UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI AGRARIA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ZOOTECNICHE DIPLOMA UNIVERSITARIO IN PRODUZIONI ANIMALI ORIENTAMENTO IN TECNICA DELLE PRODUZIONI ANIMALI ATTI CONVEGNO NAZIONALE “Parliamo di ... benessere e allevamento animale” FOSSANO (CUNEO), 14-15 OTTOBRE 1999 CASTELLO PRINCIPI D’ACAJA IN COLLABORAZIONE CON LA PROVINCIA DI CUNEO Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 La redazione degli atti è a cura di: Prof.ssa Graziella T. Pagano Dott.ssa Carla Lazzaroni La stampa del presente volume ha usufruito di parziale finanziamento da parte del Consiglio Nazionale delle Ricerche 2 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 PREFAZIONE In questi ultimi tempi nel settore zootecnico vi è stato un forte interessamento sul benessere animale. Bisogna ricordare che la Commissione Europea ha pubblicato numerose Direttive sulla protezione degli animali da reddito, alcune di esse, sono state recepite dalla Legislazione Italiana. Attualmente il problema del benessere animale risulta di estrema importanza sia da parte dell’opinione pubblica sia da coloro che operano nel settore produttivo. Tutto ciò traspare dalle relazioni delle comunicazioni e dai posters presentati al Convegno Nazionale “Parliamo di ... benessere e allevamento animale” raccolti in questo volume di Atti. Le visite effettuate presso alcune aziende del cuneese, a corollario del Convegno, hanno permesso di poter verificare che l’allevamento può essere rispettoso del benessere animale. Con l’augurio che la partecipazione al Convegno ed una attenta lettura degli Atti possono facilitare le problematiche trattate e siano di aiuto al benessere animale ringrazio quanti sono intervenuti: i Ricercatori, i Tecnici, gli Allevatori e gli Studenti che hanno gremito la sala del Castello dei Principi d’Acaja. La presenza degli Studenti, sempre gradita, assume un significato speciale in quanto il Convegno rappresenta la prolusione all’anno accademico 1999-2000 del Diploma Universitario in Produzioni Animali - orientamento Tecnica delle produzioni animali con sede a Fossano. Si ricorda che questo diploma è sorto in sostituzione della Scuola diretta a fini speciali in “Tecnologia della produzione della carne” istituita a Fossano nel 1990 dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino e per la cui inaugurazione il Dipartimento di Scienze Zootecniche aveva organizzato il 1° Convegno “Parliamo di...”. Un ringraziamento particolare agli oratori: Prof.ssa Verga, Prof. Zoccarato, Prof. Nardone, Dott.ssa Lazzaroni, nonché ai loro Collaboratori ed a quanti hanno contribuito con comunicazioni, posters ed interventi sul tema trattato. Si ringraziano, inoltre, la Provincia di Cuneo, il Comune di Fossano, l’Università di Torino, l’Associazione Provinciale Allevatori di Cuneo per il loro contributo alla realizzazione del Convegno. 3 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Al Sindaco di Fossano, prof. Manfredi, all’Assessore Provinciale all’Agricoltura, dott. Lombardi, al Direttore dell’Associazione Provinciale Allevatori, dott. Bovetti, intervenuti al Convegno, la nostra riconoscenza per la loro partecipazio ne. La programmazione, la preparazione e la realizzazione di un Convegno Nazionale richiedono tempo, impegno e capacità organizzative non indifferenti ma ormai da nove anni possiamo contare sull’intelligente collaborazione della dott.ssa Lazzaroni, del Dipartimento di Scienze Zootecniche, e della dott.ssa Belli, della Provincia di Cuneo, che si assumono gran parte dell’onere ed a cui va, ancora una volta, il nostro ringraziamento. Grugliasco, maggio 2000 prof. Enzo Tartari Direttore del Dipartimento di Scienze Zootecniche Università degli Studi di Torino 4 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 VALUTAZIONE SCIENTIFICA DEL “BENESSERE” NELLE SPECIE ZOOTECNICHE: RICERCA ED APPLICAZIONI NELL’ALLEVAMENTO M. Verga 1 , P. Le Neindre2 , J. Moynagh3 RIASSUNTO. Vengono presi in considerazione due aspetti particolarmente attuali relativi alla problematica della valutazione del ‘benessere’ e dell’adattamento degli animali da reddito: -) la possibilità di quantificare il ‘benessere’ degli animali con riferimento ai diversi approcci scientifici ed alla loro possibilità di applicazione nella pratica dell’allevamento; -) la situazione della ricerca nel settore, considerando alcuni aspetti in merito sia al coinvolgimento dei ricercatori che se ne occupano, sia alla sua organizzazione ed ai riflessi sulla ricaduta applicativa anche a livello normativo. Per quanto riguarda il primo aspetto, si riportano i principali approcci di ricerca con le rispettive metodologie e problemi di indagine, insieme ad esempi applicativi nella pratica dell’allevamento. Per quanto riguarda la ricerca nel settore, si riportano indicazioni sul suo stato attuale e su quanto presente a livello comunitario in relazione al Comitato Scientifico Veterinario della Commissione Europea. PAROLE CHIAVE. Indicatori di benessere, animali da reddito, normative. SCIENTIFIC EVALUATION OF WELFARE IN FARM ANIMALS: RESEARCH AND IMPLICATIONS IN HUSBANDRY SYSTEMS AND MANAGEMENT SUMMARY. Two main aspects on welfare evaluation are considered: -) the possibility to measure welfare levels in farm animals, referring to different scientific approaches; -) the research trends on this issue, considering both the researchers in this area and the research organisation. As far as the first topic is concerned, the three main research approaches are explained and discussed. Referring to the research in the welfare area, the actions of the International Society for Applied Ethology and of the Scientific Veterinary Committee on Animal Welfare are briefly presented. KEY WORDS. Welfare indicators, farm animals, legislation. PREMESSA Due temi sono particolarmente attuali in relazione al problema del ‘benessere’ degli animali in allevamento intensivo: -) la possibilità di quantificare il ‘benessere’ degli animali con riferimento ai diversi approcci scientifici ed alla loro possibilità di applicazione nella pratica dell’allevamento; ___________________________ 1 Professore Associato. Istituto di Zootecnica. Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano. 2 INRA Theix, 63122 Saint Genès Champanelle, France. 3 European Commission, Consumer Policy and Consumer Health Protection, Brussels, Belgium. 5 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 -) la situazione della ricerca nel settore, considerando alcuni aspetti in mento sia al coinvolgimento dei ricercatori che se ne occupano, sia alla sua organizzazione ed ai riflessi sulla ricaduta applicativa anche a livello normativo. Nel presente lavoro si intendono delineare alcuni aspetti di queste due tematiche, che rivestono ormai notevole interesse sia in ambito scientifico che applicativo, ma coinvolgono anche i consumatori ed una serie di normative comunitarie nei settori dell’allevamento animale. Infatti l’opinione pubblica in generale si dimostra sempre più attenta alle condizioni degli animali in allevamento intensivo ed alla loro ‘qualità di vita’, tale interesse deriva probabilmente dallo sviluppo sempre maggiore di nuovi sistemi di allevamento particolarmente efficienti, che consentono ad un numero relativamente ridotto di allevatori di produrre alimenti di origine animale a costi contenuti. Tuttavia tale intensificazione dell’allevamento, sviluppatasi negli ultimi decenni, può comportare spesso problemi per i soggetti allevati ambienti deprivati, gruppi molto numerosi, sovraffollamento, ambiente sociale instabile sono alcuni esempi delle variabili che possono interferire negativamente sulle possibilità di adattamento e di conseguenza sul benessere degli animali allevati (Fraser e Broom, 1994, Picard et al., 1994, Verga, 1994). Anche la selezione genetica operata a fini produttivi, e l’introduzione di biotecnologie, possono talvolta determinare problemi di adattamento o difficoltà che si ripercuotono sull’organismo ed indurre fenomeni di stress persistente (Mench, 1999). Nel dibattito su tali temi si assiste anche alla comparsa di posizioni estreme da un lato gli animali si considerano come portatori di propri diritti specifici, dall’altro vengono visti solo come ‘oggetti economici’, annullando le loro caratteristiche di esseri ‘senzienti’. Tali posizioni sono espresse da un lato dai “welfaristi”, che hanno avuto un ruolo spesso determinante nel sollecitare l’attenzione anche dell’opinione pubblica verso il problema del rispetto del ‘benessere’ degli animali, dall’altra parte gli allevatori si sono dimostrati spesso riluttanti a prendere in considerazione il problema, nella convinzione di conoscere a fondo ed in modo esclusivo l’adeguatezza dei sistemi di allevamento e la risposta alle necessita delle specie da loro allevate. Inoltre e comprensibile la preoccupazione di introdurre vincoli produttivi troppo stretti, che possano costituire seri ostacoli alla competitività con altri Paesi al di fuori dell’Unione Europea. Per evitare ciò e contemporaneamente migliorare le condizioni di “benessere” degli animali allevati e opportuno utilizzare due strategie da un lato promuovere produzioni che garantiscano una adeguata qualità di vita agli animali, quindi una buona qualità del processo produttivo inteso nel suo complesso, e di conseguenza promuovere la commercializzazione di prodotti connotati da questa specifica “qualità globale”. Ciò implica il riconoscimento e la distinzione di tali produzioni, il che peraltro già accade in molti Paesi ad esempio in Gran Bretagna, in Francia, come pure in Italia. D’altro lato e necessario introdurre normative che definiscano le condizioni minime che consentano di fornire agli animali accettabili livelli di ‘benessere’. Dal punto di vista scientifico, il significato del termine “benessere” va peraltro connotato nelle sue caratteristiche fondamentali, evitando sia il ‘meccanicismo’ in toto di una visione ormai anacronistica degli ammali, sia l’antropomorfismo viscerale, che 6 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 inibisce lo studio oggettivo e l’identificazione delle reali esigenze tipiche di ogni singola specie sottoposta a controllo e gestione da parte dell’uomo. La maggior parte dei ricercatori assume infatti che è necessario evitare agli animali sofferenze inutili ed ingiustificate, e fornire agli stessi l’ambiente adeguato per il soddisfacimento delle loro ‘normali’ esigenze biologiche complessive. LA RICERCA NEL SETTORE DEL “BENESSERE” DEGLI ANIMALI IN ALLEVAMENTO INTENSIVO La ricerca sulla valutazione del ‘benessere’ dei soggetti posti in allevamento intensivo ha tratto impulso, in origine, dalle considerazioni riportate nel famoso Brambell Report (1965), pubblicato nel Regno Unito, in cui si esponevano una serie di indicazioni sui problemi che tale tipo di allevamento può comportare per l’organismo e la sua capacità di adattamento. Tali tematiche di ricerca si sono successivamente diffuse a livello internazionale, coinvolgendo una serie di discipline che, interagendo tra loro, consentono di comprendere i diversi aspetti della reazione dell’organismo all’ambiente: tra queste discipline fondamentali sono l’etologia, la fisiologia, la genetica, la psicologia sperimentale e, più recentemente, la psiconeuroendocrinoimmunologia, che sintetizza le relazioni tra sistema nervoso, sistema neuro-endocrino e sistema immunitario (Scapagnini, 1989; Biondi, 1997). Le discussioni nella ricerca sulla valutazione scientifica del ‘benessere’ animale sono state e sono sempre più varie ed articolate (vedi ad esempio: ApplebyeHughes, 1997), sia in merito al significato di tale studio in ambito teorico ed alle metodologie da utilizzare, sia in ambito pratico ed alla possibilità di applicare i risultati anche sul campo, nella gestione dell’allevamento. L’indagine scientifica sulla valutazione del ‘benessere’ è in effetti molto complessa, in quanto gli ‘indicatori’ da considerare sono vari e spesso possono essere in contrasto tra loro, come si rileva talvolta nel caso delle relazioni tra comportamento e stato sanitario. Tra i problemi che si incontrano in questo settore si possono citare (Mason e Mendl, 1993) i seguenti: -) le diverse misure non variano sempre nello stesso senso. Ad esempio ovaiole che mostrano tempi elevati di immobilità tonica, il che significa elevati livelli di ‘timore’ verso l’uomo, producono più uova rispetto a soggetti con tempi di immobilità tonica ridotti, e quindi teoricamente meno sensibili allo stressore della manipolazione (Bredbacka, 1988); -) il significato delle misurazioni può essere di interpretazione difficile. Ad esempio in vitelli sottoposti a stress acuto ed allevati in box individuale si è rilevata attività corticosurrenale più elevata rispetto a quelli allevati in box di gruppo (Trunkfield et al., 1991); tuttavia in altre ricerche, sempre su vitelli tale reattività non è risultata correlata al tipo di stabulazione (Rushen, 1991). Anche la frequenza cardiaca può aumentare davanti ad uno stressore, in seguito ad attivazio ne simpatica (Ladewig e von Borell, 1988), ma si può anche manifestare bradicardia in correlazione ad uno stato di ‘freezing’, quindi di estremo stress (Manser, 1992); -) la ripetibilità delle misurazioni può essere scarsa, in funzione di diverse situazioni di 7 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 valutazione. Ad esempio le variazioni dei livelli di corticosterone in ovaiole allevate a terra od in batteria hanno fornito risultati contrastanti (Rushen, 1991). Nella Tabella 1 si riportano i principali problemi che si incontrano nella valutazione scientifica del ‘benessere’. Tuttavia, nonostante le difficoltà, le numerose ricerche disponibili in letteratura e riferite alle diverse specie allevate hanno fornito risultati e conclusioni spesso chiari, come ad esempio nel caso degli effetti dell’interazione tra animali ed uomo in allevamento (Hemsworth et al., 1987, Verga e Carenzi, 1998). Un punto fondamentale e, specialmente nella valutazione delle variabili comportamentali, la formulazione di protocolli sperimentali ed il rispetto di metodologie di indagine accurata infatti solo la conoscenza di informazioni oggettive può consentire di rispondere ad una nuova concezione dell’allevamento, indirizzata all’incremento qualitativo del processo produttivo. Questo non significa che si possa conoscere definitivamente ‘ciò che l’organismo sente’ (Dawkins, 1990), ma consente di identificare con chiarezza ciò che e direttamente osservabile e quantificabile La ricerca sul ‘benessere’ animale segue, a livello internazionale ed in relazione alle vane scuole di pensiero, tre approcci principali. 1) la considerazione dei ‘feelings’, cioè le ‘sensazioni’ soggettive degli animali, 2) la considerazione della ‘normalità’ delle ‘funzioni biologiche’ degli ammali, 3) la considerazione della possibilità per l’animale di esprimere il proprio repertorio comportamentale ‘naturale’. 1) Il primo approccio ritiene che gli animali possano avere esperienze soggettive, quali ‘stati affettivi’ od ‘emozioni’, e quindi percepire le diverse situazioni come piacevoli o spiacevoli quasi uno stato di ‘felicita’ od ‘infelicità’ individuale. Tale posizione si richiama all’antico quesito sulla possibilità del ‘soffrire’ da parte degli animali (Bentham, 1789), ripreso da autori ben noti nel panorama etico-animalista (Singer, 1977). Alcuni ricercatori, come ad esempio Dawkins (1988) ritengono importante la verifica delle ‘sensazioni soggettive’. Anche Duncan (1993) ritiene che il ‘benessere’ non dipenda ‘ne dallo stato sanitario, ne dalla mancanza di stress, ne dal livello di fitness’, ma solo da quello che un organismo ‘sente’. La metodologia utilizzata in tale approccio comporta sia l’uso di ‘test di preferenza’ che di indicatori comportamentali e fisiologici di stati emotivi. I test di preferenza assumono che l’animale scelga, tra situazioni diverse, quella che percepisce come più ‘gradevole’, e sia motivato a compiere una sene di azioni per ottenerla livelli di temperatura, illuminazione, tipi di pavimentazione o quantità e qualità dello spazio sono esempi di tali situazioni. Anche in questo caso il protocollo sperimentale deve considerare soprattutto i seguenti aspetti: a) le scelte dell’animale devono riflettere realmente le sue preferenze, e non l’effetto di altri fattori quali l’età, le esperienze precedenti od altre fonti di variazione che possono confondere il risultato, b) va verificata l’intensità della preferenza, misurando la quantità di azioni, cioè di ‘lavoro’, che un soggetto e disposto a compiere per ottenere un vantaggio preciso tra una sene di possibilità che gli vengono presentate, c) l’interpretazione del risultato deve tenere in considerazione che non sempre la scelta 8 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 corrisponde ad un reale miglioramento del ‘benessere’ anche a lungo termine. Infine l’uso di tali test deve mirare a comprendere le motivazioni alla base della scelta, da integrare con gli altri indicatori, sia fisiologici che comportamentali, di stati soggettivi (MortoneGriffiths, 1985). 1) problemi nell’uso di tale approccio di ricerca stanno soprattutto nella difficoltà di verificare le ‘sensazioni soggettive’, in quanto la critica ritiene che solo ciò che è direttamente osservabile rientra nello ‘scientifico’ in quanto oggettivabile e non passibile di interpretazioni. 2) II secondo approccio si basa sulla valutazione del ‘funzionamento’ dei sistemi biologici. Quindi la presenza di patologie, di lesioni, di malnutrizione sono associati a scarso ‘benessere’, che invece è a livelli più elevati in relazione ad alti livelli di accrescimento, di fertilità e di fitness. Al fine di adattarsi all’ambiente, l’organismo deve anche mettere in atto meccanismi, fisiologici e comportamentali, che gli consentano di contrastare gli stressori, non solo in allevamento ma anche in natura, dove possono presentarsi stressori di vario genere, compresi i predatori. La quantità di sforzi finalizzati e necessari all’adattamento, ed il loro successo od insuccesso, determinano il livello di ‘benessere’. Ciò comporta, metodologicamente, l’esigenza di quantificare gli ‘indicatori’ di ‘benessere’ tramite quattro categorie, riportate di seguito: a) indicatori patologici, ad esempio: presenza di patologie manifeste o latenti b) indicatori fisiologici, ad esempio: livelli ormonali; frequenza cardiaca; ‘heart rate variability’ (Conny et al., 1993; Hopster, 1998) c) indicatori comportamentali, ad esempio: manifestazione dell’etogramma; risposta a test comportamentali d) indicatori produttivi, ad esempio: livelli di accrescimento; fertilità; mortalità. Secondo McGlone (1993): ‘un animale è in uno stato di scarso benessere quando i suoi sistemi fisiologici sono talmente disturbati da danneggiare le sue possibilità di sopravvivere e di riprodursi’. Curtis (1987) ritiene che nella determinazione dello stato di benessere siano importanti soprattutto le esigenze fisiologiche e, successivamente, quelle di sicurezza e comportamentali. I modelli di riferimento utilizzabili in questo caso si rifanno alle teorie sullo stress proposte inizialmente da Cannon (1914) e da Selye (1932) sull’attivazione dei due assi di risposta allo stimolo (HenryeStephens, 1977): a) asse simpatico- medullo-surrenale (incremento di catecolamine) â reazione ‘attiva’ di ‘lotta- fuga’; b) asse ipofisi-cortico-surrenale (incremento di corticosteroidi) â reazione ‘passiva’ di ‘depressione’. Inoltre va citata la successiva concezione di Mason (1974) sulla specificità delle reazioni psicologico-emozionali. Attualmente sono anche sufficientemente evidenti le relazioni tra stress e patologie condizionate: alterazioni di alcune risposte immunitarie, diminuzione dell’attività riproduttiva ed aumento dell’aggressività sociale possono considerarsi stati ‘pre-patologici’ indicatori di scarso benessere. Una notevole varietà di indicatori viene utilizzata in tale approccio: particolarmente interessanti sono le indagini epidemiologiche atte a valutare le relazioni tra livelli di 9 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 adattamento è stato sanitario. Queste possono anche fornire utili informazioni sui fattori di maggiore rischio per il benessere stesso, per prevenire l’insorgenza di fenomeni di stress cronico che possono indurre alterazioni comportamentali o sanitarie spesso irreve rsibili, come stereotipie comportamentali o drastica riduzione della possibilità di contrastare alcuni agenti patogeni. Tra gli indicatori di stress acuto, costituito ad esempio dalla cattura, dal contenimento e dalla manipolazione dell’animale, sono comprese le modificazioni acute dei livelli di catecolamine, del cortisolo e della frequenza cardiaca. Gli indicatori di stress cronico possono comportare l’analisi della modificazione nei livelli corticosteroidi indotta da ACTH (Terlouw et al., 1997), lo stress cronico può anche determinare situazioni patologiche a livello cardiovascolare (Sundin et al., 1995), gastrointestinale, e riduzione di funzioni immunitane quali la proliferazione linfocitana (Ferrante et al., 1998, Ekkel et al., 1995, Coppinger et al. , 1991), sebbene in alcuni casi vi sia un incremento di alcune funzioni immunitarie in risposta allo speessore (Dubreuil et al., 1993). Altri indicatori fisiologici e comportamentali di stress sono costituiti, da un lato, dall’analisi dei livelli di prolattina, come nel caso di stress acuto nei suini (Rushen et al., 1993), della temperatura corporea (Terlouw et al., 1996, Marazziti et al., 1992), ad esempio in situazioni di stress da trasporto (Terlouw et al. , 1994), dall’altro dalla manifestazione di comportamenti ‘anormali’ quali le stereotipie, che possono indicare ‘senso di fame, di ‘noia’ da ipostimolazione, o tendenza ad evitare una situazione sgradevole’ (Rushen et al., 1993, Wemesfelder, 1993). Tale approccio trova applicazioni pratiche anche in zootecnia, in quanto notevoli riduzioni del ‘benessere’ conseguenti a stress cronico sono in grado di indurre scadimento delle produzioni. Inoltre questa metodologia ha il vantaggio di avvalersi di variabili più analizzabili e misurabili rispetto alle ‘sensazioni soggettive’. Tuttavia anch’essa non e esente da problemi, quali talvolta la non concordanza reciproca dei diversi indicatori. 3) Nel terzo caso l’assunto di base è che ‘gli animali abbiano la possibilità di manifestare tutti i loro comportamenti ‘naturali’ (Webster et al., 1986, KileyWorthington, 1989). Risulta tuttavia evidente che i problemi insiti in tale approccio consistono soprattutto nella difficoltà di identificare il significato di ‘naturale’ per animali sottoposti al processo di domesticazione (Mattiello, 1998). In questo caso molte attività che consentono l’adattamento in natura hanno funzioni e quindi utilità scarse o mille, come nel caso della distanza di fuga davanti all’uomo, e l’accettazione di ripari o fonti di cibo direttamente torniti, il che riduce tutti i comportamenti connessi alla ricerca dell’alimento, altri esempi sono costituiti dai comportamenti riproduttivi e di cura parentale. In natura, al contrario, comportamenti finalizzati alla ricerca del cibo ed alla difesa dai predatori sono estremamente necessari per la sopravvivenza individuale e della specie. In allevamento sono stati effettuati tentativi di ricreare condizioni più simili a quelle naturali, ad esempio per i suini (Stolba e Wood-Gush, 1984). Non va tuttavia neppure trascurato l’effetto della selezione genetica, che, sebbene non possa influire in modo sostanziale sul comportamento complesso, plasmato per la maggior parte dall’ambiente, può comunque condizionare in certa misura le tendenze reattive di base, e quindi il substrato su cui si innestano poi le manifestazioni comportamentali e gli effetti dell’esperienza individuale. 10 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 LA RICERCA NEL SETTORE DEL BENESSERE ANIMALE: COINVOLGIMENTO DEI RICERCATORI E RIFLESSI SULLA RICADUTA APPLICATIVA ANCHE A LIVELLO NORMATIVO Nel panorama internazionale numerosi ricercatori si occupano delle tematiche esposte precedentemente, considerando in particolare le risposte comportamentali e gli altri indicatori di ‘benessere’ a queste correlati. Il comportamento si può infatti considerare come la manifestazione principale che l’organismo ha a disposizione per attuare le strategie di adattamento all’ambiente: capire come un organismo reagisce agli stimoli, quali di questi ricerca od evita, è parte essenziale dell’analisi del benessere e dell’adattamento. Molti ricercatori del settore confluiscono oggi nel!’ International Society for Applied Ethology (I.S.A.E.), sviluppo di quella che nel 1966 un gruppo di Veterinari nel Regno Unito fondò con il nome di: Society for Veterinary Ethology (S.V.E.) (Petherick e Duncan, 1991). Dal 1970 tale Società è aperta anche a non Veterinari, proprio in seguito alla necessità di utilizzare spesso, in questo settore, un approccio multidisciplinare. Attualmente tale organizzazione conta parecchie centinaia di componenti distribuiti in tutto il mondo (Tabella 2); ad essa si affiancano numerose altre associazioni in cui convergono i ricercatori del settore, sia a livello di animali di interesse zootecnico che di animali da affezione. Ogni anno l’I.S.A.E. organizza un meeting internazionale, svoltosi anche in Italia nel 1990. Tuttavia numerose sono le occasioni di incontro e di scambio di risultati di chi si occupa dello studio del ‘benessere’, anche perché, come si è accennato, tale disciplina è in continua e costante evoluzione, in seguito alla complessità della materia ed alle sue molteplici interconnessioni con le altre discipline scientifiche. Numerose sono anche le riviste scientifiche che trattano in particolare tali tematiche, come ad esempio le riviste Applied Animal Behaviour Science ed Animal Welfare. Inoltre molti membri dell’I.S.A.E. hanno parte attiva nella preparazione di rassegne scientifiche da cui spesso prendono spunto teorico le differenti regolamentazioni, sia a livello di Unione Europea che di Cons iglio d’Europa. All’interno di questi due organismi si trattano pure in particolare le tematiche di ‘benessere’ degli animali allevati (Fabre, 1995). La Commissione Europea (EC) ha emanato parecchie Direttive sulla protezione degli animali in allevamento (Tabella 3), normative che hanno anche lo scopo di evitare problemi di competitività tra gli Stati membri. L’iter prevede che la Commissione proponga una bozza del testo, che serva come base per la discussione tra rappresentanti degli Stati membri; i testi rivisti sulla base della discussione vengono poi solitamente adottati dal Consiglio dei Ministri dopo consultazione con il Parlamento Europeo. Ulteriori normative possono essere adottate dalla Commissione stessa dopo discussione e voto all’interno dello Standing Veterinary Committee dell’Unione Europea. Successivamente gli Stati membri provvedono all’adozione delle Direttive all’interno di ogni singola Nazione. Nella Tabella 4 si riporta una serie di Direttive europee recepite in Italia con la relativa indicazione. Per ottenere l’evidenza scientifica disponibile sui vari argomenti connessi al ‘benessere’ 11 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 animale, la Commissione Europea si avvale di Comitati Scientifici: fino al 1997 tale tematica veniva affrontata dalla Sezione Animal Welfare dello Scientific Veterinary Committee, all’interno dell’Agricultural General Directorate. Dal 1997 in avanti i Comitati Scientifici sono stati riorganizzati e tale aspetto e affidato allo Scientific Veterinary Committee on Animal Health and Animal Welfare (SCAHAW), passato al General Directorate on the Protection of the Consumer (DGXXIV). Tale Comitato e composto da esperti indipendenti, non rappresentanti dei Paesi d’origine, ma scelti sulla base del loro curriculum. Lo Scientific Veterinary Committee on Animal Health and Animal Welfare e diviso in due sotto-comitati, che trattano rispettivamente la salute ed il benessere animale, ed ha il compito di produrre Report scientifici in mento ai vari quesiti posti dalla Commissione. Solitamente tali Report sono curati da un gruppo di esperti appositamente costituito, che include come Chairman un membro del Comitato stesso, e come componenti anche esperti esterni a quest’ultimo. II documento prodotto viene quindi analizzato, discusso, eventualmente modificato ed approvato dal sotto-comitato di competenza, successivamente viene presentato al Comitato completo (SCAHAW), ridiscusso, eventualmente rimodificato e quindi approvato. Tutti i Report prodotti in questo modo sono successivamente resi pubblici e disponibili sul sito Web all’indirizzo della Commissione (http //europa eu mt/comm/dg24), come pure sono resi pubblici e disponibili i verbali delle singole riunioni dei Comitati. La struttura di un Report prevede generalmente lo sviluppo di una sene di punti, quali: -) lo stato dell’arte in materia, -) la definizione del ‘benessere’ animale e la possibilità di quantificarlo in relazione alla specie in esame, -) le categorie di indicatori etologici, fisiologici, comportamentali e produttivi disponibili. Non si escludono talvolta anche considerazioni di carattere socio-economico, in funzione del tipo di argomento trattato e delle sue implicazioni. Viene analizzata quindi la possibilità che gli animali hanno di adattarsi al sistema di allevamento od alla tecnologia in esame, considerando anche gli aspetti di selezione genetica che gli animali allevati hanno avuto in seguito alla domesticazione ed all’evoluzione degli indirizzi produttivi. Infine vengono forniti opinioni e raccomandazioni su ogni singolo argomento trattato, considerando anche in particolare le esigenze qualitative dei prodotti in funzione della qualità dell’intero sistema produttivo, e l’esigenza di evitare agli animali sofferenze inutili ed ingiustificate. Negli ultimi anni molti sono stati i quesiti che hanno portato alla stesura di Report sul ‘benessere’ degli animali in allevamento intensivo, od in particolari settori produttivi. Nella Tabella 5 vengono riportati i titoli degli ultimi Report pubblicati. CONCLUSIONI Come si e accennato nelle diverse parti di questo lavoro, lo studio scientifico del ‘benessere’ animale e notevolmente complesso e le sue possibilità di applicazione e di verifica in campo pratico si aprono a molteplici argomenti e settori dell’allevamento e della gestione degli animali domestici. Le ricerche sul ‘benessere’, nonostante i differenti approcci attualmente utilizzati, sono accomunate dalla considerazione che non 12 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 si possono trascurare le capacita ed i limiti delle possibilità di adattamento degli organismi, in funzione delle loro caratteristiche specie-specifiche ed evolutive. Ciò implica che, contemporaneamente alle modificazioni dell’ambiente, intendendo con questo anche i diversi sistemi di allevamento e di interazione con l’uomo, va tenuto presente che gli animali possono contrastare gli effetti potenzialmente negativi di stressori non cronici e non particolarmente forti, in rapporto alle capacità ed ai limiti fisiologici e comportamentali dell’organismo stesso. Al di là di tali limiti, gli sforzi possono diventare insostenibili e determinare scarso o nullo ‘benessere’, con tutte le conseguenze negative sia sull’animale che sulle sue potenzialità produttive. D’altra parte attualmente il problema della valutazione del ‘benessere’ animale è chiaro e riconosciuto, sia a livello di opinione pubblica che di legislazione, anche da molti operatori del settore, consci da sempre della necessità di affrontare sia le esigenze dei consumatori che quelle del mondo produttivo, e proprio per questo della necessità di non trascurare le esigenze anche degli animali, per cui miglioramento della qualità di vita significa riduzione dello stress e potenziamento dei risultati dell’allevamento stesso. Tale visione può costituire una sfida importante, per rispondere alle esigenze di incremento della qualità globale dei processi produttivi. Ciò potrà forse sembrare strano, a prima vista, o superfluo ad alcuni, ma sicuramente si ritiene possa costituire una fonte di riflessione per molti altri, sia all’interno del mondo zootecnico che nell’opinione pubblica generale, in cui solo un’informazione adeguata anche in merito alle reali esigenze degli animali sottoposti a controllo dell’uomo può determinare scelte ed opinioni scevre da preconcetti e da interpretazioni errate. BIBLIOGRAFIA Appleby M.C., Hughes B.O. (1997). “Animal Welfare”. CAB Int., U.K. Bentham J. (1789), in: Appleby M.C. and Hughes B.O. (1997) “Animal Welfare”. CAB Int., U.K. Biondi M. (1997). Mente, cervello e sistema immunitario. McGraw Hill Libri Italia, Milano. Brambell Report (1965). Report of the Technical Committee to Enquire into the Welfare of Animals kept under Intensive Livestock Husbandry Systems. “Command Report 2836, Her Majesty’s Stationary Office”, London. Bredbacka P. (1988). 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Tabella 1 - Principali problemi nella valutazione scientifica del ‘benessere’ animale Table 1 - Main problems in the scientific evaluation of animal welfare -) tipo di situazione stressogena -) type of stressor -) ‘stato psicologico’ del soggetto, cioè caratteristiche individuali di percezione dello stimolo -) subjective ‘psychological status ‘ and perception individual characteristics -) momento e durata della soministrazione dello stressore -) time and lasting of the stressar -) sequenza temporale della reazione allo stimolo, come nel caso dell’attivazione simpatico- medullo-surrenale e di quella ipofisi-cortico-surrenale -) sequential rection to the stressar, i.e. sympatho-adrenal and pituitary-adrenal reaction -) differenze in funzione della specie -) species related variability -) differenze in funzione di età e sesso -) age and sex effects -) differenze in funzione della variabilità individuale -) individual variability -) significato dei diversi indicatori misurati -) meaning of the evaluated indicators Tabella 2 - Localizzazione dei membri dell’ I.S.A.E. (numero di membri) Table 2 - Locations of the ISAE members (number) Gran Bretagna ed Irlanda 200 Paesi Scandinavi 88 Paesi Mediterranei 75 U.S.A. 53 Europa Centrale 43 Australia, Nuova Zelanda ed Africa 38 Benelux 36 Europa dell’Est 33 Canada 29 Oriente 25 Sud America 9 Totale 629 Total 16 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Tabella 3 - Alcune normative sul ‘benessere’ degli animali adottate dall’UE Table 3 - Some Regulations on Animal Welfare adopted by the European Union Argomento Riferimento Title Reference D Direttiva D Directive R Regolamento R Regulation Stordimento pre-macellazione D 74/577 Stunning before slaughter Protezione delle galline ovaiole in batteria D86/113/CEE Laying down minimum standards for the protection of laying hens kept in battery cages Protezione degli animali usati nella ricerca scientifica D 86/609 The protection of animals used for experimental and other scientific purposes Protezione degli animali durante il trasporto D 90/425/CEE Protection of animals during transport Protezione dei vitelli D 91/629 Laying down minimum standards for the protection of the calves Protezione dei suini D91/630/CEE Laying down minimum standards for the protection of the pigs Protezione degli animali durante il trasporto D91/496/CEE Protection of animals during transport Protezione degli animali durante il trasporto D 91/628/CE Protection of animals during transport Protezione degli animali durante lo stordimento e la macellazione D93/119/CE Protection of the animals at the time of slaughter and killing Protezione degli animali durante il trasporto D 95/29/CE Protection of animals during transport Commercializzazione delle uova R 95/69 Marketing standards for eggs Protezione dei vitelli D 97/2/CE Laying down minimum standards for the protection of the calves Soste durante trasporti di lunga durata R 1255/97 Stops during long journeys of animals Protezione degli animali durante il trasporto D 41 1/98 Protection of animals during transport Protezione degli animali da reddito in allevamento D 98/58/EC Protection of animals kept for farming purposes 17 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Tabella 4 - Alcune Direttive Europee relative al ‘benessere’ degli animali da reddito recepite nella Legislazione Italiana Table 4 - Some EU Directives on farm animal welfare in Italian Legislation Argomento Normativa Title Legislation Protezione degli animali durante il trasporto L. 24.4. 1982 N. 244 Protection of animals during transport D.P.R. 5.6.1982 n. 624 D. L. 30.12. 1992 n. 532 D.L. 20.10.1998 n. 388 Protezione delle galline ovaiole in batteria D.P.R. 25.5. 1988 n. 233 Laying down minimum standards for the protection of laying hens kept in battery cages Protezione dei vitelli D.L. 30.12.1992 n. 533 Laying down minimum standards for the protection of the D.L. 1.9.1998 n. 331 calves Protezione dei suini D.L. 30.12.1992 n. 534 Laying down minimum standards for the protection of the pigs Protezione degli animali durante la macellazione e D.L. 1.9.1998 n. 333 l’abbattimento Protection of the animals at the time of slaughter and killing 18 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Tabella 5 - Alcuni Report scientifici sul ‘benessere’ degli animali Table 5 - Some scientific Reports on the welfare of the animals Argomento Title Macellazione rituale Statement on the Religious Slaughter of Animals Without Stunning. VI/B/II.2 VI/955/92 Somministrazione di sostane a scopo non terapeutico e non profilattico Statement on the Use of Substances Administered to Animals for Non Therapeutic and Non-Prophylactic Purposes. VI/B/II.2 Trasporto degli animali Report on the Transport of Farm Animals VI/B/II.2 VI/340/92 Benessere dei vitelli Report on the Welfare of calves VLB/11.2 VI/5891/1995 Benessere delle galline ovaiole Report on the Welfare of Laying Hens VI/B.II.2 VI/8660/96 Sistemi di cattura ed intrappolamento degli animali Statement concerning the Proposal for an Agreement on International Humane Trapping Standards between the European Community, Canada and the Russian Federation Benessere dei suini Report on the welfare of Intensively Kept Pigs XXIV/BS/ScVC/0005/1 997 Eliminazione di animali a scopi di controllo sanitario The Killing of Animals for Disease Control Purposes XXIV/BS/Sc VC/006/1 997 Uso di misture di gas CO2, O2 ed N2 per lo stordimento o la macellazione dei volatili The use of Mixtures of the gases CO2, O2 and N2 for Stunning or Killing of Poultry Aspetti relativi al ‘benessere’ nella produzione del ‘foie gras’ Welfare Aspects of the Production of Foie Gras in Ducks and Geese XXIV/B3/A W/R06/1998 Effetti dell’uso della BST sul welfare degli animali Animal Welfare Aspects of the Use of Bovine Somatotrophin 19 Data Date 20/9/1990 4/6/1991 18/5/1992 09/11/1995 30/10/1996 22/7/1997 30/09/1997 30/09/1997 23/06/1998 16/12/1998 10/03/1999 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 20 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 IL BENESSERE ANIMALE ED IL RUOLO DELL’ALLEVATORE NELL’EVOLUZIONE DEI SISTEMI PRODUTTIVI INTENSIVI 1 Ivo Zoccarato2 , Luca Maria Battaglini2 , RIASSUNTO: Gli Autori riferiscono sull’evoluzione del concetto di benessere animale e sui rapporti esistenti tra il comportamento e l’allevamento intensivo. Sono descritte le principali modificazioni comportamentali nelle diverse fasi produttive (riproduzione e accrescimento). Viene sottolineata l’importanza del ruolo dell’allevatore, le attuali tendenze produttive e lo sviluppo delle metodologie “globali” per la valutazione del benessere. PAROLE CHIAVE: Benessere, allevamento intensivo, suini, ruminanti. ANIMAL WELFARE AND FARMER ROLE THROUGH THE DEVELOPMENT OF INTENSIVE BREEDING SYSTEMS SUMMARY: The Authors refer about the development of the animal welfare concept and on the relationships existing between behaviour and intensive breeding . The most important modifications of animal behaviour in the different productive phases (reproduction and growing) are described. The importance of stockman role, the present productive trends and the development of a “global” approach in order to evaluate the welfare are highlighted. KEY WORDS: Welfare, intensive breeding, pigs, ruminants. IL BENESSERE “Vita da bestie, ma non bestiale” così intitolava un recente articolo di un importante quotidiano che descriveva l’importanza della riduzione dello stress nell’allevamento animale. L’informazione non specialistica dedica oramai ampi spazi ad aspetti prevalentemente tecnici e ciò a riprova del fatto che un sempre maggior numero di persone è emotivamente coinvolto da tutto ciò che in qualche modo riguarda gli animali, siano essi di interesse zootecnico o meno (Buri, 1999). Tutto questo impegno fornisce però risultati assai diversi alla base dei quali esiste una diversa concezione del benessere animale. Si assiste talvolta a prese di posizione estreme che sfociano addirittura nella violenza, nel rifiuto di consumare prodotti di origine animale se ottenuti con sistemi intensivi o alla disponibilità a pagarli di più se provenienti da animali allevati con sistemi più “delicati” (den Ouden,1996). L’aumentata sensibilità dell’opinione pubblica nei confronti del benessere animale è anche all’origine della contestazione nei confronti della sperimentazione animale, degli zoo e dell’utilizzo degli animali nell’ambito dello spettacolo circense. E’quindi evidente _____________________________ 1 2 II lavoro spetta in parti uguali agli autori. Professore associato. Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università di Torino. 