VI CONVEGNO NAZIONALE SULLA
PESCHICOLTURA MERIDIONALE
Caserta
6-7 marzo 2008
Complesso Monumentale
Belvedere di San Leucio
Ercolano, Casa dei cervi rossi, 45-79 d.c.,
affresco, natura morta con brocca e acqua
RIASSUNTI
Università di Napoli
Federico II
Unità di Ricerca per la
Frutticoltura Caserta
Società di
Ortoflorofrutticoltura
Italiana
L’ORGANIZZAZIONE
DEL CONVEGNO È GRATA PER IL SUPPORTO RICEVUTO DA
QUANTI HANNO A CUORE LA RICERCA E LA SPERIMENTAZIONE PER LO
SVILUPPO DELLA PESCHICOLTURA.
Regione Campania
Comune di Caserta
Provincia di Caserta
Camera di Commercio
Industria Artigianato e Agricoltura
Caserta
VI CONVEGNO NAZIONALE SULLA PESCHICOLTURA MERIDIONALE
CONVENERS
Carmine Damiano
CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura - Caserta
Claudio Di Vaio
Università degli Studi di Napoli Federico II
COMITATO SCIENTIFICO
Carlo Fideghelli
Presidente
CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura - Roma
Michele Bianco
Regione Campania
Tiziano Caruso
Università degli Studi di Palermo
Carmine Damiano
CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura - Caserta
Claudio Di Vaio
Università degli Studi di Napoli Federico II
Marcello Forlani
Università degli Studi di Napoli Federico II
Angelo Godini
Università degli Studi di Bari
Paolo Inglese
Università degli Studi di Palermo
Presidente Generale della S.O.I.
Paolo Masi
Università degli Studi di Napoli Federico II
Vito Savino
Università degli Studi di Bari
Felice Scala
Università degli Studi di Napoli Federico II
Cristos Xiloyonnis
Università degli Studi della Basilicata
Comitato Organizzatore
Antonio Cannavale
Giuseppe Capriolo
Oreste Insero
Rita Parillo
Italo Santangelo
tel 0823 256232 fax 0823 493381
e-mail: [email protected]
1
PROGRAMMA
GIOVEDI’ 6 MARZO 2008
ore 8:00 – 18:00 Registrazione
ore 8:45 Saluti Autorità:
Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali
Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura
Regione Campania – Assessorato all'Agricoltura e alle attività Produttive
Provincia di Caserta
Interventi programmati :
Prof. Paolo Inglese
Presidente Generale SOI (Società Ortoflorofrutticoltura Italiana)
Prof. Paolo Masi
Preside della Facoltà di Agraria, Università di Napoli Federico II
Dott. Ruggero Bartocci
Dirigente STAPA CePICA di Caserta
I sessione: Aspetti economici e valorizzazione
Relazioni:
ore 9.30 Marzano F., UNAPROA (Moderatore)
Innovazione e servizi al prodotto del sistema ortofrutticolo organizzato
ore 9.55 Reggidori G., APOCONERPO - Ravenna
La filera organizzativa per il mercato e la valorizzazione
ore 10.15 Martelli S., Lasala P., Mennone C., ALSIA Regione Basilicata
Il distretto Agroalimentare quale momento di sviluppo del territorio agricolo lucano
ore 10.30 Predieri S., Liverani A., Gatti E., Versari N., IBIMET-CNR, Bologna
Preferenze del consumatore italiano in funzione delle caratteristiche organolettiche dei frutti di pesco
ore 10.45 Dibattito
ore 11.00 Benemerenze SOI, Paolo Inglese Presidente Generale SOI (Moderatore)
ore 11.15 Pausa Cafè
II sessione: Evoluzione varietale e scelta dei portinnesti
Relazioni: Fideghelli C. Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma (Moderatore)
ore 11.30 Fideghelli C., Della Strada G., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma
La recente evoluzione varietale della peschicoltura internazionale
ore 12.00 Bassi D., Mignani I., Spinardi A., Ghiani A., Negrini N., Morghutti S., Università di Milano
La nettarina ‘Big Top’: un caso di studio?
ore 12.15 Sansavini S., Ancarani V., Curto G., Sacconi R. Università di Bologna
Selezione di portinnesti franchi clonali di pesco resistenti a nematodi
ore 12.30 Mennone C., Gioia P., Colombo R., Berra L., Caggiano P., AASD Pantanello, Regione Basilicata
Indirizzi nella scelta varietale per la peschicoltura meridionale
ore 12.45 Insero O., Rega P., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Caserta
Peschicoltura campana: evoluzione varietale negli ultimi cinquant’anni
ore 13.00 Capocasa F., Borraccini G., Diamanti J., Mezzetti B., Università Politecnica delle Marche
Varietà e portinnesto per la coltivazione del pesco nel medio-adriatico
ore 13.15 Dibattito
ore 13.30 Pausa Pranzo
ore 14.30 Di Vaio C., Università di Napoli Federico II (Moderatore)
Discussione Poster
2
III sessione: Sistemi d’impianto, ecofisiologia e tecnica colturale
Relazioni: Caruso T., Università di Palermo (Moderatore)
ore 15.00 Caruso T., Di Vaio C., Guarino F., Marra F.P., Musso O., Università di Palermo
Evoluzione dei sistemi d’impianto nella peschicoltura meridionale: recenti acquisizioni
ore 15.30 Moranti B., Zibordi M., Manfrini L., Corelli Grappadelli L., Università di Bologna
Efficienza produttiva del pesco: relazioni tra intercettazione luminosa e carico di frutti
ore 15.45 Dichio B., Montanaro G., Xiloyannis C., Università della Basilicata
Gestione del suolo e della chioma per il risparmio idrico
ore 16.00 Marra F., La Mantia M., Caruso T., Università di Palermo
Valutazione delle esigenze biotermiche ai fini della caratterizzazione del periodo di sviluppo del frutto in
cultivar di pesco e di diversa provenienza
ore 16.15 Losciale P., Morandi B., Chiai P., Corelli Grappadelli L., Università di Bologna
Carico produttivo e stress foto-ossidativo
ore 16.30 Dibattito
ore 16.45 Pausa Caffè
Relazioni: Xiloyannis C., Università della Basilicata (Moderatore)
ore 17.00 Montanaro G., Dichio B., Celano G., Xiloyannis C., Università della Basilicata
Monitoraggio dei flussi di carbonio tra un impianto di pesco e l’atmosfera
ore 17.15 Gallotta A., Giorgio V., Pacucci C., Università di Bari
Cascola pre-fiorale di gemme a fiore e produttività in 7 cultivar di pesche e nettarine nell’areale jonicometapontino
ore 17.30 Neri D., Massetani F., Dalmonte C., Università Politecnica delle Marche
Riduzione del ciclo di vivaio
ore 17.45 Massetani F., Dalmonte P., Neri D., Savini G., Università Politecnica delle Marche
Mini-innesto a chip-budding: controllo della qualità delle gemme
ore 18.00 Grieco P. D., Vitelli V., Mennone C., Castoro V., Metapontum Agrobios
Pesco: innovazioni delle tecniche di moltiplicazione del materiale vivaistico in Basilicata
ore 18.15 Dibattito
VENERDI’ 7 MARZO 2008
IV sessione: Protezione e difesa da parassiti e patogeni
ore 8:00 – 11:00 registrazione
Relazioni: Scala F., Università di Napoli (Moderatore)
ore 9.00 Boscia D., Pollastro S., CNR - Bari
Principali problematiche fitosanitarie della peschicoltura meridionale
ore 9.15 Raio A., Puopolo G., Cozzolino L., Zoina A., Università di Napoli Federico II
Efficacia della lotta biologica al tumore radicale del pesco in Italia meridionale
ore 9.30 Viggiani G. Tesone T., Università di Napoli Federico II
Cicaline (Homoptera: Typhlocybidae) e loro ooparassitoidi in pescheti campani
ore 9.45 Palmisano F., Bazzoni A., Didonna A., Savino V, Università di Bari
Valutazione di varietà di pesco e nettarine per la resistenza a Sharka:risultati preliminari
ore 10.00 Tabilio M. R., De Salvador F. R., Mandatori R., Campus L., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura,
Roma
Prove di laboratorio per confrontare alcuni bioinsetticidi e validarne l’efficacia nel contenimento della
Ceratitis capitata (Wiedemann)
ore 10.15 D’Errico F., Capriolo G., Università di Napoli Federico II
Le problematiche fitopatologiche del pesco legate al terreno
10.30 Dibattito
3
ore 10.45 Presentazione del libro The Peach curato da Bassi e Layne,Caruso T. Università di Palermo
(Moderatore)
ore 11.00 Pausa Caffè
V sessione: Qualità dei frutti e post raccolta
Relazioni: Forlani M., Università di Napoli Federico II (Moderatore)
ore 11.15 G. Gugliuzza G., Inglese P., Liguori G., Università di Palermo
Evoluzione della qualità dei frutti di pesco lungo la filiera
ore 11.30 Testoni A., Rizzente A., Abbatecola A., Colella T., Caggiano P., Mennone C. CRA-IAA, Milano
Evoluzione della Qualità in Shelf Life di alcune cv di pesche e nettarine
ore 11.45 Costa G., Abbatecola A., Bevilacqua A., Ceredi G., Colella T., Demaria D., Fiori G., Mennone C.,
Noferini M., Pincu M., Robasto M., Rocco Quinto G., Turoni P., Vittone G., Ziosi V., Università di Bologna
Sviluppo di metodi innovativi di gestione dei frutti nella fase di post-raccolta: definizione degli indici di
raccolta in funzione della qualità di consumo e delle modalità di conservazione e di commercializzazione
ore 12.00 Di Vaio C., Graziani G., Dumella M., Cascone A., Ritieni A., Università di Napoli Federico II
Valutazione dell’attività antiossidante e del contenuto di carotenoidi e polifenoli totali di pesche e nettarine
alla raccolta e dopo conservazione frigorifera
ore 12.15 Ziosi V., Noferini M., Fiori G., Tadiello A., Trainotti L., Casadoro G., Costa G., Università di Bologna
L’indice DA: un nuovo indice non-distruttivo in grado di caratterizzare l’evoluzione fisiologica e
molecolare della maturazione del frutto di pesco.
ore 12.30 Mari A., IDI-IRCCS, Roma
La Pesca come causa di allergia: valutazione clinica comparata dei suoi allergeni
ore 12.45 Farina L., Buccheri M., Tuppo L., Tamburrini M., Palazzo P., Giani M., Bernardi M. L., Mari A.,
Damiano C., Ciardiello M.A., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Caserta
Analisi comparativa del quadro proteico ed identificazione e quantificazione di allergeni in cultivar di
pesco
ore 13.00 Simeone A. M., Piazza M. G., Fideghelli C., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma
Variazioni dei composti nutraceutici e capacità antiossidante del germoplasma di pesco
ore 13.15 Begheldo M., Ziliotto F., Rasori A., Bonghi C., Ramina A., Tonutti P., Università di Padova
L’analisi delle variazioni del profilo trascrizionale in pesche trattate con 1-MCP
ore 13.30 Dibattito
ore 13.45 Damiano C., CRA Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Caserta (Moderatore)
Conclusioni dei lavori
4
POSTER
Aspetti economici e valorizzazione
1. Galluzzo N., Università di Teramo
Evoluzione nel medio periodo delle esportazioni italiane di pesche con metodologie statistiche robuste e
della specializzazione territoriale
2. Mennone C., Gioia P., Troiano M., Santangelo G., AASD Pantanello, Regione Basilicata
Indagine sulla peschicoltura metapontina
3. Mora M., Echeverría G., Predieri S., Infante R., IBIMET-CNR, Bologna
Studio congiunto Cile-Italia-Spagna su potenzialità di mercato e scelte dei consumatori di pesche e
nettarine
Evoluzione varietale, biotecnologie e scelta dei portinnesti
4. Avanzato D., Fideghelli C., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma
Valutazione agronomica di selezioni di “Paccarelle” (P. persica) quali portinnesto del pesco
5. Avanzato D., Bevilacqua D., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma
Osservazioni agronomiche su cloni di Prunus mume innestati con la nettarina Venus
6. Bassi D., Rizzo M., Foschi S., Università di Milano
Nuova serie di nettarine sub-acide per l’Emilia - Romagna
7. Bassi D., Rizzo M., Foschi S., Università di Milano
Bordo’, pesca precoce per l’Emilia - Romagna
8. Bellini E., Giannelli G., Picardi E., Università di Firenze
“Maria Nicola”: nuova nettarina a polpa gialla a maturazione molto tardiva
9. Bellini E., Nencetti V., Giordani E., Morelli D. Università di Firenze
Miglioramento genetico per la resistenza a Sharka (PPV) nel pesco: programma svolto presso il DOFI
nell’ambito di un Progetto Mi.PAAF
10. Bono R., Buffa R., Massai R., T. Caruso, Università di Palermo
Comportamento agronomico di quattro nuovi portinnesti ibridi pesco x mandorlo in un impianto ad alta
densità in Sicilia: prime osservazioni
11. Bruno A., Centro Operativo Ricerca Fitogenetica
Risultati definitivi di prove sperimentali di portainnesti di pesco in Serro Calderaro, Castel di Iudica
(CT)
12. Damiano C., Monticelli S., Frattarelli A. CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma
Allestimento di una collezione in vitro di cultivar di pesco di interesse storico
13. De Salvador F.R., Lolletti D., Raparelli E., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma
Valutazione agronomica di un nuovo portinnesto ibrido del pesco
14. Frattarelli A., Arias M. D., Damiano C., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma
Conservazione di germoplasma di pesco con la tecnica della crioconservazione
15. Insero O., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Caserta
“Sagittaria”: nuova cultivar di pesco per le aree meridionali
16. Giovannini D., Liverani A., Brandi F., Versari N., CRA, Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì
Nuovi portinnesti del pesco: primi risultati in Romagna(Progetto Mi.PAAF “Liste portinnesti)
17. Lacertosa G., Mennone C., Scalcione E., Silletti A., Metapontum Agrobios
Effetti dell’andamento climatico sul comportamento fenologico del pesco nel Metapontino
18. Liverani A., Giovannini D., Brandi F. CRA, Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì
PPVCON: il primo progetto nazionale per il miglioramento genetico della resistenza a sharka in pesco
19. Mennone C, Silletti A., Troiano M., Quinto G., AASD Pantanello, Regione Basilicata
Nuovi portinnesti del pesco: primi risultati nel Metapontino (Progetto Mipaaf Regioni)
20. Micali S., Vendramin E., Dettori M.T., Giovinazzi J., Verde I., Quarta R., CRA Centro di Ricerca per la
Frutticoltura, Roma
Caratterizzazione e valorizzazione del “Percoco di Tursi“
21. Monticelli S., Gentile A., Frattarelli A., Damiano C., CRA Centro di ricerca per la Frutticoltura, Roma
Coltura in vitro di embrioni immaturi di incroci interspecifici (Prunus persica x P. davidiana) per
l’introgressione di caratteri di resistenza a sharka
22. Padula G., Bellini E., Giordani E., Ferri A. Università di Firenze
5
Ulteriori indagini sulla resistenza del pesco alla bolla (Taphrina deformans Berk.Tul.)
23. Palasciano M., Camposeo S., Ferrara G., Godini A., Università di Bari
Possibili relazioni tra mancato soddisfacimento del fabbisogno in freddo, allegagione e produzione di
una vasta popolazione di nuove cultivar di pesco in Puglia
24. Piccirillo P., Monticelli S., De Luca A. CRA – Unità di ricerca per la Frutticoltura di Caserta
Valutazione della risposta all’infezione di virus della Sharka (PPV)di cultivar e selezioni
avanzate
di pesco e nettarine usate in incroci con l’ibridoPrunus persica x Prunus davidiana,
25. Preka P., Cherubini S., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma
Influenza del portinnesto sulle caratteristiche fisiologiche della cultivar Baby Gold 9 innestata su quattro
portinnesti
26. Russo G., Università di Bari
“Percoco di Turi”: ecotipo da salvaguardare e valorizzare
Sistemi d’impianto, ecofisiologia e tecnica colturale
27. Lazzari L, Celano G, Amato M, Said A. al Hagrey, Loperte A, Lapenna V., Satriani A., Università della
Basilicata
Uso della tomografia geoelettrica per lo studio della variabilità spaziale delle proprietà fisiche del
terreno e degli apparati radicali in sistema pescheto
28. Massetani F., Dalmonte P., Giorgi V., Neri D., Università Politecnica delle Marche
Innesto a mini chip-budding: impiego di diversi materiali per la legatura
29. Petrozza A., Lacertosa G., Metapontum Agrobios
Efficacia di nuovi formulati contro la clorosi ferrica del pesco
Protezione e difesa da parassiti e patogeni
30. Abbatecola A., Troiano M., Caponero A., Mennone C., AASD Pantanello, Regione Basilicata
Un caso fitopatologico di particolare interesse: i marcimi radicali da Armillaria spp.
31 Bazzoni A., Palmisano F., Tavano D., Savino V., Università di Bari
Confronto di tecniche per la diagnosi di ilarvirus su materiale dormiente di drupacee
32. Guarnone A., Capella A..Guastamacchia F., SIPCAM
Treabon Star: larvicida specifico per il contenimento di Cydia molesta del pesco
33. Tabilio M.R., Mandatori R., Quaranta M., De Salvador F.R., CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura,
Roma
Ceratitis capitata (Wiedemann): una prospettiva di controllo dai nematodi entomopatogeni
34 Tabilio M.R., Letardi A., CRA Centro di Ricerca per la Frutticoltura, Roma
Tecniche di manipolazione in campo di Chrysoperla carnea (Neuroptera Chrysopidae) in un pescheto a
gestione biologica
35 Zampini S., Boscia D., Cosmi T., Girolami V., Migliorini C., Mori N., Tosi L.., Università di Padova
Le piante erbacee nella epidemiologia della Sharka: risultati di due anni di indagine
Qualità dei frutti e post raccolta
36. Capocasa F., Diamanti J., Mezzetti B., Università Politecnica delle Marche
Influenza del portinnesto sulla qualità nutrizionale del pesco
37. de Palma L., Tarantino A. Università di Foggia
Parametri di maturità, giudizio organolettico e contenuto fenolico in percoche a consumo diretto
38. Farina V., Volpe G., Mazzaglia A., Lanza M., Università di Palermo
Valutazione qualitativa di pesche e nettarine a maturazione tardiva in Sicilia
39. Mennone C., Pincu M., Quinto G., Colella T., Abbatecola A., AASD Pantanello, Regione Basilicata
Creazione di modelli di predizione sulla qualità di pesche e nettarine nel Metapontino con un
dispositivo VIS/NIR portatile (qualità station)
40. Motisi A., Gullo G., Zappia R., Mafrica R., Dattola A., Malara T., Diamanti J., Mezzetti B., Università
Mediterranea Reggio Calabria
Variazione di alcuni parametri qualitativi in frutti di pesco della cv Rich May, in due combinazioni
d’innesto
6
I SESSIONE
ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE
7
ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE
INNOVAZIONE E SERVIZI AL PRODOTTO DEL SISTEMA ORTOFRUTTICOLO
ORGANIZZATO
Fabrizio Marzano
Presidente UNAPROA
Fabrizio Marzano è presidente di Unaproa, sistema ortofrutticolo organizzato che aggrega 149 OP
(Organizzazioni di produttori) che operano su tutto il territorio nazionale.
Un sistema composto da più di 70.000 aziende agricole che producono 7 milioni di tonnellate di prodotto di
qualità (il 25% della PLV agricola nazionale).
Le OP hanno nella concentrazione dell’offerta e nella commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli la loro
attività principale.
Ma l’aspetto forse più importante da sottolineare è la capacità di investimento delle organizzazioni di
produttori. Ogni anno le OP di Unaproa investono oltre 200 milioni di euro in progetti destinati al
miglioramento della qualità dei prodotti ortofrutticoli italiani. Attraverso i programmi operativi, cofinanziati
dall’Unione Europea, le OP riescono in tal modo a dare servizi aggiuntivi al prodotto che arriva sulle nostre
tavole, attraverso investimenti in grado di garantire ai consumatori gusto, qualità e sicurezza alimentare.
Servizi aggiuntivi al prodotto sono ad esempio il lavoro di selezione, taglio, lavaggio e confezionamento delle
insalate che vengono messe in busta per diventare un comodo prodotto “pronto all’uso”. Si tratta di quelle che
è possibile definire “innovazioni di prodotto” e sulle quali le OP investono tempo, risorse umane e capitali.
Ma l’aggregazione in OP è importante anche perché consente di realizzare innovazioni nel campo della
logistica, dei servizi al consumatore, dell’efficienza gestionale, della corretta informazione ai consumatori.
L’aggregazione premia perché consente alle imprese di commercializzare prodotti di qualità e essere in tal
modo sempre più competitive sul mercato.
La programmazione, le ricerche di mercato, la conoscenza dei trend commerciali sono tutti compiti che, vista
la dimensione sempre più internazionale del mercato, possono essere efficacemente svolti solo se si fa capo
ad una OP.
Nello specifico per la peschicoltura, uno degli aspetti più salienti deve essere quello dell’innovazione e del
riordino/riclassificazione varietale. La “jungla” varietale vigente impedisce qualsiasi distinzione del prodotto
mentre il mercato chiede di riconoscere almeno le caratteristiche principali di un prodotto. Per questo è
indispensabile uscire dal tunnel nel quale la peschicoltura è sprofondata attraverso un sistema di codificazione
semplificato delle varietà in funzione di parametri che possono essere il periodo di maturazione, la
destinazione d’uso ed altri ancora che rispondono alle esigenze del mercato e non dei ricercatori. E’
importante uno sforzo complessivo per superare le attuali distinzioni varietali che appartengono ormai quasi
esclusivamente ad un gruppo ristretto di esperti in un’ottica orientata alla visione produttiva senza tener conto
che l’impatto sul mercato è sempre più negativo. Uscire dall’anonimato anche grazie all’innovazione è un
obiettivo primario della nostra peschicoltura.
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8
ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE
LA FILIERA ORGANIZZATA PER IL MERCATO E LA VALORIZZAZIONE
Giampiero Reggidori
(Ufficio Produzioni Agricole e Qualità – Apoconerpo)
L’affermazione più semplice e anche più banale quando definiamo sinteticamente il mercato
della frutta di stagione, vale a dire di quella che si consuma preferibilmente in uno stretto arco di
tempo e solitamente ha una vita naturale molto breve dopo raccolta è la solita: viviamo in un mondo
difficile! Il primo scoglio è infatti l’alta deperibilità e quindi lo stretto tempo di gestione di un
prodotto come la pesca, che comunque percorre ormai in lungo e in largo almeno tutta l’Europa per
arrivare sul tavolo del consumatore. Poi indipendentemente dalla qualità garantità, capita che un
andamento climatico sfavorevole ai consumi (ritorni di freddi estivi, magari con frequenti piogge,
ecc…) li riduce drasticamente anche solo per una settimana a tal punto che una sovraesposizione
dell’offerta con domanda in frenata, rompe gli equilibri di mercato. Provocando soprattutto il crollo
dei prezzi remunerati al produttore e il delicato equilibrio del giusto rapporto qualità/prezzo, che
faticosamente si era creato fino ad allora. Spesso salta anche la garanzia di qualità offerta perché
non ci sono più margini per sostenerla. L’unica possibilità concreta che rimane per salvaguardare al
qualità al consumatore, nel rispetto del giusto margine per ogni fase della filiera impegnata è a
questo punto un rapporto “fidelizzato” fra cliente e fornitore, dove specialmente nel nostro caso il
fornitore è l’Organizzazione dei Produttori tramite i suoi uffici commerciali e il cliente è la Grande
Distribuzione Organizzata con i suoi innumerevoli e capillari punti di vendita. Come si arriva ad
affrontare il mercato lungo una filiera organizzata e “fidelizzando” il rapporto Cliente-Fornitore?
L’argomento va verificato in ciascuna delle due parti per le rispettive competenze e responsabilità e
visto che noi siamo principalmente produttori/manipolatori di pesche e nettarine, in questo caso,
esaminiamo il percorso dall’interno del nostro mondo. La prima cosa fondamentale è lo studio delle
principali vie di rinnovamento varietale, studiando quali sono le caratteristiche che dovranno avere
le pesche e le nettarine perchè il consumatore le gradisca maggiormente. Oggi la tendenza è quella
di gradire frutti colorati uniformi, con grado °brix maggiore del solito, pezzatura tendenzialmente
grossa in Italia, non troppo nei paesi del Nord Europa. Frutto succoso, ma anche croccante, più
facilmente pesca in Italia Centro-Sud e più nettarina al Nord e all’estero. La seconda cosa è quella
di gestire con programmazione la coltivazione (superfici e numero anni di investimento) la varietà,
in particolare con modalità gestionali in esclusiva. La terza è la predisposizione di un Disciplinare
Tecnico di coltivazione finalizzato al raggiungimento di alti livelli di garanzia, sia in materia di
sicurezza alimentare che di basso impatto ambientale che di qualità di prodotto. La quarta è la
gestione di un percorso non soggetto a sbalzi termici forti e molto lineare nella catena del freddo,
durante il periodo di temporanea conservazione e durante le manipolazioni di confezionamento. La
quinta è il mantenimento di un adeguato controllo sui principali parametri di qualità. Tutto
sottoposto a documentazione di riscontro e una rintracciabilità delle partite specifica. Una specie di
“carta d’identità” del frutto che assomma molte informazioni sia dei processi applicati che delle
caratteristiche di prodotto ottenute. Fatte queste cose, commercialmente a tutela del produttore
agricolo non è ancora fatto tutto; abbiamo un’offerta molto frammentata e varia, mentre per fatti
quasi naturali la domanda si è concentrata in poche potenze economiche. A parte quindi una
possibile fidelizzazione fra Grande Catena e Grande Organizzazione dei Produttori, serve il rispetto
comunque delle innumerevoli norme in materia e una maggior determinazione nel concentrare
anche l’offerta. Non è molto difficile “smembrare” ulteriormente un già fragile mondo della
produzione che ragiona molto sull’agronomia perché è il suo mestiere e delega troppo sul piano
commerciale. Considerato che non basta organizzarsi per vendere direttamente al consumatore,
perché produciamo comunque in Italia pesche e nettarine quasi 3,2 volte i nostri consumi e dunque
siamo a pieno titolo e merito un robusto paese esportatore e che soprattutto deve esportare.
