INQUINAMENTO
ATMOSFERICO
1
COMPOSIZIONE DELL’ATMOSFERA
L’atmosfera è composta sostanzialmente da idrogeno,
ossigeno e gas nobili. I gas sono prodotti da attività
biologiche, dalle esalazioni vulcaniche, dalle attività
antropiche e dai processi chimici che si innescano in
atmosfera. La composizione in volume risulta:
Azoto (N2)
~78%
Ossigeno (O2)
~21%
Ar, CO2, Ne (…)
~1%
2
1
STRUTTURA DELL’ATMOSFERA
L'
atmosfera è formata da diversi strati, che
presentano caratteristiche fisiche e chimico-fisiche
variabili con la quota: temperatura, pressione,
densità. A causa della forza di gravità l’atmosfera
è stratificata, con gli strati più densi in prossimità
della superficie.
L’andamento che indica le variazioni di
temperatura ∆t in rapporto alla differenza di quota
∆z è detto gradiente termico verticale; se la
temperatura cresce con la quota il gradiente è
positivo, se decresce è negativo.
3
STRUTTURA TERMICA VERTICALE
DELL’ATMOSFERA
4
2
COMPOSIZIONE DELL’ATMOSFERA
• TROPOSFERA (0-14 Km): è la parte più densa
dell'
atmosfera, sede della maggior parte dei
fenomeni meteorologici; la temperatura decresce con
la quota
• STRATOSFERA (14-60 km): contiene lo strato di
ozono; la temperatura cresce con la quota
• MESOSFERA (60-90 km): il gas diventa molto più
rarefatto; la temperatura decresce con la quota
• TERMOSFERA (90-600 km): la temperatura inizia a
salire e lo strato deve il suo nome alle alte
temperature raggiunte (circa 1200° C)
• ESOSFERA (oltre 600 km): è la parte meno
conosciuta della nostra atmosfera, dove essa
decresce in densità fino a perdersi nello spazio
5
Def. inquinamento atmosferico
(DPR. 203/88)
"È tale ogni modificazione della '
normale'composizione o
stato fisico dell'
aria atmosferica dovuta alla presenza nella
stessa di una o più sostanze in quantità e caratteristiche tali
da alterare le '
normali' condizioni ambientali e
di salubrità dell'
aria, da costituire pericolo ovvero pregiudizio
'
diretto‘ ed '
indiretto' per la salute dell'
uomo, da
compromettere le attività ricreative e gli usi legittimi
dell'
ambiente, alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi
ed i beni materiali pubblici e privati."
6
3
GLI INQUINANTI
Col termine inquinante si intende qualunque sostanza
immessa in atmosfera da processi naturali o antropogenici la
cui presenza nell'
atmosfera stessa è in grado di provocare
effetti nocivi sulla salute umana, sulla vita animale e vegetale
e sui materiali.
Gas
Principali fonti antropogeniche
CO
Uso di combustibili fossili, combustione di biomasse
CO2
Uso di combustibili fossili, deforestazione
CH4
Risaie, allevamenti, discariche, produzione di combustibili
fossili
NOx
Uso di combustibili fossili, combustione di biomasse
N 2O
Fertilizzanti azotati, deforestazione, combustione di
biomasse
SO2
Uso di combustibili fossili, fonderie
CFC
Bombolette spray, refrigeranti, materiali espansi
7
L’inquinamento urbano è originato essenzialmente dalla
combustione di idrocarburi per riscaldamento e traffico veicolare e
dalle attività industriali:
Le emissioni dagli scarichi delle auto contribuiscono al
90% del CO, all'
87% dei COV, al 76% della CO2, al 52%
degli NOx e al 50% delle polveri.
Influenza del traffico
sull’inquinamento nazionale
Le sorgenti stazionarie (riscaldamento domestico,
industrie) sono invece responsabili del 45% delle emissioni
di NOx e del 78% di quelle di SO2.
8
4
MONOSSIDO DI CARBONIO (CO)
La formazione di ossidi di carbonio può avvenire a causa di:
Combustione incompleta di carbonio e suoi composti;
Reazioni ad elevata temperatura tra CO2 e composti
contenenti carbonio;
Dissociazione ad elevate temperature di CO2 in CO e O.
Sorgenti
1. mezzi di trasporto soprattutto quelli a benzina;
2. processi di produzione della ghisa e dell’acciaio;
3. raffinerie di petrolio;
4. alcuni processi naturali (attività vulcaniche, emissari naturali
di gas, scariche elettriche durante i temporali).
9
Settore emissivo
CO (in Italia)
Trasporto su strada
63%
Trattamento dei rifiuti
17%
Altre forme di trasporto
7%
Processi di combustione
5%
Combustione industria manifatturiera
4%
Impianti di combustione non industriale
3%
Altri processi
1%
Effetti
Sulle piante: diminuisce la capacità dei batteri di fissare l’N2 nelle radici
delle piante;
sugli uomini: effetto tossico perché riduce la capacità del sangue di
trasportare ossigeno (si forma Carbossiemoglobina).
10
5
OSSIDI DI AZOTO (NOx)
Gli ossidi di N più pericolosi sono NO e NO2, essi si formano
in seguito alla reazione tra N2 e O2 presenti nell’aria ad
elevate temperature.
Sorgenti
1. azione batterica (di un ordine superiore a quello di
origine antropica), tuttavia è presente in alte
concentrazioni ma in aree limitate;
2. mezzi di trasporto, soprattutto motori diesel;
3. impianti fissi (ex. termoelettrici).
11
Settore emissivo
Trasporto su strada
NO2 (in Italia)
49%
Combustione per la produzione di energia
21%
Altre forme di trasporto
14%
Processi di combustione
11%
Combustione industria manifatturiera
3%
Impianti di combustione non industriale
3%
Trattamento dei rifiuti
1%
Altri processi
1%
Effetti
Sulle piante: L’inquinamento da biossido di azoto ha un impatto sulla
vegetazione di minore entità rispetto al biossido di zolfo.
Possono comparire delle macchie sulle foglie.
sugli uomini: l’NO2 è 4 volte più tossico dell’NO. In piccole dosi possono
portare all’irritazione delle mucose di occhi e naso;
sui materiali: gli NOx in atmosfera acidificano e possono causare
sbiadimento dei tessuti e corrosione di leghe al Ni e Ottone.
