Socrate
Socrate è l’antisofista per eccellenza: povero, ma circondato di discepoli.
Quando afferma di non sapere, non è un atto di modestia, ma è la consapevolezza del fatto che
intorno a lui non c’è nulla che gli consenta di sapere (leggi, istituzioni, usi, dottrine filosofiche).
Poiché il sapere è una conoscenza incrollabile, ferma, essa è la Verità, mentre tutte le
conoscenze e le regole, una volta esaminate, si rivelano infondate e contraddittorie.
La critica di Socrate alla società è più radicale di quella degli atomisti: la sua condanna a morte
è una difesa della società che si sente minacciata. Egli sa cosa sia quella Verità di cui rileva
l’essenza: è l’incontrovertibilità, ma il tutto non ha questo carattere. A Socrate è presente
l’idea di Verità ma non la Verità stessa. Egli sa di non possedere la Verità. Sapere di non
sapere, non significa solo aver presente l’idea di Verità, ma anche essere nella Verità. La Verità
coincide con la critica e il rifiuto di tutto ciò che si va scoprendo privo di Verità. La Verità povera
si dispone a diventare ricca, perché coincide con la ricerca di quel vero sapere che si sa di non
possedere.
Socrate vive intensamente la sua vita, vita di fede nella Verità che ricerca. La sua fede sta nel
sostenere che la Verità esiste anche se l’uomo non la possiede. Essere nella Verità è essere
nella fede.
Dunque riassumendo: si ha presente l’idea di Verità, ma si è alla ricerca della Verità non si
trova, ma che si ha Fede di poter raggiungere
(I paradosso
socratico). Il paradosso è apparente perché, di fatto, non si saprebbe cercare se non vi fosse
speranza di trovare. Socrate ha fede proprio perché spera di raggiungere l’incontrovertibile (“ Fé
sustanzia di cose sperate e argomento delle non parventi” Dante).
Platone nell’Apologia parla di un demone interiore a Socrate. Questa voce e questa Verità
implicita in cui Socrate crede volontariamente: infatti se conoscesse la Verità non ne avrebbe
bisogno. Proprio perché non la conosce ha bisogno di un riflesso di questa Verità nella sua
coscienza.
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Una persona che conosce il Bene non può non farlo; quindi chi fa il Male non lo fa mai
volontariamente, ma sempre involontariamente, a causa dell’ignoranza (II paradosso
socratico).
Corollario contraddittorio:
Patone nell’Ippia Minore, si domanda se sia più riprovevole Ulisse il quale pecca usando
l’ingegno o Achille trasportato dalla passione. Socrate afferma che pecca di più Achille perché
segue l’impulso analogamente agli animali, mentre Ulisse usa l’intelligenza. Socrate nega la
debolezza della volontà: il Male deriva solo dalla non conoscenza.
Socrate non ha fatto altro che educare, indurre gli uomini a riconoscere la loro colpevolezza ed
a migliorarsi (γνώτι σεαυτόν); ci si migliora ricercando continuamente la Verità.
IRONIA
Socrate si pone sullo stesso piano dell’interlocutore, e gli pone una domanda banale, ma
profonda, chiedendo una definizione incontrovertibile anche delle cose più comuni.
L’interlocutore dopo una prima risposta decisamente superficiale, cade nella rete dell’ironia.
L’interlocutore è così costretto a riconoscere di non sapere, di usare parole dietro alle quali non
c’è alcun concetto (concetto: lat. conceptum, gr. σύλλαμβαυω= prendere insieme i dati comuni
di concetti estraendoli da quelli non comuni per arrivare all’incontrovertibile). Sapere è dunque
possedere la definizione incontrovertibile.
Convincere gli uomini della loro ignoranza è il primo passo per educarli alla Verità. La scoperta
del sapere concettuale e la professione d'ignoranza sono due termini dello stesso processo. Gli
uomini non sono capaci di produrre delle definizioni, che per natura devono essere
incontrovertibili, ma invece esprimono delle opinioni sulle quali si può posare l’ironia. Il primo
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passo dunque consiste nello sgomberare la mente dalle opinioni. Il secondo passo è la ricerca
in comune attraverso il dialogo. La ricerca socratica non è una ricerca nel buio, ma è garantita
dalla fede nell’uomo che non può non trovare. Questa fede è congiunta con la fede che la Verità
non può non essere. L’impegno è allora di misurare con questo metro tutto ciò che si afferma
per arrivare alla Verità.
MAIEUTICA
LA maieutica è l’arte della levatrice. Socrate vuole aiutare la Verità a venire fuori da ogni uomo,
perché essa è dentro l’uomo, solo che lui non ne è a conoscenza. Non possiede i concetti già
formati. La Verità trova nell’animo dell’uomo le sue condizioni. La maieutica è coestensiva al
domandare ed all’ironia.
L’ironia e la maieutica hanno un fine pratico: quello di educare i concittadini alla coerenza
davanti ai veri valori. Socrate non è uno speculativo, un teoretico, è un moralista. Il suo
messaggio può essere espresso come rinuncia all’esercizio estrinseco dell’autorità. L’autorità si
conquista toccando la parte più nascosta della coscienza dell’uomo, svegliandola e ponendola
in una crisi salutare. Ciò presuppone grande rispetto per l’uomo e fede nel Bene che si fa luce
da sé. L’opera di Socrate è di stimolare la ricerca: Socrate stesso cerca sinceramente. La
salvezza è dunque la conoscenza della Verità e la sua ricerca.
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