9
ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE
IL DISTRETTO AGROALIMENTARE QUALE MOMENTO DI SVILUPPO DEL TERRITORIO
AGRICOLO LUCANO
S. Martelli*, P. Lasala*, C. Mennone**
* Distretto agrolimentare di qualità del Metapontino
**AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata
Il Distretto Agroalimentare di Qualità del Metapontino, divenuto operativo nel 2006 con la
costituzione del Comitato di Distretto, aggrega 12 comuni della Provincia di Matera territorialmente
contigui in un’area caratterizzata da omogeneità demografica, economica e sociale: Bernalda,
Colobraro, Montalbano Jonico, Montescaglioso, Nova Siri, Pisticci, Policoro, Rotondella, Scanzano
Jonico, San Giorgio Lucano, Tursi e Valsinni. Le attività principali del comprensorio sono legate
all’agricoltura, che occupa il 26% della popolazione attiva. Produzione principale è l’ortofrutta, con
5.000 imprese e una SAU di circa 24 mila ettari. Gli occupati nel settore sono 8.000 e sviluppano
circa 2,2 milioni di giornate lavorative annue. La P.L.V. è di 224 milioni di euro. Nel territorio
operano anche 9 imprese di trasformazione, con oltre 150 addetti. Buona anche la concentrazione
dell’offerta di prodotti ortofrutticoli con la presenza nel territorio di 10 O.P.. Le condizioni pedoclimatiche rendono il Metapontino particolarmente vocato per le produzioni precoci; dal punto di
vista commerciale si rileva un calendario abbastanza ampio sia per la frutta che per gli ortaggi.
Oltre all’ortofrutta fresca, l’area è caratterizzata da altre produzioni agroalimentari di eccellente
qualità: prodotti ortofrutticoli trasformati (conserve alimentari), vino (vino DOC Matera), olio,
prodotti lattiero caseari. Negli ultimi anni si è sviluppata anche un’importante rete agrituristica di
buona qualità.
In questo contesto, il Distretto Agroalimentare di Qualità del Metapontino ha assunto il compito di
organizzare ed orientare il settore agricolo, facendo interagire le diverse componenti socioeconomiche del territorio nell’interesse di tutta la comunità ed esaltando al massimo il ruolo
multifunzionale del sistema agroalimentare. In tal modo, il distretto si pone come strumento di
governance locale in grado di analizzare i punti di forza e di debolezza del settore e del territorio al
fine di convogliare progetti e risorse sulle direttrici di sviluppo programmate: in primis Logistica,
Formazione, Ricerca, Trasferimento delle innovazioni.
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10
ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE
PREFERENZE DEL CONSUMATORE ITALIANO IN FUNZIONE DELLE CARATTERISTICHE
ORGANOLETTICHE DEI FRUTTI DI PESCO.
S. Predieri1 , A. Liverani2 , E. Gatti1, N. Versari2
Istituto di Biometeorlogia, IBIMET-CNR, Bologna
2
CRA Unità di Ricerca per la Frutticoltura, Forlì
1
Nell’ambito del Progetto Europeo ISAFRUIT (Increasing Fruit consumption through a
transdisciplinary approach leading to High quality produce from environmentally safe, sustainable
methods), che coinvolge 16 Paesi europei, è stato condotto un test edonistico per la valutazione
della qualità di pesche e nettarine. Si riportano i risultati della valutazione condotta su 10 cultivar
rappresentative del panorama varietale di media epoca di maturazione, scelte sulla base della
tipologia di frutto (pesca/nettarina, bianca/gialla), di polpa (fondente/non fondente) e di sapore
(acido/equilibrato/subacido). Cento consumatori sono stati coinvolti nella valutazione, secondo un
preciso protocollo di Consumer Science, dei frutti di cultivar raccolti e conservati con la stessa
metodologia, in Italia (Alirosada, Caldesi 2010), Francia (Royal Lee, Opale), Spagna (Nectaperle,
Sweet Cap, Mountain Gold, Nectareine e Nectaross; per le ultime due era proposto anche un
confronto in base alla maturazione). I frutti di tutte le cultivar hanno raggiunto almeno un livello
medio di accettabilità, con la subacida Royal Lee appena superiore. Il massimo gradimento si è
registrato per Nectaperle e Sweet Cap, molto elevata anche la valutazione di Caldesi 2010. La
subacida Nectareine è stata più apprezzata quando raccolta precocemente, l’inverso si è registrato
per Nectaross. Per quanto riguarda l’aspetto esteriore, la più apprezzata è stata Nectareine; buone
valutazioni ha ricevuto anche la percoca Mountain Gold. I giudizi dei consumatori Italiani, integrati
con quelli eseguiti contemporaneamente negli altri Paesi, potranno consentire di comprendere
pienamente i gusti, per indirizzare e programmare sia le scelte varietali che il miglioramento
genetico che, in un mercato altamente competitivo come quello europeo, deve essere sempre più
attento alla qualità dei frutti.
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II SESSIONE
EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI
PORTINNESTI
12
EVOLUZIONE
VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI
PORTINNESTI
LA RECENTE EVOLUZIONE VARIETALE DELLA PESCHICOLTURA INTERNAZIONALE
Carlo Fideghelli, Giulio Della Strada
CRA-Centro di Ricerca per la Frutticoltura
Il pesco si conferma la specie più prolifica in termini di nuove varietà grazie al crescente
impegno dei costitutori privati che compensa il progressivo ridimensionamento dell’attività di
miglioramento genetico delle istituzioni pubbliche di ricerca (Agricoltural Research Service
dell’USDA e le Università americane della California, del Michigan, del New Jersey, ecc. ,
l’INRA,.) le cui varietà sono state alla base della coltura del pesco nei cinque continenti, dagli anni
50 fino agli anni 90 del secolo scorso.
La recente evoluzione varietale si caratterizza, oltre che per il crescente numero di nuove
varietà, oltre 100 ogni anno, anche per una continua diversificazione commerciale che, in parte,
giustifica la numerosità dell’innovazione varietale.
Accanto alle tradizionali categorie - pesche, nettarine e percoche, a polpa gialla e a polpa
bianca - il miglioramento genetico produce un numero crescente di pesche e nettarine subacide
accanto alle tradizionali “acide”, con sapore “honey” caratterizzate da elevato contenuto zuccherino
superiore a 14°Brix, con polpa “stony hard”, dura e croccante, accanto alle più diffuse “fondenti” e
“non fondenti”, a frutto piatto, a polpa sanguigna. Alcune di queste innovazioni come i frutti a
polpa sanguigna, e in parte le pesche piatte, sono destinate a mercati di nicchia, tutte le altre
avranno una crescente importanza sui mercati nazionali e internazionali.
L’innovazione riguarda anche la fenologia e la morfologia dell’albero.
L’aspetto fisiologico che ha rivoluzionato la peschicoltura dei climi caldi e il basso
fabbisogno in freddo e che è stato oggetto di miglioramento genetico da parte dell’Università della
Florida e che ha consentito una importante espansione dei questa coltura temperata in climi
subtropicali dove la maturazione dei frutti avviene già dal mese di aprile.
La modifica della morfologia dell’albero (piante nane, portamento colonnare, portamento
pendulo) che potenzialmente può consentire la semplificazione della fase di allevamento, ha ancora
una importanza pratica limitata e le nuove cultivar sono poco numerose.
Un esempio positivo è la nettarina Alice-Up, a portamento colonnare, costituita da Liverani
presso la Sezione di Forlì dell’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura.
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EVOLUZIONE
VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI
PORTINNESTI
LA NETTARINA ‘BIG TOP’: UN CASO DI STUDIO?
Bassi Daniele, Mignani Ilaria, Spinardi Anna, Ghiani Alessandra, Negrini Noemi, Morgutti Silvia:
DIPROVE, Università degli Studi di Milano
Rizzo Marisa: Parco Tecnologico Padano (LO)
Foschi Stefano: CRPV, Cesena (FC)
Giovannini Daniela, Liverani Alessandro: CRA, Unità di ricerca per la Frutticoltura, Forlì
Alla fine degli anni ’80, inizio anni ’90, veniva introdotta in Italia la nettarina ‘Big Top’,
decisamente innovativa rispetto al panorama varietale peschicolo di quel periodo per diverse
caratteristiche: la peculiare croccantezza della polpa, l’elevata tenuta di maturazione del frutto, il
sapore sub-acido. Questi aspetti, associati all’elevata e precoce colorazione della buccia, ne hanno
facilitato la rapida diffusione, tanto che essa è da considerare tra le più affermate novità varietali.
La particolare tipologia del frutto di Big Top è stata studiata sotto diversi aspetti, risultando
chiaramente unica rispetto ad altre tipologie già note: fondente, duracina (o percoca) e stony hard.
Allo stadio di maturazione commerciale (7,0-6,0 kg di consistenza della polpa), la raccolta di Big
Top può essere gestita in maniera più flessibile rispetto a quanto normalmente avvenga con le
cultivar a polpa fondente, grazie ad una perdita più lenta di consistenza dei frutti, che da croccanti
diventano fondenti solo ad incipiente senescenza. Queste differenze nella progressione della
maturazione sulla pianta sono state riscontrate sia rispetto alla tradizionale tipologia fondente (es.
‘Nectaross’; ‘Suncrest’) sia, sebbene in misura inferiore e in funzione dell’andamento stagionale,
rispetto a quelli a tipologia fondente molto soda (es. ‘Diamond Ray’ e ‘Red Jewel’). Infine, il
carattere sub-acido rende il frutto consumabile anche prima che abbia raggiunto lo stadio di
rammollimento.
In post-raccolta, portati a temperatura ambiente (20±1°C) dopo un periodo di frigo-conservazione di
10 gg, i frutti di Big Top mantengono valori di consistenza della polpa elevati per 1, max 2 giorni in
più rispetto ai frutti fondenti, dopo di che vanno incontro alla rapida perdita di consistenza tipica
delle pesche fondenti.
L’evoluzione del contenuto zuccherino in concomitanza con la maturazione dei frutti sull’albero o
in post-raccolta non pare invece riconducibile alla peculiare tessitura della polpa.
Per quanto riguarda il miglioramento genetico, tale carattere presenta ovviamente un grande
interesse, anche se a livello di selezione in pianta è di difficile individuazione, rendendo necessari
ripetuti passaggi onde verificare il procedere del rammollimento. Tale tipologia potrebbe infatti
essere confusa con quella fondente (molto soda) o con la duracina, o con la stony hard (anche ad
uno stadio di maturazione molto avanzato, queste ultime due non diventano mai fondenti).
I dati attualmente in possesso hanno permesso di accertare la probabile natura mendeliana di tale
tipologia di polpa, che si presenta come dominante e la produzione di etilene nelle ultime fasi della
maturazione (la polpa stony hard non produce tale gas). Indagini su possibili marcatori del DNA
(analizzando il gene della endo-poligalatturonasi, uno dei principali responsabili del rammollimento
della polpa nella tipologia fondente), pur avendo messo in evidenza specifici polimorfismi rispetto a
varietà fondenti o duracine, non hanno portato finora a risultati apprezzabili per lo stony hard.
Ulteriori studi sono perciò necessari per la individuazione di parametri che rendano possibile la
scelta del miglior stadio di raccolta, così come l’accertamento delle basi ereditarie e sia di marcatori
molecolari che semplifichino l’individuazione di tale tipologia nei processi selettivi del
miglioramento genetico.
D:\BASSI\PESCO\CONVEGNI\CASERTA_0308\BIG TOP\BIG TOP CASO STUDIO2.doc 21/02/2008 16.03.00
D:\BASSI\PESCO\CONVEGNI\CASERTA_0308\BIG TOP\BIG TOP CASO STUDIO_liverani_db.rtf 21/02/2008 16.03.00
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EVOLUZIONE
SELEZIONE
VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI
PORTINNESTI
DI PORTINNESTI FRANCHI CLONALI DI PESCO RESISTENTI AI NEMATODI
S. Sansavini, V. Ancarani
Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna
G. Curto, R. Tacconi
Servizio Fitosanitario Regionale, Bologna
Le selezioni di pesco (P. persica) qui descritte derivano da propagazione clonale di linee di
pesco franco, a loro volta ottenute dallo screening valutativo di una popolazione di semenzali di
peschi franchi selvatici, di provenienza commerciale, introdotti negli anni ’60/70 dall’Az. Vivaistica
del Dr. Giovanni Calderoni di Solarolo (Ravenna).
All’interno di tale campo di osservazione individuammo (1974/76) alcune tipologie di alberi
apparentemente rispondenti per lo stato sanitario, l’habitus vegetativo e una soddisfacente affinità
d’innesto con alcune cultivar allora diffuse (cv. Redhaven e Stark Red Gold). Fu questo lo
“screening” iniziale condotto allo scopo di individuare potenziali linee di piante madri portaseme e
successivamente di selezionare alcune di queste linee propagabili poi clonalmente come portinnesti
idonei al reimpianto del pesco, in terreni stanchi e/o subcalcarei.
Nel secondo “step” operativo i semenzali derivanti da alcune delle linee pre-selezionate furono
prima utilizzati per una prova comparativa in terreno “stanco”, da reimpianto di pesco ad Altedo
(Bologna) e con accertata presenza di Meloidogyne spp. Nell’arco di sei anni furono ivi valutati in
vario modo le infestazioni prodotte da nematodi agli apparati radicali attraverso campionamento
delle radici di ciascun albero innestato. Successivamente 72 semenzali provenienti dalle linee così
preselezionate furono piantati (1983) a Savio di Ravenna su terreno sabbioso infestato dal nematode
Meloidogyne. Dopo un anno 13 alberi a radici sane, furono scelti quali capostipiti di altrettante linee
“resistenti” e a tale scopo trapiantati in campo a Cadriano.
Al terzo step le 13 selezioni furono sottoposte a micropropagazione (collaborazione con Vitroplant
di Cesena); otto di queste, allevate “in vitro”, e poi invasate in serra furono sottoposte a prove di
inoculazione artificiale con metodologia messa a punto dal SFR di Bologna (dal compianto dr. R.
Tacconi). Da questo test, due delle selezioni (2/1 e 2/2) si sono poi confermate molto resistenti al
nematode.
Il quarto step operativo è consistito nell’allevamento delle linee selezionate in campo a Cadriano,
dai cui alberi sono stati ripetutamente raccolti i semi per successive, ulteriori prove di resistenza
sempre con esito soddisfacente, sia utilizzandone i semi sia sottoponendo le stesse a
micropropagazione. La selezione 2/2 si è rivelata anche molto fertile nella fruttificazione per la
produzione di semi.
Infine, delle 13 linee inizialmente selezionate è stata redatta anche la scheda pomologica: si tratta di
alberi rustici, “selvatici”, non molto vigorosi, con caratteristiche foglie più strette e più chiare del
pesco coltivato; frutti molto piccoli, a polpa bianca, tutti a maturazione tardiva. Le prove
agronomiche dei franchi selezionate, in corso, dovranno evidenziare le diversità di comportamento
rispetto agli altri franchi e al GF677.
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EVOLUZIONE
VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI
PORTINNESTI
INDIRIZZI NELLA SCELTA VARIETALE PER LA PESCHICOLTURA MERIDIONALE
C. Mennone*, P. Gioia*, R. Colombo**, L. Berra***, P. Caggiano****
* AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata
**Astra Innovazione e Sviluppo Imola
*** Creso Cuneo
**** Covimer Salerno
La scelta varietale è stata per lungo tempo improntata sulla coltivazione delle pesche gialle
precoci o precocissime. Negli anni ’80 si è avuto un primo segnale di cambiamento, per l’interesse
di varie cooperative e associazioni di produttori emiliano-romagnole, che hanno stabilito contatti
tecnici e commerciali con la realtà frutticola meridionale. Il primo segnale di questo cambiamento
di rotta nelle scelte tecniche e commerciali è stata l’introduzione su larga scala delle nettarine, che
erano presenti solo sporadicamente nel panorama varietale. Da quel momento l’interesse per le
nettarine da parte degli imprenditori è via via aumentato, seguendo le indicazioni dei mercati e dei
consumatori. Attualmente si impiantano più nettarine che pesche; con preferenza assoluta per quelle
a pasta gialla.
Per quanto concerne gli aspetti varietali vi è stata una notevole evoluzione rispetto ad una serie di
parametri come:
- Epoca di raccolta precoce, con l’introduzione di varietà a basso fabbisogno in freddo;
- Colorazione uniforme e attraente;
- Qualità organolettiche, Dolcezza, Aroma, Sapore;
- Resistenza alle manipolazioni.
Questo ha comportato una serie di differenziazioni di prodotto per aspetto e gusto così distinguibili:
• Polpa sub acida (es. Big Top);
• Polpa dolce “honey” (° brix > 14= Maria Dolce, Honey kist, Honey);
• Polpa quilibrate;
• Polpa sanguigna (Nectavigne);
• Forma piatta (Saturn, Ufo);
• Deantocianiche (Ghiaccio, Maria Dorata);
• Polpa “Stony hard”.
Sicuramente negli ultimi anni si è avuta una certa attenzione sull’ampliamento del calendario di
commercializzazione con un anticipo al periodo di aprile maggio. Tale obiettivo è perseguito grazie
all’uso di varietà a basso fabbisogno in freddo per anticipare la raccolta tanto in pieno campo che in
coltura forzata. Risulta fondamentale la sperimentazione in loco delle innovazioni varietali, in
quanto spesso l’introduzione non è supportata da una adeguata verifica del comportamento e quindi
dell’adattamento alle nostre condizioni ambientali.
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EVOLUZIONE
VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI
PORTINNESTI
PESCHICOLTURA CAMPANA: CINQUANT’ANNI DI EVOLUZIONE VARIETALE
Oreste Insero – Pietro Rega
CRA-Unità di Ricerca per la Frutticoltura – Caserta, Via Torrino 2
e-mail:[email protected]
Osservando i frutti di pesco nei dipinti pompeiani non è difficile assimilare gli stessi a
quelli delle attuali “Terzarole”, ancora oggi coltivate in Campania come prodotto di nicchia.
L’evoluzione varietale per molti secoli è stata quasi insignificante; il rinnovamento più forte e
radicale si avuto negli ultimi cinquant’anni.
La vera rivoluzione varietale inizia alla fine degli anni ’60; in questo periodo si affacciano varietà
ottenute dal miglioramento genetico italiano, vedi il gruppo delle Favorita e Fertilia (I,II,III,) di
Morettini; inoltre, inizia l’introduzione di cultivar dalla Georgia-USA (Springcrest, ecc.) e dalla
California (Suncrest, Fayette, ecc.); nello stesso periodo arrivano le percoche del gruppo Baby
Gold; inizia inoltre la forte importazione di varietà di nettarine dalla California (Armking, ecc.) e
dal New Jersey (Nectared, ecc.).
Negli anni ’70, in conseguenza della massiccia diffusione di nuova varietà, per meglio orientare i
frutticoltori, nel 1972 Fideghelli e nel 1974 Fideghelli et al dell’Istituto Sperimentale per la
Frutticoltura descrivono ben 141 varietà di pesche suddividendole in quelle di interesse generale
(20), particolare (39) e nessun interesse (82); nel 1977, inoltre, l’Istituto presenta la prima
monografia di nettarine; vengono descritte 86 cultivar delle quali 10 di interesse generale.
Negli anni ’80, oltre alle novità importate, il miglioramento genetico italiano presenta numerose
varietà; per la prima volta costitutari italiani presentano alcune nettarine bianche e percoche;
compaiono le prime cultivar subacide e la varietà Stark Saturn (Platicarpa).
Negli anni ’90 le principali novità introdotte provengono dagli Stati Uniti, in particolare dalla
California; numerose sono anche quelle italiane.
Negli anni 2000 continua una larga diffusione di novità varietali tra pesche, percoche e nettarine;
per la prima volta compaiono anche numerose varietà di pesche e nettarine di diversa tipologia:
platicarpe (serie UFO), deantocianiche (serie Ghiaccio, Maria Dorata), polpa sanguigna
(Nectavigne), ecc.
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EVOLUZIONE
VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E BIOTECNOLOGIE SCELTA DEI
PORTINNESTI
VARIETÀ E PORTINNESTO PER LA COLTIVAZIONE DEL PESCO NEL MEDIO-ADRIATICO
F. Capocasa, G. Borraccini, J. Diamanti, B. Mezzetti
Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali (SAPROV) – Università
Politecnica delle Marche, Ancona
Dal 1993-94, grazie alla collaborazione tra Università Politecnica delle Marche (SAPROV)
e ASSAM-Regione Marche è stato avviato anche nelle Marche il progetto ‘Liste d’Orientamento
Varietale’ con l’obiettivo di introdurre e valutare l’adattabilità e la potenzialità produttiva di varietà
e portinnesti di pesco nell’ambiente del medio-adriatico. L’attività prevede la valutazioni in due
campi sperimentali: il confronto varietale presso l’Azienda Agronomica dell’ASSAM di Valmir di
Petritoli (AP) e il confronto tra i portinnesti presso l’Azienda Agraria Didattico Sperimentale
‘Pasquale Rosati’, dell’Università Politecnica delle Marche, Agugliano, Ancona.
Il progetto è assai dinamico, in continua evoluzione, in quanto ogni anno nuove cultivar e/o
selezioni vengono introdotte e altre cultivar subiscono il giudizio definitivo. Complessivamente,
nella nostra Unità Operativa di Petritoli, dal 1996, sono state osservate circa 280 cultivar di pesco.
Mentre nella sperimentazione attiva presso l’Università, considerando le due prove realizzate, sono
stati presi in considerazione 18 portinnesti innestati sulla stessa varietà (Suncrest).
Entrambi le condizioni di sperimentazione presentano le caratteristiche tipiche della fascia collinare
del centro adriatico, solitamente distinte per una ridotta disponibilità idrica e terreni
tendenzialmente argillosi-calcarei.
I risultati sperimentali hanno permesso di identificare le combinazioni varietà e portinnesti di pesco
in grado di fornire risposte d’elevata produttività e adattabilità alle caratteristiche ambientali del
medio – adriatico. A proposito di tale progetto, si intende presentare i risultati ottenuti di maggiore
interesse per questo areale frutticolo.
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III SESSIONE
I SITEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA
COLTURALE
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I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA
EVOLUZIONE DEI SISTEMI
RECENTI ACQUISISZIONI
1
D’IMPIANTO NELLA
E TECNICA COLTURALE
PESCHICOLTURA MERIDIONALE:
T. Caruso, 2C. Di Vaio, 3F. Guarino, 1F.P. Marra, 4O. Musso
1
Dipartimento di Colture Arboree, Università di Palermo
Dipartimento di Arboricoltura, Botanica e Patologia Vegetale, Università Federico II, Napoli
3
O.P. Sibarit, Castrovillari, Cosenza
4
Azienda Agricola Samuele, Fratelli Musso, Scicli, Ragusa
2
Nonostante nella peschicoltura meridionale prevalgano gli impianti a media densità (500600 piante/ha) basati sulla forma di allevamento a vaso, negli ultimi 20 anni questo settore
produttivo è stato oggetto di profondi mutamenti che hanno riguardato, oltre il panorama varietale e
i portinnesti, anche i sistemi d’impianto e i relativi criteri di gestione.
Le peculiari condizioni climatiche del Mezzogiorno, in particolare l’elevata luminosità, le miti
temperature autunnali e il basso tasso di umidità relativa hanno favorito, più che in altre aree del
paese, la diffusione di impianti ad alta densità. Oggi, in alcuni distretti frutticoli del Meridione
(Piana del Sele, Piana di Sibari) sono infatti piuttosto diffusi pescheti con oltre 1100 alberi/ha (Y
trasversale).
Da qualche anno a questa parte però, a causa del vertiginoso aumento dei costi di produzione e della
riduzione dei prezzi corrisposti al frutticultore, si registra un’inversione di tendenza che fa
propendere la scelta verso impianti che puntano più sulla riduzione dei costi che sugli elevati livelli
produttivi.
Si registra infatti una caduta d’interesse nei confronti delle “doppie pareti inclinate” che a causa
degli elevati costi d’impianto (strutture di appoggio) e di gestione della pianta (elevato
assorbimento di manodopera) riescono a garantire successo economico solamente in contesti di alti
prezzi per unità di prodotto.
Una valida alternativa alle suddette tipologie d’impianto sembra essere rappresentata dal “Vaso
ritardato” che nella sua interpretazione meridionale (450-550 piante/ha) si è affermato soprattutto
nel metapontino e, ancora più recentemente, dal “Vasetto catalano”. Entrambe le forme di
allevamento, rispetto all’Y trasversale, consentono di pervenire a notevoli risparmi nei costi
d’impianto e per la minore richiesta di manodopera. Tuttavia, mentre col “Vaso ritardato” si
perdono i vantaggi delle alte densità d’impianto (elevate produzioni unitarie nei primi anni) tale
inconveniente viene superato con il “Vasetto catalano” che, peraltro, favorisce la meccanizzazione
della potatura. Tale pratica può infatti essere in parte effettuata con l’ausilio dei mezzi meccanici
(barra falciante). Si tratta di un modello d’impianto basato su circa 900 piante/ha allevate a vaso che
viene mantenuto basso attraverso 3-4 interventi di topping praticati durante la stagione vegetativa e
interventi di apertura effettuati sulle 4-6 branche principali per mantenere bassa la pianta.
La tendenza a ridurre la densità d’impianto si riscontra anche nella coltura protetta dove, fino a
pochi anni addietro, sono stati condotti con successo impianti con circa 5000 piante/ha (vasetto a
chioma permanente); la minore disponibilità di manodopera, assieme all’aumento dei costi colturali
hanno reso infatti non più sostenibile la suddetta tipologia d’impianto. Sempre con riferimento alle
condizioni di serra, nell’ambito delle doppie pareti inclinate, rimane ancora da stabilire l’effettiva
convenienza ad adottare la forma di allevamento a V, ottenuta utilizzando circa 2200 astoni/ha.
Infine, anche sotto serra sono state avviate esperienze con il “Vasetto catalano” con risultati che
sembrano, almeno dai primi anni di dati ottenuti, promettenti.
20
I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA
EFFICIENZA
PRODUTTIVA
DEL
PESCO:
RELAZIONI
TRA
E TECNICA COLTURALE
INTERCETTAZIONE
LUMINOSA E CARICO DEI FRUTTI.
