comune in famiglia sono disponibili dei collarini colorati che identificano ogni testina personale. La comunicazione bifronte Il mercato degli spazzolini elettrici è praticamente diviso da due soli contendenti, cioè i marchi in prova. Succede però che la pubblicità in materia debba affidarsi inevitabilmente agli stessi testimonial, cioè i dentisti. Questi ultimi per non fare torto a nessuno hanno equamente diviso il loro apporto tra i due marchi. Da qui però è nata una curiosa contraddizione, evidentemente non colta dalla categoria: un marchio risulta come “il più consigliato” dai dentisti, l’altro come “il più usato” sempre dai dentisti. Se ne deve dedurre che i dentisti consigliano un marchio Oral B fornisce in prima dotazione tre diverse testine: la Precision Clean è quella per l’uso quotidiano con setole di diversa consistenza per una pulizia avvolgente del dente, la Floss Action invece alterna setole e gomma per una migliore pulizia delle zone interdentali mentre la 3D White è da usare per un’azione sbiancante. Philips, invece, fornisce solo una testina Pro Result, con setole verdi tranne un ciuffo di colore blu che si scolorisce nel tempo, per indicare l’usura e la necessità di sostituzione. ORAL B PROFESSIONAL CARE 3000 PHILIPS HX6711 segue a pagina 36 n.94 / 14 21 LUGLIO 2012 MAGAZINE TEST ORAL B PROFESSIONAL CARE 3000 Oral B Professional Care 3000 e Philips HX6711 segue Da pagina 35 ma ne usano un altro, una situazione che potrebbe portare a un risultato opposto al desiderato e porre qualche dubbio sulla deontologia professionale. Alla prova dei fatti Il test sui due spazzolini si è svolto in tempi molto più lunghi del solito, in modo da poter saggiare le reali prestazioni dei due modelli. Premettiamo che i risultati non hanno alcuna valenza medica o scientifica ma sono semplici impressioni personali sull’utilizzo quotidiano dello spazzolino. Il primo spazzolino sotto esame è stato l’Oral B, maneggevole ed ergonomico nella forma ma non troppo leggero e non troppo silenzioso. Iniziamo dalla testina standard che è formata da diverse fibre sintetiche piuttosto dure: l’azione di pulizia è molto vigorosa già senza premere troppo sui denti, la pulizia appare completa e precisa anche negli interstizi tra i denti e sull’attacco con le gengive. In questa zona sono possibili dei piccoli sanguinamenti, ma non è colpa della testina bensì della scarsa pulizia precedente. Il movimento in bocca è agevole grazie alle dimensioni molto contenute della testina. Per far accendere la spia della pressione eccessiva bisogna ve- ramente esagerare, la spia però la vedrete solo se vi guardate allo specchio mentre vi lavate i denti, abitudine forse non molto diffusa; un segnale acustico sarebbe stato più utile. Testiamo brevemente anche le altre due testine dedicate alle funzioni di pulizia profonda e sbiancamento con le velocità dedicate, dove alle setole si sommano parti in plastica gommosa. Qui l’azione ci è parsa troppo rude e meccanica, meglio evitarla se non in casi estremi di esigenza di sbiancamento o pulizia profonda a fine giornata. Il Philips è molto compatto nell’impugnatura e abbastanza leggero, la parte che supporta la testina è molto sottile e delicata, da trattare con prudenza per evitare la rottura. Il rumore del motorino è modesto mentre le vibrazioni soniche possono indurre un curioso fastidio tipo pizzicore alle parti molli della bocca se non si posiziona correttamente la testina sui denti e sulle gengive. La pulizia dello spazzolino Philips è efficace e molto delicata, tanto da indurre a premere sin troppo sui denti per “sentire” la sua azione, ma è un errore PHILIPS HX6711 da evitare perché le vibrazioni bastano a creare un piccolo vortice di acqua e dentifricio che asporta i residui senza dover passare energicamente sulla dentatura. La modalità di sbiancamento provoca una diversa vibrazione delle testine, difficile da cogliere per la verità se non si guarda la spia relativa, ma anche in questo caso la lasceremmo solo in caso di necessità periodiche o dopo aver consumato alimenti molto “invasivi”, come caffè o mirtilli. Tirando le somme i due spazzolini hanno svolto egregiamente il loro lavoro ed è facile vedere “ a occhio nudo” i risultati quotidiani con una superficie dei denti chiaramente pulita e brillante come dopo una pulizia professionale, altrettanto valida la pulizia negli spazi interdentali ma non tale da sostituire l’uso quotidiano di filo interdentale e scovolino che rimangono indispensabili. Sulle prime appare eccessivo il tempo di due minuti da dedicare a ogni quadrante della bocca, ma è l’unico metodo per ottenere una pulizia davvero completa a lungo termine. Entrambi gli spazzolini hanno buona autonomia e mantengono quanto promesso in tal senso. L’azione del Philips ci è parsa più delicata, più adatta a chi ha qualche problema gengivale mentre l’azione dell’Oral B è altrettanto efficace ma sin troppo energica. Il prezzo di listino del Philips è inferiore a quello dell’Oral B ma le differenze effettive in negozio sono minime. Pollice verso per i ricambi delle testine, troppo cari alla lunga, con prezzi tali da portare alla tentazione di cambiare le testine meno frequentemente e con conseguente rischi di danneggiare i denti con setole consumate. SMARTHOME Thomas Povey, ingegnere aerospaziale che progetta sistemi di raffreddamento, ha creato la pentola perfetta Arriva la super pentola che cuoce più in fretta Consuma meno energia e cuoce più velocemente. E’ già in vendita in Inghilterra di Roberto PEZZALI I nventare la pentola perfetta: Thomas Povey, ingegnere inglese, è riuscito nella sua missione e ora la pentola è in vendita in Inghilterra nel catalogo di una azienda di prodotti da cucina ad un prezzo che va dalle 49 alle 85 sterline a seconda dei modelli. Nessun chip, nessun circuito ma uno studio incredibile sulla distribuzione del calore sicuramente influenzato dal background di Povey, che di giorno lavora come ingegnere aerospaziale torna al sommario alla Oxford University studiando i metodi migliori per raffreddare i jet degli aerei. Flare Pan, questo il nome della pentola e della tecnologia usata, permette di riscaldare I cibi in maniera più veloce ed efficiente risparmiando il 40% di gas rispetto ad una pentola di tipo tradizionale. Il problema di queste ultime, secondo Povey, deriva dal fatto che il calore viene usato per riscaldare principalmente la pentola e non il cibo. Inizialmente la pentola era stata realizzata per facilitare la cottura ad elevate altitudini, ma poi si sono accorti che funzionava bene in tutte le situazioni e si è deciso di iniziare una produzione. Sempre secondo Povey sarebbero gli italiani gli utenti perfetti: grazie a Flare Pan l’acqua della pasta bolle molto prima grazie ad una distribuzione efficiente del colore su tutta la superficie. Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito EQUO COMPENSO PER COPIA PRIVATA ECCO COME VIENE RIPARTITO di Gianfranco Giardina 37 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito Dove vanno a finire tutti i soldi? Quasi nessuno sa che strada prendano i soldi dei compensi per copia privata una volta entrati in SIAE. Abbiamo provato a vederci chiaro e a ricostruire, nel limite del possibile, tempi e metodi di ridistribuzione, scoprendo che... T anto si è detto – a proposito e a sproposito – sulla destinazione dei compensi per copia privata. Chi dice che se li “mangi” tutti la SIAE; chi dice che siano utilizzati per finanziare la creatività dei giovani artisti. Si tratta in entrambi i casi di fesserie. Di certo i 70-80 milioni di raccolta (che diventeranno molti di più alla luce dei recenti aumenti) fanno gola e alimentano un sistema di interessi all’interno del quale è difficile discernere dove finisce il ruolo di garanzia e indipendenza dei ripartitori e dove inizia invece una selva burocratica capace di sollevare una coltre di nebbia che, tecnicismo dopo tecnicismo, parametrizzazione dopo parametrizzazione, rende difficile se non impossibile riconciliare e chiudere precisamente i conti. Perché un’inchiesta del genere Non crediamo sia mai capitato di vedere su DDAY.it un pezzo così “pesante”, in tutti i sensi. E di questo ce ne scusiamo sin da subito con i lettori. Ma questo lavoro è una conseguenza diretta dall’esigenza di trasparenza sulla destinazione dei proventi da compensi per copia privata che nasce innanzitutto dal fatto che, come indica la legge, a pagare siano i consumatori: è quindi giusto che ci sia piena informazione verso i cittadini sul fatto che i fondi raccolti vadano a buon fine. Inoltre, sono i “testi sacri”, anche quelli graditi a SIAE, a richiederlo; come, per esempio, il rapporto Castex emesso recentemente dal Parlamento europeo: il rapporto “invita gli Stati membri ad assicurare una maggiore trasparenza quanto alla destinazione dei proventi ottenuti dai prelievi per copie private”. Infine, riteniamo che una maggiore informazione, dato che SIAE non pubblica un rapporto specifico sulla copia privata e sulla destinazione precisa dei compensi, sia anche di interesse di tutte le comunità degli aven- ti diritto, che vedono sì arrivare periodicamente dei compensi ma che, come ci hanno raccontato nelle nostre interviste, non hanno modo di avere contezza sul fatto che le cifre siano corrette. Al di là degli slogan e delle fazioni, abbiamo quindi deciso di provare a vederci più chiaro e abbiamo faticosamente ricostruito in maniera più precisa possibile (o meglio, meno imprecisa possibile) tutti i percorsi e i meccanismi di ridistribuzione dei proventi per copia privata raccolti dalla SIAE. Si tratta di un itinerario complesso, da ricostruire e anche da leggere, ma che è necessario percorrere per capire bene la questione copia privata e parlarne seriamente e fuori dagli slogan. Percorrendo questo itinerario, in alcuni tratti l’estrema parcellizzazione dei conti e la complessità di ripartizione lascerebbe pensare che si tratti di una “sovrastruttura” per certi versi funzionale solo a sostenere e giustificare gli apparati che la governano. SIAE descrive invece questa complessità quale un necessario “sistema di garanzia” a tutela di un’equa distribuzione. Lasciamo il giudizio al lettore che avrà la tenacia di arrivare fino in fondo. 