12
6
OSSIDI DI ZOLFO (SOx)
Dalla combustione dei diversi materiali contenenti S vengono
prodotti particolari ossidi di questo elemento: anidride
solforosa, biossido di zolfo e anidride solforica.
Sorgenti
1. da fonti naturali quali i vulcani (per circa i 2/3 );
2. impianti fissi di combustione a carbone o olio;
3. centrali elettriche;
4. fonderie;
5. raffinerie di petrolio, …
13
Settore emissivo
SO2 (in Italia)
Natura
61%
Combustione per produzione di energia
20%
Combustione industria manifatturiera
11%
Processi di produzione
3%
Trasporto su strada
2%
Impianti di combustione non industriale
2%
Altre forme di trasporto
1%
Effetti
Sulle piante:per esposizioni breve ma intense si hanno fenomeni di
necrosi, per esposizioni prolungate, ma meno intense, si
hanno danni cronici che portano al blocco di formazione di
clorofilla;
sugli uomini: provoca irritazione delle vie respiratorie, degli occhi ed
influiscono anche sul sistema nervoso;
sui materiali: viene accelerata la velocità di corrosione dei metalli e dei
materiali da costruzione (trasformazione dei carbonati in
14
solfati a causa dell’acido solforico H2SO4).
7
Effetti dell’SO2 sulla vegetazione..
15
PARTICOLATO (PM2.5 e PM10)
Col termine “aerosol atmosferici” si intende l’insieme di
particelle le cui dimensioni variano da pochi ångström a
qualche centinaia di micron µm.
PM2.5 = particolato fine, frazione respirabile (Ø < 2.5 µm);
PM10 = frazione toracica (Ø < 10 µm).
Sorgenti
1. eruzioni vulcaniche, trasporto del vento (in minima
parte);
2. industria delle costruzioni;
3. fonderie;
4. traffico veicolare (combustione incompleta e lenta
polverizzazione dei pneumatici e dell’asfalto).
16
8
Settore emissivo
Processi meccanici (erosione del vento e
polverizzazione da parte di auto e pedoni)
Diametro
>10 µm
Particolari tipi di terreno, polveri e prodotti di
combustione di determinate industrie
1 µm ÷ 10 µm
Combustione ed aerosol fotochimici
0.1 µm ÷ 1 µm
Processi di combustione non sempre
identificabili chimicamente
< 0.1 µm
Effetti
Sull’ambiente:diminuzione della visibilità atmosferica e della luminosità
assorbendo o riflettendo la luce solare. Le polveri sospese
favoriscono la formazione di nebbie e nuvole, favorendo il
verificarsi dei fenomeni delle nebbie e delle piogge acide;
sugli uomini: Le particelle più pericolose sono quelle con Ø<15µm che
penetrano nel sistema respiratorio a varie profondità e
possono generare vari effetti irritativi come l’infiammazione
e la secchezza del naso e della gola. Queste polveri
aggravano le malattie respiratorie croniche come l’asma, la
17
bronchite e l’enfisema.
OZONO TROPOSFERICO (O3) e VOC
A causa delle reazioni fotochimiche che si instaurano in un
ambiente atmosferico già inquinato, si ha la formazione di O3
e di inquinanti secondari, causa dello smog fotochimico. I
VOC (Composti Organici Volatili) rappresentano l’insieme
degli organici allo stato gassoso.
Sorgenti
1. processi naturali (decomposizione della materia
organica, fotolisi delle piante, attività geotermica, …);
2. emissioni della benzina;
3. emissioni di carburante incombusto nei gas di scarico;
4. processi industriali in tutte le fasi in cui utilizzano vernici
e solventi.
18
9
Settore emissivo
NMVOC (in Italia)
Trasporto su strada
39%
Uso di solventi
20%
Agricoltura e foreste
20%
Altre forme di trasporto
8%
Estrazione e distribuzione combustibili fossili
5%
Trattamento dei rifiuti
4%
Processi di produzione
4%
Impianti di combustione non industriale
1%
Effetti
Sulle piante: necrosi di gruppi di cellule, l’etilene (C2H4) inibisce lo
sviluppo e causa la morte dei fiori;
sugli uomini: a seconda del tipo di inquinante si possono verificare disturbi
all’apparato respiratorio, nervoso, genera cancro ai polmoni;
sui materiali: la gomma è il materiale più soggetto all’effetto dell’O3, perde
elasticità e diventa più fragile.
19
L’ O3 causa clorosi, con colorazione giallo pallido delle
foglie e provoca un prematuro invecchiamento della pianta.
Inoltre fra le nervature dell’apparato fogliare compaiono
delle lesioni color marrone. Come le lesioni si allargano, la
foglia prima diviene color bronzo, poi cade.
Foglia di tabacco esposta
a concentrazioni di ozono di
0,14 mg/m3 per 7 ore al giorno
per 2 settimane.
20
10
MODELLIZZAZIONE
Attraverso dei modelli matematici si cerca di rappresentare la
realtà fisica del trasporto degli inquinanti in atmosfera; la
modellizzazione avviene tenendo conto di diverse
caratteristiche del sistema fisico che si vuole rappresentare:
scala spaziale;
scala temporale;
dominio;
inquinante;
meteorologia;
regime;
sorgenti emissive.
21
Scala spaziale
A seconda della tipologia di fenomeno che si intende studiare
si distingue in: microscala (100 m÷1 km), scala locale (10÷100
km), mesoscala (100÷1000 km), scala regionale (1000÷5000
km) e scala globale (tutta la superficie terrestre).
Scala temporale
Nel caso di episodi critici si possono usare applicazioni di
breve periodo (ore-giorni), oppure di lungo periodo (mesi-anni)
per la valutazione di degli effetti di esposizione prolungata.
Dominio
L’orografia del terreno ha una forte influenza sul modello, si
possono avere terreni piani, con più rilievi, valli isolate, …
Inoltre il dominio può essere di tipo urbano, rurale o particolare
(ex. siti costieri). (Turbolenza di tipo meccanico)
22
11
Inquinante
Può essere costituito da gas, aerosol o particolato. Inoltre può
essere inerte o reattivo ed essere soggetto a deposizione
umida o secca.
Meteorologia
I fenomeni che influenzano la dispersione degli inquinanti
sono essenzialmente il trasporto ad opera del campo di vento
e la diffusione turbolenta. In particolare è necessario
conoscere la struttura del campo di vento (omogeneità e
stazionarietà), i gradienti di temperatura, direzione e velocità
del vento, … Nonché la presenza di particolari condizioni di
circolazione (ex. strati di inversione termica, isole di calore)
Regime
A seconda della costanza temporale o meno del fenomeno si
possono avere condizioni stazionarie o evolutive.