Brunella Morandi, Marco Zibordi, Luigi Manfrini e Luca Corelli Grappadelli
Dipartimento di Colture Arboree - Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Viale Fanin 46
40127 Bologna
Come in altre specie, nel pesco la crescita di un frutto dipende dalla quantità di risorse che
esso ha a disposizione; quando queste non sono limitanti, sono le caratteristiche genetiche del frutto
stesso che definiscono la sua massima crescita potenziale. In frutteti commerciali i frutti si
sviluppano in condizioni di competizione ed il raggiungimento di una buona qualità del prodotto
alla raccolta può essere limitato proprio dalle risorse disponibili per ogni singolo frutto. In questa
prova, sono stati impostati 5 diversi carichi di frutti per due anni, su 20 piante della nettarina ‘Stark
Red Gold’. La crescita diametrale di un campione di frutti è stata seguita durante la stagione, mentre
alla raccolta sono stati determinati la produttività e peso medio dei frutti. Nel secondo anno, sono
stati determinati l’andamento giornaliero di intercettazione luminosa e di assimilazione per intera
chioma su due piante di riferimento appartenenti rispettivamente ai trattamenti con più basso e più
alto carico di frutti. Inoltre, l’intercettazione luminosa totale di ogni pianta in prova è stata
determinata in corrispondenza del mezzogiorno solare. I dati di intercettazione e di assimilazione
netta durante la giornata sono risultati linearmente correlati (R2=0.70), confermando come la
quantità di carbonio potenzialmente fissato da un albero sia direttamente proporzionale alla quantità
di luce che esso è in grado di intercettare. Inoltre, l’energia disponibile per ogni frutto, calcolata dal
rapporto tra l’intercettazione totale dell’albero ed il suo numero di frutti, ha mostrato una relazione
curvilinea positiva con il peso medio del frutto alla raccolta. Tale relazione diventa saturante a
partire da 70-100 μmol di fotoni frutto-1 s-1 . Questo intervallo di valori può quindi essere
considerato una soglia al di sotto della quale l’accrescimento dei frutti è limitato dagli assimilati
disponibili (“source limited”); mentre al di sopra di questa, il frutto è limitato dalle sue potenzialità
genetiche (“sink limited”).
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I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA
E TECNICA COLTURALE
GESTIONE DEL SUOLO E DELLA CHIOMA PER IL RISPARMIO IDRICO
Dichio Bartolomeo, Montanaro Giuseppe, Xiloyannis Cristos
Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente
Università degli Studi della Basilicata
Il settore agricolo è il maggior utilizzatore della risorsa idrica (60-70%) pertanto migliorarne
l’uso in tale settore significa rendere disponibili notevoli volumi di acqua sia per aumentare le
superfici irrigabili sia per soddisfare la crescente domanda dell’intera collettività. Il presente lavoro
esplora i possibili interventi a livello aziendale che possono aumentare l’efficienza dell’uso
dell’acqua e contribuire al risparmio idrico nel settore peschicolo. In particolare saranno focalizzati
aspetti inerenti la gestione del suolo (miglioramento capacità di ritenzione idrica, inerbimento,
lavorazioni) e della chioma (forma di allevamento, rapporto foglie esposte:ombreggiate, interventi
di potatura verde, ecc.) di piante di pesco coltivate nel Metapontino. Inoltre, vengono discussi criteri
di gestione dell’irrigazione (inizio e fine stagione irrigua, coefficienti colturali, ecc) in relazione alla
riserva idrica facilmente utilizzabile ed allo stress idrico controllato. Si riportano i dati di una prova
di 4 anni condotta in un impianto allevato a Vaso della cv “Supercrimson” che dimostrano la
possibilità di risparmiare fino a 2,000 m3 ha-1 di acqua all’anno.
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I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA
E TECNICA COLTURALE
VALUTAZIONE DELLE ESIGENZE BIOTERMICHE AI FINI DELLA CARATTERIZZAZIONE
DEL PERIODO DI SVILUPPO DEL FRUTTO IN CULTIVAR DI PESCO DI DIVERSA
PROVENIENZA
Marra F.P, M. La Mantia, G. Gampisi T. Caruso
Dipartimento di Colture arboree, Università di Palermo
Viale delle Scienze, 90128 Palermo
Nel pesco, la durata del periodo di sviluppo del frutto (Fruit Development Period o FDP ) è
determinata sia da fattori genetici che ambientali. Con riferimento a quest’ultimo aspetto,
temperature moderatamente elevate nel corso dello stadio di citochinesi comportano un aumento nel
numero di cellule nel frutto ed una progressione più rapida del suo accrescimento e sviluppo.
Marra et al. (2002), hanno messo a punto un modello non-linerare per elaborare dati termometrici
(valori max e min giornalieri) e dati fenologici di 5 cultivar di pesco (date di fioritura e di
maturazione), e hanno dimostrato, sulla base delle Growth Degree Hours (GDH) accumulate nei
primi 30 giorni di crescita del frutto, la possibilità di prevedere, con largo anticipo, la data di
maturazione.
Obiettivo del presente lavoro è stato validare il modello in argomento in un ambiente diverso
rispetto a quello nel quale è stato messo a punto e con un pool varietale più ampio.
Per tale finalità sono stati utilizzati dati termometrici giornalieri e fenologici di un gruppo di
cultivar introdotte lungo la fascia costiera meridionale della Sicilia ( Lat 37° 30’) nell’ambito del
progetto finalizzato del Mi.P.A.F. “Formulazione di liste di orientamento varietale dei fruttiferi”.
L’accumulo di Growth Degree Hours registrato nei primi 30 giorni dopo la piena fioritura ha
consentito di prevedere, con sufficiente approssimazione, la data di maturazione per l’intero pool
varietale preso in esame. Stime più precise della data di maturazione sono state osservate
utilizzando le GDH accumulate nei primi 25 giorni dopo la piena fioritura per le cultivar precoci; 55
per le cultivar tardive.
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I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA
E TECNICA COLTURALE
CARICO PRODUTTIVO E STRESS FOTO-OSSIDATIVO
Pasquale Losciale, Brunella Morandi, Pamela Chiai, Luca Corelli Grappadelli
Dipartimento di Colture Arboree - Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Viale Fanin 46
40127 Bologna
Il carico di frutti, oltre a determinare quantità e qualità delle produzioni, risulta essere in
molte specie un regolatore fotosintetico. Abbassando il numero di sink, infatti, i prodotti della
fotosintesi permangono più a lungo nel ciclo costipando il sistema che rallenta il suo tasso di
carbossilazione. La pressione fotonica in entrata viene utilizzata in minima parte per la Fotosintesi
mentre la quota restante è dissipata tramite meccanismi di fotoprotezione (Non Photochemical
Quenching, Trasporti alternativi e Fotorespirazione) e Foto-ossidazione, con la formazione di
Specie Attive dell’Ossigeno. In condizioni di ridotta fotosintesi le vie di difesa ed i meccanismi di
Foto-ossidazione risultano essere enfatizzati dall'eccesso energetico non utilizzato per la
carbossilazione; si incrementa, così, il rischio di formazione di specie radicaliche e di insorgenza
del foto-danno. Vista la vitale importanza dei fotosistemi, la pianta mette in atto meccanismi
efficaci ed efficienti per la repentina riparazione delle componenti danneggiate.
Nel presente lavoro viene quantificata e confrontata l’entità delle diverse vie di utilizzazione
dell’energia captata da foglie di piante di pesco (cv Stark Red Gold) sottoposte ad alto e basso
carico di frutti, in presenza o meno di riparazione del foto-danno. Consentendo la riparazione, i due
carichi imposti non hanno determinato alcuna differenza sulla fotosintesi e sugli altri trasporti
energetici. Quando la riparazione è stata bloccata le piante sottoposte a basso carico hanno subito
una sensibile flessione della fotosintesi ed un notevole innalzamento della quantità di energia
dispersa dai fotosistemi danneggiati. Un basso carico produttivo, quindi, provocherebbe un
rallentamento del tasso fotosintetico ed un conseguente incremento del foto-danno. La riparazione
dei fotosistemi distrutti nasconderebbe tale fenomeno poiché il danno sarebbe riparato usando i
fotosintati rilasciati dal ciclo carbossilativo che viene così de-costipato.
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I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA
E TECNICA COLTURALE
MONITORAGGIO DEI FLUSSI DI CARBONIO TRA UN IMPIANTO DI PESCO E
L’ATMOSFERA
Montanaro Giuseppe, Dichio Bartolomeo, Celano Giuseppe, Xiloyannis Cristos
Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente
Università degli Studi della Basilicata
In molti areali di coltivazione del Sud Italia i suoli agricoli versano in condizioni di forte
degrado (basso livello di sostanza organica e degenerazione della componente microbiologica). Il
recupero della fertilità dei suoli attraverso l’aumento del suo contenuto di carbonio è una via
obbligata per arginare fenomeni di desertificazione. Il presente lavoro riporta l’attività di
monitoraggio dei flussi di carbonio (CO2) nel sistema pescheto-atmosfera e valuta l’efficacia di
tecniche di gestione più sostenibili (inerbimento, non-lavorazione, apporto di compost, trinciatura
materiale di potatura, stress idrico controllato) per aumentare il carbonio immagazzinato nel suolo.
Si riportano i quantitativi di CO2 immagazzinata nel suolo in un impianto di pesco della cv
Supercrimson, inoltre mediante misure di respirazione del suolo vengono stimati i flussi netti di
CO2 nel sistema pescheto-atmosfera. I risultati preliminari dimostrano che una gestione sostenibile
del suolo determina un bilancio dei flussi di CO2 negativo (circa -17 t ha-1 anno-1) cioè la quantità
emessa nell’atmosfera (respirazione) è minore di quella immagazzinata nel suolo. Mentre in un
sistema convenzionale (lavorazioni continue, nutrizione minerale, allontanamento residui di
potatura) tale flusso è risultato positivo (circa +6 t ha-1 anno-1) contribuendo cioè ad emettere CO2.
Viene discusso il possibile ruolo polifunzionale dei pescheti e cioè di salvaguardia ambientale oltre
che di mera produzione agricola.
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I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA
E TECNICA COLTURALE
CASCOLA PRE-FIORALE DI GEMME A FIORE E PRODUTTIVITÀ IN SETTE CULTIVAR DI
PESCHE E NETTARINE NELL’AREALE JONICO-METAPONTINO
Gallotta A., Giorgio V., Pacucci C.
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali – Università degli Studi di Bari
e-mail [email protected]
La cascola pre-antesi delle gemme a fiore nel pesco può assumere carattere di imponenza
tale da ridurre anche considerevolmente la produttività delle cultivar. La conoscenza dell’entità del
fenomeno, in relazione al più o meno compiuto soddisfacimento del fabbisogno in freddo, può
costituire utile strumento di valutazione della maggiore o minore adattabilità di cultivar di recente
introduzione in coltura in un ambiente idoneo alla peschicoltura extra-precoce e precoce, quale
quello dell’areale jonico metapontino.
Lo studio triennale (2004-05; 2005-06; 2006-07) ha avuto lo scopo di valutare l’entità e la dinamica
della cascola di gemme a fiore e la sua relazione con la produttività di Rich May, Royal Gem, Bing
Bang Maillarà, Adriana, Laura, Ambra e Big Top. L’indagine è stata condotta su alberi in piena
produzione (7°anno) innestati su GF677, allevati a vaso ritardato con sesto d’impianto di 5,00 x
3,00 m e irrigati con impianto automatizzato di sub-irrigazione.
Nel primo anno di prova, sulle cultivar osservate è stato calcolato l’indice di fertilità.
Nel triennio, su 4 piante/cv omogenee per vigore e sviluppo vegetativo, sono stati scelti a caso,
nella porzione mediana della chioma, 4 rami misti su cui, alla metà di gennaio, è stato rilevato il
numero e la distribuzione delle gemme a fiore. Con cadenza decadale fino allo stadio di bottone
rosa, sono state ricavate entità e dinamica della cascola delle gemme a fiore. Alla raccolta sono stati
rilevati entità e caratteristiche commerciali delle produzioni. Il numero delle ore di freddo
verificatesi in ciascun anno di prova è stato calcolato con il metodo di Wienberger.
Lo studio ha evidenziato l’esistenza di significative differenze annuali nell’ambito della stessa
cultivar per i caratteri esaminati ed ha consentito di inquadrare le cultivar nelle note classi di
comportamento in relazione all’entità della cascola. La relazione tra IF, entità della cascola e
produttività ha consentito di valutare la reale incidenza del fenomeno sulla redditività delle cultivar
osservate.
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I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA
E TECNICA COLTURALE
RIDUZIONE DEL CICLO DI VIVAIO
D. Neri1, F. Massetani1, C. Dalmonte2
Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali, Università Politecnica delle
Marche, via Brecce Bianche 60131 Ancona
2
Vivai Dalmonte Guido e Vittorio, Via Casse, 1 48013 Brisighella (RA)
1
La produzione vivaistica del pesco è tuttora basata su strategie che necessitano di due anni
per ottenere un astone grande e ben ramificato: dopo il primo anno dedicato alla crescita del
portinnesto, ne occorre un secondo per lo sviluppo del nesto. La necessità di programmare la
produzione con 2-3 anni di anticipo rispetto alla vendita degli astoni e la costante introduzione di
varietà prontamente richieste dal mercato spingono verso la riduzione dei cicli di produzione, utile
anche per contenere i costi di gestione dei vivai. Una possibilità ampiamente conosciuta è l’innesto
a gemma dormiente in agosto, che permette un rapido attecchimento e la vendita già dal dicembre
successivo. Esso comporta però anche alcuni problemi per la difficile e onerosa gestione delle
inevitabili fallanze, per la necessità di elevata professionalità del cliente e per la maggiore
esposizione a danni climatici.
Sono tuttavia disponibili altre tecniche per produrre l’astone in un anno, fra cui l’innesto a gemma
vegetante, adatto soprattutto ad ambienti meridionali. Eseguito in maggio-giugno con gemme
prelevate da germogli in crescita, consente lo sviluppo immediato del germoglio.
In tale direzione va anche il mini-innesto, in cui il chip-budding con gemme prelevate da rami
anticipati di calibro ridotto viene eseguito su piccole piante in vaso ottenute in vitro. Le piantine
innestate, dopo un periodo in serra, possono essere trapiantate a terra per l’allevamento degli astoni,
disponibili al termine di una sola stagione vegetativa, oppure vendute dopo il germogliamento come
piante in vaso, per il trapianto diretto in campo. Il ciclo viene così ridotto a sei mesi (innesto a inizio
autunno e vendita a marzo) o a tre (innesto a fine inverno e vendita a maggio). Si raggiunge perciò
una maggiore flessibilità commerciale, grazie all’opzione “vendita anticipata”, e produttiva, per la
prontezza nel recepire indicazioni dal mercato. Tuttavia l’impianto diretto richiede tecniche
colturali accurate.
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I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA
E TECNICA COLTURALE
MINI- INNESTO A CHIP-BUDDING: CONTROLLO DELLA QUALITÀ DELLE GEMME
F. Massetani1, P. Dalmonte2, D. Neri1, G. Savini1
1
Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali, Università Politecnica delle
Marche, via Brecce Bianche 60131 Ancona
2
Vivai Dalmonte Guido e Vittorio, Via Casse, 1 48013 Brisighella (RA)
La tecnica del mini chip-budding (innesto eseguito su portinnesti di piccole dimensioni
ottenuti da micropropagazione e non ben lignificati) risulta interessante per il ridotto tempo di
preparazione delle piante che intercorre tra la scelta delle varietà e la loro disponibilità sul mercato.
Nell’intento di individuare le migliori combinazioni operative per questa tecnica, è stata valutata la
relazione tra le caratteristiche fisiologiche delle gemme presenti sugli scudetti innestati, la riuscita
dell’innesto e la qualità delle piante ottenute con diverse strategie di esecuzione. Le gemme, infatti,
prelevate da rami anticipati di calibro ridotto e impiegate singolarmente come origine della nuova
chioma, possono presentare diversi gradi di sviluppo, livelli di differenziazione e potenziali di
crescita, e comportarsi in modo diverso una volta innestate. Su questi aspetti possono influire vari
fattori: oltre a quelli nutrizionali e alla vigoria possono avere un ruolo il periodo in cui le gemme si
sono formate, condizioni climatiche, il momento in cui l’innesto viene eseguito, relazioni con altre
strutture presenti nella pianta.
Per questi motivi sono state prese in esame tre diverse posizioni delle gemme sul ramo anticipato da
cui sono state prelevate (basale, mediana, apicale), cinque epoche di innesto con gemme dormienti
(settembre, ottobre, novembre, febbraio, marzo) e quattro modalità di taglio del selvatico (in uno o
due interventi eseguiti a distanza di un mese). I risultati ottenuti nell’annata ‘06-‘07 danno
suggerimenti operativi e forniscono conferme per alcune delle acquisizioni già presenti nell’ambito
vivaistico.
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I SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA
PESCO: INNOVAZIONI
DELLE TECNICHE DI
E TECNICA COLTURALE
MOLTIPLICAZIONE
DEL MATERIALE
VIVAISTICO IN BASILICATA
Pasquale Domenico Grieco (1), Vito Vitelli (2), Carmelo Mennone (3), Vincenzo Castoro (4)
1)
Metapontum Agrobios – S.S. Jonica 106, Km 448,2 – Metaponto (Mt);
2)
COVIL - Consorzio Vivaisti Lucani - Via Enrico Mattei, 28 - 75020 Scanzano Jonico (Mt)
3)
ALSIA Basilicata – Azienda sperimentale dimostrativa “Pantanello”, S.S. Jonica 106, Km 448,2 –
Metaponto (Mt);
4)
Regione Basilicata - Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale, Economia Montana - Ufficio
Fitosanitario - Via A.M. di Francia, 40-75100 Matera.
Il pesco, fra le drupacee, è la specie più diffusa sul territorio nazionale, anche se nell’ultimo
quinquennio, ha fatto registrare una riduzione di circa il 7% della superficie impegnata. Questo però
non ha creato una riduzione della domanda, riferita soprattutto a nuove varietà per i nuovi impianti,
vista la competizione del mercato ortofrutticolo globale.
Per cui, nuove varietà di pesco, determinano anche una rapida ottimizzazione e produzione di nuove
piante, che ridefinisce inevitabilmente un reset nel ciclo produttivo di qualità certificata nel settore
della ricerca, dell’innovazione e vivaistico.
Quindi, anche un vivaismo di qualità, per poter rispondere alle nuove esigenze, ha dovuto coniugare
innovazione e ricerca all’interno della propria filiera, per offrire un prodotto in qualità e in breve
tempo. Infatti, il vivaismo frutticolo rappresenta un anello importante della filiera produttiva, in
quanto deve offrire soluzioni e produzioni che siano in linea con le nuove esigenze della moderna
peschicoltura.
Fra le principali attività adottate nella filiera vivaistica peschicola in Basilicata, vanno citate una
serie di azioni quali: acquisizione di nuove varietà brevettate, certificazione genetica e fitosanitaria,
costituzione di campi di piante madri, microinnesti a gemma vegetante, produzione di astoncini
vegetanti in vaso su substrati in fibra di cocco, meccanizzazione e tracciabilità del ciclo produttivo.
L’applicazione di queste tecnologie a fatto si che, il comparto vivaistico oggi è in grado di offrire al
territorio nazionale e non solo, piante di pesco con nuova genetica, sane e certificate dal punto vista
sanitario, con una produttività basata su cicli brevissimi.
Questi risultati coniugano quella che è una delle domande frequenti, nelle regole di un mercato
globale competitivo, e cioè il giusto rapporto qualità / prezzo. Infatti, aver saputo congiungere il
settore della ricerca e dell’innovazione tecnologica, al settore vivaistico di concerto con le
istituzioni, ha fatto si che oggi questo comparto è in grado di offrire drupacee, e nello specifico,
piante di pesco di qualità ad un prezzo competitivo, avendo ottimizzato tutto il ciclo produttivo.
E’ ovvio che, per poter mantenere tutta la filiera con degli standard elevati, è necessario ricercare e
innovare tutto il turnover produttivo, per poter competere e vendere in un mercato internazionale.
Questo sarà possibile, solo se, si riuscirà a stabilizzare un processo virtuoso, già in parte avviato, fra
il settore vivaistico, i produttori e le strutture istituzionali.
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IV SESSIONE
PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI E PATOGENI
30
PROTEZIONE
PRINCIPALI
PROBLEMATICHE
FITOSANITARIE
E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI
DELLA
PESCHICOLTURA
MERIDIONALE
Donato Boscia1, Stefania Pollastro2
1
CNR, Istituto di Virologia Vegetale, Sezione di Bari
2
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università di Bari
Lo stato fitosanitario è sicuramente uno dei fattori determinanti la redditività degli impianti
peschicoli, per l’esistenza di numerosi patogeni capaci di compromettere sia la quantità che la
qualità delle produzioni, se non addirittura la sopravvivenza della pianta stessa. Tra i patogeni della
specie particolare attenzione va prestata a quelli trasmissibili con il materiale di propagazione,
solitamente insensibili agli interventi curativi che il frutticoltore può mettere in atto quando si
manifesta una malattia.
In questa sede viene presentata una breve rassegna delle principali problematiche fitosanitarie che
affliggono la peschicoltura meridionale, con particolare riferimento a quelle malattie per le quali si
registra una crescente diffusione. In particolare vengono ricordate alcune virosi, quali la Sharka che,
nonostante la lotta obbligatoria, ha ormai invaso alcuni areali in maniera endemica, ed il mosaico
“latente” del pesco, causato dall’omonimo viroide la cui presenza è segnalata in maniera crescente
anche in Italia meridionale. Nel primo caso, oltre a ricordare la necessità di non abbassare la guardia
là dove la malattia è ancora sotto controllo, si segnala l’intensificarsi di programmi di ricerca che,
nel verificare l’esistenza di fonti genetiche di resistenza al virus, guardano al miglioramento
genetico come possibile soluzione per il futuro. Nel caso del viroide la soluzione va invece ricercata
nella prosecuzione dei programmi di miglioramento sanitario mirati a diffondere esclusivamente
materiali di propagazione sani.
Per quanto riguarda le malattie fungine, il clima estivo caldo e asciutto degli ambienti meridionali
fortunatamente impedisce l’azione dannosa di numerosi funghi, pertanto in questa nota ci si limita a
presentare una breve rassegna di quei patogeni che invece conservano tutta la loro pericolosità
anche nelle nostre condizioni ambientali: mal della bolla, marciume bruno, cancro dei nodi, oidio,
impallinatura o vaiolatura, scabbia o ticchiolatura, gommosi parassitaria e marciumi radicali. Di essi
vengono anche illustrate le tecniche di protezione che si possono impiegare nel contesto di strategie
di protezione integrata a basso impatto ambientale.
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PROTEZIONE
EFFICACIA
E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI
DELLA LOTTA BIOLOGICA AL TUMORE RADICALE DEL PESCO IN ITALIA
MERIDIONALE.
Raio A., Puopolo G., Cozzolino L. e Zoina A.
Università degli Studi di Napoli Federico II
Il tumore radicale, causato da Agrobacterium tumefaciens, rappresenta una delle più dannose
malattie del pesco, soprattutto in vivaio. Questa malattia è efficacemente controllata attraverso
l’impiego del ceppo antagonista K84 di Agrobacterium rhizogenes che da più di 30 anni è, per la
patologia vegetale, l’esempio di lotta biologica di maggior successo e affidabilità. Il K84
antagonizza gli agrobatteri patogeni secernendo un antibiotico (agrocina 84) la cui produzione è
codificata dal plasmide pAgK84. Il trasferimento di questo plasmide in agrobatteri tumorigeni può
originare transconiuganti patogeni e insensibili al K84 capaci di determinare l’inefficacia del
metodo di lotta biologica. In nove aziende vivaistiche meridionali, in cui il ceppo K84 viene
utilizzato da tempo, è stata effettuata un'indagine per valutarne l'efficacia e verificare l'eventuale
comparsa di agrobatteri transconiuganti. Da tumori presenti su portinnesti di pesco trattati con il
K84 sono stati ottenuti numerosi isolati batterici che sono stati caratterizzati tramite metodi
biologici e molecolari. Lo studio ha evidenziato che in uno dei nove vivai monitorati, dove era stata
rilevata un’insolita presenza di tumori, una parte importante della popolazione di agrobatteri era
composta da ceppi insensibili all’agrocina 84 e 24 isolati virulenti potevano essere considerati
transconiuganti poiché erano insieme tumorigeni e produttori di agrocina; sono stati inoltre
individuati anche 18 transconiuganti non virulenti. L'analisi molecolare ha evidenziato che i
transconiuganti si sono originati in seguito al trasferimento del pAgK84 a ceppi di agrobatteri
autoctoni, ma in nessun caso si è registrato il trasferimento del plasmide Ti, che conferisce la
patogenicità agli agrobatteri, al ceppo K84. Questo è il primo ritrovamento di agrobatteri
transconiuganti virulenti in vivai commerciali.
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PROTEZIONE
E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI
CICALINE (HOMOPTERA: TYPHLOCYBIDAE) E LORO OOPARASSITOIDI
IN PESCHETI
CAMPANI
VIGGIANI GENNARO, TESONE TOMMASO
Dipartimento di Entomologia e Zoologia agraria “Filippo Silvestri”, Università degli Studi di
Napoli “Federico II”, Portici (NA)
Dando seguito a precedenti ricerche svolte in pescheti campani, nel 2005-2006 si è indagato
in un pescheto (cv O’Henry) del giuglianese, allo scopo d’identificare le cicaline dei generi
Empoasca e Zygina e i loro ooparassitoidi, seguire l’andamento delle popolazioni e approfondirne i
loro rapporti biocenotici nell’ambito dell’agroecosistema. Nel corso del lavoro non sono stati
effettuati trattamenti diretti per il controllo delle cicaline, anche perché non ritenuti necessari.
Trappole cromotropiche di colore giallo tipo Glutor, delle dimensioni di 24x14cm, sono state
disposte sia nel pescheto sperimentale che su olmo presente in area marginale incolta. Esse sono
state prelevate e sostituite settimanalmente. Su tali trappole sono state marcate e contate sia le
cicaline catturate che i loro ooparassitoidi. Nel 2005 state catturate complessivamente 8776 cicaline,
delle quali il 97% Empoasca e il 3% Zygina. Le specie prevalenti sono risultate E. decedens e Z.
flammigera. Sono stati inoltre catturati 2453 ooparassitoidi, dei quali il 55.6% Stethynium e il
44.4% Anagrus. Le catture di cicaline nel 2006 hanno sostanzialmente confermato quelle dell’anno
precedente. Per gli ooparassitoidi si è evidenziata una più marcata dominanza di Stethynium
triclavatum, tipico antagonista delle cicaline del genere Empoasca. Da saltuari campionamenti di
foglie di pesco è emerso, inoltre, che la percentuale di foglie con ferite di ovideposizione di E.
decedens, la specie dominante, non ha superato il 33%, ma che di esse intorno al 20% mostrava
segni di ooparassitizzazione. L’olmo presente nelle aree marginali ai pescheti è risultato un ospite
alternativo per gli ooparassitoidi delle cicaline del pesco.