38 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito Cosa sono i compensi per copia privata Per chi non lo sapesse, la copia privata è il diritto che un consumatore ha di copiare un contenuto legittimamente acquistato (e quindi tassativamente non pirata) su altri dispositivi di sua proprietà. I contenuti copiati non possono essere ceduti a terzi a nessun titolo, anche non oneroso. Per poter avere questo diritto (che però è sempre più difficile esercitare perché può essere svolto solo nel rispetto delle misure di protezione anticopia) il consumatore è tenuto al pagamento di un compenso che grava non sui contenuti stessi (almeno quelli copiabili) ma su supporti e apparecchi. Per semplicità di gestione, il compenso viene versato a SIAE da chi importa o produce i prodotti assoggettati, che poi - nella stragrande maggioranza dei casi - carica quest’onere sulla filiera a valle (con incremento di IVA e margine del canale distributivo) fino ad arrivare a consumatore finale. SIAE si occupa della ridistribuzione del ricavato di questi compensi, sottratti i propri costi, seguendo alcune indicazioni di legge (per esempio sulle percentuali tra diverse categorie di aventi diritto) e stabilendo autonomamente altri parametri di ripartizione (come per esempio l’incidenza di quota audio e di quota video e così via). Spese SIAE pari al 7% della raccolta Partiamo dalla raccolta lorda, ovverosia le cifre che SIAE incassa dai produttori e distributori di prodotti soggetti al compenso. Per tutta questa inchiesta, considereremo la raccolta lorda come il nostro “100%”: vedremo passo passo quanta parte di questo 100% si fermi a ogni passaggio e quanto effettivamente arrivi a valle. La raccolta lorda di SIAE (secondo le dichiarazioni e i bilanci della stessa SIAE) negli ultimi anni ha assunto questi valori: COMPENSI PER COPIA PRIVATA Raccolta lorda 2009 44.574.589 euro 2010 52.223.344 euro 2011 84.476.735 euro 2012 72.416.249 euro 2013 circa 62.100.000 euro Si tratta di cifre rilevate – ci dicono in SIAE - “per cassa”, ovverosia gli incassi effettuati negli anni indicati ma che non necessariamente si riferiscono a supporti e apparecchi venduti nell’anno in questione. La cosa singolare – e prima fonte di difficile riconduci- bilità delle date e quadratura dei conti – è il fatto che invece tutta la ridistribuzione viene poi fatta per competenza e non per cassa; gli stessi bilanci vengono fatti per competenza. Purtroppo SIAE non comunica la raccolta per copia privata per competenza (che però è il criterio secondo il quale opera la ripartizione), rendendo di fatto impossibile ogni analisi precisa: a nostra richiesta di chiarimenti su discordanze e mancate quadrature tra quanto raccolto e quanto arrivato (o in arrivo) per l’anno in questione a valle, SIAE ha risposto che uno scostamento del 5% (circa 3 milioni di euro) può essere giustificato appunto dai due diversi criteri di contabilizzazione. Ne parleremo più avanti. A norma di legge, la SIAE su queste cifre trattiene un rimborso spese che – va detto - autodetermina anno per anno e che dovrebbe basarsi sull’onerosità dell’attività di raccolta e ridistribuzione. Per l’anno 2012, al quale ci siamo riferiti per questa analisi, la trattenuta di SIAE per la gestione è stata pari al 7% così composto: 4% di rimborso spese vero e proprio (circa 2 milioni e 900 mila euro), 1% per la gestione dei rimborsi connessi alle esenzioni professionali (circa 725mila euro), 2% per sostenere i costi straordinari relativi a 7 ricorsi riguardanti la copia privata pendenti presso il TAR o il Consiglio di Stato (pari a circa 1 milione e 450mila euro). In pratica, per l’anno 2012, SIAE ha trattenuto circa 5 milioni di euro come spese per la raccolta e la ridistribuzione, mandando a valle quindi il 93% della raccolta. Il fatto che la percentuale delle trattenute sia decisa da SIAE stessa e non da un ente di controllo (per esempio dal Ministero stesso o dalla Presidenza del Consiglio) è probabilmente improprio, soprattutto visto che SIAE opera in regime di monopolio e quindi non viver certo il sano pungolo della concorrenza. Tornando al 2012, questo 93% viene spartito tra “quota Audio” (ovverosia facente capo alle copie private di contenuti musicali) e “quota Video” (riferito alle copie di materiale video). Ovviamente – altro livello di arbitrarietà del sistema – nell’era digitale non c’è un modo certo per stabilire se un supporto viene utilizzato per una copia di materiale audio o video; addirittura – come ben sappiamo – non c’è modo di stabilire neppure se un supporto sia usato o meno 39 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito per copiare materiale coperto da diritto d’autore. In ogni caso, la spartizione tra quota Audio e quota Video viene stabilita autonomamente e annualmente da SIAE sulla base di “ricerche di mercato” ed è stata fissata per la ridistribuzione 2012 in una perfetta metà ad ognuna delle due quote. Quindi, del nostro 93% residuo, il 46,5% va in quota Audio e un altro 46,5% va in quota Video, le quali a loro volta vengono ripartite tra autori, editori, produttori discografici e interpreti secondo percentuali previste dalla legge. La ripartizione della quota video Va detto che SIAE determina autonomamente ogni anno l’ammontare dei propri rimborsi spese, sulla base di “ricerche” e considerazioni interne. Dai dati di bilancio 2013, per esempio, si può arguire un rimborso spese salito ora al 7,6%, ma non abbiamo da SIAE informazioni specifiche sulla composizione o sulle valutazioni che hanno portato all’aumento della percentuale dei costi. La ripartizione della quota audio La legge dispone che la quota audio (per il 2012 il 50% della raccolta netta) venga ripartita per la metà agli autori/editori (quindi agli associati SIAE) e per l’altra metà ripartita equamente tra produttori fonografici ed esecutori e interpreti. In pratica, sempre riferendosi al nostro 100% iniziale di raccolta lorda, per quello che riguarda la quota audio abbiamo queste ripartizioni: COPIA PRIVATA Ripartizione quota Audio Aventi diritto % su quota Audio % su TOT ammontare presunto 2012 Autori / Editori (ass. SIAE) 50% 23,25% 16.836.778 € Produttori fonografici 25% 11,625% 8.418.389 € Esecutori e Interpreti 25% 11,625% 8.418.389 € La legge dispone che la quota video (per il 2012 anch’essa il 50% della raccolta netta) venga ripartita per il 30% agli autori/editori (quindi agli associati SIAE), mentre il restante 70% venga destinato equamente tra Produttori originari delle opere audiovisive (le case cinematografiche per intenderci), Produttori dei videogrammi (le Case di home video produttrici di DVD e Bly-ray) e Interpreti/esecutori. In pratica, sempre riferendosi al nostro 100% iniziale di raccolta lorda, per quello che riguarda la quota video abbiamo queste ripartizioni: COPIA PRIVATA Ripartizione quota Video Aventi diritto % su quota % su TOT Audio ammontare presunto 2012 Autori (ass. SIAE) 30% 13,95% 10.102.067 € Produttori originari 23,33% 10,85% 7.857.163 € Produttori 23,33% Videogrammi 10,85% 7.857.163 € Esecutori e Interpreti 10,85% 7.857.163 € 23,33% Anche in questo caso le cifre riportate sia nella tabella che nel grafico rappresentano l’ammontare presunto e teorico della ripartizione 2012. Infatti, come vederemo più avanti, per una serie di motivi, gli importi corrisposti, almeno per diversi anni, sono decisamente inferiori. Le cifre riportate sia nella tabella che nel grafico rappresentano l’ammontare presunto e teorico della ripartizione 2012. Infatti, come vederemo più avanti, per una serie di motivi, gli importi corrisposti, almeno per diversi anni, sono decisamente inferiori. 40 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito Il nodo dei proventi finanziari, degli accantonamenti e dei rimborsi per usi professionali Sembrerebbe quindi semplice determinare le cifre precise che vengono erogate a valle, semplicemente applicando le percentuali previste dalla legge al totale per esempio dei compensi 2012 al netto della quota di spese SIAE. In particolare, le ripartizioni per il 2012 dovrebbero essere quelle riportate nella seguente tabella: avuto alternative che riferirci all’analisi dei bilanci SIAE dai quali traspare come da qualche anno la Società stia accantonando un fondo rischi sul mancato incasso della propria percentuale sulle cifre che deve restituire per gli utilizzi professionali, con un forte incremento nelle ultime gestioni. Ogni anno, negli ultimi due o tre bilanci, il fondo rischi per eventuali richieste di rimborso (che deve proteggere SIAE verso il rischio di non incassare sula quota parte restituita il proprio 7%) viene incrementato di circa 600-700mila euro; se questi rappresentano il 7% dell’incasso da restituire, si direbbe che SIAE prevederebbe di restituire circa 9-10 milioni di euro. Si tratta in ogni caso di una cifra molto alta, ben più alta di quanto non ci si aspetterebbe. Infatti, pare proprio che restituzioni per usi professionali siano limitatissime; sempre dalle note integrative ai bilanci SIAE, emerge come i decrementi al fondo rischi (che rispecchiano, limitatamente alla percentuale SIAE, i rimborsi effettuati) sono molto bassi, in alcuni anni irrisori. E invece, se si prova a incrociare queste cifre teoriche con quelle effettivamente ricevute dalle società di collecting a valle di SIAE (e presumiamo anche dagli autori SIAE) non si riesce ad arrivare a una quadratura (almeno al momento in cui scriviamo e sulla base delle informazioni che ci hanno dato le stesse associazioni degli aventi diritto): le cifre distribuite risultano inferiori di circa il 25% rispetto alla ripartizione “teorica” prevista dalla legge. Interpellata SIAE sull’argomento, la Società Autori ed Editori ha giustificato questo delta con il già citato 5% imputabile a differenze tra criteri di cassa e di competenza e un 20% circa che sarebbe messo a riserva per consentire i rimborsi dei compensi per gli utilizzatori professionali. In pratica SIAE – secondo quanto ci ha detto - accantonerebbe, nel caso del 2012, qualcosa intorno ai 13 milioni di euro (il 20%) in attesa di eventuali richieste di rimborso, una cifra che appare sicuramente molto importante, apparentemente ben superiore alla percezione che abbiamo delle effettive richieste di rimborso. Abbiamo chiesto a SIAE di comunicarci a quanto ammontano le richieste di rimborsi per usi professionali relativi all’anno 2012 (che a metà 2014 dovrebbero essere già ampiamente state presentate e contabilizzate) o, in via subordinata, un ordine di grandezza di quanto viene mediamente restituito a tal fine, anche con riferimento alle gestioni precedenti al 2012: