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Alcani
Gli alcani sono idrocarburi composti da carbonio ed idrogeno, noti anche come idrocarburi saturi
caratterizzati unicamente da legami singoli. Gli atomi di carbonio sono ibridati tutti sp3 ed hanno dunque
struttura tetraedrica. Caratteristiche fondamentali:
•
•
•
Formula molecolare CnH2n+2
Ibridazione sp3 del carbonio
E' una serie omologa
Esistono alcani a catena lineare o ramificata ed alcani ciclici o cicloalcani. L’alcano più semplice è il
metano CH4 nel quale il carbonio è legato a quattro idrogeni. Seguono quindi gli idrocarburi come l’etano
CH3-CH3, il propano CH3-CH2-CH3, il butano CH3-CH2-CH2-CH3, il pentano CH3-CH2-CH2-CH2-CH3,
esano, eptano, ottano eccetera. Come si può vedere ogni catena inizia e termina con un CH3 chiamato metile
ed i CH2 interni chiamati metileni. I nomi degli alcani semplici non ramificati sono costituiti da una radice che
indica il numero di carboni che costituisce la catena e dalla desinenza ano (definita anche suffisso) che indica
la classe di appartenenza. La tabella seguente riporta i nomi degli alcani lineari semplici.
Si chiama primario un
carbonio legato soltanto ad
un altro carbonio per
esempio
un
metile.
Secondario un carbonio
legato contemporaneamente
ad altri due come il metilene.
Terziario un carbonio legato
contemporaneamente a tre
altri carboni come il metino.
Quaternario un carbonio
legato contemporaneamente
a quattro altri carboni. Man
mano
che
la
catena
idrocarburica si
allunga
diventa sempre più laborioso
scrivere la sequenza dei
carboni.
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Radicali alchilici
Rimuovendo un idrogeno da una catena alchilica si ottiene un radicale alchilico. Il nome di un radicale
alchilico si ottiene sostituendo il suffisso ano dell'alcano corrispondente con il suffisso ile. Il nome dei radicali
alchilici è molto importante per la nomenclatura degli alcani ramificati.
Il fenomeno dell’isomeria
Si definiscono “isomeri” i composti aventi identica formula molecolare (o formula bruta) ma che
differiscono tra loro per una diversa disposizione degli atomi nella molecola. Obbediscono a questa
definizione l’isomeria di posizione, quella conformazionale, quella geometrica e l’isomeria ottica.
Isomeria di posizione
Gli isomeri di posizione (o di struttura) hanno gli stessi atomi ma legati in modo diverso. Consideriamo
per esempio il 2-metilpentano ed il 3-metilpentano oppure il 2-cloroesano ed il 3-cloroesano. I primi due
hanno la stessa composizione C6H14 però differiscono per il punto della molecola dove è posizionato il
metile. I due alogenuri hanno composizione C6H13Cl e presentano il cloro in due diverse posizioni lungo
la catena di atomi di carbonio. Quindi, il 2 ed il 3-metilpentano così come il 2- ed il 3-cloroesano sono
definiti isomeri di posizione. Gli isomeri di posizione sono stabili e differiscono per proprietà fisiche
ed anche chimiche.
Pertanto butano e isobutano sono isomeri di struttura, e per l’alcano di formula C5H12 possiamo scrivere
3 possibili strutture. Ancora una volta una lineare, il pentano, e due ramificate. Allo stesso modo, esistono
5 esani e ben 9 eptani isomeri. Al crescere del numero di atomi di carbonio cresce vertiginosamente il
numero di possibili isomeri di posizione. Esistono infatti ben 75 decani e 4.347 pentadecani isomeri.
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Esercizio risolto 1. Disegnare i 5 isomeri di struttura di formula C6H14
Esercizio risolto 2. Disegnare i 5 isomeri di struttura di formula C7H16
Nomenclatura IUPAC
Data l’elevatissimo numero di composti organici, l’assegnazione di un nome identificativo può generare
confusione, perciò l’Unione Internazionale di Chimica Pura ed Applicata (IUPAC) ha introdotto delle
norme per chiamare in modo corretto non solo gli alcani ma tutte le classi di composti chimici. Il nome
IUPAC di un generico composto si compone di tre elementi:
PREFISSO + RADICE + SUFFISSO
(pos. sost.)
(n° atomi di C)
(famiglia di appartenenza)
Per gli alcani, tutti i nomi terminano con il suffisso –ano: metano, etano, propano, butano, pentano ecc.
Data la presenza delle ramificazioni, per evitare confusione ed ambiguità si devono seguire la regole
seguenti:
1. Individuare la catena carboniosa più lunga (può essere
lineare o piegata, l’importante che sia continua).
2. Numerare la catena da quella estremità che assegna al
carbonio che porta la ramificazione il numero più basso
possibile.
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3. Il nome finale si costruisce scrivendo nell’ordine: posizione del sostituente, trattino, nome del
sostituente, nome della catena principale (fusi in un’unica parola).
Ulteriori regole
4. Se la catena principale porta più sostituenti: numero più basso
possibile al 1° sostituente. Il nome si assembla sistemando i sostituenti in
ordine alfabetico.
5. Quando ci sono più sostituenti uguali si usano prefissi di, tri, tetra etc.
Le posizioni dei sostituenti si indicano con numeri separati da virgole
posizionati sempre prima del nome del sostituente.
Proprietà fisiche
I punti di ebollizione e di fusione crescono con il peso molecolare. I primi 4 termini della serie omologa
metano, etano, propano e butano sono gassosi a temperatura ambiente e pressione atmosferica. Gli alcani
da C5 a C20 sono liquidi mentre quelli con atomi di carbonio maggiore di venti sono solidi cerosi e si
chiamano paraffine. Tutti gli alcani essendo poco polari sono insolubili in acqua e solubili in solventi
apolari (benzene, CCl4 etc.). Le paraffine sono utilizzate per la fabbricazione di candele e per
impermeabilizzare la carta.
Fonti
Le fonti più importanti di alcani sono i giacimenti di gas naturale e di petrolio formatisi nei millenni
dalla decomposizione di depositi di materiali vegetali e animali, prevalentemente di origine marina. Il gas
naturale è costituito essenzialmente da metano, ma contiene anche etano, propano e butano. Il petrolio è
una miscela complessa di idrocarburi, che prima di poter essere impiegata, deve essere separata in varie
frazioni per distillazione frazionata. Gli idrocarburi liquidi a basso peso molecolare sono principalmente
utilizzati per autotrazione (benzine e gasolio).
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Reazioni degli alcani: combustione ed alogenazione
Talvolta gli alcani vengono detti paraffine, dal latino “parum affinis” poco affine, cioè «poco reattivo». Il
termine è molto appropriato in quanto questi composti manifestano scarsa affinità chimica per le altre
sostanze e inerzia verso i più comuni reagenti di laboratorio. Tuttavia gli alcani, in condizioni appropriate,
reagiscono con l'ossigeno, il cloro e poche altre sostanze. La reazione con l'ossigeno si verifica durante il
processo di combustione, per esempio nei motori a scoppio o nei forni, dove gli alcani vengono usati
come combustibili. I prodotti della combustione sono l'anidride carbonica e l'acqua, accompagnati dallo
sviluppo di una grande quantità di calore. Il metano (gas naturale), per esempio, reagisce con l'ossigeno
secondo l'equazione
La reazione di un alcano con il cloro (oppure bromo) si verifica quando una miscela delle due sostanze
viene irradiata con luce ultravioletta (rappresentata da hv, dove v è la lettera greca minuscola nu). A
seconda delle proporzioni relative dei due reagenti e del tempo in cui restano a contatto si osserva la
progressiva sostituzione degli atomi di idrogeno dell'alcano con atomi di cloro. Il processo, noto come
alogenazione, porta a una miscela di prodotti clorurati. In particolare, il metano reagisce con il cloro
fornendo una miscela di clorometano (CH3Cl), diclorometano (CH2Cl2), triclorometano (CHCl3) e
tetraclorometano (CCl4).
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Isomeria conformazionale
Dato che il legame sigma C-C ha simmetria cilindrica, negli alcani i carboni tra loro legati sono liberi di
ruotare intorno al legame che li unisce. Consideriamo l’etano: per rotazione di 360° intorno al legame CC, per l’etano, ad esempio, sono possibili sei conformazioni, tre chiamate sfalsate e tre eclissate. Nelle
conformazioni sfalsate i tre idrogeni sul primo carbonio non eclissano gli altri tre sull’altro carbonio.
Nelle conformazioni eclissate, invece, i tre idrogeni del primo eclissano i tre idrogeni del secondo. Per
visualizzare tutto ciò sono molto utili le strutture a cavalletto o le proiezioni di Newman. Nelle
proiezioni di Newman si guarda lungo un legame C-C ed il carbonio che si trova lontano dall’osservatore
è rappresentato da una circonferenza, mentre il carbonio che si trova vicino all’osservatore si rappresenta
con un punto al centro della circonferenza.
Il contenuto energetico addizionale della conformazione eclissata è dovuta alla tensione torsionale (o
tensione di eclisse) ovvero alla “repulsione che si stabilisce tra gli elettroni di legame di un sostituente
quando viene a trovarsi vicino agli elettroni di legame di un altro sostituente” (angolo diedro uguale a
zero). Nel caso dell’etano la tensione di eclisse vale 1 Kcal/mole per ogni coppia di legami C-H che si
eclissano, e quindi globalmente 3 Kcal/mole. Gli isomeri eclissati sono dunque meno stabili. Tuttavia,
essendo la differenza di energia molto piccola (3 Kcal/mole), essi si convertono a temperatura ambiente
tanto velocemente da non poter essere separati.
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Nel propano, a causa della presenza di un gruppo metile al posto di un atomo di idrogeno, si osserva
oltre alla tensione torsionale anche la tensione sterica, ovvero “l'interazione repulsiva che interviene
quando gli atomi sono costretti a giacere ad una distanza inferiore al raggio di van der Waals”. In questo
caso, nella forma eclissata il metile e un atomo di idrogeno vengono a trovarsi molto vicini e quindi sono
oggetto di una repulsione aggiuntiva di 0,4 Kcal/mole.
Nel butano le conformazioni sfalsate che si originano per rotazione intorno al legame C2-C3 non sono tutte
uguali. La conformazione sfalsata anti è quella a minore energia dove i due gruppi metilici sono alla
massima distanza. Per rotazione di 60° si passa alla conformazione eclissata che presenta due interazioni
steriche metile-idrogeno che si fronteggiano di 0,4 Kcal/mole. Per rotazione ulteriore si ha la conformazione
sfalsata gauche che presenta un contenuto energetico di 0.9 kcal/mole in più rispetto alla conformazione anti
a causa della interazione sterica fra i due gruppi metilici che pur trovandosi ad un angolo diedro di 60° sono
abbastanza vicini da respingersi. Infine, dopo rotazione di altri 60°, si ha la forma eclissata più instabile perché
presenta una interazione sterica di due metili che si fronteggiano (interazione da 1,5 Kcal/mole).
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Cicloalcani
I cicloalcani sono idrocarburi a catena chiusa con formula CnH2n o (CH2)n. Gli atomi di carbonio sono tutti
ibridati sp3. Il più semplice è il ciclopropano formato da tre atomi di carbonio, segue il ciclobutano, con
quattro atomi di carbonio, il ciclopentano con cinque ed il cicloesano con 6 atomi di carbonio nel ciclo.
Naturalmente vi sono cicloalcani più grandi ma che hanno minore importanza. I cicli più diffusi sono invece
quelli a 5 e 6 termini. Il modo più semplice per rappresentarli è quello di usare i poligoni regolari come il
triangolo equilatero, il quadrato, il pentagono e l’esagono. Naturalmente a ciascun vertice del poligono si
sottintende un gruppo metilenico CH2.
Nomenclatura
Il nome del cicloalcano deriva dall’analogo a catena aperta anteponendo la parola “ciclo”. I sostituenti
sulla catena sono numerati se necessario seguendo l’ordine alfabetico.
Isomeria geometrica nei cicloalcani.
Un altro tipo di isomeria è quella Geometrica. Questa si verifica quando tra due carboni manca la libera
rotazione (prima condizione), libera rotazione invece tipica degli alcani a catena aperta.
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Una seconda condizione è anche necessaria: su ciascun carbonio i sostituenti devono essere diversi tra loro.
L’isomeria geometrica, se sono verificate ambedue le condizioni, si ha negli alcheni e cicloalcani. Negli
alcheni la libera rotazione è impedita perché i due carboni sono legati tra loro con un doppio legame. Nei
cicloalcani, i carboni formano un ciclo che impedisce la loro libera rotazione. Quindi, se si verifica anche la
seconda condizione, gli alcheni e cicloalcani presentano isomeria geometrica.
Gli isomeri che presentano dalla stessa faccia del piano del cicloalcano (o dallo stesso lato del sistema π degli
alcheni) i gruppi più voluminosi si chiamano isomeri cis o Z, quelli che hanno questi gruppi o sostituenti da
parte opposta si chiamano isomeri trans o E.
Si veda ad esempio l’ 1,2-dimetilciclopropano. I due sostituenti metilici potranno stare sulla stessa faccia
(isomero cis) oppure sulle due facce opposte (isomero trans) del piano della molecola.
L’1-butene e ciclopentanolo soddisfano soltanto la prima condizione (non rotazione attorno ai carboni) ma
non la seconda (sostituenti diversi) e quindi non presentano isomeria geometrica. Nei cicloalcani si verifica
l'isomeria geometrica anche se i sostituenti diversi non giacciono su carboni contigui. Per esempio nel
dimetilcicloesano esistono tre coppie di isomeri geometrici:
Un modo per rappresentare più velocemente l’isomeria cis/trans sui cicli è quella di usare la notazione con i
cunei.
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Stabilità dei cicloalcani: teoria di Baeyer della tensione angolare
Nel 1885 Baeyer studiando la stabilità dei cicloalcani formulò una teoria detta della “tensione angolare” che
prevedeva la stabilità dei cicloalcani sulla base degli angoli di legame interni all’anello. Secondo Baeyer,
maggior era il discostamento di tali angoli dall’angolo tetraedrico (109.5 °) maggiore era la “tensione di
anello” che rendeva la molecola instabile (ovvero a contenuto energetico superiore rispetto all’alcano analogo
a catena aperta).
Su questa base, Baeyer prevedeva che il ciclopentano dovesse essere quello più stabile (angoli interni di 108°
molto vicini a quelli tetraedrici). Queste assunzioni si rivelarono vere solo in parte, perché partivano dal
presupposto che le molecole dei cicloalcani sono planari, cosa non vera. In più, oltre alla tensione angolare,
anche nei cicloalcani, come negli alcani a catena aperta, vanno considerate le altre interazioni repulsive che
fanno aumentare l’energia. Qui di seguito riassumiamo il complesso di queste interazioni che sono tre:
1. Tensione angolare (o di Baeyer): è la tensione che nasce dal discostamento dall’angolo di legame
tetraedrico.
2. Tensione torsionale (o di eclissi): dovuta all’eclissarsi dei legami sigma su carboni adiacenti.
3. Tensione sterica: dovuta all’interazione repulsive nello spazio tra gruppi voluminosi che si avvicinano a
distanze inferiori ai raggi di Van der Waals.
Conformazioni dei cicloalcani
Ciclopropano
Il ciclopropano è l’unico dei cicloalcani nel quale tutti i carboni del ciclo giacciono in un unico piano. Il
discostamento dall’angolo tetraedrico è massimo e perciò la tensione angolare è elevata. A causa di ciò, i
legami sigma C-C dell’anello sono piegati giacché si formano non per sovrapposizione frontale, come accade
negli alcani a catena aperta, ma obliqua che forma un legame più debole (banana bonds).
Oltre alla forte tensione di Baeyer, nel ciclopropano vi sono anche ben 6 tensioni torsionali tra i 6 atomi di
idrogeno che si eclissano al di sopra ed al di sotto del piano dell’anello. Tutto questo fa sì che il ciclopropano
sia caratterizzato da una tensione totale (angolare + eclisse) di 27,5 Kcal/mole.
ciclobutano
Il ciclobutano ha una tensione angolare inferiore al ciclopropano. Tuttavia il conformero più stabile del
ciclobutano non è planare come il ciclopropano. Se lo fosse avrebbe una tensione angolare minore ma una
maggiore tensione di eclissi dato che ha due idrogeni in più.
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H
H
H
H
H
H
H
H
H
H
H
H
H
H
ciclobutano planare
H
H
conf ormero ripiegato
Per diminuire la tensione di eclissi esso assume una conformazione ripiegata con uno dei 4 atomi di carbonio
che si solleva di 25° dal piano che contiene gli altri 3. La tensione totale è di 26 Kcal/mole.
ciclopentano
Il ciclopentano è più stabile dei primi due perché gli angoli interni sono di 108°, valore molto prossimo a
quello canonico di 109.5°. Anche in questo caso abbiamo due conformeri, uno planare nel quale tutti gli
idrogeni si eclissano ed uno cosiddetto a “Busta” nel quale un carbonio è sollevato rispetto agli altri quattro
(come in una busta appunto) per evitare l’eclisse degli idrogeni:
cicloesano
Il cicloesano dovrebbe avere, se fosse planare, angoli di legami interni di 120°, maggiori del canonico angolo
tetraedrico di 109.5°. Questo lo renderebbe meno stabile del ciclopentano. In realtà il cicloesano è il più
stabile tra tutti i cicloalcani. Questo perché non ha una conformazione planare ma possiede una struttura nella
quale solo 4 dei 6 atomi di carbonio giacciono nello stesso piano, mentre gli altri due sono disposti uno sopra
e l’altro sotto tale piano. In tal modo, non solo tutti i 12 atomi di idrogeno idrogeni evitano l’eclissi, ma anche
tutti gli angoli di legame restano di 109.5°. La conformazione assunta è detta a “sedia”..
Rappresentazione del cicloesano. Per disegnare correttamente il cicloesano a sedia occorre:
•Disegnare due linee parallele, inclinate verso il basso e sfalsate
•Sistemare un quinto carbonio in alto a destra e unire i legami
•Sistemare l'ultimo carbonio a sinistra in basso
Per convenzione la sedia si rappresenta in una formula prospettica nella quale i tre legami in basso (rimarcati
in figura) escono dal piano e i tre legami in alto puntano dietro il piano.
I 12 legami sulla sedia sono di due tipi: 6 assiali (paralleli all’asse dell’anello, in rosso nella figura) e 6
equatoriali (verso l’equatore, in azzurro nella figura).
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Per rappresentare i legami assiali ed equatoriali occorre ricordare che: 1) i sei legami assiali sono orientati in
verticale alternativamente sopra e sotto il piano medio della molecola, e 2) i sei legami equatoriali sono
orientati sempre verso l’esterno del ciclo a formare angoli di 109° con i legami assiali; inoltre sono paralleli
tra loro a due a due, nonché paralleli ai legami C-C del ciclo come indicato in figura.
i 6 legami assiali
i 6 legami equatoriali
Inversione di anello
L'anello del cicloesano è conformazionalmente mobile a temperatura ambiente. Se immaginiamo che l’atomo
di carbonio che è al di sotto del piano degli altri 4 viene sollevato, e allo stesso modo quello che è al di sopra
viene portato al di sotto, si ottiene l’interconversione della sedia nota come inversione di anello. La barriera
energetica di interconversione sedia-sedia è di solo 12 kcal/mole. Il processo è estremamente rapido e
entrambe le sedie sono presenti all'equilibrio.
Quello che avviene a livello dei legami è che i 6 legami assiali nella sedia di sinistra si trasformano nei 6
legami equatoriali della sedia di destra e viceversa. Durante l’inversione il cicloesano assume una
conformazione meno stabile che è quella a barca. Questa presenta oltre a 4 tensioni di eclisse degli
idrogeni presenti nel piano formato dai carboni C2-C3-C5-C6, anche una tensione sterica di due idrogeni
ai C1 e C4.
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Il diagramma energetico per l’inversione di anello mostra anche due conformazioni a mezza sedia che si
trovano su due massimi di energia a 12 Kcal/mole.
Cicloesani monosostituiti: interazione 1,3-diassiale
I sostituenti sull’anello del cicloesano prediligono la posizione equatoriale anziché quella assiale. Si
prenda ad esempio il metilcicloesano. Questo sarà soggetto all’equilibrio conformazionale di inversione
di anello.
Nel conformero a sedia di sinistra il metile sul C1 si trova in posizione assiale, mentre dopo l’inversione
di anello si troverà in posizione equatoriale. Nelle conformazione di sinistra, però, il metile dà luogo ad
un’interazione sterica con gli atomi di idrogeno assiali sulle posizioni 3 e 5, chiamata interazione 1,3diassiale. Questa interazione si annulla nella conformazione di destra dove il metile è in posizione
equatoriale. A causa di ciò, la conformazione di destra è più stabile di 1.8 Kcal/mole ed è perciò preferita
nell’equilibrio.
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Acidi e basi di Brønsted e di Lewis – Nucleofili ed elettrofili
Un acido di Brønsted è una sostanza che cede un protone (H+).
Una base di Brønsted è una sostanza che accetta un protone(H+).
HCl
+
H3O+
H2O
+
Cl-
Forza degli acidi e delle basi: pKa.
Prendiamo un generico acido monoprotico HA. La sua forza è espressa dalla costante dell’equilibrio di
protonazione dell’acqua che si esprime a sua volta dal valore di pKa così ricavato:
HA +
H3O+
H2O
+
A-
pKa dell’acqua
Nel caso dell’acqua l’equilibrio è il seguente:
H2O +
Keq=
acido
f orte
OH-
[H2O] [H2O]
[H3O+] [OH-]
[H2O]
Kw
=
[H2O]
10-14
pKa= - log Ka = 15,7
55.5 M
Scala dei pKa:
acido
debole
+
[H3O+] [OH-]
Keq [H2O] =
Ka =
H3O+
H2O
Acido
pKa
Base coniugata
CH3CH2OH
16
CH3CH2O-
H 2O
15,7
OH-
HCN
9,3
CN-
CH3CO2H
4,7
CH3CO2-
H3PO4
2,1
H2PO4-
H2SO4
-2
HSO4-
HCl
-7
Cl-
forza acida dell'acqua
base
f orte
base
debole
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Acidi e basi di Lewis
La definizione di Lewis è più ampia.
Un acido di Lewis è un accettore di una coppia di elettroni.
Una base di Lewis è un donatore di una coppia di elettroni.
Una base di Lewis deve possedere un orbitale pieno, l’acido di Lewis un orbitale vuoto a bassa energia. Il
risultato è la formazione di un legame covalente.
Basi di Lewis
Le basi di Lewis sono strutturalmente identiche alle basi di Bronsted-Lowry. Hanno densità elettronica
disponibile come coppia elettronica solitaria di non legame oppure coppia elettronica di un legame π.
Acidi di Lewis
Tutti gli acidi di Bronsted-Lowry sono anche acidi di Lewis, ma il contrario non è sempre vero.
Ci sono acidi di Lewis come i composti di elementi del gruppo 3 della tavola periodica, che non sono acidi di
Bronsted-Lowry. Sono composti che possono accettare una coppia di elettroni perché non hanno un livello di
valenza otteziale.
Reazione acido-base secondo Lewis: simbolismo delle frecce
Le specie elettron-ricche, basi di Lewis, reagiscono con le specie elettron-povere, gli acidi di Lewis. Una
freccia ricurva mostra il movimento di elettroni. La freccia deve partire sempre dalla coppia elettronica
della base e puntare verso la specie che accetta la coppia elettronica, l’acido di Lewis.
Elettrofilo e nucleofilo
Un acido di Lewis chiamato anche elettrofilo (attratto dall’elettrone), una base di Lewis, quando reagisce con
un elettrofilo diverso dal protone, è definita anche nucleofilo (attratto dal nucleo).
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La basicità è una misura di quanto prontamente un atomo dona la sua coppia di elettroni al protone ed è una
proprietà termodinamica in quanto caratterizzata dalla costante di equilibrio acido-base Ka.