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PROTEZIONE
E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI
VALUTAZIONE DI VARIETÀ DI PESCO E NETTARINE PER LA RESISTENZA A SHARKA:
RISULTATI PRELIMINARI.
(Risultati preliminari di prove di valutazione del comportamento di varietà di pesco e nettarine nei
confronti di PPV)
Palmisano F., A. Bazzoni, A. Didonna e V. Savino
Dipartimento di Protezione delle Piante Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari.
Il comportamento nei confronti di PPV di 35 accessioni di pesco e nettarine (varietà di
diversa origine geografica e selezioni ottenute da programmi di miglioramento genetico),
provenienti dall’Università di Milano, è stato valutato nel corso di una prova avviata nell’ambito
del progetto “Miglioramento genetico del pesco per il controllo del virus della Sharka (PPV)”
finanziato dal MiPAAF. Nella presente nota si riferiscono i risultati di tre anni di osservazioni.
La valutazione del comportamento delle accessioni nei confronti di PPV (ceppo M) è stata
effettuata secondo un protocollo standardizzato che prevede rilievi sintomatologici e saggi di
laboratorio (sierologici e molecolari), a partire dal primo ciclo vegetativo successivo
all’inoculazione e sino a fruttificazione (Amenduni et al., 2004). I risultati ottenuti nel corso di tre
anni di osservazione hanno permesso di classificare provvisoriamente le cultivar/selezioni di pesco
oggetto di valutazione, individuando 22 varietà suscettibili, 2 tolleranti e 9 interessanti.
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34
PROTEZIONE
E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI
PROVE DI LABORATORIO PER CONFRONTARE ALCUNI BIOINSETTICIDI E VALIDARNE
L’EFFICACIA NEL CONTENIMENTO DELLA CERATITIS CAPITATA (WIED.)
M. R.Tabilio1, F. R. De Salvador1, R. Mandatori1, L.Campus1.
1
CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura, via Fioranello 52, 00134 Roma
Vengono riportati i risultati di prove effettuate in laboratorio per verificare l’efficacia di
alcuni bioinsetticidi verso la Ceratitis capitata. In particolare sono stati saggiati: NeemAzal-T/S,
Nuovo Spinosad (GF120) e Biophytoz L2. Tutti i test sono stati realizzati in gabbie di plexiglass al
cui interno sono state confinate 15 coppie di mosche coeve ovideponenti. Il NeemAzal-T/S è stato
saggiato per repellenza verso l’ovideposizione, il GF120 per ingestione mentre il Biophytoz L2 per
contatto e per ingestione. Dai risultati emerge che il NeemAzal-T/S ad una concentrazione del 5%,
esprime una buona repellenza verso l’ovideposizione testimoniata da un costante rifiuto ad
ovideporre nel contenitore trattato rispetto al non trattato. Tale effetto permane per almeno 4 giorni
dal trattamento.
Circa l’efficacia espressa dal GF120 si può affermare che alla concentrazione del 3,5% la mortalità
è stata di circa il 90% in 48 ore, dimezzando la concentrazione (1,75%) la mortalità è scesa al 59%
evidenziando un valore simile (65%) quando utilizzato al valore intermedio di 2,6%.
Il Biophytoz L2 per contatto (diretto ed indiretto), quando distribuito all’interno della gabbia dopo
aver inserito le mosche, alla concentrazione del 3,5%, ha dato una mortalità, solo dopo 2 ore, del
100%. Un risultato simile è stato ottenuto quando somministrato per ingestione, infatti dopo alcune
ore la mortalità è stata pari al 50% per arrivare al 100% circa dopo 24 ore.
In conclusione si può dire che tutti e 3 i principi attivi hanno mostrato risultati interessanti. In
particolare l’innovativo Biophytoz L2 ha evidenziato una efficacia da lasciar supporre una buona
rispondenza anche in pieno campo in quanto duplice (contatto, ingestione) il meccanismo di azione.
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35
PROTEZIONE
E DIFESA DA PARASSITI PATOGENI
LE PROBLEMATICHE FITOPATOLOGICHE DEL PESCO LEGATE AL TERRENO
D’Errico Francesco Paolo* Capriolo Giuseppe**
* Dipartimento di Entomologia e Zoologia Agraria, Università degli Studi di Napoli “Federico II”
**C.R.A Unità di Ricerca per la Frutticoltura – Caserta
Il Pesco (Prunus persica [L.] Batsch), al reimpianto, può presentare fenomeni dovuti a
stanchezza del terreno e ad un aumento anomalo dei parassiti della coltura. Entrambe le cause
possono produrre alterazioni degli equilibri del sistema che, una volta modificati, sono di difficile
recupero.
La stanchezza del terreno ha origine dal metabolismo anomalo della sostanza organica e rientra nel
quadro più generale delle “allelopatie”; termine coniato per indicare qualsiasi effetto, direttamente o
indirettamente dannoso al vegetale quando l’impianto succede a se stesso. Il tutto accade a seguito
dell’emissione di prodotti tossici (fitotossine), liberati in maniera persistente durante i processi di
humificazione della sostanza organica, che si comportano da inibitori specifici per le piante.
L’incompatibilità delle radici di una determinata specie ai prodotti del metabolismo dei suoi stessi
residui è causa di stentato sviluppo, e talvolta morte, di piante successivamente poste a dimora.
Le turbe parassitarie della sfera radicale, in campo generalmente evidenti nei primi anni di
impianto, dipendono soprattutto da vari gruppi trofici di nematodi fitoparassiti (Meloidogyne spp.,
Pratylenchus spp., Macroposthonia spp. e Xiphinema spp.) ai quali appartengono specie che
possono causare importanti ripercussioni sulla vita economica del pesco, da diversi funghi
fitopatogeni (soprattuto Armillaria mellea (Vahl: Fr.) P. Kumm. e Phythophthora spp.) e da batteri
(Agrobacterium tumefaciens (Smith e Towinsed) Conn).
In tale contesto le colture, trovando poche possibilità pratiche-applicative in una loro alternanza,
sono sempre meno autonome ed i processi produttivi, soprattutto per il ricorso alla fumigazione dei
terreni, sempre più costosi.
I danni, quasi sempre ascrivibili a più cause spesso tra loro interagenti e con effetti sinergici,
possono portare a morte le piante e, talvolta, sono di entità tale da non giustificare la convenienza
economica della coltura.
La complessità del quadro fitopatologico rende pertanto chiaro che la diagnosi dello stato
fitosanitario dei suoli è essenziale se si vuole attuare una strategia di intervento appropriata. Appare
evidente che i parassiti ipogei, come quelli epigei, vanno tenuti sotto controllo integrando i mezzi di
difesa che devono essere opportunamente modulati alle specifiche problematiche aziendali.
Vengono, altresì, analizzate alcune possibilità di difesa basate sul miglioramento della qualità dei
terreni e sull’innalzamento della resistenza delle piante, sulle quali la ricerca è ad un buon livello di
avanzamento, che potrebbero trovare facili consensi anche per il basso o nullo impatto ambientale.
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V SESSIONE
QUALITA’ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA
37
QUALITÀ
DEI
FRUTTI E POST RACCOLTA
EVOLUZIONE DELLA QUALITÀ DEI FRUTTI DI PESCO LUNGO LA FILIERA
Giovanni Gugliuzza, Paolo Inglese, Giorgia Liguori
Dipartimento di Coture Arboree
Università degli Studi di Palermo
90128 Palermo
La qualità del prodotto rappresenta oggi l’aspetto più importante nella produzione di beni di
qualsiasi genere. Nel comparto agroalimentare sono aumentate le esigenze dei consumatori che
richiedono prodotti con standard qualitativi sempre più elevati. Nel campo frutticolo da molti anni
sono state studiate e messe a punto tecniche di produzione che tendo all’ottenimento di frutti di alta
qualità. Tuttavia, spesso, la frutta arriva al consumatore con caratteristiche qualitative notevolmente
inferiori rispetto quella registrata all’origine (campo e/o frutteto). Ciò è particolarmente evidente
per frutti, quali le pesche, che si caratterizzano per una vita post raccolta ed una shelf life piuttosto
brevi.
In un sistema sempre più globalizzato in cui le merci si spostano con estrema facilità da un punto ad
un altro, risulta necessario conoscere le dinamiche che subiscono i frutti lungo la filiera.
La complessità del sistema distributivo e l’elevato numero di soggetti coinvolti spesso non consente
di seguire i frutti lungo le varie fasi della filiera.
Scopo della ricerca è stato quello di studiare l’evoluzione dei parametri qualitativi di frutti di pesco
della cv Elegant Lady dal campo al consumatore.
In particolare si è proceduto ad individuare e caratterizzare tre diverse tipologie di filiera e di
valutare la qualità delle pesche lungo i vari step delle stesse.
La prima filiera individuata è stata la grande distribuzione nazionale costituita da cinque nodi:
campo, stabilimento di lavorazione e confezionamento, piattaforma di distribuzione nazionale,
magazzino ipermercato e bancale ipermercato.
La seconda filiera è stata la grande distribuzione regionale costituita da quattro nodi: campo,
stabilimento di lavorazione e confezionamento, piattaforma di distribuzione regionale,
supermercato regionale.
La terza filiera è stata la piccola distribuzione locale costituita da tre nodi: campo, stabilimento di
lavorazione e confezionamento e venditore ambulante.
Dall’analisi dei risultati si è notato che le filiere sono abbastanza efficienti in termini di tempi di
percorrenza dei frutti ma non altrettanto in termini di controllo della temperatura.
Il tempo, infatti, necessario affinché i frutti dalla raccolta giungono ai consumatori sono piuttosto
brevi: 50 ore per la G.D.O nazionale, 30 ore per la G.D.O. regionale e 20 ore per la piccola
distribuzione locale.
Durante il trasporto le temperature dei frutti invece di mantenersi intorno ai 5°C si innalzano fino a
15 °C.
Nel complesso, tuttavia, in tutte e tre le filiere le variazioni dei parametri qualitativi sono risultate
abbastanza contenute.
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QUALITÀ
DEI
FRUTTI E POST RACCOLTA
EVOLUZIONE DELLA QUALITÀ IN SHELF-LIFE DI ALCUNE CV DI PESCHE E NETTARINE
A.Testoni1, A. Rizzente1, A. Abbatecola2, T. Colella2, P. Caggiano3, C. Mennone2.
1: CRA - Unità di ricerca per i processi dell’Industria AgroAlimentare (ex IVTPA) - Milano
2: AASD “Pantanello” - ALSIA - Metaponto
3: Agrobiochimica s.r.l. - Salerno
Nell’ambito del progetto interregionale “Frutticoltura post-raccolta”, coordinato dal CRPV di
Cesena, è stata condotta una ricerca avente come obiettivo la sistematica valutazione
dell’evoluzione della maturazione, attraverso tecniche strumentali e sensoriali, con individuazione
dei parametri qualitativi più significativi e del grado di maturazione ottimale per il consumo. Un
secondo obiettivo della ricerca è stato quello di ottenere indicazioni temporali sulla “tenuta” dei
frutti durante la shelf-life, per le differenti cvs, al fine di fornire agli operatori informazioni utili per
modulare opportunamente la logistica ed i tempi di trasporto.
Durante i due anni di sperimentazione sono state analizzate 8 cvs di pesche, coltivate in areale
meridionale (Salernitano, Metapontino e Nisseno). Per ogni cv, su un campione omogeneo di 10/20
frutti, è stata monitorata ogni 1/2 giorni l’evoluzione della durezza, del RSR e dell’acidità,
mantenendo i frutti in shelf-life alla temperatura costante di 20°C, fino al raggiungimento di un
valore medio di consistenza pari a 0,5 Kg. Parallelamente, a cadenze stabilite (3-5 giorni o più),
sono state rilevate le perdite di peso e la % di frutti affetti da marciume. Due cvs (Big Top e
Summerset) sono state sottoposte anche ad analisi sensoriali, utilizzando frutti di differente
consistenza e sottoponendoli al giudizio degli assaggiatori (test ordinativi di consistenza e
gradimento) oppure predisponendo test quantitativi multiparametrici, al fine di ottenere un profilo
sensoriale caratterizzante la varietà.
Complessivamente i risultati ottenuti evidenziano che il parametro sottoposto a maggiori variazioni
in shelf-life è la consistenza della polpa, che subisce una drastica diminuzione nei primi 2/3 giorni,
per poi decrescere lentamente in funzione della cv. Ciò pone in risalto la differente “tenuta di
maturazione”, che è prerogativa tipica della cv e che spazia dai 3/4 giorni di quelle precoci (Laura,
Spring Crest, Spring Bright, Red Diamond), per giungere a tempi decisamente più lunghi (7-10
giorni) nelle tipologie tardive (Summerset). È stato anche riscontrato che i frutti sottoposti a
frigoconservazione per una decina di giorni riducono la loro “tenuta di maturazione” del 20-30 %.
Infine, dai vari panel test effettuati, è emerso che gli assaggiatori preferiscono frutti “maturi”, che
permettono di valorizzare al meglio i parametri sensoriali di succosità, dolcezza e aromaticità e che
tale “maturità di consumo” si colloca nel range di durezza penetrometrica compresa tra 1,5 e 0,5
Kg.
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39
QUALITÀ
SVILUPPO
DEI
FRUTTI E POST RACCOLTA
DI METODI INNOVATIVI DI GESTIONE DEI FRUTTI NELLA FASE DI POST-
RACCOLTA: DEFINIZIONE DEGLI INDICI DI RACCOLTA IN FUNZIONE DELLA QUALITÀ
DI CONSUMO E DELLE MODALITÀ DI CONSERVAZIONE E DI COMMERCIALIZZAZIONE
G. Costa (1), A. Abbategola(2), A. Bevilacqua(4), G. Ceredi(5), T. Colella(2), D. Demaria(4), G. Fiori (1),
C. Mennone (2), M. Noferini (1), M. Pincu(3), M. Robasto(4), G. Rocco Quinto(2), P. Turoni(5), G.
Vittone(4), V. Ziosi(1)
(1)
Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna
(2)
A.A.S.D. “PANTANELLO” Metaponto, (MT)
(3)
UNITEC S.p.A., Lugo (RA).
(4)
CReSO, Centro di Ricerca e Sperimentazione per l’Ortofrutticoltura piemontese, Cuneo
(5)
Apofruit, Cesena.
Il progetto FRUTTICOLTURA POST-RACCOLTA si pone l’obiettivo di creare un sistema
integrato volto a produrre frutta di elevato standard qualitativo e sanitario attraverso l’azione
combinata di nuove tecnologie applicate alle diverse fasi del post-raccolta. Il progetto si articola in
7 obiettivi specifici che vedono la titolarità di importanti strutture di ricerca pubbliche e private.
L’obiettivo 2 ha come tema la definizione di nuovi indici in grado di stabilire l’epoca ottimale di
raccolta del frutto di pesco in funzione della qualità al consumo. A tale scopo, sono state applicate
due strumentazioni basate sulla spettroscopia nel visibile/vicino infrarosso (vis/NIR): una
strumentazione commerciale “Quality Station”, messa gentilmente a disposizione dell’azienda
UNITEC, ed una strumentazione messa a punto presso il Dipartimento di Colture Arboree
dell’Università di Bologna. Quest’ultima, denominata “DAmeter”, fornisce la misura dell’Indice
DA (Differenza di Assorbanza), un indice brevettato dal Dipartimento in grado di stimare
rapidamente e non-distruttivamente lo stadio di maturazione del frutto. La Quality Station
dell’UNITEC è stata applicata negli areali calabro-lucano, veneto-romagolo e piemontese dalle
seguenti UUOO: AASD Pantanello (MT), Apofruit Italia (Forli-Cesena) e CReSO (CN).
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40
QUALITÀ
VALUTAZIONE
DELL’ATTIVITA’ ANTIOSSIDANTE,
DEI
CAROTENOIDI
E
FRUTTI E POST RACCOLTA
POLIFENOIDI
TOTALI DI
CULTIVARS DI PESCHE E NETTARINE ALLA RACCOLTA E DOPO CONSERVAZIONE FRIGORIFERA
Claudio Di Vaio 1, Giulia Graziani 2, Dumella De Rosa 1, Annunziata Cascone 2, Alberto Ritieni 2
1
Dipartimento di Arboricoltura, Botanica e Patologia vegetale Università di Napoli Federico II
2
Dipartimento di Scienza degli Alimenti, Università di Napoli Federico II
Email: [email protected]
L’interesse crescente dei consumatori alla relazione tra dieta alimentare e salute indica di
porre particolare attenzione al contenuto nutrizionale dei frutti anche in relazione al periodo di
frigoconservazione per studiare il comportamento dei metaboliti bioattivi nelle condizioni in cui
vengono normalmente conservati i frutti prima di essere consumati.
Lo scopo del lavoro è stato quindi di analizzare il contenuto nutraceutico di differenti tipologie di
pesche e nettarine al momento della raccolta e dopo conservazione frigorifera (+ 7 giorni),
misurandone l’attività antiossidante idrofila (W-AA) e lipofila (L-AA), il contenuto di carotenoidi
(CL) e polifenoli totali (PL). Sono stati valutati, inoltre, i principali parametri chimico-fisici, quali
acidità titolabile (AT), contenuto in solidi solubili (SSC), consistenza della polpa (F) e colore
dell’epicarpo. Le analisi hanno interessato 7 cultivars di pesche a polpa gialla, 5 nettarine a polpa
gialla ed 1 nettarina a polpa bianca.
Al momento della raccolta l’attività antiossidante idrofila dei frutti a polpa gialla, è risultata per le
pesche pari a 12.8 TEAC (trolox equivalent antioxidant capacity/100g p.f.) e di 10.9 TEAC/100g
p.f. per le nettarine, mentre per la nettarina a polpa bianca è stata di 12.3 TEAC/100g p.f. L’attività
antiossidante lipofila è stata, invece, pari a 2.0 TEAC/100g p.f.. per le pesche a polpa gialla, di 1.8
TEAC/100g p.f. per le nettarine a polpa gialla e di 3.7 TEAC/100g p.f. per la nettarina a polpa
bianca. Le nettarine a polpa gialla hanno presentato una concentrazione di carotenoidi totali di
61,89 mg/100g p.f., mentre per quella a polpa bianca è stata di 21,65 mg/100g p.f., le pesche a
polpa gialla, invece, hanno presentato un livello di carotenoidi pari a 94,12 mg/100g p.f.. Dopo
frigoconservazione, l’attività antiossidante idrofila aumenta per le nettarine (+22.9 % per i frutti a
polpa gialla e +19.2% per i frutti a polpa bianca) e per le pesche (+10.0%). Anche i composti
polifenolici subivano un incremento dopo frigoconservazione (+13.37%) mentre il contenuto dei
carotenoidi ha subito un decremento (-9%). I risultati ottenuti hanno dimostrato, inoltre, che le
pesche presentano una maggiore variabilità in termini di consistenza della polpa ed acidità titolabile
e presentano una più bassa concentrazione di solidi solubili (SSC) rispetto alle nettarine.
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QUALITÀ
DEI
FRUTTI E POST RACCOLTA
L’INDICE DA: UN NUOVO INDICE NON-DISTRUTTIVO IN GRADO DI CARATTERIZZARE
L’EVOLUZIONE FISIOLOGICA E MOLECOLARE DELLA MATURAZIONE DEL FRUTTO DI
PESCO.
V Ziosi(1), M. Noferini(1), G. Fiori(1), A. Tadiello(2), L. Trainotti(2), G. Casadoro(2), G. Costa(1).
(1)
Dipartimento di Colture Arboree, Università di Bologna, viale Fanin 46, Bologna.
(2)
Dipartimento di Biologia, Università di Padova, viale G. Colombo 3, Padova..
In pesco (Prunus persica L. Batsch), stabilire l’epoca ottimale di raccolta è di fondamentale
importanza, poiché la shelf-life e la qualità del frutto al consumo sono strettamente correlati allo
stadio di maturazione alla raccolta. Di norma, la raccolta viene eseguita sulla base del colore e della
pezzatura, che non forniscono indicazioni affidabili sullo stadio di maturazione del frutto. Altri
parametri impiegati a tale scopo, come durezza, contenuto di solidi solubili e acidità, forniscono
informazioni più affidabili, ma richiedono la distruzione del frutto e possono essere, quindi,
condotte su un numero limitato di campioni.
Negli ultimi anni, è stata rivolta una grande attenzione all’impiego di tecniche non distruttive per la
determinazione della qualità del frutto. Nel presente lavoro, la spettroscopia vis è stata impiegata
per individuare un indice di maturazione (indice di Differenza di Assorbanza, DA) le cui
modificazioni sono correlate ai livelli di emissione di etilene del frutto, ai parametri di qualità e ai
livelli di trascritto di geni marcatori la cui espressione aumento o diminuisce durante la
maturazione. Sulla base di tale indice, pesche e nettarine sono state suddivise alla raccolta in classi
omogenee corrispondenti a diverse fasi del climaterio etilenico (pre-climaterio, inizio del
climaterio, climaterio). Tali classi, erano caratterizzate da differenze significative dei parametri di
qualità, dei livelli di trascritto dei geni marcatori analizzati, e da una diversa evoluzione della
maturazione post-raccolta.
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QUALITÀ
DEI
FRUTTI E POST RACCOLTA
“LA PESCA COME CAUSA DI ALLERGIA: VALUTAZIONE CLINICA COMPARATA DEI
SUOI ALLERGENI”
Mari Adriano
IDI-IRCCS, Roma
Email: [email protected]
L’allergia alimentare è una patologia abbastanza comune nella popolazione generale. Si
stima che tra il 2 e il 10 % ne è affetto. Gli alimenti vegetali normalmente consumati possono
indurre reazioni allergiche di diversa gravità, compresa tra reazioni minime a livello del cavo orale
per contatto diretto degli allergeni con la mucosa, fino allo shock anafilattico, spesso fatale.
La pesca, e le reazioni allergiche da essa indotte soprattutto in popolazioni dell’area mediterranea,
ha ricevuto notevole attenzione negli studi di caratterizzazione degli allergeni, e più recentemente
sul ruolo che questi hanno come agenti causali delle reazioni di diverso grado di gravità.
Attualmente risultano caratterizzati tre allergeni: Pru p 1, Pru p 3, Pru p 4 (Pru p = Prunus persica).
Pru p 3 e 4 sono allergeni legati alla sensibilizzazione al polline, e si ritengono non in grado di
causare sensibilizzazione primaria e reazioni gravi. Il Pru p 3, una “lipit transfer protein”, ha invece
un ruolo estremamente importante come agente causale di reazioni anche gravi. Questa molecola ha
strutture omologhe in altri Prunus, ma anche in moltissimi altri alimenti vegetali. Verranno riportati
i dati biochimici, immunochimici, e diagnostico/epidemiologici a riguardo, nonché i possibili
approcci terapeutici.
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QUALITÀ
ANALISI
COMPARATIVA
DEL
QUADRO
DEI
FRUTTI E POST RACCOLTA
PROTEICO,IDENTIFICAZIONE
QUANTIFICAZIONE DI ALLERGENI IN CULTIVAR DI PESCO
(PRUNUS
E
PERSICA L.)
BASTSCH)
Farina L.1,4, Buccheri M.1, Tuppo L.2, Tamburrini M.2, Palazzo P.3, Giani M. 3, Bernardi M.L.3,
Mari A.3, Damiano C.1, Ciardiello M.A2
1
CRA-Unità per la Ricerca in Frutticoltura, via Torrino 3, 81100 Caserta;
2
Istituto di Biochimica delle Proteine, CNR, Via P. Castellino 111, 80131 Napoli;
3
Centro di Allergologia Clinica e Sperimentale, IDI-IRCCS, Via dei Monti di Creta 104, 00167
Roma ;
4
Seconda Università degli Studi di Napoli, via Vivaldi 43, 8110 Caserta.
Le caratteristiche biochimiche e nutrizionali di un frutto sono legate al suo proteoma, che
dipende dal patrimonio genetico. Cultivar diverse di una stessa specie possono essere caratterizzate
da variazioni qualitative e quantitative, più o meno evidenti, a carico delle diverse componenti
proteiche. In questo lavoro sono descritti i dati ottenuti da un’analisi comparativa (i) del quadro
delle proteine totali e (ii) della quantità della proteina allergenica “lipid transfer protein” (LTP) in 5
cv di pesco.
Gli estratti proteici sono stati preparati separando polpa e buccia delle cultivar in esame [cv Maria
Cristina (pesca a polpa bianca), cv Ionia (pesca percoca), cv Crimson Lady (pesca a polpa gialla),
cv Neve (nettarina a polpa bianca), cv Stark Saturn (platicarpa)] provenienti da un campo
sperimentale del CRA-URF di Caserta.
L’analisi mediante SDS-PAGE ha mostrato che la composizione del quadro proteico differisce
significativamente sia in relazione al tipo di tessuto analizzato (polpa, buccia) che alla cultivar.
L’allergene LTP è stato isolato mediante cromatografia a fase inversa per HPLC, è stato identificato
mediante sequenziamento automatico della regione N-terminale e ne è stata stimata la
concentrazione. I risultati ottenuti mostrano un elevata quantità di LTP nella buccia mentre nella
polpa, se presente, essa è al di sotto del potere risolutivo della tecnica utilizzata. Fra le cultivar
analizzate la nettarina Neve ha mostrato la minor concentrazione di LTP/g di sostanza secca mentre
le cv Stark Saturn e Crimson Lady risultano le più ricche di allergene.
Un’analisi preliminare mediante elettroforesi bidimensionale e immunoblotting dell’estratto
proteico da polpa di platicarpa mostra almeno 10 segnali positivi indicanti proteine potenzialmente
allergeniche che hanno legato IgE presenti nel pool di sieri utilizzato. Le proteine IgE-leganti
identificate verranno caratterizzate mediante saggi immunologici in vitro e in vivo (skin test, test di
attivazione dei basofili, proliferazione linfocitaria) per valutarne la loro attività biologica
complessiva nei confronti del sistema immunitario umano in corso di patologia allergica.
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QUALITÀ
VARIAZIONI
DEI
FRUTTI E POST RACCOLTA
DEI COMPOSTI NUTRACEUTICI E CAPACITÀ ANTIOSSIDANTI DEL
GERMOPLASMA DI PESCO
Anna Maria Simeone, Maria Grazia Piazza, Carlo Fideghelli
CRA- Centro di Ricerca per la Frutticoltura di Roma
Lo scopo del lavoro è valutare le variazioni dei composti nutraceutici nei frutti di varietà di
pesco, in particolare i fenoli e gli antociani totali e la capacità antiossidante e correlare il contenuto
degli antiossidanti con le caratteristiche fisico-chimiche del frutto.