purtroppo la nostra domanda è parsa a SIAE “eccessiva” e ha ritenuto quindi di non doverci dare ulteriori chiarimenti. Non abbiamo Da questi dati, tratti dalle relazioni di bilancio di SIAE e considerando un rimborso spese del 7%, si possono stimare i rimborsi spese per uso professionale effettivamente effettuati da SIAE, come riportato nel grafico qui sotto: 41 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito Se ne deduce che negli ultimi 5 anni SIAE avrebbe gestito rimborsi per usi professionali per una media inferiore a un milione di euro all’anno, ma nel frattempo ha bloccato capitali notevolmente maggiori in attesa di una possibile (ma molto improbabile) restituzione. SIAE, tra le altre cose, accetta domande di rimborso effettuate entro 90 dalla fine del trimestre interessato dal pagamento, quindi per un periodo che nella peggiore delle ipotesi potrebbe essere di sei mesi. Ovviamente i tempi di prescrizione di legge sono più lunghi del limite temporale fissato da SIAE; ma di certo SIAE respingerebbe una domanda di rimborso tardiva, oltre i 90 giorni fissati, e quindi l’unico modo per ottenere il rimborso (verso il quale SIAE si cautela con il super accantonamento) sarebbe per via giudiziale: uno scenario che ci pare di poter definire improbabile. Con questo livello di accantonamenti, ovviamente, la voce a bilancio dei debiti per copia privata verso gli aventi diritto è andata via via crescendo negli anni, un po’ per la ridistribuzione che evidentemente non è veloce, un po’ per i ricorsi (come vedremo) e un po’ per questi accantonamenti fuori misura. In pratica SIAE sta via via aumentando i debiti verso gli aventi diritto, tenendo più soldi e più a lungo: con il gettito attuale, SIAE ha in cassa circa 2 anni e mezzo di compensi (oltre 150 milioni) che fruttano, ai tassi ai quali SIAE è capace di far rendere il denaro (4,29% secondo le dichiarazioni dell’ultimo bilancio della stessa SIAE) circa 6 milioni e 500mila euro ogni anno, ben più di quanto la SIAE ricavi “ufficialmente” dalla gestione della copia privata con il suo rimborso spese. In definitiva, possiamo dire che la gestione della copia privata, ammesso che presto o tardi tutti gli accantonamenti vengano destinati effettivamente agli aventi diritto, rende a SIAE (attenzione, a SIAE e non agli associati SIAE), tra rimborsi spese e proventi finanziari, circa 11 milioni di euro all’anno, cifra calcolata sulla base dei compensi precedenti al decreto Franceschini. Ovviamente le nuove determinazioni dei compensi per copia privata non potranno che generare un incremento sia del rimborso spese dirette SIAE che dei debiti verso aventi diritto e degli accantonamenti per eventuali rimborsi professionali, facendo crescere – probabilmente raddoppiare – i proventi SIAE collegati alla fattispecie. Va detto – per completezza di informazione – come diverse tra le associazioni a valle si siano dichiarate soddisfatte di come SIAE stia accorciando nelle ultime gestioni i tempi di pagamento; quello che sembrerebbe quasi un “effetto ottico”, visto che i debiti verso gli aventi diritto sono saliti nelle ultime gestioni; come dire che SIAE paga forse più velocemente di prima, ma accantona di più e quindi, almeno per il momento, paga meno di quanto dovrebbe. Quanto ai soli rimborsi per usi professionali, se scorporati, rendono a SIAE anch’essi su due fronti: l’1% del totale raccolto per le le spese di gestione direttamente imputabili a questa attività, pari per il 2013 a 724mila euro, ai quali vanno sommati i proventi finanziari per gli accantonamenti; la consistenza all’ultimo bilancio degli accantonamenti per usi professionali è di 28 milioni 640mila. Si tratta di compensi trattenuti in attesa di eventuali richieste di rimborso il cui andamento negli anni è riportato in questo grafico: Calcolando sempre una rendita finanziaria del 4,29%, i proventi finanziari collegati all’attività di rimborso per usi professionali superano il milione e 200mila euro. In pratica significa che per SIAE il solo fatto che esista una fattispecie di rimborso per usi professionali genera proventi di quasi 2 milioni di euro. Proventi che diventerebbero zero se si passasse – come raccomandato dall’Europa – a un sistema di esenzioni e non di rimborsi, meccanismo che avrebbe il duplice vantaggio di abbattere la burocrazia, permettere immediatamente il 42 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito giusto risparmio agli utilizzatori professionali e soprattutto consentire agli aventi diritto di entrare in possesso prima dei denari che spettano loro, senza accantonamenti sulla cui dimensione ci sarebbe da interrogarsi. Siamo a disposizione di SIAE nel caso in cui volesse darci indicazioni relativamente al preciso ammontare dei rimborsi per usi professionali e sui motivi che portano ad accantonamenti così abnormi rispetto alle richieste di rimborso, permettendoci quindi una maggiore precisione dei calcoli successivi che, purtroppo, pagano questa carenza di informazione, indipendenti dalla nostra volontà. In mancanza di questo dato proseguiremo i nostri calcoli senza considerare la quota di rimborsi per uso professionale, che dovrebbe (ma come abbiamo visto il condizionale è d’obbligo) abbattere queste cifre e rendere eventuali ratei e risconti ininfluenti. Tutte le cifre successivamente riportate con l’asterisco (semplicemente a scopo esemplificativo) ipotizzano, quindi, una quota di rimborsi per usi professionali pari a zero e sono da considerarsi da rettificare alla luce delle effettive quote rimborsate. destinati agli autori SIAE siano ancora bloccati, dato che è difficile pensare che ogni autore allestisca una fidejussione a favore di SIAE nel caso in cui i giudizi in corso la vedano soccombente. I ricorsi sono un affare per SIAE? C’è poi il problema dei ricorsi fatti da diverse entità (generalmente l’industria i cui prodotti sono assoggettati) nei confronti dei prelievi per copia privata: questi mettono in condizione SIAE, nelle more di un pronunciamento del TAR o del Consiglio di Stato, di trattenere le cifre relative ai compensi per copia privata per un lungo periodo a tutela di un’eventuale necessità di restituzione. Questo fa sì che per SIAE, tutto sommato, i ricorsi possano essere considerati un affare: innanzitutto – come abbiamo visto SIAE aumenta i propri costi per la gestione dei ricorsi (2% in più nel 2012 pari a crica 1 milione 450mila euro; ma ne servono così tanti per il patrocinio legale?); inoltre, grazie alla ridistribuzione sospesa e rimandata, SIAE è messa in condizione di realizzare proventi finanziari che in mancanza di ricorsi non avrebbe realizzato: non siamo in condizione di stimare a quanto possano ammontare questi proventi (già ricompresi nella cifra di oltre 6 milioni annui sopra esposta), ma è facile pensare che si tratti di cifre importanti, superiori al milione di euro. Negli anni recenti, sono rimasti bloccati per molto tempo nelle casse della SIAE alcuni fondi provenienti da copia privata, accantonati proprio per via dei ricorsi. Recentemente si sono in parte sbloccati verso le collecting ma solo dietro presentazione di opportuna manleva e fidejussione da parte delle associazioni e degli aventi diritto; non sappiamo invece se i fondi Giusto per fare un esempio, Anica (come da immagine qui sopra) ha incassato i proventi da copia privata 2010 e 2011 solo il 16 dicembre 2013, dopo aver prodotto opportuna manleva a SIAE con il relativo impegno a rifondere i proventi incassati in caso che il pronunciamento della giustizia ne imponga la restituzione; a sua volta Anica si è resa disponibile a ridistribuire a valle solo in presenza di opportuna fidejussione da parte delle società aventi diritto da presentare poi anche a SIAE. Tutta questa catena di blocchi e garanzie incrociate, non fa altro che rallentare il flusso di denaro verso gli aventi diritto tenendolo all’interno delle collecting che ovviamente ne traggono il relativo vantaggio finanziario. 43 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito La ripartizione della quota Audio agli associati SIAE Parliamo ora di cosa accade a quel 23.25% del totale (circa 16,6 milioni di euro* incassati nel 2012, al lordo dei rimborsi per usi professionali) che fanno capo alla quota Audio e che SIAE ridistribuisce agli autori ed editori propri associati. I criteri di ridistribuzione non sono semplici, ma cercheremo di esporli al meglio. Va tenuto presente, innanzitutto, che all’interno di SIAE operano cinque sezioni, una per ogni tipologia di contenuto tutelato: Musica, Cinema, Lirica, OLAF (Opere Letterarie e Arti Figurative) e DOR (Opere Drammatiche e Opere Televisive). Per quanto riguarda la quota audio dei proventi da compensi per copia privata, essa viene divisa tra le diverse sezioni della SIAE e precisamente secondo una ripartizione che può variare di anno in anno e che per i proventi 2012 è stata deliberata solo a primavera 2014 inoltrata: senza queste percentuali ovviamente non è possibile procedere alla ripartizione. Le percentuali sono state così determinate: 2012 è stata recentemente così determinata: MUSICA: 20,22% pari al 2,8% degli introiti totali (ovverosia poco più di 2 milioni di euro*) LIRICA: 1,76% pari allo 0,25% degli introiti totali (ovverosia circa 175mila euro*) CINEMA: 69.63% pari al 9,71% degli introiti totali (ovverosia circa 7 milioni di euro*) DOR: 3.52% pari allo 0,49% degli introiti totali (ovverosia circa 355mila euro*) OLAF: 4,87% pari allo 0,68% degli introiti totali (ovverosia quasi 500mila euro*) MUSICA: 94.6% pari al 22% degli introiti lordi totali (ovverosia quasi 16 milioni di euro*) LIRICA: 2.47% pari allo 0,57% degli introiti totali (ovverosia circa 415mila euro*) CINEMA: 0% DOR: 1,23% pari allo 0,28% degli introiti totali (ovverosia poco più di 200mila euro*) OLAF: 1,7% pari allo 0,39% degli introiti totali (ovverosia circa 286mila euro*) I criteri utilizzati per la successiva ripartizione sono diversi da sezione a sezione e sono riportati, invero in maniera non sempre omogenea, nelle diverse “Ordinanze di ripartizione” o, laddove non chiari, ci sono stati comunicati da SIAE (come nel caso della sezione Musica). Nei paragrafi successivi quanto abbiamo, non sempre facilmente, ricostruito. Come ripartisce la sezione Musica di SIAE Sulla base di quanto esposto, la fattispecie di Copia Privata rappresenta per la sezione Musica di SIAE un monte compensi da ridistribuire pari al 24,8% della raccolta