La nucleofilicità è invece la misura di quanto prontamente un atomo dona la coppia di elettroni ad atomi
diversi da H+. E’ una proprietà cinetica in quanto legata alla velocità di reazione di una sostituzione
nucleofila.
Oltre alle reazioni acido-base ed alle reazioni di ossido-riduzione le molecole organiche danno luogo a tutta
una serie di reazioni che possono essere catalogate in tre principali categorie:
Meccanismi di reazioni
I meccanismi di reazione rappresentano la descrizione dei possibili eventi che avvengono a livello molecolare
quando i reagenti si trasformano in prodotti.
Ogni meccanismo è proposto sulla base di studi cinetici, di analisi spettroscopiche e di identificazione degli
intermedi di reazione.
Ogni meccanismo proposto deve essere consistente con tutti i dati sperimentali
Scissione del legame covalente
Esistono solo due modi per rompere un legame covalente.
Equa divisione degli elettroni di legame: scissione omolitica
Non equa divisione degli elettroni di legame: scissione eterolitica.
L’omolisi genera intermedi privi di carica con elettroni spaiati: i radicali.
L’eterolisi genera intermedi carichi: anioni e cationi
omolisi
eterolisi
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Carbocationi
La scissione eterolitica di un legame C-Z (dove Z è un elemento diverso dal carbonio) può generare
carbocationi o carbanioni.
Se Z è più elettronegativo del carbonio la scissione eterolitica del legame fornisce un intermedio instabile e ad
alta energia: il carbocatione. Nel carbocatione il carbonio non è otteziale.
I carbocationi sono elettrofili perché contengono un atomo di carbonio elettron-povero.
I carbocationi reagiscono con i nucleofili e ne risulta la formazione di un legame covalente
Carbanioni
Quando Z è un elemento meno elettronegativo del carbonio, la scissione eterolitica del legame C-Z genera un
carbanione. Carbocationi e carbanioni sono specie intermedie di molte reazioni organiche.
I carbanioni sono nucleofili perché contengono un atomo di carbonio con un doppietto elettronico non
condiviso.
RICORDARE SEMPRE CHE LA REAZIONE AVVIENE SEMPRE TRA UN ELETTROFILO ED
UN NUCLEOFILO. NON E’ MAI POSSIBILE CHE POSSA AVVENIRE UNA REAZIONE TRA
DUE ELETTROFILI OPPURE TRA DUE NUCLEOFILI.
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Termodinamica e cinetica
Affinché una reazione sia efficiente, l'equilibrio reagenti-prodotti deve favorire i prodotti e la velocità di
reazione deve essere elevata per consentire la formazione dei prodotti in tempi ragionevoli. Queste due
condizioni dipendono dalla termodinamica e dalla cinetica di una reazione chimica.
•
•
la termodinamica descrive le proprietà di un sistema all'equilibrio.
la cinetica descrive la velocità di una reazione.
Parametri termodinamici
In una reazione all'equilibrio, le concentrazioni relative dei prodotti e dei reagenti all'equilibrio sono
matematicamente espressi dalla costante di equilibrio, Keq.
Quando in una reazione i prodotti sono favoriti all'equilibrio → Keq> 1
Quando in una reazione i reagenti sono favoriti all'equilibrio → Keq <
Termodinamica
La posizione dell'equilibrio dipende dalle stabilità relative dei reagenti e dei prodotti cioè dalle loro energie
relative.
La funzione di stato termodinamica che descrive l'energia di una molecola è l'energia libera di Gibbs,
simbolizzata da G0.
La differenza di energia libera tra reagenti e prodotti determina se all'equilibrio sono favoriti i prodotti o i
reagenti:
∆G0= (G0prodotti)-(G0reagenti)
Il ∆G0 è correlato alla Keq attraverso la seguente equazione.
∆G0= - RT ln Keq
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Cinetica
La termodinamica non dice nulla sul tempo necessario a far avvenire i processi chimici. Questo riguarda
invece la Cinetica Chimica
La cinetica descrive la velocità della reazione, ossia la variazione della concentrazione dei reagenti nel tempo.
La velocità di reazione dipende:
• Numero di collisioni tra molecole in un determinato tempo
• Numero di collisioni con energia maggiore della barriera energetica
• Numero di collisioni con opportuna orientazione
È direttamente proporzionale:
• alla concentrazione dei reagenti
• alla temperatura
Per una generica reazione, la velocità di reazione “v” è legata alla concentrazione dei reagenti, alla
temperatura ed alla energia di attivazione “Ea” dalle seguenti equazioni.
L’energia di attivazione rappresenta la differenza tra l’energia dello stato di transizione e quella dei reagenti.
Lo stato di transizione è una specie ad elevato contenuto energetico, non isolabile, dove i legami sono
parzialmente rotti e parzialmente formati.
20
Alcheni
Gli alcheni (o olefine) appartengono alla categoria degli idrocarburi insaturi e sono caratterizzati dalla
presenza del doppio legame carbonio-carbonio. La formula generale CnH2n indica che vi sono due atomi di
idrogeno in meno rispetto all’alcano corrispondente. L’alchene più semplice è l’etene (C2H4).
Struttura
2
Per formare i legami con altri tre atomi, il carbonio usa tre orbitali ibridi equivalenti, gli orbitali sp , formati
dall’unione di due orbitali 2p e dall’orbitale 2s, giacenti in un piano passante per il nucleo del carbonio e
diretti verso i vertici di un triangolo equilatero (ossia a 120°). Con questo assetto trigonale gli orbitali ibridi
risultano quanto più è possibile distanti tra loro e questo minimizza la loro reciproca repulsione.
Se si sistemano i quattro atomi di idrogeno ed i due atomi di carbonio in modo da dare la massima
sovrapposizione frontale dei rispettivi orbitali s ed sp2, si ottiene la struttura dei legami σ. Tuttavia la molecola
non è ancora completa: i restanti orbitali 2p contenenti un singolo elettrone per ciascun carbonio, e non
impegnati nell’ibridazione, possono sovrapporsi lateralmente per dare un nuovo tipo di legame, chiamato
legame π , formato da due nuvole elettroniche che si trovano sopra e sotto il piano della molecola. L’etilene è,
dunque, una molecola piana.
Il doppio legame carbonio-carbonio è perciò formato da un forte legame σ e da un legame π più debole, e la
forza totale del legame (146 Kcal/mole) è maggiore di quella del legame semplice nell’etano (88 Kcal/mole).
Due importanti aspetti concordano con questa descrizione degli alcheni: a) il concetto di rotazione impedita,
con il conseguente fenomeno dell’isomeria geometrica e b) la reattività caratteristica del doppio legame negli
alcheni, vale a dire l’addizione elettrofila
Isomeria geometrica
Per avere libera rotazione attorno al doppio legame occorre rompere il legame π, fornire cioè circa 60
Kcal/mole, una quantità di energia troppo elevata perché la rotazione possa avvenire spontaneamente a
temperatura ambiente, come avviene invece per i legami semplici carbonio-carbonio negli alcani. Si chiamano
isomeri geometrici quegli isomeri che devono la loro esistenza proprio alla mancanza di libera rotazione
intorno al doppio legame.
In generale, perché si abbia isomeria geometrica devono verificarsi contemporaneamente due condizioni: a)
deve esserci mancanza di libera rotazione intorno al legame C-C, cosa che è riscontrabile per i due atomi di
carbonio coinvolti nel legame π, e b) i due atomi di carbonio legati dal doppio legame (chiamati anche carboni
vinilici) devono portare ciascuno due sostituenti diversi tra loro.
21
Un classico esempio è dato dai due isomeri geometrici del 2-butene, i quali sono distinti in cis e trans secondo
che i due gruppi sostituenti più voluminosi sui carboni sp2 (i gruppi metilici segnati in blu), si trovano dalla
stessa parte (cis) o da parti opposte (trans) rispetto al doppio legame.
Questi due composti non possono essere trasformati l’uno nell’altro a temperatura ambiente, a causa
dell’impedimento nella rotazione, ed hanno proprietà fisiche e chimiche differenti. Gli alcheni trans sono più
stabili degli alcheni cis, e questo a causa della repulsione sterica tra i gruppi sostituenti che nel caso
dell’isomero cis vengono a fronteggiarsi. Olefine con doppi legami terminali, o portanti su uno dei due
carboni vinilici sostituenti uguali, non presentano il fenomeno dell’isomeria geometrica.
Se su uno, o tutti e due, i carboni vinilici vi sono sostituenti diversi dall’idrogeno, per stabilire quali prendere
in considerazione ai fini dell’isomeria cis/trans si ricorre alle regole di priorità di Cahn, Ingold e Prelog (vedi
l’isomeria ottica). In alternativa al sistema cis/trans la nomenclatura IUPAC fa uso della notazione E-Z la
quale assegna il prefisso E (dal tedesco entgegen) all’alchene che vede i due gruppi principali da parti opposte
rispetto al doppio legame (analogo del trans) ed il prefisso Z (dal tedesco zusammen) per l’alchene con i due
gruppi a maggiore priorità dallo stesso lato (analogo di cis).
Nomenclatura
Il nome IUPAC di un alchene si assegna seguendo le regole qui descritte:
a) si sceglie come struttura base la catena di atomi di carbonio che contiene il doppio legame e si assegna il
nome partendo dall’alcano corrispondente e sostituendo il suffisso –ano con il suffisso –ene;
b) si indica con un numero la posizione del doppio legame nella catena, segnalando solo il primo dei due
carboni vinilici che si incontrano numerando la catena;
c) la numerazione della catena è fatta a partire dall’estremità più vicina al doppio legame;
d) si indica con i relativi numeri la posizione sulla catena dei sostituenti;
e) i prefissi cis e trans (oppure E/Z) vengono usati per indicare l’isomeria geometrica ove questa sia presente.
e) se l’alchene è ciclico si sostituisce il suffisso –ano con il suffisso –ene del cicloalcano corrispondente,
mentre i due carboni vinilici occupano sempre le posizioni 1 e 2.
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Sintesi
Gli alcheni fino a cinque atomi di carbonio si ottengono puri dall’industria petrolifera, mentre quelli più
complessi si ottengono essenzialmente con due metodi, la deidroalogenazione degli alogenuri alchilici e la
disidratazione degli alcoli.
1) Deidroalogenazione degli alogenuri alchilici
Quando il bromuro di terz-butile viene trattato a caldo con una soluzione alcolica di una base forte come
l’idrossido di potassio, si liberano isobutene, bromuro di potassio ed acqua.
Questo reazione consiste nella eliminazione di una molecola di acido alogenidrico (HBr) da due atomi di
carbonio adiacenti (eliminazione 1,2). Il meccanismo prevede tre principali eventi: i) l’estrazione da parte
della base di un protone legato all’atomo di carbonio β rispetto all’alogeno, ii) il “ribaltamento” della coppia
di elettroni del legame C-H che va a formare un legame π e iii) l’espulsione dell’alogeno con la sua coppia di
elettroni.
Tutti e tre questi eventi avvengono contemporaneamente, si dice, infatti, che la reazione è concertata ed
avviene in un unico stadio (unico stato di transizione) che coinvolge tutte e due le specie: l’alogenuro e la
base. Per questa ragione la reazione prende anche il nome di Eliminazione E2, ovvero Eliminazione
bimolecolare.
Tutti e tre questi eventi avvengono contemporaneamente, si dice, infatti, che la reazione è concertata ed
avviene in un unico stadio (unico stato di transizione) che coinvolge tutte e due le specie: l’alogenuro e la
base. Per questa ragione la reazione prende anche il nome di Eliminazione E2, ovvero Eliminazione
bimolecolare.
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2) Disidratazione degli alcoli
Trattando un alcole con acido solforico concentrato si ottienela disidratazione con formazione dell 'alchene.
La reazione è di equilibrio, infatti gli alcooli possono essere preparati per idratazione degli alcheni. La
reazione avviene in tre stadi con la formazione di un carbocatione come intermedio (si tratta ovviamente di
una eliminazione). L'acido solforico funge da catalizzatore . Il meccanismo di reazione è qui di seguito
descritto:
Per spostare l’equilibrio verso la formazione dell’alchene occorre allontanare l’acqua mediante distillazione
oppure attraverso l’uso di agenti disidratanti (es. H2SO4 conc.).
REAZIONI DEGLI ALCHENI: ADDIZIONE ELETTROFILA
La reazione caratteristica degli alcheni è l’addizione al doppio legame carbonio-carbonio da parte di agenti
elettrofili. La “nuvola” π sopra e sotto il piano della molecola è una fonte di elettroni notevolmente esposta
all’attacco di reagenti che presentano lacune elettroniche (elettrofili). Durante l’attacco, il legame π si rompe e
si formano due nuovi legami σ sui carboni adiacenti (esattamente il processo inverso rispetto
all’eliminazione). La nuvola π è esposta anche all’attacco di agenti ossidanti, i quali danno ancora reazioni di
addizione ma formano prodotti di ossidazione, parziale (epossidi e glicoli) o di scissione completa del doppio
legame (ozonolisi). Il quadro globale delle reazioni sugli alcheni è qui di seguito rappresentato:
Reazioni di addizione
Idrogenazione
Reazioni di ossidazione
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Addizione di acidi alogenidrici: regola di Markovnikov
Gli acidi alogenidrici HCl, HBr ed HI si addizionano agli alcheni per dare gli alogeno alcani. Le reazioni si
conducono con i reagenti puri, per esempio facendo gorgogliare HCl secco nell’alchene, oppure in solventi
polari come ad esempio l’acido acetico. Ecco alcuni esempi:
Una caratteristica importante di queste reazioni è la regioselettività, una proprietà che è legata
all’orientamento con il quale il protone e l’alogenuro si sommano alle due estremità del doppio legame. Tale
orientamento, infatti, non è casuale ma avviene selettivamente come appare nei seguenti esempi:
La regola con la quale avviene l’addizione è nota come “Regola di Markovnikov”, ed afferma che “quando
H-X o H2O si addizionano ad un alchene, il protone si lega al carbonio del doppio legame che presenta un
maggior numero di idrogeno legati ad esso”. La spiegazione di questa regola appare chiara se si considera il
meccanismo della reazione: la particella che attacca per prima è l’elettrofilo H+ (il protone), che darà luogo
alla formazione di un intermedio carbocationico. Poiché dall’attacco alle due estremità del doppio legame
possono formarsi due carbocationi, sarà favorito l’attacco che porta al carbocatione più stabile. Poiché la
scala di stabilità dei carbocationi è 3ario> 2ario> 1ario, si verifica facilmente che l’attacco sul carbonio più
idrogenato conduce sempre alla formazione del carbocatione più stabile. In definitiva, nell’addizione
elettrofila si ottengono principalmente i derivati più sostituti:
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Addizione di acqua: idratazione
L’acqua si somma agli alcheni, in presenza di acidi, portando agli alcooli. Data l’enorme importanza pratica
degli alcooli, questo processo è estremamente utile sia per le semplicità operative che per la vasta disponibilità
industriale degli alcheni di partenza, La reazione avviene con il meccanismo esattamente inverso a quello già
visto per la disidratazione, e segue la regola di Markovnikov. Così ad esempio l'isobutene reagisce con acido
solforico diluito per dare l'alcole terz-butilico.
Addizione di Borano: idroborazione-ossidazione
Gli alcoli primari possono essere ottenuti dalla reazione di addizione di Borano agli alcheni seguita
dall’ossidazione con acqua ossigenata in ambiente basico. Il borano BH3 (o idruro di boro) è un reagente
elettrofilo (l’atomo di boro, infatti, ha solo sei elettroni sull’orbita esterna) e si somma facilmente al doppio
legame formando un alchil borano. La reazione di addizione prosegue con la somma di altre due molecole di
alchene all’alchil borano. Alla fine si forma un trialchil borano.
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Si può facilmente osservare che la reazione è regioselettiva e che avviene con modalità anti- Markovnikov,
giacchè l’idrogeno questa volta si somma al carbonio meno idrogenato, mentre il boro si addizione al carbonio
più idrogenato. Se il trialchil borano è ossidato con H2O2 in soluzione basica per NaOH si ottiene l’alcool
primario (prodotto anti-Markovnikov).
Il maggiore vantaggio della reazione di idroborazione consiste nell’apparentemente “anomala” direzione
dell’addizione, che sembra avvenire in violazione della regola di Markovnikov. In effetti, così non è: la regola
è ancora rispettata, poiché in questa reazione la particella elettrofila non è il protone bensì l’atomo di boro. A
causa della minore elettronegatività di quest’ultimo, infatti, il legame boro-idrogeno è polarizzato in senso
inverso rispetto agli acidi alogenidrici [+δB-Hδ−], e l’idrogeno ha carattere idrurico. Sarà pertanto l’atomo di
boro il primo a sommarsi, in quanto particella elettrofila, e come vuole la regola di Markovnikov, andrà sul
carbonio vinilico più idrogenato.
Reazione di idrogenazione: riduzione ad alcani
L’addizione di idrogeno H2 al doppio legame C=C si verifica quando un alchene è esposto ad un’atmosfera di
idrogeno gassoso in presenza di un catalizzatore metallico e fornisce un alcano.
In questo caso il doppio legame è idrogenato, o “ridotto” (l’addizione di idrogeno o la rimozione di ossigeno
da una molecola organica costituisce infatti una riduzione). Nella maggior parte dei casi come catalizzatore si
impiega palladio metallico, oppure platino.
L’idrogenazione catalitica degli alcheni si differenzia dalla maggioranza delle altre reazioni organiche per il
fatto di essere un processo eterogeneo; vale a dire che la reazione di idrogenazione avviene sulla superficie
delle particelle del catalizzatore solido, anziché in soluzione. L’iniziale adsorbimento di H2 sulla superficie del
catalizzatore è seguita dalla complessazione tra il catalizzatore e l'alchene, dato che un orbitale vuoto del
metallo interagisce con l'orbitale π pieno dell'alchene. Successivamente l'idrogeno viene inserito nel doppio
legame e il prodotto saturo viene allontanato dal catalizzatore per diffusione. La reazione avviene con
stereochimica sin (cioè il contrario di anti), nel senso che entrambi gli atomi di idrogeno si addizionano dalla
stessa parte del doppio legame.
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Reazione di ossidazione con peracidi: formazione di epossidi.
Gli epossidi sono eteri ciclici costituiti da un anello a tre termini. Se un alchene è trattato in soluzione eterea o
in diclorometano con un peracido, come l’acido peracetico, si libera il corrispondente epossido e l’acido
acetico.
La reazione di epossidazione avviene in un unico stadio ove il peracido addiziona l’atomo di ossigeno su una
delle due facce del doppio legame. Per questa ragione, la stereochimica dell’alchene di partenza viene
“mantenuta“ nell’epossido di arrivo (dall’alchene trans si ottiene l’epossido trans e viceversa).
Reazione di ossidazione con KMnO4: formazione dei glicoli.
Alcuni metalli di transizione nei loro stati di ossidazione più alti, particolarmente il Mn(VII), sono efficaci
agenti ossidanti per la conversione di un alchene in glicole. La reazione si conduce con KMnO4 alcalino
freddo ed ha come sottoprodotto il biossido di manganese.
Questa reazione è stereoselettiva ed avviene con modalità sin. Ciò significa che i due gruppi ossidrilici sono
addizionati dalla stessa faccia del doppio legame. Ciò può essere compreso se si considera il meccanismo
della reazione che vede la formazione di un estere ciclico intermedio che subisce idrolisi per dare il glicole
necessariamente cis.
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Alchini
Gli alchini sono idrocarburi insaturi caratterizzati dalla presenza del triplo legame carbonio-carbonio. La
formula generale CnH2n-2 indica che vi sono quattro atomi di idrogeno in meno rispetto all’alcano
corrispondente. L’alchino più semplice è l’acetilene (C2H2).
Struttura
Nell’acetilene l’atomo di carbonio usa due orbitali ibridi equivalenti, gli orbitali sp, formati dall’unione di un
orbitale 2p e dall’orbitale 2s, e giacenti in un piano passante per il nucleo del carbonio e diretti a 180° l’uno
dall’altro.
Con un ragionamento analogo a quello degli alcheni si sistemano i due atomi di idrogeno ed i due atomi di
carbonio dell’acetilene in modo da dare la massima sovrapposizione frontale dei rispettivi orbitali s ed sp: si
ottiene la struttura dei legami σ. Tuttavia la molecola non è ancora completa: i restanti orbitali 2p contenenti
un singolo elettrone per ciascun carbonio, e non impegnati nell’ibridazione, possono sovrapporsi lateralmente
per dare due nuovi legami π ortogonali tra loro. La sovrapposizione però non porta a quattro lobi affacciati tra
loro, come ci si attenderebbe sulla base della molecole dell’etilene, bensì ad un’unica nuvola elettronica di
forma cilindrica che ha come asse il legame σ carbonio-carbonio. L’acetilene è, dunque, una molecola lineare.
Il triplo legame carbonio-carbonio è perciò formato da un forte legame σ e da due legami π più deboli.
Nomenclatura
La nomenclatura IUPAC degli alchini segue esattamente le stesse regole degli alcheni con la differenza che il
suffisso –ano dell’alcano corrispondente alla catena di atomi di carbonio è sostituito con il suffisso –ino.
Ovviamente, gli alchini non presentano isomeria geometrica né possono esistere come composti stabili gli
alchini ciclici (se non per anelli molto grandi), giacché la geometria lineare del triplo legame non è
compatibile con un ciclo.
29
Sintesi
L’alchino di maggiore importanza industriale è l’acetilene, che viene preparato per azione dell’acqua sul
carburo di calcio (CaC2), il quale a sua volta si ottiene per reazione tra l’ossido di calcio ed il carbon coke ad
alta temperatura.
Gli alchini superiori si ottengono dall’acetilene per reazione del suo sale metallico (acetiluro) con un
alogenuro alchilico, in un classico processo di sostituzione S 2.
N
Questa reazione sfrutta l’acidità dei protoni legati ad atomi di carbonio sp (pKa ~ 22) che possono essere
estratti agevolmente da basi forti come la litio ammide (LiNH2), cosa che non può avvenire negli alcheni o
negli alcani data la debolissima acidità dei protoni legati ad atomi di carbonio sp2 o sp3.
30
I composti aromatici
Benzene ed aromaticità
In passato erano definiti composti aromatici quelli, generalmente ricavati dal mondo vegetale, forniti di odori
o sapori caratteristici come la vanillina, l’acido caffeico e l’olio di cannella. Tutti hanno in comune un anello
insaturo chiamato benzene. Le prime indagini effettuate sul benzene durante il secolo XIX indicavano che si
trattava di un composto liquido ed infiammabile con formula grezza C6H6. Nessun composto sino ad allora
noto possedeva un rapporto carbonio-idrogeno simile. Il grande chimico tedesco Augusto Kekulè propose una
struttura come quella sotto riportata nella quale il benzene assumeva la struttura di un triene ciclico formato
da sei carboni e tre doppi legami intervallati da tre legami semplici.
La struttura proposta da Kekulè fu accolta con scetticismo ed ironia dal mondo scientifico contemporaneo. La
critica derivava dal fatto, sperimentalmente osservato, che il benzene pur avendo tre doppi legami non dava le
reazioni tipiche degli alcheni quali l’addizione di bromo, di idracidi ed era più resistente degli alcheni alle
reazioni di ossidazione e riduzione. Il calore di idrogenazione risultava inoltre minore di circa 36 kcal/mol
rispetto a quello di un triene ciclico quale quello ipotizzato da Kekulè. Con l’avvento dei raggi X si dimostrò
non solo che il benzene aveva la struttura proposta dal chimico tedesco ma anche che tutti i sei legami
carbonio-carbonio avevano identica lunghezza di 1.39 A, che è intermedia tra quella di un legame semplice
(1.54 A) e quella di un legame doppio (1.34 A), e gli angoli di legame tutti di 120°. Inoltre, non si riusciva
nemmeno a spiegare la maggiore stabilità termodinamica del benzene rispetto ad un triene ciclico. La
soluzione si ebbe con l’avvento della meccanica quantistica. Il benzene si può descrivere come un sistema
planare di atomi di carboni tutti ibridati sp2 ciascuno contenente un elettrone nell’orbitale non ibrido p. In
questo sistema, ogni orbitale p non si sovrappone con un solo e ben preciso orbitale p adiacente, bensì
esso si sovrappone allo stesso modo con entrambi gli orbitali p adiacenti e questo da origine ad una
struttura nella quale tutti e 6 gli elettroni pi greca sono liberi di muoversi su tutto l’anello. In questa
struttura si dice che si ha la massima delocalizzazione degli elettroni p.