23
Sorgenti emissive
• puntuali singole o multiple: utilizzate per rappresentare le
emissioni dei camini di impianti industriali, di cui è
necessario conoscere posizione, altezza, diametro,
temperatura e velocità di uscita dei fumi;
• lineari: schematizzano le emissioni da traffico sui tratti
stradali, i fattori influenzanti sono la struttura della rete
viaria, la dimensione e la composizione del parco
circolante, velocità medie e regimi di marcia;
• areali e volumetriche: rappresentano emissioni di sorgenti
distribuite in modo abbastanza continuo sul territorio (Ex.:
area industriale, riscaldamenti domestici, zone agricole, …)
24
12
Effetti della
struttura termica
dell’atmosfera sulla
dispersione
verticale di una
sorgente
puntiforme in
quota.
25
INVERSIONE TERMICA
Inversione al suolo: la temperatura aumenta con la quota;
tale situazione è generata dal raffreddamento notturno della
terra che cede calore all’atmosfera per irraggiamento.
L’altezza di questo strato è di circa 100-200 metri. Gli
inquinanti emessi al di sopra dello strato di inversione, si
diffondono in quota (figura d pag precedente).
26
13
INVERSIONE TERMICA
Inversione in quota: in particolari situazioni (es: nebbia) si
possono avere anche inversioni in quota; in questo caso si
crea una barriera per la diffusione verso l’alto degli
inquinanti emessi al di sotto di questo strato, con
conseguente aumento delle concentrazioni al suolo (fig f).
27
Meteorologia urbana
Isola di calore
Al di sopra delle città ristagna una cappa d'
aria
surriscaldata, di circa 200-300 m di spessore, un’ “isola di
calore” rispetto al circostante ambiente rurale. L'
isola di
calore trae origine dalle caratteristiche del tessuto urbano,
costituito da asfalto, calcestruzzo, mattoni e cemento, cioè
da materiali che, rispetto alla copertura vegetale, assorbono
in media il 10% in più di energia solare. Il surplus di calore
solare immagazzinato dai manufatti viene poi riemesso per
irraggiamento (cioè sotto forma di energia nell'
infrarosso),
con conseguente surriscaldamento dell'
aria.
28
14
°C =
(° F − 32)
1.8
85° F ≅ 29°C
29
I canyon urbani
All’isola di calore dà un notevole contributo il tipico assetto
geometrico delle città, con strade strette rispetto alle dimensioni
verticali degli edifici. Quindi catturano una maggiore quantità di
radiazione solare, intrappolata dalla numerose riflessioni multiple.
L'
intrappolamento della radiazione solare e infrarossa è tanto
maggiore quanto più gli edifici sono alti rispetto alla larghezza della
via. A causa di tale fenomeno l'
isola di calore si conserva anche
nelle ore notturne. Infatti di notte il raffreddamento dell'
aria che
ristagna entro i canyon è molto lento perché l'
energia infrarossa
irraggiata dalle superfici che delimitano il corridoio stradale,
anziché disperdersi nello spazio, viene catturata e più volte riflessa
da parte degli edifici che si fronteggiano ai lati delle strade.
30
15
31
MODELLI
I modelli matematici per la valutazione dell’inquinamento
atmosferico sono essenzialmente di due tipologie:
Modelli deterministici
Si propongono di ricostruire in maniera quantitativa i
fenomeni che determinano l’evoluzione spazio-temporale
della concentrazione degli inquinanti in atmosfera;
Modelli stocastici
A differenza di quelli deterministici, non si basano su
relazioni fisiche di causa-effetto, ma attraverso
l’elaborazione dei dati misurati in passato permettono di
fare una previsione del valore futuro della
concentrazione dell’inquinante.
32
16
MODELLI
DETERMINISTICI
EULERIANI
Analitici
A box
LAGRANGIANI
A griglia
A traiettoria
A particelle
33
34
17
MODELLI EULERIANI
Questi modelli fanno riferimento ad un sistema di coordinate
fisso e si basano sull’integrazione dell’equazione
differenziale di diffusione ricavato dal bilancio di massa
applicato ad un volumetto d’aria infinitesimo sotto
determinate ipotesi.
Modelli analitici (Gaussiani e a Puff)
Sono in grado di descrivere l’andamento al suolo della concentrazione
sottovento ad una sorgente continua puntiforme. Le ipotesi su cui si
basano sono: stazionarietà ed omogeneità delle condizioni
meteorologiche, velocità del vento non nulla, assenza di trasformazioni
chimiche e fenomeni di rimozione, terreno piatto. Nei modelli gaussiani
si suppone che il pennacchio venga trasportato secondo la direzione
del vento e diffuso nelle direzioni trasversali. I modelli a Puff
rappresentano un’estensione dei modelli gaussiani e permettono di
ricostruire la dispersione degli inquinanti (nuvole di dimensioni finite) in
condizioni non stazionarie e non omogenee.
35
Modelli a Box
In questi modelli il dominio d’indagine è suddiviso in una o più celle in
cui gli inquinanti si considerano perfettamente miscelati, si assumono
quindi dei coefficienti di diffusione infiniti per rappresentare una
propagazione istantanea all’interno del box. L’inquinante presente nel
box proviene da sorgenti interne o da contributi esterni trasportati dal
vento. Questi modelli molto semplici sono adatti per descrivere
l’evoluzione di un insieme di sorgenti complesse in domini omogenei.
Modelli a griglia
Il dominio di calcolo è suddiviso in un grigliato tridimensionale, le cui
dimensioni vanno definite in base a limiti pratici (tempi di calcolo e
acquisizione dati) e teorici. I modelli a griglia si basano sulla soluzione
dell’equazione di diffusione con tecniche di calcolo alle differenze finite.
36
18
MODELLI LAGRANGIANI
Rispetto ai modelli euleriani il sistema di riferimento è mobile,
segue cioè gli spostamenti delle masse d’aria di cui si vuole
riprodurre il comportamento.
