INFERMIERI PROFESSIONALI
ASSISTENTI SANITARI
VIGILATRICI D’INFANZIA
Collegio Provinciale di Bergamo
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Telefono 035/217090 – fax 035/236332
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PRINCIPI NORMATIVI e DEONTOLOGICI delle
PROFESSIONI di INFERMIERE, INFERMIERE
PEDIATRICO e ASSISTENTE SANITARIO
A cura del Collegio Ipasvi della provincia di Bergamo
Responsabile del progetto Gritti M. Valentina
1
Presentazione
L’affermarsi della professione infermieristica ha comportato un accresciuto livello di
autonomia al quale corrisponde un altrettanto accresciuto livello di responsabilità.
La consapevolezza delle proprie responsabilità va vista non solo in un’ottica
difensiva di tutela della propria posizione, ma come occasione di miglioramento in
termini di efficacia e di efficienza, della risposta assistenziale ai bisogni dei propri
assistiti. Il concetto di responsabilità, applicato alla professione infermieristica, ha
subito notevoli cambiamenti nell’arco dell’ultimo decennio.
Il concetto di responsabilità professionale viene introdotto nel DM 739/94,
“Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo
professionale dell’infermiere”, cita infatti “L’infermiere è responsabile
dell’assistenza generale infermieristica”, anche se utilizza ancora il termine
“operatore sanitario” e non ancora “professionista sanitario”. Passaggio
successivo avviene con la legge n.42/99 con cui avviene il passaggio da professione
sanitaria ausiliaria a professione sanitaria, mentre con la L. 251/2000 viene ribadito
il concetto di autonomia professionale e introdotto la legge sulla dirigenza che verrà
ulteriormente sviluppata con la 43/2006 insieme alla definizione di infermiere
specialist e il possedimento del master universitario specifico, come requisito per
svolgere la funzione di coordinatore.
Un ulteriore valore aggiunto è senz’altro dato dal nostro Codice Deontologico, che
fissa le norme dell’agire professionale e definisce i principi guida che strutturano il
sistema etico su cui si fonda il rapporto infermiere e persona assistita. In un contesto
storico in continua evoluzione, dal punto di vista del progresso scientifico ma anche
della società, il Codice Deontologico assume ruolo chiave per aiutare l’infermiere ad
affrontare tematiche nuove e là dove la Legge non stabilisce confini netti.
Per questo motivo e per la consapevolezza della responsabilità accresciuta per gli
infermieri il Consiglio Direttivo ha raccolto alcune norme e articoli secondo il
codice civile e penale che regolano la nostra professione.
2
Indice:
La professione………………………………………….
Pag. 7
Decreto 14 settembre 1994, n 739 REGOLAMENTO CONCERNENTE
L’INDIVIDUAZIONE DELLA FIGURA E DEL RELATIVO PROFILO
PROFESSIONALE DELL’INFERMIERE
DM 17 gennaio 1997, n 69"REGOLAMENTO CONCERNENTE
L’INDIVIDUAZIONE DELLA FIGURA E DEL RELATIVO PROFILO
DELL'ASSISTENTE SANITARIO"
Legge 42 del 26 febbraio 1999
“DISPOSIZIONI IN MATERIA DI
PROFESSIONI SANITARIE”
DM 17 gennaio 1997, n 70 REGOLAMENTO CONCERNENTE LA
INDIVIDUAZIONE DELLA FIGURA E RELATIVO PROFILO
PROFESSIONALE DELL'INFERMIERE PEDIATRICO
Legge agosto 2000, n.251 DISCIPLINA DELLE PROFESSIONI
SANITARIE
INFERMIERISTICHE,
TECNICHE,
DELLA
RIABILITAZIONE, DELLA PREVENZIONE NONCHE' DELLA
PROFESSIONE OSTETRICA
Legge 1 febbraio 2006, n. 43
“DISPOSIZIONI IN MATERIA DI
PROFESSIONI
SANITARIE
INFERMIERISTICHE,
OSTETRICA,
RIABILITATIVE, TECNICO-SANITARIE E DELLA PREVENZIONE E
DELEGA AL GOVERNO PER L'ISTITUZIONE DEI RELATIVI ORDINI
PROFESSIONALI"
Decreto Legislativo 3 ottobre 2009 n. 153 "INDIVIDUAZIONE DI NUOVI
SERVIZI EROGATI DALLE FARMACIE NELL'AMBITO DEL SERVIZIO
SANITARIO NAZIONALE, NONCHE' DISPOSIZIONI IN MATERIA DI
INDENNITÀ DI RESIDENZA PER I TITOLARI DI FARMACIE RURALI,
A NORMA DELL'ARTICOLO 11 DELLA LEGGE 18 GIUGNO 2009, N. 69.
(09G0162)"
Decreto 16 dicembre 2010 “EROGAZIONE DA PARTE DELLE
FARMACIE DI SPECIFICHE PRESTAZIONI PROFESSIONALI”
Il Codice deontologico…………………………………
pag.
33
3
Il lavoro……………………………………………………
pag.
40
pag.
44
Articolo 314
Articolo 316
Articolo 316 bis
Articolo 317
Articolo 317 bis
Articolo 318
Articolo 319
Articolo 319 bis
Articolo 320
Articolo 322
Articolo 326
Articolo 328
Articolo 331
Articolo 365
Articolo 621
Articolo 622
La formazione…………………………………………….
Decreto 27 luglio 2000 EQUIPOLLENZA DI DIPLOMI E ATTESTATI AL
DIPLOMA UNIVERSITARIO DI INFERMIERE AI FINI DELL'ESERCIZIO
PROFESSIONALE E DELL'ACCESSO ALLA FORMAZIONE POST-BASE.
Decreto Interministeriale 2 aprile 2001 DETERMINAZIONE DELLE
CLASSI DELLE LAUREE UNIVERSITARIE DELLE PROFESSIONI
SANITARIE
Decreto 22 ottobre 2004, n.270 MODIFICHE AL REGOLAMENTO
RECANTE NORME CONCERNENTI L'AUTONOMIA DIDATTICA
DEGLI ATENEI
Decreto 25 gennaio 2008 RECEPIMENTO DELL'ACCORDO 15
NOVEMBRE 2007, TRA IL GOVERNO, LE REGIONI E LE PROVINCE
AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO, CONCERNENTE LA
DISCIPLINA PER L'ACCESSO ALLA QUALIFICA UNICA DI
DIRIGENTE DELLE PROFESSIONI SANITARIE INFERMIERISTICHE,
TECNICHE, DELLA RIABILITAZIONE, DELLA PREVENZIONE E
DELLA PROFESSIONE DI OSTETRICA
4
Decreto Ministeriale 8 gennaio 2009 DETERMINAZIONE DELLE CLASSI
DELLE LAUREE MAGISTRALI DELLE PROFESSIONI SANITARIE
Decreto 22 ottobre 2004, n.270 MODIFICHE AL REGOLAMENTO
RECANTE NORME CONCERNENTI L'AUTONOMIA DIDATTICA
DEGLI ATENEI,
La formazione delle figure di supporto……………..
pag. 80
Provvedimento 22 febbraio 2001- Profilo OSS ACCORDO TRA IL
MINISTRO DELLA SANITA', IL MINISTRO PER LA SOLIDARIETA'
SOCIALE E LE REGIONI E PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E
BOLZANO, PER LA INDIVIDUAZIONE DELLA FIGURA E DEL
RELATIVO PROFILO PROFESSIONALE DELL'OPERATORE SOCIOSANITARIO E PER LA DEFINIZIONE DELL'ORDINAMENTO
DIDATTICO DEI CORSI DI FORMAZIONE
Accordo 16 gennaio 2003-Formazione Complementare OSS ACCORDO
TRA IL MINISTRO DELLA SALUTE, IL MINISTRO DEL LAVORO E
DELLE POLITICHE SOCIALI, LE REGIONI E LE PROVINCE
AUTONOME DI TRENTO E DI BOLZANO PER LA DISCIPLINA DELLA
FORMAZIONE COMPLEMENTARE IN ASSISTENZA SANITARIA
DELLA FIGURA PROFESSIONALE DELL'OPERATORE SOCIOSANITARIO DI CUI ALL'ART. 1, COMMA 8, DEL DECRETO-LEGGE 12
NOVEMBRE 2001, N. 402, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI,
DALLA LEGGE 8 GENNAIO 2002, N. 1
DGR VIII/ 5101 del 18 luglio 2007 REGOLAMENTAZIONE DEI
PERCORSI OSS
DGR VIII/7693 del 24 luglio 2008 RIQUALIFICAZIONE IN OPERATORI
SOCIO SANITARI (OSS) DEGLI AUSILIARI SOCIO ASSISTENZIALI
(ASA)
Lavorare informati …………………………
pag.102
Decreto 3 agosto 2001: Approvazione del registro di carico e scarico delle
sostanze stupefacenti e psicotrope per le unità operative
Decreto 3 marzo 2005: Protocolli per l’accertamento dell’idoneità del donatore
di sangue e emocomponenti
DL 191, 19 agosto 2005: SICUREZZA EMODERIVATI
5
DL 261, 20 dicembre 2007: REVISIONE DL 191
DL 208, 9 novembre 2007 ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2005/62/CE
CHE APPLICA LA DIRETTIVA 2002/98/CE PER QUANTO RIGUARDA
LE NORME E LE SPECIFICHE COMUNITARIE RELATIVE AD UN
SISTEMA DI QUALITA' PER I SERVIZI TRASFUSIONALI.
Decreto 43, 22 febbraio 2007: DEFINIZIONE DEGLI STANDARD
RELATIVI
ALL’ASSISTENZA
AI
MALATI
TERMINALI
IN
TRATTAMENTO PALLIATIVO
Direttiva 13 dicembre 2007: PROCEDURE E MODULISTICA DEL
TRIAGE SANITARIO NELLE CATASTROFI
Decreto 11 aprile 2008: REGOLAMENTO RECANTE LE MODALITÀ PER
L’ACCERTAMENTO E LA CERTIFICAZIONE DI MORTE
Delibera 12 novembre 2009: PRESCRIZIONI CONCERNENTI LA
RACCOLTA D’INFORMAZIONI SULLO STATO DI SIEROPOSITIVITÀ
DEI PAZIENTI DA PARTE DEGLI ESERCENTI LE PROFESSIONI
SANITARIE
Accordo 29 Aprile 2010, N 49: LA FORMAZIONE DI PERSONE CHE
EFFETTUANO LA BRONCOASPIRAZIONE A DOMICILIO DEL
PAZIENTE NON OSPEDALIZZATO
Accordo 29 aprile 2010,n 58/CSR: LINEE DI INDIRIZZO PER IL
MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ E LA SICUREZZA DEI PAZIENTI
IN TERAPIA ANTITROMBOTICA
Legge 38, 15 marzo 2010 : DISPOSIZIONI PER GARANTIRE L'ACCESSO
ALLE CURE PALLIATIVE E ALLA TERAPIA DEL DOLORE
Legge 14 settembre 2011, n. 148 Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la
riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari
Bibliografia …………………….
Pag. 243
6
La Professione
Decreto 14 settembre 1994, n. 739
Gazzetta Ufficiale 9 gennaio 1995, n. 6
REGOLAMENTO CONCERNENTE L’INDIVIDUAZIONE DELLA FIGURA E
DEL RELATIVO PROFILO PROFESSIONALE DELL’INFERMIERE
IL MINISTRO DELLA SANITÀ
Visto l'articolo 6, comma 3, del DLgs 30 dicembre 1992, n. 502, recante: "Riordino della disciplina
in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421", nel testo
modificato dal DLgs 7 dicembre 1993, n. 517;
Ritenuto che, in ottemperanza alle precitate disposizioni, spetta al ministro della Sanità di
individuare con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili, relativamente
alle aree del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione;
Ritenuto di individuare con singoli provvedimenti le figure professionali;
Ritenuto di individuare la figura dell'infermiere;
Ritenuto di prevedere e disciplinare la formazione complementare;
Visto il parere del Consiglio superiore di sanità, espresso nella seduta del 22 aprile 1994;
Ritenuto che, in considerazione della priorità attribuita dal piano sanitario nazionale alla tutela
della salute degli anziani, sia opportuno prevedere espressamente la figura dell'infermiere geriatrico
addetto all'area geriatrica anziché quella dell'infermiere addetto al controllo delle infezioni
ospedaliere, la cui casistica assume minor rilievo;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso nell'adunanza generale del 4 luglio 1994;
Vista la nota, in data 13 settembre 1994, con cui lo schema di regolamento è stato trasmesso, ai
sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al presidente del Consiglio dei
ministri;
Adotta il seguente regolamento:
Articolo 1
1 - E' individuata la figura professionale dell'infermiere con il seguente profilo: l'infermiere è
l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo
professionale è responsabile dell'assistenza generale infermieristica.
2 - L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica,
relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l'assistenza dei
malati e dei disabili di tutte le età e l'educazione sanitaria.
3 - L'infermiere:
a) partecipa all'identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività;
b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i
relativi obiettivi; c) pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico;
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d) garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche;
e) agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali;
f) per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di
supporto;
g) svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e
nell'assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero professionale.
4 - L'infermiere contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente
all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca.
5 - La formazione infermieristica post-base per la pratica specialistica è intesa a fornire agli
infermieri di assistenza generale delle conoscenze cliniche avanzate e delle capacità che permettano
loro di fornire specifiche prestazioni infermieristiche nelle seguenti aree:
a) sanità pubblica: infermiere di sanità pubblica;
b) pediatria: infermiere pediatrico;
c) salute mentale-psichiatria: infermiere psichiatrico;
d) geriatria: infermiere geriatrico;
e) area critica: infermiere di area critica.
6 - In relazione a motivate esigenze emergenti dal Servizio sanitario nazionale, potranno essere
individuate, con decreto del ministero della Sanità, ulteriori aree richiedenti una formazione
complementare specifica.
7 - Il percorso formativo viene definito con decreto del ministero della Sanità e si conclude con il
rilascio di un attestato di formazione specialistica che costituisce titolo preferenziale per l'esercizio
delle funzioni specifiche nelle diverse aree, dopo il superamento di apposite prove valutative. La
natura preferenziale del titolo è strettamente legata alla sussistenza di obiettive necessità del
servizio e recede in presenza di mutate condizioni di fatto.
Articolo 2
1 - Il diploma universitario di infermiere, conseguito ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del Dlgs 30
dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, abilita all’esercizio della professione, previa
iscrizione al relativo Albo professionale.
2 - Con decreto del ministro della Sanità di concerto con il ministro dell'Università e della Ricerca
scientifica e tecnologica sono individuati i diplomi e gli attestati, conseguiti in base al precedente
ordinamento, che sono equipollenti al diploma universitario di cui all'articolo 2 ai fini dell'esercizio
della relativa attività professionale e dell'accesso ai pubblici uffici.
Decreto Ministeriale 17 Gennaio 1997, N° 69
Gazzetta Ufficiale 27 marzo 1997, N° 72
"REGOLAMENTO CONCERNENTE L’INDIVIDUAZIONE DELLA FIGURA E
DEL RELATIVO PROFILO DELL'ASSISTENTE SANITARIO"
IL MINISTRO DELLA SANITÀ
Visto l'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante:
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"Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n.
421", nel testo modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517;
Ritenuto che, in ottemperanza alle precitate disposizioni, spetta al Ministro della sanità di
individuare con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili, relativamente
alle aree del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione;
Ritenuto di individuare con singoli provvedimenti le figure professionali;
Ritenuto di individuare la figura dell'assistente sanitario;
Visto il parere del Consiglio superiore di sanità, espresso nella seduta del 15 maggio 1996;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso nella adunanza generale del 19 dicembre 1996;
Vista la nota, in data 17 gennaio 1997 con cui lo schema di regolamento è stato trasmesso, ai sensi
dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Adotta il seguente regolamento:
Articolo 1
1. È individuata la figura professionale dell'assistente sanitario con il seguente profilo:
l'assistente sanitario è l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e
dell'iscrizione all'albo professionale, è addetto alla prevenzione, alla promozione ed alla educazione
per la salute.
2. L'attività dell'assistente sanitario è rivolta alla persona, alla famiglia e alla collettività; individua i
bisogni di salute e le priorità di intervento preventivo, educativo e di recupero.
3. L'assistente sanitario:
a) identifica i bisogni di salute sulla base dei dati epidemiologici e socio-culturali, individua i
fattori biologici e sociali di rischio ed è responsabile dell'attuazione e della soluzione e degli
interventi che rientrano nell'ambito delle proprie competenze;
b) progetta, programma, attua e valuta gli interventi di educazione alla salute in tutte le fasi della
vita della persona;
c) collabora alla definizione delle metodologie di comunicazione, ai programmi ed a campagne
per la promozione e l'educazione sanitaria;
d) concorre alla formazione e all'aggiornamento degli operatori sanitari e scolastici per quanto
concerne la metodologia dell'educazione sanitaria;
e) interviene nei programmi di pianificazione familiare e idi educazione sanitaria, sessuale e
socio-affettiva;
f) attua interventi specifici di sostegno alla famiglia, attiva risorse di rete anche in collaborazione
con i medici di medicina generale ed altri operatori sul territorio e partecipa ai programmi di
terapia per la famiglia;
g) sorveglia, per quanto di sua competenza, le condizioni igienico - sanitarie nelle famiglie, nelle
scuole e nelle comunità assistite e controlla l'igiene dell'ambiente e del rischio infettivo;
h) relaziona e verbalizza alle autorità competenti e propone soluzioni operative;
i) opera nell'ambito dei Centri congiuntamente o in alternativa con i Servizi di educazione alla
salute, negli uffici di relazione con il pubblico;
l) collabora, per quanto di sua competenza, agli interventi di promozione ed educazione alla
salute nelle scuole;
m) partecipa alle iniziative di valutazione e miglioramento alla qualità delle prestazioni dei
servizi sanitari rilevando, in particolare, i livelli di gradimento da parte degli utenti;
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n) concorre alle iniziative dirette alla tutela dei diritti dei cittadini con particolare riferimento alla
promozione della salute;
o) partecipa alle attività organizzate in forma dipartimentale, sia distrettuali che ospedaliere, con
funzioni di raccordo interprofessionale, con particolare riguardo ai dipartimenti destinati a dare
attuazione ai progetti-obiettivo individuati dalla programmazione sanitaria nazionale, regionale e
locale;
p) svolge le proprie funzioni con autonomia professionale anche mediante l'uso di tecniche e
strumenti specifici;
q) svolge attività didattico - formativa e di consulenza nei servizi, ove richiesta la sua
competenza professionale;
r) agisce sia individualmente sia in collaborazione con altri operatori sanitari, sociali e scolastici,
avvalendosi, ove necessario, dell'opera del personale di supporto.
4. L'assistente sanitario contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre
direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale.
5. L'assistente sanitario svolge la sua attività in strutture pubbliche e private, in regime di
dipendenza o libero professionale.
Articolo 2
1. Il diploma universitario dell'assistente sanitario, conseguito ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (2), e successive modificazioni, abilita all'esercizio
della professione, previa iscrizione al relativo albo professionale.
Decreto Ministeriale 17 gennaio 1997, n. 70
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 marzo 1997, n. 72
REGOLAMENTO CONCERNENTE LA INDIVIDUAZIONE DELLA FIGURA E
RELATIVO PROFILO PROFESSIONALE DELL'INFERMIERE PEDIATRICO
IL MINISTRO DELLA SANITÀ
Visto l'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante: «Riordino
della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421»,
nel testo modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517;
Ritenuto che, in ottemperanza alle precitate disposizioni, spetta al Ministro della sanità di
individuare con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili, relativamente
alle aree del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione;
Ritenuto di individuare con singoli provvedimenti le figure professionali;
Ritenuto di individuare la figura dell'infermiere pediatrico;
Visto il parere del Consiglio superiore di sanità, espresso nella seduta del 15 mag. 1996;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso nella adunanza generale del 19 dic. 1996;
Vista la nota, in data 17 gennaio 1997 con cui lo schema di regolamento è stato trasmesso, ai sensi
dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al Presidente del Consiglio dei
Ministri;
10
Adotta il seguente regolamento:
Articolo 1
1. È individuata la figura professionale dell'infermiere pediatrico con il seguente profilo:
l'infermiere pediatrico è l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e
dell'iscrizione all'albo professionale, è responsabile dell'assistenza infermieristica pediatrica.
2. L'assistenza infermieristica pediatrica, preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura
tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie,
l'assistenza dei malati e dei disabili in età evolutiva e l'educazione sanitaria.
3. L'infermiere pediatrico:
a) partecipa all'identificazione dei bisogni di salute fisica e psichica del neonato, del bambino,
dell'adolescente, della famiglia;
b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica pediatrica e formula i relativi obiettivi;
c) pianifica, conduce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico pediatrico;
d) partecipa:
1) ad interventi di educazione sanitaria sia nell'ambito della famiglia e della comunità;
2) alla cura degli individui sani in età evolutiva nel quadro di programmi di promozione
della salute e prevenzione delle malattie e degli incidenti;
3) all'assistenza ambulatoriale, domiciliare e ospedaliera dei neonati;
4) all'assistenza ambulatoriale, domiciliare e ospedaliera dei soggetti di età inferiore a 18
anni affetti da malattie acute e croniche;
5) alla cura degli individui in età adolescenziale nel quadro dei programmi di prevenzione e
supporto socio-sanitario;
e) garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche;
f) agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli operatori sanitari e sociali;
g) si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto per l'espletamento delle
funzioni.
4. L'infermiere pediatrico contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre
direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale.
5. L'infermiere pediatrico svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o
private, nel territorio e nell'assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero professionale.
Articolo 2
1. Il diploma universitario di infermiere pediatrico, conseguito ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , e successive modificazioni, abilita all'esercizio della
professione, previa iscrizione al relativo albo professionale.
LEGGE 10 agosto 2000, n.251
Gazzetta Ufficiale 6 settembre 2000, N° 208
11
DISCIPLINA DELLE PROFESSIONI SANITARIE INFERMIERISTICHE,
TECNICHE, DELLA RIABILITAZIONE, DELLA PREVENZIONE NONCHE'
DELLA PROFESSIONE OSTETRICA.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga la seguente legge:
Articolo 1
Professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica
1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell'area delle scienze infermieristiche e della professione
sanitaria ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e
salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme
istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici ed utilizzando
metodologie di pianificazione per obiettivi dell'assistenza.
2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di
programmazione ed amministrative, la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del
ruolo delle professioni infermieristico-ostetriche al fine di contribuire alla realizzazione del diritto
alla salute, al processo di aziendalizzazione nel Servizio sanitario nazionale, all'integrazione
dell'organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell'Unione europea.
3. Il Ministero della sanità, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana linee guida per:
a) l'attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività di
assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;
b) la revisione dell'organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzata.
Articolo 2
Professioni sanitarie riabilitative
1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell'area della riabilitazione svolgono con titolarità e
autonomia professionale, nei confronti dei singoli individui e della collettività, attività dirette alla
prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e a procedure di valutazione funzionale, al fine di espletare
le competenze proprie previste dai relativi profili professionali.
2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di
programmazione ed amministrative, lo sviluppo e la valorizzazione delle funzioni delle professioni
sanitarie dell'area della riabilitazione, al fine di contribuire, anche attraverso la diretta
responsabilizzazione di funzioni organizzative e didattiche, alla realizzazione del diritto alla salute
del cittadino, al processo di aziendalizzazione e al miglioramento della qualità organizzativa e
professionale nel Servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo di una integrazione omogenea con i
servizi sanitari e gli ordinamenti degli altri Stati dell'Unione europea.
Articolo 3
Professioni tecnico-sanitarie
1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell'area tecnico-diagnostica e dell'area tecnicoassistenziale svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie alla
esecuzione di metodiche diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, ovvero attività tecnicoassistenziale, in attuazione di quanto previsto nei regolamenti concernenti l'individuazione delle
figure e dei relativi profili professionali definiti con decreto del Ministro della sanità.
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2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di
programmazione ed amministrative, lo sviluppo e la valorizzazione delle funzioni delle professioni
sanitarie dell'area tecnico-sanitaria, al fine di contribuire, anche attraverso la diretta
responsabilizzazione di funzioni organizzative e didattiche, al diritto alla salute del cittadino, al
processo di aziendalizzazione e al miglioramento della qualità organizzativa e professionale nel
Servizio sanitario nazionale con l'obiettivo di una integrazione omogenea con i servizi sanitari e gli
ordinamenti degli altri Stati dell'Unione europea.
Articolo 4
Professioni tecniche della prevenzione
1. Gli operatori delle professioni tecniche della prevenzione svolgono con autonomia tecnicoprofessionale attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale
nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene e sanità pubblica e
veterinaria. Tali attività devono comunque svolgersi nell'ambito della responsabilità derivante dai
profili professionali.
2. I Ministeri della sanità e dell'ambiente, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emanano linee guida per
l'attribuzione in tutte le aziende sanitarie e nelle agenzie regionali per l'ambiente della diretta
responsabilità e gestione delle attività di competenza delle professioni tecniche della prevenzione.
Articolo 5
Formazione universitaria
1. Il Ministro dell'università' e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro
della sanità, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n.
127, individua con uno o più decreti i criteri per la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici
corsi universitari ai quali possono accedere gli esercenti le professioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4
della presente legge, in possesso di diploma universitario o di titolo equipollente per legge.
2. Le università nelle quali e' attivata la scuola diretta a fini speciali per docenti e dirigenti di
assistenza infermieristica sono autorizzate alla progressiva disattivazione della suddetta scuola
contestualmente alla attivazione dei corsi universitari di cui al comma 1.
Articolo 6
Definizione delle professioni e dei relativi livelli di inquadramento
1. Il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica, acquisiti i pareri del Consiglio superiore di sanità e del comitato di medicina del
Consiglio universitario nazionale, include le diverse figure professionali esistenti o che saranno
individuate successivamente in una delle fattispecie di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4.
2. Il Governo, con atto regolamentare emanato ai sensi dell'articolo 18, comma 1, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall'articolo 19 del decreto legislativo 7
dicembre 1993, n. 517, definisce la disciplina concorsuale, riservata al personale in possesso degli
specifici diplomi rilasciati al termine dei corsi universitari di cui all'articolo 5, comma 1, della
presente legge, per l'accesso ad una nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario, alla quale
si accede con requisiti analoghi a quelli richiesti per l'accesso alla dirigenza del Servizio sanitario
nazionale di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. Le regioni possono
istituire la nuova qualifica di dirigente del ruolo sanitario nell'ambito del proprio bilancio, operando
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con modificazioni compensative delle piante organiche su proposta delle aziende sanitarie locali e
delle aziende ospedaliere.
Articolo 7
Disposizioni transitorie
1. Al fine di migliorare l'assistenza e per la qualificazione delle risorse le aziende sanitarie possono
istituire il servizio dell'assistenza infermieristica ed ostetrica e possono attribuire l'incarico di
dirigente del medesimo servizio. Fino alla data del compimento dei corsi universitari di cui
all'articolo 5 della presente legge l'incarico, di durata triennale rinnovabile, e' regolato da contratti a
tempo determinato, da stipulare, nel limite numerico indicato dall'articolo 15-septies, comma 2, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall'articolo 13 del decreto legislativo 19
giugno 1999, n. 229, dal direttore generale con un appartenente alle professioni di cui all'articolo 1
della presente legge, attraverso idonea procedura selettiva tra i candidati in possesso di requisiti di
esperienza e qualificazione professionale predeterminati. Gli incarichi di cui al presente articolo
comportano l'obbligo per l'azienda di sopprimere un numero pari di posti di dirigente sanitario nella
dotazione organica definita ai sensi della normativa vigente. Per i dipendenti delle amministrazioni
pubbliche si applicano le disposizioni del comma 4 del citato articolo 15-septies. Con specifico atto
d'indirizzo del Comitato di settore per il comparto sanità sono emanate le direttive all'Agenzia per la
rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) per la definizione, nell' ambito
del contratto collettivo nazionale dell'area della dirigenza dei ruoli sanitario, amministrativo,
tecnico e professionale del Servizio sanitario nazionale, del trattamento economico dei dirigenti
nominati ai sensi del presente comma nonché delle modalità di conferimento, revoca e verifica
dell'incarico.
2. Le aziende sanitarie possono conferire incarichi di dirigente, con modalità analoghe a quelle
previste al comma 1, per le professioni sanitarie di cui alla legge 26 febbraio 1999, n. 42, nelle
regioni nelle quali sono emanate norme per l'attribuzione della funzione di direzione relativa alle
attività della specifica area professionale.
3. La legge regionale che disciplina l'attività' e la composizione del Collegio di direzione di cui
all'articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, prevede
la partecipazione al medesimo Collegio dei dirigenti aziendali di cui ai commi 1 e 2 del presente
articolo.
Legge 42 del 26 febbraio 1999
Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 1999, N° 50
“DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROFESSIONI SANITARIE”
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga la seguente legge:
Articolo 1
Definizione delle professioni sanitarie
1. La denominazione ''professione sanitaria ausiliaria '' nel testo unico delle leggi sanitarie,
approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, nonché in ogni
altra disposizione di legge, è sostituita dalla denominazione ''professione sanitaria ''.
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2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati il regolamento approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 1974, n. 225, ad eccezione delle disposizioni
previste dal titolo V, il decreto del Presidente della Repubblica 7 marzo1975, n. 163, e l'articolo 24
del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1968, n. 680, e
successive modificazioni. Il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie
di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni e integrazioni, è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi
profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di
formazione post base nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste
per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario per l'accesso alle quali è
richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze
professionali.
Articolo 2
Attività della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie
1. Alla corresponsione delle indennità di missione e al rimborso delle spese sostenute dai membri
della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie designati dai Comitati centrali
delle Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi ai sensi dell'articolo 17,terzo comma, del
decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n.233, provvedono
direttamente le Federazioni predette.
Articolo 3
Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 175
1. Alla legge 5 febbraio 1992, n. 175, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 1, comma 1, dopo le parole: ''sugli elenchi telefonici '' sono aggiunte le seguenti: '',
sugli elenchi generali di categoria e attraverso giornali e periodici destinati esclusivamente agli
esercenti le professioni sanitarie '';
b) all'articolo 2, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente: ''3-bis. Le autorizzazioni di cui al
comma 1 sono rinnovate solo qualora siano apportate modifiche al testo originario della
pubblicità '';
c) all'articolo 3, comma 1, le parole: ''sono sospesi dall'esercizio della professione sanitaria per
un periodo da due a sei mesi '' sono sostituite dalle seguenti: ''sono assoggettati alle sanzioni
disciplinari della censura o della sospensione dall'esercizio della professione sanitaria, ai sensi
dell'articolo 40 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile
1950, n. 221'';
d) all'articolo 4, comma 1, dopo le parole: ''sugli elenchi telefonici '' sono inserite le seguenti: ''e
sugli elenchi generali di categoria '';
e) all'articolo 5, comma 4, le parole: ''sono sospesi dall'esercizio della professione sanitaria per
un periodo da due a sei mesi '' sono sostituite dalle seguenti: ''sono assoggettati alle sanzioni
disciplinari della censura o della sospensione dall'esercizio della professione sanitaria, ai sensi
dell'articolo 40 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile
1950, n. 221'';
f) all'articolo 5, dopo il comma 5, sono aggiunti i seguenti: ''5-bis. Le inserzioni autorizzate dalla
regione per la pubblicità sugli elenchi telefonici possono essere utilizzate per la pubblicità sugli
elenchi generali di categoria e, viceversa, le inserzioni autorizzate dalla regione per la pubblicità
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sugli elenchi generali di categoria possono essere utilizzate per la pubblicità sugli elenchi
telefonici. 5-ter. Le autorizzazioni di cui al comma 1 sono rinnovate solo qualora siano apportate
modifiche al testo originario della pubblicità;
g) dopo l'articolo 9 è inserito il seguente: ''Art. 9-bis - 1. Gli esercenti le professioni sanitarie di
cui all'articolo 1 nonché le strutture sanitarie di cui all'articolo 4 possono effettuare la pubblicità
nelle forme consentite dalla presente legge e nel limite di spesa del 5per cento del reddito
dichiarato per l'anno precedente''.
Articolo 4
Diplomi conseguiti in base alla normativa anteriore a quella di attuazione dell'articolo
6,comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto-legge 13 settembre 1996, n. 475, convertito,con
modificazioni, dalla legge 5 novembre 1996, n. 573, per le professioni di cui all'articolo6, comma 3,
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, ai fini
dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base, i diplomi e gli attestati
conseguiti in base alla precedente normativa, che abbiano permesso l'iscrizione ai relativi albi
professionali o l'attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo o che siano
previsti dalla normativa concorsuale del personale del Servizio sanitario nazionale o degli altri
comparti del settore pubblico, sono equipollenti ai diplomi universitari di cui al citato articolo 6,
comma 3, del decreto legislativo n. 502 del1992, e successive modificazioni ed integrazioni, ai fini
dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base.
2. Con decreto del Ministro della sanità, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica, sono stabiliti, con riferimento alla iscrizione nei ruoli nominativi regionali
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, allo stato giuridico dei
dipendenti degli altri comparti del settore pubblico e privato e alla qualità e durata dei corsi e, se del
caso, al possesso di una pluriennale esperienza professionale, i criteri e le modalità per riconoscere
come equivalenti ai diplomi universitari, di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n.
502 del 1992, e successive modificazioni e integrazioni, ai fini dell'esercizio professionale e
dell'accesso alla formazione post-base,ulteriori titoli conseguiti conformemente all'ordinamento in
vigore anteriormente all'emanazione dei decreti di individuazione dei profili professionali. I criteri e
le modalità definiti dal decreto di cui al presente comma possono prevedere anche la partecipazione
ad appositi corsi di riqualificazione professionale, con lo svolgimento di un esame finale. Le
disposizioni previste dal presente comma non comportano nuovi o maggiori oneri a carico del
bilancio dello Stato né degli enti di cui agli articoli 25 e 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e
successive modificazioni.
3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato, previo parere delle competenti Commissioni
parlamentari, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. In fase di prima applicazione, il decreto di cui al comma 2 stabilisce i requisiti per la valutazione
dei titoli di formazione conseguiti presso enti pubblici o privati, italiani o stranieri, ai fini
dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base per i profili professionali di
nuova istituzione ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,
e successive modificazioni e integrazioni. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà
inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a
chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
16
Legge 1 febbraio 2006, n. 43
Gazzetta Ufficiale 17 febbraio 2006, N°40
"DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PROFESSIONI SANITARIE
INFERMIERISTICHE, OSTETRICA, RIABILITATIVE, TECNICO-SANITARIE E
DELLA PREVENZIONE E DELEGA AL GOVERNO PER L'ISTITUZIONE DEI
RELATIVI ORDINI PROFESSIONALI"
Articolo 1(Definizione)
1. Sono professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della
prevenzione, quelle previste ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del decreto del Ministro
della sanità 29 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2001, i cui
operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione,
assistenza, cura o riabilitazione.
2. Resta ferma la competenza delle regioni nell'individuazione e formazione dei profili di operatori
di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie come definite dal comma 1.
3. Le norme della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province
autonome di Trento e di Bolzano in quanto compatibili con i rispettivi statuti speciali e le relative
norme di attuazione.
Articolo 2(Requisiti)
1. L'esercizio delle professioni sanitarie di cui all'articolo 1, comma 1, è subordinato al
conseguimento del titolo universitario rilasciato a seguito di esame finale con valore abilitante
all'esercizio della professione. Tale titolo universitario è definito ai sensi dell'articolo 4, comma 1,
lettera c), è valido sull'intero territorio nazionale nel rispetto della normativa europea in materia di
libera circolazione delle professioni ed è rilasciato a seguito di un percorso formativo da svolgersi
in tutto o in parte presso le aziende e le strutture del Servizio sanitario nazionale, inclusi gli Istituti
di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), individuate dalle regioni, sulla base di appositi
protocolli d'intesa tra le stesse e le università, stipulati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. Fermo restando il titolo
universitario abilitante, il personale del servizio sanitario militare, nonché quello addetto al
comparto sanitario del Corpo della guardia di finanza, può svolgere il percorso formativo presso le
strutture del servizio stesso, individuate con decreto del Ministro della salute, che garantisce la
completezza del percorso formativo. Per il personale addetto al settore sanitario della Polizia di
Stato, alle medesime condizioni, il percorso formativo può essere svolto presso le stesse strutture
della Polizia di Stato, individuate con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro
della salute, che garantisce la completezza del percorso formativo.
2. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea di cui al comma 1 sono definiti con uno o più decreti
del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, ai
sensi e per gli effetti di cui all'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e
successive modificazioni. L'esame di laurea ha valore di esame di Stato abilitante all'esercizio della
professione. Dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le università possono procedere alle
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eventuali modificazioni dell'organizzazione didattica dei corsi di laurea già esistenti, ovvero
all'istituzione di nuovi corsi di laurea, nei limiti delle risorse a tal fine disponibili nei rispettivi
bilanci.
3. L'iscrizione all'albo professionale è obbligatoria anche per i pubblici dipendenti ed è subordinata
al conseguimento del titolo universitario abilitante di cui al comma 1, salvaguardando comunque il
valore abilitante dei titoli già riconosciuti come tali alla data di entrata in vigore della presente
legge.
4. L'aggiornamento professionale è effettuato secondo modalità identiche a quelle previste per la
professione medica.
5. All'articolo 3-bis, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono
aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", ovvero espletamento del mandato parlamentare di senatore o
deputato della Repubblica nonché di consigliere regionale".
6. All'articolo 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dopo il comma 2 è aggiunto
il seguente:
"2-bis. I laureati in medicina e chirurgia e gli altri operatori delle professioni sanitarie, obbligati ai
programmi di formazione continua di cui ai commi 1 e 2, sono esonerati da tale attività formativa
limitatamente al periodo di espletamento del mandato parlamentare di senatore o deputato della
Repubblica nonché di consigliere regionale".
Articolo 3(Istituzione degli ordini delle professioni sanitarie)
1. In ossequio all'articolo 32 della Costituzione e in conseguenza del riordino normativo delle
professioni sanitarie avviato, in attuazione dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, dal
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, e dal
decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, nonché delle riforme degli ordinamenti didattici adottate
dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di adeguare il livello culturale,
deontologico e professionale degli esercenti le professioni in ambito sanitario a quello garantito
negli Stati membri dell'Unione europea, la presente legge regolamenta le professioni sanitarie di cui
all'articolo 1, nel rispetto dei diversi iter formativi, anche mediante l'istituzione dei rispettivi ordini
ed albi, ai quali devono accedere gli operatori delle professioni sanitarie esistenti, nonché di quelle
di nuova configurazione.
Articolo 4(Delega al Governo per l'istituzione degli ordini ed albi professionali)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o più decreti legislativi al fine di istituire, per le professioni sanitarie di cui all'articolo 1,
comma 1, i relativi ordini professionali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica, nel rispetto delle competenze delle regioni e sulla base dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) trasformare i collegi professionali esistenti in ordini professionali, salvo quanto previsto alla
lettera b) e ferma restando, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del citato decreto del
Ministro della sanità 29 marzo 2001, l'assegnazione della professione dell'assistente sanitario
all'ordine della prevenzione, prevedendo l'istituzione di un ordine specifico, con albi separati per
ognuna delle professioni previste dalla legge n. 251 del 2000, per ciascuna delle seguenti aree di
professioni sanitarie: area delle professioni infermieristiche; area della professione ostetrica; area
delle professioni della riabilitazione; area delle professioni tecnico-sanitarie; area delle
professioni tecniche della prevenzione;
18
b) aggiornare la definizione delle figure professionali da includere nelle fattispecie di cui agli
articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, come attualmente disciplinata dal decreto
ministeriale 29 marzo 2001;
c) individuare, in base alla normativa vigente, i titoli che consentano l'iscrizione agli albi di cui al
presente comma;
d) definire, per ciascuna delle professioni di cui al presente comma, le attività il cui esercizio sia
riservato agli iscritti agli ordini e quelle il cui esercizio sia riservato agli iscritti ai singoli albi;
e) definire le condizioni e le modalità in base alle quali si possa costituire un unico ordine per
due o più delle aree di professioni sanitarie individuate ai sensi della lettera);
f) definire le condizioni e le modalità in base alle quali si possa costituire un ordine specifico per
una delle professioni sanitarie di cui al presente comma, nell'ipotesi che il numero degli iscritti al
relativo albo superi le ventimila unità, facendo salvo, ai fini dell'esercizio delle attività
professionali, il rispetto dei diritti acquisiti dagli iscritti agli altri albi dell'ordine originario e
prevedendo che gli oneri della costituzione siano a totale carico degli iscritti al nuovo ordine;
g) prevedere, in relazione al numero degli operatori, l'articolazione degli ordini a livello
provinciale o regionale o nazionale;
h) disciplinare i principi cui si devono attenere gli statuti e i regolamenti degli ordini neo
costituiti;
i) prevedere che le spese di costituzione e di funzionamento degli ordini ed albi professionali di
cui al presente articolo siano poste a totale carico degli iscritti, mediante la fissazione di adeguate
tariffe;
l) prevedere che, per gli appartenenti agli ordini delle nuove categorie professionali, restino
confermati gli obblighi di iscrizione alle gestioni previdenziali previsti dalle disposizioni vigenti.
2. Gli schemi dei decreti legislativi predisposti ai sensi del comma 1, previa acquisizione del parere
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano, sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle
Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro quaranta giorni dalla data di
trasmissione. Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora il
termine previsto per i pareri dei competenti organi parlamentari scada nei trenta giorni che
precedono o seguono la scadenza del termine di cui al comma 1, quest'ultimo s'intende
automaticamente prorogato di novanta giorni.
Articolo 5(Individuazione di nuove professioni in ambito sanitario)
1. L'individuazione di nuove professioni sanitarie da ricomprendere in una delle aree di cui agli
articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, il cui esercizio deve essere riconosciuto su
tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive comunitarie ovvero per
iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di
salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovano
rispondenza in professioni già riconosciute.
2. L'individuazione è effettuata, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla presente legge,
mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri.
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3. L'individuazione è subordinata ad un parere tecnico-scientifico, espresso da apposite
commissioni, operanti nell'ambito del Consiglio superiore di sanità, di volta in volta nominate dal
Ministero della salute, alle quali partecipano esperti designati dal Ministero della salute e dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano e i rappresentanti degli ordini delle professioni di cui all'articolo 1, comma 1, senza oneri a
carico della finanza pubblica. A tal fine, la partecipazione alle suddette commissioni non comporta
la corresponsione di alcuna indennità o compenso né rimborso spese.
4. Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale e l'ambito di attività di ciascuna
professione.
5. La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando
parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle
stesse.
Articolo 6 (Istituzione della funzione di coordinamento)
1. In conformità all'ordinamento degli studi dei corsi universitari, disciplinato ai sensi dell'articolo
17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, il personale laureato
appartenente alle professioni sanitarie di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, è
articolato come segue:
a) professionisti in possesso del diploma di laurea o del titolo universitario conseguito
anteriormente all'attivazione dei corsi di laurea o di diploma ad esso equipollente ai sensi
dell'articolo 4 della legge 26 febbraio 1999, n. 42;
b) professionisti coordinatori in possesso del master di primo livello in management o per le
funzioni di coordinamento rilasciato dall'università ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del
regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica
3 novembre 1999, n. 509, e dell'articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del
Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;
c) professionisti specialisti in possesso del master di primo livello per le funzioni specialistiche
rilasciato dall'università ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del
Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e
dell'articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;
d) professionisti dirigenti in possesso della laurea specialistica di cui al decreto del Ministro
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, e che abbiano esercitato l'attività
professionale con rapporto di lavoro dipendente per almeno cinque anni, oppure ai quali siano
stati conferiti incarichi dirigenziali ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251, e
successive modificazioni.
2. Per i profili delle professioni sanitarie di cui al comma 1 può essere istituita la funzione di
coordinamento, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, l'eventuale
conferimento di incarichi di coordinamento ovvero di incarichi direttivi comporta per le
organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche interessate, ai sensi dell'articolo 7 della legge 10
agosto 2000, n. 251, l'obbligo contestuale di sopprimere nelle piante organiche di riferimento un
numero di posizioni effettivamente occupate ed equivalenti sul piano finanziario.
3. I criteri e le modalità per l'attivazione della funzione di coordinamento in tutte le organizzazioni
sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private sono definiti, entro novanta giorni dalla data di entrata
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in vigore della presente legge, con apposito accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281, tra il Ministro della salute e le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano.
4. L'esercizio della funzione di coordinamento è espletato da coloro che siano in possesso dei
seguenti requisiti:
a) master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento nell'area di
appartenenza, rilasciato ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del
Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e
dell'articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;
b) esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza.
5. Il certificato di abilitazione alle funzioni direttive nell'assistenza infermieristica, incluso quello
rilasciato in base alla pregressa normativa, è valido per l'esercizio della funzione di coordinatore.
6. Il coordinamento viene affidato nel rispetto dei profili professionali, in correlazione agli ambiti
ed alle specifiche aree assistenziali, dipartimentali e territoriali.
7. Le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, nelle aree caratterizzate da una
determinata specificità assistenziale, ove istituiscano funzioni di coordinamento ai sensi del comma
2, affidano il coordinamento allo specifico profilo professionale.
Articolo 7(Disposizioni finali)
1. Alle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della
prevenzione già riconosciute alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad
applicarsi le disposizioni contenute nelle rispettive fonti di riconoscimento, salvo quanto previsto
dalla presente legge.
2. Con il medesimo procedimento di cui all'articolo 6, comma 3, della presente legge, in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, previa acquisizione del parere degli ordini professionali delle professioni interessate, si
può procedere ad integrazioni delle professioni riconosciute ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
3. La presente legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
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L'esercizio professionale in farmacia
Di seguito si riportano le leggi che introducono importanti novità nell'inserimento della figura
dell'infermiere all'interno delle farmacie. Nello specifico il D.Lgs 3 ottobre 2009 attribuisce nuovi
servizi erogabili dalle farmacie con la messa a disposizione di infermieri e fisioterapisti. Il
successivo decreto ministeriale del 16 dicembre 2010 specifica quali possano essere le prestazioni
erogabili dagli infermieri all'interno della farmacia e nell'ambito domiciliare.
Decreto Legislativo 3 ottobre 2009 n. 153
Gazzetta Ufficiale del 4 novembre 2009
"INDIVIDUAZIONE DI NUOVI SERVIZI EROGATI DALLE FARMACIE
NELL'AMBITO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE, NONCHE'
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INDENNITÀ DI RESIDENZA PER I TITOLARI
DI FARMACIE RURALI, A NORMA DELL'ARTICOLO 11 DELLA LEGGE 18
GIUGNO 2009, N. 69. (09G0162)"
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 18 giugno 2009, n. 69, recante disposizioni per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile ed in particolare l'art. 11,
recante delega al Governo in materia di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del S.S.N.,
nonché disposizioni concernenti i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti;
Vista la legge 8 marzo 1968, n. 221, e successive modificazioni, recante provvidenze a favore dei
farmacisti rurali;
Vista la legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, recante disposizioni in materia
di finanza pubblica, ed in particolare l'articolo 4;
Visto il DLgs 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, recante riordino della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 31 luglio
2009;
Preso atto che la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano non ha espresso il prescritto parere;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 ottobre 2009; Sulla
proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri
dell'economia e delle finanze, per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per i rapporti con le
regioni;
Emana il seguente decreto legislativo:
Articolo 1
22
Nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale
1. In attuazione dell'articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo in
materia di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, nonché
disposizioni concernenti i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, con il presente decreto
legislativo si provvede alla definizione dei nuovi compiti e funzioni assistenziali delle farmacie
pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, di seguito
denominate: «farmacie», e alle correlate modificazioni delle disposizioni recate dall'articolo 8 del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
2. I nuovi servizi assicurati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto
di quanto previsto dai Piani socio-sanitari regionali e previa adesione del titolare della farmacia,
concernono:
a) la partecipazione delle farmacie al servizio di assistenza domiciliare integrata a favore dei
pazienti residenti o domiciliati nel territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a
supporto delle attività del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, a favore
dei pazienti che risiedono o hanno il proprio domicilio nel territorio di competenza, attraverso:
1) la dispensazione e la consegna domiciliare di farmaci e dispositivi medici necessari;
2) la preparazione, nonché la dispensazione al domicilio delle miscele per la nutrizione
artificiale e dei medicinali antidolorifici, nel rispetto delle relative norme di buona
preparazione e di buona pratica di distribuzione dei medicinali e nel rispetto delle
prescrizioni e delle limitazioni stabilite dalla vigente normativa;
3) la dispensazione per conto delle strutture sanitarie dei farmaci a distribuzione diretta;
4) la messa a disposizione di operatori socio-sanitari, di infermieri e di fisioterapisti, per la
effettuazione, a domicilio, di specifiche prestazioni professionali richieste dal medico di
famiglia o dal pediatra di libera scelta, fermo restando che le prestazioni infermieristiche o
fisioterapiche che possono essere svolte presso la farmacia, sono limitate a quelle di cui
alla lettera d) e alle ulteriori prestazioni, necessarie allo svolgimento dei nuovi compiti
delle farmacie, individuate con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle
politiche sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano;
b) la collaborazione delle farmacie alle iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo dei
medicinali prescritti e il relativo monitoraggio, a favorire l'aderenza dei malati alle terapie
mediche, anche attraverso la partecipazione a specifici programmi di farmacovigilanza;
c) la erogazione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla
realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle
principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a
rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione
adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano;
d) la erogazione di servizi di secondo livello rivolti ai singoli assistiti, in coerenza con le linee
guida ed i percorsi diagnostico-terapeutici previsti per le specifiche patologie, su prescrizione dei
medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, anche avvalendosi di personale
infermieristico, prevedendo anche l'inserimento delle farmacie tra i punti forniti di defibrillatori
semiautomatici;
e) l'effettuazione, presso le farmacie, nell'ambito dei servizi di secondo livello di cui alla lettera
d), di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell'ambito dell'autocontrollo, nei limiti e
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alle condizioni stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro, della
salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restando in ogni caso esclusa l'attività
di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o
dispositivi equivalenti;
f) la effettuazione di attività attraverso le quali nelle farmacie gli assistiti possano prenotare
prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e
private accreditate, e provvedere al pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a
carico del cittadino, nonché ritirare i referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica
ambulatoriale effettuate presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate; tali modalità
sono fissate, nel rispetto delle previsioni contenute nel decreto legislativo 23 giugno 2003, n.
196, recante il codice in materia protezione dei dati personali, e in base a modalità, regole
tecniche e misure di sicurezza, con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro,
della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il Garante per la
protezione dei dati personali.
3. L'adesione delle farmacie pubbliche ai servizi di cui al primo periodo del comma 2 e' subordinata
all'osservanza di criteri fissati con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dell'interno, in
base ai quali garantire il rispetto delle norme vigenti in materia di patto di stabilità dirette agli enti
locali, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e senza incrementi di personale.
4. Il rapporto delle farmacie con il Servizio sanitario nazionale per lo svolgimento dei nuovi servizi
di cui al comma 2 e' disciplinato dalle medesime convenzioni di cui all'articolo 8, comma 2, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, conformi agli accordi
collettivi nazionali stipulati a norma dell'articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412,
ed ai correlati accordi di livello regionale. Gli accordi nazionali e gli accordi di livello regionale
fissano altresì i requisiti richiesti alle farmacie per la partecipazione alle attività di cui al comma 2.
5. Il Servizio sanitario nazionale promuove la collaborazione interprofessionale dei farmacisti delle
farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale con i
medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, in riferimento alle attività di cui al comma
2.
Articolo 2
Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni
1. All'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, sono
apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, dopo la lettera m) e' aggiunta, in fine, la seguente:«m-bis) promuovere la
collaborazione interprofessionale dei medici di medicina generale dei pediatri di libera scelta con
i farmacisti delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario
nazionale, in riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69,
e al relativo decreto legislativo di attuazione.»;
b) al comma 2:
1) alla lettera a) dopo le parole: «Servizio sanitario nazionale» sono inserite le seguenti: «e
svolgendo, nel rispetto di quanto previsto dai Piani socio-sanitari regionali e previa
adesione del titolare della farmacia, da esprimere secondo le modalità stabilite dalle
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singole Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, le ulteriori funzioni di cui
alla lettera b-bis), fermo restando che l'adesione delle farmacie pubbliche e' subordinata
all'osservanza dei criteri fissati con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle
politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il
Ministro dell'interno, in base ai quali garantire il rispetto delle norme vigenti in materia di
patto di stabilità dirette agli enti locali, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e
senza incrementi di personale»;
2) alla lettera b) le parole: «il servizio» sono sostituite dalle seguenti: «la dispensazione dei
prodotti»;
3) dopo la lettera b) e' aggiunta la seguente:«b-bis) provvedere a disciplinare:
1) la partecipazione delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con
il Servizio sanitario nazionale, di seguito denominate farmacie, al servizio di
assistenza domiciliare integrata a favore dei pazienti residenti o domiciliati nel
territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto delle attività del
medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta. L'azienda unità sanitaria
locale individua la farmacia competente all'erogazione del sevizio per i pazienti che
risiedono o hanno il proprio domicilio nel territorio in cui sussiste condizione di
promiscuità tra più sedi farmaceutiche, sulla base del criterio della farmacia più
vicina, per la via pedonale, all'abitazione del paziente; nel caso in cui una farmacia
decida di non partecipare all'erogazione del servizio di assistenza domiciliare
integrata, per i pazienti residenti o domiciliati nella relativa sede, l'azienda unità
sanitaria locale individua la farmacia competente sulla base del criterio di cui al
precedente periodo. La partecipazione al servizio può prevedere:
1.1) la dispensazione e la consegna domiciliare di farmaci e dispositivi medici
necessari;
1.2) la preparazione, nonché la dispensazione al domicilio delle miscele per la
nutrizione artificiale e dei medicinali antidolorifici, nel rispetto delle relative
norme di buona preparazione e di buona pratica di distribuzione dei medicinali
e nel rispetto delle prescrizioni e delle limitazioni stabilite dalla vigente
normativa;
1.3) la dispensazione per conto delle strutture sanitarie dei farmaci a
distribuzione diretta;
1.4) la messa a disposizione di operatori socio-sanitari, di infermieri e di
fisioterapisti, per la effettuazione, a domicilio, di specifiche prestazioni
professionali richieste dal medico di famiglia o dal pediatra di libera scelta,
fermo restando che le prestazioni infermieristiche o fisioterapiche che possono
essere svolte presso la farmacia, sono limitate a quelle di cui al numero 4) e
alle ulteriori prestazioni, necessarie allo svolgimento dei nuovi compiti delle
farmacie, individuate con decreto del Ministro dei lavoro, della salute e delle
politiche sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
2) la collaborazione delle farmacie alle iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo
dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio; a favorire l'aderenza dei malati alle
terapie mediche, anche attraverso la partecipazione a specifici programmi di
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farmacovigilanza. Tale collaborazione avviene previa partecipazione dei farmacisti che vi
operano ad appositi programmi di formazione;
3) la definizione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla
realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle
principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a
rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione
adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi
operano;
4) la definizione di servizi di secondo livello rivolti ai singoli assistiti, in coerenza con le
linee guida ed i percorsi diagnostico-terapeutici previsti per le specifiche patologie, su
prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, anche
avvalendosi di personale infermieristico. Gli accordi regionali definiscono le condizioni e
le modalità di partecipazione delle farmacie ai predetti servizi di secondo livello; la
partecipazione alle campagne di prevenzione può prevedere l'inserimento delle farmacie
tra i punti forniti di defibrillatori semiautomatici;
5) l'effettuazione, presso le farmacie, nell'ambito dei servizi di secondo livello di cui al
numero 4, di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell'ambito
dell'autocontrollo, nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto, di natura non
regolamentare, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, restando in ogni caso esclusa l'attività di prescrizione e diagnosi,
nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti;
6) le modalità con cui nelle farmacie gli assistiti possano prenotare prestazioni di
assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e private
accreditate, e provvedere al pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a
carico del cittadino, nonché ritirare i referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica
ambulatoriale effettuate presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate; le
modalità per il ritiro dei referti sono fissate, nel rispetto delle previsioni contenute nel
decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 196, recante il codice in materia protezione dei dati
personali e in base a modalità, regole tecniche e misure di sicurezza, con decreto, di natura
non regolamentare, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano, sentito il Garante per la protezione dei dati personali;
7) i requisiti richiesti alle farmacie per la partecipazione alle attività di cui alla presente
lettera;
8) la promozione della collaborazione interprofessionale dei farmacisti delle farmacie
pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale con i medici
di medicina generale e i pediatri di libera scelta, in riferimento alle attività di cui alla
presente lettera; »;
4) alla lettera c) le parole da: «, e le modalità di collaborazione» fino a: «di informazione e di
educazione sanitaria» sono soppresse;
5) dopo la lettera c) sono aggiunte, in fine, le seguenti:
«c-bis) l'accordo collettivo nazionale definisce i principi e i criteri per la remunerazione, da parte
del Servizio sanitario nazionale, delle prestazioni e delle funzioni assistenziali di cui all'articolo 11
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della legge 18 giugno 2009, n. 69, e al relativo decreto legislativo di attuazione, fissando il relativo
tetto di spesa, a livello nazionale, entro il limite dell'accertata diminuzione degli oneri derivante, per
il medesimo Servizio sanitario nazionale, per le regioni e per gli enti locali, dallo svolgimento delle
suddette attività da parte delle farmacie, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica; all'accertamento della predetta diminuzione degli oneri provvedono congiuntamente, sulla
base di certificazioni prodotte dalle singole regioni, il Comitato e il Tavolo di cui agli articoli 9 e 12
dell'Intesa stipulata il 23 marzo 2005 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
c-ter) fermi restando i limiti di spesa fissati dall'accordo nazionale ed entro un limite di spesa
relativo alla singola regione di importo non superiore a quello accertato dai citati Comitato e Tavolo
ai sensi della lettera c-bis), gli accordi di livello regionale disciplinano le modalità e i tempi dei
pagamenti per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali di cui alla lettera cbis); gli accordi regionali definiscono, altresì, le caratteristiche strutturali e organizzative e le
dotazioni tecnologiche minime in base alle quali individuare le farmacie con le quali stipulare
accordi contrattuali finalizzati alla fornitura dei servizi di secondo livello, entro il medesimo limite
di spesa; eventuali prestazioni e funzioni assistenziali al di fuori dei limiti di spesa indicati dagli
accordi regionali sono a carico del cittadino che le ha richieste.».
Articolo 3
Accordo collettivo nazionale per le farmacie pubbliche e private
1. All'articolo 4 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e successive modificazioni, dopo il comma 9
sono inseriti i seguenti:
«9-bis. La struttura di cui al comma 9, fermo restando il limite di autorizzazione di spesa ivi
indicato, rappresenta la delegazione di parte pubblica anche per il rinnovo dell'accordo collettivo
nazionale per le farmacie pubbliche e private. Con accordo in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sul quale e' sentita la
Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani, e' disciplinato il procedimento di contrattazione
collettiva relativo al predetto accordo.
9-ter. Nel rinnovo degli accordi nazionali di cui ai commi 9 e 9-bis, per gli aspetti riguardanti la
collaborazione interprofessionale, in riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 11 della legge
18 giugno 2009, n. 69, e al relativo decreto legislativo di attuazione, sono congiuntamente sentite la
Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani e la Federazione nazionale degli Ordini dei medici
chirurghi e degli odontoiatri.».
Articolo 4
Disposizioni concernenti le farmacie rurali
1. All'articolo 2 della legge 8 marzo 1968, n. 221, il primo e secondo comma sono sostituiti dai
seguenti:
«L'accordo collettivo nazionale di cui all'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni, stabilisce i criteri da utilizzare da parte delle regioni e
delle province autonome di Trento e di Bolzano per la determinazione dell'indennità di residenza
prevista dall'articolo 115 del testo unico delle leggi sanitarie approvate con regio decreto 27 luglio
1934, n. 1265, in favore dei titolari delle farmacie rurali. I predetti criteri tengono conto della
popolazione della località o agglomerato rurale in cui e' ubicata la farmacia, nonché di altri
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parametri indicatori di disagio, in relazione alla localizzazione delle farmacie, nonché all'ampiezza
del territorio servito.
Fino a quando non viene stipulato l'accordo collettivo nazionale di cui al primo comma, l'indennità
di residenza in favore dei titolari delle farmacie rurali continua ad essere determinata sulla base
delle norme preesistenti.».
Articolo 5
Utilizzo di denominazioni e simboli
1. Al fine di consentire ai cittadini un'immediata identificazione delle farmacie operanti nell'ambito
del Servizio sanitario nazionale, l'uso della denominazione: «farmacia» e della croce di colore
verde, su qualsiasi supporto cartaceo, elettronico o di altro tipo, e' riservato alle farmacie aperte al
pubblico e alle farmacie ospedaliere.
Articolo 6
Invarianza di oneri
Dalla attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
Decreto 16 dicembre 2010
Gazzetta Ufficiale n. 90 del 19-4-2011
EROGAZIONE DA PARTE DELLE FARMACIE DI SPECIFICHE PRESTAZIONI
PROFESSIONALI. (11A04974)
IL MINISTRO DELLA SALUTE
Vista la legge 18 giugno 2009, n. 69, recante disposizioni per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile ed in particolare l'art. 11,
recante delega al Governo in materia di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio
sanitario nazionale, nonché disposizioni concernenti i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti;
Visto il decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153, recante «Individuazione di nuovi servizi erogati
dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, nonché disposizioni in materia di
indennità di residenza per i titolari di farmacie rurali, a norma dell'art. 11 della legge 18 giugno
2009, n. 69»;
Visto, in particolare, l'art. 1, comma 2, lettera a), punto 4, ai sensi del quale la partecipazione delle
farmacie al servizio di assistenza domiciliare integrata a favore dei pazienti residenti o domiciliati
nel territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto delle attività del medico di
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medicina generale o del pediatra di libera scelta, a favore dei pazienti che risiedono o hanno il
proprio domicilio nel territorio di competenza, si espleta anche attraverso la messa a disposizione di
operatori socio-sanitari, di infermieri e di fisioterapisti, per la effettuazione, a domicilio, di
specifiche prestazioni professionali richieste dal medico di famiglia o dal pediatra di libera scelta;
Visto che, ai sensi del citato punto 4), possono essere svolte presso la farmacia ulteriori prestazioni,
necessarie allo svolgimento dei nuovi compiti delle farmacie, individuate con decreto del Ministro
del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
Visto l'art. 2, comma 1, lettera b), punto 5), del citato decreto legislativo n. 153 del 2009, che
prevede che all'art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni,
e' aggiunta, dopo la lettera c), la seguente lettera c-bis: «c-bis) l'accordo collettivo nazionale
definisce i principi e i criteri per la remunerazione, da parte del Servizio sanitario nazionale, delle
prestazioni e delle funzioni assistenziali di cui all'art. 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e al
relativo decreto legislativo di attuazione, fissando il relativo tetto di spesa, a livello nazionale, entro
il limite dell'accertata diminuzione degli oneri derivante, per il medesimo Servizio sanitario
nazionale, per le regioni e per gli enti locali, dallo svolgimento delle suddette attività da parte delle
farmacie, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; all'accertamento della
predetta diminuzione degli oneri provvedono congiuntamente, sulla base di certificazioni prodotte
dalle singole regioni, il Comitato e il Tavolo di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa stipulata il 23
marzo 2005 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano»;
Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, «Riordino della disciplina in materia
sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421» e successive modificazioni;
Vista la legge 26 febbraio 1999, n. 42, recante «Disposizioni in materia di professioni sanitarie»;
Vista la legge 10 agosto 2000, n. 251, recante «Disciplina delle professioni sanitarie
infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione
ostetrica»;
Vista la legge 2 febbraio 2006, n. 43, recante «Disposizioni in materia di professioni sanitarie
infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo
per l'istituzione dei relativi ordini professionali»;
Visto il decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 739, recante «Regolamento
concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere»;
Visto il decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 741, recante «Regolamento
concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista»;
Visto il decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell'università' e della ricerca
scientifica e tecnologica del 27 luglio 2000, sull'equipollenza di diplomi e attestati al diploma
universitario di infermiere ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione postbase;
Visto il decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell'università' e della ricerca
scientifica e tecnologica del 27 luglio 2000, concernente l'equipollenza di diplomi e di attestati al
diploma universitario di fisioterapista, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla
formazione post-base;
Ritenuto di disciplinare in maniera organica le modalità che, nel rispetto della vigente normativa,
dovranno essere osservate dalle farmacie ai fini dell'erogazione dei servizi di cui sopra;
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Sentite la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, la Federazione
degli Ordini dei Farmacisti Italiani, la Federazione Nazionale dei Collegi I.P.A.S.V.I.,
l'Associazione Italiana Fisioterapisti e la Federazione Italiana Fisioterapisti;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 18 novembre 2010;
Decreta:
Articolo 1
Operatori abilitati
1. L’erogazione dei servizi di cui al presente decreto può essere effettuata esclusivamente dagli
infermieri e dai fisioterapisti, in possesso di titolo abilitante ai sensi della vigente normativa, ed
iscritti al relativo Collegio professionale laddove esistente.
2. Il farmacista titolare o direttore e' tenuto ad accertare, sotto la propria responsabilità, il possesso
dei requisiti di cui al comma 1, avvalendosi, laddove necessario, degli Ordini provinciali dei
medici, dei Collegi provinciali degli infermieri e delle associazioni maggiormente rappresentative
dei fisioterapisti così come individuate dal Ministero della salute.
3. Le attività erogate presso le farmacie e a domicilio del paziente devono essere effettuate dai
professionisti sanitari di cui al presente decreto nel rispetto dei propri profili professionali, con il
coordinamento organizzativo e gestionale del farmacista titolare o direttore.
Articolo 2
Regime delle prestazioni
1. Le prestazioni di cui al presente decreto possono essere erogate a carico del Servizio Sanitario
Nazionale, nell'ambito degli specifici accordi regionali di cui al successivo art. 5, sotto la vigilanza
dei preposti organi regionali, in farmacia, previa prescrizione dei medici di medicina generale e dei
pediatri di libera scelta, fermo restando che eventuali prestazioni e funzioni assistenziali al di fuori
dei limiti di spesa indicati dagli accordi regionali sono a carico del cittadino che le ha richieste.
Articolo 3
Prestazioni erogabili dagli infermieri
1. Su prescrizione del medico, alle condizioni di cui all'art. 2, l'infermiere, all'interno della farmacia,
provvede alla corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche.
2. Ai sensi del decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994 n.739, per l'espletamento delle
funzioni di cui al comma 1, l'infermiere può avvalersi del supporto di operatori socio-sanitari, ove
operanti presso la farmacia.
3. Nell'ambito delle competenze del proprio profilo professionale, sono altresì erogabili dagli
infermieri presso le farmacie, anche tramite il supporto del personale di cui al comma 2, le seguenti
prestazioni:
a) supporto alle determinazioni analitiche di prima istanza,rientranti nell'ambito
dell'autocontrollo;
b) effettuazione di medicazioni e di cicli iniettivi intramuscolo;
c) attività concernenti l'educazione sanitaria e la partecipazione a programmi di consulting,
anche personalizzato;
d) iniziative finalizzate a favorire l'aderenza dei malati alle terapie.
4. Sono erogabili dagli infermieri, a domicilio del paziente, nell'ambito degli specifici accordi
regionali di cui al successivo art. 5, le prestazioni, rientranti nelle competenze del proprio profilo
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professionale, prescritte dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, oltre che da
medici chirurghi appartenenti ad altre discipline, che ritengano di avvalersi utilmente dei servizi
erogabili dalle farmacie.
5. Su prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, alle condizioni di
cui all'art. 2, nonché nel rispetto della normativa vigente, l'infermiere può erogare sia all'interno
della farmacia, sia a domicilio del paziente, ulteriori prestazioni rientranti fra quelle effettuabili in
autonomia secondo il proprio profilo professionale. Inoltre, a domicilio del paziente, gli infermieri
partecipano ad iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo dei medicinali. Le predette
attività possono essere svolte esclusivamente laddove previste nell'ambito delle linee guida tecnicosanitarie approvate dalle Regioni. Gli infermieri intervengono altresì d'urgenza, oltre che per il
supporto all'utilizzo del defibrillatore semiautomatico, anche nelle situazioni igienico sanitarie
d'urgenza previste dal profilo professionale di appartenenza.
Articolo 4
Prestazioni erogabili dai fisioterapisti
1. Su prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, alle condizioni di
cui all'art. 2, il fisioterapista può erogare all'interno della farmacia ed a domicilio del paziente, e nei
limiti di cui al decreto del Ministro della sanità n. 741 del 1994, le seguenti prestazioni
professionali:
a) definizione del programma prestazionale per gli aspetti di propria competenza, volto alla
prevenzione, all'individuazione ed al superamento del bisogno riabilitativo;
b) attività terapeutica per la rieducazione funzionale delle disabilità motorie, pisco motorie e
cognitive e viscerali utilizzando terapie manuali, massoterapiche ed occupazionali;
c) verifica delle rispondenze della metodologia riabilitativa attuata agli obiettivi di recupero
funzionale.
2. La farmacia, nell'erogazione delle prestazioni di cui al comma 1, deve rispettare tutti gli specifici
requisiti relativi ai settori professionali, sanitari e tecnico - strutturali previsti per lo svolgimento
delle attività di cui al comma 1 dalla normativa statale, regionale e comunale vigente, nell'ambito
dei precedenti settori.
Articolo 5
Remunerazione dei nuovi servizi e requisiti minimi
1. L'accordo collettivo nazionale di cui all'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 e
successive modificazioni, fissa i principi ed i criteri per la determinazione della remunerazione, da
parte del servizio sanitario nazionale, dei nuovi servizi di cui al presente decreto, da applicarsi nei
correlati accordi di livello regionale.
2. L'accordo nazionale definisce, altresì, i principi ed i criteri in base ai quali i correlati accordi
regionali fissano i requisiti minimi di idoneità dei locali nel cui ambito le prestazioni sono erogate.
3. Fino all'entrata in vigore degli accordi regionali, i requisiti minimi dei locali sono quelli che le
vigenti disposizioni di legge stabiliscono per lo svolgimento di attività infermieristiche e
fisioterapiche.
4. Le prestazioni di cui al presente decreto sono da intendersi effettuabili nel rispetto di quanto
previsto dalle specifiche competenze professionali e nell'ambito dei connessi profili di
responsabilità.
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5. L'attivazione e l'effettuazione dei nuovi servizi di cui al presente decreto non può comportare
oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo 3 ottobre 2009, n.
153.
Articolo 6
Entrata in vigore
1. Le disposizioni del presente decreto sono da intendersi applicabili nelle singole Regioni in
coerenza, nell'ambito e nei limiti degli accordi regionali correlati all'accordo collettivo nazionale di
cui all'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 e successive modificazioni, e delle
disposizioni legislative regionali in materia.
2. Il presente decreto, che sarà trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione, entra in vigore il
quindicesimo giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana.
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Il Codice Deontologico
L’infermiere cambia la propria professionalità, da qui la necessità di rivedere e rielaborare (a
distanza di 10 anni dalla precedente emanazione 2/1999) il Codice Deontologico (2/2009) per
meglio adattarlo alle esigenze della categoria infermieristica
La nostra è una professione che è in continuo mutamento. L’infermiere in questi ultimi anni, è stato
protagonista di un radicale cambiamento di pensiero rispetto al proprio agire. Lo stesso percorso di
studio così come è attualmente strutturato, fornisce le basi metodologiche, per favorire negli
infermieri, lo sviluppo dell’identità professionale, della consapevolezza ben maturata del senso di
appartenenza, dell’autonomia e responsabilità del nostro agire nell’assistere la persona e la
collettività. Nasce da queste considerazioni, la necessità di rivedere e aggiornare il Codice
Deontologico dell’infermiere, prezioso strumento e guida dell’agire professionale. Il concetto
secondo il quale, l’infermiere è il professionista sanitario responsabile dell’assistenza
infermieristica, e che quindi, in virtù di quanto scritto, agisce in autonomia nel pieno rispetto delle
proprie specificità professionali e delle proprie competenze. Lo stesso, operando all’interno del
percorso assistenziale e terapeutico, favorisce lo sviluppo di un contesto collaborativo multi
professionale e multidisciplinare.
In secondo luogo, occorre sottolineare l’affermazione dell’infermieristica come disciplina
scientifica autonoma con un proprio corpus di conoscenze ben definite. Lo testimonia il fatto della
nascita del percorso universitario e della sua evoluzione, fino alla non meno importante
considerazione che l’ infermieristica non può più essere legata solo ad ambiti di ricerca medica,
ma acquisisce un proprio corpus di ricerca in ambito professionale specifico infermieristico.
Importante è l’introduzione di nuove mission per l’infermiere: l’identità professionale e il senso di
appartenenza, che trovano la loro concretezza nella consapevolezza della assoluta necessità di
combattere l’abusivismo professionale e tutte le situazioni in cui le condizioni lavorative possono
limitare la qualità dell’assistenza e il decoro dell’esercizio professionale. Non a caso infatti, la
stessa deprofessionalizzazione è da ritenersi giustificabile se utilizzata occasionalmente ma
assolutamente inappropriato se consuetudine. Anche in virtù dell’agire nel rispetto di tutela della
sicurezza della collettività.
L’ emanazione della legge 10 agosto 2000, n 251 (disciplina delle professioni sanitarie
infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica)
ribadisce il concetto che il Codice deontologico è da considerarsi, insieme al profilo professionale
(Decreto 14 settembre 1994, n. 739 e successive modifiche) ,come la base per lo svolgimento in
autonomia, delle funzioni professionali, valorizzandone così i contenuti specifici. In effetti,
qualsiasi decreto legislativo per quanto completo possa essere, difficilmente riesce ad entrare nello
specifico inquadrando e centrando, le situazioni problematiche in cui l’infermiere si può trovare
durante l’esercizio professionale. Attraverso l’utilizzo e il confronto con il Codice deontologico,
l’infermiere può meglio interagire con le tematiche etiche e professionali che quotidianamente
incontra nell’esercizio della sua attività professionale, garantendo il pieno rispetto della persona e
delle sue volontà. Da qui scaturisce l’importanza che lo stesso Codice Deontologico, assume in caso
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di contenziosi in ambito medico-legale. Per un miglior approfondimento si consiglia la lettura di
“Commentario al codice deontologico dell’infermiere 2009” redatto dalla Presidente della
Federazione Nazionale Collegio IPASVI, Annalisa Silvestro.
IL CODICE DEONTOLOGICO DELL'INFERMIERE
Approvato dal Comitato centrale della Federazione con deliberazione n.1/09 del 10 gennaio 2009 e
dal Consiglio nazionale dei Collegi IPASVI riunito a Roma nella seduta del 17 gennaio 2009
Capo I
Articolo 1
L'infermiere è il professionista sanitario responsabile dell'assistenza infermieristica.
Articolo 2
L'assistenza infermieristica è servizio alla persona, alla famiglia e alla collettività. Si realizza
attraverso interventi specifici, autonomi e complementari di natura intellettuale, tecnico-scientifica,
gestionale, relazionale ed educativa.
Articolo 3
La responsabilità dell'infermiere consiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura della persona
nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell'individuo.
Articolo 4
L'infermiere presta assistenza secondo principi di equità e giustizia, tenendo conto dei valori etici,
religiosi e culturali, nonché del genere e delle condizioni sociali della persona.
Articolo 5
Il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e dei principi etici della professione è condizione
essenziale per l'esercizio della professione infermieristica.
Articolo 6
L'infermiere riconosce la salute come bene fondamentale della persona e interesse della collettività
e si impegna a tutelarla con attività di prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione.
Capo II
Articolo 7
L’infermiere orienta la sua azione al bene dell'assistito di cui attiva le risorse sostenendolo nel
raggiungimento della maggiore autonomia possibile, in particolare, quando vi sia disabilità,
svantaggio, fragilità.