In termini di risonanza si dice che il benzene è un ibrido di due forme equivalenti, delle quali nessuna è
corretta individualmente: la vera struttura è un ibrido, cioè è intermedia tra le due forme chiamate di Kekulè.
Questa delocalizzazione conferisce la maggiore stabilità termodinamica del benzene rispetto a qualsiasi triene.
Questa energia viene definita energia di stabilizzazione (o energia di risonanza) ed è pari a circa 36
kcal/mol. Attualmente un composto è definito aromatico se è ciclico, planare con un numero di elettroni in
orbitali p definito dalla regola di Hückel: numero elettroni = 4n+2. Con n uguale ad un numero intero e
positivo compreso lo zero. Per il benzene n=1, e così via. Secondo questa regola sono aromatici i composti
con 6, 10,14, 18 elettroni p eccetera. Per esempio, il naftalene è formato da due anelli benzenici condensati
mentre l'antracene ne ha tre anelli benzenici condensati. Gli idrocarburi che non seguono questa regola sono
definiti antiaromatici.
31
Nomenclatura
I derivati monosostituiti si denominano semplicemente dando il nome del sostituente seguito dalla parola
benzene (bromobenzene, clorobenzene, nitrobenzene, metilbenzene ecc). Tuttavia, nella nomenclatura dei
composti del benzene (definiti appunto aromatici o anche areni), più che in qualsiasi altra classe di composti
organici, sono entrati nell’uso nomi non sistematici come toluene, anilina fenolo, benzaldeide, acido
benzoico, acetofenone. Nel caso di molecole complesse il benzene può essere visto come un sostituente ed è
chiamato fenile.
Nei benzeni disostituiti si usano i prefissi orto (o), meta (m) e para (p) a seconda se i sostituenti sono in
posizione reciproca 1,2, 1,3 ed 1,4. Nei benzeni con più di due sostituenti si sceglie un punto di attacco come
C1 e si numerano i sostituenti sull’anello in modo che il secondo sostituente abbia il numero più basso
possibile.
Reazioni del benzene: La sostituzione elettrofila aromatica
La più importante reazione dei composti aromatici è la sostituzione elettrofila aromatica indicata con
l’acronimo SEAr . In questo processo un elettrofilo E+ che sia sufficientemente reattivo, reagisce con l’anello
aromatico del benzene per sostituire uno degli atomi di idrogeno che viene espulso come H+.
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Il meccanismo generale prevede un primo stadio, quello lento, in cui l’elettrofilo si addiziona al benzene
utilizzando un coppia di elettroni del legame π e generando un carbocatione sul carbonio adiacente l’attacco.
In questa situazione l’anello ha perso la sua aromaticità (cioè ha un contenuto energetico di almeni 36
Kcal/mole superiore al reagente). Per tale ragione, nel secondo stadio, quello veloce, l’anello aromatico tende
a ripristinare il sestetto aromatico espellendo il protone. La reazione prevede perciò un’addizione seguita da
una eliminazione: quindi globalmente può essere vista come una reazione di sostituzione di un elettrofilo,
l’H+, da parte di un altro E+.
Alogenazione
La maggior parte degli elettrofili come gli idracidi, gli alogeni ecc., che pure reagiscono facilmente con gli
alcheni, non sono sufficientemente forti da reagire con il benzene. Perché l’alogenazione avvenga è necessario
aggiungere un acido di Lewis come il tricloruro di alluminio AlCl3. Questo è necessario per attivare il cloro
che altrimenti da solo non sarebbe in grado di reagire con il benzene. In modo simile si può bromurare il
benzene per ottenere il bromobenzene utilizzando come acido di Lewis AlBr3. E’ qui esemplificata la reazione
di clorurazione del benzene.
Nitrazione
Altra reazione molto importante è la nitrazione del benzene con acido nitrico concentrato in acido solforico
concentrato (miscela solfonitrica). Il prodotto di reazione si chiama nitrobenzene ed è importante per la sintesi
dell’anilina, un’ammina aromatica importante per la sintesi di farmaci, fitofarmaci e coloranti.
L’acido solforico è un acido più forte del nitrico che si comporta da base. L’acido nitrico protonato perde una
molecola di acqua per dare l’elettrofilo ione nitronio che reagisce con il benzene per formare il nitrobenzene.
Poiché l’eliminazione di acqua per formare lo ione nitronio è una reazione reversibile, bisogna eliminare
l’acqua per spostare l’equilibrio e favorire la formazione dello ione nitronio. Per far questo è necessario usare
acido solforico concentrato che si comporta da agente disidratante. Il nitrobenzene è un solvente polare usato
industrialmente per condurre una varietà du reazioni chimicje. la suaimportanza però è legata alla produzione,
mediante riduzione con ferro ed HCl, di un composto ancora più importanteche è l'anilina. L'anilina è il
composto base di farmaci e svariati prodotti industriali di largo consumo. In particolare, mediante la reazione
di nitrosazione (trattamento con acido nitroso ed HCl) produce i sali di diazonio che sono gli intermedi nella
preparazione dei coloranti azoici attraverso la reazione di diazocopulazione con fenoli ed aniline.I
diazocoloranti sono una tra le classi di coloranti e pigmenti più usate per il loro basso costo, la resistenza e
l'ampia gamma di tonalità di colore. Sono usati per colorare fibre ed alimenti (ora molti sono messi al bando
perchè ritenuti cancerogeni) e come inchiostri da stampa.
33
Alchilazione ed acilazione di Friedel-Crafts
Importanti sono le reazioni di sostituzione con elettrofili al carbonio come i cloruri acilici ed i carbocationi. Il
benzene reagisce con i carbocationi per dare una classe di composti chiamati Areni. Gli areni sono idrocarburi
formati da un anello aromatico ed una catena alifatica e, tra questi importanti sono l’isopropilbenzene ed il
feniletano o etilbenzene, intermedio per la sintesi del feniletilene o stirene utilizzato per preparare il
polistirene. L’etilbenzene si prepara facendo reagire il benzene con l’etilene in presenza di un acido forte con
anione poco nucleofilo quale l’HF o H3PO4.
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Isomeria Ottica
Molti oggetti della vita di tutti i giorni sono chirali. Per esempio, gli esseri umani sono asimmetrici in quanto
le nostre immagini allo specchio non sono sovrapponibili non avendo il nostro corpo elementi di simmetria.
Le mani sono asimmetriche perché tra loro non sovrapponibili. Anche una scarpa è un oggetto asimmetrico.
Gli oggetti asimmetrici sono chiamati anche chirali (dal greco cheir che significa mano). La simmetria che si
osserva a livello macroscopico si ripete a livello molecolare. Esistono, infatti, molecole simmetriche, come il
metano o l’etanolo, e molecole chirali come gli zuccheri, gli ammino acidi i fosfolipidi e molecole più
semplici quali il 2-butanolo.
Enantiomeri e carbonio tetraedrico
La chiralità più comune si riferisce a composti del carbonio tetraedrico. Un carbonio è chirale se legato a
quattro sostituenti tra loro diversi. In questo caso le due immagini della molecola non sono sovrapponibili.
Le due immagini speculari non sovrapponibili sono chiamate Enantiomeri. Sono riportati gli enantiomeri
del 2-butanolo e dell’ammino acido Alanina.
Chiralità ed elementi di simmetria
Un altro modo per identificare una molecola chirale è quello di cercare elementi di simmetria. Se la molecola
possiede almeno un piano di simmetria allora non può essere chirale, ma sarà achirale.
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(a) oggetti achirali
(possiedono un piano di simmetria)
(b) oggetti chirali
(non possiedono un piano di simmetria)
Attività ottica
Il fisico francese Biot agli inizi dell’800 osservo che quando un fascio di luce polarizzata passa attraverso
una sostanza chirale (es. zucchero, canfora, etc.) il piano di polarizzazione viene ruotato di un certo angolo α
e la sostanza viene chiamata otticamente attiva. L’angolo di rotazione è misurato con uno strumento
chiamato polarimetro.
Gli enantiomeri hanno identiche proprietà chimico-fisiche ad eccezione del potere ottico rotatorio [α
α]D.
Mentre le molecole simmetriche poste in un tubo polarimetrico non fanno ruotare il piano della luce
polarizzata, quelle asimmetriche ruotano il piano della luce polarizzata. Tra i due enantiomeri, uno fa ruotare
il piano della luce polarizzata verso destra (enantiomero destrogiro), l’altro (levogiro) lo fa ruotare dello
stesso numero di gradi verso sinistra. Evidentemente, se abbiamo una miscela in parti uguali dei due
enantiomeri, chiamata racemo, il potere ottico sarà nullo.
Determinazione della configurazione assoluta (R) ed (S)
La sistemazione degli atomi attorno ad un centro chirale che caratterizza un dato stereoisomero si chiama la
sua configurazione assoluta.
Usando la prova della sovrapponibilità si può concludere che vi sono, ad esempio, due 2-butanoli enantiomeri
di configurazione I e II. Come facciamo a stabilire e a riconoscere, in qualunque momento e da qualunque
prospettiva si guardi, la sistemazione degli atomi attorno al centro chirale di I e II?
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L’unico modo possibile per fare ciò è assegnare la configurazione assoluta con regole universali riconosciute
da tutti, seguendo le quali si è certi di parlare sempre dello stesso oggetto. Per stabilire la configurazione
assoluta occorre seguire le regole qui descritte:
1) Stabilire la priorità. Si stabilisce la priorità tra i quattro gruppi legati al centro
chirale utilizzando la convenzione di Cahn-Ingold-Prelog. Per far questo si
esaminano i pesi atomici degli atomi direttamente legati al centro chirale
attribuendo il numero 1 all’atomo più pesante e il numero 4 a quello meno
pesante. Per esempio, nel 2-butanolo gli atomi legati al centro chirale sono
l’ossigeno, due carboni e l’idrogeno. L’ossigeno, pesando più del carbonio, ha
priotrità 1. Poi i due carboni, quelli del CH3 e del CH2CH3 hanno lo stesso
peso, ed infine l’idrogeno ha ovviamente la priorità più bassa 4. Per stabilire a
quale dei due carboni (quello del metile e quello dell’etile) va la priorità 2 e la
priorità 3 occorre allontanarsi di un atomo dal centro chirale andando a valutare il peso degli atomi
direttamente a questi carboni. Nel caso del metile ci sono tre 3 idrogeni legati, mentre nel caso dell’etile
sono presenti due idrogeni ed un carbonio, e quest’ultimo è più pesante dell’idrogeno. Pertanto, al
CH2CH3 tocca il numero 2 ed al CH3 il numero 3. Va osservato, inoltre, che se non fosse stato sufficiente
guardare gli atomi direttamente legati ai due carboni, la regala dice di procedere allontanandosi di un
altro atomo dal centro chirale, e poi di un altro ancora e così via, fino ad incontrare il primo punto di
discriminazione tra i gruppi.
2) Orientare la molecola lontano dal gruppo 4. Dopo aver assegnato la
priorità, ci si assicura di guardare la molecola dal lato esattamente
opposto rispetto al gruppo a minore priorità, vale a dire che il gruppo
4 (l’idrogeno in questo caso) deve trovarsi il più lontano possibile
dall’osservatore (cioè dietro il piano).
3) Seguire la rotazione dei gruppi 1,2,3. Poste le prime due condizioni, se
per passare dal gruppo 1 al 2 al 3 il senso di rotazione è orario,
allora la configurazione assoluta è R. Se invece il senso è antiorario
la configurazione è S.
La stessa operazione può essere condotta sulle proiezioni di Fisher o a croce. In queste formule Il carbonio
chirale si posiziona al centro della croce, le catene di atomi di carbonio si pongono sui bracci verticali (il
carbionio più ossidato in alto) mentre gli altri due sostituenti sui bracci orizzontali. In questo caso le regole
vanno applicate come di seguito illustrato:
1) si stabilisce la priorità tra i quattro gruppi legati al centro chirale come
già fatto in precedenza;
2) ci si assicura che il gruppo a minore priorità sia posto in una delle due
posizioni verticali della croce di Fisher (in tal modo si è certi che esso è
dietro il piano del foglio, quindi lontano dall’osservatore);
3) poste le prime due condizioni, se per passare dal gruppo 1 al 2 al 3 il
senso di rotazione è orario, allora la configurazione assoluta è R. Se
invece il senso è antiorario la configurazione è S;
4) se il gruppo a minore priorità si trova su uno dei bracci orizzontali (cioè
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in posizione non corretta perché vicina all’osservatore), prima di assegnare la configurazione (cioè prima
di andare al punto 3) si deve eseguire un numero pari di scambi tra due gruppi qualsiasi legati al centro
chirale in modo da portare il gruppo 4 in posizione corretta (cioè lungo la verticale).
E’ opportuno ricordare che dopo un numero pari di scambi (2, 4, 6 ecc), tra due qualsiasi gruppi legati ad un
centro chirale, la configurazione assoluta a quel centro non varia.
La configurazione assoluta di un centro chirale non implica il suo potere ottico rotatorio. Cioè, un enantiomero
R può essere destrogiro o levogiro. Come abbiamo visto, gli enantiomeri presentando identiche proprietà
fisiche, non possono essere separati con metodi fisici quali la distillazione o la cristallizzazione frazionata. I
diastereoisomeri invece, avendo proprietà fisiche diverse, possono essere separate con metodi fisici.
L’isomeria ottica è un fenomeno di cruciale importanza nei processi biologici. Infatti, la Natura, durante
l’evoluzione, ha selezionato per i composti chirali soltanto uno dei possibili enantiomeri. Per esempio gli
ammino acidi, tranne la cisteina, hanno configurazione assoluta S e le proteine, costituite in massima parte da
ammino acidi S, hanno configurazione S. Da qui discende che una proteina S può esplicare le sue funzioni
biologiche mentre, una proteina formata da ammino acidi R, è biologicamente inattiva. Il D-(+) glucosio è
metabolizzato durante la glicolisi mentre l’ L-(-) glucosio non lo è.
Molecole con più centri chirali
Una molecola può possedere più di un centro chirale. In questo caso il numero degli isomeri ottici possibili è
generalmente dato da: 2n dove n è il numero dei carboni chirali. Per esempio, nel caso del 2,3-pentandiolo n=2
gli isomeri sono quattro ed avremo due coppie di enantiomeri.
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Ciascun enantiomero di una coppia non è l’immagine speculare di uno dell’altra coppia. Un enantiomero di
una coppia si dice allora diastereoisomero dell’enantiomero dell’altra coppia. Due diastereoisomeri, non
essendo l’uno immagine speculare dell’altro, hanno proprietà fisiche e talvolta chimiche diverse..
Comunque la regola 2n non è sempre valida. Infatti, ci sono composti che pur avendo più centri chirali
possono presentare un piano di simmetria. Gli isomeri ottici che hanno un piano di simmetria sono detti
mesocomposti. Un mesocomposto ha potere ottico rotatorio nullo. Si riporta qui il caso del 2,3-dicloro butano
che, pur avendo due centri chirali, ha una coppia di enantiomeri ed un mesocomposto. Come si vede gli
isomeri ottici non sono quattro ma tre.
piano di simmetria
H
HO
H
OH
cis-1,2-ciclopentandiolo
meso composto
Anche il cis-1,2-ciclopentandiolo è un composto meso dato che possiede un piano di simmetria.
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ALOGENURI ALCHILICI
(Sostituzione nucleofila alifatica)
Gli alogenuri alchilici (o alogeno alcani) sono composti contenenti un atomo di alogeno legato
covalentemente ad un atomo di carbonio ibridato sp3. Il simbolo generale per indicarli è R-X, dove X può
essere Fluoro, Cloro, Bromo e Iodio, mentre R è un generico raggruppamento alchilico.
R-X
alogenuro alchilico
I composti appartenenti a questa classe possono essere preparati facilmente a partire da almeno tre categorie di
reagenti: 1) dagli alcani, per alogenazione radicalica, 2) dagli alcheni, per addizione di acidi alogenidrici e 3)
dagli alcoli, per sostituzione nucleofila. Proprio quest’ultima costituisce la principale categoria di reazioni
date da questi composti. Mediante queste reazioni gli alogenuri, oltre che essere preparati, possono essere
trasformati in alcoli, eteri, ammine, tioli, solfuri, nitrili etc. Inoltre, per β-eliminazione possono essere
trasformati in alcheni.
Nomenclatura
Il nome IUPAC di un alogenuro deriva dal nome del corrispondente alcano (in accordo con la regola già
descritta di individuare la catena più lunga di atomi di carboni) numerando la catena base in modo da
assegnare all’alogeno il numero più piccolo possibile. Gli atomi di alogeno, come gli altri sostituenti, sono
indicati dai prefissi fluoro-, cloro-, bromo- e iodo- e vengono indicati in ordine alfabetico. I nomi comuni,
invece, si formano indicando il nome del raggruppamento alchilico preceduto dal nome dell’alogenuro come
parola separata (nello schema seguente sono indicati fra parentesi).
ario
Infine, in base al tipo di raggruppamento alchilico a cui è legato l’alogeno, parleremo di alogenuro 1
ario
,2
e
ario
3
.
Sostituzione nucleofila alifatica
Quando il bromuro di metile reagisce con idrossido di sodio in un solvente che sciolga entrambi i reagenti, si
forma metanolo e bromuro di sodio. Questa è una reazione di sostituzione: il gruppo –OH sostituisce il gruppo
–Br del composto di partenza.
Questo è un tipico esempio di sostituzione nucleofila alifatica ed è la reazione caratteristica degli alogenuri
alchilici. Un nucleofilo è qualsiasi reagente che doni una coppia di elettroni non condivisa in un legame. Una
sostituzione nucleofila è ogni reazione in cui un nucleofilo è sostituito da un altro. Gli alogenuri danno
facilmente la reazione di sostituzione nucleofila (detta anche di spostamento nucleofilico) perchè gli
alogenioni sono basi estremamente deboli, perciò tendono a lasciare l’atomo di carbonio a cui sono legati
portandosi dietro la coppia di elettroni. Ciò avviene molto facilmente se vi è una base più forte (ad esempio lo
ione idrossido) disposta a cedere la propria coppia di elettroni al carbonio per formare un nuovo legame.
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In generale, il composto che subisce la reazione è chiamato substrato, ed il gruppo che viene “spostato”
(l’alogenione) è chiamato gruppo uscente. I reattivi nucleofili possono essere sia organici che inorganici,
carichi oppure neutri, basi forti o basi deboli.
Meccanismo della sostituzione nucleofila alifatica (SN2)
Il principale meccanismo con il quale avviene la sostituzione nucleofila è Il meccanismo SN2. Il nucleofilo
attacca il centro di reazione dal lato opposto rispetto al gruppo uscente. Per descriverlo si prenda in
considerazione la reazione modello tra l’(R)-2-bromobutano e l’idrossido di sodio che porta all’(S)-2butanolo. Il carbonio nello stato di transizione assume un assetto planare, mentre i due legami, quello con
l’OH che si va formando e quello con il Br che si va rompendo, sono posizionati a 180°. La reazione avviene
in un unico stadio in cui sono coinvolte due specie (il substrato ed il nucleofilo), e perciò è detta
bimolecolare, e la configurazione finale al centro di reazione risulta invertita.
Profilo energetico della SN2
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Fattori strutturali che influenzano la SN2.
Gruppo uscente: La natura del gruppo uscente è basilare. La “bontà” del gruppo uscente, vale a dire la
capacità dello stesso di diventare un anione, favorirà la reazione di sostituzione. La linea guida è che le basi
deboli sono i “migliori gruppi uscenti” e le basi forti sono “cattivi gruppi uscenti”. La scala di reattività
dei gruppi uscenti sarà pertanto:
Cattivi gruppi uscenti
Buoni gruppi uscenti
Nucleofilo (o gruppo entrante): alcuni nucleofili sono più efficaci di altri nel sostituire un gruppo uscente.
Più forte è il nucleofilo tanto più velocemente attaccherà il substrato favorendo il meccanismo SN2.
Gruppo alchilico. La reazione SN2 è rallentata dall’impedimento sterico, che rende difficoltoso l’attacco dal
“retro” della molecola, perciò avverrà facilmente sugli alogenuri 1ari, molto lentamente sui 2ari, mentre sui 3ari
non avverrà affatto.
Reazione di beta-eliminazione. Cosa accade, allora, quando l’alogenuro è terziario ed è attaccato da un
nucleofilo forte come l’OH-? In questo caso ha luogo una seconda categoria di reazioni a cui sono sottoposti
gli alogenuri alchilici cioè la β-eliminazione (nota anche come deidroalogenazione) che è già stata presentata
come metodo di preparazione degli alcheni. L’OH- può comportarsi da nucleofilo se attacca il carbonio e da
sostituzione, ma in questo caso non potendo agire come tale agirà da base attaccando il protone in posizione
beta per dare eliminazione.
La reazione di eliminazione può avvenire con un meccanismo E2 che presenta strette analogie con la
sostituzione SN2. Il prevalere del processo di sostituzione su quello di eliminazione dipende, in prima istanza,
dal gruppo alchilico. Se è primario darà sostituzione mentre se è terziario darà eliminazione.
Il meccanismo SN1.
Esiste un secondo meccanismo di sostituzione che è molto raro ed avviene il nucleofilo è “debole” ed il
substrato è terziario e si sostituzione SN1. Una classica reazione SN1 è quella tra un alogenuro secondario o
terziario e l’acqua (nucleofilo). Poiché l’acqua è spesso anche il solvente (o anche il cosolvente) la reazione è
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nota anche come solvolisi. Essendo una base debole, l’acqua è un “cattivo” come nucleofilo, di conseguenza
non “attacca” subito il centro di reazione, ma “attende” che il gruppo uscente si “allontani”. Nel meccanismo
SN1, infatti, la rottura del legame tra carbonio e gruppo uscente viene completata prima che cominci a formarsi
il legame tra carbonio e nucleofilo. La reazione avviene in due stadi dei quali il primo, che è quello ad energia
di attivazione più alta (stadio lento), prevede la scissione del legame C-Br e la formazione di un carbocatione
intermedio. Nel secondo l’acqua (un nucleofilo debole) attacca il carbocatione e porta alla formazione
dell’alcole terziario.
(debole
CH3
CH3
lento
H3C
C
Br
H3C
CH3
Bromuro di ter z-butile
bromuro 3ario
C
Br
H nucleof ilo)
O H
H3C
solvolisi
CH3
carbocatione 3ario
(più stabile)
CH3
C
OH
+ HBr
CH3
Alcole terz-butilico
pr odotto di
sostituzione SN1
Profilo energetico della SN2
Sintesi di Williamson degli eteri.
Questa reazione è, insieme alla formazione degli alcooli già illustrata, un’altra diretta applicazione delle
reazioni di sostituzione nucleofila sugli alogenuri alchilici. La reazione comporta la sostituzione di tipo SN2
condotta da uno ione alcossido su un alogenuro per formare un etere. Lo ione alcossido è preparato dall’alcool
corrispondente per reazione con sodio metallico:
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Alcoli
Gli alcoli sono composti di formula generale R-OH, dove R è un gruppo alchilico qualsiasi, anche sostituito,
che può essere primario, secondario o terziario, a catena aperta o ciclico. Gli alcoli si possono considerare
formalmente derivanti dall’acqua per sostituzione di un atomo di idrogeno con un gruppo alchilico.
Struttura
Il gruppo ossidrile degli alcoli è legato ad un atomo di carbonio sp3, così come sp3 è anche l’ibridazione
dell’atomo di ossigeno. L’alcool più semplice è il metanolo.
