VI CONVEGNO NAZIONALE SULLA PESCHICOLTURA MERIDIONALE Caserta 6-7 marzo 2008 Complesso Monumentale Belvedere di San Leucio Ercolano, Casa dei cervi rossi, 45-79 d.c., affresco, natura morta con brocca e acqua RIASSUNTI Università di Napoli Federico II Unità di Ricerca per la Frutticoltura Caserta Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana L’ORGANIZZAZIONE DEL CONVEGNO È GRATA PER IL SUPPORTO RICEVUTO DA QUANTI HANNO A CUORE LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE PER LO SVILUPPO DELLA PESCHICOLTURA. Regione Campania Comune di Caserta Provincia di Caserta Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura Caserta VI CONVEGNO NAZIONALE SULLA PESCHICOLTURA MERIDIONALE CONVENERS Carmine Damiano CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura - Caserta Claudio Di Vaio Università degli Studi di Napoli Federico II COMITATO SCIENTIFICO Carlo Fideghelli Presidente CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura - Roma Michele Bianco Regione Campania Tiziano Caruso Università degli Studi di Palermo Carmine Damiano CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura - Caserta Claudio Di Vaio Università degli Studi di Napoli Federico II Marcello Forlani Università degli Studi di Napoli Federico II Angelo Godini Università degli Studi di Bari Paolo Inglese Università degli Studi di Palermo Presidente Generale della S.O.I. Paolo Masi Università degli Studi di Napoli Federico II Vito Savino Università degli Studi di Bari Felice Scala Università degli Studi di Napoli Federico II Cristos Xiloyonnis Università degli Studi della Basilicata Comitato Organizzatore Antonio Cannavale Giuseppe Capriolo Oreste Insero Rita Parillo Italo Santangelo tel 0823 256232 fax 0823 493381 e-mail: [email protected] 1 PROGRAMMA GIOVEDI’ 6 MARZO 2008 ore 8:00 – 18:00 Registrazione ore 8:45 Saluti Autorità: Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Regione Campania – Assessorato all'Agricoltura e alle attività Produttive Provincia di Caserta Interventi programmati : Prof. Paolo Inglese Presidente Generale SOI (Società Ortoflorofrutticoltura Italiana) Prof. Paolo Masi Preside della Facoltà di Agraria, Università di Napoli Federico II Dott. Ruggero Bartocci Dirigente STAPA CePICA di Caserta I sessione: Aspetti economici e valorizzazione Relazioni: ore 9.30 Marzano F., UNAPROA (Moderatore) Innovazione e servizi al prodotto del sistema ortofrutticolo organizzato ore 9.55 Reggidori G., APOCONERPO - Ravenna La filera organizzativa per il mercato e la valorizzazione ore 10.15 Martelli S., Lasala P., Mennone C., ALSIA Regione Basilicata Il distretto Agroalimentare quale momento di sviluppo del territorio agricolo lucano ore 10.30 Predieri S., Liverani A., Gatti E., Versari N., IBIMET-CNR, Bologna Preferenze del consumatore italiano in funzione delle caratteristiche organolettiche dei frutti di pesco ore 10.45 Dibattito ore 11.00 Benemerenze SOI, Paolo Inglese Presidente Generale SOI (Moderatore) ore 11.15 Pausa Cafè II sessione: Evoluzione varietale e scelta dei portinnesti Relazioni: Fideghelli C. Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma (Moderatore) ore 11.30 Fideghelli C., Della Strada G., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma La recente evoluzione varietale della peschicoltura internazionale ore 12.00 Bassi D., Mignani I., Spinardi A., Ghiani A., Negrini N., Morghutti S., Università di Milano La nettarina ‘Big Top’: un caso di studio? ore 12.15 Sansavini S., Ancarani V., Curto G., Sacconi R. Università di Bologna Selezione di portinnesti franchi clonali di pesco resistenti a nematodi ore 12.30 Mennone C., Gioia P., Colombo R., Berra L., Caggiano P., AASD Pantanello, Regione Basilicata Indirizzi nella scelta varietale per la peschicoltura meridionale ore 12.45 Insero O., Rega P., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Caserta Peschicoltura campana: evoluzione varietale negli ultimi cinquant’anni ore 13.00 Capocasa F., Borraccini G., Diamanti J., Mezzetti B., Università Politecnica delle Marche Varietà e portinnesto per la coltivazione del pesco nel medio-adriatico ore 13.15 Dibattito ore 13.30 Pausa Pranzo ore 14.30 Di Vaio C., Università di Napoli Federico II (Moderatore) Discussione Poster 2 III sessione: Sistemi d’impianto, ecofisiologia e tecnica colturale Relazioni: Caruso T., Università di Palermo (Moderatore) ore 15.00 Caruso T., Di Vaio C., Guarino F., Marra F.P., Musso O., Università di Palermo Evoluzione dei sistemi d’impianto nella peschicoltura meridionale: recenti acquisizioni ore 15.30 Moranti B., Zibordi M., Manfrini L., Corelli Grappadelli L., Università di Bologna Efficienza produttiva del pesco: relazioni tra intercettazione luminosa e carico di frutti ore 15.45 Dichio B., Montanaro G., Xiloyannis C., Università della Basilicata Gestione del suolo e della chioma per il risparmio idrico ore 16.00 Marra F., La Mantia M., Caruso T., Università di Palermo Valutazione delle esigenze biotermiche ai fini della caratterizzazione del periodo di sviluppo del frutto in cultivar di pesco e di diversa provenienza ore 16.15 Losciale P., Morandi B., Chiai P., Corelli Grappadelli L., Università di Bologna Carico produttivo e stress foto-ossidativo ore 16.30 Dibattito ore 16.45 Pausa Caffè Relazioni: Xiloyannis C., Università della Basilicata (Moderatore) ore 17.00 Montanaro G., Dichio B., Celano G., Xiloyannis C., Università della Basilicata Monitoraggio dei flussi di carbonio tra un impianto di pesco e l’atmosfera ore 17.15 Gallotta A., Giorgio V., Pacucci C., Università di Bari Cascola pre-fiorale di gemme a fiore e produttività in 7 cultivar di pesche e nettarine nell’areale jonicometapontino ore 17.30 Neri D., Massetani F., Dalmonte C., Università Politecnica delle Marche Riduzione del ciclo di vivaio ore 17.45 Massetani F., Dalmonte P., Neri D., Savini G., Università Politecnica delle Marche Mini-innesto a chip-budding: controllo della qualità delle gemme ore 18.00 Grieco P. D., Vitelli V., Mennone C., Castoro V., Metapontum Agrobios Pesco: innovazioni delle tecniche di moltiplicazione del materiale vivaistico in Basilicata ore 18.15 Dibattito VENERDI’ 7 MARZO 2008 IV sessione: Protezione e difesa da parassiti e patogeni ore 8:00 – 11:00 registrazione Relazioni: Scala F., Università di Napoli (Moderatore) ore 9.00 Boscia D., Pollastro S., CNR - Bari Principali problematiche fitosanitarie della peschicoltura meridionale ore 9.15 Raio A., Puopolo G., Cozzolino L., Zoina A., Università di Napoli Federico II Efficacia della lotta biologica al tumore radicale del pesco in Italia meridionale ore 9.30 Viggiani G. Tesone T., Università di Napoli Federico II Cicaline (Homoptera: Typhlocybidae) e loro ooparassitoidi in pescheti campani ore 9.45 Palmisano F., Bazzoni A., Didonna A., Savino V, Università di Bari Valutazione di varietà di pesco e nettarine per la resistenza a Sharka:risultati preliminari ore 10.00 Tabilio M. R., De Salvador F. R., Mandatori R., Campus L., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma Prove di laboratorio per confrontare alcuni bioinsetticidi e validarne l’efficacia nel contenimento della Ceratitis capitata (Wiedemann) ore 10.15 D’Errico F., Capriolo G., Università di Napoli Federico II Le problematiche fitopatologiche del pesco legate al terreno 10.30 Dibattito 3 ore 10.45 Presentazione del libro The Peach curato da Bassi e Layne,Caruso T. Università di Palermo (Moderatore) ore 11.00 Pausa Caffè V sessione: Qualità dei frutti e post raccolta Relazioni: Forlani M., Università di Napoli Federico II (Moderatore) ore 11.15 G. Gugliuzza G., Inglese P., Liguori G., Università di Palermo Evoluzione della qualità dei frutti di pesco lungo la filiera ore 11.30 Testoni A., Rizzente A., Abbatecola A., Colella T., Caggiano P., Mennone C. CRA-IAA, Milano Evoluzione della Qualità in Shelf Life di alcune cv di pesche e nettarine ore 11.45 Costa G., Abbatecola A., Bevilacqua A., Ceredi G., Colella T., Demaria D., Fiori G., Mennone C., Noferini M., Pincu M., Robasto M., Rocco Quinto G., Turoni P., Vittone G., Ziosi V., Università di Bologna Sviluppo di metodi innovativi di gestione dei frutti nella fase di post-raccolta: definizione degli indici di raccolta in funzione della qualità di consumo e delle modalità di conservazione e di commercializzazione ore 12.00 Di Vaio C., Graziani G., Dumella M., Cascone A., Ritieni A., Università di Napoli Federico II Valutazione dell’attività antiossidante e del contenuto di carotenoidi e polifenoli totali di pesche e nettarine alla raccolta e dopo conservazione frigorifera ore 12.15 Ziosi V., Noferini M., Fiori G., Tadiello A., Trainotti L., Casadoro G., Costa G., Università di Bologna L’indice DA: un nuovo indice non-distruttivo in grado di caratterizzare l’evoluzione fisiologica e molecolare della maturazione del frutto di pesco. ore 12.30 Mari A., IDI-IRCCS, Roma La Pesca come causa di allergia: valutazione clinica comparata dei suoi allergeni ore 12.45 Farina L., Buccheri M., Tuppo L., Tamburrini M., Palazzo P., Giani M., Bernardi M. L., Mari A., Damiano C., Ciardiello M.A., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Caserta Analisi comparativa del quadro proteico ed identificazione e quantificazione di allergeni in cultivar di pesco ore 13.00 Simeone A. M., Piazza M. G., Fideghelli C., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma Variazioni dei composti nutraceutici e capacità antiossidante del germoplasma di pesco ore 13.15 Begheldo M., Ziliotto F., Rasori A., Bonghi C., Ramina A., Tonutti P., Università di Padova L’analisi delle variazioni del profilo trascrizionale in pesche trattate con 1-MCP ore 13.30 Dibattito ore 13.45 Damiano C., CRA Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Caserta (Moderatore) Conclusioni dei lavori 4 POSTER Aspetti economici e valorizzazione 1. Galluzzo N., Università di Teramo Evoluzione nel medio periodo delle esportazioni italiane di pesche con metodologie statistiche robuste e della specializzazione territoriale 2. Mennone C., Gioia P., Troiano M., Santangelo G., AASD Pantanello, Regione Basilicata Indagine sulla peschicoltura metapontina 3. Mora M., Echeverría G., Predieri S., Infante R., IBIMET-CNR, Bologna Studio congiunto Cile-Italia-Spagna su potenzialità di mercato e scelte dei consumatori di pesche e nettarine Evoluzione varietale, biotecnologie e scelta dei portinnesti 4. Avanzato D., Fideghelli C., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma Valutazione agronomica di selezioni di “Paccarelle” (P. persica) quali portinnesto del pesco 5. Avanzato D., Bevilacqua D., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma Osservazioni agronomiche su cloni di Prunus mume innestati con la nettarina Venus 6. Bassi D., Rizzo M., Foschi S., Università di Milano Nuova serie di nettarine sub-acide per l’Emilia - Romagna 7. Bassi D., Rizzo M., Foschi S., Università di Milano Bordo’, pesca precoce per l’Emilia - Romagna 8. Bellini E., Giannelli G., Picardi E., Università di Firenze “Maria Nicola”: nuova nettarina a polpa gialla a maturazione molto tardiva 9. Bellini E., Nencetti V., Giordani E., Morelli D. Università di Firenze Miglioramento genetico per la resistenza a Sharka (PPV) nel pesco: programma svolto presso il DOFI nell’ambito di un Progetto Mi.PAAF 10. Bono R., Buffa R., Massai R., T. Caruso, Università di Palermo Comportamento agronomico di quattro nuovi portinnesti ibridi pesco x mandorlo in un impianto ad alta densità in Sicilia: prime osservazioni 11. Bruno A., Centro Operativo Ricerca Fitogenetica Risultati definitivi di prove sperimentali di portainnesti di pesco in Serro Calderaro, Castel di Iudica (CT) 12. Damiano C., Monticelli S., Frattarelli A. CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma Allestimento di una collezione in vitro di cultivar di pesco di interesse storico 13. De Salvador F.R., Lolletti D., Raparelli E., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma Valutazione agronomica di un nuovo portinnesto ibrido del pesco 14. Frattarelli A., Arias M. D., Damiano C., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma Conservazione di germoplasma di pesco con la tecnica della crioconservazione 15. Insero O., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Caserta “Sagittaria”: nuova cultivar di pesco per le aree meridionali 16. Giovannini D., Liverani A., Brandi F., Versari N., CRA, Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì Nuovi portinnesti del pesco: primi risultati in Romagna(Progetto Mi.PAAF “Liste portinnesti) 17. Lacertosa G., Mennone C., Scalcione E., Silletti A., Metapontum Agrobios Effetti dell’andamento climatico sul comportamento fenologico del pesco nel Metapontino 18. Liverani A., Giovannini D., Brandi F. CRA, Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì PPVCON: il primo progetto nazionale per il miglioramento genetico della resistenza a sharka in pesco 19. Mennone C, Silletti A., Troiano M., Quinto G., AASD Pantanello, Regione Basilicata Nuovi portinnesti del pesco: primi risultati nel Metapontino (Progetto Mipaaf Regioni) 20. Micali S., Vendramin E., Dettori M.T., Giovinazzi J., Verde I., Quarta R., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma Caratterizzazione e valorizzazione del “Percoco di Tursi“ 21. Monticelli S., Gentile A., Frattarelli A., Damiano C., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma Coltura in vitro di embrioni immaturi di incroci interspecifici (Prunus persica x P. davidiana) per l’introgressione di caratteri di resistenza a sharka 22. Padula G., Bellini E., Giordani E., Ferri A. Università di Firenze 5 Ulteriori indagini sulla resistenza del pesco alla bolla (Taphrina deformans Berk.Tul.) 23. Palasciano M., Camposeo S., Ferrara G., Godini A., Università di Bari Possibili relazioni tra mancato soddisfacimento del fabbisogno in freddo, allegagione e produzione di una vasta popolazione di nuove cultivar di pesco in Puglia 24. Piccirillo P., Monticelli S., De Luca A. CRA – Unità di ricerca per la Frutticoltura di Caserta Valutazione della risposta all’infezione di virus della Sharka (PPV)di cultivar e selezioni avanzate di pesco e nettarine usate in incroci con l’ibridoPrunus persica x Prunus davidiana, 25. Preka P., Cherubini S., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma Influenza del portinnesto sulle caratteristiche fisiologiche della cultivar Baby Gold 9 innestata su quattro portinnesti 26. Russo G., Università di Bari “Percoco di Turi”: ecotipo da salvaguardare e valorizzare Sistemi d’impianto, ecofisiologia e tecnica colturale 27. Lazzari L, Celano G, Amato M, Said A. al Hagrey, Loperte A, Lapenna V., Satriani A., Università della Basilicata Uso della tomografia geoelettrica per lo studio della variabilità spaziale delle proprietà fisiche del terreno e degli apparati radicali in sistema pescheto 28. Massetani F., Dalmonte P., Giorgi V., Neri D., Università Politecnica delle Marche Innesto a mini chip-budding: impiego di diversi materiali per la legatura 29. Petrozza A., Lacertosa G., Metapontum Agrobios Efficacia di nuovi formulati contro la clorosi ferrica del pesco Protezione e difesa da parassiti e patogeni 30. Abbatecola A., Troiano M., Caponero A., Mennone C., AASD Pantanello, Regione Basilicata Un caso fitopatologico di particolare interesse: i marcimi radicali da Armillaria spp. 31 Bazzoni A., Palmisano F., Tavano D., Savino V., Università di Bari Confronto di tecniche per la diagnosi di ilarvirus su materiale dormiente di drupacee 32. Guarnone A., Capella A..Guastamacchia F., SIPCAM Treabon Star: larvicida specifico per il contenimento di Cydia molesta del pesco 33. Tabilio M.R., Mandatori R., Quaranta M., De Salvador F.R., CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma Ceratitis capitata (Wiedemann): una prospettiva di controllo dai nematodi entomopatogeni 34 Tabilio M.R., Letardi A., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma Tecniche di manipolazione in campo di Chrysoperla carnea (Neuroptera Chrysopidae) in un pescheto a gestione biologica 35 Zampini S., Boscia D., Cosmi T., Girolami V., Migliorini C., Mori N., Tosi L.., Università di Padova Le piante erbacee nella epidemiologia della Sharka: risultati di due anni di indagine Qualità dei frutti e post raccolta 36. Capocasa F., Diamanti J., Mezzetti B., Università Politecnica delle Marche Influenza del portinnesto sulla qualità nutrizionale del pesco 37. de Palma L., Tarantino A. Università di Foggia Parametri di maturità, giudizio organolettico e contenuto fenolico in percoche a consumo diretto 38. Farina V., Volpe G., Mazzaglia A., Lanza M., Università di Palermo Valutazione qualitativa di pesche e nettarine a maturazione tardiva in Sicilia 39. Mennone C., Pincu M., Quinto G., Colella T., Abbatecola A., AASD Pantanello, Regione Basilicata Creazione di modelli di predizione sulla qualità di pesche e nettarine nel Metapontino con un dispositivo VIS/NIR portatile (qualità station) 40. Motisi A., Gullo G., Zappia R., Mafrica R., Dattola A., Malara T., Diamanti J., Mezzetti B., Università Mediterranea Reggio Calabria Variazione di alcuni parametri qualitativi in frutti di pesco della cv Rich May, in due combinazioni d’innesto 6 I SESSIONE ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE 7 ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE INNOVAZIONE E SERVIZI AL PRODOTTO DEL SISTEMA ORTOFRUTTICOLO ORGANIZZATO Fabrizio Marzano Presidente UNAPROA Fabrizio Marzano è presidente di Unaproa, sistema ortofrutticolo organizzato che aggrega 149 OP (Organizzazioni di produttori) che operano su tutto il territorio nazionale. Un sistema composto da più di 70.000 aziende agricole che producono 7 milioni di tonnellate di prodotto di qualità (il 25% della PLV agricola nazionale). Le OP hanno nella concentrazione dell’offerta e nella commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli la loro attività principale. Ma l’aspetto forse più importante da sottolineare è la capacità di investimento delle organizzazioni di produttori. Ogni anno le OP di Unaproa investono oltre 200 milioni di euro in progetti destinati al miglioramento della qualità dei prodotti ortofrutticoli italiani. Attraverso i programmi operativi, cofinanziati dall’Unione Europea, le OP riescono in tal modo a dare servizi aggiuntivi al prodotto che arriva sulle nostre tavole, attraverso investimenti in grado di garantire ai consumatori gusto, qualità e sicurezza alimentare. Servizi aggiuntivi al prodotto sono ad esempio il lavoro di selezione, taglio, lavaggio e confezionamento delle insalate che vengono messe in busta per diventare un comodo prodotto “pronto all’uso”. Si tratta di quelle che è possibile definire “innovazioni di prodotto” e sulle quali le OP investono tempo, risorse umane e capitali. Ma l’aggregazione in OP è importante anche perché consente di realizzare innovazioni nel campo della logistica, dei servizi al consumatore, dell’efficienza gestionale, della corretta informazione ai consumatori. L’aggregazione premia perché consente alle imprese di commercializzare prodotti di qualità e essere in tal modo sempre più competitive sul mercato. La programmazione, le ricerche di mercato, la conoscenza dei trend commerciali sono tutti compiti che, vista la dimensione sempre più internazionale del mercato, possono essere efficacemente svolti solo se si fa capo ad una OP. Nello specifico per la peschicoltura, uno degli aspetti più salienti deve essere quello dell’innovazione e del riordino/riclassificazione varietale. La “jungla” varietale vigente impedisce qualsiasi distinzione del prodotto mentre il mercato chiede di riconoscere almeno le caratteristiche principali di un prodotto. Per questo è indispensabile uscire dal tunnel nel quale la peschicoltura è sprofondata attraverso un sistema di codificazione semplificato delle varietà in funzione di parametri che possono essere il periodo di maturazione, la destinazione d’uso ed altri ancora che rispondono alle esigenze del mercato e non dei ricercatori. E’ importante uno sforzo complessivo per superare le attuali distinzioni varietali che appartengono ormai quasi esclusivamente ad un gruppo ristretto di esperti in un’ottica orientata alla visione produttiva senza tener conto che l’impatto sul mercato è sempre più negativo. Uscire dall’anonimato anche grazie all’innovazione è un obiettivo primario della nostra peschicoltura. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 8 ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE LA FILIERA ORGANIZZATA PER IL MERCATO E LA VALORIZZAZIONE Giampiero Reggidori (Ufficio Produzioni Agricole e Qualità – Apoconerpo) L’affermazione più semplice e anche più banale quando definiamo sinteticamente il mercato della frutta di stagione, vale a dire di quella che si consuma preferibilmente in uno stretto arco di tempo e solitamente ha una vita naturale molto breve dopo raccolta è la solita: viviamo in un mondo difficile! Il primo scoglio è infatti l’alta deperibilità e quindi lo stretto tempo di gestione di un prodotto come la pesca, che comunque percorre ormai in lungo e in largo almeno tutta l’Europa per arrivare sul tavolo del consumatore. Poi indipendentemente dalla qualità garantità, capita che un andamento climatico sfavorevole ai consumi (ritorni di freddi estivi, magari con frequenti piogge, ecc…) li riduce drasticamente anche solo per una settimana a tal punto che una sovraesposizione dell’offerta con domanda in frenata, rompe gli equilibri di mercato. Provocando soprattutto il crollo dei prezzi remunerati al produttore e il delicato equilibrio del giusto rapporto qualità/prezzo, che faticosamente si era creato fino ad allora. Spesso salta anche la garanzia di qualità offerta perché non ci sono più margini per sostenerla. L’unica possibilità concreta che rimane per salvaguardare al qualità al consumatore, nel rispetto del giusto margine per ogni fase della filiera impegnata è a questo punto un rapporto “fidelizzato” fra cliente e fornitore, dove specialmente nel nostro caso il fornitore è l’Organizzazione dei Produttori tramite i suoi uffici commerciali e il cliente è la Grande Distribuzione Organizzata con i suoi innumerevoli e capillari punti di vendita. Come si arriva ad affrontare il mercato lungo una filiera organizzata e “fidelizzando” il rapporto Cliente-Fornitore? L’argomento va verificato in ciascuna delle due parti per le rispettive competenze e responsabilità e visto che noi siamo principalmente produttori/manipolatori di pesche e nettarine, in questo caso, esaminiamo il percorso dall’interno del nostro mondo. La prima cosa fondamentale è lo studio delle principali vie di rinnovamento varietale, studiando quali sono le caratteristiche che dovranno avere le pesche e le nettarine perchè il consumatore le gradisca maggiormente. Oggi la tendenza è quella di gradire frutti colorati uniformi, con grado °brix maggiore del solito, pezzatura tendenzialmente grossa in Italia, non troppo nei paesi del Nord Europa. Frutto succoso, ma anche croccante, più facilmente pesca in Italia Centro-Sud e più nettarina al Nord e all’estero. La seconda cosa è quella di gestire con programmazione la coltivazione (superfici e numero anni di investimento) la varietà, in particolare con modalità gestionali in esclusiva. La terza è la predisposizione di un Disciplinare Tecnico di coltivazione finalizzato al raggiungimento di alti livelli di garanzia, sia in materia di sicurezza alimentare che di basso impatto ambientale che di qualità di prodotto. La quarta è la gestione di un percorso non soggetto a sbalzi termici forti e molto lineare nella catena del freddo, durante il periodo di temporanea conservazione e durante le manipolazioni di confezionamento. La quinta è il mantenimento di un adeguato controllo sui principali parametri di qualità. Tutto sottoposto a documentazione di riscontro e una rintracciabilità delle partite specifica. Una specie di “carta d’identità” del frutto che assomma molte informazioni sia dei processi applicati che delle caratteristiche di prodotto ottenute. Fatte queste cose, commercialmente a tutela del produttore agricolo non è ancora fatto tutto; abbiamo un’offerta molto frammentata e varia, mentre per fatti quasi naturali la domanda si è concentrata in poche potenze economiche. A parte quindi una possibile fidelizzazione fra Grande Catena e Grande Organizzazione dei Produttori, serve il rispetto comunque delle innumerevoli norme in materia e una maggior determinazione nel concentrare anche l’offerta. Non è molto difficile “smembrare” ulteriormente un già fragile mondo della produzione che ragiona molto sull’agronomia perché è il suo mestiere e delega troppo sul piano commerciale. Considerato che non basta organizzarsi per vendere direttamente al consumatore, perché produciamo comunque in Italia pesche e nettarine quasi 3,2 volte i nostri consumi e dunque siamo a pieno titolo e merito un robusto paese esportatore e che soprattutto deve esportare. 