Articolo 8
L’infermiere, nel caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche, si impegna a trovare la
soluzione attraverso il dialogo. Qualora vi fosse e persistesse una richiesta di attività in contrasto
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con i principi etici della professione e con i propri valori, si avvale della clausola di coscienza,
facendosi garante delle prestazioni necessarie per l’incolumità e la vita dell’assistito.
Articolo 9
L’infermiere, nell'agire professionale, si impegna ad operare con prudenza al fine di non nuocere.
Articolo 10
L'infermiere contribuisce a rendere eque le scelte allocative, anche attraverso l'uso ottimale delle
risorse disponibili.
Capo III
Articolo 11
L'infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate e aggiorna saperi e competenze
attraverso la formazione permanente, la riflessione critica sull'esperienza e la ricerca. Progetta,
svolge e partecipa ad attività di formazione. Promuove, attiva e partecipa alla ricerca e cura la
diffusione dei risultati.
Articolo 12
L’infermiere riconosce il valore della ricerca, della sperimentazione clinica e assistenziale per
l’evoluzione delle conoscenze e per i benefici sull’assistito.
Articolo 13
L'infermiere assume responsabilità in base al proprio livello di competenza e ricorre, se necessario,
all'intervento o alla consulenza di infermieri esperti o specialisti. Presta consulenza ponendo le
proprie conoscenze ed abilità a disposizione della comunità professionale.
Articolo 14L’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l'integrazione
interprofessionale sono modalità fondamentali per far fronte ai bisogni dell’assistito.
Articolo 15
L’infermiere chiede formazione e/o supervisione per pratiche nuove o sulle quali non ha esperienza.
Articolo 16
L'infermiere si attiva per l'analisi dei dilemmi etici vissuti nell'operatività quotidiana e promuove il
ricorso alla consulenza etica, anche al fine di contribuire all’approfondimento della riflessione
bioetica.
Articolo 17
L’infermiere, nell'agire professionale è libero da condizionamenti derivanti da pressioni o interessi
di assistiti, familiari,altri operatori, imprese, associazioni, organismi.
Articolo 18
L'infermiere, in situazioni di emergenza-urgenza, presta soccorso e si attiva per garantire
l'assistenza necessaria. In caso di calamità si mette a disposizione dell'autorità competente.
Capo IV
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Articolo 19L'infermiere promuove stili di vita sani, la diffusione del valore della cultura della salute
e della tutela ambientale, anche attraverso l’informazione e l'educazione. A tal fine attiva e sostiene
la rete di rapporti tra servizi e operatori.
Articolo 20
L'infermiere ascolta, informa, coinvolge l’assistito e valuta con lui i bisogni assistenziali, anche al
fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e facilitarlo nell’esprimere le proprie scelte.
Articolo 21
L'infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall'assistito, ne favorisce i rapporti con la
comunità e le persone per lui significative, coinvolgendole nel piano di assistenza. Tiene conto della
dimensione interculturale e dei bisogni assistenziali ad essa correlati.
Articolo 22
L’infermiere conosce il progetto diagnostico-terapeutico per le influenze che questo ha sul percorso
assistenziale e sulla relazione con l’assistito.
Articolo 23
L’infermiere riconosce il valore dell’informazione integrata multiprofessionale e si adopera
affinché l’assistito disponga di tutte le informazioni necessarie ai suoi bisogni di vita.
Articolo 24
L'infermiere aiuta e sostiene l’assistito nelle scelte, fornendo informazioni di natura assistenziale in
relazione ai progetti diagnostico-terapeutici e adeguando la comunicazione alla sua capacità di
comprendere.
Articolo 25
L’infermiere rispetta la consapevole ed esplicita volontà dell’assistito di non essere informato sul
suo stato di salute, purché la mancata informazione non sia di pericolo per sé o per gli altri.
Articolo 26
L'infermiere assicura e tutela la riservatezza nel trattamento dei dati relativi all’assistito. Nella
raccolta, nella gestione e nel passaggio di dati, si limita a ciò che è attinente all’assistenza.
Articolo 27
L'infermiere garantisce la continuità assistenziale anche contribuendo alla realizzazione di una rete
di rapporti interprofessionali e di una efficace gestione degli strumenti informativi.
Articolo 28
L'infermiere rispetta il segreto professionale non solo per obbligo giuridico, ma per intima
convinzione e come espressione concreta del rapporto di fiducia con l'assistito.
Articolo 29
L'infermiere concorre a promuovere le migliori condizioni di sicurezza dell'assistito e dei familiari e
lo sviluppo della cultura dell’imparare dall’errore. Partecipa alle iniziative per la gestione del
rischio clinico.
Articolo 30
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L'infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione sia evento straordinario, sostenuto da
prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali.
Articolo 31
L'infermiere si adopera affinché sia presa in considerazione l'opinione del minore rispetto alle scelte
assistenziali, diagnostico-terapeutiche e sperimentali, tenuto conto dell'età e del suo grado di
maturità.
Articolo 32
L'infermiere si impegna a promuovere la tutela degli assistiti che si trovano in condizioni che ne
limitano lo sviluppo o l'espressione, quando la famiglia e il contesto non siano adeguati ai loro
bisogni.
Articolo 33
L'infermiere che rilevi maltrattamenti o privazioni a carico dell’assistito mette in opera tutti i mezzi
per proteggerlo, segnalando le circostanze, ove necessario, all'autorità competente.
Articolo 34
L'infermiere si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera
affinché l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari.
Articolo 35
L'infermiere presta assistenza qualunque sia la condizione clinica e fino al termine della vita
all’assistito, riconoscendo l'importanza della palliazione e del conforto ambientale, fisico,
psicologico, relazionale, spirituale.
Articolo 36
L'infermiere tutela la volontà dell’assistito di porre dei limiti agli interventi che non siano
proporzionati alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità di
vita.
Articolo 37
L’infermiere, quando l’assistito non è in grado di manifestare la propria volontà, tiene conto di
quanto da lui chiaramente espresso in precedenza e documentato.
Articolo 38
L'infermiere non attua e non partecipa a interventi finalizzati a provocare la morte, anche se la
richiesta proviene dall'assistito.
Articolo 39
L'infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento dell’assistito, in particolare nella
evoluzione terminale della malattia e nel momento della perdita e della elaborazione del lutto.
Articolo 40
L'infermiere favorisce l’informazione e l’educazione sulla donazione di sangue, tessuti ed organi
quale atto di solidarietà e sostiene le persone coinvolte nel donare e nel ricevere.
Capo V
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Articolo 41
L'infermiere collabora con i colleghi e gli altri operatori di cui riconosce e valorizza lo specifico
apporto all'interno dell'équipe.
Articolo 42
L'infermiere tutela la dignità propria e dei colleghi, attraverso comportamenti ispirati al rispetto e
alla solidarietà.
Articolo 43
L'infermiere segnala al proprio Collegio professionale ogni abuso o comportamento dei colleghi
contrario alla deontologia.
Articolo 44
L'infermiere tutela il decoro personale ed il proprio nome. Salvaguarda il prestigio della professione
ed esercita con onestà l’attività professionale.
Articolo 45
L’infermiere agisce con lealtà nei confronti dei colleghi e degli altri operatori.
Articolo 46
L’infermiere si ispira a trasparenza e veridicità nei messaggi pubblicitari, nel rispetto delle
indicazioni del Collegio professionale.
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Capo VI
Articolo 47
L'infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo
del sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto dei diritti degli assistiti, l'utilizzo equo ed
appropriato delle risorse e la valorizzazione del ruolo professionale.
Articolo 48
L'infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, di fronte a carenze o disservizi provvede a darne
comunicazione ai responsabili professionali della struttura in cui opera o a cui afferisce il proprio
assistito.
Articolo 49
L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono
eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone
le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo
mandato professionale.
Articolo 50
L'infermiere, a tutela della salute della persona, segnala al proprio Collegio professionale le
situazioni che possono configurare l’esercizio abusivo della professione infermieristica.
Articolo 51L'infermiere segnala al proprio Collegio professionale le situazioni in cui sussistono
circostanze o persistono condizioni che limitano la qualità delle cure e dell’assistenza o il decoro
dell'esercizio professionale.
Disposizioni finali
Le norme deontologiche contenute nel presente Codice sono vincolanti; la loro inosservanza è
sanzionata dal Collegio professionale.
I Collegi professionali si rendono garanti della qualificazione dei professionisti e della competenza
da loro acquisita e sviluppata.
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Il lavoro
RESPONSABILITA’ E SEGRETO PROFESSIONALE
CODICE PENALE – Estratto
Articolo 314
Peculato
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o
servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne
appropria, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo
di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente
restituita
Articolo 316
Peculato mediante profitto dell’errore altrui
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell’esercizio delle funzioni o
del servizio, giovandosi dell’errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sè o per un terzo,
denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni (1). (1) Articolo così
sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Articolo 316 bis
Malversazione a danno dello Stato
Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente
pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire
iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non
li destina alle predette finalià’, e’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni (1). (1)
Articolo introdotto dall’art. 3, L. 26 aprile 1990, n. 86, e successivamente così modificato dall’art.
1, L. 7 febbraio 1992, n. 181.
Articolo 317
Concussione
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi
poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od
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altra utilità’, e’ punito con la reclusione da quattro a dodici anni (1). (1) Articolo così sostituito dalla
L. 26 aprile 1990, n. 86.
Articolo 317 bis
Pene accessorie
La condanna per i reati di cui agli articoli 314 e 317 importa l’interdizione perpetua dai pubblici
uffici. Nondimeno, se per circostanze attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a
tre anni, la condanna importa l’interdizione temporanea (1). (1) Articolo aggiunto dalla L. 26 aprile
1990, n. 86.
Articolo 318
Corruzione per un atto d’ufficio
Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in
denaro od altra utilità, una retribuzione che non gli e’ dovuta, o ne accetta la promessa, e’ punito
con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto
d’ufficio da lui già compiuto, la pena e’ della reclusione fino ad un anno (1). (1) Articolo così
sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Articolo 319
Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio
Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo
ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé
o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, e’ punito con la reclusione da due a
cinque anni (1) . (1) Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Articolo 319 bis
Circostanze aggravanti
La pena e’ aumentata se il fatto di cui all’articolo 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici
impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata
l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene (1). (1) Articolo aggiunto dalla L. 26
aprile 1990, n. 86.
Articolo 320
Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio
Le disposizioni dell’articolo 319 si applicano anche all’incaricato di un pubblico servizio; quelle di
cui all’articolo 318 si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora
rivesta la qualità di pubblico impiegato. In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore
ad un terzo (1). (1) Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
41
Articolo 322
Istigazione alla corruzione
Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un
incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a
compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla
pena stabilita nel primo comma dell’articolo 318, ridotta di un terzo. Se l’offerta o la promessa e’
fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio ad omettere od a
ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace,
qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell’articolo 319, ridotta di un
terzo (1) . La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un
pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione
di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall’articolo 318. La pena di
cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che
sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità
indicate dall’articolo 319 (2). (1) Comma così modificato dall’art. 3, L. 7 febbraio 1992, n. 181. (2)
Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990, n. 86.
Articolo 326
Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti
alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali
debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, e’ punito con la reclusione
da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione e’ soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri
un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano
rimanere segrete, e’ punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto e’ commesso al fine di
procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno
ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni (1). (1) Articolo così sostituito dalla L.
26 aprile 1990, n. 86.
Articolo 328
Rifiuto di atti di ufficio. Omissione
Il pubblico ufficiale o l’incaricato del pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo
ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità,
deve essere compiuto senza ritardo, e’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio,
che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e
non risponde per esporre le ragioni del ritardo, e’ punito con la reclusione fino ad un anno o con la
multa fino a € 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni
decorre dalla ricezione della richiesta stessa (1). (1)Articolo così sostituito dalla L. 26 aprile 1990,
n. 86.
42
Articolo 331
Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità
Chi, esercitando imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità, interrompe il servizio, ovvero
sospende il lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la regolarità del
servizio, e’ punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a lire un
milione. I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da tre a sette anni e con la
multa non inferiore a lire sei milioni. Si applica la disposizione dell’ultimo capoverso dell’articolo
precedente.
Articolo 365
Omissione di referto
Chiunque, avendo nell’esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera
in casi che possono presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d’ufficio, omette
o ritarda di riferirne all’Autorità indicata nell’Articolo 361, è punito con la multa fino a lire un
milione.
Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento
penale.
Articolo 621
Rivelazione del contenuto di documenti segreti
Chiunque, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di
altrui atti o documenti, pubblici o privati, non costituenti corrispondenza, lo rivela, senza giusta
causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la
reclusione fino a tre anni o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche qualunque
supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi (1).
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Articolo 622
Rivelazione di segreto professionale
Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte,
di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se
dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire
sessantamila a un milione.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
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La formazione
Decreto 27 luglio 2000
Gazzetta Ufficiale n. 191 del 17-08-2000
EQUIPOLLENZA DI DIPLOMI E ATTESTATI AL DIPLOMA UNIVERSITARIO
DI INFERMIERE AI FINI DELL'ESERCIZIO PROFESSIONALE E
DELL'ACCESSO ALLA FORMAZIONE POST-BASE.
IL MINISTRO DELLA SANITÀ di concerto con IL MINISTRO DELL'UNIVERSITÀ E
DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
Visto l'art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
Vista la legge 26 febbraio 1999, n. 42, recante disposizioni in materia di professioni sanitarie ed in
particolare l'art. 4, comma 1, il quale prevede che i diplomi e gli attestati conseguiti in base alla
precedente normativa, che abbiano permesso l'iscrizione ai relativi albi professionali o l'attività
professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo o che siano previsti dalla normativa
concorsuale del personale del servizio sanitario nazionale o degli altri comparti del settore pubblico,
sono equipollenti ai diplomi universitari di cui all'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso
alla formazione post-base;
Ritenuto opportuno e necessario, per assicurare certezza alle situazioni ed uniformità di
comportamento, provvedere alla individuazione dei titoli riconosciuti equipollenti ai diplomi
universitari dall'art. 4, comma 1, della richiamata legge n. 42 del 1999;
Decreta:
Articolo 1
I diplomi e gli attestati conseguiti in base alla normativa precedente a quella attuativa dell'art.
6,comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, che sono
indicati nella sezione B della tabella sotto riportata, sono equipollenti, ai sensi dell'art. 4, comma
1,della legge 26 febbraio 1999, n. 42, al diploma universitario di infermiere di cui al decreto del
Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 739, indicato nella sezione A della stessa tabella, ai fini
dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base.
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Sezione A Diploma universitario
Sezione B Titoli equipollenti
Infermiere - Decreto del Ministro della
sanità 14 settembre 1994, n. 739
Infermiere professionale - Regio decreto 21
novembre 1929, n. 2330
Infermiere professionale - Decreto del
Presidente della Repubblica n. 162, del 10 marzo
1982
D.U. scienze infermieristiche - Legge 11
novembre 1990, n. 341
Articolo 2
L'equipollenza dei titoli indicati nella sezione B della tabella riportata nell'art. 1, al diploma
universitario di infermiere indicato nella sezione A della stessa tabella, non produce, per il
possessore del titolo, alcun effetto sulla posizione funzionale rivestita e sulle mansioni esercitate in
ragione del titolo nei rapporti di lavoro dipendente già instaurati alla data di entrata in vigore del
presente decreto.
Decreto 27 luglio 2000
Gazzetta Ufficiale del 22 agosto 2000, n°195
EQUIPOLLENZA DI DIPLOMI DI ATTESTATI AL DIPLOMA UNIVERSITARIO
DI ASSISTENTE SANITARIO, AI FINI DELL'ESERCIZIO PROFESSIONALE E
DELL'ACCESSO ALLA FORMAZIONE POST-BASE
IL MINISTRO DELLA SANITA'di concerto con IL MINISTRO DELL'UNIVERSITA' E
DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
Visto l'art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
Vista la legge 26 febbraio 1999, n. 42, recante disposizioni in materia di professioni sanitarie ed in
particolare l'art. 4, comma 1, il quale prevede che i diplomi e gli attestati conseguiti in base alla
precedente normativa, che abbiano permesso l'iscrizione ai relativi albi professionali o l'attività'
professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo o che siano previsti dalla normativa
concorsuale del personale del servizio sanitario nazionale o degli altri comparti del settore pubblico,
sono equipollenti ai diplomi universitari di cui all'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso
alla formazione post-base;
Ritenuto opportuno e necessario, per assicurare certezza alle situazioni ed uniformità di
comportamento, provvedere alla individuazione dei titoli riconosciuti equipollenti ai diplomi
universitari dall'art. 4, comma 1, della richiamata legge n. 42 del 1999;
Decreta:
45
Articolo 1
I diplomi e gli attestati conseguiti in base alla normativa precedente a quella attuativa dell'art. 6,
comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, che sono
indicati nella sezione B della tabella sotto riportata, sono equipollenti, ai sensi dell'art. 4, comma 1,
della legge 26 febbraio 1999, n. 42, al diploma universitario di assistente sanitario, di cui al decreto
del Ministro della sanità 17 gennaio 1997, n. 69, indicato nella sezione A della stessa tabella, ai fini
dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base.
Sezione A Diploma universitario
Sezione B Titoli equipollenti
Assistente sanitario - Decreto del Ministro della
sanità 17 gennaio 1997, n. 69
Assistente sanitaria visitatrice - Regio decreto 21
novembre 1929, n. 2330
Tecnico dell'educazione sanitaria - Decreto del
Presidente della Repubblica n. 162, del 10 marzo
1982
Articolo 2
L'equipollenza dei titoli indicati nella sezione B della tabella riportata nell'art. 1, al diploma
universitario di assistente sanitario indicato nella sezione A della stessa tabella, non produce, per il
possessore del titolo, alcun effetto sulla posizione funzionale rivestita e sulle mansioni esercitate in
ragione del titolo nei rapporti di lavoro dipendente già instaurati alla data di entrata in vigore del
presente decreto.
Decreto 27 luglio 2000
Gazzetta Ufficiale del 22 agosto, n°195
EQUIPOLLENZA DEL TITOLO DI VIGILATRICI DI INFANZIA AL DIPLOMA
UNIVERSITARIO DI INFERMIERE PEDIATRICO, AI FINI DELL'ESERCIZIO
PROFESSIONALE E DELL'ACCESSO ALLA FORMAZIONE POST-BASE.
IL MINISTRO DELLA SANITA' di concerto con IL MINISTRO DELL'UNIVERSITA' E
DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA
Visto l'art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
Vista la legge 26 febbraio 1999, n. 42, recante disposizioni in materia di professioni sanitarie ed in
particolare l'art. 4, comma 1, il quale prevede che i diplomi e gli attestati conseguiti in base alla
46
precedente normativa, che abbiano permesso l'iscrizione ai relativi albi professionali o l'attività'
professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo o che siano previsti dalla normativa
concorsuale del personale del servizio sanitario nazionale o degli altri comparti del settore pubblico,
sono equipollenti ai diplomi universitari di cui all'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso,
alla formazione post-base;
Ritenuto opportuno e necessario, per assicurare certezza alle situazioni ed uniformità di
comportamento, provvedere alla individuazione dei titoli riconosciuti equipollenti ai diplomi
universitari dall'art. 4, comma 1, della richiamata legge n. 42 del 1999;
Decreta:
Articolo 1
Il titolo di vigilatrice d'infanzia conseguito in base alla legge 19 luglio 1940, n. 1098, e'
equipollente, ai sensi dell'art. 4, comma 1, della legge 26 febbraio 1999, n. 42, al diploma
universitario di infermiere pediatrico di cui al decreto del Ministro della sanità 17 gennaio 1997, n.
70, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base.
Articolo 2
L'equipollenza, di cui all'art. 1, del titolo di vigilatrice d'infanzia al diploma universitario di
infermiere pediatrico, non produce, per il possessore del titolo, alcun effetto sulla posizione
funzionale rivestita e sulle mansioni esercitate in ragione del titolo nei rapporti di lavoro dipendente
già instaurati alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Decreto interministeriale 2 aprile 2001
Gazzetta Ufficiale 5 giugno 2001, n. 128, S. O. n. 136
DETERMINAZIONE DELLE CLASSI DELLE LAUREE UNIVERSITARIE DELLE
PROFESSIONI SANITARIE
IL MINISTRO DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA SCIENTIFICA E
TECNOLOGICA
DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELLA SANITÀ
Decreta:
Articolo 1
1. Il presente decreto definisce, ai sensi dell’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n.
127 e successive modificazioni, nonché dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto ministeriale 3
novembre 1999, n. 509, le classi dei corsi di laurea per le professioni sanitarie infermieristiche e
ostetriche, della riabilitazione, tecniche e della prevenzione, di cui agli allegati da 1 a 4.
2. I corsi di laurea istituiti dalle università, ai sensi del presente provvedimento e con le modalità
previste dall’articolo 11, comma 1, della legge n. 341/90, sono finalizzati a formare laureati
secondo gli specifici profili professionali di cui ai decreti adottati dal Ministro della sanità ai sensi
47
dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive
modificazioni.
3. Le università attribuiscono la denominazione al corso di laurea corrispondente a quella della
figura professionale di cui al relativo decreto del Ministro della sanità, adottato ai sensi dell’articolo
6, comma 3 del decreto legislativo n. 502/1992.
4. Le università adeguano gli ordinamenti didattici alle disposizioni del presente decreto, entro 18
mesi dalla data di pubblicazione di quest’ultimo nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
5. Gli obiettivi formativi qualificanti, di cui al presente decreto, e le denominazioni dei titoli finali
rilasciati dalle università sono ridefiniti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca
scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della sanità, in conformità con eventuali
riformulazioni determinate con i decreti del Ministro della sanità adottati ai sensi dell’articolo 6,
comma3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni.
Articolo 2
1. I corsi di laurea afferenti alle classi di cui al presente decreto sono istituiti e attivati dalle facoltà
di Medicina e chirurgia con il concorso, ove previsto dallo specifico profilo formativo, di altre
facoltà. La formazione prevista dai predetti corsi avviene nelle Aziende ospedaliere, nelle Aziende
ospedaliero-universitarie, negli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico ovvero presso altre
strutture del Servizio sanitario nazionale e istituzioni private accreditate a norma del decreto
ministeriale 24 settembre 1997 e successive modificazioni. A tal fine sono stipulati appositi
protocolli di intesa tra le Regioni e le università, a norma dell’articolo 6, comma 3, del decreto
legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni.
2. I corsi di laurea finalizzati alla formazione del profilo dell’educatore professionale e del tecnico
della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro sono istituiti e attivati dagli atenei con il concorso di più facoltà, tra le quali è comunque ricompresa la facoltà di Medicina e chirurgia, sulla
base di specifiche norme del regolamento didattico di ateneo che ne disciplinano il funzionamento.
Articolo 3
1. Le competenti strutture didattiche determinano, con il regolamento didattico del corso di laurea,
l’elenco degli insegnamenti, da affidare di norma a personale del ruolo sanitario, e delle altre
attività formative di cui all’articolo 12, comma 2, del decreto ministeriale n. 509/1999, secondo
criteri di stretta funzionalità con le figure professionali e i relativi profili individuati dal Ministro
della sanità ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive
modificazioni.
2. I laureati al termine dei percorsi formativi determinati negli allegati al presente decreto devono
acquisire le competenze professionali previste, per ciascuna figura, dai decreti del Ministro della
sanità, adottati ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992, e successive
modificazioni.
Articolo 4
1. I regolamenti didattici di ateneo stabiliscono il numero di crediti da assegnare agli ambiti
disciplinari per i quali il numero stesso non sia specificato nell’allegato.
2. Limitatamente alle attività formative caratterizzanti, qualora negli allegati siano indicati più di tre
ambiti disciplinari per ciascuno dei quali non sia stato specificato il numero minimo dei relativi
crediti, i regolamenti didattici di ateneo individuano per ciascun corso di studio i settori scientifico
disciplinari afferenti ad almeno tre ambiti, funzionali alla specificità del corso stesso, assegnando ai
48
medesimi ambiti un numero adeguato di crediti. È comunque riservato all’ambito specifico
corrispondente alla figura professionale, cui è finalizzato il corso di laurea, almeno il settanta per
cento dei crediti.
3. I regolamenti didattici possono disporre l’impiego, tra le attività affini o integrative, degli ambiti
disciplinari caratterizzanti non utilizzati, assicurando comunque il rispetto dei criteri di cui
all’articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto ministeriale n. 509/1999.
4. In considerazione dell’elevato contenuto pratico delle attività formative e delle direttive
comunitarie concernenti le professioni sanitarie di cui al presente decreto, la frazione dell’impegno
orario complessivo riservata allo studio personale o ad altre attività formative di tipo individuale
non può essere superiore al trenta per cento.
Articolo 5
1. I crediti formativi universitari dei corsi di laurea di cui al presente decreto corrispondono a 25 ore
di lavoro per studente.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, i crediti formativi universitari dei corsi di laurea
per la formazione delle figure professionali dell’infermiere, dell’infermiere pediatrico e
dell’ostetrica/o, di cui alle direttive dell’Unione europea citate in premessa,corrispondono a 30 ore
di lavoro per studente.
Articolo 6
1. Ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni,
la prova finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di cui al presente decreto ha valore di esame di
Stato abilitante all’esercizio professionale.
2. La prova finale:
a) consiste nella redazione di un elaborato e nella dimostrazione di abilità pratiche;
b) è organizzata in due sessioni in periodi definiti a livello nazionale, con decreto del
Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica di concerto con il Ministro
della sanità;
c) la Commissione per la prova finale è composta da non meno di 7 e non più di 11
membri, nominati dal Rettore su proposta del Consiglio di corso di laurea, e comprende
almeno 2 membri designati dal Collegio professionale, ove esistente, ovvero dalle
Associazioni pro-fessionali individuate con apposito decreto del Ministro della sanità sulla
base della rappresentatività a livello nazionale. Le date delle sedute sono comunicate ai
Ministeri dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e della sanità che possono
inviare esperti, come loro rappresentanti, alle singole sessioni. In caso di mancata
designazione dei predetti componenti, il Rettore esercita il potere sostitutivo.
Articolo 7
1. Le università rilasciano i titoli di laurea con la denominazione del corso e della classe di
appartenenza.
Articolo 8
1. Le università assicurano la conclusione dei corsi di diploma universitario e il rilascio dei relativi
titoli, secondo gli ordinamenti didattici vigenti, agli studenti già iscritti ai corsi alla data del presente
decreto e disciplinano altresì la facoltà per i medesimi studenti di optare per l’iscrizione ai corsi di
laurea di cui allo stesso decreto. Ai fini dell’opzione le università valutano in termini di crediti
formativi universitari le attività formative svolte in conformità agli ordinamenti didattici vigenti.
49
2. Con successivo provvedimento, adottato ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 251/2000, saranno
definiti i criteri per disciplinare gli accessi ai corsi di laurea, afferenti alle classi di cui al presente
decreto, degli esercenti le professioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della medesima legge, in
possesso dei requisiti ivi previsti.
3. Modifiche alle classi di cui al presente decreto e istituzioni di nuove classi, ai sensi e per gli
effetti dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992, possono essere disposte con
decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica di concerto con il
Ministro della sanità, in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto
ministeriale n. 509/1999.
Decreto Interministeriale 2 aprile 2001
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 maggio 2001 n. 128 – suppl. ordinario n. 136
DETERMINAZIONE DELLE CLASSI DELLE LAUREE UNIVERSITARIE DELLE
PROFESSIONI SANITARIE
VISTA la legge 9 maggio 1989, n. 168;
VISTO l'articolo 17, com. 95, della legge 15 mag. 1997, n. 127 e successive modificazioni;
VISTO l'articolo 11, commi 1 e 2, della legge 19 novembre 1990, n.341;
VISTA la legge 19 ottobre 1999, n. 370, e in particolare l'articolo 6, commi 6 e 7;
VISTA la legge 2 agosto 1999, n. 264, e in particolare l'articolo 1, comma 1, lettera a);
VISTO il decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, e in particolare gli articoli 3,4,5,10;
VISTI i decreti ministeriali 23 dicembre 1999 e 26 giugno 2000 concernenti la rideterminazione dei
settori scientifico-disciplinari;
VISTO il decreto ministeriale 4 ottobre 2000 concernente la declaratoria dei contenuti dei settori
scientifico-disciplinari come rideterminati dai precitati decreti ministeriali;
VISTE le direttive dell'U.E. 77/452/CEE, 77/453/CEE, 80/154/CEE, 80/155/CEE, e successive
modificazioni, concernenti il reciproco riconoscimento dei diplomi e certificati, nonché il
coordinamento delle disposizioni legislative e regolamentari per le attività di infermiere e di
ostetrica/o;
VISTO il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.115 concernente l'attuazione della direttiva
89/48/CEE relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che
sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni;
VISTO il DLgs 26 maggio 2000, n. 187, “recepimento della direttiva 97/43 Euratom”;
VISTO l'art. 6, com. 3, del DLgs 30 dic. 1992, n. 502 e successive modificazioni;
VISTI i decreti del Ministro della sanità nn. 665, 666, 667, 668, 739, 740, 741, 742, 743, 744 del
14.09.1994, nn. 745, 746 del 26.09.1994, n. 183 del 15.03.1995, nn. 56, 58, 69, 70, 136 del
17.01.1997, n. 316 del 27.07.1998, n. 520 dell'8.10.1998, n. 137 del 15.03.1999 e del 29.03.2001,
adottati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del predetto decreto legislativo n. 502/1992 e successive
modificazioni;
VISTA la legge 26 febbraio 1999, n. 42;
VISTA la legge 10 agosto 2000, n. 251;
50
VISTO il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229;
VISTO il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517;
CONSIDERATA l'esigenza di provvedere alla rideterminazione dei percorsi della formazione
universitaria per le professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche, della riabilitazione, tecniche e
della prevenzione nel quadro della disciplina generale degli studi universitari recata dal D.Min. n.
509/1999 e dalla richiamata legge n. 251/2000;
VISTO il decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica, 29 marzo 2001, con il quale, in attuazione dell'articolo 6 della predetta
legge 251/2000, sono state individuate e classificate le figure professionali sanitarie di cui agli
articoli 1, 2, 3, 4 della stessa legge;
CONSIDERATA la necessità di assicurare l'omogeneità dell'articolazione delle classi alla
ripartizione tra le professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche, della riabilitazione, tecniche e
della prevenzione in conformità alle prescrizioni di cui alla predetta legge 251/2000, e, in
particolare, al predetto decreto di cui all'articolo 6;
VISTO il parere del CUN, reso nell'adunanza dell'8 febbraio 2001;
VISTO il parere del CNSU, reso nell'adunanza del 6 febbraio 2001;
VISTO il parere del Cons. Sup. di Sanità - Sezione II -, reso nell'adunanza del 5 feb. 2001;
ACQUISITO il preliminare concerto del Ministro della Sanità con nota del 23 febbraio 2001 (prot.
n. 100/199.21/2108);VISTI i pareri della VII Commissione della Camera dei Deputati, reso il 7
marzo 2001, e della VII Comm. del Senato della Repubblica, reso l'8 marzo 2001;
Decreta:
Articolo 1
1. Il presente decreto definisce, ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n.
127 e successive modificazioni, nonché dell'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto ministeriale 3
novembre 1999, n. 509, le classi dei corsi di laurea per le professioni sanitarie infermieristiche e
ostetriche, della riabilitazione, tecniche e della prevenzione, di cui agli allegati da 1 a 4.
2. I corsi di laurea istituiti dalle università, ai sensi del presente provvedimento e con le modalità
previste dall'articolo 11, comma 1, della legge n. 341/90, sono finalizzati a formare laureati secondo
gli specifici profili professionali di cui ai decreti adottati dal Ministro della sanità ai sensi
dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive
modificazioni.
3. Le università attribuiscono la denominazione al corso di laurea corrispondente a quella della
figura professionale di cui al relativo decreto del Ministro della sanità, adottato ai sensi dell'articolo
6, comma 3 del decreto legislativo n. 502/1992.
4. Le università adeguano gli ordinamenti didattici alle disposizioni del presente decreto, entro 18
mesi dalla data di pubblicazione di quest'ultimo nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
5. Gli obiettivi formativi qualificanti, di cui al presente decreto, e le denominazioni dei titoli finali
rilasciati dalle università sono ridefiniti con decreto del Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della sanità, in conformità con eventuali
riformulazioni determinate con i decreti del Ministro della sanità adottati ai sensi dell'articolo 6,
comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni.
Articolo 2
51
1. I corsi di laurea afferenti alle classi di cui al presente decreto sono istituiti e attivati dalle facoltà
di Medicina e Chirurgia con il concorso, ove previsto dallo specifico profilo formativo, di altre
facoltà. La formazione prevista dai predetti corsi avviene nelle Aziende ospedaliere, nelle Aziende
ospedaliero-universitarie, negli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico ovvero presso altre
strutture del Servizio sanitario nazionale e istituzioni private accreditate a norma del decreto
ministeriale 24 settembre 1997 e successive modificazioni. A tal fine sono stipulati appositi
protocolli di intesa tra le regioni e le università, a norma dell'articolo 6, comma 3, del decreto
legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni.
2. I corsi di laurea finalizzati alla formazione del profilo dell'educatore professionale e del tecnico
della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro sono istituiti e attivati dagli atenei con il
concorso di più facoltà, tra le quali è comunque ricompresa la facoltà di Medicina e Chirurgia, sulla
base di specifiche norme del regolamento didattico di ateneo che ne disciplinano il funzionamento.
Articolo 3
1. Le competenti strutture didattiche determinano, con il regolamento didattico del corso di laurea,
l'elenco degli insegnamenti, da affidare di norma a personale del ruolo sanitario, e delle altre attività
formative di cui all'art. 12, comma 2, del DMin n. 509/1999, secondo criteri di stretta funzionalità
con le figure professionali e i relativi profili individuati dal Ministro della Sanità ai sensi
dell'articolo 6, comma 3, del DLgs n. 502/1992 e successive modificazioni.
2. I laureati al termine dei percorsi formativi determinati negli allegati al presente decreto devono
acquisire le competenze professionali previste, per ciascuna figura, dai decreti del Ministro della
sanità, adottati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992, e successive
modificazioni.
Articolo 4
1. I regolamenti didattici di ateneo stabiliscono il numero di crediti da assegnare agli ambiti
disciplinari per i quali il numero stesso non sia specificato nell'allegato.
2. Limitatamente alle attività formative caratterizzanti, qualora negli allegati siano indicati più di tre
ambiti disciplinari per ciascuno dei quali non sia stato specificato il numero minimo dei relativi
crediti, i regolamenti didattici di ateneo individuano per ciascun corso di studio i settori scientificodisciplinari afferenti ad almeno tre ambiti, funzionali alla specificità del corso stesso, assegnando ai
medesimi ambiti un numero adeguato di crediti. È comunque riservato all'ambito specifico
corrispondente alla figura professionale, cui è finalizzato il corso di laurea, almeno il settanta per
cento dei crediti.
3. I regolamenti didattici possono disporre l'impiego, tra le attività affini o integrative, degli ambiti
disciplinari caratterizzanti non utilizzati, assicurando comunque il rispetto dei criteri di cui
all'articolo 10, comma 1, lettera c), del decreto ministeriale n. 509/1999.
4. In considerazione dell'elevato contenuto pratico delle attività formative e delle direttive
comunitarie concernenti le professioni sanitarie di cui al presente decreto, la frazione dell'impegno
orario complessivo riservata allo studio personale o ad altre attività formative di tipo individuale
non può essere superiore al trenta per cento.
Articolo 5
1. I crediti formativi universitari dei corsi di laurea di cui al presente decreto corrispondono a 25 ore
di lavoro per studente.
52
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, i crediti formativi universitari dei corsi di laurea
per la formazione delle figure professionali dell'infermiere, dell'infermiere pediatrico e
dell'ostetrica/o, di cui alle direttive dell'Unione Europea citate in premessa, corrispondono a 30 ore
di lavoro per studente.
Articolo 6
1. Ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni,
la prova finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di cui al presente decreto ha valore di esame di
Stato abilitante all'esercizio professionale.
2. La prova finale:consiste nella redazione di un elaborato e nella dimostrazione di abilità pratiche;è
organizzata in due sessioni in periodi definiti a livello nazionale, con decreto del Ministro
dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica di concerto con il Ministro della Sanità;la
Commissione per la prova finale è composta da non meno di 7 e non più di 11 membri, nominati
dal Rettore su proposta del Consiglio di corso di laurea, e comprende almeno 2 membri designati
dal Collegio professionale, ove esistente, ovvero dalle Associazioni professionali individuate con
apposito decreto del Ministro della sanità sulla base della rappresentatività a livello nazionale. Le
date delle sedute sono comunicate ai Ministeri dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica e della sanità che possono inviare esperti, come loro rappresentanti, alle singole
sessioni. In caso di mancata designazione dei predetti componenti, il Rettore esercita il potere
sostitutivo.
Articolo 7
1. Le università rilasciano i titoli di laurea con la denominazione del corso e della classe di
appartenenza.
Articolo 8
1. Le università assicurano la conclusione dei corsi di diploma universitario e il rilascio dei relativi
titoli, secondo gli ordinamenti didattici vigenti, agli studenti già iscritti ai corsi alla data del presente
decreto e disciplinano altresì la facoltà per i medesimi studenti di optare per l'iscrizione ai corsi di
laurea di cui allo stesso decreto. Ai fini dell'opzione le università valutano in termini di crediti
formativi universitari le attività formative svolte in conformità agli ordinamenti didattici vigenti.
2. Con successivo provvedimento, adottato ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 251/2000, saranno
definiti i criteri per disciplinare gli accessi ai corsi di laurea, afferenti alle classi di cui al presente
decreto, degli esercenti le professioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della medesima legge, in
possesso dei requisiti ivi previsti.
3. Modifiche alle classi di cui al presente decreto e istituzioni di nuove classi, ai sensi e per gli
effetti dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992, possono essere disposte con
decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica di concerto con il
Ministro della sanità, in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto
ministeriale n. 509/1999.
Il presente decreto sarà inviato ai competenti organi di controllo e sarà pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana.
Numerazione e denominazione delle classi delle lauree
N° classe
Denominazione
Allegato
53
1
Classe delle lauree in professioni sanitarie infermieristiche
e professione sanitaria ostetrica
1
2
Classe delle lauree i professioni sanitarie della
riabilitazione
2
3
Classe delle lauree in professioni sanitarie tecniche
3
4
Classe delle lauree in professioni sanitarie della
prevenzione
4
Allegato 1/S
Classe 1/S
Classe delle lauree specialistiche nelle scienze infermieristiche e ostetriche obiettivi formativi
qualificanti
I laureati specialisti nella classe possiedono una formazione culturale e professionale avanzata per
intervenire con elevate competenze nei processi assistenziali, gestionali, formativi e di ricerca in
uno degli ambiti pertinenti alle diverse professioni sanitarie ricomprese nella classe (infermiere,
ostetrica/o, infermiere pediatrico). I laureati specialisti che hanno acquisito le necessarie conoscenze
scientifiche, i valori etici e le competenze professionali pertinenti alle professioni dell'infermiere e
dell'ostetrica/o e hanno ulteriormente approfondito lo studio della disciplina e della ricerca
specifica, alla fine del percorso formativo sono in grado di esprimere competenze avanzate di tipo
assistenziale, educativo e preventivo in risposta ai problemi prioritari di salute della popolazione e
ai problemi di qualità dei servizi. In base alle conoscenze acquisite, sono in grado di tenere conto,
nella programmazione e gestione del personale dell'area sanitaria, si; delle esigenze della
collettività, sia dello sviluppo di nuovi metodi di organizzazione del lavoro, sia dell'innovazione
tecnologica ed informatica, anche con riferimento alle forme di teleassistenza o di teledidattica, sia
della pianificazione ed organizzazione degli interventi pedagogici - formativi nonché
dell'omogeneizzazione degli standard operativi a quelli dell’Unione Europea.
I laureati specialisti sviluppano, anche a seguito dell'esperienza maturata attraverso un’adeguata
attività professionale, un approccio integrato ai problemi organizzativi e gestionali delle professioni
sanitarie, qualificato dalla padronanza delle tecniche e delle procedure del management sanitario,
nel rispetto delle loro ed altrui competenze. Le conoscenze metodologiche acquisite consentono
loro anche di intervenire nei processi formativi e di ricerca peculiare degli ambiti suddetti.
Le competenze dei laureati specialisti nella classe comprendono:
* rilevare e valutare criticamente l'evoluzione dei bisogni dell'assistenza pertinenti alla specifica
figura professionale, anche nelle connotazioni legate al genere, ove richiesto;
* progettare e intervenire operativamente in ordine a problemi assistenziali e organizzativi
complessi;
* programmare, gestire e valutare i servizi assistenziali nell'ottica del miglioramento della qualità
(pianificazione, organizzazione, direzione, controllo);
54
* supervisionare l'assistenza pertinente alla specifica figura professionale e svolgere azioni di
consulenza professionale;
* applicare e valutare l'impatto di differenti modelli teorici nell'operatività dell'assistenza;
* progettare, realizzare e valutare interventi formativi;
* sviluppare le capacità di insegnamento per la specifica figura professionale nell'ambito delle
attività tutoriali e di coordinamento del tirocinio nella formazione di base, complementare e
permanente;
* utilizzare i metodi e gli strumenti della ricerca, pertinenti alla figura professionale, nelle aree
cliniche - assistenziali, nell'organizzazione e nella formazione;
* analizzare criticamente gli aspetti etici correlati all'assistenza e a problemi multi professionali e
multiculturali.
Le strutture didattiche devono pertanto individuare e costruire, mediante l'opportuna selezione degli
ambiti disciplinari delle attività formative caratterizzanti, nonché dei correlati settori scientificodisciplinari di carattere direttamente professionalizzante, gli specifici percorsi formativi delle
professioni sanitarie ricomprese nella classe, riservando all'ambito disciplinare proprio di ciascuna
professione sanitaria non meno di 50 CFU.
I laureati specialisti nella classe, in funzione dei suddetti percorsi formativi, devono aver maturato
nel corso di laurea esperienze formative caratterizzanti corrispondenti al relativo profilo
professionale, così come definito dai decreti del Ministero della sanità. In particolare i laureati:
Nell’ambito professionale dell'infermieristica, secondo quanto previsto dal D.M. Ministero della
sanità 14 settembre 1994, n. 739 e successive modificazioni ed integrazioni, devono essere in grado
di assumersi responsabilità, dal punto di vista tecnico, relazionale ed educativa, dell'assistenza
infermieristica generale in risposta ai problemi di salute della persona (uomini e donne, secondo le
rispettive specificità ed esigenze legate al genere) e della collettività e sotto il profilo preventivo,
curativo, palliativo e riabilitativo, con riferimento alla prevenzione delle malattie, all'assistenza dei
malati e dei disabili di tutte le età e all'educazione sanitaria; di partecipare all'identificazione dei
bisogni di salute della persona e della collettività; di identificare i bisogni di assistenza
infermieristica della persona e della collettività e formulare i relativi obiettivi; di pianificare, gestire
e valutare l'intervento assistenziale infermieristico; di garantire la corretta applicazione delle
prescrizioni diagnostico-terapeutiche; di agire sia individualmente che in collaborazione con gli altri
operatori sanitari e sociali, avvalendosi, ove necessario, dell'opera del personale di supporto; di
svolgere la loro attività professionale in strutture sanitarie, pubbliche o private, nel territorio e
nell'assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero-professionale; di contribuire alla
formazione del personale di supporto e concorrere direttamente all'aggiornamento relativo al loro
profilo professionale e alla ricerca.
Nell’ambito professionale dell’ostetricia, secondo quanto previsto dal D.M. 14 settembre 1994, n.
740 e successive modificazioni ed integrazioni, devono essere in grado di assistere e consigliare la
donna nel periodo della gravidanza, durante il parto e nel puerperio, condurre e portare a termine
parti eutocici con propria responsabilità e prestare assistenza al neonato; per quanto di loro
competenza, di partecipare ad interventi di educazione sanitaria e sessuale sia nell'ambito della
famiglia che nella comunità; alla preparazione psicoprofilattica al parto; alla preparazione e
all'assistenza ad interventi ginecologici; alla prevenzione e all'accertamento dei tumori della sfera
genitale femminile; ai programmi di assistenza materna e neonatale; di gestire, nel rispetto dell'etica
professionale, come membri dell'equipe sanitaria, gli interventi assistenziali di loro competenza; di
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individuare situazioni potenzialmente patologiche che richiedono l'intervento medico e di praticare,
ove occorra, le relative misure di particolare emergenza; di svolgere la loro attività professionale in
strutture sanitarie, pubbliche o private, in regime di dipendenza o libero-professionale; di
contribuire alla formazione del personale di supporto e concorrere direttamente all'aggiornamento
relativo al loro profilo professionale e alla ricerca; di assumersi responsabilità, dal punto di vista
tecnico, relazionale ed educativo, dell'assistenza infermieristica generale in risposta ai problemi di
salute della persona (uomini e donne, secondo le rispettive specificità ed esigenze legate al genere)
e della collettività e sotto il profilo preventivo, curativo, palliativo e riabilitativo; nell'ambito
professionale dell'infermieristica pediatrica, secondo quanto previsto dal D.M. del Ministero della
sanità 17 gennaio 1997, n.70 e successive modificazioni ed integrazioni, devono essere in grado di
assumersi responsabilità dal punto di vista tecnico, relazionale, educativo dell'assistenza
infermieristica pediatrica sotto il profilo preventivo, curativo, palliativo e riabilitativo; di prevenire
le malattie, assistere i malati e i disabili in età evolutiva e provvedere all'educazione sanitaria; d
partecipare all'identificazione dei bisogni di salute fisica e psichica del neonato, del bambino,
dell'adolescente, della famiglia; di identificare i bisogni di assistenza infermieristica pediatrica e
formulare i relativi obiettivi; di pianificare, condurre e valutare l'intervento assistenziale,
infermieristico, pediatrico; di partecipare ad interventi di educazione sanitaria sia nell'ambito della
famiglia che della comunità, alla cura di individui sani in età evolutiva nel quadro di programmi di
promozione della salute e prevenzione delle malattie e degli incidenti, all'assistenza ambulatoriale,
domiciliare e ospedaliera dei neonati, all'assistenza ambulatoriale, domiciliare e ospedaliera dei
soggetti di età inferiore a 18 anni, affetti da malattie acute e croniche, alla cura degli individui in
età adolescenziale nel quadro dei programmi di prevenzione e supporto socio-sanitario; di garantire
la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; di agire sia individualmente sia
in collaborazione con gli operatori sanitari e sociali, avvalendosi, ove necessario, dell'opera del
personale di supporto per l'espletamento delle loro funzioni; di svolgere la loro attività
professionale in strutture sanitarie, pubbliche o private, nel territorio e nell'assistenza domiciliare, in
regime di dipendenza o libero-professionale; di contribuire alla formazione del personale di
supporto e concorrere direttamente all'aggiornamento relativo al loro profilo professionale.
I laureati specialisti nella classe acquisiscono, nell'intero percorso formativo proprio delle singole
professioni, la capacità di:
* analizzare i problemi di salute di una comunità e le risposte dei servizi sanitari e socioassistenziali ai principali bisogni dei cittadini;
* apprendere le conoscenze necessarie per la comprensione dei fenomeni biologici, dei principali
meccanismi di funzionamento degli organi ed apparati, le conoscenze sull'ereditarietà e sui
fenomeni fisiologici, anche in correlazione con le dimensioni psicologiche, sociali ed ambientali
della malattia;
* comprendere i fondamenti della fisiopatologia applicabili alle diverse situazioni cliniche, anche
in relazione a parametri diagnostici;
* identificare i bisogni di assistenza della persona e della collettività e formulare i relativi
obiettivi;
* apprendere i principi culturali e professionali di base, che orientano il processo, la
concettualità, il pensiero diagnostico,l'agire nei confronti della persona assistita e della
collettività,iniziando ad applicare questi principi in esperienze presso strutture sanitarie e
assistenziali accreditate;
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* identificare bisogni fisici, psicologici e sociali e diagnosticare le necessità di aiuto delle
persone di diverse età, cultura e stato di salute nei vari ambiti sociali, integrando le conoscenze
teoriche con quelle pratiche, e rispondere ad esse;
* valutare le manifestazioni cliniche connesse al decorso delle principali malattie, al trattamento,
alle abitudini di vita, alle reazioni alla malattia, all'ospedalizzazione, agli interventi assistenziali;
* pianificare, fornire e valutare l'assistenza rivolta a persone sane e malate, sia in ospedale che
nella comunità, promuovendo stili di vita positivi per la salute e adottando sistemi di assistenza
orientati all'autogestione e all'autocura;
* realizzare interventi assistenziali pianificati e garantire l'applicazione delle prescrizioni
diagnostico-terapeutiche, nel rispetto dei principi scientifici adattandole alla persona assistita,in
relazione ai diversi problemi prioritari di salute e nei diversi settori operativi;
* monitorare, prevenire e affrontare situazioni critiche relative all'aggravamento clinico e/o
psicologico della persona assistita, attivando tempestivamente anche altri professionisti;
* dimostrare capacità di stabilire e mantenere relazioni di aiuto con la persona assistita, con la
sua famiglia, applicando le conoscenze fondamentali delle dinamiche relazionali;
* prendere decisioni assistenziali in coerenza con le dimensioni legali, etiche e deontologiche
che regolano l'organizzazione sanitaria e la responsabilità professionale;
* identificare i bisogni di assistenza che richiedono competenze preventive,
assistenziali,riabilitative e palliative in settori specialistici in età pediatrica, adulta e geriatrica;
* riconoscere le principali reazioni della persona alla malattia, alla sofferenza e
all'ospedalizzazione rispettando le differenze comportamentali legate alla cultura di
appartenenza;
* contribuire ad organizzare l'assistenza, nell'ambito della specifica professione, attraverso la
definizione di priorità, l'utilizzo appropriato delle risorse a disposizione, delegando ai
collaboratori; le attività di competenza, assicurando continuità e qualità assistenziale;
* applicare i risultati di ricerche pertinenti per migliorare la qualità dell'assistenza;
* utilizzare strumenti e metodologie di valutazione e revisione della qualità dell'assistenza;
* dimostrare capacità didattiche orientate alla formazione del personale di supporto e al tutorato
degli studenti in tirocinio;
* riconoscere e rispettare il ruolo e le competenze proprie e degli altri operatori dell'equipe
assistenziale, stabilendo relazioni collaborative;
* interagire e collaborare attivamente con equipe interprofessionali al fine di programmare e
gestire interventi assistenziali multidimensionali in età pediatrica, adulta e geriatrica;
* acquisire il metodo per lo studio indipendente e la formazione permanente;
* effettuare una ricerca bibliografica;
* effettuare criticamente la lettura di articoli scientifici;
* raggiungere un elevato livello di conoscenza sia scritta che parlata di almeno una lingua
dell’Unione Europea;
* acquisire competenze informatiche utili alla gestione dei sistemi informativi dei servizi, ma
anche alla propria autoformazione.
Al termine del corso di studi, i laureati specialisti nella classe, nell'ambito della specifica figura
professionale, sono in grado di:
* comprendere, attraverso i metodi epidemiologici, i bisogni sanitari della comunità e i fattori
socio-culturali che li influenzano ai fini della programmazione dei servizi;
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* costruire, sulla base dell'analisi dei problemi di salute e dell'offerta dei servizi, un sistema di
standard assistenziali e di competenza professionale;
* applicare i fondamenti metodologici della ricerca scientifica all'assistenza, all'organizzazione
dei servizi pertinenti e alla ricerca;
* approfondire e sviluppare l'analisi storico-filosofica del pensiero assistenziale;
* approfondire i fondamenti teorici disciplinari al fine di analizzarli criticamente, produrre
modelli interpretativi, orientare la ricerca e l'assistenza pertinente;
* approfondire il processo decisionale per una soluzione efficace di problemi assistenziali e
organizzativi;
* analizzare i principali approcci metodologici relativi ai sistemi di classificazione dei fenomeni
di interesse pertinenti;
* approfondire e rielaborare i principi e le tecniche della relazione di aiuto e della conduzione dei
gruppi;
* approfondire le conoscenze delle influenze socio-culturali e biopsichiche sul comportamento
umano come base per una migliore comprensione di sé e degli altri;
* progettare e rendere operativi modelli assistenziali innovativi basati su risultati di ricerca per la
prevenzione e gestione dei problemi prioritari di salute della comunità;
* supervisionare l'assistenza pertinente e fornire consulenza professionale, utilizzando
informazioni di comprovata evidenza scientifica, un approccio globale e personalizzato alle
diverse esigenze degli utenti, applicando i modelli teorici e promuovendo il confronto
multiprofessionale;
* progettare ed attuare modelli di organizzazione dei servizi infermieristici o ostetrici nell'ambito
dei servizi sanitari;
* progettare e coordinare interventi organizzativi e gestionali diversificati, finalizzati allo
sviluppo di un’efficace ed efficiente azione professionale;
* negoziare, selezionare, assegnare le risorse del personale tecnico n relazione agli standard di
competenza professionale e a carichi di lavoro delle specifiche aree assistenziali;
* valutare le competenze del personale per accrescerne le potenzialità professionali;
* contribuire alla definizione di un piano sistematico di miglioramento continuo della qualità e
definire standard e indicatori condivisi per la valutazione dell'assistenza pertinente;
* progettare percorsi formativi di base, specializzanti e di formazione continua pertinenti ai
bisogni dei destinatari e correlati ai problemi di salute e dei servizi;
* sviluppare l'insegnamento disciplinare infermieristico o infermieristico pediatrico ostetrico;
* sviluppare l'analisi storico filosofica del pensiero assistenziale infermieristico o infermieristico
pediatrico o ostetrico;
* applicare le cognizioni fondamentali dei valori etico deontologici del rapporto tra la persona, la
malattia, le istituzioni sanitarie e gli operatori al fine di sviluppare le capacità di giudizio etico e
di assunzione delle responsabilità;
* sperimentare strategie e interventi orientati alla complessità relazionale dell'assistenza
pertinente alla specifica figura professionale e ai processi di educazione alla salute;
* gestire gruppi di lavoro e strategie per favorire processi di integrazione multiprofessionali ed
organizzativi;
* approfondire i modelli di apprendimento dall'esperienza per condurre processi di formazione
professionalizzante;
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* approfondire l'applicazione di modelli e strumenti di valutazione dei processi di
apprendimento, dell'efficacia didattica e dell'impatto della formazione sui servizi;
* applicare, in relazione allo specifico contesto operativo, metodologie didattiche formali e
tutoriali;
* progettare e realizzare, in collaborazione con altri professionisti, interventi educativi e di
sostegno del singolo e della comunità per l'autogestione e il controllo dei fattori di rischio e dei
problemi di salute;
* identificare specifici problemi e aree di ricerca in ambito clinico, organizzativo e formativo;
* verificare l'applicazione dei risultati di ricerca in funzione del continuo miglioramento di
qualità dell'assistenza;
* sviluppare la ricerca e l'insegnamento riguardo a specifici ambiti della disciplina pertinente alla
specifica figura professionale e dell'assistenza;
* analizzare l'evoluzione e i cambiamenti dei sistemi sanitari;
* approfondire le strategie di gestione del personale e i sistemi di valutazione dei carichi di
lavoro;
* approfondire i sistemi di valutazione e di accreditamento professionale.
I regolamenti didattici di ateneo determinano, con riferimento all'articolo 5, comma 3, del
decreto ministeriale 3 novembre 1999, n.509, la frazione dell'impegno orario complessivo
riservato allo studio o alle altre attività formative di tipo individuale in funzione degli obiettivi
specifici della formazione avanzata e dello svolgimento di attività formative ad elevato
contenuto sperimentale o pratico, nel rispetto delle apposite direttive dell'Unione Europea.
Decreto 22 ottobre 2004, n.270
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 novembre 2004 n.266
MODIFICHE AL REGOLAMENTO RECANTE NORME CONCERNENTI
L'AUTONOMIA DIDATTICA DEGLI ATENEI
APPROVATO CON DECRETO DEL MINISTRO DELL'UNIVERSITÀ E DELLA
RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA 3 NOVEMBRE 1999, N. 509.
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, ed in particolare l'articolo 17, comma 3;
Visto l'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni ed
integrazioni;
Visto il decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509, e i decreti ministeriali 4 agosto 2000
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000; 28
novembre 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 22 gennaio
2001; 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 23 gennaio 2001;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25;
Visto il decreto 25 marzo 1998, n. 142, del Ministero del lavoro;
Vista la legge 3 luglio 1998, n. 210;
Vista la legge 2 agosto 1999, n. 264;
59
Visti il parere del Consiglio universitario nazionale (CUN) reso il 25 settembre 2003, il parere del
Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU) reso il 19 giugno 2003, il parere della
Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) reso il 23 settembre 2003 e il parere del
Comitato di valutazione del sistema universitario (CONVSU) reso il 21 maggio 2003;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva degli atti normativi nelle
adunanze del 24 novembre 2003 e del 22 marzo 2004;
Visti i pareri delle competenti commissioni parlamentari;
Vista la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 17, comma
3, della predetta legge n. 400 del 1988 (nota n. 2705/1.5/04 del 21 giugno 2004) così come attestata
dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con nota del 12 luglio 2004, n. 13634-Dagl1/21.34/1/2004;
Adotta il seguente regolamento:
Articolo 1
Definizioni
Ai sensi del presente regolamento si intende:
a) per Ministro o Ministero, il Ministro o il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
b) per decreto o decreti ministeriali, uno o più decreti emanati ai sensi e secondo le procedure di cui
all'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni;
c) per regolamenti didattici di ateneo, i regolamenti di cui all'articolo 11, comma 1, della legge 19
novembre 1990, n. 341;
d) per regolamenti didattici dei corsi di studio, i regolamenti di cui all'articolo 11, comma 2, della
legge 19 novembre 1990, n. 341;
e) per corsi di studio, i corsi di laurea, di laurea magistrale e di specializzazione, come individuati
nell'articolo 3;
f) per titoli di studio, la laurea, la laurea magistrale, il diploma di specializzazione rilasciati al
termine dei corrispondenti corsi di studio, come individuati nell'articolo 3;
g) per classe di appartenenza di corsi di studio, l'insieme dei corsi di studio, comunque denominati,
raggruppati ai sensi dell'articolo 4;
h) per settori scientifico-disciplinari, i raggruppamenti di discipline di cui al decreto ministeriale 4
ottobre 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 24 ottobre
2000, e successive modifiche;
i) per ambito disciplinare, un insieme di settori scientifico-disciplinari culturalmente e
professionalmente affini, definito dai decreti ministeriali;
l) per credito formativo universitario, la misura del volume di lavoro di apprendimento, compreso lo
studio individuale, richiesto ad uno studente in possesso di adeguata preparazione iniziale per
l'acquisizione di conoscenze ed abilità nelle attività formative previste dagli ordinamenti didattici
dei corsi di studio;
m) per obiettivi formativi, l'insieme di conoscenze e abilità che caratterizzano il profilo culturale e
professionale, al conseguimento delle quali il corso di studio é finalizzato;
n) per ordinamento didattico di un corso di studio, l'insieme delle norme che regolano i curricula del
corso di studio, come specificato nell'articolo 11;
o) per attività formativa, ogni attività organizzata o prevista dalle università al fine di assicurare la
formazione culturale e professionale degli studenti, con riferimento, tra l'altro, ai corsi di
insegnamento, ai seminari, alle esercitazioni pratiche o di laboratorio, alle attività didattiche a
60
piccoli gruppi, al tutorato, all'orientamento, ai tirocini, ai progetti, alle tesi, alle attività di studio
individuale e di autoapprendimento;
p) per curriculum, l'insieme delle attività formative universitarie ed extrauniversitarie specificate nel
regolamento didattico del corso di studio al fine del conseguimento del relativo titolo.
Articolo 2 Finalità
1. Ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive
modificazioni e integrazioni, il presente regolamento detta disposizioni concernenti i criteri generali
per l'ordinamento degli studi universitari e determina la tipologia dei titoli di studio rilasciati dalle
università.
2. Ai fini della realizzazione dell'autonomia didattica di cui all'articolo 11 della legge 19 novembre
1990, n. 341, le università, con le procedure previste dalla legge e dagli statuti, disciplinano gli
ordinamenti didattici dei propri corsi di studio in conformità con le disposizioni del presente
regolamento e di successivi decreti ministeriali.
Articolo 3
Titoli e corsi di studio
1. Le università rilasciano i seguenti titoli:
a) laurea (L);
b) laurea magistrale (L.M.).
2. Le università rilasciano altresì il diploma di specializzazione (DS) e il dottorato di ricerca (DR).
3. La laurea, la laurea magistrale, il diploma di specializzazione e il dottorato di ricerca sono
conseguiti al termine, rispettivamente, dei corsi di laurea, di laurea magistrale, di specializzazione e
di dottorato di ricerca istituiti dalle università.
4. Il corso di laurea ha l'obiettivo di assicurare allo studente un'adeguata padronanza di metodi e
contenuti scientifici generali, anche nel caso in cui sia orientato all'acquisizione di specifiche
conoscenze professionali.
5. L'acquisizione delle conoscenze professionali, di cui al comma 4 é preordinata all'inserimento del
laureato nel mondo del lavoro ed all'esercizio delle correlate attività professionali regolamentate,
nell'osservanza delle disposizioni di legge e dell'Unione europea e di quelle di cui all'articolo 11,
comma 4.
6. Il corso di laurea magistrale ha l'obiettivo di fornire allo studente una formazione di livello
avanzato per l'esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici.
7. Il corso di specializzazione ha l'obiettivo di fornire allo studente conoscenze e abilità per funzioni
richieste nell'esercizio di particolari attività professionali e può essere istituito esclusivamente in
applicazione di specifiche norme di legge o di direttive dell'Unione europea.
8. I corsi di dottorato di ricerca e il conseguimento del relativo titolo sono disciplinati dall'articolo 4
della legge 3 luglio 1998, n. 210, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6, commi 5 e 6.
9. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 19 novembre 1990, n. 341, in
materia di formazione finalizzata e di servizi didattici integrativi. In particolare, in attuazione
dell'articolo 1, comma 15, della legge 14 gennaio 1999, n. 4, le università possono attivare,
disciplinandoli nei regolamenti didattici di ateneo, corsi di perfezionamento scientifico e di alta
formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea o della laurea
magistrale, alla conclusione dei quali sono rilasciati i master universitari di primo e di secondo
livello.
61
10. Sulla base di apposite convenzioni, le università italiane possono rilasciare i titoli di cui al
presente articolo, anche congiuntamente con altri atenei italiani o stranieri.
Articolo 4
Classi di corsi di studio
1. I corsi di studio dello stesso livello, comunque denominati dagli atenei, aventi gli stessi obiettivi
formativi qualificanti e le conseguenti attività formative indispensabili di cui all'articolo 10, comma
1, sono raggruppati in classi di appartenenza, nel seguito denominate classi.
2. Le classi sono individuate da uno o più decreti ministeriali. Modifiche o istituzioni di singole
classi possono essere adottate, anche su proposta delle università, con decreto del Ministro, sentito
il CUN, unitamente alle connesse disposizioni in materia di obiettivi formativi qualificanti e di
conseguenti attività formative.
3. I titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe,
hanno identico valore legale, e sono corredati dal supplemento al diploma di cui all'articolo 11,
comma 8.
4. In deroga alla disposizione di cui al comma 3, con decreto del Ministro, sentito il CUN, di
concerto con il Ministro della funzione pubblica, possono essere dichiarate ai soli fini dell'accesso a
specifiche posizioni funzionali del pubblico impiego, le equipollenze fra titoli accademici dello
stesso livello afferenti a più classi.
Articolo 5
Crediti formativi universitari
1. Al credito formativo universitario, di seguito denominato credito, corrispondono 25 ore di
impegno complessivo per studente; con decreto ministeriale si possono motivatamente determinare
variazioni in aumento o in diminuzione delle predette ore per singole classi, entro il limite del 20
per cento.
2. La quantità media di impegno complessivo di apprendimento svolto in un anno da uno studente a
tempo pieno é convenzionalmente fissata in 60 crediti.
3. I regolamenti didattici di ateneo determinano, altresì, per ciascun corso di studio la frazione
dell'impegno orario complessivo che deve essere riservata allo studio personale o ad altre attività
formative di tipo individuale.
4. I crediti corrispondenti a ciascuna attività formativa sono acquisiti dallo studente con il
superamento dell'esame o di altra forma di verifica del profitto, fermo restando che la valutazione
del profitto é effettuata con le modalità di cui all'articolo 11,comma 7,lettera d).
5. Il riconoscimento totale o parziale dei crediti acquisiti da uno studente ai fini della prosecuzione
degli studi in altro corso della stessa università ovvero nello stesso o altro corso di altra università,
compete alla struttura didattica che accoglie lo studente, con procedure e criteri predeterminati
stabiliti nel regolamento didattico di ateneo.
6. I regolamenti didattici di ateneo possono prevedere forme di verifica periodica dei crediti
acquisiti, al fine di valutarne la non obsolescenza dei contenuti conoscitivi, e il numero minimo di
crediti da acquisire da parte dello studente in tempi determinati, diversificato per studenti impegnati
a tempo pieno negli studi universitari o contestualmente impegnati in attività lavorative.
7. Le università possono riconoscere come crediti formativi universitari, secondo criteri
predeterminati, le conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in
62
materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello postsecondario
alla cui progettazione e realizzazione l'università abbia concorso.
Articolo 6
Requisiti di ammissione ai corsi di studio
1. Per essere ammessi ad un corso di laurea occorre essere in possesso di un diploma di scuola
secondaria superiore o di altro titolo di studio conseguito all'estero, riconosciuto idoneo. I
regolamenti didattici di ateneo, ferme restando le attività di orientamento, coordinate e svolte ai
sensi dell'articolo 11, comma 7, lettera g), richiedono altresì il possesso o l'acquisizione di
un'adeguata preparazione iniziale. A tal fine gli stessi regolamenti didattici definiscono le
conoscenze richieste per l'accesso e ne determinano le modalità di verifica, anche a conclusione di
attività formative propedeutiche, svolte eventualmente in collaborazione con istituti di istruzione
secondaria superiore. Se la verifica non é positiva vengono indicati specifici obblighi formativi
aggiuntivi da soddisfare nel primo anno di corso. Tali obblighi formativi aggiuntivi sono assegnati
anche agli studenti dei corsi di laurea ad accesso programmato che siano stati ammessi ai corsi con
una votazione inferiore ad una prefissata votazione minima.
2. Per essere ammessi ad un corso di laurea magistrale occorre essere in possesso della laurea o del
diploma universitario di durata triennale, ovvero di altro titolo di studio conseguito all'estero,
riconosciuto idoneo. Nel caso di corsi di laurea magistrale per i quali non sia previsto il numero
programmato dalla normativa vigente in materia di accessi ai corsi universitari, l'università
stabilisce per ogni corso di laurea magistrale, specifici criteri di accesso che prevedono, comunque,
il possesso di requisiti curriculari e l'adeguatezza della personale preparazione verificata dagli
atenei, con modalità definite nei regolamenti didattici. L'iscrizione ai corsi di laurea magistrale può
essere consentita dall'università anche ad anno accademico iniziato, purché in tempo utile per la
partecipazione ai corsi nel rispetto delle norme stabilite nei regolamenti stessi.
3. In deroga al comma 2, e all'articolo 7, comma 2, i decreti ministeriali possono prevedere
l'ammissione ad un corso di laurea magistrale con il possesso del diploma di scuola secondaria
superiore, esclusivamente per corsi di studio regolati da normative dell'Unione europea che non
prevedano, per tali corsi, titoli universitari di primo livello, ovvero, fermo restando il periodo
formativo iniziale comune di cui all'articolo 11, comma 7, lettera a), per i corsi di studio finalizzati
all'accesso alle professioni legali.
4. Per essere ammessi ad un corso di specializzazione occorre essere in possesso almeno della
laurea, ovvero di altro titolo di studio conseguito all'estero, riconosciuto idoneo. Nel rispetto delle
norme e delle direttive di cui all'articolo 3, comma 6, i decreti ministeriali stabiliscono gli specifici
requisiti di ammissione ad un corso di specializzazione, ivi compresi gli eventuali crediti formativi
universitari aggiuntivi rispetto al titolo di studio già conseguito.
5. Per essere ammessi ad un corso di dottorato di ricerca occorre essere in possesso della laurea
magistrale ovvero di altro titolo di studio conseguito all'estero e riconosciuto idoneo.
6. Il riconoscimento dell'idoneità dei titoli di studio conseguiti all'estero ai soli fini dell'ammissione
a corsi di studio e di dottorato di ricerca é deliberata dall'università interessata, nel rispetto degli
accordi internazionali vigenti.
Articolo 7Conseguimento dei titoli di studio
63
1. Per conseguire la laurea lo studente deve aver acquisito 180 crediti, comprensivi di quelli relativi
alla conoscenza obbligatoria, oltre che della lingua italiana, di una lingua dell'Unione europea, fatte
salve le norme speciali per la tutela delle minoranze linguistiche. La conoscenza deve essere
verificata, secondo modalità stabilite dai regolamenti didattici di ateneo, con riferimento ai livelli
richiesti per ogni lingua.
2. Per conseguire la laurea magistrale lo studente deve aver acquisito 120 crediti.
3. I decreti ministeriali determinano il numero di crediti che lo studente deve aver acquisito per
conseguire il diploma di specializzazione. Sono fatte salve le disposizioni previste da specifiche
norme di legge o da direttive dell'Unione europea.
4. Per conseguire il master universitario lo studente deve aver acquisito almeno sessanta crediti oltre
a quelli acquisiti per conseguire la laurea o la laurea magistrale.
Articolo 8
Durata dei corsi di studio
1. Per ogni corso di studio é definita di norma una durata in anni proporzionale al numero totale di
crediti di cui all'articolo 7, tenendo conto che ad un anno corrispondono sessanta crediti ai sensi del
comma 2 dell'articolo 5.
2. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 6, comma 3, la durata normale dei corsi di laurea é di tre
anni; la durata normale dei corsi di laurea magistrale é di ulteriori due anni dopo la laurea.
Articolo 9
Istituzione e attivazione dei corsi di studio
1. I corsi di studio di cui all'articolo 3 sono istituiti nel rispetto dei criteri e delle procedure di cui
all'articolo 11 e delle disposizioni vigenti sulla programmazione del sistema universitario.
2. Con apposite deliberazioni le università attivano i corsi di studio nel rispetto dei requisiti
strutturali, organizzativi e di qualificazione dei docenti dei corsi determinati con decreto del
Ministro nell'osservanza degli obiettivi e dei criteri della programmazione del sistema universitario,
previa relazione favorevole del Nucleo di valutazione dell'università. Nel caso di disattivazioni, le
università assicurano comunque la possibilità per gli studenti già iscritti di concludere gli studi
conseguendo il relativo titolo e disciplinano la facoltà per gli studenti di optare per l'iscrizione ad
altri corsi di studio attivati.
3. L'attivazione dei corsi di studio di cui al comma 2 é subordinata all'inserimento degli stessi nella
banca dati dell'offerta formativa del Ministero, sulla base di criteri stabiliti con apposito decreto
ministeriale.
Articolo 10
Obiettivi e attività formative qualificanti delle classi
1. I decreti ministeriali individuano preliminarmente, per ogni classe di corsi di laurea, gli obiettivi
formativi qualificanti e le attività formative indispensabili per conseguirli, raggruppandole nelle
seguenti tipologie:
a) attività formative in uno o più ambiti disciplinari relativi alla formazione di base;
b) attività formative in uno o più ambiti disciplinari caratterizzanti la classe.
2. I decreti ministeriali determinano altresì, per ciascuna classe di corsi di laurea, il numero minimo
di crediti che gli ordinamenti didattici riservano ad ogni attività formativa e ad ogni ambito
disciplinare di cui al comma 1, rispettando il vincolo percentuale, sul totale dei crediti necessari per
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conseguire il titolo di studio, non superiore al 50 per cento dei crediti stessi, fatti salvi i corsi
preordinati all'accesso alle attività professionali, tenuto conto degli obiettivi formativi generali delle
classi.
3. I decreti di cui al comma 1 determinano, altresì, il numero minimo di CFU necessario per
l'istituzione dei corsi di studio adeguatamente differenziati.
4. I decreti ministeriali individuano preliminarmente per ogni classe di corsi di laurea magistrale gli
obiettivi formativi qualificanti e le attività formative caratterizzanti indispensabili per conseguirli in
misura non superiore al 40 per cento dei crediti complessivi, fatti salvi i corsi preordinati all'accesso
alle attività professionali.
5. Oltre alle attività formative qualificanti, come previsto ai commi 1, 2 e 3, i corsi di studio
dovranno prevedere:
a) attività formative autonomamente scelte dallo studente purché coerenti con il progetto
formativo;
b) attività formative in uno o più ambiti disciplinari affini o integrativi a quelli di base e
caratterizzanti, anche con riguardo alle culture di contesto e alla formazione interdisciplinare;
c) attività formative relative alla preparazione della prova finale per il conseguimento del
titolo di studio e, con riferimento alla laurea, alla verifica della conoscenza di almeno una
lingua straniera oltre l'italiano;
d) attività formative, non previste dalle lettere precedenti, volte ad acquisire ulteriori
conoscenze linguistiche, nonché abilità informatiche e telematiche, relazionali, o comunque
utili per l'inserimento nel mondo del lavoro, nonché attività formative volte ad agevolare le
scelte professionali, mediante la conoscenza diretta del settore lavorativo cui il titolo di studio
può dare accesso, tra cui, in particolare, i tirocini formativi e di orientamento di cui al decreto
25 marzo 1998, n. 142, del Ministero del lavoro;
e) nell'ipotesi di cui all'articolo 3, comma 5, attività formative relative agli stages e ai tirocini
formativi presso imprese, amministrazioni pubbliche, enti pubblici o privati ivi compresi
quelli del terzo settore, ordini e collegi professionali, sulla base di apposite convenzioni.
Articolo 11
Regolamenti didattici di ateneo
1. Le università disciplinano gli ordinamenti didattici dei propri corsi di studio nei regolamenti
didattici di ateneo che sono redatti nel rispetto, per ogni corso di studio, delle disposizioni del
presente regolamento e di successivi decreti ministeriali, e che sono approvati dal Ministero ai sensi
dell'articolo 11, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341.
2. I regolamenti didattici di ateneo e le relative modifiche sono emanati con decreto rettorale.
L'entrata in vigore degli ordinamenti didattici é stabilita nel decreto rettorale di emanazione.
3. Ogni ordinamento didattico determina:
a) le denominazioni e gli obiettivi formativi dei corsi di studio, indicando le relative classi di
appartenenza;
b) il quadro generale delle attività formative da inserire nei curricula;
c) i crediti assegnati a ciascuna attività formativa e a ciascun ambito, riferendoli per quanto
riguarda quelle previste nelle lettere a) e b), dell'articolo 10, comma 1, ad uno o più settori
scientifico-disciplinari nel loro complesso;
d) le caratteristiche della prova finale per il conseguimento del titolo di studio.
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4. Le determinazioni di cui al comma 3, sono assunte dalle università previa consultazione con le
organizzazioni rappresentative nel mondo della produzione, dei servizi e delle professioni con
particolare riferimento alla valutazione dei fabbisogni formativi e degli sbocchi professionali.
5. Per il conseguimento della laurea magistrale deve comunque essere prevista la presentazione di
una tesi elaborata in modo originale dallo studente sotto la guida di un relatore.
6. Il regolamento didattico di ateneo può prevedere più corsi di studio appartenenti alla medesima
classe.