Modelli a box lagrangiani
Rispetto ai modelli euleriani, in cui il dominio è considerato
completamente miscelato e non hanno quindi una risoluzione spaziale
lungo l’orizzontale, i modelli a box lagrangiani definiscono un box di
dimensioni orizzontali molto piccole che si muove lungo la direzione
del vento. In questo modo si può simulare il movimento di una colonna
d’aria all’interno del dominio la cui concentrazione di specie inquinanti
è dovuta alle emissioni incontrate lungo il percorso, a processi di
chimica ed eventuale deposizione. L’ipotesi semplificatrice più
significativa che viene assunta è che la dispersione orizzontale sia
nulla, ovvero che non vi sia scambio con l’aria circostante.
37
Modelli a particelle
Questi modelli sono particolarmente adatti alla simulazione del moto in
un fluido turbolento; la dispersione degli inquinanti viene ricostruita
schematizzando l’emissione attraverso un insieme di unità di
dimensioni infinitesime di massa nota, il dominio è tridimensionale. Il
moto delle particelle è definito attraverso due componenti: il trasporto
dovuto al campo di vento e la turbolenza dovuta alle fluttuazioni dello
stesso intorno al valore medio.
Modelli a traiettorie
Si tratta di modelli utilizzati per lo studio di fenomeni a scala regionale
e globale. Il modello ipotizza che le particelle elementari di inquinante
siano costituite da colonne verticali unidimensionali, con altezza pari a
quella dello strato di rimescolamento, il dominio è tridimensionale.
Questi modelli non necessitano di condizioni al contorno, ma sono
fortemente influenzati dalle condizioni iniziali, è necessario quindi far
partire le traiettorie da aree sostanzialmente pulite. Una particolarità di
questi modelli è che possono essere utilizzati anche in versione backtrajectory, cioè integrando indietro nel tempo.
38
19
MODELLI STOCASTICI
La classe dei modelli stocastici comprende una grande
varietà di modelli, utili per il controllo in tempo reale e per la
previsione dei livelli di attenzione e di allarme. Nella forma
più semplice i modelli stocastici sono costituiti da espressioni
lineari che comprendono due termini:
1.
2.
parte autoregressiva: termine che quantifica la relazione
fra i valori passati e quello previsto dalla variabile;
parte stocastica.
Modelli a scatola grigia
In questi modelli al previsione non è basata solo su misure di
concentrazione, ma anche su altre variabili, meteorologiche e/o di
emissione, che influenzano le concentrazioni di inquinante nell’aria (ex.
Temperatura, velocità del vento, tipo di circolazione, …)
39
RIFERIMENTI NORMATIVI
La normativa individua, nel corso degli anni, una serie di
composti inquinanti e su questi stabilisce degli standard di
qualità (valori limite, valori guida, stato di attenzione, stato
d’allarme, obiettivi di qualità, …). Le leggi principali sono:
D.M. 12 luglio 1990
Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti
industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione.
D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203
Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203
concernenti norme in materia di qualità dell'
aria, relativamente a
specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti
industriali, ai sensi dell'
articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
Incenerimento rifiuti
D.M. 19 novembre 1997, n. 503 - G.U. 29 gennaio 1998, n. 23
D. M. 25 febbraio 2000, n. 124 - G.U. 18 maggio 2000, n. 114
40
20
NORMATIVA
Legge 203/88
Sottopone a regolamentazione:
Impianti con emissione in atmosfera;
caratteristiche merceologiche dei combustibili;
valori limite per inquinanti nell’ambiente esterno;
limiti delle emissioni inquinanti.
Autorizzazione
Costruzione nuovo impianto;
modifica impianto esistente;
trasferimento dell’impianto.
41
Domanda in Regione
Entro 45 gg
Entro 60 gg
Copia al Ministero dell’Amb.
e Sindaco (parere)
Provvedimento della giunta regionale
Valori limite di emissione – metodi di campionamento e analisi
Prescrizioni e condizioni di esercizio impianti abbattimento
OK
Periodicità e tipo di controlli
Termini di messa a regime degli impianti
Impresa comunica data di messa in esercizio
dell’impianto (Sindaco e ARPA)
Entro 15 gg
Risultati delle prove di verifica e collaudo
42
21
Esclusioni
Impianti tecnici non inseriti nel ciclo produttivo;
Impianti di emergenza e sicurezza;
Laboratori di analisi e ricerca, impianti piloti, di
prova e sperimentazione, etc.
43
Procedure semplificate - DPR 25/07/1991
Attività inquinamento atmosferico poco significativo (All. 1)
• Non è necessaria l’autorizzazione
• Le attività si autocertificano al Comune
• Si può incappare in problemi di molestie olfattive (rosticcerie, friggitorie)
Attività a ridotto inquinamento atmosferico (All. 2)
• è necessaria l’autorizzazione
• Iter semplificato perché sono state codificate le migliori tecnologie
disponibili
• Competenza della Provincia
44
22
Autorizzazione impianti per produzione di energia
Per costruzione ed esercizio centrali termoelettriche e
raffinerie di minerali
M.I.C.A.
Centrali con P < 300 MW termici produzione con energie
rinnovabili
Provincia
45
Autorizzazione impianti trattamento rifiuti
RU, RS non pericolosi, R sanitari
DM 503 del 19/11/1997 – Definizione:
valori limite di emissione, metodi di campionamento, analisi
e valutazione degli inquinanti, criteri e norme tecniche.
Autorizzazione della Provincia
Rifiuti pericolosi (RP)
DM 124 del 25/02/2000 – Definizione:
valori limite di emissione, norme
caratteristiche e condizioni di esercizio.
tecniche
sulle
Autorizzazione della Regione
46
23
Caratteristiche merceologiche dei combustibili e loro impiego
Uso dei combustibili regolato dal DPCM dell’8 marzo 2002
(sostituisce e abroga DPCM del 2 ottobre 1995).
• Uso industriale
• Uso civile
Per definire la poca significatività delle emissioni e per definirne i valori
limite è necessario valutare la potenza termica nominale come somma
delle potenze termiche nominali dei singoli focolari.
NB. Il decreto non si applica all’uso di olio combustibile 0.3% di zolfo e
suoi derivati
47
Normativa Regionale – Lombardia (1)
DGR n. 7/13858 del 29 luglio 2003
Riprende il DPCM 8/03/2002 per limitare l’uso dei combustibili pesanti
anche negli impianti civili.