lorda (tra quota Audio e quota Video), che equivale a circa 18 milioni di euro*. Questi vengono ripartiti con criteri diversi a seconda che si tratti di quota Audio e di quota Video, così come sotto riportato: La ripartizione della quota Video agli associati SIAE Come abbiamo detto, agli associati SIAE viene ridistribuita una porzione della quota video dei proventi da copia privata pari al 13.95% della raccolta totale lorda (pari a circa 10 milioni di euro* nel 2012). Dobbiamo anche in questo caso rifarci alle cinque sezioni operanti in SIAE, Musica, Cinema, Lirica, OLAF (Opere Letterarie e Arti Figurative) e DOR (Opere Drammatiche e Opere Televisive). Per quanto riguarda la quota video dei proventi da compensi per copia privata, essa viene divisa tra le diverse sezioni della SIAE e precisamente secondo una ripartizione che può variare di anno in anno e che per i proventi La sezione Musica – Quota Audio La sezione Musica ridistribuisce la porzione della quota audio di sua competenza sulla base di quanto già percepito dagli autori come diritti d’autore primari nelle diverse classi e precisamente secondo questi principi: Il 50% (pari al 11% degli introiti totali, ovverosia quasi otto milioni di euro*) proporzionalmente a quanto percepito in “Dischi Italia”, ovverosia proporzionalmente ai diritti d’autore già distribuiti per l’anno in questione in base alla vendita di dischi in Italia. Il 20% (pari al 4,4% degli introiti totali, ovverosia circa 3 milioni e 180mila euro*) proporzionalmente a quanto percepito in Classe III, ovverosia secondo la valutazione analitica della musica programmata nelle emissioni radiotele- 44 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito visive, con parametri variabili a seconda della durata della messa in onda, della prevalenza della musica rispetto ad altri contenuti e del tipo di programma. Il 5% (pari al 1,1% degli introiti totali, ovverosia circa 800mila euro*) proporzionalmente ai proventi dei diritti d’autore da downloading e streaming. Il 25% (pari al 5,5% degli introiti totali, ovverosia circa 4 milioni di euro*) proporzionalmente ai proventi da diritto d’autore del rendiconto generale (che quindi tiene conto di tutte le classi) in modo tale da allargare la base dei percipienti anche a chi non dovesse ricadere nelle fattispecie precedenti. L’ordinanza di ripartizione non chiarisce se ci sono cifre, sui compensi provenienti da copia privata, che vengono trattenute a favore di eventuali richieste tardive, né se ci sono ulteriori prelievi associati a costi di gestione. La sezione Musica – Quota Video La sezione Musica ridistribuisce la porzione della quota video di sua competenza sulla base di quanto già percepito dagli autori come diritti d’autore primari nelle diverse classi e precisamente secondo questi principi: 50% (pari al 1,4% degli introiti totali, ovverosia circa un milione di euro*) proporzionalmente ai diritti provenienti dalla vendita di supporti video, come DVD e Blu-ray 30% (pari allo 0.84% degli introiti totali, ovverosia circa 600mila euro*) proporzionalmente ai diritti provenienti dalle emittenti TV 20% (pari allo 0.56% degli introiti totali, ovverosia poco più di 400mila euro*) proporzionalmente ai proventi da diritto d’autore del rendiconto generale (che quindi tiene conto di tutte le classi) in modo tale da allargare la base dei percipienti anche a chi non dovesse ricadere nelle fattispecie precedenti. Anche in questo caso, l’ordinanza di ripartizione, che non cita affatto i proventi da copia privata, non chiarisce se ci sono ulteriori accantonamenti. Come ripartisce la sezione Cinema di SIAE La sezione Cinema non riceve proventi dalla quota Audio ma solo dalla quota Video. La ripartizione dei compensi per copia privata di competenza della sezione Cinema, pari al 9,71% degli introiti totali (ovverosia circa 7 milioni di euro*), è decisamente complicata e confessiamo che non ci è stato possibile sulla base della sola ordinanza di ripartizione ricostruirne precisamente i criteri; sfidiamo peraltro chiunque a riuscire ad arguire il funzionamento del sistema sulla base della sola ordinanza di ripartizione, davvero poco chiara. D’altronde SIAE non ci ha dato ulteriori informazioni, indicandoci come unico (e bastante) riferimento proprio l’ordinanza di ripartizione, approvata di recente e pubblicata solo a maggio 2014 sul sito SIAE, pur riferendosi ai compensi del 2012. Come prima cosa, la sezione Cinema accantona l’1% della base distribuibile (circa 70mila euro*) a copertura di variazioni e integrazioni dei dati. Il restante è ripartito se- condo una parametrizzazione che si appoggia a diversi “pesi”. Per determinare gli autori percipienti, fanno fede le trasmissioni delle reti generaliste RAI (Rai Uno, Rai Due e Rai Tre), Mediaset (Canale 5, Italia1 e Rete 4) e La7, ai quali si aggiungono alcuni canali verticali: SKY Cinema 1 e Fox Crime del bouquet SKY; Rai Premium, Rai Gulp e Rai 5. Nessuna ponderazione viene fatta sugli altri canali, come i Mediaset Premium, gli altri tanti canali SKY e così via: quindi 12 canali in rappresentanza delle centinaia di canali disponibili. I diversi programmi vengono pesati a seconda della rete sulla quale sono andati in onda in ragione degli ascolti medi annui rilevati da Auditel (con un meccanismo di “ammorbidimento” secondo il quale lo share relativo pesa solo per il 50% del peso totale). Il montante dei compensi da ridistribuire viene ripartito (ma non si danno indicazioni secondo quali principi e in che proporzioni) tra quattro generi: film, fiction, documentari e animazione. Per quanto attiene al genere “film”, le opere che ricevono ripartizione sono quelle appartenenti alla categoria I del repertorio; per il montante animazione, quelle della categoria IV; i montanti “fiction” e “documentari” vengono invece ripartiti tra le opere delle categorie I (con peso 80%), II e III (con peso 50%). Vengono anche ricompresi gli autori dell’adatta- mento in italiano di film e serie straniere, con un compenso pari al 10% del compenso totale spettante all’opera. La ripartizione così determinata viene messa a disposizione degli aventi diritto, anche se non associati alla SIAE. In questo ultimo caso, il compenso viene “congelato” per una durata massima di tre anni in cui l’autore non associato può dare mandato alla SIAE in modo tale da ricevere il compenso; passati i tre anni, i compensi non reclamati vengono inseriti nel calderone dei “non liquidabili” e ridistribuiti proporzionalmente a quanto ricevuto, sempre a titolo di copia privata, dagli autori iscritti nel periodo di riferimento. Nello stesso calderone dei “non liquidabili” e con analoghe modalità e tempi di ridistribuzione, vengono inseriti anche i fondi accantonati a monte (l’1% di cui sopra) non resosi necessario per operazioni di rettifica. In ogni caso, almeno il 51% della cifra ripartibile deve essere destinato ad opere nazionali o comunitarie. Se, a valle della ripartizione secondo i criteri sopra riportati, questo re- 45 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito quisito dovesse venir meno, verranno rifatti i conteggi per riequilibrare le quote in modo da garantire più della metà a produzioni nostrane o almeno europee. Come ripartisce la sezione Lirica di SIAE La Sezione Lirica ridistribuisce i proventi da copia privata di propria competenza proporzionalmente ai diritti d’autore per riproduzione fono e videografica già distribuiti per il periodo in questione. Detto questo, la quota audio, pari allo 0,57% degli introiti totali (ovverosia circa 415mila euro*) viene ridistribuita secondo i diritti d’autore primari per riproduzione fonografica (dischi e nastri, oltre ad eventuale downloading e streaming); la quota Video, pari allo 0,25% degli introiti totali (ovverosia circa 175mila euro*), proporzionalmente ai diritti d’autore liquidati nel periodo di competenza relativamente alle riproduzioni videografiche (DVD e Blu-ray, principalmente). L’ordinanza di ripartizione però chiarisce come non tutta la quota destinata alla Sezione Lirica venga effettivamente ridistribuita (almeno tempestivamente): infatti si parla di un 3% di trattenuta in termini di rimborso spese forfettario per i costi di ripartizione (percentuale che, essendo applicata a valle, sembrerebbe aggiuntiva rispetto al 7% di rimborso spese già applicato a monte); oltre a questo, il 5% della cifra distribuibile viene trattenuta e messo a riserva per far fronte ad eventuali richieste tardive da parte di non iscritti alla SIAE ma aventi diritto: queste trattenute vengono conservate nelle casse SIAE per cinque anni (contrariamente alla sezione Cinema che accantona per tre anni) per poi essere ridistribuite successivamente, al netto dei compensi eventualmente erogati. Non è chiaro se anche altre sezioni si comportino analogamente creando delle riserve da ridistribuire eventualmente con cinque anni di ritardo o con prelievi ulteriori. Come ripartisce la sezione DOR di SIAE I proventi da copia privata di competenza della sezione DOR (Opere Drammatiche e Opere Televisive) ammontano allo 0,78% dei proventi totali lordi per un controvalore nel 2012 di circa 562mila euro*. Questi proventi vengono ridistribuiti proporzionalmente ai diritti d’autore primari derivanti da riproduzioni fonografiche (ovverosia dalla stampa di CD e simili) per la quota audio (circa 207mila euro*); la quota video (pari a circa 455mila euro*) viene ridistribuita proporzionalmente ai diritti d’autore da riproduzioni videografiche (ovverosia dalla stampa di DVD e Blu-Ray). Resta ovviamente da capire quali possono essere le opere drammatiche e televisive suscettibili di riproduzione su supporti audio, come i CD per esempio: esistono CD con un seppur minimo riscontro commerciale che riportino un’opera teatrale in versione audio? Confessiamo la nostra ignoranza in merito. Anche per quello che riguarda le riproduzioni su DVD e Blu-ray, non ci risultano titoli che negli ultimi anni possano vantare un minimo successo commerciale e che possano rispondere al repertorio della sezione DOR che – ricordiamolo – tutela “le opere drammatiche, le operette, le riviste e le opere analoghe, comprese quelle create appositamente per la radio, la televisione o altri mezzi di diffusione a distanza”. Non ci si spiega come mai, quindi, la sezione DOR sia ricompresa tra i percipienti dei proventi per copia privata e chi potrebbero essere gli aventi diritto connessi. L’ordinanza di ripartizione non dà ulteriori informazioni su eventuali accantonamenti e/o trattenute, che verosimilmente verranno effettuate, dato che la prima ripartizione ricomprende anche opere eventualmente non ancora depositate. Come ripartisce la sezione OLAF di SIAE I proventi da copia privata di competenza della sezione OLAF (Opere Letterarie e Arti Figurative), pari per il 2012 allo 1,07% degli introiti lordi totali (ovverosia circa 775mila euro*) vengono ridistribuiti in maniera differenziata a seconda che si tratti della quota audio e della quota video. La quota audio viene distribuita per il 50% proporzionalmente ai compensi liquidati dalla sezione OLAF per le utilizzazioni di opere riprodotti su dischi e nastri (riteniamo ci si riferisca agli audiolibri) nell’anno di competenza e per il restante 50% in ragione dei compensi relativi alle diffusioni radiofoniche di opere protette. La quota video, in maniera simmetrica, viene ripartita per il 50% proporzionalmente ai compensi liquidati dalla sezione OLAF per le utilizzazioni di opere su videogrammi (i video-libri?) nell’anno di competenza e per il restante 50% in ragione dei compensi relativi alle utilizzazioni televisive su emittenti pubbliche e private. Confessiamo di non aver ben inteso cosa si intenda per utilizzazioni su videogrammi o su canali televisivi di opere letterarie e di arti figurative. Abbiamo provato a pensare a prodotti di questo tipo in circolazione e, oltre alle letture dantesche di Benigni – che crediamo non più tutelate da diritto d’autore – non ci è venuto in mente altro. 