7. I regolamenti didattici di ateneo, nel rispetto degli statuti, disciplinano altresì gli aspetti di
organizzazione dell'attività didattica comuni ai corsi di studio, con particolare riferimento:
a) ai criteri di accesso ai corsi di laurea, prevedendo, fatto salvo quanto stabilito per i corsi di
cui all'articolo 1, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n. 264, che gli studenti vengano
immatricolati a corsi di base comuni secondo criteri e procedure disciplinate nel regolamento
didattico di ateneo. A tale fine i regolamenti didattici di ateneo stabiliscono che tutti gli iscritti
ai corsi di laurea, afferenti alla medesima classe o gruppi affini di essi così come definiti dai
singoli ordinamenti di ateneo, condividano le stesse attività formative di base e caratterizzanti
comuni per un minimo di 60 crediti prima della differenziazione dei percorsi formativi
prevista dall'articolo 3, comma 4, secondo criteri stabiliti autonomamente e definiscano i
criteri per la prosecuzione degli studi nei diversi percorsi;
b) agli obiettivi, ai tempi e ai modi con cui le competenti strutture didattiche provvedono
collegialmente alla programmazione, al coordinamento e alla verifica dei risultati delle attività
formative;
c) alle procedure di attribuzione dei compiti didattici annuali ai professori e ai ricercatori
universitari, ivi comprese le attività didattiche integrative, di orientamento e di tutorato;
d) alle procedure per lo svolgimento degli esami e delle altre verifiche di profitto, nonché
della prova finale per il conseguimento del titolo di studio;
e) alle modalità con cui si perviene alla valutazione del profitto individuale dello studente,
che deve comunque essere espressa mediante una votazione in trentesimi per gli esami e in
cento decimi per la prova finale, con eventuale lode;
f) alla valutazione della preparazione iniziale degli studenti che accedono ai corsi di laurea e
ai criteri di accesso ai corsi di laurea magistrale;
g) all'organizzazione di attività formative propedeutiche alla valutazione della preparazione
iniziale degli studenti che accedono ai corsi di laurea, nonché di quelle relative agli obblighi
formativi aggiuntivi di cui al comma 1 dell'articolo 6;
h) all'introduzione di un servizio di ateneo per il coordinamento delle attività di orientamento,
da svolgere in collaborazione con gli istituti d'istruzione secondaria superiore, nonché in ogni
corso di studio, di un servizio di tutorato per gli studenti;
i) all'eventuale introduzione di apposite modalità organizzative delle attività formative per
studenti non impegnati a tempo pieno;
l) alle modalità di individuazione, per ogni attività, della struttura o della singola persona che
ne assume la responsabilità;
m) alla valutazione della qualità delle attività svolte;
n) alle forme di pubblicità dei procedimenti e delle decisioni assunte;
o) alle modalità per il rilascio dei titoli congiunti di cui all'articolo 3, comma 10.
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8. I regolamenti didattici di ateneo disciplinano le modalità con cui le università rilasciano, come
supplemento al diploma di ogni titolo di studio, un certificato che riporta, secondo modelli conformi
a quelli adottati dai Paesi europei, le principali indicazioni relative al curriculum specifico seguito
dallo studente per conseguire il titolo.
9. Le università, con appositi regolamenti, riordinano e disciplinano le procedure amministrative
relative alle carriere degli studenti in accordo con le disposizioni del presente regolamento, di
successivi decreti ministeriali e dei regolamenti didattici di ateneo. Per l'elaborazione di valutazioni
statistiche omogenee sulle carriere degli studenti universitari, il Ministro, con propri decreti,
individua i dati essenziali che devono essere presenti nei sistemi informativi sulle carriere degli
studenti di tutte le università.
Articolo 12
Regolamenti didattici dei corsi di studio
1. In base all'articolo 11, comma 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, il regolamento didattico
di un corso di studio, deliberato dalla competente struttura didattica in conformità con l'ordinamento
didattico nel rispetto della libertà d'insegnamento, nonché dei diritti e doveri dei docenti e degli
studenti, specifica gli aspetti organizzativi del corso di studio. Il regolamento é approvato con le
procedure previste nello statuto dell'ateneo.
2. Il regolamento didattico di un corso di studio determina in particolare:
a) l'elenco degli insegnamenti, con l'indicazione dei settori scientifico-disciplinari di
riferimento e dell'eventuale articolazione in moduli, nonché delle altre attività formative;
b) gli obiettivi formativi specifici, i crediti e le eventuali propedeuticità di ogni insegnamento
e di ogni altra attività formativa;
c) i curricula offerti agli studenti e le regole di presentazione, ove necessario, dei piani di
studio individuali;
d) la tipologia delle forme didattiche, anche a distanza, degli esami e delle altre verifiche del
profitto degli studenti;
e) le disposizioni sugli eventuali obblighi di frequenza.
3. Le disposizioni dei regolamenti didattici dei corsi di studio concernenti la coerenza tra i crediti
assegnati alle attività formative e gli specifici obiettivi formativi programmati sono deliberate dalle
competenti strutture didattiche, previo parere favorevole di commissioni didattiche paritetiche o di
altre analoghe strutture di rappresentanza studentesca. Qualora il parere non sia favorevole la
deliberazione é assunta dal senato accademico. Il parere é reso entro trenta giorni dalla richiesta.
Decorso inutilmente tale termine la deliberazione é adottata prescindendosi dal parere.
4. Le università assicurano la periodica revisione dei regolamenti didattici dei corsi di studio, in
particolare per quanto riguarda il numero dei crediti assegnati ad ogni insegnamento o altra attività
formativa.
Articolo 13
Disposizioni transitorie e finali
1. Il presente decreto sostituisce il decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.
2. Le università adeguano i regolamenti didattici di ateneo alle disposizioni dei decreti ministeriali
di cui all'articolo 10, recanti la modifica delle classi dei corsi di studio vigenti, entro i termini
stabiliti dai decreti medesimi, sentita la CRUI.
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3. Le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 3 e all'articolo 9 si applicano a decorrere dall'anno
2004-2005.
4. In via di prima applicazione del presente regolamento e comunque non oltre la determinazione
delle nuove classi di laurea e di laurea magistrale ai sensi del comma 1, le università possono
ridefinire, ad eccezione dei corsi di studio di cui all'articolo 6, comma 3, gli ordinamenti didattici
dei corsi di studio già istituiti ed attivati nel rispetto delle procedure di cui all'articolo 11 ed in
particolare delle disposizioni di cui agli articoli 7, comma 2 e 11, comma 7, lettera a) del presente
regolamento. Gli ordinamenti didattici stessi sono rideterminati sulla base dei settori scientificodisciplinari, già ricompresi nelle classi dei corsi di studio di cui al comma 1, in vigore alla data di
entrata in vigore del presente regolamento.
5. A seguito dell'adozione dei regolamenti didattici di ateneo di cui al comma 1, le università
assicurano la conclusione dei corsi di studio e il rilascio dei relativi titoli, secondo gli ordinamenti
didattici previgenti, agli studenti già iscritti alla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi e
disciplinano, altresì, la facoltà per gli studenti di optare per l'iscrizione a corsi di studio previsti dai
nuovi ordinamenti.
6. Gli studi compiuti per conseguire i diplomi universitari in base ai previgenti ordinamenti didattici
sono valutati in crediti e riconosciuti dalle università per il conseguimento della laurea di cui
all'articolo 3, com-ma 1. La stessa norma si applica agli studi compiuti per conseguire i diplomi
delle scuole dirette a fini speciali istituite presso le università, qualunque ne sia la durata.
7. A coloro che hanno conseguito, in base agli ordinamenti didattici di cui al comma 1, la laurea, la
laurea magistrale o specialistica e il dottorato di ricerca, competono, rispettivamente, le qualifiche
accademiche di dottore, dottore magistrale e dottore di ricerca. La qualifica di dottore magistrale
compete, altresì, a coloro i quali hanno conseguito la laurea secondo gli ordinamenti didattici
previgenti al decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica italiana. É fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Decreto 25 gennaio 2008
Gazzetta Ufficiale n. 48 del 26 febbraio 2008
RECEPIMENTO DELL'ACCORDO 15 NOVEMBRE 2007, TRA IL GOVERNO, LE
REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO,
CONCERNENTE LA DISCIPLINA PER L'ACCESSO ALLA QUALIFICA UNICA
DI DIRIGENTE DELLE PROFESSIONI SANITARIE INFERMIERISTICHE,
68
TECNICHE, DELLA RIABILITAZIONE, DELLA PREVENZIONE E DELLA
PROFESSIONE DI OSTETRICA.
Visto il DLgs 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, recante «Riordino della
disciplina sanitaria, a norma dell'art. 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421»;Vista la legge 10
agosto 2000, n. 251 recante «Disciplina delle professioni sanitarie, infermieristiche, tecniche, della
riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica»;Visto in particolare l'art. 6,
comma 2 della citata legge n. 251 del 2000 che prevede la definizione della disciplina concorsuale,
riservata al personale in possesso degli specifici diplomi rilasciati al termine di corsi universitari,
per l'accesso ad una nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario, alla quale si accede con
requisiti analoghi a quelli richiesti per l'accesso alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale di cui
all'art. 26 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni;Visto l'art. 6,
comma 1, lettera d) della legge 1° febbraio 2006, n. 43, recante «Disposizioni in materia di
professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e
delega al governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali», che individua i requisiti del
personale dirigente appartenente alle suddette professioni;Vista la legge 18 ottobre 2001, n. 3
recante «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione»;Visto l'accordo, ai sensi
dell'art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, del 15 novembre 2007, tra il Governo, le
regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, concernente la disciplina l'accesso alla
qualifica unica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione,
della prevenzione e della professione di ostetrica; Sulla proposta del Ministro della salute;
Decreta:
Articolo 11. E' reso esecutivo l'accordo 15 novembre 2007, citato in premessa, di cui all'allegato I
che costituisce parte integrante del presente decreto concernente, la disciplina per l'accesso alla
qualifica unica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione
della prevenzione e della professione di ostetrica.
Articolo 21. Il presente decreto entra in vigore a decorrere dal giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Decreto Ministeriale 8 gennaio 2009
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 28 maggio 2009 n.122
DETERMINAZIONE DELLE CLASSI DELLE LAUREE MAGISTRALI DELLE
PROFESSIONI SANITARIE
VISTA la legge 9 maggio 1989, n. 168;
VISTO l'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e successive modificazioni;
VISTO il decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85;
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VISTO l'articolo 11, commi 1 e 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341;
VISTI gli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25;
VISTO l'art. 1-ter del D.L. 31 gen. 2005, n. 7, convertito nella legge 31 mar. 2005, n. 43;
VISTA la legge 19 ottobre 1999, n. 370, e in particolare l'articolo 6, commi 6 e 7;
VISTO il D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, e in particolare gli articoli 3, 4, 5, 6, 7 e 10; MIUR Università Pagina
VISTA la Dichiarazione di Bologna del 19 giugno 1999 e i Comunicati di Praga del 19 maggio
2001, di Berlino del 19 settembre 2003 e di Bergen del 20 maggio 2005, relativi all'armonizzazione
dei sistemi dell’Istruzione Superiore dei paesi dell’area europea;
VISTO il decreto ministeriale 30 aprile 2004, prot. 9/2004 relativo all'Anagrafe degli studenti ed al
certificato "supplemento al diploma";
VISTO il DLgs 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni e integrazioni;
VISTA la Legge 2 agosto 1999, n.264;
VISTA la legge 10 agosto 2000, n. 251;
VISTO il decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica, 29 marzo 2001 con il quale, in attuazione dell'articolo 6 della predetta
legge 251/2000, sono state individuate e classificate le figure professionali sanitarie di cui agli
articoli 1, 2, 3, 4 della stessa legge;
VISTO il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229;
VISTO il decreto ministeriale 2 aprile 2001 recante la determinazione delle classi delle lauree
specialistiche delle professioni sanitarie;
VISTO il decreto ministeriale 27 gennaio 2005, n. 15, relativo alla Banca dati dell'offerta e verifica
del possesso dei requisiti minimi;
CONSIDERATA l'esigenza di provvedere alla determinazione delle classi dei corsi di laurea
magistrale delle professioni sanitarie ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge n. 127/1997 e
successive modificazioni, nonché ai sensi del predetto decreto ministeriale n. 270/2004;
VISTO il decreto ministeriale 11.10.2004 e successive integrazioni, con il quale sono stati costituiti
i Tavoli Tecnici al fine di rideterminare le classi dei corsi di studio ai sensi del D.M. 270/2004,
composti dai Presidenti delle Conferenze dei Presidi delle facoltà interessate, dai Presidenti degli
Ordini professionali interessati e dai Presidenti delle Associazioni professionali interessate;
PRESO ATTO, in particolare, di quanto il Comunicato di Bergen prevede circa gli schemi di
riferimento per i titoli e circa la specificazione degli obiettivi
didattici in termini di risultati di apprendimento attesi;
VISTI i pareri del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), resi nelle adunanze del 14/15 e del
20/21/22 dicembre 2005 e nell'adunanza dell'11 gennaio 2006;
RITENUTO di assumere, in via di principio, a fondamento della stesura delle singole classi
dell'allegato, le proposte formulate dai predetti Tavoli Tecnici in considerazione della generale
rappresentatività dei relativi interessi pubblici;
VISTO il parere del CNSU, reso nell'adunanza dell'1/2 settembre 2005;
SENTITA la CRUI per quanto riguarda il termine di cui all'art. 13, comma 2 del DM 270/2004;
RITENUTO che, ai sensi del D.M. 27 gen. 2005, n. 15, e con particolare riferimento alla verifica
del rispetto dei requisiti minimi, sia necessario assicurare agli atenei un congruo termine non
inferiore a mesi diciotto per l'adeguamento dei rispettivi regolamenti didattici;
70
VISTO il parere del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), reso nell'adunanza del 30 ottobre
2007;
VISTO il parere del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU), reso nell'adunanza
del 6 e 7 dicembre 2007;
ACQUISITI i pareri della VII Commissione del Senato della Repubblica e della VII Commissione
della Camera dei Deputati, resi rispettivamente il 14 ottobre 2008 e il 15 ottobre 2008;
RITENUTO di non accogliere le osservazioni di cui al punto 1 del parere della VII Commissione
del Senato della Repubblica e del parere della VII Commissione della Camera dei Deputati intese a
ridurre le discipline cliniche in quanto la presenza delle discipline cliniche nel corso di laurea
triennale rende obbligatorio il loro inserimento, anche nel corso di laurea magistrale, per garantire
la continuità didattica e per approfondire l'organizzazione e la gestione dell'assistenza nei vari
ambiti clinici;
CONSIDERATO che l'invito, contenuto nel punto 2 del parere della VII Commissione del Senato,
inteso a favorire le attività di formazione a distanza, al fine di promuovere l'ampliamento e la
diffusione di esperienze nazionali ed internazionali può essere accolto limitatamente alle sedi
decentrate ed MIUR per la didattica teorica, fermo restando che, data la specificità della professione
sanitaria, anche il rapporto con il docente nella didattica teorica può consentire un apprendimento
delle modalità di rapporto con il paziente;
CONSIDERATO altresì, che non si condivide il suggerimento contenuto nel punto 3 del parere
della VII Commissione del Senato della Repubblica.
Riguardante l'introduzione e l'approfondimento delle discipline gestionali ed organizzative che
riguardano strettamente le competenze degli infermieri.
Nonché l'ampliamento dello studio delle discipline statistiche, in quanto i 20 crediti formativi liberi
a scelta dalla sede sono disponibili oltre che per.
L’eventuale didattica online anche per approfondimenti di tipo statistico, epidemiologico e
gestionale;
Decreta:
Articolo 1
1. Il presente decreto definisce, ai sensi dell'articolo 4 del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n.
270, le classi dei corsi di laurea magistrale delle professioni sanitarie individuate nell'allegato, che
ne costituisce parte integrante, e si applica a tutte le università statali e non statali.
2. Le classi delle lauree specialistiche delle professioni sanitarie, di cui al D.M. 2 aprile 2001 (S.O.
n. 136 alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001)
Sono soppresse e sostituite dalle classi di laurea magistrale allegate al presente decreto di cui fanno
parte integrante, fatto salvo quanto previsto all'art. 8.
3. Le università, nell'osservanza dell'articolo 9 del predetto decreto ministeriale n. 270/2004
procedono all'istituzione dei corsi di laurea magistrale individuando, in sede di ordinamento
didattico, le classi di appartenenza.
4. I regolamenti didattici di ateneo, disciplinanti gli ordinamenti didattici dei corsi di studio di cui al
comma 1, sono redatti in conformità alle disposizioni di cui all'art. 11 del decreto n. 270/2004 e del
presente decreto.
5. In attuazione del comma 4 le università adeguano i vigenti regolamenti didattici di ateneo alle
disposizione di cui al presente decreto entro l'anno accademico 2010/2011.
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6. Le modifiche sono approvate dalle università in tempo utile per assicurare l'avvio dei corsi di
laurea delle professioni sanitarie con i nuovi ordinamenti all'inizio di ciascun anno accademico;
Articolo 2
1. I corsi di laurea magistrale afferenti alle classi di cui al presente decreto sono istituiti e attivati
dalle facoltà di Medicina e Chirurgia. La formazione prevista dai predetti corsi avviene nelle
Università, nelle Aziende ospedaliero-universitarie, nelle Aziende ospedaliere, negli Istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico ovvero presso altre strutture del Servizio sanitario nazionale e
istituzioni private accreditate a norma del decreto ministeriale 24 settembre 1997 e successive
modificazioni. A tal fine sono stipulati appositi protocolli di intesa tra le regioni e le università, a
norma dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni.
2. Almeno il cinquanta per cento degli insegnamenti previsti dagli ordinamenti didattici dei corsi di
cui al comma 1 sono affidati a professori e ricercatori universitari.
Articolo 3
1. Per ogni corso di laurea magistrale i regolamenti didattici di ateneo determinano il numero intero
di crediti assegnati a ciascuna attività formativa. A tale,limitatamente alle attività formative previste
nelle lettere a) e b) dell'articolo 10, comma 1, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n.270, sono
indicati il settore o i settori scientifico-disciplinari di riferimento e il relativo ambito disciplinare.
2. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea magistrale delle professioni sanitarie devono
assicurare agli studenti una solida preparazione sia nelle discipline di base che in quelle
caratterizzanti, garantendo loro la possibilità di un approfondimento critico degli argomenti anche
evitando la dispersione del loro impegno su un numero eccessivo di discipline, di insegnamenti o
dei relativi moduli. Devono altresì' assicurare agli studenti la possibilità di svolgere tutte le attività
formative di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270.
3. Per quanto riguarda le attività formative autonomamente scelte dallo studente, ai sensi
dell'articolo 10, comma 5, lett. a) del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, i regolamenti
didattici di ateneo assicurano la libertà di scelta tra tutti gli insegnamenti attivati nell'ateneo,
consentendo anche l' acquisizione di ulteriori crediti formativi nelle discipline di base e
caratterizzanti.
4. Nel definire gli ordinamenti didattici del corso di laurea magistrale delle professioni sanitarie di
ciascuna classe le università specificano gli obiettivi formativi in termini di risultati di
apprendimento attesi, con riferimento al sistema di descrittori adottato in sede europea , nonché in
particolare, alle competenze relative all' organizzazione e coordinamento di tutte le figure
professionali ricomprese in ogni classe, e individuano gli sbocchi professionali anche con
riferimento alle attività classificate dall'ISTAT.
5. Salvo quanto previsto dal comma 6, relativamente al trasferimento degli studenti da un'università
ad un'altra, i regolamenti didattici assicurano il riconoscimento del maggior numero possibile dei
crediti già maturati dallo studente, secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del
corso di laurea magistrale di destinazione, anche ricorrendo eventualmente a colloqui per la verifica
delle conoscenze effettivamente possedute. Il mancato riconoscimento di crediti deve essere
adeguatamente motivato.
6. Esclusivamente nel caso in cui il trasferimento dello studente sia effettuato tra corsi di laurea
magistrale delle professioni sanitarie appartenenti alla medesima classe, la quota di crediti relativi al
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medesimo settore scientifico-disciplinare direttamente riconosciuti allo studente non può essere
inferiore al cinquanta per cento.
Articolo 4
1. Le competenti strutture didattiche determinano, con il regolamento didattico del corso di laurea
magistrale, l'elenco degli insegnamenti e delle altre attività formative di cui all'articolo 12 del
decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, secondo criteri di stretta funzionalità con gli obiettivi
formativi specifici del corso.
2. Le università garantiscono l'attribuzione a ciascun insegnamento attivato di un congruo numero
intero di crediti formativi, evitando la parcellizzazione delle attività formative. In ciascun corso di
laurea magistrale delle professioni sanitarie non possono comunque essere previsti in totale più di
12 esami o valutazioni finali di profitto, anche favorendo prove di esame integrate per più
insegnamenti o moduli coordinati. In tal caso i docenti titolari degli insegnamenti o moduli
coordinati partecipano alla valutazione collegiale complessiva del profitto dello studente con
modalità previste nei regolamenti didattici di ateneo , ai sensi dell' articolo 11, comma 7, lettera d),
del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270.
3. Gli atenei possono riconoscere, secondo quanto previsto dall'articolo 5, comma 7, del decreto
ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, le conoscenze e le abilità professionali certificate
individualmente ai sensi della normativa vigente in materia, nonché le altre conoscenze e abilità
maturate in attività formative di livello post-secondario alla cui progettazione e realizzazione
l’università abbia concorso. Il numero massimo di crediti formativi universitari riconoscibili è
fissato per ogni corso di laurea nel proprio ordinamento didattico e non può comunque essere
superiore a 40. Le attività già riconosciute ai fini dell’attribuzione di crediti formativi universitari
nell’ambito di corsi di laurea delle professioni sanitarie non possono essere nuovamente
riconosciute come crediti formativi nell’ambito di corsi di laurea magistrale delle professioni
sanitarie.
Articolo 5
1. I crediti formativi universitari dei corsi di laurea magistrale di cui al presente decreto
corrispondono a 25 ore di impegno per studente. I regolamenti didattici di ateneo determinano
altresì per ciascun corso di laurea magistrale la quota di impegno orario complessivo che deve
rimanere riservata a disposizione dello studente per lo studio personale o per altre attività formative
di tipo individuale. Tale quota non può comunque essere inferiore al cinquanta per cento
dell'impegno orario complessivo, salvo nel caso in cui siano previste attività formative ad elevato
contenuto sperimentale e pratico. Nel computo dell'impegno orario complessivo non devono essere
considerate le attività di tirocinio.
2. Gli studenti che maturano 120 crediti secondo le modalità previste nel regolamento didattico del
corso di laurea magistrale delle professioni sanitarie, ivi compresi quelli relativi alla preparazione
della prova finale e fatto salvo l'obbligo di aver completato l’attività di tirocinio e laboratorio, sono
ammessi a sostenere la prova finale e conseguire il titolo di studio indipendentemente dal numero di
anni di iscrizione all'università.
Articolo 6
1. I regolamenti didattici dei corsi di laurea magistrale delle professioni sanitarie prevedono
l'accesso senza debiti formativi per i laureati delle professioni sanitarie della classe corrispondente.
Inoltre per i possessori di titoli differenti, fissano i requisiti curricolari che devono essere posseduti
73
per l'ammissione a ciascun corso di laurea magistrale, ai sensi dell'articolo 6, comma 2 del decreto
ministeriale n. 270/2004. Eventuali integrazioni curricolari devono essere realizzate prima della
verifica della preparazione individuale di cui al comma 2 .
2. Il regolamento didattico di ateneo fissa le modalità di verifica dell’adeguatezza della personale
preparazione ai fini dell'ammissione al corso di laurea magistrale, ai sensi dell'articolo 6, comma 2 e
dell'articolo 11, comma 7, lettera f), del predetto decreto ministeriale.
Articolo 7
1. Le università rilasciano i titoli di laurea magistrale con la denominazione della classe di
appartenenza.
2. I regolamenti didattici di ateneo e i regolamenti dei corsi di studio non possono prevedere
denominazioni dei corsi di studio e dei relativi titoli che facciano riferimento a curricula, indirizzi,
orientamenti o ad altre articolazioni interne dei medesimi corsi, o a singoli profili professionali.
3. Le università provvedono inoltre a rilasciare, ai sensi dell'articolo 11, comma 8 del decreto
ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, e con le modalità indicate nel decreto ministeriale 30 aprile
2004, prot. 9/2004 e successive integrazioni, come supplemento al diploma di ogni titolo di studio,
un certificato che riporta, anche in lingua inglese e secondo modelli conformi a quelli adottati dai
paesi europei, le principali indicazioni relative al curriculum specifico seguito dallo studente per
conseguire il titolo.
Articolo 8
1. Ai sensi dell'articolo 13, comma 5, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, le università
assicurano la conclusione dei corsi di studio e il rilascio dei relativi titoli, secondo gli ordinamenti
didattici vigenti, agli studenti già iscritti ai corsi alla data del presente decreto e disciplinano altresì
la facoltà per i medesimi studenti di optare per l'iscrizione ai corsi di laurea magistrale delle
professioni sanitarie di cui allo stesso decreto.
2. Modifiche alle classi di cui al presente decreto e istituzioni di nuove classi possono essere
disposte con decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca in conformità alle
disposizioni di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto ministeriale n. 270/2004.
Il presente decreto sarà inviato ai competenti organi di controllo e sarà pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana.
Decreto Interministeriale 19 febbraio 2009
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 25 maggio 2009 n. 119
DETERMINAZIONE DELLE CLASSI DELLE LAUREE DELLE PROFESSIONI
SANITARIE
(Omissis)
Articolo 1
1.Il presente decreto definisce, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto ministeriale 22
ottobre 2004, n. 270, le classi dei corsi di laurea per le professioni sanitarie infermieristiche e
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ostetriche, della riabilitazione, tecniche e della prevenzione, individuate nell'allegato che ne
costituisce parte integrante.
2. Le università procedono all'istituzione dei corsi di laurea delle professioni sanitarie individuando
le classi di appartenenza ai sensi dell'articolo 9 del predetto decreto ministeriale.
3. Le classi delle lauree delle professioni sanitarie di cui al D.I. 2 aprile 2001 (S.O. n. 136 alla G.U.
n.128 del 5 giugno 2001) sono soppresse e sostituite da quelle allegate al presente decreto di cui
fanno parte integrante, fatto salvo quanto previsto all'articolo 9.
4. I regolamenti didattici di ateneo, disciplinanti gli ordinamenti didattici dei corsi di studio di cui al
comma 1, sono redatti in conformità alle disposizioni di cui all'art. 11 del decreto n. 270/2004 e del
presente decreto.
5. In attuazione del comma 4 le università adeguano i vigenti regolamenti didattici di ateneo alle
disposizioni di cui al presente decreto entro l'anno accademico 2010/2011.
6. Le modifiche sono approvate dalle università in tempo utile per assicurare l'avvio dei corsi di
laurea delle professioni sanitarie con i nuovi ordinamenti all'inizio di ciascun anno accademico.
7. L'attivazione di corsi di laurea delle professioni sanitarie afferenti alle classi di cui al presente
decreto deve prevedere la contestuale disattivazione da parte dell'ateneo dei paralleli corsi di laurea
delle professioni sanitarie afferenti alle classi di cui al DI 2 aprile 2001.
8. I corsi di laurea istituiti dalle università, ai sensi del presente provvedimento e con le modalità
previste dall'articolo 11, comma 1, della legge n. 341/90, sono finalizzati a formare laureati secondo
gli specifici profili professionali di cui ai decreti adottati dal Ministro della Sanità ai sensi
dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive
modificazioni.
9. Le università attribuiscono al corso di laurea una denominazione corrispondente a quella della
figura professionale di cui ai relativi decreti del Ministro della Sanità, adottati ai sensi dell'articolo
6, comma 3 del decreto legislativo n. 502/1992.
10. Gli obiettivi formativi qualificanti, di cui al presente decreto, e le denominazioni dei titoli finali
rilasciati dalle università possono essere ridefiniti con decreto del Ministro dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca, di concerto con il Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali in conformità con eventuali riformulazioni determinate con i decreti del Ministro del
Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali adottati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto
legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni.
Articolo 2
1. I corsi di laurea afferenti alle classi di cui al presente decreto sono istituiti e attivati dalle facoltà
di Medicina e Chirurgia. La formazione prevista dai predetti corsi avviene nelle Università, nelle
Aziende ospedaliere, nelle Aziende ospedaliero-universitarie, negli Istituti di ricovero e cura a
carattere scientifico ovvero presso altre strutture del Servizio sanitario nazionale e istituzioni private
accreditate a norma del decreto ministeriale 24 settembre 1997 e successive modificazioni. A tal
fine sono stipulati appositi protocolli di intesa tra le regioni e le università, a norma dell'articolo 6,
comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni.
75
2. Almeno il cinquanta per cento degli insegnamenti previsti dagli ordinamenti didattici dei corsi di
laurea di cui al comma 1 sono affidati a professori e ricercatori universitari. Sono escluse dal
calcolo del cinquanta per cento le attività di tirocinio, ovvero i 60 CFU professionalizzanti.
Articolo 3
1. Le competenti strutture didattiche determinano, con il regolamento didattico del corso di laurea,
l'elenco degli insegnamenti, da affidare anche a personale del ruolo sanitario, e delle altre attività
formative di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto ministeriale n. 270/2004, secondo criteri di
stretta funzionalità con le figure professionali e i relativi profili individuati dal Ministro della Sanità
ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni.
2 I laureati al termine dei percorsi formativi determinati negli allegati al presente decreto devono
acquisire le competenze professionali previste, per ciascuna figura, dai decreti del Ministro della
Sanità, adottati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992, e successive
modificazioni.
Articolo 4
1. Per ogni corso di laurea i regolamenti didattici di ateneo determinano il numero intero di crediti
assegnati a ciascuna attività formativa. A tale scopo, limitatamente alle attività formative previste
nelle lettere a) e b) dell'articolo 10, comma 1, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n.270, sono
indicati il settore o i settori scientifico-disciplinari di riferimento e il relativo ambito disciplinare.
2. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea delle professioni sanitarie devono assicurare agli
studenti una solida preparazione sia nelle discipline di base che in quelle caratterizzanti, garantendo
loro la possibilità di un approfondimento critico degli argomenti anche evitando la dispersione del
loro impegno su un numero eccessivo di discipline, di insegnamenti o dei relativi moduli. Devono
altresì assicurare agli studenti la possibilità di svolgere tutte le attività formative di cui all'articolo
10, comma 5, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, nonché di acquisire le conoscenze, le
abilità relative all'ambito delle attività didattiche tecnico-pratiche indispensabili ai fini dell'esercizio
della professione.
3. Per quanto riguarda le attività formative autonomamente scelte dallo studente, ai sensi
dell'articolo 10, comma 5, lettera a) del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, i regolamenti
didattici di ateneo assicurano la libertà di scelta tra tutti gli insegnamenti attivati nell'ateneo,
consentendo anche l'acquisizione di ulteriori crediti formativi nelle discipline di base e
caratterizzanti.
4. In considerazione dell'elevato contenuto professionale, applicato nei processi diagnostico
terapeutici e assistenziali, delle attività formative e delle direttive comunitarie concernenti le
professioni sanitarie di cui al presente decreto, la frazione dell'impegno orario complessivo riservata
allo studio personale o ad altre attività formative di tipo individuale non può essere inferiore al
cinquanta per cento. Nel computo dell'impegno orario complessivo non devono essere considerate
le attività di tirocinio.
76
5. L'attività formativa pratica e di tirocinio clinico deve essere svolta con la supervisione e la guida
di tutori professionali appositamente formati e assegnati ed è coordinata, con incarico triennale, da
un docente appartenente allo specifico profilo professionale, in possesso della Laurea Specialistica
o Magistrale della rispettiva classe, nominato sulla base della valutazione di specifico curriculum
che esprima la richiesta esperienza professionale, non inferiore ai cinque anni, nell'ambito della
formazione.
6. Nel definire gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea delle professioni sanitarie le università
specificano gli obiettivi formativi con riferimento alle professioni regolamentate dal Ministero della
Sanità ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive
modificazioni, nonché in termini di risultati di apprendimento attesi, con riferimento al sistema di
descrittori adottato in sede europea, e individuano gli sbocchi professionali anche con riferimento
alle attività classificate dall'ISTAT.
7. Salvo quanto previsto dal comma 8, relativamente al trasferimento degli studenti da un'università
ad un'altra, i regolamenti didattici assicurano il riconoscimento del maggior numero possibile dei
crediti già maturati dallo studente, secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del
corso di laurea di destinazione, anche ricorrendo eventualmente a colloqui per la verifica delle
conoscenze effettivamente possedute. Il mancato riconoscimento di crediti deve essere
adeguatamente motivato.
8. Esclusivamente nel caso in cui il trasferimento dello studente sia effettuato tra corsi di laurea
delle professioni sanitarie appartenenti ad identico profilo professionale, nonché a differente profilo
appartenente alla medesima classe, la quota di crediti relativi al medesimo settore scientificodisciplinare direttamente riconosciuti allo studente non può essere inferiore al cinquanta per cento.
Articolo 5
1. Le competenti strutture didattiche determinano, con il regolamento didattico del corso di laurea,
l'elenco degli insegnamenti e delle altre attività formative di cui all'art.12 del decreto ministeriale 22
ottobre 2004, n. 270, secondo criteri di stretta funzionalità con gli obiettivi formativi specifici del
corso. Per la classe delle lauree in professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria
ostetrica/o, nel rispetto delle normative europee, i crediti da acquisire con il tirocinio, i laboratori e
le attività pratiche, non possono essere inferiori a 60 CFU. In ossequio alla normativa comunitaria a
tali CFU è attribuito un peso orario pari a 47 ore per credito.
2. Le università garantiscono l'attribuzione a ciascun insegnamento attivato di un congruo numero
intero di crediti formativi, evitando la parcellizzazione delle attività formative e prevedendo per
ciascun corso di studio un numero massimo di esami e delle altre verifiche di profitto di cui
all'articolo 12, comma 2, lettera b), del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, non superiore a
venti.
3. Gli atenei possono riconoscere, secondo quanto previsto dall'articolo 5, comma 7 del decreto
ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, le conoscenze e le abilità professionali certificate
individualmente ai sensi della normativa vigente in materia, nonché le altre conoscenze e abilità
maturate in attività formative di livello post-secondario alla cui progettazione e realizzazione
l'università abbia concorso. Il numero massimo di crediti formativi universitari riconoscibili è
fissato per ogni corso di laurea nel proprio ordinamento didattico e non può comunque essere
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superiore a sessanta, fatti salvi i casi di coloro che hanno ottenuto il riconoscimento professionale di
percorsi formativi precedenti, ai sensi della Legge 26 febbraio 1999, n. 42.
Articolo 6
1. I crediti formativi universitari dei corsi di laurea di cui al presente decreto corrispondono a 25 ore
di impegno per studente.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, i crediti formativi universitari dei corsi di laurea
per la formazione delle figure professionali dell'infermiere, dell'infermiere pediatrico e
dell'ostetrica/o, di cui alle direttive dell'Unione Europea citate in premessa, corrispondono a 30 ore
di lavoro per studente.
3. Gli studenti che maturano 180 crediti secondo le modalità previste nel regolamento didattico del
corso di laurea delle professioni sanitarie, ivi compresi quelli relativi alla preparazione della prova
finale e fatto salvo l'obbligo di aver completato l'attività di tirocinio e laboratorio, sono ammessi a
sostenere la prova finale e conseguire il titolo di studio indipendentemente dal numero di anni di
iscrizione all'università.
Articolo 7
1. Ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni,
la prova finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di cui al presente decreto ha valore di esame di
Stato abilitante all'esercizio professionale.
2. La prova finale si compone di:a) una prova pratica nel corso della quale lo studente deve
dimostrare di aver acquisito le conoscenze e abilità teorico-pratiche e tecnico-operative proprie
dello specifico profilo professionale;b) redazione di un elaborato di una tesi e sua dissertazione.
3. La prova di cui al comma 2 è organizzata, con decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università
e della Ricerca di concerto con il Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, in due
sessioni definite a livello nazionale. La prima, di norma, nel periodo ottobre-novembre e la seconda
in marzo-aprile.
4. La Commissione per la prova finale è composta da non meno di 7 e non più di 11 membri,
nominati dal Rettore su proposta del Consiglio di corso di laurea, e comprende almeno 2 membri
designati dal Collegio professionale, ove esistente, ovvero dalle Associazioni professionali
maggiormente rappresentative individuate secondo la normativa vigente. Le date delle sedute sono
comunicate, con almeno trenta giorni di anticipo rispetto all'inizio della prima sessione, ai Ministeri
dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e al Ministero del Lavoro, della Salute e delle
Politiche Sociali che possono inviare propri esperti, come rappresentanti, alle singole sessioni. Essi
sovrintendono alla regolarità dell'esame di cui sottoscrivono i verbali. In caso di mancata
designazione dei predetti componenti di nomina ministeriale, il Rettore può esercitare il potere
sostitutivo.
Articolo 8
1. Le università rilasciano i titoli di laurea con la denominazione del corso, della classe di
appartenenza e con l'indicazione del profilo professionale al quale i laureati vengono abilitati.
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2. I regolamenti didattici di ateneo e i regolamenti dei corsi di studio non possono prevedere
denominazioni dei corsi di studio e dei relativi titoli che facciano riferimento a curricula, indirizzi,
orientamenti o ad altre articolazioni interne dei medesimi corsi.
3. Le università provvedono inoltre a rilasciare, ai sensi dell' art.11, comma 8 del decreto
ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270, e con le modalità indicate nel decreto ministeriale 30 aprile
2004, prot. 9/2004 e successive integrazioni, come supplemento al diploma di ogni titolo di studio,
un certificato che riporta, anche in lingua inglese e secondo modelli conformi a quelli adottati dai
paesi europei, le principali indicazioni relative al curriculum specifico seguito dallo studente per
conseguire il titolo .
Articolo 9
1. Ai sensi dell'art. 13, comma 5 del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n.270 le università
assicurano la conclusione dei corsi di laurea e il rilascio dei relativi titoli, secondo gli ordinamenti
didattici vigenti, agli studenti già iscritti ai corsi alla data del presente decreto e disciplinano altresì
la facoltà per i medesimi studenti di optare per l'iscrizione ai corsi di laurea di cui allo stesso
decreto.
2. Modifiche alle classi di cui al presente decreto e istituzioni di nuove classi, ai sensi e per gli
effetti dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992, possono essere disposte con
decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca di concerto con il Ministro del
Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 4,
comma 2, del decreto ministeriale n. 270/2004.
Articolo 10
1. Con decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca di concerto con il
Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, è istituito presso il Ministero
dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca l'Osservatorio Nazionale per le Professioni sanitarie
con il compito di formulare proposte e pareri in ordine alla definizione di requisiti d'idoneità
organizzativi, strutturali e tecnologici per l'accreditamento delle strutture didattiche universitarie e
ospedaliere in cui si svolge la formazione delle figure professionali di cui al presente decreto,
nonché a criteri e modalità per assicurare la qualità della formazione in conformità alle indicazioni
dell'Unione Europea. Il presente decreto sarà inviato ai competenti organi di controllo e sarà
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
79
La formazione delle figure di
supporto
Provvedimento 22 febbraio 2001- Profilo OSS
ACCORDO TRA IL MINISTRO DELLA SANITA', IL MINISTRO PER LA
SOLIDARIETA' SOCIALE E LE REGIONI E PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E
BOLZANO, PER LA INDIVIDUAZIONE DELLA FIGURA E DEL RELATIVO PROFILO
PROFESSIONALE DELL'OPERATORE SOCIO-SANITARIO E PER LA DEFINIZIONE
DELL'ORDINAMENTO DIDATTICO DEI CORSI DI FORMAZIONE.
(…omissis)Articolo 1Figura e profilo
1. E' individuata la figura dell'operatore socio-sanitario.
2. L'operatore socio-sanitario e' l'operatore che, a seguito dell'attestato di qualifica conseguito al
termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzata a:
a) soddisfare i bisogni primari della persona, nell'ambito delle proprie aree di competenza,
in un contesto sia sociale che sanitario;
b) favorire il benessere e l'autonomia dell'utente.
Articolo 2 La formazione
1. La formazione dell'operatore socio-sanitario è di competenza delle regioni e province autonome,
che provvedono all’organizzazione dei corsi e delle relative attività didattiche, nel rispetto delle
disposizioni del presente decreto.
2. Le regioni e le province autonome, sulla base del proprio fabbisogno annualmente determinato,
accreditano le aziende UU.SS.LL. e ospedaliere e le istituzioni pubbliche e private, che rispondono
ai requisiti minimi specificati dal Ministero della sanità e dal dipartimento degli affari sociali con
apposite linee guida, all’effettuazione dei corsi di formazione.
Articolo 3 Contesti operativi
1. L'operatore socio-sanitario svolge la sua attività sia nel settore sociale che in quello sanitario, in
servizi di tipo socio-assistenziale e socio-sanitario, residenziali o semiresidenziali, in ambiente
ospedaliero e al domicilio dell'utente.
Articolo 4 Contesto relazionale
80
1. L'operatore socio-sanitario svolge la sua attività in collaborazione con gli altri operatori
professionali preposti all'assistenza sanitaria e a quella sociale, secondo il criterio del lavoro
multiprofessionale.
Articolo 5 Attività
1. Le attività dell'operatore socio-sanitario sono rivolte alla persona e al suo ambiente di vita:a)
assistenza diretta ed aiuto domestico alberghiero;b) intervento igienico-sanitario e di carattere
sociale;c) supporto gestionale, organizzativo e formativo.
2. Le attività di cui al comma 1 sono riassunte nell'allegata tabella A che forma parte integrante del
presente decreto.
Articolo 6 Competenze
1. Le competenze dell'operatore di assistenza sono contenute nell'allegata tabella B che forma parte
integrante del presente decreto
Articolo 7 Requisiti di accesso
1. Per l'accesso ai corsi di formazione dell'operatore socio-sanitario e' richiesto il diploma di scuola
dell'obbligo ed il compimento del diciassettesimo anno di età alla data di iscrizione al corso.
Articolo 8 Organizzazione didattica
1. La didattica e' strutturata per moduli e per aree disciplinari. Ogni corso comprende i seguenti
moduli didattici:a) un modulo di base;b) un modulo professionalizzante.
2. I corsi di formazione per operatore socio-sanitario avranno durata annuale, per un numero di ore
non inferiore a 1000, articolate secondo i seguenti moduli didattici: modulo di base: tipo di
formazione teorica, numero minimo di ore200.Motivazione - orientamento e conoscenze di base:
modulo professionalizzante: tipo di formazione teorica, numero minimo di ore 250;
esercitazioni/stages, numero minimo di ore 100; tirocinio, numero minimo di ore 450.
3. Le regioni e province autonome, attesa l'ampia possibilità di utilizzo dell'operatore sociosanitario, possono prevedere, per un più congruo inserimento nei servizi, moduli didattici riferiti a
tematiche specifiche sia mirate all'utenza (ospedalizzata, anziana, portatrice di handicap,
psichiatrica, con dipendenze patologiche ecc..) sia alla struttura di riferimento (residenza assistita,
domicilio, casa di riposo, comunità, ecc.).
4. Oltre al corso di qualificazione di base sono previsti moduli di formazione integrativa, per un
massimo di 200 ore di cui 100 di tirocinio; i moduli sono mirati a specifiche utenze e specifici
contesti operativi, quali utenti anziani, portatori di handicap, utenti psichiatrici, malati terminali,
contesto residenziale, ospedaliero, casa alloggio, RSA, centro diurno, domicilio, ecc. Modulo
tematico: tipo di formazione teorica, numero minimo di ore 50.Tematiche professionali: tipo di
formazione esercitazioni/stages, numero minimo di ore 50. Specifiche: tipo di formazione tirocinio,
numero minimo di ore 100.
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Articolo 9 Moduli didattici integrativi post-base
1. Sono previste misure compensative in tutti i casi in cui la formazione pregressa risulti
insufficiente, per la parte sanitaria o per quella sociale.
Articolo 10 Materie di insegnamento
1. Le materie di insegnamento, relative ai moduli didattici di cui all'art. 8, sono articolate nelle
seguenti aree disciplinari:
a) area socio culturale, istituzionale e legislativa;
b) area psicologica e sociale;
c) area igienico sanitaria;
d) area tecnico operativa.
2. Le materie di insegnamento sono riassunte nell'allegata tabellaC, che forma parte integrante del
presente decreto.
Articolo 11 Tirocinio
1. Tutti i corsi comprendono un tirocinio guidato, presso le strutture ed i servizi nel cui ambito la
figura professionale dell'operatore socio-sanitario e' prevista.
Articolo 12 Esame finale e rilascio dell'attestato
1. La frequenza ai corsi e' obbligatoria e non possono essere ammessi alle prove di valutazione
finale coloro che abbiano superato il tetto massimo di assenze indicato dalla regione o provincia
autonoma nel provvedimento istitutivo dei corsi, e comunque non superiore al 10% delle ore
complessive.
2. Al termine del corso gli allievi sono sottoposti ad una prova teorica e ad una prova pratica da
parte di un’apposita commissione d'esame, la cui composizione e' individuata dal citato
provvedimento regionale e della quale fa parte un esperto designato dall'assessorato regionale alla
sanità ed uno dall'assessorato regionale alle politiche sociali.
3. In caso di assenze superiori al 10% delle ore complessive, il corso si considera interrotto e la sua
eventuale ripresa nel corso successivo avverrà secondo modalità stabilite dalla struttura didattica.
4. All'allievo che supera le prove, e' rilasciato dalle regioni e province autonome un attestato di
qualifica valido su tutto il territorio nazionale, nelle strutture, attività e servizi sanitari, socio sanitari
e socio assistenziali.
Articolo 13 Titoli pregressi
1. Spetta alle regioni e province autonome, nel contesto del proprio sistema della formazione,
quantificare il credito formativo da attribuirsi a titoli e servizi pregressi, in relazione all'acquisizione
dell'attestato di qualifica relativo alla figura professionale di operatore socio- sanitario, prevedendo
misure compensative in tutti i casi in cui la formazione pregressa risulti insufficiente, per la parte
sanitaria o per quella sociale, rispetto a quella prevista dal presente decreto.
82
Allegato
A
ELENCO
DELLE
L'OPERATORESOCIO-SANITARIO
PRINCIPALI
ATTIVITA'
PREVISTE
PER
1) Assistenza diretta ed aiuto domestico alberghiero: assiste la persona, in particolare non
autosufficiente o allettata, nelle attività quotidiane e di igiene personale; realizza attività semplici di
supporto diagnostico e terapeutico; collabora ad attività finalizzate al mantenimento delle capacità
psico-fisiche residue, alla rieducazione, riattivazione, recupero funzionale; realizza attività di
animazione e socializzazione di singoli e gruppi; coadiuva il personale sanitario e sociale
nell'assistenza al malato anche terminale e morente; aiuta la gestione dell'utente nel suo ambito di
vita; cura la pulizia e l'igiene ambientale.
2) Intervento igienico sanitario e di carattere sociale: osserva e collabora alla rilevazione dei bisogni
e delle condizioni di rischio-danno dell'utente; collabora all’attuazione degli interventi assistenziali;
valuta, per quanto di competenza, gli interventi più appropriati da proporre; collabora all’attuazione
di sistemi di verifica degli interventi; riconosce ed utilizza linguaggi e sistemi di comunicazione
relazione appropriati in relazione alle condizioni operative; mette in atto relazioni-comunicazioni di
aiuto con l'utente e la famiglia, per l'integrazione sociale ed il mantenimento e recupero dell’identità
personale.
3) Supporto gestionale, organizzativo e formativo: utilizza strumenti informativi di uso comune per
la registrazione di quanto rilevato durante il servizio; collabora alla verifica della qualità del
servizio; concorre, rispetto agli operatori dello stesso profilo, alla realizzazione dei tirocini ed alla
loro valutazione; collabora alla definizione dei propri bisogni di formazione e frequenta corsi di
aggiornamento; collabora, anche nei servizi assistenziali non di ricovero, alla realizzazione di
attività semplici
Allegato B COMPETENZE DELL'OPERATORE SOCIO-SANITARIO
Competenze tecniche
In base alle proprie competenze ed in collaborazione con altre figure professionali, sa attuare i piani
di lavoro. E' in grado di utilizzare metodologie di lavoro comuni (schede, protocolli ecc.). E' in
grado di collaborare con l'utente e la sua famiglia: nel governo della casa e dell'ambiente di vita,
nell'igiene e cambio biancheria; nella preparazione e/o aiuto all'assunzione dei pasti; quando
necessario, e a domicilio, per l'effettuazione degli acquisti; nella sanificazione e sanitizzazione
ambientale. E' in grado di curare la pulizia e la manutenzione di arredi e attrezzature, nonché la
conservazione degli stessi e il riordino del materiale dopo l'assunzione dei pasti. Sa curare il
lavaggio, l'asciugatura e la preparazione del materiale da sterilizzare. Sa garantire la raccolta e lo
stoccaggio corretto dei rifiuti, il trasporto del materiale biologico sanitario, e dei campioni per gli
esami diagnostici, secondo protocolli stabiliti. Sa svolgere attività finalizzate all'igiene personale, al
cambio della biancheria. all'espletamento delle funzioni fisiologiche, all'aiuto nella deambulazione,
all'uso corretto di presidi, ausili e attrezzature, all'apprendimento e mantenimento di posture
corrette. In sostituzione e appoggio dei famigliari e su indicazione del personale preposto e' in grado
di: aiutare per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e per il corretto utilizzo di apparecchi
medicali di semplice uso; aiutare nella preparazione alle prestazioni sanitarie; osservare,
riconoscere e riferire alcuni dei più comuni sintomi di allarme che l'utente può presentare (pallore,
sudorazione ecc.); attuare interventi di primo soccorso; effettuare piccole medicazioni o cambio
delle stesse; controllare e assistere la somministrazione delle diete; aiutare nelle attività di
83
animazione e che favoriscono la socializzazione, il recupero ed il mantenimento di capacità
cognitive e manuali; collaborare ad educare al movimento e favorire movimenti di mobilizzazione
semplici su singoli e gruppi; provvedere al trasporto di utenti, anche allettati, in barella carrozzella;
collaborare alla composizione della salma e provvedere al suo trasferimento; utilizzare specifici
protocolli per mantenere la sicurezza dell'utente, riducendo al massimo il rischio; svolgere attività
di informazione sui servizi del territorio e curare il disbrigo di pratiche burocratiche; accompagnare
l'utente per l'accesso ai servizi.
Competenze relative alle conoscenze richieste
Conosce le principali tipologie di utenti e le problematiche connesse. Conosce le diverse fasi di
elaborazione dei progetti di intervento personalizzati. Riconosce per i vari ambiti, le dinamiche
relazionali appropriate per rapportarsi all'utente sofferente, disorientato, agitato, demente o
handicappato mentale ecc. E' in grado di riconoscere le situazioni ambientali e decondizioni
dell'utente per le quali e' necessario mettere in atto le differenti competenze tecniche. Conosce le
modalità di rilevazione, segnalazione e comunicazione dei problemi generali e specifici relativi
all'utente. Conosce le condizioni di rischio e le più comuni sindromi da prolungato allettamento e
immobilizzazione. Conosce i principali interventi semplici di educazione alla salute, rivolti agli
utenti e ai loro famigliari. Conosce l'organizzazione dei servizi sociali e sanitari e quella delle reti
informali.
Competenze relazionali
Sa lavorare in equipe. Si avvicina e si rapporta con l'utente e con la famiglia, comunicando in modo
partecipativo in tutte le attività quotidiane di assistenza; sa rispondere esaurientemente,
coinvolgendo e stimolando al dialogo. E' in grado di interagire, in collaborazione con il personale
sanitario, con il malato morente. Sa coinvolgere le reti informali, sa rapportarsi con le strutture
sociali, ricreative, culturali dei territori. Sa sollecitare ed organizzare momenti di socializzazione,
fornendo sostegno alla partecipazione ad iniziative culturali e ricreative sia sul territorio che in
ambito residenziale. E' in grado di partecipare all'accoglimento dell'utente per assicurare una
puntuale informazione sul servizio e sulle risorse. E' in grado di gestire la propria attività con la
dovuta riservatezza ed eticità. Affiancandosi ai tirocinanti, sa trasmettere i propri contenuti
operativi.
Allegato C OBIETTIVI DI MODULO E MATERIE DI INSEGNAMENTO
Obiettivi di modulo
-Primo modulo (200 ore di teoria): acquisire elementi di base utili per individuare i bisogni delle
persone e le più comuni problematiche relazionali; distinguere i sistemi organizzativi socioassistenziali e la rete dei servizi; conoscere i fondamenti dell'etica, i concetti generali che stanno
alla base della sicurezza e della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro, nonché i principi che
regolano il rapporto di dipendenza del lavoratore (doveri, responsabilità, diritti...); conoscere i
concetti di base dell'igiene e i criteri attraverso i quali mantenere la salubrità dell'ambiente.-Secondo
modulo (250 ore di teoria, 100 esercitazioni, 450 tirocinio): riconoscere e classificare i bisogni ed
interpretare le problematiche assistenziali derivanti in relazione alle principali caratteristiche del
bambino, della persona anziana, della persona con problemi psichiatrici, con handicap, ecc. o in
situazioni di pericolo; identificare tutti gli elementi necessari alla pianificazione dell'assistenza,
collaborando con le figure professionali preposte; riconoscere le principali alterazioni delle funzioni
vitali al fine di attivare altre competenze e/o utilizzare tecniche comuni di primo intervento;
applicare le conoscenze acquisite per: mantenimento di un ambiente terapeutico adeguato - cura
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della persona – mantenimento delle capacità residue - recupero funzionale; conoscere ed applicare
le diverse metodologie operative presenti nelle sedi di tirocinio; conoscere i principali aspetti psicosociali dell'individuo e del gruppo al fine di sviluppare abilità comunicative adeguate alle diverse
situazioni relazionali degli utenti e degli operatori nonché conoscere le caratteristiche, le finalità e le
prestazioni di assistenza sociale allo scopo di concorrere, per quanto di competenza, al
mantenimento dell'autonomia e dell'integrazione sociale dell'utente.-Modulo facoltativo: tematica
professionale specifica: (50 ore teoria, 50 esercitazioni, 100 tirocinio): approfondire le competenze
acquisite con speciale riferimento ad una particolare tipologia di utenza o ad uno specifico ambiente
assistenziale.
Principali materie di insegnamento
Area socio culturale, istituzionale e legislativa:
Elementi di legislazione nazionale e regionale a contenuto socio-assistenziale e previdenziale.
Elementi di legislazione sanitaria e organizzazione dei servizi (normativa specifica
O.S.S.).Elementi di etica e deontologia. Elementi di diritto del lavoro e il rapporto di dipendenza.
Area psicologica e sociale:Elementi di psicologia e sociologia. Aspetti psico-relazionali ed
interventi assistenziali in rapporto alle specificità dell'utenza. Area igienico-sanitaria ed area
tecnico-operativa:Elementi di igiene. Disposizioni generali in materia di protezione della salute e
della sicurezza dei lavoratori.Igiene dell'ambiente e comfort alberghiero. Interventi assistenziali
rivolti alla persona in rapporto a particolari situazioni di vita e tipologia di utenza. Metodologia del
lavoro sociale e sanitario. Assistenza sociale.
Accordo 16 gennaio 2003-Formazione Complementare OSS
ACCORDO TRA IL MINISTRO DELLA SALUTE, IL MINISTRO DEL LAVORO E
DELLE POLITICHE SOCIALI, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI
TRENTO E DI BOLZANO PER LA DISCIPLINA DELLA FORMAZIONE
COMPLEMENTARE IN ASSISTENZA SANITARIA DELLA FIGURA PROFESSIONALE
DELL'OPERATORE SOCIO-SANITARIO DI CUI ALL'ART. 1, COMMA 8, DEL
DECRETO-LEGGE 12 NOVEMBRE 2001, N. 402, CONVERTITO, CON
MODIFICAZIONI, DALLA LEGGE 8 GENNAIO 2002, N. 1.
(…omissis)
Punto 1 (Formazione complementare).
1.1 Per far fronte alle crescenti esigenze di assistenza sanitaria nelle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono
provvedere alla organizzazione di moduli di formazione complementare di assistenza sanitaria, per
un numero di ore non inferiore a 300, di cui la metà di tirocinio, riservati agli operatori sociosanitari in possesso dell'attestato di qualifica di cui all'art. 12 dell'accordo intervenuto il 22 febbraio
2001 (repertorio atti n. 1161) in sede di Conferenza Stato-regioni tra il Ministro della salute, tra il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano,
per la individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'operatore socio-sanitario e
per la definizione dell'ordinamento didattico dei corsi di formazione, o di un titolo riconosciuto
equipollente ai sensi dell'art. 13 dello stesso accordo.
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1.2 Gli operatori socio-sanitari che hanno seguito con profitto il modulo di formazione
complementare di cui al comma 1 ed hanno superato l'esame teorico-pratico finale, ricevono uno
specifico attestato di "Operatore socio-sanitario con formazione complementare in assistenza
sanitaria" che consente all'operatore di collaborare con l'infermiere o con l'ostetrica e di svolgere
alcune attività assistenziali, indicate nell'allegato A, parte integrante del presente accordo, in base
all'organizzazione dell'unità funzionale di appartenenza e conformemente alle direttive del
responsabile dell'assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione.
Punto 2(Materie di insegnamento e tirocinio).
2.1 I moduli di formazione, teorica e pratica, devono essere strutturati in modo da garantire il
raggiungimento delle competenze professionali per l'esercizio delle attività e dei compiti indicati
nell'allegato A, che è parte integrante del presente atto. Il modulo si svolge nelle strutture di
ricovero e cura e nei servizi sanitari. La direzione del modulo è affidata ad un docente appartenente
al più elevato livello formativo previsto per le professioni sanitarie infermieristiche e per la
professione sanitaria ostetrica.
ELENCO DELLE PRINCIPALI ATTIVITÀ PREVISTE PER L'OPERATORE SOCIOSANITARIO CON FORMAZIONE COMPLEMENTARE IN ASSISTENZA SANITARIA.
L'operatore socio-sanitario, che ha seguito con profitto il modulo di formazione complementare in
assistenza sanitaria, oltre a svolgere le competenze professionali del proprio profilo, coadiuva
l'infermiere o l'ostetrica/o e, in base all'organizzazione dell'unità funzionale di appartenenza e
conformemente alle direttive del responsabile dell'assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la
sua supervisione, è in grado di eseguire:
la somministrazione, per via naturale, della terapia prescritta, conformemente alle direttive del
responsabile dell'assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione;
la terapia intramuscolare e sottocutanea su specifica pianificazione infermieristica,
conformemente alle direttive del responsabile dell'assistenza infermieristica od ostetrica o sotto
la sua supervisione;
i bagni terapeutici, impacchi medicali e frizioni;
la rilevazione e l'annotazione di alcuni parametri vitali (frequenza cardiaca, frequenza
respiratoria e temperatura) del paziente;
la raccolta di escrezioni e secrezioni a scopo diagnostico;
le medicazioni semplici e bendaggi;
i clisteri;
la mobilizzazione dei pazienti non autosufficienti per la prevenzione di decubiti e alterazioni
cutanee;
la respirazione artificiale, massaggio cardiaco esterno;
la cura e il lavaggio e preparazione del materiale per la sterilizzazione;
l'attuazione e il mantenimento dell'igiene della persona;
la pulizia, disinfezione e sterilizzazione delle apparecchiature, delle attrezzature sanitarie e dei
dispositivi medici;
la raccolta e lo stoccaggio dei rifiuti differenziati;
il trasporto del materiale biologico ai fini diagnostici;
la somministrazione dei pasti e delle diete;
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la sorveglianza delle fleboclisi, conformemente alle direttive del responsabile dell'assistenza
infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione.
DGR VIII/ 5101 del 18 luglio 2007
REGOLAMENTAZIONE DEI PERCORSI OSS
Istituzione del profilo normativo:
La qualifica di operatore socio-sanitario (OSS) viene istituita:a livello nazionale con Provvedimento
22 febbraio 2001 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e province
autonome di Trento e Bolzano.
La Regione Lombardia ha istituito il profilo professionale dell’OSS con la D.G.R. 6 luglio 2001- n
7/5428 e ha nel tempo emanato successivi atti integrativi, che hanno trovato nella DGR 18 luglio
2007 n 8/5101 - Regolamentazione dei percorsi OSS che sostituisce e abroga ogni precedente atto
in materia.
Ruolo e mansioni
L'OSS è l'operatore che ha conseguito l'attestato di qualifica al termine della frequenza di uno
specifico percorso formativo.
L'OSS durante il corso acquisisce competenze per soddisfare i bisogni primari della persona,
favorendo il benessere e il mantenimento della autonomia o delle capacità residue. L'OSS è una
figura di supporto inserita nei piani di lavoro d'équipe e svolge le sue mansioni seguendo i
protocolli operativi.
L'OSS svolge la sua attività in un contesto sociale e sanitario e, nello specifico effettua
assistenza diretta alla persone e aiuto domestico di tipo alberghiero
interventi igienico sanitario di carattere sociale
attività di supporto e integrazione nel contesto dei servizi e di collaborazione con il
personale dell'equipe.
Settori di attività
L'OSS svolge la sua attività nel settore sociale, sociosanitario e sanitario in ambiente ospedaliero in
unità di offerta residenziali, diurni e domiciliari
Servizi domiciliari:
assistenza domiciliare integrata - ADI.
Unità di offerta per anziani:
centri diurni integrati - CDI
residenze sanitarie assistenziali per anziani - RSA
Unità di offerta per disabili:
centro diurno per persone con disabilità - CDD
comunità alloggio sociosanitarie per persone disabili - CSS
residenze sanitarie assistenziali per persone disabili - RSD
Servizi pubblici e privati e per l'assistenza alle persone dipendenti da sostanze illecite e lecite:
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servizi di accoglienza residenziale e semi residenziale
servizi trattamento specialistico
servizi di trattamento specialistico per alcool e polidipendenti
servizi per le dipendenze/multidisciplinare integrato
servizi pedagogico-riabilitativi residenziali e semiresidenziali
Strutture residenziali per pazienti terminali:
hospice
Corsi di Formazione
I corsi sono organizzati dalle Agenzie riconosciute e accreditate da Regione Lombardia.
Requisiti per l'accesso:
attitudinali:
predisposizione ad aiutare la persona in difficoltà
predisposizione ad assistere le persone non sempre auto sufficienti
capacità di ascolto
capacità di relazione con l'altro.
aver compiuto il 18° anno d’età alla data di iscrizione al corso
formali:
Possesso in alternativa di:
Diploma di scuola secondaria di secondo grado o qualifica di durata almeno triennale ai
sensi dell’art.1 comma 3 del Dlgs 76/05;
Qualifica professionale rilasciata al termine di percorsi biennali di prima formazione ai sensi
della LR 95/80 ;
Qualifica/attestato ASA o OTA;
Inoltre è richiesta la certificazione di idoneità alla mansione rilasciato dal Medico competente ai
sensi degli art. 16 e 17 del DLgs. 626/94;
per gli stranieri:
oltre a quanto sopra previsto è richiesta:
la dichiarazione di valore con traduzione asseverata del titolo conseguito nel paese di origine e
rilasciata dall’ambasciata di appartenenza;
capacità di espressione orale e scritta e grado di conoscenza e comprensione della lingua italiana
che consenta di partecipare attivamente al percorso formativo e capirne i contenuti. Tale
conoscenza deve essere valutata attraverso un test d’ingresso da conservare agli atti presso l’Ente di
formazione.
Per gli stranieri, si richiede la conoscenza della lingua italiana quale condizione per:
poter comunicare con l'assistito, rispondendo correttamente alle sue richieste
interagire con il personale della struttura utilizzando in modo appropriato i termini scientifici
inerenti le attività lavorative
partecipare attivamente ai lavori di équipe.
Per i cittadini extra comunitari è richiesta la presenza regolare sul territorio italiano.
Durata dei corsi
I corsi di prima formazione per la qualifica di OSS hanno durata annuale, la didattica è strutturata
per moduli e per aree disciplinari per un totale complessivo non inferiore a 1.000 cosi articolate :
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450 ore di teoria
450 ore di tirocinio guidato presso strutture e servizi che ne prevedono l'inserimento.
100 ore di esercitazioni
La frequenza ai corsi è obbligatoria.
Il tirocinio è il momento pratico dell'apprendimento in cui il corsista sperimenta la traduzione
operativa delle conoscenze teoriche acquisite e gli apprendimenti tecnici sotto la guida un ausiliario
esperto. Si realizza mediante convenzione tra l'Agenzia e L'Ente presso cui gli allievi faranno
tirocinio; le esercitazioni sono attività pratiche svolte allo scopo di garantire una adeguata
acquisizione di tecniche professionali.
Prove finali
Al termine del corso si svolgono le prove d'esame. Le prove di accertamento finale sono gestite da
una Commissione esaminatrice e consistono in una prova scritta ed una prova pratica.
costituiscono requisiti di ammissione all’esame:
la frequenza ai corsi è obbligatoria e non possono essere ammessi alle prove di valutazione
finale coloro che abbiano superato il tetto massimo di assenze fissato nel 10% delle ore
complessive;
la valutazione positiva della parte teorica;
il positivo superamento della fase di tirocinio;
DGR VIII/7693 del 24 luglio 2008
RIQUALIFICAZIONE IN OPERATORI SOCIO SANITARI (OSS) DEGLI
AUSILIARI SOCIO ASSISTENZIALI (ASA)
Si tratta di percorsi di riqualificazione per gli operatori ASA/OTA
La durata del corso di riqualificazione è di 400 ore a seguito del riconoscimento dei crediti
formativi acquisiti (ASA/ OTA) o ai sensi della DGR 4260 del 7/3/07
Requisiti per l'ammissione:
Qualifica/ attestato ASA
Qualifica OTA
Titolo riconosciuto a seguito di equipollenza antecedente la dgr 4260 del 7/3/07, modificata
dall’Allegato C) della dgr 7693 del 24 luglio 2007
LA GIUNTA REGIONALE Delibera
1. di approvare il documento «Percorso Formativo ASA – Profilo Professionale e Ambiti di
Attività» e il documento «Modalità di organizzazione dei percorsi formativi», rispettivamente
oggetto dell’Allegato A) e dell’Allegato B), parti integranti e sostanziali del presente
provvedimento;
2. di stabilire che i percorsi formativi per ASA, a decorrere dalla data di pubblicazione sul
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del presente provvedimento, potranno essere avviati
unicamente sulla base delle prescrizioni di cui agli Allegati «A» e «B» del presente atto;
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3. di stabilire altresì che gli Enti di formazione sono tenuti a portare a regolare conclusione le
attività formative in corso avviate, con la regolare effettuazione delle prove d’esame ed il rilascio
degli attestati finali sulla base della previgente disciplina;
4. di stabilire che l’attestato di competenze ASA è rilasciato a seguito di regolare frequenza dei
corsi per almeno il 90% delle ore 800 previste e previo superamento con giudizio di idoneità di un
esame finale con una commissione composta da:
• un Presidente nominato dalle Province o dalla Regione secondo le rispettive competenze, con
conoscenza del sistema lombardo dei servizi afferenti all’area sociale e sociosanitaria in servizio
da almeno 3 anni presso Enti Locali, ASL, strutture sociali o socio-sanitarie ed in possesso di
diploma di laurea;
• un Commissario esperto in tematiche sociali o sociosanitarie nominato dalle Province o dalla
Regione, secondo le rispettive competenze, scelto tra il personale in servizio nelle unità di offerta
della rete dei servizi socio-assistenziali e sociosanitari della Regione Lombardia o negli enti
locali o nelle ASL, con titolo e funzioni inerenti alle materie delle aree disciplinari caratterizzanti
il profilo formativo;
• il coord.re del corso, con possibilità di delega a un rappresentante del corpo docente;
5. di stabilire che la commissione è validamente costituita con la presenza di tutti e tre i
componenti;
6. di stabilire che le Province per i percorsi di loro competenza, trasmetteranno con cadenza mensile
alla Direzione Famiglia e Solidarietà Sociale un elenco delle nomine effettuate, con l’indicazione
degli estremi degli enti formativi, della tipologia di corso del personale nominato in qualità di
commissario esperto; trasmetteranno inoltre la scheda di monitoraggio delle commissioni d’esame
compilata dagli esperti in tematiche sociali: tale scheda verrà predisposta dalla Direzione Generale
Famiglia e Solidarietà Sociale;
7. di stabilire che le modalità di nomina delle commissioni e di rapporto tra Province e la Direzione
Generale Famiglia e Solidarietà Sociale in ordine al monitoraggio si applicano ai corsi che verranno
attivati dopo l’entrata in vigore del presente atto;
8. di aggiornare l’Allegato 2) di cui alla deliberazione n. 4260/2007, per renderla coerente con il
percorso ASA definito dalla presente deliberazione, con la tabella di corrispondenza prevista
dall’Allegato C) «Riconoscimento dei crediti formativi» parte integrante e sostanziale del presente
provvedimento;
9. di stabilire che gli attestati di qualifica ASA rilasciati in base alla precedente normativa restano
efficaci e utilizzabili a fini lavorativi e come crediti formativi;
10. di trasmettere il presente atto alle Province per gli adempimenti di conseguenza;
11. di pubblicare il presente atto sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia.
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia -2465-Serie Ordinaria N. 33 – 11 agosto 2008
ALLEGATO A)
PERCORSO FORMATIVO ASA
PROFILO PROFESSIONALE E AMBITI DI ATTIVITÀ
L’Ausiliario Socio-Assistenziale è un operatore di interesse socio-assistenziale che, conseguito
l’attestato di competenze al termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzate
a mantenere e/o recuperare il benessere psico-fisico della persona e a ridurne i rischi di isolamento e
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di emarginazione, assistendola in tutte le attività della vita quotidiana ed aiutandola
nell’espletamento delle sue funzioni personali essenziali.
L’ASA fornisce prestazioni attraverso attività integrate relative a:
− assistenza diretta alla persona
− aiuto nella vita di relazione
− igiene e cura dell’ambiente
− igiene e pulizia personale
− preparazione dei pasti e aiuto alle funzioni di alimentazione
− prestazioni igienico-sanitarie di semplice attuazione, non infermieristiche e non specialistiche
− svolgimento di piccole commissioni e semplici pratiche burocratiche
− gestione delle relazioni con i servizi pubblici, con la rete dei rapporti informali, con il territorio
− comunicazione delle informazioni relative alle problematiche e richieste sollevate dall’utenza e/o
dalle loro famiglie.
L’ASA è un operatore di supporto che svolge la propria attività in base a criteri di bassa
discrezionalità e alta riproducibilità ed è affiancabile a diverse figure professionali sia sociali sia
sanitarie.
Agisce in base alle competenze acquisite ed in applicazione dei piani di lavoro e dei protocolli
operativi predisposti dal personale sanitario e sociale responsabile del processo assistenziale.
Tali attività sono svolte in servizi di tipo socio-assistenziale e socio-sanitario a ciclo diurno,
residenziale o domiciliare in collaborazione con gli operatori professionali preposti alla cura e
all’assistenza della persona, in interazione con gli altri operatori sociali e con operatori sociosanitari e sanitari.
Negli ambiti delle attività e delle competenze individuate, l’Ausiliario Socio-Assistenziale:
• Opera in quanto agisce in autonomia rispetto a precisi e circoscritti interventi;
• Coopera in quanto svolge solo parte delle attività alle quali concorre con altri professionisti
(infermieri professionali, terapisti della riabilitazione, dietologi, educatori professionali, assistenti
sociali ecc.);
• Collabora in quanto svolge attività su precise indicazioni dei professionisti.
REQUISITI DI AMMISSIONE ALLA FREQUENZA DEGLI ALLIEVI:
1. Aver compiuto il 18° anno di età alla data di iscrizione al corso;
2. Diploma di scuola secondaria di primo grado
Inoltre:
3. Certificato medico di idoneità fisica all’impiego
4. per gli stranieri: oltre a quanto previsto ai punti 1-2-3:
− Copia conforme all’originale del titolo di studio conseguito all’estero e traduzione asseverata
dello stesso, rilasciata da un traduttore che abbia una preesistente abilitazione o da persona
comunque competente, della quale sia asseverato in Pretura (Tribunale) il giuramento di fedeltà del
testo tradotto al testo originario (art. 5 R.D. 9 ott. 1922, n.1366) Cons. Ministri, Uff. Giuridico e del
Coord. Legisl. n. 20685/92500 del 15 dic. 1980);
− capacità di espressione e di comprensione orale e scritta della lingua italiana, a un livello tale da
consentire la partecipazione al percorso formativo. La conoscenza della lingua italiana deve essere
valutata attraverso un test d’ingresso svolto dall’agenzia formativa i cui esiti saranno dalla stessa
conservati agli atti.
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Tutti i requisiti devono essere posseduti e la relativa documentazione presentata all'Ente di
Formazione all'inizio della frequenza del percorso formativo.
COMPETENZE RICHIESTE ALL’AUSILIARIO SOCIO ASSISTENZIALE
Le competenze della figura professionale dell’Ausiliario Socio Assistenziale sono definite in:
Competenze tecniche
− assistenza diretta alla persona: soddisfacimento dei bisogni primari; promozione e mantenimento
del benessere psicofisico; aiuto nelle funzioni di deambulazione, utilizzo corretto dei presidi,
mantenimento delle residue capacità psicofisiche e aiuto nell’espletamento delle funzioni
fisiologiche;
− interventi di aiuto domestico ed alberghiero finalizzati all’igiene e al comfort dell’ambiente;
− interventi di informazione sui servizi del territorio e cura del disbrigo di pratiche burocratiche
anche accompagnando la persona per l’accesso ai servizi.
Competenze relazionali:
− rapportarsi con la persona, con la sua famiglia e con altre eventuali figure di riferimento per
l’assistenza (assistenti familiari);
− svolgere il lavoro all’interno dell’équipe;
− partecipare all’accoglienza della persona e alla presentazione degli obiettivi dell’intervento per
favorire una piena fruizione del servizio e delle sue risorse;
− favorire la partecipazione ad iniziative di socializzazione sia all’interno delle strutture residenziali
che in ambito territoriale.
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia - 2466- Serie Ordinaria N. 33 – 11 agosto 2008
Tali competenze sono integrate dalle capacità di:
• educare alla salute e a corretti stili di vita, nell’ambito delle proprie competenze;
• operare nel rispetto delle norme relative al trattamento dei dati personali secondo quanto previsto
dalle vigenti leggi;
• operare nel rispetto delle norme relative alla tutela della salute degli operatori, per la prevenzione
di rischi professionali (d.lgs. 626/1994 e successive modifiche ed integrazioni);
• sollecitare e organizzare momenti di socializzazione e animazione;
• utilizzare strumentazione informatica di base, sia per quanto attiene a semplici programmi
gestionali, sia per quanto attiene a programmi che consentano la comunicazione interna.
PROFILO FORMATIVO
COMPETENZE è in grado di
ABILITÀ IMPLICATE CONOSCENZE IMPLICATE AREE DISCIPLINARI
1) Agire il proprio ruolo e posizionarsi all’interno della struttura organizzativa e/o del servizio
e collaborare con l’equipe assistenziale
Agire il proprio ruolo nei diversi contesti operativi
- Sa prefigurare le aspettative del proprio ruolo
- Sa agire entro le funzioni assegnategli
- Sa interagire con l’utenza e con l’organizzazione nel rispetto dei ruoli e delle diverse funzioni
esercitate
- Sa applicare/riconoscere i principi dell’etica professionale
Lavorare in gruppo
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- Sa lavorare in équipe: ne conosce le dinamiche relazionali ed organizzative, riconosce e rispetta i
ruoli dei diversi operatori
Comprendere e utilizzare protocolli, schede, modulistica e strumenti informativi per la registrazione
di quanto rilevato durante il servizio
- Sa collaborare alla definizione di procedure e protocolli relativi alle proprie mansioni
- Sa operare nel rispetto di procedure e protocolli definiti
Collaborare alla verifica del Piano di Assistenza Individualizzato
- Sa collaborare alla definizione dei progetti assistenziali e alla verifica dei loro risultati
Collaborare alla verifica della qualità del servizio offerto
- Sa fornire le informazioni utili alla verifica dei progetti assistenziali e dei loro risultati
Utilizzare strumenti informatici di tipo comune
- Sa svolgere le principali operazioni nell’utilizzo del personal computer
- Sa utilizzare le principali funzioni dell’ambiente windows
- Sa utilizzare i programmi applicativi nelle funzioni base a seguito di specifico addestramento
Svolgere le proprie attività nel rispetto delle norme relative al trattamento dei dati personali secondo
quanto previsto dalle vigenti leggi
- Sa gestire la propria attività con la dovuta riservatezza ed eticità e nel rispetto della normativa
vigente
Svolgere la propria attività nel rispetto delle norme relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro
- Sa individuare le situazioni ambientali a maggiore rischio per la propria salute e per quella
dell’assistito
- Sa utilizzare correttamente ausili e presidi necessari alla salvaguardia della propria salute e
dell’assistito
Individuare la propria necessità di aggiornamento in relazione al profilo professionale e ai compiti
richiesti, con funzione propositiva.