9 ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE IL DISTRETTO AGROALIMENTARE QUALE MOMENTO DI SVILUPPO DEL TERRITORIO AGRICOLO LUCANO S. Martelli*, P. Lasala*, C. Mennone** * Distretto agrolimentare di qualità del Metapontino **AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata Il Distretto Agroalimentare di Qualità del Metapontino, divenuto operativo nel 2006 con la costituzione del Comitato di Distretto, aggrega 12 comuni della Provincia di Matera territorialmente contigui in un’area caratterizzata da omogeneità demografica, economica e sociale: Bernalda, Colobraro, Montalbano Jonico, Montescaglioso, Nova Siri, Pisticci, Policoro, Rotondella, Scanzano Jonico, San Giorgio Lucano, Tursi e Valsinni. Le attività principali del comprensorio sono legate all’agricoltura, che occupa il 26% della popolazione attiva. Produzione principale è l’ortofrutta, con 5.000 imprese e una SAU di circa 24 mila ettari. Gli occupati nel settore sono 8.000 e sviluppano circa 2,2 milioni di giornate lavorative annue. La P.L.V. è di 224 milioni di euro. Nel territorio operano anche 9 imprese di trasformazione, con oltre 150 addetti. Buona anche la concentrazione dell’offerta di prodotti ortofrutticoli con la presenza nel territorio di 10 O.P.. Le condizioni pedoclimatiche rendono il Metapontino particolarmente vocato per le produzioni precoci; dal punto di vista commerciale si rileva un calendario abbastanza ampio sia per la frutta che per gli ortaggi. Oltre all’ortofrutta fresca, l’area è caratterizzata da altre produzioni agroalimentari di eccellente qualità: prodotti ortofrutticoli trasformati (conserve alimentari), vino (vino DOC Matera), olio, prodotti lattiero caseari. Negli ultimi anni si è sviluppata anche un’importante rete agrituristica di buona qualità. In questo contesto, il Distretto Agroalimentare di Qualità del Metapontino ha assunto il compito di organizzare ed orientare il settore agricolo, facendo interagire le diverse componenti socioeconomiche del territorio nell’interesse di tutta la comunità ed esaltando al massimo il ruolo multifunzionale del sistema agroalimentare. In tal modo, il distretto si pone come strumento di governance locale in grado di analizzare i punti di forza e di debolezza del settore e del territorio al fine di convogliare progetti e risorse sulle direttrici di sviluppo programmate: in primis Logistica, Formazione, Ricerca, Trasferimento delle innovazioni. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10 ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE PREFERENZE DEL CONSUMATORE ITALIANO IN FUNZIONE DELLE CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE DEI FRUTTI DI PESCO. S. Predieri1 , A. Liverani2 , E. Gatti1, N. Versari2 Istituto di Biometeorlogia, IBIMET-CNR, Bologna 2 CRA Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì 1 Nell’ambito del Progetto Europeo ISAFRUIT (Increasing Fruit consumption through a transdisciplinary approach leading to High quality produce from environmentally safe, sustainable methods), che coinvolge 16 Paesi europei, è stato condotto un test edonistico per la valutazione della qualità di pesche e nettarine. Si riportano i risultati della valutazione condotta su 10 cultivar rappresentative del panorama varietale di media epoca di maturazione, scelte sulla base della tipologia di frutto (pesca/nettarina, bianca/gialla), di polpa (fondente/non fondente) e di sapore (acido/equilibrato/subacido). Cento consumatori sono stati coinvolti nella valutazione, secondo un preciso protocollo di Consumer Science, dei frutti di cultivar raccolti e conservati con la stessa metodologia, in Italia (Alirosada, Caldesi 2010), Francia (Royal Lee, Opale), Spagna (Nectaperle, Sweet Cap, Mountain Gold, Nectareine e Nectaross; per le ultime due era proposto anche un confronto in base alla maturazione). I frutti di tutte le cultivar hanno raggiunto almeno un livello medio di accettabilità, con la subacida Royal Lee appena superiore. Il massimo gradimento si è registrato per Nectaperle e Sweet Cap, molto elevata anche la valutazione di Caldesi 2010. La subacida Nectareine è stata più apprezzata quando raccolta precocemente, l’inverso si è registrato per Nectaross. Per quanto riguarda l’aspetto esteriore, la più apprezzata è stata Nectareine; buone valutazioni ha ricevuto anche la percoca Mountain Gold. I giudizi dei consumatori Italiani, integrati con quelli eseguiti contemporaneamente negli altri Paesi, potranno consentire di comprendere pienamente i gusti, per indirizzare e programmare sia le scelte varietali che il miglioramento genetico che, in un mercato altamente competitivo come quello europeo, deve essere sempre più attento alla qualità dei frutti. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11 II SESSIONE EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI 12 EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI PORTINNESTI LA RECENTE EVOLUZIONE VARIETALE DELLA PESCHICOLTURA INTERNAZIONALE Carlo Fideghelli, Giulio Della Strada CRA-Centro di Ricerca per la Frutticoltura Il pesco si conferma la specie più prolifica in termini di nuove varietà grazie al crescente impegno dei costitutori privati che compensa il progressivo ridimensionamento dell’attività di miglioramento genetico delle istituzioni pubbliche di ricerca (Agricoltural Research Service dell’USDA e le Università americane della California, del Michigan, del New Jersey, ecc. , l’INRA,.) le cui varietà sono state alla base della coltura del pesco nei cinque continenti, dagli anni 50 fino agli anni 90 del secolo scorso. La recente evoluzione varietale si caratterizza, oltre che per il crescente numero di nuove varietà, oltre 100 ogni anno, anche per una continua diversificazione commerciale che, in parte, giustifica la numerosità dell’innovazione varietale. Accanto alle tradizionali categorie - pesche, nettarine e percoche, a polpa gialla e a polpa bianca - il miglioramento genetico produce un numero crescente di pesche e nettarine subacide accanto alle tradizionali “acide”, con sapore “honey” caratterizzate da elevato contenuto zuccherino superiore a 14°Brix, con polpa “stony hard”, dura e croccante, accanto alle più diffuse “fondenti” e “non fondenti”, a frutto piatto, a polpa sanguigna. Alcune di queste innovazioni come i frutti a polpa sanguigna, e in parte le pesche piatte, sono destinate a mercati di nicchia, tutte le altre avranno una crescente importanza sui mercati nazionali e internazionali. L’innovazione riguarda anche la fenologia e la morfologia dell’albero. L’aspetto fisiologico che ha rivoluzionato la peschicoltura dei climi caldi e il basso fabbisogno in freddo e che è stato oggetto di miglioramento genetico da parte dell’Università della Florida e che ha consentito una importante espansione dei questa coltura temperata in climi subtropicali dove la maturazione dei frutti avviene già dal mese di aprile. La modifica della morfologia dell’albero (piante nane, portamento colonnare, portamento pendulo) che potenzialmente può consentire la semplificazione della fase di allevamento, ha ancora una importanza pratica limitata e le nuove cultivar sono poco numerose. Un esempio positivo è la nettarina Alice-Up, a portamento colonnare, costituita da Liverani presso la Sezione di Forlì dell’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------13 EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI PORTINNESTI LA NETTARINA ‘BIG TOP’: UN CASO DI STUDIO? Bassi Daniele, Mignani Ilaria, Spinardi Anna, Ghiani Alessandra, Negrini Noemi, Morgutti Silvia: DIPROVE, Università degli Studi di Milano Rizzo Marisa: Parco Tecnologico Padano (LO) Foschi Stefano: CRPV, Cesena (FC) Giovannini Daniela, Liverani Alessandro: CRA, Unità di ricerca per la Frutticoltura, Forlì Alla fine degli anni ’80, inizio anni ’90, veniva introdotta in Italia la nettarina ‘Big Top’, decisamente innovativa rispetto al panorama varietale peschicolo di quel periodo per diverse caratteristiche: la peculiare croccantezza della polpa, l’elevata tenuta di maturazione del frutto, il sapore sub-acido. Questi aspetti, associati all’elevata e precoce colorazione della buccia, ne hanno facilitato la rapida diffusione, tanto che essa è da considerare tra le più affermate novità varietali. La particolare tipologia del frutto di Big Top è stata studiata sotto diversi aspetti, risultando chiaramente unica rispetto ad altre tipologie già note: fondente, duracina (o percoca) e stony hard. Allo stadio di maturazione commerciale (7,0-6,0 kg di consistenza della polpa), la raccolta di Big Top può essere gestita in maniera più flessibile rispetto a quanto normalmente avvenga con le cultivar a polpa fondente, grazie ad una perdita più lenta di consistenza dei frutti, che da croccanti diventano fondenti solo ad incipiente senescenza. Queste differenze nella progressione della maturazione sulla pianta sono state riscontrate sia rispetto alla tradizionale tipologia fondente (es. ‘Nectaross’; ‘Suncrest’) sia, sebbene in misura inferiore e in funzione dell’andamento stagionale, rispetto a quelli a tipologia fondente molto soda (es. ‘Diamond Ray’ e ‘Red Jewel’). Infine, il carattere sub-acido rende il frutto consumabile anche prima che abbia raggiunto lo stadio di rammollimento. In post-raccolta, portati a temperatura ambiente (20±1°C) dopo un periodo di frigo-conservazione di 10 gg, i frutti di Big Top mantengono valori di consistenza della polpa elevati per 1, max 2 giorni in più rispetto ai frutti fondenti, dopo di che vanno incontro alla rapida perdita di consistenza tipica delle pesche fondenti. L’evoluzione del contenuto zuccherino in concomitanza con la maturazione dei frutti sull’albero o in post-raccolta non pare invece riconducibile alla peculiare tessitura della polpa. Per quanto riguarda il miglioramento genetico, tale carattere presenta ovviamente un grande interesse, anche se a livello di selezione in pianta è di difficile individuazione, rendendo necessari ripetuti passaggi onde verificare il procedere del rammollimento. Tale tipologia potrebbe infatti essere confusa con quella fondente (molto soda) o con la duracina, o con la stony hard (anche ad uno stadio di maturazione molto avanzato, queste ultime due non diventano mai fondenti). I dati attualmente in possesso hanno permesso di accertare la probabile natura mendeliana di tale tipologia di polpa, che si presenta come dominante e la produzione di etilene nelle ultime fasi della maturazione (la polpa stony hard non produce tale gas). Indagini su possibili marcatori del DNA (analizzando il gene della endo-poligalatturonasi, uno dei principali responsabili del rammollimento della polpa nella tipologia fondente), pur avendo messo in evidenza specifici polimorfismi rispetto a varietà fondenti o duracine, non hanno portato finora a risultati apprezzabili per lo stony hard. Ulteriori studi sono perciò necessari per la individuazione di parametri che rendano possibile la scelta del miglior stadio di raccolta, così come l’accertamento delle basi ereditarie e sia di marcatori molecolari che semplifichino l’individuazione di tale tipologia nei processi selettivi del miglioramento genetico. D:\BASSI\PESCO\CONVEGNI\CASERTA_0308\BIG TOP\BIG TOP CASO STUDIO2.doc 21/02/2008 16.03.00 D:\BASSI\PESCO\CONVEGNI\CASERTA_0308\BIG TOP\BIG TOP CASO STUDIO_liverani_db.rtf 21/02/2008 16.03.00 14 EVOLUZIONE SELEZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI PORTINNESTI DI PORTINNESTI FRANCHI CLONALI DI PESCO RESISTENTI AI NEMATODI S. Sansavini, V. Ancarani Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna G. Curto, R. Tacconi Servizio Fitosanitario Regionale, Bologna Le selezioni di pesco (P. persica) qui descritte derivano da propagazione clonale di linee di pesco franco, a loro volta ottenute dallo screening valutativo di una popolazione di semenzali di peschi franchi selvatici, di provenienza commerciale, introdotti negli anni ’60/70 dall’Az. Vivaistica del Dr. Giovanni Calderoni di Solarolo (Ravenna). All’interno di tale campo di osservazione individuammo (1974/76) alcune tipologie di alberi apparentemente rispondenti per lo stato sanitario, l’habitus vegetativo e una soddisfacente affinità d’innesto con alcune cultivar allora diffuse (cv. Redhaven e Stark Red Gold). Fu questo lo “screening” iniziale condotto allo scopo di individuare potenziali linee di piante madri portaseme e successivamente di selezionare alcune di queste linee propagabili poi clonalmente come portinnesti idonei al reimpianto del pesco, in terreni stanchi e/o subcalcarei. Nel secondo “step” operativo i semenzali derivanti da alcune delle linee pre-selezionate furono prima utilizzati per una prova comparativa in terreno “stanco”, da reimpianto di pesco ad Altedo (Bologna) e con accertata presenza di Meloidogyne spp. Nell’arco di sei anni furono ivi valutati in vario modo le infestazioni prodotte da nematodi agli apparati radicali attraverso campionamento delle radici di ciascun albero innestato. Successivamente 72 semenzali provenienti dalle linee così preselezionate furono piantati (1983) a Savio di Ravenna su terreno sabbioso infestato dal nematode Meloidogyne. Dopo un anno 13 alberi a radici sane, furono scelti quali capostipiti di altrettante linee “resistenti” e a tale scopo trapiantati in campo a Cadriano. Al terzo step le 13 selezioni furono sottoposte a micropropagazione (collaborazione con Vitroplant di Cesena); otto di queste, allevate “in vitro”, e poi invasate in serra furono sottoposte a prove di inoculazione artificiale con metodologia messa a punto dal SFR di Bologna (dal compianto dr. R. Tacconi). Da questo test, due delle selezioni (2/1 e 2/2) si sono poi confermate molto resistenti al nematode. Il quarto step operativo è consistito nell’allevamento delle linee selezionate in campo a Cadriano, dai cui alberi sono stati ripetutamente raccolti i semi per successive, ulteriori prove di resistenza sempre con esito soddisfacente, sia utilizzandone i semi sia sottoponendo le stesse a micropropagazione. La selezione 2/2 si è rivelata anche molto fertile nella fruttificazione per la produzione di semi. Infine, delle 13 linee inizialmente selezionate è stata redatta anche la scheda pomologica: si tratta di alberi rustici, “selvatici”, non molto vigorosi, con caratteristiche foglie più strette e più chiare del pesco coltivato; frutti molto piccoli, a polpa bianca, tutti a maturazione tardiva. Le prove agronomiche dei franchi selezionate, in corso, dovranno evidenziare le diversità di comportamento rispetto agli altri franchi e al GF677. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15 EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI PORTINNESTI INDIRIZZI NELLA SCELTA VARIETALE PER LA PESCHICOLTURA MERIDIONALE C. Mennone*, P. Gioia*, R. Colombo**, L. Berra***, P. Caggiano**** * AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata **Astra Innovazione e Sviluppo Imola *** Creso Cuneo **** Covimer Salerno La scelta varietale è stata per lungo tempo improntata sulla coltivazione delle pesche gialle precoci o precocissime. Negli anni ’80 si è avuto un primo segnale di cambiamento, per l’interesse di varie cooperative e associazioni di produttori emiliano-romagnole, che hanno stabilito contatti tecnici e commerciali con la realtà frutticola meridionale. Il primo segnale di questo cambiamento di rotta nelle scelte tecniche e commerciali è stata l’introduzione su larga scala delle nettarine, che erano presenti solo sporadicamente nel panorama varietale. Da quel momento l’interesse per le nettarine da parte degli imprenditori è via via aumentato, seguendo le indicazioni dei mercati e dei consumatori. Attualmente si impiantano più nettarine che pesche; con preferenza assoluta per quelle a pasta gialla. Per quanto concerne gli aspetti varietali vi è stata una notevole evoluzione rispetto ad una serie di parametri come: - Epoca di raccolta precoce, con l’introduzione di varietà a basso fabbisogno in freddo; - Colorazione uniforme e attraente; - Qualità organolettiche, Dolcezza, Aroma, Sapore; - Resistenza alle manipolazioni. Questo ha comportato una serie di differenziazioni di prodotto per aspetto e gusto così distinguibili: • Polpa sub acida (es. Big Top); • Polpa dolce “honey” (° brix > 14= Maria Dolce, Honey kist, Honey); • Polpa quilibrate; • Polpa sanguigna (Nectavigne); • Forma piatta (Saturn, Ufo); • Deantocianiche (Ghiaccio, Maria Dorata); • Polpa “Stony hard”. Sicuramente negli ultimi anni si è avuta una certa attenzione sull’ampliamento del calendario di commercializzazione con un anticipo al periodo di aprile maggio. Tale obiettivo è perseguito grazie all’uso di varietà a basso fabbisogno in freddo per anticipare la raccolta tanto in pieno campo che in coltura forzata. Risulta fondamentale la sperimentazione in loco delle innovazioni varietali, in quanto spesso l’introduzione non è supportata da una adeguata verifica del comportamento e quindi dell’adattamento alle nostre condizioni ambientali. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16 EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI PORTINNESTI PESCHICOLTURA CAMPANA: CINQUANT’ANNI DI EVOLUZIONE VARIETALE Oreste Insero – Pietro Rega CRA-Unità di Ricerca per la Frutticoltura – Caserta, Via Torrino 2 e-mail:[email protected] Osservando i frutti di pesco nei dipinti pompeiani non è difficile assimilare gli stessi a quelli delle attuali “Terzarole”, ancora oggi coltivate in Campania come prodotto di nicchia. L’evoluzione varietale per molti secoli è stata quasi insignificante; il rinnovamento più forte e radicale si avuto negli ultimi cinquant’anni. La vera rivoluzione varietale inizia alla fine degli anni ’60; in questo periodo si affacciano varietà ottenute dal miglioramento genetico italiano, vedi il gruppo delle Favorita e Fertilia (I,II,III,) di Morettini; inoltre, inizia l’introduzione di cultivar dalla Georgia-USA (Springcrest, ecc.) e dalla California (Suncrest, Fayette, ecc.); nello stesso periodo arrivano le percoche del gruppo Baby Gold; inizia inoltre la forte importazione di varietà di nettarine dalla California (Armking, ecc.) e dal New Jersey (Nectared, ecc.). Negli anni ’70, in conseguenza della massiccia diffusione di nuova varietà, per meglio orientare i frutticoltori, nel 1972 Fideghelli e nel 1974 Fideghelli et al dell’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura descrivono ben 141 varietà di pesche suddividendole in quelle di interesse generale (20), particolare (39) e nessun interesse (82); nel 1977, inoltre, l’Istituto presenta la prima monografia di nettarine; vengono descritte 86 cultivar delle quali 10 di interesse generale. Negli anni ’80, oltre alle novità importate, il miglioramento genetico italiano presenta numerose varietà; per la prima volta costitutari italiani presentano alcune nettarine bianche e percoche; compaiono le prime cultivar subacide e la varietà Stark Saturn (Platicarpa). Negli anni ’90 le principali novità introdotte provengono dagli Stati Uniti, in particolare dalla California; numerose sono anche quelle italiane. Negli anni 2000 continua una larga diffusione di novità varietali tra pesche, percoche e nettarine; per la prima volta compaiono anche numerose varietà di pesche e nettarine di diversa tipologia: platicarpe (serie UFO), deantocianiche (serie Ghiaccio, Maria Dorata), polpa sanguigna (Nectavigne), ecc. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17 EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI PORTINNESTI VARIETÀ E PORTINNESTO PER LA COLTIVAZIONE DEL PESCO NEL MEDIO-ADRIATICO F. Capocasa, G. Borraccini, J. Diamanti, B. Mezzetti Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali (SAPROV) – Università Politecnica delle Marche, Ancona Dal 1993-94, grazie alla collaborazione tra Università Politecnica delle Marche (SAPROV) e ASSAM-Regione Marche è stato avviato anche nelle Marche il progetto ‘Liste d’Orientamento Varietale’ con l’obiettivo di introdurre e valutare l’adattabilità e la potenzialità produttiva di varietà e portinnesti di pesco nell’ambiente del medio-adriatico. L’attività prevede la valutazioni in due campi sperimentali: il confronto varietale presso l’Azienda Agronomica dell’ASSAM di Valmir di Petritoli (AP) e il confronto tra i portinnesti presso l’Azienda Agraria Didattico Sperimentale ‘Pasquale Rosati’, dell’Università Politecnica delle Marche, Agugliano, Ancona. Il progetto è assai dinamico, in continua evoluzione, in quanto ogni anno nuove cultivar e/o selezioni vengono introdotte e altre cultivar subiscono il giudizio definitivo. Complessivamente, nella nostra Unità Operativa di Petritoli, dal 1996, sono state osservate circa 280 cultivar di pesco. Mentre nella sperimentazione attiva presso l’Università, considerando le due prove realizzate, sono stati presi in considerazione 18 portinnesti innestati sulla stessa varietà (Suncrest). Entrambi le condizioni di sperimentazione presentano le caratteristiche tipiche della fascia collinare del centro adriatico, solitamente distinte per una ridotta disponibilità idrica e terreni tendenzialmente argillosi-calcarei. I risultati sperimentali hanno permesso di identificare le combinazioni varietà e portinnesti di pesco in grado di fornire risposte d’elevata produttività e adattabilità alle caratteristiche ambientali del medio – adriatico. A proposito di tale progetto, si intende presentare i risultati ottenuti di maggiore interesse per questo areale frutticolo. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------18 III SESSIONE I SITEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA COLTURALE 19 I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA EVOLUZIONE DEI SISTEMI RECENTI ACQUISISZIONI 1 D’IMPIANTO NELLA E TECNICA COLTURALE PESCHICOLTURA MERIDIONALE: T. Caruso, 2C. Di Vaio, 3F. Guarino, 1F.P. Marra, 4O. Musso 1 Dipartimento di Colture Arboree, Università di Palermo Dipartimento di Arboricoltura, Botanica e Patologia Vegetale, Università Federico II, Napoli 3 O.P. Sibarit, Castrovillari, Cosenza 4 Azienda Agricola Samuele, Fratelli Musso, Scicli, Ragusa 2 Nonostante nella peschicoltura meridionale prevalgano gli impianti a media densità (500600 piante/ha) basati sulla forma di allevamento a vaso, negli ultimi 20 anni questo settore produttivo è stato oggetto di profondi mutamenti che hanno riguardato, oltre il panorama varietale e i portinnesti, anche i sistemi d’impianto e i relativi criteri di gestione. Le peculiari condizioni climatiche del Mezzogiorno, in particolare l’elevata luminosità, le miti temperature autunnali e il basso tasso di umidità relativa hanno favorito, più che in altre aree del paese, la diffusione di impianti ad alta densità. Oggi, in alcuni distretti frutticoli del Meridione (Piana del Sele, Piana di Sibari) sono infatti piuttosto diffusi pescheti con oltre 1100 alberi/ha (Y trasversale). Da qualche anno a questa parte però, a causa del vertiginoso aumento dei costi di produzione e della riduzione dei prezzi corrisposti al frutticultore, si registra un’inversione di tendenza che fa propendere la scelta verso impianti che puntano più sulla riduzione dei costi che sugli elevati livelli produttivi. Si registra infatti una caduta d’interesse nei confronti delle “doppie pareti inclinate” che a causa degli elevati costi d’impianto (strutture di appoggio) e di gestione della pianta (elevato assorbimento di manodopera) riescono a garantire successo economico solamente in contesti di alti prezzi per unità di prodotto. Una valida alternativa alle suddette tipologie d’impianto sembra essere rappresentata dal “Vaso ritardato” che nella sua interpretazione meridionale (450-550 piante/ha) si è affermato soprattutto nel metapontino e, ancora più recentemente, dal “Vasetto catalano”. Entrambe le forme di allevamento, rispetto all’Y trasversale, consentono di pervenire a notevoli risparmi nei costi d’impianto e per la minore richiesta di manodopera. Tuttavia, mentre col “Vaso ritardato” si perdono i vantaggi delle alte densità d’impianto (elevate produzioni unitarie nei primi anni) tale inconveniente viene superato con il “Vasetto catalano” che, peraltro, favorisce la meccanizzazione della potatura. Tale pratica può infatti essere in parte effettuata con l’ausilio dei mezzi meccanici (barra falciante). Si tratta di un modello d’impianto basato su circa 900 piante/ha allevate a vaso che viene mantenuto basso attraverso 3-4 interventi di topping praticati durante la stagione vegetativa e interventi di apertura effettuati sulle 4-6 branche principali per mantenere bassa la pianta. La tendenza a ridurre la densità d’impianto si riscontra anche nella coltura protetta dove, fino a pochi anni addietro, sono stati condotti con successo impianti con circa 5000 piante/ha (vasetto a chioma permanente); la minore disponibilità di manodopera, assieme all’aumento dei costi colturali hanno reso infatti non più sostenibile la suddetta tipologia d’impianto. Sempre con riferimento alle condizioni di serra, nell’ambito delle doppie pareti inclinate, rimane ancora da stabilire l’effettiva convenienza ad adottare la forma di allevamento a V, ottenuta utilizzando circa 2200 astoni/ha. Infine, anche sotto serra sono state avviate esperienze con il “Vasetto catalano” con risultati che sembrano, almeno dai primi anni di dati ottenuti, promettenti. 