46 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito Il nodo dei tempi della ripartizione secondaria e i rischi dell’arbitrarietà Come abbiamo visto, solo per quello che riguarda gli aventi diritto facenti capo a SIAE, i criteri di ripartizione sono spesso molto complessi. In tutti i casi, comunque, la ripartizione dei proventi per copia privata non avviene secondo criteri diretti (ovviamente, data la natura del compenso è impossibile avere contezza degli autori effettivamente copiati) ma è di fatto una ripartizione “secondaria”, ovverosia che utilizza altre ripartizioni analitiche come base proporzionale, come per esempio i diritti d’autore già incassati per altre fattispecie. In pratica alcune ripartizioni avvengono sulla base di quanto già ripartito per le altre voci dei diritti d’autore. Questo richiede la necessaria chiusura dei conti della ripartizione primaria, prima di poter procedere alla ripartizione secondaria, con i ritardi che ne conseguono. SIAE ha dichiarato che vengono liquidate agli aventi diritto, seppur a valle di questo lungo iter, anche cifre minime, senza un limite inferiore: non ci sarebbero, quindi, secondo le dichiarazioni rilasciateci da SIAE, liquidazioni sospese per scarsa consistenza e men che meno riversamenti in “calderoni” di compensi indistribuibili da ripartire tra gli aventi diritto più “corposi”, cosa che ogni tanto si sente dire e che quindi sarebbe destituita da ogni fondamento. Ben più problematica invece la questione dei compensi non distribuiti perché semplicemente l’autore non è associato a SIAE o non è reperibile: in tal caso i compensi vengono tenuti in cassa per un certo numero di anni, variabile tra l’altro da sezione a sezione, prima di essere ridistribuiti agli autori associati e reperibili proporzionalmente a quanto già percepito. Nel frattempo questi soldi restano nelle casse SIAE e alimentano il flusso di proventi finanziari. Dai processi sopra analizzati, infine, risulta chiaro come ci siano molti ambiti di “arbitrarietà”, in cui parametri e criteri di ripartizione sembrano più “convenzionali” che legati a una fattispecie reale di copia privata. Per esempio, noi ci siamo stupiti di come, per la ripartizione della quota audio della sezione musica, solo il 5% sia perequato ai diritti d’autore provenienti dal mondo online, che potrebbe apparire come uno tra i più rilevanti; in realtà SIAE ci ha spiegato che questa ripartizione proporzionale deriva proprio dalla consistenza dei diversi canali del diritto d’autore: il digitale “cuba” per i diritti d’autore circa il 5% dei proventi totali – così ci è stato spiegato. Ma le aree di arbitrarietà, come abbiamo visto, sono molte altre: la ripartizione percentuale tra quota audio e video; la ripartizione percentuale tra le diverse sezioni SIAE; i criteri di ripartizione di ogni sezione, non sempre coerenti l’una con l’altra; la stessa percentuale di rimborso spese stabilita in maniera diversa ogni anno da SIAE; e infine, la grande quota di accantonamento per le possibili richieste di rimborso. SIAE ci ha tenuto a chiarire che le ordinanze di ripartizione vengono deliberate non da singoli decisori o uffici specifici ma dai vari comitati competenti con i rappresentanti degli aventi diritto. Molto probabilmente, però, uno schema così complesso (che secondo SIAE è comunque garanzia di una equa ripartizione) rende quasi impossibile a qualsiasi realtà esterna a SIAE (come anche agli aventi diritto) poter effettuare verifiche analitiche dei compensi e delle ripartizioni. Non a caso diverse associazioni a valle di SIAE, pur decisamente favorevoli all’istituto della copia privata e all’aumento dei relativi compensi, ci hanno confessato che “devono fidarsi di SIAE”, visto che tutte le complessità e i differimenti temporali rendono difficilissimo se non addirittura impossibile qualsiasi verifica sostanziale sui conti. I produttori fonografici: una quota da dividere in cinque I produttori fonografici ricevono il 50% dei proventi netti della quota Audio, la cui metà va girata a Esecutori e Interpreti. In pratica i produttori fonografici, sempre con riferimento all’anno 2012, dovrebbero ricevere a regime l’11,63% del totale lordo dei compensi per copia privata, pari a circa 8 milioni e 400mila euro*. Qui poi la questione si complica. Infatti le società che rappresentano i discografici musicali sono cinque: S.C.F., AFI, PMI, Itsright e Audiocoop. In questa situazione risulta (ancora più) difficile fare una vera riconciliazione dei conti: ai ritardi nei pagamenti, agli sfasamenti tra cassa e competenza, ai “disturbi” dati da ricorsi, fidejussioni e accantonamenti di garanzia, si aggiungono le contabilità di cinque entità diverse. La quota destinata ai produttori fonografici viene ripartita a queste cinque società sulla base del diritti d’autore pagati a fronte della distribuzione di dischi. Va detto che, secondo le dichiarazioni della stessa società, S.C.F. rappresenta comunque un peso decisamente prevalente in questo panorama, equivalente a circa il 90% del mercato, e come tale ci si aspetta che debba assorbire più o meno analoga percentuale di compensi. Non ci sono state però rivelate da SIAE le reali percentuali secondo le quali nel nostro anno campione, il 2012, sono stati suddivisi i compensi. Tra le altre cose colpisce la situazione di una delle cinque società percipienti, P.M.I., che non compare tra le società autorizzate dal Governo a compiere attività di collecting e che quindi non potrebbe amministrare e ripartire proventi da Copia Privata (salvo errori e omissioni sul sito della Presidenza del Consiglio). Come ripartisce S.C.F. La Società Consortile Fonografici, (che associa tutte le major, oltre a una grande quantità di altre Case discografiche e rappresenta la percentuale nettamente maggioritaria del mercato), riceve direttamente dalla SIAE la quota di compensi spettante ai discografici e agli esecutori e interpreti di opere edite dalle case discografiche consorziate a SCF: il 47 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito 50% lo destina direttamente – come previsto dalla legge - alle associazioni che rappresentano esecutori e interpreti musicali (Nuovo Imaie e Itsright). Dalla propria metà, trattiene il 5% come rimborso spese per gli oneri contabili e di ridistribuzione e trasferisce alle case discografiche la cifra restante, cosa che rende S.C.F la società di collecting tra le più economiche per quanto attiene alla copia privata. I criteri di ridistribuzione sono abbastanza semplici: il 50% secondo la quantità di dischi stampati e il 50% secondo l’analitica dei passaggi radiotelevisivi. Le cifre che derivano da questa ripartizione analitica vengono interamente erogate, anche se riguardano importi piccoli: negli ultimi tre anni ripartiti, per esempio, SCF ci ha comunicato di aver destinato 740mila euro a 223 produttori indipendenti, con una media di 3300 euro cadauno; addirittura, a 70 case discografiche (evidentemente molto piccole) SCF ha distribuito ripartizioni da meno di 100 euro. Nell’anno 2012 la cifra incassata da S.F.C. a titolo di copia privata, già decurtata della parte girata a NUOVOIMAIE e Itsright) è stata pari a 9 milioni e 439mila euro, ma questa comprende diverse annualità che erano bloccate per i ricorsi in atto e ora parzialmente sbloccate. In realtà S.C.F., che in maniera molto trasparente ci ha dato accesso ai propri conti, ha incassato sinora per competenza 2012, un totale di 6 milioni 841mila euro, da dividere con interpreti ed esecutori, quindi una quota per i propri associati di circa 3 milioni e 420 mila euro. Ipotizzando che S.C.F. valga realmente una percentuale di circa il 90% del mercato, la sua quota di competenza 2012 (salvo riduzioni da rimborsi per usi professionali) dovrebbe aggirarsi intorno a 7 milioni e mezzo di euro: dopo 18 mesi dalla fine dell’anno in questione, mancano ancora molti soldi all’appello. S.C.F. – come sopra esposto – ha trattenuto il 5% di quanto percepito nel 2012 a titolo di rimborso spese, pari a circa 470mila euro. S.C.F si fa vanto – giustamente, a nostro avviso – di ripartire interamente ogni trimestre tutto l’incassato del trimestre precedente. Come ripartisce P.M.I. P.M.I. (produttori Musicali Indipendenti) nasce nel 2005 e associa 120 Case discografiche italiane: 32 di queste hanno dato mandato a P.M.I. per quanto attiene al collecting da SIAE e alla ridistribuzione dei proventi da copia privata. Stranamente però – e non sappiamo il perché – PMI non compare tra le società autorizzate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri a operare come intermediario di diritti connessi al diritto d’autore: o P.M.I. non ha tutti requisiti richiesti o semplicemente la pagina sul sito governo.it non è aggiornata; peraltro P.M.I è in buona compagnia, visto che nella lista mancano anche Anica e APT. Non capiamo a questo punto se il