21 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 che il concetto di benessere animale vana in relazione alla capacita di sentire del singolo individuo, ed ancor più con le sue concezioni zoo-antropologiche. Secondo Ballarini (1998) la zoo-antropologia si trova oggi a studiare il terzo periodo del rapporto tra l’uomo e l’animale, si e passati da una prima fase arcaica in cui il rapporto era di tipo magico-totemico all’attuale concezione che riconosce a tutti gli animali una capacita di intendere e volere. Tra queste due posizioni si colloca una terza scuola di pensiero, tuttora ampiamente condivisa, che individua negli animali un mezzo per fornire alimenti e/o lavoro. In questa ultima riteniamo si possano identificare gli allevatori che nell’ambito dell’attuale società, complice una certa disinformazione, si trovano molto spesso in una posizione critica che li fa apparire come aguzzini degli animali o, peggio, avvelenatori del consumatore come recenti episodi potrebbero far credere (sindrome della vacca pazza, suini “alla diossina”). In realtà, proprio perché l’allevatore ricerca la massima efficienza produttiva, il benessere degli animali e per essi di fondamentale importanza, ciò e noto a tutti gli operatori capaci, ma e altrettanto ovvio che il concetto di benessere per chi alleva non coincide con quello dell’animalista o di chi pratica una dieta vegetariana. Nel rispetto di tutte le opinioni si ritie ne che definire il benessere come uno stato di completa salute mentale e fisico dove l’animale e in armonia con il suo ambiente (Hughes, 1976) sia rispondente alle esigenze dell’allevatore, salvaguardando le necessita dell’animale. A nostro avviso tale definizione potrebbe essere assunta come quella di benessere zootecnico condizione nella quale l’animale da reddito può esplicare la massima capacita produttiva quantitativa e qualitativa, senza andare incontro a manifestazioni patologiche o a turbe comportamentali in grado di alterare il suo equilibrio fisiologico. All’ottenimento di questa condizione di benessere l’allevatore tende da sempre. Anche in Italia, dal 1992 (DD.LL. 532-533 534) tali aspetti hanno cominciato ad essere normati, ma già nel 1988 era stata data attuazione alla prima delle direttive UE che riguardava il comparto avicolo. BENESSERE E COMPORTAMENTO II concetto di benessere poggia quindi sulla possibilità da parte dell’animale di regolare la propria condizione corporea in relazione alle situazioni ambientali che si vengono a realizzare, nel caso in cui tale adeguamento venga meno si assiste a comportamenti anomali e/o ad alterazioni fisiologiche (Broom e Johnson, 1993). Nella specie suina il più classico dei comportamenti anormali e l’aggressività nei confronti dei propri simili o, nel caso della scrofa, della prole. Questo vizio comportamentale si esplica con morsicature vane o addirittura con fenomeni di cannibalismo vero e proprio (Csermely, 1997), altri segni di malessere sono rappresentati da atteggiamenti di sitting (Jensen et al., 1996), da movimenti stereotipici (Mason, 1991, Lawrence e Terlouw, 1993), dall’incapacità di individuare un’area di defecazione nel box (English et al., 1988). Nei bovini l’osservazione di anomalie nella sequenza di movimenti per la messa in piedi o in decubito esemplifica un comportamento che indica problemi di benessere (Bàdsgàrd et al., 1997), anche la modificazione nell’ordine di ingresso in sala di mungitura può essere indice di 22 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 situazioni sfavorevoli che si ripercuotono anche a livello produttivo (Tartari e Baldi, 1989). Tra i vitelloni in seguito a frequenti raggruppamenti si rilevano alti livelli di aggressività e frequenti atti di monta (Tennesen et al., 1985, Kenny e Tarrant, 1987). Le condizioni di stress, sia nei suini sia nei bovini, possono modificare i livelli di difesa immunitaria favorendo l’insorgenza di varie patologie infettive (Sidoli, 1997, Gnaccarini et al., 1998), podaliche (Bàdsgàrd et al., 1997), metaboliche (Kaneko et al., 1997). Indipendentemente dalla specie animale, sempre in accordo con Broom (1991) si può affermare che le necessità degli animali sono: 1) l’ingestione di adeguate quantità di colostro prima e latte poi per i giovani; 2) la disponibilità di periodi della giornata durante i quali riposare e dormire; 3) l’esplorazione dell’ambiente circostante, al fine di individuare ed evitare eventuali fonti di pericolo; 4) la possibilità per l’animale di compiere un certo esercizio fisico, di muoversi liberamente e di adottare posture conforte vo li; 5) l’ingestione di idonei alimenti che favoriscano lo sviluppo e la corretta funzionalità del sistema gastroenterico; 6) il contenimento dell’insorgenza di malattie e parassitosi; 7) un prolungato legame materno; 8) l’interazione con i propri simili al fine di sviluppare un adeguato senso sociale. L’insieme di queste necessità, fatto proprio dallo Scientific Veterinary Committee (1997) per quanto riguarda il benessere nell’allevamento intensivo del suino, può essere sintetizzato nell’assunto delle cosiddette cinque libertà fondamentali dell’animale già definite nel 1965 dal Brambell Report e secondo le quali l’animale deve essere: a) libero da sete, fame, malnutrizione; b) libero dal disagio di stress termici e fisici; c) libero dal dolore, ferite e malattie; d) libero di esprimere il suo normale comportamento; e) libero da paura e angoscia. Molto si è detto e scritto in questi ultimi anni relativamente a queste libertà, ma è evidente che nel contesto dell’allevamento intensivo molto dipende dal grado di percezione dell’allevatore, ma anche dal ruolo che questo gioca nel processo di adattamento dell’animale. Un corretto “governo” non può che migliorare la risposta dell’animale nei riguardi dell’ambiente in considerazione del fatto che l’animale ha memoria delle esperienze precedenti che, se positive, gli consentono di reagire più adeguatamente in futuro (Ekkel, 1996). Inoltre, non bisogna dimenticare che l’allevatore contribuisce all’adattamento anche modificando le strutture ed il management aziendale. Se facciamo riferimento alle cinque libertà fondamentali possiamo affermare che nella maggioranza delle nostre realtà di allevamento gli animali sono sicuramente ben nutriti, in buona salute e fìsicamente integri. E’ noto tuttavia che limitare il consumo o impedire l’accesso ai foraggi grossolani può indurre frustrazione in suini e bovini (Redbo, 1992; Lawrence et al., 1993). Allo stesso modo la composizione della razione può favorire la suscettibilità a numerose malattie metaboliche e disordini in genere come le laminiti nel 23 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 bovino (Wierenga e Petersen, 1987). La situazione diviene più complessa quando si fa riferimento a quegli aspetti che coinvolgono il comportamento dell’animale, ed alla possibilità che esso possa provare paura ed angoscia. La difficoltà di rilevare ed accettare l’esistenza di questi comportamenti nell’ambito dell’allevamento e sempre esistita, ma con l’avvento dei sistemi intensivi specializzati questi problemi sono diventati particolarmente pressanti in quanto le condizioni micro-ambientali si sono differenziate sempre più da quelle naturali ricalcando, come scrive Ballarmi (1998), il processo di urbanizzazione dell’uomo. Nelle città si e assistito ad un enorme aumento del numero di animali familiari e, con questo, ad un radicale mutamento della concezione del rapporto uomo-animale, con ripercussione anche sugli animali di interesse zootecnico. Consapevoli dell’esistenza della capacita degli animali di provare emozioni e di attuare reazioni fisiologiche in grado di mantenere, entro certi limiti, una condizione di benessere, ma anche del fatto che l’allevatore non intende arrecare inutili eccessive e, aggiungeremmo noi, antieconomiche sofferenze agli animali, e necessario chiedersi di quali strumenti egli disponga per valutare il benessere o il livello di stress all’interno dell’allevamento. A tal proposito si può affermare che il sempre maggior numero di ricerche svolte ha consentito di acquisire un bagaglio di conoscenze molto ampio ed un affinamento delle tecniche disponibili, tuttavia queste ultime sono spesso di difficile applicazione in azienda, richiedendo sovente interventi delicati ed invasivi che già di per se possono generare stress acuto. Esiste quindi, a nostro avviso, la necessita di acquisire mirate osservazioni etologiche sugli animali da reddito ricollocati in sistemi di allevamento più estensivi al fine di valutare la loro effettiva capacita di adattamento a situazioni in cui l’assistenza dell’allevatore diventa meno essenziale e l’animale può ritornare a vivere in condizioni “più naturali”. Interessante e l’esperienza di allevamento al pascolo di agnelli (appartenenti a razze da latte) allattati dalle madri, nei confronti di soggetti sottoposti a tecniche di allattamento artificiale in box gli accrescimenti medi sono risultati significativamente più favorevoli al sistema materno (350 vs 250 g/d nei primi 30 giorni di vita, Battaghm, 1999, dati non pubbl.). Nei sistemi produttivi di questo tipo, infatti, l’allevatore, più che fornitore di alimento, assume un ruolo di osservatore e gestore delle risorse naturali, la gestione del sistema zootecnico estensivo non può prescindere da una corretta integrazione ambiente-animale. In caso contrario non si otterrebbero vantaggi ne per gli ammali, dal punto di vista del benessere, ne per l’ambiente. Inoltre, e implicito che l’adozione di sistemi estensivi comporta inevitabilmente la riduzione della capacita produttiva complessiva a meno di un forte aumento delle superfici destinate ad allevamento. Si tratta quindi di trovare un giusto equilibrio tra redditività della produzione e sostenibilità della stessa. IL BENESSERE NELL’ALLEVAMENTO INTENSIVO La misurazione dello stato di benessere dell’animale, come accennato in precedenza, e difficile e complessa poiché, in presenza di stressors, il passaggio dalla fase di adattamento allo stadio pre-patologico non e mai netto ma graduale. La valutazione del benessere dovrebbe quindi tenere conto non solo delle risposte comportamentali, fìsiologiche ed immunologiche dell’animale, ma anche delle loro interazioni (Moberg, 1987, Signo ret e Vieuille, 1996). La misurazione del benessere può essere in teoria il 24 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 risultato della somma di esperienze positive e negative (Simonsen, 1996), ma tale approccio risulta particolarmente impegnativo ed è stato soggetto a studi di modellizzazione (MSB [Multifacetted Structured Entity]) proposti da Bracke et al., (1997). A proposito dell’esame del benessere, nel contesto dell’attuale allevamento intensivo, possiamo aggiungere anche un ulteriore parametro e precisamente l’aspettativa di vita (Broom e Johnson, 1993). Se un animale è costretto ad avere un metabolismo elevato e a convertire gli alimenti in carne, latte o uova in modo particolarmente efficiente, possiamo attenderci che questa “caratteristica” influisca sulla cosiddetta life expectancy. Per esempio, un’alimentazione ricca di proteina, l’uso di steroidi e di somatotropine migliorano le prestazioni produttive di determinate linee genetiche frutto della selezione, ma è probabile che provochino nel contempo una riduzione della carriera produttiva. Gli allevatori di vacche da latte sono consapevoli che la diminuzione del numero medio di lattazioni per carriera è andata di pari passo con il miglioramento dell’indice di conversione degli alimenti. Molti soggetti sono eliminati a causa di lesioni pedali, mastiti, ipofertilità, rapido declino della produzione, ma molti morirebbero comunque abbastanza presto in un sistema gestionale “spinto” come quello al quale sono sottoposti. La riduzione dell’aspettativa di vita indica che le bovine lattifere ad alta produzione sono frequentemente sotto stress e che il loro benessere non è sempre ottimale, anche se ciò non significa che la loro efficienza produttiva sia in tali condizioni necessariamente scadente; in realtà molte vacche risultano sane per tutta la vita e non presentano affatto segni di scarso benessere. Anche se può sembrare riduttivo, la valutazione dello stato di salute e delle prestazioni produttive costituisce ancora il criterio più immediato, oltre che il più semplice, per l’apprezzamento delle condizioni di benessere o della capacità di adattarsi alle condizioni produttive intensive (Duncan, 1981; Gonyou; 1986; Curtis, 1990; Sundrum, 1997). Certamente le performances zootecniche non tengono in considerazione gli aspetti etologici, ma da questo punto di vista l’allevatore può rilevare, in certe situazioni, la presenza di alcune stereotipie, anche se non sempre ricollegabili ad inadeguate situazioni di ambiente d’allevamento (Mason, 1991). I comportamenti stereotipici costituiscono un appropriato indicatore del livello di benessere dell’animale, in quanto questi compaiono prima delle alterazioni dell’asse neuro-ormonale, e la conseguente sovraproduzione di corticosteroidi, che sta alla base della Sindrome Generale di Adattamento (Selye, 1957). Relativamente allo studio delle stereotipie, in accordo con Biagi et al. (1998), occorre ricordare che l’etologia veterinaria non è perfettamente sovrapponibile all’etologia convenzionale il cui obiettivo è di studiare gli animali nel loro ambiente naturale. Molti degli animali da reddito sono oramai allevati in un ambiente che per definizione non è più considerato tale. Infatti, il Consiglio dell’U.E. nel 1992 esprimeva il seguente parere definendo l’allevamento intensivo come un metodo di allevamento con il quale gli animali sono custoditi in spazi insufficienti o in numero o in condizioni o ancora con livelli di produzione tali che la loro salute ed il loro benessere dipendono dall’assistenza frequente dell’uomo. Quando si parla di allevamento intensivo si pensa istintivamente a quello del suino, del vitello a carne bianca o del pollo e, in seconda battuta, a quello del vitellone e della vacca da latte; con ogni probabilità la causa della posizione di preminenza 25 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 dell’allevamento del suino e da ricercarsi nel fatto che tale attività zootecnica, senza terra e da tempo svincolata dall’azienda agraria grazie anche alla non dipendenza dai foraggi che invece lega saldamente le produzioni bovine ad un contesto aziendale ben definito. Per quanto attiene l’allevamento del vitello a carne bianca, occorre rilevare che una buona parte dell’opinione pubblica e concorde nel considerare tale pratica tra le meno rispettose del benessere animale, sia per quanto riguarda la tipologia di stabulazione sia per gli schemi alimentari adottati. Il legislatore ha parzialmente migliorato le condizioni di tale sistema produttivo attraverso l’emanazione del D.L. 533/92, tuttavia spesso tali allevamenti sono ancora lontani da condizioni ottimali (Gnaccarmi et al., 1998). Nonostante questa specie-specificità, molte delle problematiche legate all’allevamento intensivo sono comuni alle diverse specie. Gli aspetti comuni sono quelli connessi alla necessita di mantenere corrette condizioni micro ambientali che, a loro volta, sono legate a scelte gestionali come il numero di animali da allevare, la stabulazione da adottare e cosi via. Va anche sottolineato come tutte queste scelte rivestano contemporaneamente una forte valenza sia sul benessere animale sia sull’ambiente e ciò a riprova del fatto che le diverse problematiche che investono le attuali produzioni animali non possono assolutamente essere trattate separatamente, bensì debbano essere affrontate attraverso un approccio globale al cui centro si colloca l’allevatore. I fattori zootecnici gestionali possono influenzare il benessere secondo vane modalità alcuni di questi sono facili da definire e da misurare e di questi si conoscono anche gli effetti sul benessere, altri sono più difficili da individuare, ma possono avere anch’essi un seno impatto sul benessere animale. I principali fattori che vanno presi in considerazione sono il razionamento quantitativo/qualitativo e le modalità di distribuzione dell’alimento, il tipo di stabulazione, la presenza o meno di lettiera, la numerosità del gruppo di ammali, lo spazio pro-capite, le condizioni micro-ambientali (luce, temperatura, velocita e qualità dell’aria, rumore), le modalità di svezzamento, l’attitudine e l’indole del personale addetto al governo degli animali. Un parametro facilmente definibile e la scelta degli alimenti da destinare agli ammali, tenuto conto non solo dei risvolti che la razione gioca sull’insorgenza di possibili dismetabolie, ma anche sul corretto espletamento di funzioni vitali come l’attività ruminale, che e ridotta in assenza di fibra lunga (De Boever et al., 1993, Lawrence et al., 1993), mentre carenze energetiche possono alterare l’equilibrio degli ormoni riproduttivi inducendo anaestri prolungati nella vacca (Beai et al., 1978). Nella scrofa una sottoalimentazione durante la gestazione, può portare alla nascita di suinetti sottopeso (Pluske et al., 1995), in questi ultimi, ma anche nei vitelli, e largamente conosciuta la problematica della diarrea da svezzamento che, pur riconoscendo un’origine polifattoriale, trova nel passaggio dall’alimento latteo al mangime un fattore spesso scatenante (Gue, 1988). Interessanti a tal riguardo appaiono alcune esperienze finlandesi sulla possibilità di adottare un allattamento materno prolungato nei vitelli, fino a 5 settimane, con bovine ad alta produzione (Saloniemi, 1997, comunicazione personale) come risultato dell’adozione di tale tecnica, pur impegnativa in termini di manodopera, si evidenziano effetti favorevoli sul vitello (accrescimenti, salute e comportamento) e sulle madri (riduzione delle mastiti, aumento dei consumi di foraggio e della produzione lattea). La scelta del tipo di stabulazione è di estrema importanza per la realizzazione di sistemi produttivi non stressanti. Il benessere della vacca da latte, in un sistema a stabulazione 26 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 libera con cuccette dipende ad esempio dalla disponibilità di spazio, dalle caratteristiche della cuccetta, dal materiale per la lettiera, dal tipo di pavimentazione, dall’ampiezza dei passaggi obbligati. Ricerche condotte su bovine da latte hanno dimostrato che è negativo impedire od ostacolare l’adagiarsi degli animali perché ciò aumenta la motivazione a compiere tale comportamento ed induce alterazione nelle risposte comportamentali e fisiologiche, tipiche dello stress (Metz, 1985; Munksgaard e Simonsen, 1996). L’affollamento e la competizione per occupare le cuccette libere nella stabulazione libera può ridurre il tempo di riposo della bovina da latte (Friend et al., 1977; Wierenga, 1983; Hennenberg et al., 1986): ciò consente di prevedere che negli allevamenti con un numero di cuccette inferiore a quello dei capi presenti alcune bovine andranno a incontro ad uno stress più o meno marcato per violazione del loro comportamento. In una ricerca sull’argomento, Tarantola (1999) ha evidenziato come l’adozione delle cuccette abbia migliorato le condizioni di comfort di bovine fino allora allevate in stabulazione libera tradizionale. Un altro recente esempio viene riportato da Spycher et al., (1999) ed è relativo ad un’indagine condotta in Svizzera in aziende con bovine da latte allevate con diversi sistemi: a stabulazione fissa tutto l’anno, a stabulazione fissa con paddock o pascolo in determinati periodi e a stabulazione libera. Dalle osservazioni effettuate (movimenti, reazioni in presenza di estranei, pulizia, lesioni alla cute, disturbi agli arti, ferite a coda e mammella, BCS) è emerso che i principali segni di modesto benessere erano rappresentati da infiammazioni alle articolazioni degli arti anteriori, da escoriazioni e ferite, da mutate modalità di decubito e di levata, benché molti altri fattori associati alla gestione dell’allevamento ed al sistema di stabulazione possano aver influito su queste risultanze. Ad esempio la disponibilità unitaria di spazio gioca un importante ruolo in relazione al movimento, all’atteggiamento aggressivo ed ai rischi di lesioni e ferite (Stamm, 1987). Sempre nei bovini (manze) il numero di alimentatori e di abbeveratoi è contemporaneamente importante per l’assunzione di sostanze nutrienti e per il comportamento (Redbo, 1990). In un caso descritto da Sandøe et al., (1997) le dimensioni di una stalla risultarono troppo limitate se confrontate alle dimensioni medie delle bovine presenti: a causa delle piccole dimensioni delle cuccette erano osservate modificazioni nelle modalità di postura e frequenti lesioni ai capezzoli: è risaputo che tali problemi siano frequentemente causa di persistenti dolori e basso comfort. L’eccessiva densità, la superficie scivolosa, i passaggi obbligati in spazi troppo angusti aumentarono sensibilmente lesioni che interessavano lo strato corneo degli zoccoli, la regione carpale e danni alla cute. Nella stessa indagine i dati raccolti in occasione dei pareggiamenti degli unghioni indicarono la concomitante presenza di laminiti di presumibile origine alimentare. Relativamente all’effetto del sistema di stabulazione sul benessere del suino la casistica è molto ampia e riguarda tutte le categorie produttive. La scrofa, negli attuali sistemi, è allevata per buona parte della sua carriera (ri)produttiva in condizioni di confinamento; è chiaro che le stereotipie sono estremamente frequenti e tipiche come la morsicatura a vuoto o delle parti metalliche delle gabbie (Stolba et al., 1983, Terlouw et al., 1991a) Questi comportamenti sono solitamente accompagnati da un innalzamento dei valori di 27 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 ACTH (von Borrell e Hurnik, 1991) che tende a rimanere elevato anche per parecchio tempo indicando uno stress cronico. Tuttavia alcuni ricercatori non hanno evidenziato una relazione diretta tra il grado di stereotipie ed il livello plasmatico del cortisolo (Terlouw et al., 1991b). Se l’elevata cortisolemia e da ritenersi una condizione pressoché tipica delle scrofe legate (contenimento non più ammesso nelle nuove porcilaie in quanto l’attacco era spesso causa di ferite) o di quelle in gabbia singola, non altrettanto si può affermare per quelle mantenute in gruppo in box con paglia. In questi animali, infatti, gli indicatori ematici sono sempre attestati su valori più bassi e le stereotipie meno frequenti (Barnett et al., 1985, 1987, 1992, Lawrence et al., 1994). Oltre al sistema di contenimento, rivestono estrema importanza le caratteristiche del pavimento e la possibilità di impiegare o no della lettiera. Pavimenti pieni in cemento sono molto spesso causa di lesioni agli unghielli, agli arti e/o alla mammella. Tuttavia anche la stabulazione in gruppo non e scevra da inconvenienti e, in modo particolare, quando si ricostituiscono i gruppi di scrofe che hanno svezzato la necessita di ricostituire una gerarchia sociale porta gli animali a scontri che talvolta sono causa di gravi ferite. Signoret e Vieuille (1996) hanno confrontato il comportamento di scrofe, in gestazione, stabulate secondo quattro diversi sistemi (legate, in gabbia individuale, in gruppo in box ed in paddocks all’esterno) essi hanno evidenziato che esiste una forte variabilità di comportamento imputabile al singolo individuo anche in funzione delle sue condizioni corporee, da questo punto di vista le scrofe in condizioni più scadenti (profilo posteriore ovale e scavato) sono quelle che presentano la maggior attività di masticazione a vuoto, cioè non legata ad attività alimentare. Ogni sistema di stabulazione determina lesioni tipiche ed e quindi evidente che non esiste un sistema ottimale. Nelle scrofe confinate sono più frequenti le lesioni a carico degli arti, mentre in quelle mantenute in gruppo, specialmente in porcilaia, compaiono numerose lesioni da morsicatura, particolarmente gravi quando interessano la mammella. La competizione sembra essere molto meno evidente nelle scrofe mantenute in gruppo e all’aperto le lesioni da morsicatura sono meno frequenti e riguardano prevalentemente i fianchi, tuttavia si osservano lesioni ai padiglioni auricolari e, sulla base di nostre esperienze, agli arti (Zoccarato, 1999, dati non pubblicati). Relativamente agli aspetti comportamentali Signoret e Vieuille (1996) hanno ancora evidenziato una riduzione della masticazione a vuoto nelle scrofe mantenute in gruppo, in porcilaia, rispetto a quelle all’aperto o confinate. L’abitudine ad un certo tipo di stabulazione si riflette anche sulle prestazioni post partum, le scrofe abituate al confinamento individuale sono meno nervose quando vengono poste nelle gabbie-parto individuali (Marchant e Broom, 1993), la mortalità neonatale dei suinetti risulta più elevata tra le scrofe allevate prima in gruppo e poi fatte partorire singolarmente (Cronin et al., 1996). Da questo punto di vista e importante ricordare come il sistema di contenimento della scrofa in sala parto possa avere un effetto negativo sulla vitalità neonatale certe scrofe, a causa dell’impossibilita di preparare il nido, mostrano infatti un protrarsi del parto (superiore alle 6 ore) (Backstrom, 1973, Fraser et al. ,1995), d’altra parte il confinamento in gabbia consente di ridurre la mortalità tra il parto e lo svezzamento. Al fine di migliorare le condizioni di benessere della scrofa e dei suinetti sono stati proposti differenti sistemi di 28 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 allevamento, ma i risultati non sono sempre univoci, come già sottolineato anche dallo Scientific Veterinary Committee (1997). Un miglioramento delle prestazioni è stato ottenuto da Ekkel et al., (1995; 1996) confrontando il sistema Specif-Stress-Free (SSF) con sistemi convenzionali. Il sistema SSF proposto originariamente da Charlick et al., (1968) prevede che i suini vengano allevati, in condizioni ottimali, nello stesso box dalla nascita fino al raggiungimento del peso per la macellazione. In tal modo è possibile eliminare lo stress conseguente al raggruppamento degli animali e, attraverso un corretto management, ottimizzare le prestazioni produttive. L’obiettivo di fornire un importante miglioramento nelle condizioni di allevamento è anche alla base del sistema noto come Family Pen System (Stolba e Wood-Gush, 1984) che è stato recentemente riproposto proprio in relazione alle mutate esigenze di benessere (Wechesler, 1998). In questo sistema piuttosto complesso ed articolato le scrofe vengono divise in gruppi famigliari che rimangono costanti nel tempo: all’interno dei recinti, opportunamente ripartiti ed attrezzati si realizzano le diverse fasi (ri)produttive. Bradshaw e Broom (1999) segnalano invece un aumento delle perdite per schiacciamento tra i suinetti nati da scrofe allevate in gruppo secondo il sistema Thorstensson: esso prevede, attraverso l’eliminazione di divisioni mobili dopo 9 giorni dal parto, la trasformazione di quattro gabbie singole in un unico box, con paglia, condiviso sia dai suinetti che dalle madri. Gli Autori imputano l’aumento della mortalità al comportamento delle scrofe che mostrano un accentuato movimento di rollio durante la fase di coricamento e da una eccessiva tendenza dei suinetti ad ammassarsi vicino alla madre durante la stessa fase. Il problema di individuare tipologie di stabulazione in grado di soddisfare contemporaneamente le esigenze materne e della prole è quindi ancora da risolvere, anche perché, in ragione del benessere della scrofa, non si può certamente penalizzare quello dei suinetti. Una fase critica nell’allevamento del suino è rappresentata dallo svezzamento: gli effetti dello stesso si riflettono sia sulla futura ripresa del ciclo riproduttivo sia sulle condizioni corporee dei suinetti e della madre. Come accennato in precedenza il passaggio dall’alimentazione lattea al mangime rappresenta un momento delicato per l’animale e senza dubbio stressante. L’adozione di sistemi secondo una più friendly way visti in precedenza per l’allevamento della scrofa, consente di ottenere dei benefìci anche per i suinetti. Nell’allevamento intensivo tuttavia, dove lo svezzamento avviene tra il 21° ed il 28° giorno di età, il raggruppamento di animali provenienti da nidiate diverse rappresenta una concausa, assieme al cambiamento di alimentazione e alla perdita del riferimento materno, nel determinare uno stress acuto che può manifestarsi con diarrea, innalzamento di alcuni parametri ematici, aumento delle aggressioni che spesso costituiscono un serio problema in quanto possono sfociare nel cannibalismo. Al fine di ridurre la frequenza di tali episodi sono stati condotti diversi esperimenti mirati a migliorare l’ambiente di allevamento. Buoni risultati sono stati ottenuti aumentando lo spazio pro-capite e arricchendo l’ambiente per consentire ai suini di svolgere alcune attività istintive, come il grufolare, ed annoiarsi di meno. L’adozione della lettiera sembra fornire risultati discreti in tal senso (Schaefer et al., 1990; Van den Weghe et al., 1998), sono state evidenziate anche risposte diverse in relazione al tipo di materiale messo a disposizione degli animali Contrariamente a quello che ci si può attendere, la 29 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 paglia sembra essere uno dei materiali meno apprezzati dal suino “per trascorrere il tempo”, mentre secondo quanto riportato da Lumb (1999) i materiali che meglio si presterebbero a creare un ambiente interessante sarebbero il compost umido e la torba. Anche l’utilizzo di oggetti diversi come catene, pneumatici etc. può contribuire a migliorare l’ambiente di allevamento. Lo stress da raggruppamento e un problema che riguarda anche i suini nella fase di accrescimento la dove si installano animali di provenienza diversa, tale situazione risulta ulteriormente aggravata nel caso di un eccessivo razionamento ed un insufficiente spazio mangiatoia pro-capite che comportano un aumento delle aggressioni (Csemerly e Wood-Gush, 1986). Quest’ultimo parametro, facilmente rilevabile, e causa di problemi anche tra i bovini all’ingrasso Infatti, una elevata densità in box per vitelloni con pavimentazione piena può portare a lesioni alla coda (Madsen et al., 1987), a relazioni sociali instabili (Benecke, 1985, Kondo et al., 1989) e disturbi nel momento del riposo (Muller, 1988). La riduzione dello spazio pro-capite e lo stress in genere comporta una modificazione dell’attività di auto-toelettatura che viene concentrata, ed insistentemente espletata, su piccole superfici corporee Ne può derivare una eccessiva perdita di pelo che favorisce l’insorgenza di tricobezoari ruminali (Dantzer, 1986). La lingua serpentina e un’altra stereotipia, per quanto sia sospettata una predisposizione genetica, che interessa i bovini e più raramente i suini. Morsicature delle sbarre dei box, delle catene, movimenti ripetuti del collo in animali tenuti alla posta sono altri esempi di stereotipie riscontrabili nell’allevamento intensivo del bovino ed imputabili a noia (Fraser e Broom 1990). Oltre alle manifestazioni comportamentali lo stress e causa di patologie gastrointestinali anche negli animali. Analogamente a quanto si verifica nell’uomo, la presenza di ulcere duodenali nel suino è stata imputata a eccessivo stress (Fraser et al., 1975). II 20-30 % dei vitelloni all’ingrasso secondo Gue (1988) evidenzierebbe in sede di macellazione la presenza di ulcere abomasali. L’insorgenza di tale patologia dipenderebbe dall’azione diretta dello stress che si innescherebbe nel momento in cui l’animale non riesce più ad adattarsi alla situazione stressante. Il meccanismo neuroormonale (Corticotropin Releasing Factor) determinerebbe l’aumento in circolo di ACTH e quindi di corticosteroidi e catecolamine. Tra le modificazioni indotte da queste sostanze vi e anche quella della motilità intestinale che a sua volta, in un “effetto domino”, può dare origine a fermentazioni anomale, riassorbimento di endotossine e quindi malattia. Anche per i bovini, analogamente ai suini, e possibile utilizzare il dosaggio di alcuni parametri ematici per valutare lo stress. Utili in tal senso appaiono i recenti risultati di Tassone et al., (1999) e di Barbera et al., (1999) sull’andamento del progesterone ematico in vitelloni maschi all’ingrasso Tali risultati appaiono particolarmente interessanti poiché, essendo l’innalzamento del tasso di progesterone considerato indice di trattamenti fraudolenti, lasciano intravedere la possibilità che in soggetti particolarmente sensibili il progesterone possa innalzarsi come conseguenza dello stress acuto dovuto al prelievo ematico ed alle manovre di contenimento. 30 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 UOMO-ALLEVATORE E BENESSERE ANIMALE La sintesi fin qui fatta, ancorché forzatamente limitata, rende evidente il ruolo centrale dell’allevatore e del personale di governo nel realizzare condizioni ottimali di benessere in cui allevare gli animali. Riprendendo quanto scritto da Aghina (1999) si può affermare che gli animali nei nostri sistemi produttivi non hanno nessuna possibilità di scelta e quindi non hanno responsabilità nei riguardi della loro condizione, l’uomo sceglie per loro. L’addetto al governo degli animali, che gli inglesi molto semplicemente chiamano stockman è una persona che manifesta indole, caratteristiche e dedizione al proprio lavoro peculiari che, molto spesso, nell’attuale società, pur preoccupata del benessere animale, non incontrano un adeguato riconoscimento. Seabrok (1983) da della capacità (stockmanship) di questo operatore questa definizione: saper riconoscere, anche da piccoli cambiamenti nel comportamento di animali, presi singolarmente o in gruppo, le esigenze dell’allevamento e gli opportuni interventi da adottare. Da questo punto di vista si può affermare che l’attitudine dell’operatore nei confronti degli animali, la sua abilità e competenza rappresentano un aspetto molto importante, ma difficile da valutare. Diversi esperimenti hanno, infatti, evidenziato come suini e bovini maltrattati possano dimostrare avversione o paure nei confronti dell’uomo (Hemsworth, 1993; De Passillé et al., 1996) mentre pratiche rispettose e gentili li rendano meno timorosi (Boissy e Boissou, 1988; Boivin et al., 1994). Il modo di operare dell’allevatore e la sua personalità influiscono significativamente sull’atteggiamento ed il comportamento animale secondo schemi piuttosto complessi. Con riferimento ai mungitori, Seabrook (1984) afferma che la capacità dell’addetto di stabilire un rapporto più confidenziale con la bovina consente un miglior rilascio del latte e quindi una maggior produzione. In una sperimentazione con suini è emerso come particolarmente importante, ai fini del benessere animale, l’atteggiamento dell’operatore, il suo movimento e l’uso o meno di guanti (Hemsworth et al., 1985). Un altro importante aspetto è legato alla capacità dell’operatore di individuare in modo tempestivo eventuali problemi di salute o malessere degli animali, specie nei primi stadi di vita. Se l’approccio dello stockman è importante nella gestione della vacca (Bosticco e Molinari, 1981) lo è altrettanto in quello del suino sia in riproduzione sia all’ingrasso: i risultati ottenuti da Hemsworth et al., (1986) mostrano una significativa riduzione della percentuale di scrofette gravide (33%) se trattate in modo sgradevole, mentre se controllate in modo gradevole i successi fecondativi salgono ali’88%. Anche il momento del primo salto viene significativamente anticipato: le scrofette trattate “meglio” sono state coperte a 161 giorni, le altre a 176. Il modo di governare gli animali scatena delle reazioni di paura che si esplicitano anche in una riduzione della velocità di accrescimento; gli animali più spaventati crescono meno rispetto a quelli che hanno confidenza con il personale (Hemsworth et al., 1981; 1987; Gonyou et al., 1986). In tutti questi esperimenti viene sempre evidenziato un elevato livello ematico di corticosteroidi nei soggetti trattati “peggio”. Un tempo si usava affermare: “l’occhio del padrone ingrassa gli animali”; oggi, l’intensificazione dei sistemi produttivi ha reso evidente quanto sia fondamentale disporre di personale sensibile, preparato e motivato: è risaputo quanto la reperibilità di manodopera specializzata in allevamento non sia un problema di facile soluzione. 31 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 LE ATTUALI TENDENZE PRODUTTIVE A fronte dell’esigenza del consumatore di un maggior rispetto del benessere animale in allevamento, e della presunta miglior qualità degli alimenti ottenuti attraverso sistemi di genere più delicato, hanno ripreso nuovo impulso, almeno per i suini, i sistemi di allevamento all’aperto. Sulla scorta delle indicazioni fornite da Hendnks et al., (1998) si può affermare che i sistemi di allevamento all’aperto sono in espansione per quanto attiene la fase di gestazione della scrofa. Nell’UE su circa 1.800.000 scrofe allevate in gruppo 300.000 sono tenute all’aperto. Tale pratica non e uniformemente ripartita tra i vari Stati membri (20% in Inghilterra, 8-10% nella penisola Iberica ed in Francia, meno dell’1% in Italia). Tuttavia un certo interesse comincia ad evidenziarsi anche da noi (Volpelli e Spanghero, 1999). Stimolati dalle percezioni del consumatore, ci si può ragionevolmente attendere che nei prossimi anni si assisterà ad uno sviluppo dei sistemi produttivi all’aperto anche pei gli animali in accrescimento e finissaggio. A tal riguardo va in ogni modo rilevato che anche i sistemi all’aperto presentano delle zone d ombra, gli animali sono si liberi di comportarsi secondo il loro etogramma, ma vengono maggiormente esposti a diversi fattori negativi tra i quali vale la pena di ricordare le parassitosi, lo stress termico, l’emarginazione degli animali di rango inferiore (Edwards e Casabianca, 1997): inoltre gli addetti richiedono una elevata capacita gestionale essendo gli animali meno controllabili. Nel contesto di prodotti più naturali si e innestato e sviluppato il principio delle produzioni biologiche, principio che da grande importanza anche al benessere degli animali. Uno dei principali obiettivi dell’allevamento “biologico” e quello di assicurare un corretto stato di salute e rispondere appieno agli standard sul benessere (IFOAM, 1996). Nell’allevamento dei bovini da latte alcune ricerche evidenziano una minor incidenza di dismetabolie negli animali allevati secondo il metodo organic rispetto ai sistemi convenzionali (Vaarst e Enevoldsen, 1994, Ebbesvick e Loes, 1994, Krutzinna et al., 1996) mentre sono contrastanti i dati relativi alle mastiti. Con il metodo biologico anche le performances riproduttive sembrano migliori. E’ da aggiungere tuttavia che soggetti particolarmente produttivi si dimostrano più sensibili ad ambienti di allevamento meno confortevoli e richiedono maggiori cure da parte di un allevatore peraltro più specializzato, il sistema organico e invece più orientato verso sistemi di allevamento misti dove e richiesta una minor specializzazione da parte dell’operatore e dove gli animali sono mediamente meno esigenti, anche in termini di benessere (Hermansen e Knstensen, 1998). In alcuni esempi di adozione del sistema biologico, assicurando maggiore spazio e più lettiera agli ammali, si riduce l’incidenza delle malattie podali e, talora, delle mastiti (Muller et al., 1989, Bergsten, 1994, Hmdede et al., 1996) ma si possono tuttavia verificare rischi di sbilanciamento della razione collegabili all’obbligo di impiegare solo alimenti autoprodotti (Sundrum, 1997). Studi comparativi tra i due sistemi per valutare gli effetti sul benessere sono rari e si limitano all’aspetto strutturale del ricovero ad esempio, in Germania, il sistema biologico impiega più frequentemente la stabulazione a cuccette con accesso ad aree esterne anche di pascolo (Horning, 1997) e da ciò deriva una più appropriata condizione di benessere. II regolamento UE 2092/91 sull’agricoltura biologica prevede circa il benessere determinati standard minimi relativi alle condizioni 32 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 di stabulazione. II regolamento, che dovrebbe diventare legge nell’agosto del 2000, prevede che l’area interna nel caso di suini e galline ovaiole aumenti sensibilmente rispetto agli standard relativi alla Direttiva europea sulla protezione degli animali allevati (Sundrum, 1999). Inoltre, l’area interna deve essere accompagnata da un’area esterna pari ad almeno il 75% della prima e tutti gli animali devono disporre di lettiera asciutta ed essere alloggiati in box secondo le densità imposte. Tali esigenze confermano che l’allevamento biologico è un sistema rivolto attualmente ad un mercato elitario, composto da consumatori esigenti e disposti ad elevati esborsi in caso di rispetto di determinati standard qualitativi. I vincoli imposti dal Regolamento europeo non rappresentano tuttavia, necessariamente, una garanzia di appropriate condizioni di benessere animale. Si ribadisce quindi l’importanza di una definizione del grado di benessere a livello di azienda al di là dei requisiti strutturali ma occorre dema ndare tale compito a personale esperto e ben addestrato. A livello di odierna realtà sono ancora poche le aziende europee in grado, anche adottando opportuni interventi strutturali, di adeguarsi alle esigenti richieste del sistema biologico a garanzia di idonee condizioni di salute e benessere animale. Particolare attenzione va diretta in ogni modo nei confronti delle pratiche gestionali ed un loro miglioramento può essere il risultato dell’attrazione dell’allevatore verso maggiori introiti. LO SVILUPPO DI METODOLOGIE DI VALUTAZIONE DEL BENESSERE ANIMALE IN AZIENDA La possibilità di definire il grado di benessere animale in azienda si rivela particolarmente interessante nell’ambito dell’esigenza, sempre crescente a livello di consumatore, di rispetto per un’etica corretta in allevamento. Ne scaturisce dunque la necessità di ideare pratiche e strumenti che dovrebbero, tra le altre cose, consentire al produttore di identificare e prendere in considerazione gli interessi degli animali all’interno dell’allevamento. Assicurando tale modus operandi il produttore potrebbe essere messo in grado di soddisfare le eventuali attese da parte del consumatore circa il benessere degli animali in produzione. Obiettivo di tali metodi sarebbe in primo luogo quello di addestrare personale appartenente all’allevamento al fine di facilitare un’agevole individuazione di eventuali problemi di benessere all’interno dell’azienda. Una prima strategia, più sperimentale, opera attraverso una identificazione dei sistemi e del management adottato in combinazione con dati (ad es. fisiologici) sugli animali; un altra strategia prevede la misurazione di talune risposte animali (ad es. comportamentali) da porre in relazione al sistema di allevamento adottato: il risultato finale deriverebbe dalla combinazione e integrazione delle due strategie. In alcuni casi, tuttavia, le sole informazioni sul sistema adottato e sulla gestione degli animali già assicurano una buona predizione delle condizioni di benessere animale (Sandoe et al., 1997). Le considerazioni sul livello di benessere in particolari condizioni di allevamento dovranno essere obbligatoriamente messe in relazione ad osservazioni più specifiche che abbiano previsto anche la misurazione di varie risposte animali (comportamentali, endocrine e immunologiche). E’ necessario tuttavia conoscere sempre più a fondo l’effetto delle variazioni gestionali a livello di singola azienda per poter desumere da queste l’effetto sul benessere, attraverso appropriati metodi di registrazione delle pratiche cons uete di allevamento. La registrazione di tali dati può essere tuttavia 33 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 complicata dal fatto che il comportamento dell’allevatore può essere influenzato e condizionato anche da una singola osservazione, quindi non generalizzabile (Johanessonn et al., 1997). Un approccio importante e quello relativo alla valutazione di una corretta progettazione del ricovero, con particolare riguardo alle esigenze di benessere degli animali si tratta di quegli elementi tecnici e strutturali da un lato (ad es. disponibilità di spazio, strutture per l’alimentazione e l’abbeverata) e igienici e climatici dall’altro. I criteri progettuali sono imposti nelle relative normative europee e si esigono degli standard minimi non e detto che la definizione di questi “minimi” sia pero cosi rispondente alle esigenze degli animali in quanto tali indicazioni sono primariamente basate su decisioni politiche e spesso si tratta di compromessi non sempre direttamente collegati al benessere animale. E’ difficile peraltro valutare tali criteri solo con un “si” o con un “no” ma sarebbe più conveniente giudicarli attraverso scale di valori o di giudizi. La valutazione dei criten di progettazione secondo indici misurabili (index-system) può aiutare sensibilmente a verificare se esistono delle pre-condizioni adeguate per il benessere o se sono presenti dei fattori-rischio (Sundrum, 1997). Si tratta certo di un primo passo nell’ambito di un approccio integrato per definire il benessere ma non e ancora ben chiaro quale sia il peso relativo dei differenti indicatori di benessere (Hurmck, 1988). Molte delle attuali ricerche di tipo epidemiologico cercano appunto di stabilire la singola rilevanza dei fattori in gioco nei confronti di salute e benessere. Con tale sistema gli aspetti strutturali possono essere va lutati rapidamente, anche una sola volta, mentre i fattori di tipo più zootecnico- gestionale richiedono più rilievi nel tempo. Attualmente, uno strumento di questo genere può essere applicato come supporto nell’ambito di sistemi decisionali finalizzati al miglioramento dello stato di benessere animale nell’allevamento. Può essere inoltre adottato per fornire al produttore un certificato che attesti la validità delle tecniche adottate. Un giudizio circa quanto determinate tecniche di allevamento risultino appropriate o meno dipende dunque dai criteri standard definiti, benché gli animali possono essere condizionati nel loro benessere da situazioni spesso imprevedibili (variazioni ambientali, sociali, ecc.) e indipendentemente dal fatto che essi si trovino allo stato libero o in un ricovero. I differenti punti di vista dell’opinione pubblica dovranno essere certo considerati, e una decisione finale sulla questione non considererà soltanto aspetti scientifici ma anche elementi di tipo etico e politico. Una prima idea di combinare diversi indicatori tecnici per stabilire la qualità dell’ambiente di allevamento in relazione al benessere è stata elaborata da Bartussek (1988), mentre, successivamente, Sundrum (1994,1997) ha suggerito una procedura che comprende i seguenti obiettivi a) sviluppare linee-guida per individuare i punti deboli nell’ambiente di allevamento, b) definire un concetto comune di valutazione del benessere che consenta un confronto anche tra diverse tipologie di allevamento, e) fornire un supporto decisionale agli allevatori che tendono ad una produzione dagli elevati standard qualitativi, d) favorire una positiva ricaduta dell’assistenza tecnica. Tali sistemi vengono elaborati per le produzioni di bovini, suini e avicoli e con particolare riferimento all’agricoltura biologica. Le procedure vengono basate sulla valutazione delle condizioni di allevamento in relazione alla libertà degli animali di manifestare differenti comportamenti e a quelle pratiche di allevamento che rappresentano una condizione essenziale per un corretto stato di salute. Nella valutazione del benessere animale la procedura analitica potrebbe quindi essere sintetizzata in tre momenti decisionali e precisamente: identificare, rettificare e 34 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 prevenire i problemi connessi con il benessere utilizzando tutti gli strumenti sopracitati (Fraser, 1995). Sistemi di valutazione come quelli proposti richiedono ulteriore lavoro circa la scelta dei criteri e le loro relazioni per definire il benessere, nonché maggiori conoscenze scientifiche sull’argomento; è inoltre necessaria una valutazione dei costi per perseguire l’obiettivo welfare aiutandosi anche attraverso una modellizzazione dei sistemi. I COSTI DEL BENESSERE II controllo dei costi di produzione è sempre più importante nei moderni sistemi di allevamento. E’ noto che il miglioramento della salute e della fertilità gioca un ruolo fondamentale per il raggiungimento di una produzione efficiente ed economicamente premiante. Anche i costi per assicurare corrette condizioni di benessere possono incidere sensibilmente a livello di impresa zootecnica: spesso sono relativi ad aspetti come lo spazio unitario per capo, il tipo di stabulazione e le modalità di trattamento degli animali (Fraser e Broom, 1990). Gli investimenti richiesti per tali adegua menti vanno affrontati secondo degli schemi “per gradi”, onde non dover incidere subito e troppo sensibilmente sulle entrate dell’allevamento. Si tratta in ogni modo di scelte che non appartengono solo al singolo imprenditore ma che vanno prese anche a livello politico: occorrerà sempre tenere in primaria considerazione l’aspetto salute animale e, in secondo luogo, la possibilità di un sistema di produzione secondo un approccio friendly-way (Dijkhuizen et al., 1997). Il processo decisionale descritto da Bohelje e Eidman (1984) prevedeva cinque fasi: 1) definire il problema o l’opportunità 2) identificare modalità operative alternative, 3) raccogliere informazioni ed analizzare ciascun sistema operativo, 4) prendere la decisione ed operare secondo la modalità prescelta, 5) valutare la ricaduta economica. La creazione di modelli economici previsionali, così impostati, può aiutare a prendere le decisioni, ma il futuro richiederà una ricerca basata su approcci più integrati (ad es. sistemi informativi che attraverso l’analisi multivariata consentano di ottenere strumenti adeguati ad un uso praticoapplicativo nel campo zootecnico adattabili alle diverse situazioni e realtà aziendali ed economiche). Per quanto riguarda l’allevamento del suino in Italia, un recente studio di Bonazzi et al., (1999) ha messo in evidenza come l’adeguamento alle raccomandazioni dello Scientific Veterinary Commitee (1997) comporti una notevole riduzione della redditività dell’allevamento. Da questi dati emerge chiaramente il fatto che il conseguimento del benessere in allevamento non è affatto indolore dal punto di vista economico. L’allevatore si sobbarcherà l’onere di tali interventi migliorativi solo se tutti i consumatori sapranno apprezzare e, quindi, remunerare adeguatamente i prodotti ottenuti con sistemi meno intensivi. In caso contrario sarà elevato il rischio che a trame beneficio saranno i Paesi terzi dove gli standard per il benessere sono meno restrittivi. Ad analoghe conclusioni, pur con tutte le differenze dovute alle diverse situazioni produttive e di mercato, è giunto un articolato studio olandese (den Ouden, 1996) che ha valutato, tra l’altro, l’effetto economico legato ad un aumento dell’età allo svezzamento: il passaggio da 4 a 5 settimane di età, ad esempio, comporta una riduzione di reddito per l’allevatore olandese pari al 44%. 