Lo studio è stato effettuato su frutti di 30 varietà di pesco, conservate presso il Centro di
Conservazione del Germoplasma Frutticolo di Roma. Sono stati prelevati i frutti in un’unica
raccolta; per ogni frutto, sono stati determinati il colore della buccia,l’indice penetrometrico, il
residuo rifrattometrico e l’acidità titolabile. Si è proceduto poi alla separazione di mesocarpo ed
epidermide. Le analisi per la determinazione dei composti fenolici, degli antociani e della capacità
antiossidante sono state condotte per via spettrofotometrica. Il dosaggio dei polifenoli è stato
effettuato con il reattivo di Folin-Ciocalteau , l’ attività antiossidante con il radicale DPPH .
Per alcune varietà più interessanti sono stati utilizzati i metodi analitici HPLC/DAD per
caratterizzare i componenti fenolici ed antocianici.
Lo studio ha mostrato come il contenuto di fenoli totali , antociani totali e attività antiossidante
sono maggiori nella buccia piuttosto che nella polpa. Le cultivar con i valori più elevati di fenoli
totali nelle bucce sono Roberta ,Gladys e Maeba Top rispettivamente con 407,5 400,2 e 380,7 mg
di ac. gallico/100 di p.f., mentre nelle polpe sono risultate Roberta, Platicarpa bianca, Isabella
d’Este e Maeba Top. Il maggior contenuto di antociani totali si è osservato, per le bucce, nella cv
Promesse con 293 mg di chyanidin chloride/100 g di p.f. e, per le polpe, nelle cv FO 460 e
Platicarpa bianca con 201,5 e 195,1 mg di chyanidin chloride/100 g di p.f.
L’analisi HPLC ha mostrato un contenuto importante di acido clorogenico, ac. neo-clorogenico e
della catechina sia nella buccia che nella polpa e la presenza di una sostanza antocianica nelle
bucce.
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QUALITÀ
DEI
FRUTTI E POST RACCOLTA
L’ANALISI DELLE VARIAZIONI DEL PROFILO TRASCRIZIONALE IN PESCHE TRATTATE
CON 1-MCP
Maura Begheldo1; Fiorenza Ziliotto1, Angela Rasori1, Claudio Bonghi1 Angelo Ramina1
e Pietro Tonutti 2
1
Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, Università di Padova
Viale dell’Università 16, 35020 Legnaro (Padova, Ialia)
2
Scuola Superiore Sant’Anna di Studi Universitari e di Perfezionamento
Piazza Martiri della Libertà, 33 56127 Pisa (Italia)
Il controllo della maturazione in frutti climaterici dipende soprattutto dalla possibilità di
regolare la biosintesi e l’azione dell’etilene. Questo può avvenire mediante il controllo dei parametri
ambientali durante la conservazione o usando specifici inibitori della biosintesi/percezione
dell’etilene come l’1-metilciclopropene (1-MCP), un antagonista dell’etilene per i siti di legame dei
recettori. Recenti ricerche hanno messo in evidenza che gli effetti di questa sostanza sono molto
variabili tra specie e specie. Nel caso del pesco, differentemente da altri frutti climaterici (melo e
banana), il rallentamento della maturazione è visibile solo in caso di una sua presenza continua. Per
meglio comprendere le basi fisiologiche del diverso comportamento della pesca si sono studiate,
impiegando il primo microarray specifico per il pesco (µPEACH1.0), le variazioni del trascrittoma
del mesocarpo trattato con 1-MCP. A tale scopo pesche, raccolte a maturità commerciale, sono state
incubate a 20 °C per 24 ore con 1-MCP (1 µL/L) e successivamente mantenute all’aria per ulteriori
48 ore a 20 °C o in aria per 72 ore. Alla fine del periodo di incubazione, i dati trascrittomici
indicano che l’1-MCP è in grado di bloccare l’evoluzione della maturazione in quanto nei frutti
trattati solo 9 geni sono espressi differenzialmente contro i 90, invece, evidenziati in quelli
mantenuti per 24h in aria. Nei frutti trattati, il veloce recupero di molti parametri della maturazione
è accompagnato da significative modificazioni del pattern di espressione di molti geni che, infatti, a
48 ore dalla fine dell’incubazione in 1-MCP mostrano livelli dei trascritti corrispondenti a quelli
misurati nei frutti mantenuti sempre in aria. Sulla base dei profili di espressioni di geni chiave della
biosintesi ed azione dell’etilene, verrà presentata una possibile spiegazione di questo particolare
comportamento.
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POSTER
ASPETTI ECONOMICI E VALORIZZAZIONE
47
POSTER: ASPETTI ECONOMICI
E VALORIZZAZIONE
EVOLUZIONE NEL MEDIO PERIODO DELLE ESPORTAZIONI ITALIANE DI PESCHE CON
METODOLOGIE STATISTICHE ROBUSTE E DELLA SPECIALIZZAZIONE TERRITORIALE
Nicola Galluzzo1
Dipartimento Scienze degli Alimenti
Unità operativa Economia agro-alimentare
Università di Teramo
Per comprendere le potenzialità esportative e i trend relativi, che caratterizzano i territori
peschicoli italiani, sono state analizzate nel medio periodo le serie storiche mensili sul mercato
mondiale (mercati intraUe e mercati extraUe). Al fine di ricostruire un trend, depurato dal rumore di
fondo, nelle serie storiche osservate, si è ricorsi all’utilizzo della median polish in maniera tale da
eliminare e valutare, separatamente, gli aspetti inerenti la stagionalità, l’effetto mese e il ciclo,
ottenendo un dato che tenesse conto esclusivamente del suo andamento tal quale e di eventuali
break strutturali.
I dati utilizzati, nella presente analisi, sono stati suddivisi in due gruppi abbastanza consistenti ed
omogenei, per verificare se l’adesione dell’Italia al WTO avesse avuto conseguenze reali sul
commercio estero delle pesche. Il ciclo trend, analizzato attraverso la metodologia robusta della
median polish, ha confermato l’esistenza di due momenti storico-economici ben individuabili,
caratterizzati da una diversa crescita delle esportazioni di pesche italiane verso i mercati
extracomunitari, sui quali ha agito sia la sottoscrizione degli accordi WTO che le svalutazioni
competitive occorse. L’effetto mese ha confermato le criticità nelle esportazioni in alcuni mesi
dell’anno, allorché si registrano delle tensioni significative a livello strutturale più che
congiunturale.
La specializzazione territoriale si è basata sull’applicazione, nel medio periodo, di due tipologie di
indici quali il quoziente di Hoover e l’indice di specializzazione normalizzato, in grado di
evidenziare specifici livelli di localizzazione e di eterogeneità nella coltivazione delle pesche in
alcune province della Campania e dell’Emilia Romagna.
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1
Dottorando di ricerca
48
POSTER: ASPETTI ECONOMICI
E VALORIZZAZIONE
INDAGINE SULLA PESCHICOLTURA METAPONTINA
C. Mennone*, P. Gioia*, M. Troiano*, G. Santangelo*
* AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata
La peschicoltura metapontina vede il periodo di maggiore espansione a partire dagli anni 60,
quando con la Riforma fondiaria ci fu l’introduzione e la diffusione delle prime varietà di pesche.
Nel corso degli anni vi è stata un’evoluzione nella tecnica e negli standard varietali che ha
fortemente delineato i caratteri avvicinandola a standard produttivi nazionali.
Per fare il punto sullo stato tecnico-produttivo della nostra peschicoltura è stata effettuata
un’indagine che ha interessato circa 250 aziende. L’età degli impianti si colloca per il 44% da 1-6
anni, per il 41% da 7 a 12 anni.
Nella scelta varietale si è avuto un adeguamento agli standard di mercato in termini di tipologia, da
pesche a nettarine, per il colore della polpa, da bianche a gialle, per l’epoca di raccolta, per le
tipologie gustative e per l’aspetto esterno.
Un problema che si pone anche per la peschicoltura metapontina è il ristoppio, visto anche la
frammentazione della proprietà che comporta il reimpianto sullo stesso terreno.
Le maggiori differenze si sono avute nella conduzione passando da quella convenzionale
all’integrata (90%) e nell’ultimo quinquennio al biologico (10%), che ha consentito una notevole
differenziazione dell’offerta sia temporalmente che come gamma.
Il passaggio a tecniche a minore impatto ambientale ha determinato un minore uso di input chimici
con una diminuzione delle unità fertilizzanti utilizzate e con un aumento dell’uso della sostanza
organica e la distribuzione in fertirrigazione.
Negli ultimi 10 anni per la riduzione dei costi di produzione e per una gestione più semplice dei
campi si è proceduto alla diffusione di forme di allevamento che consentissero una gestione delle
operazioni colturali da terra. La forma di allevamento piu’ diffusa è il è il vaso ritardato (81%),
Ipsilon trasversale (11%) e Palmetta (8%).
I maggiori problemi in campo nel controllo dei parassiti li desta la mosca della frutta e tripide estivo
sulle nettarine, mentre un ruolo di secondo piano rivestono la cidia e la anarsia. Il ceratide
determina i maggiori danni per le varietà medie e tardive con incidenza variabile negli anni. Per i
patogeni fungini destano piu’ problemi la Monilia e l’Oidio.
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49
POSTER: ASPETTI ECONOMICI
E VALORIZZAZIONE
STUDIO CONGIUNTO CILE-ITALIA-SPAGNA SU POTENZIALITÀ DI MERCATO E SCELTE
DEI CONSUMATORI DI PESCHE E NETTARINE.
M. Mora(1); G. Echeverría (2); S. Predieri (3) and R. Infante (1)
1) Universidad de Chile, Santiago de Chile; Cile (2) UdL-IRTA, Lleida, Spagna (3) IBIMET-CNR,
Bologna, Italia
Pesche e nettarine hanno affrontato negli ultimi anni ricorrenti problemi di mercato in molti
Paesi, una della cause viene identificata con la scarsa corrispondenza tra caratteristiche qualitative
dei frutti e aspettative dei consumatori. La collaborazione tra gruppi di ricerca di diversi Paesi può
aiutare a meglio comprendere ed affrontare queste problematiche. Per il Cile questi aspetti
assumono particolare importanza. Le pesche cilene hanno infatti interessanti spazi di
commercializzazione nell’emisfero nord durante il periodo invernale, per essere presenti su tali
mercati devono però essere sottoposte a trasporto e frigoconservazione, prima di raggiungere i
consumatori, con comprensibili problemi che possono affliggere la qualità dei frutti. Attualmente in
Cile, pesche e nettarine sono coltivate su oltre 12 mila ettari con un esportazione di 16 milioni di
box. Ogni azione orientata al miglioramento degli aspetti qualitativi, della logistica e delle strategie
di trasporto, conservazione, distribuzione, commercializzazione e marketing richiede investimenti
consistenti ed oculati. Il decision-making deve quindi essere preceduto da una analisi specifica delle
potenzialità e delle problematiche. Il presente studio è stato concordato tra istituzioni di un Paese
esportatore, appunto Cile, e due Paesi europei, Italia e Spagna, interessati alla valutazione
dell’interesse e del gradimento dei consumatori in relazione al consumo di pesche provenienti
dall’emisfero sud durante la stagione invernale. L’obiettivo specifico era di caratterizzare il
consumo di pesche e nettarine in Cile, Italia e Spagna ed identificare segmenti di mercato interessati
ai prodotti proposti. La ricerca, condotta nel dicembre 2006 e gennaio 2007, è stata effettuata
tramite sondaggi face-to-face che hanno coinvolto consumatori spagnoli della Catalogna (192
interviste), italiani dell’Emilia Romagna (86) e cileni di Santiago in Chile (138). I dati ottenuti sono
stati sottoposti ad analisi statistica tramite metodi descrittivi, analisi univariata e test chi-quadro. I
risultati indicano interessanti differenze nelle scelte di acquisto e consumo dei consumatori dei tre
diversi potenziali mercati. In un mondo che richiede conoscenze e scelte sempre più intergrate,
questo lavoro viene presentato come esempio di collaborazione internazionale per lo sviluppo di
strategie per la valorizzazione dei prodotti a livello locale.
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50
EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE E SCELTA DEI
PORTINNESTI
51
POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
VALUTAZIONE
AGRONOMICA DI SELEZIONI DI
E
SCELTA
“PACCARELLE” (P.
DEI
PORTINNESTI
PERSICA) QUALI
PORTINNESTO DEL PESCO
Avanzato D., Fideghelli C.
CRA . Centro di Ricerca per la Frutticoltura
Via di Fioranello, 52
00134 Roma
Nel 1999 è stata avviata una prova agronomica mettendo a confronto alcune selezioni di
pesco franco “Paccarelle” (SM4, SM2, DA, MZ1) selezionate da O. Insero della Sezione di Caserta
dell’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura, innestate con la nettarina Venus v.e. con il testimone
PSA5. Nove piante di ciascun portinnesto sono state suddivise in 3 ripetizioni e piantate alla
distanza di 4,1 x 3,1 metri allevate a vaso. La prova si è conclusa nel 2007. I dati rilevati sono stati:
area della sezione del tronco, dimensione della pianta, epoca di fioritura, % d’allegagione,
produzione e peso medio dei frutti.
Sui frutti sono stati rilevati durezza della polpa, residuo secco rifrattometrico, acidità totale. Durante
il 4 anno sono state fatte anche osservazioni fisiologiche sulla conduttanza stomatica e l’efficienza
idrica.
Nei 9 anni di prova sono morte 4 piante del portinnesto PSA5, 3 piante della selezione MZ1. 1
pianta di ciascuna delle selezioni SM2 e DA e nessuna pianta della selezione SM4.
Le 4 selezioni di Paccarelle, pur con differenze tra loro, sono più vigorose del controllo PSA5 che è,
notoriamente un franco nanizzante. Nessuna differenza particolare è stata registrata nell’epoca di
fioritura e nell’epoca di maturazione, né tra le selezioni né rispetto al testimone.
L’allegagione delle quattro selezioni è stata (nella media) inferiore (40 – 42%) a quella del
testimone (48%), ma ciò non ha influito sulla produzione per pianta che è nettamente più elevata
nelle Paccarelle secondo il seguente ordine decrescente: SM4, SM2, DA, MZ1.
L’efficienza produttiva rispetto alla superficie della sezione del tronco vede la relazione MZ1 al
primo posto, seguita dal test PSA5 e con valori simili tra loro ma nettamente inferiori le altre 3
selezioni.
Molto positivi i dati relativi alle dimensioni del frutto, nettamente superiori nelle 4 selezioni (da 125
a 150 g) rispetto al controllo (110 g). Di andamento inverso i valori di RSR di circa 0,5°Brix
inferiori nelle Paccarelle, ma comunque su valori elevati, superiori a 13°Brix.
La prova ha evidenziato la validità delle 4 selezioni ottenute presso l’Istituto Sperimentale per la
Frutticoltura di Caserta ed in particolare la MZ1 e la SM4 caratterizzate da un buon vigore associato
a positivi parametri agronomici e fenologici.
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52
POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
OSSERVAZIONI AGRONOMICHE SU CLONI DI PRUNUS MUME INNESTATI CON LA
NETTARINA VENUS
Avanzato D. – Bevilacqua D.
Centro di Ricerca per la Frutticoltura
00134 Roma
Nel 1995 sono stati importati dal Brasile semi di Prunus mume dai quali sono stati ottenuti
120 semenzali innestati nel 1997 con le cultivar di pesco e nettarine Rich Lady, Babygold 5,
Supercrimson e Venus, avviando un programma di pre-selezione per individuare le
combinazioni con le migliori caratteristiche vegetative. Sulla base del comportamento
agronomico e delle prove di funzionalità fisiologica osservata in tutte le combinazioni, si è
deciso di costituire delle linee clonali, moltiplicando in vitro i genotipi di Mume M4, M73,
M119, M129 e M140. Nel settembre 2000, nove piante di ciascuna linea clonale sono state
innestate a gemma dormiente con la nettarina Venus v. e. e, nel maggio 2002, è iniziata una
prova agronomica, mettendo a confronto le selezioni di Mume col franco PSA5. Le
osservazioni hanno riguardato la mortalità delle piante, l’allegagione, la produzione per pianta,
il peso medio dei frutti, la durezza della polpa, il residuo secco rifrattometrico e l’acidità totale.
A 5 anni dall’inizio della prova è stata rilevata una mortalità delle selezioni di Mume compresa
tra il 44 e il 77%, mentre per il PSA5 è stata del 22%. Le piante innestate su Mume hanno
manifestato una vigoria mediamente inferiore del 30% rispetto al testimone. L’allegagione
soltanto in due selezioni (M4 e M73) è stata simile a quella rilevata per il testimone, ma in
termini di produttività per pianta, questa è risultata mediamente inferiore dal 20 al 40% rispetto
al testimone. Nessuna differenza è stata osservata in termini di durezza della polpa e contenuto
zuccherino in gradi Brix.
I dati globali fin qui ottenuti fanno concludere che il Prunus mume ha scarsa possibilità di
essere utilizzato come portinnesto del pesco per ragioni di scarsa compatibilità tra i bionti,
come dimostrato dalla quantità esigua di selezioni che hanno superato la fase di screening
iniziale (5 su 120) e dalla scarsa affidabilità delle stesse 5 selezioni che sono andate incontro ad
elevati tassi di mortalità.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
NUOVA SERIE DI NETTARINE SUB-ACIDE PER L’EMILIA - ROMAGNA
Bassi Daniele: DIPROVE, Università degli Studi di Milano
Rizzo Marisa: Parco Tecnologico Padano (LO)
Foschi Stefano: CRPV, Cesena (FC)
L’introduzione della nettarina ‘Big Top’ ha imposto al mercato peschicolo una nuova
tipologia, che ha rivoluzionato il mercato di questo frutto. ‘Big Top’ è infatti caratterizzata da
un’elevata tenuta di maturazione, che è di tipologia a bassa acidità, accompagnata da un elevato
tenore zuccherino, oltre il 15% di RSR, quando pienamente maturo. Entrambe queste
caratteristiche, associate ad un’elevata e precoce colorazione della buccia, hanno facilitato una
rapida diffusione di questa cultivar, tanto che essa è da considerare tra le più affermate novità
varietali nel panorama peschicolo a cavallo dei due secoli. All’avvicinarsi della maturazione, la
rallentata perdita di consistenza fa si che il frutto diventi fondente solo ad incipiente senescenza e
possa quindi essere raccolto con una durezza tale da evitare troppi danni da manipolazione. Inoltre,
la presenza del carattere sub-acido rende il frutto consumabile anche prima che abbia raggiunto lo
stadio di rammollimento. L’unico problema può verificarsi al momento della raccolta, dal momento
che la totale colorazione rosso accesa della buccia rende molto difficile evitare raccolte troppo
precoci, con la conseguente immissione sul mercato di frutti non sufficientemente zuccherini. C’è
infatti da segnalare che la tipologia sub-acida è particolarmente incline a produrre disomogeneità
anche nello stesso albero a riguardo del contenuto in zuccheri, che se al disotto di una certa soglia
(circa il 12% di RSR), produce una sensazione gustativa piatta.
Il successo commerciale di tale frutto è tale che si pone ora il problema di fornire la catena
distributiva con una serie continua di cultivar, di tipologia simile al ‘Big Top’, in grado di
soddisfare le richieste del consumatore per l’intera stagione di consumo delle pesche. Per tale
obiettivo, nell’ambito del programma di miglioramento genetico co-finanziato dalla Regione Emilia
– Romagna e di alcune associazioni di produttori della regione, da oltre una decina di anni ‘Big
Top’ viene utilizzata per ottenere progenie da cui selezionare nuove cultivar con la stessa tipologia
di frutto (in alcuni casi migliorata, ad esempio per la minor sensibilità alla rugginosità
dell’epidermide), ma più adatte alle condizioni ambientali della regione, ad esempio in termini di
produttività.
Le cinque selezioni qui presentate derivano da incroci tra ‘Big Top’ e ‘Ambra’ o ‘May Fire’ e
maturano da circa 15 giorni prima a 10 giorni dopo ‘Big Top’.
D:\BASSI\PESCO\CONVEGNI\CASERTA_0308\CINQUE NETTARINE\CINQUE NETTARINE ABSTRACT.doc 21/02/2008 16.03.00
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54
POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
BORDO’, PESCA PRECOCE PER L’EMILIA - ROMAGNA
Bassi Daniele: DIPROVE, Università degli Studi di Milano
Rizzo Marisa: Parco Tecnologico Padano (LO)
Foschi Stefano: CRPV, Cesena (FC)
La massiccia introduzione di sempre nuove cultivar di pesco appare inarrestabile ed a
dispetto delle ricorrenti crisi di collocazione del prodotto, la ricerca di novità varietali viene spesso
guardata come il rimedio più opportuno, alla ricerca del prodotto (frutto) che si distingua da tutti gli
altri, obiettivo non semplice nel caso del pesco. Inoltre, benché il calendario di offerta varietale nel
pesco sia ormai amplissimo (grazie sia alla coltura protetta alle latitudini più basse, come nel
meridione d’Italia e in Sicila, sia alle zone più settentrionali, come il Piemonte o nelle montagne
siciliane), esperienze ormai consolidate dimostrano che è la prima parte della stagione quella meno
soggetta a crisi di mercato. Pertanto, l’individuazione di cultivar a maturazione precoce (quando
non precocissima) risulta di particolare interesse anche in Emilia - Romagna, regione che non può
certo competere in precocità con le zone vocate del meridione e della Sicilia. L’ottenimento di
valide cultivar precoci per l’ambiente emiliano-romagnolo risulta particolarmente impegnativo, a
motivo non tanto dei freddi invernali (ormai non così pericolosi per il pesco), quanto per le
primavere, spesso fredde o caratterizzate da gelate, che richiedono pertanto cultivar caratterizzate da
basse esigenze termiche e con rapido sviluppo del frutto. Tali peculiarità ambientali rendono
particolarmente importante che la fase di selezione avvenga nell’ambiente ove la nuova cultivar
dovrà essere prodotta.
BORDO’, pesca gialla precoce (matura pochi giorni dopo ‘May Crest’) è stata ottenuta dall’incrocio
di ‘May Crest’ x ‘Rich Lady’ nell’ambito del programma di miglioramento genetico co-finanziato
dalla Regione Emilia – Romagna e di alcune associazioni di produttori della regione. Presenta un
frutto tondo, grosso e di bell’aspetto, con buccia gialla completamente ricoperta di rosso molto
intenso, a volte cupo, punteggiato; la polpa è venata di rosso, di buona consistenza e buon sapore,
aromatico, con polpa aderente al nocciolo. Buona la tenuta in pianta.
L’albero, molto produttivo, ha sviluppo tendenzialmente acrotono, che tende a spogliarsi in basso, e
si avvantaggia della potatura verde per rivestire le branche basali.
D:\BASSI\PESCO\CONVEGNI\CASERTA_0308\BORDO'\BORDO'_ABSTRACT.doc 21/02/2008 16.03.00
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
“MARIA NICOLA”: NUOVA NETTARINA A POLPA GIALLA A MATURAZIONE MOLTO
TARDIVA
1
2
1
Bellini E. , Giannelli G. , Picardi E.
1) Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura - Università degli Studi di Firenze
2) Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree - CNR, Sesto Fiorentino (FI)
Dal 1970 è in atto a Firenze, prima presso l’Istituto sulla Propagazione delle Specie Legnose
da Frutto del CNR (ora Ivalsa), poi presso il Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura (già Istituto di
Coltivazioni Arboree) dell’Università degli Studi (DOFI), un programma di miglioramento
genetico e varietale sulle nettarine che a partire dal 1982 ha portato alla diffusione commerciale di
6 cultivar a polpa gialla, tutte dotate di caratteristiche agronomiche e organolettiche di tipo
tradizionale: “Maria Emilia”, “Maria Laura” e “Maria Aurelia”, diffuse nel 1982; “Maria Carla”,
diffusa nel 1985; “Maria Elisa”, resa nota nel 1997 e “Maria Camilla”, diffusa nel 2003. A queste
si affianca ora la “Maria Nicola”, le cui caratteristiche agro-bio-pomologiche essenziali, vengono
di seguito riportate.
Descrizione di "MARIA NICOLA"
Dall'esame dei dati sulle selezioni avanzate e valutate comparativamente nei campi di
orientamento del DOFI, è emersa l'opportunità di diffondere una ulteriore cultivar di nettarina a
polpa gialla a maturazione molto tardiva alla quale è stato attribuito il nome di "Maria Nicola".
Questa cultivar è stata ottenuta nel 1987 da E. Bellini del Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura
dell’Università degli studi di Firenze, dall’autofecondazione della nettarina “California”. “Maria
Nicola” possiede le seguenti caratteristiche da: albero di media vigoria, con produttività media,
molto rustico e piuttosto resistente alle gelate tardive; frutto di grossa pezzatura, elevata consistenza
e ottimo sapore, nonostante la maturazione molto tardiva, riesce ad esprimere una buona
colorazione della buccia. Matura in settembre nel Faentino, l’epoca di maturazione cade 55 gg.
dopo “Redhaven”, 23 gg. dopo “Maria Dolce”.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
MIGLIORAMENTO GENETICO PER LA RESISTENZA A SHARKA (PPV) NEL PESCO:
PROGRAMMA SVOLTO PRESSO IL DOFI NELL’AMBITO DI UN PROGETTO MIPAAF
Bellini E., Nencetti V., Giordani E., Morelli D.
Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura – Università di Firenze
Nel genere Prunus sono state individuate numerose fonti di resistenza/tolleranza al Plum
Pox Virus (PPV), ma poche sono quelle che possono essere utilizzate per il miglioramento genetico
del pesco. Tra le specie più interessanti, il P. davidiana è quella più interfertile con il pesco ed
alcuni suoi ibridi (es. il portinnesto Nemaguard) risultano tolleranti al PPV. Purtroppo questa specie
trasmette alla progenie molti caratteri negativi (pezzatura piccola, forma irregolare, caratteristiche
organolettiche scadenti) e sono necessari numerosi reincroci per recuperare pregevoli qualità
pomologiche. Peraltro il modello di trasmissione del carattere resistenza a PPV in pesco risulta di
tipo quantitativo e piuttosto complesso da fissare. Occorrono pertanto progenie numerose e
parentali resistenti per ottenere possibilità di successo.