È proibito, nelle zone e comuni critici, l’uso dei seguenti combustibili
negli impianti termici civili:
• Agglomerati di lignite;
• Carbone da vapore;
• Coke metallurgico e da gas;
• antracite, prodotti antracinosi e loro miscele;
• olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio;
• emulsioni di acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti
del petrolio
48
24
Normativa Regionale – Lombardia (2)
DGR n. 7/13858 del 29 luglio 2003
È permesso, agli impianti con potenzialità termica superiore ai 10 MW,
l’utilizzo di:
• olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio;
• emulsioni di acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti
del petrolio
Inoltre dovranno essere fatti due controlli alle emissioni e, dal
01/10/2006 gli impianti dovranno dotarsi di un sistema di controllo
delle emissioni in continuo.
49
Valori limite per gli inquinanti nell’aria
Nel DPR 203/88 vengono fissati i valori limite e guida per:
•
biossido di zolfo (SO2)
•
particelle sospese
•
biossido di azoto (NO2).
Nel D.Lgs. 351 del 4 agosto 1999 viene proposto un elenco aggiornato
in cui si distinguono due elenchi di inquinanti:
Inquinanti da esaminare allo
stadio iniziale
(biossido di zolfo e azoto, ossidi
di azoto, materiale particolato,
particelle sospese totali, piombo
e ozono)
Altri inquinanti
(benzene, monossido di
carbonio, idrocarburi policiclici
aromatici, cadmio, arsenico,
nichel, mercurio)
50
25
Il D.Lgs. 351 del 4 agosto 1999 prevede:
definizione di valori limite e di soglia
valutazione
regionale)
dell’aria
nell’ambiente
(piano
d’azione
misure da applicare dove si sorpassano i valori limite
misure da applicare dove si sorpassano i valori
d’allarme
51
DM n. 60 del 2 aprile 2002
introduzione di nuovi valori limite (biossido di zolfo,
biossido di azoto, ossidi di azoto, particelle, piombo, benzene,
monossido di carbonio);
introduzione di un margine di tolleranza, che si riduce
progressivamente (periodo di transizione – “limiti mobili”)
criteri per ubicazione delle stazioni di campionamento
metodologie per le misure, i campionamenti e le
analisi.
Il sistema di monitoraggio della Lombardia è in fase di revisione, a
Varese si è passati da 15 a 8 stazioni di misurazione.
52
26
Piano regionale per il risanamento e la tutela della
qualità dell’aria
Strumento di programmazione e coordinamento degli interventi e di
controllo delle emissione in atmosfera derivanti da attività antropiche,
avente lo scopo di salvaguardare la salute dell’uomo e dell’ambiente
OBIETTIVI
1. Risanamento delle aree con superamento o rischio superamento
2. Azione di prevenzione e miglioramento.
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Mezzi:
1. Piani di rilevamento degli inquinanti
raccolta dati su territorio e fonti di emissione (qualitativa e
quantitativa – diretta o stimata)
2. Individuare aree del territorio e settori produttivi
oggetto del piano
3. Interventi di risanamento
4. Strumenti di controllo
5. Tempi di attuazione
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DGR n. 7/13856 del 29 luglio 2003
Zone e comuni critici
Zona critica unica Milano/Como/Sempione
Capoluoghi di Provincia
Provvedimenti sulla circolazione automobilistica
Blocco del traffico per motoveicoli non catalizzati
Blocco totale le domeniche
Contenimento dell’ozono
Nel caso di superamento la Provincia invita la popolazione a
limitare le uscite
Contenimento degli ossidi di azoto
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EFFETTI DELL’INQUINAMENTO
ATMOSFERICO
L'
atmosfera ha molte funzioni: fornisce ossigeno agli animali,
anidride carbonica alle piante (per la fotosintesi clorofilliana)
ma, soprattutto, permette alla Terra di trattenere parte del
calore solare e ci protegge dalle radiazioni ultraviolette del
Sole. La composizione dell'
aria è rimasta immutata per milioni
di anni ma, con lo sviluppo industriale e l'
urbanizzazione, è
cominciato il suo progressivo inquinamento.
I problemi ambientali legati all'
inquinamento dell'
aria sono
tanti, tra i più gravi ci sono:
piogge acide;
smog fotochimico;
effetto serra;
buco dell’ozono.
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PIOGGE ACIDE
Nell’atmosfera l’acqua è presente sotto forma di vapore che,
condensando, determina la formazione delle gocce. Queste,
essendo costituite da sola acqua, hanno un pH pari circa a
7.0; per la dissoluzione dell’anidride carbonica (CO2), presente
naturalmente nell’atmosfera, si produce l’acido carbonico
(H2CO3) che causa un abbassamento del pH delle gocce a
valori intorno a 5.5, valori considerati naturali.
In presenza di anidride solforica e di biossido di azoto l’acqua
reagisce formando rispettivamente acido solforico (SO3 + H2O
-> H2SO4) e nitrico (NO2 + H2O -> HNO3) che, essendo acidi
forti, determinano un ulteriore abbassamento del pH a valori
estremamente bassi (Nel 1979 la neve caduta a Virginia, negli
USA, aveva un pH pari a 1.7).
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Valori medi annuali delle quantità di precipitazione, del pH e dei
carichi di zolfo e azoto relativi alle piogge campionate nella stazione
del Centro Comune di Ricerca (CCR) di Ispra.
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Conseguenze delle piogge acide
Sui materiali
Le precipitazioni acide svolgono sia un’azione di tipo corrosivo, sia
un’azione prettamente meccanica di dilavamento del materiale reso
friabile e solubile dagli acidi. I materiali soggetti all’azione erosiva delle
piogge acide sono: pietra calcarea, cemento armato, ferro, rame, …
Sulla vegetazione
L’aggressione nei confronti delle piante è duplice. Può avvenire
attraverso le foglie, oppure attraverso modificazioni nella composizione
chimica del terreno. Nelle foglie si accumulano inutilizzati i solfiti che,
ad alta concentrazione, causano la distruzione della clorofilla, il
collasso delle cellule e la necrosi dei tessuti; nel terreno acidificato,
invece, si libera lo ione alluminio che è in grado di sostituire il calcio dai
suoi siti di legame sui peli radicali delle piante; avviene una
diminuzione dell’apporto dei nutrienti e la pianta si indebolisce
notevolmente, esponendosi all’attacco di insetti, malattie e variazioni
climatiche eccessive.
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Azione delle piogge acide sui materiali
La foto a sinistra è stata scattata nel 1908, mentre la foto
a destra è del 1968: sono trascorsi solo 60 anni!