35 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 CONCLUSIONI Una corretta definizione del concetto di “benessere animale” finalizzata ad una miglior quantificazione dello stesso nell’ambito delle attività zootecniche, specialmente quelle più intensive, rappresenta uno dei principali obiettivi per gli allevatori del prossimo futuro. E’ noto tuttavia che sono molti i punti di vista dell’opinione pubblica al riguardo: le correnti di pensiero animaliste detengono una giustificazione ideologica principalmente basata sul concetto umano di benessere, mentre, all’opposto, l’allevatore considera più frequentemente il tornaconto economico e talvolta trascura gli effetti della sua pratica nel lungo periodo e quelli che sono taluni aspetti etici. E’ certamente necessario che anche l’allevatore sia convinto dell’importanza di questo “nuovo” requisito delle produzioni animali ma occorre giungere ad un corretto compromesso tra i vari atteggiamenti in campo (produttore, tecnico, consumatore e politico). E’ difficile definire in modo assoluto cosa sia il benessere per gli animali allevati (in funzione di svariati fattori: specie, razza, fisiologia, produzioni, ecc.) ed i mezzi dei quali si dispone per la sua misurazione non assicurano sempre affidabilità. Alcuni indicatori potremmo ritenerli più utili di altri (suscettibilità alla malattia, ridotte produzioni, comportamenti anomali, stereotipie, ecc.): a tale proposito alcuni Autori (Danuser et al., 1999) suggeriscono l’abbinamento di particolari osservazioni sul benessere a quelli che sono i periodici e obbligatori rilievi per la valutazione della salute animale. Queste attività, ad opera dei servizi veterinari e nell’ambito di piani di controllo nazionali delle patologie, hanno già indicato che alcune problematic he patologiche sembrano essere particolarmente correlate ad aspetti relativi al benessere. Le informazioni raccolte a livello dei diversi operatori (allevatori, veterinari, zootecnici) potrebbero essere anche vantaggiosamente impiegate per valutare con sempre maggior affidabilità l’impatto dei diversi sistemi e delle strutture di allevamento sul benessere (Spycher et al. 1999). Broom (1997) riporta che un corretto benessere è spesso associato ad atteggiamenti comportamentali che manifestano nell’animale soddisfazione e queste risposte psicologiche derivano dalla fisiologia, dallo stato di salute, ecc.. Perciò, indicatori di modesto benessere come ferite, immunodepressione, malattie sono, in sede di controllo periodico, relativamente facili da identificare e giacché questi hanno una ricaduta sulle condizioni mentali, e dunque sul benessere, ci aiutano nella definizione del livello dello stesso (Broom, 1997). Occorre tuttavia affrontare con prudenza il problema della definizione dei valori dì riferimento dei diversi indicatori in quanto avrebbe poco senso definire condizioni di adeguato benessere per gli animali quelle che nemmeno l’uomo relativamente fortunato è in grado di raggiungere (Bertoni, 1999). L’uso degli indicatori andrebbe sempre fatto considerandoli nel loro insieme, secondo modelli dinamici da realizzare nei diversi contesti di allevamento. Ricordando il ben noto esempio delle doghe e della botte è opportuno comunque precisare che un punteggio insufficiente conseguito da uno solo di essi può compromettere il risultato generale. Inoltre, un corretto e gradevole trattamento degli animali è alla base delle loro buone performances e funzioni (sani, efficienti nella riproduzione e correttamente produttivi in termini quantitativi e qualitativi). 36 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Gli alleva tori devono convincersi che assicurare un buon welfare non è solo un obbligo nei confronti degli animali, dei consumatori o di determinate leggi ma si rivelerà sempre più conveniente anche da un punto di vista economico. I migliori risultati potranno tuttavia essere conseguiti solo attraverso una sincera attenzione nei riguardi delle reali esigenze animali, sempre al di là di un puro aspetto economico. BIBLIOGRAFIA Aghina C. 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Vengono prese in esame le variazioni indotte dalla esposizione prolungata ad elevato THI sullo stato clinico, endocrino e metabolico ed i riflessi sulle prestazioni produttive e sulla qualità del latte nei bovini da latte ad elevata produzione. Le risposte adattative alle condizioni di clima caldo e la possibilità di una loro misura rivestono una importanza fondamentale per mantenere livelli sostenibili di efficienza produttiva, per ottenere prodotti di buona qualità e assicurare condizioni di benessere agli animali. Viene proposto un modello bioclimatico applicabile nel sistema di allevamento della vacca da latte per valutare l’intensità dello stress termico da caldo ed il grado di rischio. PAROLE CHIAVE: vacca da latte, stress da caldo, benessere. SUMMARY: Heat stress, resulting from the interaction of environmental, physiological, and managerial factors, has a marked influence on well being, health, and productivity of farm animals. Effects of cronic exposure to high THI on clinical, hormonal and metabolic status, on reproductive performances, and on milk yield and composition of dairy cows are described. The adaptative responses to heat and ability of acclimation are of substantial importance to maintain livestock productive efficiency and sustainability, and to maintain quality of products and animal welfare. A bioclimatic model to evaluate the severity of heat stress in dairy cows production systems is proposed. KEY WORDS: dairy cow, heat stress, well being. ____________________________ 1 2 Professore ordinario. Istituto di Zootecnia. Università di Viterbo. Professore associato. Ibidem. 45 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 PREMESSA Le condizioni di clima caldo rappresentano uno dei più importanti fattori limitanti per l’allevamento animale nelle aree tropicali e subtropicali e pongono seri problemi anche in aree a clima temperato, nelle quali si registrano nel corso della stagione estiva periodi con temperature ambientali al di sopra della soglia di neutralità termica per gli animali allevati (Johnson H.D., 1976). Gli effetti del caldo sullo stato di benessere dell’animale sono la risultante di una complessa interazione tra fattori ambientali e fattori individuali. I fattori ambientali includono sia effetti diretti della condizione climatica, sia effetti indiretti dovuti alla disponibilità e assunzione di alimenti ed all’ambiente sanitario. I fattori individuali includono, oltre la specie, anche l’età, lo stato fisiologico ed il livello produttivo (Collier et al., 1982). L’esposizione prolungata ad elevate temperature ambientali determina l’attivazione di una serie di meccanismi fisiologici di compensazione che hanno il significato di favorire l’adattamento al contrasto ambientale ed il mantenimento delle funzioni vitali (Johnson, 1980). L’attivazione dei sistemi di termoregolazione, associata a variazioni comportamentali e dello stato endocrino- metabolico, si riflette negativamente sulle performance produttive e riproduttive, che risultano ridotte o seriamente compromesse (Morrison, 1983; Johnson, 1987). I bovini da latte risultano particolarmente sensibili allo stress termico da elevate temperature ambientali, anche se provvisti di validi sistemi di termoregolazione, in ragione della grande produzione di calore metabolico che è associata ad elevati livelli produttivi. Studi eseguiti in celle climatiche ed in condizioni di campo hanno fornito importanti contributi per definire gli effetti delle condizioni di clima caldo sullo stato di benessere e sulle funzioni produttive dei bovini da latte (Bianca, 1965; Thatcher, 1974; Nardone et al., 1992). Non sono invece del tutto chiariti i meccanismi che sono alla base di alcune variazioni dello stato fisiologico ed il significato che possono assumere nel processo di adattamento al caldo. EFFETTI DELLO STRESS DA CALDO SULLO STATO DI BENESSERE Comportamento, parametri cimici, funzioni organiche II range ideale di temperatura per l’allevamento dei bovini da latte, definito come zona di confort termico, è compreso tra 5 e 25 °C (McDowell, 1972). L’ambiente termico non può però essere descritto solo in termini di temperatura dell’aria, anche se la temperatura rappresenta il più importante fattore climatico. Gli scambi termici sono infatti regolati anche da altri fattori quali l’umidità, la radiazione solare, la velocità dell’aria e la composizione in gas della stessa (Robertshaw, 1981), nonché dal fotoperiodo e dalle variazioni tra la condizione diurna e notturna. Tuttavia, resta ancora da definire un indice climatico che contempli gli effetti combinati ed interattivi sull’animale di tali fattori. E’ stato finora definito sperimentalmente un indice THI. (Temperature Humidity Index) che considera temperatura ed umidità relativa (Johnson et al., 1962; Ingraham et al., 1979). Quando il THI supera il valore di 70-72 nella bovina da latte cominciano a manifestarsi i segni più evidenti dello stress termico: 46 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 - aumento della frequenza respiratoria; - aumento della sudorazione; - aumento del consumo di acqua per kg di s.s. assunta; - riduzione del consumo di alimenti; - aumento della temperatura corporea; - riduzione della produzione di latte; - modificazione della composizione del latte. E’ stato ampiamente dimostrato come la temperatura corporea sia uno degli indicatori più importanti per valutare la risposta dell’animale a condizioni di clima caldo (Turner, 1984; Johnson, 1987; Nardone, 1998). Nell’impossibilità di compensare il bilancio termico con i meccanismi di termodissipazione, superata la soglia di temperatura critica superiore, la temperatura corporea tende ad innalzarsi oltre i valori fisiologici fino a quando non viene raggiunto un nuovo equilibrio. La riduzione del consumo di alimenti è una delle più immediate conseguenze dell’esposizione alle alte temperature, come sistema per ridurre la produzione di calore endogeno e favorire la termodissipazione. L’entità della riduzione è in relazione a diversi fattori, quali il livello di THI, le differenze giorno-notte, lo stato fisiologico, il livello produttivo, le caratteristiche della razione (Collier et al., 1982). In prove eseguite in ambiente controllato con THI diurno pari a 84 e THI notturno pari a 78 è stata evidenziata una riduzione del consumo di sostanza secca del 35 % rispetto ad animali mantenuti in condizioni di termoneutralità (Nardone et al., 1992). E’ stato dimostrato che lo stress termico, a parità di condizione ambientale, stato fisiologico e livello produttivo, si manifesta con una certa variabilità individuale nell’ambito di una popolazione di vacche in lattazione. Negli animali che manifestano il minimo rialzo termico in seguito all’esposizione ad ambiente caldo si registra la minima riduzione del consumo di alimento (Johnson et al., 1987). Il consumo di sostanza secca risulta correlato negativamente con la temperatura corporea (r = -0.44; Ronchi et al., 1995a). Sulla base di tali riscontri sperimentali, temperatura corporea e livello di ingestione alimentare sono considerati, unitamente alla produzione lattea, indicatori della condizione individuale di stress termico e del grado di adattamento al caldo (Johnson et al., 1988). Le variazioni a carico dell’ingestione volontaria di alimenti sono associate a variazioni a carico della funzione digestiva e di assorbimento dei nutrienti. In condizione di stress termico da caldo si verifica: una riduzione della attività di ruminazione, una riduzione della frequenza e della forza di contrazione del rumine, una riduzione della motilità con tempo di ritenzione ruminale più elevato, una riduzione della secrezione salivare, una variazione dell’attività fermentativa ruminale, una ridotta irrorazione ematica (Attereby e Johnson, 1969; West, 1994). La digeribilità della razione in condizioni di stress termico da caldo tende ad aumentare in relazione con la riduzione della ingestione e della velocità di transito (Collier e Beede, 1985). Tuttavia, in condizioni di stress termico cronico le variazioni a carico della digeribilità risultano dipendere soprattutto dal tempo esposizione ad elevato THI, per effetto di un adattamento del digerente al 47 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 caldo ambientale (Bernabucci et al., 1999) Effetti sullo flato endocrino e metabolico Gli effetti dello stress termico da caldo sul sistema endocrino e a livello metabolico variano ampiamente in funzione di una sene di fattori legati sia alla condizione climatica (livello di THI, tempo di esposizione, possibilità di compensazioni nell’arco della giornata), sia alla condizione dell’animale (età, stato fisiologico, livello produttivo) Discordanze di risultati e difficoltà di valutazione comparativa sono per lo più da ricondurre all’impiego di differenti procedure sperimentali Un esempio consistente di ciò e rappresentato dalle variazioni a carico dei glicorticoidi In condizioni di moderato stress termico da caldo i livelli di cortisolo subiscono solo un lieve aumento Un drastico innalzamento della temperatura determina, invece, un altrettanto drastico e repentino innalzamento del cortisolo plasmatico nella fase di stress termico acuto (Abilay et al., 1975), mentre si verifica una diminuzione nella fase di stress termico cronico (Alvarez e Johnson, 1973), con concentrazioni basse rispetto ai valori riscontrabili nella condizione di termoneutrali II significato fisiologico di tale variazione può essere ricondotto al tentativo di mantenere il bilancio termico nel corso dell’esposizione prolungata alle alte temperature La riduzione della secrezione di ormoni corticoidi e associata alla riduzione di altri ormoni calorigenici, quali gli ormoni tiroidei e l’ormone somatotropo (Mitra et al., 1972, Ingraham et al., 1979) Tali variazioni risultano essere dovute ad un effetto diretto del caldo piuttosto che alla riduzione dell’ingestione di alimenti (Webster, 1991) e possono fornire indicazioni per valutare, insieme ad altri parametri cimici e metabolici, il grado di adattamento dell’animale alle elevate temperatur e Una particolare importanza assume, come indicatore della condizione di stress da caldo, l’andamento della prolattina livelli di prolattina ematica sono correlati positivamente alle variazioni del THI (Wettemann et al., 1982), si innalzano rapidamente anc he per effetto di condizioni di moderato stress termico da caldo e, a differenza di altri ormoni, persistono per tutta la durata dell’esposizione L’incremento della concentrazione plasmatica di prolattma viene considerato come un effetto diretto della esposizione ad alte temperature (Stradaioh et al. , 1996) Le funzioni dell’elevato livello di prolattina nella condizione di stress termico da caldo non sono tuttavia precisate Viene ipotizzato che l’aumento della secrezione di prolattma sia legato alle variazioni del bilancio idrico ed elettrolitico e che la prolattina possa svolgere un ruolo importante nell’adattamento al caldo (Collier et al., 1982) L’esposizione prolungata a condizioni di stress termico da elevate temperature determina variazioni di rilievo a carico dello stato metabolico-nutrizionale dei bovini da latte In linea generale tali variazioni possono essere interpretate come risposte adattative dell’organismo animale al contrasto ambientale, al fine di mantenere l’omeostasi Gli aggiustamenti metabolici che intervengono per effetto di un prolungato stress termico da caldo, sono in parte imputabili alla riduzione dell’ingestione volontariadi alimenti, ed in parte dovuti alla riduzione del livello di attività di organi e tessuti per ridurre la produzione di calore endogeno (Webster, 1989; Ronchi et al., 1997). Le principali 48 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 variazioni a carico dello stato metabolico dei bovini da latte dovute allo stress termico da caldo possono essere così schematizzate: Metabolismo energetico - Alterazione del metabolismo del glucosio, con riduzione dei tenori plasmatici di glucosio (Johnson, 1980; Nardone et al., 1992; Ronchi et al., 1995) forse a causa di una ridotta gluconeogenesi epatica per ridotta attività metabolica del fegato (Ronchi et al., 1998). - Variazioni a carico del metabolismo lipidico: calo dei livelli plasmatici del colesterolo libero ed esterificato, dei fosfolipidi, dei lipidi totali, degli acidi grassi non esterificati (Ingraham et al., 1982; O’Kelly, 1987; Ronchi et al., 1999). Il calo dei lip idi plasmatici sarebbe da considerare una risposta specifica dell’acclimatamento dei bovini a condizioni di caldo. Le variazioni del contenuto delle frazioni lipidiche e la composizione dei lipidi del plasma potrebbe essere un utile indicatore della capacità di adattamento alle condizioni di stress termico da elevate temperature (Noble et al., 1973; O’Kelly, 1987). L’esposizione della vacca da latte nelle prime settimane di lattazione a condizioni di stress termico da caldo determina, rispetto a vacche mantenute in condizioni di comfort termico, un prolungamento del periodo a bilancio energetico negativo ed un più marcato deficit energetico complessivo nelle prime 5 settimane dopo il parto (- 79 UFL vs. - 35 UFL) (fig. 1) (Lacetera et al., 1996). 49 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Giorni di lattazione Fig. 1: Bilancio energetico della vacca da latte nella prima fase di lattazione, in condizioni di termoneutralità (----˜----) e di stress termico da caldo (------p------). Metabolismo proteico - Alterazione del metabolismo aminoacidico, aumento del contenuto di urea ematica (Ronchi et al., 1995). Bilancio azotato negativo (Huber et al., 1994), con possibile riduzione delle sintesi proteiche e minore efficienza produttiva (Webster, 1991). Bilancio acido-base e metabolismo minerale - Comparsa di alcalosi respiratoria conseguente all’aumento dell’eliminazione di anidride carbonica, con alterazione dell’equilibrio acido-base (McDowell, 1972; Sanchez et al., 1994). Possibilità di comparsa di acidosi metabolica compensativa per perdita di basi e per calo del pH del sangue (Schneider et al., 1988). - Riduzione del bilancio parziale cationi-anioni (CAB= Na+K-Cl), dovuto a riduzione di Na e K e ad aumento di CI (West et al., 1992): valori più elevati di CAB in condizioni di stress termico indicherebbero una migliore condizione fisiologica degli animali e forse una migliore capacità di adattamento al caldo (Ronchi et al., 1997). In condizioni di caldo il CAB nelle vacche da latte risulta correlato positivamente con l’ingestione di sostanza secca e con la produzione di latte (West et al., 1992). - Riduzione dei tenori plasmatici di Ca, P e Mg. 50 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Funzionalità epatica - Calo dell’attività metabolico-sintetica del fegato, con valori più bassi di albumine, di colestero e di enzimi e più elevati di bilirubina (Lacetera et al., 1996; Bernabucci et al., 1997; Ronchi et al., 1999). Lo stress da caldo risulta particolarmente dannoso per la vacca da latte quando va a coincidere con la fase di transizione, già di per sé molto impegnativa per l’insieme degli aggiustamenti metabolici che comporta, e quando va ad interessare animali ad elevate potenzialità produttive (Bell A.W., 1995). Tuttavia, anche in vacche da latte a media potenzialità produttiva lo stress da caldo è associato nelle prime settimane dopo il parto con l’insorgenza di condizioni di chetosi subclinica, evidenziabile attraverso una riduzione del tenore plasmatico di glucosio, un aumento dei tenori di NEFA e â-OHbutirrato. L’ulteriore sforzo metabolico che la vacca in lattazione è costretta a sostenere, causa una concomitante riduzione della capacità metabolico-sintetica del fegato, che è probabilmente da ricondurre all’insorgenza di fenomeni di steatosi (Grummer, 1993). Metabolismo ossidativo - Variazioni a carico dello stato ossidativo, con aumento a livello plasmatico di metaboliti reattivi dell’ossigeno e della perossidazione lipidica ed un contemporaneo aumento del contenuto plasmatico di sostanze ad azione antiossidante, come i gruppi tiolici (Ronchi et al., cds). Effetti sullo stato di salute Sono stati evidenziati, nel corso di prove condotte nel periodo estivo in allevamenti di vacche da latte, un aumento del contenuto di cellule somatiche nel latte ed un aumento dell’incidenza di mastite (Paape et al., 1973). Lo stress da caldo è ritenuto responsabile di una compromissione del sistema di difesa dell’organismo e di favorire il passaggio da forme subcliniche di mastite a forme clinicamente manifeste. Un effetto negativo dello stress termico sulla risposta immunitaria umorale e cellulomediata è stato dimostrato in prove condotte su vitelli (Kelley et al., 1982). La comparsa di patologie è condizionata, oltre che da fattori individuali e di igiene ambientale, dalla natura dello stress termico da caldo. Tra questi vanno evidenziati: le modalità di passaggio dalla condizione di termoneutralità alla condizione di caldo; il livello di THI ed il tempo di esposizione giornaliero; la possibilità di compensazione nelle ore notturne. Un ruolo importante come fattore predisponente per l’insorgenza di malattie in condizioni di stress termico da caldo viene attribuito alle condizioni dismetaboliche che, come descritto in precedenza, sono strettamente associate allo stress termico da caldo (Collier et al., 1982). Più recentemente sono stati ipotizzati altri due possibili fattori (Bertoni, 1998): - la produzione e l’assorbimento di sostanze tossiche, quali le endotossine batteriche, a causa di anomalie fermentative, dovute sia ad un ridotto consumo di fibra che ad un maggiore tempo di ritenzione a livello ruminale, e a causa di un ridotto afflusso ematico a livello dell’apparato digerente; 51 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 - le variazioni a carico del metabolismo ossidativo, con aumento dei fenomeni di perossidazione. EFFETTI DELLO STRESS DA CALDO SULLE PERFORMANCE RIPRODUTTIVE Le condizioni di clima caldo vengono associate alla comparsa di disfunzioni a carico dell’apparato riproduttivo di entrambi i sessi e a notevole perdita di fertilità (Gwazdanskas, 1985; Hansen e Ealy, 1991), ma non risultano ancora completamente noti i meccanismi coinvolti. Ciò è dovuto alla naturale complessità del problema “ipofertilità” ed alla difficoltà di accertare il ruolo diretto svolto dalle alte temperature ambientali ed il ruolo svolto da effetti indiretti del caldo, come il calo del livello di ingestione alimentare e la comparsa di dismetabolie. Gli effetti specifici della temperatura ambientale sulla funzione riproduttiva possono interagire con cond izioni di bilancio energetico negativo e causare una depressione stagionale delle performance riproduttive (Herman, 1991). Occorre segnalare, inoltre, che la riduzione di fertilità che si verifica nei periodi caldi contribuisce a determinare una riduzione della produzione aziendale di latte e della efficienza produttiva. Lo stress termico da elevate temperature è responsabile di effetti negativi anche sulla spermatogenesi, con conseguente scadimento della qualità del materiale seminale dei tori (Amir et al., 1982). La tecnica della inseminazione strumentale, largamente diffusa nell’allevamento dei bovini da latte, può consentire di ovviare a tali problemi anche se, come verrà precisato in seguito, le variazioni a carico del ciclo estrale dovute allo stress da caldo influiscono negativamente sulla inseminabilità. Effetti sulla secrezioni di ormoni della riproduzione Gli effetti dello stress termico da caldo sulla secrezione di gonadotropine ipofisarie LH ed FSH risultano estremamente variabili, anche in relazione alle condizioni di realizzazione delle diverse sperimentazioni. Alcuni autori hanno evidenziato, in condizioni di stress termico controllato, una diminuzione dei livelli basali e del picco preovulatorio dell’LH (Madam e Johnson, 1973) ed una riduzione di FSH (Gilad et al., 1993), altri hanno osservato un aumento di LH (Roman-Ponce et al., 1981), mentre altri non hanno osservato alcuna variazione (Gwazdauskas et al., 1981; Stradaioli et al., 1996). In merito agli effetti delle alte temperature sulla secrezione di estrogeni e progesterone, in numerosi lavori viene evidenziata una riduzione della concentrazione di progesterone nella stagione calda (Wise et al., 1988; Howell et al., 1994; Stradaioli et al., 1996). Il calo dei livelli plasmatici di progesterone viene attribuito sia ad una riduzione dell’attività secretiva delle cellule luteiniche, sia ad una riduzione delle dimensioni del corpo luteo (Wolfenson et al., 1993). Analoga variazione in condizioni di alte temperature viene osservata nella maggior parte dei lavori a carico degli estrogeni, con un picco preovulatorio di 17â-estradiolo più basso, associato ad una minore durata dell’estro (Gwazdauskas et al., 1981; Johnson, 1984). La riduzione della concentrazione degli estrogeni viene considerata come una 52 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 possibile conseguenza di un ridotto sviluppo follicolare (Stradaioli et al., 1996), come di seguito descritto. Effetti sulla funzionalità ovarica L’esposizione prolungata a temperature ambientali elevate determina nella vacca da latte modificazioni del ciclo estrale, con variazioni della durata e dell’intensità dell’estro ed una maggiore incidenza di anaestri e di calori silenti (Collier et al., 1982). In prove eseguite in celle climatizzate (Stradaioli et al., 1996a) è stato evidenziato mediante monitoraggio ecografico che l’esposizione prolungata a condizioni di moderato stress termico determina alterazioni a carico dello sviluppo follicolare con: - riduzione della fase di crescita dei follicoli ovarici dominanti e del loro diametro; - anticipo nella fase di regressione sia dei follicoli dominanti che dei follicoli subordinati; - comparsa di cisti ovariche. Tab. 1: Effetti delle alte temperature ambientali sulle funzioni riproduttive della vacca da latte. Fasi fisiologiche Effetti Parto Parti distocici Postpartum Ritenzione di placenta Metrite Alterazione della involuzione uterina Peso ridotto dei vitelli alla nascita Scarsa vitalità neonatale > mortalità vitelli Periodo del servizio Alterazione degli equilibri ormonali Fase iniziale di gravidanza Inibizione/alterazione della dinamica Fase iniziale/intermedia di lattazione follicolare > incidenza cisti ovariche Cicli e comportamenti estrali irregolari Difficoltà ad individuare l’estro Alterazione dell’ambiente dell’ovidutto e dell’utero < tasso di concepimento Sviluppo embrionale irregolare < tasso di sopravvivenza embrionale Fase intermedia di gravidanza Scarso flusso ematico a livello uterino Fase avanzata di lattazione Irregolare sviluppo della placenta > tasso di abortività Fase avanzata di gravidanza Scarso sviluppo fetale Asciutta Irregolare sviluppo ghiandola mammaria 53 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 L’aumento dell’incidenza di ciste ovariche, di riscontro pratico nella stagione calda in diverse aree di allevamento dei bovini in Italia, può essere dovuto ad una alterazione della dinamica follicolare associata ad un calo della concentrazione di estrogeni (Stradaioli et al., 1996b). Il calo del tasso di concepimento che si osserva in condizioni di clima caldo viene associato anche all’irregolarità dei cicli estrali ed al fatto che si viene a ridurre il tempo utile per l’inseminazione nella fase estrale (Gwazdauskas et al., 1981). Effetti sulla fecondazione e sulla sopravvivenza embrionale L’esposizione a stress termico da alte temperature determina nella vacca uno scadimento della qualità degli ovuli, con minori riserve nutritive disponibili per garantire la sopravvivenza dell’embrione. Oltre a ciò, l’innalzamento della temperatura dell’apparato genitale femminile è responsabile, anche per variazioni di pochi decimi di grado, della riduzione degli scambi nutritivi e della alterazione del volume e del contenuto delle secrezioni dell’ovidotto e dell’utero, con conseguente arresto dello sviluppo embrionale (Wolfenson et al., 1992). EFFETTI DELLO STRESS DA CALDO SULL’ACCRESCIMENTO E LO SVILUPPO Gli effetti dello stress termico da caldo sull’accrescimento di vitelli e manze di razze da latte e da carne sono stati descritti da diversi autori (Kellaway e Coltitz, 1975; Neuwirth et al., 1979; Lacetera et al., 1994). Sulla base di controlli sperimentali eseguiti su diversi tipi genetici di bovini da carne (Turner, 1984) è stata evidenziata una correlazione negativa tra temperatura rettale e incrementi ponderali nel periodo compreso tra la nascita e 18 mesi di età (regressione media = -0.04 kg/d per °C). Prove eseguite su vitelli di razza frisona hanno dimostrato che il ripristino delle condizioni di termoneutralità dopo un periodo di stress termico da alte temperature è associato ad un forte accrescimento compensativo e che sia in termoneutralità che in stress termico esiste una correlazione positiva tra variazioni di peso e variazioni della concentrazione plasmatica di ormoni tiroidei (Baccari et al., 1983). EFFETTI DELLO STRESS DA CALDO SULLA PRODUZIONE E SULLA COMPOSIZIONE DEL COLOSTRO L’esposizione di vacche da latte nella fase di transizione a condizioni di stress termico da elevate temperature (31.5 °C e 72 % UR, corrispondente a 82 THI, dalle ore 9.00 alle ore 20.00; 26 °C e 72% UR, corrispondente a 76 THI, dalle ore 21.00 alle ore 8.00) non ha determinato, rispetto a vacche mantenute in condizioni di termoneutralità (18 °C e 72 % di UR, corrispondente a 65 THI) variazioni sulla quantità di colostro prodotto nelle prime 36 h dal parto (Nardone et al., 1997). Differenze di rilievo sono state invece evidenziate sulla composizione del colostro. Lo stress da caldo ha determinato: - tenori più bassi di proteine totali; - tenori più bassi di caseina e di a- lattoalbumina; - concentrazioni più basse di IgG e di IgA; 54 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 - tenori più bassi di grassi; - tenori più bassi di lattosio; - valori energetici più bassi. La riduzione della concentrazione di alcune componenti del colostro può essere dovuta ad una diminuzione della capacità di sintesi mammana, sia per una diminuita disponibilità di nutrienti per l’instaurarsi di una condizione di marcato deficit energetico, sia per una riduzione del flusso ematico a livello mammario a seguito delle modificazioni indotte a livello cardiocircolatorio dallo stress termico. In condizioni di stress da caldo si verifica una riduzione del trasferimento di IgG dal torrente circolatorio alla mammella ed una alterazione della reattività immunitaria delle componenti cellulari mammarie deputate alla produzione di IgA. Tali variazioni sembrano dovute ad azioni specifiche dello stress da caldo e non conseguenti alle variazioni nella ingestione di alimenti e dello stato nutrizionale. La riduzione della concentrazione di Ig nel colostro è risultata associata ad una riduzione dei tenori plasmatici di Ig nei vitelli nati in condizioni di stress termico. I bassi valori plasmatici di Ig potrebbero essere legati anche a modifiche comportamentali nell’attività di suzione dovute al caldo (Shearer et al., 1992) e ad una alterazione della capacità di assorbimento (Stott et al., 1983). La riduzione della acquisizione di immunità passiva attraverso il colostro, unitamente alla riduzione del valore energetico del colostro prodotto in condizioni di clima caldo, possono influenzare negativamente la vitalità e l’accrescimento nel periodo neonatale, rendono il vitello più suscettibile alle aggressioni di agenti infettivi ed aumentano il tasso di mortalità. EFFETTI DELLO STRESS DA CALDO SULLA PRODUZIONE E SULLA QUALITÀ DEL LATTE Effetti sulla produzione In numerose indagini sperimentali è stato messo in evidenza che l’esposizione della vacca da latte a condizioni di clima caldo determina una riduzione della produzione di latte (Johnson et al., 1962; Bianca, 1965; Johnson 1987b). Tale riduzione inizia a manifestarsi nella vacca da latte quando la temperatura ambientale supera i 22-23 °C o quando il THI supera 70 THI. Al di sopra di tale valore si verifica una riduzione lineare del consumo di sostanza secca e di produzione di latte, pari rispettivamente a -0.23 e 0.26 kg/giorno per unità di THI (Johnson et al., 1962). L’entità della riduzione della produzione di latte che si osserva in condizioni di caldo è tuttavia influenzata, oltre che dal regime termo- igrometrico, da due importanti fattori: lo stadio di lattazione ed il livello produttivo. In ricerche eseguite in ambiente controllato (Nardone et al., 1992; Lacetera et al., 1996) è stato dimostrato che a parità di condizioni ambientali (THI massimo - 82), la riduzione della produzione lattea e pari al 14% nella fase iniziale della lattazione e del 35% nella fase intermedia della lattazione. Analoghi risultati sono stati ottenuti in ricerche di campo eseguite in Pianura Padana (Calamari et al., 1997), dove sono stati registrati cali della produzione di latte nel periodo estivo pari al 11-14% nella fase iniziale della lattazione, del 22-26% nella fase intermedia e del 15- 55 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 18% nella fase avanzata. Questo fatto può essere dovuto alle diverse condizioni metabolico-nutnzionali tipiche della vacca da latte nel corso del ciclo produttivo. Nella fase iniziale della lattazione la produzione di latte e supportata da una forte mobilizzazione di riserve corporee e solo parzialmente dalla ingestione volontaria di alimenti, mentre nella fase intermedia di lattazione diventa di preminente importanza l’ingestione di alimenti (Bernabucci e Calamari, 1998). La maggiore sensibilità allo stress da caldo che si evidenzia in fase intermedia di lattazione può essere dovuta al fatto che l’utilizzazione metabolica dei tessuti di riserva ha una più elevata efficienza rispetto all’utilizzazione metabolica degli alimenti per la produzione di latte (Moe et al., 1971). Da ciò deriverebbe una più alta produzione di calore metabolico per kg di latte prodotto nelle fasi più avanzate di lattazione rispetto alla prima. La condizione di caldo esercita una torte influenza negativa sulla produzione di latte anche quando lo stress termico coincide con la fase di asciutta. Le vacche che partoriscono durante l’inverno producono più latte rispetto a vacche che partoriscono nel corso della stagione estiva e che sono state esposte negli ultimi due mesi di gestazione ad elevato THI (Collier et al., 1982). Le vacche da latte ad elevata produzione mostrano una più drastica riduzione della produzione lattea -17% in animali con produzioni pari a 15 kg di latte (normalizzato al 4% di grasso)/giorno, e -22% in animali con produzioni pari a 40 kg di latte/giorno, con THI pari a 80 (Berry et al., 1964). Più recentemente Johnson et al. (1988) hanno evidenziato un declino medio giornaliero della produzione di latte pari a 0,059%/giorno in vacche con produzione giornaliera superiore a 30 l e di 0,019% in vacche con produzione inferiore a 25 l. Le vacche da latte ad alta produzione mostrano una maggiore sensibilità allo stress termico da elevate temperature, in considerazione del fatto che hanno un più elevato livello di attività metabolica e, conseguentemente, nel produrre una maggiore quantità di calore endogeno hanno una maggiore difficoltà a mantenere costante la temperatura corporea. La riduzione della produzione di latte che si osserva in vacche esposte a condizioni di caldo può essere spiegata solo in parte con la riduzione della ingestione di alimenti. Alcuni autori hanno valutato che tale fattore può influire per ca il 50 % (McDowell et al., 1969). Per la restante parte devono essere presi in considerazione sia effetti diretti del caldo su ormoni che influenzano e/o sostengono la lattazione (Collier et al., 1982), sia un aumento dei fabbisogni di mantenimento. Effetti sulla composizione Per quanto attiene agli effetti dello stress termico da elevate temperature sulla composizione del latte, vengono di seguito riportate in forma schematica le principali evidenze sperimentali. Contenuto di grasso - I dati bibliografici risultano contraddittori, a causa delle diverse condizioni sperimentali, della fase di lattazione e dei diversi regimi alimentari. Nella fase iniziale della lattazione si osserva un calo della percentuale di grasso del latte in condizioni di caldo (Moore et al., 1992; Lacetera et al., 1996). Un simile riscontro è considerato risultante dell’esposizione a stress termico nell’ultimo mese di gestazione, 56 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 con conseguente alterazione del normale sviluppo del tessuto ghiandolare mammario e della successiva capacità di sintesi del grasso (Colliet et al., 1982). Composizione in acidi grassi - Diversi autori hanno riscontrato una più elevata percentuale di acidi grassi a lunga catena (a partire da C18 ) nel corso della stagione estiva (Palmquist et al., 1993; Piva et al., 1993). Tali variazioni sembrano essere legate non tanto a cause di natura alimentare o a fenomeni di lipomobilizzazione, quanto piuttosto ad una riduzione della capacità di captazione degli acidi grassi non esterificati (NEFA) e ad un loro maggiore utilizzo per finalità energetiche (Ronchi et al., 1995; Nardone et al., 1997). Contenuto di proteine - Nella maggior parte delle ricerche condotte sia in condizioni di campo (Sharma et al., 1988; Abeni et al. 1993) sia in cella climatica (Nardone et al., 1992; Lacetera et al., 1996) è stata riscontrata una riduzione del contenuto di proteine del latte. Sulla base delle evidenze sperimentali è possibile desumere che solo quando lo stress termico raggiunge valori critici per la vacca da latte (82-84 THI) la percentuale di proteine del latte diminuisce in maniera netta. In condizioni di moderato stress termico il calo del contenuto proteico potrebbe essere invece mascherato dalla riduzione di produzione di latte. Le cause del calo di proteine sono da ricondurre alla diminuita disponibilit à di precursori proteici (per riduzione della sintesi proteica microbica a livello ruminale, per calo dell’ingestione di proteina alimentare, per aumento dell’utilizzazione degli aminoacidi per finalità gluconeogenetiche) e/o alla alterazione della sintesi della ghiandola mammaria (Bernabucci e Calamari, 1988). Composizione in frazioni proteiche - A seguito dell’esposizione ad elevate temperature si registra un calo del numero di caseina del latte (Bianca, 1965; Bernabucci et al., 1999). Per quanto attiene alle frazioni caseiniche, alcuni autori hanno evidenziato un calo delle frazioni ás- e â- caseina ed un aumento della frazione k (Kroeker et al., 1985). Il calo delle frazioni ás- e â- potrebbe essere messo in relazione con le condizioni di deficit energetico della vacca da latte dovute allo stress termico. Contenuto di sali minerali - Nel corso della stagione estiva il contenuto in sali minerali del latte tende a diminuire (Mariani et al., 1993). E’ segnalato da diversi autori (Auriol e Mocquot, 1962; Cappa et al., 1989; Kume et al., 1989) un calo del contenuto di calcio e fosforo, forse legato alla riduzione del contenuto proteico del latte, caseina in modo particolare. Sono stati riscontrati, inoltre, un calo del contenuto di magnesio (Kume et al., 1989) e di sodio (Kume et al., 1989; Mariani et al., 1993) e un aumento del contenuto di cloro (Sharma et al., 1988). Quest’ultima variazione ha il significato di compensare in parte, in condizioni di prolungato stress termico, il calo del lattosio e di mantenere costante la pressione osmotica all’interno della ghiandola mammaria. Contenuto di lattosio - Cali del contenuto di lattosio sono segnalati in prove eseguite sia in cella climatica (Nardone et al., 1992), sia in condizioni di campo (Oshima et al., 1978). La riduzione del contenuto di lattosio è stata attribuita da alcuni autori alla riduzione della osmolalità del latte, come conseguenza di variazioni nell’equilibrio osmotico (Bianca, 1965; Thompson 1985). Secondo altri autori la causa potrebbe essere ricercata anche nella scarsa disponibilità di glucosio plasmatico e/o nella diminuzione della attività dell’enzima lattosio-sintetasi (Nardone et al., 1997). 