Valutazioni di resistenza condotte nel pesco con metodi diversi (sintomatologia, saggi biologici, test
sierologici, RT-PCR e DAPI), sia su collezioni di germoplasma site in zone endemiche per la
sharka, che su singoli genotipi inoculati artificialmente, hanno riportato risultati non sempre
confrontabili e concordanti. Alcuni genotipi vengono considerati asintomatici, altri tolleranti mentre
non vengono citati casi di resistenza.
Nell’ambito di un Progetto MiPAAF sul “Miglioramento Genetico del Pesco per il controllo del
virus della Sharka (PPV)”, è iniziato nel 2006 presso questo Dipartimento un programma di
breeding che ha previsto la realizzazione di incroci interspecifici controllati tra alcune delle cultivar
di nettarine più affermate, come “Maria Aurelia” ed altre più recenti e innovative tipo “Maria
Dolce” e “Maria Dorata”, utilizzate come piante portaseme. Queste sono state fecondate con polline
di origine francese, di ibridi tra P. persica e P. davidiana di accertata resistenza al PPV. I 950
semenzali ottenuti sono allevati in contenitore in modo da essere meglio utilizzati per prove di
resistenza.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
COMPORTAMENTO AGRONOMICO DI QUATTRO NUOVI PORTINNESTI IBRIDI PESCO PER MANDORLO
IN UN IMPIANTO AD ALTA DENSITÀ IN SICILIA: PRIME OSSERVAZIONI
R. Bono 1, R. Buffa 1, R. Massai 2, T. Caruso 1
Dipartimento di Colture Arboree, Università di Palermo
2
Dipartimento di Coltura e Difesa delle Specie Legnose, Università di Pisa
1
In Sicilia la peschicoltura precoce viene praticata lungo la fascia costiera dell’Isola dove
prevalgono suoli tendenzialmente sciolti e sub-alcalini, reazione determinata dal contenuto piuttosto
elevato di carbonato di calcio. Nel contesto pedologico appena descritto tra i portinnesti ha trovato
condizioni ideali per affermarsi l’ibrido interspecifico pesco x mandorlo GF 677, caratterizzato da
elevata plasticità di adattamento ma, purtroppo, anche da spiccato vigore vegetativo. Quest’ultimo
tratto costituisce una delle principali limitazioni ai fini della scelta del GF 677 come portinnesto
delle cultivar precoci. Gli intensi flussi di crescita vegetativa stimolati nel gentile da detto
portinnesto, soprattutto in primavera, si vanno infatti a sovrapporre al breve, ma intenso, periodo di
sviluppo del frutto che caratterizza le cultivar precoci; nella competizione che si instaura tra i due
sink è in genere il frutto a risentirne maggiormente. Tra i peschicoltori è infatti oramai ben noto che
il GF 677 determina decadimento qualitativo e ritardo nella maturazione dei frutti, fenomeni ai
quali si può porre rimedio solamente con una gestione colturale molto oculata.
Per la peschicoltura precoce la disponibilità di nuovi portinnesti che associno alle caratteristiche
positive del GF 677 un minor vigore vegetativo sembra oggi l’unica via per non peggiorare le
caratteristiche qualitative dei frutti e contenere i costi di produzione.
Oggetto della presente nota sono i risultati relativi ai primi due anni di osservazioni effettuate per
valutare il comportamento agronomico di alcuni portinnesti ibridi pesco x mandorlo, recentemente
costituiti dal Dipartimento di Coltura e Difesa delle Specie Legnose dell’Università di Pisa,
impiantati in un contesto di alta densità d’impianto (2220 piante/ha), allevati secondo una forma di
allevamento (V) riconducibile alla famiglia delle “Doppie pareti inclinate”.
Le ricerche sono state condotte presso un campo sperimentale costituito dal Dipartimento di Colture
Arboree dell’Università di Palermo a Sciacca (AG), in C.da Piano Fusilli, a 150 m s.l.m. in un
appezzamento di terreno caratterizzato da tessitura franco-argillosa, con pH 7,7 e calcare attivo
inferiore al 5%. Le osservazioni sono state condotte sui seguenti portinnesti clonali: I.S.5 5/8; I. S.
5/19; I. S. 5/23; I. S. 5/29 e G.F 677 innestati a gemma dormiente con la cultivar a basso fabbisogno
in freddo “Tropic Snow”. L’impianto è stato realizzato nel gennaio 2004, mettendo a dimora
barbatelle dei suddetti portinnesti al sesto di 4,5 x 1 m, che sono state poi innestate in campo nel
successivo settembre, a gemma dormiente. Le piante sono state allevate a V e nel biennio 2006/2007
sono state effettuate le seguenti osservazioni: fenologia della fioritura e della maturazione; numero e
peso frutti/stacco (NFS), area sezione tronco (AST); peso legno di potatura verde e secca. Inoltre, su
30 frutti per pianta (5 piante per combinazioni d’innesto) sono stati determinati, in laboratorio il peso
medio (g) e le caratteristiche bio-metriche (lunghezza, larghezza, spessore) nonché l’estensione del
sovracolore rosso (%), la consistenza della polpa (penetrometro 8 mm), il grado rifrattometrico
(Brix), il pH e l’acidità titolabile (‰).
Le piante innestate sui cloni della serie I.S. sono risultate meno vigorose rispetto a quelle innestate
su GF 677. I maggiori livelli di produzione/pianta sono stai registrati nel GF677 tuttavia, in
relazione al diverso sviluppo del diametro del tronco tra le diverse combinazioni d’innesto non è
emersa alcuna differenza nell’efficienza produttiva (EP). Il peso medio dei frutti più elevato è stato
riscontrato nelle piante innestate su I.S. 5/29 mentre il portinnesto I.S. 5/23 ha indotto nelle piante
una maggiore scalarità di maturazione. Malgrado la giovane età delle piante, per la peschicoltura
precoce alcuni portinnesti della serie I.S. sembra possano contribuire a superare alcune limitazioni
agronomiche indotte dal GF 677, in rapporto alla crescita vegetativa e alla qualità dei frutti.
58
POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
RISULTATI DEFINITIVI DI PROVE SPERIMENTALI DI PORTINNESTI DI PESCO IN SERRO
CALDERARO –CASTEL DI IUDICA (CT)
Centro Operativo Ricerca Fitogenetica del prof. Alfio Bruno -Belpasso (CT)
E’ stata accertata la validità delle selezioni AB/2 e AB/3, portinnesti ibridi naturali pesco ×
mandorlo, ponendole a confronto sperimentale con i portinnesti GF677 e Barrier in terreno pesante.
Le prove si sono svolte nel decennio 1997/2006 nella Sicilia Orientale, in Agro di Castel di Iudica
(CT), Serro Calderaio contrada Chianotta, nel fondo del Peschicolture sig Virzi Vincenzo.
I risultati delle prove evidenziano significativamente la superiorità dell’ AB/3 rispetto agli altri tre
portinnesti; tale migliore comportamento agronomico risulta ancor più evidente ove si pongano a
confronto i dati raccolti in ciascun anno non a parità di foglia, bensì a parità di età, ovverosia
confrontando i dati conseguiti in ciascun anno dal Barrier e dal GF677 con i dati conseguiti
dall’AB/2 e dall’AB/3 nell’anno successivo.
Tale superiorità risulta dimostrata soprattutto:
• da una migliore affinità di innesto col pool genico di P. persica (n° 2 precoci, n° 2
mediotardive, n° 2 pesche, n° 2 nettarine);
• dall’induzione delle migliori rese produttive e dai migliori standard qualitativi delle
produzioni;
• da una migliore capacità di adattamento ai terreni pesanti e pesantissimi;
• dall’induzione di una migliore predisposizione a forme di allevamento a vaso.
• dalla migliore conformazione dell’apparato radicale robustissima e ben distribuita, atta ad
assicurare alla mole degli alberi un solidissimo ancoraggio.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
ALLESTIMENTO DI UNA COLLEZIONE IN VITRO DI CULTIVAR DI PESCO DI INTERESSE
STORICO
Damiano C., Monticelli S., Frattarelli A.
CRA – Centro di ricerca per la Frutticoltura
Le cultivar storiche di pesco, benché ora scarsamente coltivate in quanto sono state sostituite
da altre più rispondenti alle richieste del mercato, hanno spesso frutti saporiti e profumati,
facilmente conservabili e risultano in alcuni casi resistenti ad avversità e agenti patogeni. Tali
caratteritische, espresse in queste combinazioni genetiche, possono essere trasferite in nuove varietà
attraverso opportuni programmi di miglioramento genetico. Tali genotipi, quindi, rappresentano una
fonte genetica di biodiversità da conservare. Lo scopo di questo lavoro è stato la ricerca e
definizione di un efficiente protocollo di propagazione al fine di allestire una collezione in vitro di
alcune di queste cultivar. In particolare sono state considerate le cultivar Incomparable Guilloux,
San Giorgio, Poppa di Venere, Charles Ingouf, Madame Guilloux, Grosse Mignonne, Venus e Ford.
Le gemme apicali e ascellari, prelevate da piante in vivo della collezione presente nel Centro di
Ricerca per la Frutticoltura di Roma, sono state sterilizzate con successo usando una combinazione
di ipoclorito di sodio e mertiolato di sodio per 20 minuti. I germogli risultati sterili inoltre sono stati
moltiplicati su terreno contenente sali di Quoirin et al, vitamine di Murashige e Skoog, BAP (0,25
mgL-1), IBA (0,06 mgL-1), GA3(0,03 mgL-1) e solfato di adenina (3 mgL-1). Il terreno di radicazione
è risultato strettamente correlato alla cultivar e prevede l’utilizzo di sali e vitamine Murashige e
Skoog (ma con concentrazione di macroelementi ridotta della metà), IBA oppure NAA da 0,5 a 1
mgL-1. In generale il tasso di moltiplicazione è stato di 1:3 – 1:5, mentre la percentuale di
radicazione è risultata molto variabile (dal 55% al 78%). Gli espianti radicati sono stati ambientati
con successo.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
VALUTAZIONE AGRONOMICA DI UN NUOVO PORTINNESTO IBRIDO PER IL PESCO
F.R. De Salvador, D. Lolletti, E. Raparelli
CRA – Centro di ricerca per la frutticoltura – Roma
Via Fioranello, 52
000134 Roma
Lo scopo della sperimentazione era la valutazione agronomica, come portinnesto, di un
ibrido naturale di pesco x mandorlo, individuato dal dr Alfio Bruno sull’ Isola delle Femmine in
provincia di Palermo e denominato AB3. Dopo alcune valutazioni agronomiche preliminari nella
primavera del 1999, presso l’Istituto sperimentale per la frutticoltura, è stata messa a dimora una
prova di confronto tra questo ultimo portinnesto e il GF 677, impiegando astoni della cultivar
Diamond Princess .
Il piano sperimentale prevedeva 20 ripetizioni a pianta singola per ciascun portinnesto, una
distanza di impianto di m 5 x 4 ed una forma di allevamento a vaso basso.
Il terreno era di origine vulcanica, profondo, a tessitura sabbioso-limosa; risultava avere reazione
sub-acida, un normale contenuto in azoto e fosforo, elevati valori di potassio, ma bassi livelli di
calcio.
Sono state applicate le ordinarie cure colturali alle piante, con lavorazione periodica del terreno e
somministrazione regolare di acqua, a mezzo di impianto localizzato a goccia.
Annualmente sono stati rilevati i seguenti parametri: circonferenza del tronco sopra il punto
d’innesto (cm2 ) produzione totale a pianta, peso medio e caratteristiche qualitative dei frutti,
fertilità e cascola delle gemme a fiore.
Il portinnesto AB3, dopo 8 anni dall’impianto è risultato indurre un elevato vigore alla cultivar,
superiore del 65 % rispetto a GF 677, ciò ha comportato una minore efficienza produttiva (-20%),
nonostante una produzione cumulata più elevata del 44 %. Il peso medio dei frutti dei due
portinnesti è risultato simile anche se di poco superiore in GF 677. L’AB3 ha anticipato
leggermente la maturazione (1-2 giorni), come risulta anche da valori di residuo secco
rifrattometrico dei frutti leggermente più elevati.
Nelle condizioni in cui si è operato, il nuovo portinnesto ha evidenziato ottime caratteristiche
agronomiche e produttive che però è opportuno vengano verificate anche in altre situazioni
pedoclimatiche prima di poter esprimere un giudizio conclusivo sulla sua validità.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
CONSERVAZIONE DI GERMOPLASMA DI PESCO CON LA TECNICA DELLA
CRIOCONSERVAZIONE
Frattarelli A., Arias M.D., Damiano C.
CRA – Centro di ricerca per la Frutticoltura
La crioconservazione consiste nel congelamento del materiale vegetale mantenuto vitale a
temperature ultra basse (-196° C). Nel pesco gli studi riportati in bibliografia sono poco numerosi e
nessuno prende in esame il congelamento di gemme coltivate in vitro usando la tecnica
dell’incapsulamento in alginato di sodio e la successiva disidratazione in gel di silice. Nel presente
lavoro vengono presentati i risultati di una ricerca per la definizione di un protocollo per il
congelamento di apici di pesco prelevati da piante coltivate in vitro delle cultivar Summer Grand,
San Giorgio e Babygold 6. In questo ambito sono stati analizzati due fattori che influenzano l’esito
della crioconservazione con il metodo dell’incapsulazione-disidratazione: concentrazione di
saccarosio, tempi di disidratazione in gel di silice. In particolare sono state utilizzate concentrazioni
crescenti di saccarosio (0,3 – 0,5 – 0,75 – 1,0 – 1,25M) con durata di 1, 3, 5, 7 giorni e tempi di
disidratazione in silica-gel che andavano da 6 ore a 24 ore (6 – 8 – 9 – 14 – 20 – 24 ore).
I risultati ottenuti hanno evidenziato che la massima percentuale di sopravvivenza al congelamento
(85%) e di ricrescita della piantina completa (52%) si è avuta con una prima disidratazione di 3
giorni in saccarosio 0,5M e una successiva in gel di silice per 9 ore (corrispondenti al 20,3% di
acqua residua contenuta nell’espianto).
Il trattamento di disidratazione descritto si è dimostrato il più efficace in tutte le cultivar prese in
esame e la percentuale di ricrescita ottenuta dopo lo scongelamento è stata del 49 % nella cultivar
Summer Grand, del 43% nella San Giorgio e del 52% nella Babygold 6.
Inoltre, è stato notato che solo gli espianti estratti dalla matrice di alginato dopo una settimana dallo
scongelamento iniziano a ricrescere, mentre quelli che sono rimasti incapsulati, dapprima mostrano
un inizio di ricrescita, poi si bloccano e infine vetrificano e si ossidano rapidamente. Questo è in
accordo con quanto già rilevato in precedenti esperimenti sul mandorlo. Le piante ricresciute dopo
il congelamento sono state inserite nel normale ciclo di propagazione in vitro e non hanno
evidenziato alcun tipo di limitazione rispetto ai controlli incapsulati e non congelati.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
"SAGITTARIA”: NUOVA CULTIVAR DI PESCO PER LE AREE MERIDIONALI
Oreste Insero
CRA-Unità di Ricerca per la Frutticoltura – Caserta, Via Torrino 3
e-mail: [email protected]
Nell’ambito di un programma di miglioramento genetico per la peschicoltura meridionale è
stata ottenuta una nuova cultivar di pesco dalle seguenti caratteristiche:
Origine: embriocoltura di un embrione immaturo dell’incrocio Royal Glory × Flordastar
Albero tipo: Standard
Portamento: Aperto
Vigoria: Media
Fiore: Rosaceo
Fioritura: Precoce o medio-precoce
Allegagione: Elevata
Produzione: Elevata, costante
Epoca di maturazione: Precocissima, periodo Rich May, Early Maycrest, Queen Crest, Francoise,
ecc.
Frutto: gr. 160-170, forma rotonda in entrambi le sezioni, simmetrica, apice arrotondato o
leggermente incavato, linea di sutura superficiale, buccia poco tomentosa, aderente, colore giallo,
sovraccolore rosso intenso, semiluminoso, distribuito sul 90% della superficie, uniforme o
leggermente striato; polpa di colore giallo, tessitura media, presenza di rosso nella polpa, aderente
al nocciolo, molto consistente; nocciolo di forma subglobosa, dimensioni medie; sapore ottimo; G.
Brix 10,5.
Giudizio d’insieme: Molto interessante per epoca di maturazione, pezzatura, forma, colorazione
della buccia, caratteristiche organolettiche e consistenza della polpa.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
NUOVI
PORTINNESTI DEL PESCO: PRIMI RISULTATI IN
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
ROMAGNA (PROGETTO
MI.PAF "LISTE PORTINNESTI").
D. Giovannini, A.Liverani, F.Brandi, N.Versari
C.R.A. Unità di ricerca per la Frutticoltura di Forlì– CRA-FRF
Via La Canapona 1bis, 47100 Forlì (FC)
[email protected]
E’ noto che l’ambiente di coltivazione ha una grossa influenza sul comportamento
agronomico di una determinata combinazione d’innesto. Il Progetto “Liste portinnesti” finanziato
dal Mi.PAF e dalle Regioni ha il compito di fornire, attraverso una sperimentazione rigorosa ed
estesa alle diverse aree frutticole del Paese, informazioni il più complete possibile sulle prestazioni
dei nuovi portinnesti. Per il pesco, nel 2004 è stata predisposta una nuova prova, nella quale i
portinnesti Montclar (linea di pesco), Penta e Tetra (cloni di susino europeo), Fire e Sirio (ibridi
pesco x mandorlo sono stati posti a confronto con l’ibrido pesco x mandorlo GF677, portinnesto di
riferimento; la cultivar comune è la pesca “Suncrest”. Si riportano i primi risultati della prova
condotta presso la nostra azienda sperimentale di Magliano (provincia di Forlì). L’azienda ricade in
un areale pienamente vocato per il pesco, fatta eccezione per alcune caratteristiche pedologiche, in
particolare la tessitura limoso-argillosa che conferisce al terreno una notevole compattezza,
accentuata dalla bassa presenza di sostanza organica (≈1%). Fin dalla prima stagione vegetativa, il
GFF677 ha indotto il maggior sviluppo delle piante. Fatto 100 il valore medio della sezione del
tronco della cv. “Suncrest” su questo portinnesto, alla fine del 2007 le altre combinazioni
misuravano 57 (Montclar), 52 (Penta), 49 (Tetra), 27 (Fire) e 20 (Sirio). Data la correlazione molto
elevata (r=0,9) riscontrata tra dimensioni dell’albero e quantità di frutta prodotta, nelle due prime
annate produttive (2006 e 2007) le combinazioni d’innesto più vigorose sono risultate anche le più
produttive. Anche ricalcolando le produzioni/ha sulla base di una densità d’impianto teorica che
tenga conto del diverso ingombro delle combinazioni d’innesto, il livello di produttività del GF677
non è stato raggiunto da nessun altro nuovo portinnesto. La qualità dei frutti (peso, contenuto
zuccherino, acidità titolabile) è stata influenzata sia dal portinnesto, sia del diverso andamento
climatico delle due annate produttive (interazione genotipo x anno significativa); GF677 e Montclar
sono complessivamente risultati meno dipendenti dall’andamento climatico degli altri. Il fabbisogno
(ore/ha) di manodopera per gli interventi di potatura (e il relativo costo) è stato proporzionale al
vigore della pianta.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
EFFETTI
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
DELL’ANDAMENTO CLIMATICO SUL COMPORTAMENTO FONOLOGICO DEL
PESCO NEL METAPONTINO
Giovanni Lacertosa1, C. Mennone ², E. Scalcione², A. Silletti ²
1
Metapontum Agrobios, S.S. 106 Km 448,2 – 75010 Metaponto (MT) [email protected]
² AASD Pantanello - Alsia
Parole chiave: fenologia del pesco, cambiamento climatico, soddisfacimento in freddo
Il clima sta modificandosi ad una velocità senza precedenti, per cause non solo naturali, ma
anche di natura antropica. L’incremento globale della concentrazione di biossido di carbonio è
dovuto principalmente all’uso di combustibili fossili, ma anche ai cambiamenti nell’utilizzo dei
suoli. Recentemente l’ALSIA, in collaborazione con la Metapontum Agrobios, ha avviato uno
studio tendente a valutare gli effetti dell’andamento climatico sulle fasi fenologiche del pesco,
anche al fine di approfondire le conseguenze del cambiamento climatico sui sistemi colturali del
Metapontino.
Lo studio è stato condotto utilizzando i dati agrometeorologici rilevati presso la stazione sita
nell’AASD Pantanello ed i rilievi fenologici eseguiti sul campo catalogo di pesco (May Crest,
Spring Crest, Sun Crest). I dati fenologici rilevati, dal 1990 al 2007 sono stati quelli della fioritura
(inizio e fine) e dell’epoca di raccolta. Sono stati considerati la temperatura media, minima e
massima giornaliere ed orarie; le sommatorie termiche (gradi giorno con soglia di 5°C nel periodo
primaverile) ed il numero di ore di fabbisogno in freddo (< 7°C).
I risultati evidenziano che la data di fioritura dei pescheti è stata influenzata dalle temperature del
mese di febbraio, piuttosto che dal soddisfacimento del fabbisogno in freddo (ore di freddo <7 °C)
del periodo novembre-febbraio. Inoltre non si evidenziano correlazioni significative fra
l’incremento di temperatura, nel periodo di osservazione, e le epoche di fioritura, indicando quindi
un ridotto effetto del cambiamento climatico su questo parametro fenologico. Pur tuttavia è stato
possibile evidenziare un leggero anticipo nella data di raccolta, nel periodo di osservazione, pari a
circa 3,5 giorni in un ventennio.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
PPVCON: IL PRIMO PROGETTO MINISTERIALE PER IL MIGLIORAMENTO GENETICO
DELLA RESISTENZA A SHARKA IN PESCO
A. Liverani, D. Giovannini, F. Brandi
C.R.A. Unità di ricerca per la Frutticoltura
Via La Canapona 1bis, 47100 Forlì (FC)
[email protected]
La sharka, causata dal Plum pox virus (PPV), è la virosi più pericolosa delle drupacee. Nel
pesco può manifestarsi con sintomi su foglie, fiori, frutti e rametti. In Italia, la situazione si è
aggravata alla fine degli anni ’90, quando in diversi pescheti del veronese e del cesenate è stato
isolato il più virulento ceppo M. Gli interventi finalizzati a contrastarne la diffusione, quali
l’eradicazione delle piante infette e l’impiego di materiale di propagazione sano nei nuovi impianti,
non hanno finora fornito gli effetti sperati.
In Europa, diverse istituzioni scientifiche sono impegnate in azioni specifiche di breeding
finalizzate alla selezione ed alla costituzione di genotipi resistenti o poco suscettibili.
Dal 2007, il MiPAAF finanzia il progetto triennale “PPVCON” (Miglioramento genetico del pesco
per il controllo del virus della sharka (PPV)), che riunisce le competenze di 9 istituzioni
scientifiche, al fine di raggiungere i seguenti obiettivi: costituire nuovo materiale genetico di pesco
resistente mediante incroci controllati tra genotipi portatori di resistenza alla sharka (es., ibridi P.
persica x P. davidiana o P. persica x P. dulcis) e cultivar e/o selezioni di pesco dotate di
caratteristiche agropomologiche di pregio e ben adatte agli ambienti colturali del Centro-Nord
Italia; valutare il grado di suscettibilità/tolleranza/resistenza a sharka del germoplasma, compreso
anche nuove varietà commerciali e selezioni di pesco tramite rilievi visivi e saggi sierologici e
molecolari; studiare la diversità molecolare degli isolati di PPV (ceppo M) reperiti in diversi focolai
su pesco nel territorio italiano, evidenziandone la correlazione filogenetica, l’eventuale locus di
ricombinazione e le implicazioni epidemiologiche legate alla loro diffusione; verificare la risposta
degli alberi di cloni caratterizzati da diversa suscettibilità (suscettibile/tollerante/resistente)
all’inoculazione artificiale con diversi ceppi di PPV; studiare il rapporto ospite-parassita tra afidi
vettori del virus e la specie pesco, verificando la trasmissibilità di diversi ceppi di PPV da parte di
popolazioni di Myzus persicae o di altre specie spesso presenti in colonie miste; messa a punto di un
sistema di selezione assistita efficace ed affidabile attraverso l'individuazione di marcatori
biochimici e marcatori molecolari del/dei caratteri di resistenza a PPV, ovvero attraverso lo studio
dei meccanismi di resistenza attivati dalla pianta.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
NUOVI PORTINNESTI DEL PESCO: PRIMI RISULTATI NEL METAPONTINO (PROGETTO
MIPAAF REGIONI)
C. Mennone*, A. Silletti*, M. Troiano*, G. Quinto**
* AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata
**Università degli Studi di Basilicata
Il portinnesto riveste un’importanza fondamentale nella frutticoltura in quanto influenza una serie di
aspetti vegeto-produttivi che hanno delle ripercussioni nelle produzioni e nei costi finali. La
peschicoltura Metapontina basata su cultivar precoci ha richiesto sempre portinnesti poco vigorosi
per esaltare l’anticipo di maturazione e le caratteristiche organolettiche dei prodotti.
In passato i franchi di pesco di varia origine erano i soli portinnesti disponibili, oggi invece
vi è l’esigenza di inserirne di nuovi attraverso i quali si perseguono diversi obiettivi:
- media vigoria e tolleranza al calcare per cultivar precoci;
- alta vigoria e tolleranza al calcare per cultivar tardive;
- assenza di attività pollonifera per le frequenti lavorazioni del terreno;
- buon ancoraggio per forme di allevamento in volume;
- qualità organolettiche dei frutti;
- anticipo o posticipo di maturazione.
Per dare delle risposte a tali esigenze è in corso presso l’Azienda Pantanello in Metaponto
dell’Alsia (Reg. Basilicata) dal 2003 una prova sperimentale nell’ambito del Progetto MipaafRegioni “Liste di orientamento varietale dei fruttiferi- Sottoprogetto portinnesti Pesco”, in cui sono
stati posti a confronto 7 portinnesti Penta, Tetra, Sirio, Cadaman, Fire, Montclar, GF 677.
Su ogni pianta si eseguono annualmente i seguenti rilievi:
- epoca di fioritura e caduta foglie, circonferenza del tronco e della pianta, altezza della pianta,
produzione, peso del legno di potatura, analisi qualitative.