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Sull’ecosistema
Nei suoli poveri o totalmente privi di calcare gli inquinanti acidi causano
l’impoverimento del terreno per la perdita di ioni calcio, magnesio,
potassio e sodio; il processo comporta anche la liberazione nel terreno
degli ioni metallici che risultano spesso tossici per le piante. Anche i
corpi idrici sono soggetti ai fenomeni di acidificazione, le conseguenze
sugli organismi acquatici possono essere sia dirette, cioè dovute alla
tossicità delle acque, sia indirette, cioè dovute alla scomparsa dei
vegetali o delle prede più sensibili all’acidificazione e che costituivano
parte della catena alimentare.
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Sull’uomo
Le precipitazioni acide non rappresentano un pericolo diretto per la
salute umana. Possono insorgere dei danni alla salute indirettamente,
cioè nel caso in cui ci si nutra di alimenti provenienti da acque acide,
per esempio pesci che abbiano accumulato nel loro corpo grandi
quantità di metalli tossici (alluminio, manganese, zinco, mercurio,
cadmio) liberati dai suoli e dilavati nelle acque per effetto
dell’acidificazione.
In ogni caso, i danni più gravi sono provocati dagli inquinanti che
causano le piogge acide (il biossido di zolfo e gli ossidi d’azoto), che
interagiscono nell’atmosfera formando delle particelle di solfati e nitrati
che possono essere trasportate anche a grande distanza dai venti;
queste particelle possono poi essere inspirate e così penetrare in
profondità nei polmoni.
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SMOG FOTOCHIMICO
Lo smog fotochimico è un particolare inquinamento dell’aria
che si produce nelle giornate caratterizzate da condizioni
meteorologiche di stabilità e di forte insolazione (T almeno di
18°C). Gli ossidi di azoto (NOx) e i composti organici volatili
(VOC), emessi nell’atmosfera da molti processi naturali od
antropogenici, vanno incontro ad un complesso sistema di
reazioni fotochimiche indotte dalla luce ultravioletta presente
nei raggi del sole; il tutto porta alla formazione di ozono (O3),
perossiacetil nitrato (PAN), perossibenzoil nitrato (PBN),
aldeidi e centinaia di altre sostanze. Questo particolare
smog si può facilmente individuare per il suo caratteristico
colore che va dal giallo-arancio al marroncino, colorazione
dovuta alla presenza nell’aria di grandi quantità di biossido di
azoto.
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come si presenta lo smog fotochimico
Sullo sfondo è ben visibile la cappa di smog fotochimico
dal caratteristico colore dovuto alla presenza del
biossido di azoto.
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SMOG FOTOCHIMICO
Perché si manifesti questo fenomeno devono verificarsi delle
precise condizioni ambientali
presenza della luce solare (che funge da
catalizzatore);
temperatura di almeno 18°C, necessaria perché
molte delle reazioni del processo di formazione
dello smog fotochimico richiedono specifiche
energie di attivazione;
la presenza di composti organici volatili (VOC);
presenza di ossidi di azoto (NOx).
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Variabili implicate
Le precipitazioni possono diminuire l’inquinamento tramite
il dilavamento dell’aria.
I venti possono trasportare lo smog in aree lontane e
rimpiazzare le masse d’aria inquinata con aria pulita; in
ogni caso il problema permane nelle zone che ricevono
l’aria contaminata.
Al contrario le inversioni di temperatura possono
aumentare la criticità dei fenomeni di inquinamento da
smog fotochimico. Di solito durante il giorno l’aria vicino
alla superficie si riscalda e, mentre si riscalda, sale
trasportando con sé gli inquinanti. Questo favorisce la
rimozione degli inquinanti che si disperdono nell’ambiente.
Nel caso in cui sia presente un’inversione di temperatura
in quota, gli inquinanti restano intrappolati al suolo.
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33
Variabili implicate
La topografia è un altro importante fattore che
influenza notevolmente il fenomeno dello smog
fotochimico. Le comunità situate nelle valli sono più
suscettibili al fenomeno perché le montagne e le
colline che le circondano tendono a limitare il
rimescolamento dell’aria.
Per quanto riguarda l’influenza della luce del sole
occorre considerare la relazione che vi è fra l’intensità
della radiazione solare e la presenza dell’ozono
nell’aria. Il livello di ozono presenta una periodicità
giornaliera
che
rispecchia
quasi
fedelmente
l’andamento della radiazione solare; questo perché la
luce del sole è responsabile delle reazioni di
fotodissociazione che portano alla sua formazione.
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Smog classico (o industriale)
A differenza dello smog fotochimico, lo smog classico è di
colore grigio-nerastro. Questo tipo di smog era frequente
nelle ore prossime all'
alba, in condizioni di bassa
insolazione, bassa velocità del vento e temperatura prossima
a 0°C; quindi era più comune nella stagione autunnale ed
invernale. Veniva prodotto quando il fumo ed il biossido di
zolfo, liberati nel corso della combustione del carbone, si
combinavano con la nebbia ed era talmente tossico da
provocare decine di migliaia di morti ogni anno. A partire
dagli anni ’50, l’utilizzo di altri combustibili fossili e di altre
fonti energetiche, come la nucleare o l’idroelettrica, ha ridotto
di molto la frequenza e la gravità dei fenomeni di smog
industriale.
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34
Conseguenze dello smog fotochimico
Sull’uomo
Un’esposizione allo smog a bassi livelli di concentrazione provoca solo
un’irritazione agli occhi, al naso, alla gola ed una fastidiosa
lacrimazione. Un’esposizione acuta può però peggiorare questi sintomi
e condurre all’infiammazione dei polmoni, ad una crescente difficoltà
nel compiere la respirazione e ad un aumento degli attacchi di asma.
Sull’ambiente
Gli effetti ambientali dello smog fotochimico sono particolarmente
evidenti sui vegetali. Le sostanze presenti nello smog fotochimico
possono ridurre o addirittura bloccare la fotosintesi, diminuire la
velocità di crescita ed anche limitare la riproduzione. Le sostanze più
imputate sono l’ozono e soprattutto il perossiacetil nitrato (PAN),
L’ozono, il principale inquinante secondario, può danneggiare diversi
composti, può causare il deterioramento delle gomme e delle plastiche,
una riduzione nella resistenza dei composti tessili ed il
danneggiamento delle vernici.