Il ruolo e le sue implicazioni relazionali
Struttura dei diversi contesti operativi e quadro delle relazioni formali in essi operanti.
Il lavoro di gruppo:dinamiche, ruoli e funzioni.
I principali strumenti e mezzi di comunicazione utilizzati nei contesti operativi e loro modalità di
utilizzo.
I principali strumenti di monitoraggio e valutazione della qualità (cenni).
Alfabetizzazione informatica: conoscenza dei programmi informatici di base: foglio di calcolo e
videoscrittura; conoscenza del programma di posta elettronica; conoscenza uso di internet.
Elementi fondamentali dell’etica professionale.
Legislativo istituzionale
Elementi di legislazione sociale e sanitaria nazionale e regionale.
Il profilo professionale dell’ASA.
Elementi di etica professionale.
Normativa sulla sicurezza.
Normativa sulla privacy.
Psicologica e sociale
Il gruppo di lavoro (ruoli, funzioni, dinamiche).
Metodologia del lavoro sociale e sanitario (fasi di elaborazione di progetti di intervento, strumenti
di programmazione).
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Tecnico-operativa
Elementi di informatica
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia - 2467- Serie Ordinaria N. 33 – 11 agosto 2008
COMPETENZE è in grado di
ABILITÀ IMPLICATE CONOSCENZE IMPLICATE AREE DISCIPLINARI
2) Agire il proprio ruolo e posizionarsi all’interno della rete del welfare
Orientarsi nel contesto organizzativo, istituzionale e informale della rete sociale e sanitaria
- Sa identificare i riferimenti adeguati alla situazione e sa interagire con essi
- Sa coinvolgere le reti informali, sa rapportarsi con le strutture sociali, sanitarie, sociosanitarie,
ricreative, culturali dei territori
Informare la persona relativamente ai servizi disponibili
- Sa svolgere attività di indirizzo per orientare la persona, la famiglia ed eventualmente altre figure
che prestano attività di assistenza (es. assistenti familiari) ai servizi del territorio.
Sostenere l’utente, la famiglia ed eventualmente altre persone che prestano attività di assistenza per
l’accesso ai servizi
- Sa accompagnare la persona per l’accesso ai servizi
- Sa curare il disbrigo di semplici pratiche burocratiche legate ai servizi
Rete del welfare
Principali iter procedurali delle pratiche burocratiche sociali e sanitarie
Legislativo/ istituzionale
Elementi di legislazione sociale e sanitaria nazionale e regionale (la rete dei servizi)
3) Assistenza diretta attraverso attività di aiuto domestico alberghiero e attività di igiene e
comfort dell’ambiente
Utilizzare tecniche di intervento domestico
- Sa operare e collaborare con la persona e la sua famiglia nel governo della casa e dell’ambiente
di vita
- Sa operare per la cura ed il mantenimento dell’igiene dell’ambiente
- Sa operare e collaborare con la persona, la sua famiglia ed eventualmente altre figure presenti
nell’attività di assistenza nella preparazione dei pasti, anche seguendo particolari indicazioni
dietetiche
Gestire situazioni di emergenza
- Sa identificare situazioni di rischio per l’incolumità della persona
- Sa reagire tempestivamente per la riduzione del rischio
- Sa attivare l’intervento delle figure competenti
Utilizzare tecniche per la sanificazione e sanitizzazione ambientale
- Sa effettuare le fasi di pulizia e detersione dell’ambiente
- Sa effettuare le procedure per la sanificazione e sanitizzazione ambientale
Utilizzare tecniche di intervento alberghiero:
- Sa preparare l’ambiente per il pasto e collabora alla sua distribuzione e somministrazione
- Sa assicurare il rifornimento e il ricambio della biancheria
Utilizzare tecniche per la preparazione dei letti e per il riordino dell’ambiente di vita
- Sa effettuare il rifacimento dei letti e provvedere al riordino dell’ambiente
Utilizzare tecniche per l’organizzazione, l’utilizzo e lo smaltimento del materiale
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- Sa collaborare nell’utilizzo delle risorse materiali nel rispetto dei criteri costo-efficacia
- Sa garantire scorte adeguate, segnala tempestivamente danni intervenuti, esprime pareri circa
l’efficacia o meno dell’utilizzo delle risorse di propria competenza
- Sa attuare tutte le fasi di preparazione del materiale da inviare allo smaltimento/recupero
- Sa garantire la raccolta e lo stoccaggio delle diverse tipologie di rifiuti secondo i protocolli
stabiliti in rapporto al contesto operativo
Elementi di base di igiene degli alimenti, dell’ambiente e profilassi
Uso dei materiali per l’igiene e la sanificazione
Protezione dell’ambiente di vita
Varie tipologie di letto
Modalità di smaltimento del materiale
Igienico sanitaria
Elementi di economia domestica
Elementi di igiene personale
Elementi di igiene alimentare
Elementi di dietetica
Elementi di igiene ambientale al domicilio, nelle unità di offerta sociali e sociosanitarie che
prevedono l’inserimento dell’ASA, le strutture sanitarie e negli ospedali
Legislativo/ istituzionale
Disposizioni generali in materia di protezione e sicurezza
1 Per Sanificazione si intende la metodica che si avvale dell’uso di detergenti per ridurre il numero
di contaminanti batterici presenti su oggetti e superfici, consentendo di mantenere livelli igienici di
sicurezza;
Per Sanitizzazione si intende una metodica che si avvale, previa pulizia con acqua e detergente,
dell’uso di un disinfettante per mantenere livelli igienici di sicurezza su oggetti e superfici
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia - 2468- Serie Ordinaria N. 33 – 11 agosto 2008
COMPETENZE è in grado di
ABILITÀ IMPLICATE CONOSCENZE IMPLICATE AREE DISCIPLINARI
4)Assistenza diretta alla persona
Utilizzare tecniche per l’assistenza alla persona:
• nelle attività quotidiane e nel soddisfacimento dei bisogni primari in base alla tipologia dell’utenza
- Sa coinvolgere la persona, la famiglia ed altre figure eventualmente coinvolte quali risorse nella
realizzazione dell'assistenza nel contesto di vita abituale;
- Sa individuare le diverse fasi di elaborazione dei progetti di intervento di assistenza
personalizzata
- Sa riconoscere le dinamiche relazionali rispetto alle caratteristiche della persona
- Sa osservare la persona e l’ambiente che la circonda
- Sa riconoscere i principali segnali/sintomi di disagio
- Sa riconoscere le condizioni di rischio e le più comuni sindromi da prolungato allettamento e
immobilizzazione
- Sa riferire i dati al personale competente
- Sa effettuare i principali interventi semplici di educazione alla salute, rivolti agli utenti e ai loro
familiari
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- Sa curare il disbrigo di semplici commissioni e pratiche burocratiche
• nell’espletamento delle funzioni fisiologiche
- Sa assicurare alla persona le cure igieniche parziali e totali, il cambio degli indumenti e delle
superfici assorbenti
- Sa assistere la persona nell’assunzione dei pasti nel rispetto delle indicazioni dietetiche e riferisce
le eventuali discordanze di assunzione
- Sa assicurare alla persona l'eliminazione per via naturale delle deiezioni e della diuresi
- Sa assicurare alla persona una corretta termoregolazione e posture per una corretta respirazione
e circolazione sanguigna nell’aiuto nella deambulazione e nell’assunzione di posture corrette
- Sa collaborare per assicurare alla persona la deambulazione e i cambi di postura
- Sa utilizzare procedure per favorire l’apprendimento e il mantenimento di posture corrette e per il
posizionamento e la mobilizzazione della persona non autosufficiente nell’utilizzo corretto dei
presidi, ausili, attrezzature e prescrizioni mediche
- Sa collaborare per supportare la persona con compromissione dell'autonomia nell'espletamento
delle attività di base della vita quotidiana anche utilizzando presidi ed ausili su indicazione del
personale sanitario
- Sa collaborare per assicurare la corretta assunzione dei farmaci secondo le prescrizioni mediche
nelle attività finalizzate al mantenimento delle residue capacità psicofisiche, alla rieducazione e al
recupero funzionale
- Sa collaborare nel dare continuità alle attività finalizzate alla riattivazione delle funzionalità
della persona definite nel progetto assistenziale
- Sa collaborare nel dare continuità alle attività di animazione che favoriscono la socializzazione,
il recupero ed il mantenimento di capacità cognitive e manuali, definite nel progetto assistenziale
- Sa collaborare per l’effettuazione di frizioni e massaggi diretti alla prevenzione delle piaghe da
decubito
Collaborare alle operazioni rivolte alla cura della salma, in assenza di servizio specifico
Principi di assistenza alla persona
Anatomia fisiologia e patologia fisica psichica e sensoriale applicate
Principi di base di diagnostica, terapia e riabilitazione
Funzionamento di ausili, presidi e protesi
Tecnico operativa
Elementi di riabilitazione e mobilizzazione
Elementi di assistenza di base (alimentazione, movimento, igiene…)
Elementi di farmacologia (vie naturali di somministrazione dei farmaci, modalità di conservazione)
Psicologica
Aspetti psicorelazionali ed interventi assistenziali in rapporto alle specificità della persona
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia - 2469- Serie Ordinaria N. 33 – 11 agosto 2008
COMPETENZE è in grado di
ABILITÀ IMPLICATE CONOSCENZE IMPLICATE AREE DISCIPLINARI
5) Comunicare/relazionarsi con l’persona e il suo contesto familiare, con l’équipe di cura
Gestire strategie di relazione d’aiuto
- Sa sostenere empaticamente la persona
- Sa gestire i conflitti nell’ambito delle proprie competenze
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- Sa riconoscere le dinamiche relazionali rispetto alle caratteristiche della persona
Rispettare l’autodeterminazione della persona
- Sa riconoscere le condizioni generali della persona (psicofisiche, sociali,…)
- Sa riconoscere i soggetti significativi per la persona
- Sa favorire l’autonomia della persona
Utilizzare tecniche per l’accoglienza della persona e la presentazione e informazione sul servizio e
sul proprio ruolo
- Sa accogliere la persona e la sua famiglia favorendo il loro orientamento ed inserimento nei
servizi
- Sa sollecitare ed organizzare momenti di socializzazione ed animazione, fornendo sostegno alla
partecipazione ad iniziative culturali e ricreative sia sul territorio, sia in ambito residenziale
Utilizzare tecniche di comunicazione idonea alle varie tipologie di utenti:
- Sa operare utilizzando modalità comunicative appropriate ai diversi contesti culturali alle diverse
situazioni di supporto assistenziale e in presenza di modificazione delle capacità comunicative
dell'assistito (afasia, ipoacusia, deficit cognitivi, alterazioni del sensorio)
Utilizzare tecniche di coinvolgimento della persona e della famiglia nella realizzazione
dell’assistenza nel contesto di vita abituale
- Sa rapportarsi con la persona e con la famiglia, comunicando in modo partecipativo in tutte le
attività quotidiane di assistenza; sa rispondere esaurientemente, coinvolgendo e stimolando al
dialogo
- Sa osservare e riconoscere eventuali situazioni di criticità in presenza di assistenza resa soggetti
diversi dai familiari (assistenti familiari)
- Sa relazionarsi alla persona e all’assistente familiare per instaurare un clima di collaborazione
rispetto agli interventi attivati
- Sa osservare e riferire eventuali segni di difficoltà
- Sa consigliare alla persona addetta all’assistenza le modalità più idonee per svolgere gli
interventi di supporto alla vita quotidiana
Teorie e tecniche della comunicazione verbale e non
Strategie e tecniche della relazione d’aiuto
Psicologia della persona nei diversi cicli di vita e in presenza di disabilità
Psicologia della comunicazione
ALLEGATO B)
MODALITÀ DI ORGANIZZAZIONE DEI PERCORSI FORMATIVI
MODALITÀ DI ACCERTAMENTO DELLE COMPETENZE IN ESITO
Il rilascio dell’attestato di competenza è assoggettato al superamento di un esame finale.
Costituiscono requisiti di ammissione all’esame:
− la frequenza di almeno il 90% delle ore complessive previste dal percorso formativo. In caso di
assenze superiori al 10% delle ore complessive, il corso si considera interrotto. La ripresa nel corso
successivo e l’eventuale riconoscimento delle ore già svolte avverranno secondo modalità stabilite
dall’Ente di formazione accreditato;
− la valutazione positiva della parte teorica;
− il positivo superamento della fase di tirocinio. L’esito positivo del tirocinio è certificato dal tutor
aziendale e dal tutor formativo, con schede descrittive del livello raggiunto rispetto agli specifici
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obiettivi e con una sintesi di giudizio finale motivato. Le schede devono essere validate dal
coordinatore del corso.
ESAME FINALE
Elemento determinante per il rilascio dell’attestato è il positivo superamento dell’esame finale il cui
fine è la verifica del conseguimento di tutte le competenze previste dal profilo formativo attraverso
una prova scritta, una prova orale e una esercitazione pratica. L’esame finale sarà condotto da
parte di una commissione composta da:
• Un Presidente nominato dalle Province o dalla Regione secondo le rispettive competenze, con
conoscenza del sistema lombardo dei servizi afferenti all’area sociale e sociosanitaria in servizio da
almeno 3 anni presso Enti Locali, ASL, strutture sociali o socio-sanitarie ed in possesso di diploma
di laurea;
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia - 2470- Serie Ordinaria N. 33 – 11 agosto 2008
• Un Commissario esperto in tematiche sociali o sociosanitarie nominato dalle Province o dalla
Regione, secondo le rispettive competenze, scelto tra il personale in servizio nelle unità di offerta
della rete dei servizi socio-assistenziali e sociosanitari della Regione Lombardia o negli enti locali o
nelle ASL, con titolo e funzioni inerenti alle materie delle aree disciplinari caratterizzanti il profilo
formativo;
• Il coordinatore del corso, con possibilità di delega a un rappresentante del corpo docente.
La commissione è validamente costituita con la presenza di tutti e tre i componenti.
Regione o Province, secondo le rispettive competenze, in un’ottica di razionalizzazione e
semplificazione, in ragione delle scadenze temporali e delle sedi di svolgimento dei percorsi,
possono aggregare gli esami finali di diversi percorsi e nominare un’unica
commissione d’esame che si riunisce in una stessa sede scelta a discrezione dell’Amministrazione
competente. In questo caso la commissione d’esame si avvarrà, per ogni percorso, del relativo
coordinatore.
Il gettone di presenza per i membri di commissione sarà calcolato per il numero dei percorsi
esaminati.
DURATA DEL PERCORSO
Percorso di 800 ore complessive di cui:
− 350 ore di teoria
− 100 ore di esercitazioni
− 350 ore di tirocinio.
L’attività formativa, compresi gli esami finali, deve essere conclusa in un arco temporale di 12
mesi a partire dall’avvio del percorso.
TITOLO RILASCIATO
Attestato di competenza ASA.
REQUISITI DEL SOGGETTO EROGATORE:
PROFESSIONALITÀ DEL PERSONALE E DI STRUTTURE/ATTREZZATURE
Richiamata la normativa regionale in materia di accreditamento, il soggetto erogatore deve
possedere i seguenti requisiti minimi:
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Ente organizzatore:
Ente di formazione con sede accreditata in Regione Lombardia SF2 o SF3 ai sensi della d.g.r. n.
19867/2004, ovvero operatore iscritto nella Sezione A) o Sezione B) dell’albo regionale ai sensi
della d.g.r. 6273/2007 e relativi decreti attuativi.
Per i corsi di competenza provinciale l’attività formativa deve fare riferimento a una sede ubicata
nel territorio provinciale.
Presenza in sede delle strutture e attrezzature sotto elencate.
Strutture ed attrezzature necessarie:
− Aula per lezioni teoriche dotata di postazioni individuali e dispositivi didattici dotati delle
necessarie autorizzazioni igienico sanitarie ad uso didattico e delle conformità in materia di
sicurezza previste dalle vigenti leggi;le aule dispongono inoltre di strumenti audiovisivi e supporti
informatici che, per alcune materie consentono di integrare la spiegazione con immagini anche
interattive
− Laboratorio per esercitazioni pratiche dotato delle seguenti attrezzature e dotazioni:
Ogni unità è completa di letto articolato, comodino, e manichino adulto (manichino per le manovre
di primo soccorso)
Biancheria per il letto in quantità adeguata
Biancheria per il cambio di indumenti intimi, pigiama e assorbenti (su manichino)
Carrozzina per il trasporto del malato
Comoda
Ausili e presidi per l’eliminazione urinaria e intestinale (maschile e femminile)
Occorrente per sperimentare l’igiene personale completa (cure igieniche totali e parziali, quotidiane
e periodiche –Spugnatura o bagno a letto)
Occorrente per la raccolta di materiale biologico
Carrello tipo per la pulizia, sanificazione e detersione dell’ambiente e dell’unità del malato in
particolare:
− Materiale per medicazioni
− Materiali per somministrazioni terapie vie naturali
− Materiali per la protezione individuale.
Professionalità:
Coordinatore del corso: Professionista con diploma di laurea ed esperienza certificata della durata di
almeno tre anni nella pratica professionale in area sociale o sociosanitaria o in area didattica;
Docenti e tutor: Esperienza certificata almeno triennale nella pratica professionale o docenza nelle
materie di specifica competenza.
Esercitazione
Lo studente sperimenta tecniche assistenziali in ambiente protetto, attraverso simulazioni, con
idonei materiali e ausili. Le esercitazioni si collocano prima del tirocinio, come attività propedeutica
allo stesso, durante e dopo il tirocinio, come sostegno ed elaborazione delle
tecniche acquisite.
Tirocinio
Il tirocinio, parte sostanziale del percorso di formazione, rappresenta una forma di apprendimento
sul campo durante il quale lo studente sperimenta le proprie abilità a partire dalle conoscenze
acquisite e deve essere svolto in ambito domiciliare, sociale e sociosanitario nei settori che
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prevedono l’inserimento della figura dell’ASA, secondo una modalità che consenta di sperimentare
almeno due ambiti di intervento diversi.
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia - 2471- Serie Ordinaria N. 33 – 11 agosto 2008
Per quanto riguarda la possibilità di sperimentare l’attività formativa in ambito domiciliare
(Servizio Assistenza Domiciliare Anziani, Servizio Assistenza Domiciliare Minori, Servizio
Assistenza Domiciliare Disabili; Assistenza Domiciliare Integrata) essa dovrà sempre avvenire in
affiancamento a un operatore competente in materia di cura e assistenza.
Dovranno altresì essere previste visite guidate per permettere la conoscenza di altri servizi che
interagiscono con quelli in cui l’operatore è inserito secondo gli standard regionali.
Lo studente deve poter sperimentare le attività nell’arco dei turni diurni secondo gli orari stabiliti
dal tutor aziendale e/o dal coordinatore del corso.
Nelle sedi di tirocinio devono essere individuati tutor di tirocinio con esperienza e disponibili al
compito, che accompagnino lo studente secondo il progetto formativo.
ALLEGATO C)
RICONOSCIMENTO DEI CREDITI FORMATIVI
L’Allegato 2) della d.g.r. 4260/2007, integralmente richiamato, a decorrere dall’entrata in vigore del
presente provvedimento viene modificato per le parti riguardante i percorsi ASA.
Di seguito l’Allegato aggiornato:
1) TITOLO STRANIERO
Titolo Posseduto dal richiedente riconosciuto nel Paese di rilascio
Percorso formativo richiesto
Credito Formativo massimo riconoscibile
Corso integrativo minimo
Professione medica o sanitaria OSS 800 ore 200 ore
Professione medica o sanitaria ASA 600 ore 200 ore
Operatore di interesse sanitario OSS 150 ore 850 ore
Operatore di interesse sanitario ASA 150 ore 650 ore
2) TITOLO ITALIANO
Titolo Posseduto dal richiedente riconosciuto nel Paese di rilascio
Percorso formativo richiesto
Credito Formativo massimo riconoscibile
Corso integrativo minimo
Infermiere generico OSS 1000 ore (è richiesto solo di sostenere l’esame)
Aiutante di sanità militare OSS 550 ore 450 ore
OSA rilasciato in Regione Sicilia OSS 150 ore 850 ore
OSA rilasciato in Regione Sicilia ASA 150 ore 650 ore
Qualifica di assistenza alla persona assimilabile all’ASA
Conseguita nelle seguenti regioni italiane:
Lombardia
Piemonte
Veneto
Emilia Romagna
Liguria
100
Marche
Lazio
Sardegna
Toscana
ASA 450 ore 350 ore
Qualifica di assistenza alla persona assimilabile all’ASA rilasciata nelle altre Regioni italiane ASA
150 ore 650 ore
I crediti per i percorsi integrativi non sono cumulabili in presenza di più titoli posseduti.
PERCORSI DIDATTICI DI RIQUALIFICA ASA IN OSS
Le persone in possesso di un titolo ASA conseguito in Regione Lombardia sia attraverso i percorsi
previsti dalla precedente normativa sia a seguito di certificazione rilasciata ai sensi del presente
provvedimento, possono accedere a percorsi di formazione della durata di 400 ore per la
riqualificazione in OSS.
All’interno dei percorsi formativi dovrà essere garantita l’attivazione di moduli teorici, attività di
tirocinio ed esercitazioni articolati nella seguente misura:
• 180 ore di teoria
• 180 ore di tirocinio
• 40 ore di esercitazioni.
L'obiettivo della formazione è far acquisire tutte le competenze previste dallo standard formativo
OSS regolamentato con la d.g.r. 5101/07.
L'individuazione degli ambiti del tirocinio dovrà essere effettuata sulla base delle competenze,
abilità e conoscenze possedute dal singolo allievo in relazione agli obiettivi formativi della figura
professionale OSS.
101
Lavorare informati
DECRETO 3 agosto 2001
Gazzetta Ufficiale n. 204 del 03-09-2001
APPROVAZIONE DEL REGISTRO DI CARICO E SCARICO DELLE SOSTANZE
STUPEFACENTI E PSICOTROPE PER LE UNITA' OPERATIVE.
IL MINISTRO DELLA SANITA'
Visto l'art. 1, comma 1, della legge 8 febbraio 2001, n. 12, concernente le "Norme per agevolare
l'impiego dei farmaci analgesici oppiacei nella terapia del dolore", che integra e modifica il testo
unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura
e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309;
Visti in particolare i commi 2-bis, 2-ter, 2-quarter e 2-quinquie dell'art. 60 del citato testo unico,
introdotti dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 12 del 2001, concernenti il modello di registro di
carico e scarico delle sostanze stupefacenti e psicotrope di cui devono dotarsi le unità operative del
Servizio sanitario nazionale;
Rilevato che, per le sue caratteristiche, il predetto modello di registro di carico e scarico non può
coincidere con il registro di entrata e uscita di cui al comma 2 dello stesso art. 60, anche se deve
essere approvato con le stesse modalità, secondo quanto previsto dal comma 2-ter;
Ritenuta l'opportunità di consentire l'impiego di tabulati elettrocontabili a quelle unità operative del
Servizio sanitario nazionale che sono dotate di sistemi informatici per la gestione delle sostanze
stupefacenti e psicotrope:
Decreta:
Articolo 1
1. E' approvato l'allegato modello di registro di carico e scarico delle sostanze stupefacenti e
psicotrope di cui alle tabelle I, II, III e IV previste dall'art. 14 del decreto del Presidente della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, con le relative norme d'uso, destinato alle unita' operative.
2. Il registro di carico e scarico e' costituito da cento pagine numerate progressivamente e vidimato
in ogni pagina dal direttore sanitario a da un suo delegato, ai sensi dell'art. 60, comma 2-ter, del
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e successive modificazioni.
102
3. In alternativa il registro puo’ essere costituito da un modulo continuo, adatto ad essere utilizzato
come supporto cartaceo per sistemi informatici, fermo restando gli obblighi di numerazione delle
pagine e di vidimazione di cui al comma 2.
Articolo 2
1. Il registro di carico e scarico e' stampato e venduto tramite i normali canali commerciali presenti
nel territorio nazionale.
Articolo 3
1. Le unità operative devono dotarsi del registro in parola nei tempi necessari affinché il suo utilizzo
sia possibile a far data dal 1o gennaio 2002.
Articolo 4
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 3 agosto 2001 Il Ministro: Sirchia
(Stampate sulla seconda pagina di copertina del registro) NORME D'USO DEL REGISTRO DI
CARICO E SCARICO DELLE SOSTANZE STUPEFACENTI E PSICOTROPE PER LE UNITA'
OPERATIVE
1. Il registro di carico e scarico in dotazione alle unità operative delle strutture sanitarie pubbliche e
private, nonché delle unità operative dei servizi territoriali delle aziende sanitarie locali, e' l'unico
documento su cui annotare le operazioni di approvvigionamento, somministrazione e restituzione
dei farmaci stupefacenti e psicotropi di cui alle tabelle I, Il, III, e IV previste dall'articolo 14 del
testo unico delle leggi in materia di stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica n.
309/1990).
2. Il registro, costituito da cento pagine prenumerate, e' vidimato dal direttore sanitario o da un suo
delegato, che provvede alla sua distribuzione.
3. Il responsabile dell'assistenza infermieristica e' incaricato della buona conservazione del registro.
Dopo due anni dalla data dell'ultima registrazione, il registro puo' essere distrutto.
4. Il dirigente medico dell'unita' operativa e' responsabile della effettiva corrispondenza tra la
giacenza contabile e reale delle sostanze stupefacenti e psicotrope.
5. Il direttore responsabile del servizio farmaceutico, attraverso periodiche ispezioni, accerta la
corretta tenuta de registro di carico e scarico di reparto. Di tali ispezioni verrà redatto apposito
verbale che sarà trasmesso alla direzione sanitaria.
6. Ogni pagina del registro deve essere intestata ad una sana preparazione medicinale, indicandone
la forma farmaceutica e il dosaggio. Inoltre si deve riportare l'unita' di misura adottata per la
movimentazione.
7. Le registrazioni, sia in entrata sia in uscita, devono essere effettuate cronologicamente, entro le
24 ore successive alla movimentazione, senza lacune di trascrizione.
8. Dopo ogni movimentazione, deve essere indicata la giacenza.
103
9. Per le registrazioni deve essere impiegato un mezzo indelebile; le eventuali correzioni, effettuate
senza alcuna abrasione e senza uso di sostanze coprenti, dovranno essere controfirmate.
10. Nel caso di somministrazione parziale di una forma farmaceutica il cui farmaco residuo non
puo' essere successivamente utilizzato (come ad esempio una fiala iniettabile), si procederà allo
scarico dell'unita' di forma farmaceutica. Nelle note sarà specificata l'esatta quantità di farmaco
somministrata, corrispondente a quella riportata nella cartella clinica del paziente. La quantità
residua del farmaco e' posta tra i rifiuti speciali da avviare alla termodistruzione.
11. Il registro non e' soggetto alla chiusura annuale, pertanto non deve essere eseguita la
scritturazione riassuntiva di tutti i dati comprovanti i totali delle qualità e quantità dei medicinali
movimentati durante l'anno.
PRESCRIZIONI D'USO
1. Indicare: il nome della specialità medicinale o del prodotto generico o della preparazione
galenica, la forma farmaceutica (compresse, fiale, soluzione orale ecc.), il dosaggio e l'unita' di
misura adottata per la movimentazione (ml, mg o unità di forma farmaceutica).
2. Indicare il numero progressivo della registrazione.
3. Indicare il giorno, mese ed anno della registrazione.
4. Indicare il numero del buono di approvvigionamento o di restituzione del farmaco. La
movimentazione di farmaci tra diverse unità operative dello stesso presidio, deve essere specificata
nelle note.
5. Indicare la quantità di farmaco ricevuta in carico.
6. Indicare il nome e il cognome o il numero della cartella clinica o altro sistema di identificazione
del paziente. Indicare l'unita' operativa, in caso cessione a quest'ultima. Indicare la farmacia, in caso
di reso.
7. Indicare la quantità di farmaco somministrata o consegnata o ceduta o resa.
8. Indicare la quantità di farmaco giacente presso l'unita' operativa dopo ogni movimentazione.
9. Firma di chi esegue la movimentazione.
10. Indicare, oltre ai casi già evidenziati, specifiche annotazioni atte a fornire maggiore chiarezza in
casi particolari. (Intestazione frontespizio del registro prima di copertina) REGISTRO DI CARICO
E SCARICO DELLE SOSTANZE STUPEFACENTI E PSICOTROPE DELLE UNITA'
OPERATIVE DELLE STRUTTURE SANITARIE PUBBLICHE E PRIVATE, NONCHE' DELLE
UNITA' OPERATIVE DEI SERVIZI TERRITORIALI DELLE AZIENDE SANITARIE LOCALI.
Esecuzione dell'emotrasfusione
Di seguito si riportano i decreti riguardanti l'emotrasfusione. L'esecuzione della trasfusione è
un atto sanitario, messo in atto dal medico o dall'infermiere in relazione alle esigenze
organizzative. Le recenti prese di posizione ministeriali raccomandano quanto segue: per
evitare che il sangue sia trasfuso alla persona sbagliata o che sia trasfuso sangue non
104
compatibile con quello del paziente da infondere verificare sempre, da parte di due operatori,
che..."
Non vi sono indicazioni per cui debbano essere un medico e un infermiere, piuttosto che due
medici o due infermieri ma si fa riferimento a due operatori. Non vi sono condizioni, dunque
che impediscano l'esecuzione in autonomia da parte dell'infermiere all'esecuzione della
trasfusione.
DECRETO 3 marzo 2005
PROTOCOLLI PER L'ACCERTAMENTO DELLA IDONEITA' DEL DONATORE
DI SANGUE E DI EMOCOMPONENTI.
IL MINISTRO DELLA SALUTE
Vista la legge 4 maggio 1990, n. 107, «Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue
umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati», con particolare riguardo agli
articoli 1 e 3, comma 4;
Visto il decreto ministeriale 26 gennaio 2001, recante «Protocolli per l'accertamento della idoneità
del donatore di sangue ed emocomponenti»;
Visto il decreto ministeriale 25 gennaio 2001, recante «Caratteristiche e modalità per la donazione
del sangue ed emoderivati» e sue successive integrazioni e modificazioni;
Vista la raccomandazione R(95)15 del Consiglio di Europa, adottata dal Comitato dei Ministri il 12
ottobre 1995, e le allegate linee guida sulla «Preparazione, uso e garanzia di qualità degli
emocomponenti» e loro successivi aggiornamenti;
Vista la raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 29 giugno 1998, sulla «Idoneità
dei donatori di sangue e di plasma e la verifica delle donazioni di sangue nella Comunità europea»
(98/463/CE);
Vista la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 gennaio 2003 che
stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la
conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva
2001/83/CE;
105
Vista la direttiva 2004/33/CE della Commissione del 22 marzo 2004 che applica la direttiva
2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e
degli emocomponenti;
Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, recante «Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al
trattamento dei dati personali», e successive modificazioni e integrazioni;
Visto il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 27 novembre 1997,
recante «Autorizzazione n. 2/1997, al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita
sessuale»;
Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135, recante «Disposizioni integrative della legge 31
dicembre 1996, n. 675, sul trattamento di dati sensibili da parte dei soggetti pubblici»;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 «Codice in materia di protezione dei dati
personali»;
Vista la circolare n. 61, del 19 dicembre 1986, della Direzione generale degli ospedali avente per
oggetto «Periodo di conservazione della documentazione sanitaria presso le Istituzioni sanitarie
pubbliche e private di ricovero e cura»;
Ravvisata la necessita' di modificare, aggiornandolo, detto decreto ministeriale 26 gennaio 2001;
Sentito il parere della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale reso nella seduta del 21
settembre 2004;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome in data 3 febbraio 2005;
Decreta:
Articolo 1
E' approvato l'articolato concernente i protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di
sangue e di emocomponenti, composto da 17 articoli e da 8 allegati, uniti al presente decreto del
quale costituiscono parte integrante.2. Il presente decreto, predisposto anche in attuazione della
direttiva 2004/33/CE della Commissione del 22 marzo 2004, e' soggetto a revisione con cadenza
almeno biennale da parte della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale, sentito l'Istituto
superiore di sanità in collaborazione con le società scientifiche di settore, accogliendo le indicazioni
formulate dagli organismi comunitari e internazionali finalizzate alla più elevata qualità possibile
del sangue e dei suoi prodotti, in rapporto alla sicurezza del donatore e del ricevente.3. L'allegato
n.1 riporta la terminologia comune relativa al donatore di sangue e al sangue e ai suoi prodotti.
TITOLO I
Informazione e tutela della riservatezza
Articolo 2 Sensibilizzazione e informazione del candidato donatore
Le Associazioni e le Federazioni dei donatori volontari di sangue e le strutture trasfusionali
collaborano per porre a disposizione di tutti i candidati donatori di sangue e/o di emocomponenti, ai
fini della loro sensibilizzazione e informazione, materiale educativo accurato e comprensibile sulle
caratteristiche essenziali del sangue, degli emocomponenti e dei prodotti emoderivati e sui notevoli
benefici che i pazienti possono ricavare dalla donazione. Dal predetto materiale si devono evincere:
106
a) i motivi per i quali vengono effettuati la compilazione del questionario, l'anamnesi, l'esame
obiettivo, l'accertamento dei requisiti fisici e le indagini per la validazione biologica delle
donazioni;
b) le informazioni sul rischio che malattie infettive possono essere trasmesse attraverso il sangue
e i suoi prodotti;
c) il significato delle espressioni: consenso informato, auto esclusione, esclusione temporanea e
permanente;
d) i motivi per cui non devono donare sangue coloro ai quali la donazione potrebbe provocare
effetti negativi sulla propria salute;
e) i motivi per cui non devono donare sangue coloro che così facendo metterebbero a rischio la
salute dei riceventi la donazione, come il caso di coloro che hanno comportamenti sessuali ad
alto rischio di trasmissione di malattie infettive o sono affetti da infezione da virus HIV/AIDS
e/o da epatite o sono tossicodipendenti o fanno uso non prescritto di sostanze farmacologiche per
via IM, EV o tramite altri strumenti in grado di trasmettere gravi malattie infettive, comprese
sostanze stupefacenti, steroidi o ormoni a scopo di culturismo fisico;
f) le informazioni specifiche sulla natura delle procedure di donazione e sui rischi collegati per
coloro che intendano partecipare ai programmi di donazione di sangue intero o di
emocomponenti mediante aferesi;
g) la possibilità di porre domande in qualsiasi momento della procedura;
h) la possibilità di ritirarsi o di rinviare la donazione per propria decisione in qualunque
momento della procedura;
i) l'assicurazione che, qualora i test ponessero in evidenza eventuali patologie, il donatore sarà
informato a cura della struttura trasfusionale e la sua donazione non utilizzata;
j) i motivi per cui e necessario che il donatore comunichi tempestivamente al personale della
struttura trasfusionale, ai fini della tutela della salute dei pazienti trasfusi, eventuali malattie
insorte subito dopo la donazione, con particolare riferimento all'epatite virale, in ogni sua forma.
Articolo 3Tutela della riservatezza
Il personale sanitario delle strutture trasfusionali e di raccolta e' tenuto:
a) a garantire che il colloquio con il candidato donatore sia effettuato nel rispetto della
riservatezza;
b) ad adottare tutte le misure volte a garantire la riservatezza delle informazioni riguardanti la
salute fornite dal candidato donatore e dei risultati dei test eseguiti sulle donazioni, nonché nelle
procedure relative ad indagini retrospettive, qualora si rendessero necessarie;
c) a garantire al donatore la possibilità di richiedere al personale medico della struttura
trasfusionale o di raccolta di non utilizzare la propria donazione, tramite una procedura riservata
di autoesclusione;
d) a comunicare al donatore qualsiasi significativa alterazione clinica riscontrata durante la
valutazione predonazione e/o negli esami di controllo.
TITOLO II
Idoneità alla donazione
Articolo 4 Criteri generali per la selezione del donatore di sangue edemocomponenti
107
1.Presso ogni struttura trasfusionale e di raccolta, verificata la volontà del candidato donatore di
effettuare la donazione di sangue o di emocomponenti, deve essere attuata una procedura di
selezione che ne garantisca l'idoneità.
2. La procedura di cui al comma precedente si articola come di seguito: accertamento dell'identià
del candidato donatore e compilazione del questionario; valutazione delle condizioni generali di
salute del candidato donatore; accertamento dei requisiti fisici per l'accettazione; definizione del
giudizio di idoneità alla donazione; acquisizione del consenso informato alla donazione e al
trattamento dei dati personali.
3. L'allegato n. 2 al presente decreto riporta il modello base di riferimento per lo schema di cartella
sanitaria del donatore da compilare ad ogni donazione.
Articolo 5 Identificazione del candidato donatore e compilazione del questionario
1.Il medico responsabile della selezione, o personale sanitario appositamente formato operante sotto
la responsabilità del predetto, accertata l'identità del candidato donatore, raccoglie i dati anamnestici
necessari alla valutazione dell'idoneità sulla base del questionario di cui all'allegato n. 2, parte A,
predisposto tenendo conto dei criteri di esclusione, permanente e temporanea, del candidato
donatore ai fini della protezione della sua salute e di quella del ricevente, così come individuati
rispettivamente negli allegati n. 3 e 4 al presente decreto.
2. Le domande che compongono il questionario, espressamente predeterminate in modo da risultare
semplici e di facile comprensione al fine di ottenere risposte precise e veritiere, sono volte a
verificare che il candidato donatore abbia effettivamente compreso le informazioni contenute nel
materiale informativo di cui all'art. 2 del presente decreto, garantendo allo stesso la possibilità di
richiedere, in qualsiasi momento, al personale medico della struttura trasfusionale o di raccolta una
procedura riservata di autoesclusione.
3. Il questionario, compilato in ogni sua parte, va sottoscritto dal candidato donatore e dal sanitario
che ha effettuato l'intervista.
4. Il predetto questionario va completato con l'annotazione dei dati anamnestici rilevanti e ad ogni
donazione successiva aggiornato con raccordi anamnestici.
Articolo 6 Valutazione delle condizioni generali di salute del donatore
1. Mira ad evidenziare le condizioni generali di salute del candidato donatore con particolare
attenzione a stati quali debilitazione, iponutrizione, edemi, anemia, ittero, cianosi, dispnea,
instabilità mentale, intossicazione alcolica, uso di stupefacenti ed abuso di farmaci.
2. I risultati della valutazione vengono riportati nella cartella sanitaria del donatore di cui
all'allegato n. 2, parte B.
Articolo 7 Accertamento dei requisiti fisici per l'accettazione del candidato donatore
1 Preliminarmente ad ogni donazione, il medico responsabile della selezione accerta che il
candidato donatore di sangue intero o di emocomponenti mediante aferesi possegga i requisiti fisici
indicati rispettivamente negli allegati n. 5 e n. 6 al presente decreto.
2. Il medico sopraindicato, secondo il proprio giudizio, puo' prescrivere l'esecuzione di ulteriori
indagini cliniche, di laboratorio e strumentali volte ad accertare l'idoneità del candidato donatore
alla donazione.
108
3. I dati rilevati e i risultati delle indagini eseguite, con riferimento ai commi precedenti, vanno
annotati nella cartella sanitaria del donatore, allegato n. 2, parte C.
Articolo 8 Definizione del giudizio di idoneità alla donazione
1 Il medico responsabile della selezione, accertata l'identità del candidato donatore, acquisiti e
valutati i dati anamnestici nel rispetto dei criteri di esclusione permanente e temporanea di cui ai
precitati allegati n. 3 e n. 4, valutate le condizioni generali di salute del donatore, accertato il
possesso dei requisiti fisici per l'accettazione del candidato donatore e tenendo anche conto, ove
disponibili, di dati clinici e di laboratorio relativi a precedenti donazioni, esprime formalmente il
giudizio di idoneità alla donazione.
2. Il giudizio di idoneità, comprensivo della indicazione al tipo di donazione, deve essere espresso
ad ogni donazione e riportato nella cartella sanitaria del donatore, allegato n. 2, parte D.
Articolo 9 Consenso informato alla donazione e al trattamento dei dati personali
1 Espletate le procedure finalizzate alla definizione del giudizio di idoneità, il medico responsabile
della selezione richiede al candidato donatore, preventivamente e debitamente informato, di
esprimere il proprio consenso alla donazione e al trattamento dei dati personali secondo le modalità
previste dalla normativa vigente, sottoscrivendo l'apposito modulo riportato nello schema di cartella
sanitaria del donatore, allegato n. 2, parte E.
2. Dal modulo di consenso informato deve risultare chiaramente la dichiarazione, da parte del
candidato donatore, di aver visionato il materiale informativo di cui all'art. 2 del presente decreto e
di averne compreso compiutamente il significato; di aver risposto in maniera veritiera ai quesiti
posti nel questionario, essendo stato correttamente informato sul significato delle domande in esso
contenute; di essere consapevole che le informazioni fornite sul proprio stato di salute e sui propri
stili di vita costituiscono un elemento fondamentale per la propria sicurezza e per la sicurezza del
ricevente il sangue donato; di aver ottenuto una spiegazione dettagliata e comprensibile sulla
procedura di prelievo proposta e di essere stato posto in condizione di fare domande ed
eventualmente di rifiutare il consenso; di non aver donato sangue o emocomponenti nell'intervallo
minimo di tempo previsto per la procedura di donazione proposta; di sottoporsi volontariamente alla
donazione e che nelle 24 ore successive alla donazione non svolgerà attività o hobby rischiosi.
3. Il consenso informato e' prescritto per ogni tipo di donazione: sangue intero, emocomponenti
mediante aferesi, cellule staminali periferiche nonché cellule cordonali.
4. Per la donazione di cellule cordonali e' prescritto altresì il consenso della madre mirato alla
rinuncia alla conservazione del sangue cordonale ad esclusivo beneficio del neonato in qualsiasi
momento della sua vita.
TITOLO III
Esami obbligatori ad ogni donazione e controlli periodici
Articolo 10 Validazione biologica delle unità di sangue e/o di emocomponenti
1 Ad ogni donazione il donatore viene obbligatoriamente sottoposto agli esami di laboratorio di cui
all'allegato n. 7, parte A e B, volti ad escluderne la positività degli indicatori delle malattie
trasmissibili e ad individuarne le principali caratteristiche immunoematologiche.
109
2. L'eventuale positività di campioni di sangue alla prova di verifica iniziale, relativa alle indagini
per le malattie trasmissibili, rende obbligatoria la ripetizione delle analisi tenendo conto
dell'algoritmo di cui all'allegato n. 8.
3. I risultati delle indagini di cui ai commi precedenti vengono riportati nella cartella sanitaria del
donatore, allegato n. 2, parte F.
Articolo 11 Esami per il donatore periodico
Ogni anno il donatore periodico viene sottoposto, oltre che agli esami di cui al precedente. art. 10,
agli esami indicati nell'all. n. 7, parte C, finalizzati alla valutazione del suo stato generale di salute; i
relativi risultati vanno annotati nella cartella sanitaria del donatore, all. n. 2, parte F.
TITOLO IV
Donazione di cellule staminali emopoietiche
Articolo 12 Donazione di cellule staminali emopoietiche periferiche
1 Il candidato donatore di cellule staminali emopoietiche periferiche deve possedere gli stessi
requisiti previsti per l'idoneità alla donazione di sangue intero e deve inoltre essere valutato per i
rischi connessi alle procedure di prelievo da un medico esperto in medicina trasfusionale oltre che
dal medico curante del ricevente (per il donatore allogenico).
2. In particolari situazioni di necessità e per specifiche esigenze cliniche possono essere adottati
criteri di idoneità diversi, a giudizio del medico esperto in medicina trasfusionale, nel rispetto
comunque del criterio della massima tutela a protezione della salute del donatore.
3. Il candidato donatore autologo o allogenico di cellule staminali periferiche deve essere indagato
per i marcatori di malattie infettive trasmissibili non oltre trenta giorni prima della donazione.
Articolo 13 Donazione di cellule staminali da cordone ombelicale
1 La candidata donatrice di sangue da cordone ombelicale deve essere persona sana; la procedura
per l'accertamento della idoneità deve comprendere l'anamnesi familiare di entrambi i genitori del
neonato, con particolare riguardo alla esistenza di malattie ereditarie.
2. La candidata donatrice deve essere sottoposta ai test per le malattie infettive trasmissibili non
oltre trenta giorni prima della donazione; detti test debbono essere ripetuti tra i sei e dodici mesi
dall'avvenuta donazione. La gravidanza deve essere stata normale; il neonato deve essere
scrupolosamente controllato alla nascita, prima della raccolta del sangue, e obbligatoriamente
sottoposto a controllo medico tra i sei e i dodici mesi di età per evidenziare la presenza di eventuali
malattie genetiche prima che il sangue cordonale sia utilizzato.
TITOLO V Registrazione ed archiviazione dei dati
Articolo 14 Tracciabilità della donazione.
1 Presso ogni struttura trasfusionale deve essere predisposto un sistema di registrazione e di
archiviazione dati che consenta di ricostruire il percorso di ogni unità di sangue o emocomponenti,
dal momento del prelievo fino alla sua destinazione finale.
2. I dati anagrafici, clinici e di laboratorio devono essere registrati e aggiornati in uno schedario
donatori gestito in modo elettronico o manuale. Detto schedario deve essere tenuto in modo da:a)
contenere cognome e nome, sesso, luogo e data di nascita, residenza e domicilio, se diverso dalla
110
residenza, recapito telefonico, Associazione o Federazione di volontariato di appartenenza del
donatore (ed eventualmente anche recapito telefonico del posto di lavoro, codice fiscale e
sanitario);b) garantire l'identificazione univoca, proteggere l'identità del donatore, con particolare
riferimento alla disciplina sulla tutela dei dati, quanto a riservatezza e sicurezza, facilitando al
tempo stesso la tracciabilità della donazione;c) consentire l'introduzione di informazioni riguardanti
eventuali reazioni avverse del donatore alla donazione, i motivi che ne sconsigliano l'effettuazione,
temporaneamente o permanentemente, sempre nel rispetto della riservatezza.
3. Le operazioni di registrazione vanno effettuate immediatamente dopo che sia stata ultimata ogni
singola fase di lavoro, devono essere leggibili e consentire l'identificazione dell'operatore che deve
siglare ogni singola fase eseguita, compresa quella relativa alla conservazione delle registrazioni.
4. Nel caso di reazioni avverse correlate alla trasfusione nel ricevente, deve essere possibile
attraverso il precitato schedario risalire al donatore e verificare i risultati di tutte le indagini
compiute ed il relativo giudizio finale.
Articolo 15 Conservazione delle registrazioni
1. La documentazione che consente di ricostruire il percorso di ogni unità di sangue o
emocomponenti, dal momento del prelievo fino alla sua destinazione finale, il modulo di consenso
informato relativo a ciascuna donazione (autologa ed allogenica) nonché i risultati delle indagini di
validazione prescritte dalla normativa vigente su ogni unità di sangue o emocomponenti, debbono
essere conservati per trenta anni;
2. Le registrazioni dei risultati riguardanti la determinazione del gruppo sanguigno AB0 ed Rh,
delle eventuali difficoltà riscontrate nella tipizzazione, della presenza di anticorpi irregolari, delle
reazioni trasfusionali, nonché delle prove di compatibilità pre trasfusionali, ove eseguite, debbono
essere conservate per quindici anni.
3. Le registrazioni relative alla temperatura di conservazione del sangue e degli emocomponenti, ai
controlli di sterilità, e ai controlli di qualità su emocomponenti, reagenti, strumentazione ed esami
di laboratorio, debbono essere conservate per dodici mesi.
TITOLO VI Altre misure
Articolo 16 Programmi di prevenzione ed educazione sanitaria.
1 Le iniziative di educazione sanitaria e le indagini eseguite ai fini della tutela della salute dei
donatori e della sicurezza dei riceventi, rappresentano un significativo riferimento epidemiologico
per la realizzazione di alcuni tra i principali obiettivi della programmazione sanitaria nazionale
quali promuovere comportamenti e stili di vita per la salute e contrastare le principali patologie. A
tale fine le regioni con il supporto delle strutture trasfusionali esistenti sul proprio territorio,
promuovono iniziative di prevenzione ed educazione sanitaria sulla base dell'analisi e della
valutazione epidemiologica dei dati rilevati sui donatori e sulle donazioni.
2. Le strutture trasfusionali assicurano adeguata consulenza al candidato donatore o al donatore la
cui donazione e stata rinviata.
3. La struttura trasfusionale che accerti su un donatore la sieroconversione per malattie virali
trasmissibili con la trasfusione di sangue o di emocomponenti deve informare il donatore e darne
tempestiva notifica, secondo le modalità previste dalla normativa vigente, all'autorità sanitaria
competente per gli adempimenti conseguenti.
Articolo 17
111
Il presente decreto entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. A partire da tale data e' abrogato il decreto ministeriale
26 gennaio 2001.
112
DECRETO LEGISLATIVO 19 agosto 2005, n.191- Sicurezza emoderivati
ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2002/98/CE CHE STABILISCE NORME DI
QUALITA' E DI SICUREZZA PER LA RACCOLTA, IL CONTROLLO, LA
LAVORAZIONE, LA CONSERVAZIONE E LA DISTRIBUZIONE DEL SANGUE
UMANO E DEI SUOI COMPONENTI.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Emana il seguente decreto legislativo:
Capo I: Disposizioni generali
Articolo 1 Finalità
1. Il presente decreto stabilisce norme di qualità e sicurezza del sangue umano e dei suoi
componenti, al fine di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana.
Articolo 2Campo di applicazione
1. Il presente decreto si applica alla raccolta e al controllo del sangue umano e dei suoi componenti,
a qualunque uso siano destinati,nonché alla lavorazione, conservazione, distribuzione e
assegnazione degli stessi qualora siano destinati alla trasfusione.
2. Al sangue umano ed ai suoi componenti che vengano raccolti e controllati per essere utilizzati
esclusivamente in trasfusioni autologhe e siano chiaramente indicati in quanto tali si applicano
requisiti conformi alla normativa di cui all'articolo 26, comma 1, lettera g).
3. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alle cellule staminali del sangue.
Articolo 3 Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) «sangue»: il sangue intero prelevato da un donatore e trattato per la trasfusione o per
l'elaborazione di prodotti derivati;
b) «componenti del sangue» o «emocomponenti»: i componenti del sangue (globuli rossi, globuli
bianchi, piastrine, plasma) che possono essere preparati a fini terapeutici con vari metodi;
c) «prodotto del sangue»: qualunque prodotto terapeutico derivato dal sangue o dal plasma
umano;
d) «trasfusione autologa»: la trasfusione di sangue o di emocomponenti ottenuta attraverso
predeposito, in cui il donatore e il ricevente sono la stessa persona;
e) «servizio trasfusionale»: le strutture previste dalla normativa vigente secondo i modelli
organizzativi regionali, ivi comprese eventuali unità di medicina trasfusionale, che sono
responsabili sotto qualsiasi aspetto della raccolta e del controllo del sangue umano e dei suoi
componenti, quale ne sia la destinazione, nonché della lavorazione, conservazione, distribuzione
eassegnazione quando gli stessi sono destinati alla trasfusione;
f) «unità di raccolta»: strutture incaricate della raccolta, previa autorizzazione delle regioni o
province autonome competenti, gestite anche dalle Associazioni del volontariato del sangue sotto
la responsabilità tecnico-organizzativa del servizio trasfusionale di riferimento;
g) «incidente grave»: qualunque evento negativo collegato alla raccolta, al controllo, alla
lavorazione, alla conservazione, alla distribuzione e alla assegnazione di sangue e di
113
emocomponenti, che puo' provocare la morte o determinare condizioni suscettibili di mettere in
pericolo la vita o di produrre invalidità o incapacità del donatore o del paziente o che ne
determina o prolunga l'ospedalizzazione o la morbilità;
h) «reazione indesiderata grave»: la risposta inattesa del donatore o del paziente, connessa con la
raccolta o la trasfusione di sangue e di emocomponenti, che provoca la morte o mette in pericolo
la vita o produce invalidità o incapacità del donatore o del paziente ovvero determina o prolunga
l'ospedalizzazione o la morbilità;
i) «rilascio di emocomponenti»: l'operazione che consente di liberare dalla quarantena
componenti del sangue mediante sistemi e procedure idonei ad assicurare che il prodotto finito
soddisfi le condizioni previste per il rilascio;
l) «esclusione»: la sospensione dell'idoneità di una persona a donare sangue o emocomponenti;
tale sospensione puo' essere definitiva o temporanea;
m) «distribuzione»: la cessione di sangue o di emocomponenti ad altri servizi trasfusionali e a
produttori di derivati del sangue e del plasma. E' esclusa dalla distribuzione l'assegnazione del
sangue no dei suoi componenti a scopo di trasfusione;
n) «assegnazione»: attribuzione al paziente di determinate, specifiche unità di sangue o di
emocomponenti per l'uso trasfusionale;
o) «emovigilanza»: insieme delle procedure di sorveglianza organizzate relative agli incidenti o
alle reazioni indesiderate gravi o inaspettate dei donatori o dei riceventi, nonché al controllo
epidemiologico dei donatori;
p) «ispezione»: controllo ufficiale e obiettivo, effettuato in conformità a norme esistenti al fine di
valutare il rispetto del presente decreto e di altre normative pertinenti e volto anche
all'individuazione di problemi.
Articolo 4 Applicazione
1. Il Ministero della salute, l'Istituto superiore di sanità, le regioni e le province autonome,
nell'ambito delle rispettive competenze, e il Ministero della difesa per il servizio trasfusionale di cui
all'articolo 20, comma 1, della legge 4 maggio 1990, n. 107, sono le Autorità responsabili del
rispetto dei requisiti di cui al presente decreto.
Capo II: Compiti delle regioni e delle province autonome
Articolo 5 Autorizzazione e accreditamento dei servizi trasfusionali
1. Le attività relative alla raccolta e al controllo del sangue umano e degli emocomponenti, a
qualunque uso siano destinati, nonché alla loro lavorazione, conservazione, distribuzione e
assegnazione, ove siano destinati alla trasfusione, sono effettuate unicamente dai servizi
trasfusionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e), che abbiano ottenuto, ai sensi della normativa
vigente e del presente decreto, l'autorizzazione e l'accreditamento come previsto da parte della
regione o provincia autonoma.
2. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione e dell'accreditamento, il servizio trasfusionale fornisce alla
regione o alla provincia autonoma le informazioni dalla stessa richieste in attuazione della
normativa vigente.
114
3. La regione o la provincia autonoma, previo accertamento della conformità del servizio
trasfusionale ai requisiti previsti, ai sensi della normativa vigente e del presente decreto, ne
autorizza l'esercizio delle attività consentite prescrivendone le condizioni.
4. Ogni modifica sostanziale delle attività di un servizio trasfusionale e' subordinata a preventiva
autorizzazione da parte della regione o della provincia autonoma.
5. La regione o la provincia autonoma puo' sospendere o revocare l'autorizzazione e
l'accreditamento del servizio trasfusionale qualora l'ispezione o le misure di controllo attuate
dimostrino che lo stesso non soddisfa i requisiti previsti.
Articolo 6 Ispezioni e misure di controllo
1. Le regioni e le province autonome, in adempimento del presente decreto e delle altre disposizioni
in materia vigenti, organizzano ispezioni e adeguate misure di controllo presso i servizi trasfusionali
per verificarne la rispondenza ai requisiti previsti.
2. Dette ispezioni o misure di controllo sono eseguite a intervalli di tempo regolari a distanza non
superiore a due anni.
3. Il personale incaricato dalle Autorità competenti di effettuare tali ispezioni e misure di controllo,
ha il potere di:a) ispezionare nel proprio territorio i servizi trasfusionali e le strutture che ai sensi
della normativa vigente sono incaricate dal titolare dell'autorizzazione e dell'accreditamento di
effettuare procedimenti di valutazione e controllo secondo quanto stabilito dall'articolo 16;b)
prelevare campioni a fini di esame ed analisi;c) esaminare qualunque documento riguardante
l'oggetto dell'ispezione, nel rispetto delle disposizioni vigenti che pongano limiti a tale potere per
quanto riguarda le descrizioni dei metodi di preparazione.
4. Le regioni e le province autonome organizzano ispezioni e altre misure di controllo adeguate in
caso di incidenti gravi o reazioni indesiderate gravi o sospetti in tale senso.
5. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Capo III: Disposizioni sui servizi trasfusionali
Articolo 7.Persona responsabile
1. La persona responsabile del servizio trasfusionale, come definito alla lettera e) del comma 1
dell'articolo 3, ha le seguenti responsabilità:a) garantire che ciascuna unità di sangue o di
emocomponenti, a qualunque uso destinata, sia raccolta e controllata e, se destinata alla trasfusione,
sia lavorata, conservata, distribuita e assegnata conformemente alle norme vigenti;b) fornire le
informazioni necessarie per le procedure di autorizzazione e accreditamento;c) assicurare che il
servizio trasfusionale soddisfi i requisiti di cui agli articoli 9, 10, 11, 12, 13 e 14.
2. La persona responsabile di cui al comma 1, possiede i requisiti previsti dalla normativa vigente
per le funzioni di responsabilità in materia di medicina trasfusionale.
3. Le funzioni di cui al comma 1, nei casi e con le modalità previsti dalla normativa vigente,
possono essere delegate ad altro personale addetto al servizio trasfusionale, in possesso delle
qualificazioni di formazione ed esperienza previste nel comma 2.
4. L'Azienda sanitaria comunica alla regione o alla provincia autonoma il nome della persona
responsabile del servizio trasfusionale e, nei casi di cui al comma 3, il nominativo del delegato.
115
5. L'unita' di raccolta definita alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 3, comunica alle regioni o
province autonome il nominativo della persona responsabile, come previsto dalle normative vigenti
regionali, in tema di autorizzazione e di accreditamento. La persona responsabile possiede il
diploma di laurea in medicina e chirurgia ed esperienza pratica post-laurea di almeno due anni nelle
unità di raccolta del sangue e degli emocomponenti.
6. Qualora la persona responsabile debba essere temporaneamente o permanentemente sostituita,
l'Azienda sanitaria ovvero l'Associazione dei donatori volontari di sangue di riferimento, ciascuno
per la propria competenza, comunica alla regione o alla provincia autonoma il nome del nuovo
responsabile e la data di assunzione delle funzioni.
Articolo 8 Personale
1. Il personale che interviene nella raccolta, nel controllo, nella lavorazione, nella conservazione,
nella distribuzione e nella assegnazione del sangue umano e degli emocomponenti possiede le
qualificazioni previste dalla normativa vigente per svolgere tali funzioni e riceve, in tempo
opportuno, adeguata formazione professionale, periodicamente aggiornata.
Capo IV. Gestione della qualità
Articolo 9.Sistema di qualità
1. Le regioni e le province autonome adottano le misure necessarie perchè i servizi trasfusionali e le
unità di raccolta istituiscano e mantengano un sistema di qualità basato sui principi di buona prassi
e secondo quanto previsto dalla normativa vigente.
Articolo 10.Documentazione
1. Presso i servizi trasfusionali, ai sensi della normativa vigente e del presente decreto viene curata
la conservazione dei documenti relativi alle procedure operative e alle linee guida, dei manuali di
formazione e di riferimento, nonché dei moduli di rapporto o resoconti.
2. Il personale incaricato di eseguire le ispezioni e le misure di controllo di cui all'articolo 6, ha
accesso ai documenti di cui al comma 1.
Articolo 11.Tenuta dei registri
1. Presso i servizi trasfusionali e le unità di raccolta, ai sensi della normativa vigente e del presente
decreto viene curata la registrazione e la conservazione dei dati e delle informazioni prescritte ai
fini del Registro nazionale e regionale sangue e plasma e dell'allegato I al presente decreto, degli
esami per la validazione biologica delle unità di sangue ed emocomponenti di cui all'allegato III,
nonché di quanto indicato all'articolo 26, comma 1, lettere b), c) e d), per i periodi di tempo previsti
dalla normativa vigente.
2. Le regioni e le province autonome e l'Istituto superiore di sanità, ciascuno per quanto di
competenza, conservano i registri relativi ai dati di cui agli articoli 5, 6, 7 e 13, ricevuti daiservizi
trasfusionali.
Capo V: Emovigilanza
Articolo 12.Tracciabilità
1. Per ciascuna unità di sangue o di emocomponenti raccolta, controllata, lavorata, conservata,
rilasciata, distribuita e assegnata e' assicurata la tracciabilità del percorso dal donatore al ricevente e
116
viceversa. A tale fine i servizi trasfusionali istituiscono, conformemente alle disposizioni vigenti e
all'articolo 26, comma 1, lettera a), un sistema di identificazione di ogni singola donazione di
sangue e di ciascuna unità di sangue o di emocomponenti in modo da garantire la sicura tracciabilità
del donatore, della trasfusione e del ricevente. Il sistema deve identificare senza possibilità di errore
ciascuna donazione singola e tipo di emocomponente.
2. Per ciascuna unità di sangue o di emocomponenti importata da Paesi terzi, i servizi trasfusionali
garantiscono un pari livello di tracciabilità del percorso
3. Ogni unità di sangue o di emocomponenti raccolta, controllata, lavorata, conservata, rilasciata,
distribuita, assegnata, deve essere conforme al sistema di identificazione di cui al comma 1, ed
etichettata secondo quanto indicato all'allegato II.
4. I dati necessari ai fini della completa tracciabilità sono conservati per almeno trenta anni.
Articolo 13.Notifica di incidenti e di reazioni indesiderate gravi
1. Qualunque incidente grave, sia esso dovuto ad evento accidentale o ad errore, connesso alla
raccolta, al controllo, alla lavorazione, alla conservazione, alla distribuzione e alla assegnazione del
sangue o di emocomponenti, che puo' influire sulla loro qualità e sicurezza, nonché qualunque
reazione indesiderata grave osservata durante o dopo la trasfusione che possa avere attinenza con la
qualità e sicurezza del sangue e dei suoi componenti, o con errore umano, e' notificato alla regione
o alla provincia autonoma interessata che a sua volta lo notifica all'Istituto superiore di sanità.
2. I servizi trasfusionali stabiliscono una procedura accurata, efficace e verificabile per ritirare dalla
distribuzione il sangue e gli emocomponenti associati alla notifica di cui al comma 1, e ne curano
l'attuazione.
3. Gli incidenti gravi e le reazioni indesiderate gravi sono notificati con procedura conforme al
disposto di cui all'articolo 26, comma 1, lettera i).
Capo VI: Disposizioni relative alla qualità e alla sicurezza del sangue e degli emocomponenti
Articolo 14.Informazioni da fornire ai candidati donatori
1. Il Ministero della salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome, adotta provvedimenti affinché i candidati donatori di sangue e di
emocomponenti ricevano adeguate informazioni come previsto dalle disposizioni relative ai
protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti, coerenti al
disposto di cui all'articolo 26, comma 1, lettera b).
Articolo 15. Informazioni richieste ai candidati donatori
1. Il Ministero della salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome, adotta provvedimenti per garantire che i candidati donatori, una volta
espressa la volontà di donare sangue o emocomponenti, forniscano al centro trasfusionale le
informazioni previste dalle disposizioni sui protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore
di sangue e di emocomponenti, coerenti al disposto di cui all'articolo 26, comma 1, lettera c).
Articolo 16.Idoneità del donatore
1. Il servizio trasfusionale assicura l'attuazione di procedure di valutazione per tutti i donatori di
sangue e di emocomponenti e il rispetto dei criteri per le donazioni richiesti dalla normativa
vigente, coerenti con il disposto di cui all'articolo 26, comma 1, lettera d).2. I risultati della
117
valutazione e del controllo del donatore sono documentati e al predetto viene comunicato qualsiasi
risultato anomalo.
Articolo 17.Selezione del donatore
1. La selezione del donatore e' eseguita secondo la procedura prevista dalle disposizioni vigenti in
materia di protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti.
Articolo 18.Donazione volontaria e gratuita del sangue
1. Il Ministero della salute, le regioni, le province autonome, in collaborazione con le Associazioni
e le Federazioni dei donatori volontari di sangue e con il Ministero della difesa, adottano, nei limiti
degli ordinari stanziamenti di bilancio, misure per promuovere la donazione del sangue e dei suoi
componenti, che e' volontaria e non remunerata.2. Il Ministero della salute, entro i due anni
successivi alla data di entrata in vigore della direttiva 2002/98/CE e in seguito ogni tre anni,
presenta alla Commissione europea una relazione sulle misure di cui al comma 1.
Articolo 19.Controllo delle donazioni
1. I servizi trasfusionali garantiscono che ciascuna donazione di sangue o di emocomponenti sia
controllata in conformità ai requisiti previsti dall'allegato III.2. Il Ministero della salute, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, dirama le
opportune istruzioni tecniche affinché il sangue e gli emocomponenti importati rispondano ai
requisiti di cui all'allegato III.
Articolo 20.Modalità di conservazione, trasporto e distribuzione
1. I servizi trasfusionali garantiscono che le modalità di conservazione, trasporto e distribuzione del
sangue e di emocomponenti siano conformi alle disposizioni vigenti, coerenti con il disposto di cui
all'articolo 26, comma 1, lettera e).
Articolo 21.Requisiti di qualità e di sicurezza relativi al sangue e agli emocomponenti
1. I servizi trasfusionali garantiscono la rispondenza dei requisiti di qualità e di sicurezza del sangue
e degli emocomponenti ai parametri elevati richiesti dalla normativa vigente, coerente con il
disposto di cui all'articolo 26, comma 1, lettera f).
Articolo 22.Formazione
1. L'attività di formazione nel settore ispettivo, anche allo scopo di promuovere l'armonizzazione
dei criteri ispettivi, per l'attuazione e verifica del sistema di qualità e per l'emovigilanza, e' garantita
dalle strutture a ciò preposte dalla normativa vigente, con l'impiego esclusivo delle risorse
finanziarie, umane e strumentali già disponibili a legislazione vigente, senza maggiori oneri per la
finanza pubblica.
Capo VII: Protezione dei dati
Articolo 23.Protezione dei dati e tutela della riservatezza
1. Tutti i dati, comprese le informazioni di carattere genetico, raccolti ai sensi del presente decreto e
delle disposizioni vigenti, a cui hanno accesso terzi, sono resi anonimi, in modo tale che il donatore
non sia piu' identificabile.
2. A tale fine e' garantito che:a) sono adottate misure di protezione dei dati e misure di salvaguardia
per prevenire aggiunte, soppressioni o modifiche non autorizzate negli archivi riguardanti i donatori
o nei registri di donatori esclusi, o trasferimenti indebiti di informazioni;b) sono poste in essere
118
procedure volte a risolvere le divergenze tra i dati;c) non avviene alcuna divulgazione indebita di
tali informazioni, garantendo al tempo stesso la tracciabilità delle donazioni.
Capo VIII: Relazioni e sanzioni
Articolo 24Relazioni
1. Il Ministero della salute presenta alla Commissione europea, entro il secondo anno da quello di
entrata in vigore della direttiva e successivamente ogni tre anni, una relazione sulle attività svolte in
riferimento al presente decreto, comprendente un rendiconto sulle misure adottate per le ispezioni e
il controllo.
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con apposito accordo in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, sono stabiliti modalità e tempi per corrispondere ai disposti del comma 1.
Articolo 25.Sanzioni
1. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque preleva, procura, raccoglie, conserva,
lavora, distribuisce o assegna, sangue o emocomponenti, al di fuori delle strutture di cui all'articolo
3, lettere e) ed f), o senza le prescritte autorizzazioni e' punito, quando si configura un pericolo per
la salute umana, con l'arresto da sei mesi ad un anno e quattro mesi, e con l'ammenda da euro 5.500
ad euro 55.000. Se si verifica un pericolo per la vita umana, la pena e' aumentata fino a un terzo. Se
il colpevole e' persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna segue l'interdizione
dall'esercizio della professione per un periodo da uno a due anni.
2. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, la persona responsabile di una delle strutture di cui
all'articolo 3, lettere e) ed f), che delega lo svolgimento delle funzioni di cui all'articolo 7, comma 1,
a persona che non possiede le qualificazioni previste dall'articolo 7, commi 2 e 5, e' punita con
l'arresto da uno a sei mesi, e con l'ammenda da euro 5.000 ad euro 25.000. Alla stessa pena e'
assoggettato il delegato privo delle qualificazioni, se abbia esercitato le funzioni.
3. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, la persona responsabile di una delle strutture di cui
all'articolo 3, lettere e) ed f), o il suo legittimo delegato, che non svolge una o piu' delle funzioni di
cui all'articolo 7, comma 1, e' punito con l'arresto da quattro a dodici mesi, o con l'ammenda da euro
10.000 ad euro 30.000. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque pone la persona
responsabile di una delle strutture di cui all'articolo 3, lettere e) ed f), in condizione di non poter
svolgere una delle funzioni di cui all'articolo 7, comma 1, e' punito con l'arresto da quattro a dodici
mesi, o con l'ammenda da euro 10.000 ad euro 30.000.
4. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque richiede a persona che non possiede le
qualificazioni previste dalla normativa vigente, di intervenire nella raccolta, nel controllo, nella
lavorazione, nella conservazione, nella distribuzione e nella assegnazione del sangue umano e degli
emocomponenti, e' punito con l'arresto da due a sei mesi, o con l'ammenda da euro 5.000 ad euro
15.000. Se l'intervento si verifica, la pena e' aumentata.
5 Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, la persona che interviene nella raccolta, nel
controllo, nella lavorazione, nella conservazione, nella distribuzione e nella assegnazione del
sangue umano e degli emocomponenti, senza possedere le qualificazionipreviste dalla normativa
vigente per svolgere tali attività, e' punito con l'arresto da due a sei mesi, o con l'ammenda da euro
5.000 ad euro 15.000.
119
6. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque impedisca oppure ostacoli, in qualsiasi
modo, il compimento da parte del personale incaricato delle attività di cui all'articolo 6, comma 3, o
non assicuri la dovuta collaborazione, e' punito con l'arresto da uno a sei mesi, o con l'ammenda da
euro 5.000 ad euro 30.000.
7. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque preleva, procura, raccoglie, conserva,
lavora, distribuisce o assegna, sangue o emocomponenti, al di fuori di una delle strutture di cui
all'articolo 3, lettere e) ed f), o senza le prescritte autorizzazioni, e' punito con l'arresto da uno a sei
mesi, o con l'ammenda da euro 3.000 ad euro 25.000. Se il fatto e' commesso da persona che
esercita una professione sanitaria, alla condanna segue l'interdizione dall'esercizio della professione
da due a sei mesi.
8. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, la persona responsabile di una delle strutture di cui
all'articolo 3, lettere e) ed f), o il suo legittimo delegato, e la persona che pone in essere la condotta,
in caso di violazione delle prescrizioni imposte ai sensi dell'articolo 5, comma 3, sono puniti con
l'arresto da uno a tre mesi, o con l'ammenda da euro 3.000 ad euro 15.000. Salvo che il fatto
costituisca piu' grave reato, chiunque pone la persona responsabile di una delle strutture di cui
all'articolo 3, lettere e) ed f), in condizione di non poter adempiere le prescrizioni imposte ai sensi
dell'articolo 5, comma 3, e' punito con l'arresto da uno a tre mesi, o con l'ammenda da euro 3.000 ad
euro 15.000.
9. Salvo che il fatto costituisca reato, la persona responsabile di una delle strutture di cui all'articolo
3, lettere e) ed f), o il suo legittimo delegato che, essendosi verificata una modifica sostanziale delle
attività, continua ad operare senza la preventiva autorizzazione da rilasciarsi ai sensi dell'articolo 5,
comma 4, e' punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 25.000.
10. Salvo che il fatto costituisca reato, la persona responsabile di una delle strutture di cui
all'articolo 3, lettere e) ed f), o il suo legittimo delegato, che non provvede agli adempimenti di cui
all'articolo 16, commi 1 e 2, all'articolo 17, comma 1, all'articolo 19, comma 1, all'articolo 20,
comma 1, all'articolo 21, comma 1, all'articolo 23, commi 1 e 2, e' punito con la sanzione
amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000.
11. Chiunque cede il proprio sangue o i suoi componenti a fini di lucro e' punito con la sanzione
amministrativa da euro 1.000 ad euro 10.000.
12. Le Autorità sanitarie territorialmente competenti dispongono la sospensione cautelare
dell'attivita' di una struttura trasfusionale non autorizzata.
Capo IX. Disposizioni finali
Articolo 26.Requisiti tecnici e loro adeguamento al progresso tecnico e scientifico
1. Il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, recepisce le disposizioni per l'adeguamento
dei requisiti tecnici nelle materie di seguito elencate, come stabilito con procedura prevista in
ambito europeo, al progresso tecnico e scientifico:
a) requisiti in materia di tracciabilità del percorso;
b) informazioni da fornire ai donatori;
c) informazioni da richiedere ai donatori, comprese l'identificazione, gli antecedenti medici e la
firma del donatore;
120
d) requisiti relativi all'idoneità dei donatori di sangue e di plasma e al controllo del sangue
donato che comprendono:1) criteri di esclusione definitiva ed eventuali deroghe;2) criteri di
esclusione temporanea;
e) requisiti per la conservazione, il trasporto e la distribuzione;
f) requisiti di qualità e sicurezza del sangue e dei componenti del sangue;
g) requisiti applicabili alle trasfusioni autologhe;
h) norme e specifiche comunitarie relative a un sistema di qualità per le strutture trasfusionali;
i) procedura comunitaria di notifica di gravi incidenti o reazioni indesiderate gravi e modulo
della notifica.
Articolo 27.Produzione di medicinali derivati dal sangue o dal plasma
1. Alla raccolta e al controllo del sangue e del plasma umani da utilizzare per la produzione di
medicinali, si applica quanto disposto dal presente decreto.
Articolo 28.Fase transitoria
1. Le regioni e le province autonome adeguano le proprie normative ai principi contenuti nel
presente decreto entro l'8 novembre 2005.
Articolo 29.Clausola di cedevolezza
1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, le norme del
presente decreto afferenti a materia di competenza legislativa delle regioni e delle province
autonome di Trento e di Bolzano, che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva
2002/98/CE, si applicano fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata,
nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali
desumibili dal presente decreto, da ciascuna regione e provincia autonoma.
Articolo 30.Clausola di invarianza degli oneri
1. Dalle disposizioni del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta
ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarlo e di farlo osservare.
Decreto Legislativo 20 dicembre 2007, n. 261
"REVISIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO 19 AGOSTO 2005, N. 191,
RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2002/98/CE CHE STABILISCE
NORME DI QUALITA' E DI SICUREZZA PER LA RACCOLTA,IL CONTROLLO,
LA LAVORAZIONE, LA CONSERVAZIONE E LA DISTRIBUZIONE DEL
SANGUE UMANO E DEI SUOI COMPONENTI "
Emana il seguente decreto legislativo:
Articolo 1
121
Campo di applicazione
1. Il presente decreto si applica alla raccolta e al controllo del sangue umano e dei suoi componenti,
a qualunque uso siano destinati, nonche' alla loro lavorazione, conservazione, distribuzione e
assegnazione, qualora siano destinati alla trasfusione, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 26,
comma 1.
2. Al sangue umano ed ai suoi componenti che vengano raccolti e controllati per essere utilizzati
esclusivamente in trasfusioni autologhe e siano chiaramente indicati in quanto tali si applicano
requisiti conformi alla normativa di cui all'articolo 25, comma 1, lettera g).