Nomenclatura
Il nome IUPAC di un alcool si forma dal nome del corrispondente alcano, dopo aver individuato la catena più
lunga di atomi di carbonio che contiene l’ossidrile, sostituendo il suffisso -o con il suffisso –olo. La catena
base deve essere numerata in modo da assegnare all’ossidrile il numero più basso possibile. I nomi comuni,
invece, si formano indicando il nome del raggruppamento alchilico legato all’ossidrile preceduto dalla parola
alcool. Un alcool è 1ario, 2ario o 3ario se l‘atomo di carbonio che porta legato l’ossidrile lega a sua volta uno,
due o tre atomi di carbonio.
Proprietà fisiche
Il gruppo ossidrilico è il principale responsabile delle proprietà fisiche degli alcoli, la sua presenza rende
questi composti di gran lunga più polari rispetto ad alcani, alcheni, alchini, alogenuri ed eteri. Gli effetti di
questa elevata polarità sono evidenziati dai punti di ebollizione e dalla solubilità in acqua, che negli alcoli
sono nettamente superiori rispetto ai composti su citati di analogo peso molecolare. Queste differenze sono
dovute formazione di un’estesa rete di legami idrogeno che tengono unite le molecole dell’alcole facendone
aumentare il punto di ebollizione, e che in modo analogo permettono l’interazione attrattiva responsabile della
miscibilità degli alcoli con l’acqua.
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Sintesi
Gli alcoli sono la classe di composti organici più utile dal punto di vista sintetico. Da essi si possono ricavare
quasi tutti i composti alifatici: gli alcheni, gli alogenuri alchilici, gli eteri, le aldeidi, i chetoni, gli acidi, gli
esteri e molti altri ancora. Sono utilissimi non solo come materia prima, ma anche come solventi di
reazione e per cristallizzare un gran numero di prodotti organici.
Per essere un materiale di partenza così importante nel panorama sintetico gli alcoli debbono essere
disponibili in grande quantità e a basso prezzo. Gli alcoli più semplici sono ottenuti industrialmente
attraverso due principali metodi: l’idratazione degli alcheni ottenuti per cracking del petrolio e la
fermentazione degli zuccheri.
ossidrilazione
Fermentazione degli zuccheri.
E’ il più antico processo chimico sintetico usato dall’uomo ed ha ancora un’importanza enorme per la
preparazione dell’alcool etilico e di alcuni altri alcoli. Gli zuccheri provengono da fonti diverse ma
principalmente dalla melassa ottenuta dalla canna da zucchero o dall’amido di svariati cereali e dalla
barbabietola da zucchero. L’alcool etilico, il più importante membro della famiglia degli alcoli, è tra i più
antichi composti organici sintetici usati dall’uomo. Industrialmente è usato come solvente per lacche, vernici,
profumi ed aromi, per svariate reazioni chimiche e per le ricristallizzazioni; inoltre, è presente in tutte le
bevande alcoliche preparate per via fermentativa. In medicina è classificato tra gli ipnotici, anche se è meno
tossico di altri alcoli come, ad esempio, il metanolo che, invece, è molto velenoso (berlo, respirarlo per lunghi
periodi o lasciarlo a lungo a contatto con la pelle può portare alla cecità o alla morte).
Reazioni
Le proprietà chimiche degli alcoli sono determinate essenzialmente dal gruppo ossidrilico.
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Le reazioni di un alcool avvengono o per rottura del legame C-O, con distacco del gruppo ossidrilico, o per
rottura del legame O-H , con distacco dell’atomo di idrogeno come protone. La reattività dipende anche dalla
struttura del gruppo alchilico R, che in qualche caso giunge persino a modificare l’andamento della reazione.
Acidità
Data la stretta analogia strutturale con l’acqua, gli alcooli sono acidi molto deboli di forza paragonabile a
quella dell’acqua. Il metanolo è leggermente più acido dell’acqua (pKa leggermente inferiore), mentre tutti
gli altri alcoli sono acidi più deboli dell’acqua. Data la loro debole acidità, gli alcoli possono essere salificati
solo da basi molto forti, neppure l’NaOH è sufficientemente basico da formare quantitativamente l’alcolato.
Le basi più usate per ionizzare gli alcoli sono gli idruri metallici (ad esempio idruro di sodio) oppure alcuni
metalli attivi nello stato elementare come litio, sodio, potassio o magnesio. La reazione acido-base è messa in
evidenza dallo sviluppo di bollicine di idrogeno molecolare che si libera. Si noti, inoltre, come il nome del
sale si formi sostituendo il suffisso -ato al suffisso –e del gruppo alchilico.
Gli alcoli sono anche delle basi molto deboli e possono accettare protoni dagli acidi minerali forti come HX,
H2SO4 etc. Il prodotto della protonazione è uno ione ossonio.
Questo equilibrio costituisce il primo stadio delle principali reazioni date dagli alcoli in ambiente acido:
l’eliminazione ad alchene e la sostituzione con acidi alogenidrici per formare gli alogenuri.
Conversione in alogenuri alchilici
La conversione di un alcool in alogenuro alchilico comporta la sostituzione di un gruppo –OH con un atomo
di alogeno. I reagenti più comuni sono gli acidi alogenidrici. Gli alcoli a basso peso molecolare, solubili in
acqua, vengono trasformati in cloroalcani per trattamento con HCl concentrato. Gli alcoli terziari sono
estremamente reattivi, per essi la reazione avviene a temperatura ambiente.
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ll meccanismo di questa reazione è sostanzialmente una reazione di sostituzione nucleofila SN1 che avviene
sull’alcole protonato (ione ossonio). Il meccanismo si compone di tre stadi dei quali lo stadio lento è la
formazione carbocatione terziario.
Ossidazione degli alcooli
Un alcool primario può essere ossidato ad aldeide o ad acido carbossilico, a seconda delle condizioni di
reazione. Gli alcoli secondari sono ossidati a chetoni, mentre gli alcoli terziari non sono ossidati.
Gli ossidanti più usati per l’ossidazione degli alcoli sono l’acido cromico (H2CrO4) ed il permanganato di
potassio (KMnO4). L’acido cromico è generato nell’ambiente di reazione da anidride cromica o bicromato di
potassio in acido solforico acquoso.
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Sia l’acido cromico che il permanganato di potassio sono ossidanti energici, e poiché l’aldeide è un composto
più facilmente ossidabile dell’alcool di partenza, l’ossidazione procede portando direttamente all’acido
carbossilico. In taluni casi è possibile isolare l’aldeide distillandola man mano che si forma.
Un’ossidazione più blanda può ottenersi impiegando ancora l’anidride cromica, ma in combinazione con HCl
acquoso e piridina. In queste condizioni si forma il clorocromato di piridinio (PCC), il cui impiego permette
di arrestare l’ossidazione degli alcoli primari ad aldeide.
Gli alcooli secondari sono ossidati a chetoni sia dall’acido cromico che dal PCC, mentre gli alcooli terziari
sono resistenti all’ossidazione.
Molti alcoli sono biologicamente attivi. Alcuni come il geraniolo ed il mentolo son essenze o fragranze usate
in profumeria o nell’industria dolciaria. Tra gli alcoli biologicamente attivi figura ovviamente il glicerolo che
forma i trigliceridi ed i fosfolipidi.
Con il termine glicerolo si intende esclusivamente la sostanza pura, mentre in commercio si trovano sotto
forma di derivati, quali ad esempio la glicerina, che ne contiene quantità pari al 95%.
A temperatura ambiente è un liquido incolore piuttosto denso, viscoso e dolciastro; la presenza di tre gruppi OH lo rende miscibile con l'acqua in ogni proporzione. Ricavato industrialmente come sottoprodotto della
lavorazione del sapone, trova impiego nella produzione di sciroppi, creme per uso farmaceutico e cosmetico,
nonché come additivo alimentare,
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Eteri, epossidi e fenoli
Eteri
Gli eteri sono composti di formula generale R-O-R, dove R può essere un gruppo alchilico od arilico.
Formalmente possono essere considerati derivati dall’acqua per sostituzione di tutti e due gli atomi di
idrogeno con gruppi organici. L’atomo di ossigeno è ibridato sp3 e possiede due coppie di elettroni non
condivisi in altrettanti orbitali ibridi sp3.
Il nome degli eteri viene generalmente formato facendo precedere la parola etere al nome dei due radicali
legati all’atomo di ossigeno. Gli eteri ciclici hanno nomi propri; sono importanti soprattutto quelli a 5 e 6
termini sia perché usati come solventi di reazione sia perché costituiscono le sub-unità di molte molecole di
importanza biologica (zuccheri, acidi nucleici etc.). Dal punto di vista pratico l’etere a catena aperta più
importante è l’etere dietilico, noto anestetico e solvente usato per le estrazioni.
(fenilmetil etere)
Proprietà fisiche
Gli eteri sono composti dotati di una debole polarità ed hanno punti di ebollizione paragonabili a quelli degli
alcani di analogo peso molecolare, questo perché non possono instaurare legami idrogeno tra le loro molecole.
Tuttavia, gli eteri a basso peso molecolare presentano una discreta solubilità in acqua grazie alla possibilità di
instaurare legami idrogeno in qualità di accettori.
Sono composti in genere poco reattivi: questo li rende utili come solventi per molte reazioni. Alcuni eteri
sono solventi particolarmente utili perché polari, quindi in grado di sciogliere composti polari e ionici, ma
- a differenza di molti altri solventi polari - aprotici, cioè privi di idrogeni facilmente rimovibli come ione
H+. Gli eteri utili come solventi polari aprotici comprendono eteri ciclici quali il tetraidrofurano e l'1,4diossano nonché glicoleteri quali dietilenglicol dimetiletere (diglime). Una classe speciale di eteri è quella
degli eteri corona, polieteri in cui più unità -CH2-CH2-O- si uniscono a formare un anello chiuso. Gli
atomi di ossigeno, tramite i loro doppietti elettronici non condivisi possono formare composti di
coordinazione con particolari cationi. Gli eteri corona trovano per questo impiego come catalizzatori di
trasferimento di fase o agenti sequestranti di particolari cationi.
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Sintesi degli eteri: la reazione di Williamson
La più importante preparazione di laboratorio degli eteri è la sintesi di Williamson. La reazione comporta la
sostituzione di tipo SN2 condotta da uno ione alcossido su un alogenuro. Lo ione alcossido è preparato
dall’alcool corrispondente per reazione con sodio metallico:
(o etossido di sodio)
Epossidi
Un epossido è un etere ciclico in cui l’ossigeno è uno degli atomi di un anello a tre termini. Sebbene
appartengano alla classe degli eteri, questi composti possiedono una speciale reattività che gli è conferita dal
piccolo anello. Gli angoli di legame dell’anello epossidico, infatti, sono in media di 60° e perciò di gran lunga
inferiori rispetto ai normali angoli di un carbonio tetraedrico (109.5°) o dell’angolo dell’ossigeno bivalente
(110°) negli eteri a catena aperta. L’anello è, quindi, in forte tensione ed i legami sono più deboli di quelli di
un comune etere, perciò gli epossidi tendono facilmente a dare reazioni di apertura dell’anello.
La nomenclatura corrente degli epossidi prevede di aggiungere la parola ossido all’alchene da cui deriva
l’epossido. Il più semplice degli epossidi sarà perciò l’ossido di etilene. Questo, senza dubbio il più importante
tra gli epossidi, si prepara industrialmente per ossidazione catalitica con aria dell’etilene. Gli altri epossidi si
preparano a partire dagli alcheni per epossidazione diretta con un peracido (il più usato è l’acido peracetico)
secondo una reazione già vista precedentemente per gli alcheni.
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Reazione di apertura degli epossidi
Le reazioni di apertura dell’anello epossidico sono catalizzate sia dagli acidi che dalle basi. Nella catalisi
acida, l’epossido viene dapprima protonato sull’atomo di ossigeno e poi subisce attacco, da parte dei
nucleofili, dalla faccia opposta del piano rispetto all’ossigeno stesso. La più classica apertura di questo tipo è
quella data dall’acqua per formare i dioli anti.
Pertanto, l’apertura degli epossidi e l’ossidrilazione con permanganato sono due reazioni con stereoselettività
inversa e permettono di preparare dioli vicinali con stereochimica opposta.
Fenoli
I composti che hanno il gruppo ossidrilico direttamente legato all’anello benzenico sono detti
fenoli. Così, il fenolo è il nome specifico dell’idrossibenzene ed è il nome generale della famiglia
di composti derivati dall’idrossibenzene.
Nomenclatura
Dato che nel termine fenolo il gruppo funzionale è considerato come un suffisso, la IUPAC ha deliberato che
tutti i composti derivati possono essere chiamati come tali. I sostituenti sono indicati con i prefissi orto, meta e
para. In molti casi i fenoli sostituiti prendono nomi propri. I gruppi acidi come il carbossilico sono considerati
prioritari, per cui quando un fenolo contiene tali gruppi l'ossidrile è indicato con il prefisso idrossi- come nel
caso degli altri alcool. Nel caso di anelli aromatici condensati si mantiene il suffisso olo, come per il naftolo.
OH
1-naftolo
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Proprietà fisiche
I fenoli sono composti polari, generalmente composti cristallini con punti di fusione relativamente bassi ed
odore molto caratteristico. Hanno punti di ebollizione piuttosto elevati, dato che si forma il legame idrogeno
intermolecolare. Il fenolo è poco solubile in acqua fredda ma totalmente miscibile con acqua calda. Sia fenoli
che cresoli sono usati come disinfettanti commerciali.
Sintesi
Il fenolo è un prodotto chimico di grande interesse industriale; viene usato come sostanza di partenza per un
gran numero di prodotti commerciali, dall’aspirina, a molte materie plastiche. La produzione mondiale annua
è di più di 3 milioni di tonnellate. Tra i metodi industriali figura il Processo Dow a partire dal clorobenzene:
Acidità dei fenoli
Pur essendo strutturalmente simili agli alcoli, i fenoli presentano un’acidità più spiccata. Mentre il
cicloesanolo ha un pKa di circa 18, il fenolo ha un pKa di 10. La ragione di ciò risiede nell’equilibrio di
dissociazione che è più spostato a destra nel caso del fenolo a causa della possibilità di delocalizzare la carica
negativa dell’ossigeno del fenato nell’anello aromatico.
Strutture di risonanza che stabilizzano lo ione fenato:
Esercizi
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Aldeidi e Chetoni
Le aldeidi ed i chetoni sono composti caratterizzati dalla presenza del gruppo funzionale carbonile, e perciò
sono anche chiamati composti carbonilici.
Gruppo carbonile
Nei chetoni il carbonile si trova all’interno di una catena di atomi di carbonio, mentre nelle aldeidi il gruppo
carbonile si trova alla fine.
Chetone
aldeide
Nomenclatura
Molti chetoni conservano il nome tradizionale. Tuttavia, conviene sempre utilizzare il nome IUPAC che si
ottiene semplicemente individuando la catena più lunga che contiene il carbonile, numerando la catena
dall’estremità che assegna al gruppo carbonilico il numero più piccolo ed usando la desinenza one sul nome
dell’alcano corrispondente. Un modo alternativo è quello di elencare i gruppi alchilici legati al carbonile (in
ordine alfabetico) facendo seguire la parola chetone.
La presenza di ramificazioni nella catena non altera quanto detto. Per esempio il composto qui di seguito
illustrato si chiama 5-metil-3-eptanone e non 3-metil-5-eptanone
Le aldeidi sono caratterizzate dall’avere il carbonile all’estremità della catena carboniosa e quindi il C=O è
legato ad una catena carboniosa ed ad un idrogeno. In questo caso il gruppo carbonilico prende di diritto il
numero 1. La desinenza che indica un’aldeide secondo la nomenclatura IUPAC è ale. Sotto sono riportate
alcune aldeidi. Come si può notare non è qui necessario indicare con un numero la posizione del carbonile.
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Struttura del carbonile
Come per gli alcheni, nel carbonile il carbonio e l’ossigeno sono ibridati sp2 e sono coplanari. I due orbitali 2p
non ibridi si sovrappongono a formare il doppio legame. Pertanto, il carbonile ed i sostituenti ad esso legati
sono coplanari e formano angoli di legame di 120° mentre la nuvola elettronica del doppio legame π giace
sopra e sotto il piano del legame C-O. L’atomo di ossigeno possiede due coppie di elettroni non condivise
(lone pairs) giacenti in due orbitali ibridi sp2 orientati a 120° e coplanari con la molecola.
A differenza però del doppio legame C=C, il legame C=O è polarizzato perché l’ossigeno è più
elettronegativo del carbonio e per il carbonile si possono avere strutture in risonanza:
Sintesi di aldeidi e chetoni
Le aldeidi si preparano per ossidazione degli alcoli primari con triossido di cromo CrO3 in piridina ed HCl
(PCC). Gli alcooli secondari si ossidano a chetoni con permanganato KMnO4 o bicromato di potassio
K2Cr2O7. in condizioni blande di reazione.
Le aldeidi si ossidano facilmente ad acidi carbossilici RCOOH mentre i chetoni sono molto più resistenti
all’ossidazione (vedi le reazioni di ossidazione degli alcoli).
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Le reazioni di addizione nucleofila
Il carbonio carbonilico ha carattere elettrofilo e quindi reagisce con i nucleofili mentre l’ossigeno ha carattere
nucleofilo e reagisce con gli elettrofili. Quindi, le aldeidi ed i chetoni danno reazioni di addizione nucleofila.
Durante l’attacco del nucleofilo (stadio lento) l’atomo di ossigeno carbonilico esplica simultaneamente
l’effetto di richiamo della coppia di elettroni π (definito effetto “mesomerico” –M). Dopo l’attacco, si forma
un alcolato intermedio che è tetraedrico (carbonio sp3). L’ossigeno carico negativamente catturerà nello
stadio seguente (stadio veloce) l’elettrofilo che accompagna come controione il nucleofilo (generalmente
l’H+). E’ importante notare che, essendo il carbonile di partenza planare (carbonio sp2), l’addizione del
nucleofilo può avvenire da ambedue le facce del piano. Ciò significa che, nel caso in cui si venga a formare un
centro chirale, si otterrà un racemo.
3
I nucleofili possibili sono le basi forti (coniugate di acidi deboli) come lo ione idrossido, lo ione alcossido e lo
ione idruro. Queste specie, essendo nucleofili forti, si sommano direttamente al carbonile senza bisogno che
esso debba venire attivato (somma in ambiente basico).
Al contrario, i nucleofili deboli (acqua, alcoli, ammoniaca ed ammine) non sono in grado di addizionarsi
direttamente al carbonile. E’ necessario, in questi casi, che questo venga reso più elettrofilo da una preliminare
protonazione dell’H+. L’addizione in questo caso avviene in ambiente acido ed è catalizzata dallo ione H+.
57
-
Addizione in condizioni basiche. Somma di idruro H : riduzione di aldeidi e chetoni ad alcoli
Un nucleofilo forte come lo ione idruro si somma in ambiente basico per dare gli alcoli. Questa reazione è alla
base della formazione degli alcoli per riduzione dei corrispondenti composti carbonilici. Il reattivo usato è il
boroidruro sodio (NaBH4), un sale il cui anione, lo ione borotetraidruro, cede facilmente uno ione idruro
liberando borano. Lo ione :H- si addiziona al carbonile per dare un alcolato che per neutralizzazione con acuq
e acido fornisce l’alcole neutro.
meccanismo:
H
Na
H
B
H
Na
H
+
H
ione
idruro
H
B
H
H
borano
sodio boroidruro
(donatore di ioni idruro,
un riducente)
( -M)
O
R
C
O
R
+
H
ione
idruro
R
C
H
OH
R
alcolato
H
R
C
H
R
alcole
Esempi:
Addizione in condizioni acide. Somma di alcoli: sintesi di emiacetali ed acetali
Se il nucleofilo è debole (H2O, ROH, NH3), esso non ha la forza sufficiente per attaccare il carbonile, che di
per sè è un elettrofilo debole. Pertanto, è richiesta la catalisi acida per protonare preliminarmente il C=O
rendendolo un migliore elettrofilo. La reazione di addizione di alcoli per dare emiacetali ed acetali è un
classico esempio. In questo processo due molecole di alcole si addizionano ad un’aldeide (o un chetone) in
ambiente acido (H2SO4 dil.), per dare un acetale ed una molecola di acqua. La reazione è reversibile, ciò
significa che un acetale può essere scisso dall’acqua in ambiente acido (idrolisi) per ridare l’aldeide (o il
chetone) più l’alcole di partenza. La reazione può essere fermata ad emiacetale se si opera con un sola mole di
alcole.
58
meccanismo:
Emiacetali ed acetali sono fondamentali in campo biologico dato che mono- e polisaccaridi, insieme ai
glicosidi, sono emiacetali ed acetali biologicamente attivi.
Addizione di ammoniaca ed ammine: formazione di aldimmine
Altra reazione importante di addizione nucleofila al carbonile catalizzata dagli acidi è quella tra aldeidi (o
chetoni) con ammoniaca (oppure con un’ammina 1aria) che porta alla sintesi di immine. L’acido impiegato
deve essere diluito per evirare la totale protonazione dell’ammina che funge da nucleofilo.
Meccanismo
Questa reazione è importante in reazioni biologiche quali le transaminazioni catalizzate dall’aldeide
chiamata vitamina B6 che permette la sintesi di alcuni amminoacidi ed ammine con attività biologica. Altra
aldimmina importante è quella tra l’aldeide della vitamina A (il retinolo) e la proteina opsina che regola il
meccanismo della visione.
Meccanismo della visione. La retinaldeide (detta anche retinale), che si forma dal retinolo tramite
ossidazione, subisce isomerizzazione al doppio legame gamma rispetto al gruppo aldeidico. A questo punto
reagisce con una proteina retinica, l'opsina, tramite un legame imminico con un residuo di lisina formando la
rodopsina. Quando un fotone colpisce la rodopsina, il retinale isomerizza nella forma tutta trans e ciò
determina un cambiamento conformazionale della rodopsina ed attivazione di una cascata molecolare che
determina la generazione di impulsi elettrici che vanno al cervello. Il retinale tutto trans si stacca dall'opsina
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per idrolisi e viene ridotto a retinolo tutto trans che viene poi ricaptato dall'epitelio della retina ed
immagazzinato per un ciclo successivo.
La tautomeria cheto-enolica
La tautomeria cheto-enolica è il trasferimento di un protone, legato al carbonio in alfa al carbonile, all’atomo
di ossigeno: Questo processo, chiamato anche riarrangiamento prototropico 1,3, trasforma un’aldeide o
chetone nella forma enolica mediante catalisi acida o basica. Il trasferimento del protone all’ossigeno è dovuta
alla debole acidità degli idrogeni in α al carbonile, causato dall’effetto elettron-attrattore dell’ossigeno (effetto
–M). Questo effetto viene esaltato dalla protonazione dell’ossigeno da parte di un acido forte. Tuttavia, i
composti carbonilici sono acidi molto deboli (la Ka dell’acetone, per esempio, è circa 10-20) per cui gli
equilibri sono spostati verso le forme carboniliche più stabili delle enoliche. E’ un processo di grande interesse
biologico in quanto permette la conversione di uno zucchero in un altro. Per esempio, nella glicolisi il
glucosio si trasforma in fruttosio mentre nella sintesi degli zuccheri mediante il processo di fotosintesi, il
fruttosio è convertito in glucosio. Nella glicolisi e nella fotosintesi la tautomeria è catalizzata dagli enzimi ed è
una reazione concertata cioè il protone viene estratto dal carbonio e contemporaneamente trasferito
all’ossigeno. Di seguito sono riportati i meccanismi di enolizzazione con catalisi acida e basica.
Catalisi basica
Catalisi acida
60
61
ACIDI CARBOSSILICI E DERIVATI
Gli acidi carbossilici sono composti caratterizzati dal gruppo funzionale carbossilico, che si ottiene quando il
carbonio carbonilico è legato ad un ossidrile.
Il gruppo R può essere un generico gruppo organico sia alifatico che aromatico (R= alchile o arile).