57 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Punto crioscopico - II punto crioscopico del latte risulta fortemente influenzato dal fattore climatico-stagionale, presentando valori più elevati nel periodo estivo e più bassi nel periodo invernale (Schukken et al., 1992; Bertoni et al., 1995; Bernabucci et al., 1999). I meccanismi alla base delle variazioni del punto crioscopico dovute allo stress da caldo non risultano sufficientemente indagati. Sono state evidenziate correlazioni negative in estate tra punto crioscopico e contenuto di lattosio e proteine del latte (Schukken et al., 1992). Altre possibili cause vanno ricercate nell’aumento nell’azoto ureico del latte (Pecorari et al., 1993) e nel più basso tenore in caseina ed in gas disciolti (Sanchez et al., 1994). Effetti sull’attitudine cascarla Acidità titolabile - Indagini pluriennali eseguite su numerosi allevamenti di bovini da latte nell’area del Parmigiano reggiano hanno messo in evidenza forti variazioni stagionali dell’acidità titolabile, con valori sempre più bassi nei mesi estivi (Mariani et al., 1994). Tale dato trova conferma anche in prove eseguite in ambiente controllato (Cappa et al., 1989; Nardone et al., 1992). Il latte prodotto da vacche esposte a condizioni di stress termico cronico da elevate temperature risulta fortemente ipoacido e meno adatto per la trasformazione casearia, in considerazione della stretta relazione esistente tra i valori dell’acidità titolabile e quelli della durata della fase enzimatica (r), della velocità di coagulazione (K) e della consistenza del coagulo (a) (Fossa et al., 1984). Una delle cause di ipoacidità del latte nei periodi caldi potrebbe essere ricercata nella condizione di alcalosi respiratoria conseguente alla iperventilazione (Collier et al., 1982; Scheneider et al., 1988). Altre cause, sulla scorta di quanto emerso da indagini sperimentali, potrebbero essere: la riduzione del consumo di sostanza secca e, in particolare, la scarsa assunzione di carboidrati fermentescibili (Calamari et al., 1983); la riduzione del contenuto di fosforo (Mariani et al., 1993); la riduzione del GH (Collier et al., 1982). Tempo di coagulazione e caratteristiche del coagulo - La stagione calda determina uno scadimento dell’attitudine casearia del latte, con scarsa reattività ed aumento del tempo di coagulazione (Mariani et al., 1994). Lo scadimento delle proprietà di coagulazione del latte sono prevalentemente conseguenti alla riduzione dell’acidità titolabile (Calamari e Mariani, 1998), anche se vengono prese in considerazione altre possibili cause, quali l’insorgenza di disordini digestivi (Calamari et al., 1992) e le variazioni del contenuto di alcuni minerali del latte, come il calcio (più basso) ed il doro (più alto) (Sharma et al., 1988). Capacità di affioramento del grasso - Nel periodo estivo viene segnalato un miglioramento della capacità di affioramento del grasso nel latte bovino (Tedeschi et al., 1993). Tale fatto è probabilmente da imputare all’aumento relativo di acidi grassi a lunga catena (C 18 e C18:1 ), come descritto in precedenza. Comportamento reologico nel corso della lavorazione casearia - Sulla base di quanto osservato empiricamente e discusso in una recente nota (Calamari e Mariani, 1998), il latte prodotto nel periodo estivo presenta caratteristiche fisico-chimiche e di 58 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 coagulazione che favoriscono la comparsa di problemi tecnologici nella lavorazione del Parmigiano Reggiano. In particolare, risulterebbe difficile trovare il giusto rapporto tra siero innesto e coagulante ed il giusto tempo tecnico per il trattamento fisico-meccanico della cagliata. Il drenaggio del siero dalla cagliata risulterebbe difficile e lento, la capacità di sineresi bassa e la massa di formaggio non uniformemente disidratata. Nei formaggi freschi vengono segnalati difetti di struttura e alterazioni dovute allo sviluppo di fermentazioni anomale. Resa di trasformazione del latte - Ricerche svolte nell’area del Grana Padano (Mariani et al., 1995) hanno messo in evidenza una più bassa resa di trasformazione in formaggio del latte prodotto in estate, con valori minimi nel periodo luglio agosto (7.05% rispetto a 7.3 - 7.4%). Tale variazione, segnalata anche in altri formaggi (Urech e Puhan, 1992; Ozimek e Kennelly, 1994) è da mettere in relazione con il calo già descritto del contenuto proteico e di grasso, anche se non sono escluse altre possibili concause legate alle caratteristiche del latte prodotto in estate, quali il rapporto grasso/caseina e le caratteristiche tecnologiche del grasso (Calamari e Mariani, 1998). Un effetto sfavorevole della stagione estiva viene descritto anche per la resa di produzione del burro nell’area svizzera di produzione dell’Emmental (Urech e Puhan, 1992). CONCLUSIONI Lo stress termico conseguente all’esposizione prolungata a condizioni di caldo implica un complesso di variazioni a carico dello stato di benessere della vacca da latte ed è associato ad una riduzione dell’efficienza produttiva e riproduttiva. In considerazione di ciò una grande produzione scientifica, non pertinente al tema della presente relazione, è stata rivolta negli ultimi decenni allo studio di soluzioni impiantistiche e manageriali rivolte al miglioramento delle condizioni di allevamento. Tuttavia le soluzioni disponibili non sempre risultano efficaci e trasferibili in tutte le aree che adottano sistemi produttivi specializzati dell’allevamento del bovino da latte. L’identificazione e lo studio di indicatori bioclimatici può risultare di grande importanza sia per valutare la risposta dell’animale all’ambiente climatico, il suo grado di adattamento e la possibilità di selezionare tipi genetici in grado di tollerare le alte temperature mantenendo apprezzabili livelli produttivi, sia per predisporre soluzioni in grado di alleviare lo stato di discomfort. Per questa finalità, la determinazione di parametri endocrino-metabolici quali la prolattina, il colesterolo, i corpi chetonici ed il CAB potrebbero fornire informazioni essenziali per comprendere l’entità dello stress termico cronico e l’effetto della condizione di caldo sull’organismo animale. Esistono tuttavia difficoltà oggettive, legate all’esecuzione dei prelievi ematici, alle analisi di laboratorio ed alla interpretazione dei risultati, che limitano la possibilità di impiego di tali parametri ad attività sperimentali. Un modello bioclimatico trasferibile anche nella gestione dell’allevamento potrebbe comprendere: - THI; - Temperatura rettale; 59 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 - Livello di ingestione della razione (% rispetto all’ingestione in termoneutralità); - Livello produttivo (% rispetto alla produzione in termoneutralità); - Bilancio energetico negativo complessivo nella fase di esposizione allo stress termico (Mcal); - Bilancio energetico negativo medio giornaliero nella fase di esposizione allo stress termico. Il bilancio energetico negativo, definito dalle variazioni di BCS, ingestione e produzione, consente di stimare il deficit energetico associato allo stress termico e di valutare il rischio di insorgenza di dismetabolie (Buttler e Smith, 1989). E’ opportuno considerare sia il deficit energetico complessivo nel periodo caldo, sia la sua ampiezza in relazione al tempo. Nella tab. 2 viene proposto una schema di valutazione del livello di stress termico da caldo nella vacca da la tte, sulla base dei parametri che definiscono il suddetto modello bioclimatico e sulla base di prove sperimentali condotte sia in cella climatica, sia in condizioni di campo (Nardone et al., 1992; Bernabucci et al., 1997; Ronchi et al., 1999). Tab. 2 : ipotesi di modello bioclimatico per la valutazione dello stress termico da caldo nella vacca da latte (*). Indicatore Stress moderato THI 72-75 Temperatura rettale 39.0-39.5 °C Livello di ingestio ne -5 /-10% Livello produttivo -5% Bilancio energetico Fino a -200 Complessivo (Mcal) (**) Bilancio energetico Fino a -5 medio/giorno (Mcal) Stress medio 76-79 39.5- 40.0 °C -10/ -20% -10/- 15% Da -200 a -350 Stress forte >80 >40°C > -20% >-15% >-350 Da -5 a -9 >-9 (*) Riferito a condizioni di stress termico stagionale in aree a clima temperato. (**) Riferito ad un periodo di 40 gg. nel corso della stagione estiva e a vacche da latte ad alto livello produttivo in diverse fasi della lattazione. 60 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 BIBLIOGRAFIA Abeni F., Calamari L., Maianti M.G., Cappa V., Stefanini L. (1993). Effetti dello stress termico sulle bovine in lattazione ed accorgimenti alimentari miranti ad attenuare l’impatto su quantità e qualità del latte prodotto. Ann. Fac. Agr. Piacenza, 33: 151170. Abilay T. A., Mitra R., Johnson H. D. (1975). Plasma cortisol and total progestin levels in Holstein steers during acute exposure to high environmental temperature (42 degrees Celsius) conditions. J. Anim. Sci. ,41: 113-117. Alvarez M.B., Johnson H.D. (1973). Environmental heat exposure on cattle plasma catecholamine and glucocorticoids. J. Dairy Sci., 56: 189-193. Attereby J.T., Johnson H.D. (1969). 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Future perspective of this kind of rearing systems are analysed, taking in account the present and under discussion European legislation. KEY WORDS: welfare, farm, broiler, laying hen, rabbit IL BENESSERE ANIMALE L’interesse per il benessere animale è generalmente fatto derivare agli anni ‘60 (Harrison, 1964; Brambell, 1965) e ha ormai coinvolto ogni strato della popolazione, dall’uomo della strada e dai consumatori ai ricercatori e ai legislatori, sulla spinta di una raggiunta prosperità economica nei paesi dell’Occidente che ha portato al soddisfacimento dei bisogni primari dell’uomo, e conseguentemente all’attenzione al benessere anche nelle altre specie. A lato di ciò il benessere raggiunto dalla specie umana (in una purtroppo ancora piccola parte del mondo) ha caus ato il passaggio da bisogni alimentari di tipo quantitativo a bisogni di tipo qualitativo (non è più importante mangiare “tanto” ma mangiare “bene”), bisognerebbe quindi chiarire se il benessere dell’animale in allevamento interessa di per sé o perché permette di ottenere derrate alimentari più buone (o più rare) e che soddisfano quindi essenzialmente il nostro piacere. Prima di esaminare nel dettaglio le molteplici problematiche legate al benessere è però opportuno chiarire cosa si intenda con tale termine, e soprattutto cosa si intende - e cosa voglia dire per un animale - vivere in uno stato di benessere. _____________________________ 1 Ricercatore confermato. Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Torino. 67 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Sono possibili due definizioni ant itetiche ed estreme di benessere: • stato di natura, ottimale e perfetto, una sorta di paradiso privo di avversità e nemici (conforme al mito della natura madre e del buon selvaggio di Russeaux) • condizioni asettiche che rispecchiano una concezione antropomorfa degli animali allevati Entrambe, per qualsiasi tipo di animale allevato, non sembrano essere corrette. Forse la definizione migliore di benessere, dal punto di vista zootecnico - il caso degli animali d’affezione potrebbe essere diverso -, è: • cond izioni, anche “artificiali”, che soddisfino i bisogni dell’animale e permettano a questo di produrre. Quest’ultima definizione, accettata anche da diversi autori (Hughes, 1976; Carpenter, 1980; Broom, 1986 e 1991) è quella che risponde forse meglio alla necessità primaria dell’allevatore e dello zootecnico di avere animali in buono stato di salute, capaci di realizzare le produzioni desiderate. Resta però il problema di individuare uno o meglio più parametri da misurare per riconoscere e valutare correttamente la situazione di benessere, o di capacità di adattamento all’ambiente da parte dell’animale (Mason e Mendl, 1993): sono stati proposti criteri fisiologici, patologici, etologici e produttivi, da usarsi in una visione complessiva ed integrata (Duncan e Dawkins, 1983; Smidt, 1983; Unshelm, 1983; Canali, 1994; Verga, 1994; Broom, 1996; Òdberg, 1996) e pensati come un continuum (Fraser e Broom, 1990) da un estremo, caratterizzato da un massimo benessere per l’animale con assenza di stress, all’altro estremo, con minimo di benessere e massima incidenza dei fattori stressanti (Broom, 1996). Questo schema valutativo, che affianca a dati rilevabili scientificamente giudizi di tipo soggettivo, espressi da colui che compie questa operazione (Fraser, 1995; Simonsen, 1996), fa sorgere alcune questioni: infatti, se le correnti pratiche valutative, attraverso la formazione e la qualificazione teorico-pratica dei valutatori e con l’ausilio di accorgimenti tecnici, tendono a conferirle quanto più possibile il carattere scientifico di oggettività, in un argomento delicato come l’investigazione nei confronti della soggettività di un altro essere vivente le considerazioni di natura etica si fanno sentire in misura sicuramente maggiore (Jensen, 1996). Se l’allevatore e lo zootecnico devono rispondere alla domanda “quanto può essere limitato il benessere di un animale, prima che ciò sia considerato intollerabile” (Broom, 1988) o meglio “come si valuta il benessere animale e come si manifesta la sua mancanza”, e la linea di separazione tra oggettività (con relative indicazioni scientifiche) e soggettività (il riconoscimento dei diritti animali) non è più tracciata dagli “uomini in camice bianco” ma dall’uomo della strada (Dantzer e coll., 1983b), la discussione si sposta da un piano tecnico ad uno etico, in cui sempre nuovi soggetti vengono in qualche modo legittimati a sostenere la propria posizione (Rollin, 1983, 1990, 1996; Fraser, 1995). Da questo stato di cose deriva l’interrogativo se tutto questo sia ragionevole, e se proprio la complessità dell’argomento non richieda prese di posizioni meno emotive e più scientifiche (Mandler, 1975). 68 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Sulla scorta dell’idea che una pratica di allevamento che metta in difficoltà un animale, al di là dell’uso di correttivi possibili, vada comunque considerata contraria al benessere (Broom, 1988), ci si è indirizzati verso l’individuazione dei parametri da considerare e delle metodiche di misurazione dello stato di benessere degli animali, diverse per ogni specie oggetto di allevamento, senza dimenticare che l’allevamento degli animali in settori sempre più lontani dalla tradizionale azienda agricola ha provocato il passaggio del consumo dei prodotti di origine animale da un settore di nicchia ad uno maggiormente allargato. Se questa dinamica sociale ha decretato il successo dell’allevamento, è anche vero che a ciò è corrisposta una maggiore attenzione da parte della pubblica opinione nei riguardi di tale settore. Questo comporta che, tra i fattori che sanciscono il successo dell’allevamento moderno, oltre quelli più strettamente zootecnici, in misura sempre maggiore vadano tenuti in considerazione quelli relativi alle richieste del consumatore, determinate da fattori psicologici, e che hanno portato ad interventi anche di natura legislativa. E quindi necessario, da un lato, non dimenticare che la mentalità del consumatore è cambiata, e che la costante diminuzione del prezzo dei prodotti di origine animale - e di quelli carnei in particolare - e la minore incidenza dell’alimentazione sul bilancio familiare lo hanno portato ad interrogarsi non solo sul rapporto qualità/prezzo, ma anche sulle condizioni della produzione degli alimenti di origine sia animale sia vegetale (Morisse, 1995). D’altro canto la pressione sociale che si coniuga con impostazioni agricolo- zootecniche più “ecologiche” di cui i paesi del nord dell’Europa, a proposito o a sproposito, si vantano, ha portato l’Unione Europea, il cui peso è destinato ad aumentare in misura sempre maggiore in relazione al processo di unificazione economica, monetaria e politica, a farsi promotrice di una regolamentazione che, attraverso normative e direttive, mira a salvaguardare le condizioni di vita degli animali negli allevamenti, durante il trasporto e alla macellazione (D 74/577/CEE; D 86/113/CEE; D 86/609/CEE; D 88/166/CEE; D 90/425/CEE; D 91/496/CEE; D 91/628/CE; D 91/629/CEE; D 91/630/CEE; D 93/119/CE; D 95/29/CE; R 95/69; D 97/2/CE; R 1255/97; D 411/98/CE; R 615/98; D 98/58/CE; D 1999/575/CE; R 1804/1999; D 1999/74/CE, solo per citarne alcune). Nel campo delle produzioni animali si sono quindi affiancati a sistemi di produzione intensivi, volti al miglioramento produttivo individuale (basato sul miglioramento genetico, nutrizionale e tecnico), sistemi di produzione tradizionali e/o estensivi, basati su una maggiore attenzione alla salvaguardia dell’ambiente e del benessere animale. Tra le cosiddette “piccole specie”, considerate sempre un po’ marginali negli allevamenti ma oggi di estrema attualità, il legislatore si è interessato principalmente all’allevamento avicolo (su cui sono uscite recentemente le ultime direttive), ma non è da dimenticare l’esistenza dell’allevamento cunicolo, né quella dell’acquacoltura, anche se caratterizzata da problematiche completamente diverse e che non saranno affrontate in questa sede. 69 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 FATTORI CHE INFLUENZANO IL BENESSERE AVI-CUNICOLO Molti sono i fattori che influenzano il benessere degli animali in allevamento e, come già detto, la percezione di questi è molto diversa, così com’è molto diverso l’approccio che se ne ha, sia da parte dell’allevatore sia da parte del consumatore. Non è forse il caso di rifare la storia delle norme e degli indirizzi sul benessere animale, o di illustrare misure e principi che sono già stati trattati, anche recentemente, da numerosissimi altri autori. Pur senza dimenticare il rispetto delle cinque libertà fondamentali per evitare disturbi al benessere animale (Brambell, 1965; FAWC, 1987a, 1987b, 1987c, 1987d), il confine tra benessere e la sua mancanza resta in ogni caso quanto mai sogge ttivo, indefinibile e aleatorio, anche se i legislatori hanno cercato, fin dal 1988, di interpretare l’esigenza dell’opinione pubblica e di garantire il benessere degli animali fornendo dei parametri minimali da rispettare e ribadendo che chiunque allevi animali è responsabile della loro salute e incolumità (Lolinger, 1996). Come già ricordato una definizione di benessere è legata al mantenimento della produttività dell’animale: questo si è dimostrato solo parzialmente vero, specie per gli allevamenti intensivi. Per questi - ma non solo - ci si pone oggi il problema di come conciliare produttività, costi di produzione e benessere animale con la redditività dell’allevamento. Infatti, le scelte tecnologiche dell’allevatore nei confronti dell’ambiente di alleva mento, dell’habitat e dell’impiego di metodi di allevamento, agiscono sul comportamento e sulle reazioni della popolazione animale, determinando o uno stato di benessere e quindi di produttività ottimale o circostanze stressanti e stati patologici condizionati con conseguenti carenze produttive. E’ evidente però che quanto più l’animale si avvicina ad uno stato di benessere, tanto più le sue prestazioni produttive si approssimano alla completa estrinsecazione del suo patrimonio genetico. Nell’applicazione delle tecnologie di allevamento ci sono tutta una serie di parametri, ormai assodati e riconosciuti universalmente, che devono essere adattati alle necessità degli animali. Questi parametri illustrano le “buone pratiche zootecniche” da applicare per avere un allevamento redditizio, e per garantire condizioni di vita accettabili sia per gli animali sia per chi lavora in un allevamento. Essi si riferiscono a: • temperatura di allevamento (soprattutto le sue variazioni); • qualità dell’aria (assenza di gas nocivi, assenza di polveri, corretta ventilazione); • illuminazione (durata e intensità); • superficie a disposizione (densità di allevamento: le esigenze di specializzazione delle produzioni animali hanno costretto polli e conigli a vivere in collettività sempre più numerose, con spazio vitale progressivamente ridotto); • alimentazione (quantità e qualità - tenendo presente le loro caratteristiche anatomico-fisiologiche, per cui un pollo non potrà mai essere allevato come un erbivoro); • pulizia e asporto delle deiezioni. Altri fattori influenzanti il benessere, specialmente nell’allevamento avicolo e cunicolo, 70 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 sono: • ritmi riproduttivi (età primo accoppiamento, frequenza accoppiamenti, ...); • ritmi produttivi (n. di uova prodotte, raggiungimento in tempi brevi del peso di macellazione, ...); • pressione selettiva e miglioramento genetico (intensità di produzione, velocità di crescita, adattabilità, socialità, docilità, resistenza a malattie, ...: gli attuali criteri di selezione applicati, necessariamente, a un numero ristretto di caratteri di più prevalente interesse economico hanno, inevitabilmente, causato una condizione di instabilità nell’equilibrio naturale degli animali a discapito, probabilmente, di capacità naturali di adattamento e resistenza); • competenza e preparazione degli addetti (fattore maggiormente influenzante il benessere degli animali allevati, soprattutto dei piccoli animali quali pollo e coniglio, che dipendono moltissimo dall’uomo). Nel caso dell’allevamento avicolo e cunicolo accanto ai tradizionali parametri ambientali legati al benessere non bisogna dimenticare di considerare anche quelli legati al fatto che l’allevamento viene ancora, di norma, effettuato in gabbia. Per l’allevamento avicolo il ricorso alle gabbie è stato regolamentato dalla direttiva CEE 1999/74/CE, mentre per quanto riguarda l’allevamento cunicolo l’impiego delle gabbie non sembra destinato ad essere soppresso in breve tempo, anche per considerazioni legate alla fisiologia dell’animale, soprattutto per quanto riguarda il settore riproduzione. PROBLEMI EMERGENTI NELL’ALLEVAMENTO AVICOLO E CUNICOLO Vi sono una serie di problemi emergenti legati alle diverse specie e alle diverse esigenze dei vari settori produttivi - che per l’avicoltura sono produzione di carne, produzione di uova e riproduzione, mentre per la coniglicoltura sono ingrasso e riproduzione - ognuno caratterizzato da necessità peculiari, a volte sovrapponibili ma spesso molto diverse, che saranno qui esaminate in breve. Allevamento avicolo Per quanto riguarda la produzione di carne nel settore avicolo, siamo di fronte a sistemi di allevamento generalmente rispettosi del benessere degli animali: quasi tutti gli animali sono allevati a terra; anche se qualcuno è tornato a riproporre l’allevamento in gabbia (Tassinari, 1999). I problemi ancora aperti riguardano: • la socialità degli animali (aggressività, ... - risolvibili sia dal punto di vista tecnico riducendo la densità di allevamento, o grazie al miglioramento genetico); • l’accesso all’aperto da parte degli animali; • la redditività della produzione (il miglioramento delle condizioni di allevamento porta ad un aggravio dei costi di produzione). Nel caso degli allevamenti per la produzione di uova i problemi che dovranno essere risolti nel prossimo futuro riguardano principalmente l’attuazione delle direttive comunitarie in tema di benessere degli animali. Queste direttive comportano l’adozione di nuovi sistemi di allevamento, quali: 71 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Figura 1 - Schemi di gabbie get-away e arricchite per ovaiole (Meluzzi e Giordani, 1989). • • • • • gabbie allargate, gabbie get-away (alte), gabbie colonia, gabbie arricchite (figura 1), tutte caratterizzate dalla presenza di una serie di dotazioni per garantire all’animale l’estrinsecazione dei comportamenti tipici della specie (con posatoi, bagno di sabbia, nidi, bande abrasive, ...), con una capacità prevista di 10-40 capi/1’una e con una densità di allevamento di 600-1000 cm2 /capo (ancora abbastanza elevata), obbligatorie dal 1.1.2003 e utilizzabili fino al 1.1.2012 (D 1999/74/CE); allevamento su lettiera profonda, pari ad 1/3 della superficie, e con una densità di allevamento di 7-10 capi/m2 ; allevamento su grigliato (figura 2), sempre con una densità di allevamento di 7-10 capi/m2 ; allevamento in aviary (figura 3), pollai con più piani sovrapposti di rete o grigliato, con una densità di allevamento di 15-25 capi/m2 ; allevamento in perchery (figura 4), pollai con 15 cm di posatoio/capo disposti su più piani, a volte con lettiera, con una densità di allevamento fino a 25 capi/m2 ; Figura 2 - Schema di un allevamento per ovaiole su grigliato (1 - nidi, 2 - posatoi, 3 abbeveratoi, 4 - mangiatoie, 5 - raschiatori sotto grigliato; Xausa e Segato, 2000). 72 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Figura 3 - Schema di un allevamento per ovaiole in aviary (1 - posatoi, 2 - abbeveratoi, 3 - mangiatoie, 4 - nidi, 5 - grigliato, 6 - lettiera; Xausa e Pignattelli, 1994; Xausa e Segato, 2000). Figura 4 - Schema di un allevamento per ovaiole in perchery (Meluzzi e Giordani, 1989). • allevamento in strawyard o recinto coperto, con lettiera da cambiare spesso e con bassa densità di allevamento; • sistemi di allevamento free-range, con accesso all’aperto, estensivi, con una densità di allevamento di 0,4-0,1 capi/m2 , pari a una disponibilità di spazio di 2,5-10 m2 /capo. L’utilizzo di questi sistemi di allevamento prevede una densità degli animali non sempre particolarmente bassa e lascia, comunque, tutta una serie di problemi ancora da risolvere (ad esempio in un allevamento su più piani di rete o grigliato, la gallina che sta al piano più alto defeca su quella che sta al piano più basso). Inoltre il sistema produttivo free- 73 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 range, il migliore dal punto di vista della superficie a disposizione degli animali, ha dei costi di produzione notevoli. Anche dal punto di vista comportamentale e gestionale tutte le diverse tipologie di allevamento proposte fanno registrare vantaggi e svantaggi (tabella 1). Tra questi, l’allevamento in gabbia, nonostante i suoi ben noti svantaggi, fa registrare problemi ridotti per i comportamenti collegati alla socialità dell’animale e rappresenta, forse, la soluzione migliore per quanto riguarda l’igiene dell’animale (Hughes, 1990) e, soprattutto, la salubrità dei prodotti. Prima dell’adozione di nuove tecnologie di allevamento è pertanto necessario valutare ogni aspetto dei singoli sistemi, cercando di migliorarne i punti deboli, e adottando quello più rispondente alle esigenze dell’allevatore e al tipo di produzione desiderata. Tabella 1 - Confronto tra diverse tipologie di allevamento per ovaiole (Hughes, 1990). parametri gabbia Gabbia aviary perchery strawyard Free modificata range comportamentali movimento * * ** ** ** *** nidificazione * *** *** *** *** *** raspare * ** *** */*** *** *** stereotipie * *** *** *** *** *** cannibalismo **/*** **/*** */*** */*** */** */** timore * ** ** ** *** **/*** aggressività *** *** ? *** * * fisici igiene *** ** ** ** ** * danni piume * **/*** ** */*** ** *** lesioni pedali * ** **/*** **/*** *** **/*** resistenza ossa * ** *** *** *** *** ambientali controllo *** *** ** ** * * polvere/gas *** *** */** */** *** ** Da quanto brevemente esposto si può dedurre come in questo settore i problemi ancora aperti riguardino quindi: • la socialità degli animali (aggressività, ...); • la sanità degli animali allevati; • la salubrità dei prodotti (si produce per ottenere un prodotto che sia consumabile direttamente e che non porti malattie all’uomo - la salubrità rappresenta il primo requisito per un prodotto di origine animale); • l’accesso all’aperto da parte degli animali; • alcuni accorgimenti tecnici (soprattutto nell’allevamento di ovaiole su più piani con rete o grigliato); • la redditività della produzione. 74 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 In particolare per quanto riguarda quest’ultimo punto, anche senza scendere nel dettaglio, è da tenere presente che, ponendo pari a 100 il costo di un uovo prodotto con i sistemi in gabbia attualmente in uso negli allevamenti per la produzione di uova di tipo convenzionale, le uova prodotte con sistemi estensivi arrivano a un costo di 150-170 l’una (tabella 2; Elson, 1985). Ciò vuoi dire che un uovo, che attualmente al consumatore costa 250-300 £, può arrivare a costare non meno di 500-600 £, con il rischio di una drastica riduzione dei consumi (sia diretti sia indiretti), con una possibile contrazione del numero degli allevamenti (e degli addetti) e un effetto anche di tipo nutrizionale e sociale (le uova sono una delle poche fonti di proteine nobili a basso costo). Tabella 2 - Costo di produzione delle uova (Elson, 1985). sistema di allevamento caratteristiche gabbia convenzionale 450 cm2 /capo gabbia allargata) 550 cm2 /capo gabbia arricchita (con posatoio e nido) 450 cm2 /capo gabbia allargata e arricchita 750 cm2 /capo gabbia get-away 2 piani aviary 10- 12 capi/m2 aviary e perchery 20 capi/m2 lettiera profonda 7- 10 capi/m2 strawyard 3 capi/m2 semi- intensivo 1000 capi/ha free range 400 capi/ha costo 100 105 102 115-117 110 115 105-108 118 130 135-140 150-170 Passando ad esaminare le problematiche relative alla produzione di riproduttori per il settore avicolo si può dire che anche in questo caso, come già in quello della produzione della carne, i sistemi di allevamento sono generalmente rispettosi del benessere degli animali. Quasi tutti questi allevamenti mantengono gli animali a terra ed i pochi allevamenti in batteria ancora esistenti potrebbero convertirsi senza grossi problemi. Con l’allevamento a terra di questi animali si presentano una serie di problemi, già ricordati in precedenza, e ancora in attesa di risoluzione: • socialità degli animali (aggressività,...); • ritmi riproduttivi (senza sfruttare le ovaiole troppo velocemente); • accesso all’aperto; • sanità degli animali; • redditività della produzione; • incubatoio (problema abbastanza marginale nell’allevamento dei riproduttori). Quest’ultimo aspetto spesso è tralasciato esaminando i problemi relativi all’allevamento, perché si tratta di un’attività che è di solito in mano a grosse ditte specializzate, però non devono essere dimenticate le condizioni in cui si trovano a vivere i pulcini appena nati: forse, un ripensame nto dell’organizzazione dell’incubatoio potrebbe avere la sua importanza nell’evitare ai pulcini di un giorno situazioni di stress grave. 75 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Allevamento cunicolo Per il settore cunicolo per il momento non vi sono indicazioni a livello comunitario relative alle modalità di allevamento, ma vi è già stato qualche paese che ha chiesto un pronunciamento in merito. La prima domanda cui occorre dare una risposta è: il coniglio è un animale da reddito o un animale da compagnia? In Italia, dove la coniglicoltura ha raggiunto il 4° posto fra i comparti zootecnici con una posizione leader a livello mondiale, il coniglio è considerato - come in altri paesi principalmente Mediterranei (Francia, Spagna, Ungheria, ...). un animale da reddito allevato per la produzione della carne. In altri paesi - tra cui tutto il nord Europa (Inghilterra, Germania, paesi Scandinavi, ...). il coniglio è invece considerato un animale da compagnia. Esiste quindi un abisso culturale tra i vari paesi, con cui ci si scontra soprattutto a livello di Commissione Europea, tra concezioni strettamente zootecniche di chi considera il coniglio alla stregua di bovini, suini e polli e tradizioni umanizzanti di chi lo considera invece alla stregua di cani e gatti. Per quanto riguarda il settore ingrasso degli allevamenti cunicoli, i sistemi di allevamento attualmente in uso prevedono l’impiego di gabbie, normalmente di dimensioni abbastanza ridotte - come superficie (30x40 cm) e come altezza (30 cm) che limitano sia i movimenti sia i rapporti sociali degli animali, anche se consentono notevoli densità di allevamento (superiori a 16 capi/m2 ). I problemi più importanti cui ci si trova di fronte sono quindi: • l’adozione di nuovi sistemi di allevamento, più rispettosi delle necessità di movimento e di socialità degli animali; • riduzione delle densità di allevamento. Si può, quindi, pensare di adottare sistemi di allevamento di dimensioni maggiori, che permettano all’animale di esprimere nel modo migliore sia le proprie abitudini di movimento (figura 5) o di posizione (postura eretta, normale in libertà), sia la propria socialità. Alcune prove sono già state fatte utilizzando: Figura 5 - Andatura a saltelli (hopping) nel coniglio espressa in libertà e in gabbia (Lehmann, 1987). 76 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 gabbie collettive, con una superficie di 0,26-0,35 m2 e un’altezza di 28-30 cm, una densità di allevamento di 16-28 capi/m e dai 6 ai 54 capi/gabbia; • allevamento in parchetto su rete, con una superficie anche di 5 m2 e un’altezza di 60 cm, una densità di allevamento di 18 capi/m2 e fino ad 80-100 capi/gabbia; • allevamento in parchetto su lettiera, con una superficie di 2,5-8 m e un’altezza di 100 cm, una densità di allevamento di 4-8 capi/m e fino ad 10-64 capi/gabbia. Con l’adozione dell’allevamento in gabbie collettive o in parchetti (su rete o lettiera) è bene prestare attenzione alla densità di allevamento ed evitare un eccessivo aumento della numerosità dei gruppi: infatti, passando da 6 a 54 capi per gruppo, sempre con una densità di 17 capi/m2 , si ha un peggioramento degli incrementi (anc he di 350 g in 45 d) e degli indici di conversione (da 3,02 a 3,12) (Maertens, 1999). In teoria l’animale più produttivo è quello allevato in gabbia singola ma, in confronto ad animali allevati in gruppi di dieci, in recinti a terra, questo, a fronte di una crescita più rapida e di un migliore indice di conversione (anche se non significativo), consuma molti più alimenti (perché non può estrinsecare i comportamenti sociali ed esplorativi) ed è più grasso alla macellazione (Lazzaroni e coll., 1999). Nel settore ingrasso, con l’adozione di questi nuovi sistemi di allevamento, i principali problemi ancora aperti riguardano: • la socialità degli animali (aggressività, ...); • necessità di divisione dei sessi (comparsa della pubertà); • velocità di accrescimento (delle singole linee); • pavimentazione (lesioni pedali, igiene); • sanità animale; • salubrità dei prodotti; • l’accesso all’aperto da parte degli animali; • la redditività della produzione (aggravio dei costi di produzione). In particolare, i problemi di socialità si ha nno se si aumenta la superficie a disposizione degli animali e se questi sono allevati in gruppo, anche perché in tal caso l’animale cresce più lentamente, raggiunge il peso di macellazione ad un’età maggiore e quindi, nel caso del coniglio, quando è già avvenuta la pubertà. Con il raggiungimento della pubertà gli animali iniziano a competere tra loro e si presenta quindi la necessità di selezionare linee meno aggressive e, eventualmente, di castrare i maschi per l’allevamento in recinto. Per quanto riguarda invece la pavimentazione, la scelta che si presenta è tra l’allevamento su grigliato, con problemi di lesioni podali, su lettiera, con problemi igienici, o su pavimento parzialmente grigliato e parzialmente con lettiera (o su superficie piena). Per quanto riguarda il settore riproduzione dell’allevamento cunicolo, i sistemi attualmente in uso prevedono sempre l’impiego di gabbie, anche in questo caso di dimensioni abbastanza ridotte - come superficie (40x90 cm, con nido interno) e come altezza (30 cm). Il problema più importante cui ci si trova di fronte è quindi: • l’adozione di nuovi sistemi di allevamento, più rispettosi delle necessità degli animali (gabbie arricchite, gabbie collettive). • 77 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Nella gabbia arricchita (figura 6), la fattrice è allevata da sola ma in gabbie più alte e con dei piani d’appoggio che le permettono maggior movimento e di allontanarsi dal nido (in natura il nido è visitato 1-2 volte al giorno). Nella gabbia collettiva (figura 7) vengono invece accasate 5 fattrici con un maschio e questi animali costituiscono, con le rispettive nidiate, un nucleo di produzione che vive insieme fino allo svezzamento dei coniglietti (successivo al 28° giorno dal parto). Figura 6 - Schema di gabbia arricchita per coniglie fattrici (P, piattaforma; N, nido; M, mangiatoia; Reichel, 1995). Figura 7 - Schema di gabbia collettiva per coniglie fattrici (C, area centrale; F, mangiatoie; I, isolamento; L, zona riposo con lettiera; N, nido; P, zona piccoli; Stauffacher, 1992). 78 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Con l’adozione di questi nuovi sistemi di allevamento, restano tuttavia - anche per il settore riproduzione dell’allevamento cunicolo - una serie di problemi, già ricordati in precedenza, e ancora in attesa di risoluzione: • socialità (aggressività, ...); • ritmi riproduttivi; • pavimentazione; • accesso all’aperto; • redditività della produzione. PROSPETTIVE IMMEDIATE Da quanto visto un allevatore si trova oggi di fronte alla necessità - per garantire il benessere degli animali e quindi andare incontro alle esigenze dei consumatori - di modificare le strutture del suo allevamento, con rilevanti e costosi interventi. In attesa di tali adeguamenti, pensabili solo su un lungo periodo, ci sono degli interventi che possono essere proposti, soprattutto negli allevamenti di ovaiole e conigli all’ingrasso che utilizzano gabbie di dimensioni abbastanza ridotte. Un adeguamento possibile, e di facile realizzazione, potrebbe essere quello di eliminare i divisori tra due o più gabbie per aumentare la superficie a disposizione degli animali e il numero di soggetti presenti in ognuna: ciò oltre a permettere un maggiore movimento degli animali faciliterebbe anche il loro comportamento sociale. BIBLIOGRAFIA Auxilia M.T. (1985). La tecnologia nell’allevamento cunicolo. Conv. tecnico-scientifico su “Problemi dell’allevamento del coniglio”, Alessandria. Brambell F.W.R. (1965). “Report of the Technical Committee to Enquire into the Welfare of Animals Kept under Intensive Livestock Husbandry Systems”. Command paper No. 2836, HMSO Londra, Gran Bretagna. Broom D.M. (1986). Indicators of poor welfare. “Br. Vet. 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Sulle bovine, allevate in box multipli in una stalla sperimentale a stabulazione libera a cuccette, si è controllata l’ingestione di alimenti, la produzione di latte e la temperatura rettale e, nel sangue, la GOT, la GGT e la fosfatasi alcalina (ALP). L’ingestione di alimenti e la produzione di latte è diminuita negli animali esposti alle varie forme di stress. La GGT non è variata in maniera significativa mentre la GOT è tendenzialmente aumentata nelle bovine in condizioni di stress di tipo psicogenico. La ALP è significativamente diminuita nelle bovine in condizioni di stress da caldo; diminuzione riscontrata, anche se non significativa, nelle bovine in condizioni di stress di tipo psicogenico. Questo tipo di stress ha comportato un maggiore calo produttivo nelle primipare unitamente a più ampie modificazioni nei parametri ematici controllati. PAROLE CHIAVE: vacca da latte, stress, benessere animale, enzimi ematici. VARIATION OF SOME BLOOD ENZYMES IN DAIRY COWS IN DIFFERENT STRESS CONDITION SUMMARY: Welfare evaluation involves the check of a series of responses that animal uses to fit with the environment: changes in behaviour or in physiological mechanisms with effect on health and performances. In order to evaluate the variations of some blood enzymes in dairy cows under different stress condition (heat, changing of group and overcrowding) feed intake, milk yield, rectal temperature, blood GOT, GGT and alkaline phosphatase (ALP) were checked in the Italian Friesian cows farmed at “V. Tadini”, an experimental farm, where the cows where housed in free barns (multiple boxes), with cubicles and open paddock. Feed intake and milk yield decreased in animals exposed to the different stress conditions. GGT was not significantly affected, while GOT was slightly increased in cows under conditions of psychogenic stresses. ______________________________ 1 Professore associato. Istituto di Zootecnica, Facoltà di Agraria di Piacenza. Sperimentatore. Az. Sperimentale “V. Tadini”, Località Gariga - Podenzano (PC). 3 Contrattista. Istituto di Genio Rurale, Facoltà di Agraria di Piacenza. 4 Direttore. Az. Sperimentale “V. Tadini”, Località Gariga - Podenzano (PC). 2 83 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 ALP was significantly decreased in cows under heat stress; ALP decreased also in cows with psychogenic stress, even though non significantly. This last type of stress in primiparous cows has determined the highest milk yield decrease as well as widest variations in the investigated blood parameters. KEY WORDS: dairy cow, stress, welfare, blood enzymes. PREMESSA Negli ultimi anni la ricerca scientifica si è maggiormente indirizzata verso lo studio della capacità di adattamento e di risposta degli animali domestici alle diverse condizioni di allevamento e di gestione da parte dell’uomo. L’obiettivo di trarre profitto degli allevamenti non può far perdere di vista il fatto che quantità e qualità delle produzioni debbono andare di pari passo con la cura attenta dell’ambiente e del benessere (Dirksen, 1992). Tuttavia il termine “benessere” non ha ancora ricevuto, proprio a causa della sua complessità, una definizione univoca da parte dei vari ricercatori che se ne occupano. Lo stato di benessere degli animali (“welfare”) può essere ricondotto in prima istanza alla mancanza di condizioni di stress. Altrettanto difficoltosa è quindi la valutazione del benessere che si può affrontare attraverso tre tipi di approccio indicati da Duncan e Fraser (1997). Uno di questi approcci è quello “funzionale” basato sulle funzioni biologiche “normali” degli animali. Que sto approccio implica che si debbano identificare e quantificare il più precisamente possibile gli “indicatori” di benessere, come gli indicatori patologici, fisiologici, comportamentali e produttivi. Tuttavia non è facile definire con certezza gli effetti degli agenti stressanti ed è diffìcile stabilire in una mandria se un problema sia legato allo stress (o meglio a “distress”, cioè a reazione negativa a fattori di stress). Moberg (1985) ha sottolineato l’impossibilità di stabilire se un animale soffra a causa dello stress, a meno che non compaia uno stato prepatologico. Tuttavia il nostro interesse non si limita alle conseguenze finali di un forte stress ina è rivolto alla reazione di adattamento che segue una sollecitazione stressogena con alterazione delle condizioni fisiologiche. Nelle bovine in stress da caldo l’organismo mette in atto una serie di risposte fisiologiche che comportano variazioni di numerosi parametri ematici fra cui la riduzione della fosfatasi alcalina (Calamari e coll., 1996). In condizioni di stress di tipo psicogenico è stata riscontrata una riduzione della fosfatasi alcalina (ALP) ed aumento della GOT (Minton e coll., 1995). Scopo del nostro lavoro è stato quello di indagare sulle conseguenze dello stress da caldo e dello stress di tipo psicogenico su taluni enzimi ematici e sulla risposta produttiva delle bovine da latte. MATERIALE E METODI Le ricerche sono state condotte presso l’allevamento di bovine di razza Frisona Italiana dell’Azienda Sperimentale “V. Tadini”. Le bovine venivano allevate in una stalla libera, aperta, ad ala semplice con zona di riposo a cuccette e paddock esterno in terra battuta. Il ricovero era completamente aperto sul lato opposto alla zona di alimentazione. Sul lato della zona di alimentazione, esposto ad est, vi era invece un muro alto 2.5 metri con un’apertura di circa 3 metri fra il tetto e la sommità del muro stesso. L’edificio era suddiviso in 7 box di 14-16 bovine ciascuno. Le bovine venivano alimentate con tecnica 84 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 “unifeed” con un’unica distribuzione giornaliera, effettuata al mattino alle ore 7.008.00. La razione era composta da mais silo, fieno e concentrati. La ricerca si è articolata in 3 prove. la prova. La prova, condotta su 24 bovine in fase centrale di lattazione, è stata svolta nel periodo estivo (da metà giugno a inizio settembre). Sono stati eseguiti controlli: 1) sulla temperatura ed umidità all’interno del ricovero; 2) sul consumo medio di alimenti mediante pesatura della quantità distribuita e di quella residuata; 3) sul sangue, con cadenza settimanale, prelevato in provette eparinizzate (ore 7.00, prima della distribuzione dell’unifeed), per la determinazione della GOT, GGT e fosfatasi alcalina (ALP) utilizzando kit del commercio; 4) sulla produzione di latte rilevata al pomeriggio precedente il controllo del sangue; 5) sugli animali, con rilevazione della temperatura rettale eseguita al pomeriggio (ore 16.00) del giorno dei prelievi di sangue. 