3 . Le disposizioni del presente decreto non si applicano alle cellule staminali del sangue.
Articolo 2
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) «sangue»: il sangue intero prelevato da un donatore e trattato per la trasfusione o per
l'elaborazione di prodotti derivati;
b) «componenti del sangue» o «emocomponenti»: i componenti del sangue (globuli rossi, globuli
bianchi, piastrine, plasma) che possono essere preparati a fini terapeutici con vari metodi;
c) «prodotto del sangue»: qualunque prodotto terapeutico derivato dal sangue o dal plasma
umano;
d) «trasfusione autologa»: la trasfusione di sangue o di emocomponenti ottenuta attraverso
predeposito, in cui il donatore e il ricevente sono la stessa persona;
e) «servizio trasfusionale»: le strutture e le relative articolazioni organizzative, comprese quelle
per le attività di raccolta, previste dalla normativa vigente secondo i modelli organizzativi
regionali, che sono responsabili sotto qualsiasi aspetto della raccolta e del controllo del sangue
umano e dei suoi componenti, quale ne sia la destinazione, nonche' della lavorazione,
conservazione, distribuzione e assegnazione quando gli stessi sono destinati alla trasfusione;
f) «unità di raccolta»: strutture incaricate della raccolta, previa autorizzazione delle regioni o
province autonome competenti, gestite dalle associazioni dei donatori volontari di sangue
convenzionate e costituite ai sensi della normativa vigente; le unità di raccolta, gestite
singolarmente o in forma aggregata dalle predette associazioni, operano sotto la responsabilità
tecnica del servizio trasfusionale di riferimento;
g) «incidente grave»: qualunque evento negativo collegato alla raccolta, al controllo, alla
lavorazione, alla conservazione, alla distribuzione e alla assegnazione di sangue e di
emocomponenti, che può provocare la morte o determinare condizioni suscettibili di mettere in
pericolo la vita o di produrre invalidità o incapacità del donatore o del paziente o che ne
determina o prolunga l'ospedalizzazione o la morbilità;
h) «reazione indesiderata grave»: la risposta inattesa del donatore o del paziente, connessa con la
raccolta o la trasfusione di sangue e di emocomponenti, che provoca la morte o mette in pericolo
la vita o produce invalidità o incapacità del donatore o del paziente ovvero determina o prolunga
l'ospedalizzazione o la morbilità;
i) «rilascio di emocomponenti»: l'operazione che consente di liberare dalla quarantena
componenti del sangue mediante sistemi e procedure idonei ad assicurare che il prodotto finito
soddisfi le condizioni previste per il rilascio; l) «esclusione»: la sospensione dell'idoneità di una
persona a donare sangue o emocomponenti; tale sospensione può essere definitiva o temporanea;
122
m) «distribuzione»: la cessione di sangue o di emocomponenti ad altri servizi trasfusionali e a
produttori di derivati del sangue e del plasma. E' esclusa dalla distribuzione l'assegnazione del
sangue o dei suoi componenti a scopo di trasfusione;
n) «assegnazione»: attribuzione al paziente di determinate, specifiche unità di sangue o di
emocomponenti per l'uso trasfusionale;
o) «emovigilanza»: insieme delle procedure di sorveglianza organizzate relative agli incidenti o
alle reazioni indesiderate gravi o inaspettate dei donatori o dei riceventi, nonché al controllo
epidemiologico dei donatori;
p) «ispezione»: controllo ufficiale e obiettivo, effettuato in conformità a norme esistenti al fine di
valutare il rispetto del presente decreto e di altre normative pertinenti e volto anche
all'individuazione di problemi.
Articolo 3
Applicazione
1 . Il Ministero della salute, il Centro nazionale sangue, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano, nell'ambito delle rispettive competenze, e il Ministero della difesa per il servizio
trasfusionale di cui all'articolo 24, comma 1, della legge 21 ottobre 2005, n. 219, sono le autorità
responsabili del rispetto dei requisiti di cui al presente decreto.
Articolo 4
Autorizzazione e accreditamento dei servizi trasfusionali
1. Le attività relative alla raccolta e al controllo del sangue umano e degli emocomponenti, ivi
inclusa l'esecuzione degli esami di validazione biologica previsti dalla normativa vigente, a
qualunque uso siano destinati, nonchè alla loro lavorazione, conservazione, distribuzione e
assegnazione, ove siano destinati alla trasfusione, sono effettuate unicamente dai servizi
trasfusionali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), e, limitatamente alle attività di raccolta del
sangue e degli emocomponenti, dalle unità di raccolta di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f), che
abbiano entrambi ottenuto, ai sensi della normativa vigente, l'autorizzazione e l'accreditamento
secondo le modalità previste dalla regioni e dalle province autonome.
2. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione e dell'accreditamento, gli enti a cui afferiscono i servizi
trasfusionali, nonché le associazioni dei donatori volontari di sangue che gestiscono le unità di
raccolta adeguano le rispettive strutture ai requisiti previsti dal presente decreto e dall'articolo 20,
comma 1, della legge 21 ottobre 2005, n. 219, e forniscono alla regione o alla provincia autonoma
interessata le informazioni da essa richieste in attuazione della normativa vigente ed in particolare
quelle di cui all'allegato I.
3. La regione o la provincia autonoma, previo accertamento della conformità del servizio
trasfusionale e della unità di raccolta ai requisiti previsti, ai sensi della normativa vigente, ne
autorizza l'esercizio delle attività consentite, prescrivendone le condizioni.
4. Ogni modifica sostanziale delle attività di un servizio trasfusionale e di una unità di raccolta e'
subordinata a preventiva autorizzazione da parte della regione o della provincia autonoma.
5. La regione o la provincia autonoma può sospendere o revocare l'autorizzazione e
l'accreditamento del servizio trasfusionale e dell'unità di raccolta qualora l'ispezione o le misure di
controllo attuate dimostrino che tali strutture non soddisfano i requisiti previsti dalla normativa
vigente.
123
Articolo 5
Ispezioni e misure di controllo
1. Le regioni e le province autonome, in attuazione della normativa vigente in materia, organizzano
ispezioni e adeguate misure di controllo presso i servizi trasfusionali e le unità di raccolta per
verificarne la rispondenza ai requisiti previsti.
2. Le ispezioni o misure di controllo di cui al comma 1 sono eseguite a intervalli di tempo regolari a
distanza non superiore a due anni.
3. Il personale incaricato dalle autorità competenti di effettuare tali ispezioni e misure di controllo
ha il potere di:
a) ispezionare nel proprio territorio i servizi trasfusionali e le unità di raccolta;
b) prelevare campioni a fini di esame ed analisi;
c) esaminare qualunque documento riguardante l'oggetto dell'ispezione, nel rispetto delle
disposizioni vigenti che pongano limiti a tale potere per quanto riguarda le descrizioni dei metodi
di preparazione.
4. Le regioni e le province autonome organizzano ispezioni e altre misure di controllo adeguate in
caso di incidenti gravi o reazioni indesiderate gravi o sospetti in tale senso conformemente
all'articolo 12.
5. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Articolo 6
Persona responsabile
1. L'ente cui afferisce il servizio trasfusionale ne designa la persona responsabile, come tale tenuta
ad esercitare i seguenti compiti:
a) garantire che ciascuna unità di sangue o di emocomponenti, a qualunque uso destinata, sia
raccolta e controllata e, se destinata alla trasfusione, sia lavorata, conservata, distribuita e
assegnata conformemente alle norme vigenti;
b) fornire le informazioni necessarie per le procedure di autorizzazione e accreditamento;
c) assicurare che il servizio trasfusionale soddisfi i requisiti di cui agli art. 7, 8, 9, 10 e 11;
2. La persona responsabile di cui al comma 1, possiede diploma di laurea in medicina e chirurgia ed
i requisiti previsti dalla normativa vigente per l'accesso alla direzione di struttura complessa nella
disciplina di medicina trasfusionale.
3. Le funzioni di cui al comma 1, nei casi e con le modalità previsti dalla normativa vigente,
possono essere delegate ad altro personale addetto al servizio trasfusionale, in possesso delle
qualificazioni di formazione ed esperienza previste nel comma 2.
4. L'ente cui afferisce il servizio trasfusionale comunica alla regione o alla provincia autonoma il
nome della persona responsabile del servizio trasfusionale e, nei casi di cui al comma 3, il
nominativo del delegato. 5. L'Associazione dei donatori volontari di sangue designa la persona
responsabile dell'unità di raccolta e ne comunica il nominativo alla regione o provincia autonoma,
come previsto dalle normative regionali vigenti in tema di autorizzazione e di accreditamento. La
persona responsabile dell'unità di raccolta deve possedere il diploma di laurea in medicina e
chirurgia ed esperienza pratica «post-laurea» di almeno due anni nelle unità di raccolta del sangue e
degli emocomponenti o nei servizi trasfusionali.
124
6. La persona responsabile di cui al comma 5, garantisce che le attività di raccolta del sangue e di
emocomponenti siano effettuate in conformità alle procedure tecniche stabilite dal servizio
trasfusionale di riferimento in base alle norme vigenti e che l'unità di raccolta, fissa o mobile, sia in
possesso delle autorizzazioni, secondo le modalità previste dalla regione o provincia autonoma.
7. Qualora la persona responsabile del servizio trasfusionale o delle unità di raccolta debba essere
temporaneamente o permanentemente sostituita, l'ente a cui afferisce il servizio trasfusionale
ovvero l'associazione dei donatori volontari di sangue che gestisce le unità di raccolta comunica alla
regione o alla provincia autonoma il nome del nuovo responsabile e la data di assunzione delle
funzioni.
Articolo 7
Personale
1. Il personale che interviene nella raccolta, nel controllo, nella lavorazione, nella conservazione,
nella distribuzione e nella assegnazione del sangue umano e degli emocomponenti possiede le
qualificazioni previste dalla normativa vigente per svolgere tali funzioni e riceve, in tempo
opportuno, adeguata formazione professionale, periodicamente aggiornata.
Articolo 8
Sistema di qualità
1. Le regioni e le province autonome adottano le misure necessarie perchè i servizi trasfusionali e le
unità di raccolta istituiscano e mantengano un sistema di qualità basato sui principi di buona prassi
e secondo quanto previsto dalla normativa vigente.
Articolo 9
Documentazione
1. Presso i servizi trasfusionali e le unità di raccolta, ai sensi della normativa vigente e nel rispetto
delle direttive in materia emanate dalle regioni e dalle province autonome, comunque conformi alle
disposizioni europee attuate dal presente decreto, viene curata la conservazione dei documenti
relativi alle procedure operative e alle linee guida, dei manuali di formazione e di riferimento,
nonché dei moduli di rapporto o resoconti.
2. Il personale incaricato di eseguire le ispezioni e le misure di controllo di cui all'articolo 5 ha
accesso ai documenti di cui al comma 1.
Articolo 10
Tenuta dei registri
1. Presso i servizi trasfusionali, ai sensi della normativa vigente e nel rispetto delle direttive in
materia emanate dalle regioni e province autonome, comunque conformi alle disposizioni europee
attuate dal presente decreto, viene curata la registrazione e la conservazione dei dati e delle
informazioni prescritte ai fini del Registro nazionale e regionale sangue e plasma e dell'allegato I,
degli esami per la validazione biologica delle unità di sangue ed emocomponenti di cui all'allegato
III, nonché di quanto indicato all'articolo 25, comma 1, lettere b), c) e d), per i periodi di tempo
previsti dalla normativa vigente.
2. Le regioni e le province autonome ed il Centro nazionale sangue, ciascuno per quanto di
competenza, conservano i registri relativi ai dati di cui agli articoli 4, 5, 6 e 12, ricevuti dai servizi
trasfusionali.
125
Articolo 11
Tracciabilità
1. Per ciascuna unità di sangue o di emocomponenti raccolta, controllata, lavorata, conservata,
rilasciata, distribuita e assegnata e' assicurata la tracciabilità del percorso dal donatore al ricevente e
viceversa. A tale fine i servizi trasfusionali istituiscono, conformemente alle direttive emanate dalle
regioni in materia e alle disposizioni vigenti e all'articolo 25, comma 1, lettera a), un sistema di
identificazione di ogni singola donazione di sangue e di ciascuna unità di sangue o di
emocomponenti in modo da garantire la sicura tracciabilità del donatore, della trasfusione e del
ricevente. Il sistema deve identificare senza possibilità di errore ciascuna donazione singola e tipo
di emocomponente. Tale sistema e' utilizzato anche presso le unità di raccolta.
2. Per ciascuna unità di sangue o di emocomponenti importata da Paesi terzi, i servizi trasfusionali
garantiscono un pari livello di tracciabilità del percorso.
3. Ogni unità di sangue o di emocomponenti raccolta, controllata, lavorata, conservata, rilasciata,
distribuita, assegnata, deve essere conforme al sistema di identificazione di cui al comma 1 ed
etichettata secondo quanto indicato all'allegato II.
4. I dati necessari ai fini della completa tracciabilità sono conservati per almeno trenta anni.
Articolo 12
Notifica di incidenti e di reazioni indesiderate gravi
1. Qualunque incidente grave, sia esso dovuto ad evento accidentale o ad errore, connesso alla
raccolta, al controllo, alla lavorazione, alla conservazione, alla distribuzione e alla assegnazione del
sangue o di emocomponenti, suscettibile di influire sulla loro qualità e sicurezza, nonché qualunque
reazione indesiderata grave osservata durante o dopo la trasfusione che possa avere attinenza con la
qualità e sicurezza del sangue e dei suoi componenti, o con errore umano, e' notificato alla regione
o alla provincia autonoma interessata che a sua volta lo notifica al Centro nazionale sangue.
2. I servizi trasfusionali stabiliscono una procedura accurata, efficace e verificabile per ritirare dalla
distribuzione il sangue e gli emocomponenti associati alla notifica di cui al comma 1, e ne curano
l'attuazione.
3. Gli incidenti gravi e le reazioni indesiderate gravi sono notificati con procedura conforme al
disposto di cui all'articolo 25, comma 1, lettera i).
Articolo 13
1.Informazioni da fornire ai candidati donatori1. Il Ministero della salute, d'intesa con la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, adotta provvedimenti affinche' i candidati donatori di sangue e di emocomponenti
ricevano adeguate informazioni come previsto dalle disposizioni relative ai protocolli per
l'accertamento della idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti, coerenti al disposto di cui
all'articolo 25, comma 1, lettera b).
Articolo 14
Informazioni richieste ai candidati donatori
1. Il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, adotta provvedimenti per garantire che i
candidati donatori, una volta espressa la volontà di donare sangue o emocomponenti, forniscano al
servizio trasfusionale e all'unità di raccolta le informazioni previste dalle disposizioni sui protocolli
126
per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti, coerenti al disposto di
cui all'articolo 25, comma 1, lettera c).
Articolo 15
Idoneità del donatore
1. Il servizio trasfusionale e l'unità di raccolta assicurano l'attuazione di procedure di valutazione
per tutti i donatori di sangue e di emocomponenti e il rispetto dei criteri per le donazioni richiesti
dalla normativa vigente, coerenti con il disposto di cui all'articolo 25, comma 1, lettera d), salva
comunque l'osservanza, da parte delle unità di raccolta, delle procedure tecniche stabilite dal
servizio trasfusionale di riferimento per le attività di raccolta del sangue e di emocomponenti.
2. I risultati della valutazione e del controllo del donatore sono documentati e al predetto viene
comunicato qualsiasi risultato anomalo.
Articolo 16
Selezione del donatore
1. La selezione del donatore e' eseguita secondo la procedura prevista dalle disposizioni vigenti in
materia di protocolli per l'accertamento della idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti.
Articolo 17
Donazione volontaria e gratuita del sangue
1. Il Ministero della salute, le regioni, le province autonome, in collaborazione con le associazioni e
le Federazioni dei donatori volontari di sangue e con il Ministero della difesa, adottano, nei limiti
degli ordinari stanziamenti di bilancio, misure per promuovere la donazione del sangue e dei suoi
componenti, che e' volontaria e non remunerata.
2. Il Ministero della salute, entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore della direttiva
2002/98/CE e in seguito ogni tre anni, presenta alla Commissione europea una relazione sulle
misure di cui al comma 1.
Articolo 18
Controllo delle donazioni
1. I servizi trasfusionali garantiscono che ciascuna donazione di sangue o di emocomponenti sia
controllata in conformità ai requisiti previsti dall'allegato III. 2. Il Ministero della salute, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, dirama le opportune istruzioni tecniche affinché il sangue e gli emocomponenti importati
rispondano ai requisiti di cui all'allegato III.
Articolo 19
Modalità di conservazione, trasporto e distribuzione
1. I servizi trasfusionali garantiscono che le modalità di conservazione, trasporto e distribuzione del
sangue e di emocomponenti siano conformi alle disposizioni vigenti, coerenti con il disposto di cui
all'articolo 25, comma 1, lettera e).
2. Le unità di raccolta garantiscono la conservazione e il trasporto del sangue e degli
emocomponenti raccolti in conformità alle procedure tecniche stabilite dal servizio trasfusionale di
riferimento.
127
Articolo 20
Requisiti di qualità e di sicurezza relativi al sangue e agli emocomponenti
1. I servizi trasfusionali e le unità di raccolta, per le attività rispettivamente svolte, garantiscono la
rispondenza dei requisiti di qualità e di sicurezza del sangue e degli emocomponenti ai parametri
elevati richiesti dalla normativa vigente, coerente con il disposto di cui all'articolo 25, comma 1,
lettera f).
Articolo 21
Formazione
1. L'attività di formazione nel settore ispettivo, anche allo scopo di promuovere l'armonizzazione
dei criteri ispettivi, per l'attuazione e verifica del sistema di qualità e per l'emovigilanza, e' garantita
dalle strutture a ciò preposte dalla normativa vigente, con l'impiego esclusivo delle risorse
finanziarie, umane e strumentali già disponibili a legislazione vigente, senza maggiori oneri per la
finanza pubblica.
Articolo 22
Protezione dei dati e tutela della riservatezza
1. Tutti i dati, comprese le informazioni di carattere genetico, raccolti ai sensi del presente decreto e
delle disposizioni vigenti, a cui hanno accesso terzi, sono resi anonimi, in modo tale che il donatore
non sia più identificabile.
2. A tale fine e' garantito che:
a) sono adottate misure di protezione dei dati e misure di salvaguardia per prevenire aggiunte,
soppressioni o modifiche non autorizzate negli archivi riguardanti i donatori o nei registri di
donatori esclusi, o trasferimenti indebiti di informazioni;
b) sono poste in essere procedure volte a risolvere le divergenze tra i dati;
c) non avviene alcuna divulgazione indebita di tali informazioni, garantendo al tempo stesso la
tracciabilità delle donazioni.
Articolo 23
Relazioni
1. Il Ministero della salute presenta alla Commissione europea, entro il secondo anno da quello di
entrata in vigore della direttiva e successivamente ogni tre anni, una relazione sulle attività svolte in
riferimento al presente decreto, comprendente un rendiconto sulle misure adottate per le ispezioni e
il controllo.
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con apposito accordo in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, sono stabiliti modalità e tempi per corrispondere ai disposti del comma 1.
Articolo24
Sanzioni
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque preleva, procura, raccoglie, conserva,
lavora, distribuisce o assegna sangue o emocomponenti, al di fuori delle strutture di cui all'articolo
2, comma 1, lettere e) ed f) o senza le prescritte autorizzazioni o a scopo di lucro e' punito con la
reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 206 ad euro 10.329. Se il colpevole e' persona
128
che esercita una professione sanitaria, alla condanna segue l'interdizione dall'esercizio della
professione per un uguale periodo.
2. Nei casi indicati dal comma 1 l'azienda unità sanitaria locale competente per territorio dispone la
chiusura della struttura non autorizzata.
3. La persona responsabile di una delle strutture di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e) ed f), o il
suo legittimo delegato, che non svolge una o più delle funzioni di competenza di cui all'articolo 6,
commi 1 e 6, e' punito con la sanzione amministrativa da euro 10.000 ad euro 50.000.
4. La persona che interviene nella raccolta, nel controllo, nella lavorazione, nella distribuzione e
nella assegnazione del sangue umano e degli emocomponenti, senza possedere le qualificazioni
previste dalla normativa vigente per svolgere tali attività, e' punita con l'arresto da due a sei mesi o
con l'ammenda da euro 5.000 ad euro 15.000.
5. Chiunque impedisca oppure ostacoli, in qualsiasi modo, lo svolgimento delle funzioni di cui
all'articolo 6, commi 1 e 6, o il compimento da parte del personale incaricato delle attività di cui
all'articolo 5, comma 3, e' punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000.
6. Sono abrogati i commi 1 e 2 dell'articolo 22 della legge 21 ottobre 2005, n. 219.
Articolo 25
Requisiti tecnici e loro adeguamento al progresso tecnico e scientifico
1 . Il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, recepisce le disposizioni per l'adeguamento
dei requisiti tecnici nelle materie di seguito elencate, come stabilito con procedura prevista in
ambito europeo, al progresso tecnico e scientifico:
a) requisiti in materia di tracciabilità del percorso;
b) informazioni da fornire ai donatori;
c) informazioni da richiedere ai donatori, comprese l'identificazione, gli antecedenti medici e la
firma del donatore;
d) requisiti relativi all'idoneità dei donatori di sangue e di plasma e al controllo del sangue
donato che comprendono:
1) criteri di esclusione definitiva ed eventuali deroghe; 2) criteri di esclusione temporanea;
e) requisiti per la conservazione, il trasporto e la distribuzione;
f) requisiti di qualità e sicurezza del sangue e dei componenti del sangue;
g) requisiti applicabili alle trasfusioni autologhe;
h) norme e specifiche comunitarie relative a un sistema di qualità per le strutture trasfusionali;
i) procedura comunitaria di notifica di gravi incidenti o reazioni indesiderate gravi e modulo
della notifica.
Articolo 26
Produzione di medicinali derivati dal sangue o dal plasma
1. Alla raccolta e al controllo del sangue e del plasma umani da utilizzare per la produzione di
medicinali, si applica quanto disposto dal presente decreto. Il plasma raccolto in Paesi esteri ed i
relativi intermedi, destinati alla produzione di prodotti finiti emoderivati, devono invece rispondere
ai requisiti previsti dalla farmacopea europea, versione vigente, ed alle direttive europee applicabili,
anche in considerazione di quanto previsto dall'articolo 135, comma 2, del decreto legislativo 24
aprile 2006, n. 219.
129
2. Il Ministro della salute, d'intesa con le regioni e le province autonome, sulla,base delle
indicazioni fornite dal Centro nazionale sangue, di cui all'articolo 12, comma 1, della legge 21
ottobre 2005, n. 219, e sentita la Consulta tecnica permanente per il sistema trasfusionale di cui
all'articolo 13 della legge medesima, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente,
predispone con proprio decreto un programma finalizzato allo sviluppo della raccolta di plasma nei
servizi trasfusionali e nelle unità di raccolta ed alla promozione del razionale ed appropriato utilizzo
dei farmaci plasmaderivati.
Articolo 27
Clausola di cedevolezza
1. In relazione a quanto prescritto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione e dall'articolo
16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, le disposizioni del presente decreto riguardanti
ambiti di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome si applicano, nell'esercizio
del potere sostitutivo dello Stato e con carattere di cedevolezza, a decorrere dalla scadenza del
termine stabilito per l'attuazione della direttiva oggetto del presente decreto legislativo, nelle regioni
e nelle province autonome nelle quali non sia ancora stata adottata la normativa di attuazione
regionale o provinciale e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore di quest'ultima,
fermi restando i principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
Articolo 28
Clausola di invarianza degli oneri
1. Le amministrazioni interessate provvedono alle attività previste dal presente decreto con le
risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
2. Dalle disposizioni del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Articolo 29
Abrogazione del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 1911. A decorrere dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 191, e' abrogato.
Decreto legislativo 09 novembre 2007, n. 208
ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2005/62/CE CHE APPLICA LA DIRETTIVA
2002/98/CE PER QUANTO RIGUARDA LE NORME E LE SPECIFICHE
COMUNITARIE RELATIVE AD UN SISTEMA DI QUALITA' PER I SERVIZI
TRASFUSIONALI.
Emana il seguente decreto legislativo:
Articolo 1
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) «norma»: la prescrizione che e' assunta come base di raffronto;
130
b) «specifica»: una descrizione dei criteri da rispettare per conformarsi alla norma di qualità
prescritta;
c) «sistema»di qualità: la struttura organizzativa, le responsabilità, le procedure, i processi e le
risorse necessari per attuare la gestione della qualità;
d) «gestione della qualità»: le attività coordinate per dirigere e controllare un'organizzazione sul
piano della qualità a tutti i livelli nell'ambito di un servizio trasfusionale e di un'unita' di raccolta
per la parte di competenza;
e) «controllo della qualità»: la parte di un sistema di qualità incentrata sul rispetto dei requisiti di
qualità;
f) «garanzia della qualità»: tutte le attività, dalla raccolta alla distribuzione del sangue, miranti a
garantire che il sangue e i suoi componenti presentino la qualità richiesta per l'uso al quale
sono destinati;
g) «tracciabilità inversa»: il processo consistente nell'indagare presunte reazioni avverse
associate alla trasfusione in un ricevente, al fine di identificare un donatore potenzialmente
implicato;
h) «procedure scritte»: la documentazione controllata che illustra le modalità di esecuzione di
determinate operazioni;
i) «sito mobile»: un sito temporaneo o mobile, utilizzato per la raccolta del sangue e dei suoi
componenti, che si trova all'esterno di un servizio trasfusionale o dell'unita' di raccolta, ma sotto
la
responsabilità tecnica del predetto servizio;
l) «lavorazione»: una qualsiasi fase della preparazione di un emocomponente, che intervenga tra
la raccolta del sangue e la consegna di tale componente;
m) «buona prassi»: tutti gli elementi di una prassi consolidata,che insieme fanno si' che il
sangue o i suoi componenti finali soddisfino sistematicamente le specifiche predefinite e siano
n) «quarantena»: l'isolamento fisico degli emocomponenti o di materiali/reagenti ricevuti, in un
arco di tempo variabile, in attesa dell'accettazione, della consegna o del ritiro degli
emocomponenti o dei materiali/reagenti ricevuti;
o) «convalida»: l'allestimento di prove documentate e obiettive comprovanti che i requisiti
prestabiliti di una procedura o di un processo specifico possono essere sistematicamente
soddisfatti;
p) «qualificazione»: l'azione, facente parte della convalida,consistente nell'accertare che tutto il
personale, i locali, le attrezzature o il materiale assolvono correttamente le loro funzioni e danno
i risultati previsti;
q) «sistema informatizzato»: il sistema che comprende l'immissione dei dati, l'elaborazione
elettronica e la produzione di informazioni da utilizzarsi ai fini della notifica, del controllo
automatico o della documentazione.
DECRETO 22 febbraio 2007, n. 43
DIREZIONE GENERALE DELLA PROGRAMMAZIONE SANITARIA, DEI LIVELLI DI
ASSISTENZA E DEI PRINCIPI ETICI DI SISTEMA REGOLAMENTO RECANTE:
131
”DEFINIZIONE DEGLI STANDARD RELATIVI ALL’ASSISTENZA AI MALATI
TERMINALI IN TRATTAMENTO PALLIATIVO IN ATTUAZIONE
DELL’ARTICOLO 1, COMMA 169 DELLA LEGGE 30 DICEMBRE 2004,n. 311”
(…omissis)
ADOTTA il seguente regolamento
Articolo 1
(Standard qualitativi, quantitativi e strutturali)
1. Gli standard qualitativi e quantitativi delle strutture dedicate alle cure palliative e della Rete di
assistenza ai pazienti terminali sono individuati nell’Allegato 1. La descrizione e la modalità di
calcolo degli indicatori sono riportate nell’Allegato 2. Gli Allegati costituiscono parte integrante del
presente Regolamento.
2. Le regioni garantiscono:
a) l’informazione ai cittadini ed agli operatori sulla istituzione della Rete di assistenza palliativa,
sulla localizzazione dei servizi e delle strutture, sull’assistenza erogata dalla Rete e sulle
modalità di accesso secondo quanto previsto dall’art. 14 del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni;
b) l’utilizzo sistematico e continuativo, da parte della Rete di assistenza palliativa, di strumenti di
valutazione della qualità percepita dai malati e dalle loro famiglie, secondo quanto previsto nel
punto 2.2 della “Carta dei servizi pubblici sanitari”di cui al decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 19 maggio 1995.
3. Per quanto attiene agli standard strutturali si applica il decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 20 gennaio 2000, integrato dalle norme regionali in vigore.
4. Le Regioni si attivano al fine di garantire il progressivo adeguamento agli standard di cui al
presente decreto nel corso del triennio 2006-2008, in coerenza con le risorse programmate per il
Servizio sanitario nazionale, nell’ambito della propria autonomia organizzativa nell’erogazione
delle prestazioni incluse nei Livelli essenziali di assistenza sanitaria di cui al decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001 e successive modifiche e integrazioni.
Articolo 2
(Regioni a statuto speciale e Province autonome)
1. Le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano applicano il presente
decreto compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione.
Il presente regolamento, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli
atti normativi della Repubblica Italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
ALLEGATO 1
STANDARD QUANTITATIVI E QUALITATIVI
Indicatori Standard
1. Numero di malati deceduti a causa di tumore (Istat ICD9 Cod. 140-208) assistiti dalla Rete di
cure palliative a domicilio e/o in hospice / n. di malati deceduti per malattia oncologica. ≥ 65%
2. Numero di posti letto in hospice. ≥1 posto letto ogni 56 deceduti a causa di tumore.
132
3. Numero di hospice in possesso dei requisiti di cui al d.P.C.M. 20 gennaio 2000 e degli eventuali
specifici requisiti fissati a livello regionale / numero totale di hospice. 100%
4. Numero annuo di giornate di cure palliative erogate a domicilio per malati deceduti a causa di
tumore (ISTAT ICD9 Cod. 140-208) ≥ valore individuato per lo standard dell’indicatore n. 1 cui va
sottratto il 20%. Il risultato va moltiplicato per 55 (espresso in giorni)
5. Numero di malati nei quali il tempo massimo di attesa fra la segnalazione del caso e la presa in
carico domiciliare da parte della Rete di cure palliative è inferiore o uguale a 3 giorni / numero di
malati presi in carico a domicilio dalla Rete e con assistenza conclusa. ≥ 80%
6. Numero di malati nei quali il tempo massimo di attesa fra la segnalazione del caso e il ricovero in
hospice è inferiore o uguale a 3 giorni / numero di malati ricoverati e con assistenza conclusa. ≥
40%
7. Numero di ricoveri di malati con patologia oncologica nei quali il periodo di ricovero in hospice
inferiore o uguale a 7 giorni / numero di ricoveri in hospice di malati con patologia oncologica. ≤
20%
8. Numero di ricoveri di malati con patologia oncologica nei quali il periodo di ricovero in hospice
è superiore o uguale a 30 giorni / numero di ricoveri in hospice di malati con patologia oncologica.
≤ 25% 6
ALLEGATO 2
DESCRIZIONE DEGLI INDICATORI
Si descrivono, di seguito, gli indicatori riportati nell’Allegato 1, le modalità di calcolo ed i valori
standard individuati per ciascun indicatore, con alcune avvertenze di carattere generale:
a) Gli standard nn. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 riportati nell’Allegato 1 sono da intendersi come requisiti
minimi (ovvero come valori minimi accettabili) delle attività delle strutture dedicate alle cure
palliative e della Rete di assistenza ai pazienti terminali in età adulta e pediatrica. Gli standard
nn. 7 e 8 esprimono il valore massimo accettabile.
b) Gli standard indicati nell’Allegato 1 sono stati definiti con esclusivo riferimento ai malati
oncologici in quanto, attualmente, solo in questo settore è disponibile un solido riferimento
esperienziale e di letteratura. Si ricorda, tuttavia, anche con riferimento al d.m. 28 settembre
1999 e all’Accordo Stato-Regioni 19/4/2001, che le cure palliative sono rivolte ai malati
inguaribili in fase avanzata e terminale indipendentemente dalla patologia di base (malati
cardiologici, neurologici, pneumologici, metabolici, ecc.).
c) Il numero di malati deceduti per malattia oncologica è sempre calcolato sulla media dei
deceduti per malattia oncologica rilevati nel triennio precedente alla rilevazione in ciascuna
Regione.
INDICATORI E STANDARD
1. Numero di malati deceduti a causa di tumore (Istat ICD9 Cod. 140-208) assistiti dalla Rete di
cure palliative a domicilio e/o in hospice / numero di deceduti per malattia oncologica: ≥ 65%
Descrizione e significato
Rapporto tra il numero di malati oncologici deceduti, assistiti dalla Rete di cure palliative al
domicilio e/o in hospice, e il numero totale di deceduti per malattia oncologica. L’obiettivo dello
standard è quello di incrementare il numero di malati terminali affetti da tumore assistiti dalla Rete.
Lo standard è stato definito con esclusivo riferimento ai malati oncologici, sulla base delle
esperienze italiane più consolidate e dei dati della letteratura internazionale, pur nella
133
consapevolezza che l’utenza potenziale di cure palliative, secondo quanto indicato dalle normative
nazionali, dovrebbe tener conto anche dell’utenza affetta da malattie inguaribili non oncologiche in
fase terminale. Lo standard è stato calcolato considerando che l’Accordo Stato-Regioni del 19
aprile 2001 indica un’utenza potenziale per l’inserimento in un programma di cure palliative
oncologiche pri al 90% dei deceduti per malattia oncologica, con riferimento ai dati regionali. Per
questo motivo è stato fissato n valore soglia pari al 72% dell’utenza potenziale, corrispondente al
65% dei deceduti ogni anno a causa di tumore, in base ai dati ISTAT ICD9 Cod. 140-208.
Esempio: Regione con tasso di mortalità per tumore di 300 morti per cancro ogni anno e ASL con
100.000 residenti.
Utenza potenziale = 270 casi.
72% dell’utenza potenziale = 195 casi = 65% dei deceduti per cancro Considerata la variabilità
epidemiologica sul territorio nazionale, questo indicatore va calcolato con riferimento ai dati
regionali.
Nota
Lo standard è comprensivo della popolazione pediatrica (0-14 anni), per la quale è necessario
procedere a una misura specifica, tenendo presente che l’incidenza nazionale di decessi per tumore
è pari a 0.8 ogni 100.000 residenti (Le cure palliative pediatriche oncologiche rappresentano 1/3 del
bisogno totale di cure palliative in ambito pediatrico).
Livello di applicazione
Indicatore di interesse dell’Azienda sanitaria locale e della Regione.
2. Numero posti letto in hospice: ≥ 1 ogni 56 deceduti a causa di tumore (1,8%)
Descrizione e significato
Dotazione di posti letto per la degenza presso strutture specificamente dedicate ai malati terminali, i
rapporto ai deceduti a causa di tumore.
L’obiettivo dello standard è quello di incrementare la realizzazione di posti letto.
Nota
Il valore soglia è in linea con i programmi regionali finanziati in base alla legge 39/1999 e ai
successivi d.m. 28 marzo 2001, d.m. 4 maggio 2001, d.m. 5 settembre 2001, d.m. 6 dicembre 2001,
con il numero di posti letto hospice realizzati ed accreditati nelle Regioni, anche indipendentemente
dai finanziamenti della legge 39/1999 e con le esperienze programmatorie ed esperienziali del
Regno Unito (U.K.), Stato europeo con la maggiore tradizione in cure palliative.
Il numero di posti letto è rapportato al numero di deceduti a causa di tumore con riferimento alla
mortalità regionale (media del triennio precedente l’anno di rilevazione).
Livello di applicazione
Indicatore di interesse regionale.
3. Numero di hospice in possesso dei requisiti di cui al d.P.C.M. 20 gennaio 2000 e degli eventuali
specifici requisiti fissati a livello regionale / numero totale di hospice: = 100%.
Descrizione e significato
Presenza dei requisiti fissati dal d.P.C.M. 20 gennaio 2000 e dalla specifica normativa regionale di
settore in tutte le strutture residenziali per malati terminali. L’obiettivo dello standard è quello di
garantire che tutte le strutture siano in possesso dei requisiti previsti.
Livello di applicazione
Indicatore di interesse regionale.
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4. Numero annuo di giornate di cure palliative erogate a domicilio per malati deceduti a causa di
tumore (ISTAT ICD9 Cod. 140-208): ≥ 55 giorni x (valore standard n. 01 - 20%)
Descrizione e significato
L’indicatore esprime il numero di giornate di assistenza erogate al domicilio da parte dell’equipe di
cure palliative domiciliari operante nelle ASL. L’obiettivo dello standard è quello di assicurare
un’adeguata presenza dell’equi per al domicilio dell’assistito.
Per definire lo standard si considera il valore soglia dell’indicatore n.1 (65% del numero di morti
per cancro) cui va sottratto il 20% assistito in hospice (secondo gli indici programmatori di cui alle
Linee Guida Conferenza Unificata 2001- G.U. 14.05.2001). Il risultato viene moltiplicato per 55 gg,
che rappresentano un valore medio di durata delle cure palliative domiciliari, ritenuto congruo sulla
base delle esperienze pluriennali regionali in atto. Nel periodo di assistenza domiciliare i dati di
letteratura indicano appropriato un Coefficiente di Intensità Assistenziale ≥ 50 [il coefficiente di
intensità assistenziale (CIA) è il rapporto tra giornate “effettive di assistenza o assistenza
domiciliare attiva” (n. di giorni con almeno un accesso domiciliare) e la durata del piano di cura
domiciliare (n. di giorni di assistenza fra presa in carico e decesso/dimissione)].
Esempio: ASL con 100.000 residenti e tasso di mortalità per cancro di 300 morti ogni anno.[195
(65% dei morti per cancro) – 39 (20%)] x 55 = 8.580 giornate di assistenza
Livello di applicazione
Indicatore di interesse dell’Azienda sanitaria locale e della Regione.
5. Numero di malati nei quali il tempo massimo di attesa fra la segnalazione del caso e l’inizio
della presa in carico domiciliare da parte della Rete è inferiore o uguale ai 3 giorni / numero dei
malati presi in carico a domicilio dalla Rete e con assistenza conclusa: ≥ 80%.
Descrizione e significato
Percentuale dei malati presi in carico a domicilio da parte della Rete per le cure palliative entro 3
giorni dalla segnalazione. S’intende per presa in carico del malato la data di primo accesso
domiciliare da parte di un sanitario dell’équipe di cure palliative. S’intende per data di segnalazione
del caso la data di ricevimento da parte della Rete della proposta di attivazione di un programma di
cure domiciliari. In caso di dimissione dall’ospedale, per data di segnalazione s’intende la data di
dimissione dall’ospedale. L’obiettivo dello standard è quello di garantire la massima tempestività
dell’intervento degli operatori della Rete al domicilio dell’assistito, considerato che l’avvio
tempestivo della palliazione è fondamentale in una condizione di terminalità.
Livello di applicazione
Indicatore di interesse dell’Azienda sanitaria locale e della Regione.
6. Numero di malati nei quali il tempo massimo di attesa fra la segnalazione del caso e il ricovero in
hospice da parte della Rete è inferiore o uguale a 3 giorni / numero di malati ricoverati e con
assistenza conclusa: ≥ 40%..
Descrizione e significato
Percentuale di malati ricoverati in hospice da parte della Rete per le cure palliative entro 3 giorni
dalla segnalazione. L’indicatore esprime la tempestività nell’accesso al ricovero in hospice.
S’intende per data di segnalazione del caso la data di ricevimento da parte della Rete della proposta
di ricovero in hospice. In caso di dimissione dall’ospedale, per data di segnalazione s’intende la
data di dimissione dall’ospedale. L’obiettivo dello standard è quello di garantire la massima
tempestività del ricovero.
135
136
Direttiva del presidente del consiglio dei ministri 13 dicembre 2007
PROCEDURE E MODULISTICA DEL TRIAGE SANITARIO NELLE
CATASTROFI. (G.U. SERIE GENERALE, N. 91 DEL 17 APRILE 2008)
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto l'art. 5, comma 2, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n.400;
Vista la legge 24 febbraio 1992, n. 225;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
Visto l'art. 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343,convertito, con modificazioni, dalla legge 9
novembre 2001, n. 401;
Visto l'art. 5, comma 2, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni,
dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, in cui e' previsto che il Presidente del Consiglio dei Ministri
predisponga gli indirizzi operativi dei programmi di previsione e previsione dei rischi, nonché i
programmi nazionali di soccorso e i piani per l'attuazione delle conseguenti misure di emergenza,
di intesa con le regioni e gli enti locali;
Ritenuto opportuno definire percorsi metodologici in grado di orientare correttamente i
comportamenti degli operatori sanitari in emergenze catastrofiche;
Ritenuto, altresì, necessario gestire le limitate risorse disponibili in modo da ridurre, nei limiti delle
possibilità, la mortalità e la morbilità dei soggetti coinvolti in un evento calamitoso;
Considerata l'esigenza di rendere uniforme la procedura di suddivisione dei pazienti in classi di
gravità, al fine di assegnare loro un grado di priorità di trattamento e di trasferimento in una
struttura ospedaliera, e di dotare ogni paziente di una scheda triage, in modo da permettere di
documentare, anche in caso di situazioni catastrofiche, tutti gli interventi sanitari effettuati;
Premesso che il Ministero della salute, con nota del 16 aprile, ha espresso parere favorevole
all'inoltro alla Conferenza Stato-regioni del documento elaborato da esperti riuniti in un gruppo di
lavoro, costituito con decreto rep. n. 2197 del 23 maggio 2006 presso il Dipartimento della
protezione civile;
Su proposta del capo del Dipartimento della protezione civile;
Vista l'intesa, espressa dalla Conferenza unificata nella seduta del 30 ottobre 2007;
Adotta i seguenti indirizzi operativi in ordine alle «procedure e modulistica del triage sanitario nelle
catastrofi».
1. Premessa.
In situazioni di maxiemergenza o evento maggiore, tenendo conto che tali situazioni sono
caratterizzate da una iniziale transitoria limitatezza di risorse, si definisce «triage» il processo di
suddivisione dei pazienti in classi di gravità in base alle lesioni riportate e alle priorità di
trattamento e/o di evacuazione. («Criteri di massima per l'organizzazione dei soccorsi sanitari nelle
catastrofi» - Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2001, n. 109).
Il triage e', quindi, una procedura sanitaria di tipo dinamico che consente di gestire le limitate
risorse disponibili al fine di ridurre al massimo la mortalità e la morbilità delle persone coinvolte
nell'evento, orientando, come sopra detto, il trattamento sanitario e il trasferimento dei pazienti in
base alla priorità scaturita dalla loro valutazione sanitaria.
137
Essendo un atto sanitario, il triage deve essere documentato attraverso una scheda che deve sempre
seguire il paziente nelle varie fasi di trattamento, in modo da permettere la ricostruzione degli
interventi effettuati su di esso. Ciò e' a maggior ragione necessario nel caso in cui la gestione del
paziente sia stata affidata a piu' sanitari e in diversi luoghi, essendo noto che il processo di
valutazione dei soggetti coinvolti in una maxiemergenza si sviluppa lungo una sequenza di fasi dal
salvataggio fino al trattamento definitivo in ospedale.
Il triage, che deve essere reso possibile in ogni anello della catena dei soccorsi, viene generalmente
eseguito:
sul sito dell'evento (e/o area di raccolta);
al PMA in entrata;
al PMA in uscita;
all'ingresso in ospedale.
Man mano che si procede dall'area del disastro verso le strutture sanitarie campali, le figure
professionali che vengono schierate (o che si rendono disponibili) divengono sempre piu' qualificate
e le risorse materiali impiegate maggiormente sofisticate dal punto di vista tecnologico; di
conseguenza, l'aspettativa di una maggiore qualità di assistenza, diagnosi e trattamento aumenta
progressivamente.
Secondo quanto definito nella Gazzetta Ufficiale del 12 maggio 2001, il PMA deve essere
considerato un «dispositivo funzionale di selezione e trattamento sanitario delle vittime, localizzato
ai margini esterni dell'area di sicurezza o in una zona centrale rispetto al fronte dell'evento dove:
radunare le vittime;
concentrare le risorse di primo trattamento;
effettuare il triage;
trattare i feriti con manovre salvavita essenziali;
organizzare l'evacuazione sanitaria dei feriti nei centri ospedalieri piu' idonei».
La tipologia del PMA puo' variare in funzione dell'evento e presentare quindi caratteristiche diverse
sia funzionali che organizzative.
PMA di I livello e' caratterizzato per: utilizzo in caso di «catastrofe ad effetto limitato»; limitata
capacità di trattamento (approssimativamente 30 codici rossi/gialli); rapido impiego (al massimo
entro un ora dall'evento); autonomia temporale limitata (al massimo 12 ore).
PMA di II livello e' caratterizzato per: utilizzo in caso di emergenze di tipo C1 (art. 2, legge n.
225/1992); capacità di trattamento in autonomia logistica ed operativa di impiego rapido (al
massimo entro 6 ore dall'evento); autonomia temporale di circa 72 ore.
2. Analisi del processo di triage.
L'analisi del processo di triage rappresenta la metodologia di approccio piu' corretta per la
costruzione dello strumento di lavoro, poiché consente di individuare necessità concrete a cui
rispondere con soluzioni idonee a soddisfare le esigenze operative dei soccorritori.
In situazioni ambientali spesso critiche, caratterizzate da scarsi mezzi ed elevatissima componente
di stress, ogni strumento di lavoro deve essere progettato in funzione della sua reale possibilità di
impiego per non aggiungere agli operatori ulteriori elementi di criticità.
1 Evento catastrofico che travalica le potenzialità di risposta delle strutture locali.
In relazione alla tipologia degli scenari si possono identificare:
Scenario incidentale non pianificato (1): data e luogo ignoti; patologia prevalente non prevedibile
fino a ricognizione effettuata nell'area interessata; puo' essere difficile raggiungere l'area di
138
interesse; possono esistere problemi di sicurezza tali da imporre priorità ad allontanare le persone
dall'area piuttosto che iniziare i trattamenti medici.
Scenario pianificato (grandi eventi): data e luogo noti: l'evento e' preceduto da una fase di
pianificazione che consente di prevedere con considerevole precisione quante e quali risorse umane
e materiali siano necessarie e, quindi, di procedere ad una selezione mirata del personale e
assegnazione precisa di ruoli e compiti; la documentazione affidata al personale di primo intervento
puo' tener conto del suo livello di capacità professionale e della tipologia di informazioni che
dovranno essere raccolte sul posto; la patologia prevalente, connessa con lo scenario in esame, e'
nota anche se rimane sempre un margine di imprevedibilità per eventuali sovrapposizioni di
incidenti dovuti a cause non correlate con lo scenario primitivo;i problemi di accesso al focolaio
incidentale sono ridotti poiché in fase di pianificazione vengono previsti i percorsi riservati alle
squadre ed ai mezzi di soccorso per raggiungere velocemente ogni punto dell'area in esame; e'
possibile individuare e pianificare il posizionamento di presidi sanitari, anche campali, in modo da
consentire, in sicurezza, il trattamento dei pazienti con caratteristiche assimilabili a quella di un
Pronto Soccorso (raccolta anamnesi, registrazione parametri clinici, notazioni di terapia
farmacologica e strumentale).
In base alle diverse esigenze che possono manifestarsi nei due scenari sopra indicati e quindi sulla
base delle diverse modalità operative e conseguenti differenti esigenze di triage, si porrebbe la
necessità di separare gli algoritmi e la modulistica da utilizzare.
E' però necessario tener conto che lo scenario pianificato per i grandi eventi puo' trasformarsi in
scenario incidentale imprevisto ed, inoltre, che e' importante armonizzare gli strumenti con
l'operatività quotidiana in modo da facilitare l'intero processo, compresa la compilazione della
modulistica.
Inoltre occorre considerare che in caso di maxiemergenza, nella prima fase dei soccorsi e' presente,
quale risorsa aggiuntiva, anche personale non sanitario: le procedure e i materiali da utilizzare nelle
fasi di triage devono tener conto di ciò per non imporre protocolli e modulistiche di difficile
comprensione da parte di soccorritori con minori competenze professionali sanitarie.
La scheda sanitaria di maxiemergenza dovrà essere versatile e permettere di segnalare le condizioni
del paziente anche in eventi eccezionali come quelli di tipo NBCR. In tal caso i dati da inserire
potranno riguardare l'eventuale sostanza tossica riscontrata, il trattamento con antidoti e la
decontaminazione effettuata.
Nella fase di dimensionamento dell'evento, cioè all'arrivo della prima squadra sanitaria, dopo la
ricezione dell'allarme alla C.O.118, il triage verrà eseguito con dispositivi che consentano
l'immediata visualizzazione del codice colore ed una iniziale identificazione della gravità del
paziente; nelle fasi successive, dal recupero all'arrivo al PMA e fino all'ingresso in ospedale,
l'algoritmo del triage dovrà permettere di fornire informazioni sempre piu' complesse e dettagliate
anche relativamente alle cure erogate.
In caso di maxiemergenza infatti le operazioni di soccorso fino al PMA si realizzano attraverso tre
fasi fondamentali:
-nella prima fase la squadra di soccorso esegue il triage delle vittime con l'attribuzione di codicicolore di gravita' utilizzando l'algoritmi semplici e veloci (Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2001, n.
109);
-nella seconda fase si realizzano le prime operazioni di stabilizzazione dei parametri vitali, di solito
in un punto di raccolta prossimo al focolaio incidentale, in attesa che il PMA venga installato;
139
-nella terza fase, giunti nel PMA, si eseguirà una rivalutazione del triage per verificare la congruità
del codice-colore preventivamente assegnato, le informazioni cliniche iniziali verranno integrate in
maniera sistematica e verranno effettuate e registrate le procedure diagnostico-terapeutiche erogate.
Nelle condizioni di attivazione del PMA, il personale medico presente deve svolgere funzione di
coordinamento e trattamento sul posto, evitando l'invio e il trasporto diretto delle vittime in
ospedale.
Sulla base delle precedenti considerazioni, lo strumento operativo piu' efficace appare essere la
scheda triage, eventualmente integrata da dispositivi di diversa tipologia (quali: braccialetto,
cartellino colore, ecc.), di rapida applicazione da parte di personale anche non sanitario e
particolarmente pratici soprattutto se utilizzati sul «cantiere» ed in condizioni meteorologiche
avverse.
Le caratteristiche della scheda e dei dispositivi (tags) dovranno rispondere a criteri di:
• facile visibilità;
• facilità di applicazione;
• tracciabilità del percorso della vittima, possibilmente attraverso codici pre numerati;
• conoscenza e condivisione, almeno a livello regionale, da parte degli operatori
dell'emergenza, sia sanitari che laici;
• resistenza ad eventi atmosferici e potenziali agenti lesivi;
• disponibilità in quantitativi adeguati su tutti i mezzi di soccorso.
La tipologia ed il dettaglio dei dati che dovranno essere indicati in quanto necessari ad
accompagnare il paziente fino alla sede definitiva di trattamento, sono:
-sezione anagrafica: nome, cognome, età, sesso, indicazione della sede di recupero, dati cronologici
dell'evento, codice colore di gravità. Un sistema di identificazione, anche di tipo numerico e' utile
soprattutto in caso di difficoltà alla compilazione dei dati anagrafici;
-sezione clinica: dati parametrici di valutazione e trattamento:parametri vitali, indici come GCS e
RTS (versione da triage), incannulamento di vasi venosi, controllo delle emorragie,
immobilizzazione di fratture, inserzione di tubo endotracheale, sondino nasogastrico, catetere
vescicale, esame obiettivo orientato al problema principale, somministrazione di liquidi, ossigeno,
farmaci ecc. E' fondamentale indicare la possibile evoluzione del codice colore e le procedure
(rianimazione, decontaminazione, ecc.) eventualmente eseguite;
-sezione evacuazione: dati relativi al trasporto verso l'ospedale di destinazione, mezzo utilizzato,
dati cronologici, dati identificativi degli operatori.
La tabella allegata riassume in maniera sinottica i bisogni connessi con i ruoli ed i profili
professionali del personale impegnato nei soccorsi allo scopo di individuare con maggiore chiarezza
in quale fase e che tipo di informazioni possono essere raccolte durante la presa in carico dei
pazienti, vittime di una maxiemergenza.
DECRETO 11 aprile 2008
G.U. n. 136 del 12 giugno 2008
Aggiornamento del decreto 22 agosto 1994, n. 582 relativo al:
140
«REGOLAMENTO RECANTE LE MODALITA' PER L'ACCERTAMENTO E
LACERTIFICAZIONE DI MORTE»
IL MINISTRO DELLA SALUTE
Vista la legge 29 dicembre 1993, n. 578, contenente: «Norme per l'accertamento e la certificazione
di morte»;Visto il decreto del Ministro della sanità 22 agosto 1994, n. 582: «Regolamento recante le
modalità per l'accertamento e la certificazione di morte»;Visto il decreto del Presidente della
Repubblica 10 settembre 1990, n. 285:«Regolamento di polizia mortuaria;Visto il regio decreto 9
luglio 1939, n. 1238: «Ordinamento di stato civile»;Vista la legge 1° aprile 1999, n. 91, recante:
«Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e tessuti»;Considerati l'acquisizione di
sempre maggiori conoscenze scientifiche e lo sviluppo tecnologico e strumentale intervenuti nel
tempo, in base ai quali il Centro nazionale trapianti ha ritenuto opportuno procedere ad una
revisione e aggiornamento del sopra citato decreto ministeriale 22 agosto 1994, n. 582;Considerato
che a tal fine gruppi di lavoro costituiti nell'ambito della Consulta tecnica permanente per i
trapianti, con il supporto anche di esperti esterni anestesisti, rianimatori, neurologi, neuroradiologi e
medici legali, hanno in materia predisposto documenti tecnici, in particolare tra l'altro: Linee guida
per l’applicazione di indagini strumentali di flusso ematico cerebrale in situazioni particolari, ai fini
della diagnosi di morte in soggetti affetti da lesioni encefaliche;Preso atto della proposta formulata
dal Centro nazionale trapianti che si sostanzia, alla luce anche delle sopra richiamate Linee guida,
nell’aggiornamento dell’articolato del sopra richiamato decretoministeriale n. 582/1994, integrato
da un allegato tecnico concernente «Modalità tecniche di esecuzione dell’elettroencefalogramma»
predisposto nell’ambito dei succitati gruppi di lavoro;Condivisa l’esigenza di provvedere ad
aggiornare il sopramenzionato dec. ministeriale;Acquisito nel merito il parere favorevole del
Consiglio superiore di sanità, espresso nella seduta del 23 ottobre 2007, sulla proposta avanzata dal
Centro nazionale trapianti;
DECRETA:
Articolo 1. Accertamento della morte e arresto cardiaco
1. In conformità all'art. 2, comma 1, della legge 29 dicembre 1993, n. 578, l'accertamento della
morte per arresto cardiaco può essere effettuato da un medico con il rilievo continuo
dell'elettrocardiogramma protratto per non meno di 20 minuti primi, registrato su supporto cartaceo
o digitale.
Articolo 2. Requisiti clinico-strumentali per l'accertamento della morte nei soggetti affetti da
lesioni encefaliche e sottoposti a trattamento rianimatorio.
1. Nei soggetti affetti da lesioni encefaliche sottoposti a trattamento rianimatorio, salvo i casi
particolari indicati al comma 2, le condizioni che, ai sensi della legge 29 dic. 1993, n.578, art. 3,
impongono al medico della struttura sanitaria di dare immediata comunicazione alla Direzione
sanitaria dell'esistenza di un caso di morte per cessazione irreversibile di tutte le funzioni
dell'encefalo, sono:
a) assenza dello stato di vigilanza e di coscienza, dei riflessi del tronco encefalico e del respiro
spontaneo;
b) assenza di attività elettrica cerebrale;
c) assenza di flusso ematico encefalico, nelle situazioni particolari previste al comma 2.L'iter
diagnostico deve comprendere la certezza della diagnosi eziopatogenetica della lesione
141
encefalica e l'assenza di alterazioni dell'omeostasi termica, cardiocircolatoria, respiratoria,
endocrinometabolica, di grado tale da interferire sul quadro clinico-strumentale complessivo.
2. E' prevista l'esecuzione di indagini atte ad escludere l'esistenza di flusso ematico encefalico nelle
sotto elencate situazioni particolari:
a) bambini di età inferiore ad 1 anno;
b) presenza di farmaci depressori del sistema nervoso di grado tale da interferire sul quadro
clinico-strumentale complessivo; in alternativa al rilievo del flusso ematico cerebrale, l'iter puo'
essere procrastinato sino ad escludere la possibile interferenza dei suddetti farmaci sul quadro
clinico-strumentale complessivo;
c) situazioni cliniche che non consentono una diagnosi eziopatogenetica certa o che impediscono
l'esecuzione dei riflessi del tronco encefalico, del test di apnea o la registrazione dell'attivita'
elettrica cerebrale.
3. Per l'applicazione delle indagini strumentali di flusso ematico cerebrale si rinvia alle Linee guida
di cui in premessa, approvate dalla Consulta tecnica nazionale per i trapianti.
4. Nel caso in cui il flusso ematico cerebrale risulti assente, il medico della struttura sanitaria e'
tenuto a dare immediata comunicazione alla Direzione sanitaria, ai sensi dell'art. 3, legge 29
dicembre 1993, n. 578.
Articolo 3 Accertamento della morte nei soggetti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti a
trattamento rianimatorio
1. Nei soggetti di cui all'art. 2, la morte e' accertata quando sia riscontrata, per il periodo di
osservazione previsto dall'art. 4, la contemporanea presenza delle seguenti condizioni:
a) assenza dello stato di vigilanza e di coscienza;
b) assenza dei riflessi del tronco encefalico:
• riflesso fotomotore,
• riflesso corneale,
• reazioni a stimoli dolorifici portati nel territorio d'innervazione del trigemino,
• risposta motoria nel territorio del facciale allo stimolo doloroso ovunque applicato,
• riflesso oculo vestibolare,
• riflesso faringeo,
• riflesso carenale;
c) assenza di respiro spontaneo con valori documentati di CO2 arteriosa non inferiore a 60
mmHg e pH ematico non superiore a 7,40, in assenza di ventilazione artificiale;
d) assenza di attività elettrica cerebrale, documentata da EEG eseguito secondo le modalità
tecniche riportate nell'allegato 1 al presente decreto, di cui costituisce parte integrante;
e) assenza di flusso ematico encefalico preventivamente documentata nelle situazioni particolari
previste dall'art. 2, comma 2.
2. L'attivita' di origine spinale, spontanea o provocata, non ha alcuna rilevanza ai fini
dell'accertamento della morte, essendo compatibile con la condizione di cessazione irreversibile di
tutte le funzioni encefaliche.
3. Nel neonato, nelle condizioni di cui al presente articolo, l'accertamento della morte può essere
eseguito solo se la nascita e' avvenuta dopo la trentottesima settimana di gestazione e comunque
dopo una settimana di vita extrauterina.
142
Articolo 4 Periodo di osservazione
1. Ai fini dell'accertamento della morte la durata del periodo di osservazione deve essere non
inferiore a 6 ore.
2. In tutti i casi di danno cerebrale anossico il periodo di osservazione non puo' iniziare prima di 24
ore dal momento dell'insulto anossico, ad eccezione del caso in cui sia stata evidenziata l'assenza
del flusso ematico encefalico. In tale condizione, il periodo di osservazione puo' iniziare anche
prima di 24 ore dal momento dell'insulto anossico, di seguito alla documentazione dell'assenza del
flusso ematico encefalico.
3. La simultaneità delle condizioni necessarie ai fini dell'accertamento deve essere rilevata dal
collegio medico per almeno due volte, all'inizio e alla fine del periodo di osservazione. La verifica
di assenza di flusso non va ripetuta.
4. Il momento della morte coincide con l'inizio dell'esistenza simultanea delle condizioni di cui
all'art. 3, comma 1.Articolo 5Arresto cardiaco irreversibile durante il periodo di osservazione1.
Qualora durante il periodo di osservazione di cui all'art. 4, si verifichi la cessazione del battito
cardiaco, l'accertamento della morte puo' essere effettuato con le modalità previste all'art. 1.
Articolo 6 Certificazione di morte
1. Le modalità relative alla visita del medico necroscopo e la connessa certificazione di morte in
caso di arresto cardiaco accertato secondo quanto previsto dall'art. 1, seguono le disposizioni
contenute negli articoli 4, 8 e 9 del regolamento di Polizia mortuaria, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285. Nel caso in cui il riscontro
elettrocardiografico sia stato eseguito da un medico necroscopo, il medesimo provvede direttamente
alla compilazione del certificato necroscopico.
2. L'accertamento della morte eseguito con le modalità indicate negli articoli 1, 3 e 4 esclude ogni
ulteriore accertamento previsto dall'art. 141 del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238,
sull'ordinamento dello Stato Civile, e dagli articoli 4, 8 e 9 del regolamento di Polizia mortuaria
soprarichiamato.
3. L'obbligo della compilazione del certificato necroscopico previsto dall'art. 141 del suddetto regio
decreto 9 luglio 1939, n. 1238, spetta, in qualità di medico necroscopo, al medico che ha effettuato
l'accertamento secondo quanto previsto dall'art. 1, o al componente medico legale nel collegio di cui
all'art. 2, comma 5, della legge 29 dicembre 1993, n. 578, o, in mancanza, al suo sostituto nel
predetto collegio.
4. Il presente decreto viene trasmesso agli organi di controllo per la registrazione e sarà pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.Trascorsi quindici giorni dalla data della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale cesserà l'efficacia del decreto ministeriale 22 agosto 1994, n
582: «Regolamento recante le modalità per l'accertamento e la certificazione di morte».
ALLEGATO 1MODALITA' TECNICHE DI ESECUZIONE
DELL'ELETTROENCEFALOGRAMMA
1) Parametri strumentaliNell'accertamento della condizione di cessazione irreversibile di tutte le
funzioni dell'encefalo, in concomitanza con i parametri clinici riportati in art. 3, deve essere
evidenziata l'assenza di attività elettrica cerebrale definita come assenza di «attività elettrica di
143
origine cerebrale spontanea e provocata, di ampiezza superiore a 2 microVolts su qualsiasi regione
del capo per una durata continuativa di 30 minuti».
2) Metodologia strumentale analogica.La condizione di assenza di attività elettrica cerebrale deve
essere accertata con la seguente metodologia:-Utilizzazione di almeno 8 elettrodi posti
simmetricamente sullo scalpo, secondo il Sistema 10-20 Internazionale, in modo da esplorare tutte
le aree cerebrali (Fp2, C4, T4, O2, Fp1, C3, T3, O1).-Le derivazioni possono essere bipolari con
distanza interelettrodica non inferiore a 10 cm e/o monopolari (con elettrodi di riferimento
biauricolare).-Le impedenze elettrodiche devono essere comprese fra 0.1 e 10 KOhms.L'amplificazione deve essere di 2 microVolts/mm e la calibrazione con deflessione positiva o
negativa di 5 mm per un segnale di 10 microVolts.-Nel corso della registrazione vanno utilizzate
almeno due costanti di tempo (di 0.1 e 0.3 sec.).-Durante l'esame va ripetutamente valutata la
reattività nel tracciato elettroencefalografico a stimolazioni acustiche e dolorifiche.-La durata di
ciascuna registrazione elettroencefalografica deve essere di almeno 30 minuti.-Le registrazioni
elettroencefalografiche vanno effettuate su carta o su supporto digitale, al momento della
determinazione della condizione di cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo e
ripetute alla fine del periodo di osservazione.
3) Metodologia strumentale digitale.Il segnale EEG, viene registrato con derivazione monopolare e
puo' essere contemporaneamente visualizzato con derivazioni bipolari o referenziali e con montaggi
diversi da quello di acquisizione.Questo consente di superare il problema della distanza
interelettrodica di 10 cm nei bambini e nei neonati qualora le dimensioni del capo lo ponessero.,
comunque il montaggio adottato per la valutazione deve rispettare la distanza
interelettrodica.L'elettrodo di riferimento puo' essere biauricolare, oppure intermedio fra Fz e Cz
(Fz').La modalità di registrazione digitale richiede una frequenza di campionamento non inferiore a
128 campioni al secondo e conversione analogico/digitale ad almeno 12 Bit., con la
programmazione del segnale massimo in ingresso di 200 microVolts.Si consiglia l'uso di un Filtro
Antialiasing analogico.La visualizzazione del segnale sul monitor deve essere gestita da una Scheda
Grafica con almeno 1024x 768 punti di definizione.Nella modalità digitale l'acquisizione del
segnale e' a banda aperta, i filtri consigliati per la visione del segnale sono:HFF (High Frequency
Filter): 70 Hz;LFF (Low Frequency Filter): 0.5 Hz.Le registrazioni effettuate con modalità digitale
devono essere archiviate su supporto inalterabile magnetico od ottico in duplice
copia.L'elettroencefalografo deve avere la possibilità di convertire i files delle registrazioni in un
formato tale da consentire la loro visualizzazione su ogni sistema elettroencefalografico o su
personal computer.A differenza della modalità di registrazione analogica, per la registrazione
digitale non si richiede la trascrizione dei tracciati su carta. E' tuttavia raccomandato che
l'elettroencefalografopermetta la stampa dei tracciati su supporto cartaceo (anche a fogli singoli)
con una risoluzione di almeno 300 punti/inch.
4) Accorgimenti tecnici.Poiché artefatti provenienti dall'ambiente di registrazione e/o dal paziente
in esame possono essere responsabili di attività ritmica, pseudoritmica o sporadica che si riflette su
ogni elettrodo registrante posto sullo scalpo, occorre, su di un totale di non meno 8 canali di
registrazione, dedicare:-un canale di registrazione all'elettrocardiogramma, registrato con i seguenti
parametri: filtri LFF: 0.1 Hz; HFF: 10-20 Hz e segnale massimo in ingresso di 3200 microVolts.-un
canale di registrazione dell'attivita' bioelettrica derivata da regioni extracefaliche (es. sul dorso della
mano), registrato con i seguenti parametri strumentali: filtri LFF: 0.5 Hz; HFF: 70 Hz e segnale
144
massimo in ingresso di 400 microVolts Qualora sia necessario e' utile sospendere
momentaneamente il funzionamento degli apparati di rianimazione e di monitorizzazione.In caso
siano presenti artefatti muscolari di grado tale che possano mascherare l'attivita' cerebrale
sottostante o di simularla, creando quindi problemi di interpretazione, si consiglia di ripetere la
registrazione dopo somministrazione di farmaci ad attività ultrabreve che bloccano la funzionalità
della placca neuromuscolare.
5) Personale addetto.L'esecuzione delle indagini elettroencefalografiche deve essere effettuata da
tecnici di neurofisiopatologia sotto supervisione medica.In mancanza della figura professionale del
tecnico di neurofisiopatologia, in via transitoria e ad esaurimento, l’esecuzione degli esami può
essere affidata a tecnici o infermieri professionali adeguatamente formati a svolgere tali mansioni,
sempre sotto supervisione medica.
6) Osservazioni finaliAllorché la valutazione dell'assenza di attività elettrica cerebrale sia inficiata
da elementi artefattuali documentati ed ineliminabili si puo' fare ricorso ad indagini di flusso
ematico, secondo le linee guida per l'applicazione degli accertamenti del flusso ematico encefalico.I
potenziali evocati somatosensitivi ed acustici a breve latenza possono essere valutati in aggiunta
alla metodologia succitata, secondo le raccomandazioni della Federazione Internazionale di
Neurofisiologia Clinica (1999), tradotte e pubblicate dalla Societa' Italiana di Neurofisiologia
Clinica (2002). Essi possono essere eseguiti nella fase di diagnosi di morte, quale complemento
dell'indagine elettroencefalografica, specie in presenza di fattori concomitanti di grado tale da
interferire sul quadro clinico complessivo, ma non costituiscono una valutazione alternativa al
rilievo del flusso ematico cerebrale.
DELIBERAZIONE 12 novembre 2009
(Pubblicata sulla GU n. 289 del 12-12-2009 )
PRESCRIZIONI CONCERNENTI LA RACCOLTA D'INFORMAZIONI SULLO
STATO DI SIEROPOSITIVITA' DEI PAZIENTI DA PARTE DEGLI ESERCENTI
LE PROFESSIONI SANITARIE. (DELIBERAZIONE N. 35).
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Visto il provvedimento adottato in data odierna nei confronti di uno studio dentistico odontoiatrico,
in merito alla raccolta di informazioni relative allo stato di sieropositività dei pazienti mediante la
compilazione di un questionario in fase di prima accettazione dello stesso;
Tenuto conto della particolare delicatezza delle informazioni idonee a rilevare lo stato di
sieropositivita' dei pazienti;
Rilevata la necessità di estendere le prescrizioni formulate nel suddetto provvedimento a tutti gli
esercenti le professioni sanitarie;
Visti gli atti d'Ufficio;
Vista la legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta
contro l'AIDS) e il decreto del Ministro della sanità del 28 settembre 1990 (Norme di protezione dal
contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private);
145
Viste le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del
Garante n. 1/2000;
Premesso
E' stato segnalato al Garante che in uno studio dentistico e odontoiatrico all'atto della prima
accettazione dei pazienti e' distribuito un questionario in cui si chiede a questi di evidenziare il
proprio stato di salute ed, in particolare, se si e' affetti da infezione da HIV.
Da alcune ricerche preliminari effettuate dall'Ufficio, e' emerso che tale questionario e' utilizzato da
alcuni studi dentistici odontoiatrici ed e', talvolta, presente nelle applicazioni progettate da società
informatiche per tali studi.
Gli esercenti le professioni sanitarie, previa acquisizione del consenso informato del paziente,
possono trattare i dati sanitari dello stesso per finalità di tutela della sua salute o incolumità fisica,
fermi restando i casi di prestazioni d'urgenza per i quali si puo' prescindere dal consenso
dell'interessato (articoli 75 e seguenti del Codice).
Prima ancora di procedere all'attivita' di cura dell'interessato, infatti, l'esercente la professione
sanitaria deve fornire allo stesso una completa informativa sul trattamento dei dati personali che
intende effettuare, nonché acquisire il suo consenso anche oralmente. In tal caso il consenso e'
documentato con annotazione scritta da parte dell'esercente la professione sanitaria (articoli 13 e 81
del Codice).
Una volta acquisito il consenso informato del paziente al trattamento dei suoi dati personali, gli
esercenti le professioni sanitarie hanno il compito di raccogliere tutte le informazioni sanitarie
necessarie ad assicurargli una corretta assistenza medica.
Sia nell'informativa da rendere all'interessato che nell'ambito dei colloqui con il medico curante,
infatti, quest'ultimo deve rendere edotto il paziente in merito all'importanza di ricostruire un quadro
il più possibile completo delle informazioni sanitarie che lo riguardano, al fine di potergli offrire un
migliore percorso di cura.
In tale contesto, si inserisce il dovere del medico di illustrare al paziente le scelte diagnostiche o
terapeutiche che intende perseguire e le relative prevedibili conseguenze; ciò, al fine di consentire
allo stesso di aderire o meno alle proposte diagnostico-terapeutiche avanzate dal medico (cfr. art. 33
del Codice di deontologia medica del 16 dicembre 2006).
Con riferimento alla raccolta di informazioni relative all'eventuale stato di sieropositività, e',
dunque, compito del medico curante illustrare al paziente l'importanza di conoscere anche tale
informazione in relazione al tipo di intervento o al piano terapeutico da eseguire. Qualora ritenga,
infatti, che la conoscenza dello stato di sieropositività sia indispensabile in relazione al trattamento
sanitario o terapeutico che intende porre in essere, e' suo compito illustrare al paziente le
conseguenze che la mancata conoscenza di tale informazione potrebbe determinare.
Fermo restando, pertanto, che il medico e' tenuto a raccogliere un'anamnesi dettagliata del paziente
ed a illustrare a quest'ultimo l'importanza di tale raccolta di dati personali, l'interessato e' comunque
libero di scegliere, in modo informato - e quindi consapevole - di non comunicare al medico alcune
informazioni sanitarie che lo riguardano, ivi compresa la sua eventuale sieropositività, senza per ciò
subire alcun pregiudizio sulla possibilità di usufruire delle prestazioni sanitarie richieste (cfr. Linee
guida in tema di Fascicolo sanitario elettronico (Fse) e di dossier sanitario del 16 luglio 2009, par.
n. 3, con particolare riferimento al diritto riconosciuto all'interessato di non comunicare ad un
medico informazioni sanitarie che lo riguardano; cfr. altresì Documento di lavoro sul trattamento
dei dati personali relativi alla salute contenuti nelle cartelle cliniche elettroniche (Cce) adottato il 15
146
febbraio 2007 dal Gruppo di lavoro per la tutela dei dati personali previsto dall'art. 29 della direttiva
95/46/CE, in particolare par. III, n. 1).
Il medico e', infatti, tenuto ad agire nel rispetto della libertà e della autonomia decisionale del
paziente (art. 38 del richiamato codice di deontologia medica).
La raccolta di informazioni relative all'eventuale stato di sieropositività di ogni singolo paziente da
parte degli esercenti le professioni sanitarie deve avvenire, pertanto, in conformità al quadro
normativo sopra delineato ed ai principi di pertinenza e non eccedenza dei dati rispetto alle finalità
del trattamento riconducibili alle specifiche attività di cura dell'interessato (art. 11, comma 1, lett. a)
del Codice).
La raccolta di informazioni relative all'eventuale stato di sieropositività di ogni paziente che si
rivolge per la prima volta allo studio medico effettuata in fase di accettazione, indipendentemente
dal tipo di intervento clinico o dal piano terapeutico che lo stesso deve eseguire (es. trattamento di
igiene orale professionale, ablazione del tartaro, rx ortopanoramica), appare in contrasto con i
suddetti principi di pertinenza e non eccedenza dei dati. In tale quadro, si ritiene necessario
prescrivere agli esercenti le professioni sanitarie di non raccogliere in fase di accettazione di ogni
paziente che si rivolge a questi per la prima volta - e a prescindere dal tipo di intervento o piano
terapeutico da eseguire - informazioni relative alla presenza di un eventuale stato di sieropositività.
Gli esercenti le professioni sanitarie, infatti, - previo consenso informato del paziente - possono
raccogliere l'informazione relativa all'eventuale presenza di un infezione da HIV solo qualora tale
dato anamnestico sia ritenuto dagli stessi necessario in funzione del tipo di intervento sanitario o di
piano terapeutico da eseguire sull'interessato; resta fermo che quest'ultimo rimane libero di decidere
in modo consapevole (e quindi informato) e responsabile di non comunicare al medico alcuni eventi
sanitari che lo riguardano.
In ogni caso, il medico che viene a conoscenza di un caso di AIDS, ovvero di un caso di infezione
da HIV, oltre a essere sottoposto a specifici doveri deontologici di segretezza e non discriminazione
del paziente, e' tenuto anche ad adottare ogni misura o accorgimento occorrente per la tutela dei
diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dello stesso, nonché le misure di sicurezza
individuate dal Codice (art. 5, legge n. 135/1990, articoli 3, 10, 11, 20 del predetto codice di
deontologia medica, articoli 33 e seguenti del Codice e Disciplinare tecnico allegato B) al Codice).
L'esigenza di raccogliere informazioni in merito all'eventuale infezione da HIV in fase di
accettazione del paziente non può, nemmeno, ricondursi alla necessità di attivare specifiche misure
di protezione per il personale sanitario, in quanto la normativa di settore prevede che, stante
l'impossibilita' di avere certezza sullo stato di sieropositività del paziente, le misure di protezione
devono essere adottate nei confronti di ogni singolo assistito.
La legge 5 giugno 1990, n. 135 (Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro
l'AIDS), infatti, ha previsto specifiche disposizioni per la protezione del contagio professionale da
HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private, attuate con decreto del Ministro
della sanità del 28 settembre 1990.