I derivati degli acidi carbossilici sono gli esteri nei quali il carbonile è legato ad un gruppo alcossilico. Le
ammidi sono derivati nelle quali il carbonile è legato ad un atomo di azoto sostituito. Derivati degli acidi
meno importanti sono i cloruri acilici, le anidridi ed i nitrili. Il carbonio carbonilico in questi derivati prende
il nome di carbonio acilico.
nitrile
Tutti questi composti quando sono trattati con acqua danno luogo alla reazione di idrolisi che li riporta
all’acido carbossilico.
Nomenclatura degli acidi carbossilici
Gli acidi più semplici conservano il nome tradizionale: Formico (C1), Acetico (C2), Propionico (C3),
Butirrico (C4). Questi nomi derivano dalle fonti naturali dai quali sono stati isolati. La nomenclatura IUPAC
per gli acidi propone il suffisso oico. Pertanto, l’acido acetico si chiama etanoico; il butirrico butanoico;
l’acido con C8 si chiama ottanoico mentre quello con C12 dodecanoico e così via.
Nella nomenclatura IUPAC, il carbonio carbossilico prende il numero 1, e la posizione dei sostituenti è
indicata a seguire. Nella nomenclatura corrente la posizione dei sostituenti è segnata con le lettere greche
α, β, γ etc. Gli acidi carbossilici ciclici prendono il nome dal cicloalcano facendo seguire la parola
carbossilico. L’acido carbossilico aromatico prende il nome proprio di acido benzoico.
Nomenclatura dei derivati
Nella nomenclatura corrente dei derivati degli acidi carbossilici si usa indicare il nome dell’acido
carbossilico da cui derivano preceduta dalla parola estere (in questo caso si aggiunge il nome del gruppo
alcossilico), ammide, cloruro, anidride, nitrile. Esempi
62
Proprietà fisiche degli acidi carbossilici
A causa della maggiore acidità il legame O-H del carbossile è più polarizzato che negli alcoli e quindi gli acidi
carbossilici formano legami idrogeno molto forti. Il loro punto di ebollizione è dunque superiore a quello degli
alcani ed a quello degli alcoli di pari peso molecolare. Così l’acido acetico bolle a 117 °C mentre l’etanolo a
80 °C. Come per gli alcoli i primi 5 termini sono solubili in acqua mentre al crescere del residuo carbonioso
diventano insolubili.
Sintesi degli acidi carbossilici
Gli acidi carbossilici sono diffusi ovunque in natura. L’aceto non è altro che una soluzione diluita di acido
acetico, l’acido butirrico è responsabile dell’odore del burro rancido e l’acido esanoico (capronico) è la causa
del cattivo odore che emanano le capre.
Si producono industrialmente circa 5 milioni di tonnellate annue di acido acetico per vari scopi, per esempio
per la preparazione dell’acetato di vinile che polimerizzato viene usato per vernici ed adesivi. L’acido acetico
si ottiene per carbonilazione del metanolo catalizzata dal rodio e per ossidazione dell’acetaldeide (che si
ottiene a sua volta per ossidazione dell’etilene). Gli acidi carbossilici superiori si ottengono per ossidazione
degli alcoli primari con bicromato di potassio (vedi ossidazione degli alcoli).
Reattività degli acidi carbossilici
Acidità
Come già visto per aldeidi e chetoni, anche per gli acidi e derivati, il carbonile è polarizzato perché l’ossigeno
è più elettronegativo del carbonio. Questa polarizzazione influenza l’acidità dell’idrogeno legato all’ossidrile.
Pertanto, questi acidi hanno un pKa pari a circa 5 e sono molto più acidi degli alcoli (pKa= 16-20). In termini
di risonanza, l’effetto –M del carbonile provoca un notevole aumento di acidità dell’OH di un acido
carbossilico rispetto all’OH di un alcole.
Ad esempio, nell’acido acetico questo si può mettere in evidenza con le formule di risonanza per lo ione
acetato che disperdono la carica dello ione e spostano a destra l’equilibrio di dissociazione:
63
L’acidità del protone fa sì che i nucleofili con caratteristiche basiche non si addizionano al carbonile ma
reagiscono come basi dando i sali degli acidi carbossilici. Per reazione con l’ammoniaca e le ammine si
formano i sali di ammonio. La reazione con gli alcoolati porta alla formazione del carbossilato di sodio ed
alcool.
Esterificazione di Fisher
È una reazione tipica degli acidi con gli alcoli. Normalmente gli alcoli non reagiscono con gli acidi
carbossilici, tuttavia, l’aggiunta di quantità catalitiche di H2SO4, permette una reazione che porta alla sintesi di
esteri.
meccanismo:
Attività biologica degli acidi grassi
Tra gli acidi monocarbossilici importanti vi sono quelli a lunga catena, da C12 a C20, sia saturi che insaturi,
chiamati acidi grassi. Questi acidi hanno catene a numero pari di atomi di carbonio perché derivano da
un’unica unità a due atomi di carbonio, l’acetil-Coenzima A (Acetil-CoA). Quelli insaturi possiedono uno o
più doppi legami con configurazione cis (o Z). Gli acidi grassi in ambito biologico non sono liberi ma si
trovano esterificati con il glicerolo, a formare le classi dei trigliceridi e dei fosfolipidi (che vedremo tra
breve) che sono i principali costituenti dei grassi animali e vegetali.
Gli acidi grassi più importanti sono di seguito elencati:
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Saturi
n. C
Nome
Formula
Origine
12
Laurico
CH3(CH2)10COOH
Alloro
14
Miristico
CH3(CH2)12COOH
Latte
16
Palmitico
CH3(CH2)14COOH
Olio di palma
18
Stearico
CH3(CH2)16COOH
Grassi animali
20
Arachico
CH3(CH2)118COOH
Arachidi
Insaturi
n. C
Nome
16
Formula
Posiz. C=C
Origine
Palmitoleico
9 cis
Noci
18
Oleico
9 cis
Olio di oliva
18
Linoleico
9 e 12 cis
Olio di girasole
18
Linolenico
9, 12 e 15 cis
Pesce e oli vegetali
20
Arachidonico
5, 8, 11 e 14 cis
Grassi animali ed olio
di pesce
Si conoscono più di 100 acidi grassi diversi, di cui circa 40 sono molto diffusi. Gli acidi palmitico (C16) e
stearico (C18) sono gli acidi grassi saturi più abbondanti; gli acidi oleico e linoleico (entrambi C18) sono
quelli insaturi più abbondanti. L'acido oleico è monoinsaturo, poiché ha un solo doppio legame; mentre gli
acidi linoleico, linolenico e arachidonico sono acidi grassi polinsaturi, perché nelle loro molecole ci sono più
doppi legami. Gli acidi linoleico e linolenico si trovano nella panna e sono indispensabili nell'alimentazione
umana: i bambini nutriti per lungo tempo con latte scremato manifestano un rallentamento nella crescita e
vanno soggetti a lesioni della pelle. L’acido arachidonico è il precursore delle prostaglandine.
Saponi
Il sapone si conosce almeno dal 600 a.c., quando i Fenici prepararono una sostanza caseosa facendo bollire
grasso di capra in presenza di ceneri di legno. Le proprietà detergenti del sapone non vennero però dovunque
riconosciute e il suo impiego si diffuse soltanto nel Diciottesimo secolo. Dal punto di vista chimico il sapone è
il sale di sodio o di potassio di acidi grassi a lunga catena. Se si tratta un acido carbossilico a lunga catena
(acido grasso) con NaOH o KOH si ottiene il suo sale che è un sapone (come ad esempio il palmitato o
palmitoato di sodio).
Tuttavia, nella pratica i saponi sono ottenuti dall'idrolisi alcalina (saponificazione) dei grassi animali (vedi
trigliceridi).
I saponi presentano il fenomeno della “detergenza”, sono in grado cioè di rimuovere i grassi (l’unto) dagli
oggetti (fibre etc.) grazie alle loro proprietà ambifiliche, essendo capaci cioè di sciogliersi (e di sciogliere) sia
in acqua che nei grassi. L’azione detergente si esplica attraverso la formazione di aggregati molecolari detti
“micelle” all’interno delle quali il sapone ingloba, sciogliendolo, il grasso rimosso dalla fibra (disponendo
65
verso l’interno della micella le code lipofile il sapone crea una fase apolare favorevole alla dissoluzione del
grasso). La parte idrofila del sapone è esposta verso l’esterno della micella a contatto con la fase acquosa. In
questo modo le particelle di unto e le goccioline di olio possono essere rimosse dalla fibra ed eliminate in
acqua col risciacquo.
acqua
grasso
micella
Un’altra caratteristica del sapone è la formazione di bolle in acqua, un fenomeno che è legato ad un’altra loro
peculiare proprietà, quella di abbassare la tensione superficiale dell’acqua.
Detersivi. Per quanto siano utili, i saponi hanno anche degli inconvenienti. In acque
dure, ricche di ioni metallici come Mg2+, Ca2+ e Fe3+, i carbossilati di sodio solubili si
trasformano nei corrispondenti sali insolubili dei metalli, che vanno a depositarsi, sotto
forma di anelli di schiuma, nelle vasche da bagno e nei lavandini e vanno a ingrigire i
bucati. I chimici hanno aggirato il problema preparando tutta una serie di detergenti
sintetici (i detersivi) tra i quali alcuni sali di acidi alchilbenzensolfonici a lunga catena. Un detergente sintetico
(R= una miscela di
Il principio su cui si basa l'azione dei detersivi è lo stesso dei saponi: la porzione
catene C12)
alchilbenzenica della molecola è affine all'unto da rimuovere, l'estremità anionica del
solfonato è affine all'acqua. Tuttavia, a differenza dei saponi, i detersivi non formano
sali metallici insolubili nelle acque dure e quindi non lasciano quei depositi di cui si diceva prima.
66
Lipidi
I lipidi appartengono ad una delle quattro classi principali di biomolecole che sono: lipidi, zuccheri, proteine
ed acidi nucleici.
Il nome lipide deriva dal greco “lipos” (grasso). Si tratta di molecole organiche naturali insolubili in acqua,
isolabili da organismi viventi per estrazione con solventi organici non polari (esano, benzene, etc.). Oltre
all’insolubilità in acqua, hanno anche un’altra caratteristica che li unisce: quella di derivare da un comune
precursore naturale che è l’acetil Coenzima A, un molecola complessa che ha la struttura di un tioestere e che
costituisce la molecola chiave del metabolismo cellulare. Per metabolismo si intende il complesso di reazioni
chimiche di sintesi (anabolismo) e di scissione (catabolismo), che si svolgono in ogni organismo vivente e che
ne condizionano l'accrescimento, il rinnovamento, il mantenimento.
I lipidi si suddividono in alcune classi qui elencate:
• Trigliceridi: triesteri del glicerolo costituenti dei comuni grassi animali e vegetali con funzione di riserva
energetica e strutturale.
• Fosfolipidi: fosfoesteri del glicerolo costituenti principali delle membrane cellulari e delle fibre nervose.
• Cere: monoesteri di acidi ed alcoli a lunga catena con funzione naturale di protezione (formano il
rivestimento protettivo che ricopre la maggior parte dei frutti, delle bacche, delle foglie e delle pellicce degli
animali
• Steroidi: molecole a struttura policiclica che hanno il ruolo di ormoni sessuali e di regolatori del
metabolismo del glucosio e dei sali minerali.
• Prostaglandine: Molecole complesse coinvolte nei processi infiammatori, regolatori della contrazione della
muscolatura liscia, della secrezione gastrica e dell’aggregazione piastrinica.
• Vitamine: molecole con svariate strutture organiche, con principale funzione di cofattori enzimatici ed altre
ruoli metabolici.
•
I lipidi sono distinti in due classi generali: i) quelli “saponificabili”, come i trigliceridi, i fosfolipidi e le cere,
che, contenendo legami esterei, sono idrolizzabili in ambiente basico e formano i sali degli acidi carbossilici
corrispondenti (i saponi), e ii) quelli “non saponificabili”, come gli steroidi, le postaglandine e le vitamine
che, non possedendo legami esterei, non sono idrolizzabili.
Trigliceridi.
I trigliceridi, o triacilgIiceroIi, sono i triesteri del glicerolo con tre molecole di acidi carbossiici a lunga
catena (gli acidi grassi). Rappresentano i principali grassi animali e vegetali. Quelli solidi (che portano
catene sature) si chiamano grassi, mentre quelli liquidi (formati prevalentemente da acidi grassi insaturi) sono
detti oli e sono più abbondanti nei grassi vegetali.
I tre acidi grassi di una data molecola di triacilglicerolo non sono necessariamente gli stessi, inoltre il grasso o
l'olio ottenuto da una determinata fonte sarà, con ogni probabilità, una miscela di molti triacilgliceroli
differenti. In genere, il primo acido legato al glicerolo è saturo, mentre il secondo ed il terzo sono mono- e
polinsaturi.
glicerolo
67
Le funzioni biologiche sono essenzialmente due: i) strutturali, i grassi hanno infatti funzioni meccaniche e
di termoregolazione, ed ii) energetiche, poiché gli animali usano i grassi per immagazzinare energia a lungo
termine, dato che questi sono molto meno ossidati dei carboidrati e perciò forniscono, a parità di peso, circa
sei volte più energia. L’immagazzinamento energetico avviene nelle lunghe catene dell’acido grasso. Quando
vi è bisogno di energia, i trigliceridi immagazzinati (o provenienti dagli alimenti) rilasciano le catene di acido
grasso per idrolisi catalizzata da enzimi chiamate lipasi.
Saponificazione.
Come già anticipato, i saponi sono ottenuti dall'idrolisi alcalina dei trigliceridi (in particolare quelli rivenienti
dai grassi animali). Questa reazione è nota come saponificazione: per ogni mole di trigliceride si liberano tre
moli di sapone ed una mole di glicerolo.
trigliceride
Questa reazione è generale ed è estendibile a tutti gli esteri. Si effettua trattando a caldo l’estere con una
soluzione acquosa di NaOH ( il nucleofilo è OH-). Dal punto di vista meccanicistico. Questo processo
appartiene alla schiera delle reazioni di sostituzione nucleofila acilica. In queste reazioni, analogamente alle
SN2, vi è un nucleofilo che funge da gruppo entrante (il gruppo OH-, in questo caso) ed un nucleofilo che
funge da gruppo uscente (il gruppo RO-). Il substrato è però un carbonio acilico.
Meccanismo: sostituzione nucleofila di tipo acilico
68
Fosfolipidi
Come le cere, i grassi e gli oli sono esteri di acidi carbossilici, così i fosfolipidi sono esteri dell'acido fosforico,
H3PO4 Esistono due classi principali di fosfolipidi: i glicerofosfolipidi e le sfingomieline.
I glicerofosfolipidi sono strutturati sull'acido fosfatidico, che ha uno scheletro di glicerolo congiunto da
legami esterei a due acidi grassi e a un acido fosforico. Sebbene i residui di acidi grassi possano essere unità
C12-C20 qualsiasi tra quelle tipicamente presenti nei grassi, il gruppo acilico sul C1 è di solito un gruppo
saturo e quello sul C2 un gruppo insaturo. Il gruppo fosfato sul C3 è a sua volta legato a un amminoalcol,
come la colina, l'etanolammina, o la serina (un amminoacido).
Generica struttura di un fosfolipide
Largamente diffusi nei tessuti animali e vegetali, i fosfolipidi costituiscono dal 50% al 60% delle membrane
cellulari. Dato che essi hanno, come i saponi, una lunga coda idrocarburica apolare e una testa ionica polare,
nelle membrane cellulari i fosfolipidi si organizzano in un doppio strato lipidico avente uno spessore di circa
5,0 nm. Le code apolari si aggregano nella parte centrale del doppio strato, in un modo che ricorda molto da
vicino l'aggregazione delle code dei saponi al centro delle micelle. Il doppio strato costituisce una barriera
efficace al passaggio di acqua, ioni e altre sostanze in entrata o in uscita dalla cellula.
testa polare
coda apolare
doppio strato lipidico
della membrana cellulare
fosfolipide
Il secondo gruppo di fosfolipidi in ordine di importanza è costituito dalle sfingomieline che sono
particolarmente abbondanti nei tessuti cerebrali e nervosi come principali costituenti del rivestimento delle
fibre nervose.
69
Ammidi
Tra i derivati degli acidi carbossilici i più importanti dal punto di vista biologico sono gli esteri (trigliceridi e
fosfolipidi che abbiamo già incontrato) e le ammidi. Queste ultime, infatti, costituiscono le unità strutturali
delle proteine. Le ammidi si differenziano in tre principali categorie: le ammidi primarie, secondarie e
terziarie.
Il carbonio acilico, l’ossigeno e l’azoto sono ibridati sp2 e perciò giacciono in un solo piano. Particolarmente
importanti sono le ammidi secondarie perché rappresentano lo scheletro base delle proteine. E’ importante
considerare la struttura delle ammidi in quanto, la sua conoscenza ci permette di comprendere la struttura
secondaria delle proteine. Per le ammidi si possono scrivere due forme di risonanza:
Essendo il carbonio, l’ossigeno e l’azoto ibridati sp2, l’effetto –M dell’ossigeno provoca quello +M
dell’azoto. In tal modo il legame dell’azoto con il carbonio possiede un certo carattere di legame doppio
generando così un azoto con carattere positivo che rende l’idrogeno ad esso legato debolmente acido.
Questo aspetto ha due importanti conseguenze: i) le ammidi primarie e secondarie, avendo carattere acido,
reagiscono con le basi forti come la KOH, e ii) le ammidi sono composti molto polari, formano dei legami
idrogeno molto forti tra l’N-H e l’ossigeno carbonilico di un’altra molecola (quindi hanno p. eb. molto
elevati). Quest’ultimo aspetto è fondamentale nel determinare la struttura secondaria delle proteine.
SINTESI
Reazione tra i cloruri acilici ed ammine (SOSTITUZIONE NUCLEOFILA ACILICA)
Le ammidi si preparano o per reazione dei cloruri acilici con le ammine. Se come ammina si usa
l’ammoniaca si ottengono le ammidi 1arie, se si usa un’ammina primaria si ottengono le ammidi 2arie e con le
ammine secondarie si preparano le ammidi 3arie.
Questa reazione, come la saponificazione degli esteri, è nota come sostituzione nucleofila acilica, ed è la
reazione tipica di tutti i derivati degli acidi carbossilici. Nel caso della sintesi delle ammnidi a partire dai
cloruri acilici, la reazione vede come nucleofilo entrante l’ammoniaca (o un’ammina) e come nucleofilo
uscente il cloruro. Dopo l’attacco si forma un alcolato intermedio tetraedrico (come nell’addizione nucleofila
ad aldeidi e chetoni), ma poi avviene l’espulsione del cloruro per dare il prodotto di sostituzione. I cloruri
acilici sono i reagenti migliori perché il cloruro è un ottimo gruppo uscente.
70
Le reazioni di formazione del legame Carbonio-Carbonio
Abbiamo già visto come il gruppo carbonilico delle aldeidi, chetoni, esteri ed ammidi si comporti da
elettrofilo a causa dell’effetto elettron-attrattore (-M) dell’ossigeno. Quest’effetto si riflette sul carbonio in α al
carbonile rendendo gli idrogeni legati a questo carbonio debolmente acidi come già osservato per la
tautomeria cheto-enolica. Sperimentalmente si osserva che gli idrogeni sul carbonio α sono più acidi per le
aldeidi e chetoni che non per gli esteri. Pertanto questi idrogeni possono essere strappati da basi opportune
generando un carbanione suscettibile di reazione con il gruppo carbonilico. Tra le reazioni citiamo la
Condensazione Aldolica che interessa le aldeidi e chetoni e le reazioni di Claisen che interessano gli esteri.
La Condensazione aldolica
Se si tratta un’aldeide o chetone con una soluzione acquosa di NaOH si hanno due reazioni. La prima, più
veloce, vede l’addizione reversibile dell’OH- al carbonile e la seconda, più lenta, nella quale l’OH- agisce da
base strappando un protone al carbonio α. Per esempio dalla reazione dell'aldeide acetica si ottiene:
Dalla prima reazione si ottiene l’anione di un glicole geminale instabile che si riconverte rapidamente
nell’aldeide di partenza. Dalla seconda, si ha la reazione tra il carbanione ed il gruppo aldeidico con
formazione del legame C-C (anione aldolato) che per reazione con acqua fornisce l’aldolo. Quest’ultimo
subisce disidratazione per dare l’aldeide α,β-insatura:
In modo simile si comportano i chetoni simmetrici come l’acetone. Tuttavia, i chetoni dissimmetrici, avendo
due carboni in α al carbonile, per deprotonazione forniscono due carbanioni o enolati diversi e quindi per
condensazione si ottengono due chetoni α,β-insaturi.
La reazione di Claisen
Questa reazione considera la condensazione tra esteri con un meccanismo simile a quello della condensazione
aldolica. La reazione inizia con la deprotonazione da parte di un alcoolato, preparato dall’alcool come quello
presente nell’estere, del carbonio in α al carbonile (come per le aldeidi e chetoni). L’acidità degli idrogeni sul
carbonio α sono dovuti all’effetto elettron attrattore del carbonile. Viene qui riportata la reazione dell’acetato
71
di etile (estere etilico dell’acido acetico). La reazione si effettua sciogliendo l’estere in etanolo contenente
etilato di sodio CH -CH -ONa.
3
2
Anche in questo caso si ha la formazione del legame carbonio-carbonio (indicato in rosso) ma, diversamente
dalla condensazione aldolica, si ottiene un β-chetoestere e non un’aldeide o chetone α,β-insaturo. Inoltre,
l’equilibrio si sposta verso i prodotti perché il CH2 tra i due carbonili ha idrogeni più acidi dell’alcool etilico. Il
metilene reagendo con l’alcoolato porta all’anione corrispondente spostando così l’equilibrio a destra.
Per la reazione di un estere etilico si utilizza l’etilato di sodio, mentre, per esteri con parte alcoolica diversa si
utilizzano alcoolati diversi. Per esempio, se si usa un estere metilico, l’alcoolato sarà il metilato di sodio. Se si
usa un estere propilico, l’alcoolato sarà il propilato di sodio e così via.
Come già osservato per la condensazione aldolica incrociata, questa era sinteticamente utile solo se una delle
due aldeidi non possedeva idrogeni sul carbonio α. Anche la reazione di Claisen incrociata segue le stesse
regole. Interessante dal punto di vista sintetico risulta la condensazione di Claisen incrociata tra l’acetato di
etile ed un’aldeide che non possiede idrogeni sul carbonio α come l’aldeide benzoica. In questo caso si ottiene
un estere α,β-insaturo, il cinnammato di etile, componente dell’olio di cannella.
Per la reazione di Claisen la scelta della base per deprotonare l’estere è cruciale. Infatti, se si sostituisce
l’alcoolato con un’altra base come NaOH, non si ottiene la condensazione di Claisen ma soltanto la
saponificazione dell’estere (vedi sopra) che porta al sale di sodio dell’acido carbossilico che non può essere
deprotonato dall’alcolato.
72
Ammine
Le ammine sono derivati dell’ammoniaca in cui uno o più atomi di idrogeno sono sostituiti da gruppi alchilici
o arilici. Sono classificate in primarie (1°), secondarie (2°) o terziarie (3°) secondo il numero di atomi di
carbonio direttamente legati all’azoto.
Se all’atomo di azoto sono legati quattro gruppi alchilici o arilici, lo ione risultante è classificato come ione
ammonico quaternario (4°).
Le ammine sono ulteriormente suddivise in alifatiche ed aromatiche. In un’ammina alifatica tutti gli atomi di
carbonio legati direttamente all’azoto derivano da gruppi alchilici, mentre in un’ammina aromatica uno o più
gruppi legati direttamente all’azoto sono gruppi arilici.
Quando l’atomo di azoto entra a far parte di un anello l’ammina è definita eterociclica, e se l’anello è
aromatico si parla di ammina eterociclica aromatica.
Nomenclatura
Il nome delle ammine semplici si forma indicando il nome del gruppo o dei gruppi alifatici legati all’azoto e
facendo seguire il suffisso ammina (l’ordine dei sostituenti è quello alfabetico). Nella nomenclatura IUPAC,
invece, la desinenza ammina sostituisce la “o” finale del nome dell’alcano. Quando la struttura è più
complessa si fa precedere la parola ammino al nome della catena principale.