2a prova. La prova è stata effettuata su 18 bovine suddivise in 3 gruppi ed allevate in 3 box insieme ad altre bovine (16 capi/box). Le bovine, in fase intermedia di lattazione, sono state suddivise tenendo conto, oltre che della fase di lattazione, anche del numero di parti (2 primipare per gruppo) e della produzione di latte: 6 sono state utilizzate come controllo (CO) ed allevate nel box 1 ; 6 sono state frequentemente spostate (ogni 7 giorni e per 4 volte) dal box 2 al box 3 e viceversa (gruppo C7); le altre 6 sono state spostate meno frequentemente (ogni 14 giorni e per 2 volte), sempre dal box 2 al box 3 e viceversa (gruppo C14). Prima di iniziare la prova sono stati effettuati dei controlli preliminari: al momento della formazione dei gruppi (a O, 3 e 7 giorni dalla formazione dei gruppi) ed appena prima degli spostamenti di gruppo, effettuati a partire da 21 giorni dopo la loro formazione. Ad ogni cambiamento di gruppo i controlli sono stati effettuati dopo 3 e 7 giorni, per le bovine del gruppo C7, e dopo 3, 7, 10 e 14 per le bovine del gruppo C14; parallelamente venivano effettuati controlli anche sulle bovine del gruppo CO. I controlli effettuati sulle bovine hanno riguardato: 1) il consumo di alimenti; 2) la determinazione degli stessi enzimi indicati in precedenza e determinati sul sangue prelevato con gli stessi criteri; 3) la produzione di latte rilevata nelle due mungiture precedenti i prelievi di sangue. 3a prova. La prova ha interessato 20 bovine in fase intermedia di lattazione, suddivise in 2 gruppi con gli stessi criteri della prova 2 (4 primipare per gruppo). Un gruppo di bovine è stato utilizzato come controllo (C) ed allevato in un box, insieme ad altre 6 bovine (totale 16 bovine), con 16 posti in mangiatoia e 16 cuccette. Le altre bovine (S) sono state allevate, insieme ad altre 6 bovine, in un box con 13 posti in mangiatoia e 12 cuccette. E’ stato utilizzato un modello sperimentale change-over ed ognuno dei due periodi ha avuto la durata di 3 settimane; al momento dell’inversione dei trattamenti le bovine dei due gruppi sono state allevate in 2 box entrambi dotati di posti in mangiatoia e di cuccette pari al numero di bovine presenti (periodo di 2 settimane). Anche in questo caso sono stati effettuati dei controlli preliminari al momento della formazione dei gruppi (a -7, 0, 3, 7 e 10 giorni dalla formazione dei gruppi) e con animali allevati in box dotati di posti in mangiatoia e cuccette pari al numero di capi presenti. Nel periodo sperimentale i controlli sul sangue e sul latte sono stati effettuati al giorno 0, 3, 7, 14 e 21 con le stesse modalità della 2a prova. Tutte le elaborazioni sono state effettuate mediante analisi della varianza utilizzando i fattori tempo, trattamento (solo per le prove 2 e 3), l’ordine di lattazione (primipare e pluripare), lo stadio di gravidanza (gravide e non gravide), effetto animale e le relative 85 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 interazioni. Sono state elaborati anche i dati relativi alla formazione dei gruppi in preparazione alle prove 2 e 3 utilizzando i fattori tempo, ordine di lattazione ed animale entro l’ordine di lattazione. RISULTATI E DISCUSSIONE Nella tabella 1 vengono riportati i risultati ottenuti nella la prova condotta nel periodo estivo. Dall’andamento dei valori medi di THI giornaliero si osserva che le condizioni climatiche non sono risultate particolarmente avverse ed il periodo in cui sono state riscontrate le temperature più elevate si è avuto nell’ultima decade di luglio con valori medi giornalieri di THI compresi fra 74 e 77. La temperatura rettale si è mediamente mantenuta sotto la soglia critica dei 39 °C ad eccezione dei due controlli effettuati nell’ultima decade di luglio dove è risultata mediamente pari a 39,44 e 39,09 °C. La produzione di latte è progressivamente diminuita in relazione con l’avanzare della fase di lattazione ma anche con le condizioni climatiche più avverse di fine luglio. Infatti il calo produttivo è risultato più consistente nel mese di luglio per raggiungere il valore minimo all’ultimo controllo di luglio e poi recuperare in maniera limitata nei controlli di agosto e settembre, in relazione con le migliori condizioni climatiche, nonostante l’ulteriore avanzamento della fase della lattazione. Tabella 1. Andamento del THI medio giornaliero nel ricovero, della temperatura rettale (TR), di alcuni enzimi ematici e della produzione pomeridiana di latte. Table 1. Pattern of stall daily mean THI, rectal temperature (RT), some blood enzymes and afternoon milk yield. Controlli 16-giu 23-giu 29-giu 6-lug 14-lug 21 -lug 27-lug 3-ago 10-ago 24-ago 7-set Test-day 16-jun 23-jun 29-jun 6-jul 14-jul 21-jul 27-jul 3-aug 10-aug 24-aug 7-sep THI 72.75 61.04 71.29 68.49 73.77 74.25 76.29 73.67 71.81 70.94 64.57 °C bc a bc ab cd e de bc 38.55 b bc 38.59 b ALP U/l e cde de Cd Cd b a b 40.13 bc 43.32 Cd 45.77 cde GOT U/l a ab ab 87.06 b b ab 82.22 ab ab 82.96 ab 83.31 ; ab GOT U/l a a ab 34.24 ab 33.13 bc bc 35.16 bc 35.21 C 36.73 ‘ bc kg d Cd Cd a ab !2.92 ab 12.91 ab TR-RT Latte - Milk 38.55 50.37 78.15 32.16 16.34 38.03 46.81 86.99 32.37 15.16 38.71 48.17 38.37 45.44 89.61 ab abc 33.56 14.69 13.56 38.9I 39.44 45.49 40.49 90.87 ab 34.08 bc 14.01 abc 39.09 35.86 86.62 35.36 13.60 12.12 ab 83.79 38.46 l2.69 38.47 46.27 83.51 34.91 abc 13.43 Le lettere a sinistra dei valori indicano differenze sulle righe (P<0.05) Letters on the left of values indicale differences on rows (P<0.05) I valori di GOT sono aumentati significativamente fino al controllo di metà luglio, quando il THI non era ancora elevato e la temperatura rettale era nella norma. Al contrario nell’ultimo controllo di luglio e nei successivi, ad eccezione del 1° rilievo di agosto, i valori sono ritornati a livelli di poco superiori a quelli iniziali. Da questi risultati non sembra quindi emergere un effetto del caldo sui valori ematici di GOT anche se la diminuzione riscontrata nel periodo più caldo, come riscontrato da Ronchi e coll. (1997) ed in nostre ricerche non pubblicate, potrebbe far presupporre una riduzione della capacità metabolico-sintetica del fegato. I valori di GGT sono aumentati nel periodo più caldo per poi mantenersi su tali valori anche nel periodo successivo, quando le temperature sono diminuite. Valori più elevati di GGT in bovine da latte in condizioni di stress da caldo sono stati riscontrati anche da Ronchi e coll.. (1997). La fosfatasi alcalina (ALP) è diminuita in maniera significativa nel periodo più caldo. La 86 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 diminuzione è stata progressiva per raggiungere i valori minimi nell’ultimo controllo di luglio, successivamente il recupero è stato graduale e quasi completo. La diminuzione si può in parte spiegare con la riduzione dell’ingestione di s.s. che è stata del 10-11% nell’ultima decade di luglio; successiva mente il recupero dell’ingestione è stato molto limitato. La minore ingestione comporterebbe la diminuzione dell’isoenzima della ALP di origine intestinale. L’aver però constatato che la diminuzione di ALP è iniziata prima del calo di ingestione e che si è avuto un recupero dei valori ematici, dopo il periodo più caldo, nonostante l’ingestione sia rimasta bassa, lascia presupporre che altri fattori siano implicati. E’ probabile che le variazioni dell’equilibrio acido-base nel corso della giornata in condizioni di stress da caldo comportino una diminuzione dell’attività delle cellule del tessuto osseo ed una diminuzione dell’isoenzima associato all’attività degli osteoblasti. Dalla elaborazione dei dati in relazione al numero di parti (primipare vs. pluripare) ed allo stato di gravidanza (gravide vs. non gravide) si possono avere ulteriori elementi. Nelle primipare i valori di ALP sono risultati più elevati e la diminuzione riscontrata nel periodo più caldo è stata più ampia, sia in termini assoluti che in percentuale (28% nelle primipare e 24% nelle pluripare); ciò potrebbe avvalorare l’ipotesi di una maggiore diminuzione dell’isoenzima associato all’attività degli osteoblasti. Dal confronto fra bovine gravide e non gravide, a parità di stadio di lattazione, produzione di latte e numero di parti, si è riscontrato una maggiore diminuzione della ALP nelle prime, soprattutto in termini assoluti ma anche in percentuale (27% nelle gravide e 21% nelle non gravide) ad indicare forse una più importante riduzione dell’isoenzima placentare. Tabella 2. Valori di alcuni enzimi ematici, della produzione e dell’ingestione in bovine primipare (PR) e pluripare (PL) prima e dopo 3 e 7 giorni dalla formazione dei gruppi. Table 2. Values of some blood enzymes, daily milk yield and feed intake in primiparous (PR) and pluriparous (PL) cows, before and after 3 and 7 days groups formation. giorni dall’inizio - days from start 0 3 7 ALP U/l PR 59.46 b 5746 a 56.72 PL 5343 52.73 52.52 GOT U/l PR 66.19 ab 69.41 b 63.40 PL 71.78 69.95 70.03 GOT U/l PR 26.70 26.11 26.80 PL 30.85 a 30.00 a 31.83 Latte - Milk kg/d PR 30.15 30.22 30.22 PL 38.71 b 3798 b 37.65 Ingestione - Intake kg/d 40.1 38.5 39.7 Le lettere a destra dei valori indicano differenze sulle righe (P<0.05) Letters on the right of values indicate differences on rows (P<0.05) a a b a Nella tabella 2 vengono riportati i risultati ottenuti in seguito alla formazione dei nuovi gruppi di animali, riportando in essa i valori ottenuti nella formazione dei gruppi in preparazione alla prova 2 e 3. La formazione dei gruppi ha comportato una riduzione 87 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 dell’ingestione di alimenti che, al 3° giorno, è risultata del 4%; il recupero tuttavia è stato rapido e pressoché completo dopo 7 giorni. Nonostante la riduzione dell’ingestione, la produzione di latte è diminuita in maniera modesta e in modo significativo solo nelle pluripare. Il calo di ingestione può aver contribuito, almeno in parte, a spiegare la diminuzione della ALP riscontrata in maniera significativa solo nelle primipare al 3° giorno. Tuttavia anche nel controllo successivo, quando l’ingestione di alimenti si è ripresa, i valori di ALP sono ulteriormente diminuiti indicando che altri meccanismi sono coinvolti. Comportamento altalenante si è riscontrato nella GOT che inizialmente è aumentata nelle primipare per poi diminuire all’ultimo controllo. Tabella 3. Valori di alcuni enzimi ematici, della produzione di latte e dell’ingestione nelle bovine del gruppo controllo (CO) o sottoposte a cambiamento di gruppo ogni 7 giorni per 4 cicli consecutivi (C7) ed ogni 14 giorni per due cicli consecutivi (C 14). Table 3. Values of some blood enzymes, milk yield and feed intake in cows of control group (CO) and in cows moved every 7 days for 4 consecutive cycles (C7) and every 14 days for 2 consecutive cycles (C14). 0 Days from change of group (C14) 0 ALP U/l CO a43.01 C7 c55.01 C14 b50.80 GOT U/l CO b73.00 C7 a64.32 C14 a65.35 GGT U/l CO a31.70 C7 b34.56 C14 b34.58 Latte-Milk kg/d CO a35.10 C7 b38.07 C14 b37.33 Ingestione kg/d CO 39.7 Intake C7+C14 40.0 Giorni dal cambio gruppo (C7) 3 3 a42.77 c55.30 b49.62 b78.63 a65.18 a64.57 a31.32 b34.11 b33.81 a35.17 a36.81 a36.22 38.9 38.6 7 7 a43.57 b53.63 b50.40 b87.88 a67.80 a72.78 a33.35 a34.50 a34.55 a34.13 b36.73 ab35.70 40.1 39.0 3 10 a45.06 b55.75 b54.40 b82.65 a70.63 a72.57 a33.60 ab35.51 b36.52 a33.49 a35.00 a34.17 38.1 36.4 7 14 a46.22 b53.01 b53.22 b74.42 a64.08 a64.52 a32.00 b34.58 b35.18 a35.13 a35.30 a35.44 42.9 40.3 3 3 a46.97 b57.45 b55.93 b75.60 ab70.88 a67.25 a31.37 b35.25 b34.87 a35.22 a34.47 a35.24 41.8 40.0 7 7 a49.21 b58.76 b57.93 a73.65 a69.08 a69.03 a31.08 b34.70 b34.66 a36.13 a36.73 a35.46 42.0 41.2 3 10 a45.47 b58.50 b56.27 a72.45 a71.30 a71.55 a29.97 b33.33 b33.88 a35.26 a36.41 a35.86 39.5 39.5 7 14 a42.61 b53.79 b50.78 b76.02 ab69.07 a67.38 a30.15 b33.35 b33.87 a34.73 a34.98 a36.08 42.4 41.4 Le lettere a sinistra dei valori indicano differenze sulle colonne (P<0.05) Letters on the left of values indicate differences on columns (P<0.05) Nella tabella 3 vengono riportati i valori riscontrati nella 2a prova con i frequenti spostamenti di gruppo. Anche in questo caso si riscontra, nelle bovine sottoposte a cambi di gruppo ogni 7 (C7) ed ogni 14 giorni (C 14), una riduzione dell’ingestione di alimenti. In questa prova si è osservata anche una diminuzione significativa della produzione di latte che è risultata più evidente nelle primipare. I valori di GOT sono diminuiti, dopo un aumento iniziale, nel controllo mentre nelle bovine sottoposte a frequenti cambiamenti di gruppo sono tendenzialmente aumentati anche se non maniera progressiva e continua. Un aumento dei valori di GOT è stato riscontrato anche da Minton e coll. (1995) in agnelli sottoposti a stress da isolamento. E’ probabile che queste condizioni di stress comportino, attraverso una mediazione ormonale, un aumento della GOT di origine muscolare. 88 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 I valori di GGT non sono variati in maniera apprezzabile mentre la ALP è diminuita nei gruppi C7 e CI4 solamente nei primi controlli dopo i primi 2 cambi di gruppo per C7 e dopo il primo cambio di gruppo per C14. Successivamente i valori sono aumentati in entrambi i gruppi. La riduzione di ALP, riscontrata anche da Minton e coll. (1995) in agnelli sottoposti a stress da isolamento, può trovare spiegazione solo in parte nella riduzione dell’ingestione di alimenti. Nella tabella 4 vengono riportati i risultati ottenuti nella 3a prova, con la prova del sovraffollamento. Le condizioni di sovraffollamento, anche se rilevanti (18% in meno come posti in mangiatoia e 25% in meno nelle cuccette), hanno comportato una modesta riduzione dell’ingestione di alimenti che si è riscontrata solo nella prima settimana. In seguito, forse anche per l’adattamento degli animali alla nuova situazione, le differenze fra gruppo di controllo e sovraffollato sono pressoché scomparse. Anche la produzione si è ridotta in maniera modesta nel gruppo sovraffollato con una diversa risposta fra primipare e pluripare: le prime hanno mostrato una minore tenuta rispetto al controllo mentre nelle pluripare le differenze fra controllo e sovraffollato sono sempre state limitate e talora a favore di un gruppo e talora a favore dell’altro. A livello di enzimi si è osservato un aumento della GOT in tutti i gruppi, aumento che è risultato più evidente negli animali del gruppo sovraffollato e le variazioni sono risultate significative solo nelle primipare del gruppo sovraffollato. La GGT non è variata in maniera significativa mentre la ALP è risultata mediamente più bassa nel gruppo sovraffollato. Le differenze sono risultate significative solo per le primipare, dove peraltro i valori sono aumentati nel controllo mentre nel gruppo sovraffollato sono rimasti pressoché costanti. Tabella 4. Andamento di alcuni enzimi ematici, della produzione di latte e dell’ingestione di alimenti in bovine dei gruppi controllo (C) e sovraffollato (S). Table 4. Pattern of some blood enzymes, daily milk yield and daily feed intake in cows of control (C) and overcrowded (S) groups. giorni dall’inizio-days from start ALP U/l GOT U/l GGT U/l Latte - Milk kg/d Ingestione Intake kg/d C S C S C S C S C S 0 59.81a 60.38 64.81a 63.40a b 26.29 a 24.74 323b 32.1c 40.3 40.4 3 62.07ab 61 12 64.97ab 64.86ab 26.25 25.20 30.4a 30.8ab 41.6 41.2 7 b 63,64 bt c 59.58 67.18ab 66.56ab 26.11 25.14 31.2 ab 31.7 bc 42.0 41.8 14 b 66.07c a 60.65 68.01b 66.97b 25.74 25.54 30.7a 30.1a 41.1 41.5 valore medio mean value 21 65.23bc 62.52 67.90ab 67.44b 26.44 25.35 31.3ab 30.8ab 43.8 43.4 6336 6085 66.57 65.84 26.17 25 19 31.2 31.1 41.7 41.7 Le lettere a sinistra dei valori indicano differenze sulle colonne, a destra differenze sulle righe (P<0 05) Letters on the left of values indicate differences on columns, on the right differences on rows (P<0 05) 89 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 CONCLUSIONI Dai risultati esposti possiamo concludere che le condizioni di clima caldo comportano una drastica riduzione della fosfatasi alcalina che risulta spiegabile solo in parte dalla riduzione di ingestione. Le forme di stress di tipo psicogenico sembrano comportare anch’esse una diminuzione della ALP ed un tendenziale aumento della GOT. A queste forme di stress (cambio di gruppo, sovraffollamento) sono più sensibili le primipare dove, accanto a queste variazioni, si riscontra anche una maggiore diminuzione della produzione di latte. Emerge quindi l’utilità di allevare le primipare, dove le condizioni di allevamento lo consentono, in un gruppo separato dalle pluripare, tenendo presente che questi eventi stressanti possono essere ben più deleteri se avvengono nel periodo peripartale. Dai nostri risultati possiamo quindi concludere che questi parametri possono contribuire, insieme ad altri indici, a monitorare le condizioni di benessere delle bovine, tenendo presente che le loro variazioni sono influenzate da numerosi altri fattori. RINGRAZIAMENTI Ricerca realizzata con il contributo della Regione Emilia Romagna. BIBLIOGRAFIA Calamari L., Calegari F., Maianti M.G., Abeni F., Cappa V. (1996). Variazioni dell’attitudine alla coagulazione del latte in bovine Frisone primipare e pluripare nel periodo estivo. “Atti della Società Italiana delle Scienze Veterinarie”, 491-492. Dirksen G. (1992). Control of production disease in dairy cows in a changing agriculutral environment. Proc. VIII Int. Conf. “Production Diseases in Farm Animals”, Berna, 271-282. Duncan I.J.H., Fraser D. (1997). Understanding animal welfare. In: M.C. Appleby, B.O. Hughes “Animal welfare”, ACB Int., UK. Minton J.E., Apple J.K., Parson K.M., Blecha F. (1994). Stress-associated concentrations of plasma cortisol cannot account for reduce lymphocyte function and changes in serum enzymes in lambs exposed to restraint and isolation stress. “J. Anim. Sci.” 73, 812-817. Moberg G.P. (1985). Biological response to stress: key to assessment of animal wellbeing? In: Moberg G.P. (ed.) “Animal stress”, American Physiological Society, Bethesda, 27-49. Ronchi B., Bernabucci U., Lacetera N., Nardone A. (1997). Effetti dello stress termico sullo stato metabolico- nutrizionale di vacche Frisone in lattazione. “Zoot. Nutr. Anim.”, 23, 3-15. 90 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 EFFETTI DELLE CONDIZIONI DI CLIMA CALDO-UMIDO SULLE CARATTERISTICHE DI COAGULAZIONE DEL LATTE PRODOTTO DURANTE L’ESTATE 1998 E RAPPORTI CON IL TIPO DI STABULAZIONE NELL’ALLEVAMENTO DI VACCHE DI RAZZA FRISONA 1 Andrea Summer2 , Paolo Formaggioni2 , Flavio Tosi3 , Enrico Fossa4 , Primo Mariani5 RIASSUNTO: Sono state studiate le variazioni stagionali delle caratteristiche di coagulazione del latte prodotto durante il 1998 presso allevamenti della pianura parmense e destinato alla trasformazione in Parmigiano-Reggiano. L’indagine è stata condotta su 528 campioni di latte di massa di 44 allevamenti di vacche di razza Frisona, equamente ripartiti tra stabulazione fissa e libera, controllati mensilmente da gennaio a dicembre. Le caratteristiche di coagulazione, rilevate mediante Formagraph, si modificano significativamente (P<0,0001) nel corso dell’anno per effetto delle variazioni dello stato fisiologico delle bovine e delle condizioni alimentari e climatiche. In agosto si registrano i valori medi mensili più elevati, rispetto alla media annua, sia per il tempo di coagulazione del latte (21,2 vs 18,8 min), che per il tempo di rassodamento del coagulo (21,8 vs 15,8 min); conseguentemente il latte prodotto in agosto fornisce i coaguli dotati di minore consistenza (as30 = 10,2 vs 17,2 mm; a1/2r = 10,7 vs 14,2 mm). Nello stesso mese si osservano i valori più bassi di caseina (2,34 vs 2,42 %) e di acidità titolabile (3,18 vs 3,28 °SH/50 ml), parametro quest’ultimo che risulta influenzato significativamente anche dal tipo di stabulazione (3,11 fissa vs 3,25 libera; °SH/50 ml; P<0,01). Il latte prodotto negli allevamenti a stabulazione libera presenta, anche durante il periodo estivo, migliori caratteristiche di coagulazione rispetto a quello degli allevamenti a stabulazione fissa. PAROLE CHIAVE: Vacche Frisone, produzione latte, clima caldo umido, tipo di stabulazione, coagulazione presamica, tempo rassodamento coagulo, consistenza coagulo. ___________________________ 1 Lavoro eseguito nell’ambito del programma di sperimentazione della regione Emilia -Romagna, con il coordinamento tecnico-organizzativo del Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) di Reggio Emilia. 2 Borsista CRPA, Istituto di Zootecnica, Alimentazione e Nutrizione, Università degli Studi, Via del Taglio 8, 43100 Parma. 3 Tecnologo caseario, Centro Lattiera Caseario, via Torelli 17, 43100 Parma. Direttore, Ibidem. 5 Professore Associato, Istituto di Zootecnica, Alimentazione e Nutrizione, Parma. 91 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 EFFECTS OF THE HOT-MOIST CLIMATE ON RENNET-COAGULATION PROPERTIES OF MILK PRODUCED DURING SUMMER MONTHS OF 1998 AND RELATIONSHIPS WITH THE HOUSING SYSTEMS IN THE REARING OF ITALIAN FRIESIAN COWS SUMMARY: Seasonal variations of rennet-coagulation properties of milk produced during the year 1998 in Parma province plain dairy herds and destined for ParmigianoReggiano cheese production were studied. The research was carried out on 528 bulk milk samples from Italian Friesian cows reared in 44 dairy herds, equally distributed between tie-stall and free-stall, monthly collected from January to December. Rennetcoagulation properties, analysed by Formagraph, vary significantly (PO.0001) during the year because of the changes of the physiological state of the cows and of the nutritional and climatic conditions. Average monthly values, compared with the average value of the year, result highest in August, both for clotting time (21.2 vs 18.8 min) both for curd firming time (21.8 vs 15.8 min); therefore milk produced in August gives the worst values of curd firmness (as30 = 10.2 vs 17.2 mm; a1/2r = 10.7 vs 14.2 mm). In the same month, casein (2.34 vs 2.42 %) and titratable acidity (3.18 vs 3.28 °SH/50 ml) result lowest; this last parameter is also significantly affected by the housing system (3.11 for tie-stall vs 3.25 for free-stall; °SH/50 ml; P<0.01). Milk produced in free-stall herds reveals, also during Summer months, better rennet-coagulation properties compared with that produced in tie-stall herds. KEY WORDS: Friesian dairy cows, milk yield, hot-moist climate, housing systems, milk rennet-coagulation, curd firming time, curd firmness. PREMESSA Le condizioni climatiche influiscono sullo stato di benessere della vacca da latte, condizionandone in misura più o meno significativa le prestazioni produttive, non soltanto sotto il profilo quantitativo ma anche qualitativo (1-4). L’eccezionale sforzo metabolico, caratteristico di tale produzione, proporzionale all’entità della stessa, comporta la necessità di una notevole dispersione di calore nell’ambiente, funzionale al mantenimento della temperatura corporea (5-7). Temperature ambientali elevate, specie se abbinate ad eccessiva umidità, determinano sensibili modificazioni a livello dei principali parametri fisiologici dell’animale e importanti variazioni a carico del metabolismo energetico, proteico e minerale (8-12). Si riduce il rendimento produttivo dell’energia netta, diminuisce l’ingestione di sostanza secca, aumenta il consumo di acqua, peggiora sensibilmente l’efficienza nella utilizzazione dei nutrienti, insorgono fatti dismetabolici conseguenti alla iperventilazione polmonare, etc., tutte condizioni che si ripercuotono negativamente sulle capacità produttive della vacca da latte (13-16). Le cond izioni climatiche, in combinazione con fattori di ordine fisiologico ed alimentare, concorrono in misura importante alla definizione di significative variazioni stagionali dei costituenti organici ed inorganici del latte (17-19), che si riflettono sul suo comportamento tecnologico in diversi processi di trasformazione (20-23) ed acquistano un significato del tutto particolare nei riguardi delle produzioni casearie, specie se 92 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 contraddistinte da peculiari requisiti qualitativi (24). Sotto questo profilo, anche nelle zone a clima temperato, in condizioni di caldo- umido, come si verifica durante l’estate nei territori della Pianura Padana, si possono registrare effetti talvolta significativi a carico delle caratteristiche tecnologico-casearie del latte (25), specie con riferimento alla sua reattività nei confronti del caglio (26-33), con importanti ripercussioni sulla qualità di numerose varietà di formaggio, in particolare di quelle a pasta dura (25). Lo scopo di questo lavoro è stato quello di studiare le variazioni delle principali caratteristiche di coagulazione del latte in rapporto alle condizioni ambientali sfavorevoli di clima caldo-umido che nella zona di produzione del ParmigianoReggiano hanno contraddistinto i mesi estivi nel corso del 1998. MATERIALI E METODI La ricerca è stata condotta su 528 campioni di latte di massa di singoli allevamenti di vacche di razza Frisona. Il latte di ciascun allevamento è stato prelevato con cadenza mensile da gennaio a dicembre 1998. Nella figura 1 sono raccolti i valori mensili riguardanti la temperatura massima e la tensione del vapore acqueo registrati nel corso dell’anno, posti a confronto con quelli degli anni 1968÷97; i valori “indice temperatura umidità” (TH1) sono stati ricavati secondo Kelly e Bond (34). Sono state prese in esame 44 aziende, conferenti di 5 caseifici produttori di ParmigianoReggiano, dislocate sul territorio di 4 diversi comuni della media e bassa pianura in provincia di Parma. L’indagine ha interessato 22 allevamenti a stabulazione fissa (7 di tipo tradizionale e 15 moderna) ed altrettanti allevamenti a stabulazione libera (11 tipo lettiera permanente ella cuccette). I primi, di consistenza variabile tra 20 e 80 vacche (34,2 ± 13,7), costituiscono un patrimonio di 752 capi in produzione; mentre gli allevamenti a stabulazione libera, di consistenza variabile tra 70 e 220 unità (117,2 ± 39,8), rappresentano 2578 vacche, pressoché equamente ripartite tra “lettiera permanente” e “cuccette”. Sui campioni di latte di massa, rappresentativi della produzione della mungitura del mattino di ciascun allevamento, sono state effettuate le seguenti determinazioni: acidità, per titolazione di 50 mi di latte con idrossido di sodio 0,25N (35); parametri 93 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 lattodinamografici, secondo Annibaldi e coll. (36), con Formagraph; r = tempo di coagulazione; k2o = tempo di rassodamento del coagulo; a3 o=consistenza del coagulo misurata a 30 min dall’aggiunta del caglio; sul tracciato lattodinamografìco è stata misurata anche la consistenza (a) del coagulo aggiustata per il tempo di coagulazione (l/2r) (37); grasso e proteina, mediante letture nel medio infrarosso (38), con MilkoScan 134 A/B; caseina ricavata dalla proteina grezza x 0,77; cellule somatiche, mediante conteggio fluoro-opto-elettronico (39) con apparecchio Fossomatic 250. La significatività statistica delle differenze tra i valori medi mensili delle caratteristiche è stata saggiata mediante analisi della varianza con verifica (test di Bartlett) della omogeneità delle varianze. RISULTATI E DISCUSSIONE I risultati sono riportati nelle tabelle 1 e 2 e in parte illustrati nelle figure 1-4. Nel corso del 1998 le condizioni climatiche dei mesi estivi sono tali da risultare particolarmente sfavorevoli per l’allevamento della vacca da latte (9) a paragone di quelle medie del trentennio 1968-’97 (Fig. l). Nei mesi di giugno, luglio e agosto le temperature massime risultano in media più elevate di almeno 2°C. Gli scarti maggiori si registrano in corrispondenza della terza decade di giugno (32,8 vs 29,0 °C) e di luglio (34,7 vs 31,3 °C) e le prime due decadi di agosto (33,5 vs 31,2 °C; 33,9 vs 30,3 °C). Tabella 1. Valori medi mensili delle caratteristiche di coagulazione del latte durante l’anno 1998 (44 allevamenti; 12 prelievi per allevamento; 528 latti di stalla). Table I. Monthly mean values of rennet- coagulation properties of the milk during 1998 (44 herds; 12 samplings per herd; 528 herd milk samples). MesiMonths (1) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 P min 17,5 18,7 17,3 17,5 17,8 18,4 20,7 21,2 19,1 19,0 18,9 19,5 **** k20(2) min 10,9 13,2 13,2 16,0 14,0 20,9 18,2 21,8 18,4 13,0 12,8 16,7 **** a30(3) mm a,/2r(4) mm 22,7 19,1 20,2 18,4 19,4 13,8 13,4 10,2 15,1 19,0 19,0 16,0 **** r 16,9 15,9 14,7 14,0 14,5 11,7 12,5 10,7 13,3 16,2 16,1 14,1 **** A.T(5) °SH/50 3,33 3,34 3,27 3,28 3,26 3,30 3,25 3,18 3,29 3,24 3,27 3,34 **** C.S.(6) 103 /ml 279 (7) Cas. % Gra(8) % 301 305 297 363 340 395 406 405 371 322 269 ** 2,47 2,44 2,40 2,40 2,38 2,35 2,36 2,34 2,41 2,49 2,52 2,51 **** 3,61 3,56 3,48 3,45 3,45 3,36 3,38 3,37 3,39 3,60 3,67 3,65 **** (l) Note - Notes: Tempo coagulazione - Clotting time,(2) T. rassodamento - Curd firming time, (3) Consistenza coagulo - Curd firmness; (4)Cons. coagulo - Curd firmness; (5) Acidità titolabile - Titratable acidity; (6)Cellule somatiche - Somatic cells; (7)Caseina Casein;(8) Grasso - Fat. ** P<0,01; **** P<0,0001 94 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Lo stesso si verifica per quanto riguarda la tensione del vapore acqueo, che raggiunge i valori e gli scarti massimi durante la terza decade di luglio (16,9 vs 14,8 mm Hg) e la seconda di agosto (16,8 vs 14,8 mm Hg). In corrispondenza di queste fasi stagionali si registrano valori di THI pari a 85, particolarmente sfavorevoli per lo stato metaboliconutrizionale della vacca da latte (4), superiori di ben 4 unità a quelli di confronto e nettamente più elevati rispetto ai valori che configurano lo stato di benessere dell’animale (max. 70÷72); lo scarto massimo corrisponde alla terza decade di giugno (83 vs 78 THI). a) Caratteristiche di coagulazione del latte prodotto durante i mesi caldi. - Nel corso dell’anno tutti i parametri lattodinamografici si modificano in maniera statisticamente significativa (Tab.l). Le variazioni più importanti si osservano in corrispondenza dei mesi caldo-umidi, soprattutto a carico del tempo di rassodamento e della consistenza del coagulo, caratteristiche tra loro strettamente correlate in maniera negativa (40). Nei mesi di luglio e di agosto il tempo di coagulazione aumenta in misura sensibile, raggiungendo valori di 20,7 e di 21,2 min, più elevati rispettivamente del 9,9% e del 12,9% nei confronti di quello medio annuo, pari a 18,8 min (Fig.2). Tale variazione trova una spiegazione nella diminuzione dell’acidità titolabile, diminuzione che in corrispondenza del mese di agosto risulta piuttosto marcata (Tab. 1). Figura 2. Valori medi mensili delle caratteristiche di coagulazione del latte durante l’anno 1998 (44 allevamenti; 12 prelievi per allevamento; 528 latti di stalla). Figure 2. Monthly mean values of rennet- coagulation properties of the milk during 1998 (44 herds; 12 samplings per herd; 528 herd milk samples). See notes table 1. Il latte prodotto in agosto fa registrare un tempo di rassodamento particolarmente lungo (21,8 min), precisamente del 38,5 % superiore rispetto a quello medio annuo (15,8 min), a significare una scarsa capacità di aggregazione delle micelle di para-caseina e, quindi, una lenta formazione del coagulo. Il fenomeno appare in gran parte legato alla ridotta acidità del latte (Tab. l), nonché ad una minore disponibilità di calcio sotto forma ionica e di para-k-caseina, fattori che incidono significativamente sulla velocità di formazione del reticolo caseinico (41). Si tratta di condizioni anomale, molto probabilmente rapportabili a modificazioni dello stato metabolico- nutrizionale delle bovine (42, 43), 95 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 conseguenti all’influenza del clima particolarmente sfavorevole (4, 25) che caratterizza questo periodo stagionale. L’anomalia a carico del tempo di rassodamento del coagulo, che si evidenzia già a partire dal mese di giugno (Fig. 2), tende a caratterizzare anche il mese di luglio e a perdurare in settembre. Rilevanti sono i riflessi sulla consistenza del coagulo misurata a 30 min dall’aggiunta del caglio, nonostante le variazioni relativamente modeste del contenuto in caseina del latte (Tab. l). Il latte prodotto in agosto fornisce un coagulo fortemente anomalo, dotato di scarsa consistenza (10,2 mm), del 40,7 % inferiore rispetto alla media annua (17,2 mm). Anche i latti di giugno, luglio e in parte quello di settembre forniscono coaguli parimenti deboli (Fig. 2). L’effetto negativo trova conferma nell’andamento della consistenza del coagulo (a) aggiustata per il tempo di coagulazione (1/2 r), i cui valori, in agosto, risultano piuttosto bassi (10,7 mm), del 24,7 % inferiori rispetto alla media annua (14,2 mm); una situazione analoga si registra anche nei mesi di giugno e di luglio. Tabella 2. Caratteristiche di coagulazio ne del latte prodotto in 22 stalle a stabulazione fissa - F e in 22 stalle a stabulazione libera - L. 12 prelievi per allevamento. Table 2. Rennet-coagulation properties of the milk produced in 22 tie-stall barns - F and in 22 free-stall barns - L. 12 samplings per herd. Mesi Months 1 r(1) F 17,5 19,1 17,6 17,8 17,8 18,2 20,9 21,4 19,6 18,8 19,4 20,0 19,0 min L 17,5 18,3 17,0 17,2 17,7 18,7 20,4 21,0 18,6 19,1 18,3 19,0 18,6 F 11,6 14,5 14,8 16,7 14,2 21,0 19,3 21,5 21,1 14,1 14,1 16,2 16,6 min L 10,3 11,9 11,7 15,3 13,8 20,8 17,1 22,2 15,8 12,0 11,5 17,2 15,0 k20 (2) (3) a30 F a½r 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 X 21,8 17,8 18,4 17,3 19,1 13,9 12,5 10,0 12,8 17,9 17,1 15,2 16,2 mm L 23,6 20,3 22,0 19,5 19,7 13,7 14,3 10,3 17,4 20,0 20,9 16,8 18,2 F 16,3 15,4 13,7 13,5 14,3 11,5 11,7 10,8 12,1 15,2 15,5 14,1 13,7 mm L 17,6 16,5 15,8 14,4 14,6 12,0 13,3 10,6 14,5 17,3 16,8 14,1 14,8 (4) A.T. 2 (5) F 3,26 3,26 3,21 °SH/5 L 0 3,40 3,41 3,34 C.S. (6) F 3,21 3,20 3,23 3,18 3,11 3,22 3,16 3,20 3,25 3,21 3,35 3,31 3,38 3,31 3,25 3,35 3,32 3,34 3,42 3,35 322 340 372 325 442 372 456 466 497 476 395 295 396 10 /ml L 237 262 238 268 283 308 334 346 313 267 250 243 279 3 Cas. (7) (8) Gra F F 2,43 2,40 2,36 2,36 2,36 2,32 2,35 2,32 2,39 2,45 2,48 2,47 2,39 %L 2,50 2,48 2,44 2,45 2,40 2,38 2,37 2,36 2,44 2,52 2,56 2,56 2,45 3,69 3,63 3,55 3,53 3,52 3,43 3,47 3,43 3,46 3,67 3,74 3,67 3,57 %L 3,53 3,48 3,40 3,38 3,38 3,30 3,28 3,32 3,32 3,52 3,60 3,63 3,43 Note - Notes: Vedi note tabella 1 - See notes of table 1. Le variazioni stagionali delle caratteristiche di coagulazione del latte, specie con 96 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 riferimento al periodo estivo, risultano in accordo con quanto osservato in altre ricerche (26, 28-30, 44, 45). Gli effetti negativi più marcati delle condizioni di caldo-umido del 1998 si possono confrontare con gli analoghi andamenti riportati da Mariani e coll.. (33), specie con riferimento al tempo di coagulazione del latte. b) Confronto tra stabulazione fìssa e libera. - II latte prodotto negli allevamenti a stabulazione libera (L), leggermente più provvisto di caseina e dotato di un maggior grado di acidità titolabile, presenta migliori caratteristiche di coagulazione presamica rispetto a quello degli allevamenti a stabulazione fissa (F) (Tab. 2). Il fenomeno si osserva anche durante i mesi estivi, ma soltanto parzialmente in agosto; in giugno non si notano differenze degne di rilievo. Nei mesi di luglio, agosto e settembre il latte delle vacche allevate in stabulazione libera tende ad essere più reattivo con il caglio (20,6 F vs 20,0 L; min) ma in maniera statisticamente non significativa (Fig. 3). Anche il tempo di rassodamento del coagulo risulta mediamente più favorevole al latte della stabulazione libera (20,6 F vs 18,3 L; min; P<0,05), così come si verifica per la consistenza del coagulo misurata a 30 min dall’aggiunta del caglio (11,8 F vs 14,0 L; mm; P<0,05). Figura 3. Caratteristiche di coagulazione del latte prodotto in 22 stalle a stabulazione fissa - F e in 22 stalle a stabulazione libera - L. 12 prelievi per allevamento. Figure 3. Rennet-coagulation properties of the milk produced in 22 tie-stall barns - F and in 22 free-stall barns - L. 12 samplings per herd. See notes table 1. Queste specifiche differenze, peraltro di pari entità rispetto a quelle che si osservano anche nel corso dell’inverno (Fig. 3), appaiono con ogni probabilità in buona misura rapportabili alle condizioni climatiche relativamente migliori che durante il periodo estivo si stabiliscono nella stabulazione libera, condizioni più favorevoli per la vacca in piena produzione lattea rispetto a quelle della stabulazione fissa. Sotto questo profilo, i dati raccolti prospettano alcune differenze anche tra allevamento tipo “lettiera permanente” (Llp) e a “cuccette” (Lc), proprio in corrispondenza dei mesi caldi, differenze in base alle quali le vacche allevate nelle cuccette sembrano in grado di tollerare in misura maggiore le sfavorevoli condizioni ambientali di caldo- umido 97 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 rispetto a quelle mantenute su lettiera permanente (Fig.4). Figura 4. Caratteristiche del latte di 11 stalle a stabulazione libera su lettiera permanente Llp ella cuccette - Lc. 12 prelievi per allevamento. Vedi note tabella 1. Figure 4. Rennet-coagulation properties of the milk produced in different typology of free-stall barns: permanent Utter - Lip (n=l 1 herds) and cubicles - Lc (n=ll herds). 12 samplings per herd. See notes of table 1. Nel caso della lettiera permanente, infatti, nei mesi di luglio e agosto si registra un calo netto dell’acidità titolabile (3,25 Llp vs 3,32 Lc; °SH/50 ml) con riflessi negativi sul tempo di coagulazione del latte (21,9 Llp vs 19,5 Lc; min), sul tempo di rassodamento del coagulo (21,2 Llp vs 18,0 Lc; min) e sulla consistenza del coagulo (10,1 Llp vs 14,6 Lc; mm), più marcati rispetto a quelli che si osservano per la stabulazione libera a cuccette. Dal confronto non sono invece emerse differenze stagionali degne di rilievo tra stabulazione fissa tradizionale e moderna. CONCLUSIONI Dall’analisi dei risultati della ricerca si può trarre l’indicazione che le sfavorevoli condizioni climatiche di temperatura e di umidità, che solitamente contraddistinguono il periodo estivo nelle zone di pianura di produzione del Parmigiano-Reggiano ed in particolare quelle specifiche persistenti del 1998, appaiono in grado di influenzare il comportamento fisiologico della vacca in lattazione fino ad alterarne lo stato nutrizionale e metabolico in misura tale da ripercuotersi significativamente sulla reattività del latte nei confronti del caglio e quindi sulla sua attitudine casearia complessiva. Le condizioni di caldo- umido dell’estate 1998 rallentano in misura significativa anche la velocità della fase primaria della coagulazione, di natura prettamente enzimatica, oltre che, in particolar modo, la velocità di aggregazione delle micelle di para-caseina, fenomeno di natura fisico-chimica che caratterizza l’avvio della vera e propria coagulazione del latte. L’andamento decisamente anomalo di quest’ultima caratteristica 98 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 chiama in causa, in aggiunta alla diminuzione dell’acidità titolabile, anche l’intervento di possibili alterazioni a livello degli equilibri salini del latte. Il latte prodotto in agosto da origine a coaguli di ridottissima consistenza, molto probabilmente caratterizzati da una scarsa capacità di spurgo, destinati a dare masse caseose poco e non uniformemente disidratate, facilmente soggette a fermentazioni anomale. Le vacche tenute in stabulazione libera, probabilmente in rapporto ad una situazione ambientale relativamente più favorevole, producono un latte che, anche in condizioni di clima caldo-umido, manifesta caratteristiche di coagulazione leggermente migliori rispetto a quelle del latte delle vacche legate alla mangiatoia. Nel corso dell’estate 1998 le vacche allevate su lettiera permanente tendono a risentire maggiormente gli effetti negativi delle sfavorevoli condizioni climatiche rispetto a quelle delle stalle a cuccette. BIBLIOGRAFIA 1) Bianca W. (1965). Cattle in a hot environment. “J. Dairy Res.”, 32, 291-345. 2) Pan Y.S., McLean D.M., Graham E.R.B., Ellis N.J.S. (1978). Effect of heat stress on the protein composition and manufacturing properties of milk from two diverse breeds of dairy cattle. 20th Int. Dairy Congr., IE, 28-29. 3) Johnson H.D. (1987). Bioclimate effects on growth, reproduction and milk production. In: H.D. Johnson (ed.) “Bioclimatology and the adaptation of livestock”, 35-57. 4) Calamari L., Abeni F. (1995). Influenza dello stress termico sui parametri riproduttivi e produttivi della bovina da latte. In: C.E.R.A.S., A.A.S.V.T. e C.R.P.A. (ed.ri) “Vacca da latte e stress da caldo”, 4-65. 5) Thompson G.E. (1973). Climatic physiology of cattle. “J. 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Il Coefficiente di Benezra, dove sia la temperatura rettale che la frequenza respiratoria appaiono nel calcolo, è risultato inferiore nelle meticce, il che farebbe pensare ad una maggiore capacità di resistenza al caldo dovuta alla frazione di sangue CN. Le produzioni di latte mediamente sono risultate più basse (8 kg) di quelle della media nazionale di razza: 11,8 kg (3.600 kg. in 305 giorni, al 4% di grasso). Sempre la produzione di latte è apparsa influenzata, come del resto atteso, sia dai parametri climatici che da quelli fisiologici. PAROLE CHIAVE: benessere animale, clima tropicale, Girolando, Chianina OBSERVATIONS ON WELFARE AND PRODUCTION OF GIROLANDO DAIRY CATTLE AND Fl CHIANINA X GIROLANDO FEMALE REARED IN THE NORTH EAST OF BRAZIL SUMMARY: Physiological parameters of Girolando (GO) dairy cattle and Chianina (CN) x GO crossbred cattle during the chilliest and the warmest hours of the day have been recorded at the aim to test the influence of CN blood on animal’s adaptability to hot climate. Benezra coefficient resulted lower in the crossbred cattle, probably due to an higher hot resistance of CN crosses. Average milk production (8 kg/d) was generally lower than those reported for the breed (11.8 kg/d; 3,600 kg in 305 days; 4% fat). As expected, milk production seems to be influenced both from physiological and climatic parameters. KEYWORDS: animal welfare, tropical climate, Girolando, Chianina. ___________________________ 1 Professore associato. Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università di Firenze. Ricercatore confermato. Ibidem. 3 Assegnista di ricerca. Ibidem 4 .Dottorando di Ricerca. Ibidem. 5 Ricercatore. Ibidem. 6 Laureato collaboratore di ricerca. Ibidem. 7 Professore ordinario. Ibidem. 2 103 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 PREMESSA In molti paesi tropicali la produzione di latte viene attuata anche in regioni scarsamente vocate. D’altra parte un’elevata specializzazione produttiva contrasta con la resistenza agli stressori climatici; animali di alto valore genetico, in ambiente tropicale, raramente raggiungono il 50% del livello produttivo ottenibile dagli stessi in ambiente temperato o freddo. Nell’azione di miglioramento genetico è però in primo luogo necessario correlare le potenzialità produttive con la capacità di adattamento alle condizioni climatiche che, nella pratica, si traduce nell’utilizzazione di meticci di prima o seconda generazione o di popolazioni meticce stabilizzate tra genotipi migliorati e genotipi rustici (Williamson e Payne, 1978; Yousef 1985). Tra queste, nel nord del Brasile, viene impiegata la Girolando (GO) ottenuta da Gir e Pezzata Nera con diverse frazioni di sangue. Il sangue zebuino Gir assicura rusticità e resistenza al clima caldo, il sangue taurino garantisce buone produzioni di latte per le difficili condizioni tropicali. Anche se le produzioni sono molto basse per le medie europee (11,8 kg/d), oggi l’80% del latte prodotto in Brasile proviene da vacche GO. Il GO si è adattato facilmente al clima del Brasile, dove è stato creato, grazie alle proprie caratteristiche fisiologiche e morfologiche (Associazione Brasiliana di Allevatori di Girolando, 1999). Gli allevatori brasiliani definiscono il GO come produttore di latte per funzionalità e produttore di carne per adattabilità. Le femmine di GO possiedono caratteristiche fisiologiche e morfologiche buone per la produzione nei tropici (capacità e funzionalità delle mammelle, grandezza dei capezzoli, fattori intrinseci nella lattazione, pigmentazione del mantello, capacità di termoregolazione, appiombi e piedi forti, buona conversione alimentare, efficienza riproduttiva, ecc.). I maschi, per loro adattabilità (capacità di sfruttamento di pascoli grossolani, resistenza a malattie e parassiti), raggiungono performance comparabili a quelle di altri incroci tra razze taurine e razze zebuine o rustiche, a parità di condizioni di allevamento; queste, pur se soddisfacenti per l’ambiente difficile, sono comunque caratteristiche di bovini con scarsa attitudine alla produzione della carne data l’origine delle due razze impiegate, entrambe da latte. Le vacche GO spesso vengono inseminate con seme di razze da carne al fine di migliorare ancora la produzione di carne. Fra le razze utilizzate per l’incrocio c’è la Chianina (CN), caratterizzata da notevole rusticità e capacità di adattamento a condizioni climatiche difficili. Questa non è nuova della America Latina, ed ha dimostrato, in zone climatiche subtropicali di varie parti del Brasile, di poter essere tranquillamente allevata sia in purezza che in incrocio. Scopo della nostra ricerca è stato confrontare i parametri fisiologici di vacche GO pure con quelli di vacche meticce CNxGO, nell’ora più fredda ed in quella più calda della giornata al fine di saggiare l’influenza del sangue CN sulla resistenza allo stress termico. MATERIALI E METODI La ricerca ha riguardato 6 vacche GO (di 2°, 3° e 4° parto), e 6 vacche CNxGO (tutte di 1° parto) stabulate presso l’Azienda Agrozootecnica di Pacoti (Fortaleza, Cearà, Brasile), di proprietà del Collegio Piamarta di Brescia. Per i dettagli relativi alla descrizione dell’azienda si rimanda ad un precedente lavoro (Giorgetti e coll., 1999). Per quello che riguarda invece le strutture produttive aziendali per la produzione di latte, 104 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 va rilevato che queste sono senza dubbio di un livello superiore alla media delle aziende agricole della zona e comprendono ira l’altro 1 sala di mungitura del tipo a spina di pesce con 12 poste ed impianto Alfa Laval, 3 stalle aperte e 12 gabbie per lo svezzamento dei vitelli. L’azienda possiede inoltre locali per la trasformazione in cui vengono prodotti anche burro e formaggio. In totale in azienda sono presenti circa 525 capi bovini di cui 110 femmine GO (60 in produzione). Le GO pure vengono munte regolarmente 2 volte al giorno, le meticce F1 vengono talvolta munte, ma perlopiù il loro scopo è quello della produzione di vitelli. Tutti gli animali vengono tenuti al pascolo, dalla mungitura del mattino, fino alle 12, dopodiché ritornano nella stalla a stabulazione libera dell’Azienda. Qua gli animali hanno a disposizione Pennisetum purpureum trinciato, con l’aggiunta di cereali e di mangimi preparati nell’apposito locale aziendale. I rilievi sono stati effettuati da luglio a settembre 1997. In questo periodo, per 5 giorni alla settimana, alle 6 (ora più fredda), ed alle 14 (ora più calda), sono state rilevate la temperatura rettale (TR) e la temperatura superficiale (TS) mediante un termometro digitale a sonde intercambiabili, oltre alla frequenza respiratoria (FR) misurata mediante rilevazione a vista. Contemporaneamente sono state misurate la temperatura ambientale (TA) e l’umidità relativa (UR) mediante una centralina meteorologica portatile. La produzione lattea del mattino e della sera delle vacche GO è stata rilevata una volta alla settimana. Sono stati infine utilizzati due “indici di benessere”: il coefficiente calcolato mediante l’IBERIA HEAT TOLERANCE TEST (HTC) messo a punto da Rhoad (Rhoad, 1942, 1944), e il Coefficiente di Benezra (GB) (Benezra, 1952). I dati sono stati sottoposti ad analisi della varianza utilizzando la procedura GLM del SAS (SAS, 1988), considerando come fattori fissi il tipo genetico o i parti effettuati (solo per le vacche GO). La differenza fra le medie è stata saggiata col test di Duncan. Sono stati inoltre calcolati i coefficienti di correlazione (secondo Pearson), fra i diversi parametri ambientali ed i parametri fisiologici e di performance. RISULTATI E DISCUSSIONE La TA media registrata durante la prova, alle ore 6, ora più fredda della giornata, è risultata di 23,9 °C mentre la UA del 95,1 %. Alle ore 14, nell’ora più calda, la TA all’ombra è salita a 30,8 °C, e l’UA è scesa fino al 67,7 %. Nella tabella 1 sono riportati i risultati dell’ANOVA effettuata sui parametri fisioclimatici dei diversi tipi genetici. Fra le 6 le 14 le vacche GO e CNxGO hanno mostrato TS non significativamente differenti fra loro. Anche lo scarto fra i dati rilevati in questi due momenti è molto modesto perché al contrario degli altri animali dell’azienda, tenuti sempre al pascolo, alle 14 le vacche sono già ritornate da due ore alla stalla al riparo dei raggi diretti del sole. Le TR sia alle 6 che alle 14 appaiono significativamente inferiori nelle GO rispetto alle CNxGO, il che farebbe presupporre una maggiore resistenza al caldo della razza da latte. Le FR mostrano un andamento del tutto inverso. I meticci CNxGO hanno una frequenza respiratoria inferiore rispetto alle vacche GO pure, il sangue CN in questo incrocio parrebbe quindi avere un effetto inverso, cioè gli animali con sangue CN hanno bisogno di una FR inferiore per termoregolarsi. Lo studio del CB, nel cui calcolo entrano sia le TR che le FR, in questo caso aiuta a capire quali tipi genetici siano riusciti a termoregolarsi meglio. Mentre alle 105 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 6 non appaiono differenze significative, nell’ora più calda sono le meticce CNxGO che hanno mostrato maggiore resistenza al clima. Lo stesso si verifica nel calcolo del CB medio della giornata, dove sempre il sangue CN appare portare un miglioramento. Lo studio delle correlazioni tra TA ed UR, ed i parametri fisiologici delle GO (TS, TR, FR, CB, HTC) alle 6, fa riscontare poche influenze del clima sui parametri vitali (gì = 215). Infatti solo la TA (come nella Nellore) ha influenza negativa sulla TS (-0,13*), probabilmente a causa dell’aumento della traspirazione e/o sudorazione, e positiva sulla FR (+0,15*) ed il CB. Quest’ultimo dato indicherebbe che già al mattino l’animale deve ricorrere all’aumento della ventilazione polmonare per raffreddarsi. Alle 14 né TA, né UÀ sono correlate con qualche parametro. Le correlazioni calcolate per le vacche CNxGO (gl = 217) mostrano alla 6 un andamento simile alle GO pure, infatti TA è correlata positivamente sia con FR (+0,14*) che con CB (+0,26*). Questi animali mostrano inoltre correlazione negativa alle 14 fra UA, FR (-0,19*) e CB (-0,18), il che può indicare che diminuendo l’UA è più facile per questi animali abbassare la temperatura corporea aumentando la ventilazione polmonare. Nella tabella 2 vengono riportati i dati relativi all’analisi della varianza dei dati delle vacche GO, calcolati utilizzando come fattore fisso l’età degli animali espresse come secondo parto, terzo parto e quarto parto. Le vacche di secondo parto mostrano una T S alle 6 ed alle 14 significativamente inferiore rispetto alle più anziane, forse perché hanno una migliore capacità di abbassare la temperatura mediante la traspirazione/sudorazione cutanea. Questo potrebbe anche essere dovuto ad una maggiore presenza di grasso sottocutaneo nelle vecchie, e ad una minore presenza di lesioni da parassiti cutanei nelle giovani. Anche la FR ed il CB alle 6 e medio appaiono inferiori negli animali giovani, il che potrebbe stare ad indicare un miglior funzionamento dell’apparato respiratorio, forse a causa di una minore presenza di parassiti polmonari. Le TR, e quindi l’HTC, non appaiono influenzati dall’età degli animali. Nella tabella 3 vengono riportati i risultati dell’ANOVA delle produzioni di latte delle vacche GO calcolati considerando come fattore fisso il numero di parti. Le produzioni di latte non appaiono influenzate dall’età degli animali, anche se i più giovani ne producono un po’ meno (secondo parto kg 7.8 vs quarto parto kg 8,4). La produzione di latte del pomeriggio è sempre più bassa di quella del mattino. Da notare che le produzioni totali giornaliere che si ottengono da questi animali sono abbastanza basse (8 kg/d), rispetto a quelle medie nazionali che sono di 11,8 kg, 3600 kg in 305 giorni col 4% di grasso (Associazione Brasiliana di Allevatori di Girolando, 1999). Le correlazioni sono state calcolate per le GO fra la TA, la UA, la produzione di latte ed il numero di parti (gl = 59). La quantità di latte prodotta alle 6, risulta correlata negativamente con l’UA (-0,25*) che a quest’ora è altissima (circa 95%). Quella prodotta nell’ora più calda, invece, è correlata positivamente con la TS (+0,38**) e la FR (+0,27*), negativamente con la TR (-0,25*). Tutto questo a dimostrare di come risenta questo parametro delle variazioni fisiologiche e climatiche. In effetti, come già considerato, la produzione di latte nel pomeriggio è risultata sempre più bassa di quella del mattino. La correlazione positiva con la FR potrebbe indicare una reazione fisiologica positiva, legata alla capacità dell’animale di disperdere il calore con la ventilazione polmonare. La correlazione negativa con la TR potrebbe mostrare quanto la produzione di latte sia legata al benessere dell’animale. Il numero di parti, quindi l’età 106 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 della vacca, è correlato positivamente con TS alle 14 (+0,35**), il che potrebbe Sr pensare ad una diminuzione della capacità di disperdere il calore con la traspirazione/sudore, forse dovuta ad uno ispessimento della pelle o degli strati sottocutanei, od ad un incremento delle parassitosi cutanee. CONCLUSIONI Nel presente lavoro si sono confrontate vacche GO adulte (secondo, terzo e quarto parto) con vacche meticce CN x GO adulte, anche se più giovani (primo parto). Mentre le T S sono risultate comparabili ira vacche GO e CNxGO, gli altri risultati sono apparsi contraddittori perché TR è risultata inferiore nelle GO, ma FR è risultata inferiore nelle CNxGO. Una indicazione definitiva l’ha data il calcolo del CB (dove sia TR che FR appaiono nel calcolo), risultato inferiore nelle meticce, il che farebbe pensare ad una maggiore capacità di resistenza al caldo dovuta alla frazione di sangue CN. Questo fenomeno non appare strano, dato che le GO hanno solo una piccola parte di sangue zebuino, e che la Pezzata Nera non si adatta molto bene ai climi tropicali, mentre la CN è diffusa e ben apprezzata per la sua adattabilità in diverse regio ni calde. Interessanti sono state anche le osservazioni fatte sulle vacche GO e sulla loro produzione di latte. Gli animali più giovani hanno mostrato TS più bassa, ed anche FR è risultata inferiore. Le produzioni di latte mediamente sono risultate più basse (8 kg) di quelle della media nazionale di razza. Sempre la produzione di latte è apparsa influenzata, come del resto atteso, sia dai parametri climatici (UR, TA, ora in cui le vacche venivano munte), che da quelli fisiologici (TR, FR). Tutti questi risultati spingono ad approfondire le ricerche in questo campo, perché la possibilità di migliorare la capacità di termotolleranza, e quindi il benessere degli animali che debbono produrre latte ai tropici, risulta di prioritaria importanza per l’economia di queste regioni. RINGRAZIAMENTI Lavoro eseguito con Cofinanziamento MURST 1996 e 1997 “Adattamento e tolleranza di genotipi bovini nazionali da carne a stressori climatico - ambientali” responsabile prof. Giorgetti, e con una ricerca finanziata con Fond i di Ateneo 1996 “Messa a punto di un nuovo indice di termotolleranza adatta a valutare l’influenza del clima nella produzione di latte in zone tropicali e subtropicali” responsabile prof. Martini. 107 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 BIBLIOGRAFIA Associazione Brasiliana di Allevatori di Girolando (1999). URL: www.mednet.com.br/empresas/girolando/ Benezra R.M.V. (1952). A new formula for measuring the adaptability of cattle in tropical environments. “Rev. Fac. Ing. Agr. (Maracay)”, 1, 69 - 78. Giorgetti A., Martini A., Bozzi R., Rondina D., Biffani S., Sargentini C., Nur AH D. (1999). Osservazioni riguardanti il benessere e le produzioni di vacche Nellore, e vitelli F1 ed F2 Chianino x Nellore allevati nel nord est del Brasile. “Convegno Nazionale Parliamo di... benessere e allevamento animale”. Fossano (Cuneo), 14-15 ottobre. Giorgetti A., Martini A., Ponzetta M.P. (1991). Rilievi fisioclimatici nella razza Chianina allevata in provincia di Siena: Primi Risultati. “Atti del V Congresso Internazionale della Razza Chianina”, 232. Lupi P., Martini A., Giorgetti A., Ponzetta M.P. (1990). 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All genetic types. glr = TS TS TR TR FR FR CB ore 6 ore 14 ore 6 ore 14 ore 6 ore 14 ore 6 430 6 am 2 pm 6 am 2 pm 6 am 2 pm 6 am °C °C °C °C n/min n/min GO CNxOO sign. c.v. % 32.3 32.3 ns 5,32 33.7 33.8 ns 2,91 38.9B 39A * 1,84 39.1B 39.3A ** 1,73 32.8A 29.4B *** 16,7 35.8A 33.3B *** 17,37 2.4 2.3 ns 23,81 CB CB HTC ore 14 Medio 2 pm average 2.6A 2.5B *** 10,38 2.5A 2.4B ### 13,02 87.9A 85B ** 12,98 TS = temperatura superficiale; TR = temperatura rettale; FR = frequenza respiratoria; CB = Coefficiente di Benezra; HTC = coefficiente dell’Iberian Heat Tolerance Test. TS = skin temperature; TR = rectal temperature; FR = respiratory frequency; CB = Benezra coefficient; HTC = heat tolerance coefficient. Lettere diverse sulla stessa colonna indicano differenze significative per P <0.05. Different letters in the same column show differences for P 0.05 ns = non significativo; *= P 0.05; **= P 0.01; *** = P 0.001 ns = not significant; *= P 0.05; **= P 0.01; *** = P 0.0 01 Tabella 2 - Risultati dell’ANOVA calcolata sulle GO. Parametri fisiologici. Table 2 - ANOVA analysis results calculated within GO. Physiological parameters. glr=57 TS TS TR ore 6 ore 14 ore 6 6 am 2 pm 6 am °C °C °C 2 PA 31.9B 33.2B 39.3 3 PA 32.6A 33.6AB 39 4 PA 32.6A 34.1A 39 sign. Ns * ns C.V.% 2,56 2,66 1,38 TR FR FR CB CB CB ore 14 ore 6 ore 14 ore 6 ore 14 medio 2 pm 6 am 2 pm 6 am 2 pm average °C n/min n/min. 39.3 29. 2B 34 2.3B 2.5 2.4B 39.1 35.2A 39 2.5A 2.7 2.6A 39.2 32.0AB 35.2 2.4AB 2.5 2.5AB ns ** ns ** ns ** 1,55 14,24 18,88 8,36 11,5 8,63 HTC 85.6 87.2 85.9 ns 0,86 PA = numero di parti PA = number of parities Tabella 3 - Risultati dell’ANOVA calcolata sulle GO. Produzione di latte. Table 3 - ANO’VA analysis results calculated within GO. Milk production. gir = 57 latte prodotto alle 6 latte prodotto alle 15 produzione media milk production milk production average milk at 6 am at 3 pm production kg kg kg 2 PA 3 PA 4 PA sign. C.V. % 4.7 4.7 4.8 ns 23,69 3.1 3.2 3.6 ns 32,07 109 3.8 4.0 4.2 ns 25,72 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 110 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 OSSERVAZIONI RIGUARDANTI IL BENESSERE E LE PRODUZIONI DI VACCHE NELLORE, E VITELLI F1 ED F2 CHIANINO X NELLORE ALLEVATI NEL NORD EST DEL BRASILE. Alessandro Giorgetti1 , Andrea Martini2 , Riccardo Bozzi3 , Davide Rondina , Stefano Biffani5 , Clara Sargentini6 , Diriye Nur Ali7 RIASSUNTO: La maggior parte delle razze tradizionali allevate nelle zone tropicali sono ben adattate all’ambiente, ma hanno un patrimonio genetico di scarso valore produttivo. Da qui il bisogno di migliorarlo, anche mediante incrocio con razze specializzate nella produzione di carne come la Chianina (CN), senza diminuirne la adattabilità. Scopo della ricerca è stato quello di confrontare parametri fisiologici di vacche Nellore (NL) con quelli di vitelli CNxNL e CNxCNxNL al fine di saggiare l’influenza del patrimonio genetico CN sulla adattabilità degli animali ai climi caldi. Le vacche NL hanno mostrato di avere una maggiore capacità di raffreddare la superficie cutanea, oltre ad una temperatura rettale ed una frequenza respiratoria mediamente più basse. Gli F1 e gli F2 hanno minore termotolleranza all’aumentare delle frazioni di sangue CN, mostrando però sempre una buona adattabilità ambientale. PAROLE CHIAVE: benessere animale, clima tropicale, Nellore, Chianina OBSERVATIONS ON WELFARE AND PRODUCTION OF NELLORE CATTLE AND Fl AND F2 CALVES OF CHIANINO X NELLORE REARED IN THE NORTH EAST OF BRAZIL SUMMARY: Several part of the traditional breeds reared in the tropical zones are well adapted to the environment, but they have a low genetic value. It exists, therefore, the need to improve, even with the cross-breeding system utilising specialised meat breeds as Chianina (CN), this genetic value without loss of adaptation ability. The aim of this work was to compare the physiological parameters of Nellore (NL) cattle with those of CNxNL calves and CNxCNxNL calves. As expected, NL cattle showed an higher ability to cool down its skin surface, and on average a lower rectal temperature and respiratory frequency. Fl and F2 calves presented decreasing thermotolerance as CN blood fraction increased, nevertheless they showed a good climate adaptability. KEYWORDS: animal welfare, tropical climate, Nellore, Chianina. ____________________________ 1 Professore ordinario. Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università di Firenze. Professore associato. Ibidem. 3 Ricercatore. Ibidem. 4 Assegnista di ricerca. Ibidem. 5 Dottorando di Ricerca. Ibidem. 6 Ricercatore confermato. Ibidem. 7 Laureato collaboratore di ricerca. Ibidem. 2 111 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 PREMESSA Nelle zone tropicali la produzione di carne bovina e molto importante per lo sfruttamento di temton talvolta inadatti a produzioni agricole di altro tipo. II clima e il maggiore fattore limitante ed in genere le performance che si riescono ad ottenere dagli animali non sono elevate se confrontate ai livelli europei, ma risultano lo stesso interessanti per le economie locali e per il fabbisogno alimentare della popolazione (Williamson e Payne, 1978). Nella America Latina i colonizzaton europei portarono con se soggetti appartenenti alle razze bovine ibenche. Nei secoli queste si adattarono al nuovo ambiente e dettero origine a popolazioni molto diverse tra loro a diversa attitudine, in genere scarsamente produttive, ma estremamente resistenti al clima ed alle malattie denominate genericamente “Criolle”. La introduzione di germoplasma alloctono continuo anche successivamente nel tentativo di migliorare la produzioni di carne prima con soggetti di razze specializzate di origine britannica e poi con il meticciamento, a partire dalla fine del secolo scorso, di razze zebume indiane, tra cui principalmente la Nellore (NL) conosciuta nel paese di origine come Ongole. La NL brasiliana e adesso molto diversa dalla razza originaria, avendo subito una notevole selezione per la produzione della carne, pur conservando notevoli caratteristiche di rusticità ed adattabilità all’ambiente In Brasile sui 160 milioni di capi bovini allevati nel 1995, 100 milioni erano NL, di cui 5 milioni puri ed iscritti al libro genealogico (Associazione degli Allevatori del Nellore del Brasile, 1999). Nella seconda meta di questo secolo, soprattutto nelle zone migliori del sud del Brasile, dove il clima e abbastanza temperato ed il foraggio e abbondante, si e cominciato a produrre incroci fra questa razza e razze bovine europee di maggiore mole e produttività con ottimi risultati. Negli ultimi anni si e tentato di introdurre questi incroci anche nel difficile ambiente nordestmo, dove il foraggio e più scarso, le piogge sono concentrate in una breve stagione, e la vicinanza dell’equatore fa si che la temperatura sia elevata e costante tutto l’anno. Tra le razze europee potenzialmente più interessanti menta di essere ricordata la Chianina (CN) la cui buo na combinabilità genetica con la NL è stata dimostrata da una sene di esperienze di incrocio iniziate negli anni ‘70 (Villares, 1975; Martini e coll., 1996, 1997; Funghi e coll., 1996). Le somiglianze tra alcune caratteristiche esteriori delle due razze concorrono a rendere più graditi agli allevatori, abituati ai NL, i soggetti meticci rispetto a quelli derivanti dall’incrocio con altre razze taurine. I soggetti d’incrocio per la produzione di carne devono risultare adattabili alle difficili condizioni climatiche, mantenendo uno stato di benessere anche dove altri bovini avrebbero difficoltà a sopravvivere e quindi a produrre (Yousef, 1985). Per misurare il benessere in fisiochmatologia si e spesso utilizzata la misura dei più importanti parametri fisiologici rilevati in diverse condizioni di stress termico .e di umidità II presente lavoro e la continuazione di un filone di ricerca su questo argomento in cui da anni e impegnato il Dipartimento di Scienze Zootecniche dell’Università di Firenze, e rappresenta la prima esperienza della stesso sulla termoregolazione dei Ruminanti condotta direttamente in ambiente tropicale (Martini e coll, 1990, 1991, 1993; Lupi e coll 1990; Giorgetti e coll, 1991; Sargentini e coll, 1994). Scopo della ricerca è stato quello di confrontare i parametri fisiologici di vacche NL con quelli di vitelli CNxNL e 112 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 CNxCNxNL, nell’ora più fredda ed in quella più calda della giornata, al fine di saggiare l’influenza del sangue CN sulla adattabilità degli animali. MATERIALE E METODI La ricerca ha riguardato 7 vacche NL adulte di varie età, 6 vitelli CNxNL, ed 1 vitello CNxCNxNL stabulati presso l’Azienda Agrozootecnica di Pacotì (prefettura di Itaitinga, Cearà, Brasile), di proprietà del Collegio Piamarta di Brescia. L’Azienda si trova circa 30 km da Fortaleza (latitudine 3° 45’ Sud, e longitudine 38° 31’ Ovest). Il clima della zona è di tipo subumido secco e presenta precipitazioni medie annue abbondanti (circa 750 mm), ma concentrate da febbraio ad aprile. Dal punto di visita vegetazionale lo stato del Cearà rientra nella regione della caatinga con una vegetazione che partendo della savana arbustiva raggiunge nella zona più aride lo stadio di semideserto (De Araujo, 1982). L’azienda si compone di due corpi aziendali per un totale di circa 571 ha di cui 460 di S.A.U. In totale in azienda sono presenti circa 525 capi bovini di cui circa 3/5 NL e meticci CNxNL. Sono presenti un impianto di macellazione per bovini, suini e polli, celle frigorifere ed alcune stanze per la lavorazione delle carni. Tutti gli animali da carne vengono tenuti permanentemente sui pascoli aziendali. Il pascolo viene integrato, nei momenti più critici, con Pennisetum purpureum trinciato con l’aggiunta di modeste quantità di cereali e di mangimi preparati nell’apposito locale aziendale. Mentre le vitelle e le manze vengono lasciate al pascolo con le madri, i vitelli, dopo un anno di età, vengono separati e posti in box multipli nella stalla a stabulazione libera per essere ingrassati. I rilievi sugli animali sono stati effettuati da luglio a settembre 1997, 1 volta alla settimana, alle 6 del mattino (ora più fredda) ed alle 14 (ora più calda). Mediante un termometro digitale a sonde intercambiabili sono state rilevate la temperatura rettale (TR) e la temperatura superficiale (TS). La frequenza respiratoria (FR) è stata misurata mediante rilevazione a vista. Contemporaneamente sono state misurate la temperatura ambientale (TA) e l’umidità relativa (UA) mediante una centralina meteorologica portatile. I vitelli meticci sono stati anche pesati e misurati a diverse riprese. Sono stati infine calcolati due classici “indici di benessere” normalmente utilizzati in fisioclimatologia. Il primo è l’IBERIA HEAT TOLERANCE TEST, messo a punto da Rhoad (Rhoad, 1942, 1944), che esprime il grado di tolleranza al calore dei bovini. La formula utilizzata è la seguente: HTC = 100 - 10 x (BT-101). Dove: HTC = heat tolerance coefficient; BT = body temperature (TR media in °F fra l’ora più calda e quella più fredda della giornata); 101 = TR fisiologica normale dei bovini in °F (= 38,3°C); 10 = fattore di differenziazione dei vari coefficienti in funzione delle diverse temperature corporee. L’HTC è pari a 100 quando gli animali riescono a mantenere la loro temperatura corporea costante, e tende progressivamente a diminuire via via che l’animale manifesta la sofferenza al caldo con grado crescente di ipertermia. L’altro indice utilizzato è il Coefficiente di Benezra (Benezra, 1952), la cui formula è: CB = TC / 38,33 + NR / 23. Dove: TC = TR in °C; N.R. = FR; 38,33 = TR media dei bovini in °C; 23 = FR media dei bovini. Questo coefficiente fu applicato dall’Autore per la prima volta in Venezuela su razze pure da latte di importazione e incroci con zebù e criolli. Il motivo che spinse a mettere a punto questo indice è che va considerato che un animale con una FR più bassa può essere ugualmente acclimatato rispetto ad un altro con una TR inferiore. Nel nostro lavoro il CB è stato calcolato alle 6 ed alle 14 (ora più calda ed 113 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 ora più fredda della giornata), ma è stato utilizzato anche quello medio della giornata. I dati sono stati analizzati mediante ANOVA, procedura GLM del pacchetto statistico SAS (SAS, 1988), considerando come fattore fisso il tipo genetico. La differenza fra le medie è stata saggiata col test di Duncan. Sono stati inoltre calcolati i coefficienti di correlazione (secondo Pearson), fra i diversi parametri ambientali ed i parametri fisiologici e di performance. Il lavoro viene presentato in parallelo con un altro riguardante vacche Girolando pure e meticce CN x Girolando (Martini e coll., 1999). RISULTATI E DISCUSSIONE Durante la prova, mediamente, alle 6 del mattino, nell’ora più fredda della giornata, la TA è risultata già di 23,9°C e l’UA 95,1%. Alle 14, nell’ora più calda, la TA all’ombra è salita a 30,8°C, e l’UA è scesa fino al 67,7%. Nella tabella 1 sono riportati i risultati dell’ANOVA effettuata sui parametri fisioclimatici dei diversi tipi genetici. Sia alle 6 che alle 14 le vacche NL hanno mostrato una TS inferiore a quella dei vitelli meticci, e fra i meticci è stato quello con maggiore frazione di sangue di CN ad avere una temperatura superficiale maggiore. Questo fenomeno potrebbe essere dovuto o alla maggiore capacità della cute degli zebù di disperdere il calore (Worstell e Brody, 1953; Ferguson e Dowling, 1955; Lee, 1958), o al metabolismo più spinto dei soggetti giovani, o ad entrambe le cause. Le TR hanno mostrato un uguale andamento sia alle 6 che alle 14. Sono sempre i NL ad avere una TR significativamente inferiore. Anche se no n significativamente la TR appare crescere all’aumentare della frazione di sangue di CN, sia alle 6 che alle 14. Le FR rilevate alle 6 sono significativamente più alte nel vitello CNxCNxNL rispetto agli altri meticci ed alle vacche NL pure, mentre alle 14 sia i vitelli F1 che F2 hanno mostrato un comportamento simile. Il CB calcolato alle 6, alle 14 e medio della giornata, dimostra la grande capacità di adattamento ai climi caldi dello zebù NL. I meticci NL mostrano buono risultati, anche se il valore del CB si alza all’aumentare del sangue europeo. L’HTC, nel cui calcolo non entra il numero di atti respiratori al minuto, mostra come la più adattata all’ambiente sia la razza zebuina pura. I valori trovati sono comunque molto elevati, anche fra i meticci, nei quali si riscontrano indici paragonabili a quelli presenti in letteratura relativi agli zebù. Per quanto riguarda le correlazioni fra i parametri ambientali (TA, UA) e fisioclimatici (TS, TR, FR, CB, HTC) nelle vacche NL (gl = 69), queste hanno fatto osservare che alle 6 appare correlata negativamente solo la TS con TA (-0,28*). Questo si spiega solo se si ammette che nella NL, a 24°C e ad una UA del quasi 95%, la superficie della pelle riesce ancora a raffreddarsi all’aumentare della temperatura per mezzo dell’aumento della traspirazione cutanea, e della sudorazione. Alle 14 la TA appare correlata positivamente con la FR (+0,30**) ed il CB (+0,30**), il che indica che anche la NL, a circa 31°C di TA ed ad una UA di circa il 65%, comincia ad utilizzare la ventilazione polmonare per potersi raffreddare. Le correlazioni, calcolate solo sui meticci CNxNL (gl = 59), hanno mostrato che l’influenza del clima si fa sentire al diminuire del sangue di zebù. Alle 6 l’UA, che ricordiamo altissima (95,1 %), è correlata positivamente sia con la TR (+0,27*), che con la FR (+0,44**) ed il CB (+0,45**). Alle 14 l’UA è più modesta ed è correlata negativamente con la TR (-0,32**), e positivamente con la FR (+0,30*) ed il CB (+0,28*). La TA è correlata positivamente con la TS (+0,40**), e negativamente con la FR (-0,30*) ed il CB (-0,31*), spiegabile solo se si ammette che i 114 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 meticci CNxNL a 31 °C non riescano più ad aumentare la ventilazione polmonare per raffreddarsi. Il CB medio della giornata è correlato negativamente con la TA (-0,38**), e positivamente con l’UA (+0,37**). Le correlazioni calcolate solo sul vitello CNxCNxNL non sono risultate significative probabilmente a causa della scarsità dei dati. Nella tabella 2 vengono riportati i dati relativi all’analisi della varianza effettuata sui dati morfologici dei vitelli CNxNL e CNxCNxNL. Data la scarsità dei dati, e dato che di vitelli CNxCNxNL ce n’era solo uno, non si è ritenuto di covariare i dati sull’età o sul peso vivo al fine di eliminare la variabilità dovuta a questi parametri. Gli animali hanno mostrato misure morfologiche analoghe, ma il CNxCNxNL, come atteso, è risultato più pesante degli altri meticci ed ad una età significativamente inferiore. I coefficienti di correlazione calcolati ira i parametri fisiologici e quelli morfologici dei vitelli CNxNL e CNxCNxNL considerati tutti assieme (gl =12) hanno mostrato come la TR alle 6 ed alle 14 appare correlata positivamente con la maggior parte dei parametri morfologici considerati, fatto spiegabile se si ammette che crescendo, a causa delle dimensioni corporee, questo animale non riesca più a raffreddarsi facilmente all’aumentare della temperatura esterna. Sempre alle 14 anche la TS ha mostrato lo stesso andamento, il che forse potrebbe essere spiegato con l’aumento della superficie corporea ed il modificarsi della struttura stessa della pelle al crescere delle dimensioni corporee. Alle 14 infine, nell’ora più calda, la FR, ed il CB sono apparsi correlati negativamente con la circonferenza toracica (-0,56* e -0,54*), fatto facilmente spiegabile perché aumentando la circonferenza, aumenta la capacità polmonare, ed allo stesso tempo diminuisce la necessità di inspirare ed espirare più frequentemente al fine di abbassare la temperatura corporea. L’HTC ha mostrato comportamento inverso alla TR, ma con lo stesso significato. CONCLUSIONI Le vacche NL pure hanno mostrato di avere, in accordo con quanto riportato dalla letteratura, una maggiore capacità di raffreddare la superficie cutanea anche a temperature (24°C) a cui le razze taurine europee sono già costrette a ricorrere all’aumento della ventilazione polmonare. Questi animali hanno fatto rilevare anche una TR mediamente più bassa, espressione di una differente evaporazione cutanea (sudorazione e traspirazione) Anche la FR è risultata più bassa, aumentando solo a temperature intorno ai 31°C. Purtroppo l’esperienza non ha consentito di confrontare questi animali con meticci adulti, e ci si è dovuti accontentare di un confronto fra NL adulte e vitelli CNxNL e CNxCNxNL di 200 -280 giorni di età. Quindi le differenze riscontrate potrebbero essere in parte dovute alla giovane età degli animali. Premesso questo, gli animali meticci sembrano tollerare meno le variazioni climatiche via via che diminuisce il sangue zebuino ed aumenta quello taurino, mostrando però sempre una buona adattabilità all’ambiente difficile del tropico. Gli animali in accrescimento (vitelli meticci CNxNL, e CNxCNxNL) hanno mostrato aumento della TR e della TS all’aumentare dello sviluppo corporeo, a causa della maggiore difficoltà di raffreddare, a parità di superficie, una massa maggiore. L’accrescimento della circonferenza toracica ha determinato una diminuzione delle FR, perché con l’aumento di scambio della superficie interna polmonare diminuisce la necessità di aumentare questo parametro per raffreddare la massa corporea. Tutti questi 115 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 risultati spingono ad approfondire le ricerche in questo campo, perché la possibilità di misurare la capacità di termotolleranza di animali che debbono produrre carne ai tropici, risulta di prioritaria importanza per le produzioni animali di queste regioni. Il lavoro è stato eseguito con Cofmanziamento MURST 1996 e 1997 “Adattamento e tolleranza di genotipi bovini nazionali da carne a stressori climatico - ambientali”, responsabile prof. Giorgetti, e con una ricerca finanziata con Fondi di Ateneo 1993 1995 “Individuazione di un tipo di Chianino morfologicamente e fisiologicamente adatto allo sfruttamento di aree marginali” responsabile prof. Martini. BIBLIOGRAFIA Associazione degli Allevatori del Nellore del Brasile (1999). URL: nelore.org.br/ Benezra R.M.V. (1952). A new formula for measuring the adaptability of cattle in tropical environments. “Rev. Fac. Ing. Agr. (Maracay)”, 1, 69 - 78. De Araujo F.J.A. (1982). “Estudos de pastagem nativa do Cearà”. LJFC -Departamento de Zootecnia., Fortaleza - CE, Brasil. Ferguson K.A., Dowling D.F. (1955). The function of cattle sweat glands. “Austr. J. Agric. Res.”, 6, 640 - 644. Funghi R., Giorgetti A., Bozzi R., Martini A., Lucifero M., Rondina D., Biffani S., Moretti M. (1996). Accrescimento di bovini Nellore e Chianina x Nellore allevati nello stato brasiliano del Cearà. “Speciale Taurus”, 7, 21-31. Giorgetti A., Martini A., Ponzetta M.P. (1991). 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All genetic types. glr = 137 TS ore 6 TS ore 14 TR ore 6 TR ore 14 FR ore 6 6 am °C 2 pm °C 6 am °C 2 pm °C 6 am n/min FR ore 14 CB CB CB ore 6 ore 14 Medio 2 pm n/min 6 am 2 pm average HTC NL 32,6B 34,8C CNxNL 34,1A 35,7B 38,3B 38,9A 38,6B 39,1A 32,4B 34,9B 34,1B 38,6A 2,4B 2,5B 2,5B 2,7A 2,4C 2,6B 97,7A 87,7B CNxCN 34,2A 36, 8A xNL sign. *** *** C.V. % 2,69 2,98 39,0A 39,3A 41,6A 39,5A 2,8A 2,7A 2,8A 84,9B *** 1,54 *** 1,38 *** 14,97 * ** 15,51 *** *** *** 9,05 9,39 6,91 *** 6,92 TS = temperatura superficiale; TR = temperatura rettale; FR = frequenza respiratoria; CB = Coefficiente di Benezra; HTC = coefficiente dell’lberian Heat Tolerance Test. TS = skin temperature’, TR = rectal temperature, FR = respiratory frequency, CB = Benezra coefficient’, HTC = heat tolerance coefficient Lettere diverse sulla stessa colonna indicano differenze significative per P <0.05 Different letters in the same column show differences for P 0.05 ns = non significativo; *= P 0.05; **= P 0.01; *** = P 0.001 ns = not significant; *= P 0.05; **= P 0.01; *** = P 0.001 Tabella 2 -Risultati dell’ANOVA. Vitelli F1 e F2. Table 2 — ANOVA analysis results. F1 and F2 young bulls. glr= Ed P AG AC AT CT LT EG LIE LT LIS k 8 cm cm cm cm cm cm cm cm cm CNxN 201,1A 177,5A 111 116,2 49,1 124,2 106,5 35,4 28,9 32,5 14,5 L CNx 279,5B 147,9B 111 113,5 53 129,5 112 38 30,5 32,5 16,5 CNxN L sign. * * ns ns ns ns ns ns ns ns ns CV% 16,92 11,4 5,74 3,28 5,91 3,01 9,51 6,56 7,42 6,23 16,15 E = età; P = peso; AG = altezza al garrese; AC = altezza alla croce; AT = altezza del torace; CT = circonferenza del torace; LT = lunghezza del tronco; LG = lunghezza groppa; LIE = larghezza ilei; LT = larghezza trocanteri; LIS = larghezza ischi E = age; P = weight; AG = height at withers; AC = height at rump; AT = height of the torax; CT = torax circumference; LT = body length; LG = rump length; LIE = width at ilium; LT = width at trochanters; LIS = width at ischium. 118 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 EFFETTO DELLA TEMPERATURA SU ALCUNE PERFORMANCE ZOOTECNICHE DOPO LO SVEZZAMENTO NEGLI AGNELLI Gambacorta E., Perna A., Cosentino C. Testo della pubblicazione non pervenuto 119 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 120 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 ALLATTAMENTO ARTIFICIALE: BENESSERE DEGLI AGNELLI E QUALITÀ’ DELLA CARNE1 Fabio Napolitano 2 , Giulia Francesca Cifuni3 , Nicola Montemurro4 , Amelia Maria Riviezzi5 , Antonio Girolami3 RIASSUNTO: 20 agnelli di razza Comisana sono stati equamente divisi in 2 gruppi, uno allattato artificialmente, l’altro allattato naturalmente. ] rilievi relativi alla risposta comportamentale ed endocrina al test di isolamento hanno messo in evidenza che i soggetti allattati naturalmente hanno effettuato un maggior numero di tentativi di fuga (P<0,01), mentre, in entrambi i gruppi, il livello di cottiselo è significativamente aumentato in seguito alla separazione dai cospecifici (P<0,001). La risposta immunitaria cellule-mediata è stata inferiore nei soggetti separati precocemente dalla madre (P<0,001). La resa è risultata maggiore negli agnelli allattati artificialmente (P<0,05), mentre l’incidenza del grasso sul taglio coscio è stata maggiore nei soggetti allattati dalla madre (P<0,05), così come il contenuto in acidi grassi saturi (P<0,001). L’allattamento artificiale ha, invece, determinato un incremento del livello di acidi grassi polinsaturi (P<0,01). PAROLE CHIAVE: agnelli, allattamento artificiale, qualità della carne. ARTIFICIAL REARING: LAMB WELFARE AND MEAT QUALITY SUMMARY: 20 male Comisana lambs were equally divided into 2 groups. 10 subjects were artificially reared, 10 others were ewe-reared and used as control. During the open field test unseparated control animals displayed a reduced number of flight attempts (P<0.01), whereas both groups showed a significantly higher cortisol level immediately after the isolation test (P<0.001). Cellular immune response was lower in artificially reared animals (P<0.001). Carcass yield were higher for artificially reared animals (P<0.05). Conversely, legs of ewe-reared animals had significantly more fat (P<0.05), and a higher content of saturated fatty acids (P<0.001). Polyunsaturated fatty acid content was higher in artificially reared lamb meat (P<0.01). KEY WORDS: lamb, artificial rearing, meat quality. ____________________________ 1 Ricerca finanziata con contributo MURST ex-40%. Ricercatore. Dipartimento di Scienze delle produzioni animali. Università degli Studi della Basilicata. 3 Dottorando di ricerca. Ibidem. 4 Professore ordinario. Ibidem. 5 Collaboratore tecnico. Ibidem. 2 121 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 PREMESSA L’allattamento artificiale rappresenta per gli agnelli la combinazione di uno stress emozionale (la separazione dalla madre) e nutrizionale (il passaggio dal latte materno al latte ricostituito) (De Rosa e coll., 1994). È noto che gli stressori riducono il potenziale produttivo di diverse specie domestiche e che sono in grado di provocare malattie. Negli agnelli, numerosi studi hanno accertato l’effetto di stressori diversi (disponibilità di spazio, restrizione ed isolamento, esercizio fisico, ecc.) sul livello di cortisolo, sull’immunità cellule- mediata (Coppinger e coll., 1991), sull’espressione degli antigeni leucocitari di differenziazione (Minton e coll., 1992), su altri costituenti del sangue e sulla qualità della carne (Apple e coll., 1994). Tuttavia, molto poco si sa sullo stress causato dalle tecniche di allevamento. La presente indagine è stata intrapresa per valutare l’impatto di una separazione prematura dalla madre sulla capacità di risposta comportamentale, endocrina e immunitaria degli agnelli e gli eventuali effetti che questa tecnica ha sulle prestazioni produttive e sulla qualità della carne. MATERIALE E METODI Piano sperimentale La prova è stata condotta su agnelli maschi di razza Comisana nati da parti gemellari di pecore pluripare. 