Piu' precisamente, il predetto decreto, nel considerare impossibile «identificare con certezza tutti i
pazienti con infezione da HIV», ha previsto che le «precauzioni finalizzate alla protezione dal
contagio» debbano essere prestate «nei confronti della generalità delle persone assistite» (cfr.
premesse del citato decreto). In particolare, le specifiche precauzioni previste per gli operatori
odontoiatrici devono essere adottate nei confronti di «ogni singolo paziente» (cfr. art. 4 del citato
decreto nonché il paragrafo sulle «Precauzioni per gli odontoiatri» contenuti nelle Linee guida di
147
comportamento per gli operatori sanitari per il controllo delle infezioni da HIV del 6 settembre
1989 emanate dalla Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS).
Le disposizioni sopra citate evidenziano, infatti, che allo stato attuale delle conoscenze scientifiche
non e' possibile identificare con certezza tutti i pazienti affetti da HIV e che, pertanto, le misure di
protezione dal contagio devono essere adottate, a prescindere dalla conoscenza dello stato di
sieropositività del paziente, nei confronti di ogni soggetto sottoposto a cure dentistiche.
Tutto ciò premesso il Garante:
1. Ai sensi dell'art. 154, comma 1, lett. c) del Codice, prescrive agli esercenti le professioni sanitarie
di non raccogliere l'informazione circa l'eventuale stato di sieropositività in fase di accettazione di
ogni paziente che si rivolge a questi per la prima volta, e a prescindere dal tipo di intervento o piano
terapeutico da eseguire, fermo restando che tale dato anamnestico può essere legittimamente
raccolto, previo consenso informato dell'interessato, da parte del medico curante nell'ambito del
processo di cura, in relazione a specifici interventi clinici ove ciò sia ritenuto necessario.
2. Ai sensi dell'art. 143, comma 2, del Codice, dispone che copia del presente provvedimento sia
trasmessa al Ministero della giustizia - Ufficio pubblicazione leggi e decreti, per la sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
148
LA BRONCOSPIRAZIONE.
Di seguito si riporta l'accordo Stato-Regioni che introduce la possibilità di effettuare
broncoaspirazioni a domicilio non da personale sanitario. La broncoaspirazione è una
manovra complessa che richiede una preparazione idonea ma allo stesso tempo non è
pianificabile ed è una pratica d'urgenza per il mantenimento della pervietà delle vie aeree.
L'accordo prevede un'adeguata preparazione del personale non sanitario che si occuperà
della gestione della broncoaspirazione a domicilio.
Accordo 29 aprile 2010, n. 49/CSR
Gazzetta Ufficiale 26 maggio 2010, n. 121
ACCORDO TRA IL GOVERNO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E
BOLZANO, CONCERNENTE
LA FORMAZIONE DI PERSONE CHE EFFETTUANO LA
TRACHEOBRONCOASPIRAZIONE A DOMICILIO DEL PAZIENTE NON
OSPEDALIZZATO
LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI E LE
PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO
Nella odierna seduta del 29 aprile 2010:
• Visti gli articoli 2, comma 1, lettera b) e 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 che
attribuiscono a questa Conferenza la facoltà di promuovere e sancire accordi tra il Governo, le
Regioni e le Province autonome, in attuazione del principio di leale collaborazione, al fine di
coordinare l’esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune;
• Vista la lettera in data 1° dicembre 2009, con la quale il Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali ha trasmesso la proposta di accordo in oggetto;
• Vista la lettera in data 4 dicembre 2010, con la quale la predetta proposta è stata portata a
conoscenza delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano;
• Vista la lettera in data 29 gennaio 2010, con la quale la Regione Toscana, coordinatrice
interregionale in sanità, ha comunicato l’assenso tecnico delle Regioni;
• Vista la nota in data 23 febbraio 2010, con la quale il Ministero dell’economia e delle finanze ha
trasmesso le proprie osservazioni sulla proposta di accordo in oggetto;
• Vista la nota in data 2 marzo 2010, con la quale il Ministero della salute ha trasmesso la definitiva
versione della proposta di accordo che recepisce le richieste di modifica avanzate dal predetto
Ministero dell’economia e delle finanze;
• Vista la nota in data 10 marzo 2010, con la quale la Regione Toscana, coordinatrice interregionale
in sanità, ha espresso avviso tecnico favorevole sulla richiamata versione definitiva della proposta
di accordo in parola;
• Acquisito, nel corso dell’odierna seduta di questa Conferenza, l’assenso del Governo, delle
Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano;
SANCISCE
accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nei seguenti termini:
149
Premesso che:
• i cittadini tracheostomizzati necessitano di periodiche aspirazioni endotracheali;
• l’aspirazione delle secrezioni tracheo-bronchiali rappresenta una tecnica essenziale nell’assistenza
ai soggetti tracheostomizzati in quanto garantisce la pervietà delle vie aeree riducendo la stasi delle
secrezioni tracheo-bronchiali;
• per il mantenimento della pervietà delle vie respiratorie in tali pazienti, è necessario sottoporre gli
stessi a manovre di aspirazione endotracheale in maniera frequente, non pianificabile e in tempi
molto rapidi; tale tecnica impone specifiche conoscenze, al fine di riconoscere le indicazioni a
procedere (quali la presenza di secrezioni visibili nel tubo, i gorgoglii durante il respiro, l’aumento
della pressione nelle vie aeree, la diminuzione della saturazione di ossigeno); nonché particolari
cautele in quanto si possono determinare complicanze gravi (quali ad esempio: l’ipossiemia, il
trauma della mucosa tracheale e bronchiale, il broncospasmo, le ipotensioni, le aritmie cardiache
fino all’arresto cardiaco e respiratorio, le emorragie polmonari e le infezioni) e, pertanto, la
procedura deve essere il meno possibile traumatica, di rapida esecuzione oltre ad essere effettuata
nell’assoluto rispetto dell’asepsi;
• con parere reso nella seduta del 25 marzo 2009 il Consiglio superiore di sanità prende atto della
necessità, per i pazienti tracheostomizzati non ospedalizzati, di un’assistenza continuativa, ha
rilevato che, essendo le problematiche connesse alla gestione di detti pazienti e, in particolare,
all’esecuzione della aspirazione endotracheale sempre più cogenti, emerge la duplice esigenza di
tutelare quanto più possibile le già precarie condizioni dei malati, e di provvedere nel contempo ad
una adeguata formazione di coloro che li assistono in maniera continuativa, al fine di consentire,
dietro prescrizione medica, l’esecuzione dell’aspirazione endotracheale anche in assenza di
personale sanitario;
• nonostante l’esecuzione di tale procedura richieda specifiche conoscenze in campo sanitario, la
oggettiva necessità di intervento in maniera non pianificabile in via preventiva in quanto legata a
circostanze e situazioni contingenti, nonché la necessità di eseguirla più volte al giorno a seconda
del bisogno, determinano, per i pazienti non ricoveratati, l’impossibilità di assicurare loro la
costante assistenza di personale sanitario, con ciò aumentando, a carico delle famiglie, il già
pesante onere imposto dall’attraversamento delle varie fasi della malattia;
• si tratta, quindi, di una pratica d’urgenza necessaria al mantenimento in vita dei soggetti che
abbiano affezioni croniche invalidanti ed il cui stato non giustifichi né richieda il ricovero presso
una struttura sanitaria;
• l’esecuzione della stessa possa avvenire, correttamente ed efficacemente, anche ad opera di
personale non sanitario, purché dietro prescrizione medica ed esclusivamente da soggetti a ciò
specificatamente addestrati e formati, mediante una formazione ad hoc definita, certificata e
periodicamente verificata ed aggiornata;
• lo specifico corso di formazione per l’effettuazione di aspirazioni endotracheali dovrà avere una
durata tale da consentire l’insegnamento in una struttura che abbia in carico pazienti
tracheostomizzati e che l’organizzazione di questi insegnamenti potrà essere affidata al responsabile
della formazione infermieristica competente, in collaborazione con l’equipe infermieristica della
struttura d’accoglienza;
• le linee di questa formazione, che ha per obiettivo di consentire l’effettuazione di aspirazioni
endotracheali in a sicurezza, deve prevedere:
insegnamenti teorici:
150
anatomia - fisiologia (le vie respiratorie, i polmoni, gli organi annessi);
nozioni sulle principali patologie dell’apparato respiratorio;
tecniche di assistenza respiratoria (la tracheotomia, definizione e indicazioni, le cannule della
tracheotomia);
l’aspirazione endotracheale (definizione e indicazioni);
le cure quotidiane legate alla tracheotomia;
i segnali d’allerta;
manutenzione del materiale, lavaggio e sterilizzazione;
ripercussioni sociali e psicologiche dell’insufficienza respiratoria e della tracheotomia.
Insegnamento pratico:
esecuzione in presenza dell’infermiere di almeno tre aspirazioni endotracheali comprendente la
preparazione del gesto così come la manutenzione del materiale e le cure quotidiane;
• l’addestramento di persone deputate ad effettuare tale operazione presso il domicilio dei pazienti
potrebbe permettere: o la valorizzazione dell’apporto solidaristico di familiari ed altri soggetti che
abbiano seguito lo specifico addestramento; o la riduzione del ricorso ad ospedalizzazioni improprie
e dei tempi di degenza ospedaliera
SI CONVIENE CHE:
Articolo 1
1. La tracheobroncoaspirazione in ambito domiciliare dei pazienti tracheostomizzati che necessitano
di assistenza continua può essere effettuata, su prescrizione medica, da familiari o altri soggetti che
assistono in via continuativa tali pazienti, purché adeguatamente formate.
Articolo 2
1. La formazione dei soggetti di cui all’articolo 1 è svolta dal personale del Servizio sanitario
nazionale operante presso la struttura che ha in carico il paziente.
Articolo 3
1. La formazione di cui all’articolo 2 dovrà prevedere i seguenti insegnamenti teorici e pratici:
• anatomia - fisiologia (le vie respiratorie, i polmoni, gli organi annessi);
• nozioni sulle principali patologie dell’apparato respiratorio;
• tecniche di assistenza respiratoria (la tracheotomia, definizione e indicazioni, le cannule della
tracheotomia);
• l’aspirazione endotracheale (definizione e indicazioni);
• le cure quotidiane legate alla tracheotomia;
• i segnali d’allerta;
• manutenzione del materiale, lavaggio e sterilizzazione;
• ripercussioni sociali e psicologiche dell’insufficienza respiratoria e della tracheotomia.
2. Durante la formazione pratica occorre eseguire, alla presenza dell’infermiere, almeno tre
aspirazioni endotracheali presso uno o più malati tracheostomizzati, comprendente la preparazione
del gesto così come la manutenzione del materiale e le cure quotidiane.
Articolo 4
151
1. Il nominativo dei destinatari della formazione, completata la stessa, è annotato nel fascicolo del
paziente, e solo nei confronti di questi il soggetto formato potrà svolgere la
tracheobroncoaspirazione.
Articolo 5
1. Alle attività previste dal presente accordo si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
152
Accordo 29 aprile 2010, n. 58/CSR
Gazzetta Ufficiale 26 maggio 2010, n. 121
ACCORDO TRA IL GOVERNO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E
OLZANO, CONCERNENTE
“LINEE DI INDIRIZZO PER IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ E LA
SICUREZZA DEI PAZIENTI IN TERAPIA ANTITROMBOTICA”
LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI E LE
PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO
Nella odierna seduta del 29 aprile 2010:
• Visti gli articoli 2, comma 2, lettera b) e 4, comma 1 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.
281, che affidano a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi tra Governo e
Regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, al fine di coordinare l'esercizio delle
rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune;
• Vista la nota pervenuta in data 27 aprile 2009, con la quale il Ministero della salute ha inviato, ai
fini del perfezionamento di un apposito accordo in questa conferenza, un documento recante
“Linee di indirizzo per il miglioramento della qualità e la sicurezza dei pazienti in terapia
antitrombotica”;
• Vista la lettera in data 29 aprile 2009, con la quale il documento di cui trattasi è stato trasmesso
alle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano;
• Considerato che la Regione Toscana, coordinatrice interregionale in sanità, ha trasmesso in data
25 settembre 2009 le osservazioni formulate dalle Regioni e Province autonome sulla proposta di
accordo indicata in oggetto;
• Vista la lettera in data 5 ottobre 2009 con la quale le predette osservazioni delle Regioni e
Province autonome sono state portate a conoscenza delle amministrazioni centrali interessate;
• Considerato che il punto di cui trattasi, iscritto all'ordine del giorno di questa Conferenza del 29
ottobre 2009, è stato rinviato su richiesta delle Regioni e Province autonome, le quali hanno
evidenziato la necessità di una rielaborazione in sede tecnica;
• Vista la lettera in data 26 gennaio 2010, con la quale il Ministero della salute ha inviato una nuova
stesura della proposta di accordo in parola;
• Vista la lettera in data 29 gennaio 2010, con la quale la predetta nuova stesura è stata diramata alle
Regioni e Province autonome;
• Rilevato che, nel corso della riunione tecnica del 12 febbraio 2010, sono state concordate talune
modifiche al testo dello schema di accordo;
• Vista la nota in data 24 febbraio 2010, con la quale il Ministero della salute ha trasmesso il testo
definitivo della proposta di accordo;
• Considerato che, con lettera in data 26 febbraio 2010, la predetta versione definitiva della
proposta di accordo è stata portata a conoscenza delle Regioni e Province autonome;
• Acquisito, nel corso dell'odierna seduta, l'assenso del Governo e dei Presidenti delle Regioni e
delle Province autonome;
SANCISCE
153
accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nei seguenti termini:
Premesso che:
• il decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni ed integrazioni, indirizza le azioni del
servizio sanitario nazionale verso il rispetto del principio di appropriatezza e l’individuazione di
percorsi diagnostici terapeutici e linee guida; stabilisce l'adozione in via ordinaria del metodo della
verifica e della revisione della qualità e della quantità delle prestazioni al cui sviluppo devono
risultare funzionali i modelli organizzativi ed i flussi informativi dei soggetti erogatori;
• il decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 “Approvazione dell'atto di indirizzo e
coordinamento alle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano in materia di requisiti
strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle
strutture pubbliche e private”, definisce le attività di valutazione e miglioramento della qualità in
termini metodologici e prevede tra i requisiti generali richiesti alle strutture pubbliche e private che
le stesse siano dotate di un insieme di attività e procedure relative alla gestione, valutazione e
miglioramento della qualità;
• il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 “Definizione dei livelli
essenziali di assistenza” indica la necessità di individuare percorsi diagnostico-terapeutici sia per il
livello di cura ospedaliera, sia per quello ambulatoriale;
• il decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006 “Approvazione del piano sanitario
nazionale 2006-2008” individua gli obiettivi da raggiungere per attuare la garanzia costituzionale
del diritto alla salute e degli altri diritti sociali e civili in ambito sanitario, ed in particolare il punto
4.4, si prefigge la promozione del Governo clinico quale strumento per il miglioramento della
qualità delle cure per i pazienti e per lo sviluppo delle capacità complessive e dei capitali del
servizio sanitario nazionale, allo scopo di mantenere standard elevati e migliorare le performance
professionali del personale, favorendo lo sviluppo dell'eccellenza clinica;
• presso la direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e
dei principi etici di sistema del Ministero della salute è stata istituita in data 29 giugno 2007
un’apposita commissione che ha elaborato un documento di indirizzo al fine di migliorare la
qualità e la sicurezza dei pazienti sottoposti a terapia antitrombotica, ciò in considerazione della
peculiarità della situazione sanitaria in cui versano i pazienti sottoposti a tale terapia, alla
prevalenza della patologia e alla variabilità assistenziale;
SI CONVIENE
Considerato che:
il trattamento anticoagulante costituisce un trattamento di grande e crescente importanza per la cura
e la prevenzione delle malattie tromboemboliche e delle patologie vascolari, che la diagnosi
strumentale e di laboratorio degli eventi clinici associati alla patologia trombotica, unitamente alla
sorveglianza clinica e di laboratorio della terapia antitrombotica, risultano di fondamentale
importanza
per la gestione di tali pazienti e che la somministrazione di farmaci anticoagulanti potrebbe
comportare il rischio di eventi avversi correlati ad una inadeguata gestione della terapia; le Regioni
e le Province autonome si impegnano a:
a) promuovere ed adottare soluzioni e percorsi diagnostico-assistenziali per i pazienti affetti da
patologie croniche in trattamento con terapia anticoagulante. Tali percorsi, basati su consolidate
evidenze scientifiche, devono essere orientati in modo da garantire la qualità, l'appropriatezza,
154
l'equità, l'efficacia e l'efficienza delle prestazioni erogate, nonché la sicurezza dei pazienti,
anche sulla base di linee guida prodotte dal sistema nazionale linee guida;
b) privilegiare la costituzione o, laddove già presenti, il consolidamento, di reti diagnostico
terapeutiche regionali e/o interregionali che permettano il coinvolgimento e l'integrazione
dei centri antitrombosi (Cat), con le strutture ospedaliere, i medici di medicina generale (MMG),
gli specialisti di settore (cardiologi, angiologi, ematologi e altri) e strutture di assistenza
territoriale e domiciliare, laddove presenti. La costituzione o il consolidamento delle reti dovrà
avvenire sulla base di una programmazione delle relative attività, che definisca la distribuzione
ottimale, le caratteristiche delle strutture accreditate ed il loro assetto organizzativo;
c) adottare, laddove non previsto dalle normative regionali in materia, procedure di
accreditamento delle strutture che erogano terapie anticoagulanti, che prevedano specifici criteri,
tra cui la partecipazione a controlli esterni di qualità e certificazione;
d) implementare sistemi di monitoraggio delle attività, capaci di definire le ricadute cliniche e
assistenziali delle attività stesse attraverso l'individuazione di idonei indicatori;
e) garantire la formazione continua, in accordo con quanto previsto dal programma nazionale
per la formazione degli operatori in sanità, di tutte le figure professionali coinvolte nella gestione
dei pazienti in terapia anticoagulante, compresi i MMG, i medici ospedalieri e gli specialisti di
settore, nonché il personale delle strutture di assistenza territoriale e domiciliare, attraverso
l'organizzazione di corsi di formazione e training pratici con il diretto coinvolgimento dei centri
di sorveglianza della terapia anticoagulante facenti capo alla federazione
centri per la diagnosi della trombosi e la sorveglianza delle terapie antitrombotiche (Fcsa);
f) prevedere, nel caso di trattamento con farmaci antagonisti della vitamina K, in presenza di
particolari condizioni o necessità cliniche del paziente o di situazioni logisticamente disagiate di
questo, l'utilizzo di coagulometri portatili con modalità di gestione del tipo “self test”. La
gestione dei coagulometri portatili dovrebbe essere garantita dai Cat per ciò che concerne la
scelta dei criteri di individuazione dei pazienti idonei ad utilizzarli a domicilio, la distribuzione
ed il controllo degli apparecchi, con il coinvolgimento dei laboratori accreditati;
g) attribuire ai centri antitrombosi sia le funzioni di sorveglianza epidemiologica che di
riferimento per i pazienti maggiormente critici, o pazienti inviati dal medico di medicina
generale o da specialisti del territorio;
h) sulla base di criteri di efficacia e di efficienza individuati dall'Aifa, i centri antitrombosi
partecipano al monitoraggio della fase di introduzione di nuovi farmaci anticoagulanti per l'uso
clinico cronico ed alla relativa farmacovigilanza attraverso studi di fase IV (studi
postmarketing).
Il Ministero, le Regioni e le Province autonome, con il supporto della Fcsa e dell'Associazione
italiana dei pazienti anticoagulati (Aipa) nonché di altre associazioni ed enti, si impegnano a
garantire che:
a) i pazienti vengano correttamente informati sull'utilizzo e sull'efficacia della terapia
anticoagulante dai professionisti che gestiscono la terapia, nonché sui percorsi assistenziali e sui
comportamenti da tenere per prevenire eventi avversi;
b) vengano individuati siti Web istituzionali validati anche a livello internazionale che aiutino
nella divulgazione di una corretta informazione sull'argomento e favoriscano l'accesso a strutture
accreditate e/o certificate;
155
c) i pazienti abbiano la possibilità di valutare la qualità e la sicurezza dei percorsi assistenziali e
di segnalare eventuali eventi avversi correlati all'utilizzo della terapia antitrombotica al medico
curante ed all'Azienda sanitaria di riferimento.
Il presente accordo non innova in alcun modo i Livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 e successive modifiche e integrazioni.
Dall'attuazione del presente accordo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica e le attività previste devono essere realizzate con le risorse umane, strumentali e
finanziarie previste dalla normativa vigente.
Legge 15 marzo 2010, n. 38
"Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010
Articolo 1 (Finalità).
1. La presente legge tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del
dolore.
2. È tutelato e garantito, in particolare, l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte
del malato, come definito dall'articolo 2, comma 1, lettera c), nell'ambito dei livelli essenziali di
assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato
nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, al fine di assicurare il
rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso
all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, ai sensi
dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni.
3. Per i fini di cui ai commi 1 e 2, le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapia del
dolore assicurano un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, nel rispetto
dei seguenti princìpi fondamentali:
a) tutela della dignità e dell'autonomia del malato, senza alcuna discriminazione;
b) tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine;
c) adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia.
Articolo 2 (Definizioni).
1. Ai fini della presente legge si intende per:
a) «cure palliative»: l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia
alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la
cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non
risponde più a trattamenti specifici;
156
b) «terapia del dolore»: l'insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e
applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche,
strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare
idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore;
c) «malato»: la persona affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale
non esistono terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della
stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona
affetta da una patologia dolorosa cronica da moderata a severa;
d) «reti»: la rete nazionale per le cure palliative e la rete nazionale per la terapia del dolore, volte
a garantire la continuità assistenziale del malato dalla struttura ospedaliera al suo domicilio e
costituite dall'insieme delle strutture sanitarie, ospedaliere e territoriali, e assistenziali, delle
figure professionali e degli interventi diagnostici e terapeutici disponibili nelle regioni e nelle
province autonome, dedicati all'erogazione delle cure palliative, al controllo del dolore in tutte le
fasi della malattia, con particolare riferimento alle fasi avanzate e terminali della stessa, e al
supporto dei malati e dei loro familiari;
e) «assistenza residenziale»: l'insieme degli interventi sanitari, socio-sanitari e assistenziali nelle
cure palliative erogati ininterrottamente da équipe multidisciplinari presso una struttura,
denominata «hospice»;
f) «assistenza domiciliare»: l'insieme degli interventi sanitari, socio-sanitari e assistenziali che
garantiscono l'erogazione di cure palliative e di terapia del dolore al domicilio della persona
malata, per ciò che riguarda sia gli interventi di base, coordinati dal medico di medicina
generale, sia quelli delle équipe specialistiche di cure palliative, di cui il medico di medicina
generale è in ogni caso parte integrante, garantendo una continuità assistenziale ininterrotta;
g) «day hospice»: l'articolazione organizzativa degli hospice che eroga prestazioni diagnosticoterapeutiche e assistenziali a ciclo diurno non eseguibili a domicilio;
h) «assistenza specialistica di terapia del dolore»: l'insieme degli interventi sanitari e assistenziali
di terapia del dolore erogati in regime ambulatoriale, di day hospital e di ricovero ordinario e sul
territorio da équipe specialistiche.
Articolo 3 (Competenze del Ministero della salute e della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano).
1. Le cure palliative e la terapia del dolore costituiscono obiettivi prioritari del Piano sanitario
nazionale ai sensi dell'articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e
successive modificazioni.
2. Nel rispetto delle disposizioni sul riparto delle competenze in materia tra Stato e regione, il
Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, definisce le linee
guida per la promozione, lo sviluppo e il coordinamento degli interventi regionali negli ambiti
individuati dalla presente legge, previo parere del Consiglio superiore di sanità, tenuto conto anche
dell'accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in materia di
cure palliative pediatriche sottoscritto il 27 giugno 2007 e del documento tecnico sulle cure
palliative pediatriche approvato il 20 marzo 2008 in sede di Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
157
3. L'attuazione dei princìpi della presente legge in conformità alle linee guida definite ai sensi del
comma 2 costituisce adempimento regionale ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo del
Servizio sanitario nazionale a carico dello Stato.
4. Il Comitato paritetico permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui
all'articolo 9 dell'intesa sottoscritta il 23 marzo 2005 tra lo Stato, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7
maggio 2005, valuta annualmente lo stato di attuazione della presente legge, con particolare
riguardo all'appropriatezza e all'efficienza dell'utilizzo delle risorse e alla verifica della congruità tra
le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione.
Articolo 4(Campagne di informazione).
1. Il Ministero della salute, d'intesa con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
promuove nel triennio 2010-2012 la realizzazione di campagne istituzionali di comunicazione
destinate a informare i cittadini sulle modalità e sui criteri di accesso alle prestazioni e ai
programmi di assistenza in materia di cure palliative e di terapia del dolore connesso alle malattie
neoplastiche e a patologie croniche e degenerative, anche attraverso il coinvolgimento e la
collaborazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, delle farmacie
pubbliche e private nonché delle organizzazioni private senza scopo di lucro impegnate nella tutela
dei diritti in ambito sanitario ovvero operanti sul territorio nella lotta contro il dolore e
nell'assistenza nel settore delle cure palliative.
2. Le campagne di cui al comma 1 promuovono e diffondono nell'opinione pubblica la
consapevolezza della rilevanza delle cure palliative, anche delle cure palliative pediatriche, e della
terapia del dolore, al fine di promuovere la cultura della lotta contro il dolore e il superamento del
pregiudizio relativo all'utilizzazione dei farmaci per il trattamento del dolore, illustrandone il
fondamentale contributo alla tutela della dignità della persona umana e al supporto per i malati e per
i loro familiari.
3. Per la realizzazione delle campagne di cui al presente articolo è autorizzata la spesa di 50.000
euro per l'anno 2010 e di 150.000 euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012.
Articolo 5 (Reti nazionali per le cure palliative e per la terapia del dolore).
1. Al fine di consentire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle
esigenze del malato in conformità agli obiettivi del Piano sanitario nazionale e comunque
garantendo i livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, il Ministero della salute attiva una specifica
rilevazione sui presìdi ospedalieri e territoriali e sulle prestazioni assicurati in ciascuna regione dalle
strutture del Servizio sanitario nazionale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, al
fine di promuovere l'attivazione e l'integrazione delle due reti a livello regionale e nazionale e la
loro uniformità su tutto il territorio nazionale.
2. Con accordo stipulato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, su proposta del Ministro della salute, sono individuate le figure professionali con
158
specifiche competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore,
anche per l'età pediatrica, con particolare riferimento ai medici di medicina generale e ai medici
specialisti in anestesia e rianimazione, geriatria, neurologia, oncologia, radioterapia, pediatria, ai
medici con esperienza almeno triennale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore,
agli infermieri, agli psicologi e agli assistenti sociali nonché alle altre figure professionali ritenute
essenziali. Con il medesimo accordo sono altresì individuate le tipologie di strutture nelle quali le
due reti si articolano a livello regionale, nonché le modalità per assicurare il coordinamento delle
due reti a livello nazionale e regionale.
3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della
salute, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, mediante intesa ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5
giugno 2003, n. 131, sono definiti i requisiti minimi e le modalità organizzative necessari per
l'accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cure
palliative e della terapia del dolore domiciliari presenti in ciascuna regione, al fine di definire la rete
per le cure palliative e la rete per la terapia del dolore, con particolare riferimento ad adeguati
standard strutturali qualitativi e quantitativi, ad una pianta organica adeguata alle necessità di cura
della popolazione residente e ad una disponibilità adeguata di figure professionali con specifiche
competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, anche con
riguardo al supporto alle famiglie. Per le cure palliative e la terapia del dolore in età pediatrica,
l'intesa di cui al precedente periodo tiene conto dei requisiti di cui all'accordo tra il Governo, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sottoscritto il 27 giugno 2007 in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano e del documento tecnico approvato il 20 marzo 2008.
4. L'intesa di cui al comma 3 prevede, tra le modalità organizzative necessarie per l'accreditamento
come struttura appartenente alle due reti, quelle volte a consentire l'integrazione tra le strutture di
assistenza residenziale e le unità operative di assistenza domiciliare. La medesima intesa provvede a
definire un sistema tariffario di riferimento per le attività erogate dalla rete delle cure palliative e
dalla rete della terapia del dolore per permettere il superamento delle difformità attualmente
presenti a livello interregionale e per garantire una omogenea erogazione dei livelli essenziali di
assistenza.
5. All'attuazione del presente articolo si provvede, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, nei limiti delle
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi
o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 6.(Progetto «Ospedale-Territorio senza dolore»).
1. Al fine di rafforzare l'attività svolta dai Comitati «Ospedale senza dolore» istituiti in attuazione
del progetto «Ospedale senza dolore» di cui all'accordo tra il Ministro della sanità, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, in data 24 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 149 del 29 giugno 2001, che assume la denominazione di progetto «Ospedale-Territorio
senza dolore», è autorizzata la spesa di 1.450.000 euro per l'anno 2010 e di 1.000.000 di euro per
l'anno 2011.
159
2. Con accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, le risorse di cui al comma 1 sono ripartite e destinate a
iniziative, anche di carattere formativo e sperimentale, volte a sviluppare il coordinamento delle
azioni di cura del dolore favorendone l'integrazione a livello territoriale.
3. Con l'accordo di cui al comma 2 sono altresì stabiliti modalità e indicatori per la verifica dello
stato di attuazione a livello regionale del progetto di cui al comma 1.
Articolo 7 (Obbligo di riportare la rilevazione del dolore all'interno della cartella clinica).
1. All'interno della cartella clinica, nelle sezioni medica ed infermieristica, in uso presso tutte le
strutture sanitarie, devono essere riportati le caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione
nel corso del ricovero, nonché la tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il
risultato antalgico conseguito.
2. In ottemperanza alle linee guida del progetto «Ospedale senza dolore», previste dall'accordo tra il
Ministro della sanità, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in data 24 maggio
2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 giugno 2001, le strutture sanitarie hanno
facoltà di scegliere gli strumenti più adeguati, tra quelli validati, per la valutazione e la rilevazione
del dolore da riportare all'interno della cartella clinica ai sensi del comma 1.
Articolo 8 (Formazione e aggiornamento del personale medico e sanitario in materia di cure
palliative e di terapia del dolore).
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, ai sensi dell'articolo 17,
comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, individua con uno o più
decreti i criteri generali per la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici percorsi formativi in
materia di cure palliative e di terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie
croniche e degenerative. Con i medesimi decreti sono individuati i criteri per l'istituzione di master
in cure palliative e nella terapia del dolore.
2. In sede di attuazione dei programmi obbligatori di formazione continua in medicina di cui
all'articolo 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, la
Commissione nazionale per la formazione continua, costituita ai sensi dell'articolo 2, comma 357,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244, prevede che l'aggiornamento periodico del personale medico,
sanitario e socio-sanitario, impegnato nella terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e
a patologie croniche e degenerative e nell'assistenza nel settore delle cure palliative, e in particolare
di medici ospedalieri, medici specialisti ambulatoriali territoriali, medici di medicina generale e di
continuità assistenziale e pediatri di libera scelta, si realizzi attraverso il conseguimento di crediti
formativi su percorsi assistenziali multidisciplinari e multiprofessionali.
3. L'accordo di cui all'articolo 5, comma 2, individua i contenuti dei percorsi formativi obbligatori
ai sensi della normativa vigente ai fini dello svolgimento di attività professionale nelle strutture
sanitarie pubbliche e private e nelle organizzazioni senza scopo di lucro operanti nell'ambito delle
due reti per le cure palliative e per la terapia del dolore, ivi inclusi i periodi di tirocinio obbligatorio
presso le strutture delle due reti.
160
4. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro della salute, mediante intesa ai sensi dell'articolo 8,
comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, sentite le principali società scientifiche e
organizzazioni senza scopo di lucro operanti nel settore delle cure palliative e della terapia del
dolore, sono definiti percorsi formativi omogenei su tutto il territorio nazionale per i volontari che
operano nell'ambito delle due reti.
5. All'attuazione del presente articolo si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica.
Articolo 9 (Monitoraggio ministeriale per le cure palliative e per la terapia del dolore).
1. Presso il Ministero della salute è attivato, eventualmente anche attraverso l'istituzione di una
commissione nazionale, avvalendosi delle risorse umane disponibili a legislazione vigente, il
monitoraggio per le cure palliative e per la terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a
patologie croniche e degenerative. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
forniscono tutte le informazioni e i dati utili all'attività del Ministero e possono accedere al
complesso dei dati e delle informazioni in possesso del Ministero. Il Ministero, alla cui attività
collaborano l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, la Commissione nazionale per la
formazione continua, l'Agenzia italiana del farmaco e l'Istituto superiore di sanità, fornisce anche
alle regioni elementi per la valutazione dell'andamento della prescrizione dei farmaci utilizzati per
la terapia del dolore, del livello di attuazione delle linee guida di cui all'articolo 3, comma 2, nonché
dello stato di realizzazione e di sviluppo delle due reti su tutto il territorio nazionale, con particolare
riferimento alle disomogeneità territoriali e all'erogazione delle cure palliative in età neonatale,
pediatrica e adolescenziale. Il Ministero provvede a monitorare, in particolare:
a) i dati relativi alla prescrizione e all'utilizzazione di farmaci nella terapia del dolore, e in
particolare dei farmaci analgesici oppiacei;
b) lo sviluppo delle due reti, con particolare riferimento alla verifica del rispetto degli indicatori e
dei criteri nazionali previsti dalla normativa vigente;
c) lo stato di avanzamento delle due reti, anche con riferimento al livello di integrazione delle
strutture che ne fanno parte;
d) le prestazioni erogate e gli esiti delle stesse, anche attraverso l'analisi qualitativa e quantitativa
dell'attività delle strutture delle due reti;
e) le attività di formazione a livello nazionale e regionale;
f) le campagne di informazione a livello nazionale e regionale;
g) le attività di ricerca;
h) gli aspetti economici relativi alla realizzazione e allo sviluppo delle due reti.
161
2. Entro il 31 dicembre di ciascun anno, il Ministero della salute redige un rapporto, finalizzato a
rilevare l'andamento delle prescrizioni di farmaci per la terapia del dolore connesso alle malattie
neoplastiche e a patologie croniche e degenerative, con particolare riferimento ai farmaci analgesici
oppiacei, a monitorare lo stato di avanzamento delle due reti su tutto il territorio nazionale e il
livello di omogeneità e di adeguatezza delle stesse, formulando proposte per la risoluzione dei
problemi e delle criticità eventualmente rilevati, anche al fine di garantire livelli omogenei di
trattamento del dolore su tutto il territorio nazionale.
3. Nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica, il Ministero della salute può avvalersi di figure professionali del Servizio sanitario
nazionale con dimostrate competenze specifiche e, anche tramite apposite convenzioni, della
collaborazione di istituti di ricerca, società scientifiche e organizzazioni senza scopo di lucro
operanti nei settori delle cure palliative e della terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche
e a patologie croniche e degenerative.
4. Per le spese di funzionamento di tale attività, fatto salvo quanto previsto dal comma 3, è
autorizzata la spesa di 150.000 euro annui a decorrere dall'anno 2010.
Articolo 10 (Semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del
dolore).
1. Al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all'articolo 14, comma 1, lettera e), dopo il numero 3) è aggiunto il seguente:
«3-bis) in considerazione delle prioritarie esigenze terapeutiche nei confronti del dolore severo,
composti medicinali utilizzati in terapia del dolore elencati nell'allegato III-bis, limitatamente alle
forme farmaceutiche diverse da quella parenterale»;
b) nel titolo II, dopo l'articolo 25 è aggiunto il seguente:
«Art. 25-bis. - (Distruzione delle sostanze e delle composizioni in possesso dei soggetti di cui
all'articolo 17 e delle farmacie). - 1. Le sostanze e le composizioni scadute o deteriorate non
utilizzabili farmacologicamente, limitatamente a quelle soggette all'obbligo di registrazione, in
possesso dei soggetti autorizzati ai sensi dell'articolo 17, sono distrutte previa autorizzazione del
Ministero della salute.
2. La distruzione delle sostanze e composizioni di cui al comma 1 in possesso delle farmacie è
effettuata dall'azienda sanitaria locale ovvero da un'azienda autorizzata allo smaltimento dei rifiuti
sanitari. Delle operazioni di distruzione di cui al presente comma è redatto apposito verbale e, nel
caso in cui la distruzione avvenga per il tramite di un'azienda autorizzata allo smaltimento dei rifiuti
sanitari, il farmacista trasmette all'azienda sanitaria locale il relativo verbale. Gli oneri di trasporto,
distruzione e gli altri eventuali oneri connessi sono a carico delle farmacie richiedenti la distruzione.
162
3. Le Forze di polizia assicurano, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali
disponibili a legislazione vigente, adeguata assistenza alle operazioni di distruzione di cui al
presente articolo»;
c) all'articolo 38, il primo e il secondo periodo del comma 1 sono sostituiti dal seguente: «La
vendita o cessione, a qualsiasi titolo, anche gratuito, delle sostanze e dei medicinali compresi nelle
tabelle I e II, sezioni A, B e C, di cui all'articolo 14 è fatta alle persone autorizzate ai sensi del
presente testo unico in base a richiesta scritta da staccarsi da apposito bollettario "buoni acquisto"
conforme al modello predisposto dal Ministero della salute»;
d) all'articolo 41, comma 1-bis, le parole: «di pazienti affetti da dolore severo in corso di
patologia neoplastica o degenerativa» sono sostituite dalle seguenti: «di malati che hanno accesso
alle cure palliative e alla terapia del dolore secondo le vigenti disposizioni»;
e) all'articolo 43, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. Per la prescrizione, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, di farmaci previsti
dall'allegato III-bis per il trattamento di pazienti affetti da dolore severo, in luogo del
ricettario di cui al comma 1, contenente le ricette a ricalco di cui al comma 4, può essere
utilizzato il ricettario del Servizio sanitario nazionale, disciplinato dal decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze 17 marzo 2008, pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11 aprile 2008. Il Ministro della salute, sentiti il Consiglio
superiore di sanità e la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche
antidroga, può, con proprio decreto, aggiornare l'elenco dei farmaci di cui all'allegato IIIbis»;
f) all'articolo 43, commi 7 e 8, le parole: «di pazienti affetti da dolore severo in corso di
patologia neoplastica o degenerativa» sono sostituite dalle seguenti: «di malati che hanno
accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore secondo le vigenti disposizioni»;
g) all'articolo 45, comma 1, le parole: «che si accerta dell'identità dell'acquirente e prende
nota degli estremi di un documento di riconoscimento da trascrivere sulla ricetta» sono
sostituite dalle seguenti: «che annota sulla ricetta il nome, il cognome e gli estremi di un
documento di riconoscimento dell'acquirente»;
h) all'articolo 45, comma 2, le parole: «sulle ricette previste dal comma 1» sono sostituite
dalle seguenti: «sulle ricette previste dai commi 1 e 4-bis»;
i) all'articolo 45, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
«3-bis. Il farmacista spedisce comunque le ricette che prescrivano un quantitativo che, in
relazione alla posologia indicata, superi teoricamente il limite massimo di terapia di trenta
giorni, ove l'eccedenza sia dovuta al numero di unità posologiche contenute nelle confezioni
in commercio. In caso di ricette che prescrivano una cura di durata superiore a trenta giorni,
il farmacista consegna un numero di confezioni sufficiente a coprire trenta giorni di terapia,
in relazione alla posologia indicata, dandone comunicazione al medico prescrittore»;
l) all'articolo 45, dopo il comma 6 è inserito il seguente:
163
«6-bis. All'atto della dispensazione dei medicinali inseriti nella sezione D della tabella II,
successivamente alla data del 15 giugno 2009, limitatamente alle ricette diverse da quella di
cui al decreto del Ministro della salute 10 marzo 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 76 del 31 marzo 2006, o da quella del Servizio sanitario nazionale, disciplinata dal
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 17 marzo 2008, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11 aprile 2008, il farmacista deve
annotare sulla ricetta il nome, il cognome e gli estremi di un documento di riconoscimento
dell'acquirente. Il farmacista conserva per due anni, a partire dal giorno dell'ultima
registrazione, copia o fotocopia della ricetta ai fini della dimostrazione della liceità del
possesso dei farmaci consegnati dallo stesso farmacista al paziente o alla persona che li
ritira»;
m) all'articolo 45, dopo il comma 10 è aggiunto il seguente:
«10-bis. Su richiesta del cliente e in caso di ricette che prescrivono più confezioni, il
farmacista, previa specifica annotazione sulla ricetta, può spedirla in via definitiva
consegnando un numero di confezioni inferiore a quello prescritto, dandone comunicazione
al medico prescrittore, ovvero può consegnare, in modo frazionato, le confezioni, purché
entro il termine di validità della ricetta e previa annotazione del numero di confezioni volta
per volta consegnato»;
n) all'articolo 60:
1) al comma 1, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Lo stesso termine è ridotto a due anni
per le farmacie aperte al pubblico e per le farmacie ospedaliere. I direttori sanitari e i titolari di
gabinetto di cui all'articolo 42, comma 1, conservano il registro di cui al presente comma per due
anni dal giorno dell'ultima registrazione»;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. I responsabili delle farmacie aperte al pubblico e delle farmacie ospedaliere nonché delle
aziende autorizzate al commercio all'ingrosso riportano sul registro il movimento dei medicinali di
cui alla tabella II, sezioni A, B e C, secondo le modalità indicate al comma 1 e nel termine di
quarantotto ore dalla dispensazione»;
3) al comma 4, dopo le parole: «Ministero della salute» sono aggiunte le seguenti: «e possono
essere composti da un numero di pagine adeguato alla quantità di stupefacenti normalmente
detenuti e movimentati»;
o) all'articolo 62, comma 1, le parole: «sezioni A e C,» sono sostituite dalle seguenti:
«sezioni A, B e C,»;
p) all'articolo 63:
1) al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tale registro è conservato per dieci anni
a far data dall'ultima registrazione»;
2) il comma 2 è abrogato;
164
q) all'articolo 64, comma 1, le parole: «previsto dagli articoli 42, 46 e 47» sono sostituite
dalle seguenti: «previsto dagli articoli 46 e 47»;
r) all'articolo 68, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
«1-bis. Qualora le irregolarità riscontrate siano relative a violazioni della normativa
regolamentare sulla tenuta dei registri di cui al comma 1, si applica la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da euro 500 a euro 1.500»;
s) all'articolo 73, comma 4, le parole: «e C, di cui all'articolo 14» sono sostituite dalle
seguenti: «, C e D, limitatamente a quelli indicati nel numero 3-bis) della lettera e) del
comma 1 dell'articolo 14»;
t) all'articolo 75, comma 1, le parole: «e C» sono sostituite dalle seguenti: «, C e D,
limitatamente a quelli indicati nel numero 3-bis) della lettera e) del comma 1 dell'articolo
14».
Articolo 11 (Relazione annuale al Parlamento).
1. Il Ministro della salute, entro il 31 dicembre di ogni anno, presenta una relazione al Parlamento
sullo stato di attuazione della presente legge, riferendo anche in merito alle informazioni e ai dati
raccolti con il monitoraggio di cui all'articolo 9.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono
al Ministro della salute, entro il 31 ottobre di ciascun anno, tutti i dati relativi agli interventi di loro
competenza disciplinati dalla presente legge.
Articolo 12 (Copertura finanziaria).
1. Agli oneri derivanti dall'articolo 4, comma 3, dall'articolo 6, comma 1, e dall'articolo 9, comma 4,
pari a 1.650.000 euro per l'anno 2010, a 1.300.000 euro per l'anno 2011, a 300.000 euro per l'anno
2012 e a 150.000 euro a decorrere dall'anno 2013, si provvede, quanto a 650.000 euro per l'anno
2010, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 48, comma
9, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
novembre 2003, n. 326, come rideterminata dalla Tabella C allegata alla legge 23 dicembre 2009, n.
191, e, quanto a 1.000.000 di euro per l'anno 2010, a 1.300.000 euro per l'anno 2011 e a 300.000
euro per l'anno 2012, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di
parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell'ambito del programma «Fondi di
riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando gli
accantonamenti di cui alla tabella 1 annessa alla presente legge.
2. Per la realizzazione delle finalità di cui alla presente legge, il Comitato interministeriale per la
programmazione economica, in attuazione dell'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996,
165
n. 662, vincola, per un importo non inferiore a 100 milioni di euro annui, una quota del Fondo
sanitario nazionale su proposta del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
Tabella 1 (Articolo 12, comma 1)
(migliaia di euro)
2010
2011
2012
Ministero dell'economia e delle finanze
200
-
250
Ministero dell'interno
800
1.300
50
1.000
1.300
300
Totale
166
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 7 agosto 2012 , n. 137
Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma
dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
Capo I
Disposizioni generali
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Emana
il seguente regolamento:
Articolo 1
Definizione e ambito di applicazione
1. Ai fini del presente decreto:
a) per «professione regolamentata» si intende l'attivita', o l'insieme delle attivita', riservate per
espressa disposizione di legge o non riservate, il cui esercizio e' consentito solo a seguito
d'iscrizione in ordini o collegi subordinatamente al possesso di qualifiche professionali o
all'accertamento delle specifiche professionalita';
b) per «professionista» si intende l'esercente la professione regolamentata di cui alla lettera a).
2. Il presente decreto si applica alle professioni regolamentate e ai relativi professionisti.
Capo I
Disposizioni generali
Articolo 2
Accesso ed esercizio dell'attività professionale
1. Ferma la disciplina dell'esame di Stato, quale prevista in attuazione dei principi di cui all'articolo
33 della Costituzione, e salvo quanto previsto dal presente articolo, l'accesso alle professioni
regolamentate e' libero. Sono vietate limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali che non sono
fondate su espresse previsioni inerenti al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge
per la qualifica e l'esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari
irrevocabili o ad altri motivi imperativi di interesse generale.
2. L'esercizio della professione e' libero e fondato sull'autonomia e indipendenza di giudizio,
intellettuale e tecnico. La formazione di albi speciali, legittimanti specifici esercizi dell'attivita'
professionale, fondati su specializzazioni ovvero titoli o esami ulteriori, e' ammessa solo su
previsione espressa di legge.
3. Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del
numero di persone titolate a esercitare la professione, con attivita' anche abituale e prevalente, su
tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico
interesse, quale la tutela della salute. E' fatta salva l'applicazione delle disposizioni sull'esercizio
delle funzioni notarili.
4. Sono in ogni caso vietate limitazioni discriminatorie, anche indirette, all'accesso e all'esercizio
della professione, fondate sulla nazionalita' del professionista o sulla sede legale dell'associazione
professionale o della societa' tra professionisti.
Capo I
Disposizioni generali
167
Articolo 3
Albo unico nazionale
1. Gli albi territoriali relativi alle singole professioni regolamentate, tenuti dai rispettivi consigli
dell'ordine o del collegio territoriale, sono pubblici e recano l'anagrafe di tutti gli iscritti, con
l'annotazione dei provvedimenti disciplinari adottati
nei loro confronti.
2. L'insieme degli albi territoriali di ogni professione forma l'albo unico nazionale degli iscritti,
tenuto dal consiglio nazionale competente. I consigli territoriali forniscono senza indugio per via
telematica ai consigli nazionali tutte le informazioni rilevanti ai fini dell'aggiornamento dell'albo
unico nazionale.
Capo I
Disposizioni generali
Articolo 4
Libera concorrenza e pubblicità informativa
1. E' ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l'attività delle professioni
regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello
studio professionale e i compensi richiesti per le
prestazioni.
2. La pubblicità informativa di cui al comma 1 deve essere funzionale all'oggetto, veritiera e
corretta, non deve violare l'obbligo del segreto professionale e non deve essere equivoca,
ingannevole o denigratoria.
3. La violazione della disposizione di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare, oltre a
integrare una violazione delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 6 settembre 2005, n. 206,
e 2 agosto 2007, n. 145.
Note all'art. 4:
- Il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, reca: «Codice del consumo, a norma dell'art. 7
della legge 29 luglio 2003, n. 229.».
- Il decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, reca: «Attuazione dell'art. 14 della direttiva
2005/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicita'
ingannevole.».
Note all'art. 6:
- Si riporta il testo dell'art. 9, commi 4 e 6, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle
infrastrutture e la
competitività.).
«Art. 9 (Disposizioni sulle professioni regolamentate).
- Commi 1. - 3. (Omissis).
4. Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito, nelle forme previste dall'ordinamento, al
momento del conferimento dell'incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente
il grado di complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili
dal momento del conferimento fino alla conclusione dell'incarico e deve altresì indicare i dati della
polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attività professionale. In ogni caso la
misura del compenso e' previamente resa nota al cliente con un preventivo di massima, deve essere
168
adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di
costo, comprensive di spese, oneri e contributi. Al tirocinante e' riconosciuto un rimborso spese
forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio.
Comma 5. (Omissis).
6. La durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni regolamentate non può essere
superiore a diciotto mesi; per i primi sei mesi, il tirocinio può essere svolto, in presenza di
un'apposita convenzione quadro stipulata tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in concomitanza con il corso di studio per il
conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica. Analoghe
convenzioni possono essere stipulate tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la
pubblica amministrazione e la semplificazione per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche
amministrazioni, all'esito del corso di laurea. Le disposizioni del presente comma non si applicano
alle professioni sanitarie, per le quali resta confermata la normativa vigente.
Commi 7. - 8. (Omissis).».
- Si riporta il testo dell'art. 117 della Costituzione: «Art. 117 (Testo applicabile fino all'esercizio
finanziario relativo all'anno 2013). - La potestà legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle Regioni
nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea;
diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario;
sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento
europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta'
metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei
dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione
concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni;
commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni
169
scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca
scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute;
alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti
civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa;
armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività
culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito
fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle
Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata
alla legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni
materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni
dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione
degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura
stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso
di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle
Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province
e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione
e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che
impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e
promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. La legge regionale
ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni,
anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti
territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato. (Testo
applicabile a decorrere dall'esercizio finanziario relativo all'anno 2014) La potestà legislativa e'
esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea;
diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario;
sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle
risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento
europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
170
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta'
metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei
dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione
europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva
l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione
professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori
produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del
territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della
comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza
complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;
casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e
agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la
potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla
legislazione dello Stato. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia
non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla
formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli
accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura
stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di
inadempienza. La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva,
salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I
Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Le leggi regionali rimuovono
ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale
ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle
proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni . Nelle materie di sua competenza la
Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei
casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.».
Capo I
Disposizioni generali
Articolo 5
Obbligo di assicurazione
171
1. Il professionista e' tenuto a stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai
consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti, idonea assicurazione per i danni
derivanti al cliente dall'esercizio dell'attivita' professionale, comprese le attivita' di custodia di
documenti e valori ricevuti dal cliente stesso. Il professionista deve rendere noti al cliente, al
momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale
e ogni variazione successiva.
2. La violazione della disposizione di cui al comma 1 costituisce illecito disciplinare.
3. Al fine di consentire la negoziazione delle convenzioni collettive di cui al comma 1, l'obbligo di
assicurazione di cui al presente articolo acquista efficacia decorsi dodici mesi dall'entrata in vigore
del presente decreto.
Capo I
Disposizioni generali
Articolo 6
Tirocinio per l'accesso
1. Il tirocinio professionale e' obbligatorio ove previsto dai singoli ordinamenti professionali, e ha
una durata massima di diciotto mesi. Resta ferma l'esclusione delle professioni sanitarie prevista
dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo
2012, n. 27. Il tirocinio consiste nell'addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante, ed
e' finalizzato a conseguire le capacità necessarie per l'esercizio e la gestione organizzativa della
professione.
2. Presso il consiglio dell'ordine o del collegio territoriale e' tenuto il registro dei praticanti,
l'iscrizione al quale e' condizione per lo svolgimento del tirocinio professionale. Ai fini
dell'iscrizione nel registro dei praticanti e' necessario, salva l'ipotesi di cui al comma 4, secondo
periodo, aver conseguito la laurea o il diverso titolo di istruzione previsti dalla legge per l'accesso
alla professione regolamentata, ferme restando le altre disposizioni previste dall'ordinamento
universitario.
3. Il professionista affidatario deve avere almeno cinque anni di anzianità di iscrizione all'albo, e'
tenuto ad assicurare che il tirocinio si svolga in modo funzionale alla sua finalità e non può
assumere la funzione per più di tre praticanti contemporaneamente, salva la motivata autorizzazione
rilasciata dal competente consiglio territoriale sulla base di criteri concernenti l'attività
professionale del richiedente e l'organizzazione della stessa, stabiliti con regolamento del consiglio
nazionale dell'ordine o del collegio, previo parere vincolante del ministro vigilante.
4. Il tirocinio può essere svolto, in misura non superiore a sei mesi, presso enti o professionisti di
altri Paesi con titolo equivalente e abilitati all'esercizio della professione. Il tirocinio può essere
altresì svolto per i primi sei mesi, in presenza di specifica convenzione quadro tra il consiglio
nazionale dell'ordine o collegio, il ministro dell'istruzione, università e ricerca, e il ministro
vigilante, in concomitanza con l'ultimo anno del corso di studio per il conseguimento della laurea
necessaria. I consigli territoriali e le università pubbliche e private possono stipulare convenzioni,
conformi a quella di cui al periodo precedente, per regolare i reciproci rapporti. Possono essere
stipulate analoghe convenzioni tra i consigli nazionali degli ordini o collegi e il ministro per la
pubblica amministrazione e la semplificazione, per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche
amministrazioni, all'esito del corso di laurea. Resta ferma l'esclusione delle professioni sanitarie
prevista dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24
marzo 2012, n. 27.
172
5. Il tirocinio può essere svolto in costanza di rapporto di pubblico impiego ovvero di rapporto di
lavoro subordinato privato, purché le relative discipline prevedano modalità e orari di lavoro idonei
a consentirne l'effettivo svolgimento. Sul rispetto di tale disposizione vigila il locale consiglio
dell'ordine o collegio.
6. Il tirocinio professionale non determina l'instaurazione di rapporto di lavoro subordinato anche
occasionale, fermo quanto disposto dall'articolo 9, comma 4, ultimo periodo, del decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
7. L'interruzione del tirocinio per oltre tre mesi, senza giustificato motivo, comporta l'inefficacia, ai
fini dell'accesso, di quello previamente svolto. Quando ricorre un giustificato motivo, l'interruzione
del tirocinio può avere una durata massima di nove mesi, fermo l'effettivo completamento
dell'intero periodo previsto.
8. I praticanti osservano gli stessi doveri e norme deontologiche dei professionisti e sono soggetti al
medesimo potere disciplinare.
9. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso un professionista, può consistere altresì nella
frequenza con profitto, per un periodo non superiore a sei mesi, di specifici corsi di formazione
professionale organizzati da ordini o collegi. I corsi di formazione possono essere organizzati anche
da associazioni di iscritti agli albi e da altri soggetti, autorizzati dai consigli nazionali degli ordini o
collegi. Quando deliberano sulla domanda di autorizzazione di cui al periodo precedente, i consigli
nazionali trasmettono motivata proposta di delibera al ministro vigilante al fine di acquisire il parere
vincolante dello stesso.
10. Il consiglio nazionale dell'ordine o collegio disciplina con regolamento, da emanarsi, previo
parere favorevole del ministro vigilante, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto:
a) le modalità e le condizioni per l'istituzione dei corsi di formazione di cui al comma 9, in modo
da garantire la libertà e il pluralismo dell'offerta formativa e della relativa scelta individuale;
b) i contenuti formativi essenziali dei corsi di formazione;
c) la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore a
duecento ore;
d) le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante
nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, affidate a una commissione
composta da professionisti e docenti universitari, in pari numero, e presieduta da un docente
universitario, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale. Ai
componenti della commissione non sono riconosciuti compensi, indennità o gettoni di presenza.
11. Il ministro vigilante, previa verifica, su indicazione del consiglio nazionale dell'ordine o
collegio, dell'idoneità dei corsi organizzati a norma del comma 9 sul territorio nazionale, dichiara la
data a decorrere dalla quale la disposizione di cui al medesimo comma e' applicabile al tirocinio.
12. Il consiglio dell'ordine o collegio presso il quale e' compiuto il tirocinio rilascia il relativo
certificato. Il certificato perde efficacia decorsi cinque anni senza che segua il superamento
dell'esame di Stato quando previsto. Quando il certificato perde efficacia il competente consiglio
territoriale provvede alla cancellazione del soggetto dal registro dei praticanti di cui al comma 2.
13. Le regioni, nell'ambito delle potestà a esse attribuite dall'articolo 117 della Costituzione,
possono disciplinare l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di scuole, corsi ed eventi di
tirocinio professionale.
14. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai tirocini iniziati dal giorno successivo alla
data di entrata in vigore del presente decreto, fermo quanto già previsto dall'articolo 9, comma 6,
173
del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012,
n. 27.
Capo I
Disposizioni generali
Articolo 7
Formazione continua
1. Al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse
dell'utente e della collettività, e per conseguire l'obiettivo dello sviluppo professionale, ogni
professionista ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza
professionale secondo quanto previsto dal presente articolo. La violazione dell'obbligo di cui al
periodo precedente costituisce illecito disciplinare.
2. I corsi di formazione possono essere organizzati, ai fini del comma 1, oltre che da ordini e
collegi, anche da associazioni di iscritti agli albi e da altri soggetti, autorizzati dai consigli nazionali
degli ordini o collegi. Quando deliberano sulla domanda di autorizzazione di cui al periodo
precedente, i consigli nazionali trasmettono motivata proposta di delibera al ministro vigilante al
fine di acquisire il parere vincolante dello stesso.
3. Il consiglio nazionale dell'ordine o collegio disciplina con regolamento, da emanarsi, previo
parere favorevole del ministro vigilante, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto:
a) le modalità e le condizioni per l'assolvimento dell'obbligo di aggiornamento da parte degli
iscritti e per la gestione e l'organizzazione dell'attività di aggiornamento a cura degli ordini o
collegi territoriali, delle associazioni professionali e dei soggetti autorizzati;
b) i requisiti minimi, uniformi su tutto il territorio nazionale, dei corsi di aggiornamento;
c) il valore del credito formativo professionale quale unità di misura della formazione continua.
4. Con apposite convenzioni stipulate tra i consigli nazionali e le università possono essere stabilite
regole comuni di riconoscimento reciproco dei crediti formativi professionali e universitari. Con
appositi regolamenti comuni, da approvarsi previo parere favorevole dei ministri vigilanti, i consigli
nazionali possono individuare crediti formativi professionali interdisciplinari e stabilire il loro
valore.
5. L'attività di formazione, quando e' svolta dagli ordini e collegi, può realizzarsi anche in
cooperazione o convenzione con altri soggetti.
6. Le regioni, nell'ambito delle potestà a esse attribuite dall'articolo 117 della Costituzione, possono
disciplinare l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione
professionale.
7. Resta ferma la normativa vigente sull'educazione continua in medicina (ECM).
Note all'art. 7:
- Per il testo dell'art. 117 della Costituzione, vedi nelle note all'art. 6.
Capo I
Disposizioni generali
Articolo 8
Disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni regolamentate diverse da quelle
sanitarie
174
1. Presso i consigli dell'ordine o collegio territoriali sono istituiti consigli di disciplina territoriali
cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti
all'albo.
2. I consigli di disciplina territoriali di cui al comma 1 sono composti da un numero di consiglieri
pari a quello dei consiglieri che, secondo i vigenti ordinamenti professionali, svolgono funzioni
disciplinari nei consigli dell'ordine o collegio territoriali presso cui sono istituiti. I collegi di
disciplina, nei consigli di disciplina territoriali con più di tre componenti, sono comunque composti
da tre consiglieri e sono presieduti dal componente con maggiore anzianità d'iscrizione all'albo o,
quando vi siano componenti non iscritti all'albo, dal componente con maggiore anzianità anagrafica.
3. Ferma l'incompatibilità tra la carica di consigliere dell'ordine o collegio territoriale e la carica di
consigliere del corrispondente consiglio di disciplina territoriale, i consiglieri componenti dei
consigli di disciplina territoriali sono nominati dal presidente del tribunale nel cui circondario hanno
sede, tra i soggetti indicati in un elenco di nominativi proposti dai corrispondenti consigli
dell'ordine o collegio. L'elenco di cui al periodo che precede e' composto da un numero di
nominativi pari al doppio del numero dei consiglieri che il presidente del tribunale è chiamato a
designare. I criteri in base ai quali e' effettuata la proposta dei consigli dell'ordine o collegio e la
designazione da parte del presidente del tribunale, sono individuati con regolamento adottato, entro
novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, dai consigli nazionali dell'ordine o
collegio, previo parere vincolante del ministro vigilante.
4. Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina territoriale sono svolte dal componente con
maggiore anzianità d'iscrizione all'albo o, quando vi siano componenti non iscritti all'albo, dal
componente con maggiore anzianità anagrafica. Le funzioni di segretario sono svolte dal
componente con minore anzianità d'iscrizione all'albo o, quando vi siano componenti non iscritti
all'albo, dal componente con minore anzianità anagrafica.
5. All'immediata sostituzione dei componenti che siano venuti meno a causa di decesso, dimissioni
o altra ragione, si provvede applicando le disposizioni del comma 3, in quanto compatibili.
6. I consigli di disciplina territoriale restano in carica per il medesimo periodo dei consigli
dell'ordine o collegio territoriale.
7. Presso i consigli nazionali dell'ordine o collegio che decidono in via amministrativa sulle
questioni disciplinari, sono istituiti consigli di disciplina nazionali cui sono affidati i compiti di
istruzione e decisione delle questioni disciplinari assegnate alla competenza dei medesimi consigli
nazionali anche secondo le norme antecedenti all'entrata in vigore del presente decreto.
8. I consiglieri dei consigli nazionali dell'ordine o collegio che esercitano funzioni disciplinari non
possono esercitare funzioni amministrative. Per la ripartizione delle funzioni disciplinari ed
amministrative tra i consiglieri, in applicazione di quanto disposto al periodo che precede, i consigli
nazionali dell'ordine o collegio adottano regolamenti attuativi, entro novanta giorni dall'entrata in
vigore del presente decreto, previo parere favorevole del ministro vigilante.
9. Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina nazionale di cui ai commi 7 e 8 sono svolte
dal componente con maggiore anzianità d'iscrizione all'albo. Le funzioni di segretario sono svolte
dal componente con minore anzianità d'iscrizione all'albo.
10. Fino all'insediamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali di cui ai commi
precedenti, le funzioni disciplinari restano interamente regolate dalle disposizioni vigenti.
175
11. Restano ferme le altre disposizioni in materia di procedimento disciplinare delle professioni
regolamentate, e i riferimenti ai consigli dell'ordine o collegio si intendono riferiti, in quanto
applicabili, ai consigli di disciplina.
12. Il ministro vigilante può procedere al commissariamento dei consigli di disciplina territoriali e
nazionali per gravi e ripetuti atti di violazione della legge, ovvero in ogni caso in cui non sono in
grado di funzionare regolarmente. Il commissario nominato provvede, su disposizioni del ministro
vigilante, a quanto necessario ad assicurare lo svolgimento delle funzioni dell'organo fino al
successivo mandato, con facoltà di nomina di componenti che lo coadiuvano nell'esercizio delle
funzioni predette.
13. Alle professioni sanitarie continua ad applicarsi la disciplina vigente.
14. Restano altresì ferme le disposizioni vigenti in materia disciplinare concernenti la professione di
notaio.
Capo II
Disposizioni concernenti gli avvocati
Articolo 9
Domicilio professionale
1. L'avvocato deve avere un domicilio professionale nell'ambito del circondario di competenza
territoriale dell'ordine presso cui e' iscritto, salva la facoltà di avere ulteriori sedi di attività in altri
luoghi del territorio nazionale.
Capo II
Disposizioni concernenti gli avvocati
Articolo 10
Disposizioni speciali sul tirocinio forense per l'accesso
1. Fermo in particolare quanto disposto dall'articolo 6, commi 3 e 4, il tirocinio può essere svolto
presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o di ente privato
autorizzato dal ministro della giustizia o presso un ufficio giudiziario, per non più di dodici mesi.
2. Il tirocinio deve in ogni caso essere svolto per almeno sei mesi presso un avvocato iscritto
all'ordine o presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o di un ente
privato autorizzato dal ministro della giustizia.
3. Fermo quanto previsto dal comma 2, il diploma conseguito presso le scuole di specializzazione
per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e
successive modificazioni, e' valutato ai fini del compimento del tirocinio per l'accesso alla
professione di avvocato per il periodo di un anno.
4. Il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l'ordine del luogo
ove intende proseguire il tirocinio. Il consiglio dell'ordine autorizza il trasferimento, valutati i
motivi che lo giustificano, e rilascia al praticante un certificato attestante il periodo di tirocinio che
risulta regolarmente compiuto.
5. In attuazione del presente decreto, l'attività di praticantato presso gli uffici giudiziari e'
disciplinata con regolamento del ministro della giustizia da adottarsi entro un anno dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, sentiti gli organi di autogoverno delle magistrature e il
consiglio nazionale forense. I praticanti presso gli uffici giudiziari assistono e coadiuvano i
magistrati che ne fanno richiesta nel compimento delle loro ordinarie attività, anche con compiti di
176
studio, e ad essi si applica l'articolo 15 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli
impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
Al termine del periodo di formazione il magistrato designato dal capo dell'ufficio giudiziario redige
una relazione sull'attività e sulla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa al
consiglio dell'ordine competente. Ai soggetti previsti dal presente comma non compete alcuna
forma di compenso, di indennità, di rimborso spese o di trattamento previdenziale da parte della
pubblica amministrazione. Il rapporto non costituisce ad alcun titolo pubblico impiego. Fino
all'emanazione del decreto di cui al primo periodo, continua ad applicarsi, al riguardo, la disciplina
del praticantato vigente al momento di entrata in vigore del presente decreto.
6. Il praticante avvocato e' ammesso a sostenere l'esame di Stato nella sede di corte di appello nel
cui distretto ha svolto il maggior periodo di tirocinio. Quando il tirocinio e' stato svolto per uguali
periodi sotto la vigilanza di piu' consigli dell'ordine aventi sede in distretti diversi, la sede di esame
e' determinata in base al luogo di svolgimento del primo periodo di tirocinio.
Note all'art. 10:
- Si riporta il testo dell'art. 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398 (Modifica alla
disciplina del concorso per uditore giudiziario e norme sulle scuole di specializzazione per le
professioni legali, a norma dell'art. 17, commi 113 e 114, della L. 15 maggio 1997, n. 127 ):
«Art. 16 (Scuola di specializzazione per le professioni legali). - 1. Le scuole di specializzazione per
le professioni legali sono disciplinate, salvo quanto previsto dal presente articolo, ai sensi dell'art.
4, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341.
2. Le scuole di specializzazione per le professioni legali, sulla base di modelli didattici omogenei i
cui criteri sono indicati nel decreto di cui all'art. 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n.
127 , e nel contesto dell'attuazione della autonomia didattica di cui all'art. 17, comma 95, della
predetta legge, provvedono alla formazione comune dei laureati in giurisprudenza attraverso
l'approfondimento teorico, integrato da esperienze pratiche, finalizzato all'assunzione dell'impiego
di magistrato ordinario o all'esercizio delle professioni di avvocato o notaio. L'attività didattica per
la formazione comune dei laureati in giurisprudenza e' svolta anche da magistrati, avvocati e notai.
Le attività pratiche, previo accordo o convenzione, sono anche condotte presso sedi giudiziarie,
studi professionali e scuole del notariato, con lo specifico apporto di magistrati, avvocati e notai.
2-bis. La durata delle scuole di cui al comma 1 e' fissata in due anni per coloro che conseguono la
laurea in giurisprudenza secondo l'ordinamento didattico previgente all'entrata in vigore degli
ordinamenti didattici dei corsi di laurea e di laurea specialistica per la classe delle scienze
giuridiche, adottati in esecuzione del decreto 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e
della ricerca scientifica e tecnologica.
2-ter. Le disposizioni di cui al comma 2-bis si applicano anche a coloro che conseguono la laurea
specialistica o magistrale in giurisprudenza sulla base degli ordinamenti didattici adottati in
esecuzione del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica
e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e successive modificazioni. Per tali soggetti, a decorrere
dall'anno accademico 2007-2008, con regolamento del Ministro dell'università e della ricerca, di
concerto con il Ministro della giustizia, adottato ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400, l'ordinamento didattico delle Scuole di cui al comma 1 può essere articolato
sulla durata di un anno.
3. Le scuole di cui al comma 1 sono istituite, secondo i criteri indicati nel decreto di cui all'art. 17,
comma 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127 , dalle università, sedi di facoltà di giurisprudenza,
177
anche sulla base di accordi e convenzioni interuniversitari, estesi, se del caso, ad altre facoltà con
insegnamenti giuridici.
4. Nel consiglio delle scuole di specializzazione di cui al comma 1 sono presenti almeno un
magistrato ordinario, un avvocato ed un notaio.
5. Il numero dei laureati da ammettere alla scuola, e' determinato con decreto del Ministro
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro di grazia e
giustizia, in misura non inferiore al dieci per cento del numero complessivo di tutti i laureati in
giurisprudenza nel corso dell'anno accademico precedente, tenendo conto, altresì, del numero dei
magistrati cessati dal servizio a qualunque titolo nell'anno precedente aumentato del venti per
cento del numero di posti resisi vacanti nell'organico dei notai nel medesimo periodo, del numero
di abilitati alla professione forense nel corso del medesimo periodo e degli altri sbocchi
professionali da ripartire per ciascuna scuola di cui al comma 1, e delle condizioni di ricettività
delle scuole. L'accesso alla scuola avviene mediante concorso per titoli ed esame. La composizione
della commissione esaminatrice, come pure il contenuto delle prove d'esame ed i criteri oggettivi di
valutazione delle prove, e' definita nel decreto di cui all'art. 17, comma 114, della legge 15 maggio
1997, n. 127. Il predetto decreto assicura la presenza nelle commissioni esaminatrici di magistrati,
avvocati e notai.
6. Le prove di esame di cui al comma 5 hanno contenuto identico sul territorio nazionale e si
svolgono in tutte le sedi delle scuole di cui al comma 3. La votazione finale e' espressa in
sessantesimi. Ai fini della formazione della graduatoria, si tiene conto del punteggio di laurea e del
curriculum degli studi universitari, valutato per un massimo di dieci punti.
7. Il rilascio del diploma di specializzazione e' subordinato alla certificazione della regolare
frequenza dei corsi, al superamento delle verifiche intermedie, al superamento delle prove finali di
esame.
8. Il decreto di cui all'art. 17, comma 114, della L. 15 maggio 1997, n. 127, e' emanato sentito il
Consiglio superiore della magistratura.».
- Si riporta il testo dell'art. 15 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato):
«Art. 15 (Segreto d'ufficio). - 1. L'impiegato deve mantenere il segreto d'ufficio. Non può
trasmettere a chi non ne abbia diritto informazioni riguardanti provvedimenti od operazioni
amministrative, in corso o conclusione, ovvero notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle
sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso.
Nell'ambito delle proprie attribuzioni, l'impiegato preposto ad un ufficio rilascia copie ed estratti di
atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dall'ordinamento.».
Capo III
Disposizioni concernenti i notai
Articolo 11
Accesso alla professione notarile
1. Possono ottenere la nomina a notaio tutti i cittadini italiani e i cittadini dell'Unione Europea che
siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, compreso il
superamento del concorso notarile, fermo il diritto dei cittadini dell'Unione Europea che, in difetto
del possesso dei requisiti di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 5 della legge 16 febbraio 1913, n. 89,
178
abbiano superato il concorso notarile al quale abbiano avuto accesso a seguito di riconoscimento del
titolo professionale di notaio conseguito in altro Stato membro dell'Unione Europea.
2. Il diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni
legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive
modificazioni, e' valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alla professione
di notaio per il periodo di un anno.
Note all'art. 11:
- Si riporta il testo dell'art. 5 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli
archivi notarili.).
«Art. 5. - Per ottenere la nomina a notaro e' necessario:
1° essere cittadino italiano o di un altro Stato membro dell'Unione europea ed aver compiuto l'eta'
di anni 21;
2° essere di moralità e di condotta sotto ogni rapporto incensurate;
3° non aver subito condanna per un reato non colposo punito con pena non inferiore nel minimo a
sei mesi, ancorché sia stata inflitta una pena di durata minore;
4° essere fornito della laurea in giurisprudenza o della laurea specialistica o magistrale in
giurisprudenza date o confermate da una università italiana o di titolo riconosciuto equipollente ai
sensi della legge 11 luglio 2002, n. 148;
5° avere ottenuto l'iscrizione fra i praticanti presso un Consiglio notarile ed aver fatto la pratica
per diciotto mesi, di cui almeno per un anno continuativamente dopo la laurea. La pratica si
effettua, dopo l'iscrizione nel registro dei praticanti, presso un notaro del distretto, designato dal
praticante, col consenso del notaro stesso e con l'approvazione del Consiglio. Su richiesta
dell'interessato spetta al consiglio notarile la designazione del notaio presso cui effettuare la
pratica.
L'iscrizione nel registro dei praticanti può essere ottenuta dopo l'iscrizione all'ultimo anno del
corso di laurea o di laurea specialistica o magistrale in giurisprudenza. Il periodo di pratica si
deve comunque completare entro trenta mesi dall'iscrizione nel suddetto registro. In caso di
scadenza del suddetto termine il periodo effettuato prima del conseguimento della laurea non e'
computato. Il periodo anteriore al conseguimento della laurea può essere computato, ai fini del
raggiungimento dei diciotto mesi di pratica, per un massimo di sei mesi, indipendentemente dalla
sua effettiva durata. Per coloro che sono stati funzionari dell'ordine giudiziario almeno per un
anno, per gli avvocati in esercizio da almeno un anno, e' richiesta la pratica per un periodo
continuativo di otto mesi;
6° avere sostenuto con approvazione un esame di idoneità, dopo compiuta la pratica notarile;
6°-bis aver espletato per almeno centoventi giorni, dopo l'avvenuto superamento della prova orale,
un periodo di tirocinio obbligatorio presso uno o più notai, che devono certificarne la durata. Tale
periodo deve essere registrato presso i consigli notarili dei distretti in cui viene effettuato. Il
candidato notaio può richiedere la designazione del notaio al presidente del consiglio notarile del
distretto nel quale e' stato ultimato il periodo di pratica ovvero può espletarlo presso notai dello
stesso o di altri distretti, i quali lo abbiano designato direttamente. L'eventuale periodo di
coadiutorato è computato quale tirocinio obbligatorio.
I requisiti di cui ai numeri 4° e 5° del primo comma possono essere sostituiti dal possesso del
decreto di riconoscimento professionale emanato in applicazione del decreto legislativo 27 gennaio
1992, n. 115.».
179
- Per il testo dell'art. 16 del citato decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, vedi nelle note
all'art. 10.
Capo IV
Disposizioni transitorie e finali
Articolo 12
Disposizione temporale
1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano dal giorno successivo alla data di entrata in
vigore dello stesso.
2. Sono abrogate tutte le disposizioni regolamentari e legislative incompatibili con le previsioni di
cui al presente decreto, fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 5-bis, del decreto-legge 13
agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e
successive modificazioni, e fatto salvo quanto previsto da disposizioni attuative di direttive di
settore emanate dall'Unione europea.
Note all'art. 12:
- Si riporta il testo dell'art. 3, comma 5-bis, del citato decreto-legge n. 138 del 2011:
«Art. 3 (Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle
attività economiche). - Commi 1. - 5. (Omissis).
5-bis. Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i principi di cui al comma
5, lettere da
a) a g), sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento governativo di cui
al comma 5 e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012In vigore dal 25 marzo 2012.
Commi 5-ter - 12-bis (Omissis).».
Capo IV
Disposizioni transitorie e finali
Articolo 13
Invarianza finanziaria
1. Dall'attuazione del presente provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica. I soggetti pubblici interessati operano nell'ambito delle risorse disponibili agli scopi a
legislazione vigente.
Capo IV
Disposizioni transitorie e finali
Articolo 14
Entrata in vigore
Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
180
Legge 14 settembre 2011, n. 148
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante
ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo
per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari
(G.U. n. 216 del 16 settembre 2011)
Art. 1.