Nel campo si sono verificate delle fallanze per i portinnesti Sirio, Cadaman, Fire, Montclar, Penta e
Tetra, fisiologiche per tutti tranne per il Sirio e il Fire probabilmente dovuti a scarsa qualità del
materiale di propagazione. A livello di vigoria si conferma il GF 677 seguito dal Cadaman, che ha
manifestato la maggiore produttività insieme al GF 677 e al Montclar. Abbastanza simile per
vigoria e produttività è il comportamento di Tetra e Penta. La piu’ bassa produttività e vigoria
l’hanno manifestata Sirio e Fire.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
CARATTERIZZAZIONE E VALORIZZAZIONE DEL “PERCOCO DI TURSI”
Micali S, Vendramin E, Dettori MT, Giovinazzi J,Verde I, Quarta R
CRA – Centro di Ricerca per la Frutticoltura – Via di Fioranello, 52 – 00134 ROMA
Il Percoco di Tursi è tipico della Basilicata. Nella zona di Tursi (MT), Aliano (MT) e
Santarcangelo (PZ) il percoco ha origini antiche. Una popolazione locale di percoche a polpa gialla
e a polpa bianca, diffusa da secoli nella zona compresa tra le valli dei fiumi Sinni ed Agri, è
genericamente identificata come ‘Percoco di Tursi e Santarcangelo’ o ‘settembrino’ (Mennone et
al., 2003). Tale prodotto merita di essere valorizzato sia per le pregevoli caratteristiche
organolettiche del frutto destinato al consumo fresco, che per l’elevata attitudine alla conservazione
ed alla trasformazione industriale. Il ‘Percoco di Tursi’ può inoltre contribuire a qualificare la
peschicoltura tardiva della Basilicata.
Sedici accessioni di ‘Percoco di Tursi’ provenienti da tre diverse aree di coltivazione sono state
caratterizzate mediante l’uso di 22 marcatori microsatelliti, 6 RAPD e 2 AFLP e sono state
confrontate con 6 varietà di Pesco, 5 di Nettarina e 5 di Percoco.
L’elaborazione dei dati relativi ai soli SSR consente di discriminare le accessioni di ‘Percoco di
Tursi’ da tutte le altre varietà di P. persica saggiate. Le accessioni, inoltre, si distribuiscono in tre
gruppi separati in accordo all’area di provenienza.
L’analisi dei cluster relativa a tutti i marcatori utilizzati ha evidenziato un raggruppamento delle
accessioni di ‘Percoco di Tursi’ in un unico cluster. Nello stesso gruppo si collocano anche tre
varietà di Percoco di origine italiana.
I risultati hanno evidenziato che il materiale identificato come ‘Percoco di Tursi’, pur non essendo
del tutto omogeneo, è geneticamente distinguibile da tutte le altre varietà analizzate.
Ai fini della tracciabilità del prodotto trasformato sono stati messi a punto dei protocolli di
estrazione del DNA da matrici complesse quali purea e frutto sciroppato. Il DNA estratto è stato
sottoposto ad analisi mediante microsatelliti per verificare la possibilità di identificare profili di
amplificazione riconducibili alla pianta di origine.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
COLTURA
IN VITRO DI EMBRIONI IMMATURI DI INCROCI INTERSPECIFICI
PERSICA X
P.
(PRUNUS
DAVIDIANA) PER L’INTROGRESSIONE DI CARATTERI DI RESISTENZA A
SHARKA
Monticelli S., Gentile A., Frattarelli A., Damiano C.
CRA – Centro di Ricerca per la Frutticoltura
Via di Fioranello 52, 00134 Roma
[email protected]
Prunus davidiana [(Carr.) Franch.], specie selvatica affine al P. persica [(L.) Batsch], è
divenuta oggetto di studio per le potenzialità di introgressione di caratteri di interesse nel pesco,
risultando infatti resistente alle principali avversità e malattie del pesco, tra cui la sharka. Se per
l’albicocco sono state identificate cultivar resistenti al PPV, ma di scarso valore commerciale, per il
pesco non sembrano ancora esservi cultivar commerciali resistenti. In quest’ottica diviene
importante l’ottenimento e la selezione di semenzali da incroci tra varietà di pesco e P. davidiana.
La coltura in vitro di embrioni immaturi (embryo rescue) è una tecnica usata con successo, anche
nel genere Prunus, per ottenere piante vitali da ibridi interspecifici, e quindi di ausilio nei
programmi di incrocio. Essa consente la germinazione dei semi ibridi, spesso destinati all’aborto
dopo poche settimane dall’impollinazione a causa di incompatibilità post-impollinazione, o
comunque dotati di una ridotta germinabilità rispetto agli incroci intraspecifici. Lo scopo di questo
lavoro è stato quello di consentire la germinazione di semi derivanti da incroci di una varietà, cv
Sagittaria, e di 7 selezioni avanzate, ottenute nell’ambito del Progetto di miglioramento genetico del
pesco, con P. davidiana. Tali semi sono stati sterilizzati e inoculati su un terreno colturale sterile e
conservati a 4°C al buio per circa 400 ore. Sono stati poi trasferiti alla luce a 24°C fino alla
germinazione ed infine inoculati su un terreno di moltiplicazione. In e tra gli incroci si sono
osservati diversi gradi di maturità degli embrioni, con embrioni di dimensioni comprese tra 1 e 12
mm circa. La percentuale di germinazione dei semi è risultata inferiore al 20% per un solo incrocio,
compresa tra il 45 e il 70% per tre incroci e superiore all’80% per i rimanenti incroci. Nei diversi
incroci, la percentuale di sopravvivenza in moltiplicazione è risultata compresa tra il 50 e il 100%.
Sono stati effettuati i primi trasferimenti in serra dei cloni radicati per la successiva valutazione dei
semenzali.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
ULTERIORI INDAGINI SULLA RESISTENZA DEL PESCO ALLA BOLLA ( TAPHRINA
DEFORMANS BERK. TUL)
Padula G., Bellini E., Giordani E., Ferri A.
Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura - Università di Firenze
La bolla del pesco, causata dalla Taphrina deformans (Berk.) Tul., è una delle malattie più
temute di questa specie. Le piante sensibili a questo fungo manifestano i sintomi alla ripresa
vegetativa a danno delle giovani foglie che appena schiuse presentano consistenti bollosità, che con
il passare del tempo tendono a ispessirsi, ad assumere consistenza carnosa e colorazione rossastra
determinando infine il completo accartocciamento e disseccamento dell’intera foglia, nonché del
giovane germoglio, con immaginabili ripercussioni sulla produzione.
Nel 1984 presso il Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura dell’Università di Firenze è stata ottenuta
per autofecondazione della DOFI-71.043.018 (ottenuta per autoimpollinazione della cultivar
Cesarini) la progenie DOFI-84.364 di cui nel 1990 si è riscontrata resistenza a questo parassita,
dovuta probabilmente a una reazione di ipersensibilità che la pianta innesca venendo a contatto con
il fungo.
Durante il 2007 è stata rilevata la suscettibilità al fungo di oltre 300 varietà di pesco comprendenti
sia varietà locali toscane (Burrone e Cotogne) che varietà ampiamente diffuse nei diversi areali
peschicoli italiani. Nel biennio 2006 e 2007, inoltre, la suscettibilità è stata valutata su progenie F1
ottenute da parentali resistenti e da incroci controllati tra Maria Elisa, Maria Anna, Maria Dolce e
Maria Aurelia con la DOFI-84.364. La tecnica utilizzata ha previsto la stima in campo dell’entità di
infestazione sulle singole piante, attribuendo un livello di infezione compreso tra 0 e 5 nella
valutazione dell’intera pianta e da 0 a 10 nella valutazione delle singole foglie. La ricerca ha
permesso di individuare soggetti a maggiore e a minore sensibilità al patogeno e di formulare
ipotesi sull’ereditarietà del carattere di resistenza alla bolla del pesco.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
POSSIBILI
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
RELAZIONI TRA MANCATO SODDISFACIMENTO DEL FABBISOGNO IN
FREDDO, ALLEGAGIONE E PRODUZIONE DI UNA VASTA POPOLAZIONE DI NUOVE
CULTIVARS DI PESCO IN PUGLIA
Marino Palasciano, Salvatore Camposeo, Giuseppe Ferrara, Angelo Godini
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali – Università degli Studi di Bari
Il ripetersi di inverni miti registrati nell’ultimo decennio, negli ambienti meridionali, rende
indispensabile la conoscenza del fabbisogno in freddo delle nuove cultivar di pesco per una loro più
affidabile valutazione; ciò anche in considerazione del notevole dinamismo varietale che
caratterizza la specie. Nella presente ricerca si riportano le relazioni tra la cascola preantesi delle
gemme a fiore, l’allegagione, l’intensità del diradamento dei frutti e la produttività di venti cultivar
di pesco di recente introduzione, rilevate in un’area della Puglia centrale nel corso della stagione
autunno-invernale 2006-2007, caratterizzata da un limitato accumulo di ore di freddo (593 ore
≤7,2°C). I risultati ottenuti hanno evidenziato una significativa influenza della componente genetica
sul fabbisogno in freddo. Infatti, le cultivar esaminate hanno presentato valori di cascole comprese
tra il 23,3% (‘Doris’) ed il 91,8% (‘Emeraude’); inoltre, due terzi di esse hanno mostrato di
collocarsi nella classe elevata di cascola (>40%). L’allegagione media è stata del 31,2%, la quantità
di frutti mediamente asportata con le operazioni di diradamento è risultata pari al 28,2% e la
produzione media è stata di 31,1 kg/albero, variando da un minimo di 11,1 kg/albero (‘Maria
Regina’) ad un massimo di 53,2 kg/albero (‘Zee Glo’). L’allegagione, l’intensità del diradamento
dei frutti e la produzione per pianta sono risultate tra loro direttamente proporzionali.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
VALUTAZIONE
(PPV)
DELLA RISPOSTA ALL’INFEZIONE DEL
E
SCELTA
DEI
VIRUS DELLA
PORTINNESTI
SHARKA
DI CULTIVAR E SELEZIONI AVANZATE DI PESCO E NETTARINE USATE IN
INCROCI CON L’IBRIDO PRUNUS PERSICA X
PRUNUS DAVIDIANA
Piccirillo P., Monticelli S., De Luca A.
CRA – Unità di ricerca per la Frutticoltura di Caserta – Via Torrino, 3 – 811100 Caserta
[email protected]
Il virus della vaiolatura del susino (Plum Pox Virus - PPV) responsabile della Sharka rientra
fra gli agenti patogeni da quarantena, per cui è previsto il divieto di trasporto di materiale infetto e
l’eradicazione obbligatoria delle piante infette. La facilità del virus di essere diffuso con materiale
di propagazione e tramite afidi ne ha favorito la diffusione su tutto il territorio nazionale. A partire
dal 2000 una indagine avviata per verificare l’incidenza della Sharka in Campania ha accertato la
presenza del patotipo D-Diderot principalmente su albicocco, e del patotipo M-Marcus su pesco e
nettarine. Il patotipo M usato per verificare in serra la risposta alla Sharka di 22 cv di pesco, ha
indotto sintomi evidenti su 19 cultivar e risposta asintomatica sulle cv Alix, Maria Dorata e Neve,
risultate positive a RT-PCR usando i primer universali P1 e P2. Sono stati fatti incroci tra genotipi
di pesco (6 cv e 9 selezioni avanzate di incroci con parentale a basso bisogno di freddo) con l’ibrido
interspecifico S40 (Prunus persica x Prunus davidiana). I frutti raccolti con semi immaturi sono
stati sottoposti a embriocoltura, ottenendo 169 piante. Queste ed altre 311 ottenute da semi maturi
sono in fase di valutazione in serra per la risposta al virus della Sharka.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
INFLUENZA
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
DEL PORTINNESTO SULLE CARATTERISTICHE FISIOLOGICHE DELLA
CULTIVAR BABY GOLD 9 INNESTATA SU QUATTRO PORTINNESTI
Pjerin Preka – Stefano Cherubini
CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura – Roma, Via Fioranello 52
e-mail: [email protected]
E’ stato osservato il comportamento fisiologico del pesco Babygold 9 innestato su quattro
portinnesti (GF 677, Isthara, Barrier 1 e PS A5) valutando l’interazione portinnesto - nesto come
fattore determinante nell’equilibrio idrico e capacità assimilativa della pianta.
Per ogni tesi sono stati eseguiti i rilievi fisiologici come fotosintesi, traspirazione, conduttanza
stomatica, temperatura fogliare e calcolata l’efficienza d’uso dell’acqua (WUE) utilizzando i dati
forniti dal misuratore portatile Li-Cor a sistema chiuso.
Le piante sono state sottoposte a stress idrico per valutarne la resistenza alla siccità fino a 0,05 mol
H2O m-²s-¹ di conduttanza stomatica (stress idrico moderato).
L’elaborazione dei dati ottenuti mette in evidenza come il portinnesto possa influenzare
l’espressione delle caratteristiche fisiologiche della cultivar. L’interazione portinnesto - cultivar è
stata significativa sia per la capacità assimilativa che per gli scambi gassosi.
L’attività stomatica è stata condizionata dalla capacità del portinnesto di soddisfare le esigenze
idriche della pianta in relazione alla variazione della temperatura ambientale. In condizioni di stress
idrico, i portinnesti GF 677, Isthara e PS A5 hanno consentito alla cultivar una migliore efficienza
fisiologica rispetto a Barrier 1.
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POSTER: EVOLUZIONE VARIETALE, BIOTECNOLOGIE
E
SCELTA
DEI
PORTINNESTI
“PERCOCA DI TURI” ECOTIPO DA SALVAGUARDARE E VALORIZZARE
Girolamo Russo
Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali
Università degli Studi di Bari
Email: [email protected]
Per alcune specie frutticole presenti in Puglia è stata evidenziata una ricca biodiversità,
la cui salvaguardia è di indubbia importanza.
Tra queste specie vi è il pesco, dove è stata riscontrata la presenza di ecotipi di elevato pregio
che rischiano la scomparsa poiché sostituiti da varietà di recente acquisizione.
In particolare, un ecotipo di percoca conosciuta come “Percoca di Turi”, presente
nell’areale barese, merita molta considerazione per le ottime caratteristiche qualitative dei
frutti che, oltre al mercato del consumo fresco, potrebbero essere destinati all’industria di
trasformazione ed ottima per la preparazione di frutta di quarta gamma.
Le osservazioni effettuate sulle caratteristiche bio-agronomiche e produttive effettuate su
piante nella fase di piena maturità indicano un ecotipo caratterizzato da buona
produttività e resistenza a diverse fisiopatie e per questo potrebbe essere inserito nella
filiera agro-alimentare del biologico.
Riguardo alle problematiche del post-raccolta, il frutto presenta una buona adattabilità
alla conservazione ed alle manipolazioni.
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SISTEMI D’IMPIANTO, ECOFISIOLOGIA E TECNICA
COLTURALE
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USO
DELLA TOMOGRAFIA GEOELETTRICA PER LO STUDIO DELLA VARIABILITÀ
SPAZIALE DELLE PROPRIETÀ FISICHE DEL TERRENO E DEGLI APPARATI RADICALI IN
SISTEMA PESCHETO
Laura Lazzari(1), Giuseppe Celano(1), Mariana Amato(1), Said A. al Hagrey (2), Antonio
Loperte(3), Vincenzo Lapenna(3), Antonio Satriani(3)
(1) Dip. di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell'Ambiente, Univ. degli Studi della
Basilicata, Viale dell’Ateneo Lucano,12 – Potenza; e-mail:[email protected]
(2) University of Kiel, Otto-Hahn-Platz 1, 24118 Kiel, Germany
(3) Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale del CNR, C.da S. Loja, Tito (PZ).
Parole chiave: apparato radicale; geoelettrica; variabilità spaziale del suolo, sistema radicale,
riserve idriche.
La distribuzione spaziale delle proprietà fisiche del suolo e degli apparati radicali è
un’informazione di primaria importanza sia a fini teorici che per la gestione delle colture, con
particolare riguardo alle tecniche rivolte alla qualità dei prodotti e ad un basso impatto ambientale.
La determinazione di tali proprietà però è spesso onerosa e distruttiva, e ciò rende scarsamente
praticabili schemi di campionamento appropriati per la caratterizzazione della variabilità, e non
permette di studiare contemporaneamente le dinamiche temporali e quelle spaziali dei fenomeni
connessi.
Lo scopo generale di questo lavoro è l’applicazione combinata della tecnica geofisica Tomografia
Geoelettrica e dei più convenzionali metodi distruttivi d’analisi delle proprietà del suolo al fine di
studiare la variabilità spaziale della distribuzione radicale e le relazioni con le proprietà fisiche del
suolo in un sistema pescheto. Questa combinazione di metodi mira allo studio delle radici ed alla
caratterizzazione di relazioni (empiriche) esistenti tra resistività, proprietà pedo-idrologiche del
suolo (p.e. tessitura, percentuale di scheletro, contenuto idrico) e parametri radicali (p.e. densità
radicale, lunghezza radici legnose e fini).
La sperimentazione si è articolata in clima semi-arido mediterraneo, in due pescheti sperimentali
gestiti, rispettivamente, con tecniche tradizionali e conservative della risorsa suolo.
Nei due sistemi misure della distribuzione spaziale della resistività del suolo utilizzando la tecnica
geoelettrica 2D e 3D sono state abbinate a misure distruttive della percentuale di scheletro, del
contenuto in argilla, dell'umidità del suolo e della densità radicale. I dati di resistività derivanti dai
modelli resistivi sono stati correlati con i parametri del suolo e delle radici, misurati direttamente su
campioni di suolo prelevati da trincee scavate in corrispondenza dei profili geoelettrici. I risultati
indicano una complessa variabilità delle caratteristiche del suolo misurate. Gli effetti sulla
resistività dei parametri del suolo misurati sono stati esaminati attraverso un’analisi statistica
multiregressiva con intervallo di confidenza del 95%. L’analisi evidenzia che una buona quota della
variabilità dei valori di resistività del suolo è stimabile utilizzando quali regressori il contenuto
idrico, contenuto in pietre, la lunghezza delle radici legnose, la densità radicale e la conducibilità
elettrica della soluzione circolante del suolo (EC1:1) Inoltre, utilizzando un approccio univariato, è
stata evidenziata la relazione statisticamente significativa tra contenuto idrico e resistività del suolo
in accordo alla legge di Archie sviluppata per suolo insaturi, grossolani e liberi da radici. I risultati
della ricerca indicano la possibilità di utilizzare la tecnica geoelettrica, abbinata a mirati
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campionamenti distruttivi, nella stima del carbonio sequestrato nelle strutture radicali e nella
valutazione dell'entità delle riserve idriche del suolo.
Lavoro realizzato nell'ambito del PROGETTO PRIN-2004: Ciclo del carbonio in ecosistemi
produttivi arborei e FISR: Metodi Sostenibili per il sequestro del carbonio organico nei suoli
agrari. Valutazione degli effetti sulla qualità chimica, fisica, biologica ed agronomica dei suoli
(MESCOSAGR).
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INNESTOA MINI CHIP-BUDDING: IMPIEGO DI DIVERSI MATERIALI PER LA LEGATURA
F. Massetani1, P. Dalmonte2, V. Giorgi1, D. Neri1
Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali, Università Politecnica delle
Marche, via Brecce Bianche 60131 Ancona
2
Vivai Dalmonte Guido e Vittorio, Via Casse, 1 48013 Brisighella (RA)
Per un buon attecchimento degli innesti deve verificarsi un’idonea combinazione di
condizioni, relative ad esempio a temperatura, livello di umidità, presenza di ossigeno e grado di
contatto tra i due bionti. Per il raggiungimento di queste condizioni, soprattutto negli innesti a
gemma, può giocare un ruolo importante il materiale utilizzato per la legatura del punto di innesto,
per via delle sue caratteristiche di adesione, traspirazione, permeabilità. Nella fase applicativa
inoltre non risulta indifferente la praticità con cui esso può essere maneggiato.
Sono stati confrontati in una prova di mini-innesto a chip-budding su pesco sei materiali mutuati da
ambiti diversi e rappresentati da quattro tipi di cerotti medici con differenti gradi di consistenza,
elasticità e porosità; una pellicola multiuso da laboratorio (attualmente diffusa per questo tipo di
innesto) e un modello di molletta plastica per innesti orticoli. Oltre a fornire conferme sulla validità
del materiale generalmente in uso, i risultati hanno rivelato un interessante comportamento per un
tipo di cerotto (Leukopor, BSN medical Srl). Tuttavia, per la ridotta praticità manuale non sembra al
momento conveniente l’applicazione su larga scala.
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EFFICACIA DI NUOVI FORMULATI CONTRO LA CLOROSI FERRICA DEL PESCO
Angelo Petrozza1, Giovanni Lacertosa1
[email protected]
1
Metapontum Agrobios, S.S. 106 Km 448,2 – 75010 Metaponto (MT)
Parole chiave: ferro-carenza, pesco, chelati, EDDHA
La carenza di ferro, è una problematica nutrizionale che si riscontra essenzialmente nei
terreni calcarei e determina nelle specie vegetali sensibili la comparsa di sintomi caratterisitici,
costituiti da ingiallimenti delle foglie più giovani. Per ovviare ai danni provocati dalla ferro-carenza
si può intervenire con l’impiego al terreno di fertilizzanti speciali. La forma fisico-chimica con la
quale il Fe è somministrato è quella “chelata”, dove l’elemento si trova unito a molecole organiche.
Diversi chelati di ferro sono presenti in commercio, con stabilità temporali molto differenti tra loro,
in funzione della luce e del pH.
Pertanto, durante la primavera del 2006, è stata valutata l’efficacia di un nuovo prodotto della
Valagro, denominato Ferrilene 10, contro la clorosi ferrica in un pescheto del Metapontino.
Ferrilene 10 (un ferro chelato EDDHA 10%, di cui 9,5 % in forma di isomero ORTO-ORTO) è
stato confrontato con due standard commerciali (contenenti entrambi il 6% di ferro chelato
EDDHA, di cui rispettivamente il 4,8% e il 3,8% in forma di isomero ORTO-ORTO). Un unico
trattamento è stato effettuato alla fase di indurimento del nocciolo con palo iniettore, in uno schema
sperimentale adottato è stato il blocco randomizzato con tre repliche, costituite da 4 piante contigue.
I risultati, del primo anno di sperimentazione, evidenziano che nella tesi con Ferrilene 10 si è avuto
un significativo incremento del Ferro-attivo nelle foglie, rispetto alle altre tesi. Inoltre l’indice di
verde fogliare è stato maggiore indistintamente in tutte le tesi trattate con Fe-chelato rispetto al
testimone. Anche i parametri qualitativi della produzione (brix, durezza e acidità) sembrano
confermare l’influenza positiva del nuovo prodotto. Pertanto, dai dati ottenuti in questo primo anno
di prova, è emerso che, l’impiego di prodotti specialistici per la nutrizione delle piante, può
alleviare i problemi di carenza, migliorando gli aspetti qualitativi della produzione.
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PROTEZIONE E DIFESA DA PARASSITI E PATOGENI
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POSTER: PROTEZIONE
UN CASO FITOPATOLOGICO DI
E
DIFESA
DA PARASSITI E
PATOGENI
PARTICOLARE INTERESSE: I MARCIUMI RADICALI DA
ARMILLARIA
A. Abbatecola, M. Troiano, A. Caponero, C. Mennone
I marciumi da Armillaria spp. stanno destando molta preoccupazione in quanto interessano
impianti giovani di drupacee, persino di 1-2 anni di età.
I sintomi a livello della chioma sono piuttosto aspecifici e consistono in un generale scarso vigore
vegetativo, foglie piccole, emissione di gomma e progressivo deperimento della pianta infetta.
In periodi dell’anno particolarmente caldi spesso si assiste a veri e propri “collassi” delle piante
infette. Le manifestazioni sintomatologiche tipiche del marciume radicale fibroso si osservano
scalzando il piede della pianta:sotto la corteccia delle radici e del tronco, al colletto, compaiono le
placche miceliari a forma di ventaglio. Molti agricoltori non conoscono la malattia, spesso non
osservano l’apparato radicale delle piante estirpate ed hanno la tendenza a lasciare in campo piante
morte perché producono carpofori eduli noti come “chiodini”. Non esistono in commercio prodotti
in grado di eradicare o controllare la malattia. Fumiganti o sterilizzanti si sono rivelati inefficaci in
quanto non penetrano a più di 50 cm nel terreno e non raggiungono il fungo che è protetto dalla
corteccia e distruggono i potenziali antagonisti naturali del patogeno. Al momento, quindi, l’unico
mezzo di lotta è la prevenzione. Prima di procedere ad un nuovo impianto occorrerà essere sicuri
che la malattia non era presente nella coltura precedente e, se possibile, procedere al controllo
accurato dell’apparato radicale delle piante estirpate e rimuovere subito le piante infette; eseguire
lavorazioni profonde del terreno nel caso in cui si rilevino patogeni radicali e lasciare a riposo per
4-5 anni. Nel caso in cui si rilevino infezioni in vecchi impianti bisognerà asportare le piante morte
o quelle con sintomi conclamati, con tutto l’apparato radicale; evitare di rimpiazzare subito le piante
estirpate con nuove piante e controllare lo stato delle piante limitrofe; lasciare aperte le buche ed
eventualmente applicare calce idrata per il suo effetto caustico sui propaguli fungini.
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POSTER: PROTEZIONE
CONFRONTO
E
DIFESA
DA PARASSITI E
PATOGENI
DI TECNICHE PER LA DIAGNOSI DI ILARVIRUS SU MATERIALE
DORMIENTE DI DRUPACEE.
Bazzoni A., F. Palmisano, D. Tavano e V. Savino
Dipartimento di Protezione delle Piante Microbiologia Applicata, Università degli Studi di Bari.
Sono state confrontate tre tecniche (ELISA, RT-PCR e Real Time PCR) per la diagnosi di
ilarvirus (PDV, PNRSV e ApMV) su materiale dormiente di drupacee. A tal fine sono stati utilizzati
isolati virali di differente provenienza geografica, mantenuti su piante infette di diverse specie di
drupacee, allevate in pieno campo presso l'Azienda Didattico Sperimentale "Martucci"
dell’Università di Bari.
Il materiale è stato prelevato nel periodo autunnale-invernale negli anni 2006-2007 e 2008, il
saggio ELISA è stato eseguito su corteccia e gemma mentre i saggi molecolari su floema. Il saggio
ELISA è stato quindi ripetuto su foglie prelevate dopo forzatura e in primavera per gli anni 2006 e
2007. Il confronto tra i risultati ottenuti ha messo in evidenza livelli di sensibilità simili per i tre
virus per il saggio ELISA eseguito su materiale dormiente e su materiale vegetante. In corso di
elaborazione sono i risultati dei saggi molecolari.