73
Le ammine aromatiche hanno il nome derivante da quello dell’ammina aromatica più semplice, l’anilina.
Struttura e proprietà
La geometria dell’atomo di azoto nelle ammine è trigonale piramidale. L’atomo di azoto
è ibridato sp3 e si trova al vertice della piramide, mentre i tre gruppi legati ad esso formano
la base triangolare della piramide. Considerando anche la coppia di elettroni non condivisa
come quarto sostituente, allora la disposizione dell’atomo di azoto è approssimativamente
tetraedrica. La coppia di elettroni non condivisa conferisce alle ammine due principali
proprietà chimiche: la basicità e la nucleofilicità. Come l’ammoniaca, tutte le ammine
sono basi deboli e reagiscono con gli acidi diluiti per formare i corrispondenti sali di
ammonio.
I sali di ammonio reagiscono con le basi forti come NaOH per rigenerare l’ammina:
A causa dell’effetto elettron-donatore dei gruppi alchilici le ammine alifatiche sono leggermente più basiche
dell’ammoniaca (pKb= 3 ÷ 5).
Le ammine sono anche dei buoni nucleofili in grado di dare reazioni di sostituzione SN2, per esempio
con gli alogeni alchilici, o reazioni di addizione al carbonile.
Preparazione: ammonolisi degli alogenuri alchilici
Gli alogenuri alchilici reagiscono con ammoniaca, in soluzione acquosa o alcolica, per dare il sale
dell’ammina primaria. Questa reazione di sostituzione nucleofila di tipo SN2, apparentemente semplice e di
elevate potenzialità, soffre di un notevole inconveniente: la formazione di più di una classe di ammine. Infatti,
il sale dell’ammina primaria, prodotto dalla sostituzione iniziale, reagisce con l’ammoniaca formando
l’ammina primaria libera, e questa è un nucleofilo migliore dell’ammoniaca e può reagire anch’essa con
l’alogenuro alchilico per dare il sale dall’ammina secondaria. Questo, a sua volta, può essere deprotonato a
dare l’ammina secondaria libera e quest’ultima può ancora agire da nucleofilo attaccando l’alogenuro alchilico
e formando il sale dell’ammina terziaria.
74
In modo analogo a quanto visto precedentemente, questo sale libera l’ammina 3° che attacca ancora
l’alogenuro formando il sale di ammonio quaternario. In definitiva, se si usano quantità stechiometriche
di reagenti si otterrà la formazione di una miscela contenente tutte le classi di ammine, compreso il sale di
ammonio 4°. Solo operando in notevole eccesso di ammoniaca, rendendo così molto meno probabile
l’incontro tra l’alogenuro e le altre ammine, si riescono ad ottenere rese più elevate in ammina primaria.
Attività biologica: le ammine biogene
Sono definite ammine biogene tutte le basi organiche, dotate di gruppi amminici, che sono reperibili in forma
libera negli organismi viventi. La loro presenza nei tessuti animali e vegetali può essere dovuta a due
principali ragioni:
1. La prima ragione è che esse rappresentano metaboliti intermedi che si formano nel corso della
degradazione biologica di sostanze strutturalmente più complesse. In particolare, derivano dalla
decarbossilazione microbica degli amminoacidi.
Dal momento che questi microrganismi sono comunemente presenti nell'ambiente, le ammine biogene
possono essere contenute in alimenti e bevande. La loro concentrazione è
maggiore nei cibi a rapida deperibilità, soprattutto se fermentati e ricchi di
particolari amminoacidi, come pesci, carni, salumi, succhi di frutta, vino,
cacao, latticini e formaggi. Un'elevata ingestione di queste ammine, specie se
associata a farmaci che inibiscono gli enzimi intestinali deputati al loro
catabolismo, può provocare intossicazioni e conseguenze dannose per
l'organismo. I sintomi più comuni sono l'emicrania, il rossore in viso,
l'orticaria, gli sbalzi pressori, gli attacchi asmatici e le alterazioni della frequenza cardiaca.
Alcune amine biogene, il cui nome è tutto un programma (putrescina, cadaverina che sono diammina
alifatiche), hanno un odore repellente, tale da scoraggiare chiunque fosse intenzionato a consumare gli
alimenti che le contengono in grandi quantità. Altre, come l'istamina (presente nei
pesci, "sindrome sgombroide") e la tiramina (provoca la "sindrome del
formaggio"), non vengono avvertite con il gusto o con l'olfatto ma possono essere
causa di intossicazioni alimentari, perché dotate di azioni psicoattive e/o
vasoattive. Va detto che alcune di esse svolgono un importante ruolo biologico,
come ad esempio l'istamina (derivante dall'amminoacido istidina), che è il più
importante mediatore chimico delle allergie e per questo motivo l'assunzione di
alimenti contaminati con grandi quantità di questa sostanza può provocare gli stessi
sintomi di una reazione allergica. In condizioni normali l'organismo neutralizza le
75
ammine biogene grazie all'azione di particolari enzimi presenti nell'intestino e all'azione detossificante del
fegato.
2. Molte ammine biogene non sono tossiche e la loro presenza in ambito biologico è dovuta al fatto che esse
svolgono importanti funzioni fisiologiche e biochimiche (sia strutturali che come ormoni e neurotrasmettitori)
tra le quali la conduzione degli impulsi nervosi, l’eccitabilità cellulare nel sistema nervoso centrale e
periferico, la regolazione chimica del comportamento e delle risposte emozionali. Esistono numerosi
importanti esempi: i) l’adrenalina, detto "ormone combatti o fuggi", rilasciato in circolo dalla corteccia
surrenale per far fronte ad una situazione di stress dell’organismo (in pochi istanti il cuore aumenta la
frequenza cardiaca, i bronchi, la pupilla ed i vasi sanguigni dei muscoli si dilatano, mentre a livello epatico
viene stimolata la glicogenolisi); ii) la feniletilammina (PEA), conosciuta come "love-drug" (droga
dell'amore) perché in grado di produrre sensazioni come quelle sperimentate quando una persona è
"innamorata" e si pensa sia responsabile degli effetti afrodisiaci che il cioccolato sembra possedere. Infatti la
feniletilammina viene rilasciata nel cervello quando l'individuo sperimenta sentimenti di gioia e amore; iii) la
serotonina, svolge un ruolo importante nella regolazione dell'umore, del sonno, della temperatura, della
sessualità e dell'appetito (ormone dell'umore e del sonno).
Importanti neurotrasmettitori1 sono il GABA (l'acido γ-amminobutirrico, neurotrasmettitore del SNC) e
l’acetilcolina (neurotrasmettitore del SNC e SNP). Alcune ammine biogene hanno importanti funzioni
strutturali, come ad esempio l'etanolammina e la colina (quest’ultima è un sale di ammonio quaternario) che
compongono i fosfolipidi di membrana.
Adrenalina
GABA
Feniletilammina
acetilcolina
Serotonina
etanolammina
colina
1
Un neurotrasmettitore (o "neuromediatore") è una sostanza che veicola le informazioni fra le cellule componenti il sistema
nervoso, i neuroni, attraverso la trasmissione sinaptica. Sono contenuti in vescicole addensate alle estremità distali del neurone
nei punti in cui esso contrae rapporto sinaptico con altri neuroni. Nel momento in cui il neurone viene raggiunto da uno
stimolo, le vescicole sinaptiche riversano il proprio contenuto nello spazio sinaptico e i neurotrasmettitori rilasciati si legano a
recettori o a canali ionici localizzati sulla membrana post-sinaptica. L'interazione fra i neurotrasmettitore e il recettore/canale
ionico scatena una risposta eccitatoria o inibitoria nel neurone post-sinaptico.
76
Carboidrati: mono e polisaccaridi
I carboidrati si ritrovano in tutti gli organismi viventi. Lo zucchero e l'amido degli alimenti, la cellulosa
del legno, la carta e il cotone sono carboidrati praticamente puri. Carboidrati modificati formano parte del
rivestimento che circonda le cellule viventi, altri carboidrati si trovano negli acidi nucleici che sono
responsabili dell'informazione genetica, altri ancora sono impiegati come farmaci.
Il termine carboidrato ha origine storica nel fatto che il glucosio, il primo carboidrato a essere stato ottenuto in
forma pura, avendo formula molecolare C6H1206, era inizialmente considerato un «idrato di carbonio»,
C6(H2O)6. Questo modo di vedere venne ben presto abbandonato, ma il nome rimase. Attualmente il termine
carboidrati è riservato all'ampia classe di poliidrossi aldeidi e chetoni comunemente detti zuccheri o anche
(saccaridi dal latino “saccharum” zucchero). Il glucosio, noto anche come destrosio in medicina, è l'esempio
più familiare.
I carboidrati sono sintetizzati dalle piante verdi con la fotosintesi, un processo molto complesso nel quale la
luce del sole fornisce l'energia per convertire CO2 e H2O in glucosio e ossigeno. La pianta lega poi
chimicamente tra loro molte molecole di glucosio per immagazzinarle sotto forma di cellulosa o di amido. Si
stima che oltre il 50% del peso a secco della biomassa terrestre, costituita dall'insieme delle piante e degli
animali, consista di polimeri del glucosio. Una volta ingeriti e assimilati col metabolismo, i carboidrati
forniscono agli animali una sorgente prontamente disponibile. In sostanza i carboidrati fungono da
intermediari chimici per mezzo dei quali l'energia solare viene immagazzinata per essere poi usata a tempo
debito a sostegno della vita.
luce solare
6 CO2 +
6 H2O
6 O2
+ C6H12O6
amido e cellulosa
Classificazione dei carboidrati
I carboidrati vengono distinti in semplici e complessi. Gli zuccheri semplici, o monosaccaridi, sono quei
carboidrati che, come il glucosio e il fruttosio, non possono essere trasformati in molecole di zucchero più
piccole per idrolisi. I carboidrati complessi sono composti da due o più zuccheri semplici legati assieme. Il
saccarosio (il comune zucchero da tavola), per esempio, è un disaccaride costituito da una molecola di
glucosio e una molecola di fruttosio legate tra loro. Il glucosio è il monosaccaride più comune, un altro
monosaccaride di grande importanza e diffusione è il fruttosio, lo zucchero della frutta, che ha la stessa
formula elementare, C6H1206, del glucosio e, quindi, rappresenta un suo isomero strutturale. Analogamente la
cellulosa è un polisaccaride costituito da migliaia di molecole di glucosio tutte legate tra di loro. Per idrolisi
catalizzata da enzimi i polisaccaridi si scindono nei monosaccaride che li compongono.
Monosaccaridi
I monosaccaridi hanno formula generale CnH2nOn (o anche Cn(H2O)n), dove n è un numero che va da 3 ad 8, e
sono distinti in aldosi (poliidrossialdeidi) e chetosi (polidrossichetoni) a seconda che il gruppo carbonilico sia
quello aldeidico o quello chetonico. Il numero di atomi di carbonio del monosaccaride si indica con
l'appropriato prefisso numerico tri-, tetr-, pent-, es- e così via. Gli zuccheri più semplici sono i due triosi
gliceraldeide e diidrossiacetone che sono rispettivamente un aldotrioso ed un chetotrioso. Quindi, il glucosio
è un aldoesoso perché è uno zucchero aldeidico a sei atomi di carbonio; il fruttosio è un chetoesoso perché è
uno zucchero chetonico a sei atomi di carbonio e il ribosio è un aldopentoso, cioè uno zucchero aldeidico a
cinque atomi di carbonio. La maggior parte dei più comuni zuccheri semplici è costituita da aldopentosi e
aldoesosi. Il modo più semplice ed utile per rappresentarli è quello di usare le proiezioni di Fisher
rispettando la convenzione di scrivere il carbonio carbonilico in alto.
77
La gliceraldeide, l'aldoso più semplice, ha un solo centro chirale sul carbonio 2, pertanto può esistere sotto
forma di due enantiomeri (tra loro immagini speculari), dei quali però soltanto quello a configurazione
assoluta R è presente in natura. Sappiamo, inoltre, che la (R)-gliceraldeide è quella che ruota il piano della
luce polarizzata a destra di +13.5° e la (S)-gliceraldeide, di conseguenza, ruota il piano della luce polarizzata a
sinistra: cioè i due enantiomeri sono rispettivamente la (R)-(+)-gliceraldeide e la (S)-(–)-gliceraldeide. Tutti i
monosaccaridi superiori presenti in natura si ottengono dalla (R)-(+)-gliceraldeide per inserimento di uno o
più gruppi H-C-OH tra il gruppo aldeidico ed il carbonio chirale.
Come conseguenza glucosio, fruttosio, ribosio e praticamente tutti gli altri monosaccaridi di origine
naturale hanno la stessa configurazione R della D-gliceraldeide nel centro chirale più lontano dal gruppo
carbonilico. Allora, nelle proiezioni di Fischer di questi zuccheri naturali, il gruppo -OH dell'ultimo centro
chirale (quello più in basso) sta a destra e perciò si dice che tali composti sono zuccheri della serie D.
Va chiarito che il simbolo D non ha nulla a che vedere con il fatto che il composto sia destrogiro o levogiro,
esattamente come la notazione R,S che di per sé non dà questa informazione.
Degli otto aldoesosi della serie D, i più importanti sono il glucosio, il mannosio ed il galattosio che sono tra
loro diastereoisomeri. In particolare, Il mannosio ed il galattosio sono epimeri del glucosio rispettivamente al
carbonio 2 e 4, dove per epimeri si intendono quei diastereoisomeri che differiscono per la configurazione ad
un solo centro chirale.
78
I chetosi superiori si ottengono dal diidrossiacetone per inserimento di uno o più gruppi H-C-OH tra il gruppo
chetonico ed il CH2OH terminale. Il più importante ed ampiamente diffuso in natura è il fruttosio (lo
zucchero della frutta). Il glucosio ed il fruttosio sono isomeri strutturali (stessa formula grezza ma atomi
legami in modo diverso). I due isomeri a livello biologico, grazie alla catalisi enzimatica, possono
interconvertirsi per tautomeria cheto-enolica grazie alla formazione di un enediolo intermedio. Questo
processo è fondamentale nel metabolismo del glucosio, senza di esso non potremmo digerire il glucosio
attraverso il processo noto come glicolisi.
Amminozuccheri
Un’altra classe molto importante di zuccheri è quella degli amminozuccheri. La glucosammina è il più
importante ed ampiamente diffuso, ed è uno dei principali precursori della sintesi delle proteine glicosilate e
dei lipidi. È uno dei maggiori componente del guscio dei crostacei e di altri artropodi, nei funghi e molti
organismi superiori ed è uno dei più abbondanti monosaccaridi. È prodotto commercialmente dall'idrolisi dei
gusci dei crostacei. La glucosammina è comunemente usata come trattamento per l'osteoartrite.
Struttura ciclica degli zuccheri
Ad eccezione degli zuccheri a tre carboni, la gran parte dei
monosaccaridi esiste prevalentemente in forma di emiacetale
ciclico. Facciamo un passo indietro e ricordiamo che nella
chimica del gruppo carbonilico abbiamo visto che le aldeidi e i
chetoni reagiscono con gli alcoli in una reazione reversibile di
addizione nucleofila che porta a emiacetali.
Se il carbonile e il gruppo ossidrilico fanno parte della stessa molecola, può prendere corpo l'addizione
nucleofila intramolecolare e il prodotto che si forma è un emiacetale
ciclico. Poiché gli emiacetali ciclici a cinque e a sei termini sono
particolarmente stabili, molti carboidrati esistono come miscele di equilibrio
tra una forma aperta e una forma ciclica. Il glucosio, in soluzione acquosa,
esiste prevalentemente come forma piranosica ad anello a sei termini,
ottenuta per addizione nucleofila intramolecolare dell'ossidrile del C5 al
gruppo aldeidico Cl. Il fruttosio esiste prevalentemente nella forma
furanosica pentatomica ciclica, risultante dalla addizione del gruppo ossidrilico del C5 al gruppo chetonico
C2. Il pirano ed il furano sono gli eteri ciclici rispettivamente a 6 e 5 atomi di
carbonio. Il glucosio, dunque, è in realtà presente in natura in forma ciclica con un
anello a 6 termini in cui è presente l’ossigeno. Uno dei modi per rappresentare gli
zuccheri è quello di usare le proiezioni di Haworth, che sono proiezioni di un ciclo a 6
rappresentato in forma planare prospettica. La convenzione da rispettare in queste proiezioni è la seguente: si
scrive il ciclo a 6 con l’ossigeno intraciclico posto dietro sulla destra, mentre il CH2OH terminale (C6) è posto
sempre dietro orientato ed orientato a sinistra verso l’alto. Durante la ciclizzazione, il carbonio aldeidico C1,
che è prochirale, subisce l’attacco intramolecolare dell’OH in posizione 5 generando un nuovo centro chirale
sul C1, che viene chiamato carbonio anomerico, nel quale il gruppo OH che si forma potrà essere orientato
79
verso l’alto, perciò dallo stesso lato del CH2OH terminale (e si parla di anomero beta), oppure verso il basso
(anomero alfa). Esistono, perciò, due glucosi quello alfa e quello beta. Per i gruppi ossidrilici rimanenti vale la
regola che puntano verso l’alto quelli orientati a sinistra nella forma di Fisher, mentre quelli orientati a destra
puntano verso il basso.
Per comprendere come avviene la ciclizzazione e come si arriva alla rappresentazione di Haworth occorre
seguire la ciclizzazione nello spazio. Innanzitutto, occorre effettuare una rotazione tra il C4 ed il C5 sulla
proiezione di Fisher così da portare il CH2OH terminale a sinistra e l’OH in C5 in basso. A questo punto si
piega la proiezione di Fisher di 90° verso destra, quindi la si immagina ripiegarsi su se stessa verso l’interno
del piano del foglio onde premettere l’attacco dell’OH sul carbonio carbonilico C1. Dopo la chiusura l’OH
che si origina sul C1 darà luogo ai due anomeri.
α- e β-D-GLUCOPIRANOSIO: CONFORMAZIONI A SEDIA
Forme furanosiche: aldopentosi e chetoesosi
Quando si passa agli aldopentosi come il ribosio e l’arabinosio, la catena è più corta di un atomo di
carbonio. Pertanto, nella ciclizzazione si formerà un anello a cinque, l’anello furanosico, che ha una struttura
simile al ciclopentano con un atomo di ossigeno al posto di un atomo di carbonio. Il meccanismo per la
ciclizzazione e la convenzione per scrivere questi zuccheri è la stessa vista prima. Sono qui rappresentati i due
zuccheri D-ribosio e 2-deossi-D-ribosio presenti negli acidi nucleici.
80
(presente nel RNA)
(presente nel DNA)
Anche nel caso dei chetopentosi l’anello furanosico è quello privilegiato. In questo caso la ciclizzazione
coinvolge sempre il C5, il penultimo carbonio, ma il carbonile che subisce l’attacco è in posizione 2. È il caso
del fruttosio che ciclizza prevalentemente nella forma a 5 termini.
Anomeri α e β : mutarotazione
Quando un monosaccaride in forma aperta ciclizza per dare una forma piranosica o furanosica, si crea un
nuovo centro chirale in corrispondenza di quello che in origine era il carbonio carbonilico. Si producono due
particolari diastereomeri, detti anomeri e il carbonio emiacetalico si chiama centro anomerico. Per esempio, in
soluzione acquosa il glucosio ciclizza reversibilmente formando una miscela 37:63 dei due anomeri.
L'anomero meno abbondante è quello con il gruppo -OH del Cl in posizione assiale. Esso prende il nome di
anomero alfa (α), ma il nome completo è a-D-glucopiranosio. 1'anomero più abbondante è quello con l' -OH
del Cl in posizione equatoriale. Esso prende il nome di anomero beta (β), ma il nome completo è β-Dglucopiranosio. Si noti che il β -D-glucopiranosio ha tutti i sostituenti dell'anello in posizione equatoriale.
Pertanto esso, tra gli otto D-aldoesosi, è il meno il più stabile e per tale ragione il più diffuso in natura.
È possibile cristallizzare e purificare entrambi gli anomeri del D-glucopiranosio. L' α-D-glucopiranosio puro
ha punto di fusione 146 °C e rotazione specifica [αlD = +112°; il β-D-glucopiranosio puro ha punto di fusione
148 - 155 °C e rotazione specifica [αlD = +18,7°. Quando si discioglie in acqua un campione puro dell'uno o
dell'altro ano mero, la rotazione ottica cambia lentamente per convergere a un valore finale costante di +52,6.
Quindi la rotazione specifica della soluzione dell'anomero α diminuisce da + 112,2 a +52,6; quella della
soluzione dell'anomero β aumenta da +18,7 a +52,6. Questo spontaneo cambiamento della rotazione ottica,
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noto come mutarotazione, è attribuibile alla lenta interconversione degli enantiomeri puri, α e β, che porta alla
miscela di equilibrio 37:63 .
La mutarotazione decorre mediante apertura reversibile dell'anello dei due anomeri, per dare la forma
aldeidica a catena aperta e successiva richiusura di quest'ultima. 1'equilibrazione è un processo lento a pH
neutro, ma può essere catalizzato sia da acidi sia da basi.
Proprietà fisiche dei monosaccaridi
• solidi cristallini
• solubili in acqua
• moderatamente solubili in alcoli
• insolubili in solventi apolari
• potere dolcificante (edulcorante): saccarosio (100), glucosio (74), fruttosio (174). Vi sono dolcificanti
sintetici che hanno un potere edulcorante centinaia di volte superiore al glucosio (aspartame, saccarina,
sucralosio ecc.)
Glicosidi
Abbiamo visto che per trattamento di un emiacetale con un alcol in presenza di un catalizzatore acido si
ottiene un acetale
Alla stessa maniera, trattando l'emiacetale di un monosaccaride con un alcole e un catalizzatore acido, si
ottiene il corrispondente acetale, nel quale il gruppo -OH anomerico è stato sostituito da un gruppo -OR. Per
esempio, la reazione del glucosio col metanolo fornisce una miscela 2:1 di metil-D-glucopiranosidi α e β.
Gli acetali dei carboidrati si chiamano glicosidi e li si denomina individualmente premettendo il nome del
gruppo alchilico e sostituendo la finale -osio dello zucchero con la desinenza -oside. Al pari di tutti gli altri
acetali, i glicosidi sono stabili in acqua; non si trovano in equilibrio con una forma a catena aperta e perciò
non danno mutarotazione. Tuttavia, per idrolisi in ambiente acido, essi ridanno i corrispondenti monosaccaridi
liberi.
I glicosidi sono ampiamente diffusi nel mondo vegetale, dove rappresentano fonti di immagazzinamento
degli zuccheri. L'uomo si serve di tali composti utilizzandoli principalmente in campo farmacologico o come
additivi alimentari. Ecco alcuni esempi:
• glicosidi prodotti dal genere salix sono una fonte di acido salicilico,
• derivati dall'antrachinone presenti in piante come la senna hanno effetto lassativo
• glicosidi cumarinici hanno la proprietà di dilatare le arterie coronariche.
82
•
•
•
glicosidi digitalici digitossina e digossina furono i capostipite storici dei farmaci antiaritmici.
glucovanillina è un aromatizzante dolciastro,
Altre classi di glicosidi sono preminentemente tossici (ad esempio il fenilglicoside che è un glicoside di
difesa di alcune piante o l'amigdalina che è una fonte di cianuro ed è formata da genziobiosio e
mandelonitrile). E’ presente, ed ecco perché bisogna evitarne o perlomeno limitarne l'ingestione, nei semi
di uva, mele e pere, ma anche nel nocciolo della pesca e dell'albicocca.
La formazione di un glicoside determina una maggiore biodisponibilità, idrofilicità e stabilità di sostanze a
carattere lipofilo, come ad esempio gli olii essenziali, permettendo la compartimentazione nel vacuolo e
traslocazione nel citoplasma.