1. Il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla
presente legge.
2. Il Governo, anche ai fini del perseguimento delle finalità di cui all’articolo 9 del decreto-legge 6
luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è delegato ad
adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti
legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare
risparmi di spesa e incremento di efficienza, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) ridurre gli uffici giudiziari di primo grado, ferma la necessità di garantire la permanenza del
tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011;
b) ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l’assetto
territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto
dell’estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell’indice delle
sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla
situazione infrastrutturale, e del tasso d’impatto della criminalità organizzata, nonché della
necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane;
c) ridefinire l’assetto territoriale degli uffici requirenti non distrettuali, tenuto conto, ferma la
permanenza di quelli aventi sedi presso il tribunale ordinario nei circondari di comuni capoluogo
di provincia alla data del 30 giugno 2011, della possibilità di accorpare più uffici di procura
anche indipendentemente dall’eventuale accorpamento dei rispettivi tribunali, prevedendo, in tali
casi, che l’ufficio di procura accorpante possa svolgere le funzioni requirenti in più tribunali e
che l’accorpamento sia finalizzato a esigenze di funzionalità ed efficienza che consentano una
migliore organizzazione dei mezzi e delle risorse umane, anche per raggiungere economia di
specializzazione ed una più agevole trattazione dei procedimenti;
d) procedere alla soppressione ovvero
alla riduzione delle sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento ai tribunali
limitrofi, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera b);
181
e) assumere come prioritaria linea di intervento, nell’attuazione di quanto previsto dalle lettere
a), b), c) e d), il riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra
uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni;
f) garantire che, all’esito degli interventi di riorganizzazione, ciascun distretto di corte d’appello,
incluse le sue sezioni distaccate, comprenda non meno di tre degli attuali tribunali con relative
procure della Repubblica;
g) prevedere che i magistrati e il personale amministrativo entrino di diritto a far parte
dell’organico, rispettivamente, dei tribunali e delle procure della Repubblica presso il tribunale
cui sono trasferite le funzioni di sedi di tribunale, di sezioni distaccate e di procura presso cui
prestavano servizio, anche in sovrannumero riassorbibile con le successive vacanze;
h) prevedere che l’assegnazione dei magistrati e del personale prevista dalla lettera
g) non costituisca assegnazione ad altro ufficio giudiziario o destinazione ad altra sede, né
costituisca trasferimento ad altri effetti;
i) prevedere con successivi decreti del Ministro della giustizia le conseguenti modificazioni delle
piante organiche del personale di magistratura e amministrativo;
l) prevedere la riduzione degli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella
circondariale, da operare tenendo in specifico conto, in coerenza con i criteri di cui alla lettera b),
dell’analisi dei costi rispetto ai carichi di lavoro;
m) prevedere che il personale amministrativo in servizio presso gli uffici soppressi del giudice di
pace venga riassegnato in misura non inferiore al 50 per cento presso la sede di tribunale o di
procura limitrofa e la restante parte presso l’ufficio del giudice di pace presso cui sono trasferite
le funzioni delle sedi soppresse;
n) prevedere la pubblicazione nel bollettino ufficiale e nel sito internet del Ministero della
giustizia degli elenchi degli uffici del giudice di pace da sopprimere o accorpare;
o) prevedere che, entro sessanta giorni dalla pubblicazione di cui alla lettera n), gli enti locali
interessati, anche consorziati tra loro, possano richiedere e ottenere il mantenimento degli uffici
del giudice di pace con competenza sui rispettivi territori, anche tramite eventuale accorpamento,
facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio
giustizia nelle relative sedi, ivi incluso il fabbisogno di personale amministrativo che sarà messo
a disposizione dagli enti medesimi, restando a carico dell’amministrazione giudiziaria
unicamente la determinazione dell’organico del personale di magistratura onoraria di tali sedi
entro i limiti della dotazione nazionale complessiva nonché la formazione del personale
amministrativo;
p) prevedere che, entro dodici mesi dalla scadenza del termine di cui alla lettera o), su istanza
degli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, il Ministro della giustizia abbia facoltà di
mantenere o istituire con decreto ministeriale uffici del giudice di pace, nel rispetto delle
condizioni di cui alla lettera o);
q) dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
3. La riforma realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti.
4. Gli schemi dei decreti legislativi previsti dal comma 2 sono adottati su proposta del Ministro
della giustizia e successivamente trasmessi al Consiglio superiore della magistratura e al
182
Parlamento ai fini dell’espressione dei pareri da parte del Consiglio e delle Commissioni competenti
per materia. I pareri, non vincolanti, sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di
trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri stessi. Qualora
detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal
comma 2, o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata di sessanta giorni.
5. Il Governo, con la procedura indicata nel comma 4, entro due anni dalla data di entrata in vigore
di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 2 e nel rispetto
dei principi e criteri direttivi fissati, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti
legislativi medesimi.
6. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale.
Titolo I - DISPOSIZIONI PER LA STABILIZZAZIONE FINANZIARIA
Art. 01. Revisione integrale della spesa pubblica
1. Dato l’obiettivo di razionalizzazione della spesa e di superamento del criterio della spesa storica,
il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con i Ministri interessati, presenta al Parlamento
entro il 30 novembre 2011 un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica. Il
programma prevede in particolare, in coerenza con la legge 4 marzo 2009, n. 15, le linee-guida per
l’integrazione operativa delle agenzie fiscali, la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche
dell’amministrazione dello Stato e la loro tendenziale concentrazione in un ufficio unitario a livello
provinciale, il coordinamento delle attività delle forze dell’ordine, ai sensi della legge 1º aprile
1981, n. 121, l’accorpamento degli enti della previdenza pubblica, la razionalizzazione
dell’organizzazione giudiziaria civile, penale, amministrativa, militare e tributaria a rete, la
riorganizzazione della rete consolare e diplomatica. Il programma, comunque, individua, anche
attraverso la sistematica comparazione di costi e risultati a livello nazionale ed europeo, eventuali
criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici, anche al fine di evitare possibili
duplicazioni di strutture ed implementare le possibili strategie di miglioramento dei risultati
ottenibili con le risorse stanziate.
2. Nell’ambito della risoluzione parlamentare approvativa del Documento di economia e finanza
2012 o della relativa Nota di aggiornamento, sono indicati i disegni di legge collegati alla manovra
finanziaria per il triennio 2013-2015, mediante i quali il Governo viene delegato ad attuare le
riorganizzazioni di cui al comma 1.
3. Entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il
Ministro dell’economia e delle finanze provvede a definire le modalità della predisposizione del
programma di cui al comma 1 e della relativa attuazione.
4. Ai fini dell’esercizio delle attività di cui al comma 1, nonché per garantire l’uso efficiente delle
risorse, il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello
183
Stato, a partire dall’anno 2012, d’intesa con i Ministeri interessati, dà inizio ad un ciclo di
«spending review» mirata alla definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle
amministrazioni centrali dello Stato. In particolare, per le amministrazioni periferiche dello Stato
sono proposte specifiche metodologie per quantificare i relativi costi, anche ai fini della allocazione
delle risorse nell’ambito della loro complessiva dotazione.
Art. 1. Disposizioni per la riduzione della spesa pubblica
1. Al fine di consentire alle amministrazioni centrali di pervenire ad una progressiva riduzione della
spesa corrente primaria in rapporto al PIL, nel corso degli anni 2012 e 2013, nella misura delle
risorse finanziarie che si rendono disponibili in base all’articolo 01 del presente decreto, le spese di
funzionamento relative alle missioni di spesa di ciascun Ministero sono ridotte, rispettivamente,
fino all’1 per cento per ciascun anno rispetto alle spese risultanti dal bilancio consuntivo relativo
all’anno 2010 e le dotazioni finanziarie delle missioni di spesa di ciascun Ministero, previste dalla
legge di bilancio, relative agli interventi, sono ridotte fino all’1,5 per cento. Nella medesima misura
prevista dal periodo precedente, per gli stessi anni le dotazioni finanziarie per le missioni di spesa
per ciascun Ministero previste dalla legge di bilancio, relative agli oneri comuni di parte corrente e
di conto capitale, sono ridotte fino allo 0,5 per cento per ciascuno dei due anni e per gli anni 2014,
2015 e 2016 la spesa primaria del bilancio dello Stato può aumentare in termini nominali, in ciascun
anno, rispetto alla spesa corrispondente registrata nel rendiconto dell’anno precedente, di una
percentuale non superiore al 50 per cento dell’incremento del PIL previsto dal Documento di
economia e finanza di cui all’articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, come approvato
nella apposita risoluzione parlamentare.
2. Al solo scopo di consentire alle amministrazioni centrali di pervenire al conseguimento degli
obiettivi fissati al comma 01, in deroga alle norme in materia di flessibilità di cui all’articolo 23
della legge 31 dicembre 2009, n. 196, limitatamente al quinquennio 2012-2016, nel rispetto
dell’invarianza dei saldi di finanza pubblica, possono essere rimodulate le dotazioni finanziarie di
ciascuno stato di previsione, con riferimento alle spese di cui all’articolo 21, commi 6 e 7, della
medesima legge n. 196 del 2009. La misura della variazione deve essere tale da non pregiudicare il
conseguimento delle finalità definite dalle relative norme sostanziali e, comunque, non può essere
superiore al 20 per cento delle risorse finanziarie complessivamente stanziate qualora siano
interessate autorizzazioni di spesa di fattore legislativo, e non superiore al 5 per cento qualora siano
interessate le spese di cui all’articolo 21, comma 6, della citata legge n. 196 del 2009. La variazione
è disposta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze su proposta del Ministro
competente. Resta precluso l’utilizzo degli stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare
spese correnti. Gli schemi dei decreti di cui al precedente periodo sono trasmessi al Parlamento per
l’espressione del parere delle Commissioni competenti per materia e per i profili di carattere
finanziario. I pareri devono essere espressi entro quindici giorni dalla data di trasmissione. Decorso
inutilmente il termine senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza,
i decreti possono essere adottati. E' abrogato il comma 14 dell’articolo 10 del decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
184
3. Il Governo adotta misure intese a consentire che i provvedimenti attuativi di cui alla legge 4
marzo 2009, n. 15, per ogni anno del triennio producano effettivi risparmi di spesa.
1. In anticipazione della riforma volta ad introdurre nella Costituzione la regola del pareggio di
bilancio, si applicano le disposizioni di cui al presente titolo. Gli importi indicati nella tabella di cui
all'allegato C al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15
luglio 2011, n. 111, alla voce "indebitamento netto", riga "totale", per gli anni 2012 e 2013, sono
incrementati, rispettivamente, di 6.000 milioni di euro e 2.500 milioni di euro. Con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell'economia e delle
finanze entro il 25 settembre 2011, i predetti importi sono ripartiti tra i Ministeri e sono stabiliti i
corrispondenti importi nella voce "saldo netto da finanziare".
2. All'articolo 10, comma 1, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del
2011, sono soppresse le parole: "e, limitatamente all'anno 2012, il fondo per le aree sottoutilizzate".
Al comma 4 del predetto articolo 10, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: "Le proposte di
riduzione non possono comunque riguardare le risorse destinate alla programmazione regionale
nell’ambito del Fondo per le aree sottoutilizzate; resta in ogni caso fermo l’obbligo di cui
all’articolo 21, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196".
3. Le amministrazioni indicate nell'articolo 74, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni,
all'esito della riduzione degli assetti organizzativi prevista dal predetto articolo 74 e dall'articolo 2,
comma 8-bis, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge
26 febbraio 2010, n. 25, provvedono, anche con le modalità indicate nell'articolo 41, comma 10, del
decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio
2009, n. 14:
a) ad apportare, entro il 31 marzo 2012, un'ulteriore riduzione degli uffici dirigenziali di livello non
generale, e delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 10 per cento di quelli
risultanti a seguito dell'applicazione del predetto articolo 2, comma 8-bis, del decreto-legge n. 194
del 2009;
b) alla rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale, ad esclusione di
quelle degli enti di ricerca, apportando una ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento della
spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale risultante a seguito
dell'applicazione del predetto articolo 2, comma 8-bis, del decreto-legge n. 194 del 2009.
4. Alle amministrazioni che non abbiano adempiuto a quanto previsto dal comma 3 entro il 31
marzo 2012 è fatto comunque divieto, a decorrere dalla predetta data, di procedere ad assunzioni di
personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto; continuano ad essere esclusi dal predetto
divieto gli incarichi conferiti ai sensi dell'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Fino all'emanazione dei provvedimenti di cui al
comma 3 le dotazioni organiche sono provvisoriamente individuate in misura pari ai posti coperti
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto; sono fatte salve le
185
procedure concorsuali e di mobilità nonché di conferimento di incarichi ai sensi dell'articolo 19,
commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 avviate alla predetta data.
5. Restano esclusi dall'applicazione dei commi 3 e 4 il personale amministrativo operante presso gli
uffici giudiziari, la Presidenza del Consiglio, le Autorità di bacino di rilievo nazionale, il Corpo
della polizia penitenziaria, i magistrati, l'Agenzia italiana del farmaco, nei limiti consentiti dalla
normativa vigente, nonché le strutture del comparto sicurezza, delle Forze armate, del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, e quelle del personale indicato nell'articolo 3, comma 1, del citato
decreto legislativo n. 165 del 2001. Continua a trovare applicazione l'art. 6, comma 21-sexies,
primo periodo del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n.
122. Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di limitazione delle assunzioni.
6. All'articolo 40 del citato decreto-legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del 2011, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1-ter, le parole: "del 5 per cento per l'anno 2013 e del 20 per cento a decorrere
dall'anno 2014", sono sostituite dalle seguenti: "del 5 per cento per l'anno 2012 e del 20 per cento a
decorrere dall'anno 2013"; nel medesimo comma , in fine, è aggiunto il seguente periodo: "Al fine
di garantire gli effetti finanziari di cui al comma 1-quater, in alternativa, anche parziale, alla
riduzione di cui al primo periodo, può essere disposta, con decreto del Presidente del consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, la rimodulazione delle aliquote
delle imposte indirette, inclusa l'accisa.";
b) al comma 1-quater, primo periodo, le parole: "30 settembre 2013", sono sostituite dalle seguenti:
"30 settembre 2012"; nel medesimo periodo, le parole: "per l'anno 2013", sono sostituite dalle
seguenti: "per l'anno 2012, nonché a 16.000 milioni di euro per l'anno 2013".
7. All’articolo 10, comma 12, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del
2011, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: "Nella ipotesi prevista dal primo periodo del
presente comma ovvero nel caso in cui non siano assicurati gli obiettivi di risparmio stabiliti ai
sensi del comma 2, con le modalità previste dal citato primo periodo l’amministrazione competente
dispone, nel rispetto degli equilibri di bilancio pluriennale, su comunicazione del Ministero
dell’economia e delle finanze, la riduzione della retribuzione di risultato dei dirigenti responsabili
nella misura del 30 per cento".
8. All'articolo 20, comma 5, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del
2011, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nell'alinea, le parole: "per gli anni 2013 e successivi", sono sostituite dalle seguenti: "per gli anni
2012 e successivi";
b) alla lettera a), le parole: "per 800 milioni di euro per l'anno 2013 e" sono soppresse; nella
medesima lettera, le parole: "a decorrere dall'anno 2014", sono sostituite dalle seguenti: "a
decorrere dall'anno 2012";
186
c) alla lettera b), le parole: "per 1.000 milioni di euro per l'anno 2013 e" sono soppresse; nella
medesima lettera, le parole: "a decorrere dall'anno 2014", sono sostituite dalle seguenti: "a
decorrere dall'anno 2012";
d) alla lettera c), le parole: "per 400 milioni di euro per l'anno 2013", sono sostituite dalle seguenti:
"per 700 milioni di euro per l'anno 2012"; nella medesima lettera, le parole: "a decorrere dall'anno
2014", sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dall'anno 2013";
e) alla lettera d), le parole: "per 1.000 milioni di euro per l'anno 2013" sono sostituite dalle
seguenti: "per 1.700 milioni di euro per l'anno 2012"; nella medesima lettera, le parole: "a
decorrere dall'anno 2014", sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere dall'anno 2013".
9. All'articolo 20, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del 2011, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, le parole: "a decorrere dall'anno 2013", sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere
dall'anno 2012";
b) al comma 3, le parole: "a decorrere dall'anno 2013", sono sostituite dalle seguenti: "a decorrere
dall'anno 2012"; nel medesimo comma, il secondo periodo è soppresso; nel medesimo comma, al
terzo periodo sostituire le parole "di cui ai primi due periodi" con le seguenti: "di cui al primo
periodo".
10. All'articolo 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 1, primo periodo, le parole: "A decorrere dall'anno 2013", sono sostituite dalle
seguenti: "A decorrere dall'anno 2012";
b) al comma 1, lettera a), le parole: "per l'anno 2013", sono sostituite dalle seguenti: "per gli anni
2012 e 2013";
c) al comma 2, le parole: "Fino al 31 dicembre 2012", sono sostituite dalle seguenti: "Fino al 31
dicembre 2011".
11. La sospensione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, confermata dall'articolo 1, comma
123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, non si applica, a decorrere dall'anno 2012, con
riferimento all'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui al decreto
legislativo 28 settembre 1998, n. 360. E' abrogato l'articolo 5 del decreto legislativo 14 marzo 2011,
n. 23; sono fatte salve le deliberazioni dei comuni adottate nella vigenza del predetto articolo 5. Per
assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di
progressività cui il sistema medesimo è informato, i comuni possono stabilire aliquote
dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche utilizzando esclusivamente
gli stessi scaglioni di reddito stabiliti, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dalla
legge statale, nel rispetto del principio di progressività. Resta fermo che la soglia di esenzione di cui
187
al comma 3-bis dell’articolo 1 del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, è stabilita
unicamente in ragione del possesso di specifici requisiti reddituali e deve essere intesa come limite
di reddito al di sotto del quale l’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche
non è dovuta e, nel caso di superamento del suddetto limite, la stessa si applica al reddito
complessivo.(comma così modificato dall'articolo 13, comma 16, legge n. 214 del 2011)
12. L'importo della manovra prevista dal comma 8 per l'anno 2012 è complessivamente ridotto di
un importo fino alla totalità delle maggiori entrate previste dall'articolo 7, comma 6, in
considerazione dell'effettiva applicazione dell'articolo 7, commi da 1 a 6, del presente decreto. La
riduzione è distribuita tra i comparti interessati nella seguente misura: 760 milioni di euro alle
regioni a statuto ordinario, 370 milioni di euro alle regioni a statuto speciale e alle province
autonome di Trento e di Bolzano, 150 milioni di euro alle province e 520 milioni di euro ai comuni
con popolazione superiore a 5.000 abitanti. La soppressione della misura della tariffa per gli atti
soggetti ad IVA di cui all'articolo 17, comma 6, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, nella
tabella allegata al decreto ministeriale 27 novembre 1998, n. 435, recante "Regolamento recante
norme di attuazione dell'articolo 56, comma 11, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446,
per la determinazione delle misure dell'imposta provinciale di trascrizione", ha efficacia a decorrere
dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, anche in assenza del
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di cui al citato articolo 17, comma 6, del decreto
legislativo n. 68 del 2011. Per tali atti soggetti ad IVA, le misure dell'imposta provinciale di
trascrizione sono pertanto determinate secondo quanto previsto per gli atti non soggetti ad IVA. Le
province, a decorrere dalla medesima data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, percepiscono le somme dell'imposta provinciale di trascrizione conseguentemente
loro spettanti. (comma così modificato dall'articolo 30, comma 1, legge n. 183 del 2011)
12-bis. Al fine di incentivare la partecipazione dei comuni all’attività di accertamento tributario, per
gli anni 2012, 2013 e 2014, la quota di cui all’articolo 2, comma 10, lettera b), del decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23, è elevata al 100 per cento.
12-ter. Al fine di rafforzare gli strumenti a disposizione dei comuni per la partecipazione all’attività
di accertamento tributario, all’articolo 44 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al comma secondo, dopo le parole: "dei comuni" sono inserite le seguenti: "e dei consigli
tributari" e dopo le parole: "soggetti passivi" sono inserite le seguenti: "nonché ai relativi consigli
tributari";
b) al comma terzo, la parola: "segnala" è sostituita dalle seguenti: "ed il consiglio tributario
segnalano";
c) al comma quarto, la parola: "comunica" è sostituita dalle seguenti: "ed il consiglio tributario
comunicano";
d) al comma quinto, la parola: "può" è sostituita dalle seguenti: "ed il consiglio tributario possono";
188
e) è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Città ed
autonomie locali, sono stabiliti criteri e modalità per la pubblicazione, sul sito del comune, dei dati
aggregati relativi alle dichiarazioni di cui al comma secondo, con riferimento a determinate
categorie di contribuenti ovvero di reddito. Con il medesimo decreto sono altresì individuati gli
ulteriori dati che l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei comuni e dei consigli tributari per
favorire la partecipazione all’attività di accertamento, nonché le modalità di trasmissione idonee a
garantire la necessaria riservatezza".
12-quater. (comma abrogato dall'articolo 11, comma 10, legge n. 214 del 2011)
13. All'articolo 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: "Dall'anno 2012 il
fondo di cui al presente comma è ripartito, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sulla base di
criteri premiali individuati da un'apposita struttura paritetica da istituire senza nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica. La predetta struttura svolge compiti di monitoraggio sulle
spese e sull'organizzazione del trasporto pubblico locale. Il 50 per cento delle risorse può essere
attribuito, in particolare, a favore degli enti collocati nella classe degli enti più virtuosi; tra i
criteri di virtuosità è comunque inclusa l'attribuzione della gestione dei servizi di trasporto con
procedura ad evidenza pubblica.".
14. All'articolo 15 del citato decreto-legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del 2011,
dopo il comma 1, è inserito il seguente: "1-bis. Fermo quanto previsto dal comma 1, nei casi in cui
il bilancio di un ente sottoposto alla vigilanza dello Stato non sia deliberato nel termine stabilito
dalla normativa vigente, ovvero presenti una situazione di disavanzo di competenza per due
esercizi consecutivi, i relativi organi, ad eccezione del collegio dei revisori o sindacale, decadono
ed è nominato un commissario con le modalità previste dal citato comma 1; se l'ente è già
commissariato, si procede alla nomina di un nuovo commissario. Il commissario approva il
bilancio, ove necessario, e adotta le misure necessarie per ristabilire l'equilibrio finanziario
dell'ente; quando ciò non sia possibile, il commissario chiede che l'ente sia posto in liquidazione
coatta amministrativa ai sensi del comma 1. Nell'ambito delle misure di cui al precedente periodo il
commissario può esercitare la facoltà di cui all'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133, anche nei confronti del personale che non
abbia raggiunto l'anzianità massima contributiva di quaranta anni.".
15. Al comma 2 dell'articolo 17 del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 122 del 2010, dopo la parola "emesse" sono inserite le seguenti: "o contratte", dopo le
parole: "concedere prestiti" sono inserite le seguenti: "o altre forme di assistenza finanziaria" e
dopo le parole: "9-10 maggio 2010" sono inserite le seguenti: ", con l’Accordo quadro tra i Paesi
membri dell’area euro del 7 giugno 2010,".
16. Le disposizioni di cui all'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133, si applicano anche negli anni 2012, 2013 e 2014.
189
17. All'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al secondo periodo, le parole: "accogliere la richiesta", sono sostituite dalle seguenti: "trattenere
in servizio il dipendente"; nel medesimo periodo, la parola: "richiedente", è sostituita dalla
seguente: "dipendente";
b) al terzo periodo, le parole: "La domanda di", sono sostituite dalle seguenti: "La disponibilità al";
c) al quarto periodo, le parole: "presentano la domanda", sono sostituite dalle seguenti: "esprimono
la disponibilità".
18. Al fine di assicurare la massima funzionalità e flessibilità, in relazione a motivate esigenze
organizzative, le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, possono disporre, nei confronti del personale appartenente alla carriera
prefettizia ovvero avente qualifica dirigenziale, il passaggio ad altro incarico prima della data di
scadenza dell'incarico ricoperto prevista dalla normativa o dal contratto. In tal caso il dipendente
conserva, sino alla predetta data, il trattamento economico in godimento a condizione che, ove
necessario, sia prevista la compensazione finanziaria, anche a carico del fondo per la retribuzione di
posizione e di risultato o di altri fondi analoghi.
19. All'articolo 30, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in fine sono
aggiunte le seguenti parole: "; il trasferimento può essere disposto anche se la vacanza sia presente
in area diversa da quella di inquadramento assicurando la necessaria neutralità finanziaria.".
20. All'articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 luglio 2011, n. 111, al comma 1, le parole " 2020", "2021", "2022", "2023", "2024", "2025",
"2031" e "2032" sono sostituite rispettivamente dalle seguenti: "2014", "2015", "2016", "2017",
"2018", "2019", "2025" e "2026".
21. Con effetto dal 1° gennaio 2012 e con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti per il
pensionamento a decorrere dalla predetta data all'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre
1997, n. 449, dopo le parole "anno scolastico e accademico" sono inserite le seguenti: "dell'anno
successivo". Resta ferma l'applicazione della disciplina vigente prima dell'entrata in vigore del
presente comma per i soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre
2011.
22. Con effetto dalla data di entrata in vigore del presente decreto e con riferimento ai soggetti che
maturano i requisiti per il pensionamento a decorrere dalla predetta data all'articolo 3 del decretolegge 28 marzo 1997, n. 79, convertito con modificazioni con legge 28 maggio 1997, n. 140, sono
apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 2 le parole "decorsi sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro." sono sostituite
dalle seguenti: "decorsi ventiquattro mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e, nei casi di
190
cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti
di appartenenza, per collocamento a riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianità
massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili
nell'amministrazione, decorsi sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro.";
b) al comma 5 sono soppresse le seguenti parole: "per raggiungimento dei limiti di età o di servizio
previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d'ufficio a causa del
raggiungimento dell'anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento
applicabili nell'amministrazione,".
23. Resta ferma l'applicazione della disciplina vigente prima dell'entrata in vigore del comma 22 per
i soggetti che hanno maturato i requisiti per il pensionamento prima della data di entrata in vigore
del presente decreto e, limitatamente al personale per il quale la decorrenza del trattamento
pensionistico è disciplinata in base al comma 9 dell'articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n.
449, e successive modificazioni ed integrazioni, per i soggetti che hanno maturato i requisiti per il
pensionamento entro il 31 dicembre 2011.
23-bis. Per le regioni sottoposte ai piani di rientro per le quali in attuazione dell’articolo 1, comma
174, quinto periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è stato applicato il blocco automatico del
turn over del personale del servizio sanitario regionale, con decreto del Ministro della salute, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per i rapporti con le
regioni e per la coesione territoriale, su richiesta della regione interessata, può essere disposta la
deroga al predetto blocco del turn over, previo accertamento, in sede congiunta, da parte del
Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo
tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, di cui rispettivamente agli articoli 9 e 12
dell’intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, sentita l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari
regionali (AGENAS), della necessità di procedere alla suddetta deroga al fine di assicurare il
mantenimento dei livelli essenziali di assistenza, il conseguimento di risparmi derivanti dalla
corrispondente riduzione di prestazioni di lavoro straordinario o in regime di
autoconvenzionamento, nonché la compatibilità con la ristrutturazione della rete ospedaliera e con
gli equilibri di bilancio sanitario, come programmati nel piano di rientro, ovvero nel programma
operativo e ferma restando la previsione del raggiungimento dell’equilibrio di bilancio.
24. A decorrere dall'anno 2012 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 30 novembre dell'anno precedente,
sono stabilite annualmente le date in cui ricorrono le festività introdotte con legge dello Stato non
conseguente ad accordi con la Santa Sede, nonché le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi
Patroni, ad esclusione del 25 aprile, festa della liberazione, del 1º maggio, festa del lavoro, e del 2
giugno, festa nazionale della Repubblica, in modo tale che, sulla base della più diffusa prassi
europea, le stesse cadano il venerdì precedente ovvero il lunedì seguente la prima domenica
immediatamente successiva ovvero coincidano con tale domenica.
191
25. La dotazione del fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10,
comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge
27 dicembre 2004, n. 307, è incrementata , per l'anno 2012, di 2.000 milioni di euro.
26. All'articolo 78, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il terzo periodo è inserito il seguente:
"Fermo restando quanto previsto dagli articoli 194 e 254 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267, per procedere alla liquidazione degli importi inseriti nel piano di rientro e riferiti ad
obbligazioni assunte alla data del 28 aprile 2008, è sufficiente una determinazione dirigenziale,
assunta con l’attestazione dell’avvenuta assistenza giuridico-amministrativa del segretario
comunale ai sensi dell’articolo 97, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267".
26-bis. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, specie
in ordine alla titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi nonché alla separatezza dei rispettivi
bilanci delle gestioni commissariale e ordinaria, le attività finalizzate all’attuazione del piano di
rientro di cui al comma 4 del medesimo articolo 78 possono essere direttamente affidate a società
totalmente controllate, direttamente o indirettamente, dallo Stato. Con apposita convenzione tra il
Commissario straordinario, titolare della gestione commissariale, e la società sono individuate, in
particolare, le attività affidate a quest’ultima, il relativo compenso, nei limiti di spesa previsti
dall’articolo 14, comma 13-ter, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 122 del 2010, nonché le modalità di rendicontazione e controllo.
26-ter. La dotazione del fondo di cui all’articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10
febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, è incrementata
di 24 milioni di euro per l’anno 2012 e di 30 milioni di euro per l’anno 2013. Al relativo onere si
provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 14, comma 14-bis, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.
122. Si applica la procedura prevista dall’articolo 1, comma 40, quinto periodo, della legge 13
dicembre 2010, n. 220.
26-quater. Il Commissario di cui ai commi precedenti non puo` essere il sindaco pro tempore di
Roma Capitale.
27. Il comma 17 dell'articolo 14 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con
modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è sostituito dal seguente: "17. Il Commissario
straordinario del Governo può estinguere, nei limiti dell'articolo 2 del decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze 18 marzo 2011, i debiti della gestione commissariale verso Roma
Capitale, diversi dalle anticipazioni di cassa ricevute, ad avvenuta deliberazione del bilancio di
previsione per gli anni 2011 - 2013, con la quale viene dato espressamente atto dell'adeguatezza e
dell'effettiva attuazione delle misure occorrenti per il reperimento delle risorse finalizzate a
garantire l'equilibrio economico-finanziario della gestione ordinaria, nonché subordinatamente a
specifico motivato giudizio sull'adeguatezza ed effettiva attuazione delle predette misure da parte
192
dell'organo di revisione, nell'ambito del parere sulla proposta di bilancio di previsione di cui alla
lettera b) del comma 1 dell'articolo 239 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267."
28. La commissione di cui all'articolo 1, comma 3, del citato decreto-legge n. 98 del 2011
convertito con legge n. 111 del 2011 è integrata con un esperto designato dal Ministro
dell'economia e delle finanze.
28-bis. All’articolo 14, comma 19, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo le parole: "della Confederazione generale
dell’industria italiana" sono inserite le seguenti parole: ", di R.ETE. Imprese Italia".
29. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche dì cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, esclusi i magistrati, su richiesta del datore di lavoro, sono tenuti
ad effettuare la prestazione in luogo di lavoro e sede diversi sulla base di motivate esigenze,
tecniche, organizzative e produttive con riferimento ai piani della performance o ai piani di
razionalizzazione, secondo criteri ed ambiti regolati dalla contrattazione collettiva di comparto.
Nelle more della disciplina contrattuale si fa riferimento ai criteri datoriali, oggetto di informativa
preventiva, e il trasferimento è consentito in ambito del territorio regionale di riferimento; per il
personale del Ministero dell'interno il trasferimento può essere disposto anche al di fuori del
territorio regionale di riferimento. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
30. All'aspettativa di cui all'articolo 1, comma 5, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito
in legge 15 luglio 2011, n. 111, si applica la disciplina prevista dall'articolo 8 comma 2 della legge
15 luglio 2002 n. 145; resta ferma comunque l'applicazione, anche nel caso di collocamento in
aspettativa, della disciplina di cui all'articolo 7-vicies quinquies del decreto legge 31 gennaio 2005,
n. 7, convertito con legge 31 marzo 2005, n. 43, alle fattispecie ivi indicate.
31. (soppresso dalla legge di conversione)
32. All'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in fine, è aggiunto il
seguente periodo: "Nell'ipotesi prevista dal terzo periodo del presente comma, ai fini della
liquidazione del trattamento di fine servizio, comunque denominato, nonché dell'applicazione
dell'articolo 43, comma 1, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive modificazioni,
l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento
dell'incarico avente durata inferiore a tre anni.". La disposizione del presente comma si applica
agli incarichi conferiti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto nonché
agli incarichi aventi comunque decorrenza successiva al 1° ottobre 2011.
33. All'articolo 1, comma 2, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del
2011, il primo periodo è sostituito dal seguente: "La disposizione di cui al comma 1 si applica, oltre
che alle cariche e agli incarichi negli organismi, enti e istituzioni, anche collegiali, di cui
all'allegato A del medesimo comma, anche ai segretari generali, ai capi dei dipartimenti, ai
193
dirigenti di prima fascia, ai direttori generali degli enti e ai titolari degli uffici a questi equiparati
delle amministrazioni centrali dello Stato.".
33-bis. All’articolo 36 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, il terzo comma è abrogato e il
secondo comma è sostituito dal seguente: "Le somme stanziate per spese in conto capitale non
impegnate alla chiusura dell’esercizio possono essere mantenute in bilancio, quali residui, non
oltre l’esercizio successivo a quello cui si riferiscono, salvo che si tratti di stanziamenti iscritti in
forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell’ultimo quadrimestre dell’esercizio precedente.
In tale caso il periodo di conservazione è protratto di un anno".
Art. 1-bis. Indennità di amministrazione
1. L’articolo 170 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, si interpreta nel senso che:
a) il trattamento economico complessivamente spettante al personale dell’Amministrazione degli
affari esteri nel periodo di servizio all’estero, anche con riferimento a "stipendio" e "assegni di
carattere fisso e continuativo previsti per l’interno", non include né l’indennità di amministrazione
né l’indennità integrativa speciale;
b) durante il periodo di servizio all’estero al suddetto personale possono essere attribuite soltanto le
indennità previste dal d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18.
Art. 1-ter. Calendario del processo civile
1. Ai fini della riduzione della spesa pubblica e per ragioni di migliore organizzazione del servizio
di giustizia, all’articolo 81-bis delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e
disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, sono apportate le
seguenti modifiche:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: "Il giudice, quando provvede sulle richieste istruttorie,
sentite le parti e tenuto conto della natura, dell’urgenza e della complessità della causa, fissa, nel
rispetto del principio di ragionevole durata del processo, il calendario delle udienze successive,
indicando gli incombenti che verranno in ciascuna di esse espletati, compresi quelli di cui
all’articolo 189, primo comma. I termini fissati nel calendario possono essere prorogati, anche
d’ufficio, quando sussistono gravi motivi sopravvenuti. La proroga deve essere richiesta dalle parti
prima della scadenza dei termini";
b) dopo il primo comma è inserito il seguente: "Il mancato rispetto dei termini fissati nel calendario
di cui al comma precedente da parte del giudice, del difensore o del consulente tecnico d’ufficio
può costituire violazione disciplinare, e può essere considerato ai fini della valutazione di
professionalità e della nomina o conferma agli uffici direttivi e semidirettivi".
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle controversie instaurate successivamente alla
data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
194
Art. 2. Disposizioni in materia di entrate
1. Le disposizioni di cui agli articoli 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e 18, comma 22-bis,del decretolegge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,
continuano ad applicarsi nei termini ivi previsti rispettivamente dal 1º gennaio 2011 al 31 dicembre
2013 e dal 1º agosto 2011 al 31 dicembre 2014.
2. In considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto
delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede
europea, a decorrere dal 1º gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013 sul reddito complessivo di cui
all’articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di importo superiore a 300.000
euro lordi annui, è dovuto un contributo di solidarietà del 3 per cento sulla parte eccedente il
predetto importo. Ai fini della verifica del superamento del limite di 300.000 euro rilevano anche il
reddito di lavoro dipendente di cui all’articolo 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al lordo della riduzione ivi
prevista, e i trattamenti pensionistici di cui all’articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, al lordo del
contributo di perequazione ivi previsto. Il contributo di solidarietà non si applica sui redditi di cui
all’articolo 9, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e di cui all’articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Il contributo di
solidarietà è deducibile dal reddito complessivo. Per l’accertamento, la riscossione e il contenzioso
riguardante il contributo di solidarietà, si applicano le disposizioni vigenti per le imposte sui redditi.
Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare
entro il 30 ottobre 2011, sono determinate le modalità tecniche di attuazione delle disposizioni di
cui al presente comma, garantendo l’assenza di oneri per il bilancio dello Stato e assicurando il
coordinamento tra le disposizioni contenute nel presente comma e quelle contenute nei citati articoli
9, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del
2010, e 18, comma 22-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 111 del 2011. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro
dell’economia e delle finanze, l’efficacia delle disposizioni di cui al presente comma può essere
prorogata anche per gli anni successivi al 2013, fino al raggiungimento del pareggio di bilancio.
2-bis. Al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il primo comma dell’articolo 16 è sostituito dal seguente: "L’aliquota dell’imposta è stabilita
nella misura del ventuno per cento della base imponibile dell’operazione.";
b) il secondo comma dell’articolo 27 è sostituito dal seguente: "Per i commercianti al minuto e per
gli altri contribuenti di cui all’articolo 22 l’importo da versare o da riportare al mese successivo è
determinato sulla base dell’ammontare complessivo dell’imposta relativa ai corrispettivi delle
operazioni imponibili registrate per il mese precedente ai sensi dell’articolo 24, calcolata su una
195
quota imponibile ottenuta dividendo i corrispettivi stessi per 104 quando l’imposta è del quattro
per cento, per 110 quando l’imposta è del dieci per cento, per 121 quando l’imposta è del ventuno
per cento, moltiplicando il quoziente per cento ed arrotondando il prodotto, per difetto o per
eccesso, al centesimo di euro";
c) la rubrica della tabella B è sostituita dalla seguente: "Prodotti soggetti a specifiche discipline".
2-ter. Le disposizioni del comma 2-bis si applicano alle operazioni effettuate a partire dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
2-quater. La variazione dell’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto di cui al comma 2-bis non si
applica alle operazioni effettuate nei confronti dello Stato e degli enti e istituti indicati nel quinto
comma dell’articolo 6 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per le quali al giorno precedente la data di
cui al comma 2-ter sia stata emessa e registrata la fattura ai sensi degli articoli 21, 23 e 24 del
predetto decreto, ancorché al medesimo giorno il corrispettivo non sia stato ancora pagato.
3. Il Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con
propri decreti dirigenziali adottati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, emana tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori
entrate, potendo tra l'altro introdurre nuovi giochi, indire nuove lotterie, anche ad estrazione
istantanea, adottare nuove modalità di gioco del Lotto, nonché dei giochi numerici a totalizzazione
nazionale, variare l'assegnazione della percentuale della posta di gioco a montepremi ovvero a
vincite in denaro, la misura del prelievo erariale unico, nonché la percentuale del compenso per le
attività di gestione ovvero per quella dei punti vendita. Il Direttore generale dell'Amministrazione
autonoma dei monopoli di Stato può proporre al Ministro dell'economia e delle finanze di disporre
con propri decreti, entro il 30 giugno 2012, tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione
delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati eventualmente intervenuti,
l'aumento dell'aliquota di base dell’accisa sui tabacchi lavorati prevista dall'allegato I al decreto
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e successive modificazioni. L'attuazione delle disposizioni del
presente comma assicura maggiori entrate in misura non inferiore a 1.500 milioni di euro annui a
decorrere dall'anno 2012. Le maggiori entrate derivanti dal presente comma sono integralmente
attribuite allo Stato.
4. A fini di adeguamento alle disposizioni adottate in ambito comunitario in tema di prevenzione
dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di
finanziamento del terrorismo, le limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore, di cui
all'articolo 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono
adeguate all'importo di euro duemilacinquecento; conseguentemente, nel comma 13 del predetto
articolo 49, le parole: «30 giugno 2011» sono sostituite dalle seguenti: «30 settembre 2011».
4-bis. E' esclusa l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 58 del decreto legislativo 21
novembre 2007, n. 231, per le violazioni delle disposizioni previste dall’articolo 49, commi 1, 5, 8,
12 e 13 del medesimo decreto, commesse nel periodo dal 13 agosto al 31 agosto 2011 e riferite alle
limitazioni di importo introdotte dal comma 4. A decorrere dal 1º settembre 2011 le sanzioni di cui
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al citato articolo 58 sono applicate attraverso gli uffici territoriali del Ministero dell’economia e
delle finanze. All’articolo 49 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, i commi 18 e 19
sono abrogati.
4-ter. Al fine di favorire la modernizzazione e l’efficienza degli strumenti di pagamento, riducendo
i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante:
(comma introdotto dall'articolo 12, comma 2, legge n. 214 del 2011)
a) le operazioni di pagamento delle spese delle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dei loro
enti sono disposte mediante l’utilizzo di strumenti telematici. E’ fatto obbligo alle Pubbliche
Amministrazioni di avviare il processo di superamento di sistemi basati sull’uso di supporti
cartacei;
b) i pagamenti di cui alla lettera precedente si effettuano in via ordinaria mediante accreditamento
sui conti correnti bancari o postali dei creditori ovvero con le modalità offerte dai servizi elettronici
di pagamento interbancari prescelti dal beneficiario. Gli eventuali pagamenti per cassa non possono,
comunque, superare l’importo di 500 euro;
c) lo stipendio, la pensione, i compensi comunque corrisposti dalla pubblica amministrazione
centrale e locale e dai loro enti, in via continuativa a prestatori d’opera e ogni altro tipo di
emolumento a chiunque destinato, di importo superiore a cinquecento euro, debbono essere erogati
con strumenti diversi dal denaro contante ovvero mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento
elettronici bancari o postali, ivi comprese le carte di pagamento prepagate. Il limite di importo di
cui al periodo precedente può essere modificato con decreto del Ministero dell’economia e delle
finanze. Dal limite di importo di cui al primo periodo sono comunque escluse le somme corrisposte
a titolo di tredicesima mensilità;
(lettera così modificata dall'articolo 3, comma 4-ter, legge n. 44 del 2012)
d) per incrementare i livelli di sicurezza fisica e tutelare i soggetti che percepiscono trattamenti
pensionistici minimi, assegni e pensioni sociali, i rapporti recanti gli accrediti di tali somme sono
esenti in modo assoluto dall’imposta di bollo. Per tali rapporti, alle banche e agli altri intermediari
finanziari è fatto divieto di addebitare alcun costo;
e) per consentire ai soggetti di cui alla lettera a) di riscuotere le entrate di propria competenza con
strumenti diversi dal contante, fatte salve le attività di riscossione dei tributi regolate da specifiche
normative, il Ministero dell’economia e delle finanze promuove la stipula di una o più convenzioni
con gli intermediari finanziari, per il tramite delle associazioni di categoria, affinché i soggetti in
questione possano dotarsi di POS (Point of Sale) a condizioni agevolate, che tengano conto delle
economie realizzate dagli intermediari per effetto delle norme introdotte dal presente articolo.
Relativamente ai Comuni, alla stipula della Convenzione provvede l’ANCI. Analoghe Convenzioni
possono essere stipulate con le Regioni. Resta in ogni caso ferma la possibilità per gli intermediari
di offrire condizioni migliorative di quelle stabilite con le convenzioni.
4-quater. Per i soggetti beneficiari di stipendi, pensioni, compensi e ogni altro emolumento
comunque corrisposti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali e dai loro enti, che siano
impossibilitati, entro la scadenza del termine di cui al comma 4-ter, per comprovati e gravi motivi
di salute ovvero per provvedimenti giudiziari restrittivi della libertà personale, a recarsi
personalmente presso i locali delle banche o di Poste italiane Spa, è consentita ai soggetti che
197
risultino, alla stessa data, delegati alla riscossione, l’apertura di un conto corrente base o di un
libretto di risparmio postale, intestati al beneficiario dei pagamenti.
(comma introdotto dall'articolo 3, comma 4-bis, legge n. 44 del 2012)
4-quinquies. In deroga alle vigenti disposizioni di legge, il delegato deve presentare alle banche o a
Poste italiane Spa copia della documentazione già autorizzata dall’ente erogatore attestante la
delega alla riscossione, copia del documento di identità del beneficiario del pagamento nonché una
dichiarazione dello stesso delegato attestante la sussistenza della documentazione comprovante gli
impedimenti di cui al comma 4-quater. Ai fini degli adempimenti previsti dal decreto legislativo 21
novembre 2007, n. 231, il cliente si considera fisicamente presente qualora sia presente il soggetto
delegato alla riscossione.(comma introdotto dall'articolo 3, comma 4-bis, legge n. 44 del 2012)
4-sexies. Entro il 30 giugno 2012 i beneficiari dei pagamenti di cui alla lettera c) del comma 4-ter,
limitatamente alla fattispecie dei pagamenti pensionistici erogati dall’INPS, indicano un conto di
pagamento su cui ricevere i pagamenti di importo superiore a mille euro. Se l’indicazione non e`
effettuata nel termine indicato, le banche, Poste italiane Spa e gli altri prestatori di servizi di
pagamento sospendono il pagamento, trattengono gli ordini di pagamento e versano i relativi fondi
su un conto transitorio infruttifero, senza spese e oneri per il beneficiario del pagamento. (comma
introdotto dall'articolo 3, comma 4-bis, legge n. 44 del 2012)
4-septies. Se l’indicazione del beneficiario è effettuata nei tre mesi successivi al decorso del
termine di cui al comma 4-sexies, le somme vengono trasferite senza spese e oneri per il
beneficiario medesimo. Se l’indicazione non è effettuata nei tre mesi successivi al decorso del
termine di cui al comma 4-sexies, le banche, Poste italiane Spa e gli altri prestatori di servizi di
pagamento provvedono alla restituzione delle somme all’ente erogatore. Nel corso dei tre mesi
successivi al decorso del termine di cui al comma 4-sexies, il beneficiario ottiene il pagamento
mediante assegno di traenza. (comma introdotto dall'articolo 3, comma 4-bis, legge n. 44 del 2012)
5. All'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 2-quinquies,
sono inseriti i seguenti:
«2-sexies. Qualora siano state contestate a carico di soggetti iscritti in albi ovvero ad ordini
professionali, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere il
documento certificativo dei corrispettivi compiute in giorni diversi, è disposta in ogni caso la
sanzione accessoria della sospensione dell'iscrizione all'albo o all'ordine per un periodo da tre
giorni ad un mese. In caso di recidiva, la sospensione è disposta per un periodo da quindici giorni
a sei mesi. In deroga all'articolo 19, comma 7, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, il
provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo. Gli atti di sospensione sono comunicati
all'ordine professionale ovvero al soggetto competente alla tenuta dell'albo affinché ne sia data
pubblicazione sul relativo sito internet. Si applicano le disposizioni dei commi 2-bis e 2-ter.
2-septies. Nel caso in cui le violazioni di cui al comma 2-sexies siano commesse nell'esercizio in
forma associata di attività professionale, la sanzione accessoria di cui al medesimo comma è
disposta nei confronti di tutti gli associati.».
198
5-bis. L’Agenzia delle entrate e le società del gruppo Equitalia e di Riscossione Sicilia, al fine di
recuperare all’entrata del bilancio dello Stato le somme dichiarate e non versate dai contribuenti che
si sono avvalsi dei condoni e delle sanatorie di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, anche dopo
l’iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle di pagamento, provvedono all’avvio, entro e
non oltre trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
di una ricognizione di tali contribuenti. Nei successivi trenta giorni, le società del gruppo Equitalia e
quelle di Riscossione Sicilia provvedono, altresì, ad avviare nei confronti di ciascuno dei
contribuenti di cui al periodo precedente ogni azione coattiva necessaria al fine dell’integrale
recupero delle somme dovute e non corrisposte, maggiorate degli interessi maturati, anche mediante
l’invio di un’intimazione a pagare quanto concordato e non versato alla prevista scadenza,
inderogabilmente entro il termine ultimo del 31 dicembre 2011.
5-ter. In caso di omesso pagamento delle somme dovute e iscritte a ruolo entro il termine di cui al
comma 5-bis, si applica una sanzione pari al 50 per cento delle predette somme e la posizione del
contribuente relativa a tutti i periodi di imposta successivi a quelli condonati, per i quali è ancora in
corso il termine per l’accertamento, è sottoposta a controllo da parte dell’Agenzia delle entrate e
della Guardia di finanza entro il 31 dicembre 2013, anche con riguardo alle attività svolte dal
contribuente medesimo con identificativo fiscale diverso da quello indicato nelle dichiarazioni
relative al condono. Per i soggetti che hanno aderito al condono di cui alla legge 27 dicembre 2002,
n. 289, i termini per l’accertamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto pendenti al 31 dicembre
2011 sono prorogati di un anno. (comma così modificato dall'articolo 11, comma 10-bis, legge n.
214 del 2011)
6. Le ritenute, le imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all'articolo 44
del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da cbis) a c-quinquies) del medesimo decreto, ovunque ricorrano, sono stabilite nella misura del 20 per
cento.
7. La disposizione di cui al comma 6 non si applica sugli interessi, premi e ogni altro provento di
cui all'articolo 44 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui all'articolo 67,
comma 1, lettera c-ter), del medesimo decreto nei seguenti casi: (comma così modificato dall'art.
95, comma 1, lettera a), legge n. 27 del 2012)
a) obbligazioni e altri titoli di cui all'articolo 31 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 ed equiparati;
b) obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi dell'articolo
168-bis del medesimo d.P.R. n. 917 del 1986;
c) titoli di risparmio per l'economia meridionale di cui all'articolo 8, comma 4 del decreto-legge 13
maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106;
d) piani di risparmio a lungo termine appositamente istituiti.
8. La disposizione di cui al comma 6 non si applica altresì agli interessi di cui al comma 8-bis
dell'articolo 26-quater del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, agli utili di cui all'articolo 27, comma
3, terzo periodo e comma 3-ter, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, al risultato netto maturato
199
delle forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.
(comma così modificato dall'art. 95, comma 1, lettera b), legge n.27 del 2012)
9. La misura dell'aliquota di cui al comma 6 si applica agli interessi, ai premi e ad ogni altro
provento di cui all'articolo 44 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, divenuti esigibili e ai redditi
diversi realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2012.
10. Per i dividendi e proventi ad essi assimilati la misura dell'aliquota di cui al comma 6 si applica a
quelli percepiti dal 1° gennaio 2012.
11. Per le obbligazioni e i titoli similari di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 1°
aprile 1996, n. 239, la misura dell'aliquota di cui al comma 6 si applica agli interessi, ai premi e ad
ogni altro provento di cui all'articolo 44 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 maturati a partire dal
1° gennaio 2012.
12. Per le gestioni individuali di portafoglio di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 21 novembre
1997, n. 461, la misura dell'aliquota di cui al comma 6 si applica sui risultati maturati a partire dal
1° gennaio 2012.
12-bis. All’articolo 1, comma 7, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le parole: "non utilizzate in
tutto o in parte" e: "spettano" sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: "possono essere
utilizzate" e: "oppure possono essere trasferite".
12-ter. All’articolo 2, comma 5, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, le parole da:
"spettano" fino alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: "le detrazioni possono essere
utilizzate dal venditore oppure essere trasferite all’acquirente persona fisica".
13. Nel d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 26:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1. I soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 23, che hanno emesso obbligazioni, titoli similari e
cambiali finanziarie, operano una ritenuta del 20 per cento ovvero con la minore aliquota prevista
per i titoli di cui alle lettere a) e b) del comma 7 dell’articolo 2 del decreto legge 13 agosto 2011, n.
138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, con obbligo di rivalsa,
sugli interessi ed altri proventi corrisposti ai possessori"; (capoverso così modificato dall'art. 95,
comma 1, lettera c), legge n. 27 del 2012)
2) al comma 3, il secondo e terzo periodo sono soppressi;
3) il comma 3-bis è sostituito dal seguente: "3-bis. I soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 23,
che corrispondono i proventi di cui alle lettere g-bis) e g-ter) del comma 1, dell'articolo 44 del testo
200
unico delle imposte sui redditi approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero
intervengono nella loro riscossione operano sui predetti proventi una ritenuta con aliquota del 20
per cento. Nel caso dei rapporti indicati nella lettera g-bis), la predetta ritenuta è operata, in luogo
della ritenuta di cui al comma 3, anche sugli interessi e gli altri proventi maturati nel periodo di
durata dei predetti rapporti";
4) al comma 5, il terzo periodo è soppresso;
b) all'articolo 26-quinquies, al comma 3, ultimo periodo, dopo le parole "prospetti periodici" sono
aggiunte le seguenti: "al netto di una quota dei proventi riferibili alle obbligazioni e altri titoli di
cui all'articolo 31 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 ed equiparati e alle obbligazioni emesse
dagli Stati inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del
testo unico delle imposte sui redditi approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Con decreto
del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità di individuazione della quota
dei proventi di cui al periodo precedente.";
c) all'articolo 27:
1) al comma 3, il secondo periodo è soppresso;
2) al comma 3, all'ultimo periodo, le parole "dei quattro noni" sono sostituite dalle seguenti: "di un
quarto".
14. Nella legge 23 marzo 1983, n. 77, all'articolo 10-ter, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente
comma: "2-bis. I proventi di cui ai commi 1 e 2 sono determinati al netto di una quota dei proventi
riferibili alle obbligazioni e altri titoli di cui all'articolo 31 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 ed
equiparati e alle obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai
sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con il
d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono
stabilite le modalità di individuazione della quota dei proventi di cui al periodo precedente.".
15. Nel testo unico delle imposte sui redditi approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 18, comma 1, le parole "commi 1-bis e 1-ter" sono sostituite dalle parole "comma 1bis";
b) all'articolo 73, il comma 5-quinquies, è sostituito dal seguente: "5-quinquies. Gli organismi di
investimento collettivo del risparmio con sede in Italia, diversi dai fondi immobiliari, e quelli con
sede in Lussemburgo, già autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato, di cui all'articolo
11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni, dalla legge 25
novembre 1983, n. 649, e successive modificazioni, non sono soggetti alle imposte sui redditi. Le
ritenute operate sui redditi di capitale sono a titolo di imposta. Non si applicano la ritenuta
prevista dal comma 2 dell'articolo 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e successive
201
modificazioni, sugli interessi ed altri proventi dei conti correnti e depositi bancari e le ritenute
previste dai commi 3-bis e 5 del medesimo articolo 26 e dall'articolo 26-quinquies del predetto
decreto nonché dall'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, e successive modificazioni.".
16. Nel decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto
1990, n. 227, all'articolo 4, comma 1, le parole "commi 1-bis e 1-ter" sono sostituite dalle seguenti
"comma 1-bis".
17. Nella legge 28 dicembre 1995, n. 549, il comma 115 dell'articolo 3 è sostituito dal seguente:
"115. Se i titoli indicati nel comma 1 dell'articolo 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 sono
emessi da società o enti, diversi dalle banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non
negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti
all'Accordo sullo Spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto
ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del testo unico delle imposte sui
redditi di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero da quote, gli interessi passivi sono
deducibili a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia
superiore:
a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in
mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo
sullo Spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al citato decreto, o collocati
mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione;
b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, delle obbligazioni e dei titoli similari
diversi dai precedenti. Qualora il tasso di rendimento effettivo all'emissione superi i limiti di cui al
periodo precedente, gli interessi passivi eccedenti l'importo derivante dall'applicazione dei predetti
tassi sono indeducibili dal reddito di impresa. Con decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze i limiti indicati nel primo periodo possono essere variati tenendo conto dei tassi effettivi di
remunerazione delle obbligazioni e dei titoli similari rilevati nei mercati regolamentati italiani. I
tassi effettivi di remunerazione sono rilevati avendo riguardo, ove necessario, all'importo e alla
durata del prestito nonché alle garanzie prestate.".
18. Nel decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 2:
1) il comma 1-ter è abrogato;
2) il comma 1-quater è sostituito dal seguente: "1-quater. L'imposta di cui al comma 1-bis si
applica sugli interessi ed altri proventi percepiti dai soggetti indicati al comma 1.";
3) nel comma 2, le parole "commi 1, 1-bis e 1-ter" sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle parole
"commi 1 e 1-bis";
202
b) all'articolo 3, comma 5, le parole "commi 1-bis e 1-ter" sono sostituite dalle parole "comma 1bis";
c) all'articolo 5, le parole "commi 1, 1-bis e 1-ter" sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle parole
"commi 1 e 1-bis".
18-bis. Nel decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323, convertito, con modificazioni, dalla legge 8
agosto 1996, n. 425, il comma 9 dell’articolo 7 è abrogato.
(comma introdotto dall'art. 95, comma 1, lettera d), legge n. 27 del 2012)
19. Nel decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 5, al comma 2, dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: "Ai fini del presente
comma, i redditi diversi derivanti dalle obbligazioni e dagli altri titoli di cui all'articolo 31 del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 ed equiparati e dalle obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella
lista di cui al decreto emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del testo unico delle imposte
sui redditi approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 sono computati nella misura del 62,5
per cento dell'ammontare realizzato;";
b) all'articolo 6, al comma 1, dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: "Ai fini del presente
articolo, i redditi diversi derivanti dalle obbligazioni e dagli altri titoli di cui all'articolo 31 del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 ed equiparati e dalle obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella
lista di cui al decreto emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del medesimo testo unico
sono computati nella misura del 62,5 per cento dell'ammontare realizzato;";
c) all'articolo 7:
1) al comma 3, la lettera b) è sostituita dalla seguente: "b) la ritenuta prevista dal comma 2
dell'articolo 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sugli interessi ed altri proventi dei conti
correnti bancari;";
2) al comma 3, lettera c), le parole "del 12,50 per cento", ovunque ricorrano, sono soppresse;
3) al comma 4, dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente:
"Ai fini del presente comma, i redditi derivanti dalle obbligazioni e dagli altri titoli di cui
all'articolo 31 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 ed equiparati e dalle obbligazioni emesse dagli
Stati inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del testo
unico delle imposte sui redditi approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 sono computati
nella misura del 62,5 per cento dell'ammontare realizzato;".
20. Nel decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23
novembre 2001, n. 410, all'articolo 6, comma 1, le parole "del 12,50 per cento" sono soppresse.
203
21. Nel decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, all'articolo 17, comma 3, le parole "del 12,50
per cento," sono soppresse.
22. Ai proventi degli strumenti finanziari rilevanti in materia di adeguatezza patrimoniale ai sensi
della normativa comunitaria e delle discipline prudenziali nazionali, emessi da intermediari vigilati
dalla Banca d'Italia o da soggetti vigilati dall'ISVAP e diversi da azioni e titoli similari, si applica il
regime fiscale di cui al decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239. Le remunerazioni dei predetti
strumenti finanziari sono in ogni caso deducibili ai fini della determinazione del reddito del
soggetto emittente; resta ferma l'applicazione dell'articolo 96 e dell'articolo 109, comma 9, del testo
unico delle imposte sui redditi di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. La presente disposizione si
applica con riferimento agli strumenti finanziari emessi a decorrere dal 20 luglio 2011.
22-bis. Ferme restando le previsioni del comma 22 concernenti la deducibilità delle remunerazioni
e l'applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 1º aprile 1996, n. 239, i maggiori o minori
valori che derivano dall'attuazione di specifiche previsioni contrattuali degli strumenti finanziari di
cui al medesimo comma 22 non concorrono alla formazione del reddito imponibile degli emittenti
ai fini dell'imposta sul reddito delle società e del valore della produzione netta. La presente
disposizione si applica con riferimento agli strumenti finanziari emessi dalla data di entrata in
vigore della presente legge. (comma introdotto dall'art. 1, comma 149, legge n. 147 del 2013)
23. I redditi di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g-quater), del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, da assoggettare a ritenuta, ai sensi
dell'articolo 6 della legge 26 settembre 1985, n. 482, o a imposta sostitutiva, ai sensi dell'articolo
26-ter del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sono determinati al netto di una quota dei proventi
riferibili alle obbligazioni e altri titoli di cui all'articolo 31 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 ed
equiparati e alle obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi
dell'articolo 168-bis, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il d.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917 e alle obbligazioni emesse da enti territoriali dei suddetti Stati. Con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità di individuazione della
quota dei proventi di cui al periodo precedente. (comma così modificato dall'art. 4, comma 10,
decreto-legge n. 66 del 2014)
24. Le disposizioni dei commi da 13 a 23 esplicano effetto a decorrere dal 1° gennaio 2012.
25. A decorrere dal 1° gennaio 2012 sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) il comma 8 dell'articolo 20 del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni,
nella legge 7 giugno 1974, n. 216;
b) i commi da 1 a 4 dell'articolo 7 del decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323, convertito, con
modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 425.
26. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 11, per gli interessi e altri proventi
soggetti all'imposta sostitutiva di cui al decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, gli intermediari di
204
cui all'articolo 2, comma 2, del medesimo decreto provvedono ad effettuare addebiti e accrediti del
conto unico di cui all'articolo 3 del citato decreto alla data del 31 dicembre 2011, per le obbligazioni
e titoli similari senza cedola o con cedola avente scadenza non inferiore a un anno dalla data del 31
dicembre 2011, ovvero in occasione della scadenza della cedola o della cessione o rimborso del
titolo, per le obbligazioni e titoli similari diversi dai precedenti. Per i titoli espressi in valuta estera
si tiene conto del valore del cambio alla data del 31 dicembre 2011. Con decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità di svolgimento delle operazioni di addebito
e di accredito del conto unico.
27. Ai redditi di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g-quater), del testo unico delle imposte sui
redditi di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, derivanti da contratti sottoscritti fino al 31
dicembre 2011, si applica l'aliquota del 12,5 per cento sulla parte di redditi riferita al periodo
intercorrente tra la data di sottoscrizione o acquisto della polizza ed il 31 dicembre 2011. Ai fini
della determinazione dei redditi di cui al precedente periodo si tiene conto dell'ammontare dei premi
versati a ogni data di pagamento dei premi medesimi e del tempo intercorso tra pagamento dei
premi e corresponsione dei proventi, secondo le disposizioni stabilite con decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze.
28. Le minusvalenze, perdite e differenziali negativi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis)
a c-quater), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n.
917, realizzate fino alla data del 31 dicembre 2011 sono portate in deduzione dalle plusvalenze e
dagli altri redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del testo
unico delle imposte sui redditi approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, realizzati
successivamente, per una quota pari al 62,5 per cento del loro ammontare. Restano fermi i limiti
temporali di deduzione previsti dagli articoli 68, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi
approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e 6, comma 5, del decreto legislativo 21
novembre 1997, n. 461.
29. A decorrere dalla data del 1° gennaio 2012, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e
minusvalenze di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in luogo del costo o valore di
acquisto, o del valore determinato ai sensi dell'articolo 14, commi 6 e seguenti, del decreto
legislativo 21 novembre 1997, n. 461, può essere assunto il valore dei titoli, quote, diritti, valute
estere, metalli preziosi allo stato grezzo o monetato, strumenti finanziari, rapporti e crediti alla data
del 31 dicembre 2011, a condizione che il contribuente:
a) opti per la determinazione, alla stessa data, delle plusvalenze, delle minusvalenze e dei proventi
di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento
collettivo in valori mobiliari di cui all'articolo 73, comma 5-quinquies, del citato testo unico, a
organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero, di cui all'articolo 10-ter,
comma 1, della legge 23 marzo 1983, n. 77;
b) provveda al versamento dell'imposta sostitutiva eventualmente dovuta, secondo i criteri di cui
agli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.
205
30. Ai fini del comma 29, nel caso di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n.
461, l'opzione di cui alla lettera a) del comma 29 è esercitata, in sede di dichiarazione annuale dei
redditi e si estende a tutti i titoli o strumenti finanziari detenuti; l'imposta sostitutiva dovuta è
corrisposta secondo le modalità e nei termini previsti dal comma 4 dello stesso articolo 5. Nel caso
di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, l'opzione si estende a tutti i
titoli, quote o certificati inclusi nel rapporto di custodia o amministrazione e può essere esercitata
entro il 31 marzo 2012; l'imposta sostitutiva è versata dagli intermediari entro il 16 maggio 2012,
ricevendone provvista dal contribuente.
31. Ove non siano applicabili le disposizioni dei commi 29 e 30, per i proventi di cui all'articolo 44,
comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917, derivanti dalla partecipazione agli organismi di investimento collettivo di cui al
comma 29, lettera a), l'opzione può essere esercitata entro il 31 marzo 2012, con comunicazione ai
soggetti residenti incaricati del pagamento dei proventi medesimi, del riacquisto o della
negoziazione delle quote o azioni; l'imposta sostitutiva è versata dai medesimi soggetti entro il 16
maggio 2012, ricevendone provvista dal contribuente.
32. Le minusvalenze e perdite di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del
testo unico delle imposte sui redditi approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, derivanti
dall'esercizio delle opzioni di cui al comma precedente sono portate in deduzione dalle plusvalenze
e dagli altri redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del testo
unico delle imposte sui redditi approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, realizzati
successivamente, fino al 31 dicembre 2012, per una quota pari al 62,5 per cento del loro
ammontare.
33. Per le gestioni individuali di portafoglio di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 21 novembre
1997, n. 461, gli eventuali risultati negativi di gestione rilevati alla data del 31 dicembre 2011 sono
portati in deduzione dai risultati di gestione maturati successivamente, per una quota pari al 62,5 per
cento del loro ammontare. Restano fermi i limiti temporali di utilizzo dei risultati negativi di
gestione previsti dall'articolo 7, comma 10, del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.
34. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità di applicazione
dei commi da 29 a 32.
35. All'ultimo periodo del comma 4-bis dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, dopo la
parola "446" sono aggiunte le seguenti: "e che i contribuenti interessati risultino congrui alle
risultanze degli studi di settore, anche a seguito di adeguamento, in relazione al periodo di imposta
precedente". All'articolo 1, comma 1-bis, del d.P.R. 31 maggio 1999, n. 195, dopo le parole "o aree
territoriali" sono aggiunte le seguenti: ", o per aggiornare o istituire gli indicatori di cui
all'articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146".
35-bis. All’articolo 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, lettera d), le parole: "e amministrativi" sono soppresse;
206
b) al comma 3-bis, dopo le parole: "procedura civile e" sono inserite le seguenti: "il proprio
indirizzo di posta elettronica certificata ai sensi dell’articolo";
c) al comma 6, è aggiunto il seguente periodo: "Se manca la dichiarazione di cui al comma 3-bis
dell’articolo 14, il processo si presume del valore indicato al comma 6-quater, lettera f)";
d) al comma 6-bis, lettera e), sono soppressi i due ultimi periodi;
e) dopo il comma 6-bis, è inserito il seguente:
"6-bis.1. Gli importi di cui alle lettere a), b ), c), d) ed e) del comma 6-bis sono aumentati della
metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio
recapito fax, ai sensi dell’articolo 136 del codice del processo amministrativo di cui al decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104, ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale nel
ricorso. L’onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte
soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è
costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato
della sentenza. Ai fini del presente comma, per ricorsi si intendono quello principale, quello
incidentale e i motivi aggiunti che introducono domande nuove";
f) al comma 6-quater, lettera c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e per le controversie
tributarie di valore indeterminabile".
35-ter. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 125, primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il difensore deve, altresì,
indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax";
b) all’articolo 136, è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Tutte le comunicazioni alle parti devono
essere effettuate con le modalità di cui al terzo comma".
35-quater. Al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 18, comma 2, lettera b), dopo le parole: "codice fiscale" sono aggiunte le seguenti: "e
dell’indirizzo di posta elettronica certificata";
b) all’articolo 18, comma 4, dopo le parole: "codice fiscale" sono inserite le seguenti: "e
all’indirizzo di posta elettronica certificata";
c) all’articolo 22, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "All’atto della costituzione in
giudizio, il ricorrente deve depositare la nota di iscrizione al ruolo, contenente l’indicazione delle
parti, del difensore che si costituisce, dell’atto impugnato, della materia del contendere, del valore
della controversia e della data di notificazione del ricorso".
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35-quinquies. Al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 37, al comma 3, le parole: "entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto" sono sostituite dalle seguenti: "entro il 31 ottobre 2011", e al comma 7, le parole:
"alle controversie instaurate" sono sostituite dalle seguenti: "ai procedimenti iscritti a ruolo";
b) all’articolo 39, comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Ai fini del periodo precedente,
si intendono in servizio i magistrati non collocati a riposo al momento dell’indizione dei concorsi".
35-sexies. All’articolo 8, comma 5, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, è aggiunto, in fine,
il seguente periodo: "Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5,
non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del
bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il
giudizio".
35-septies. All’articolo 8 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, lettera m-bis), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", ed esercitano, anche in
forma non individuale, le attività individuate nella lettera i)";
b) al comma 1-bis, al primo ed al secondo periodo, le parole: "parenti fino al terzo grado" sono
sostituite dalle seguenti: "parenti fino al secondo grado".
35-octies. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,
è istituita un’imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all’estero attraverso gli istituti bancari, le
agenzie "money transfer" ed altri agenti in attività finanziaria. L’imposta è dovuta in misura pari al
2 per cento dell’importo trasferito con ogni singola operazione, con un minimo di prelievo pari a 3
euro. L’imposta non è dovuta per i trasferimenti effettuati dai cittadini dell’Unione europea nonché
per quelli effettuati verso i Paesi dell’Unione europea. Sono esentati i trasferimenti effettuati da
soggetti muniti di matricola INPS e codice fiscale.
36. Le maggiori entrate derivanti dal presente decreto sono riservate all’Erario, per un periodo di
cinque anni, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di
finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalità della situazione
economica internazionale. Con apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da
emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, sono stabilite le modalità di individuazione del maggior gettito, attraverso separata
contabilizzazione. A partire dall’anno 2013, il Documento di economia e finanza contiene una
valutazione, relativa all’anno precedente, delle maggiori entrate strutturali ed effettivamente
incassate derivanti dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale. Dette maggiori risorse, al netto di
quelle necessarie al mantenimento dell’equilibrio di bilancio e alla riduzione del rapporto tra il
debito e il prodotto interno lordo, nonché di quelle derivanti a legislazione vigente dall’attività di
recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni, unitamente alle risorse derivanti
208
dalla riduzione delle spese fiscali, confluiscono in un Fondo per la riduzione strutturale della
pressione fiscale e sono finalizzate al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e sulle
imprese, secondo le modalità di destinazione e di impiego indicate nel medesimo Documento di
economia e finanza. (comma così modificato dall'art. 1, comma 299, lettera a), legge n. 228 del
2012)
36.1. Il Ministro dell’economia e delle finanze presenta annualmente, in allegato alla Nota di
aggiornamento del Documento di economia e finanza, un rapporto sui risultati conseguiti in materia
di misure di contrasto dell’evasione fiscale. Il rapporto indica, altresì, le strategie per il contrasto
dell’evasione fiscale, le aggiorna e confronta i risultati risultati con gli obiettivi, evidenziando, ove
possibile, il recupero di gettito fiscale attribuibile alla maggiore propensione all’adempimento da
parte dei contribuenti. (comma introdotto dall'art. 1, comma 299, lettera b), legge n. 228 del 2012)
36-bis. In anticipazione della riforma del sistema fiscale, all’articolo 1, comma 460, della legge 30
dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modifiche:
a) alla lettera b), le parole: "per la quota del 30 per cento" sono sostituite dalle seguenti: "per la
quota del 40 per cento";
b) alla lettera b-bis), le parole: "per la quota del 55 per cento" sono sostituite dalle seguenti: "per la
quota del 65 per cento".
36-ter. Al comma 1 dell’articolo 6 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, le parole: "si applica in ogni caso alla quota
degli utili netti annuali" sono sostituite dalle seguenti: "non si applica alla quota del 10 per cento
degli utili netti annuali".
36-quater. Le disposizioni di cui ai commi 36-bis e 36-ter si applicano a decorrere dal periodo
d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto. Nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo di imposta di prima
applicazione si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata
applicando le disposizioni di cui commi 36-bis e 36-ter.
36-quinquies. L’aliquota dell’imposta sul reddito delle società di cui all’articolo 75 del testo unico
delle imposte sui redditi, di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni,
dovuta dai soggetti indicati nell’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, è
applicata con una maggiorazione di 10,5 punti percentuali. Sulla quota del reddito imputato per
trasparenza ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi dai soggetti indicati
dall’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, a società o enti soggetti
all’imposta sul reddito delle società trova comunque applicazione detta maggiorazione.
36-sexies. I soggetti indicati nell’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che
hanno esercitato l’opzione per la tassazione di gruppo di cui all’articolo 117 del testo unico delle
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imposte sui redditi, assoggettano autonomamente il proprio reddito imponibile alla maggiorazione
prevista dal comma 36-quinquies e provvedono al relativo versamento.
36-septies. Il comma 36-sexies trova applicazione anche con riguardo alla quota di reddito imputato
per trasparenza ai sensi dell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, da uno dei soggetti
indicati nell’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ad una società o ente che
abbia esercitato l’opzione per la tassazione di gruppo ai sensi dell’articolo 117 del testo unico delle
imposte sui redditi.
36-octies. I soggetti indicati nell’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che
hanno esercitato, in qualità di partecipati, l’opzione per la trasparenza fiscale di cui all’articolo 115
o all’articolo 116 del testo unico delle imposte sui redditi, assoggettano autonomamente il proprio
reddito imponibile alla maggiorazione prevista dal comma 36-quinquies e provvedono al relativo
versamento. I soggetti indicati nell’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che
abbiano esercitato, in qualità di partecipanti, l’opzione per la trasparenza fiscale di cui al citato
articolo 115 del testo unico delle imposte sui redditi assoggettano il proprio reddito imponibile alla
maggiorazione prevista dal comma 36-quinquies, senza tener conto del reddito imputato dalla
società partecipata.
36-novies. Le disposizioni di cui ai commi da 36-quinquies a 36-octies si applicano a decorrere dal
periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto. Nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo di
imposta di prima applicazione si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si
sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui ai commi da 36-quinquies a 36-octies.
36-decies. Pur non ricorrendo i presupposti di cui all’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre
1994, n. 724, le società e gli enti ivi indicati che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre
periodi d’imposta consecutivi sono considerati non operativi a decorrere dal successivo quarto
periodo d’imposta ai fini e per gli effetti del citato articolo 30. Restano ferme le cause di non
applicazione della disciplina in materia di società non operative di cui al predetto articolo 30 della
legge n. 724 del 1994.
36-undecies. Il comma 36-decies trova applicazione anche qualora, nell’arco temporale di cui al
medesimo comma, le società e gli enti siano per due periodi d’imposta in perdita fiscale ed in uno
abbiano dichiarato un reddito inferiore all’ammontare determinato ai sensi dell’articolo 30, comma
3, della citata legge n. 724 del 1994.
36-duodecies. Le disposizioni di cui ai commi 36-decies e 36-undecies si applicano a decorrere dal
periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto. Nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo di
imposta di prima applicazione si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si
sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui ai commi 36-decies e 36-undecies.
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36-terdecies. All’articolo 67, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al d.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo la lettera h-bis), è inserita la seguente: "hter) la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di
beni dell’impresa a soci o familiari dell’imprenditore".
36-quaterdecies. I costi relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari
dell’imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato del diritto di godimento
non sono in ogni caso ammessi in deduzione dal reddito imponibile.
36-quinquiesdecies. La differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo concorre alla
formazione del reddito imponibile del socio o familiare utilizzatore ai sensi dell’articolo 67, comma
1, lettera h-ter), del testo unico delle imposte sui redditi, introdotta dal comma 36-terdecies del
presente articolo.