20 agnelli sono stati suddivisi in 2 gruppi di 10 soggetti ciascuno. Il peso medio degli agnelli alla nascita era pari a 3,4 kg. Gli animali del gruppo allattato artificialmente sono stati allontanati dalla madre 2 giorni dopo la nascita (gruppo A) e ospitati in un recinto collettivo con lettiera permanente. Latte ricostituito è stato offerto ad libitum in secchi provvisti di tettarelle. Viceversa, gli agnelli del gruppo di controllo (gruppo C) sono stati tenuti con le madri per l’intero periodo sperimentale. Tutti gli agnelli hanno anche ricevuto fieno di erba medica e mangime pellettato per lo svezzamento ad libitum a partire dal settimo giorno di vita. Determinazione della risposta immunitaria mediante skin test Dieci e quaranta giorni dopo la formazione dei gruppi, i soggetti in esperimento sono stati sottoposti allo skin-test. Il test prevede una iniezione ipodermica a livello soprascapolare di Phytohemagglutinin (PHA) (500 mg disciolti in 0,5 mi di soluzione fisiologica sterile). L’iniezione è stata praticata al centro di un cerchio di 2 cm di diametro tracciato superiormente ad ogni scapola dell’animale. Lo spessore della cute è stato misurato subito prima dell’iniezione e 24 ore dopo. Test d’isolamento e determinazione del livello di cortisolo Prima del test, effettuato a 40 giorni di età, ciascun soggetto è stato sottoposto a un prelievo ematico per la determinazione del livello basale del cortisolo. Successivamente, gli agnelli sono stati sottoposti ad altri tre prehevi 10, 45 e 90 minuti dopo il primo. Nell’intervallo tra il primo e il secondo prelievo (10 minuti), ciascun soggetto è stato tenuto sotto osservazione per valutare il suo comportamento durante l’esposizione ad un ambiente nuovo: un box di 20 mq. In particolare, sono state prese in considerazione alcune variabili comportamentali, quali il tempo di locomozione, il tempo di latenza, il numero di belati e i tentativi di fuga. La concentrazione del cortisolo è stata determinata mediante metodica RIA (Cis diagnostici, Tronzano, VC, Italy). La sensibilità del saggio 122 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 è stata di 1 ng/dl. I coefficienti inter ed intra assay sono stati rispettivamente -8,2 e 3,9%. Prestazioni produttive e profilo addico della carne Tutti gli animali sono stati pesati alla nascita ed ad intervalli settimanali per valutare l’effetto dell’allattamento artificiale sull’accrescimento. A 45 giorni di età, tutti i soggetti sono stati mattati, le carcasse sezionate in tagli commerciali ed il coscio suddiviso in carne, grasso e osso separabili. Questo stesso taglio è stato utilizzato per l’estrazione dei lipidi (estrazione a freddo con una miscela cloroformio/metanolo 2:1 v/v; Michaelsen e coll., 1991). Gli acidi grassi metilati sono stati separati e identificati con un gascromatografo Varian-Star 3400 CX, colonna CP silice 88, 100 m, diametro 0,25 ì, film 0,2 ì. Analisi statistica I dati relativi al cottiselo e alla risposta immunitaria sono stati elaborati mediante analisi della varianza per misure ripetute utilizzando il tipo di allattamento come fattore non ripetuto e il tempo come fattore ripetuto. Le rimanenti variabili sono state sottoposte ad analisi della varianza ad un fattore (tipo di allattamento). RISULTATI E DISCUSSIONE Test di isolamento e risposta endocrina II sistema di allevamento adottato non ha influenzato il tempo di latenza, il tempo di locomozione e il numero di belati, mentre i tentativi di fuga sono risultati molto più frequenti (P<0,01) nel gruppo allattato naturalmente (Tabella 1). Ciò è probabilmente dovuto al fatto che per gli agnelli allattati naturalmente la separazione dalla madre rappresenta uno stress maggiore che non la separazione dal gruppo per gli agnelli allattati artificialmente. I tentativi di fuga esprimerebbero, infatti, una volontà di ricongiungimento ai cospecifici. La separazione e l’esposizione ad un nuovo ambiente determinano l’insorgenza di uno stress emozionale nei confronti del quale la capacità e le modalità di risposta degli agnelli sono in gran parte legate all’età (Napolitano e coll., 1995). In agnelli della stessa razza e sottoposti a condizioni sperimentali molto simili a quelle del nostro esperimento sono stati rilevati tempi di latenza e di locomozione inferiori e un numero di belati superiore nei soggetti allattati naturalmente (Sevi e coll., 1999). Tuttavia, nella presente indagine i soggetti in esperimento sono stati sottoposti al test di isolamento ad un età più che doppia (-40 giorni) rispetto a quelli dell’esperimento precedentemente descritto (10 e 20 giorni). Anche i belati esprimono una volontà di ricongiungimento ai cospecifici, ma costituiscono uno strumento utilizzato preferenzialmente da animali molto giovani, in quanto costituiscono una reazione di tipo passivo che comunica una richiesta di aiuto. Viceversa, all’aumentare dell’età e con l’approssimarsi dello svezzamento, i giovani soggetti acquisiscono indipendenza e sono più attivi, e, pertanto, i tentativi di fuga diventano uno strumento preferenziale di risposta e, nel contempo, un indicatore più sensibile di condizioni stressanti. 123 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Tabella 1 - Risposta comportamentale al test d’isolamento (media ± E.S.) Table 1 - Behavioural response to isolation test (mean ± S.E.) Allattamento naturale 5,22 ± 1,13 artificiale 4,61 ± 0,94 Tempo di latenza, s Latency time, s Tempo di locomozione, s 233,00 ± 20,92 232,23 ± 17,41 Duration of movement, s Tentativi di fuga, n 18,67 ±4,35A 4,31 ±3,62B Flight attempts, n Numero di belati, n 175,11 ± 18,06 156,92 ± 15,03 Number of bleats, n Lettere diverse entro la riga indicano differenze significative: P<0,01. Il test di isolamento è frequentemente utilizzato per valutare la risposta endocrina di ovini allevati con differenti tecniche di allevamento (Moberg and Wood, 1982; Sevi e coll., 1999). Anche in questo caso, il livello plasmatico di cortisolo (Figura 1) è risultato molto più elevato immediatamente dopo la separazione dei cospecifici (P<0,001) confermando che le procedure di cattura, separazione dai cospecifici, handling, prelievo di sangue e, soprattutto, isolamento sono in grado di indurre una marcata attivazione dell’asse ipotalamo- ipofisi-surrene negli ovini, il cui comportamento gregario è molto sviluppato. Viceversa, né il sistema di allevamento, né l’interazione gruppo X tempo sono risultati significativi (P>0,05). Come osservato per le variabili comportamentali, anche la produzione di cortisolo in risposta allo stress di isolamento è un fenomeno legato all’età degli agnelli. Animali separati dalla madre ad età inferiore danno una risposta endocrina più elevata quando vengono sottoposti ad un open filed test (Napolitano e coll., 1995). Figura 1 - Andamento del cortisolo plasmatico in risposta al test d’isolamento (media + E.S.) Figure 1 - Cortisol response to isolation test (mean + S.E.) 124 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Risposta immunitaria L’ispessimento cutaneo successivo ad un’iniezione intradermica di PHA è stato significativamente influenzato dal tipo di allattamento (P<0,001), mentre né il tempo né l’interazione tempo x tipo di allattamento sono risultati significativi. Infatti, sia a 10 che a 40 giorni di età gli agnelli sottoposti ad allattamento artificiale hanno espresso una minore risposta immunitaria cellulare (Figura 2). Gli indicatori immunitari sono stati ampiamente usati per valutare il benessere animale. Molti autori (Minton e coll., 1995) hanno utilizzato la risposta proliferativa dei linfociti a mitogeni in vitro al fine di valutare la immunoreattività cellulare. Tuttavia, una tecnica da adottare in vivo, quale lo skin test, sembra più affidabile, semplice ed econo mica (Grasso e coll., 1999). I risultati ottenuti nella presente indagine confermano che l’allattamento artificiale rappresenta una tecnica di allevamento in grado di inibire la risposta immunitaria determinando, nel contempo, una maggiore suscettibilità alle malattie. Figura 2 - Risposta immunitaria cellulare allo skin test (media + E.S.) Figure 2 - Cellular immune response to intradermalPHA injection (mean + S.E.) Prestazioni produttive e qualità della carcassa Gli incrementi ponderali giornalieri da 0 a 45 giorni di età sono risultati simili per i due gruppi di agnelli, probabilmente perché la somministrazione del latte ricostituito è avvenuta con modalità ad libitum. Infatti, questa tecnica di somministrazione consente pasti più frequenti e meno abbondanti con conseguente maggiore digeribilità dell’alimento e sostanza secca ingerita. Inoltre, è stato osservato che la somministrazione di latte misto (ovino + ricostituito), almeno nella fase iniziale di allattamento, induce un ulteriore miglioramento del tasso d’ingestione e degli incrementi ponderali (Sevi e coll., 1999). Grazie a incrementi ponderali simili, gli agnelli appartenenti ai due gruppi sperimentali hanno presentato un peso vivo netto e un peso della carcassa simili. Viceversa, la resa in carcassa sul peso vivo netto è risultata superiore nei soggetti 125 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 allattati artificialmente (P<0,05), probabilmente a causa di una minore incidenza del quinto quarto. Girolami e coll. (1994) e Vergara e Gallego (1999), al contrario, hanno osservato rese maggiori nei soggetti allattati naturalmente rispetto ad agnelli allattati artificialmente o svezzati precocemente; tuttavia, in entrambi i casi i trattamenti alimentari alternativi all’allattamento naturale hanno determinato un accrescimento e un peso alla mattazione e della carcassa inferiori. L’incidenza percentuale dei tagli di seconda qualità sul peso della mezzena è stata superiore nei soggetti separati precocemente dalla madre (P<0,001). Infatti, le incidenze di collo (P<0,05), petto e spalla (P<0,001) sono risultate più elevate in questo gruppo di animali. Nessuna differenza significativa è stata riscontrata per l’incidenza dei tagli di prima qualità (coscio + lombata + costolette; P>0,05). Lo spolpo del coscio ha evidenziato una maggiore percentuale di grasso (P<0,05) negli animali che non sono stati separati dalla madre e quantità di tessuto muscolare e osseo simili per i 2 gruppi sperimentali (P>0,05) (Tabella 2). Tabella 2 - Effetto del tipo di allattamento sulle prestazioni produttive degli agnelli e sulla qualità della carcassa (media + E.S.) Table 2 - Effect of artificial rearing on productive performance and carcass quality (mean ± S.E.) Allattamento naturale Artificiale Incremento ponderale, g/d 0,180 ± 0,01 0,170 ± 0,01 Daily weight gain, g/d Peso vivo netto, kg 10,74 ± 0.64 9,55 ± 0,68 Net live weight, kg Peso carcassa, kg 6,99 ± 0,44 6,70 ± 0,47 Carcass weight, kg Resa, % 64,92 ± 1 ,50a 70,29 ± l,59 b Carcass yield, % Tagli di prima qualità, % 54,04 ± 0,66 54,83± 0,70 First grade cuts, % Tagli di seconda qualità, % 39,71 ± 0,34A 42,25 ± 0,36B Second grade cuts, % Taglio coscio: carne, % 55,83 ± 1,06 56,59 ± 1,28 Leg lean, % Taglio coscio: grasso, % 9,91 ± 0,82a 7,46 ± 0,87b Leg fat, % Taglio coscio: osso, % 29,21 ± 0,79 28,68 ± 0,83 Leg bone, % Lettere diverse entro la riga indicano differenze significative: maiuscole P<0,001; minuscole P<0,05. Profilo acidico della carne 126 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 II tipo di alimentazione è in grado di influenzare il contenuto di acidi grassi nella carne di agnello. Sanùdo e coll. (1998) hanno osservato che il passaggio da una dieta a base di latte materno ad una costituita da paglia e concentrato determina un maggior grado di insaturazione del grasso sottocutaneo ed intramuscolare. L’allattamento artificiale rispetto a quello naturale sembra influenzare positivamente le caratteristiche dietetico nutrizionali della carne. Nella Tabella 3 si può osservare che il contenuto di acidi grassi saturi diminuisce (P<0,001), mentre aumenta il contenuto di polinsaturi (P<0.01) grazie, soprattutto, ad un più elevato livello di acido linoleico. Ciò è probabilmente dovuto alla diversa composizione acidica del latte materno rispetto a quello ricostituito. Infatti, nei giovani agnelli il rumine non è ancora funzionante e il profilo acidico della carne rispecchia in larga misura quella degli alimenti ingeriti (Cifuni e coll., 1999). Tale meccanismo è anche alla base del diverso contenuto in acidi grassi trans e delle differenze che si osservano per il rapporto Óù6/Óù3 nella carne degli agnelli appartenenti ai 2 gruppi sperimentali. Tabella 3 - Contenuto in acidi grassi della carne (media ± E.S.) Table 3 - Meat fatty acid content (mean ± S.E.) Allattamento Saturi, % Saturated, % Monoinsaturi, % Monounsaturated, % Polinsaturi, % Polyunsaturated, % Trans, % Trans, % Óù6/Óù3 naturale . artificiale 48,93 ± 0,322A 45,95 ± 0,34B 42,50 ± 0,47 43,66 ± 0,47 8,57 ± 0,44a 10,38 ±0,46b 5,27±0,11A 2,00 ± 0,12B 2,42 + 0,20A 9,38 ±0,21B Lettere diverse entro la riga indicano differenze significative: maiuscole P<0,001; minuscole P<0,05. BIBLIOGRAFIA Apple, J.K., Minton, J.E., Parsons, K.M., Dikeman, M.E., E. and Lehit, D.E, (1994). Influence of treadmill exercice on pituitity-adrenal secretions, other blood constituents and meat quality of sheep. “J. Anim. Sci.”, 72, 1306-1314. Cifuni, G.F., Napolitano, F., Pacelli, C., Riviezzi, A.M., Girolami, A. (1999). Effect of age at slaughter on carcass traits, fatty acid composition and lipid oxidation of Apulian lambs. “Small Rumin. Res.”, 35, 1-6. Coppinger, T. R., Minton, J. E ., Reddy, P. G. and Blecha, F. (1991). Repeated restraint and isolation stress in lambs increases pituitary-adrenal secretions and reduces cells mediated immunity. “J. Anim. Sci.”, 69, 2808-2814. De Rosa, G., Napolitano, F., Marino, V. e Bordi, A. (1994). Risposta endocrina ed immunitaria allo stress in agnelli Comisani conseguente al passaggio dall’allattamento materno a quello con latte ricostituito. “Ann. Facoltà di Agraria, 127 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Portici”, 28, 1-8. Grasso, F., Napolitano, F., De Rosa, G., Quarantelli, T., Serpe, L. and Bordi, A. (1999). Effect of pen size on behavioral, endocrine, and immune responses of water buffalo (Bubalus bubalis) calves. “J. 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Influence of artificial rearing on behavioural and immune response of lambs. “Appl. Anim. Behav. Sci.”, 45, 245-253. Sanùdo, C., Sierra, L, Olleta, J.L., Martin, L., Campo, M. M., Santolaria, P., Wood, J. D. and Nute, G. R. (1998). Influence of weaning on carcass quality, fatty acid composition and meat quality in intensive lamb production systems. “Anim. Sci.”, 66, 175-187. Sevi, A., Napolitano, F., Casamassima, D., Annichiarico, G., Quarantelli, T. and De Paola, R. (1999). Effect of gradual transition from maternal to reconstituted milk on behavioural, endocrine and immune responses of lambs. “Appl. Anim. Behav. Sci.” , 64, 249-259. Vergara, H., Gallego, L. (1999). Effect of type of suckling and length of lactation period on carcass and meat quality in intensive lamb production system. “Meat Sci.”, 53, 211-215. 128 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 EFFETTI DELLO STRESS PRE-MACELLAZIONE SULLA QUALITÀ DELLA CARNE SUINA Leonardo Nanni Costa1 , Domenico Pietro Lo Fiego 2 , Vincenzo Russo 3 RIASSUNTO: Al fine di valutare l’effetto dei trattamenti pre- macellazione sulla qualità della carne e sulle lesioni cutanee della carcassa del suino pesante, sono state svolte 3 prove sperimentali che hanno riguardato nel complesso 2083 soggetti, di cui 725 di genotipo alotano noto. In queste sono stati esaminati diversi trattamenti quali il tipo di carico sull’automezzo, la densità di trasporto e la durata della sosta al macello. Quest’ultimo fattore ha evidenziato un’influenza rilevante sui parametri qualitativi della carne mentre di scarsa importanza è risultato l’effetto della modalità di carico e della densità di trasporto. Il genotipo alotano non è mai risultato influenzare la risposta ai trattamenti applicati al carico e durante il trasporto. PAROLE CHIAVE: suini, stress, fase pre- macellazione, qualità della carne. EFFECTS OF PRE-SLAUGHTER STRESS ON PORK QUALITY SUMMARY: The effect of pre-slaughter handling on carcass skin blemish and meat quality was investigated in three different experiments involving 2038 pigs of which 725 were genotyped at the halothane locus. In these experiments the effect of loading method, stocking density in transit and lairage time was examined. The factor affecting the meat quality was the lairage time while loading method and stocking density showed a negligible effect. Halothane genotype did not modify the response of loading method and stocking density treatments. KEY WORDS: pigs, stress, pre-slaughter handling, pork quality PREMESSA La fase di pre- macellazione è costituita da una serie di eventi e di operazioni che hanno inizio con l’applicazione del digiuno in azienda prima del carico e terminano con lo stordimento del suino. In questa fase agiscono, indipendentemente ed interagendo tra loro, numerosi fattori quali le operazioni di carico e scarico, il raggruppamento o meno degli animali, la distanza e la durata del viaggio, la densità di carico, le condizioni climatiche, il tipo di strada e di guida, la durata della sosta al macello, l’ambiente in cui questa avviene e le modalità applicate per la movimentazione degli animali. Durante la fase pre- macellazione i suini vengono a trovarsi in ambienti nuovi nei quali sono sottoposti a rumori e odori non abituali, a privazioni d’alimento, a cambiamenti di tem___________________________ 1 Professore associato. Dipartimento di Protezione e Valorizzazione Agroalimentare (DIPROVAL). Università di Bologna. 2 Ricercatore confermato. Ibidem. 3 Professore ordinario. Ibidem. 129 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 peratura e umidità e a nuove situazioni sociali. L’adattamento a questi eventi può avvenire con grandi difficoltà o addirittura fallire, con il conseguente instaurarsi di una condizione di stress. In entrambi i casi il benessere del soggetto risulta compromesso. Tale situazione, non accettabile dal punto di vista etico, ha gravi conseguenze economiche. Infatti, metodi non idonei o errori durante la fase di pre-macellazione causano mortalità, perdita di peso della carcassa, perdita totale o parziale e deprezzamento dei tagli e peggioramento della qualità della qualità della carne fino alla comparsa delle gravi anomalie PSE e DFD. La conoscenza di ciò che succede durante la fase pre- macellazione è molto importante per ridurre al minimo le conseguenze negative sul benessere dei suini e per ottenere carne di ottima qualità e con caratteristiche idonee alla trasformazione. Per tale motivo è stata svolta una serie di prove sperimentali per valutare l’effetto di alcuni trattamenti pre-macellazione sulla qualità della carne suina e sulla sua attitudine alla trasformazione. Qui vengono presentati in sintesi i risultati di queste ricerche. MATERIALE E METODI Sono state svolte tre prove sperimentali che hanno riguardato, nel complesso, 2083 suini pesanti. Nella prima prova sono stati esaminati 507 soggetti, con genotipo alotano omozigote dominante (NN) e eterozigote (Nn), provenienti da due aziende e trasportati dall’allevamento al macello per un tempo compreso trai 45 ed i 55 minuti (Nanni Costa e coll., 1999b). Il piano sperimentale prevedeva lo studio dell’effetto della modalità di carico, utilizzando una rampa (pendenza 16°) e una piattaforma mobile, e della densità di trasporto, rendendo disponibili sull’automezzo due superfici di cui una < 0,4 m e l’altra > 0,6 m2 per 100 kg p.v.. I soggetti sostavano 16 ore nelle stalle di sosta prima di essere macellati. Nella seconda prova, che ha coinvolto 218 suini di genotipo alotano NN, trasportati dall’azienda la macello per un tempo pari ad 1 ora (Nanni Costa e coll., 1999a), oltre agli effetti del tipo di carico e della densità di trasporto, sono stati esaminati due diversi tempi di sosta, pari rispettivamente a 2 ore e ad una notte. In entrambe le prove non vi è stato mai mescolamento tra soggetti provenienti da box diversi. Nella terza prova è stato esaminato l’effetto di diversi tempi di sosta al macello su 1358 suini trasportati per tempi inferiori alle 2 ore o compresi tra 3 e 4 ore (Russo e coll., 1998). Parte degli animali veniva mescolata al momento del carico sull’automezzo con soggetti provenienti da altri box e parte effettuava il trasporto e la sosta al macello senza essere mescolata con soggetti estranei. I suini mescolati erano sottoposti ad un periodo di sosta inferiore a 2 ore o compreso tra 3 e 4 ore mentre quelli non mescolati sostavano al macello 2 ore o una notte prima di essere macellati. Qui vengono riportati i dati relativi al trasporto inferiore alle due ore di durata riguardanti 723 soggetti. In ciascuna prova è stata valutata soggettivamente, mediante l’attribuzione di un punteggio, l’incidenza di lesioni cutanee severe sulla carcassa (Barton Gade e coll., 1996). La qualità della carne è stata determinata mediante le misure di pH, effettuate entro 1 ora (pH1 ) e a 24 ore post mortem (pHu), e la rilevazione delle perdite di sgocciolamento (Honikel, 1987). Al fine di evidenziare eventuali anomalie nella carne, sono state calcolate le percentuali di valori di pH oltre le soglie ritenute indicative per i difetti PSE (pH<5.90) e DFD (pHu >6.00). Inoltre, nelle prime due prove sono stati rilevati i cali di la salatura e di stagionatura dei prosciutti (Russo e coll., 1991). Nel primo esperimento, in cui erano presenti suini con diverso genotipo alotano, il modello 130 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 statistico utilizzato ha incluso l’interazione tra il genotipo ed i trattamenti premacellazione applicati, al fine di valutare se la risposta a questi ultimi potesse essere modificata dalla suscettibilità allo stress. RISULTATI E DISCUSSIONE Nelle tabelle seguenti sono riportati i risultati ottenuti nelle diverse prove ordinati in funzione dei principali trattamenti applicati ossia modalità di carico, densità di trasporto e durata della sosta. Nella tabella 1 è riportato l’effetto della modalità di carico sull’automezzo sull’incidenza delle lesioni cutanee e sulla qualità della carne e del prosciutto. L’impiego della rampa rispetto all’elevatore, ha provocato un aumento, seppur non statisticamente significativo, dell’incidenza di lesioni cutanee severe. Ciò può essere attribuito ad una maggiore necessità di forzare i soggetti nella movimentazione, in particolare per far percorrere la rampa, con il conseguente aumento degli impatti contro le strutture di contenimento e contro altri soggetti. Per quanto riguarda l’effetto del carico sulla qualità della carne e del prosciutto, i dati delle prove non hanno evidenziato differenze di rilievo tra i due trattamenti esaminati. Il carico mediante rampa, considerato un trattamento più stressante rispetto all’impiego dell’elevatore, non ha manifestato, quindi, conseguenze negative sulla qualità della carne. Tuttavia l’impiego della rampa deve necessariamente richiedere una maggior attenzione nella movimentazione degli animali, al fine di evitare quei bruschi contatti che causano la comparsa delle lesioni cutanee. L’effetto della diversa densità di trasporto sulle lesioni cutanee e sulla qualità della carne e del prosciutto è illustrato in tabella 2. Uno spazio inferiore a 0,4 m ha causato un leggero aumento, ma non statisticamente significativo, delle lesioni cutanee severe solo nelle carcasse dei suini esaminati nella seconda prova, mentre, in entrambe le prove, tale trattamento non ha evidenziato alcun effetto negativo sulla qualità della carne e del prosciutto. Ciò concorda con i risultati ottenuti in prove effettuate all’estero sul suino leggero che hanno evidenziato, in trasporti compresi entro le 3 ore, l’assenza di effetti negativi dell’elevata densità di carico sulla qualità della carne e sull’incidenza di lesioni cutanee (Barton Gade e Christiansen, 1998; Guise e coll., 1998; Warriss e coll., 1998b). Nel complesso tali risultati indicano che una superficie disponibile sull’automezzo inferiore a quella indicata dalla direttiva UE 95/29, pari a 0,425 m2 per 100 kg p.v., non sembra avere conseguenze negative sugli animali se la durata del trasporto è breve. Nella tabella 3 è riportato l’effetto della diversa durata della sosta al macello sulla presenza di lesioni cutanee e sulla qualità della carne. In entrambe le prove presentate in tabella, il confronto tra 2-4 h e una notte di sosta ha evidenziato un incremento delle lesioni cutanee severe nei suini sottoposti a quest’ultimo trattamento. Analogo risultato è stato osservato da Warriss e coll. (1998a) sul suino leggero. Inoltre tali soggetti hanno fornito carni caratterizzate da valori medi di pHu leggermente, ma significativamente, più elevati, da minori perdite di sgocciolamento (P<0,05) e da una minore incidenza di valori di pH1 al di sotto della soglia indicativa di muscoli potenzialmente PSE, senza che ciò abbia comportato un aumento rilevante della percentuale di potenziali DFD. Gli effetti sopra descritti possono essere attribuiti al lungo periodo di digiuno che la notte di sosta ha comportato. L’impossibilità di alimentarsi potrebbe avere aumentato gli attiaggressivi tra i soggetti, indipendentemente dal fatto che questi appartenessero a 131 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 gruppi non mescolati con altri estranei e, pertanto, ritenuti socialmente stabili. Riguardo all’effetto sui parametri di qualità della carne, è stato osservato che un prolungato digiuno pre- macellazione provoca una diminuzione del contenuto di glicogeno nei muscoli con il conseguente aumento dei valori di pH ultimo e del potere di ritenzione idrica (Eikelenboom e coll., 1991). Nella prova in cui sono stati esaminati suini mescolati al momento del carico, la sosta compresa tra le 2 e le 4 ore, rispetto a quella inferiore alle 2 ore, ha causato un aumento significativo del pH1 accompagnato da una riduzione della percentuale di carni potenzialmente PSE. Tali effetti, da considerarsi positivi, sono stati in parte controbilanciati dagli aumenti, seppur non statisticamente significativi, dell’incidenza delle lesioni cutanee severe e dalla percentuale di carni con pHu al di sopra della soglia indicata per il difetto DFD. Gli andamenti sopra descritti sono analoghi a quelli riscontrati in prove simili svolte in diversi paesi europei (Santos e coll., 1997; Warriss e coll., 1998a). Malgrado gli aspetti parzialmente negativi emersi con l’applicazione di un tempo di sosta superiore alle 2 ore, questo trattamento appare il più indicato rispetto ad una sosta di durata inferiore poiché riduce l’incidenza del difetto PSE senza aumentare in maniera rilevante la presenza di lesioni severe sulla carcassa. Nella prima prova, data la presenza di suini con diverso genotipo alotano, è stata esaminata l’ipotesi che i soggetti eterozigoti Nn potessero rispondere in maniera diversa dagli omozigoti NN alle differenti condizioni di carico e di trasporto applicate (Nanni Costa e coll., 1999b). I risultati ottenuti hanno evidenziato una quasi totale assenza di interazioni tra tali trattamenti ed il genotipo alotano. Ciò concorda con una parte delle ricerche che hanno affrontato tale argomento focalizzando la loro attenzione su trattamenti quali il trasporto e la durata del digiuno (Geers e coll., 1994; De Smet e coll., 1996) ma non con altre nei quali gli effetti della sosta, del mescolamento con soggetti estranei ed ancora del digiuno pre- macellazione sono risultati variare in funzione del genotipo alotano (Murray e coll., 1989; Murray e Jones, 1994; De Smet e coll., 1996). Tali contraddizioni possono essere attribuite al tipo e alla durata dei trattamenti premacellazione applicati. Da ciò discende la possibilità che esista, per i suini eterozigoti Nn, una soglia al di sotto della quale la loro reazione ai trattamenti pre-macellazione applicati non sia diversa da quella manifestata da soggetti omozigoti NN. E’ pertanto plausibile che nell’esperimento da noi condotto, applicando trattamenti analoghi a quelli riscontrabili nelle macellazioni commerciali, lo stress causato ai suini sia stato così contenuto da non evidenziare una particolare reazione da parte dei suini portatori dell’allele per la sensibilità all’alotano. CONCLUSIONI I risultati hanno evidenziato che il carico mediante rampa, rispetto a quello con elevatore, non ha conseguenze negative sulla qualità della carne ma deve essere eseguito con attenzione per evitare un aumento delle lesioni cutanee. Una superficie disponibile sull’automezzo inferiore a 0,4 m per 100 kg p.v. non influenza negativamente la qualità della carne ed ha scarso effetto sulla presenza di lesioni cutanee. Pertanto tale pratica risulta idonea per trasporti di breve durata. Inoltre la risposta a tali trattamenti non viene modificata nel caso in cui questi vengano applicati a suini eterozigoti per il gene alotano. Riguardo alla sosta pre-macellazione, una durata pari o inferiore alle 2 ore riduce la presenza di lesioni cutanee sulla carcassa ma causa 132 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 un peggioramento rilevante della qualità della carne. Nel complesso emerge che trattamenti pre- macellazione come il carico mediante rampa ed un’elevata densità di trasporto, ritenuti particolarmente stressanti, non comportano, per il suino pesante, conseguenze negative se vengono applicati correttamente. BIBLIOGRAFIA Barton Gade P., Warnss P. D., Brown S. N., Lambooij E. (1996). Methods of assessing meat quality. Proc. EU Seminar “New information on welfare and meat quality of pigs as related to handling, transport and lairage conditions”, Mariansee, Germany, 23-34. Barton Gade, P., Christensen, L. (1998). Effect of different stocking densities during transport on welfare and meat quality in Danish slaughter pigs. “Meat Science”, 48, 237-247. De Smet S. 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Effetto della modalità di carico sulle lesioni cutanee della carcassa e sulla qualità della carne e del prosciutto (media ± e.s.) Table I. Effect of loading method on carcass skin damage and meat and ham quality (mean ± s.e.). Modalità di carico Loading method Rampa Elevatore Ramp Lift Prova n. 1(1) Trial no. 1 Suini n. 266 241 Pigs no. Lesioni cutanee severe (%) 10,15 7,88 Severe skin damage pH1, BF 6,40 ± 0,02 6,40 ± 0,02 pHu BF 5,54 ± 0,01 5,53 ± 0,01 pH l, BF < 5.90 (%) 0,75 0,41 pHu BF > 6.00 (%) 0,38 0,00 (2) Perdite sgocciolamento LD (%) 3,96 ± 0,09 4,03 ± 0,09 Drip loss Calo la salatura prosciutto (%) 1,32 ±0,02 1,34 ± 0,02 V salting weight loss Calo stagionatura prosciutto (%) 27,08 ±0,1 8 27,34 ±0,19 Processing loss Prova n. 2(3) Trial no. 2 Suini n. no. 108 110 Pigs Lesioni cutanee severe (%) 12,04 10,00 Severe skin damage pHl, BF 6,25 ± 0,02 6,16 ± 0,02 pHu BF 5,51 ±0 ,01 5,52 ± 0,01 pHl,, BF < 5.90 (%) 4,63 6,36 pHu BF>6.00 (%) 0,00 0,00 Perdite sgocciolamento LD(4) (%) 6,78 ± 0,15 6,87 ± 0,1 5 Drip loss Calo la salatura prosciutto (%) 1,51 ± 0,03 1,49 ± 0,03 st 1 salting weight loss Calo stagionatura prosciutto (%) 28,16 ± 0,22 28,04 ± 0,21 Processing loss 1) Nanni Costa e coll., 1999b; medie di due allevamenti. (2) Durata test 2 d. (3) Nanni Costa e coll., 1999a. (4) Durata test 5 d. 134 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Tabella 2. Effetto della densità di trasporto sulle lesioni cutanee della carcassa e sulla qualità della carne (media ± e.s.) Table 2. Effect of stocking density on carcass skin damage and meat quality (mean ± s.e.). Densità di trasporto (m” per 100 kg p.v.) Stocking density 0.4 m2 < > 0.6 m2 Prova n. 1(1) Trial no. 1 Suini n. 221 286 Pigs. no Lesioni cutanee severe (%) 8,14 8,39 Severe skin damage pHl, BF 6,40 ± 0,02 6,41 ± 0,02 pHu BF 5,53 ± 0,01 5,54 ±0,01 pHl,BF<5.90 (%) 0,90 0,35 pHu BF > 6.00 (%) 0,00 0,00 (2) Perdite sgocciolamento LD (%) 4,05 ± 0,09 3, 94 ± 0,08 Drip loss Calo 1 a salatura prosciutto (%) 1,33 ± 0,02 1,33 ± 0,02 st 1 salting weight loss Calo stagionatura prosciutto (%) 27,1 3 ± 0,20 27,28 ± 0,17 Processing loss Prova n. 2(3) Trial no. 2 N. suini n. 95 123 No. pigs no Lesioni cutanee severe (%) 12,63 9,76 Severe skin damage pHl, BF 6,21 ± 0,02 6,20 ± 0,02 pHu BF 5,52 ± 0,01 5,51 ± 0,01 pHl,BF<5.90 (%) 5,26 5,69 pHu BF > 6.00 (%) 0,00 0,00 Perdite sgocciolamento LD(4) (%) 6,75 ± 0,16 6,90 ± 0,14 Drip loss Calo 1a salatura prosciutto (%) 1,51 ± 0,03 1,50 ± 0,03 st 1 salting weight loss Calo stagionatura prosciutto (%) 28,16 ±0,24 28,05 ± 0,20 Processing loss (1) Nanni Costa e coll., 1999b; medie di due allevamenti. (2) Durata test 2 d. (3) Nanni Costa e coll., 1999a. (4) Durata test 5 d. 135 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Tabella 3. Effetto della durata della sosta al macello sulle lesioni cutanee della carcassa e sulla qualità della carne. Table 3. Effect oflairage time on carcass skin damage and meat quality. Tempo di sosta Lairage time <2 ore 2 - 4 ore una notte <2h 2-4h Overnight Prova n. 2(1) Trial no. 2 Suini n. 108 110 Pigs no. Lesioni cutanee severe (%) 8,33 13,64 Severe skin damage pHu BF 5,50 ± 0,0 la 5,54 ± 0,0 lb pHl, BF < 5.90 pHu BF> 6.00 Perdite sgocciolamento LD Drip loss Calo I a salatura prosciutto 1st salting weight loss Calo stagionatura prosciutto Processing loss Prova n. 3(2) Trial no. 3 (%) (%) (%) 9,26 0,00 7,04 ± 0,15a 1,82 1,82 6,61 ± 0,15b (%) 3,65 ± 0,03 3,66 ± 0,03 (%) 28,12 ± 0.21 28.09 ± 0.22 Suini n. 148 146 Pigs no. Lesioni cutanee severe (%) 10,81 15,07 Severe skin damage pHl, SM 6,25 ± 0,21 6,27 ± 0,23 A pHuSM 5,51 ±0 ,19 5,56 ± 0,1 1B pHl, SM<5.90(%) (%) 4,0 1,4 pHu SM > 6.00 (%) (%) 0.0 2.0 Suini n. 207 222 Pigs no. Lesioni cutanee severe (%) 15,94 19,82 Severe skin damage pHl, SM 6,30 ± 0,24a 6,36 ± 0,22b pHuSM 5.56 ± 0,16 5,54 ± 0,17 pHl, SM < 5.90 (%) 4,83 1,35 pHu SM > 6.00 (%) 1,45 3,60 (l)Nanni Costa e coll., 1999a. Medie ±e.s.. (2) Russo e coll., 1998. Medie ± d.s.. 136 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 PRIME VALUTAZIONI APPLICATIVE SUL BENESSERE NEL TRASPORTO DEGLI ANIMALI DA ALLEVAMENTO E DA MACELLO IN SEGUITO ALL’APPLICAZIONE DEL D.L.vo 388/98 Vincenzo Fedele1 , Andrea Filippin1 , Mauro Gnaccarini2 , Milo Julini3 , Mario Marino 2 , Franco Redoglia2 RIASSUNTO: Gli Autori, considerate le esperienze condotte in una Azienda Sanitaria ad elevata vocazione zootecnica nei primi mesi di fattiva applicazione del D.L.vo 388/98, formulano una prima valutazione relativamente al benessere degli animali trasportati sia fra allevamenti sia a scopo di macellazione; delineano, in particolare, le caratteristiche dell’attività istruttoria e di educazione sanitaria svolta al fine della corretta applicazione del decreto citato e della necessaria formazione del personale preposto ad accudire gli animali, alla luce della situazione riscontrata precedentemente allo svolgimento della stessa posta a confronto con le prime possibili valutazioni di efficacia. PAROLE CHIAVE: servizio veterinario, benessere animale, trasporto PRELIMINARY EVALUATION ON WELFARE DURING TRASPORT OF FARM AND SLAUGHTER ANIMALS ACCORDING THE D.Lvo 388/98 SUMMARY: According to the experiences obtained in a Local Health Unit during the first months of application of the D.Lvo 388/98, the authors evaluate the welfare of farm and slaughter animals. Special attention is devoted to the tutoring and health education for the application of the aforementioned regulation, as well as for the training of the animal care personnel, with the aim to compare the previous situation with new possible efficiency estimates. KEY WORDS: veterinary service, animal welfare, transport _____________________________ 1 Veterinario dirigente II liv., A.S.L. 10 Pinerolo (To). Veterinario dirigente I liv., Ibidem. 3 Professore associato, Dipartimento di Patologia Animale, Università di Torino. 2 137 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 PREMESSA II D.L.vo 30.12.1992 n°502, e successive modificazioni, ha previsto una nuova articolazione dei Servizi di Prevenzione e collocato all’interno di apposito Dipartimento i Servizi Veterinari cui è stata affidata la competenza, fra l’altro, anche sulla tutela del benessere degli animali, disciplina a pieno titolo inserita fra le attribuzioni del veterinario pubblico. Tale riconoscimento sembra molto dipendere dall’importanza applicativa della stessa e da quanto determinante risulta oggi il contributo veterinario ad un progetto di prevenzione che il legislatore ha voluto oggi sempre più completo e rispondente alle esigenze dell’utente, confermando i propri intenti con il D.L.vo 229/99 (“riforma Bindi”). Per tale motivo si ritiene fondamentale comprendere in primo luogo la valenza applicativa attribuita agli ormai molteplici corpi normativi emanati a tutela del benessere degli animali, non solo con riferimento agli allevamenti ma anche relativamente ad importanti momenti ad esso correlati; in tale ambito ha assunto un ruolo determinante la “problematica trasporto”, sia nelle fasi intermedie, fra allevamenti, sia al termine della vita produttiva degli animali, quando questi vengono destinati alla macellazione. L’abbondante legislazione posta oggi a tutela del benessere degli animali, emanata a livello sia nazionale sia comunitario, è divenuta realmente applicabile all’ambito globalmente inteso dell’allevamento intensivo di animali da reddito soprattutto da quando, nell’ultimo decennio, è notevolmente cresciuta la sensibilità generale per tale problematica. Sensibilità derivante non soltanto da quelle spinte emotive che hanno caratterizzato per lo più i movimenti animalisti, ma anche ed in particolar modo dall’aver compreso che il benessere animale, in un’ottica di prevenzione che voglia anche tutelare in modo complessivo il consumatore, deve essere oggi parte integrante di una corretta gestione degli animali stessi e dell’azienda. Occorre osservare che il legislatore in un primo tempo ha tutelato il benessere degli animali in allevame nto in ossequio a concetti tanto innovativi quanto di portata generale, quali furono quelli espressi nel Brambell Report del 1965, la cui validità è oggi dimostrata dal fatto che il Farm Animal Welfare Council del 1992, nel conferire dignità scientifica alle cosiddette “Cinque Libertà Fondamentali degli Animali”, ha ritenuto necessario rifarsi agli stessi provvedendo a definirne meglio il significato e la portata. Tali concetti sono stati quindi recepiti prima a livello Comunitario con le Convenzioni di Strasburgo del 1976 e del 1979, poi a livello Nazionale con la Legge 14.10.1985 n° 623. Solo in un secondo tempo la normativa ha dimostrato la volontà di incidere in una certa misura su aspetti più particolari quali, fra l’altro, le caratteristiche sia dei mezzi di trasporto sia del personale deputato ad accudire gli animali durante il viaggio. Ci si riferisce a quanto normato prima con il Decreto Legislativo 30.12.1992 n°532 sulla protezione degli animali durante il trasporto, innovazione sostanziale in materia in quanto già contenente - nell’Allegato - specifiche disposizioni per le diverse tipologie di animali e per i diversi tipi di trasporto, poi con il Decreto Legislativo 20.10.1998 n°388 che, determinando requisiti assai più dettagliati per ogni tipologia di trasporto avente finalità di lucro, ha innovato ulteriormente e significativamente la precedente norma, ancorché con un certo ritardo, recependo solo tre anni più tardi quanto dettato in sede comunitaria già all’inizio del 1995 con la Direttiva 95/29/CE (Tabella 1). Nondimeno, in molti casi si rileva una stridente contraddizione tra quanto ormai 138 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 costituisce coscienza professionale sul concetto di benessere animale e quanto promulgato dal legislatore in merito. Volendo infatti dare la dovuta considerazione alle esigenze etologiche, l’osservazione in campo rende palese come in determinate situazioni, e prevalentemente negli allevamenti intensivi e nei trasporti a questi correlati, vengano trascurate le esigenze comportamentali. Scaturisce anche da ciò, unitamente all’attuale obbligo di legge, l’esigenza di attuare, nel contesto delle attività proprie dei Servizi Veterinari delle AA.SS.LL., programmi di educazione sanitaria e di revisione dei procedimenti finalizzati a dare rapidamente, come necessario, fattiva applicazione a quanto complessivamente sopra considerato. TABELLA 1: PRINCIPALI DISPOSTI NORMATIVI SUL BENESSERE DEGLI ANIMALI “DA REDDITO” L.14.10.1985 n°623 DPR 24.05.88 n°233 D.L.vo 30.12.92 n°532 D.L.vo 30. 12.92 n°533 D.L.vo 30.12.92 n°534 L.22.1 1.1993 n°473 Direttiva Reg. Piemonte 2/98 D.LvoO 1.09.98 n°331 D.Lvo 01. 09.98 n°333 D.L.vo 20.10.98 n°388 D.Lvo 22.05.99 n°196 Ratifica delle Convenzioni di Strasburgo del 1976 e del 1979 - protezione degli animali in allevamento e al macello Attuazione della Direttiva n°86/l 13/CEE - norme per la protezione delle galline ovaiole in batteria Attuazione della Direttiva n°91/628/CEE - norme per la protezione degli animali durante il trasporto Attuazione della Direttiva.n°91/629/CEE - norme minime per la protezione dei vitelli Attuazione della Direttiva.n°91/630/CEE - norme minime per la protezione dei suini Sostituisce il precedente ART.727 C.P. - nuove norme contro il maltrattamento degli animali - Indicazioni operative per l’attuazione delle direttive C. E. relative alla protezione degli animali durante il trasporto Attuazione della Direttiva.n°97/2/CE - norme minime per la protezione dei vitelli Attuazione della Direttiva.n°93/l 19/CE - protezione animali durante la macellazione o l’abbattimento Attuazione della Direttiva 95/29/CE - norme per la protezione degli animali durante il trasporto Attuazione della Direttiva 97/1 2/CE - norme per gli scambi intracomunitari di bovini e suini - Nota: in grassetto sono evidenziati i corpi normativi riguardanti anche solo parzialmente il trasporto degli animali. 139 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 MATERIALI E METODI L’attività svolta, relativamente alla corretta applicazione delle nuove norme sulla tutela degli animali durante i trasporti, si può sinteticamente riferire a due settori d’intervento specificatamente individuati, ed esattamente: 1) la revisione delle procedure autorizzative dei mezzi di trasporto; 2) la formazione del personale addetto alla cura e custodia degli animali trasportati. 1) La revisione delle procedure autorizzative dei mezzi di trasporto. Si è ritenuto indispensabile rivedere le procedure, la modulistica ed i riferimenti legislativi delle autorizzazioni sanitarie degli automezzi per il trasporto di animali vivi, dovendo prendere atto che, pur rimanendo attuali le prescrizioni fornite in materia dal D.P.R 320/54 - Regolamento di Polizia Veterinaria -, tali riferimenti non potevano più essere considerati sufficienti ed esaustivi. In particolare è stato necessario recepire nell’iter procedurale e nella modulistica sia il D.L.vo 532/92, sia la Direttiva Regionale 2/98 e, in corso d’opera, anche i DD.LL.vi 388/98 e 196/99, cercando di evitare eccessive burocratizzazioni onerose per l’utenza. Particolare attenzione è stata posta alla metodica ed alla verbalizzazione del sopralluogo veterinario, teso sia a verificare le caratteristiche strutturali dell’automezzo e dell’autorimessa, sia a valutare la tipologia dei trasporti che si intenda svolgere per tipo di tragitto, durata del viaggio e specie animale trasportata, contemplando la possibilità di prescrivere adeguamenti e, in ultimo, di “personalizzare” l’autorizzazione con prescrizioni e/o limitazioni ad hoc. Inoltre, in armonia con la Direttiva Regionale 2/98, si è convenuto, previo accordi con i Sindaci dei Comuni che gravitano nel territorio dell’A.S.L., di formalizzare un’autorizzazione quinquennale con rinnovo annuale delegato esclusivamente al Servizio Veterinario, con notevole sgravio degli oneri a carico degli utenti e delle Amministrazioni comunali (tabella 2). 2) La formazione del personale addetto alla cura e custodia degli animali trasportati. Al fine di poter attestare la formazione delle persone cui viene affidato il trasporto degli animali, così come previsto dal D.L.vo 388/99, il Servizio Veterinario si è attivato organizzando un corso di formazione rivolto sia ai titolari di impresa di autotrasporti, sia agli autisti dipendenti, sia ai privati titolari di mezzi autorizzati al trasporto di animali vivi, non trascurando il fatto che nei trasporti ai fini di macellazione potrebbe essere sottostimata la necessità di tutela del benessere (tabella 3). Nonostante le difficoltà iniziali dovute alle perplessità dell’utenza, l’iniziativa ha riscosso un notevole successo attestato dai risultati dei quiz di valutazione del corso proposto ai frequentatori, ma anche dalle richieste pervenute da parte di coloro che, per motivi di orario e di impegni di lavoro, non hanno potuto partecipare in prima battuta, di organizzare una seconda edizione dell’attività formativa. Inoltre la preparazione del corso ha fornito l’occasione per coinvolgere i colleghi medici del Servizio Igiene nell’attività di docenza per lo sviluppo delle problematiche inerenti l’autorizzazione, la disinfezione e lo smaltimento dei reflui delle autorimesse. Per i frequentatori è stata preparata una dispensa con la sintesi delle lezioni e la legislazione di riferimento; è stato inoltre concepito un tesserino internazionale attestante la formazione specifica. Dal confronto con i test di inizio corso con una percentuale di risposte esatte pari al 35%, con i test di fine corso (stesse domande) con una percentuale di risposte esatte pari al 75%, si è potuto evincere un grado del tutto soddisfacente di efficacia dell’iniziativa. 