Gli N-glicosidi sono gli analoghi dei glicosidi nei quali vi è un legame tra il carbonio anomerico ed un atomo
di azoto. Per esempio se si fa reagire il D-ribosio con anilina con catalisi acida si ottiene l’N-fenil-D-riboside.
I ribosidi sono di fondamentale importanza a livello biologico perché quelli del ribosio e del deossiribosio
formano i nucleosidi che sono le unità strutturali degli acidi nucleici. Ad esempio l’N-riboside dell’uracile
(una ammnina ciclica) forma il nucleoside uridina.
Reazioni dei monosaccaridi
• Riduzione con NaBH4: Trattando un aldoso o un chetoso con boroidruro di sodio, NaBH4, si ottiene, come
prodotto di riduzione, un polialcol detto alditolo. La reazione avviene sulla forma a catena aperta, che è
presente nell'equilibrio aldeide .= emiacetale.
Il D-glucitolo, l'alditolo ottenibile per riduzione del D-glucosio, è un prodotto naturale rinvenibile in molti
frutti e molti tipi di bacche. Sotto il nome di D-sorbitolo trova impiego come dolcificante alimentare al posto
dello zucchero.
• Ossidazione. Sempre la forma aperta degli zuccheri può essere ossidata con comuni agenti ossidanti.
L’ossidazione blanda con Br2/H2O porta agli acidi aldonici (acido gluconico nel caso del glucosio),
83
mentre un’ossidazione più energica con acido nitrico porta agli acidi aldarici (acido glucarico nel caso del
glucosio).
I disaccaridi
Abbiamo visto che per reazione dell'emiacetale di un monosaccaride con un alcol si ottiene un glicoside in cui
il gruppo -OH anomerico viene sostituito da un gruppo -OR. Nel caso in cui anche l'alcol sia uno zucchero, il
glicoside che si produce è un disaccaride. I disaccaridi sono composti che contengono un legame (acetalico)
glicosidico tra il carbonio anomerico di una molecola di uno zucchero e il gruppo -OH di una posizione
qualsiasi di un'altra molecola di zucchero. Particolarmente frequente è il legame glicosidico tra il Cl del primo
zucchero e il C4 del secondo; tale legame è noto come legame 1→4. Il legame glicosidico col carbonio
anomerico può essere alfa oppure beta. Con poche eccezioni (saccarosio) anche i disaccaridi danno il
fenomeno della mutarotazione.
Maltosio. Il maltosio, disaccaride ottenibile per idrolisi dell'amido
catalizzata dagli enzimi detti α-amilasi, è costituito da due molecole
di α-D-glucosio legate da un legame l→4-α
α-glucosidico. È presente
nei semi germinanti come quelli dell'orzo quando scindono le loro
riserve di amido da utilizzare come nutrimento. La produzione dai
cereali germoglianti, come l'orzo, ha un ruolo importante nella
Maltosio: legame 1→4-α
α-glucosidico
produzione della birra. Quando l'orzo è germogliato, viene portato in
una condizione in cui la concentrazione di amilasi maltogenica è massimizzata. Durante il processo di
macerazione queste amilasi convertono gli amidi del cereale in maltosio. Il metabolismo del maltosio da
parte dei lieviti durante la fermentazione porta quindi alla formazione di etanolo e biossido di carbonio.
Cellobiosio. disaccaride ottenibile per idrolisi parziale della
cellulosa, è costituito da due moleocle di β-glucosio congiunti
da un legame 1→4-β-glucosidico. Si ottiene per idrolisi parziale
della cellulosa da parte delle β -glicosidasi. l'assenza, nei
mammiferi, di questi enzimi in grado di effettuare la
Cellobiosio: legame 1→4-β
β-glucosidico
degradazione del legame beta 1-4, rendono non assimilabile il
glucosio proveniente dalla cellulosa e quindi dal cellobiosio.
Solamente i ruminanti ed altri tipi di mammiferi, sono in grado di utilizzare il glucosio della cellulosa, grazie
alla presenza, nel loro sistema digerente, di batteri che rompono tale legame. Noi non possediamo enzimi
cellulosi in grado di riconoscere il legame beta glicosidico. (il disaccaride con legame 1→6-β-glucosidico si
chiama genziobiosio)
Saccarosio. Il saccarosio, il comune «zucchero» da tavola, è probabilmente la
sostanza organica più diffusa al mondo in forma pura. Sia che provenga dalla
canna da zucchero (20% in peso), sia che provenga dalla barbabietola (15% in
peso), grezzo o raffinato, lo zucchero da tavola è sempre saccarosio.
Il saccarosio è un disaccaride formato dall’unione di una unità di α-glucosio ed
una unità di β-fruttosio unite da un legame 1→2-α
α-glucosidico. Per idrolisi,
fornisce l equivalente di glucosio e l equivalente di fruttosio. Alla
miscela 1:1 dei due monosaccaridi si dà il nome di zucchero invertito
Saccarosio: legame 1→2-α
α-glucosidico
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perché, durante l'idrolisi del saccarosio, il segno della rotazione ottica si inverte passando da [α]D = +66,5° del
saccarosio a [α]D = - 22 ° della miscela glucosio/fruttosio. Alcuni insetti, come le api, dispongono di enzimi,
invertasi, che catalizzano la reazione di idrolisi del saccarosio. Il miele, infatti, è essenzialmente una miscela
di glucosio, fruttosio e saccarosio.
A differenza della maggior parte degli altri disaccaridi, il saccarosio non dà luogo al fenomeno della
mutarotazione. Ciò comporta che la sua molecola non abbia gruppi emiacetalici e che le unità di glucosio e di
fruttosio siano entrambe sotto forma glicosidica. Ciò accede perché i due monosaccaridi sono tenuti insieme
da un legame glicosidico tra i due carboni anomerici, il Cl del glucosio e il C2 del fruttosio.
Lattosio. Il lattosio è un disaccaride contenuto principalmente nel latte dei mammiferi (specie umana
compresa). E' formato dall'unione di β-galattosio e βglucosio. Per essere digerito, il lattosio deve
neccessariamente essere scisso in queste due unità più
semplici. La lattasi è un enzima inducibile, presente nel
neonato, in grado di idrolizzare il legame β -1,4-glicosidico
del lattosio (β-galattosil-α-glucoside) e scindere, quindi,
quest'ultimo in galattosio e glucosio. L'inducibilità di tale
Lattosio: legame 1→4-β
β-galattosidico
enzima può essere persa nel caso di non utilizzo di latte; se un
individuo "perde" completamente il gene che codifica per la lattasi, diventa intollerante al lattosio cioè, il
lattosio, quando ingerito, non viene degradato e non è quindi assimilabile dalle cellule: il lattosio si accumula,
allora, nell'intestino e richiama liquidi. Questa inattivazione del gene che codifica per la lattasi è responsabile
di un disturbo, conosciuto come intolleranza al lattosio, che insorge in seguito all'ingestione di latte o di altri
cibi contenenti lattosio e si manifesta con diarrea, meteorismo ed altri disordini gastrointestinali.
Il galattosio segue il metabolismo del glucosio, dopo che una sua forma attivata viene convertita da un enzima
epimerasi (il galattosio è un epimero sul quarto carbonio del glucosio) ad una forma attivata del glucosio. Il
galattosio è un componente delle glicoproteine del tessuto connettivo che entra nella composizione delle
strutture organiche di supporto e di connessione, quali per esempio i tendini, le cartilagini, i legamenti, la
matrice organica delle ossa, ecc. Negli animali superiori il collagene costituisce oltre 1/3 dell'intero
contenuto proteico dell'organismo.
Polisaccaridi
I polisaccaridi sono carboidrati complessi nei quali decine, centinaia o finanche migliaia di unità di zuccheri
semplici si trovano legate tra loro tramite legami glicosidici. Poiché questi composti hanno gruppi -OH
anomerici liberi solo alla fine di una catena molto lunga, i polisaccaridi non danno apprezzabile
mutarotazione. Cellulosa e amido sono i più diffusi tra i polisaccaridi.
Cellulosa. La cellulosa è costituita da alcune migliaia di unità di D-glucosio legate tra loro con legami 1→4β-glicosidici, come quelli del cellobiosio. Varie molecole di cellulosa possono poi interagire per formare
grandi strutture aggregate, tenute assieme da legami idrogeno. La natura utilizza la cellulosa principalmente
come materiale strutturale per conferire forza e rigidità alle piante. Foglie, erbe e cotone sono fatti
prevalentemente di cellulosa. La cellulosa serve anche come prodotto di partenza per l'acetato di cellulosa,
una fibra artificiale conosciuta col nome commerciale di raion acetato, e per il nitrato di cellulosa, conosciuto
col nome di fulmicotone. Il fulmicotone è il principale componente della polvere da sparo.
85
L'amido e il glicogeno
Patate, mais e grano contengono grandi quantità di amido, un polimero del glucosio nel quale le unità di
monosaccaride sono congiunte da legami 1→4-α-glicosidici, come quelli del maltosio. L'amido si può
separare in due frazioni: l'amilosio e l'amilopectina. L'amilosio assomma a circa il 20% in peso dell'amido e
consiste di varie centinaia di molecole di glucosio legate con legami 1→4-α-glicosidici. L'amilopectina
assomma al restante 80% dell'amido e ha struttura più complessa dell'amilosio. A differenza della cellulosa e
dell'amilosio, che sono polimeri lineari, l'amilopectina è caratterizzata da ramificazioni 1→6-α-glicosidiche,
approssimativamente una ogni 25 unità di glucosio.
L'amido è digerito nella bocca e nello stomaco dagli enzimi α-glicosidasi, che catalizzano l'idrolisi dei legami
glicosidici e mettono in libertà le singole molecole di glucosio. Al pari degli altri enzimi, le α-glicosidasi
esercitano un'azione altamente selettiva, nel senso che sono in grado di idrolizzare soltanto i legami αglicosidici dell'amido, mentre lasciano inalterati quelli β-glicosidici della cellulosa. Per questo l'uomo può
nutrirsi di patate e di grano, ma non di erba e di foglie degli alberi.
Il glicogeno è un polisaccaride che negli animali assolve lo stesso compito di accumulo di energia che
l'amido svolge nelle piante. I carboidrati, assunti con l'alimentazione e che non sono necessari per
un'immediata conversione in energia, vengono trasformati nell'organismo in glicogeno e in questa forma
immagazzinati a lunga scadenza. A somiglianza dell'amilopectina dell'amido, il glicogeno è caratterizzato da
una struttura ramificata complessa, con legami 1→4 e 1→6 α-glicosidici. Le macromolecole del glicogeno
sono più grandi di quelle dell'amilopectina, raggiungendo anche le 100.000 unità di glucosio, e contengono un
maggior numero di ramificazioni.
Altre attività biologiche degli zuccheri.
Per molti anni i carboidrati sono stati considerati composti la cui unica funzione biologica era quella di servire
da materiali strutturali e fonti di energia. Non c'è dubbio che i carboidrati svolgano in natura questi due
compiti, tuttavia essi svolgono anche molte altre importanti funzioni biologiche. Come osservato in
precedenza, per esempio, i glicoconiugati hanno un ruolo centrale nel processo di riconoscimento tra un tipo e
l'altro di cellule. Corte catene di polisaccaridi, legate con legami covalenti di tipo glicosidico ai gruppi -OH o
–NH2 delle proteine, fungono da segnali biochimici sulla superficie cellulare, come nel caso degli antigeni
dei gruppi sanguigni dell'uomo.
86
AMMINOACIDI, PEPTIDI E PROTEINE
Le proteine compaiono in tutti gli organismi viventi, ne esistono molti tipi diversi, ed esercitano le più svariate
funzioni biologiche. La cheratina della pelle e delle unghie, la fibroina della seta e delle ragnatele e i circa
50.000 enzimi che catalizzano le reazioni biologiche nell'organismo sono tutte proteine. A prescindere dalla
loro specifica funzione, le proteine hanno fondamentalmente una struttura simile e consistono tutte di un gran
numero di amminoacidi legati tra loro in lunghe catene. Gli amminoacidi, come si può facilmente desumere
dal nome, sono composti bifunzionali. Essi contengono sia un gruppo amminico basico sia un gruppo
carbossilico acido.
L’importanza degli amminoacidi come unità costruttive delle proteine, discende dal fatto che essi si possono
legare in lunghe catene formando legami ammidici tra l' - NH2 di un amminoacido e il -CO2H di un altro
amminoacido. Le catene con meno di 50 amminoacidi sono convenzionalmente classificate come peptidi,
quelle più lunghe come proteine.
AMMINOACIDI
Gli amminoacidi sono composti che contengono il gruppo carbossilico ed il gruppo amminico. Sebbene vi
siano alcuni amminoacidi importanti anche di struttura diversa, quelli che hanno maggiore importanza (perché
costituenti delle proteine) sono gli alfa amminoacidi, nei quali il gruppo amminico ed il gruppo carbossilico
sono legati allo stesso atomo di carbonio. La formula generale è la seguente, dove al variare del gruppo R si
ottengono i diversi amminoacidi naturali.
H2N CHR COOH
α-amminoacido
Proprietà fisiche
che si forma attraverso l’equilibrio con la forma
neutra come qui indicato
H2N CHR COOH
H3N CHR COO
Gli amminoacidi naturali
Gli α-amminoacidi naturali costituenti le proteine (chiamati amminoacidi proteici) sono 20. Diciannove dei
venti amminoacidi sono ammine primarie, RNH2, dove l'unica differenza è nella catena laterale, ossia nel
sostituente legato al carbonio α. La prolina. invece, è un'ammina secondaria nella quale l'azoto e il carbonio
α fanno parte di un anello pentatomico pirrolidinico.
I 20 amminoacidi comuni possono essere ulteriormente distinti in neutri, acidi o basici, a seconda della
struttura delle loro catene laterali. Quindici su venti hanno catene laterali neutre, due (acido aspartico e acido
glutammico) hanno una seconda funzione carbossilica acida nella catena laterale e tre (lisina, arginina e
istidina) hanno in catena laterale dei gruppi amminici basici. Al pH fisiologico 7,3 esistente all'interno delle
cellule, i gruppi carbossilici delle catene laterali dell'acido aspartico e dell'acido glutammico sono deprotonati
e gli azoti basici della catena laterale della lisina e dell'arginina sono protonati. L'istidina, invece, che ha un
anello eterociclico imidazolico nella sua catena laterale, non è abbastanza basica da essere protonata a pH 7,3.
L'uomo è in grado di sintetizzare soltanto 11 dei 20 amminoacidi delle proteine, definiti amminoacidi non
essenziali. I restanti 9, definiti amminoacidi essenziali vengono biosintetizzati solo nelle piante e nei
microrganismi e devono essere assunti con la dieta. Tuttavia, la separazione tra amminoacidi essenziali e non
essenziali non è netta. La tirosina, per esempio, a volte è considerata non essenziale, perché l'uomo può
produrla dalla fenilalanina, ma la fenilalanina è essenziale e deve essere assunta con la dieta. L'arginina
87
può essere sintetizzata dall'uomo, ma gran parte di quella di cui abbiamo bisogno proviene dalla nostra
alimentazione. Qui di seguito sono riportati i 20 alfa amminoacidi proteici classificati in base alla
struttura ed alle caratteristiche del gruppo R (riportato in blu):
alifatici
H CH COOH
NH2
CH3 CH COOH
NH2
glicina GLY
alanina ALA
CH3
CH3
CH CH COOH
CH CH2 CH COOH
CH3
CH3
NH2
NH2
valina VAL
ossidrilici
HO CH2 CH COOH
NH2
leucina LEU
isoleucina ILE
solforati
CH3 CH CH COOH
OH NH2
serina SER
HS CH2 CH COOH
NH2
treonina THR
CH3 S CH2 CH2 CH COOH
NH2
cisteina CYS
metionina MET
ammidici
acidi
HO2C CH2 CH COOH
NH2
CH3 CH2
CH CH COOH
CH3
NH2
HO2C CH2 CH2 CH COOH
NH2
ac. aspartico ASP
ac. glutammico GLU
O
H2N C CH2 CH COOH
NH2
O
H2N C CH2 CH2 CH COOH
NH2
glutammina GLN
asparagina ASN
basici
NH
H2N CH2 CH2 CH2 CH2 CH COOH
NH2
lisina LYS
N
H
CH2 CH COOH
NH2
istidina HIS
eterociclici
aromatici
CH2 CH COOH HO
NH2
fenilalanina PHE
N
H2N C NH CH2 CH2 CH2 CH COOH
NH2
arginina ARG
CH2 CH COOH
NH2
tirosina TYR
COOH
N
H
prolina PRO
N
H
CH2 CH COOH
NH2
triptofano TRP
Chiralità degli amminoacidi
Fatta eccezione per quello della glicina, +H3NCH2CO2-, gli atomi di carbonio α degli amminoacidi sono centri
chirali. Pertanto ciascun amminoacido può esistere sotto forma di due enantiomeri, ma la natura si serve di
uno solo dei due per costruire le proteine. Nelle proiezioni di Fischer gli amminoacidi naturali si
rappresentano col gruppo carbossilico in alto e la catena laterale in basso e poi sistemando il gruppo
amminico a sinistra. A causa della loro somiglianza stereochimica con gli zuccheri della serie L, gli αamminoacidi naturali sono definiti L-amminoacidi.
88
Per quanto riguarda la configurazione assoluta, tutti gli amminoacidi naturali sono della serie L ed hanno
configurazione S. Fa eccezione la cisteina (a causa della priorità dello zolfo) che invece ha configurazione
R.
Punto isoelettrico
In soluzione acida gli amminoacidi si protonano ed esistono prevalentemente in forma cationica. Viceversa, in
soluzione basica gli amminoacidi si deprotonano ed esistono prevalentemente in forma anionica. Perciò deve
esistere un valore intermedio di pH in corrispondenza del quale le due forme, anionica e cationica, si
bilanciano esattamente e l'amminoacido è presente essenzialmente come zwitterione neutro. Tale pH si chiama
punto isoelettrico, pI, dell'amminoacido.
Il punto isoelettrico dipende dalla struttura molecolare dell'amminoacido. I 15 amminoacidi con catena laterale
neutra hanno punti isoelettrici prossimi alla neutralità, nell'intervallo tra pH 5,0 e pH 6,5. I due amminoacidi
acidi hanno punti isoelettrici a pH più bassi, mentre i tre amminoacidi basici hanno punti isoelettrici a pH più
alti.
Così come gli amminoacidi hanno i loro punti isoelettrici individuali, anche le proteine hanno un pI
complessivo, a causa dell'effetto cumulativo di tutti gli amminoacidi acidi o basici che contengono.
Nell'enzima lisozima, per esempio, c'è una preponderanza di amminoacidi basici, pertanto il punto isoelettrico
è alto (pI = 11,0). Al contrario, nella pepsina, c'è una preponderanza di amminoacidi acidi e il punto
isoelettrico è basso (pI= 1.0). Non è sorprendente che le solubilità e le proprietà delle proteine con diversi pI
siano fortemente influenzate dal pH del mezzo. La solubilità in acqua, di solito, è minima in corrispondenza
del punto isoelettrico, dove la proteina non ha una carica netta, ed è più alta sia sopra che sotto il pI, dove la
proteina è carica.
Sintesi degli amminoacidi
Vedremo sia un metodo chimico che il processo biochimico più importante per la sintesi degli amminoacidi.
• Metodo chimico: ammonolisi degli alfa-alogenoacidi
Biosintesi degli aa: transamminazione degli α-chetoacidi
89
PEPTIDI E PROTEINE
I peptidi e le proteine sono polimeri nei quali i singoli amminoacidi, i cosiddetti residui, sono legati assieme
da legami ammidici, detti legami peptidici. Il gruppo amminico di un residuo forma un legame ammidico
con il carbossile di un secondo residuo; il gruppo amminico del secondo residuo forma un legame ammidico
con il carbossile di un terzo residuo e così via. Per esempio, la glicilalanina è il dipeptide prodotto dalla
formazione di un legame ammidico tra il gruppo carbossilico della glicina e il gruppo amminico della alanina.
legame peptidico
(ammidico)
O
H2N
glicina
O
OH H2N
O
OH (- H2O)
CH3
alanina
legame peptidico
(ammidico)
H2N
O
CH3
N
H
glicilalanina
(gly-ala)
OH
O
H2N
OH H2N
CH3
alanina
glicina
CH3
O
O
OH (- H2O)
H2N
N
H
OH
O
alanilglicina
(ala-gly)
Si noti che per reazione tra la glicina e l’alanina, si possono ottenere due dipeptidi, a seconda di quale sia il
carbossile e quale sia il gruppo amminico che reagiscono. Nel caso in cui sia il gruppo amminico della glicina
che reagisce con il carbossile della alanina, si ottiene la alanilglicina.
La lunga sequenza atomica ripetitiva, -NH-CH-CO-, che costituisce una catena continua forma lo scheletro
della proteina. Per convenzione i peptidi vanno scritti mettendo per primo a sinistra l'amminoacido Nterminale (quello con il gruppo –NH2 libero) e a destra l'amminoacido C-terminale (quello col gruppo CO2H libero). Il nome del peptide si scrive adoperando per ciascun amminoacido le abbreviazioni a tre
lettere. Le abbreviazioni a una sola lettera sono più convenienti, anche se meno immediatamente
riconoscibili, delle abbreviazioni a tre lettere.
La struttura del legame peptidico
Il legame ammidico che unisce tra loro i diversi amminoacidi nei peptidi non si differenzia da qualsiasi altro
legame ammidico. L'azoto ammidico non è basico, perché il suo doppietto elettronico non condiviso è
delocalizzato per interazione col gruppo carbonilico. La sovrapposizione dell'orbitale p dell'azoto con gli
orbitali p del carbonile conferisce allegarne C- N un certo carattere di legame doppio che ne ostacola
fortemente la rotazione. Pertanto il legame ammidico è piano e l'N-H è orientato a 180° rispetto al C=O.
Nei peptidi si può avere un secondo tipo di legame covalente quando si viene a formare un legame disolfuro,
RS-SR, tra due residui cisteinici. I disolfuri si formano dai tioli, RSH, per blanda ossidazione e ridanno i tioli
per blanda riduzione.
I legami disolfuro che si instaurano tra residui cisteinici appartenenti a due diverse catene peptidiche legano le
due catene, che altrimenti sarebbero separate, mentre i legami disolfuro tra residui cisteinici appartenenti alla
stessa catena formano degli anelli all'interno della catena. L'insulina, per esempio, è costituita da due catene,
per un totale di 51 amminoacidi, unite da due ponti disolfuro tra residui di cisteina.
90
Struttura delle proteine
Le proteine hanno una organizzazione tridimensionale (struttura) molto complessa a cui è associata
sempre una funzione biologica. Da questa considerazione deriva uno dei dogmi fondamentali della
biologia: "Struttura <--> Funzione", nel senso che ad ogni diversa organizzazione strutturale posseduta
da una proteina (detta proteina nativa) è associata una specifica funzione biologica. Da questo punto di
vista le proteine possono essere classificate in due grandi famiglie: le proteine globulari e le proteine a
struttura estesa o fibrosa. Queste due organizzazioni riflettono le due grosse separazioni funzionali che le
contraddistinguono:
•
Le proteine fibrose come il collagene dei tendini e dei tessuti connettivi e la miosina del tessuto
muscolare, sono costituite da catene polipeptidiche disposte una a fianco dell'altra in lunghi filamenti.
Dal momento che queste proteine sono resistenti e insolubili in acqua, sono impiegate in natura per i
materiali strutturali, svolgendo generalmente funzioni biomeccaniche. Esse rientrano nella costituzione
delle unghie, dei peli, dello strato corneo dell'epidermide, opponendo una valida difesa contro il mondo
esterno.
•
Le proteine globulari sono di solito raggomitolate in forme compatte, pressoché sferiche. Queste
proteine sono solubili in acqua e sono mobili all'interno delle cellule. Le proteine globulari sono
coinvolte in specifiche e molteplici funzioni biologiche, spesso di notevole importanza per l'economia
cellulare, sono proteine in maggioranza i circa 3000 enzimi caratterizzati finora, molti ormoni, le tossine,
e gli anticorpi, responsabili della difesa immunitaria. Cibi particolarmente ricchi di proteine sono: carne,
pesce, uova, formaggi e legumi.