36-sexiesdecies. Al fine di garantire l’attività di controllo, nelle ipotesi di cui al comma 36quaterdecies l’impresa concedente ovvero il socio o il familiare dell’imprenditore comunicano
all’Agenzia delle entrate i dati relativi ai beni concessi in godimento. Con provvedimento del
direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto sono individuati modalità e termini per
l’effettuazione della predetta comunicazione. Per l’omissione della comunicazione, ovvero per la
trasmissione della stessa con dati incompleti o non veritieri, è dovuta, in solido, una sanzione
amministrativa pari al 30 per cento della differenza di cui al comma 36-quinquiesdecies. Qualora,
nell’ipotesi di cui al precedente periodo, i contribuenti si siano conformati alle disposizioni di cui ai
commi 36-quaterdecies e 36-quinquiesdecies, è dovuta, in solido, la sanzione di cui all’articolo 11,
comma 1, lettera a), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.
36-septiesdecies. L’Agenzia delle entrate procede a controllare sistematicamente la posizione delle
persone fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in godimento e ai fini della ricostruzione
sintetica del reddito tiene conto, in particolare, di qualsiasi forma di finanziamento o
capitalizzazione effettuata nei confronti della società.
36-duodevicies. Le disposizioni di cui ai commi da 36-terdecies a 36-septiesdecies si applicano a
decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto. Nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo
di imposta di prima applicazione si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si
sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui ai commi da 36-terdecies a 36-septiesdecies.
36-undevicies. (comma abrogato dall'art. 11, comma 5, legge n. 214 del 2011)
36-vicies. Al comma 1 dell’articolo 2 del d.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696, è abrogata la lettera rr).
36-vicies semel. Al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’articolo 2, è abrogato il comma 3;
211
b) all’articolo 3, comma 1, lettera a), le parole: "a lire centocinquanta milioni" sono sostituite dalle
seguenti: "a euro trentamila";
c) all’articolo 3, comma 1, lettera b), le parole: "a lire tre miliardi" sono sostituite dalle seguenti: "a
euro un milione";
d) all’articolo 4, comma 1, lettera a), le parole: "a lire duecento milioni" sono sostituite dalle
seguenti: "a euro cinquantamila";
e) all’articolo 4, comma 1, lettera b), le parole: "a lire quattro miliardi" sono sostituite dalle
seguenti: "a euro due milioni";
f) all’articolo 5, comma 1, le parole: "a lire centocinquanta milioni" sono sostituite dalle seguenti
"a euro trentamila";
g) all’articolo 8, è abrogato il comma 3;
h) all’articolo 12, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: "2-bis. Per i delitti previsti dagli articoli
da 2 a 10 del presente decreto l’istituto della sospensione condizionale della pena di cui
all’articolo 163 del codice penale non trova applicazione nei casi in cui ricorrano congiuntamente
le seguenti condizioni: a) l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore al 30 per cento del volume
d’affari; b) l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro";
i) all’articolo 13, comma 1, le parole: "alla metà" sono sostituite dalle seguenti "ad un terzo";
l) all’articolo 17, è aggiunto, in fine, il seguente comma: "1-bis. I termini di prescrizione per i delitti
previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto sono elevati di un terzo";
m) all’articolo 13, dopo il comma 2, è inserito il seguente: "2-bis. Per i delitti di cui al presente
decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può
essere chiesta dalle parti solo qualora ricorra la circostanza attenuante di cui ai commi 1 e 2".
36-vicies bis. Le norme di cui al comma 36-vicies semel si applicano ai fatti successivi alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
36-vicies ter. Per gli esercenti imprese o arti e professioni con ricavi e compensi dichiarati non
superiori a 5 milioni di euro i quali per tutte le operazioni attive e passive effettuate nell’esercizio
dell’attività` utilizzano esclusivamente strumenti di pagamento diversi dal denaro contante e nelle
dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e imposte sul valore aggiunto indicano gli estremi
identificativi dei rapporti con gli operatori finanziari di cui all’articolo 7, sesto comma, del d.P.R.
29 settembre 1973, n. 605, in corso nel periodo di imposta, le sanzioni amministrative previste dagli
articoli 1, 5 e 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono ridotte alla metà.
36-vicies quater. Al comma 6, primo periodo, dell’articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto
1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, dopo le parole:
"agli effetti dell’IVA" sono inserite le seguenti: "iscritti alla Camera di commercio, industria,
artigianato e agricoltura da almeno un anno, che dimostrino una effettiva operatività e attestino
regolarità dei versamenti IVA, con le modalità definite con provvedimento del direttore
dell’Agenzia delle entrate,".
Titolo II - LIBERALIZZAZIONI, PRIVATIZZAZIONI ED ALTRE MISURE PER
FAVORIRE LO SVILUPPO
212
Art. 3. Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle
attività economiche
1. Comuni, Province, Regioni e Stato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, adeguano i rispettivi ordinamenti al principio secondo cui
l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è
espressamente vietato dalla legge nei soli casi di:
a) vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;
b) contrasto con i principi fondamentali della Costituzione;
c) danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l'utilità sociale;
d) disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie
animali e vegetali, dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale;
e) disposizioni relative alle attività di raccolta di giochi pubblici ovvero che comunque comportano
effetti sulla finanza pubblica.
2. Il comma 1 costituisce principio fondamentale per lo sviluppo economico e attua la piena tutela
della concorrenza tra le imprese.
[3. Sono in ogni caso soppresse, alla scadenza del termine di cui al comma 1, le disposizioni
normative statali incompatibili con quanto disposto nel medesimo comma, con conseguente diretta
applicazione degli istituti della segnalazione di inizio di attività e dell'autocertificazione con
controlli successivi. Nelle more della decorrenza del predetto termine, l'adeguamento al principio
di cui al comma 1 può avvenire anche attraverso gli strumenti vigenti di semplificazione normativa.
Entro il 31 dicembre 2012 il Governo è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti ai sensi
dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con i quali vengono individuate le
disposizioni abrogate per effetto di quanto disposto nel presente comma ed è definita la disciplina
regolamentare della materia ai fini dell’adeguamento al principio di cui al comma 1.] (comma
dichiarato costituzionalmente illegittimo da Corte costituzionale, sentenza n. 200 del 20 luglio
2012)
4. (comma abrogato dall'art. 30, comma 6, legge n. 183 del 2011)
5. Fermo restando l'esame di Stato di cui all'articolo 33, quinto comma, della Costituzione per
l'accesso alle professioni regolamentate secondo i princìpi della riduzione e dell’accorpamento, su
base volontaria, fra professioni che svolgono attività similari, gli ordinamenti professionali devono
garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla
presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di
offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia
informazione relativamente ai servizi offerti. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato
ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, gli ordinamenti professionali
dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per
recepire i seguenti principi: (comma così modificato dall'art. 10, comma 1, legge n. 183 del 2011,
poi dall'art. 9, comma 7, legge n. 27 del 2012)
213
a) l'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e
sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. La limitazione, in forza di
una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate ad esercitare una certa
professione in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica, è consentita unicamente
laddove essa risponda a ragioni di interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse alla
tutela della salute umana, e non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla
nazionalità o, in caso di esercizio dell'attività in forma societaria, della sede legale della società
professionale;
b) previsione dell'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua
permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali, fermo
restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di educazione continua in medicina
(ECM). La violazione dell'obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come
tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall'ordinamento professionale che dovrà integrare
tale previsione;
c) la disciplina del tirocinio per l'accesso alla professione deve conformarsi a criteri che
garantiscano l'effettivo svolgimento dell'attività formativa e il suo adeguamento costante
all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione.
(lettera così modificata dall'art. 33, comma 2, legge n. 214 del 2011, poi dall'art. 9, comma 6,
lettera a), legge n. 27 del 2012)
d) (lettera soppressa dall'art. 9, comma 6, lettera b), legge n. 27 del 2012)
e) a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti
dall'esercizio dell'attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento
dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e
il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma
possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti
previdenziali dei professionisti;
f) gli ordinamenti professionali dovranno prevedere l'istituzione di organi a livello territoriale,
diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate l'istruzione e
la decisione delle questioni disciplinari e di un organo nazionale di disciplina. La carica di
consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale è incompatibile con quella di membro
dei consigli di disciplina nazionali e territoriali. Le disposizioni della presente lettera non si
applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente;
g) la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le
specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle
prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono
essere equivoche, ingannevoli, denigratorie.
5-bis. Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i princìpi di cui al comma
5, lettere da a) a g), sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento
governativo di cui al comma 5 e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012.
(comma introdotto dall'art. 10, comma 2, legge n. 183 del 2011, come modificato dall'art. 33,
comma 1, legge n. 214 del 2011)
214
5-ter. Il Governo, entro il 31 dicembre 2012, provvede a raccogliere le disposizioni aventi forza di
legge che non risultano abrogate per effetto del comma 5-bis in un testo unico da emanare ai sensi
dell’articolo 17-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400.
(comma introdotto dall'art. 10, comma 2, legge n. 183 del 2011, come modificato dall'art. 33,
comma 1, legge n. 214 del 2011)
6. Fermo quanto previsto dal comma 5 per le professioni, l'accesso alle attività economiche e il loro
esercizio si basano sul principio di libertà di impresa.
7. Le disposizioni vigenti che regolano l'accesso e l'esercizio delle attività economiche devono
garantire il principio di libertà di impresa e di garanzia della concorrenza. Le disposizioni relative
all'introduzione di restrizioni all'accesso e all'esercizio delle attività economiche devono essere
oggetto di interpretazione restrittiva, fermo in ogni caso quanto previsto al comma 1 del presente
articolo.
8. Le restrizioni in materia di accesso ed esercizio delle attività economiche previste
dall'ordinamento vigente sono abrogate quattro mesi dopo l'entrata in vigore del presente decreto,
fermo in ogni caso quanto previsto al comma 1 del presente articolo.
9. Il termine "restrizione", ai sensi del comma 8, comprende:
a) la limitazione, in forza di una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate ad
esercitare una attività economica in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica
attraverso la concessione di licenze o autorizzazioni amministrative per l'esercizio, senza che tale
numero sia determinato, direttamente o indirettamente sulla base della popolazione o di altri criteri
di fabbisogno;
b) l'attribuzione di licenze o autorizzazioni all'esercizio di una attività economica solo dove ce ne
sia bisogno secondo l'autorità amministrativa; si considera che questo avvenga quando l'offerta di
servizi da parte di persone che hanno già licenze o autorizzazioni per l'esercizio di una attività
economica non soddisfa la domanda da parte di tutta la società con riferimento all'intero territorio
nazionale o ad una certa area geografica;
c) il divieto di esercizio di una attività economica al di fuori di una certa area geografica e
l'abilitazione a esercitarla solo all'interno di una determinata area;
d) l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di una
attività economica;
e) il divieto di esercizio di una attività economica in più sedi oppure in una o più aree geografiche;
f) la limitazione dell'esercizio di una attività economica ad alcune categorie o divieto, nei confronti
di alcune categorie, di commercializzazione di taluni prodotti;
g) la limitazione dell'esercizio di una attività economica attraverso l'indicazione tassativa della
forma giuridica richiesta all'operatore;
h) l'imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi,
indipendentemente dalla determinazione, diretta o indiretta, mediante l'applicazione di un
coefficiente di profitto o di altro calcolo su base percentuale;
i) l'obbligo di fornitura di specifici servizi complementari all'attività svolta.
215
10. Le restrizioni diverse da quelle elencate nel comma 9 precedente possono essere revocate con
regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
emanato su proposta del Ministro competente entro quattro mesi dall'entrata in vigore del presente
decreto, fermo in ogni caso quanto previsto al comma 1 del presente articolo.
11. Singole attività economiche possono essere escluse, in tutto o in parte, dall'abrogazione delle
restrizioni disposta ai sensi del comma 8; in tal caso, la suddetta esclusione, riferita alle limitazioni
previste dal comma 9, può essere concessa, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro competente di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto, qualora:
a) la limitazione sia funzionale a ragioni di interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse
alla tutela della salute umana;
b) la restrizione rappresenti un mezzo idoneo, indispensabile e, dal punto di vista del grado di
interferenza nella libertà economica, ragionevolmente proporzionato all'interesse pubblico cui è
destinata;
c) la restrizione non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, nel
caso di società, sulla sede legale dell'impresa.
11-bis. In conformità alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12
dicembre 2006, sono invece esclusi dall’abrogazione delle restrizioni disposta ai sensi del comma 8
i servizi di taxi e noleggio con conducente non di linea, svolti esclusivamente con veicoli categoria
M1, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.
12. All'articolo 307, comma 10, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante il codice
dell'ordinamento militare, la lettera d) è sostituita dalla seguente:
"d) i proventi monetari derivanti dalle procedure di cui alla lettera a) sono determinati con decreto
del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, tenuto anche
conto dei saldi strutturali di finanza pubblica, e sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per
essere destinati, mediante riassegnazione anche in deroga ai limiti previsti per le riassegnazioni,
con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, fino al 31 dicembre 2013, agli stati di
previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per una quota corrispondente al 55 per
cento, da assegnare al fondo ammortamento dei titoli di Stato, e del Ministero della difesa, per una
quota corrispondente al 35 per cento, nonché agli enti territoriali interessati alle valorizzazioni,
per la rimanente quota del 10 per cento. Le somme riassegnate al Ministero della difesa sono
finalizzate esclusivamente a spese di investimento. E' in ogni caso precluso l’utilizzo di questa
somma per la copertura di oneri di parte corrente. Ai fini della valorizzazione dei medesimi beni, le
cui procedure sono concluse entro il termine perentorio di centottanta giorni dal loro avvio, si
applicano le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 4-decies, del decreto-legge 25 gennaio 2010,
n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42, ovvero all’articolo 34 del
216
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e la determinazione finale delle conferenze di servizio o
il decreto di approvazione degli accordi di programma, comportanti variazione degli strumenti
urbanistici, sono deliberati dal consiglio comunale entro trenta giorni, decorsi i quali i due citati
provvedimenti, in caso di mancata deliberazione, si intendono comunque ratificati. Il medesimo
termine perentorio e il meccanismo del silenzio assenso per la ratifica delle determinazioni finali
delle conferenze di servizi si applicano alle procedure di valorizzazione di cui all’articolo 314".
12-bis. All’articolo 8-bis del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni,
dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 1, le parole: "In caso di" sono sostituite dalle seguenti: "Entro dieci giorni dalla" e le
parole da: "cancellate" fino a: "avvenuto pagamento" sono sostituite dalle seguenti: "integrate dalla
comunicazione dell’avvenuto pagamento. La richiesta da parte dell’istituto di credito deve
pervenire immediatamente dopo l’avvenuto pagamento";
b) al comma 2, dopo le parole: "già registrate" sono inserite le seguenti: "e regolarizzate" e le
parole da: "estinte" fino a: "presente decreto" sono sostituite dalle seguenti: "aggiornate secondo le
medesime modalità di cui al comma precedente".
Art. 3-bis. Ambiti territoriali e criteri di organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici
locali (articolo introdotto dall'art. 25, comma 1, legge n. 27 del 2012)
1. A tutela della concorrenza e dell'ambiente, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano organizzano lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica
definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire
economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del servizio e istituendo o
designando gli enti di governo degli stessi, entro il termine del 30 giugno 2012. La dimensione
degli ambiti o bacini territoriali ottimali di norma deve essere non inferiore almeno a quella del
territorio provinciale. Le regioni possono individuare specifici bacini territoriali di dimensione
diversa da quella provinciale, motivando la scelta in base a criteri di differenziazione territoriale e
socio-economica e in base a princìpi di proporzionalità, adeguatezza ed efficienza rispetto alle
caratteristiche del servizio, anche su proposta dei comuni presentata entro il 31 maggio 2012 previa
lettera di adesione dei sindaci interessati o delibera di un organismo associato e già costituito ai
sensi dell’articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Fermo
restando il termine di cui al primo periodo del presente comma che opera anche in deroga a
disposizioni esistenti in ordine ai tempi previsti per la riorganizzazione del servizio in ambiti, è fatta
salva l’organizzazione di servizi pubblici locali di settore in ambiti o bacini territoriali ottimali già
prevista in attuazione di specifiche direttive europee nonché ai sensi delle discipline di settore
vigenti o, infine, delle disposizioni regionali che abbiano già avviato la costituzione di ambiti o
bacini territoriali in coerenza con le previsioni indicate nel presente comma. Decorso inutilmente il
termine indicato, il Consiglio dei ministri, a tutela dell'unità giuridica ed economica, esercita i
poteri sostitutivi di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per organizzare lo
svolgimento dei servizi pubblici locali in ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei, comunque
217
tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l'efficienza del
servizio. (comma così modificato dall'art. 53, comma 1, lettera a), legge n. 134 del 2012)
1-bis. Le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica,
compresi quelli appartenenti al settore dei rifiuti urbani, di scelta della forma di gestione, di
determinazione delle tariffe all'utenza per quanto di competenza, di affidamento della gestione e
relativo controllo sono esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali
ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del comma 1 del presente articolo. (comma
introdotto dall'art. 34, comma 23, legge n. 221 del 2012)
2. In sede di affidamento del servizio mediante procedura ad evidenza pubblica, l’adozione di
strumenti di tutela dell’occupazione costituisce elemento di valutazione dell’offerta.
3. A decorrere dal 2013, l'applicazione di procedure di affidamento dei servizi a evidenza pubblica
da parte di regioni, province e comuni o degli enti di governo locali dell'ambito o del bacino
costituisce elemento di valutazione della virtuosità degli stessi ai sensi dell'articolo 20, comma 2,
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.
111. A tal fine, la Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito dei compiti di tutela e
promozione della concorrenza nelle regioni e negli enti locali comunica, entro il termine perentorio
del 31 gennaio di ciascun anno, al Ministero dell'economia e delle finanze gli enti che hanno
provveduto all'applicazione delle procedure previste dal presente articolo. In caso di mancata
comunicazione entro il termine di cui al periodo precedente, si prescinde dal predetto elemento di
valutazione della virtuosità.
4. Fatti salvi i finanziamenti ai progetti relativi ai servizi pubblici locali di rilevanza economica
cofinanziati con fondi europei, i finanziamenti a qualsiasi titolo concessi a valere su risorse
pubbliche statali ai sensi dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione sono prioritariamente
attribuiti agli enti di governo degli ambiti o dei bacini territoriali ottimali ovvero ai relativi gestori
del servizio selezionati tramite procedura ad evidenza pubblica o di cui comunque l'Autorità di
regolazione competente abbia verificato l'efficienza gestionale e la qualità del servizio reso sulla
base dei parametri stabiliti dall'Autorità stessa.
5. (abrogato dall'art. 1, comma 559, legge n. 147 del 2013)
6. Le società affidatarie in house sono tenute all'acquisto di beni e servizi secondo le disposizioni di
cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni. Le medesime società
adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il
conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 nonché i vincoli assunzionali e di contenimento delle politiche
retributive stabiliti dall'ente locale controllante ai sensi dell'articolo 18, comma 2-bis, del decretolegge n. 112 del 2008.
(comma così modificato dall'art. 1, comma 559, legge n. 147 del 2013)
218
Art. 4. Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla
normativa dell'Unione Europea (articolo dichiarato costituzionalmente illegittimo da Corte
costituzionale, sentenza n. 199 del 20 luglio 2012)
[1. Gli enti locali, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera
prestazione dei servizi, dopo aver individuato i contenuti specifici degli obblighi di servizio
pubblico e universale, verificano la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi
pubblici locali di rilevanza economica, di seguito "servizi pubblici locali", liberalizzando tutte le
attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità e accessibilità del
servizio e limitando, negli altri casi, l'attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui, in base
ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un
servizio rispondente ai bisogni della comunità. (comma così modificato dall'art. 25, comma 1,
lettera b), numero 1, legge n. 27 del 2012)
2. All'esito della verifica di cui al comma 1 l'ente adotta una delibera quadro che illustra
l'istruttoria compiuta ed evidenzia, per i settori sottratti alla liberalizzazione, le ragioni della
decisione e i benefici per la comunità locale derivanti dal mantenimento di un regime di esclusiva
del servizio. Con la stessa delibera gli enti locali valutano l’opportunità di procedere
all’affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi pubblici locali nei casi in cui possa
essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa.(comma così modificato dall'art.
9, comma 2, legge n. 183 del 2011)
3. Per gli enti territoriali con popolazione superiore a 10.000 abitanti, la delibera di cui al comma
2 nel caso di attribuzione di diritti di esclusiva se il valore economico del servizio è pari o
superiore alla somma complessiva di 200.000 euro annui è trasmessa per un parere obbligatorio
all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può pronunciarsi entro sessanta giorni,
sulla base dell'istruttoria svolta dall'ente locale, in merito all'esistenza di ragioni idonee e
sufficienti all'attribuzione di diritti di esclusiva e alla correttezza della scelta eventuale di
procedere all'affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi pubblici locali. Decorso
inutilmente il termine di cui al periodo precedente, l'ente richiedente adotta la delibera quadro di
cui al comma 2. La delibera e il parere sono resi pubblici sul sito internet, ove presente, e con
ulteriori modalità idonee. (comma così sostituito dall'art. 25, comma 1, lettera b), numero 2, legge
n. 27 del 2012, poi così modificato dall'art. 53, comma 1, lettera b)legge n. 134 del 2012)
4. L'invio all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per il parere obbligatorio, della
verifica di cui al comma 1 e del relativo schema di delibera quadro di cui al comma 2, è effettuato
entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e poi periodicamente secondo
i rispettivi ordinamenti degli enti locali. La delibera quadro di cui al comma 2 è comunque adottata
prima di procedere al conferimento e al rinnovo della gestione dei servizi, novanta giorni dalla
trasmissione del parere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. In assenza della
delibera, l'ente locale non può procedere all'attribuzione di diritti di esclusiva ai sensi del presente
articolo. (comma così sostituito dall'art. 25, comma 1, lettera b), numero 3, legge n. 27 del 2012,
poi così modificato dall'art. 53, comma 1, lettera b), legge n. 134 del 2012)
219
5. Gli enti locali, per assicurare agli utenti l'erogazione di servizi pubblici che abbiano ad oggetto
la produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo
economico e civile delle comunità locali, definiscono preliminarmente, ove necessario, gli obblighi
di servizio pubblico, prevedendo le eventuali compensazioni economiche alle aziende esercenti i
servizi stessi, tenendo conto dei proventi derivanti dalle tariffe e nei limiti della disponibilità di
bilancio destinata allo scopo.
6. All'attribuzione di diritti di esclusiva ad un'impresa incaricata della gestione di servizi pubblici
locali consegue l'applicazione di quanto disposto dall'articolo 9 della legge 10 ottobre 1990, n.
287, e successive modificazioni.
7. I soggetti gestori di servizi pubblici locali, qualora intendano svolgere attività in mercati diversi
da quelli in cui sono titolari di diritti di esclusiva, sono soggetti alla disciplina prevista
dall'articolo 8, commi 2-bis e 2-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive
modificazioni.
8. Nel caso in cui l'ente locale, a seguito della verifica di cui al comma 1, intende procedere
all'attribuzione di diritti di esclusiva, il conferimento della gestione di servizi pubblici locali
avviene in favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante
procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in
particolare, dei principi di economicità, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non
discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità. Le medesime
procedure sono indette nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa
distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla legge, ove esistente, dalla competente
autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti affidanti.
9. Le società a capitale interamente pubblico possono partecipare alle procedure competitive ad
evidenza pubblica, sempre che non vi siano specifici divieti previsti dalla legge.
10. Le imprese estere, non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, possono essere
ammesse alle procedure competitive ad evidenza pubblica per l'affidamento di servizi pubblici
locali a condizione che documentino la possibilità per le imprese italiane di partecipare alle gare
indette negli Stati di provenienza per l'affidamento di omologhi servizi.
11. Al fine di promuovere e proteggere l'assetto concorrenziale dei mercati interessati, il bando di
gara o la lettera di invito relative alle procedure di cui ai commi 8, 9, 10:
a) esclude che la disponibilità a qualunque titolo delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali non duplicabili a costi socialmente sostenibili ed essenziali per l'effettuazione del
servizio possa costituire elemento discriminante per la valutazione delle offerte dei concorrenti;
b) assicura che i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara siano proporzionati alle
caratteristiche e al valore del servizio e che la definizione dell'oggetto della gara garantisca la più
ampia partecipazione e il conseguimento di eventuali economie di scala e di gamma;
220
b-bis) prevede l’impegno del soggetto gestore a conseguire economie di gestione con riferimento
all’intera durata programmata dell’affidamento, e prevede altresì, tra gli elementi di valutazione
dell’offerta, la misura delle anzidette economie e la loro destinazione alla riduzione delle tariffe da
praticarsi agli utenti ed al finanziamento di strumenti di sostegno connessi a processi di
efficientamento relativi al personale;(lettera introdotta dall'art. 25, comma 1, lettera b), numero 4,
legge n. 27 del 2012)
c) indica, ferme restando le discipline di settore, la durata dell'affidamento commisurata alla
consistenza degli investimenti in immobilizzazioni materiali previsti nei capitolati di gara a carico
del soggetto gestore. In ogni caso la durata dell'affidamento non può essere superiore al periodo di
ammortamento dei suddetti investimenti;
d) può prevedere l'esclusione di forme di aggregazione o di collaborazione tra soggetti che
possiedono singolarmente i requisiti tecnici ed economici di partecipazione alla gara, qualora, in
relazione alla prestazione oggetto del servizio, l'aggregazione o la collaborazione sia idonea a
produrre effetti restrittivi della concorrenza sulla base di un'oggettiva e motivata analisi che tenga
conto di struttura, dimensione e numero degli operatori del mercato di riferimento;
e) prevede che la valutazione delle offerte sia effettuata da una commissione nominata dall'ente
affidante e composta da soggetti esperti nella specifica materia;
f) indica i criteri e le modalità per l'individuazione dei beni di cui al comma 29, e per la
determinazione dell'eventuale importo spettante al gestore al momento della scadenza o della
cessazione anticipata della gestione ai sensi del comma 30;
g) prevede l'adozione di carte dei servizi al fine di garantire trasparenza informativa e qualità del
servizio;
g-bis) indica i criteri per il passaggio dei dipendenti ai nuovi aggiudicatari del servizio,
prevedendo, tra gli elementi di valutazione dell'offerta, l'adozione di strumenti di tutela
dell'occupazione.
(lettera aggiunta dall'art. 25, comma 1, lettera b), numero 4, legge n. 27 del 2012)
12. Fermo restando quanto previsto ai commi 8, 9, 10 e 11, nel caso di procedure aventi ad
oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio, al quale deve essere conferita una partecipazione non
inferiore al 40 per cento, e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del
servizio, il bando di gara o la lettera di invito assicura che:
a) i criteri di valutazione delle offerte basati su qualità e corrispettivo del servizio prevalgano di
norma su quelli riferiti al prezzo delle quote societarie;
b) il socio privato selezionato svolga gli specifici compiti operativi connessi alla gestione del
servizio per l'intera durata del servizio stesso e che, ove ciò non si verifica, si proceda a un nuovo
affidamento;
c) siano previsti criteri e modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione.
13. In deroga a quanto previsto dai commi 8, 9, 10, 11 e 12 se il valore economico del servizio
oggetto dell'affidamento è pari o inferiore alla somma complessiva di 200.000 euro annui,
l'affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico che abbia i requisiti
221
richiesti dall'ordinamento europeo per la gestione cosiddetta "in house". Al fine di garantire
l’unitarietà del servizio oggetto dell’affidamento, è fatto divieto di procedere al frazionamento del
medesimo servizio e del relativo affidamento. (comma così modificato dall'art. 9, comma 2, legge n.
183 del 2011, poi dall'art. 25, comma 1, lettera b), numero 5, legge n. 27 del 2012)
14. Le società cosiddette "in house" affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali sono
assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità definite, con il concerto del
Ministroper gli Affari Regionali, in sede di attuazione dell'articolo 18, comma 2-bis del decretolegge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive
modificazioni. Gli enti locali vigilano sull'osservanza, da parte dei soggetti indicati al periodo
precedente al cui capitale partecipano, dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno. (comma
così modificato dall'art. 53, comma 1, lettera b), legge n. 134 del 2012)
15. Le società cosiddette "in house" e le società a partecipazione mista pubblica e privata,
affidatarie di servizi pubblici locali, applicano, per l'acquisto di beni e servizi, le disposizioni di cui
al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.
16. L'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive
modificazioni, limitatamente alla gestione del servizio per il quale le società di cui al comma 1,
lettera c), del medesimo articolo sono state specificamente costituite, si applica se la scelta del
socio privato è avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica le quali abbiano ad
oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi
alla gestione del servizio. Restano ferme le altre condizioni stabilite dall'articolo 32, comma 3,
numeri 2) e 3), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.
17. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 18, comma 2-bis, primo e secondo periodo, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.
133, e successive modificazioni, le società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici
locali adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e
per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Fino all'adozione dei predetti provvedimenti, è fatto
divieto di procedere al reclutamento di personale ovvero di conferire incarichi. Il presente comma
non si applica alle società quotate in mercati regolamentati.
18. In caso di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali a società cosiddette "in house" e
in tutti i casi in cui il capitale sociale del soggetto gestore è partecipato dall'ente locale affidante,
la verifica del rispetto del contratto di servizio nonché ogni eventuale aggiornamento e modifica
dello stesso sono sottoposti, secondo modalità definite dallo statuto dell'ente locale, alla vigilanza
dell'organo di revisione di cui agli articoli 234 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267, e successive modificazioni. Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di settore
vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.
19. Gli amministratori, i dirigenti e i responsabili degli uffici o dei servizi dell'ente locale, nonché
degli altri organismi che espletano funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo e di
controllo di servizi pubblici locali, non possono svolgere incarichi inerenti la gestione dei servizi
222
affidati da parte dei medesimi soggetti. Il divieto si applica anche nel caso in cui le dette funzioni
sono state svolte nei tre anni precedenti il conferimento dell'incarico inerente la gestione dei servizi
pubblici locali. Alle società quotate nei mercati regolamentati si applica la disciplina definita dagli
organismi di controllo competenti.
20. Il divieto di cui al comma 19 opera anche nei confronti del coniuge, dei parenti e degli affini
entro il quarto grado dei soggetti indicati allo stesso comma, nonché nei confronti di coloro che
prestano, o hanno prestato nel triennio precedente, a qualsiasi titolo attività di consulenza o
collaborazione in favore degli enti locali o dei soggetti che hanno affidato la gestione del servizio
pubblico locale.
21. Non possono essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei
tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto la carica di amministratore, di cui all'articolo 77
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, negli enti locali che
detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società.
22. I componenti della commissione di gara per l'affidamento della gestione di servizi pubblici
locali non devono aver svolto né svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo
relativamente alla gestione del servizio di cui si tratta.
23. Coloro che hanno rivestito, nel biennio precedente, la carica di amministratore locale, di cui al
comma 21, non possono essere nominati componenti della commissione di gara relativamente a
servizi pubblici locali da affidare da parte del medesimo ente locale.
24. Sono esclusi da successivi incarichi di commissario coloro che, in qualità di componenti di
commissioni di gara, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale
con sentenza non sospesa, all'approvazione di atti dichiarati illegittimi.
25. Si applicano ai componenti delle commissioni di gara le cause di astensione previste
dall'articolo 51 del codice di procedura civile.
26. Nell'ipotesi in cui alla gara concorre una società partecipata dall'ente locale che la indice, i
componenti della commissione di gara non possono essere né dipendenti né amministratori
dell'ente locale stesso.
27. Le incompatibilità e i divieti di cui ai commi dal 19 al 26 si applicano alle nomine e agli
incarichi da conferire successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
28. Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti
privati.
29. Alla scadenza della gestione del servizio pubblico locale o in caso di sua cessazione anticipata,
il precedente gestore cede al gestore subentrante i beni strumentali e le loro pertinenze necessari,
in quanto non duplicabili a costi socialmente sostenibili, per la prosecuzione del servizio, come
223
individuati, ai sensi del comma 11, lettera f), dall'ente affidante, a titolo gratuito e liberi da pesi e
gravami.
30. Se, al momento della cessazione della gestione, i beni di cui al comma 29 non sono stati
interamente ammortizzati, il gestore subentrante corrisponde al precedente gestore un importo pari
al valore contabile originario non ancora ammortizzato, al netto di eventuali contributi pubblici
direttamente riferibili ai beni stessi. Restano ferme le disposizioni contenute nelle discipline di
settore, anche regionali, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché restano
salvi eventuali diversi accordi tra le parti stipulati prima dell'entrata in vigore del presente decreto.
31. L'importo di cui al comma 30 è indicato nel bando o nella lettera di invito relativi alla gara
indetta per il successivo affidamento del servizio pubblico locale a seguito della scadenza o della
cessazione anticipata della gestione.
32. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 14, comma 32, del decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come modificato
dall'articolo 1, comma 117, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, e successive modificazioni, il
regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito dal presente decreto è il
seguente:
a) gli affidamenti diretti relativi a servizi il cui valore economico sia superiore alla somma di cui al
comma 13, ovvero non conformi a quanto previsto al medesimo comma, nonché gli affidamenti
diretti che non rientrano nei casi di cui alle successive lettere da b) a d) cessano,
improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31
dicembre 2012. In deroga, l'affidamento per la gestione può avvenire a favore di un'unica società
in house risultante dalla integrazione operativa di preesistenti gestioni in affidamento diretto e
gestioni in economia, tale da configurare un unico gestore del servizio a livello di ambito o di
bacino territoriale ottimale ai sensi dell'articolo 3-bis. La soppressione delle preesistenti gestioni e
la costituzione dell'unica società in house devono essere perfezionati entro il termine del 31
dicembre 2012. In tal caso il contratto di servizio dovrà prevedere indicazioni puntuali riguardanti
il livello di qualità del servizio reso, il prezzo medio per utente, il livello di investimenti
programmati ed effettuati e obbiettivi di performance (redditività, qualità, efficienza). La
valutazione dell'efficacia e dell'efficienza della gestione e il rispetto delle condizioni previste nel
contratto di servizio sono sottoposti a verifica annuale da parte dell'Autorità di regolazione di
settore. La durata dell'affidamento in house all'azienda risultante dall'integrazione non può essere
in ogni caso superiore a tre anni a decorrere dal 1º gennaio 2013. La deroga di cui alla presente
lettera non si applica ai processi di aggregazione a livello di ambito o di bacino territoriale che già
prevedano procedure di affidamento ad evidenza pubblica; (lettera così modificata dall'art. 9,
comma 2, legge n. 183 del 2011, poi dall'art. 25, comma 1, lettera b), numero 6, legge n. 25 del
2012, poi dall'art. 53, comma 1, lettera b), decreto-legge n. 83 del 2012)
b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la
selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto
dei principi di cui al comma 8, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di
socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano,
224
improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31
marzo 2013; (lettera così modificata dall'art. 25, comma 1, lettera b), numero 6, legge n. 27 del
2012)
c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la
selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto
dei principi di cui al comma 8, le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di
socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla
scadenza prevista nel contratto di servizio;
d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica
già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice
civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione
in capo a soci pubblici detentori di azioni alla data del 13 agosto 2011, ovvero quella sindacata, si
riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di
collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non
superiore al 40 per cento entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30 per cento entro il 31
dicembre 2015; ove siffatte condizioni non si verifichino, gli affidamenti cessano,
improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, rispettivamente,
alla data del 30 giugno 2013 o del 31 dicembre 2015. (lettera così modificata dall'articolo 9,
comma 2, legge n. 183 del 2011)
32-bis. Al fine di verificare e assicurare il rispetto delle disposizioni di cui al comma 32, il prefetto
accerta che gli enti locali abbiano attuato, entro i termini stabiliti, quanto previsto al medesimo
comma. In caso di inottemperanza, assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il
quale provvedere. Decorso inutilmente detto termine, il Governo, ricorrendone i presupposti,
esercita il potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 120, comma secondo, della Costituzione e
secondo le modalità previste dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
(comma introdotto dall'articolo 9, comma 2, legge n. 183 del 2011)
32-ter. Fermo restando quanto previsto dal comma 32 ed al fine di non pregiudicare la necessaria
continuità nell’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, i soggetti pubblici e
privati esercenti a qualsiasi titolo attività di gestione dei servizi pubblici locali assicurano
l’integrale e regolare prosecuzione delle attività medesime anche oltre le scadenze ivi previste, ed
in particolare il rispetto degli obblighi di servizio pubblico e degli standard minimi del servizio
pubblico locale alle condizioni di cui ai rispettivi contratti di servizio e dagli altri atti che regolano
il rapporto, fino al subentro del nuovo gestore e comunque, in caso di liberalizzazione del settore,
fino all’apertura del mercato alla concorrenza. Nessun indennizzo o compenso aggiuntivo può
essere ad alcun titolo preteso in relazione a quanto previsto nel presente articolo. (comma
introdotto dall'art. 25, comma 1, lettera b), numero 7, legge n. 27 del 2012, poi così modificato
dall'art. 53, comma 1, lettera b), decreto-legge n. 83 del 2012)
33. Le società, le loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, anche
non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, che, in Italia o all'estero, gestiscono di fatto
225
o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto servizi pubblici locali in virtù di
affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica ovvero non ai sensi del comma 12,
nonché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall'attività di erogazione dei servizi, non possono
acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o
attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società
che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare. Il divieto di cui al primo
periodo opera per tutta la durata della gestione e non si applica alle società quotate in mercati
regolamentati e alle società da queste direttamente o indirettamente controllate ai sensi
dell'articolo 2359 del codice civile, nonché al socio selezionato ai sensi del comma 12 e alle società
a partecipazione mista pubblica e privata costituite ai sensi del medesimo comma. I soggetti
affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio
nazionale a gare indette nell’ultimo anno di affidamento dei servizi da essi gestiti, a condizione che
sia stata indetta la procedura competitiva ad evidenza pubblica per il nuovo affidamento del
servizio o, almeno, sia stata adottata la decisione di procedere al nuovo affidamento attraverso la
predetta procedura ovvero, purché in favore di soggetto diverso, ai sensi del comma 13.
(comma così modificato dall'art. 9, comma 2, legge n. 183 del 2011)
33-bis. Al fine di assicurare il progressivo miglioramento della qualità di gestione dei servizi
pubblici locali e di effettuare valutazioni comparative delle diverse gestioni, gli enti affidatari sono
tenuti a rendere pubblici i dati concernenti il livello di qualità del servizio reso, il prezzo medio per
utente e il livello degli investimenti effettuati, nonché ogni ulteriore informazione necessaria alle
predette finalità. (comma introdotto dall'art. 9, comma 2, legge n. 183 del 2011)
33-ter. Con decreto del Ministro per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, adottato entro il 31
marzo 2012, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno, sentita la
Conferenza unificata, sono definiti: (comma introdotto dall'art. 9, comma 2, legge n. 183 del 2011,
poi così modificato dall'art. 25, comma 1, lettera b), numero 8, legge n. 27 del 2012)
a) i criteri per la verifica di cui al comma 1 e l’adozione della delibera quadro di cui al comma 2;
b) le modalità attuative del comma 33-bis, anche tenendo conto delle diverse condizioni di
erogazione in termini di aree, popolazioni e caratteristiche del territorio servito;
c) le ulteriori misure necessarie ad assicurare la piena attuazione delle disposizioni di cui al
presente articolo.
34. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali e
prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili. Sono esclusi dall'applicazione
del presente articolo il servizio idrico integrato, ad eccezione di quanto previsto dai commi da 19 a
27, il servizio di distribuzione di gas naturale, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164,
ad eccezione di quanto previsto dal comma 33, il servizio di distribuzione di energia elettrica, di
cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 e alla legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché la
gestione delle farmacie comunali, di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475. E' escluso
226
dall’applicazione dei commi 19, 21 e 27 del presente articolo quanto disposto dall’articolo 2,
comma 42, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge
26 febbraio 2011, n. 10. Con riguardo al trasporto pubblico regionale ferroviario sono fatti salvi,
fino alla scadenza naturale dei primi sei anni di validità, gli affidamenti e i contratti di servizio già
deliberati o sottoscritti in conformità all’articolo 5 del regolamento CE n. 1370/2007 del
Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007 ed in conformità all’articolo 61 della
legge 23 luglio 2009, n. 99. (comma così modificato dall'art. 9, comma 2, legge n. 183 del 2011, poi
dall'art. 25, comma 1, lettera b), numero 9, legge n. 27 del 2012)
34-bis. (comma abrogato dall'art. 25, comma 2, lettera b), numero 10, legge n. 27 del 2012)
34-ter. Gli affidamenti diretti, in materia di trasporto pubblico locale su gomma, già affidati ai
sensi dell'articolo 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, ed in conformità all'articolo 8 del
regolamento (CE) n. 1370/2007 ed in atto alla data di entrata in vigore della presente disposizione,
cessano alla scadenza prevista nel contratto di affidamento. (comma introdotto dall'art. 25, comma
2, lettera b), numero 11, legge n. 27 del 2012)
34-quater. Gli affidamenti in essere a valere su infrastrutture ferroviarie interessate da
investimenti compresi in programmi co-finanziati con risorse dell'Unione europea cessano con la
conclusione dei lavori previsti dai relativi programmi di finanziamento e, ove necessari, dei
connessi collaudi, anche di esercizio. (comma introdotto dall'art. 25, comma 2, lettera b), numero
11, legge n. 27 del 2012)
35. Restano salve le procedure di affidamento già avviate all'entrata in vigore del presente decreto.
35-bis. Fatto salvo quanto previsto dal comma 35, a decorrere dalla data di entrata in vigore del
decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27,
la verifica di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, le attività di cui al comma 5 e le procedure di cui ai commi 8,
12 e 13 per il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica,
sono effettuate unicamente per ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui all'articolo 3bis dagli enti di governo degli stessi istituiti o designati ai sensi del medesimo articolo. (comma
introdotto dall'art. 53, comma 1, lettera b), legge n. 134 del 2012)]
Art. 5. Norme in materia di società municipalizzate
1. Una quota del Fondo infrastrutture di cui all'articolo 6-quinquies del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nei limiti delle
disponibilità in base alla legislazione vigente e comunque fino a 250 milioni di euro per l'anno 2013
e 250 milioni di euro per l'anno 2014, è destinata, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ad investimenti infrastrutturali
effettuati dagli enti territoriali che procedano, rispettivamente, entro il 31 dicembre 2012 ed entro il
31 dicembre 2013, alla dismissione di partecipazioni in società esercenti servizi pubblici locali di
rilevanza economica, diversi dal servizio idrico. L'effettuazione delle dismissioni è comunicata ai
predetti Dicasteri. Le spese effettuate a valere sulla predetta quota sono escluse dai vincoli del patto
227
di stabilità interno. La quota assegnata a ciascun ente territoriale non può essere superiore ai
proventi della dismissione effettuata. La quota non assegnata agli enti territoriali è destinata alle
finalità previste dal citato articolo 6-quinquies.
1-bis. Per il ripristino e la messa in sicurezza delle infrastrutture colpite dagli eventi calamitosi nei
territori della regione Basilicata nel periodo dal 18 febbraio al 1º marzo 2011, per i quali è stato
dichiarato lo stato di emergenza con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del
10 marzo 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 22 marzo 2011, è autorizzata la spesa
di 7 milioni di euro per l’anno 2011. Al relativo onere si provvede mediante riduzione
dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 32, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Il Ministro dell’economia e delle
finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.
1-ter. Le disponibilità derivanti da specifiche autorizzazioni legislative di spesa iscritte nello stato
di previsione del Ministero dell’interno, e relative al potenziamento di infrastrutture, sono versate in
Tesoreria entro trenta giorni dalla richiesta dell’ente interessato. Al fine della ulteriore
semplificazione delle procedure relative alla realizzazione di opere infrastrutturali, l’ente
destinatario del finanziamento per le opere di cui al precedente periodo è tenuto a rendicontare le
modalità di utilizzo delle risorse a richiesta dell’ente erogante e non si applica l’articolo 158,
comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000. (comma introdotto dall'art. 53, comma 5-bis,
legge n. 27 del 2012)
Art. 5-bis. Sviluppo delle regioni dell’obiettivo convergenza e realizzazione del Piano Sud
1. Al fine di garantire l’efficacia delle misure finanziarie per lo sviluppo delle regioni dell’obiettivo
convergenza e l’attuazione delle finalità del Piano per il Sud, a decorrere dall’anno finanziario in
corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la spesa in
termini di competenza e di cassa effettuata annualmente da ciascuna delle predette regioni a valere
sulle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 31
maggio 2011, n. 88, sui cofinanziamenti nazionali dei fondi comunitari a finalità strutturale, nonché
sulle risorse individuate ai sensi di quanto previsto dall’articolo 6-sexies del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, può eccedere
i limiti di cui all’articolo 1, commi 126 e 127, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, nel rispetto,
comunque, delle condizioni e dei limiti finanziari stabiliti ai sensi del comma 2 del presente
articolo.
2. Al fine di salvaguardare gli equilibri di finanza pubblica, con decreto del Ministro dell’economia
e delle finanze, di concerto con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale
e di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano da adottare entro il 30 settembre di ogni anno, sono stabiliti i
limiti finanziari per l’attuazione del comma 1, nonché le modalità di attribuzione allo Stato ed alle
restanti regioni dei relativi maggiori oneri, garantendo in ogni caso il rispetto dei tetti complessivi,
fissati dalla legge per il concorso dello Stato e delle predette regioni alla realizzazione degli
obiettivi di finanza pubblica per l’anno di riferimento.
228
Art. 6. Liberalizzazione in materia di segnalazione certificata di inizio attività, denuncia e
dichiarazione di inizio attività. Ulteriori semplificazioni
1. All'articolo 19, della legge 7 agosto 1990, n. 241 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 4, dopo le parole «primo periodo del comma 3» sono inserite le seguenti: «ovvero di
cui al comma 6-bis»;
b) al comma 6-bis, secondo periodo, dopo le parole: «disposizioni di cui», sono inserite le seguenti:
«al comma 4 e»;
c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«6-ter. La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività
non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare
l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente
l'azione di cui all'articolo 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104».
2. Al fine di garantire un adeguato periodo transitorio per consentire la progressiva entrata in
operatività del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), nonché l’efficacia del
funzionamento delle tecnologie connesse al SISTRI, il Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, attraverso il concessionario SISTRI, assicura, a decorrere dalla data di entrata
in vigore della legge di conversione del presente decreto e sino al 15 dicembre 2011, la verifica
tecnica delle componenti software e hardware, anche ai fini dell’eventuale implementazione di
tecnologie di utilizzo più semplice rispetto a quelle attualmente previste, organizzando, in
collaborazione con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, test di
funzionamento con l’obiettivo della più ampia partecipazione degli utenti. Conseguentemente,
fermo quanto previsto dall’articolo 6, comma 2, lettera f-octies), del decreto-legge 13 maggio 2011,
n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, per i soggetti di cui
all’articolo 1, comma 5, del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare 26 maggio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 maggio 2011, per gli altri
soggetti di cui all’articolo 1 del predetto decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare 26 maggio 2011, il termine di entrata in operatività del SISTRI è il 30 giugno
2012. Dall’attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica. (comma così modificato dall'art. 13, comma 3, legge n. 14 del 2012)
3. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministro per la semplificazione normativa, sentite le categorie interessate, entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuate specifiche
tipologie di rifiuti, alle quali, in considerazione della quantità e dell’assenza di specifiche
caratteristiche di criticità ambientale, sono applicate, ai fini del SISTRI, le procedure previste per i
rifiuti speciali non pericolosi.
229
3-bis. Gli operatori che producono esclusivamente rifiuti soggetti a ritiro obbligatorio da parte di
sistemi di gestione regolati per legge possono delegare la realizzazione dei propri adempimenti
relativi al SISTRI ai consorzi di recupero, secondo le modalità già previste per le associazioni di
categoria.
4. (soppresso dalla legge di conversione)
5. All'articolo 81 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dopo il comma 2 è aggiunto il
seguente: «2-bis. Al fine di dare attuazione a quanto disposto dall'articolo 5, DigitPA, mette a
disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettività, una piattaforma tecnologica per
l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di
pagamento abilitati, al fine di assicurare, attraverso strumenti condivisi di riconoscimento
unificati, l'autenticazione certa dei soggetti interessati all'operazione in tutta la gestione del
processo di pagamento.».
6. Le pubbliche amministrazioni possono utilizzare, entro il 31 dicembre 2013, la infrastruttura
prevista dall'articolo 81, comma 2-bis, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, anche al fine di
consentire la realizzazione e la messa a disposizione della posizione debitoria dei cittadini nei
confronti dello Stato.
6-bis. Al fine di semplificare l’attività amministrativa e di evitare l’insorgere di ulteriore
contenzioso, nei confronti dei soggetti che hanno beneficiato delle erogazioni di cui all’articolo 1,
commi 331, 332 e 333, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, in assenza della condizione reddituale
stabilita dal citato comma 333, non si applicano le conseguenti sanzioni penali e amministrative se
essi restituiscono le somme indebitamente percepite entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto. I procedimenti penali ed amministrativi
eventualmente avviati sono sospesi sino alla scadenza del predetto termine e si estinguono a seguito
dell’avvenuta restituzione.
6-ter. Per una efficace e immediata attuazione di quanto previsto in tema di razionalizzazione della
spesa delle amministrazioni pubbliche al comma 1 dell’articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011,
n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, l’Agenzia del demanio
procederà, con priorità in aree a più elevato disagio occupazionale e produttivo, ad operazioni di
permuta, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, di beni appartenenti allo Stato, con esclusione
di tutti i beni comunque trasferibili agli enti pubblici territoriali ai sensi del decreto legislativo 28
maggio 2010, n. 85, fermo restando quanto previsto dall’articolo 2, comma 196-bis, della legge 23
dicembre 2009, n. 191, con immobili adeguati all’uso governativo, al fine di rilasciare immobili di
terzi attualmente condotti in locazione passiva dalla pubblica amministrazione ovvero appartenenti
al demanio e al patrimonio dello Stato ritenuti inadeguati. Le amministrazioni dello Stato
comunicano all’Agenzia del demanio l’ammontare dei fondi statali già stanziati e non impegnati al
fine della realizzazione di nuovi immobili per valutare la possibilità di recupero di spesa per effetto
di operazioni di permuta, ovvero gli immobili di nuova realizzazione da destinare ad uso
governativo. Nel caso di permuta con immobili da realizzare in aree di particolare disagio e con
significativo apporto occupazionale, potranno cedersi anche immobili già in uso governativo, che
230
verrebbero pertanto utilizzati in regime di locazione fino alla percentuale massima del 75 per cento
della permuta mentre il restante 25 per cento dovrà interessare immobili dello Stato dismessi e
disponibili. Le suddette permute sono attuate, in deroga alla legge 24 aprile 1941, n. 392, anche per
la realizzazione di nuovi edifici giudiziari delle sedi centrali di corte d'appello in cui sia prevista la
razionale concentrazione di tutti gli uffici ordinari e minorili nonché l'accorpamento delle soppresse
sedi periferiche di cui all'articolo 1. Le suddette permute riguardanti nuovi immobili destinati a
carceri o ad uffici giudiziari delle sedi centrali di corte d'appello di cui al periodo precedente, hanno
carattere di assoluta priorità. A tal fine è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascun anno, a
decorrere dall'anno 2016, destinata a tali procedure di permuta in cui siano ricompresi immobili
demaniali già in uso governativo che verrebbero utilizzati in regime di locazione. (comma
introdotto dall'art. 56, comma 1, legge n. 27 del 2012, poi modificato dall'art. 34, comma 56, legge
n. 221 del 2012, poi dall'art. 1, comma 289, legge n. 147 del 2013)
Art. 6-bis. Accesso ai sistemi informativi
1. Ai sistemi informativi di cui all’articolo 117 del codice di cui al decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196, possono avere accesso, anche per le finalità ivi previste, i soggetti che partecipano al
sistema di prevenzione di cui al comma 5 dell’articolo 30-ter del decreto legislativo 13 agosto 2010,
n. 141, fatta salva la facoltà di istituire e partecipare ai sistemi di cui all’articolo 119 del decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Dall’attuazione del periodo precedente non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 6-ter. Fondo di rotazione per la progettualità
1. Le risorse disponibili sul Fondo di rotazione di cui all’articolo 1, comma 54, della legge 28
dicembre 1995, n. 549, sono destinate prioritariamente alla progettazione delle opere, inserite nei
piani triennali degli enti locali approvati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto e che ricadono su terreni demaniali o già di proprietà dell’ente locale interessato,
aventi già destinazione urbanistica conforme all’opera o alle opere che si intendono realizzare.
Resta fermo quanto disposto dall’articolo 1, commi da 55 a 57, della legge n. 549 del 1995.
2. Gli enti locali interessati alla utilizzazione delle risorse del Fondo di cui al comma 1 presentano
entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e
con le modalità definite con deliberazione della Cassa depositi e prestiti Spa, la richiesta di accesso
al finanziamento, allegando alla stessa la descrizione dell’opera o delle opere che intendono
realizzare, predisposta da un tecnico dell’ente locale medesimo.
3. Sulla base delle richieste di cui al comma 2, la Cassa depositi e prestiti Spa provvede a formare
una graduatoria nel rispetto di quanto previsto al comma 1.
Titolo II - LIBERALIZZAZIONI, PRIVATIZZAZIONI ED ALTRE MISURE PER
FAVORIRE LO SVILUPPO
231
Art. 7. Attuazione della disciplina di riduzione delle tariffe elettriche e misure di perequazione
nei settori petrolifero, dell'energia elettrica e del gas
1. Al comma 16 dell'articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'alinea, le parole: "superiore a 25 milioni di euro", sono sostituite dalle seguenti: "superiore a
10 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 1 milione di euro";
b) la lettera c) è sostituita dalle seguenti: "c) produzione, trasmissione e dispacciamento,
distribuzione o commercializzazione dell'energia elettrica; c-bis) trasporto o distribuzione del gas
naturale";
c) le parole da: "La medesima disposizione" fino a "o eolica" sono soppresse.
2. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, le disposizioni di cui al comma 16
dell'articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge
6 agosto 2008, n. 133, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano a decorrere
dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010.
3. Per i tre periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2010, l'aliquota
dell'addizionale di cui al comma 16 dell'articolo 81 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, è
aumentata di 4 punti percentuali.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 3 non rilevano ai fini della determinazione dell'acconto di
imposta dovuto per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010.
5. A quanto previsto dai commi 1 e 3 del presente articolo si applicano le disposizioni di cui al
comma 18 dell'articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, relative al divieto di traslazione
dell'onere sui prezzi al consumo.
6. Dall'attuazione del presente articolo derivano maggiori entrate stimate non inferiori a 1.800
milioni di euro per l'anno 2012 e 900 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014.
Art. 7-bis. Modifiche all’articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008
1. All’articolo 83-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 4, secondo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", sono sottoposti al
parere preventivo della predetta Consulta generale pubblicati con decreto del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, ai fini della loro entrata in vigore";
232
b) al comma 4-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e ferma restando la possibilità di
deroga con gli accordi di cui al comma 4".
Titolo III - MISURE A SOSTEGNO DELL'OCCUPAZIONE
Art. 8. Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità
1. I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei
lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro
rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi
interconfederali vigenti, compreso l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, possono
realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di
essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze
sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di
forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di
competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e
all'avvio di nuove attività.
2. Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti
l'organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà
negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell'orario di lavoro;
e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni
coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti
di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento
discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento
della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al
lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla
fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del
lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.
2-bis. Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative
comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese di cui al comma 1
operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal
comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
233
3. Le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima
dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di
tutto il personale delle unità produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato
approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori.
3-bis. All’articolo 36, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, sono apportate le
seguenti modifiche:
a) all’alinea, le parole: "e la normativa regolamentare, compatibili con la legislazione comunitaria,
ed applicate" sono sostituite dalle seguenti: "la normativa regolamentare, compatibili con la
legislazione comunitaria, ed applicate";(lettera così modificata dall'art. 37, comma 2, legge n. 27
del 2012)
b) dopo la lettera b), è inserita la seguente: "b-bis) regolazione dei trattamenti di lavoro del
personale definiti dalla contrattazione collettiva svolta dalle organizzazioni più rappresentative a
livello nazionale".(lettera così modificata dall'art. 37, comma 2, legge n. 27 del 2012)
Art. 9. Collocamento obbligatorio e regime delle compensazioni
1. All'articolo 5 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 8 è sostituito dal seguente:
«8. Gli obblighi di cui agli articoli 3 e 18 devono essere rispettati a livello nazionale. Ai fini del
rispetto degli obblighi ivi previsti, i datori di lavoro privati che occupano personale in diverse unità
produttive e i datori di lavoro privati di imprese che sono parte di un gruppo ai sensi dell'articolo
31 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 possono assumere in una unità produttiva o,
ferme restando le aliquote d'obbligo di ciascuna impresa, in una impresa del gruppo avente sede in
Italia, un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento mirato superiore a quello prescritto,
portando in via automatica le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti nelle
altre unità produttive o nelle altre imprese del gruppo aventi sede in Italia»;
b) dopo il comma 8 sono inseriti i seguenti commi: «8-bis. I datori di lavoro privati che si
avvalgono della facoltà di cui al comma 8 trasmettono in via telematica a ciascuno dei servizi
competenti delle province in cui insistono le unità produttive della stessa azienda e le sedi delle
diverse imprese del gruppo di cui all'articolo 31 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,
il prospetto di cui all'articolo 9, comma 6, dal quale risulta l'adempimento dell'obbligo a livello
nazionale sulla base dei dati riferiti a ciascuna unità produttiva ovvero a ciascuna impresa
appartenente al gruppo»;
«8-ter. I datori di lavoro pubblici possono essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad
assumere in una unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento
obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le eccedenze a compenso del minor numero di
lavoratori assunti in altre unità produttive della medesima regione»;
234
«8-quater. Sono o restano abrogate tutte le norme incompatibili con le disposizioni di cui ai commi
8, 8-bis e 8-ter».
Art. 10. Fondi interprofessionali per la formazione continua
1. All'articolo 118, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dopo le parole «si possono
articolare regionalmente o territorialmente» aggiungere le seguenti parole «e possono altresì
utilizzare parte delle risorse a essi destinati per misure di formazione a favore di apprendisti e
collaboratori a progetto».
Art. 11. Livelli di tutela essenziali per l'attivazione dei tirocini
1. I tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso
degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee
garanzie all'espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici,
psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i
condannati ammessi a misure alternative di detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non
curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere
promossi unicamente a favore di neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal
conseguimento del relativo titolo di studio.
2. In assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili
con le disposizioni di cui al comma che precede, l'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196 e il
relativo regolamento di attuazione.
Art. 12. Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
1. Dopo l'articolo 603 del codice penale sono inseriti i seguenti:
«Art. 603-bis (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) ...» (omissis) «Art. 603-ter (Pene
accessorie) ...» (omissis)
Titolo IV - RIDUZIONE DEI COSTI DEGLI APPARATI ISTITUZIONALI
Art. 13. Trattamento economico dei parlamentari e dei membri degli altri organi
costituzionali. Incompatibilità. Riduzione delle spese per i referendum
1. A decorrere dal mese successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, ai membri degli organi costituzionali, fatta eccezione per il Presidente della
Repubblica e i componenti della Corte costituzionale, si applica, senza effetti a fini previdenziali,
una riduzione delle retribuzioni o indennità di carica superiori a 90.000 Euro lordi annui previste
alla data di entrata in vigore del presente decreto, per gli anni 2011, 2012 e 2013, in misura del 10
per cento per la parte eccedente i 90.000 euro e fino a 150.000 euro, nonché del 20 per cento per la
235
parte eccedente 150.000 euro. A seguito della predetta riduzione il trattamento economico
complessivo non può essere comunque inferiore a 90.000 euro lordi annui.
2. In attesa della revisione costituzionale concernente la riduzione del numero dei parlamentari e
della rideterminazione del trattamento economico omnicomprensivo annualmente corrisposto ai
sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111:
a) ai parlamentari che svolgono qualsiasi attività lavorativa per la quale sia percepito un reddito
uguale o superiore al 15 per cento dell’indennità parlamentare la riduzione dell’indennità di cui al
comma 1 si applica in misura del 20 per cento per la parte eccedente i 90.000 euro e fino a 150.000
euro, in misura del 40 per cento per la parte eccedente i 150.000 euro. La riduzione si applica con le
medesime decorrenza e durata di cui al comma 1;
b) le Camere, in conformità con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, individuano entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto le modalità più adeguate per
correlare l'indennità parlamentare al tasso di partecipazione di ciascun parlamentare ai lavori delle
Assemblee, delle Giunte e delle Commissioni.
3. Fermo restando quanto previsto dalla legge 20 luglio 2004, n. 215, e successive modificazioni, le
cariche di deputato e di senatore, nonché le cariche di governo di cui all’articolo 1, comma 2, della
citata legge n. 215 del 2004, sono incompatibili con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura
monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione
delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 15.000 abitanti, fermo restando quanto
previsto dall’articolo 62 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Le
incompatibilità di cui al primo periodo si applicano a decorrere dalla data di indizione delle elezioni
relative alla prima legislatura parlamentare successiva alla data di entrata in vigore del presente
decreto. A decorrere dalla data di indizione delle relative elezioni successive alla data di entrata in
vigore del presente decreto, le incompatibilità di cui al primo periodo si applicano, altresì, alla
carica di membro del Parlamento europeo spettante all’Italia, fermo restando quanto previsto
dall’articolo 6, commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e
successive modificazioni. Resta fermo in ogni caso il divieto di cumulo con ogni altro emolumento;
fino al momento dell’esercizio dell’opzione, non spetta alcun trattamento per la carica sopraggiunta.
(comma così modificato dall'art. 1, comma 139 della legge n. 56 del 2014)
4. All'articolo 7 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15
luglio 2011, n. 111, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:
«2-bis. Nel caso in cui, nel medesimo anno, debba tenersi più di un referendum abrogativo, la
convocazione degli elettori ai sensi dell'articolo 34 della legge 25 maggio 1970, n. 352, avviene per
tutti i referendum abrogativi nella medesima data.».
Art. 14. Riduzione del numero dei consiglieri e assessori regionali e relative indennità. Misure
premiali
236
1. Per il conseguimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito del coordinamento della finanza
pubblica, le Regioni, adeguano, nell'ambito della propria autonomia statutaria e legislativa, i
rispettivi ordinamenti ai seguenti ulteriori parametri: (alinea così modificato dall'art. 30, comma 5,
legge n. 183 del 2011)
a) previsione che il numero massimo dei consiglieri regionali, ad esclusione del Presidente della
Giunta regionale, sia uguale o inferiore a 20 per le Regioni con popolazione fino ad un milione di
abitanti; a 30 per le Regioni con popolazione fino a due milioni di abitanti; a 40 per le Regioni con
popolazione fino a quattro milioni di abitanti; a 50 per le Regioni con popolazione fino a sei milioni
di abitanti; a 70 per le Regioni con popolazione fino ad otto milioni di abitanti; a 80 per le Regioni
con popolazione superiore ad otto milioni di abitanti. La riduzione del numero dei consiglieri
regionali rispetto a quello attualmente previsto è adottata da ciascuna Regione entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore del presente decreto e deve essere efficace dalla prima legislatura regionale
successiva a quella della data di entrata in vigore del presente decreto. Le Regioni che, alla data di
entrata in vigore del presente decreto, abbiano un numero di consiglieri regionali inferiore a quello
previsto nella presente lettera, non possono aumentarne il numero;
b) previsione che il numero massimo degli assessori regionali sia pari o inferiore ad un quinto del
numero dei componenti del Consiglio regionale, con arrotondamento all'unità superiore. La
riduzione deve essere operata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e
deve essere efficace, in ciascuna regione, dalla prima legislatura regionale successiva a quella in
corso alla data di entrata in vigore del presente decreto;
c) riduzione a decorrere dal 1° gennaio 2012, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 3 del
decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n.
42, degli emolumenti e delle utilità, comunque denominati, previsti in favore dei consiglieri
regionali entro il limite dell'indennità massima spettante ai membri del Parlamento, così come
rideterminata ai sensi dell'articolo 13 del presente decreto;
d) previsione che il trattamento economico dei consiglieri regionali sia commisurato all'effettiva
partecipazione ai lavori del Consiglio regionale;
e) istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2012, di un Collegio dei revisori dei conti, quale organo di
vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell'ente; il Collegio, ai
fini del coordinamento della finanza pubblica, opera in raccordo con le sezioni regionali di controllo
della Corte dei conti; i componenti di tale Collegio sono scelti mediante estrazione da un elenco, i
cui iscritti devono possedere i requisiti previsti dai principi contabili internazionali, avere la
qualifica di revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, ed essere in possesso
di specifica qualificazione professionale in materia di contabilità pubblica e gestione economica e
finanziaria anche degli enti territoriali, secondo i criteri individuati dalla Corte dei conti;
f) passaggio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e con efficacia a
decorrere dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore
del presente decreto, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali.
[2. L'adeguamento ai parametri di cui al comma 1 da parte delle Regioni a Statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano costituisce condizione per l'applicazione dell'articolo 27
della legge 5 maggio 2009, n. 42, nei confronti di quelle Regioni a statuto speciale e province
autonome per le quali lo Stato, ai sensi del citato articolo 27, assicura il conseguimento degli
obiettivi costituzionali di perequazione e di solidarietà, ed elemento di riferimento per
237
l'applicazione di misure premiali o sanzionatorie previste dalla normativa vigente. ] (comma
dichiarato costituzionalmente illegittimo da Corte costituzionale, sentenza n. 198 del 20 luglio
2012)
Art. 15. Dimezzamento dei consiglieri e assessori provinciali
1. - 4. (soppressi dalla legge di conversione)
5. A decorrere dal primo rinnovo degli organi di governo delle Province successivo alla data di
entrata in vigore del presente decreto, il numero dei consiglieri provinciali e degli assessori
provinciali previsto dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto è
ridotto della metà, con arrotondamento all'unità superiore.
6. - 7. (soppresso dalla legge di conversione)
Art. 16. Riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e
razionalizzazione dell’esercizio delle funzioni comunali
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. (commi abrogato dall'art. 1, comma 104, legge n. 56 del
2014)
14. 15. 16. (commi da 14 a 16 soppressi dall'art. 19, comma 2, legge n. 135 del 2012)
17. A decorrere dal primo rinnovo di ciascun consiglio comunale successivo alla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto: (questo comma ha implicitamente modificato
l'art. 37, comma 1, e l'art. 47, comma 1, d.lgs. n. 267 del 2000)
a) per i comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che
dal sindaco, da dieci consiglieri e il numero massimo degli assessori è stabilito in due; (lettera così
sostituita dall'art. 1, comma 135, lettera a), legge n. 56 del 2014)
b) per i comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 10.000 abitanti, il consiglio comunale è
composto, oltre che dal sindaco, da dodici consiglieri e il numero massimo di assessori è stabilito in
quattro; (lettera così sostituita dall'art. 1, comma 135, lettera a), legge n. 56 del 2014)
c) (lettera abrogata dall'art. 1, comma 135, lettera b), legge n. 56 del 2014)
d) (lettera abrogata dall'art. 1, comma 135, lettera b), legge n. 56 del 2014)
18. A decorrere dalla data di cui al comma 9, ai consiglieri dei comuni con popolazione fino a 1.000
abitanti non sono applicabili le disposizioni di cui all’articolo 82 del citato testo unico di cui al
decreto legislativo n. 267 del 2000; non sono altresì applicabili, con l’eccezione del primo periodo
del comma 1, le disposizioni di cui all’articolo 80 del citato testo unico di cui al decreto legislativo
n. 267 del 2000.
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19. All’articolo 38, comma 7, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000,
dopo le parole: "previsti dal regolamento", sono aggiunte le seguenti: "e, nei comuni con
popolazione fino a 15.000 abitanti, si tengono preferibilmente in un arco temporale non
coincidente con l’orario di lavoro dei partecipanti".
20. All’articolo 48, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, è
aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, le
riunioni della giunta si tengono preferibilmente in un arco temporale non coincidente con l’orario
di lavoro dei partecipanti".
21. All’articolo 79, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, le
parole: "per l’intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli" sono sostituite dalle
seguenti: "per il tempo strettamente necessario per la partecipazione a ciascuna seduta dei
rispettivi consigli e per il raggiungimento del luogo di suo svolgimento".
22. All’articolo 14, comma 28, del citato decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, le parole: "fino a 5.000 abitanti, esclusi le isole
monocomune" sono sostituite dalle seguenti: "superiore a 1.000 e fino a 5.000 abitanti, esclusi i
comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole".
23. All’articolo 2, comma 7, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, le parole: "le isole
monocomune" sono sostituite dalle seguenti: "i comuni il cui territorio coincide integralmente con
quello di una o di più isole".
24. All’articolo 14, comma 31, alinea, del citato decreto-legge n. 78 del 2010, le parole: "5.000
abitanti o nel quadruplo del numero degli abitanti del comune demograficamente più piccolo tra
quelli associati" sono sostituite dalle seguenti: "10.000 abitanti, salvo diverso limite demografico
individuato dalla regione entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138"; al medesimo comma 31, la lettera c) è abrogata e la
lettera b) è sostituita dalla seguente: "b) entro il 31 dicembre 2012 con riguardo a tutte le sei
funzioni fondamentali loro spettanti ai sensi dell’articolo 21, comma 3, della citata legge n. 42 del
2009".
25. A decorrere dal primo rinnovo dell’organo di revisione successivo alla data di entrata in vigore
del presente decreto, i revisori dei conti degli enti locali sono scelti mediante estrazione da un
elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello regionale, nel
Registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, nonché gli iscritti
all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Con decreto del Ministro dell’interno,
da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, sono stabiliti criteri per l’inserimento degli interessati nell’elenco di cui al primo
periodo, nel rispetto dei seguenti principi:
a) rapporto proporzionale tra anzianità di iscrizione negli albi e registri di cui al presente comma e
popolazione di ciascun comune;
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b) previsione della necessità, ai fini dell’iscrizione nell’elenco di cui al presente comma, di aver in
precedenza avanzato richiesta di svolgere la funzione nell’organo di revisione degli enti locali;
c) possesso di specifica qualificazione professionale in materia di contabilità pubblica e gestione
economica e finanziaria degli enti pubblici territoriali.
26. Le spese di rappresentanza sostenute dagli organi di governo degli enti locali sono elencate, per
ciascun anno, in apposito prospetto allegato al rendiconto di cui all’articolo 227 del citato testo
unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Tale prospetto è trasmesso alla sezione regionale
di controllo della Corte dei conti ed è pubblicato, entro dieci giorni dall’approvazione del
rendiconto, nel sito internet dell’ente locale. Con atto di natura non regolamentare, adottato d’intesa
con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, il Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adotta uno schema
tipo del prospetto di cui al primo periodo.
27. All’articolo 14, comma 32, alinea, del citato decreto-legge n. 78 del 2010, le parole: "31
dicembre 2013" sono sostituite dalle seguenti: "31 dicembre 2012"; alla lettera a) del medesimo
comma 32, le parole "31 dicembre 2013" sono sostituite dalle seguenti: "31 dicembre 2012".
28. Al fine di verificare il perseguimento degli obiettivi di semplificazione e di riduzione delle
spese da parte degli enti locali, il prefetto accerta che gli enti territoriali interessati abbiano attuato,
entro i termini stabiliti, quanto previsto dall’articolo 2, comma 186, lettera e), della legge 23
dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, e dall’articolo 14, comma 32, primo periodo, del
citato decreto-legge n. 78 del 2010, come da ultimo modificato dal comma 27 del presente articolo.
Nel caso in cui, all’esito dell’accertamento, il prefetto rilevi la mancata attuazione di quanto
previsto dalle disposizioni di cui al primo periodo, assegna agli enti inadempienti un termine
perentorio entro il quale provvedere. Decorso inutilmente detto termine, fermo restando quanto
previsto dal secondo periodo, trova applicazione l’articolo 8, commi 1, 2, 3 e 5 della legge 5 giugno
2003, n. 131.
29. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai comuni appartenenti alle regioni a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto degli statuti delle
regioni e province medesime, delle relative norme di attuazione e secondo quanto previsto
dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
30. Dall’applicazione di ciascuna delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
31. A decorrere dall’anno 2013, le disposizioni vigenti in materia di patto di stabilità interno per i
comuni trovano applicazione nei riguardi di tutti i comuni con popolazione superiore a 1.000
abitanti.
Art. 17. Disposizioni relative al Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro
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1. Alla legge 30 dicembre 1986, n. 936 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 2 è sostituito dal seguente: "Art. 2. - Composizione del Consiglio – 1. Il Consiglio
nazionale dell’economia e del lavoro è composto da esperti, da rappresentanti delle categorie
produttive e da rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di
volontariato in numero di settanta oltre al presidente e al segretario generale, secondo la
ripartizione stabilita con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente disposizione.";
b) l'articolo 14 è sostituito dal seguente: "Art. 14. Pronunce del CNEL - 1. Gli atti del CNEL sono
assunti a maggioranza assoluta dei suoi componenti in Assemblea. Il presidente, sentiti i
vicepresidenti e il segretario generale, può istituire fino a quattro commissioni istruttorie, in
ciascuna delle quali siedono non più di quindici consiglieri, proporzionalmente alle varie
rappresentanze. La presidenza di ciascuna commissione istruttoria spetta ad uno dei
vicepresidenti.".
2. Gli articoli 6, comma 1, e 15 della legge 30 dicembre 1986, n. 936, sono abrogati. E' altresì
abrogata, o coerentemente modificata, ogni altra norma incompatibile con le disposizioni di cui al
presente articolo.(comma così modificato dall'art. 23, comma 12, legge n. 214 del 2011)
Art. 18. Voli in classe economica
1. I Parlamentari, gli amministratori pubblici, i dipendenti delle amministrazioni dello Stato,
centrali e periferiche, anche a ordinamento autonomo, gli amministratori, i dipendenti e i
componenti degli enti e organismi pubblici, di aziende autonome e speciali, di aziende a totale
partecipazione pubblica, di autorità amministrative indipendenti o di altri enti pubblici e i
commissari straordinari che, per gli spostamenti e le missioni legate a ragioni di servizio all'interno
dei Paesi appartenenti al Consiglio d’Europa, utilizzano il mezzo di trasporto aereo, volano in classe
economica. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 216, della legge 23 dicembre 2005,
n. 266. All'articolo 1, comma 468, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole "al personale con
qualifica non inferiore a dirigente di prima fascia e alle categorie equiparate, nonché" sono
soppresse.
Art. 19. Disposizioni finali
1. Alle maggiori spese derivanti dall'attuazione del presente decreto, di cui, rispettivamente,
all'articolo 1 commi 16 e 25, all'articolo 2 comma 2, all'articolo 5 e all'articolo 7, pari
complessivamente a 2.215,2 milioni di euro per l'anno 2012 a 132,8 milioni di euro per l'anno 2013,
170,8 milioni di euro per l'anno 2014, 323 milioni di euro per l'anno 2015 e 16 milioni di euro per
l'anno 2016, pari a, in termini di indebitamento netto, a 182,8 milioni per l'anno 2013 ed a 320,8
milioni per l'anno 2014, si provvede con quota parte delle maggiori entrate derivanti dal presente
decreto.
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2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 19-bis. Disposizioni finali concernenti le regioni a statuto speciale e le province autonome
1. L’attuazione delle disposizioni del presente decreto nelle regioni a statuto speciale e nelle
province autonome di Trento e di Bolzano avviene nel rispetto dei loro statuti e delle relative norme
di attuazione e secondo quanto previsto dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
Art. 20. Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge
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Bibliografia:
Istituto poligrafico Zecca dello Stato
L. BENCI, Aspetti giuridici della professione infermieristica, Mc Graw-Hill, sesta ed. 2011
A. SILVESTRO, G. BARBIERI, A. MASUCCI, D. RODRIGUEZ, A.G. SPAGNOLO,
Commentario al codice deontologico dell’infermiere, McGraw-Hill, 2009
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