Oltre il Sistema Solare:
Alla scoperta dei pianeti extrasolari
Extrasolari Live! Project
27 febbraio 2008
Powerpoint a cura di G. Masi
“In alcuni mondi non ci sono
né Sole né Luna, in altri essi
sono più grandi che nel
nostro, in altri più numerosi.
[..]
Vi sono alcuni mondi privi di
creature viventi o piante e di
qualsiasi umidità”.
Democrito ~460 - 370 a. C.
“Vi sono infiniti mondi, sia
simili che differenti dal nostro.
Poiché gli atomi sono infiniti
in numero […], non vi è
ostacolo all’esistenza di
infiniti mondi”.
Epicuro 341 - 270 a. C.
“Non possono esserci
altri mondi oltre al
nostro”.
Aristotele 384 - 322 a. C.
“[…] Il solo infinito è perfetto
e di esso nulla può essere
più importante e migliore, il
Dio come sola natura intera e
universale. Universo è
sinonimo di verità, unità e
bontà; per questo l'infinito
viene chiamato universo. Dio
è glorificato non in uno ma in
innumerevoli Soli, non in
un'unica Terra, ma in
un'infinità di mondi”.
Giordano Bruno 1548 1600
Nel 1952, Otto Struve (1897 –
1963) accenna all’osservabilità
dei pianeti extrasolari,
immaginando sia il fenomeno
dei transiti che l’osservazione
delle velocità radiali.
Previsioni di Otto Struve
Velocità Radiali
(The Observatory, 72, 199-200 (1952)
Fenomeno
dei Transiti
Peter Van de Kamp (1901 - 1995)
Pioniere nella ricerca dei pianeti
extrasolari, nel 1963 ipotizzò che attorno
alla “Stella di Barnard” si muovesse un
pianeta gigante, a spiegarne il
movimento “oscillante”.
Al di là di ovvie ragioni “statistiche”, l’esistenza di altri sistemi planetari è
supportata dalla consapevolezza dei meccanismi di formazione degli
stessi e dall’osservazione, intorno ad altri soli, di dischi circumstellari,
come nel caso notevole di Beta Pictoris, scoperto circa 20 anni fa.
Non possono perciò esservi dubbi circa l’esistenza di pianeti attorno ad
altre stelle.
Si deve però sottolineare che essi NON sono oggetti facili da osservare!
Perché cercarli?
La ricerca di pianeti extrasolari ha l’ambizioso obiettivo di contribuire alla
conoscenza dei meccanismi di formazione di un sistema planetario
(compreso il nostro…) e di chiarire aspetti fondamentali circa la presenza
di vita dell’universo.
Uno scenario affascinante, ma incredibilmente complesso, che ha portato
allo sviluppo di nuove discipline, come l’esobiologia.
In questo, i “numeri” sono importanti, al fine di consentire un approccio
statistico valido: occorrono molti sistemi!
Forse queste ricerche un giorno aiuteranno a
comprendere pienamente cos’è la vita!
Tra il dire e il fare…
Evidentemente, scorgere un pianeta extrasolare rappresenta di per sé
una sfida per varie ragioni, tra cui alcune ovvie.
- Si tratta di corpi di dimensione/massa modesta (~ <10 Mj);
- Sono “immersi” nel bagliore della loro stella ospite;
- la distanza di tali sistemi certamente non aiuta.
Gli astronomi debbono perciò accontentarsi di “stanarli” mediante
“effetti collaterali” indotti dalla loro presenza.
Evidentemente, la necessità aguzza l’ingegno… e in meno di 15 anni sono
stati scoperti oltre 270 pianeti extrasolari!
Mai dire mai…
Sorprendentemente, pur trattandosi di una delle frontiere della moderna
astrofisica, la ricerca dei pianeti extrasolari offre concrete possibilità agli
astronomi non professionisti, disposti a cimentarsi con osservazioni
indubbiamente delicate, ma generose quanto a ritorno scientifico e
soddisfazione.
Prova ne è il coinvolgimento di osservatori dotati di strumenti di taglia
amatoriale nella scoperta di alcuni di questi oggetti, anche dall’Italia (come è
proprio il caso di XO-2b!).
Questo perché nella ricerca di tali oggetti possono impiegarsi tecniche diverse,
alcune accessibili anche ai non professionisti.
Come trovarli?
Poiché l’osservazione diretta di un pianeta extrasolare è, al momento, una
straordinaria sfida tecnologica (vi sono pochissimi candidati a pianeta
osservati tramite imaging), sono state sviluppate diverse tecniche
indirette, capaci di evidenziare la presenza di corpi di taglia planetaria
attorno a stelle simili al Sole (classi spettrali F, G, K).
Tre di esse appaiono particolarmente efficaci:
1) Studio della velocità radiale;
2) Osservazione del transito del pianeta;
3) Osservazione di eventi di microlente gravitazionale.
La prima tecnica è spettroscopica, richiedendo la scomposizione della luce
della stella studiata; le altre due sono di tipo fotometrico, richiedendo lo
studio della curva di luce della stella selezionata.
Metodo delle velocità radiali
Studiando la velocità radiale di una stella, si possono evidenziare
oscillazioni periodiche dovute alla presenza di un ulteriore corpo.
L’entità dell’oscillazione dipende naturalmente dalle caratteristiche
dell’orbita, compresa la sua inclinazione rispetto alla visuale
dell’osservatore, e dal rapporto di massa tra i due corpi (assumendo il
caso più semplice di una coppia).