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POSTER: PROTEZIONE
E
DIFESA
DA PARASSITI E
PATOGENI
TREBON STAR: LARVICIDA SPECIFICO PER IL CONTENIMENTO DI CYDIA MOLESTA
DEL PESCO
A.GUARNONE-A.CAPELLA-F.GUASTAMACCHIA
SIPCAM spa-Via Sempione 195-Pero (MI)
Il tortricide Cydia molesta (Busck) (Lepidoptera Torticidae), rappresenta l’insetto chiave nei
principali areali peschicoli italiani. La difesa da questo parassita si è basata, sino al 2007
sull’impiego di insetticidi organofosforici ed in particolare azinphos metyl. Questo principio attivo,
a seguito della revisione comunitaria introdotta con la Direttiva UE 91/414, è stato escluso dagli
impieghi in agricoltura a partire dal 1° gennaio 2008. I calendari di difesa andranno quindi rivisti
alla luce delle recenti normative, cercando di gestire opportunamente le sostanze attive efficaci
rimanenti, rispettando per quanto possibile l’esigenza di alternanza delle molecole con diverso
meccanismo di azione per limitare i fenomeni di resistenza.
Tra i prodotti ad attività larvicida il fenossibenzil etere etofenprox da anni riveste un ruolo chiave
nella difesa da C.molesta, in particolare nei trattamenti di chiusura .
Il formulato attualmente disponibile (TREBON STAR) si caratterizza per un favorevole profilo
tossicologico, nel quale emerge, in particolare, un valore di DL 50 acuta orale di > 42.000 mg/Kg
(ratto femmina), largamente superiore alla media dei valori evidenziati dai principali insetticidi
attualmente utilizzati nei programmi di lotta integrata .
TREBON STAR agisce per contatto e ingestione, con un meccanismo di azione di tipo neurotossico
(inibizione del trasporto del sodio lungo le terminazioni nervose), che consente una rapida azione
abbattente sugli insetti target.
La persistenza nell’ambiente è relativamente breve, caratteristica che fa di etofenprox un principio
attivo particolarmente adatto nei trattamenti di pre raccolta, grazie anche al breve intervallo di
sicurezza, che su pesco è di 7 giorni.
Nel corso degli ultimi anni etofenprox è stato oggetto di una intensa attività sperimentale con lo
scopo di valutarne a pieno l’attività larvicida anche contro le generazioni più dannose di C.molesta
(IIa e IIIa in funzione delle varietà e degli ambienti), in modo da poterlo proporre come alternativa
agli organofosforici, per alleggerirne l’impiego nei calendari di difesa, oltre che come specifico
prodotto per la lotta ad Anarsia lineatella, che in numerosi ambienti può arrecare seri danni al
pesco nel periodo primaverile-estivo.
Nel periodo 2005-07, a cura di alcuni Centri di saggio operanti nei territori dell’Emilia-Romagna e
del Veneto (AGREA, Consorzio Agrario di Ravenna e Terremerse) sono state condotte prove
sperimentali per valutare l’azione larvicida di etofenprox, applicato sia contro la IIa che contro la
IIIa generazione di C.molesta, a confronto con larvicidi standard di riferimento.
Le prove sono state realizzate in accordo con le Guideline EPPO di riferimento, PP1/152 (2),
PP1/181 (2), PP1/31 (2) intervenendo mediamente dopo l’inizio del volo, con tre interventi a
distanza media di 8-10 giorni per coprire l’intera curva della generazione.
I rilievi sono stati eseguiti su un campione rappresentativo di frutti per ciascuna tesi, per
determinare il danno arrecato dalle larve della generazione oggetto dello studio.
In tutte le prove svolte nel periodo considerato, etofenprox ha evidenziato una elevata attività
insetticida nei confronti di C.molesta, con una efficacia media dell’85% sui frutti, in linea con i
migliori standard di riferimento testati.
83
POSTER: PROTEZIONE
E
DIFESA
DA PARASSITI E
PATOGENI
Da un punto di vista pratico TREBON STAR può essere validamente inserito nei calendari di
difesa contro C.molesta, come specifico larvicida da impiegarsi contro la IIa o la IIIa generazione,
posizionando l’intervento dopo il regolatore di crescita, alla schiusura delle prime larve, con una
persistenza media di 7-10 giorni, a cui far seguire un estere fosforico (ad es. fosmet) per completare
la protezione della generazione.
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POSTER: PROTEZIONE
E
DIFESA
DA PARASSITI E
PATOGENI
CERATITIS CAPITATA (WIEDEMANN): UNA PROSPETTIVA DI CONTROLLO DAI
NEMATODI ENTOMOPATOGENI
M. R.Tabilio1, R. Mandatori1, M. Quaranta1, F. R. De Salvador1
1
CRA - Centro di Ricerca per la Frutticoltura, via Fioranello 52, 00134 Roma
Si riportano i risultati della parassitizzazione di larve di Ceratitis capitata ottenuta con
alcune specie di nematodi entomopatogeni. In particolare sono state testate le specie
Heterorhabditis bacteriophora, Steinernema carpocapsae e Steinernema feltiae. I test sono stati
realizzati in laboratorio, inizialmente in piastre aventi 24 pozzetti da 1 cm di diametro riempiti
parzialmente di sabbia umida. In ciascun pozzetto è stata inserita una larva matura di C. capitata, la
quale è stata messa in contatto con diverse concentrazioni di nematodi. Successivamente le prove
sono state replicate in vasi aventi la capacità di circa 1 litro, dove la sabbia è stata sostituita con il
terreno e la concentrazione di nematodi è stata pari a 500.000 unità/m2, ciò al fine di simulare
l’attività in pieno campo.
I risultati dei test effettuati in piastre, mostrano una scarsa efficacia per le specie H. bacteriophora e
S. carpocapsae, mentre S. feltiae ha dato esiti molto interessanti evidenziando una parassitizzazione
di circa il 100% quando utilizzati in un rapporto di 100 nematodi/larva dopo 24 ore. Risultati
analoghi sono stati ottenuti anche quando la concentrazione del parassitoide è stata ridotta del 50%.
Invece, nelle prove in vaso, la percentuale di larve colpite è scesa al 56%.
In conclusione si può affermare che delle 3 specie saggiate la più valida risulta essere S. feltiae,
tuttavia si evince la necessità di ripetere le prove in vaso variando qualche parametro nella
metodologia, ciò nell’ottica di ottenere valori più alti di parassitizzazione prima di estendere il loro
utilizzo in pieno campo.
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POSTER: PROTEZIONE
TECNICHE
DI MANIPOLAZIONE IN CAMPO DI
E
DIFESA
CHRYSOPERLA
DA PARASSITI E
CARNEA
PATOGENI
(NEUROPTERA
CHRYSOPIDAE) IN UN PESCHETO A GESTIONE BIOLOGICA
TABILIO M.R. 1, LETARDI A. 2
1 C.R.A., Centro di Ricerca per la Frutticoltura, via di Fioranello 52-00134 Roma
2 Enea BAS-BIOTEC SIC, via Anguillarese 301-00123 Roma
Negli ultimi anni si è notevolmente esteso l’interesse per lo studio del ruolo dei predatori
generalisti nel contenimento di fitofagi delle colture agrarie, sia nella frutticoltura integrata sia in
quella biologica. In particolare nel pescheto i crisopidi (specialmente Chrysoperla carnea s.l.) sono
predatori chiave in quanto si nutrono di diversi artropodi dannosi. Tuttavia è da tener presente che
gli adulti tendono a disperdersi su vasti territori e che la loro stanzialità è legata solo al rilascio in
serra. Pertanto è stata tentata una manipolazione in pieno campo con l’utilizzo di composti sintetici
che fossero in grado di attrarre entrambi i sessi. Infatti essenziale è la presenza delle femmine che
ovideponendo in prossimità delle prede garantiscono alle larve una fonte trofica immediata che si
traduce in un contenimento dei fitofagi, essendo quello larvale l’unico stadio carnivoro. Il presente
studio intende illustrare i risultati di un triennio ottenuti con un attrattivo che già in precedenza
aveva mostrato un’ottima valenza verso entrambi i sessi di questo crisopide. L’efficacia veniva
valutata quantizzando le ovideposizioni in pieno campo rilevate settimanalmente sia nel pescheto
manipolato sia in quello testimone.
I risultati hanno mostrato una positiva correlazione tra la presenza dell’attrattivo e un maggiore
numero di uova, con dati che nei diversi anni sono variati da una presenza complessiva annuale da
doppia sino a dieci volte maggiore. Particolarmente significativo è l’aumento delle ovodeposizioni
alla ripresa vegetativa, ciò permette di ipotizzare un controllo da parte di questo predatore sulle
popolazioni dei principali fitofagi del pesco.
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POSTER: PROTEZIONE
E
DIFESA
DA PARASSITI E
PATOGENI
LE PIANTE ERBACEE NELLA EPIDEMIOLOGIA DELLA SHARKA: RISULTATI DI DUE
ANNI DI INDAGINE
S. Zampini 1, D. Boscia 2, T. Cosmi 3, V. Girolami 1, C. Migliorini 4, N. Mori 5, L. Tosi 5.
1Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, Università degli Studi di Padova –
Agripolis Legnaro (Pd)
2Centro di Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura “Basile Caramia” – CRSA Locorotondo (Ba)
3 Veneto Agricoltura Laboratori di diagnosi – Buttapietra (Vr)
4 Veneto Agricoltura – Sezione Ricerca e Sperimentazione Agraria ed Ittica – Agripolis Legnaro
(Pd)
5Agrea Centro Studi – San Giovanni Lupatoto (Vr)
La Sharka o Vaiolatura delle Drupacee dal 1996 (anno del primo reperimento) sta provocando in
Veneto ingenti danni alle coltivazioni peschicole. Agente causale di questa malattia è un Potyvirus,
(Plum Pox Virus = PPV) il cui suo ceppo M, risulta molto pericoloso su pesco.
Nel biennio 2006-2007 la Regione Veneto, con il coordinamento di Veneto Agricoltura, ha dato
avvio ad un progetto di ricerca sulla Sharka. Uno degli obiettivi dello studio era quello di effettuare
delle indagini sulla possibile presenza del PPV in erbe comunemente presenti nel cotico di pescheti
infetti.
Negli areali “storicamente” noti per la presenza del virus Sharka della Provincia di Verona sono
state individuate 7 aziende agricole dove, in due principali periodi dell’anno (primavera-autunno),
sono stati raccolti 1.537 campioni di erbe, tutti sottoposti successivamente ad analisi DASI-ELISA
ed IC-RT-PCR. Tra le 18 diverse specie segnalate in bibliografia, come suscettibili, sono state
analizzate prevalentemente: Taraxum officinalis, Rumex obtusifolium, Sorghum halepense,
Chenopodium album, Ranunculus repens, Plantago major, Solanum nigrum e Gallinsoga ciliata.
Di tutti i campioni, solo quelli appartenenti alla monocotiledone Sorghum halepense, sono risultati
positivi all’ELISA, 44 su un totale di 121. Le successive analisi PCR e i test di immunomicroscopia
elettronica effettuati allo scopo di validare il risultato non hanno tuttavia confermato il dato.
Le osservazioni condotte inducono a escludere un ruolo significativo delle erbe spontanee
nell’epidemiologia della Sharka.
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QUALITA’ DEI FRUTTI E POST RACCOLTA
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POSTER: QUALITÀ
DEI FRUTTI E POST RACCOLTA
INFLUENZA DEL PORTINNESTO SULLA QUALITÀ NUTRIZIONALE DEL PESCO
F. Capocasa, J. Diamanti, B. Mezzetti
Dipartimento di Scienze Ambientali e delle Produzioni Vegetali (SAPROV) – Università
Politecnica delle Marche, Ancona
Tra le specie frutticole più diffuse nei nostri ambienti, il pesco non si distingue per la una
elevata capacità antiradicalica ma, bisogna considerare che per l’enorme panorama varietale
disponibile, caratterizzato da diverse tipologie di frutto (pesche a pasta gialla e bianca, nettarine a
pasta gialla o bianca, percoche), mancano studi approfonditi su questo importante carattere. La
capacità antiossidante totale (CAT) dei frutti, anche per il pesco, è infatti prevalentemente
influenzata dalla cultivar, dall’interazione con il portinnesto, dall’epoca di maturazione, dalla
tipologia e tempi di conservazione. Le conoscenze che riguardano la CAT del germoplasma del
pesco sono poche e molto spesso difficili da applicare a programmi di miglioramento genetico.
Anche per questa specie il potere antiossidante è un carattere da analizzare per differenziare le
varietà disponibili e che può essere migliorato con specifici programmi di miglioramento genetico.
L’influenza varietale sulle caratteristiche nutrizionali dei frutti è stata analizzata valutando la
variazione della CAT mediante il metodo TEAC e del contenuto totale di polifenoli (TPH) con il
metodo di Folin Ciocalteu (Slinkard et al., 1997) diverse cultivar di pesche e nettarine a pasta gialla
e bianca. Inoltre, si è valutata l’influenza di diversi portinnesti (Adesoto® 101*, Cadaman®Avimag*, Fire®, GF 677, Montclar®-Chanturgue, Penta* e Tetra*) sulle caratteristiche della
qualità dei frutti del frutti.
Per ogni cultivar e per ogni tipo di analisi, è stato prelevato un campione di 20 frutti da cui sono
stati ricavati gli estratti a base di etanolo acidificato.
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POSTER: QUALITÀ
PARAMETRI
DEI FRUTTI E POST RACCOLTA
DI MATURITÀ, GIUDIZIO ORGANOLETTICO E CONTENUTO FENOLICO IN
PERCOCHE A CONSUMO DIRETTO
de Palma L., Tarantino A.
Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali, Chimica e Difesa Vegetale, Università di Foggia
La qualità organolettica percepita dal consumatore è determinante per sostenere la domanda
dei prodotti frutticoli; ad essa oggi si affianca, in misura crescente, la conoscenza del contenuto in
principi salutistici.
Nel settore peschicolo, che vede l’Italia secondo posto tra i produttori mondiali, il giudizio dei
consumatori sulla qualità gustativa è attualmente alquanto critico e le conoscenze sui principi
nutraceutici non raggiungono il livello di approfondimento e di divulgazione conseguito in altre
tipologie di frutta. La raccolta ad uno stadio di maturazione in cui ha avuto inizio lo sviluppo di
colore, aroma e sapore consente di migliorare l’apprezzamento organolettico al consumo, ma riduce
sensibilmente la resistenza dei tessuti ai danni meccanici ed al decadimento post-raccolta,
soprattutto nei genotipi a polpa fondente.
La produzione di percoche, gruppo pomologico con frutto a polpa non fondente e a prevalente
destinazione industriale, costituisce circa il 10-12 % del totale nazionale ed è maggiormente
concentrata nelle regioni meridionali ove è richiesta anche per consumo fresco collocandosi con
“filiera corta” sui mercati locali.
Presso un’azienda agricola privata sita in Puglia nella pianura di Capitanata (FG), frutti di percoco
Andross e Carson (innestato su GF 677), cultivar “tradizionali” medio-tardive tutt’oggi valide per
ampie aree colturali, sono stati raccolti dopo l’inizio dello sviluppo di colore e sapore e sottoposti al
rilievo degli indici di maturità: resistenza della polpa, solidi solubili totali, acidità titolabile.
L’analisi del frutto è stata completata con il rilievo di peso, calibro e resa in polpa. Dopo
conservazione per 1 giorno a 5°C e 8 ore temperatura ambiente, i frutti sono stati sottoposti al
giudizio organolettico di consumatori abituali di pesche ed alla valutazione della presenza di danni
da manipolazioni. Sui frutti di “Andross” è stato determinato il contenuto in polifenoli totali,
parametro altamente correlato con l’attività antiossidante e soggetto a ridursi con l’avanzare del
grado di maturazione.
I risultati, riferiti ad un solo anno di studio, hanno evidenziato apprezzabili caratteristiche dei frutti
raccolti con indice penetrometrico di circa 3,1 kg su 0,5 cm2, cui è corrisposta concentrazione in
solidi solubili totali di 15 °Brix in “Andross” (peso medio frutto 177 g, calibri prevalenti 22 e 23,
resa in polpa 97 %) e 12 °Brix in “Carson” (p.m.f. 217 g, c.p. 23 e 24, r.p. 93%). In entrambe le
cultivar, i frutti hanno ottenuto apprezzamento organolettico positivo sia per sapore che per
consistenza della polpa e non hanno evidenziato segni di danneggiamento. Nella polpa di “Andross”
è stato un riscontrato buon contenuto polifenolico totale, pari a circa 400 mg AG kg-1.
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POSTER: QUALITÀ
DEI FRUTTI E POST RACCOLTA
VALUTAZIONE QUALITATIVA DI PESCHE E NETTARINE A MATURAZIONE TARDIVA IN
SICILIA.
V. Farina1, G. Volpe1, A. Mazzaglia2 e M. Lanza2.
1
Dipartimento S.En.Fi.Mi.Zo Sezione di Frutticoltura Mediterranea, Tropicale e Subtropicale.
Università degli Studi di Palermo
2
Dipartimento di Orto-Floro-Arboricoltura e Tecnologie Agro-alimentari.
Università degli Studi di Catania
La qualità dei frutti è riconducibile a numerosi parametri tra i quali colore, dolcezza,
succosità, flavour etc. Obiettivo del lavoro è stato quello di valutare la qualità dei frutti di pesco e
nettarine attraverso analisi fisico-chimiche e sensoriali. Sono state prese in esame cultivar tardive di
pesco a polpa gialla (Summerset, Tardivo 2000, Fairtime, Guglielmina), a polpa bianca (Daniela) e
di nettarine a polpa gialla (California e Fairline) analizzando peso, calibro, consistenza della polpa,
residuo secco rifrattometrico (RSR), pH, acidità titolabile, colore e sovracolore dell’epicarpo dei
frutti. Inoltre, è stato definito il profilo sensoriale mediante panel di dieci giudici che hanno
generato sedici descrittori: Uniformità colore esterno, Intensità colore interno, Compattezza,
Facilità distacco della polpa dal nocciolo, Odore tipico di pesca/nettarina, Odore erbaceo, Odore
floreale, Pastosità, Succosità, Dolcezza, Acidità, Amarezza, Flavour tipico di pesca/nettarina,
Flavour erbaceo, Flavour floreale e Valutazione complessiva. I frutti di Fairtime, Summerset,
Daniela e California hanno pezzatura commercialmente più interessante. La consistenza della polpa
è simile per tutte le pesche, mentre per le nettarine, California ha frutti leggermente più consistenti.
I valori di RSR più alti si osservano in Guglielmina, Tardivo 2000 e Fairline. I valori di pH sono
simili per le nettarine e per le pesche, fatta eccezione per Guglielmina. L’acidità titolabile più
elevata si registra in Summerset, Fairtime, Tardivo 2000 e California. Summerset e California
hanno la più ampia estensione del sovracolore. Cinque descrittori sensoriali differenziano le pesche:
Facilità distacco della polpa dal nocciolo, Intensità colore interno, Valutazione complessiva, Odore
tipico di pesca e Dolce. Le due nettarine si differenziano, invece, per nove descrittori: Facilità
distacco della polpa dal nocciolo, Dolce, Acido, Pastosità, Flavour tipico di nettarina, Valutazione
complessiva, Succosità, Odore e Flavour erbaceo.
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POSTER: QUALITÀ
VARIAZIONE
RICH MAY,
DEI FRUTTI E POST RACCOLTA
DI ALCUNI PARAMETRI QUALITATIVI IN FRUTTI DI PESCO DELLA CV
IN DUE COMBINAZIONI D’INNESTO.
Motisi A.,** Gullo G.,* Zappia R.*, Mafrica R.,* Dattola A.,* Malara T.,* Diamanti J.*** ,Mezzetti
B.***
*Dipartimento di Ge. S.A.F. Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
**Dipartimento DCA - Università degli Studi di Palermo
***Dipartimento SAPROV – Università Politecnica delleMarche
Lungo il profilo della chioma, si realizzano differenti condizioni microclimatiche, più o meno
accentuate, in funzione del vigore della chioma stessa, che influenzane la qualità del frutto (Motisi
et al., 2004). Gli
strati di chioma che ricevono una maggiore radiazione PAR , condizionano,
favorevolmente, la produzione dal punto di vista qualitativo, determinando migliore pezzatura,
maggiore sovraccolore dell’epicarpo ed una capacità antiossidante totale più elevata (Motisi et al.,
2006). È stata verificata l’esistenza, nel pesco, di una relazione positiva tra i polifenoli totali e la
capacità antiossidante totale ( Scalzo et al., 2005).Lo scopo del presente lavoro è stato quello di
verificare: come la densità della chioma e la diversa disponibilità di radiazione PAR lungo il
profilo della chioma di piante di pesco, possano influenzare, nei frutti,
il contenuto in polifenoli
totali; se la relazione positiva, esistente tra i polifenoli totali e la capacità antiossidante totale è
condizionata dalla vigoria, indotta alla chioma dal portinnesto, e dall’architettura della pianta;
come variano i suddetti aspetti nutraceutici all’interno del pericarpo. Le prove sono state condotte
nel 2006 a Spezzano (Cs) in un impianto, realizzato nel ‘98, con astoni della cv Rich May in due
combinazione d’innesto: Penta e GF677 con forma di allevamento ad
Y trasversale. Il piano
sperimentale prevedeva, per ciascuna combinazione d’innesto, 4 ripetizioni, ognuna costituita da
una parete fruttifera lunga di 12 metri. I rilievi sono stati effettuati considerando, lungo il profilo
della chioma,
4 livelli, effettuando, per ciascuno di essi, un campionamento di 40 frutti, 10 frutti
per ripetizione. Si sono rilevati i parametri carpologici ed organolettici e su 4 frutti di ciascun
campione, si sono prelevati diverse porzioni di pericarpo e, separando l’epicarpo dal mesocarpo, si
è determinato il contenuto in polifenoli totali e la capacità antiossidante totale, utilizzando,
rispettivamente, la metodologia di Folin-Ciocalteu e la metodologia TEAC. I dati ottenuti
evidenziano un ruolo fondamentale del portinnesto nel condizionare, indirettamente, la relazione
esistente tra polifenoli totali e la capacità antiossidante totale, rilevando una significativa variazione,
dei suddetti parametri, nelle due componenti del pericarpo.
92
POSTER: QUALITÀ
DEI FRUTTI E POST RACCOLTA
CREAZIONE DI MODELLI DI PREDIZIONE DELLA QUALITÀ DI PESCHE E NETTARINE
NEL METAPONTINO CON UN DISPOSITIVO VIS/NIR PORTATILE (QUALITY STATION)
C. Mennone*, M. Pincu**, G. Quinto***, T. Colella*, A. Abbatecola*
*AASD Pantanello-Alsia Regione Basilicata
**UNITEC - Italia
***Università degli Studi di Basilicata
Nell’ambito del Progetto Interregionale Frutticoltura di Post-Raccolta-L 499/99, Azione 2
Metodi non Distruttivi per la Qualità dei Frutti, negli anni 2006 e 2007 si sono svolte prove con
diverse varietà di pesco con l’obiettivo di creare modelli di predizione per la stima dei parametri
qualitativi dei frutti, in particolare il contenuto in solidi solubili [°Brix], l’acidità e la durezza della
polpa [kg/cm2] utilizzando un dispositivo portatile avente tecnologia NIR, “Quality Station®” (QS)
della Unitec Spa. Questo per cercare di offrire un prodotto con caratteristiche organolettiche tanto
piu’ vicine alla maturazione ottimale. Infatti sono stati considerati diversi periodi di maturazione:
commerciale, dopo 3 e 7 giorni ed in conservazione fino a 10 giorni, considerando questa variabilità
nei modelli.
La creazione dei modelli di predizione si è realizzata acquisendo informazioni spettrali nella
regione VIS-NIR dello spettro elettromagnetico delle seguenti varietà di pesche, Elegant Lady
Spring Bell, e delle nettarine a polpa gialla Venus, Big Bang, Big Top.
Sono stati effettuati due o tre momenti di raccolta allo scopo di raccogliere informazioni sui diversi
stadi di maturazione e in shelf life.
I modelli sono stati costruiti applicando tecniche quemiometriche con i dati di riferimento prelevati
da 30 frutti per ogni varietà e per epoca di raccolta, per un totale di 330 pesche.
Una percentuale di questi dati sono serviti per realizzare la fase di calibrazione dei modelli l’altra
per la fase di validazione.
Il coefficiente di correlazione (r2) e l’Errore Standard della Predizione (SEP) per la stima del
contenuto in solidi solubili (°Brix) sono stati: 0.77 e 1.1 per Elegant Lady, 0.69 e 0.8 per Venus,
0.60 e 0.8 per Bing Bang, 0.8 e 1 per Big Top e 0.82 e 0.9 per Spring Bell.
Per quanto riguarda la durezza della polpa i risultati sono stati i seguenti: Elegant Lady r2:0.62 e
SEP: 1.1 kg/cm2, Venus r2:0.60 e SEP: 1.2 kg/cm2, Big Bang r2:0.65 e SEP: 1.1 kg/cm2, Big Top
r2:0.65 e SEP: 0.85 kg/cm2, e finalmente Spring Bell r2:0.57 e SEP: 0.79 kg/cm2.
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San Leucio, oggi località di Caserta, prende il nome da una chiesetta longobarda situata
sulla sommità dell’omonimo colle.
Gli Acquaviva, principi di Caserta, nella metà del ‘500, vi costruirono un castello, adibito a
casino di caccia chiamato “Belvedere”, per la vista panoramica della Reggia di Caserta e parco, il
Vesuvio e il blu del Golfo.
Nella seconda metà del ‘700 il feudo fu acquistato da Carlo III di Borbone, come riserva di
caccia. Nel 1579 Carlo III fu chiamato sul trono di Spagna e suo figlio Ferdinando IV ereditò il
Regno di Napoli e delle due Sicilie. Il giovane re proseguì la strategia territoriale avviata dal padre
nei riguardi dei Siti Reali.
Il primo interessamento per San Leucio è del 1773, quando la proprietà fu ingrandita,
recintata e munita di un casino destinato a riposo durante le cacce, diventando la meta preferita del
giovane re, essendo luogo ideale per immergersi nella quiete della natura lontano dalla vita
pomposa di corte.
Nel 1778 il tragico episodio della morte del primogenito Carlo Tito, spinse il re e la consorte
a non abitare più a San Leucio e destinarlo ad uso più utile.
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