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EFFETTO SERRA
Il fenomeno dell’effetto serra è causato da alcuni gas
presenti nell’atmosfera che assorbono la radiazione
infrarossa emessa dalla superficie terrestre irradiata dal sole
rimandandola verso il basso. Uno tra i principali gas
responsabili di tale fenomeno è l’anidride carbonica; assieme
ad esso contribuiscono altri gas presenti in quantità minori
nell’atmosfera come: metano, ossidi di azoto, ozono e diversi
clorofluorocarburi (composti che contengono cloro, fluoro
carbonio e a volte idrogeno). L’aumento dei gas serra si è
avuto dopo la rivoluzione industriale per l’uso esasperato di
combustibili fossili e la notevole deforestazione, che ogni
anno elimina molti ettari di foreste che esplicano sia
un’azione diretta di regolazione del clima sia indiretta per la
fissazione di CO2 in materia organica.
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35
Rappresentazione schematica dell’effetto serra
71
Conseguenze dell’effetto serra
La principale conseguenza dovuta all’effetto serra è un
significativo incremento della temperatura, si è infatti
registrato un aumento circa 1°C dalla fine del 1800. I 10
anni più caldi del ventesimo secolo sono stati quelli dal
1985 al 2000 (il 1998 è stato quello record).
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36
Conseguenze dell’effetto serra
In seguito all’aumento di temperatura si verificano altre
conseguenze come:
distruzione di molte specie vegetali ed ecosistemi a causa della
lenta capacità di adattamento delle piante ai cambiamenti
climatici;
danno al fitoplancton (alghe microscopiche che sono alla base
della catena alimentare degli oceani);
riduzione dei
evaporazione;
corsi
d’acqua
a
causa
dell’accelerata
l’aumento della richiesta d’acqua e la diminuzione della
disponibilità della stessa portano al diffondersi del fenomeno
della desertificazione;
scioglimento dei ghiacciai con conseguente aumento dei livelli
marini e salinizzazione delle falde acquifere.
73
Conseguenze dell’effetto serra
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37
BUCO DELL’OZONO
L’ozono stratosferico, a differenza dell’ozono troposferico che
è dannoso per la salute dell’uomo e delle piante, costituisce
uno scudo protettivo contro la maggior parte della radiazione
ultravioletta (raggi UV) proveniente dal sole, impedendole di
raggiungere la superficie terrestre. Negli ultimi decenni si è
potuto evidenziare che in primavera (settembre-ottobre) lo
strato di ozono nella zona al di sopra dell’Antartide (Polo Sud)
è diminuito di circa il 40%: si è in sostanza formato un "buco"
nello strato di ozono stratosferico. L’assottigliamento risulta
più marcato in questa zona del globo soprattutto per l’azione
determinante che ha il freddo nei meccanismi di
degradazione dell’ozono.
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Buco dell’ozono
Rappresentazione del
buco dell'
ozono
realizzata dal Royal
Netherlands
Meteorological Institute
(RNMI); l'
immagine si
riferisce alla giornata del
18 settembre 2001.
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38
Inquinanti implicati
Le sostanze causa deI continuo e graduale impoverimento
dell’ozono della stratosfera vengono anche definite ODS,
Ozone Depleting Substances (sostanze che distruggono
l’ozono). Gli ODS sono generalmente molto stabili nella
troposfera e si degradano solamente per l’intensa azione
della luce ultravioletta nella stratosfera; quando si
spezzano, rilasciano atomi di cloro e di bromo che
danneggiano l’ozono. I principali sono:
Clorofluorocarburi (CFC): comunemente utilizzati come refrigeranti,
solventi ed agenti propellenti;
Idroclorofluorocarburi (HCFC): composti chimici che vengono
utilizzati temporaneamente per rimpiazzare i CFC;
gas Halon (Bromofluorocarburi): sono utilizzati come agenti
estinguenti del fuoco, sia in sistemi fissi che in estintori portatili.
77
Conseguenze del buco dell’ozono
Sull’uomo
I raggi UV-B sono in grado di attaccare e danneggiare molecole come
il DNA e l’RNA, così se l’esposizione a questi raggi diviene eccessiva,
si possono sviluppare sia dei melanomi che altri tipi di cancro della
pelle. Un altro possibile effetto consiste nella creazione di varie
interferenze nella regolazione dei meccanismi di difesa immunitaria; il
tutto contribuisce all’aumento delle malattie a causa delle minori
potenzialità difensive naturali di ogni persona. L’effetto più evidente e
diretto è invece legato all’azione che i raggi UV esercitano sulla retina
dell’occhio, dove provocano danni che possono rapidamente portare
alla cecità. Fortunatamente il buco dell’ozono ed in generale la
diminuzione dell’ozono stratosferico non rappresentano, al momento,
un rischio immediato per la salute dell’uomo.
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39
Sull’ambiente
Come nel caso degli esseri umani gli effetti del buco dell’ozono non
sono ancora particolarmente gravi, almeno per gli animali superiori.
Dato che queste radiazioni vengono assorbite da pochi strati di cellule
(logicamente quelle più superficiali), gli organismi di dimensioni
maggiori sono più protetti degli esseri più piccoli, come quelli
unicellulari. In effetti gli organismi marini che costituiscono il
fitoplancton e lo zooplancton, che giocano un ruolo cruciale nella
catena alimentare marina, sono estremamente sensibili. Sulle piante le
radiazioni UV comportano in genere un rallentamento della crescita a
causa di un effetto limitante nella crescita della superficie fogliare e
quindi dell’area deputata alla cattura dell’energia solare. In piante
irradiate da raggi UV si verifica sempre un decadimento generale ed
una riduzione nel peso secco.
79
SOLUZIONI E PROVVEDIMENTI
Per ridurre l’emissione di sostanze inquinanti e accelerare i
processi di recupero ambientale dell’atmosfera sono stati
presi, nel corso degli anni, diversi provvedimenti che
interessano
tutte
le
fonti
antropogeniche
causa
dell’inquinamento atmosferico e delle relative conseguenze. Si
tratta di provvedimenti sia di tipo politico sia tecnologico e
gestionale,… ed interessano:
fonti rinnovabili per la produzione di energia;
combustioni più efficienti;
abbattimento dei fumi dei camini industriali;
riduzione delle emissioni derivanti dal traffico;
eliminazione di alcune sostanze particolari (ex. CFC).