20 I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA EFFICIENZA PRODUTTIVA DEL PESCO: RELAZIONI TRA E TECNICA COLTURALE INTERCETTAZIONE LUMINOSA E CARICO DEI FRUTTI. Brunella Morandi, Marco Zibordi, Luigi Manfrini e Luca Corelli Grappadelli Dipartimento di Colture Arboree - Alma Mater Studiorum Università di Bologna Viale Fanin 46 40127 Bologna Come in altre specie, nel pesco la crescita di un frutto dipende dalla quantità di risorse che esso ha a disposizione; quando queste non sono limitanti, sono le caratteristiche genetiche del frutto stesso che definiscono la sua massima crescita potenziale. In frutteti commerciali i frutti si sviluppano in condizioni di competizione ed il raggiungimento di una buona qualità del prodotto alla raccolta può essere limitato proprio dalle risorse disponibili per ogni singolo frutto. In questa prova, sono stati impostati 5 diversi carichi di frutti per due anni, su 20 piante della nettarina ‘Stark Red Gold’. La crescita diametrale di un campione di frutti è stata seguita durante la stagione, mentre alla raccolta sono stati determinati la produttività e peso medio dei frutti. Nel secondo anno, sono stati determinati l’andamento giornaliero di intercettazione luminosa e di assimilazione per intera chioma su due piante di riferimento appartenenti rispettivamente ai trattamenti con più basso e più alto carico di frutti. Inoltre, l’intercettazione luminosa totale di ogni pianta in prova è stata determinata in corrispondenza del mezzogiorno solare. I dati di intercettazione e di assimilazione netta durante la giornata sono risultati linearmente correlati (R2=0.70), confermando come la quantità di carbonio potenzialmente fissato da un albero sia direttamente proporzionale alla quantità di luce che esso è in grado di intercettare. Inoltre, l’energia disponibile per ogni frutto, calcolata dal rapporto tra l’intercettazione totale dell’albero ed il suo numero di frutti, ha mostrato una relazione curvilinea positiva con il peso medio del frutto alla raccolta. Tale relazione diventa saturante a partire da 70-100 μmol di fotoni frutto-1 s-1 . Questo intervallo di valori può quindi essere considerato una soglia al di sotto della quale l’accrescimento dei frutti è limitato dagli assimilati disponibili (“source limited”); mentre al di sopra di questa, il frutto è limitato dalle sue potenzialità genetiche (“sink limited”). -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------21 I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA COLTURALE GESTIONE DEL SUOLO E DELLA CHIOMA PER IL RISPARMIO IDRICO Dichio Bartolomeo, Montanaro Giuseppe, Xiloyannis Cristos Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente Università degli Studi della Basilicata Il settore agricolo è il maggior utilizzatore della risorsa idrica (60-70%) pertanto migliorarne l’uso in tale settore significa rendere disponibili notevoli volumi di acqua sia per aumentare le superfici irrigabili sia per soddisfare la crescente domanda dell’intera collettività. Il presente lavoro esplora i possibili interventi a livello aziendale che possono aumentare l’efficienza dell’uso dell’acqua e contribuire al risparmio idrico nel settore peschicolo. In particolare saranno focalizzati aspetti inerenti la gestione del suolo (miglioramento capacità di ritenzione idrica, inerbimento, lavorazioni) e della chioma (forma di allevamento, rapporto foglie esposte:ombreggiate, interventi di potatura verde, ecc.) di piante di pesco coltivate nel Metapontino. Inoltre, vengono discussi criteri di gestione dell’irrigazione (inizio e fine stagione irrigua, coefficienti colturali, ecc) in relazione alla riserva idrica facilmente utilizzabile ed allo stress idrico controllato. Si riportano i dati di una prova di 4 anni condotta in un impianto allevato a Vaso della cv “Supercrimson” che dimostrano la possibilità di risparmiare fino a 2,000 m3 ha-1 di acqua all’anno. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------22 I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA COLTURALE VALUTAZIONE DELLE ESIGENZE BIOTERMICHE AI FINI DELLA CARATTERIZZAZIONE DEL PERIODO DI SVILUPPO DEL FRUTTO IN CULTIVAR DI PESCO DI DIVERSA PROVENIENZA Marra F.P, M. La Mantia, G. Gampisi T. Caruso Dipartimento di Colture arboree, Università di Palermo Viale delle Scienze, 90128 Palermo Nel pesco, la durata del periodo di sviluppo del frutto (Fruit Development Period o FDP ) è determinata sia da fattori genetici che ambientali. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, temperature moderatamente elevate nel corso dello stadio di citochinesi comportano un aumento nel numero di cellule nel frutto ed una progressione più rapida del suo accrescimento e sviluppo. Marra et al. (2002), hanno messo a punto un modello non-linerare per elaborare dati termometrici (valori max e min giornalieri) e dati fenologici di 5 cultivar di pesco (date di fioritura e di maturazione), e hanno dimostrato, sulla base delle Growth Degree Hours (GDH) accumulate nei primi 30 giorni di crescita del frutto, la possibilità di prevedere, con largo anticipo, la data di maturazione. Obiettivo del presente lavoro è stato validare il modello in argomento in un ambiente diverso rispetto a quello nel quale è stato messo a punto e con un pool varietale più ampio. Per tale finalità sono stati utilizzati dati termometrici giornalieri e fenologici di un gruppo di cultivar introdotte lungo la fascia costiera meridionale della Sicilia ( Lat 37° 30’) nell’ambito del progetto finalizzato del Mi.P.A.F. “Formulazione di liste di orientamento varietale dei fruttiferi”. L’accumulo di Growth Degree Hours registrato nei primi 30 giorni dopo la piena fioritura ha consentito di prevedere, con sufficiente approssimazione, la data di maturazione per l’intero pool varietale preso in esame. Stime più precise della data di maturazione sono state osservate utilizzando le GDH accumulate nei primi 25 giorni dopo la piena fioritura per le cultivar precoci; 55 per le cultivar tardive. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 23 I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA COLTURALE CARICO PRODUTTIVO E STRESS FOTO-OSSIDATIVO Pasquale Losciale, Brunella Morandi, Pamela Chiai, Luca Corelli Grappadelli Dipartimento di Colture Arboree - Alma Mater Studiorum Università di Bologna Viale Fanin 46 40127 Bologna Il carico di frutti, oltre a determinare quantità e qualità delle produzioni, risulta essere in molte specie un regolatore fotosintetico. Abbassando il numero di sink, infatti, i prodotti della fotosintesi permangono più a lungo nel ciclo costipando il sistema che rallenta il suo tasso di carbossilazione. La pressione fotonica in entrata viene utilizzata in minima parte per la Fotosintesi mentre la quota restante è dissipata tramite meccanismi di fotoprotezione (Non Photochemical Quenching, Trasporti alternativi e Fotorespirazione) e Foto-ossidazione, con la formazione di Specie Attive dell’Ossigeno. In condizioni di ridotta fotosintesi le vie di difesa ed i meccanismi di Foto-ossidazione risultano essere enfatizzati dall'eccesso energetico non utilizzato per la carbossilazione; si incrementa, così, il rischio di formazione di specie radicaliche e di insorgenza del foto-danno. Vista la vitale importanza dei fotosistemi, la pianta mette in atto meccanismi efficaci ed efficienti per la repentina riparazione delle componenti danneggiate. Nel presente lavoro viene quantificata e confrontata l’entità delle diverse vie di utilizzazione dell’energia captata da foglie di piante di pesco (cv Stark Red Gold) sottoposte ad alto e basso carico di frutti, in presenza o meno di riparazione del foto-danno. Consentendo la riparazione, i due carichi imposti non hanno determinato alcuna differenza sulla fotosintesi e sugli altri trasporti energetici. Quando la riparazione è stata bloccata le piante sottoposte a basso carico hanno subito una sensibile flessione della fotosintesi ed un notevole innalzamento della quantità di energia dispersa dai fotosistemi danneggiati. Un basso carico produttivo, quindi, provocherebbe un rallentamento del tasso fotosintetico ed un conseguente incremento del foto-danno. La riparazione dei fotosistemi distrutti nasconderebbe tale fenomeno poiché il danno sarebbe riparato usando i fotosintati rilasciati dal ciclo carbossilativo che viene così de-costipato. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------24 I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA COLTURALE MONITORAGGIO DEI FLUSSI DI CARBONIO TRA UN IMPIANTO DI PESCO E L’ATMOSFERA Montanaro Giuseppe, Dichio Bartolomeo, Celano Giuseppe, Xiloyannis Cristos Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente Università degli Studi della Basilicata In molti areali di coltivazione del Sud Italia i suoli agricoli versano in condizioni di forte degrado (basso livello di sostanza organica e degenerazione della componente microbiologica). Il recupero della fertilità dei suoli attraverso l’aumento del suo contenuto di carbonio è una via obbligata per arginare fenomeni di desertificazione. Il presente lavoro riporta l’attività di monitoraggio dei flussi di carbonio (CO2) nel sistema pescheto-atmosfera e valuta l’efficacia di tecniche di gestione più sostenibili (inerbimento, non-lavorazione, apporto di compost, trinciatura materiale di potatura, stress idrico controllato) per aumentare il carbonio immagazzinato nel suolo. Si riportano i quantitativi di CO2 immagazzinata nel suolo in un impianto di pesco della cv Supercrimson, inoltre mediante misure di respirazione del suolo vengono stimati i flussi netti di CO2 nel sistema pescheto-atmosfera. I risultati preliminari dimostrano che una gestione sostenibile del suolo determina un bilancio dei flussi di CO2 negativo (circa -17 t ha-1 anno-1) cioè la quantità emessa nell’atmosfera (respirazione) è minore di quella immagazzinata nel suolo. Mentre in un sistema convenzionale (lavorazioni continue, nutrizione minerale, allontanamento residui di potatura) tale flusso è risultato positivo (circa +6 t ha-1 anno-1) contribuendo cioè ad emettere CO2. Viene discusso il possibile ruolo polifunzionale dei pescheti e cioè di salvaguardia ambientale oltre che di mera produzione agricola. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------25 I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA COLTURALE CASCOLA PRE-FIORALE DI GEMME A FIORE E PRODUTTIVITÀ IN SETTE CULTIVAR DI PESCHE E NETTARINE NELL’AREALE JONICO-METAPONTINO Gallotta A., Giorgio V., Pacucci C. Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali – Università degli Studi di Bari e-mail [email protected] La cascola pre-antesi delle gemme a fiore nel pesco può assumere carattere di imponenza tale da ridurre anche considerevolmente la produttività delle cultivar. La conoscenza dell’entità del fenomeno, in relazione al più o meno compiuto soddisfacimento del fabbisogno in freddo, può costituire utile strumento di valutazione della maggiore o minore adattabilità di cultivar di recente introduzione in coltura in un ambiente idoneo alla peschicoltura extra-precoce e precoce, quale quello dell’areale jonico metapontino. Lo studio triennale (2004-05; 2005-06; 2006-07) ha avuto lo scopo di valutare l’entità e la dinamica della cascola di gemme a fiore e la sua relazione con la produttività di Rich May, Royal Gem, Bing Bang Maillarà, Adriana, Laura, Ambra e Big Top. L’indagine è stata condotta su alberi in piena produzione (7°anno) innestati su GF677, allevati a vaso ritardato con sesto d’impianto di 5,00 x 3,00 m e irrigati con impianto automatizzato di sub-irrigazione. Nel primo anno di prova, sulle cultivar osservate è stato calcolato l’indice di fertilità. Nel triennio, su 4 piante/cv omogenee per vigore e sviluppo vegetativo, sono stati scelti a caso, nella porzione mediana della chioma, 4 rami misti su cui, alla metà di gennaio, è stato rilevato il numero e la distribuzione delle gemme a fiore. Con cadenza decadale fino allo stadio di bottone rosa, sono state ricavate entità e dinamica della cascola delle gemme a fiore. Alla raccolta sono stati rilevati entità e caratteristiche commerciali delle produzioni. Il numero delle ore di freddo verificatesi in ciascun anno di prova è stato calcolato con il metodo di Wienberger. Lo studio ha evidenziato l’esistenza di significative differenze annuali nell’ambito della stessa cultivar per i caratteri esaminati ed ha consentito di inquadrare le cultivar nelle note classi di comportamento in relazione all’entità della cascola. La relazione tra IF, entità della cascola e produttività ha consentito di valutare la reale incidenza del fenomeno sulla redditività delle cultivar osservate. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------26 I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA COLTURALE RIDUZIONE DEL CICLO DI VIVAIO D. Neri1, F. Massetani1, C. Dalmonte2 Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali, Università Politecnica delle Marche, via Brecce Bianche 60131 Ancona 2 Vivai Dalmonte Guido e Vittorio, Via Casse, 1 48013 Brisighella (RA) 1 La produzione vivaistica del pesco è tuttora basata su strategie che necessitano di due anni per ottenere un astone grande e ben ramificato: dopo il primo anno dedicato alla crescita del portinnesto, ne occorre un secondo per lo sviluppo del nesto. La necessità di programmare la produzione con 2-3 anni di anticipo rispetto alla vendita degli astoni e la costante introduzione di varietà prontamente richieste dal mercato spingono verso la riduzione dei cicli di produzione, utile anche per contenere i costi di gestione dei vivai. Una possibilità ampiamente conosciuta è l’innesto a gemma dormiente in agosto, che permette un rapido attecchimento e la vendita già dal dicembre successivo. Esso comporta però anche alcuni problemi per la difficile e onerosa gestione delle inevitabili fallanze, per la necessità di elevata professionalità del cliente e per la maggiore esposizione a danni climatici. Sono tuttavia disponibili altre tecniche per produrre l’astone in un anno, fra cui l’innesto a gemma vegetante, adatto soprattutto ad ambienti meridionali. Eseguito in maggio-giugno con gemme prelevate da germogli in crescita, consente lo sviluppo immediato del germoglio. In tale direzione va anche il mini-innesto, in cui il chip-budding con gemme prelevate da rami anticipati di calibro ridotto viene eseguito su piccole piante in vaso ottenute in vitro. Le piantine innestate, dopo un periodo in serra, possono essere trapiantate a terra per l’allevamento degli astoni, disponibili al termine di una sola stagione vegetativa, oppure vendute dopo il germogliamento come piante in vaso, per il trapianto diretto in campo. Il ciclo viene così ridotto a sei mesi (innesto a inizio autunno e vendita a marzo) o a tre (innesto a fine inverno e vendita a maggio). Si raggiunge perciò una maggiore flessibilità commerciale, grazie all’opzione “vendita anticipata”, e produttiva, per la prontezza nel recepire indicazioni dal mercato. Tuttavia l’impianto diretto richiede tecniche colturali accurate. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------27 I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA COLTURALE MINI- INNESTO A CHIP-BUDDING: CONTROLLO DELLA QUALITÀ DELLE GEMME F. Massetani1, P. Dalmonte2, D. Neri1, G. Savini1 1 Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali, Università Politecnica delle Marche, via Brecce Bianche 60131 Ancona 2 Vivai Dalmonte Guido e Vittorio, Via Casse, 1 48013 Brisighella (RA) La tecnica del mini chip-budding (innesto eseguito su portinnesti di piccole dimensioni ottenuti da micropropagazione e non ben lignificati) risulta interessante per il ridotto tempo di preparazione delle piante che intercorre tra la scelta delle varietà e la loro disponibilità sul mercato. Nell’intento di individuare le migliori combinazioni operative per questa tecnica, è stata valutata la relazione tra le caratteristiche fisiologiche delle gemme presenti sugli scudetti innestati, la riuscita dell’innesto e la qualità delle piante ottenute con diverse strategie di esecuzione. Le gemme, infatti, prelevate da rami anticipati di calibro ridotto e impiegate singolarmente come origine della nuova chioma, possono presentare diversi gradi di sviluppo, livelli di differenziazione e potenziali di crescita, e comportarsi in modo diverso una volta innestate. Su questi aspetti possono influire vari fattori: oltre a quelli nutrizionali e alla vigoria possono avere un ruolo il periodo in cui le gemme si sono formate, condizioni climatiche, il momento in cui l’innesto viene eseguito, relazioni con altre strutture presenti nella pianta. Per questi motivi sono state prese in esame tre diverse posizioni delle gemme sul ramo anticipato da cui sono state prelevate (basale, mediana, apicale), cinque epoche di innesto con gemme dormienti (settembre, ottobre, novembre, febbraio, marzo) e quattro modalità di taglio del selvatico (in uno o due interventi eseguiti a distanza di un mese). I risultati ottenuti nell’annata ‘06-‘07 danno suggerimenti operativi e forniscono conferme per alcune delle acquisizioni già presenti nell’ambito vivaistico. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------28 I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA PESCO: INNOVAZIONI DELLE TECNICHE DI E TECNICA COLTURALE MOLTIPLICAZIONE DEL MATERIALE VIVAISTICO IN BASILICATA Pasquale Domenico Grieco (1), Vito Vitelli (2), Carmelo Mennone (3), Vincenzo Castoro (4) 1) Metapontum Agrobios – S.S. Jonica 106, Km 448,2 – Metaponto (Mt); 2) COVIL - Consorzio Vivaisti Lucani - Via Enrico Mattei, 28 - 75020 Scanzano Jonico (Mt) 3) ALSIA Basilicata – Azienda sperimentale dimostrativa “Pantanello”, S.S. Jonica 106, Km 448,2 – Metaponto (Mt); 4) Regione Basilicata - Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale, Economia Montana - Ufficio Fitosanitario - Via A.M. di Francia, 40-75100 Matera. Il pesco, fra le drupacee, è la specie più diffusa sul territorio nazionale, anche se nell’ultimo quinquennio, ha fatto registrare una riduzione di circa il 7% della superficie impegnata. Questo però non ha creato una riduzione della domanda, riferita soprattutto a nuove varietà per i nuovi impianti, vista la competizione del mercato ortofrutticolo globale. Per cui, nuove varietà di pesco, determinano anche una rapida ottimizzazione e produzione di nuove piante, che ridefinisce inevitabilmente un reset nel ciclo produttivo di qualità certificata nel settore della ricerca, dell’innovazione e vivaistico. Quindi, anche un vivaismo di qualità, per poter rispondere alle nuove esigenze, ha dovuto coniugare innovazione e ricerca all’interno della propria filiera, per offrire un prodotto in qualità e in breve tempo. Infatti, il vivaismo frutticolo rappresenta un anello importante della filiera produttiva, in quanto deve offrire soluzioni e produzioni che siano in linea con le nuove esigenze della moderna peschicoltura. Fra le principali attività adottate nella filiera vivaistica peschicola in Basilicata, vanno citate una serie di azioni quali: acquisizione di nuove varietà brevettate, certificazione genetica e fitosanitaria, costituzione di campi di piante madri, microinnesti a gemma vegetante, produzione di astoncini vegetanti in vaso su substrati in fibra di cocco, meccanizzazione e tracciabilità del ciclo produttivo. L’applicazione di queste tecnologie a fatto si che, il comparto vivaistico oggi è in grado di offrire al territorio nazionale e non solo, piante di pesco con nuova genetica, sane e certificate dal punto vista sanitario, con una produttività basata su cicli brevissimi. Questi risultati coniugano quella che è una delle domande frequenti, nelle regole di un mercato globale competitivo, e cioè il giusto rapporto qualità / prezzo. Infatti, aver saputo congiungere il settore della ricerca e dell’innovazione tecnologica, al settore vivaistico di concerto con le istituzioni, ha fatto si che oggi questo comparto è in grado di offrire drupacee, e nello specifico, piante di pesco di qualità ad un prezzo competitivo, avendo ottimizzato tutto il ciclo produttivo. E’ ovvio che, per poter mantenere tutta la filiera con degli standard elevati, è necessario ricercare e innovare tutto il turnover produttivo, per poter competere e vendere in un mercato internazionale. Questo sarà possibile, solo se, si riuscirà a stabilizzare un processo virtuoso, già in parte avviato, fra il settore vivaistico, i produttori e le strutture istituzionali. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------29 IV SESSIONE PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI E PATOGENI 30 PROTEZIONE PRINCIPALI PROBLEMATICHE FITOSANITARIE E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI DELLA PESCHICOLTURA MERIDIONALE Donato Boscia1, Stefania Pollastro2 1 CNR, Istituto di Virologia Vegetale, Sezione di Bari 2 Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università di Bari Lo stato fitosanitario è sicuramente uno dei fattori determinanti la redditività degli impianti peschicoli, per l’esistenza di numerosi patogeni capaci di compromettere sia la quantità che la qualità delle produzioni, se non addirittura la sopravvivenza della pianta stessa. Tra i patogeni della specie particolare attenzione va prestata a quelli trasmissibili con il materiale di propagazione, solitamente insensibili agli interventi curativi che il frutticoltore può mettere in atto quando si manifesta una malattia. In questa sede viene presentata una breve rassegna delle principali problematiche fitosanitarie che affliggono la peschicoltura meridionale, con particolare riferimento a quelle malattie per le quali si registra una crescente diffusione. In particolare vengono ricordate alcune virosi, quali la Sharka che, nonostante la lotta obbligatoria, ha ormai invaso alcuni areali in maniera endemica, ed il mosaico “latente” del pesco, causato dall’omonimo viroide la cui presenza è segnalata in maniera crescente anche in Italia meridionale. Nel primo caso, oltre a ricordare la necessità di non abbassare la guardia là dove la malattia è ancora sotto controllo, si segnala l’intensificarsi di programmi di ricerca che, nel verificare l’esistenza di fonti genetiche di resistenza al virus, guardano al miglioramento genetico come possibile soluzione per il futuro. Nel caso del viroide la soluzione va invece ricercata nella prosecuzione dei programmi di miglioramento sanitario mirati a diffondere esclusivamente materiali di propagazione sani. Per quanto riguarda le malattie fungine, il clima estivo caldo e asciutto degli ambienti meridionali fortunatamente impedisce l’azione dannosa di numerosi funghi, pertanto in questa nota ci si limita a presentare una breve rassegna di quei patogeni che invece conservano tutta la loro pericolosità anche nelle nostre condizioni ambientali: mal della bolla, marciume bruno, cancro dei nodi, oidio, impallinatura o vaiolatura, scabbia o ticchiolatura, gommosi parassitaria e marciumi radicali. Di essi vengono anche illustrate le tecniche di protezione che si possono impiegare nel contesto di strategie di protezione integrata a basso impatto ambientale. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------31 PROTEZIONE EFFICACIA E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI DELLA LOTTA BIOLOGICA AL TUMORE RADICALE DEL PESCO IN ITALIA MERIDIONALE. Raio A., Puopolo G., Cozzolino L. e Zoina A. Università degli Studi di Napoli Federico II Il tumore radicale, causato da Agrobacterium tumefaciens, rappresenta una delle più dannose malattie del pesco, soprattutto in vivaio. Questa malattia è efficacemente controllata attraverso l’impiego del ceppo antagonista K84 di Agrobacterium rhizogenes che da più di 30 anni è, per la patologia vegetale, l’esempio di lotta biologica di maggior successo e affidabilità. Il K84 antagonizza gli agrobatteri patogeni secernendo un antibiotico (agrocina 84) la cui produzione è codificata dal plasmide pAgK84. Il trasferimento di questo plasmide in agrobatteri tumorigeni può originare transconiuganti patogeni e insensibili al K84 capaci di determinare l’inefficacia del metodo di lotta biologica. In nove aziende vivaistiche meridionali, in cui il ceppo K84 viene utilizzato da tempo, è stata effettuata un'indagine per valutarne l'efficacia e verificare l'eventuale comparsa di agrobatteri transconiuganti. Da tumori presenti su portinnesti di pesco trattati con il K84 sono stati ottenuti numerosi isolati batterici che sono stati caratterizzati tramite metodi biologici e molecolari. Lo studio ha evidenziato che in uno dei nove vivai monitorati, dove era stata rilevata un’insolita presenza di tumori, una parte importante della popolazione di agrobatteri era composta da ceppi insensibili all’agrocina 84 e 24 isolati virulenti potevano essere considerati transconiuganti poiché erano insieme tumorigeni e produttori di agrocina; sono stati inoltre individuati anche 18 transconiuganti non virulenti. L'analisi molecolare ha evidenziato che i transconiuganti si sono originati in seguito al trasferimento del pAgK84 a ceppi di agrobatteri autoctoni, ma in nessun caso si è registrato il trasferimento del plasmide Ti, che conferisce la patogenicità agli agrobatteri, al ceppo K84. Questo è il primo ritrovamento di agrobatteri transconiuganti virulenti in vivai commerciali. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------32 PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI CICALINE (HOMOPTERA: TYPHLOCYBIDAE) E LORO OOPARASSITOIDI IN PESCHETI CAMPANI VIGGIANI GENNARO, TESONE TOMMASO Dipartimento di Entomologia e Zoologia agraria “Filippo Silvestri”, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Portici (NA) Dando seguito a precedenti ricerche svolte in pescheti campani, nel 2005-2006 si è indagato in un pescheto (cv O’Henry) del giuglianese, allo scopo d’identificare le cicaline dei generi Empoasca e Zygina e i loro ooparassitoidi, seguire l’andamento delle popolazioni e approfondirne i loro rapporti biocenotici nell’ambito dell’agroecosistema. Nel corso del lavoro non sono stati effettuati trattamenti diretti per il controllo delle cicaline, anche perché non ritenuti necessari. Trappole cromotropiche di colore giallo tipo Glutor, delle dimensioni di 24x14cm, sono state disposte sia nel pescheto sperimentale che su olmo presente in area marginale incolta. Esse sono state prelevate e sostituite settimanalmente. Su tali trappole sono state marcate e contate sia le cicaline catturate che i loro ooparassitoidi. Nel 2005 state catturate complessivamente 8776 cicaline, delle quali il 97% Empoasca e il 3% Zygina. Le specie prevalenti sono risultate E. decedens e Z. flammigera. Sono stati inoltre catturati 2453 ooparassitoidi, dei quali il 55.6% Stethynium e il 44.4% Anagrus. Le catture di cicaline nel 2006 hanno sostanzialmente confermato quelle dell’anno precedente. Per gli ooparassitoidi si è evidenziata una più marcata dominanza di Stethynium triclavatum, tipico antagonista delle cicaline del genere Empoasca. Da saltuari campionamenti di foglie di pesco è emerso, inoltre, che la percentuale di foglie con ferite di ovideposizione di E. decedens, la specie dominante, non ha superato il 33%, ma che di esse intorno al 20% mostrava segni di ooparassitizzazione. L’olmo presente nelle aree marginali ai pescheti è risultato un ospite alternativo per gli ooparassitoidi delle cicaline del pesco. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------33 PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI VALUTAZIONE DI VARIETÀ DI PESCO E NETTARINE PER LA RESISTENZA A SHARKA: RISULTATI PRELIMINARI. (Risultati preliminari di prove di valutazione del comportamento di varietà di pesco e nettarine nei confronti di PPV) Palmisano F., A. Bazzoni, A. Didonna e V. Savino Dipartimento di Protezione delle Piante Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari. Il comportamento nei confronti di PPV di 35 accessioni di pesco e nettarine (varietà di diversa origine geografica e selezioni ottenute da programmi di miglioramento genetico), provenienti dall’Università di Milano, è stato valutato nel corso di una prova avviata nell’ambito del progetto “Miglioramento genetico del pesco per il controllo del virus della Sharka (PPV)” finanziato dal MiPAAF. Nella presente nota si riferiscono i risultati di tre anni di osservazioni. La valutazione del comportamento delle accessioni nei confronti di PPV (ceppo M) è stata effettuata secondo un protocollo standardizzato che prevede rilievi sintomatologici e saggi di laboratorio (sierologici e molecolari), a partire dal primo ciclo vegetativo successivo all’inoculazione e sino a fruttificazione (Amenduni et al., 2004). I risultati ottenuti nel corso di tre anni di osservazione hanno permesso di classificare provvisoriamente le cultivar/selezioni di pesco oggetto di valutazione, individuando 22 varietà suscettibili, 2 tolleranti e 9 interessanti. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 34 PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI PROVE DI LABORATORIO PER CONFRONTARE ALCUNI BIOINSETTICIDI E VALIDARNE L’EFFICACIA NEL CONTENIMENTO DELLA CERATITIS CAPITATA (WIED.) M. R.Tabilio1, F. R. De Salvador1, R. Mandatori1, L.Campus1. 1 CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura, via Fioranello 52, 00134 Roma Vengono riportati i risultati di prove effettuate in laboratorio per verificare l’efficacia di alcuni bioinsetticidi verso la Ceratitis capitata. In particolare sono stati saggiati: NeemAzal-T/S, Nuovo Spinosad (GF120) e Biophytoz L2. Tutti i test sono stati realizzati in gabbie di plexiglass al cui interno sono state confinate 15 coppie di mosche coeve ovideponenti. Il NeemAzal-T/S è stato saggiato per repellenza verso l’ovideposizione, il GF120 per ingestione mentre il Biophytoz L2 per contatto e per ingestione. Dai risultati emerge che il NeemAzal-T/S ad una concentrazione del 5%, esprime una buona repellenza verso l’ovideposizione testimoniata da un costante rifiuto ad ovideporre nel contenitore trattato rispetto al non trattato. Tale effetto permane per almeno 4 giorni dal trattamento. Circa l’efficacia espressa dal GF120 si può affermare che alla concentrazione del 3,5% la mortalità è stata di circa il 90% in 48 ore, dimezzando la concentrazione (1,75%) la mortalità è scesa al 59% evidenziando un valore simile (65%) quando utilizzato al valore intermedio di 2,6%. Il Biophytoz L2 per contatto (diretto ed indiretto), quando distribuito all’interno della gabbia dopo aver inserito le mosche, alla concentrazione del 3,5%, ha dato una mortalità, solo dopo 2 ore, del 100%. Un risultato simile è stato ottenuto quando somministrato per ingestione, infatti dopo alcune ore la mortalità è stata pari al 50% per arrivare al 100% circa dopo 24 ore. In conclusione si può dire che tutti e 3 i principi attivi hanno mostrato risultati interessanti. In particolare l’innovativo Biophytoz L2 ha evidenziato una efficacia da lasciar supporre una buona rispondenza anche in pieno campo in quanto duplice (contatto, ingestione) il meccanismo di azione. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 35 PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI LE PROBLEMATICHE FITOPATOLOGICHE DEL PESCO LEGATE AL TERRENO D’Errico Francesco Paolo* Capriolo Giuseppe** * Dipartimento di Entomologia e Zoologia Agraria, Università degli Studi di Napoli “Federico II” **C.R.A Unità di Ricerca per la Frutticoltura – Caserta Il Pesco (Prunus persica [L.] Batsch), al reimpianto, può presentare fenomeni dovuti a stanchezza del terreno e ad un aumento anomalo dei parassiti della coltura. Entrambe le cause possono produrre alterazioni degli equilibri del sistema che, una volta modificati, sono di difficile recupero. La stanchezza del terreno ha origine dal metabolismo anomalo della sostanza organica e rientra nel quadro più generale delle “allelopatie”; termine coniato per indicare qualsiasi effetto, direttamente o indirettamente dannoso al vegetale quando l’impianto succede a se stesso. Il tutto accade a seguito dell’emissione di prodotti tossici (fitotossine), liberati in maniera persistente durante i processi di humificazione della sostanza organica, che si comportano da inibitori specifici per le piante. L’incompatibilità delle radici di una determinata specie ai prodotti del metabolismo dei suoi stessi residui è causa di stentato sviluppo, e talvolta morte, di piante successivamente poste a dimora. Le turbe parassitarie della sfera radicale, in campo generalmente evidenti nei primi anni di impianto, dipendono soprattutto da vari gruppi trofici di nematodi fitoparassiti (Meloidogyne spp., Pratylenchus spp., Macroposthonia spp. e Xiphinema spp.) ai quali appartengono specie che possono causare importanti ripercussioni sulla vita economica del pesco, da diversi funghi fitopatogeni (soprattuto Armillaria mellea (Vahl: Fr.) P. Kumm. e Phythophthora spp.) e da batteri (Agrobacterium tumefaciens (Smith e Towinsed) Conn). In tale contesto le colture, trovando poche possibilità pratiche-applicative in una loro alternanza, sono sempre meno autonome ed i processi produttivi, soprattutto per il ricorso alla fumigazione dei terreni, sempre più costosi. I danni, quasi sempre ascrivibili a più cause spesso tra loro interagenti e con effetti sinergici, possono portare a morte le piante e, talvolta, sono di entità tale da non giustificare la convenienza economica della coltura. La complessità del quadro fitopatologico rende pertanto chiaro che la diagnosi dello stato fitosanitario dei suoli è essenziale se si vuole attuare una strategia di intervento appropriata. Appare evidente che i parassiti ipogei, come quelli epigei, vanno tenuti sotto controllo integrando i mezzi di difesa che devono essere opportunamente modulati alle specifiche problematiche aziendali. Vengono, altresì, analizzate alcune possibilità di difesa basate sul miglioramento della qualità dei terreni e sull’innalzamento della resistenza delle piante, sulle quali la ricerca è ad un buon livello di avanzamento, che potrebbero trovare facili consensi anche per il basso o nullo impatto ambientale. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------36 V SESSIONE QUALITA’ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA 37 QUALITÀ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA EVOLUZIONE DELLA QUALITÀ DEI FRUTTI DI PESCO LUNGO LA FILIERA Giovanni Gugliuzza, Paolo Inglese, Giorgia Liguori Dipartimento di Coture Arboree Università degli Studi di Palermo 90128 Palermo La qualità del prodotto rappresenta oggi l’aspetto più importante nella produzione di beni di qualsiasi genere. Nel comparto agroalimentare sono aumentate le esigenze dei consumatori che richiedono prodotti con standard qualitativi sempre più elevati. Nel campo frutticolo da molti anni sono state studiate e messe a punto tecniche di produzione che tendo all’ottenimento di frutti di alta qualità. Tuttavia, spesso, la frutta arriva al consumatore con caratteristiche qualitative notevolmente inferiori rispetto quella registrata all’origine (campo e/o frutteto). Ciò è particolarmente evidente per frutti, quali le pesche, che si caratterizzano per una vita post raccolta ed una shelf life piuttosto brevi. In un sistema sempre più globalizzato in cui le merci si spostano con estrema facilità da un punto ad un altro, risulta necessario conoscere le dinamiche che subiscono i frutti lungo la filiera. La complessità del sistema distributivo e l’elevato numero di soggetti coinvolti spesso non consente di seguire i frutti lungo le varie fasi della filiera. Scopo della ricerca è stato quello di studiare l’evoluzione dei parametri qualitativi di frutti di pesco della cv Elegant Lady dal campo al consumatore. In particolare si è proceduto ad individuare e caratterizzare tre diverse tipologie di filiera e di valutare la qualità delle pesche lungo i vari step delle stesse. La prima filiera individuata è stata la grande distribuzione nazionale costituita da cinque nodi: campo, stabilimento di lavorazione e confezionamento, piattaforma di distribuzione nazionale, magazzino ipermercato e bancale ipermercato. La seconda filiera è stata la grande distribuzione regionale costituita da quattro nodi: campo, stabilimento di lavorazione e confezionamento, piattaforma di distribuzione regionale, supermercato regionale. La terza filiera è stata la piccola distribuzione locale costituita da tre nodi: campo, stabilimento di lavorazione e confezionamento e venditore ambulante. Dall’analisi dei risultati si è notato che le filiere sono abbastanza efficienti in termini di tempi di percorrenza dei frutti ma non altrettanto in termini di controllo della temperatura. Il tempo, infatti, necessario affinché i frutti dalla raccolta giungono ai consumatori sono piuttosto brevi: 50 ore per la G.D.O nazionale, 30 ore per la G.D.O. regionale e 20 ore per la piccola distribuzione locale. Durante il trasporto le temperature dei frutti invece di mantenersi intorno ai 5°C si innalzano fino a 15 °C. Nel complesso, tuttavia, in tutte e tre le filiere le variazioni dei parametri qualitativi sono risultate abbastanza contenute. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------38 QUALITÀ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA EVOLUZIONE DELLA QUALITÀ IN SHELF-LIFE DI ALCUNE CV DI PESCHE E NETTARINE A.Testoni1, A. Rizzente1, A. Abbatecola2, T. Colella2, P. Caggiano3, C. Mennone2. 1: CRA - Unità di ricerca per i processi dell’Industria AgroAlimentare (ex IVTPA) - Milano 2: AASD “Pantanello” - ALSIA - Metaponto 3: Agrobiochimica s.r.l. - Salerno Nell’ambito del progetto interregionale “Frutticoltura post-raccolta”, coordinato dal CRPV di Cesena, è stata condotta una ricerca avente come obiettivo la sistematica valutazione dell’evoluzione della maturazione, attraverso tecniche strumentali e sensoriali, con individuazione dei parametri qualitativi più significativi e del grado di maturazione ottimale per il consumo. Un secondo obiettivo della ricerca è stato quello di ottenere indicazioni temporali sulla “tenuta” dei frutti durante la shelf-life, per le differenti cvs, al fine di fornire agli operatori informazioni utili per modulare opportunamente la logistica ed i tempi di trasporto. Durante i due anni di sperimentazione sono state analizzate 8 cvs di pesche, coltivate in areale meridionale (Salernitano, Metapontino e Nisseno). Per ogni cv, su un campione omogeneo di 10/20 frutti, è stata monitorata ogni 1/2 giorni l’evoluzione della durezza, del RSR e dell’acidità, mantenendo i frutti in shelf-life alla temperatura costante di 20°C, fino al raggiungimento di un valore medio di consistenza pari a 0,5 Kg. Parallelamente, a cadenze stabilite (3-5 giorni o più), sono state rilevate le perdite di peso e la % di frutti affetti da marciume. Due cvs (Big Top e Summerset) sono state sottoposte anche ad analisi sensoriali, utilizzando frutti di differente consistenza e sottoponendoli al giudizio degli assaggiatori (test ordinativi di consistenza e gradimento) oppure predisponendo test quantitativi multiparametrici, al fine di ottenere un profilo sensoriale caratterizzante la varietà. Complessivamente i risultati ottenuti evidenziano che il parametro sottoposto a maggiori variazioni in shelf-life è la consistenza della polpa, che subisce una drastica diminuzione nei primi 2/3 giorni, per poi decrescere lentamente in funzione della cv. Ciò pone in risalto la differente “tenuta di maturazione”, che è prerogativa tipica della cv e che spazia dai 3/4 giorni di quelle precoci (Laura, Spring Crest, Spring Bright, Red Diamond), per giungere a tempi decisamente più lunghi (7-10 giorni) nelle tipologie tardive (Summerset). È stato anche riscontrato che i frutti sottoposti a frigoconservazione per una decina di giorni riducono la loro “tenuta di maturazione” del 20-30 %. Infine, dai vari panel test effettuati, è emerso che gli assaggiatori preferiscono frutti “maturi”, che permettono di valorizzare al meglio i parametri sensoriali di succosità, dolcezza e aromaticità e che tale “maturità di consumo” si colloca nel range di durezza penetrometrica compresa tra 1,5 e 0,5 Kg. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 39 QUALITÀ SVILUPPO DEI FRUTTI E POST RACCOLTA DI METODI INNOVATIVI DI GESTIONE DEI FRUTTI NELLA FASE DI POST- RACCOLTA: DEFINIZIONE DEGLI INDICI DI RACCOLTA IN FUNZIONE DELLA QUALITÀ DI CONSUMO E DELLE MODALITÀ DI CONSERVAZIONE E DI COMMERCIALIZZAZIONE G. Costa (1), A. Abbategola(2), A. Bevilacqua(4), G. Ceredi(5), T. Colella(2), D. Demaria(4), G. Fiori (1), C. Mennone (2), M. Noferini (1), M. Pincu(3), M. Robasto(4), G. Rocco Quinto(2), P. Turoni(5), G. Vittone(4), V. Ziosi(1) (1) Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna (2) A.A.S.D. “PANTANELLO” Metaponto, (MT) (3) UNITEC S.p.A., Lugo (RA). (4) CReSO, Centro di Ricerca e Sperimentazione per l’Ortofrutticoltura piemontese, Cuneo (5) Apofruit, Cesena. Il progetto FRUTTICOLTURA POST-RACCOLTA si pone l’obiettivo di creare un sistema integrato volto a produrre frutta di elevato standard qualitativo e sanitario attraverso l’azione combinata di nuove tecnologie applicate alle diverse fasi del post-raccolta. Il progetto si articola in 7 obiettivi specifici che vedono la titolarità di importanti strutture di ricerca pubbliche e private. L’obiettivo 2 ha come tema la definizione di nuovi indici in grado di stabilire l’epoca ottimale di raccolta del frutto di pesco in funzione della qualità al consumo. A tale scopo, sono state applicate due strumentazioni basate sulla spettroscopia nel visibile/vicino infrarosso (vis/NIR): una strumentazione commerciale “Quality Station”, messa gentilmente a disposizione dell’azienda UNITEC, ed una strumentazione messa a punto presso il Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Bologna. Quest’ultima, denominata “DAmeter”, fornisce la misura dell’Indice DA (Differenza di Assorbanza), un indice brevettato dal Dipartimento in grado di stimare rapidamente e non-distruttivamente lo stadio di maturazione del frutto. La Quality Station dell’UNITEC è stata applicata negli areali calabro-lucano, veneto-romagolo e piemontese dalle seguenti UUOO: AASD Pantanello (MT), Apofruit Italia (Forli-Cesena) e CReSO (CN). ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 40 QUALITÀ VALUTAZIONE DELL’ATTIVITA’ ANTIOSSIDANTE, DEI CAROTENOIDI E FRUTTI E POST RACCOLTA POLIFENOIDI TOTALI DI CULTIVARS DI PESCHE E NETTARINE ALLA RACCOLTA E DOPO CONSERVAZIONE FRIGORIFERA Claudio Di Vaio 1, Giulia Graziani 2, Dumella De Rosa 1, Annunziata Cascone 2, Alberto Ritieni 2 1 Dipartimento di Arboricoltura, Botanica e Patologia vegetale Università di Napoli Federico II 2 Dipartimento di Scienza degli Alimenti, Università di Napoli Federico II Email: [email protected] L’interesse crescente dei consumatori alla relazione tra dieta alimentare e salute indica di porre particolare attenzione al contenuto nutrizionale dei frutti anche in relazione al periodo di frigoconservazione per studiare il comportamento dei metaboliti bioattivi nelle condizioni in cui vengono normalmente conservati i frutti prima di essere consumati. Lo scopo del lavoro è stato quindi di analizzare il contenuto nutraceutico di differenti tipologie di pesche e nettarine al momento della raccolta e dopo conservazione frigorifera (+ 7 giorni), misurandone l’attività antiossidante idrofila (W-AA) e lipofila (L-AA), il contenuto di carotenoidi (CL) e polifenoli totali (PL). Sono stati valutati, inoltre, i principali parametri chimico-fisici, quali acidità titolabile (AT), contenuto in solidi solubili (SSC), consistenza della polpa (F) e colore dell’epicarpo. Le analisi hanno interessato 7 cultivars di pesche a polpa gialla, 5 nettarine a polpa gialla ed 1 nettarina a polpa bianca. Al momento della raccolta l’attività antiossidante idrofila dei frutti a polpa gialla, è risultata per le pesche pari a 12.8 TEAC (trolox equivalent antioxidant capacity/100g p.f.) e di 10.9 TEAC/100g p.f. per le nettarine, mentre per la nettarina a polpa bianca è stata di 12.3 TEAC/100g p.f. L’attività antiossidante lipofila è stata, invece, pari a 2.0 TEAC/100g p.f.. per le pesche a polpa gialla, di 1.8 TEAC/100g p.f. per le nettarine a polpa gialla e di 3.7 TEAC/100g p.f. per la nettarina a polpa bianca. Le nettarine a polpa gialla hanno presentato una concentrazione di carotenoidi totali di 61,89 mg/100g p.f., mentre per quella a polpa bianca è stata di 21,65 mg/100g p.f., le pesche a polpa gialla, invece, hanno presentato un livello di carotenoidi pari a 94,12 mg/100g p.f.. Dopo frigoconservazione, l’attività antiossidante idrofila aumenta per le nettarine (+22.9 % per i frutti a polpa gialla e +19.2% per i frutti a polpa bianca) e per le pesche (+10.0%). Anche i composti polifenolici subivano un incremento dopo frigoconservazione (+13.37%) mentre il contenuto dei carotenoidi ha subito un decremento (-9%). I risultati ottenuti hanno dimostrato, inoltre, che le pesche presentano una maggiore variabilità in termini di consistenza della polpa ed acidità titolabile e presentano una più bassa concentrazione di solidi solubili (SSC) rispetto alle nettarine. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------41 QUALITÀ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA L’INDICE DA: UN NUOVO INDICE NON-DISTRUTTIVO IN GRADO DI CARATTERIZZARE L’EVOLUZIONE FISIOLOGICA E MOLECOLARE DELLA MATURAZIONE DEL FRUTTO DI PESCO. V Ziosi(1), M. Noferini(1), G. Fiori(1), A. Tadiello(2), L. Trainotti(2), G. Casadoro(2), G. Costa(1). (1) Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna, viale Fanin 46, Bologna. (2) Dipartimento di Biologia, Università di Padova, viale G. Colombo 3, Padova.. In pesco (Prunus persica L. Batsch), stabilire l’epoca ottimale di raccolta è di fondamentale importanza, poiché la shelf-life e la qualità del frutto al consumo sono strettamente correlati allo stadio di maturazione alla raccolta. Di norma, la raccolta viene eseguita sulla base del colore e della pezzatura, che non forniscono indicazioni affidabili sullo stadio di maturazione del frutto. Altri parametri impiegati a tale scopo, come durezza, contenuto di solidi solubili e acidità, forniscono informazioni più affidabili, ma richiedono la distruzione del frutto e possono essere, quindi, condotte su un numero limitato di campioni. Negli ultimi anni, è stata rivolta una grande attenzione all’impiego di tecniche non distruttive per la determinazione della qualità del frutto. Nel presente lavoro, la spettroscopia vis è stata impiegata per individuare un indice di maturazione (indice di Differenza di Assorbanza, DA) le cui modificazioni sono correlate ai livelli di emissione di etilene del frutto, ai parametri di qualità e ai livelli di trascritto di geni marcatori la cui espressione aumento o diminuisce durante la maturazione. Sulla base di tale indice, pesche e nettarine sono state suddivise alla raccolta in classi omogenee corrispondenti a diverse fasi del climaterio etilenico (pre-climaterio, inizio del climaterio, climaterio). Tali classi, erano caratterizzate da differenze significative dei parametri di qualità, dei livelli di trascritto dei geni marcatori analizzati, e da una diversa evoluzione della maturazione post-raccolta. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------42 QUALITÀ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA “LA PESCA COME CAUSA DI ALLERGIA: VALUTAZIONE CLINICA COMPARATA DEI SUOI ALLERGENI” Mari Adriano IDI-IRCCS, Roma Email: [email protected] L’allergia alimentare è una patologia abbastanza comune nella popolazione generale. Si stima che tra il 2 e il 10 % ne è affetto. Gli alimenti vegetali normalmente consumati possono indurre reazioni allergiche di diversa gravità, compresa tra reazioni minime a livello del cavo orale per contatto diretto degli allergeni con la mucosa, fino allo shock anafilattico, spesso fatale. La pesca, e le reazioni allergiche da essa indotte soprattutto in popolazioni dell’area mediterranea, ha ricevuto notevole attenzione negli studi di caratterizzazione degli allergeni, e più recentemente sul ruolo che questi hanno come agenti causali delle reazioni di diverso grado di gravità. Attualmente risultano caratterizzati tre allergeni: Pru p 1, Pru p 3, Pru p 4 (Pru p = Prunus persica). Pru p 3 e 4 sono allergeni legati alla sensibilizzazione al polline, e si ritengono non in grado di causare sensibilizzazione primaria e reazioni gravi. Il Pru p 3, una “lipit transfer protein”, ha invece un ruolo estremamente importante come agente causale di reazioni anche gravi. Questa molecola ha strutture omologhe in altri Prunus, ma anche in moltissimi altri alimenti vegetali. Verranno riportati i dati biochimici, immunochimici, e diagnostico/epidemiologici a riguardo, nonché i possibili approcci terapeutici. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------43 QUALITÀ ANALISI COMPARATIVA DEL QUADRO DEI FRUTTI E POST RACCOLTA PROTEICO,IDENTIFICAZIONE QUANTIFICAZIONE DI ALLERGENI IN CULTIVAR DI PESCO (PRUNUS E PERSICA L.) BASTSCH) Farina L.1,4, Buccheri M.1, Tuppo L.2, Tamburrini M.2, Palazzo P.3, Giani M. 3, Bernardi M.L.3, Mari A.3, Damiano C.1, Ciardiello M.A2 1 CRA-Unità per la Ricerca in Frutticoltura, via Torrino 3, 81100 Caserta; 2 Istituto di Biochimica delle Proteine, CNR, Via P. Castellino 111, 80131 Napoli; 3 Centro di Allergologia Clinica e Sperimentale, IDI-IRCCS, Via dei Monti di Creta 104, 00167 Roma ; 4 Seconda Università degli Studi di Napoli, via Vivaldi 43, 8110 Caserta. Le caratteristiche biochimiche e nutrizionali di un frutto sono legate al suo proteoma, che dipende dal patrimonio genetico. Cultivar diverse di una stessa specie possono essere caratterizzate da variazioni qualitative e quantitative, più o meno evidenti, a carico delle diverse componenti proteiche. In questo lavoro sono descritti i dati ottenuti da un’analisi comparativa (i) del quadro delle proteine totali e (ii) della quantità della proteina allergenica “lipid transfer protein” (LTP) in 5 cv di pesco. Gli estratti proteici sono stati preparati separando polpa e buccia delle cultivar in esame [cv Maria Cristina (pesca a polpa bianca), cv Ionia (pesca percoca), cv Crimson Lady (pesca a polpa gialla), cv Neve (nettarina a polpa bianca), cv Stark Saturn (platicarpa)] provenienti da un campo sperimentale del CRA-URF di Caserta. L’analisi mediante SDS-PAGE ha mostrato che la composizione del quadro proteico differisce significativamente sia in relazione al tipo di tessuto analizzato (polpa, buccia) che alla cultivar. L’allergene LTP è stato isolato mediante cromatografia a fase inversa per HPLC, è stato identificato mediante sequenziamento automatico della regione N-terminale e ne è stata stimata la concentrazione. I risultati ottenuti mostrano un elevata quantità di LTP nella buccia mentre nella polpa, se presente, essa è al di sotto del potere risolutivo della tecnica utilizzata. Fra le cultivar analizzate la nettarina Neve ha mostrato la minor concentrazione di LTP/g di sostanza secca mentre le cv Stark Saturn e Crimson Lady risultano le più ricche di allergene. Un’analisi preliminare mediante elettroforesi bidimensionale e immunoblotting dell’estratto proteico da polpa di platicarpa mostra almeno 10 segnali positivi indicanti proteine potenzialmente allergeniche che hanno legato IgE presenti nel pool di sieri utilizzato. Le proteine IgE-leganti identificate verranno caratterizzate mediante saggi immunologici in vitro e in vivo (skin test, test di attivazione dei basofili, proliferazione linfocitaria) per valutarne la loro attività biologica complessiva nei confronti del sistema immunitario umano in corso di patologia allergica. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------44 QUALITÀ VARIAZIONI DEI FRUTTI E POST RACCOLTA DEI COMPOSTI NUTRACEUTICI E CAPACITÀ ANTIOSSIDANTI DEL GERMOPLASMA DI PESCO Anna Maria Simeone, Maria Grazia Piazza, Carlo Fideghelli CRA- Centro di Ricerca per la Frutticoltura di Roma Lo scopo del lavoro è valutare le variazioni dei composti nutraceutici nei frutti di varietà di pesco, in particolare i fenoli e gli antociani totali e la capacità antiossidante e correlare il contenuto degli antiossidanti con le caratteristiche fisico-chimiche del frutto. Lo studio è stato effettuato su frutti di 30 varietà di pesco, conservate presso il Centro di Conservazione del Germoplasma Frutticolo di Roma. Sono stati prelevati i frutti in un’unica raccolta; per ogni frutto, sono stati determinati il colore della buccia,l’indice penetrometrico, il residuo rifrattometrico e l’acidità titolabile. Si è proceduto poi alla separazione di mesocarpo ed epidermide. Le analisi per la determinazione dei composti fenolici, degli antociani e della capacità antiossidante sono state condotte per via spettrofotometrica. Il dosaggio dei polifenoli è stato effettuato con il reattivo di Folin-Ciocalteau , l’ attività antiossidante con il radicale DPPH . Per alcune varietà più interessanti sono stati utilizzati i metodi analitici HPLC/DAD per caratterizzare i componenti fenolici ed antocianici. Lo studio ha mostrato come il contenuto di fenoli totali , antociani totali e attività antiossidante sono maggiori nella buccia piuttosto che nella polpa. Le cultivar con i valori più elevati di fenoli totali nelle bucce sono Roberta ,Gladys e Maeba Top rispettivamente con 407,5 400,2 e 380,7 mg di ac. gallico/100 di p.f., mentre nelle polpe sono risultate Roberta, Platicarpa bianca, Isabella d’Este e Maeba Top. Il maggior contenuto di antociani totali si è osservato, per le bucce, nella cv Promesse con 293 mg di chyanidin chloride/100 g di p.f. e, per le polpe, nelle cv FO 460 e Platicarpa bianca con 201,5 e 195,1 mg di chyanidin chloride/100 g di p.f. L’analisi HPLC ha mostrato un contenuto importante di acido clorogenico, ac. neo-clorogenico e della catechina sia nella buccia che nella polpa e la presenza di una sostanza antocianica nelle bucce. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------45 QUALITÀ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA L’ANALISI DELLE VARIAZIONI DEL PROFILO TRASCRIZIONALE IN PESCHE TRATTATE CON 1-MCP Maura Begheldo1; Fiorenza Ziliotto1, Angela Rasori1, Claudio Bonghi1 Angelo Ramina1 e Pietro Tonutti 2 1 Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, Università di Padova Viale dell’Università 16, 35020 Legnaro (Padova, Ialia) 2 Scuola Superiore Sant’Anna di Studi Universitari e di Perfezionamento Piazza Martiri della Libertà, 33 56127 Pisa (Italia) Il controllo della maturazione in frutti climaterici dipende soprattutto dalla possibilità di regolare la biosintesi e l’azione dell’etilene. Questo può avvenire mediante il controllo dei parametri ambientali durante la conservazione o usando specifici inibitori della biosintesi/percezione dell’etilene come l’1-metilciclopropene (1-MCP), un antagonista dell’etilene per i siti di legame dei recettori. Recenti ricerche hanno messo in evidenza che gli effetti di questa sostanza sono molto variabili tra specie e specie. Nel caso del pesco, differentemente da altri frutti climaterici (melo e banana), il rallentamento della maturazione è visibile solo in caso di una sua presenza continua. Per meglio comprendere le basi fisiologiche del diverso comportamento della pesca si sono studiate, impiegando il primo microarray specifico per il pesco (µPEACH1.0), le variazioni del trascrittoma del mesocarpo trattato con 1-MCP. A tale scopo pesche, raccolte a maturità commerciale, sono state incubate a 20 °C per 24 ore con 1-MCP (1 µL/L) e successivamente mantenute all’aria per ulteriori 48 ore a 20 °C o in aria per 72 ore. Alla fine del periodo di incubazione, i dati trascrittomici indicano che l’1-MCP è in grado di bloccare l’evoluzione della maturazione in quanto nei frutti trattati solo 9 geni sono espressi differenzialmente contro i 90, invece, evidenziati in quelli mantenuti per 24h in aria. Nei frutti trattati, il veloce recupero di molti parametri della maturazione è accompagnato da significative modificazioni del pattern di espressione di molti geni che, infatti, a 48 ore dalla fine dell’incubazione in 1-MCP mostrano livelli dei trascritti corrispondenti a quelli misurati nei frutti mantenuti sempre in aria. Sulla base dei profili di espressioni di geni chiave della biosintesi ed azione dell’etilene, verrà presentata una possibile spiegazione di questo particolare comportamento. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------46 POSTER ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE 47 POSTER: ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE EVOLUZIONE NEL MEDIO PERIODO DELLE ESPORTAZIONI ITALIANE DI PESCHE CON METODOLOGIE STATISTICHE ROBUSTE E DELLA SPECIALIZZAZIONE TERRITORIALE Nicola Galluzzo1 Dipartimento Scienze degli Alimenti Unità operativa Economia agro-alimentare Università di Teramo Per comprendere le potenzialità esportative e i trend relativi, che caratterizzano i territori peschicoli italiani, sono state analizzate nel medio periodo le serie storiche mensili sul mercato mondiale (mercati intraUe e mercati extraUe). Al fine di ricostruire un trend, depurato dal rumore di fondo, nelle serie storiche osservate, si è ricorsi all’utilizzo della median polish in maniera tale da eliminare e valutare, separatamente, gli aspetti inerenti la stagionalità, l’effetto mese e il ciclo, ottenendo un dato che tenesse conto esclusivamente del suo andamento tal quale e di eventuali break strutturali. I dati utilizzati, nella presente analisi, sono stati suddivisi in due gruppi abbastanza consistenti ed omogenei, per verificare se l’adesione dell’Italia al WTO avesse avuto conseguenze reali sul commercio estero delle pesche. Il ciclo trend, analizzato attraverso la metodologia robusta della median polish, ha confermato l’esistenza di due momenti storico-economici ben individuabili, caratterizzati da una diversa crescita delle esportazioni di pesche italiane verso i mercati extracomunitari, sui quali ha agito sia la sottoscrizione degli accordi WTO che le svalutazioni competitive occorse. L’effetto mese ha confermato le criticità nelle esportazioni in alcuni mesi dell’anno, allorché si registrano delle tensioni significative a livello strutturale più che congiunturale. La specializzazione territoriale si è basata sull’applicazione, nel medio periodo, di due tipologie di indici quali il quoziente di Hoover e l’indice di specializzazione normalizzato, in grado di evidenziare specifici livelli di localizzazione e di eterogeneità nella coltivazione delle pesche in alcune province della Campania e dell’Emilia Romagna. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 1 Dottorando di ricerca 48 POSTER: ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE INDAGINE SULLA PESCHICOLTURA METAPONTINA C. Mennone*, P. Gioia*, M. Troiano*, G. Santangelo* * AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata La peschicoltura metapontina vede il periodo di maggiore espansione a partire dagli anni 60, quando con la Riforma fondiaria ci fu l’introduzione e la diffusione delle prime varietà di pesche. Nel corso degli anni vi è stata un’evoluzione nella tecnica e negli standard varietali che ha fortemente delineato i caratteri avvicinandola a standard produttivi nazionali. Per fare il punto sullo stato tecnico-produttivo della nostra peschicoltura è stata effettuata un’indagine che ha interessato circa 250 aziende. L’età degli impianti si colloca per il 44% da 1-6 anni, per il 41% da 7 a 12 anni. Nella scelta varietale si è avuto un adeguamento agli standard di mercato in termini di tipologia, da pesche a nettarine, per il colore della polpa, da bianche a gialle, per l’epoca di raccolta, per le tipologie gustative e per l’aspetto esterno. Un problema che si pone anche per la peschicoltura metapontina è il ristoppio, visto anche la frammentazione della proprietà che comporta il reimpianto sullo stesso terreno. Le maggiori differenze si sono avute nella conduzione passando da quella convenzionale all’integrata (90%) e nell’ultimo quinquennio al biologico (10%), che ha consentito una notevole differenziazione dell’offerta sia temporalmente che come gamma. Il passaggio a tecniche a minore impatto ambientale ha determinato un minore uso di input chimici con una diminuzione delle unità fertilizzanti utilizzate e con un aumento dell’uso della sostanza organica e la distribuzione in fertirrigazione. Negli ultimi 10 anni per la riduzione dei costi di produzione e per una gestione più semplice dei campi si è proceduto alla diffusione di forme di allevamento che consentissero una gestione delle operazioni colturali da terra. La forma di allevamento piu’ diffusa è il è il vaso ritardato (81%), Ipsilon trasversale (11%) e Palmetta (8%). I maggiori problemi in campo nel controllo dei parassiti li desta la mosca della frutta e tripide estivo sulle nettarine, mentre un ruolo di secondo piano rivestono la cidia e la anarsia. Il ceratide determina i maggiori danni per le varietà medie e tardive con incidenza variabile negli anni. Per i patogeni fungini destano piu’ problemi la Monilia e l’Oidio. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 49 POSTER: ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE STUDIO CONGIUNTO CILE-ITALIA-SPAGNA SU POTENZIALITÀ DI MERCATO E SCELTE DEI CONSUMATORI DI PESCHE E NETTARINE. M. Mora(1); G. Echeverría (2); S. Predieri (3) and R. Infante (1) 1) Universidad de Chile, Santiago de Chile; Cile (2) UdL-IRTA, Lleida, Spagna (3) IBIMET-CNR, Bologna, Italia Pesche e nettarine hanno affrontato negli ultimi anni ricorrenti problemi di mercato in molti Paesi, una della cause viene identificata con la scarsa corrispondenza tra caratteristiche qualitative dei frutti e aspettative dei consumatori. La collaborazione tra gruppi di ricerca di diversi Paesi può aiutare a meglio comprendere ed affrontare queste problematiche. Per il Cile questi aspetti assumono particolare importanza. Le pesche cilene hanno infatti interessanti spazi di commercializzazione nell’emisfero nord durante il periodo invernale, per essere presenti su tali mercati devono però essere sottoposte a trasporto e frigoconservazione, prima di raggiungere i consumatori, con comprensibili problemi che possono affliggere la qualità dei frutti. Attualmente in Cile, pesche e nettarine sono coltivate su oltre 12 mila ettari con un esportazione di 16 milioni di box. Ogni azione orientata al miglioramento degli aspetti qualitativi, della logistica e delle strategie di trasporto, conservazione, distribuzione, commercializzazione e marketing richiede investimenti consistenti ed oculati. Il decision-making deve quindi essere preceduto da una analisi specifica delle potenzialità e delle problematiche. Il presente studio è stato concordato tra istituzioni di un Paese esportatore, appunto Cile, e due Paesi europei, Italia e Spagna, interessati alla valutazione dell’interesse e del gradimento dei consumatori in relazione al consumo di pesche provenienti dall’emisfero sud durante la stagione invernale. L’obiettivo specifico era di caratterizzare il consumo di pesche e nettarine in Cile, Italia e Spagna ed identificare segmenti di mercato interessati ai prodotti proposti. La ricerca, condotta nel dicembre 2006 e gennaio 2007, è stata effettuata tramite sondaggi face-to-face che hanno coinvolto consumatori spagnoli della Catalogna (192 interviste), italiani dell’Emilia Romagna (86) e cileni di Santiago in Chile (138). I dati ottenuti sono stati sottoposti ad analisi statistica tramite metodi descrittivi, analisi univariata e test chi-quadro. I risultati indicano interessanti differenze nelle scelte di acquisto e consumo dei consumatori dei tre diversi potenziali mercati. In un mondo che richiede conoscenze e scelte sempre più intergrate, questo lavoro viene presentato come esempio di collaborazione internazionale per lo sviluppo di strategie per la valorizzazione dei prodotti a livello locale. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 50 EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI 51 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE VALUTAZIONE AGRONOMICA DI SELEZIONI DI E SCELTA “PACCARELLE” (P. DEI PORTINNESTI PERSICA) QUALI PORTINNESTO DEL PESCO Avanzato D., Fideghelli C. CRA . Centro di Ricerca per la Frutticoltura Via di Fioranello, 52 00134 Roma Nel 1999 è stata avviata una prova agronomica mettendo a confronto alcune selezioni di pesco franco “Paccarelle” (SM4, SM2, DA, MZ1) selezionate da O. Insero della Sezione di Caserta dell’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura, innestate con la nettarina Venus v.e. con il testimone PSA5. Nove piante di ciascun portinnesto sono state suddivise in 3 ripetizioni e piantate alla distanza di 4,1 x 3,1 metri allevate a vaso. La prova si è conclusa nel 2007. I dati rilevati sono stati: area della sezione del tronco, dimensione della pianta, epoca di fioritura, % d’allegagione, produzione e peso medio dei frutti. Sui frutti sono stati rilevati durezza della polpa, residuo secco rifrattometrico, acidità totale. Durante il 4 anno sono state fatte anche osservazioni fisiologiche sulla conduttanza stomatica e l’efficienza idrica. Nei 9 anni di prova sono morte 4 piante del portinnesto PSA5, 3 piante della selezione MZ1. 1 pianta di ciascuna delle selezioni SM2 e DA e nessuna pianta della selezione SM4. Le 4 selezioni di Paccarelle, pur con differenze tra loro, sono più vigorose del controllo PSA5 che è, notoriamente un franco nanizzante. Nessuna differenza particolare è stata registrata nell’epoca di fioritura e nell’epoca di maturazione, né tra le selezioni né rispetto al testimone. L’allegagione delle quattro selezioni è stata (nella media) inferiore (40 – 42%) a quella del testimone (48%), ma ciò non ha influito sulla produzione per pianta che è nettamente più elevata nelle Paccarelle secondo il seguente ordine decrescente: SM4, SM2, DA, MZ1. L’efficienza produttiva rispetto alla superficie della sezione del tronco vede la relazione MZ1 al primo posto, seguita dal test PSA5 e con valori simili tra loro ma nettamente inferiori le altre 3 selezioni. Molto positivi i dati relativi alle dimensioni del frutto, nettamente superiori nelle 4 selezioni (da 125 a 150 g) rispetto al controllo (110 g). Di andamento inverso i valori di RSR di circa 0,5°Brix inferiori nelle Paccarelle, ma comunque su valori elevati, superiori a 13°Brix. La prova ha evidenziato la validità delle 4 selezioni ottenute presso l’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura di Caserta ed in particolare la MZ1 e la SM4 caratterizzate da un buon vigore associato a positivi parametri agronomici e fenologici. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 52 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI OSSERVAZIONI AGRONOMICHE SU CLONI DI PRUNUS MUME INNESTATI CON LA NETTARINA VENUS Avanzato D. – Bevilacqua D. Centro di Ricerca per la Frutticoltura 00134 Roma Nel 1995 sono stati importati dal Brasile semi di Prunus mume dai quali sono stati ottenuti 120 semenzali innestati nel 1997 con le cultivar di pesco e nettarine Rich Lady, Babygold 5, Supercrimson e Venus, avviando un programma di pre-selezione per individuare le combinazioni con le migliori caratteristiche vegetative. Sulla base del comportamento agronomico e delle prove di funzionalità fisiologica osservata in tutte le combinazioni, si è deciso di costituire delle linee clonali, moltiplicando in vitro i genotipi di Mume M4, M73, M119, M129 e M140. Nel settembre 2000, nove piante di ciascuna linea clonale sono state innestate a gemma dormiente con la nettarina Venus v. e. e, nel maggio 2002, è iniziata una prova agronomica, mettendo a confronto le selezioni di Mume col franco PSA5. Le osservazioni hanno riguardato la mortalità delle piante, l’allegagione, la produzione per pianta, il peso medio dei frutti, la durezza della polpa, il residuo secco rifrattometrico e l’acidità totale. A 5 anni dall’inizio della prova è stata rilevata una mortalità delle selezioni di Mume compresa tra il 44 e il 77%, mentre per il PSA5 è stata del 22%. Le piante innestate su Mume hanno manifestato una vigoria mediamente inferiore del 30% rispetto al testimone. L’allegagione soltanto in due selezioni (M4 e M73) è stata simile a quella rilevata per il testimone, ma in termini di produttività per pianta, questa è risultata mediamente inferiore dal 20 al 40% rispetto al testimone. Nessuna differenza è stata osservata in termini di durezza della polpa e contenuto zuccherino in gradi Brix. I dati globali fin qui ottenuti fanno concludere che il Prunus mume ha scarsa possibilità di essere utilizzato come portinnesto del pesco per ragioni di scarsa compatibilità tra i bionti, come dimostrato dalla quantità esigua di selezioni che hanno superato la fase di screening iniziale (5 su 120) e dalla scarsa affidabilità delle stesse 5 selezioni che sono andate incontro ad elevati tassi di mortalità. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 53 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI NUOVA SERIE DI NETTARINE SUB-ACIDE PER L’EMILIA - ROMAGNA Bassi Daniele: DIPROVE, Università degli Studi di Milano Rizzo Marisa: Parco Tecnologico Padano (LO) Foschi Stefano: CRPV, Cesena (FC) L’introduzione della nettarina ‘Big Top’ ha imposto al mercato peschicolo una nuova tipologia, che ha rivoluzionato il mercato di questo frutto. ‘Big Top’ è infatti caratterizzata da un’elevata tenuta di maturazione, che è di tipologia a bassa acidità, accompagnata da un elevato tenore zuccherino, oltre il 15% di RSR, quando pienamente maturo. Entrambe queste caratteristiche, associate ad un’elevata e precoce colorazione della buccia, hanno facilitato una rapida diffusione di questa cultivar, tanto che essa è da considerare tra le più affermate novità varietali nel panorama peschicolo a cavallo dei due secoli. All’avvicinarsi della maturazione, la rallentata perdita di consistenza fa si che il frutto diventi fondente solo ad incipiente senescenza e possa quindi essere raccolto con una durezza tale da evitare troppi danni da manipolazione. Inoltre, la presenza del carattere sub-acido rende il frutto consumabile anche prima che abbia raggiunto lo stadio di rammollimento. L’unico problema può verificarsi al momento della raccolta, dal momento che la totale colorazione rosso accesa della buccia rende molto difficile evitare raccolte troppo precoci, con la conseguente immissione sul mercato di frutti non sufficientemente zuccherini. C’è infatti da segnalare che la tipologia sub-acida è particolarmente incline a produrre disomogeneità anche nello stesso albero a riguardo del contenuto in zuccheri, che se al disotto di una certa soglia (circa il 12% di RSR), produce una sensazione gustativa piatta. Il successo commerciale di tale frutto è tale che si pone ora il problema di fornire la catena distributiva con una serie continua di cultivar, di tipologia simile al ‘Big Top’, in grado di soddisfare le richieste del consumatore per l’intera stagione di consumo delle pesche. Per tale obiettivo, nell’ambito del programma di miglioramento genetico co-finanziato dalla Regione Emilia – Romagna e di alcune associazioni di produttori della regione, da oltre una decina di anni ‘Big Top’ viene utilizzata per ottenere progenie da cui selezionare nuove cultivar con la stessa tipologia di frutto (in alcuni casi migliorata, ad esempio per la minor sensibilità alla rugginosità dell’epidermide), ma più adatte alle condizioni ambientali della regione, ad esempio in termini di produttività. Le cinque selezioni qui presentate derivano da incroci tra ‘Big Top’ e ‘Ambra’ o ‘May Fire’ e maturano da circa 15 giorni prima a 10 giorni dopo ‘Big Top’. D:\BASSI\PESCO\CONVEGNI\CASERTA_0308\CINQUE NETTARINE\CINQUE NETTARINE ABSTRACT.doc 21/02/2008 16.03.00 --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 54 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI BORDO’, PESCA PRECOCE PER L’EMILIA - ROMAGNA Bassi Daniele: DIPROVE, Università degli Studi di Milano Rizzo Marisa: Parco Tecnologico Padano (LO) Foschi Stefano: CRPV, Cesena (FC) La massiccia introduzione di sempre nuove cultivar di pesco appare inarrestabile ed a dispetto delle ricorrenti crisi di collocazione del prodotto, la ricerca di novità varietali viene spesso guardata come il rimedio più opportuno, alla ricerca del prodotto (frutto) che si distingua da tutti gli altri, obiettivo non semplice nel caso del pesco. Inoltre, benché il calendario di offerta varietale nel pesco sia ormai amplissimo (grazie sia alla coltura protetta alle latitudini più basse, come nel meridione d’Italia e in Sicila, sia alle zone più settentrionali, come il Piemonte o nelle montagne siciliane), esperienze ormai consolidate dimostrano che è la prima parte della stagione quella meno soggetta a crisi di mercato. Pertanto, l’individuazione di cultivar a maturazione precoce (quando non precocissima) risulta di particolare interesse anche in Emilia - Romagna, regione che non può certo competere in precocità con le zone vocate del meridione e della Sicilia. L’ottenimento di valide cultivar precoci per l’ambiente emiliano-romagnolo risulta particolarmente impegnativo, a motivo non tanto dei freddi invernali (ormai non così pericolosi per il pesco), quanto per le primavere, spesso fredde o caratterizzate da gelate, che richiedono pertanto cultivar caratterizzate da basse esigenze termiche e con rapido sviluppo del frutto. Tali peculiarità ambientali rendono particolarmente importante che la fase di selezione avvenga nell’ambiente ove la nuova cultivar dovrà essere prodotta. BORDO’, pesca gialla precoce (matura pochi giorni dopo ‘May Crest’) è stata ottenuta dall’incrocio di ‘May Crest’ x ‘Rich Lady’ nell’ambito del programma di miglioramento genetico co-finanziato dalla Regione Emilia – Romagna e di alcune associazioni di produttori della regione. Presenta un frutto tondo, grosso e di bell’aspetto, con buccia gialla completamente ricoperta di rosso molto intenso, a volte cupo, punteggiato; la polpa è venata di rosso, di buona consistenza e buon sapore, aromatico, con polpa aderente al nocciolo. Buona la tenuta in pianta. L’albero, molto produttivo, ha sviluppo tendenzialmente acrotono, che tende a spogliarsi in basso, e si avvantaggia della potatura verde per rivestire le branche basali. D:\BASSI\PESCO\CONVEGNI\CASERTA_0308\BORDO'\BORDO'_ABSTRACT.doc 21/02/2008 16.03.00 -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------55 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI “MARIA NICOLA”: NUOVA NETTARINA A POLPA GIALLA A MATURAZIONE MOLTO TARDIVA 1 2 1 Bellini E. , Giannelli G. , Picardi E. 1) Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura - Università degli Studi di Firenze 2) Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree - CNR, Sesto Fiorentino (FI) Dal 1970 è in atto a Firenze, prima presso l’Istituto sulla Propagazione delle Specie Legnose da Frutto del CNR (ora Ivalsa), poi presso il Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura (già Istituto di Coltivazioni Arboree) dell’Università degli Studi (DOFI), un programma di miglioramento genetico e varietale sulle nettarine che a partire dal 1982 ha portato alla diffusione commerciale di 6 cultivar a polpa gialla, tutte dotate di caratteristiche agronomiche e organolettiche di tipo tradizionale: “Maria Emilia”, “Maria Laura” e “Maria Aurelia”, diffuse nel 1982; “Maria Carla”, diffusa nel 1985; “Maria Elisa”, resa nota nel 1997 e “Maria Camilla”, diffusa nel 2003. A queste si affianca ora la “Maria Nicola”, le cui caratteristiche agro-bio-pomologiche essenziali, vengono di seguito riportate. Descrizione di "MARIA NICOLA" Dall'esame dei dati sulle selezioni avanzate e valutate comparativamente nei campi di orientamento del DOFI, è emersa l'opportunità di diffondere una ulteriore cultivar di nettarina a polpa gialla a maturazione molto tardiva alla quale è stato attribuito il nome di "Maria Nicola". Questa cultivar è stata ottenuta nel 1987 da E. Bellini del Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura dell’Università degli studi di Firenze, dall’autofecondazione della nettarina “California”. “Maria Nicola” possiede le seguenti caratteristiche da: albero di media vigoria, con produttività media, molto rustico e piuttosto resistente alle gelate tardive; frutto di grossa pezzatura, elevata consistenza e ottimo sapore, nonostante la maturazione molto tardiva, riesce ad esprimere una buona colorazione della buccia. Matura in settembre nel Faentino, l’epoca di maturazione cade 55 gg. dopo “Redhaven”, 23 gg. dopo “Maria Dolce”. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------56 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI MIGLIORAMENTO GENETICO PER LA RESISTENZA A SHARKA (PPV) NEL PESCO: PROGRAMMA SVOLTO PRESSO IL DOFI NELL’AMBITO DI UN PROGETTO MIPAAF Bellini E., Nencetti V., Giordani E., Morelli D. Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura – Università di Firenze Nel genere Prunus sono state individuate numerose fonti di resistenza/tolleranza al Plum Pox Virus (PPV), ma poche sono quelle che possono essere utilizzate per il miglioramento genetico del pesco. Tra le specie più interessanti, il P. davidiana è quella più interfertile con il pesco ed alcuni suoi ibridi (es. il portinnesto Nemaguard) risultano tolleranti al PPV. Purtroppo questa specie trasmette alla progenie molti caratteri negativi (pezzatura piccola, forma irregolare, caratteristiche organolettiche scadenti) e sono necessari numerosi reincroci per recuperare pregevoli qualità pomologiche. Peraltro il modello di trasmissione del carattere resistenza a PPV in pesco risulta di tipo quantitativo e piuttosto complesso da fissare. Occorrono pertanto progenie numerose e parentali resistenti per ottenere possibilità di successo. Valutazioni di resistenza condotte nel pesco con metodi diversi (sintomatologia, saggi biologici, test sierologici, RT-PCR e DAPI), sia su collezioni di germoplasma site in zone endemiche per la sharka, che su singoli genotipi inoculati artificialmente, hanno riportato risultati non sempre confrontabili e concordanti. Alcuni genotipi vengono considerati asintomatici, altri tolleranti mentre non vengono citati casi di resistenza. Nell’ambito di un Progetto MiPAAF sul “Miglioramento Genetico del Pesco per il controllo del virus della Sharka (PPV)”, è iniziato nel 2006 presso questo Dipartimento un programma di breeding che ha previsto la realizzazione di incroci interspecifici controllati tra alcune delle cultivar di nettarine più affermate, come “Maria Aurelia” ed altre più recenti e innovative tipo “Maria Dolce” e “Maria Dorata”, utilizzate come piante portaseme. Queste sono state fecondate con polline di origine francese, di ibridi tra P. persica e P. davidiana di accertata resistenza al PPV. I 950 semenzali ottenuti sono allevati in contenitore in modo da essere meglio utilizzati per prove di resistenza. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 57 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI COMPORTAMENTO AGRONOMICO DI QUATTRO NUOVI PORTINNESTI IBRIDI PESCO PER MANDORLO IN UN IMPIANTO AD ALTA DENSITÀ IN SICILIA: PRIME OSSERVAZIONI R. Bono 1, R. Buffa 1, R. Massai 2, T. Caruso 1 Dipartimento di Colture Arboree, Università di Palermo 2 Dipartimento di Coltura e Difesa delle Specie Legnose, Università di Pisa 1 In Sicilia la peschicoltura precoce viene praticata lungo la fascia costiera dell’Isola dove prevalgono suoli tendenzialmente sciolti e sub-alcalini, reazione determinata dal contenuto piuttosto elevato di carbonato di calcio. Nel contesto pedologico appena descritto tra i portinnesti ha trovato condizioni ideali per affermarsi l’ibrido interspecifico pesco x mandorlo GF 677, caratterizzato da elevata plasticità di adattamento ma, purtroppo, anche da spiccato vigore vegetativo. Quest’ultimo tratto costituisce una delle principali limitazioni ai fini della scelta del GF 677 come portinnesto delle cultivar precoci. Gli intensi flussi di crescita vegetativa stimolati nel gentile da detto portinnesto, soprattutto in primavera, si vanno infatti a sovrapporre al breve, ma intenso, periodo di sviluppo del frutto che caratterizza le cultivar precoci; nella competizione che si instaura tra i due sink è in genere il frutto a risentirne maggiormente. Tra i peschicoltori è infatti oramai ben noto che il GF 677 determina decadimento qualitativo e ritardo nella maturazione dei frutti, fenomeni ai quali si può porre rimedio solamente con una gestione colturale molto oculata. Per la peschicoltura precoce la disponibilità di nuovi portinnesti che associno alle caratteristiche positive del GF 677 un minor vigore vegetativo sembra oggi l’unica via per non peggiorare le caratteristiche qualitative dei frutti e contenere i costi di produzione. Oggetto della presente nota sono i risultati relativi ai primi due anni di osservazioni effettuate per valutare il comportamento agronomico di alcuni portinnesti ibridi pesco x mandorlo, recentemente costituiti dal Dipartimento di Coltura e Difesa delle Specie Legnose dell’Università di Pisa, impiantati in un contesto di alta densità d’impianto (2220 piante/ha), allevati secondo una forma di allevamento (V) riconducibile alla famiglia delle “Doppie pareti inclinate”. Le ricerche sono state condotte presso un campo sperimentale costituito dal Dipartimento di Colture Arboree dell’Università di Palermo a Sciacca (AG), in C.da Piano Fusilli, a 150 m s.l.m. in un appezzamento di terreno caratterizzato da tessitura franco-argillosa, con pH 7,7 e calcare attivo inferiore al 5%. Le osservazioni sono state condotte sui seguenti portinnesti clonali: I.S.5 5/8; I. S. 5/19; I. S. 5/23; I. S. 5/29 e G.F 677 innestati a gemma dormiente con la cultivar a basso fabbisogno in freddo “Tropic Snow”. L’impianto è stato realizzato nel gennaio 2004, mettendo a dimora barbatelle dei suddetti portinnesti al sesto di 4,5 x 1 m, che sono state poi innestate in campo nel successivo settembre, a gemma dormiente. Le piante sono state allevate a V e nel biennio 2006/2007 sono state effettuate le seguenti osservazioni: fenologia della fioritura e della maturazione; numero e peso frutti/stacco (NFS), area sezione tronco (AST); peso legno di potatura verde e secca. Inoltre, su 30 frutti per pianta (5 piante per combinazioni d’innesto) sono stati determinati, in laboratorio il peso medio (g) e le caratteristiche bio-metriche (lunghezza, larghezza, spessore) nonché l’estensione del sovracolore rosso (%), la consistenza della polpa (penetrometro 8 mm), il grado rifrattometrico (Brix), il pH e l’acidità titolabile (‰). Le piante innestate sui cloni della serie I.S. sono risultate meno vigorose rispetto a quelle innestate su GF 677. I maggiori livelli di produzione/pianta sono stai registrati nel GF677 tuttavia, in relazione al diverso sviluppo del diametro del tronco tra le diverse combinazioni d’innesto non è emersa alcuna differenza nell’efficienza produttiva (EP). Il peso medio dei frutti più elevato è stato riscontrato nelle piante innestate su I.S. 5/29 mentre il portinnesto I.S. 5/23 ha indotto nelle piante una maggiore scalarità di maturazione. Malgrado la giovane età delle piante, per la peschicoltura precoce alcuni portinnesti della serie I.S. sembra possano contribuire a superare alcune limitazioni agronomiche indotte dal GF 677, in rapporto alla crescita vegetativa e alla qualità dei frutti. 58 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI RISULTATI DEFINITIVI DI PROVE SPERIMENTALI DI PORTINNESTI DI PESCO IN SERRO CALDERARO –CASTEL DI IUDICA (CT) Centro Operativo Ricerca Fitogenetica del prof. Alfio Bruno -Belpasso (CT) E’ stata accertata la validità delle selezioni AB/2 e AB/3, portinnesti ibridi naturali pesco × mandorlo, ponendole a confronto sperimentale con i portinnesti GF677 e Barrier in terreno pesante. Le prove si sono svolte nel decennio 1997/2006 nella Sicilia Orientale, in Agro di Castel di Iudica (CT), Serro Calderaio contrada Chianotta, nel fondo del Peschicolture sig Virzi Vincenzo. I risultati delle prove evidenziano significativamente la superiorità dell’ AB/3 rispetto agli altri tre portinnesti; tale migliore comportamento agronomico risulta ancor più evidente ove si pongano a confronto i dati raccolti in ciascun anno non a parità di foglia, bensì a parità di età, ovverosia confrontando i dati conseguiti in ciascun anno dal Barrier e dal GF677 con i dati conseguiti dall’AB/2 e dall’AB/3 nell’anno successivo. Tale superiorità risulta dimostrata soprattutto: • da una migliore affinità di innesto col pool genico di P. persica (n° 2 precoci, n° 2 mediotardive, n° 2 pesche, n° 2 nettarine); • dall’induzione delle migliori rese produttive e dai migliori standard qualitativi delle produzioni; • da una migliore capacità di adattamento ai terreni pesanti e pesantissimi; • dall’induzione di una migliore predisposizione a forme di allevamento a vaso. • dalla migliore conformazione dell’apparato radicale robustissima e ben distribuita, atta ad assicurare alla mole degli alberi un solidissimo ancoraggio. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 59 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI ALLESTIMENTO DI UNA COLLEZIONE IN VITRO DI CULTIVAR DI PESCO DI INTERESSE STORICO Damiano C., Monticelli S., Frattarelli A. CRA – Centro di ricerca per la Frutticoltura Le cultivar storiche di pesco, benché ora scarsamente coltivate in quanto sono state sostituite da altre più rispondenti alle richieste del mercato, hanno spesso frutti saporiti e profumati, facilmente conservabili e risultano in alcuni casi resistenti ad avversità e agenti patogeni. Tali caratteritische, espresse in queste combinazioni genetiche, possono essere trasferite in nuove varietà attraverso opportuni programmi di miglioramento genetico. Tali genotipi, quindi, rappresentano una fonte genetica di biodiversità da conservare. Lo scopo di questo lavoro è stato la ricerca e definizione di un efficiente protocollo di propagazione al fine di allestire una collezione in vitro di alcune di queste cultivar. In particolare sono state considerate le cultivar Incomparable Guilloux, San Giorgio, Poppa di Venere, Charles Ingouf, Madame Guilloux, Grosse Mignonne, Venus e Ford. Le gemme apicali e ascellari, prelevate da piante in vivo della collezione presente nel Centro di Ricerca per la Frutticoltura di Roma, sono state sterilizzate con successo usando una combinazione di ipoclorito di sodio e mertiolato di sodio per 20 minuti. I germogli risultati sterili inoltre sono stati moltiplicati su terreno contenente sali di Quoirin et al, vitamine di Murashige e Skoog, BAP (0,25 mgL-1), IBA (0,06 mgL-1), GA3(0,03 mgL-1) e solfato di adenina (3 mgL-1). Il terreno di radicazione è risultato strettamente correlato alla cultivar e prevede l’utilizzo di sali e vitamine Murashige e Skoog (ma con concentrazione di macroelementi ridotta della metà), IBA oppure NAA da 0,5 a 1 mgL-1. In generale il tasso di moltiplicazione è stato di 1:3 – 1:5, mentre la percentuale di radicazione è risultata molto variabile (dal 55% al 78%). Gli espianti radicati sono stati ambientati con successo. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 60 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI VALUTAZIONE AGRONOMICA DI UN NUOVO PORTINNESTO IBRIDO PER IL PESCO F.R. De Salvador, D. Lolletti, E. Raparelli CRA – Centro di ricerca per la frutticoltura – Roma Via Fioranello, 52 000134 Roma Lo scopo della sperimentazione era la valutazione agronomica, come portinnesto, di un ibrido naturale di pesco x mandorlo, individuato dal dr Alfio Bruno sull’ Isola delle Femmine in provincia di Palermo e denominato AB3. Dopo alcune valutazioni agronomiche preliminari nella primavera del 1999, presso l’Istituto sperimentale per la frutticoltura, è stata messa a dimora una prova di confronto tra questo ultimo portinnesto e il GF 677, impiegando astoni della cultivar Diamond Princess . Il piano sperimentale prevedeva 20 ripetizioni a pianta singola per ciascun portinnesto, una distanza di impianto di m 5 x 4 ed una forma di allevamento a vaso basso. Il terreno era di origine vulcanica, profondo, a tessitura sabbioso-limosa; risultava avere reazione sub-acida, un normale contenuto in azoto e fosforo, elevati valori di potassio, ma bassi livelli di calcio. Sono state applicate le ordinarie cure colturali alle piante, con lavorazione periodica del terreno e somministrazione regolare di acqua, a mezzo di impianto localizzato a goccia. Annualmente sono stati rilevati i seguenti parametri: circonferenza del tronco sopra il punto d’innesto (cm2 ) produzione totale a pianta, peso medio e caratteristiche qualitative dei frutti, fertilità e cascola delle gemme a fiore. Il portinnesto AB3, dopo 8 anni dall’impianto è risultato indurre un elevato vigore alla cultivar, superiore del 65 % rispetto a GF 677, ciò ha comportato una minore efficienza produttiva (-20%), nonostante una produzione cumulata più elevata del 44 %. Il peso medio dei frutti dei due portinnesti è risultato simile anche se di poco superiore in GF 677. L’AB3 ha anticipato leggermente la maturazione (1-2 giorni), come risulta anche da valori di residuo secco rifrattometrico dei frutti leggermente più elevati. Nelle condizioni in cui si è operato, il nuovo portinnesto ha evidenziato ottime caratteristiche agronomiche e produttive che però è opportuno vengano verificate anche in altre situazioni pedoclimatiche prima di poter esprimere un giudizio conclusivo sulla sua validità. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------61 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI CONSERVAZIONE DI GERMOPLASMA DI PESCO CON LA TECNICA DELLA CRIOCONSERVAZIONE Frattarelli A., Arias M.D., Damiano C. CRA – Centro di ricerca per la Frutticoltura La crioconservazione consiste nel congelamento del materiale vegetale mantenuto vitale a temperature ultra basse (-196° C). Nel pesco gli studi riportati in bibliografia sono poco numerosi e nessuno prende in esame il congelamento di gemme coltivate in vitro usando la tecnica dell’incapsulamento in alginato di sodio e la successiva disidratazione in gel di silice. Nel presente lavoro vengono presentati i risultati di una ricerca per la definizione di un protocollo per il congelamento di apici di pesco prelevati da piante coltivate in vitro delle cultivar Summer Grand, San Giorgio e Babygold 6. In questo ambito sono stati analizzati due fattori che influenzano l’esito della crioconservazione con il metodo dell’incapsulazione-disidratazione: concentrazione di saccarosio, tempi di disidratazione in gel di silice. In particolare sono state utilizzate concentrazioni crescenti di saccarosio (0,3 – 0,5 – 0,75 – 1,0 – 1,25M) con durata di 1, 3, 5, 7 giorni e tempi di disidratazione in silica-gel che andavano da 6 ore a 24 ore (6 – 8 – 9 – 14 – 20 – 24 ore). I risultati ottenuti hanno evidenziato che la massima percentuale di sopravvivenza al congelamento (85%) e di ricrescita della piantina completa (52%) si è avuta con una prima disidratazione di 3 giorni in saccarosio 0,5M e una successiva in gel di silice per 9 ore (corrispondenti al 20,3% di acqua residua contenuta nell’espianto). Il trattamento di disidratazione descritto si è dimostrato il più efficace in tutte le cultivar prese in esame e la percentuale di ricrescita ottenuta dopo lo scongelamento è stata del 49 % nella cultivar Summer Grand, del 43% nella San Giorgio e del 52% nella Babygold 6. Inoltre, è stato notato che solo gli espianti estratti dalla matrice di alginato dopo una settimana dallo scongelamento iniziano a ricrescere, mentre quelli che sono rimasti incapsulati, dapprima mostrano un inizio di ricrescita, poi si bloccano e infine vetrificano e si ossidano rapidamente. Questo è in accordo con quanto già rilevato in precedenti esperimenti sul mandorlo. Le piante ricresciute dopo il congelamento sono state inserite nel normale ciclo di propagazione in vitro e non hanno evidenziato alcun tipo di limitazione rispetto ai controlli incapsulati e non congelati. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 62 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI "SAGITTARIA”: NUOVA CULTIVAR DI PESCO PER LE AREE MERIDIONALI Oreste Insero CRA-Unità di Ricerca per la Frutticoltura – Caserta, Via Torrino 3 e-mail: [email protected] Nell’ambito di un programma di miglioramento genetico per la peschicoltura meridionale è stata ottenuta una nuova cultivar di pesco dalle seguenti caratteristiche: Origine: embriocoltura di un embrione immaturo dell’incrocio Royal Glory × Flordastar Albero tipo: Standard Portamento: Aperto Vigoria: Media Fiore: Rosaceo Fioritura: Precoce o medio-precoce Allegagione: Elevata Produzione: Elevata, costante Epoca di maturazione: Precocissima, periodo Rich May, Early Maycrest, Queen Crest, Francoise, ecc. Frutto: gr. 160-170, forma rotonda in entrambi le sezioni, simmetrica, apice arrotondato o leggermente incavato, linea di sutura superficiale, buccia poco tomentosa, aderente, colore giallo, sovraccolore rosso intenso, semiluminoso, distribuito sul 90% della superficie, uniforme o leggermente striato; polpa di colore giallo, tessitura media, presenza di rosso nella polpa, aderente al nocciolo, molto consistente; nocciolo di forma subglobosa, dimensioni medie; sapore ottimo; G. Brix 10,5. Giudizio d’insieme: Molto interessante per epoca di maturazione, pezzatura, forma, colorazione della buccia, caratteristiche organolettiche e consistenza della polpa. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 63 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE NUOVI PORTINNESTI DEL PESCO: PRIMI RISULTATI IN E SCELTA DEI PORTINNESTI ROMAGNA (PROGETTO MI.PAF "LISTE PORTINNESTI"). D. Giovannini, A.Liverani, F.Brandi, N.Versari C.R.A. Unità di ricerca per la Frutticoltura di Forlì– CRA-FRF Via La Canapona 1bis, 47100 Forlì (FC) [email protected] E’ noto che l’ambiente di coltivazione ha una grossa influenza sul comportamento agronomico di una determinata combinazione d’innesto. Il Progetto “Liste portinnesti” finanziato dal Mi.PAF e dalle Regioni ha il compito di fornire, attraverso una sperimentazione rigorosa ed estesa alle diverse aree frutticole del Paese, informazioni il più complete possibile sulle prestazioni dei nuovi portinnesti. Per il pesco, nel 2004 è stata predisposta una nuova prova, nella quale i portinnesti Montclar (linea di pesco), Penta e Tetra (cloni di susino europeo), Fire e Sirio (ibridi pesco x mandorlo sono stati posti a confronto con l’ibrido pesco x mandorlo GF677, portinnesto di riferimento; la cultivar comune è la pesca “Suncrest”. Si riportano i primi risultati della prova condotta presso la nostra azienda sperimentale di Magliano (provincia di Forlì). L’azienda ricade in un areale pienamente vocato per il pesco, fatta eccezione per alcune caratteristiche pedologiche, in particolare la tessitura limoso-argillosa che conferisce al terreno una notevole compattezza, accentuata dalla bassa presenza di sostanza organica (≈1%). Fin dalla prima stagione vegetativa, il GFF677 ha indotto il maggior sviluppo delle piante. Fatto 100 il valore medio della sezione del tronco della cv. “Suncrest” su questo portinnesto, alla fine del 2007 le altre combinazioni misuravano 57 (Montclar), 52 (Penta), 49 (Tetra), 27 (Fire) e 20 (Sirio). Data la correlazione molto elevata (r=0,9) riscontrata tra dimensioni dell’albero e quantità di frutta prodotta, nelle due prime annate produttive (2006 e 2007) le combinazioni d’innesto più vigorose sono risultate anche le più produttive. Anche ricalcolando le produzioni/ha sulla base di una densità d’impianto teorica che tenga conto del diverso ingombro delle combinazioni d’innesto, il livello di produttività del GF677 non è stato raggiunto da nessun altro nuovo portinnesto. La qualità dei frutti (peso, contenuto zuccherino, acidità titolabile) è stata influenzata sia dal portinnesto, sia del diverso andamento climatico delle due annate produttive (interazione genotipo x anno significativa); GF677 e Montclar sono complessivamente risultati meno dipendenti dall’andamento climatico degli altri. Il fabbisogno (ore/ha) di manodopera per gli interventi di potatura (e il relativo costo) è stato proporzionale al vigore della pianta. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------64 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE EFFETTI E SCELTA DEI PORTINNESTI DELL’ANDAMENTO CLIMATICO SUL COMPORTAMENTO FONOLOGICO DEL PESCO NEL METAPONTINO Giovanni Lacertosa1, C. Mennone ², E. Scalcione², A. Silletti ² 1 Metapontum Agrobios, S.S. 106 Km 448,2 – 75010 Metaponto (MT) [email protected] ² AASD Pantanello - Alsia Parole chiave: fenologia del pesco, cambiamento climatico, soddisfacimento in freddo Il clima sta modificandosi ad una velocità senza precedenti, per cause non solo naturali, ma anche di natura antropica. L’incremento globale della concentrazione di biossido di carbonio è dovuto principalmente all’uso di combustibili fossili, ma anche ai cambiamenti nell’utilizzo dei suoli. Recentemente l’ALSIA, in collaborazione con la Metapontum Agrobios, ha avviato uno studio tendente a valutare gli effetti dell’andamento climatico sulle fasi fenologiche del pesco, anche al fine di approfondire le conseguenze del cambiamento climatico sui sistemi colturali del Metapontino. Lo studio è stato condotto utilizzando i dati agrometeorologici rilevati presso la stazione sita nell’AASD Pantanello ed i rilievi fenologici eseguiti sul campo catalogo di pesco (May Crest, Spring Crest, Sun Crest). I dati fenologici rilevati, dal 1990 al 2007 sono stati quelli della fioritura (inizio e fine) e dell’epoca di raccolta. Sono stati considerati la temperatura media, minima e massima giornaliere ed orarie; le sommatorie termiche (gradi giorno con soglia di 5°C nel periodo primaverile) ed il numero di ore di fabbisogno in freddo (< 7°C). I risultati evidenziano che la data di fioritura dei pescheti è stata influenzata dalle temperature del mese di febbraio, piuttosto che dal soddisfacimento del fabbisogno in freddo (ore di freddo <7 °C) del periodo novembre-febbraio. Inoltre non si evidenziano correlazioni significative fra l’incremento di temperatura, nel periodo di osservazione, e le epoche di fioritura, indicando quindi un ridotto effetto del cambiamento climatico su questo parametro fenologico. Pur tuttavia è stato possibile evidenziare un leggero anticipo nella data di raccolta, nel periodo di osservazione, pari a circa 3,5 giorni in un ventennio. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------65 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI PPVCON: IL PRIMO PROGETTO MINISTERIALE PER IL MIGLIORAMENTO GENETICO DELLA RESISTENZA A SHARKA IN PESCO A. Liverani, D. Giovannini, F. Brandi C.R.A. Unità di ricerca per la Frutticoltura Via La Canapona 1bis, 47100 Forlì (FC) [email protected] La sharka, causata dal Plum pox virus (PPV), è la virosi più pericolosa delle drupacee. Nel pesco può manifestarsi con sintomi su foglie, fiori, frutti e rametti. In Italia, la situazione si è aggravata alla fine degli anni ’90, quando in diversi pescheti del veronese e del cesenate è stato isolato il più virulento ceppo M. Gli interventi finalizzati a contrastarne la diffusione, quali l’eradicazione delle piante infette e l’impiego di materiale di propagazione sano nei nuovi impianti, non hanno finora fornito gli effetti sperati. In Europa, diverse istituzioni scientifiche sono impegnate in azioni specifiche di breeding finalizzate alla selezione ed alla costituzione di genotipi resistenti o poco suscettibili. Dal 2007, il MiPAAF finanzia il progetto triennale “PPVCON” (Miglioramento genetico del pesco per il controllo del virus della sharka (PPV)), che riunisce le competenze di 9 istituzioni scientifiche, al fine di raggiungere i seguenti obiettivi: costituire nuovo materiale genetico di pesco resistente mediante incroci controllati tra genotipi portatori di resistenza alla sharka (es., ibridi P. persica x P. davidiana o P. persica x P. dulcis) e cultivar e/o selezioni di pesco dotate di caratteristiche agropomologiche di pregio e ben adatte agli ambienti colturali del Centro-Nord Italia; valutare il grado di suscettibilità/tolleranza/resistenza a sharka del germoplasma, compreso anche nuove varietà commerciali e selezioni di pesco tramite rilievi visivi e saggi sierologici e molecolari; studiare la diversità molecolare degli isolati di PPV (ceppo M) reperiti in diversi focolai su pesco nel territorio italiano, evidenziandone la correlazione filogenetica, l’eventuale locus di ricombinazione e le implicazioni epidemiologiche legate alla loro diffusione; verificare la risposta degli alberi di cloni caratterizzati da diversa suscettibilità (suscettibile/tollerante/resistente) all’inoculazione artificiale con diversi ceppi di PPV; studiare il rapporto ospite-parassita tra afidi vettori del virus e la specie pesco, verificando la trasmissibilità di diversi ceppi di PPV da parte di popolazioni di Myzus persicae o di altre specie spesso presenti in colonie miste; messa a punto di un sistema di selezione assistita efficace ed affidabile attraverso l'individuazione di marcatori biochimici e marcatori molecolari del/dei caratteri di resistenza a PPV, ovvero attraverso lo studio dei meccanismi di resistenza attivati dalla pianta. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------66 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI NUOVI PORTINNESTI DEL PESCO: PRIMI RISULTATI NEL METAPONTINO (PROGETTO MIPAAF REGIONI) C. Mennone*, A. Silletti*, M. Troiano*, G. Quinto** * AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata **Università degli Studi di Basilicata Il portinnesto riveste un’importanza fondamentale nella frutticoltura in quanto influenza una serie di aspetti vegeto-produttivi che hanno delle ripercussioni nelle produzioni e nei costi finali. La peschicoltura Metapontina basata su cultivar precoci ha richiesto sempre portinnesti poco vigorosi per esaltare l’anticipo di maturazione e le caratteristiche organolettiche dei prodotti. In passato i franchi di pesco di varia origine erano i soli portinnesti disponibili, oggi invece vi è l’esigenza di inserirne di nuovi attraverso i quali si perseguono diversi obiettivi: - media vigoria e tolleranza al calcare per cultivar precoci; - alta vigoria e tolleranza al calcare per cultivar tardive; - assenza di attività pollonifera per le frequenti lavorazioni del terreno; - buon ancoraggio per forme di allevamento in volume; - qualità organolettiche dei frutti; - anticipo o posticipo di maturazione. Per dare delle risposte a tali esigenze è in corso presso l’Azienda Pantanello in Metaponto dell’Alsia (Reg. Basilicata) dal 2003 una prova sperimentale nell’ambito del Progetto MipaafRegioni “Liste di orientamento varietale dei fruttiferi- Sottoprogetto portinnesti Pesco”, in cui sono stati posti a confronto 7 portinnesti Penta, Tetra, Sirio, Cadaman, Fire, Montclar, GF 677. Su ogni pianta si eseguono annualmente i seguenti rilievi: - epoca di fioritura e caduta foglie, circonferenza del tronco e della pianta, altezza della pianta, produzione, peso del legno di potatura, analisi qualitative. Nel campo si sono verificate delle fallanze per i portinnesti Sirio, Cadaman, Fire, Montclar, Penta e Tetra, fisiologiche per tutti tranne per il Sirio e il Fire probabilmente dovuti a scarsa qualità del materiale di propagazione. A livello di vigoria si conferma il GF 677 seguito dal Cadaman, che ha manifestato la maggiore produttività insieme al GF 677 e al Montclar. Abbastanza simile per vigoria e produttività è il comportamento di Tetra e Penta. La piu’ bassa produttività e vigoria l’hanno manifestata Sirio e Fire. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 67 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI CARATTERIZZAZIONE E VALORIZZAZIONE DEL “PERCOCO DI TURSI” Micali S, Vendramin E, Dettori MT, Giovinazzi J,Verde I, Quarta R CRA – Centro di Ricerca per la Frutticoltura – Via di Fioranello, 52 – 00134 ROMA Il Percoco di Tursi è tipico della Basilicata. Nella zona di Tursi (MT), Aliano (MT) e Santarcangelo (PZ) il percoco ha origini antiche. Una popolazione locale di percoche a polpa gialla e a polpa bianca, diffusa da secoli nella zona compresa tra le valli dei fiumi Sinni ed Agri, è genericamente identificata come ‘Percoco di Tursi e Santarcangelo’ o ‘settembrino’ (Mennone et al., 2003). Tale prodotto merita di essere valorizzato sia per le pregevoli caratteristiche organolettiche del frutto destinato al consumo fresco, che per l’elevata attitudine alla conservazione ed alla trasformazione industriale. Il ‘Percoco di Tursi’ può inoltre contribuire a qualificare la peschicoltura tardiva della Basilicata. Sedici accessioni di ‘Percoco di Tursi’ provenienti da tre diverse aree di coltivazione sono state caratterizzate mediante l’uso di 22 marcatori microsatelliti, 6 RAPD e 2 AFLP e sono state confrontate con 6 varietà di Pesco, 5 di Nettarina e 5 di Percoco. L’elaborazione dei dati relativi ai soli SSR consente di discriminare le accessioni di ‘Percoco di Tursi’ da tutte le altre varietà di P. persica saggiate. Le accessioni, inoltre, si distribuiscono in tre gruppi separati in accordo all’area di provenienza. L’analisi dei cluster relativa a tutti i marcatori utilizzati ha evidenziato un raggruppamento delle accessioni di ‘Percoco di Tursi’ in un unico cluster. Nello stesso gruppo si collocano anche tre varietà di Percoco di origine italiana. I risultati hanno evidenziato che il materiale identificato come ‘Percoco di Tursi’, pur non essendo del tutto omogeneo, è geneticamente distinguibile da tutte le altre varietà analizzate. Ai fini della tracciabilità del prodotto trasformato sono stati messi a punto dei protocolli di estrazione del DNA da matrici complesse quali purea e frutto sciroppato. Il DNA estratto è stato sottoposto ad analisi mediante microsatelliti per verificare la possibilità di identificare profili di amplificazione riconducibili alla pianta di origine. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 68 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI COLTURA IN VITRO DI EMBRIONI IMMATURI DI INCROCI INTERSPECIFICI PERSICA X P. (PRUNUS DAVIDIANA) PER L’INTROGRESSIONE DI CARATTERI DI RESISTENZA A SHARKA Monticelli S., Gentile A., Frattarelli A., Damiano C. CRA – Centro di Ricerca per la Frutticoltura Via di Fioranello 52, 00134 Roma [email protected] Prunus davidiana [(Carr.) Franch.], specie selvatica affine al P. persica [(L.) Batsch], è divenuta oggetto di studio per le potenzialità di introgressione di caratteri di interesse nel pesco, risultando infatti resistente alle principali avversità e malattie del pesco, tra cui la sharka. Se per l’albicocco sono state identificate cultivar resistenti al PPV, ma di scarso valore commerciale, per il pesco non sembrano ancora esservi cultivar commerciali resistenti. In quest’ottica diviene importante l’ottenimento e la selezione di semenzali da incroci tra varietà di pesco e P. davidiana. La coltura in vitro di embrioni immaturi (embryo rescue) è una tecnica usata con successo, anche nel genere Prunus, per ottenere piante vitali da ibridi interspecifici, e quindi di ausilio nei programmi di incrocio. Essa consente la germinazione dei semi ibridi, spesso destinati all’aborto dopo poche settimane dall’impollinazione a causa di incompatibilità post-impollinazione, o comunque dotati di una ridotta germinabilità rispetto agli incroci intraspecifici. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di consentire la germinazione di semi derivanti da incroci di una varietà, cv Sagittaria, e di 7 selezioni avanzate, ottenute nell’ambito del Progetto di miglioramento genetico del pesco, con P. davidiana. Tali semi sono stati sterilizzati e inoculati su un terreno colturale sterile e conservati a 4°C al buio per circa 400 ore. Sono stati poi trasferiti alla luce a 24°C fino alla germinazione ed infine inoculati su un terreno di moltiplicazione. In e tra gli incroci si sono osservati diversi gradi di maturità degli embrioni, con embrioni di dimensioni comprese tra 1 e 12 mm circa. La percentuale di germinazione dei semi è risultata inferiore al 20% per un solo incrocio, compresa tra il 45 e il 70% per tre incroci e superiore all’80% per i rimanenti incroci. Nei diversi incroci, la percentuale di sopravvivenza in moltiplicazione è risultata compresa tra il 50 e il 100%. Sono stati effettuati i primi trasferimenti in serra dei cloni radicati per la successiva valutazione dei semenzali. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 69 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI ULTERIORI INDAGINI SULLA RESISTENZA DEL PESCO ALLA BOLLA ( TAPHRINA DEFORMANS BERK. TUL) Padula G., Bellini E., Giordani E., Ferri A. Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura - Università di Firenze La bolla del pesco, causata dalla Taphrina deformans (Berk.) Tul., è una delle malattie più temute di questa specie. Le piante sensibili a questo fungo manifestano i sintomi alla ripresa vegetativa a danno delle giovani foglie che appena schiuse presentano consistenti bollosità, che con il passare del tempo tendono a ispessirsi, ad assumere consistenza carnosa e colorazione rossastra determinando infine il completo accartocciamento e disseccamento dell’intera foglia, nonché del giovane germoglio, con immaginabili ripercussioni sulla produzione. Nel 1984 presso il Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura dell’Università di Firenze è stata ottenuta per autofecondazione della DOFI-71.043.018 (ottenuta per autoimpollinazione della cultivar Cesarini) la progenie DOFI-84.364 di cui nel 1990 si è riscontrata resistenza a questo parassita, dovuta probabilmente a una reazione di ipersensibilità che la pianta innesca venendo a contatto con il fungo. Durante il 2007 è stata rilevata la suscettibilità al fungo di oltre 300 varietà di pesco comprendenti sia varietà locali toscane (Burrone e Cotogne) che varietà ampiamente diffuse nei diversi areali peschicoli italiani. Nel biennio 2006 e 2007, inoltre, la suscettibilità è stata valutata su progenie F1 ottenute da parentali resistenti e da incroci controllati tra Maria Elisa, Maria Anna, Maria Dolce e Maria Aurelia con la DOFI-84.364. La tecnica utilizzata ha previsto la stima in campo dell’entità di infestazione sulle singole piante, attribuendo un livello di infezione compreso tra 0 e 5 nella valutazione dell’intera pianta e da 0 a 10 nella valutazione delle singole foglie. La ricerca ha permesso di individuare soggetti a maggiore e a minore sensibilità al patogeno e di formulare ipotesi sull’ereditarietà del carattere di resistenza alla bolla del pesco. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------70 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE POSSIBILI E SCELTA DEI PORTINNESTI RELAZIONI TRA MANCATO SODDISFACIMENTO DEL FABBISOGNO IN FREDDO, ALLEGAGIONE E PRODUZIONE DI UNA VASTA POPOLAZIONE DI NUOVE CULTIVARS DI PESCO IN PUGLIA Marino Palasciano, Salvatore Camposeo, Giuseppe Ferrara, Angelo Godini Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali – Università degli Studi di Bari Il ripetersi di inverni miti registrati nell’ultimo decennio, negli ambienti meridionali, rende indispensabile la conoscenza del fabbisogno in freddo delle nuove cultivar di pesco per una loro più affidabile valutazione; ciò anche in considerazione del notevole dinamismo varietale che caratterizza la specie. Nella presente ricerca si riportano le relazioni tra la cascola preantesi delle gemme a fiore, l’allegagione, l’intensità del diradamento dei frutti e la produttività di venti cultivar di pesco di recente introduzione, rilevate in un’area della Puglia centrale nel corso della stagione autunno-invernale 2006-2007, caratterizzata da un limitato accumulo di ore di freddo (593 ore ≤7,2°C). I risultati ottenuti hanno evidenziato una significativa influenza della componente genetica sul fabbisogno in freddo. Infatti, le cultivar esaminate hanno presentato valori di cascole comprese tra il 23,3% (‘Doris’) ed il 91,8% (‘Emeraude’); inoltre, due terzi di esse hanno mostrato di collocarsi nella classe elevata di cascola (>40%). L’allegagione media è stata del 31,2%, la quantità di frutti mediamente asportata con le operazioni di diradamento è risultata pari al 28,2% e la produzione media è stata di 31,1 kg/albero, variando da un minimo di 11,1 kg/albero (‘Maria Regina’) ad un massimo di 53,2 kg/albero (‘Zee Glo’). L’allegagione, l’intensità del diradamento dei frutti e la produzione per pianta sono risultate tra loro direttamente proporzionali. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 71 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE VALUTAZIONE (PPV) DELLA RISPOSTA ALL’INFEZIONE DEL E SCELTA DEI VIRUS DELLA PORTINNESTI SHARKA DI CULTIVAR E SELEZIONI AVANZATE DI PESCO E NETTARINE USATE IN INCROCI CON L’IBRIDO PRUNUS PERSICA X PRUNUS DAVIDIANA Piccirillo P., Monticelli S., De Luca A. CRA – Unità di ricerca per la Frutticoltura di Caserta – Via Torrino, 3 – 811100 Caserta [email protected] Il virus della vaiolatura del susino (Plum Pox Virus - PPV) responsabile della Sharka rientra fra gli agenti patogeni da quarantena, per cui è previsto il divieto di trasporto di materiale infetto e l’eradicazione obbligatoria delle piante infette. La facilità del virus di essere diffuso con materiale di propagazione e tramite afidi ne ha favorito la diffusione su tutto il territorio nazionale. A partire dal 2000 una indagine avviata per verificare l’incidenza della Sharka in Campania ha accertato la presenza del patotipo D-Diderot principalmente su albicocco, e del patotipo M-Marcus su pesco e nettarine. Il patotipo M usato per verificare in serra la risposta alla Sharka di 22 cv di pesco, ha indotto sintomi evidenti su 19 cultivar e risposta asintomatica sulle cv Alix, Maria Dorata e Neve, risultate positive a RT-PCR usando i primer universali P1 e P2. Sono stati fatti incroci tra genotipi di pesco (6 cv e 9 selezioni avanzate di incroci con parentale a basso bisogno di freddo) con l’ibrido interspecifico S40 (Prunus persica x Prunus davidiana). I frutti raccolti con semi immaturi sono stati sottoposti a embriocoltura, ottenendo 169 piante. Queste ed altre 311 ottenute da semi maturi sono in fase di valutazione in serra per la risposta al virus della Sharka. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 72 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE INFLUENZA E SCELTA DEI PORTINNESTI DEL PORTINNESTO SULLE CARATTERISTICHE FISIOLOGICHE DELLA CULTIVAR BABY GOLD 9 INNESTATA SU QUATTRO PORTINNESTI Pjerin Preka – Stefano Cherubini CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura – Roma, Via Fioranello 52 e-mail: [email protected] E’ stato osservato il comportamento fisiologico del pesco Babygold 9 innestato su quattro portinnesti (GF 677, Isthara, Barrier 1 e PS A5) valutando l’interazione portinnesto - nesto come fattore determinante nell’equilibrio idrico e capacità assimilativa della pianta. Per ogni tesi sono stati eseguiti i rilievi fisiologici come fotosintesi, traspirazione, conduttanza stomatica, temperatura fogliare e calcolata l’efficienza d’uso dell’acqua (WUE) utilizzando i dati forniti dal misuratore portatile Li-Cor a sistema chiuso. Le piante sono state sottoposte a stress idrico per valutarne la resistenza alla siccità fino a 0,05 mol H2O m-²s-¹ di conduttanza stomatica (stress idrico moderato). L’elaborazione dei dati ottenuti mette in evidenza come il portinnesto possa influenzare l’espressione delle caratteristiche fisiologiche della cultivar. L’interazione portinnesto - cultivar è stata significativa sia per la capacità assimilativa che per gli scambi gassosi. L’attività stomatica è stata condizionata dalla capacità del portinnesto di soddisfare le esigenze idriche della pianta in relazione alla variazione della temperatura ambientale. In condizioni di stress idrico, i portinnesti GF 677, Isthara e PS A5 hanno consentito alla cultivar una migliore efficienza fisiologica rispetto a Barrier 1. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------73 POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI PORTINNESTI “PERCOCA DI TURI” ECOTIPO DA SALVAGUARDARE E VALORIZZARE Girolamo Russo Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali Università degli Studi di Bari Email: [email protected] Per alcune specie frutticole presenti in Puglia è stata evidenziata una ricca biodiversità, la cui salvaguardia è di indubbia importanza. Tra queste specie vi è il pesco, dove è stata riscontrata la presenza di ecotipi di elevato pregio che rischiano la scomparsa poiché sostituiti da varietà di recente acquisizione. In particolare, un ecotipo di percoca conosciuta come “Percoca di Turi”, presente nell’areale barese, merita molta considerazione per le ottime caratteristiche qualitative dei frutti che, oltre al mercato del consumo fresco, potrebbero essere destinati all’industria di trasformazione ed ottima per la preparazione di frutta di quarta gamma. Le osservazioni effettuate sulle caratteristiche bio-agronomiche e produttive effettuate su piante nella fase di piena maturità indicano un ecotipo caratterizzato da buona produttività e resistenza a diverse fisiopatie e per questo potrebbe essere inserito nella filiera agro-alimentare del biologico. Riguardo alle problematiche del post-raccolta, il frutto presenta una buona adattabilità alla conservazione ed alle manipolazioni. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 74 SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA COLTURALE 75 USO DELLA TOMOGRAFIA GEOELETTRICA PER LO STUDIO DELLA VARIABILITÀ SPAZIALE DELLE PROPRIETÀ FISICHE DEL TERRENO E DEGLI APPARATI RADICALI IN SISTEMA PESCHETO Laura Lazzari(1), Giuseppe Celano(1), Mariana Amato(1), Said A. al Hagrey (2), Antonio Loperte(3), Vincenzo Lapenna(3), Antonio Satriani(3) (1) Dip. di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell'Ambiente, Univ. degli Studi della Basilicata, Viale dell’Ateneo Lucano,12 – Potenza; e-mail:[email protected] (2) University of Kiel, Otto-Hahn-Platz 1, 24118 Kiel, Germany (3) Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale del CNR, C.da S. Loja, Tito (PZ). Parole chiave: apparato radicale; geoelettrica; variabilità spaziale del suolo, sistema radicale, riserve idriche. La distribuzione spaziale delle proprietà fisiche del suolo e degli apparati radicali è un’informazione di primaria importanza sia a fini teorici che per la gestione delle colture, con particolare riguardo alle tecniche rivolte alla qualità dei prodotti e ad un basso impatto ambientale. La determinazione di tali proprietà però è spesso onerosa e distruttiva, e ciò rende scarsamente praticabili schemi di campionamento appropriati per la caratterizzazione della variabilità, e non permette di studiare contemporaneamente le dinamiche temporali e quelle spaziali dei fenomeni connessi. Lo scopo generale di questo lavoro è l’applicazione combinata della tecnica geofisica Tomografia Geoelettrica e dei più convenzionali metodi distruttivi d’analisi delle proprietà del suolo al fine di studiare la variabilità spaziale della distribuzione radicale e le relazioni con le proprietà fisiche del suolo in un sistema pescheto. Questa combinazione di metodi mira allo studio delle radici ed alla caratterizzazione di relazioni (empiriche) esistenti tra resistività, proprietà pedo-idrologiche del suolo (p.e. tessitura, percentuale di scheletro, contenuto idrico) e parametri radicali (p.e. densità radicale, lunghezza radici legnose e fini). La sperimentazione si è articolata in clima semi-arido mediterraneo, in due pescheti sperimentali gestiti, rispettivamente, con tecniche tradizionali e conservative della risorsa suolo. Nei due sistemi misure della distribuzione spaziale della resistività del suolo utilizzando la tecnica geoelettrica 2D e 3D sono state abbinate a misure distruttive della percentuale di scheletro, del contenuto in argilla, dell'umidità del suolo e della densità radicale. I dati di resistività derivanti dai modelli resistivi sono stati correlati con i parametri del suolo e delle radici, misurati direttamente su campioni di suolo prelevati da trincee scavate in corrispondenza dei profili geoelettrici. I risultati indicano una complessa variabilità delle caratteristiche del suolo misurate. Gli effetti sulla resistività dei parametri del suolo misurati sono stati esaminati attraverso un’analisi statistica multiregressiva con intervallo di confidenza del 95%. L’analisi evidenzia che una buona quota della variabilità dei valori di resistività del suolo è stimabile utilizzando quali regressori il contenuto idrico, contenuto in pietre, la lunghezza delle radici legnose, la densità radicale e la conducibilità elettrica della soluzione circolante del suolo (EC1:1) Inoltre, utilizzando un approccio univariato, è stata evidenziata la relazione statisticamente significativa tra contenuto idrico e resistività del suolo in accordo alla legge di Archie sviluppata per suolo insaturi, grossolani e liberi da radici. I risultati della ricerca indicano la possibilità di utilizzare la tecnica geoelettrica, abbinata a mirati 76 campionamenti distruttivi, nella stima del carbonio sequestrato nelle strutture radicali e nella valutazione dell'entità delle riserve idriche del suolo. Lavoro realizzato nell'ambito del PROGETTO PRIN-2004: Ciclo del carbonio in ecosistemi produttivi arborei e FISR: Metodi Sostenibili per il sequestro del carbonio organico nei suoli agrari. Valutazione degli effetti sulla qualità chimica, fisica, biologica ed agronomica dei suoli (MESCOSAGR). ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 77 INNESTOA MINI CHIP-BUDDING: IMPIEGO DI DIVERSI MATERIALI PER LA LEGATURA F. Massetani1, P. Dalmonte2, V. Giorgi1, D. Neri1 Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali, Università Politecnica delle Marche, via Brecce Bianche 60131 Ancona 2 Vivai Dalmonte Guido e Vittorio, Via Casse, 1 48013 Brisighella (RA) Per un buon attecchimento degli innesti deve verificarsi un’idonea combinazione di condizioni, relative ad esempio a temperatura, livello di umidità, presenza di ossigeno e grado di contatto tra i due bionti. Per il raggiungimento di queste condizioni, soprattutto negli innesti a gemma, può giocare un ruolo importante il materiale utilizzato per la legatura del punto di innesto, per via delle sue caratteristiche di adesione, traspirazione, permeabilità. Nella fase applicativa inoltre non risulta indifferente la praticità con cui esso può essere maneggiato. Sono stati confrontati in una prova di mini-innesto a chip-budding su pesco sei materiali mutuati da ambiti diversi e rappresentati da quattro tipi di cerotti medici con differenti gradi di consistenza, elasticità e porosità; una pellicola multiuso da laboratorio (attualmente diffusa per questo tipo di innesto) e un modello di molletta plastica per innesti orticoli. Oltre a fornire conferme sulla validità del materiale generalmente in uso, i risultati hanno rivelato un interessante comportamento per un tipo di cerotto (Leukopor, BSN medical Srl). Tuttavia, per la ridotta praticità manuale non sembra al momento conveniente l’applicazione su larga scala. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 78 EFFICACIA DI NUOVI FORMULATI CONTRO LA CLOROSI FERRICA DEL PESCO Angelo Petrozza1, Giovanni Lacertosa1 [email protected] 1 Metapontum Agrobios, S.S. 106 Km 448,2 – 75010 Metaponto (MT) Parole chiave: ferro-carenza, pesco, chelati, EDDHA La carenza di ferro, è una problematica nutrizionale che si riscontra essenzialmente nei terreni calcarei e determina nelle specie vegetali sensibili la comparsa di sintomi caratterisitici, costituiti da ingiallimenti delle foglie più giovani. Per ovviare ai danni provocati dalla ferro-carenza si può intervenire con l’impiego al terreno di fertilizzanti speciali. La forma fisico-chimica con la quale il Fe è somministrato è quella “chelata”, dove l’elemento si trova unito a molecole organiche. Diversi chelati di ferro sono presenti in commercio, con stabilità temporali molto differenti tra loro, in funzione della luce e del pH. Pertanto, durante la primavera del 2006, è stata valutata l’efficacia di un nuovo prodotto della Valagro, denominato Ferrilene 10, contro la clorosi ferrica in un pescheto del Metapontino. Ferrilene 10 (un ferro chelato EDDHA 10%, di cui 9,5 % in forma di isomero ORTO-ORTO) è stato confrontato con due standard commerciali (contenenti entrambi il 6% di ferro chelato EDDHA, di cui rispettivamente il 4,8% e il 3,8% in forma di isomero ORTO-ORTO). Un unico trattamento è stato effettuato alla fase di indurimento del nocciolo con palo iniettore, in uno schema sperimentale adottato è stato il blocco randomizzato con tre repliche, costituite da 4 piante contigue. I risultati, del primo anno di sperimentazione, evidenziano che nella tesi con Ferrilene 10 si è avuto un significativo incremento del Ferro-attivo nelle foglie, rispetto alle altre tesi. Inoltre l’indice di verde fogliare è stato maggiore indistintamente in tutte le tesi trattate con Fe-chelato rispetto al testimone. Anche i parametri qualitativi della produzione (brix, durezza e acidità) sembrano confermare l’influenza positiva del nuovo prodotto. Pertanto, dai dati ottenuti in questo primo anno di prova, è emerso che, l’impiego di prodotti specialistici per la nutrizione delle piante, può alleviare i problemi di carenza, migliorando gli aspetti qualitativi della produzione. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 79 PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI E PATOGENI 80 POSTER: PROTEZIONE UN CASO FITOPATOLOGICO DI E DIFESA DA PARASSITI E PATOGENI PARTICOLARE INTERESSE: I MARCIUMI RADICALI DA ARMILLARIA A. Abbatecola, M. Troiano, A. Caponero, C. Mennone I marciumi da Armillaria spp. stanno destando molta preoccupazione in quanto interessano impianti giovani di drupacee, persino di 1-2 anni di età. I sintomi a livello della chioma sono piuttosto aspecifici e consistono in un generale scarso vigore vegetativo, foglie piccole, emissione di gomma e progressivo deperimento della pianta infetta. In periodi dell’anno particolarmente caldi spesso si assiste a veri e propri “collassi” delle piante infette. Le manifestazioni sintomatologiche tipiche del marciume radicale fibroso si osservano scalzando il piede della pianta:sotto la corteccia delle radici e del tronco, al colletto, compaiono le placche miceliari a forma di ventaglio. Molti agricoltori non conoscono la malattia, spesso non osservano l’apparato radicale delle piante estirpate ed hanno la tendenza a lasciare in campo piante morte perché producono carpofori eduli noti come “chiodini”. Non esistono in commercio prodotti in grado di eradicare o controllare la malattia. Fumiganti o sterilizzanti si sono rivelati inefficaci in quanto non penetrano a più di 50 cm nel terreno e non raggiungono il fungo che è protetto dalla corteccia e distruggono i potenziali antagonisti naturali del patogeno. Al momento, quindi, l’unico mezzo di lotta è la prevenzione. Prima di procedere ad un nuovo impianto occorrerà essere sicuri che la malattia non era presente nella coltura precedente e, se possibile, procedere al controllo accurato dell’apparato radicale delle piante estirpate e rimuovere subito le piante infette; eseguire lavorazioni profonde del terreno nel caso in cui si rilevino patogeni radicali e lasciare a riposo per 4-5 anni. Nel caso in cui si rilevino infezioni in vecchi impianti bisognerà asportare le piante morte o quelle con sintomi conclamati, con tutto l’apparato radicale; evitare di rimpiazzare subito le piante estirpate con nuove piante e controllare lo stato delle piante limitrofe; lasciare aperte le buche ed eventualmente applicare calce idrata per il suo effetto caustico sui propaguli fungini. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 81 POSTER: PROTEZIONE CONFRONTO E DIFESA DA PARASSITI E PATOGENI DI TECNICHE PER LA DIAGNOSI DI ILARVIRUS SU MATERIALE DORMIENTE DI DRUPACEE. Bazzoni A., F. Palmisano, D. Tavano e V. Savino Dipartimento di Protezione delle Piante Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari. Sono state confrontate tre tecniche (ELISA, RT-PCR e Real Time PCR) per la diagnosi di ilarvirus (PDV, PNRSV e ApMV) su materiale dormiente di drupacee. A tal fine sono stati utilizzati isolati virali di differente provenienza geografica, mantenuti su piante infette di diverse specie di drupacee, allevate in pieno campo presso l'Azienda Didattico Sperimentale "Martucci" dell’Università di Bari. Il materiale è stato prelevato nel periodo autunnale-invernale negli anni 2006-2007 e 2008, il saggio ELISA è stato eseguito su corteccia e gemma mentre i saggi molecolari su floema. Il saggio ELISA è stato quindi ripetuto su foglie prelevate dopo forzatura e in primavera per gli anni 2006 e 2007. Il confronto tra i risultati ottenuti ha messo in evidenza livelli di sensibilità simili per i tre virus per il saggio ELISA eseguito su materiale dormiente e su materiale vegetante. In corso di elaborazione sono i risultati dei saggi molecolari. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------82 POSTER: PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI E PATOGENI TREBON STAR: LARVICIDA SPECIFICO PER IL CONTENIMENTO DI CYDIA MOLESTA DEL PESCO A.GUARNONE-A.CAPELLA-F.GUASTAMACCHIA SIPCAM spa-Via Sempione 195-Pero (MI) Il tortricide Cydia molesta (Busck) (Lepidoptera Torticidae), rappresenta l’insetto chiave nei principali areali peschicoli italiani. La difesa da questo parassita si è basata, sino al 2007 sull’impiego di insetticidi organofosforici ed in particolare azinphos metyl. Questo principio attivo, a seguito della revisione comunitaria introdotta con la Direttiva UE 91/414, è stato escluso dagli impieghi in agricoltura a partire dal 1° gennaio 2008. I calendari di difesa andranno quindi rivisti alla luce delle recenti normative, cercando di gestire opportunamente le sostanze attive efficaci rimanenti, rispettando per quanto possibile l’esigenza di alternanza delle molecole con diverso meccanismo di azione per limitare i fenomeni di resistenza. Tra i prodotti ad attività larvicida il fenossibenzil etere etofenprox da anni riveste un ruolo chiave nella difesa da C.molesta, in particolare nei trattamenti di chiusura . Il formulato attualmente disponibile (TREBON STAR) si caratterizza per un favorevole profilo tossicologico, nel quale emerge, in particolare, un valore di DL 50 acuta orale di > 42.000 mg/Kg (ratto femmina), largamente superiore alla media dei valori evidenziati dai principali insetticidi attualmente utilizzati nei programmi di lotta integrata . TREBON STAR agisce per contatto e ingestione, con un meccanismo di azione di tipo neurotossico (inibizione del trasporto del sodio lungo le terminazioni nervose), che consente una rapida azione abbattente sugli insetti target. La persistenza nell’ambiente è relativamente breve, caratteristica che fa di etofenprox un principio attivo particolarmente adatto nei trattamenti di pre raccolta, grazie anche al breve intervallo di sicurezza, che su pesco è di 7 giorni. Nel corso degli ultimi anni etofenprox è stato oggetto di una intensa attività sperimentale con lo scopo di valutarne a pieno l’attività larvicida anche contro le generazioni più dannose di C.molesta (IIa e IIIa in funzione delle varietà e degli ambienti), in modo da poterlo proporre come alternativa agli organofosforici, per alleggerirne l’impiego nei calendari di difesa, oltre che come specifico prodotto per la lotta ad Anarsia lineatella, che in numerosi ambienti può arrecare seri danni al pesco nel periodo primaverile-estivo. Nel periodo 2005-07, a cura di alcuni Centri di saggio operanti nei territori dell’Emilia-Romagna e del Veneto (AGREA, Consorzio Agrario di Ravenna e Terremerse) sono state condotte prove sperimentali per valutare l’azione larvicida di etofenprox, applicato sia contro la IIa che contro la IIIa generazione di C.molesta, a confronto con larvicidi standard di riferimento. Le prove sono state realizzate in accordo con le Guideline EPPO di riferimento, PP1/152 (2), PP1/181 (2), PP1/31 (2) intervenendo mediamente dopo l’inizio del volo, con tre interventi a distanza media di 8-10 giorni per coprire l’intera curva della generazione. I rilievi sono stati eseguiti su un campione rappresentativo di frutti per ciascuna tesi, per determinare il danno arrecato dalle larve della generazione oggetto dello studio. In tutte le prove svolte nel periodo considerato, etofenprox ha evidenziato una elevata attività insetticida nei confronti di C.molesta, con una efficacia media dell’85% sui frutti, in linea con i migliori standard di riferimento testati. 83 POSTER: PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI E PATOGENI Da un punto di vista pratico TREBON STAR può essere validamente inserito nei calendari di difesa contro C.molesta, come specifico larvicida da impiegarsi contro la IIa o la IIIa generazione, posizionando l’intervento dopo il regolatore di crescita, alla schiusura delle prime larve, con una persistenza media di 7-10 giorni, a cui far seguire un estere fosforico (ad es. fosmet) per completare la protezione della generazione. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 84 POSTER: PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI E PATOGENI CERATITIS CAPITATA (WIEDEMANN): UNA PROSPETTIVA DI CONTROLLO DAI NEMATODI ENTOMOPATOGENI M. R.Tabilio1, R. Mandatori1, M. Quaranta1, F. R. De Salvador1 1 CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura, via Fioranello 52, 00134 Roma Si riportano i risultati della parassitizzazione di larve di Ceratitis capitata ottenuta con alcune specie di nematodi entomopatogeni. In particolare sono state testate le specie Heterorhabditis bacteriophora, Steinernema carpocapsae e Steinernema feltiae. I test sono stati realizzati in laboratorio, inizialmente in piastre aventi 24 pozzetti da 1 cm di diametro riempiti parzialmente di sabbia umida. In ciascun pozzetto è stata inserita una larva matura di C. capitata, la quale è stata messa in contatto con diverse concentrazioni di nematodi. Successivamente le prove sono state replicate in vasi aventi la capacità di circa 1 litro, dove la sabbia è stata sostituita con il terreno e la concentrazione di nematodi è stata pari a 500.000 unità/m2, ciò al fine di simulare l’attività in pieno campo. I risultati dei test effettuati in piastre, mostrano una scarsa efficacia per le specie H. bacteriophora e S. carpocapsae, mentre S. feltiae ha dato esiti molto interessanti evidenziando una parassitizzazione di circa il 100% quando utilizzati in un rapporto di 100 nematodi/larva dopo 24 ore. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche quando la concentrazione del parassitoide è stata ridotta del 50%. Invece, nelle prove in vaso, la percentuale di larve colpite è scesa al 56%. In conclusione si può affermare che delle 3 specie saggiate la più valida risulta essere S. feltiae, tuttavia si evince la necessità di ripetere le prove in vaso variando qualche parametro nella metodologia, ciò nell’ottica di ottenere valori più alti di parassitizzazione prima di estendere il loro utilizzo in pieno campo. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------85 POSTER: PROTEZIONE TECNICHE DI MANIPOLAZIONE IN CAMPO DI E DIFESA CHRYSOPERLA DA PARASSITI E CARNEA PATOGENI (NEUROPTERA CHRYSOPIDAE) IN UN PESCHETO A GESTIONE BIOLOGICA TABILIO M.R. 1, LETARDI A. 2 1 C.R.A., Centro di Ricerca per la Frutticoltura, via di Fioranello 52-00134 Roma 2 Enea BAS-BIOTEC SIC, via Anguillarese 301-00123 Roma Negli ultimi anni si è notevolmente esteso l’interesse per lo studio del ruolo dei predatori generalisti nel contenimento di fitofagi delle colture agrarie, sia nella frutticoltura integrata sia in quella biologica. In particolare nel pescheto i crisopidi (specialmente Chrysoperla carnea s.l.) sono predatori chiave in quanto si nutrono di diversi artropodi dannosi. Tuttavia è da tener presente che gli adulti tendono a disperdersi su vasti territori e che la loro stanzialità è legata solo al rilascio in serra. Pertanto è stata tentata una manipolazione in pieno campo con l’utilizzo di composti sintetici che fossero in grado di attrarre entrambi i sessi. Infatti essenziale è la presenza delle femmine che ovideponendo in prossimità delle prede garantiscono alle larve una fonte trofica immediata che si traduce in un contenimento dei fitofagi, essendo quello larvale l’unico stadio carnivoro. Il presente studio intende illustrare i risultati di un triennio ottenuti con un attrattivo che già in precedenza aveva mostrato un’ottima valenza verso entrambi i sessi di questo crisopide. L’efficacia veniva valutata quantizzando le ovideposizioni in pieno campo rilevate settimanalmente sia nel pescheto manipolato sia in quello testimone. I risultati hanno mostrato una positiva correlazione tra la presenza dell’attrattivo e un maggiore numero di uova, con dati che nei diversi anni sono variati da una presenza complessiva annuale da doppia sino a dieci volte maggiore. Particolarmente significativo è l’aumento delle ovodeposizioni alla ripresa vegetativa, ciò permette di ipotizzare un controllo da parte di questo predatore sulle popolazioni dei principali fitofagi del pesco. -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------86 POSTER: PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI E PATOGENI LE PIANTE ERBACEE NELLA EPIDEMIOLOGIA DELLA SHARKA: RISULTATI DI DUE ANNI DI INDAGINE S. Zampini 1, D. Boscia 2, T. Cosmi 3, V. Girolami 1, C. Migliorini 4, N. Mori 5, L. Tosi 5. 1Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, Università degli Studi di Padova – Agripolis Legnaro (Pd) 2Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia” – CRSA Locorotondo (Ba) 3 Veneto Agricoltura Laboratori di diagnosi – Buttapietra (Vr) 4 Veneto Agricoltura – Sezione Ricerca e Sperimentazione Agraria ed Ittica – Agripolis Legnaro (Pd) 5Agrea Centro Studi – San Giovanni Lupatoto (Vr) La Sharka o Vaiolatura delle Drupacee dal 1996 (anno del primo reperimento) sta provocando in Veneto ingenti danni alle coltivazioni peschicole. Agente causale di questa malattia è un Potyvirus, (Plum Pox Virus = PPV) il cui suo ceppo M, risulta molto pericoloso su pesco. Nel biennio 2006-2007 la Regione Veneto, con il coordinamento di Veneto Agricoltura, ha dato avvio ad un progetto di ricerca sulla Sharka. Uno degli obiettivi dello studio era quello di effettuare delle indagini sulla possibile presenza del PPV in erbe comunemente presenti nel cotico di pescheti infetti. Negli areali “storicamente” noti per la presenza del virus Sharka della Provincia di Verona sono state individuate 7 aziende agricole dove, in due principali periodi dell’anno (primavera-autunno), sono stati raccolti 1.537 campioni di erbe, tutti sottoposti successivamente ad analisi DASI-ELISA ed IC-RT-PCR. Tra le 18 diverse specie segnalate in bibliografia, come suscettibili, sono state analizzate prevalentemente: Taraxum officinalis, Rumex obtusifolium, Sorghum halepense, Chenopodium album, Ranunculus repens, Plantago major, Solanum nigrum e Gallinsoga ciliata. Di tutti i campioni, solo quelli appartenenti alla monocotiledone Sorghum halepense, sono risultati positivi all’ELISA, 44 su un totale di 121. Le successive analisi PCR e i test di immunomicroscopia elettronica effettuati allo scopo di validare il risultato non hanno tuttavia confermato il dato. Le osservazioni condotte inducono a escludere un ruolo significativo delle erbe spontanee nell’epidemiologia della Sharka. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------87 QUALITA’ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA 88 POSTER: QUALITÀ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA INFLUENZA DEL PORTINNESTO SULLA QUALITÀ NUTRIZIONALE DEL PESCO F. Capocasa, J. Diamanti, B. Mezzetti Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali (SAPROV) – Università Politecnica delle Marche, Ancona Tra le specie frutticole più diffuse nei nostri ambienti, il pesco non si distingue per la una elevata capacità antiradicalica ma, bisogna considerare che per l’enorme panorama varietale disponibile, caratterizzato da diverse tipologie di frutto (pesche a pasta gialla e bianca, nettarine a pasta gialla o bianca, percoche), mancano studi approfonditi su questo importante carattere. La capacità antiossidante totale (CAT) dei frutti, anche per il pesco, è infatti prevalentemente influenzata dalla cultivar, dall’interazione con il portinnesto, dall’epoca di maturazione, dalla tipologia e tempi di conservazione. Le conoscenze che riguardano la CAT del germoplasma del pesco sono poche e molto spesso difficili da applicare a programmi di miglioramento genetico. Anche per questa specie il potere antiossidante è un carattere da analizzare per differenziare le varietà disponibili e che può essere migliorato con specifici programmi di miglioramento genetico. L’influenza varietale sulle caratteristiche nutrizionali dei frutti è stata analizzata valutando la variazione della CAT mediante il metodo TEAC e del contenuto totale di polifenoli (TPH) con il metodo di Folin Ciocalteu (Slinkard et al., 1997) diverse cultivar di pesche e nettarine a pasta gialla e bianca. Inoltre, si è valutata l’influenza di diversi portinnesti (Adesoto® 101*, Cadaman®Avimag*, Fire®, GF 677, Montclar®-Chanturgue, Penta* e Tetra*) sulle caratteristiche della qualità dei frutti del frutti. Per ogni cultivar e per ogni tipo di analisi, è stato prelevato un campione di 20 frutti da cui sono stati ricavati gli estratti a base di etanolo acidificato. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 89 POSTER: QUALITÀ PARAMETRI DEI FRUTTI E POST RACCOLTA DI MATURITÀ, GIUDIZIO ORGANOLETTICO E CONTENUTO FENOLICO IN PERCOCHE A CONSUMO DIRETTO de Palma L., Tarantino A. Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali, Chimica e Difesa Vegetale, Università di Foggia La qualità organolettica percepita dal consumatore è determinante per sostenere la domanda dei prodotti frutticoli; ad essa oggi si affianca, in misura crescente, la conoscenza del contenuto in principi salutistici. Nel settore peschicolo, che vede l’Italia secondo posto tra i produttori mondiali, il giudizio dei consumatori sulla qualità gustativa è attualmente alquanto critico e le conoscenze sui principi nutraceutici non raggiungono il livello di approfondimento e di divulgazione conseguito in altre tipologie di frutta. La raccolta ad uno stadio di maturazione in cui ha avuto inizio lo sviluppo di colore, aroma e sapore consente di migliorare l’apprezzamento organolettico al consumo, ma riduce sensibilmente la resistenza dei tessuti ai danni meccanici ed al decadimento post-raccolta, soprattutto nei genotipi a polpa fondente. La produzione di percoche, gruppo pomologico con frutto a polpa non fondente e a prevalente destinazione industriale, costituisce circa il 10-12 % del totale nazionale ed è maggiormente concentrata nelle regioni meridionali ove è richiesta anche per consumo fresco collocandosi con “filiera corta” sui mercati locali. Presso un’azienda agricola privata sita in Puglia nella pianura di Capitanata (FG), frutti di percoco Andross e Carson (innestato su GF 677), cultivar “tradizionali” medio-tardive tutt’oggi valide per ampie aree colturali, sono stati raccolti dopo l’inizio dello sviluppo di colore e sapore e sottoposti al rilievo degli indici di maturità: resistenza della polpa, solidi solubili totali, acidità titolabile. L’analisi del frutto è stata completata con il rilievo di peso, calibro e resa in polpa. Dopo conservazione per 1 giorno a 5°C e 8 ore temperatura ambiente, i frutti sono stati sottoposti al giudizio organolettico di consumatori abituali di pesche ed alla valutazione della presenza di danni da manipolazioni. Sui frutti di “Andross” è stato determinato il contenuto in polifenoli totali, parametro altamente correlato con l’attività antiossidante e soggetto a ridursi con l’avanzare del grado di maturazione. I risultati, riferiti ad un solo anno di studio, hanno evidenziato apprezzabili caratteristiche dei frutti raccolti con indice penetrometrico di circa 3,1 kg su 0,5 cm2, cui è corrisposta concentrazione in solidi solubili totali di 15 °Brix in “Andross” (peso medio frutto 177 g, calibri prevalenti 22 e 23, resa in polpa 97 %) e 12 °Brix in “Carson” (p.m.f. 217 g, c.p. 23 e 24, r.p. 93%). In entrambe le cultivar, i frutti hanno ottenuto apprezzamento organolettico positivo sia per sapore che per consistenza della polpa e non hanno evidenziato segni di danneggiamento. Nella polpa di “Andross” è stato un riscontrato buon contenuto polifenolico totale, pari a circa 400 mg AG kg-1. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------90 POSTER: QUALITÀ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA VALUTAZIONE QUALITATIVA DI PESCHE E NETTARINE A MATURAZIONE TARDIVA IN SICILIA. V. Farina1, G. Volpe1, A. Mazzaglia2 e M. Lanza2. 1 Dipartimento S.En.Fi.Mi.Zo Sezione di Frutticoltura Mediterranea, Tropicale e Subtropicale. Università degli Studi di Palermo 2 Dipartimento di Orto-Floro-Arboricoltura e Tecnologie Agro-alimentari. Università degli Studi di Catania La qualità dei frutti è riconducibile a numerosi parametri tra i quali colore, dolcezza, succosità, flavour etc. Obiettivo del lavoro è stato quello di valutare la qualità dei frutti di pesco e nettarine attraverso analisi fisico-chimiche e sensoriali. Sono state prese in esame cultivar tardive di pesco a polpa gialla (Summerset, Tardivo 2000, Fairtime, Guglielmina), a polpa bianca (Daniela) e di nettarine a polpa gialla (California e Fairline) analizzando peso, calibro, consistenza della polpa, residuo secco rifrattometrico (RSR), pH, acidità titolabile, colore e sovracolore dell’epicarpo dei frutti. Inoltre, è stato definito il profilo sensoriale mediante panel di dieci giudici che hanno generato sedici descrittori: Uniformità colore esterno, Intensità colore interno, Compattezza, Facilità distacco della polpa dal nocciolo, Odore tipico di pesca/nettarina, Odore erbaceo, Odore floreale, Pastosità, Succosità, Dolcezza, Acidità, Amarezza, Flavour tipico di pesca/nettarina, Flavour erbaceo, Flavour floreale e Valutazione complessiva. I frutti di Fairtime, Summerset, Daniela e California hanno pezzatura commercialmente più interessante. La consistenza della polpa è simile per tutte le pesche, mentre per le nettarine, California ha frutti leggermente più consistenti. I valori di RSR più alti si osservano in Guglielmina, Tardivo 2000 e Fairline. I valori di pH sono simili per le nettarine e per le pesche, fatta eccezione per Guglielmina. L’acidità titolabile più elevata si registra in Summerset, Fairtime, Tardivo 2000 e California. Summerset e California hanno la più ampia estensione del sovracolore. Cinque descrittori sensoriali differenziano le pesche: Facilità distacco della polpa dal nocciolo, Intensità colore interno, Valutazione complessiva, Odore tipico di pesca e Dolce. Le due nettarine si differenziano, invece, per nove descrittori: Facilità distacco della polpa dal nocciolo, Dolce, Acido, Pastosità, Flavour tipico di nettarina, Valutazione complessiva, Succosità, Odore e Flavour erbaceo. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------91 POSTER: QUALITÀ VARIAZIONE RICH MAY, DEI FRUTTI E POST RACCOLTA DI ALCUNI PARAMETRI QUALITATIVI IN FRUTTI DI PESCO DELLA CV IN DUE COMBINAZIONI D’INNESTO. Motisi A.,** Gullo G.,* Zappia R.*, Mafrica R.,* Dattola A.,* Malara T.,* Diamanti J.*** ,Mezzetti B.*** *Dipartimento di Ge. S.A.F. Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria **Dipartimento DCA - Università degli Studi di Palermo ***Dipartimento SAPROV – Università Politecnica delleMarche Lungo il profilo della chioma, si realizzano differenti condizioni microclimatiche, più o meno accentuate, in funzione del vigore della chioma stessa, che influenzane la qualità del frutto (Motisi et al., 2004). Gli strati di chioma che ricevono una maggiore radiazione PAR , condizionano, favorevolmente, la produzione dal punto di vista qualitativo, determinando migliore pezzatura, maggiore sovraccolore dell’epicarpo ed una capacità antiossidante totale più elevata (Motisi et al., 2006). È stata verificata l’esistenza, nel pesco, di una relazione positiva tra i polifenoli totali e la capacità antiossidante totale ( Scalzo et al., 2005).Lo scopo del presente lavoro è stato quello di verificare: come la densità della chioma e la diversa disponibilità di radiazione PAR lungo il profilo della chioma di piante di pesco, possano influenzare, nei frutti, il contenuto in polifenoli totali; se la relazione positiva, esistente tra i polifenoli totali e la capacità antiossidante totale è condizionata dalla vigoria, indotta alla chioma dal portinnesto, e dall’architettura della pianta; come variano i suddetti aspetti nutraceutici all’interno del pericarpo. Le prove sono state condotte nel 2006 a Spezzano (Cs) in un impianto, realizzato nel ‘98, con astoni della cv Rich May in due combinazione d’innesto: Penta e GF677 con forma di allevamento ad Y trasversale. Il piano sperimentale prevedeva, per ciascuna combinazione d’innesto, 4 ripetizioni, ognuna costituita da una parete fruttifera lunga di 12 metri. I rilievi sono stati effettuati considerando, lungo il profilo della chioma, 4 livelli, effettuando, per ciascuno di essi, un campionamento di 40 frutti, 10 frutti per ripetizione. Si sono rilevati i parametri carpologici ed organolettici e su 4 frutti di ciascun campione, si sono prelevati diverse porzioni di pericarpo e, separando l’epicarpo dal mesocarpo, si è determinato il contenuto in polifenoli totali e la capacità antiossidante totale, utilizzando, rispettivamente, la metodologia di Folin-Ciocalteu e la metodologia TEAC. I dati ottenuti evidenziano un ruolo fondamentale del portinnesto nel condizionare, indirettamente, la relazione esistente tra polifenoli totali e la capacità antiossidante totale, rilevando una significativa variazione, dei suddetti parametri, nelle due componenti del pericarpo. 92 POSTER: QUALITÀ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA CREAZIONE DI MODELLI DI PREDIZIONE DELLA QUALITÀ DI PESCHE E NETTARINE NEL METAPONTINO CON UN DISPOSITIVO VIS/NIR PORTATILE (QUALITY STATION) C. Mennone*, M. Pincu**, G. Quinto***, T. Colella*, A. Abbatecola* *AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata **UNITEC - Italia ***Università degli Studi di Basilicata Nell’ambito del Progetto Interregionale Frutticoltura di Post-Raccolta-L 499/99, Azione 2 Metodi non Distruttivi per la Qualità dei Frutti, negli anni 2006 e 2007 si sono svolte prove con diverse varietà di pesco con l’obiettivo di creare modelli di predizione per la stima dei parametri qualitativi dei frutti, in particolare il contenuto in solidi solubili [°Brix], l’acidità e la durezza della polpa [kg/cm2] utilizzando un dispositivo portatile avente tecnologia NIR, “Quality Station®” (QS) della Unitec Spa. Questo per cercare di offrire un prodotto con caratteristiche organolettiche tanto piu’ vicine alla maturazione ottimale. Infatti sono stati considerati diversi periodi di maturazione: commerciale, dopo 3 e 7 giorni ed in conservazione fino a 10 giorni, considerando questa variabilità nei modelli. La creazione dei modelli di predizione si è realizzata acquisendo informazioni spettrali nella regione VIS-NIR dello spettro elettromagnetico delle seguenti varietà di pesche, Elegant Lady Spring Bell, e delle nettarine a polpa gialla Venus, Big Bang, Big Top. Sono stati effettuati due o tre momenti di raccolta allo scopo di raccogliere informazioni sui diversi stadi di maturazione e in shelf life. I modelli sono stati costruiti applicando tecniche quemiometriche con i dati di riferimento prelevati da 30 frutti per ogni varietà e per epoca di raccolta, per un totale di 330 pesche. Una percentuale di questi dati sono serviti per realizzare la fase di calibrazione dei modelli l’altra per la fase di validazione. Il coefficiente di correlazione (r2) e l’Errore Standard della Predizione (SEP) per la stima del contenuto in solidi solubili (°Brix) sono stati: 0.77 e 1.1 per Elegant Lady, 0.69 e 0.8 per Venus, 0.60 e 0.8 per Bing Bang, 0.8 e 1 per Big Top e 0.82 e 0.9 per Spring Bell. Per quanto riguarda la durezza della polpa i risultati sono stati i seguenti: Elegant Lady r2:0.62 e SEP: 1.1 kg/cm2, Venus r2:0.60 e SEP: 1.2 kg/cm2, Big Bang r2:0.65 e SEP: 1.1 kg/cm2, Big Top r2:0.65 e SEP: 0.85 kg/cm2, e finalmente Spring Bell r2:0.57 e SEP: 0.79 kg/cm2. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 93 San Leucio, oggi località di Caserta, prende il nome da una chiesetta longobarda situata sulla sommità dell’omonimo colle. Gli Acquaviva, principi di Caserta, nella metà del ‘500, vi costruirono un castello, adibito a casino di caccia chiamato “Belvedere”, per la vista panoramica della Reggia di Caserta e parco, il Vesuvio e il blu del Golfo. Nella seconda metà del ‘700 il feudo fu acquistato da Carlo III di Borbone, come riserva di caccia. Nel 1579 Carlo III fu chiamato sul trono di Spagna e suo figlio Ferdinando IV ereditò il Regno di Napoli e delle due Sicilie. Il giovane re proseguì la strategia territoriale avviata dal padre nei riguardi dei Siti Reali. Il primo interessamento per San Leucio è del 1773, quando la proprietà fu ingrandita, recintata e munita di un casino destinato a riposo durante le cacce, diventando la meta preferita del giovane re, essendo luogo ideale per immergersi nella quiete della natura lontano dalla vita pomposa di corte. Nel 1778 il tragico episodio della morte del primogenito Carlo Tito, spinse il re e la consorte a non abitare più a San Leucio e destinarlo ad uso più utile.