requisito della “compliance” alle norme dettate dalla legge per le società che intermedia- no diritti connessi sia davvero tassativa o sia interpretata solo come una “raccomandazione” In ogni caso, sulla cifra ricevuta da SIAE, P.M.I. dichiara di operare una trattenuta del 3% in ragione di rimborso spese per le attività di ridistribuzione. Fino alla competenza 2011, la distribuzione è avvenuta secondo il semplice criterio del “fonomeccanico versato”, ovverosia dei diritti versati dagli associati rappresentati in ragione della stampa e distribuzione di dischi. Dal 2012 verranno introdotti nuovi criteri – al momento allo studio – che affianchino al puro “fonomeccanico” anche ulteriori parametri sulla base delle esperienze degli altri Paesi, come per esempio il broadcasting televisivo e radiofonico e il downloading: il Presidente Mario Limongelli, con il quale siamo stati in contatto, ci ha confessato di auspicare che si riesca a creare la condivisione affinché i criteri di ridistribuzione siano comuni tra le diverse società di collecting dei discografici musicali. In particolare PMI ci ha chiesto che venisse chiarito che l’attività di ripartizione Copia Privata per P.M.I. è affidata al vice Presidente Massimo Benini coadiuvato dal Segretario Generale Luca Barone, fatto di cui diamo volentieri pubblicazione. Al momento in cui scriviamo, PMI ha ricevuto in acconto da SIAE, per l’anno 2012, 820mila euro, di cui a norma di legge, 410mila sono stati rigirati a interpreti ed esecutori attraverso Itsright. Sui 410mila euro restanti, PMI avrebbe trattenuto quindi poco più di 12mila euro in ragione di rimborsi spese. Come ripartisce Itsright Itsright compare in diverse voci delle ripartizioni dei proventi da copia privata, in virtù dei tanti ruoli svolti dalla società nata dopo la liberalizzazione dell’intermediazione per i diritti connessi che ha portato alla chiusura di IMAIE e alla creazione di Nuovo IMAIE. Itsright gestisce mandati sia da parte dei produttori fonografici che da parte degli artisti interpreti e trattiene dai proventi il 13,5% come commissioni per il proprio operato. Il regolamento di mandato lascia però la porta aperta a negoziazioni particolari tra Itsright e i mandanti per aumentare questa commissione a seconda dei casi. La ridistribuzione dei diritti d’autore (anche quelli diversi da copia privata) ricevuti da Itsright è complessa e indicata dettagliatamente in un regolamento pubblicato sul sito. In realtà, per quanto riguarda la copia privata, il regolamento di Itsright si rifà, in maniera nebulosa (almeno per noi), alle ripartizioni SIAE: in particolare, il 50% dei proventi viene ridistribuito “sulla base dei criteri che saranno definiti dalla SIAE per la cosiddetta ripartizione generale primaria dei compensi da essa incassati per Copia Privata”; difficile capire di che si tratti precisamente. Il restante 50% viene ridistribuito proporzionalmente ai compensi netti percepiti dagli associati a Itsright per le altre voci di diritto d’autore. Itsright sostiene di aver ottenuto da SIAE per l’anno 2012 solo un acconto parziale di cui ha ritenuto di non volerci comunicare l’ammontare. 48 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito Come ripartisce Audiocoop Audiocoop raccoglie un certo numero di etichette indipendenti. L’ultimo dato certo riguarda la raccolta 2010: Audiocoop ha ricevuto da SIAE 100mila euro come diritti per copia privata, di cui il 50% è stato girato a NUOVOIMAIE per la successiva ripartizione agli artisti coinvolti nei dischi rappresentati da Audiocoop. Dei 50mila euro restanti, Audiocoop trattiene il 10% per i propri costi e ridistribuisce il rimanente ai produttori discografici indipendenti associati in proporzione alle copie bollinate SIAE: chi più stampa, più riceve di compenso per copia privata. A.F.I. commissariata non risponde A.F.I. (Associazione Fonografici Italiani) vive un periodo di commissariamento oramai da alcune gestioni; la nostra inchiesta è iniziata con un Commissario Straordinario, Leopoldo Lombardi, che ha ritenuto di non doverci rispondere, e si è chiusa con un nuovo Commissario Straordinario, Vittorio Costa, che anch’esso si è trincerato dietro un “no comment”. Ne prendiamo atto e ne siamo dispiaciuti, anche se questa mancanza, stante la magnitudo non certo rilevante di A.F.I. nel panorama della copia privata, sposta di poco le conclusioni del nostro lavoro. Se A.F.I. cambiasse idea, siamo a disposizione per completare il panorama con le informazioni mancanti. In ogni caso dal sito di A.F.I. (ammesso che sia aggiornato) abbiamo dedotto che la ripartizione avverrebbe proporzionalmente al “fonomeccanico”, ovverosia ai diritti pagati per la stampa e distribuzione di dischi. I produttori di videogrammi Ripartisce tutto Univideo Univideo associa i principali produttori di videogrammi (VHS, DVD e Blu-Ray) e gestisce interamente la ridistribuzione dei compensi per questa categoria, anche ad eventuali produttori non associati. Gli editori che ritengano di aver diritto alla ripartizione, devono sottoporre la propria candidatura alla ripartizione, compilando una richiesta completa dei dati di fatturato da prodotti tutelati da diritto d’autore e ricompresi nelle fattispecie stabilite dal regolamento Univideo. Sull’ammontare versato da SIAE, Univideo trattiene il 10% in ragione di rimborso spese per la gestione e gli audit necessari per certificare le richieste degli aventi diritto. Il restante viene ripartito all’80% tra gli aventi diritto mentre il 20% viene messo su conto fruttifero a riserva per eventuali richieste tardive: gli interessi maturati su questo conto vengono poi ridistribuiti a favore degli aventi diritto insieme ai compensi e non costituiscono un provento per Univideo. Il criterio base di ripartizione è il fatturato dichiarato (e opportunamente validato da un professionista revisore incaricato). Per il 2012 Univideo non ha ancora “emesso fattura” a SIAE per i relativi compensi, in quanto è in corso una riorganizzazione della struttura societaria legata alla raccolta (sta per essere creata una società di servizi deputata, tra le altre cose, alla redistribuzione). SIAE ha già comunque destinato una cifra relativa alla ripartizione 2012 pari a 5 milioni e 900 mila euro: si tratta come negli altri casi di un “acconto” 2012. Infatti, nel caso di Univideo più ancora che negli altri casi (essendo unico percipiente di una categoria predeterminata per legge) la riconciliazione dei conti dovrebbe risultare facilmente: infatti ai produttori di videogrammi va una percentuale stabilita dalla legge, pari all’11,66% della raccolta netta e quindi pari al 10,85% della raccolta lorda (compresa quindi la quota di spese di competenza SIAE). Questo significa che, sempre salvo eventuali rimborsi per utilizzi professionali, a Univideo dovrebbero giungere per il 2012 precisamente 7milioni 857mila euro: mancano quindi al momento circa due milioni di euro (pari a circa il 25%), che in parte potranno anche essere erosi da eventuali rimborsi per usi professionali (anche se, stante il volume di rimborsi che abbiamo stimato, l’erosione della quota Univideo dovrebbe non andare oltre i 100-150mila euro) ma che presto o tardi dovrebbero poter arrivare nelle casse Univideo. Abbiamo quindi fatto la verifica sul 2011 per capire se, tornando indietro di un anno, i ritardati pagamenti da parte di SIAE a Univideo fossero più contenuti, ma abbiamo trovato una percentuale mancante analoga. Sentita SIAE proprio su questo caso specifico, il delta del 25% è stato giustificato, pur senza calcoli analitici, come un 5% dovuto a scostamenti tra criteri di cassa e di competenza e un 20% agli accantonamenti per possibili rimborsi per usi professionali. Il tema è stato già abbondantemente trattato precedentemente in questo articolo. I produttori originari delle opere audiovisive TV e cinema hanno associazioni separate La quota spettante ai produttori originari audiovisivi (praticamente le case di produzione del film o del programma TV, nulla a che vedere con i supporti DVD e Blu-ray ovviamente) è pari per legge all’11,66% della raccolta netta e quindi, per il 2012, pari al 10,85% della raccolta lorda, circa 7 milioni 850mila euro*. Questa cifra viene destinata da SIAE in parte ad Anica (produttori cinematografici) e in parte ad APT (produttori televisivi) secondo proporzioni che SIAE non ha ritenuto di rivelarci; secondo indicazioni avute da ANICA, le proporzioni di 49 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito ripartizione sarebbero 62,5% a favore dei produttori cinematografici (pari a 4 milioni 910mila euro*) e 37,5% a favore dei produttori televisivi (pari a 2 milioni 946mila euro*). Come ripartisce ANICA Anica rappresenta le case cinematografiche; raccoglie da SIAE e ripartisce (anche per le aziende non associate) i compensi per copia privata spettanti alla categoria. Come già detto precedentemente, Anica stranamente non rientra fra le società autorizzate a intermediare diritti connessi riportate sul sito della Presidenza del Consiglio. Fino a qualche anno fa, tratteneva sui compensi intermediati il 10% di spese generali aumentati dei costi diretti correlati alla ridistribuzione, calcolati a pié di lista. L’esperienza ha fatto emergere come questi costi fossero mediamente nell’ordine del 3% dei compensi intermediati e da qualche gestione Anica trattiene direttamente il 13% a titolo omnicomprensivo di rimborso spese. La ripartizione è assai complessa e prevede l’analisi dei palinsesti dei principali canali televisivi (ai classici 7 canali generalisti sono stati recentemente aggiunti alcuni canali satellitari della piattaforma SKY). Non esistendo un pubblico registro dell’audiovisivo, in cui venga riportato lo schema degli aventi diritto contenuto per contenuto, Anica cerca di stabilire chi siano gli aventi diritto sulla base di un database proprietario costruito nel tempo e continue ricerche sul mercato dei diritti. Anica ripartisce comunque come minimo il 51% dei proventi a favore dei produttori originari di opere UE, mentre il 49% va normalmente alle opere extra-UE. La suddivisione dei proventi sui diversi film (e quindi sui relativi aventi diritto) viene effettuata sulla base dell’audience realizzata, grazie a una serie di parametri del valore del singolo contatto che assicuri appunto il bilanciamento tra il 51% UE e il 49% extra-UE. Infatti, pur i file extra-UE (tipicamente americani) cubi in termini di