Queste osservazioni sfruttano l’osservazione spettroscopia dell’effetto
Doppler.
A titolo di esempio, Giove ‘induce’ sul Sole un effetto quantificabile in 12
m/s.
La prima stella attorno alla quale è stato scoperto un pianeta extrasolare
proprio con questa tecnica, è la 51 Pegasi, simile al Sole
Rp
0.05 UA
P
4.2 giorni
MP
0.47-0.6 MJup
e
0
Metodo delle velocità radiali: limiti
Con gli strumenti attuali possiamo osservare velocità radiali dovute a
pianeti extrasolari intorno ai 3 m/s: non è un metodo vocato alla
individuazione di pianeti di massa terrestre.
Le stime di massa ottenute sono solo dei limiti inferiori (per via
dell’indeterminazione nell’inclinazione dell’orbita).
E’ possibile scoprire pianeti di taglia gioviana non lontano dalla loro stella
ospite.
Metodo dei transiti
Se la disposizione dell’orbita di un pianeta è tale che esso, visto dalla
Terra, transita periodicamente dinanzi alla sua stella è possibile – in linea
di principio – osservarlo per via fotometrica come una microscopica
eclissi.
Analogia con il transito di Venere!
Questa tecnica è dunque caratterizzata da forti vincoli orbitali: eventi rari.
Metodo dei transiti
Simulazione di un transito di pianeta extrasolare.
Le caratteristiche della curva di luce dipendono da quelle del pianeta.
Se il pianeta è stato osservato anche spettroscopicamente, è possibile
ottenere notevoli informazioni fisiche, tra cui la densità!
Metodo dei transiti: pro e contro.
La dimensione del pianeta rispetto alla sua stella determina la profondità del
transito e dunque la sua “accessibilità fotometrica”. Il transito di un pianeta di
taglia gioviana produrrebbe sul Sole una caduta di luce pari all’1%, rilevabile
agevolmente anche con strumentazione non professionale!
E’ possibile evidenziare pianeti anche a notevole distanza dalla loro stella
(ma tale distanza rende ancora meno probabile il transito stesso!).
I pianeti più piccoli (Terra…) producono cadute di luce dell’ordine del 0.01%,
del tutto inaccessibili ai telescopi installati al suolo.
Metodo delle microlenti gravitazionali.
Si tratta di un fenomeno davvero suggestivo, previsto dalla teoria della
Relatività Generale: il campo gravitazionale incurva la traiettoria dei fotoni,
funzionando in effetti come una lente!
Se tra una certa stella e l’osservatore è collocato un corpo massivo, la luce
della stella subisce l’effetto di lente gravitazionale da parte quest’ultimo. Se
esso ha massa stellare, l’immagine della stella lontana non viene sdoppiata.
Se poi la stella è in movimento, allora si assiste ad una vera e propria
evoluzione fotometrica (curva di luce) del tutto prevedibile teoricamente a
partire dalla geometria dell’evento.
Solitamente si registrano picchi di luminosità, tanto più pronunciati quanto
più “stretto” è l’allineamento tra la stella di fondo e la lente interposta.
Tuttavia, possono verificarsi delle “anomalie” dovute alla presenza di pianeti
intorno alla lente.
Metodo delle microlenti gravitazionali: pro e contro
Questo metodo è sensibile a pianeti di massa terrestre.
Le ricerche vengono concentrate in direzione del bulge galattico, ossia in
regioni ad elevata densità stellare, per massimizzare la probabilità di un tale
evento.
Gli eventi di microlensing sono, per loro stessa natura, irripetibili!
Quadro d’insieme
Ad oggi (22 gennaio 2008), sono noti 271 pianeti extrasolari.
Tra questi, figurano 25 sistemi multipli.
I pianeti osservati con il metodo della velocità radiale sono 257.
Quelli osservati tramite transito sono 35.
Le scoperte mediante microlensing sono 4.
Il pianeta dalla massa più grande conosciuta con buona confidenza è XO-3b
(transitante!), ed è pari a 13.24 volte quella di Giove: alla sua scoperta hanno
contribuito anche gli italiani G. Masi e F. Mallia.
Il pianeta dalla massa più piccola è Gl 581c, con un valore pari a 0.0158
masse gioviane.
Quadro d’insieme
Distribuzione in funzione
del semiasse maggiore
dell’orbita.
Si nota la schiacciante
maggioranza di corpi a breve
distanza dalla propria stella: effetti
di selezione delle tecniche
osservative.
Quadro d’insieme
Distribuzione in funzione
del periodo orbitale
Dominano, ovviamente, i pianeti a
breve periodo orbitale.
Quadro d’insieme
Distribuzione in funzione
della massa minima
Distribuzione in funzione
dell’eccentricità orbitale
Conclusioni.
La popolazione oggi nota di pianeti extrasolari è largamente dominata da
pianeti di grande massa, collocati a breve distanza dalla loro stella.
Questo dipende fortemente dai limiti delle tecniche impiegate.
Grazie al progresso delle tecniche e al promettente avvio di missioni spaziali
dedicate, saremo in grado di individuare “mondi” di taglia terrestre, collocati
nella cosiddetta fascia di abitabilità (come Gliese 581c ), ove la temperatura
è tale da consentire la presenza di acqua allo stato liquido.
Mondi potenzialmente favorevoli alla vita, che consentiranno, si spera, di
dare risposta alle grandi domande della scienza.
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