Le proteine sono così grandi che il termine struttura assume un significato più ampio rispetto ai composti
organici più semplici. I chimici, infatti, nel descrivere le proteine, parlano di quattro diversi livelli di struttura:
• La struttura primaria di una proteina altro non è che la sequenza degli amminoacidi.
• La struttura secondaria descrive il modo con cui segmenti della catena proteica si orientano in una
configurazione regolare.
• La struttura terziaria descrive come l'intera molecola proteica si avvolge in una complessiva forma
tridimensionale.
• La struttura quaternaria descrive come diverse molecole proteiche si associano per formare strutture
aggregate di grandi dimensioni.
La struttura primaria determina l’identità della proteina.
Le strutture secondarie più comuni sono quelle ad α-elica e a foglietto β -pieghettato.
Un'α
α-elica è una spirale destrorsa della catena proteica, molto simile a una scala a chiocciola. Ogni giro
dell'elica contiene 3,6 residui amminoacidici con una distanza tra le spire di 5,4 À. La struttura è stabilizzata
da legami idrogeno tra i gruppi N-H ammidici e i gruppi C= O distanti quattro residui. L'α-elica è una
struttura secondaria estremamente comune e quasi tutte le proteine globulari contengono molti segmenti αelica. La mioglobina, una piccola proteina globulare contenente 153 residui di amminoacidi in una singola
catena, è un buon esempio.
91
Struttura a foglietto β-pieghettato
Struttura ad α-elica
Il foglietto β -pieghettato si differenzia dall' α-elica in quanto la catena peptidica è completamente estesa
anziché avvolta e i legami idrogeno si instaurano tra residui di catene adiacenti. I peptidi e le proteine possono
contenere locali regioni disordinate, dette random coil (in italiano potrebbe tradursi "avvolgimento casuale”).
Come indica il nome, i peptidi e le proteine in random coil non mostrano alcuno schema distinguibile nelle
loro conformazioni.
Anche se sono note altre conformazioni per i peptidi, l'α-elica e il foglietto β sono le più comuni. Alcuni
peptidi e proteine esistono interamente in una sola conformazione. Per esempio, le α-cheratine, le proteine
più abbondanti dei capelli e della lana, sono presenti nella conformazione ad α-elica. In queste proteine,
diverse α-eliche sono avvolte una attorno all' altra per formare delle "corde molecolari." Queste strutture
hanno una considerevole resistenza fisica. Al contrario, la fibroina della seta, la fibra secreta dal baco da seta,
adotta una conformazione a foglietto pieghettato β . Nonostante questi esempi, le proteine che contengono un
singolo tipo di conformazione sono relativamente rare.
Piuttosto, la maggioranza delle proteine consiste di regioni ad α-elica e a foglietto β separate da brevi regioni
random coil. Si hanno cioè diversi motivi, cosicché, nel complesso, essa è formata da strutture più piccole,
relativamente ordinate, connesse da brusche curvature. L’assetto completo della struttura tridimensionale delle
proteine è detto struttura terziaria. Le forze che determinano la struttura terziaria sono le stesse forze che
agiscono su tutte le molecole, indipendentemente dalla grandezza, per assicurare loro la massima stabilità.
Particolarmente importanti sono le interazioni idrofile (che amano l'acqua) delle catene laterali polari di
amminoacidi acidi o basici e le interazioni idrofobe (che odiano l'acqua) delle catene laterali non polari. Gli
amminoacidi acidi o basici con catene laterali cariche tendono ad accumularsi all'esterno della proteina. Al
contrario i gruppi non polari tendono a disporsi verso l’interno.
Per stabilizzare la struttura terziaria di una proteina sono anche importanti la formazione di ponti di solfuro
tra residui di cisteina, la formazione di legami idrogeno tra residui di amminoacidi adiacenti e le attrazioni
ioniche, dette ponti salini, tra siti carichi positivamente e negativamente di varie catene laterali
amminoacidiche all'interno della proteina. Questi tipi di forze stabilizzanti sono riassunti nella figura.
92
La struttura quaternaria è l'organizzazione spaziale di più molecole proteiche in complessi multi-subunità.
Le proteine, uguali o diverse tra loro, assumono ciascuna la propria struttura terziaria, ma possono
organizzarsi in strutture ancora più complesse interagendo tra loro: le interazioni possono essere legami deboli
come legami idrogeno e forze di Van der Waals, oppure forti ossia ionico o covalente. La prima, storica,
proteina di cui è stata dedotta la struttura quaternaria è stata l'emoglobina che è composta da quattro subunità; una volta che esse sono state soggette a ripiegamento e hanno assunto la struttura terziaria, si associano
a due a due (formando cioè due dimeri); i due dimeri a loro volta interagiscono tra loro tramite molteplici
legami deboli e formano così un tetramero: la definitiva struttura quaternaria dell'emoglobina.
Denaturazione
La struttura definitiva in vivo di una proteina, detta stato nativo, è il risultato di un bilancio delicato fra forze
attrattive e forze repulsive tra il biopolimero e l'ambiente acquoso che lo circonda. Qualsiasi cosa venga ad
alterare questo bilancio può portare a distruggere tutto quanto si è realizzato tranne la struttura primaria del
polipeptide stesso. Tale perdita del dettaglio strutturale è chiamata denaturazione. A seconda dell'entità
dell'alterazione e della particolare proteina coinvolta, la denaturazione può essere sia reversibile che
irreversibile. Un esempio classico dell'ultimo tipo di trasformazione è la coagulazione del bianco d'uovo
quando si cuoce un uovo. In tal caso l'albumina dell'uovo (una proteina) è denaturata termicamente.
La denatura zio ne può essere ottenuta (a) aumentando la temperatura, (b) variando il pH dell'ambiente, (c)
aggiungendo agenti ossidanti o riducenti (che distruggono i legami -S-S-), (d) facendo intervenire sostanze
detergenti (che disturbano le interazioni idrofobiche fra l'acqua e la proteina), (e) aggiungendo un efficace
accettore di legami d'idrogeno (ad esempio urea) o (f) mediante disturbi di tipo fisico (vibrazioni
ultrasoniche).
93
Cenni sul metabolismo e sull'energia biochimica
L'insieme delle reazioni che avvengono nelle cellule degli organismi viventi prende il nome di metabolismo. I
processi attraverso i quali le molecole di grandi dimensioni vengono degradate a molecole di dimensioni più
piccole si chiamano catabolici e di regola sviluppano energia. I processi attraverso i quali le molecole piccole
vengono assemblate per la sintesi di biomolecole più grandi si chiamano anabolici e di solito assorbono
energia. Il catabolismo può essere suddiviso in quattro fasi.
Nella prima fase catabolica, detta digestione, il cibo è degradato nella bocca, nello stomaco e nell'intestino
tenue dall'idrolisi dei legami esterei, acetalici (glicosidici) e ammidici (peptidici), con formazione di acidi
grassi, zuccheri semplici e amminoacidi. Queste piccole molecole vengono quindi assorbite dalle cellule e
ulteriormente degradate durante la seconda fase del catabolismo, per dare gruppi acetilici legati con un legame
tioestereo a una molecola carrier di coenzima A di grandi dimensioni. Il composto risultante, l'acetiI co
enzima A (acetiI CoA), è una sostanza chiave per il metabolismo.
In seguito l'acetiI CoA entra nella terza fase del catabolismo, il ciclo dell'acido citrico, dove viene ossidato a
CO2. Come nella maggior parte delle ossidazioni, durante questa fase vengono rilasciate grandi quantità di
energia, che sarà utilizzata nella quarta fase, la catena di trasporto elettronico, dove si forma adenosina
trifosfato, ATP. L'ATP è stata definita la «valuta energetica» della cellula. Le reazioni cataboliche comprano
ATP utilizzando l'energia che viene rilasciata nella sua sintesi dall'adenosina difosfato (ADP) più ione
idrogenofosfato, HPO4-. Dopo di che le reazioni anaboliche, spendono ATP, trasferendo un gruppo fosfato a
un'altra molecola, e rilasciano energia rigenerando ADP. La produzione e l'uso di energia, pertanto, ruotano
attorno all'interconversione ATP = ADP.
Quasu tutte le reazioni cellulari e i processi dell’organismo che richiedono energia vengono alumentati dalla
conversione ATP=ADP. Tra essi vi sono: trasmissione degli impulsi nervosi, la contrazione muscolare, i
trasporti attraverso le membrane, la sintesi proteica, la divisione cellulare etc.
94
GLI ETEROCICLI AROMATICI
Gli eterocicli sono molecole cicliche composte da atomi di carbonio e contenenti uno o più atomi diversi dal
carbonio come per esempio il tetraidrofurano e non sono planari. Gli eterocicli aromatici invece sono
composti planari e contengono un numero di elettroni p che soddisfa la regola di Hückel. Possono essere più o
meno reattivi del benzene alle SNAr. Sono presenti in molti composti naturali importanti quali le vitamine B1,
B6, B12 gli acidi nucleici DNA e RNA e le porfirine.
Gli eterocicli aromatici sono pentatomici, esatomici semplici o condensati con altri anelli aromatici.
Eterocicli pentatomici
Pirrolo.
Il pirrolo è un eterociclico aromatico pentatomico con un eteroatomo
rappresentato dall’azoto. A temperatura ambiente è un liquido
giallo, infiammabile, dall'odore tenue. È insolubile in acqua,
ma è solubile in etanolo e nei più comuni solventi organici. La
molecola del pirrolo è ciclica e planare, con tutti e cinque gli
atomi ibridati sp2, rispetta la regola di Huckel avendo 6
elettroni condivisi negli orbitali p dei cinque atomi: perciò è
aromatico. Essendo il doppietto elettronico dell'azoto impegnato nell'anello aromatico, questi non è
disponibile per essere ceduto a specie acide, quindi il pirrolo mostra una basicità molto bassa.
L’atomo di azoto contiene un doppietto nell’orbitale p ed esercita il proprio effetto +M donando la coppia
agli atomi di carbonio dell’anello. Ciò può essere messo in evidenza con delle forme di risonanza. Il
pirrolo sarà perciò più reattivo del benzene verso la SEAr.
Il pirrolo è ampiamente presente in natura in varie molecole
biologicamente attive:
1. forma dei macrocicli aromatici composti da quattro
anelli pirrolici chiamati porfirine che, variamente
sostituite, complessano ioni metallici come il Mg++ per
formare la clorofilla, lo ione Fe++ per formare l’eme
presente nell’emoglobina o il Co3+ per formare la
vitamina B12. L’emoglobina è formata da una porzione
proteica detta globina e un complesso ferro/porfirina
detto eme. L’atomo di ferro deve essere nello stato di
Fe(II) perché possa legare l’ossigeno. I gruppi emici che
contengono Fe(III) non sono in grado di legarlo.
L’emoglobina contiene 4 gruppi emici. La mioglobina
contiene un gruppo emico e agisce come accumulatore di ossigeno nel tessuto muscolare.
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2. E’ presente, fuso con l’anello benzenico, nell’eterociclo a nuclei condensati dell’indolo che forma
il triptofano, uno dei 20 amminoacidi proteici e naturalmente le ammine biogene che da esso si
originano come triptamina e serotonina.
3. L’eterociclo saturo del pirrolo, la pirrolidina, è presente nell’amminoacido proteico prolina
Furano e tiofene
Il furano ed il tiofene hanno una struttura simile
a quella del pirrolo ma in questi due eterocicli
l’ossigeno (o lo zolfo che appartiene lo stesso al
VI gruppo) possiedono due coppie di elettroni
che sono dislocate in due tipi diversi di orbitali.
Anche per furano e tiofene valgono le strutture
in risonanza che dimostrano che l’anello è
attivato per la SEAr.
Il furano è presente in natura sotto forma del suo anello saturo, il tetraidrofurano, che rappresenta lo
scheletro degli zuccheri pentosi (scheletro furanosico).
Imidazolo
L' imidazolo è un eterociclico con due eteroatomi
rappresentati da due atomi di azoto in posizione
reciproca 1,3. A temperatura ambiente si presenta come
un solido da incolore a giallo dall'odore di ammina. È un
composto nocivo, corrosivo. Presenta carattere
aromatico poiché è ciclico planare con 6 elettroni p.
Caratteristica è la distribuzione degli elettroni p che nei
due atomi di azoto è differente. L'azoto 1 (quello a cui è legato anche un idrogeno) condivide il suo
doppietto elettronico con il sestetto aromatico nella delocalizzazione. L'altro azoto, il numero 3, non
condivide il suo doppietto nella delocalizzazione, ma la coppia non
condivisa è allocata in un orbitale ibrido coplanate con l’anello e risulta
quindi disponibile per gli acidi.
L’imidazolo è un eterociclo abbondante in natura.
1. E’ il componente dell’amminoacido proteico istidina. La diversa
istidina
ibridazione sp2 dei due azoti fa sì che l’azoto 1 abbia carattere
debolmente acido mentre l’azoto 3 ha carattere debolmente basico. La presenza di queste
caratteristiche rende l’anello dell’imidazolo un composto anfotero e quindi un catalizzatore
bifunzionale. Queste proprietà sono utilizzate sia dagli enzimi che catalizzano le reazioni di idrolisi
delle proteine, le proteasi, per dare gli ammino acidi sia quelle di idrolisi dei
lipidi, le lipasi, che sono ricchi di istidina.
2. L’amminoacido istidina rilascia per decarbossilazione l’istamina, la molecola che
provoca numerosi effetti fisiologici come dolore, prurito, infiammazione etc.
durante i fenomeni allergici. In questi casi le IgE (immunoglobuline che
istamina
sono anticorpi) si legano a recettori localizzati sui mastociti (recettori H1 ed
H2) provocandone la liberazione di istamina. Questa, a livello bronchiale provoca broncospasmo, a
livello cutaneo reazioni orticarioidi e in generale vasodilatazione che, in alcuni
casi, può portare al collasso. Gli effetti anche gravi dell’istamina sono
combattuti dai farmaci antistaminici con effetto bloccante sui recettori H1 che
sono quelli che mediano la maggior parte dei sintomi presenti nei disturbi
purina
allergici.
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3. L’imidazolo lo si ritrova anche condensato con la pirimidina a formare le purine, componenti
fondamentali degli acidi nucleici.
Tiazolo
Il tiazolo è un eterociclico aromatico con due eteroatomi
rappresentati da un atomo di azoto ed uno di zolfo in
posizione reciproca 1,3. È un liquido infiammabile,
incolore
leggermente
tendente al giallo con un
odore che ricorda la
piridina. Il tiazolo è
utilizzato per la fabbricazione di biocidi, funghicidi, farmaci e coloranti.
L’ibridazione e la struttura elettronica dei due eteroatomi ricalca quella
tiamina
dell’imidazolo. Come sale di tiazolio costituisce uno dei due eterocicli che
formano la vitamina B1 chiamata tiamina, di fondamentale importanza nel metabolismo del glucosio,
perché è il cofattore enzimatico che presiede la trasformazione dell’acido piruvico in acetil CoA.
L’assenza di questa vitamina provoca il Beri-beri.
Eterocicli esatomici
I due eterocicli esatomici più importanti sono la Piridina e la Pirimidina.
Piridina
La piridina è un composto eterociclico aromatico
esatomico con un atomo di azoto. A temperatura
ambiente si presenta come un liquido incolore dallo
sgradevole odore caratteristico. Può considerarsi
simile al benzene con un carbonio sostituito
dall’azoto. L’assetto elettronico prevede l’ibridazione
sp2 per tutti gli atomi con l’azoto che partecipa al
sestetto aromatico con un solo elettrone, mantenendo una coppia non condivisa fuori dall’anello
disponibile per gli acidi. Ciò conferisce alla piridina le sue proprietà basiche. L’azoto esercita il proprio
effetto –M disattivando l’anello verso le SEAr, come si può dimostrare scrivendo le forme di risonanza.
La piridina è presente nel mondo biologico dove svolge fondamentali attività:
1. Nella vitamina B6, chiamata piridossale
(perché porta un gruppo aldeidico in
posizione 4; svolge la funzione di cofattore
nelle transamminasi, gli enzimi coinvolti
nel metabolismo degli amminoacidi.
2. Come sale di piridinio è uno dei due
eterocicli che formano il NAD+ e il prodotto
Vitamina B6
nicotinammide (NAD+)
di riduzione NADH. Queste molecole sono
impegnate nei processi ossido-riduttivi cellulari. In particolare come nicotinammide che deriva
dall’acido nicotinico nota come vitamina B3, la cui carenza provoca la pellagra. Un esempio di
azione del NAD+ è mostrato qui sotto nell’ossidazione di un alcole a chetone:
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NAD+ (forma ox)
NADH (forma rid)
Pirimidina
La pirimidina è un composto eterociclico aromatico esatomico con due atomi di azoto in posizione
reciproca 1,3. L’assetto elettronico dei due atomi di azoto è identico a quello dell’azoto piridinico.
L’anello è perciò fortemente disattivato alla SEAr. La pirimidina variamente sostituita è l’eterociclo
presente nel DNA ed RNA a formare tre delle 5 basi azotate: la timina, l’uracile e la citosina.
Eterocicli condensati
Tra gli eterocicli condensati molto importanti sono quelli derivati dalla Purina, un eterociclo condensato
formato da Pirimidina ed Imidazolo, che costituiscono due delle 5 basi azotate del DNA e RNA: Adenina
e Guanina. Un cenno merita l’Indolo che costituisce la parte eterociclica dell’ammino acido Triptofano.
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GLI ACIDI NUCLEICI E I NUCLEOTIDI
Gli acidi nucleici sono l'ultima delle quattro classi principali di biomolecole che tratteremo. E' stato scritto e
detto tanto sul DNA dai mezzi di comunicazione che probabilmente conoscete già i rudimenti della
replicazione e della trascrizione del DNA. Questo campo di ricerca si sta sviluppando così rapidamente che
sicuramente avete ancora molto da imparare.
Gli acidi nucleidi, acido deossiribonucleico (DNA) e acido ribonucleico (RNA) , sono i portatori chimici e i
processori dell'informazione genetica della cellula. Infatti nel DNA si trovano codificate tutte le
informazioni che determinano la natura della cellula, che ne condizionano lo sviluppo e la moltiplicazione e
che comandano la biosintesi degli enzimi e delle altre proteine necessarie alle funzioni cellulari. In aggiunta
agli acidi nucleici stessi, i derivati degli acidi nucleici, come l'ATP sono coinvolti in molti processi biochimici
e alcuni coenzimi importanti, come NAD+, FAD e il coenzima A, hanno gli acidi nucleici come componenti.
Come le proteine sono biopolimeri costituiti da amminoacidi, così gli acidi nucleici sono biopolimeri
costituiti da nucleotidi legati insieme a formare una lunga catena. Ciascun nucleotide è composto da un
nucleoside legato a un gruppo fosfato; mentre ciascun nucleoside è composto da uno zucchero aldopentoso
legato tramite il suo carbonio anomerico all'atomo di azoto di una base eterociclica azotata.
Lo zucchero dell'RNA è il ribosio; lo zucchero del DNA è il 2' -deossiribosio. (Nella denominazione e
numerazione dei nucleotidi, i numeri con l'apice si riferiscono a posizioni dello zucchero, mentre i numeri
senza apice si riferiscono a posizioni della base eterociclica. Pertanto, il prefisso 2'-deossi sta a indicare che
sul C2' del ribosio manca l'ossigeno). Ci sono quattro diverse basi azotate nel DNA: due purine sostituite
(l'adenina e la guanina) e due pirimidine sostituite (la citosina e la timina).
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L'adenina, la guanina e la citosina compaiono anche nel RNA, ma in questo acido la timina è sostituita da una
base pirimidinica molto simile, l'uracile.
DNA e RNA, pur essendo simili dal punto di vista chimico, differiscono drasticamente nelle dimensioni. Le
molecole di DNA sono enormi, contengono fino a 245 milioni di nucleotidi e hanno pesi molecolari fino a 75
miliardi. Al contrario le molecole di RNA sono molto più piccole, contengono anche solo 21 nucleotidi e
hanno pesi molecolari fino a 7000, come valore minimo.
I nucleotidi sono legati tra loro, nel DNA e nel RNA, da legami fosfodiesterei [RO- (PO2-) -OR'] che si
formano tra il fosfato, il gruppo ossidrile 5' di un nucleoside e il gruppo ossidrile 3' di un altro nucleoside. Una
delle due estremità del polimero dell'acido nucleico ha un ossidrile libero in posizione C3' (estremità 3'), l'altra
ha un fosfato in posizione C5' (estremità 5').
La sequenza dei nucleotidi in una catena viene descritta iniziando dall'estremità 5' e identificando le basi
nell'ordine di comparsa, facendo uso delle abbreviazioni: G, C, A, T (o U per l'RNA). Pertanto una tipica
sequenza di DNA potrebbe essere scritta così: TAGGCT.
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L'ACCOPPIAMENTO DELLE BASI NEL DNA: IL MODELLO DI WATSON E CRICK
Le proporzioni delle basi eterocicliche del DNA isolato da tessuti diversi della stessa specie sono le stesse;
mentre le proporzioni nei campioni prelevati da specie diverse sono
diverse. Il DNA umano, per esempio, contiene circa il 30% sia di adenina
sia di timina e circa il 20% di guanina e altrettanto di citosina. Nel batterio
Clostridium perfringens, invece, si trova circa il 37% di adenina e timina e
il 13% di guanina e di citosina. È molto importante prestare attenzione al
fatto che in tutti e due questi esempi le basi si presentano a coppie: A e T
sono presenti in quantità uguali; lo stesso dicasi per G e C. Perché mai?
Nel 1953 James Watson e Francis Crick formularono la storica proposta
che il DNA è costituito da due filamenti polinucleotidici che si sviluppano
in direzioni opposte, avvolti l'uno attorno all'altro a formare una doppia
elica, a guisa dei corrimano di una scala a chiocciola. I due filamenti sono
complementari, piuttosto che identici, e sono tenuti insieme da legami
idrogeno tra specifiche coppie di basi, A con T e C con G. Questo significa
che ogni qualvolta su un filamento compare la base A, sul filamento
opposto compare la base T; quando su un filamento compare la base C,
nell'altro filamento compare G.. È questo accoppiamento complementare
delle basi che spiega perché A e T si ritrovino sempre in quantità uguali e perché la stessa cosa accada a G e
C.
La doppia elica è larga 20 Angstrom, ci sono 10 coppie di basi per giro e il passo dell'elica è di 34 A. Si noti
come l'avvolgimento dei due filamenti della doppia elica porti alla formazione di due diversi «solchi»: un
solco maggiore, largo 12 A, e un solco minore, largo 6 A. Il primo è anche un po' più profondo del secondo ed
entrambi sono foderati da potenziali donatori e accettori di legami idrogeno. Perciò tutta una varietà di
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molecole policicliche aromatiche dalla struttura piana è in grado di intercalarsi, ossia di inserirsi, fra le pile di
basi. Un gran numero di agenti cancerogeni, e anche di agenti capaci di prevenire il cancro, agisce interagendo
con il DNA in questo modo.
L’informazione genetica di un organismo è racchiusa sotto forma di sequenza di deossiribonucleotidi legati
nella catena del DNA. Affinché l'informazione venga preservata e trasmessa alle generazioni future deve
esserci un meccanismo di replicazione del DNA. Inoltre, perché l'informazione venga utilizzata, deve esserci
un meccanismo di decodificazione del messaggio del DNA e di esecuzione delle istruzioni che esso contiene.
Sono tre i processi fondamentali che si realizzano:
• Replicazione È il processo mediante il quale si riproducono copie identiche di DNA, che preserveranno
!'informazione e la trasmetteranno alle generazioni future.
• Trascrizione È il processo mediante il quale i messaggi genetici vengono letti e portati fuori dal nucleo
cellulare ai ribosomi, dove avviene la sintesi proteica.
• Traduzione. È il processo mediante il quale i messaggi genetici vengono decodificati e utilizzati per
sintetizzare le proteine.
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ione nitronio