audience circa il doppio di quelli UE, a questi ultimi viene assicurato un moltiplicatore (il valore unitario contatto) pressoché doppio. L’ultimo dato pubblicato sul sito di Anica si riferisce all’anno 2010 mostra la parametrizzazione appena esposta: NAZIONALITÀ PRODUZIONE TOTALE ASCOLTATORI TOTALE COMPENSI VALORE UNITARIO CONTATTO UE 1.338.346.348 1.729.262 0,001292 EXTRA UE 2.696.698.682 1.661.448 0,000616 A valle di questi calcoli, fatti sulla base di questi parametri moltiplicati per dati di audience (e anche le repliche), Anica destina i compensi a una serie molto ampia di società aventi diritto, non necessariamente associate di Anica. Le cifre destinate ai non associati restano a disposizione degli aventi diritto per un periodo di 10 anni, prescrizione legale di cautela, durante i quali, se non ritirati, restano nella disponibilità di Anica. Dopodiché le cifre accantonate e mai ritirate vengono ridistribuite tra gli aventi diritto che, relativamente all’anno di competenza, hanno incassato quote di ridistribuzione, in misura proporzionale a questi stessi incassi. Anica, nel momento in cui scriviamo, ha ricevuto da SIAE acconti 2012 per circa 3 milioni di euro, circa il 60% di quanto, secondo la nostra stima, dovrebbe ricevere a regime, salvo ratei e risconti e rimborsi per usi professionali. Come ripartisce APT L’Associazione Produttori Televisivi riceve da SIAE il 37,5% del compenso destinato ai produttori originari di audiovisivi e, come dice il nome stesso, ridistribuisce ai produttori di contenuti televisivi, principalmente fiction. Anche in questo caso, non c’è traccia di APT nella lista delle società autorizzate a intermediare diritti connessi. Dalla cifra ricevuta da SIAE, APT deduce il 10% a titolo di rimborso per i costi generali, opportunamente aumentato di un importo non predeterminato “pari ai costi ed alle spese sostenute per le attività specifiche di individuazione delle opere telediffuse nonché per le attività di computo e contabili relative alla ripartizione, nonché per le spese, anche legali, derivanti da studi, analisi, ricerche demoscopiche e di mercato, correlate all’attività di ripartizione”. In pratica una quota del 10% va a sostenere i costi generali, alla quale si somma la struttura di costi direttamente imputabili all’attività di ripartizione, calcolata a pié di lista. APT ci ha fornito alcune informazioni, giusto per avere un ordine di grandezza: non sarebbe stato ancora incassato da SIAE, al momento in cui abbiamo contattato APT, alcun compenso di competenza 2012 e 2013; per il 2013, tanto per fare un esempio, sono stati esposti costi diretti pari a 96.881,25 euro ma ne sono stati sostenuti ulteriori 80mila euro circa che non verranno imputati come costi per la ridistribuzione compensi per copia privata. Si tratta quindi di 96mila euro di spese direttamente sottratte dal monte ridistribuibile, cifra che si attesta tra il 3 e il 4 % della cifra teorica destinata ad APT, aggravio che sommato al 10% base porta APT nello stesso ambito di onerosità di Anica. APT ci tiene a sottolineare che queste spese dipendono dalla necessità di acquisire una serie di dati sull’effettiva messa in onda dei diversi contenuti e l’inserimento a database per le successive analisi, abbastanza complesse, il cui algoritmo è qui di seguito esposto. La quota di compensi distribuibile viene innanzitutto ripartita in quattro macro-aree, secondo le seguenti percentuali: Fiction televisiva 68% Varietà intrattenimento 17% Cartoni animati brevi 10% Documentari 5% Queste percentuali portano alla ripartizione tra macro-aree. Inoltre, all’interno della macro-area Fiction televisiva viene fatta una distinzione tra Film TV/serie TV e Soap Opera/Telenovela/ 50 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito Sit-com: queste ultime avranno un peso ridotto al 40% di quello previsto per le produzioni più “italiane”. All’interno di ogni macro-area viene fatta una ripartizione sulle singole produzioni proporzionalmente a un coefficiente che viene così determinato: somma in minuti delle puntate della trasmissione x % fascia oraria x % rete televisiva di emissione x % nazione della produzione laddove la “% fascia oraria” è così determinata: Mattina (ore 07.00-12.30) 7% Pomeriggio (ore 12.31-20.30) 21% Prima serata (ore 20.31-22.30) 57% Seconda serata (ore 22.31-01.00) 15% Notte (01.01-7.00) 0% La % rete televisiva di emissione è così determinata (elaborazione 2011) RaiUno 26% RaiDue 12% RaiTre 12% Canale 5 24% Italia 1 12% Rete 4 9% La 7 5% La “% nazione della produzione” è invece fissata a 100% per l’Italia e le nazioni estere con accordo di reciprocità con APT, mentre è fissato allo 0% per le nazioni che non riconoscono a loro volta i diritti alle produzioni italiane. Artisti interpreti ed esecutori: c’è caos per la “mezza” liberalizzazione Le quote relative ai diritti connessi a favore di interpreti ed esecutori sono gestite oggi da diverse società di collecting. Storicamente ne esisteva solo una, l’IMAIE, che operava in uno stato di monopolio di fatto ed è stata coinvolta da un grande scandalo legato alla sparizione di fondi in attesa di ridistribuzione. Sulle sue ceneri è nato il NUOVOIMAIE e il mercato è stato aperto alla libera concorrenza delle società di collecting. Sono così comparse anche Itsright per la quota Audio (già trattata più sopra, rappresenta anche alcune Case discografiche) e Ass.Artisti7607 per la quota Video. Recentemente, ma pur sempre in gran ritardo rispetto alla liberalizzazione, è stato emesso un decreto per la regolamentazione del libero mercato dei diritti connessi, che però è ancora oggetto di interpretazioni e ha sollevato grandi polemiche tra gli addetti ai lavori. In particolare, c’è chi dice che l’ex-monopolista cerchi di resistere a una reale liberalizzazione o che comunque ne voglia differire gli effetti concreti di un po’ di gestioni. Non entriamo nella polemica, che richiederebbe un altro articolo, ripromettendoci di tornare sull’argomento. Ma di certo, il mondo degli interpreti ed esecutori è addirittura attraversato da più “correnti elettriche” di quanto non accada addirittura al tormentato mondo degli autori. Tornando alla copia privata, esecutori e interpreti ricevono l’11,63% dei proventi totali da copia privata per la quota Audio (pari nel 2012 a circa 8 milioni 400mila euro*) e un altro 10,85% sempre dei proventi totali per la quota Video (pari nel 2012 a circa 7 milioni e 850mila euro). La quota Audio viene ripartita tra NUOVOIMAIE e Itsright; la quota Video tra NUOVOIMAIE e Ass.Artisti7607. Non sono note le percentuali, ma in entrambi i casi, la grande prevalenza dei compensi va a NUOVOIMAIE. Come ripartisce NUOVOIMAIE Su quanto incassato da SIAE, NUOVOIMAIE trattiene il 15% in qualità di proprio aggio, una delle percentuali più alte di tutto il campione. NUOVOIMAIE, da noi interpellato, ci ha tenuto a sottolineare che tale percentuale, che copre tutte le spese dell’Istituto, comprese quelle per l’incasso da tutti i 23 Paesi del mondo con i quali vige un accordo bilaterale, è necessaria per assicurare una ripartizione “analitica e di eccellenza”. Il meccanismo applicato da Nuovo IMAIE nella ripartizione dei compensi di copia privata è distinto a seconda che si tratti di copia privata audio e di copia privata video. Per quanto riguarda i compensi di copia privata in quota Audio, sino ad oggi il NUOVOIMAIE ha ripartito i compensi in rapporto proporzionale ai fonogrammi venduti nel periodo considerato (e ciò in base ai dati forniti dalla SIAE). Tuttavia – ci fanno sapere - con il recente decreto di riordino dei diritti connessi potrebbero profilarsi delle nuove modalità di ripartizione di tali compensi secondo criteri da definirsi. Nel caso di compensi per copia privata in quota Video i compensi, per legge, sono destinati al 50% ad attività che l’istituto deve svolgere per legge a favore della categoria “per le attività di studio e di ricerca nonché per i fini di promozione, di formazione e di sostegno professionale degli artisti interpreti o esecutori”. Ovviamente si tratta di una definizione molto lasca entro la quale può rientrare un’ampia gamma di attività e che lascia molto spazio alla discrezionalità, che come abbiamo visto, è sempre nemica della trasparenza. Il restante 50% è distribuito agli artisti in proporzione a quanto loro hanno incassato come diritti connessi alla pubblica divulgazione delle loro opere. Nel momento in cui abbiamo interpellato l’Istituto, NUOVOIMAIE dichiara di non aver ancora incassato i compensi relativi all’anno 2012. Grossomodo – ci dicono - dovrebbero ammontare a circa 5/7.000.000,00 per ciascuna delle due quote Audio e Video. NUOVOIMAIE ci tiene però a chiarire che “si tratta di una somma 51 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito che varia di anno in anno, per cui ogni previsione rischia di essere disattesa”. Come ripartisce Associazione Artisti 7607 L’Associazione Artisti 7607 è di recente costituzione (dopo la caduta del monopolio de facto di Imaie) e malgrado ciò associa già grandi nomi tra gli interpreti video. I problemi e i chiaro-scuri della transizione tra la vecchia gestione dell’IMAIE e il regime con più società di collecting e ridistribuzione dei compensi agli esecutori, ha fatto sì che la situazione del 2012 (e anche 2013) non sia ancora definita. In ogni caso SIAE ha già liquidato a Associazione Artisti 7607 un acconto per gli anni 2012 e 2013 pari a circa 500mila euro per ogni anno, ma non si tratta di un computo definitivo. Ci colpisce che questa piccola collecting abbia già ottenuto acconti per il 2012 e 2013, soprattutto in considerazione del fatto che NUOVOIMAIE dichiari di non avere incassato nulla per il 2012. In ogni caso, l’Associazione Artisti 7607 ha già ridistribuito queste cifre secondo un criterio molto semplice, ovverosia dividendolo in parti uguali tra tutti gli associati. Infatti – ci ha spiegato Cinzia Mascoli, presidente dell’associazione – non si è voluto ridistribuire anche il compenso per copia privata in maniera proporzionale agli altri diritti già percepiti ma ragionare in maniera più “mutualistica”, cercando di sostenere in parti uguali tutti gli associati, proprio per non garantire solo i più forti. Ma non ci sarebbe solo una ragione “mutualistica” dietro questa scelta ma anche una ratio concreta: “L’attività di copia privata per il video – ci ha spiegato Cinzia Mascoli - si realizza oggi attraverso canali