80
40
TECNOLOGIE ALTERNATIVE
La produzione di energia da fonti tradizionali, quali sono il
petrolio ed il carbone, oltre ha diminuire la disponibilità della
risorsa muovendosi verso uno sviluppo insostenibile, è causa
di un elevato inquinamento atmosferico, si indirizza quindi
l’attenzione verso fonti di energia che, oltre ad essere
rinnovabili, determinano un impatto ambientale minore:
energia eolica;
energia solare;
energia geotermica;
energia idroelettrica;
biomassa;
rifiuti.
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COMBUSTIONI PIÙ EFFICIENTI
I sistemi di teleriscaldamento urbano rappresentano
un’importante opportunità di uso razionale dell’energia e un
grande contributo per la riduzione dei gas a effetto serra e
dell’inquinamento locale. Il calore che viene distribuito con i
sistemi di teleriscaldamento urbano deriva da impianti a
produzione semplice (solo calore) e a produzione combinata
(calore + energia elettrica).
Alla prima tipologia di impianti appartengono le caldaie per
produzione di calore in forma di vapore, acqua calda, acqua
surriscaldata, olio diatermico.
Gli impianti a produzione combinata, invece, sono gli impianti
di cogenerazione.
82
41
ABBATTIMENTO DEI FUMI
La necessità di limitare la presenza delle sostanze inquinanti
nell’aria comporta spesso l’utilizzo di svariati sistemi di
abbattimento. Questi sistemi si sono rivelati pressoché
indispensabili nell’ambito delle attività industriali che
producono inquinanti aerodispersi in grandi quantità.
A seconda della loro funzione, le tecnologie di abbattimento
degli inquinanti presenti nelle emissioni industriali si
suddividono in tre grandi categorie.
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Recupero dell’inquinante
Nel caso in cui all’inquinante sia associato un valore economico rilevante,
si scelgono dei processi che permettono il suo recupero e l’eventuale
riciclo, come l’adsorbimento su carboni attivi oppure la condensazione.
I sistemi di adsorbimento più diffusi
sfruttano le notevoli proprietà dei
carboni attivi, materiali di origine
vegetale o minerale caratterizzati
da una porosità estremamente
elevata. Le loro capacità adsorbenti
sono particolarmente indicate per
l’abbattimento
dei
composti
organici.
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42
Recupero sotto forma termica
Se gli inquinanti presenti nelle emissioni sono caratterizzati da un buon
potere calorifico e non è molto conveniente dal punto di vista economico
un loro recupero per riutilizzarli nel ciclo produttivo, si procede invece al
loro incenerimento con il recupero della loro energia sotto forma termica.
Nell’ossidazione catalitica il flusso
d’aria contaminato viene riscaldato alla
temperatura richiesta tramite un
bruciatore a gas e poi viene fatto
passare attraverso il supporto col
catalizzatore (letto). Il catalizzatore fa
sì che la reazione di ossidazione dei
composti organici avvenga ad una
temperatura notevolmente più bassa di
quella richiesta per l’ossidazione
termica non catalizzata. Il tipico
combustore catalitico opera infatti a
temperature di 300° - 450°C e questo
rappresenta il vantaggio principale
(minore temperatura operativa, utilizzo
85
di meno combustibile).
Abbattimento dei fumi
Se i processi industriali comportano la liberazione di emissioni gassose
ricche di particolato si deve invece procedere all’abbattimento degli
inquinanti mediante l’utilizzo di sistemi come le camere a deposizione, i
cicloni, i separatori ad umido, i precipitatori elettrostatici o i filtri tessili.
Permette di depurare grandi flussi d’aria
caratterizzati da un’alta contaminazione di
polveri. Il flusso dell’aria contaminata è sempre
diretto dall’esterno verso l’interno delle
maniche. L’aria che attraversa il materiale
filtrante penetra all’interno delle maniche e
risale verso l’apertura posta in cima; poi
defluisce all’esterno dell’impianto attraverso un
condotto apposito. Il particolato invece si
deposita sulla superficie esterna dei filtri. La
pulizia del sistema prevede l’immissione
all’interno di un’intera fila di maniche di un
rapido getto di aria compressa che fa scuotere
il materiale filtrante e provoca la frantumazione
dello strato di polvere e la sua caduta in una
tramoggia di raccolta sottostante.
86
43
RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DERIVANTI DAL
TRAFFICO
Esistono diverse possibilità per intervenire sul traffico
veicolare: dall’applicazione di politiche mirate alla riduzione
del flusso di traffico, all’utilizzo di diversi combustibili per
l’alimentazione dei veicoli, al cambiamento dei componenti dei
veicoli oppure del veicolo stesso.
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Uso di diversi combustibili:
benzina verde (senza Pb);
biodiesel;
metano.
Cambiamenti del veicolo:
marmitta catalitica;
auto elettriche;
veicoli ibridi;
auto a idrogeno o con celle a combustibile.
Politiche mirate alla riduzione delle emissioni:
blocco del traffico, targhe alternate e “domeniche verdi”;
promozione dei trasporti pubblici;
condivisione del viaggio (“car pool”).
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ELIMINAZIONE DEGLI ODS
Il Protocollo di Montreal (adottato 1987) e il Regolamento
europeo hanno stabilito la data per l’eliminazione delle
sostanze lesive per l’ozono sulla base della loro pericolosità.
Nel caso dei CFC, halon, tetracloruro di carbonio e
tetracloroetano la produzione e il consumo sono cessate già
dalla metà degli anni ’90.
Per HCFC e bromuro di metile ci si sta avviando verso
l’eliminazione dei consumi che avverrà entro il 2005 per gli
HCFC ed entro il 2004 per il bromuro di metile.
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Protocollo di Kyoto (1997)
Si tratta di un accordo internazionale, sottoscritto nel 1997 da
84 Paesi, che indica gli obiettivi per la riduzione dei gas ad
effetto serra; il tasso di riduzione delle emissioni è
differenziato per ogni paese, con un valore medio pari al
5,2%. Alcuni significativi tassi di riduzione sono:
• Europa –8% (6,5% per l'
Italia)
• USA –7%
• Canada, Ungheria, Polonia e Giappone – 6%
L’obiettivo è da realizzare entro il 2012, utilizzando come anno
base il 1990.
Il Protocollo è entrato in vigore il 3030-0909-04, con la firma dalla
Federazione Russa, che "vale" il 17,4%! (condizione
necessaria perché entrasse in vigore era la ratifica di almeno
55 Paesi che rappresentassero, con le loro emissioni, almeno
il 55% del totale).
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INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Università degli Studi dell`Insubria