legati a Internet e molto lontani dalle tradizionali fruizioni televisive per le quali c’è il tracciamento e la liquidazione dell’equo compenso. Non esistendo alcuna attività di monitoraggio concreto, preferiamo ridistribuire i proventi dalla copia privata pro capite piuttosto che su basi che sarebbero in ogni caso arbitrarie”. In definitiva quanto costa la burocrazia della copia privata? Non è possibile dire con precisione matematica quanto costi agli aventi diritto mantenere una tale gestione dei compensi per copia privata. Ma – l’abbiamo capito in questa inchiesta – la precisione all’euro è l’ultima cosa che conta in questa storia; e anzi, facendo attenzione alle virgole, si rischia di perdere la visione globale della questione. Secondo la nostra ricostruzione, basata sulle dichiarazioni di SIAE e delle altre società coinvolte nella ridistribuzione agli aventi diritto dei proventi, l’intera filiera assorbe in burocrazia e rimborsi spese, quasi il 14% dei proventi totali, per una cifra 2012 (sempre al netto delle provvigioni sui rimborsi per usi professionali) di poco meno di 10 milioni di euro, secondo la nostra stima che riportiamo qui sotto (in caso di suddivisione tra più associazioni si è utilizzata una media pesata dei relativi costi di gestione): A questi costi “visibili” per gli aventi diritto, vanno aggiunti ovviamente anche i mancati proventi dovuti ai pagamenti fortemente dif- feriti delle collecting: la non tempestività si trasforma sulle spalle degli aventi diritto in mancati interessi o, nel peggiore dei casi, addirittura in interessi passivi, ben più costosi. Qualche associazioni degli aventi diritto ci ha parlato di piccole società aventi diritto che sono entrate in difficoltà con la crisi e che hanno finito per chiudere o addirittura fallire: cosa sarebbe successo se i compensi di loro spettanza fossero stati distribuiti tempestivamente e interamente? Tra i costi occulti della ridistribuzione lenta, vanno considerati anche questi. Le conclusioni Copia privata, un sistema costoso, lento e opaco, non sempre dalla parte degli aventi diritto Alla fine di questo lunghissimo e complesso viaggio, non è difficile trarre qualche conclusione di ordine generale. Di certo l’utilizzo, nella ripartizione dei proventi da copia privata, di sistemi super-analitici e parametrizzati e di percentuali stabilite a tavolino addirittura con doppia cifra decimale, fanno pensare a un sistema artatamente complicato, tanto da rendere impossibile, in mancanza di contabilità del tutto separate, una precisa rendicontazione. Tanto più che, data la natura intrinsecamente arbitraria e presuntiva della 52 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito logica della copia privata, il voler rendere più formale e deterministico un sistema totalmente statistico appare un vero colpo di coda di una burocrazia autoreferenziale fuori dal tempo e che tarda a morire. La ridistribuzione a carattere secondario dei proventi da copia privata, ovverosia perequata su altre ripartizioni primarie, richiederebbe, per un controllo adeguato, l’analisi puntuale di tutte queste ultime: se la ripartizione primaria è mal fatta (o come si dice spesso favorisce i “soliti noti”), finirà per esserlo anche quello dei compensi per copia privata. E questo aggiunge un livello di opacità nel modello di ridistribuzione. Inoltre il flusso dei pagamenti ha un orizzonte strutturalmente pluriennale, con pagamenti agli aventi diritto che iniziano mesi se non anni dopo gli incassi e con una selva di accantonamenti per rischi veri o presunti; questi fattori, sommati a una certa “pigrizia” di alcuni apparati burocratici, non permettono di chiudere i conti entro orizzonti temporali decenti (si arriva a 10 anni e oltre per una definizione totale), entro i quali c’è spazio per mancate chiarezze e in considerazione dei quali comunque vige un’impossibilità di fatto per gli aventi diritto di controllare i propri conti. Questa “stagnazione” di capitali nelle collecting, SIAE prima fra tutte, genera ovviamente un importante flusso di proventi finanziari; il paradosso è che, salvo rarissimi esempi (siamo a conoscenza solo di Univideo che accantona su un conto fruttifero) i fondi trattenuti e in attesa di ridistribuzione non generano interessi poi riversati a favore degli aventi diritto (come sembrerebbe d’obbligo sia da un punto di vista legale che morale) ma si trasformano solo in proventi che restano nelle casse di chi cura il collecting: e questo, stante l’orizzonte temporale pluriennale della ridistribuzione, è un vero e proprio scandalo. Il caso di SIAE da questo punto di vista balza sicuramente agli occhi: con l’equivalente di circa due anni e mezzo di compensi da copia privata ancora in cassa in attesa di distribuzione, ricava di più in interessi su questi fondi parcheggiati che dal proprio (non trascurabile) rimborso spese del 7%. Addirittura, guardando l’ultimo bilancio, se venissero meno i proventi finanziari riconducibili ai soli fondi di copia privata, SIAE vedrebbe il proprio margine operativo azzerato e probabilmente metterebbe a segno una perdita. Il recente aumento rilevante dei compensi stabilito con il discusso decreto Franceschini, porterà in questo sistema “aria fresca”, in grado di rinvigorire i flussi in ingresso in SIAE e quindi di rialimentare la dinamica dei proventi finanziari, pur aumentando i pagamenti agli aventi diritto e magari aumentandone anche un po’ la tempestività. Una sorta di “refresh” della politica un po’ di facciata che ha portato molte associazioni di aventi diritto a dichiararsi soddisfatte della maggiore velocità nei pagamenti assunta da SIAE, proprio negli stessi anni in cui i debiti verso aventi diritto per copia privata triplicavano passando dai 58 milioni del 2009 ai 151 milioni del 2013. Un discorso a parte merita la fattispecie dei rimborsi per utilizzi di tipo professionale: da facilitazione per le aziende che dovrebbero essere tenute esenti dai compensi per copia privata, si trasforma addirittura anch’essa in un business per SIAE che, oltre a trattenere spese più alte per questa gestione, mette a segno importanti proventi finanziari sulle cifre accantonate, diventate in questi ultimi anni, altissime rispetto ai rimborsi effettuati. È evidente che bisognerebbe passare a uno schema non di rimborsi ma di esenzioni che eviterebbe sia la gestione burocratica che gli improbabili accantonamenti, a sincrono vantaggio sia per gli utilizzatori professionali, che avrebbero il dovuto risparmio a monte, che per gli aventi diritto, che vedrebbero i propri soldi molto prima. Non crediamo che SIAE ritenga però percorribile una strada che di fatto la disintermedia completamente. Quanto alle associazioni a valle di SIAE, rimborsi spese variabili dal 3 al 15% raccontano di un panorama troppo variegato, che forse meriterebbe almeno un indirizzo di tipo governativo a tutela degli aventi diritto che, almeno in alcune fattispecie, non vedono un sistema veramente concorrenziale. In definitiva, appare oramai chiaro come sia urgente almeno iniziare la migrazione verso un modello legato al reale utilizzo, cosa che i mezzi di distribuzione digitale dei contenuti consentono ampiamente: paga la copia privata solo chi copia e in ragione di quanto copia; ricevono proventi solo gli artisti, esecutori, interpreti e case produttrici copiate, secondo le percentuali di legge. Certo, in questo modo, potremmo scoprire che il gettito totale da copia privata potrebbe scendere, ma semplicemente perché la stessa fattispecie della copia, nel nuovo contesto digitale, sta cessando di esistere. Si potrà pensare a delle attività di sostegno governative per il settore della creatività; si potrà ipotizzare un 53 MAGAZINE Equo compenso per copia privata: ecco come viene ripartito percorso pluriennale che ci porti a questo ragionevole obiettivo. Ma bisogna riformare l’istituto della copia privata prima che le “stonature” che emergono da questa analisi diventino così forti da risultare addirittura ingiustizie insopportabili. Con buona pace dei 16 milioni di euro all’an- no che in questo momento alimentano gli apparati burocratici che – quasi più degli aventi diritto – lottano perché il vecchio e non più funzionante sistema della copia privata possa essere eternato sine die. * tutte le cifre relative alle diverse ripartizioni riportate con l’asterisco non tengono conto degli eventuali rimborsi per uso professionale Una nota operativa Il percorso di ricostruzione di tutti i flussi monetari legati alla destinazione dei proventi da copia privata è difficile, lungo e lastricato di zone non sempre chiare. Questo lavoro è stato possibile grazie all’iniziale disponibilità di SIAE, che ci ha ricevuto nei propri uffici per un incontro ai massimi livelli di poco meno di due ore e ci ha dedicato il tempo di tre lunghe telefonate per successivi ulteriori chiarimenti. Man mano che la nostra analisi scendeva nel particolare, le nostre domande non hanno più avuto risposta puntuale da parte di SIAE, se non dietro un livello di insistenza che abitualmente non ci è proprio: ne prendiamo atto, ma ringraziamo comunque la Società per aver dimostrato una disponibilità almeno ad iniziare il dialogo; dialogo che in altri tempi – ne siamo certi - non sarebbe neppure iniziato. Vanno poi citate tutte le Associazioni e le collecting society che rappresentano produttori di fonogrammi e videogrammi, produttori originari e artisti interpreti ed esecutori per la collaborazione dimostrata (in alcuni casi anche oltre ogni aspettativa) e il sereno confronto: ringraziamo quindi, in rigoroso ordine alfabetico, Anica, APT, Ass.Artisti 7607, Audiocoop, Itsright, NUOVOIMAIE, P.M.I., S.C.F. e Univideo, senza la cui collaborazione, il lavoro sarebbe rimasto monco di una parte molto importante. Questa inchiesta pur realizzata con la maggiore cura possibile, difetta ancora di alcune informazioni e non escludiamo possa includere ancora qualche involontario errore: invitiamo tutte le figure coinvolte che lo ritenessero a segnalarci eventuali errori o omissioni, fornendoci le informazioni mancanti: cercheremo di tenere aggiornato l’articolo. Siamo certi che – al di là delle posizioni anche distanti – un quadro finalmente più chiaro sulla destinazione dei proventi per copia privata sia un patrimonio per tutto il mercato, dai consumatori-pagatori fino agli aventi diritto-precipienti, dagli operatori del mercato fino al legislatore. 54 MAGAZINE