140 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 TABELLA 2: DIAGRAMMA DI FLUSSO RILASCIO/RINNOVO AUTORIZZAZIONE TRASPORTO ANIMALI VIVI 141 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 TABELLA 3: OBIETTIVI, METODOLOGIA,PROGRAMMA ED ARGOMENTI DEL CORSO OBIETTIVI FORNIRE AI PARTECIPANTI LE NOZIONI FONDAMENTALI E FORMAZIONE SPECIFICA PREVISTA DAI DD.LL.VI 532/92 E 388/98 METODOLOGIA IL CORSO SI BASA SU: • TEST DI VALUTAZ10NE INIZIALE; • LEZIONI “EX CATTEDRA”; • ESEMPI PRATICI RELATIVI AGLI ARGOMENTI TRATTATI; • GRUPPI DI LAVORO • DISCUSSIONE IN PLENARIA CON RISPOSTE AI QUESITI CHIARIMENTI; • TEST FINALE PROGRAMMA ED ARGOMENTI DEL CORSO E ü Introduzione e presentazione del corso; ü Questionario inizio corso; ü L’autorizzazione al trasporto di animali ai sensi del Regolamento di Polizia Veterinaria; ü Requisiti ed igiene (concetti generali) dei mezzi di trasporto; ü Obblighi dei trasportatori previsti dal D.Lvo 532/92 e dal D.L.vo 388/98; ü La formazione specifica del trasportatore; ü II benessere animale durante i trasporti e le principali caratteristiche etologiche delle specie trasportate; ü La detersione e disinfezione dei mezzi di trasporto per animali; ü Problematiche igienico-ambientali delle autorimesse e dei disinfettanti utilizzati; ü Esempi pratici relativi agli argomenti trattati; ü Risposte a quesiti e chiarimenti ü Questionano di fine corso e rilascio attestati 142 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 CONCLUSIONI L’iniziativa è stata dettata da un duplice ordine di esigenze che si sono dimostrate particolarmente sentite sia dagli operatori che dall’utenza; la prima è quella di conoscere, capire e ordinare una complessa e articolata normativa che tumultuosamente si aggio rna e si rincorre al fine di poterla applicare; la seconda è relativa al concetto stesso di benessere che, come è noto, ha una forte caratterizzazione multidisciplinare, investe notevolmente la sfera emotiva dell’uomo in base alle sensibilità di ciascuno e risulta spesso difficilmente oggettivabile. In questo panorama, a prescindere dall’obbligo degli adempimenti per la revisione delle autorizzazioni, che comunque sono parte integrante dell’operare di un Servizio pubblico, si è ritenuto di capitale importanza adoperarsi nel difficile compito dell’educazione sanitaria. Questo tipo di attività ha comportato innanzitutto il coinvolgimento di alcuni colleghi, veterinari e medici, per la docenza, lo studio preliminare degli argomenti, un notevole impegno organizzativo anche finalizzato ad una didattica efficace e, infine, un confronto chiarificatore con l’utenza per conoscerne i problemi imprenditoriali da una parte e per cercare soluzioni che possano soddisfare gli obblighi di legge dall’altra. Tale confronto si è dimostrato istruttivo per tutti i partecipanti all’iniziativa, mettendo in evidenza come la strada intrapresa sia giusta ma anche ricca di potenzialità per il futuro, considerato che il dibattito pubblico sul benessere animale pare lontano da conclusioni certe e definitive. BIBLIOGRAFIA La bibliografia è disponibile presso gli autori. 143 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 144 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 ANALISI DELLE PERFORMANCE PRODUTTIVE E DELL’ETOGRAMMA IN CONIGLI IN GABBIA A DIFFERENTE NUMEROSITÀ V. Ferrante1 , C. Castrovilli2 , M. Verga 3 e S. Maggi4 RIASSUNTO: II presente studio ha avuto come scopo la valutazione dell’adattamento della specie cunicola all’allevamento in gabbia a differenti numerosità, mantenendo la stessa densità per tutta la durata della fase d’ingrasso. Lo studio è stato realizzato valutando parametri zootecnici (accrescimento, ICA, resa al macello) ed il comportamento (72 ore di osservazione per ciascuno dei tre gruppi sperimentali) in 100 conigli maschi allevati in gabbie mono, bi e tri-cellulari. Le performance produttive non hanno mostrato differenze di rilievo anche se, gli animali in gabbia a tre, hanno evidenziato peso finale ed incrementi leggermente superiori (peso finale: gabbie a 1: g 2853.42±101.85; gabbie a 2: g 2959.07+62.69; gabbie a 3: g 3006.40+52.08. Incremento totale: gabbie a 1: g 2000.5+102.3; gabbie a 2: g 2123.57±58.25; gabbie a 3: g 2142.16±49.36). L’etogramma dei soggetti allevati a due ed a tre si è presentato completo ad indicare un buon grado di adattamento alla situazione di allevamento. Al contrario, gli animali allevati da soli, hanno mostrato la tendenza ad instaurare comportamenti ripetitivi ed apparentemente privi di scopo, simili alle stereotipie, quali un’attività protratta all’abbeveratoio ed il mordere la gabbia. I risultati sembrerebbero dimostrare che l’allevame nto in piccoli gruppi può essere una strada percorribile per l’ingrasso del coniglio sia da un punto di vista produttivo che da un punto di vista comportamentale. Infatti nella presente indagine non si sono riscontrati fenomeni di aggressività dovuti, solitamente, a problemi legati non tanto alla numerosità, ma a stress da sovraffollamento. PAROLE CHIAVE: Coniglio, sistemi di allevamento, benessere ANALYSIS OF PRODUCTION AND BEHAVIOUR IN RABBITS HOUSED IN CAGES WITH DIFFERENT NUMBER OF ANIMALS X CAGE SUMMARY: The aim of this study was to evaluate the adaptation of rabbits (Oryctolagus cuniculus) caged with different number of animals per cage at the same density. One hundred male rabbits were housed in cages with 1, 2 or 3 animals per cage at the same density (840 sqcm/head). The considered variables were some productive traits (weight gain, feed-gain ratio and dressing percentage) and some behavioural ___________________________ 1 Dottorando di Ricerca. Istituto di Zootecnica. Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano. 2 Professore Associato. Istituto di Zootecnia Generale. Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Milano. 3 Professore Associato. Istituto di Zootecnica. Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano. 4 Libero Professionista. Milano. 145 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 elements. For behavioural study each experimental group was observed for 72 hours. The productive performance showed no significant differences even if the rabbits kept 3 x cage showed a higher final weight and weight gain (Final weight: 1 x cage: g 2853.42±101.85; 2 x cage: g 2959.07+62.69; 3 x cage: g 3006.40Ì52.0. Total weight gain: 1 x cage: g 2000.5±102.3; 2 x cage: g 2123.57+58.25; 3 x cage: g 2142.16±49.36). The rabbits kept 2 or 3 x cage showed an ethogram which may indicate a good level of adaptation to the environment. The single caged rabbits presented some repetitive and without any obvious purpose behaviours such as activity towards nipple and biting the cage which can be considered stereotipies. These results seem to demonstrate that keeping rabbits in small groups during the fattening period may be a good strategy both from the productive and from the behavioural point of view. In this study no aggressive behaviour occurred, in fact this problem seems to be related more to overcrowding then to the number of rabbit per cage. KEY WORDS: Rabbit, housing systems, welfare PREMESSA Fino ad oggi, fatta eccezione per il coniglio utilizzato nella sperimentazione animale, non esiste, per l’allevamento cunicolo, alcuna regolamentazione comunitaria particolare: è tuttavia certo che la coniglicoltura non si sottrarrà alla vigilanza delle associazioni protezionistiche e non sarà sicuramente dispensata dall’avere, anch’essa, una regolamentazione (Morisse, 1995). Nell’ambito della Unione Europea, infatti, sono molto dibattute le problematiche relative al benessere animale, in funzione, soprattutto, del sistema di allevamento, della quantità di spazio e delle caratteristiche dello stesso; quindi da un lato si deve considerare l’opportunità dell’allevamento in gabbia od in strutture alternative, dall’altro, a parità di strutture, il cosiddetto «arricchimento ambientale» (Stauffacher, 1992). In alcuni paesi europei sono stati eseguiti appropriati studi che hanno portato alla promulgazione di regolamenti interni riguardanti vari aspetti dell’allevamento, quali le dimensioni delle gabbie e la densità degli animali. E’ il caso ad esempio del Regno Unito, in cui sono da tempo in vigore i “Codes of Recommendations for the welfare of livestock”: quello relativo ai conigli è del 1987, e contiene, oltre alle altre norme riguardanti il management, anche le indicazioni sullo spazio minimo da fornire agli animali, sia in gabbia che in gruppo. Indicazioni sullo spazio per le strutture di stabulazione sono state fornite anche, nel 1992, dalla sezione tedesca della WRSA (World Rabbit Science Association). Anche in Svizzera si sono sviluppate ricerche in merito alle tipologie di stabulazione dei conigli, promosse dallo Swiss Federal Veterinary Office, per fornire un supporto scientifico sull’adeguatezza delle strutture attualmente presenti in commercio in termini di welfare degli animali e per sviluppare, ove necessario, nuovi sistemi alternativi più idonei allo scopo (Stauffacher, 1992). Lo scopo della presente indagine è stato quello di valutare l’adattamento della specie cunicola all’allevamento in gabbia a differenti numerosità, mantenendo la stessa densità per tutta la durata della fase d’ingrasso. 146 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 MATERIALI E METODI Per la presente prova sono stati utilizzati 100 conigli maschi di 30 giorni. I conigli sono stati suddivisi random in tre gruppi e stabulati in tre moduli di gabbie modello California. Erano presenti tre tipologie di gabbie delle seguenti dimensioni: cm 20,5x41x29; cm 41x41x29; cm 61,5x41x29. Nella prima è stato messo un solo animale, nella seconda due animali, nella terza tre animali, in modo da ottenere una differente numerosità ma una uguale densità (840 cm /capo). Gli animali sono stati alimentati ad libitum con un mangime commerciale provvedendo a controllare i consumi. Tutti i conigli sono stati pesati al loro arrivo e in seguito ogni due settimane. Si è in tal modo ottenuta la curva di crescita e si è potuto valutare l’indice di conversione. Tutti i conigli sono stati macellati a 80 giorni di età; la resa alla macellazione è stata calcolata a freddo. Per la valutazione dell’etogramma la raccolta dei dati è stata effettuata mediante l’utilizzo di riprese video 24 ore su 24. Su ciascun gruppo si sono effettuate tre riprese, all’inizio, a metà e alla fine del periodo di ingrasso (periodo 1, periodo 2 e periodo 3), per un totale di 72 ore di osservazioni per ciascun gruppo. La lettura delle riprese (notturne e diurne) è stata effettuata con il metodo scan sampling di un minuto ogni cinque per tutte le 24 ore (Martin e Bateson, 1993) durante il quale si è registrato per ciascun coniglio la frequenza dei seguenti comportamenti: riposo, attività all’abbeveratoio, annusa coniglio, annusa oggetto, “self- grooming” (toeletta), “allogrooming” (toeletta reciproca), morde, mangia, movimento, corsa, fermo, gioca ed eventuale presenza di comportamenti anomali e di interazioni aggressive. I dati produttivi ed i dati comportamentali sono stati analizzati tramite analisi della varianza non parametrica, test di Kruskal-Wallis (Siegel e Castellan, 1992). Le variabili comportamentali sono state sottoposte anche ad analisi delle componenti principali (Todeschini R., 1998). RISULTATI E DISCUSSIONE Dall’esame dei risultati ottenuti è emerso un peso finale leggermente superiore degli animali allevati in gabbie multiple rispetto agli animali allevati singolarmente. Questo risultato è confermato dagli incrementi ponderali che sono risultati migliori per gli animali allevati in tri-cellulare (Fig. l). Questi risultati, anche se non significativi, sembrano indicare che l’allevamento in gruppo rappresenta una valida alternativa all’allevamento in gabbia singola sempre che non si utilizzino densità troppo elevate. Ad esempio, Gallazzi (1985), allevando conigli su lettiera, verificò un accrescimento non ottimale a densità pari a 640 cm /capo. Diversi autori si sono occupati del problema delle rese produttive in animali allevati a differenti densità. In particolare Aubret e Duperray (1992) hanno riscontrato incrementi giornalieri significativamente maggiori alle densità inferiori (16.9 vs l9.8 capi/m2 ) già a 42 giorni. Tali risultati discordano con quelli ottenuti da Giavarini et al. (1986) che hanno trovato performance produttive migliori nell’allevamento mo no-cellulare rispetto a quello in colonia. L’indice di conversione è risultato migliore negli animali stabulati a coppie (ICA 3.49) rispetto a quello dei soggetti allevati singolarmente (ICA 3.7) o in tre per gabbia (ICA 3.66). La resa alla macellazione ha confermato l’andamento degli incrementi ponderali risultando maggiore, anche se non significativamente, negli animali allevati a tre (gabbie a 1: 1780.45+53.66; gabbie a 2: 1835.48±57.43; gabbie a 3: 1853.23+31.05). La resa alla macellazione è risultata identica per tutte e tre le tipologie stabulative e pari a 62%. 147 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Anche Crimella et al. (1988), analizzando le performance produttive di conigli allevati a numerosità differenti, hanno rilevato incrementi ponderali migliori negli animali in 4 per gabbia senza riscontrare differenze per quanto riguarda l’indice di conversione. L’analisi preliminare dei dati comportamentali, effettuata con il metodo delle componenti principali, ha presentato una percentuale di varianza cumulativa spiegata dalle prime tre compone nti pari al 66% della varianza totale. La prima componente (varianza: 0.36%) è costituita principalmente da variabili quali: movimento, grooming ed attività alimentare; la seconda (varianza: 18%) invece da attività quali: il bere contrapposto a corsa, gioco e self- grooming (Fig. 2a). Osservando lo scatter plot effettuato classando gli oggetti in base alla numerosità di animali per gabbia (Fig. 2b) risulta evidente che, sulla seconda componente, si ha una netta separazione delle tre numerosità. Infatti , come si vedrà anche in seguito, gli animali in gabbia singola presentano frequenze di attività all’abbeveratoio più elevate rispetto agli altri animali in tutto il periodo sperimentale (Fig. 3), mentre le frequenze di corsa e di self- grooming risultano molto ridotte. Per quanto riguarda la rappresentazione dell’etogramma si può notare che il riposo presenta, per tutte le condizioni stabulative e per tutta la durata della prova, percentuali più elevate rispetto a tutte le altre attività (Tab. 1). La prevalenza del riposo sulle attività è riconosciuta anche da altri autori; Samoggia (1985) evidenziò una percentuale del 25-26% di riposo tranquillo e del 71% di riposo vigile in animali adulti non soggetti a particolare stress. Se si osservano in dettaglio le differenze tra i diversi trattamenti, si può notare che i conigli stabulati singolarmente presentano, nel primo periodo, tempi di riposo significativamente inferiori rispetto agli animali degli altri trattamenti (P<0.001). Tale tendenza subisce un’inversione negli altri due periodi nei quali, infatti, i conigli singoli riposano di più rispetto agli animali a due o a tre. Questo risultato può derivare dal fatto che con l’aumentare del peso le dimensioni ridotte della gabbia mono-cellulare non consentono di effettuare molto movimento e per di più l’animale è privo di stimoli che lo spingano a esplicare qualche attività. Questi risultati possono essere meglio compresi se si considera che il movimento è stato sempre significativamente inferiore in questi animali rispetto quelli allevati a due o a tre per gabbia per tutta la durata della prova (periodo1: P<0.01, periodo 2: P<0.001, periodo 3: P<0.001). Anche Schlotyssek e Eissele (1986) hanno riscontrato un’attività locomotoria ridotta in conigli allevati singolarmente. Lehman (1986), scomponendo il movimento di salto e di balzo del coniglio, dimostrò che, per compiere un balzo, l’animale necessiterebbe di una gabbia alta due volte la propria altezza e per un salto una gabbia larga tre volte la sua lunghezza. Nella presente situazione è chiaro che a parità di densità lo spazio nelle gabbie doppie e ancor più nelle triple era tale da permettere una maggiore attività locomotoria; infatti in queste situazioni si è riscontrato anche il comportamento del correre del tutto assente nei conigli singoli. Per quanto riguarda il manifestarsi di comportamenti anomali risulta interessante notare che i conigli in gabbia singola presentano il comportamento dì mordere la gabbia con frequenza significativamente superiore rispetto alle altre numerosità (periodo 1: p<0.01, periodo 3: p<0.01). L’interpretazione di tale comportamento è controversa: infatti, mentre Podberscek et al. (1991), pur ammettendo che le stereotipie nel coniglio sono un’evenienza rara, classificano tra queste il mordere la gabbia riscontrandolo esclusivamente nei conigli singoli, Morisse e Maurice (1997) sostengono che comportamenti quali grattare il pavimento o rosicchiature sporadiche della gabbia non 148 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 sarebbero altro che attività normali svolte in ambiente anomalo. Anche l’attività all’abbeveratoio ha avuto un andamento significativamente differente nei singoli rispetto agli animali a due o a tre in tutto il periodo sperimentale (Fig. 3). La maggior frequenza di tale comportamento potrebbe indicare che, essendo l’ambiente fisico e sociale di questi animali scarsamente stimolante, essi trovano nell’abbeveratoio uno stimolo distraente. CONCLUSIONI Dall’analisi dei risultati ottenuti sembra possibile concludere che, sia da un punto di vista produttivo che comportamentale, l’allevamento in piccoli gruppi possa costituire una valida alternativa. Infatti, a fronte di parametri produttivi sostanzialmente sovrapponibili, gli animali in gruppo presentano dal punto di vista comportamentale un repertorio più vario rispetto agli animali singoli. In particolare presentano attività locomotorie quali la corsa ed attività sociali quali il gioco o il grooming che sono molto importanti per un corretto sviluppo del comportamento e più in generale per il benessere del coniglio. Gli animali in gabbia singola presentano, invece, un’eccessiva attività all’abbeveratoio e il mordere le strutture, attività che potrebbero indicare un ridotto benessere dovuto a carenza di spazio e di contatti sociali in un ambiente già di per sé ipostimolante. Fig. 1 - Incremento ponderale medio Fig. I - Mean of weight gain 149 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Fig. 2a - Proiezione dei Loadings delle variabili comportamentali sulle prime due componenti. Fig. 2a - Loadings of behavioural variables on the first two component. Fig. 2b - Proiezione degli oggetti classati per numero di conigli per gabbia Fig. 2b - Plot of variables classed according to number of rabbit x cage 150 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Fig. 3 - Attività all’abbeveratoio Fig. 3 - Activity towards the nipple *** P<0.001 Tab. 1 - Distribuzione percent uale di attività e di riposo nelle diverse numerosità di gabbia nei differenti periodi Tab. 1 - Percentage of activity and rest for each number of rabbit per cage in the whole fattening period Periodo/Period 1 %/numerosità 1 number x cage Attività 40.88 Activity Riposo 59.12 Rest 2 2 3 1 2 3 3 1 2 3 33.45 37.49 33.87 37.06 39.66 39.06 38.73 40.85 66.55 62.51 66.13 62.49 60.34 60.94 61.27 59.15 BIBLIOGRAFIA Aubret J.M., Duperray J. (1992). Effect of cage density on the performance and health of the growing rabbit. “J. Appl. Res.”, 15, 656-660. Crimella C., Verga M., Luzi F., Canali E. (1988). Sistema di allevamento alternativo nell’ingrasso del coniglio. “Riv. Coniglicoltura”, 2, 41-44. Gallazzi D. (1985). Allevamento e svezzamento del coniglio su lettiera permanente. “Riv.Coniglicoltura”, 12, 36-38. Giavarini I., Vecchi A.M., Fini Mazzanti A., Zucchi P. (1986). Ricerche sull’allevamento del coniglio da carne. “Riv. Coniglicoltura”, 6, 46-49. Lehman M. (1986). Interference of a restricted environment, as found in battery cages, 151 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 with normal behaviour of young fattening rabbits. In: “CEC Agricolture-Rabbit production systems including welfare” Ed. Ist. Sperim. Zootec. Torino 221-230. Martin P.R., Bateson P. (1993). “Measuring behaviour. An introductory guide”. Cambridge University Press. UK 2nd ed. Morisse J.P. (1995). La protezione animale come e perchè. “Riv. Coniglicoltura”, 6, 914. Morisse J.P., Maurice R. (1997). Influence of the stocking density on the behaviour in fattening rabbits kept in intensive conditions. “Proc. 6lh World Rabbit Congress” Tolouse 2, 425-429. Podberscek A.L., Blackshaw J.K., Beattie A.W. (1991). The behaviour of group penned and individually caged laboratory rabbits. “ App. Anim. Behav. Sci.”, 28, 365-373. Todeschini R. (1998). “Introduzione alla chemiometria”. EdiSES, Napoli, Italia. Samoggia G. (1985). Il comportamento del coniglio. “Riv. Coniglicoltura”, 11, 22-27. Schlotyssek S., Eissele K (1986). Ingrasso dei conigli con diversa concentrazione di capi nella stessa gabbia. “Zuchtungskunde”, 58, 142-147. Siegel S., Castellan J.R. (1992). “Statistica non parametrica”. 2nd edition, McGraw-Hill Libri Italia srl., Milan, Italy. Stauffacher M. (1992). Group Housing and Entrichment Cages for Breeding, Fattening and Laboratory Rabbits. “Animal Welfare”, 1, 105-125. 152 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 FATTORI CLIMATICI E PRODUZIONE DI LATTE IN BOVINE ALLEVATE Al TROPICI Rita Rizzi1 , Franco Cerutti2 RIASSUNTO: In un allevamento del Venezuela sono stati rilevati i dati di temperatura e umidita e sono stati raccolti i dati di produzione di latte individuale relativi a 255 bovine di razza Holstein e Jersey. E’ stata effettuata l’analisi della vananza per valutare l’effetto del parametro THI e di altri fattori sulla produzione di latte individuale giornaliera. La produzione di latte individuale era influenzata dai fattori considerati. Le due razze presentavano un calo di produzione all’aumentare della THI, in particolare dopo i valori considerati critici per il benessere. Le bovine Jersey risentivano meno dell’aumento di tale parametro e mostravano performance riproduttive migliori rispetto alle Holstein. PAROLE CHIAVE: Tropico, produzione di latte, adattamento CLIMATE FACTORS AND MILK PRODUCTION IN TROPICAL DAIRY COWS SUMMARY: Temperature, humidity and daily milk yield were collected for 255 cows in a farm in Venezuela. An analysis of variance was carried out to ecaluate the effects of THI index and other factors on daily milk yield. All factors significantly influenced the milk yield. A decrease in mik yield was found when THI values were higher than 72 Jersey cows were less suffering for increasing THI and showed better reproductive performance than Holsteins. KEY WORDS: Tropics, milk production, adaptability PREMESSA L’esposizione a stress termico induce una riduzione della produzione di latte ed un peggioramento delle sue caratteristiche (Thompson, 1985, Johnson, 1987, Bernabucci e Calamari, 1998). La produzione di latte e lo stadio di lattazione interagiscono con le alte temperature dell’aria e possono determinare risposte diverse negli animali allevati in condizioni di clima caldo (Calamari e coll., 1997). Oltre alla riduzione dell’ingestione di alimenti negli animali in condizioni di stress termico, altri fattori quali l’alterazione degli ormoni implicati nella galattopoiesi e l’aumento del fabbisogno energetico per le maggiori spese per la termoregolazione sembrano essere importanti nel ridurre la capacita produttiva delle vacche da latte in ambiente caldo (Bertoni e coll., 1991). Con la presente indagine si vuole analizzare l’effetto dei principali fattori climatici sulla produzione di latte in un allevamento ai tropici. ___________________________ 1 Ricercatore Confermato. Istituto di Zootecnica, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano. 153 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 MATERIALE E METODI In un allevamento del Venezuela centro occidentale sono stati rilevati 252 dati di temperatura e umidità alle ore 7, 12 e 17 dal 6 dicembre 1997 all’8 agosto 1998 e contemporaneamente sono stati raccolti i dati di produzione di latte delle due mungiture per singola vacca. In totale sono stati raccolti 9629 dati di produzione individuale relativi a 109 bovine di razza Holstein e 146 bovine di razza Jersey. La variabilità della produzione di latte individuale è stata studiata mediante analisi della varianza utilizzando un modello misto che includeva i fattori fissi dell’interazione anno-mese di parto, mese di rilevamento, interazione razza-età della bovina, interazione razzadistanza dal parto in giorni, l’interazione razza-THI e il fattore casuale della bovina. Sono stati considerati i valori del parametro THI (Bosen e Tromp, 1984) delle ore 7 e 17, in quanto avevano un effetto significativo e introdotti di volta in volta nel modello come fattore di regressione sia lineare che quadratica. RISULTATI E DISCUSSIONE L’allevamento in osservazione e situato in una regione collinare caratterizzata da temperatura ed umidita non elevate anche se, nelle ore comprese tra le 11 e le 18, si registrano valori di THI al di sopra di 72. Il THI medio, la temperatura e l’umidità medie registrati alle ore 12 e alle ore 17 sono simili e si discostano nettamente da quelli registrati alle ore 7 del mattino, che risulta anche più variabile rispetto agli altri due parametri (tabella 1). Tabella 1 - Medie della temperatura, humidita e THI. Table 1 - Mean temperature, humidity and THI. Variabile Ore 7 Ore 12 Trait 7 am 12 am THI 68,37 ± 3,36 77,70 ± 3,08 THI index Temperatura 20,22 ± 1,89 27,51 ± 2,55 Temperature Umidità 0,99 ± 0,02 0,73 ±0,12 Humidity Ore 17 5 pm 77,27 ± 3,23 27,35 ± 2,83 0,72 ± 0,15 La produzione individuale giornaliera era influenzata significativamente da tutti i fattori, in particolare per entrambi i modelli il THI sia lineare che quadratico mostrava un significativo effetto sulla variabilità del carattere. Tuttavia, il confronto tra i coefficienti di regressione relativi al THI, effettuato mediante i contrasti, non ha evidenziato alcuna differenza tra le razze. Nell’analisi delle medie stimate dei vari fattori, e necessario tenere in considerazione la presenza di bovine in differenti fasi della lattazione. Le bovine con la maggior produzione di latte avevano partorito nei precedenti mesi di luglio e agosto, mentre in gennaio si registrava la produzione individuale più elevata, in quanto fornita durante la prima fase della lattazione. La produzione maggiore di latte avveniva in entrambe le razze tra 45 e 60 giorni, in accordo all’andamento della curva di lattazione. Dall’analisi degli effetti del THI sulla produzione di latte e emerso che le bovine Jersey risentono meno rispetto alle Holstein dell’aumento di temperatura. Le figure 1 e 2 raffigurano 154 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 l’andamento della produzione di latte, ottenuta dalle soluzioni dell’analisi della varianza e calcolata come deviazione dalla media, al variare del THI rispettivamente alle ore 7 e 17. Figura 1 - Produzione di latte in relazione al THI delle 7 nelle due razze. Figura 1 - Relation between milk yield and THI at 7 am for both breeds. La produzione di latte raggiungeva l’apice nella Holstein e nella Jersey rispettivamente per valori di THT pari a 65 e 70. Nelle bovine Holstein la diminuzione di latte era più marcata soprattutto quando il THI superava il valore critico per il benessere (>72), in accordo a quanto riportato in letteratura. Il mantenimento della produzione a THI superiori e la minor riduzione della produzione nella razza Jersey sono probabilmente riconducibili al più favorevole rapporto superficie corporea/peso, dovuto alla taglia più ridotta, che facilita la dispersione di calore. I risultati sono stati confermati dall’analisi della produzione di latte in relazione al THI rilevato alle 17, in quanto si verificava una diminuzione ancora più marcata della produzione di latte all’aumentare del THI, probabilmente dovuta agli effetti climatici accumulati nel corso della giornata. La sola produzione non è però in grado di spiegare la capacità di adattamento, in quanto gli aspetti riproduttivi in effetti rivestono maggior importanza in tal senso. 155 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Figura 2 - Produzione di latte in relazione al THI delle 17 nelle due razze. Figure 2 - Relation between milk yield and THI at 5 pm for both breeds. A questo riguardo la tabella 3 riporta le medie del numero di servizi e della lunghezza del periodo parto concepimento per le 211 bovine (97 Holstein e 124 Jersey) di cui è stato possibile la registrazione di tale dato. Le bovine Holstein presentano performance riproduttive decisamente inferiori rispetto alla razza Jersey. Tabella 3 - Medie del numero di servizi e del parto-concepimento nelle due razze. Table 3 - Means of number of services and days open in the two breeds. Variabile Holstein Jersey (N = 124) Trait Numero di servizi 3.24 ± 2.23 2.072 ± 1.61 Number of services Parto concepimento (g) 158.34 ± 95.59 98.59 + 73.63 Days open (d) BIBLIOGRAFIA Bertoni G., Bernabucci U., Filippi Balestra (1991). Heat stress effects on some blood parameters of sheep. “EAAP Publ.”, 55, 98-102. Bosen, Tromp S. W. (1963). Medical biometereology. Elsevier Publ., La Haye, 91 Calamari L., Maianti M.G., Calegari F., Abeni F., Stefanini L. (1997). Variazioni dei parametri lattodinamografici nel periodo estivo in bovine in fasi diverse di lattazione. Atti 51° Conv. Naz. Sisvet, 203-204. Bernabucci U., Calamari L. (1998). Effects of heat stress on bovine milk Yield and composition. Zoot. Nutr. Anim., 24, 247-257. Johnson H.D. (1987). Bioclimate effects on growth, reproduction and milk production, chapter 3, 35-57.Elsevier Publ. B.V., Amsterdam, NL. Thompson G. E. (1985). Lactation and the termal enviroment. In Yousef M.K.: Stress physiology in livestock, Vol. 1, CRC Press Publ., Boca Raton, Floride, USA,122131. 156 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 IL PASCOLAMENTO QUALE FATTORE DI BENESSERE ANIMALE: EFFETTI SULLA PRODUZIONE DEL VITELLO DA RISTALLO. Alessandro Pistoia1 , Guido Ferruzzi2 , Andrea Serra3 , Marcelle Mele1 RIASSUNTO: E’ stato valutato l’effetto “benessere animale” inteso come vita al pascolo nell’allevamento del tipo “linea vacca-vitello”. Sono stati rilevati per un periodo di cinque anni, i parametri riproduttivi di due gruppi di fattrici di razza Limousine allevati in una stessa azienda, ma con due sistemi diversi (stabulazione libera e semibrado). Sui vitelli nati nello stesso periodo sono stati controllati i dati riguardanti i tassi di mortalità i pesi vivi alla nascita e gli IMG nel periodo nascita svezzamento. Non sono state evidenziate differenze fra i due gruppi relativamente alle performances produttive dei vitelli (peso alla nascita, peso allo svezzamento e IMGNS), ma il sistema semiestensivo ha influito positivamente sui parametri riproduttivi delle fattrici (intervallo interparto più breve) e sulla mortalità dei vitelli consentendo un miglioramento del tasso di produttività. PAROLE CHIAVE: benessere animale, produzione carne, sistemi allevamento, pascolamento GRAZING AND ANIMAL WELFARE: EFFECTS ON THE BEEF CALF PRODUCTION SUMMARY: For a 5 years period the reproductive parameters of two groups of Limousine cows, breaded in the same farm, were controlled in order to compare two different breeding systems the free stall system and the semiextensive one. In the same period also the death rate, the birth weight and the average daily gain from the birth until the weaning (ADGBW) of the calves were controlled. The results show that there are not differences between the two groups about the productive performances of the calves (birth weight, weaning weight and ADGBW), but the semiextensive system influences positively the reproductive parameters (a shorter calving interval and an higher percentage of weaned calves). KEY WORDS: animal welfare, beef production, breeding system, grazing _______________________________________ 1 Ricercatore. Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, Settore Scienze Zootecniche, Università di Pisa, via del Borghetto, 80 - 56124 Pisa. 2 Professore associato. Ibidem. 3 Dottorando di Ricerca. Ibidem. 157 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 PREMESSA Le più recenti linee guida della politica agricola Europea relative al comparto zootecnico, stanno indirizzando e sostenendo forme di allevamento compatibili allo stesso tempo con la tutela dell’ambiente e con il benessere degli animali (Regolamento CE n. 1804/99). II raggiungimento di questo duplice obiettivo può essere ottenuto attraverso sistemi di allevamento estensivi basati su un largo impiego di aree pascolive, che consentono di contenere al massimo i problemi relativi all’impatto ambientale, sia per l’impiego di bassi livelli di “input chimici” nelle pratiche colturali sia riguardo lo smaltimento dei reflui zootecnici. Il pascolamento, inoltre, se ben gestito, può risultare assai importante, in determinati ambienti, per la salvaguardia dei suoli nei confronti di fenomeni erosivi idrometeorici. L’allevamento del bestiame al pascolo, infine, e un fattore essenziale per il benessere degli animali che si riflette sulle loro condizioni psico-fìsiche e quindi, sulle performances produttive e riproduttive. Per valutare quest’ultimo aspetto nell’allevamento dei bovini da carne è stato effettuato uno studio riguardante la produzione di vitelli da ristallo con due differenti sistemi di allevamento di cui uno basato sull’utilizzazione del pascolo. MATERIALE E METODI Da una mandria di circa 120 bovine di razza Limousine mantenute a stabulazione libera da circa 6 anni, è stato isolato un gruppo rappresentativo di 30 vacche allevato con un sistema semibrado. Tale gruppo disponeva, soprattutto nei periodi di produzione foraggera, di un pascolo di circa 6 ha e di un’integrazione costituita dalla stessa razione di foraggi somministrata agli animali in stalla. In apposite zone dell’allevamento, inoltre, era disponibile, per i vitelli di entrambi i gruppi, fieno di medica e M C I idoneo per lo svezzamento. La struttura adibita all’allevamento del gruppo stallino era costituita da una zona di riposo in muratura con pavimento a lettiera permanente e da un paddock esterno in battuto di cemento con una superficie capo grosso di 12 m2 da cui era possibile accedere alla zona di alimentazione. II gruppo allevato allo stato semibrado disponeva come ricovero per la notte e come zona di alimentazione di una tettoia, chiusa da un lato come riparo dai venti dominanti, con pavimento e lettiera permanente In entrambi i gruppi di animali era previsto il toro imbrancato tutto l’anno. Nel gruppo stallino i vitelli neonati venivano tenuti con le madri per circa 6-7gg dentro appositi box mentre nell’altro gruppo restavano liberi nell’ambito della mandria. I vitelli di entrambi i gruppi rimanevano con le madri fino ad un’età di circa 7 mesi dopo di che venivano svezzati e portati in stalla per essere ingrassati. Sui due gruppi di fattrici sono stati presi in considerazione, nel periodo riferito al quinquennio 1994-1998, i dati relativi alla carriera riproduttiva rilevando la data del parto di ciascuna bovina e calcolando i singoli interparti e quello medio per capo. Inoltre tutti gli interparti delle bovine sono stati suddivisi in classi di cui è stata determinata l’ampiezza, intesa come percentuale di soggetti appartenenti a ciascuna classe. Per ogni gruppo è stato determinato, inoltre, l’andamento della distribuzione temporale dei parti durante l’anno. Rispetto al numero totale delle gravidanze sono state determinate le percentuali di aborti e dei vitelli nati 158 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 morti e sul totale delle nascite la mortalità dei vitelli riferita ai periodi “nascita - 10 giorni di età” e “10 giorni di età - svezzamento”. I vitelli nati da ciascuno dei due gruppi sono stati pesati alla nascita e allo svezzamento, e sono stati quindi calcolati, per l’intervallo di tempo ivi compreso, gli incrementi medi giornalieri di ciascun soggetto (IGMNS). RISULTATI E DISCUSSIONE Dall’analisi dei dati relativi agli interparti registrati nel corso del quinquennio di studio è emerso che i soggetti appartenenti al gruppo semibrado hanno fatto registrare degli intervalli interparto medi significativamente inferiori rispetto a quelli dell’altro gruppo (13.83 vs 14.82, p<0.05). Tale dato evidenzia che i sistemi di allevamento semiestensivi, sottoponendo a minor stress l’animale, influiscono positivamente sui problemi della sfera riproduttiva e in particolare sulla regolarità del ciclo estrale e confermano quanto già riscontrato in una precedente ricerca inerente l’efficienza riproduttiva di vacche Limousine allevate allo stato semibrado (Pistoia et al., 1999). Grafico 1 - Ripartizione in classi degli interparti osservati Graphic 1 - Distribution of calving interval classes Per quanto riguarda la distribuzione degli interparti (graf. 1) si può notare che l’82.7% di quelli verificatisi nel gruppo semiestensivo è compreso nella classe “entro i 16 mesi” contro il 67% del gruppo stabulato. Tale differenza, risultata significativa (p<0.05), confermerebbe l’influenza positiva esercitata dal sistema di allevamento semibrado nei confronti del parametro riproduttivo preso in esame. 159 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Se si considera la distribuzione dei parti durante l’anno solare (graf. 2), si può notare come il gruppo semiestensivo mostri una tendenza a concentrare tali eventi nel periodo fine inverno - inizio primavera, mentre per il gruppo stabulato si nota una distribuzione più uniforme. Il numero degli aborti sul totale delle gravidanze registrate durante il periodo di osservazione non è risultato differente nei gruppi, mentre il numero dei vitelli svezzati sul totale dei nati vivi è risultato percentualmente maggiore nel gruppo semiestensivo rispetto allo stallato (p < 0.05) (tab. 1). Evidentemente le condizioni di allevamento nel gruppo semiestensivo risultano più favorevoli al contenimento di fenomeni infettivi di diversa origine e questo si ripercuote positivamente sulla salute degli animali. Grafico 2 - Distribuzione dei parti durante l’anno. Graphic 2 - Year calving distribution. Tabella 1 - Tasso di mortalità dei vitelli. Table I - Death rate of calves. Gruppo Group Semibrado Semiextensive Stallino Confined Gravidanze Pregnancy 125 344 Aborti e Vitelli nati morti nati Aborts Birth and death calves birth 1.6% 123 1.7% 338 Vitelli morti (0-10gg) Death calves 2.43% Vitelli morti (oltre l0gg) Deat h calves 1.62% Vitelli svezzati Weaning calves 4.73% 5.33% 89.9% 95.9% Per quanto riguarda i parametri produttivi è stato verifìcato che fra i due sistemi di allevamento non esistono differenze significative relativamente al peso alla nascita, al peso allo svezzamento e all’lMGNS (tab. 2). 160 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Tabella 2 - Peso alla nascita, allo sve zzamento ed incrementi medi giornalieri dei vitelli Table 2- Birth weight, weaning weight and average daily gain of calves Peso nascita (kg) Birth weight (kg) Peso svezzam. (kg) Weaning weight (kg IMGNS (kg/giorno) ADGBW (kg/day) Semibrado Semiextensive Maschi Femmine Males Females 37.8 ± 0.39 36.7 ±0.36 Stallino Confined Maschi Femmine Males Females 37.7 ±0.25 36.0 ±0.27 229.3 ± 3.87 225.5 ±3.55 225.9 ±2.45 218.7 ±2.69 0.910 ± 0.018 0.900 ±0.017 0.900 ±0.012 0.870 ±0.013 CONCLUSIONI Dal confronto dei due sistemi di allevamento presi in considerazione è emerso che in quello di tipo pascolivo si sono ottenuti risultati migliori riguardo ai parametri legati alla sfera riproduttiva come testimoniano la minor durata media dell’intervallo interparto e la più bassa mortalità dei vitelli. La forte influenza esercitata dai fattori ambientali sulle bovine allevate al pascolo ha determinato inoltre una maggiore stagionalità dei parti a conferma di quanto già riscontrato su razze autoctone da altri autori (Secchiari et al. 1979, Filippini 1995). Pertanto da questo studio è emerso che nell’allevamento di tipo linea vacca-vitello la disponibilità di aree pascolive può consentire di ottenere un aumento del numero dei vitelli svezzati per fattrice con livelli di accrescimento ponderale simili a quello dei vitelli allevati in stalla. BIBLIOGRAFIA Commissione Europea (1999). Regolamento CE n°1804/1999 del 19 luglio 1999. Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee L 222: 1-28. Filippini F.(1995). Bovini da carne: l’età al primo parto. Taurus VII (5): 7-9. Pistola A., Mele M, Serra A. (1999). Buona efficienza riproduttiva della Limousine in Italia. L’Informatore Agrario, LV (12): 57-60. Secchiari P., Lucifero M., Jannella G.G. (1979). Indagine sull’efficienza riproduttiva della razza bovina Maremmana. Zoot. Nutriz. Anim., V (3-4): 437-448. 161 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 162 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 INFLUENZA DELLA DENSITÀ’ DI ALLEVAMENTO SUL BENESSERE DEL VITELLO BUFALINO Aldo Bordi1 , Giuseppe De Rosa2 , Fernando Grasso3 , Giovanni Migliori4 , Fabio Napolitano 5 RIASSUNTO: A 4 gruppi di vitelle bufaline, ognuno costituito da 7 soggetti, è stata assegnata, da 10 giorni di età fino allo svezzamento, una diversa superficie/capo, e precisamente: gruppo A = 2,6 mq + 2,0 mq di area di esercizio esterna, gruppo B = 2,6 mq, gruppo C = 1,5 mq e gruppo D = 1 mq. Per il monitoraggio dello stress si è proceduto alla valutazione: (a) della risposta comportamentale mediante la tecnica dello scan sampling, (b) della risposta immunitaria a livello umorale iniettando Keyhole limpet haemocyanin (KLH) e a livello cellulare somministrando Phytohemagglutinin (PHA), (c) della risposta endocrina seguendo l’andamento del livello plasmatico di cortisolo durante un periodo di 4 ore successivo allo svolgimento di un test di isolamento (open field test). I risultati ottenuti indicherebbero che la limitazione dello spazio comporta stress per gli animali, come hanno dimostrato le alterazioni delle diverse risposte fisiologiche. PAROLE CHIAVE: bufalo, densità di allevamento, benessere animale EFFECT OF SPACE ALLOWANCE ON WATER BUFFALO CALVES WELFARE SUMMARY: 28 buffalo female calves aged 10 d were used to examine the effects of space allowance (group A = 4.6 m2 /calf, group B = 2.6 m2 /calf, group C = 1.5 m2 /calf, group D = 1.0 m /calf) on behavioural, endocrine and immune variables. At weeks 4 and 8 the phytohemagglutinin (PHA) skin test was performed to induce aspecific delayed hypersensitivity. At weeks 1 and 3 calves were injected i.m. with Keyhole limpet haemocyanin (KLH). Antibody liters were determined at weekly intervals for 7 weeks. At the end of the experimental period, the 70-d-old calves were subjected to an isolation test lasting 10 min. Cortisol concentration was evaluated 0, 10, 45, 90, 150 and 225 min after separation. Space restriction resulted in evidence of stress in the animals as shown by alterations in a number of different physiological responses. KEY WORDS: water buffalo, space allowance, animal welfare ____________________________ 1 Professore ordinario. Dipartimento di Scienze zootecniche e Ispezione degli alimenti. Università degli Studi di Napoli “Federico II”. 2 Ricercatore confermato. Ibidem. 3 Ricercatore confermato. Ibidem. 4 Collaboratore tecnico. Ibidem. 5 Ricercatore confermato. Dipartimento di Scienze delle produzioni animali. Università degli Studi della Basilicata. 163 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 PREMESSA Per poter realizzare un ambiente idoneo ad assicurare un adeguato benessere agli animali in produzione zootecnica, spesso costretti a vivere in condizioni totalmente diverse da quelle naturali, è necessario quantificare con criteri oggettivi le alterazioni dell’equilibrio omeostatico dell’animale e interpretare il significato delle interazioni organismo-ambiente. Ciò è possibile attraverso la valutazione di una serie di indicatori in grado di mettere in evidenza le modificazioni di tipo comportamentale, fisiologico, biochimico e immunologico che si verificano nell’animale come risposta adattativa a una condizione stressante. Scopo della presente ricerca è stato quello di valutare l’influenza della densità di allevamento sul benessere del vitello bufalino, anche in considerazione delle ancora limitate conoscenze su questa specie alla quale generalmente sono state trasferite le acquisizioni relative alla specie bovina. MATERIALE E METODI 28 vitelle bufaline, alla nascita, sono state separate dalla madre e poste in box individuali per circa 10 giorni. Successivamente, sono stati formati 4 gruppi, ognuno costituito da 7 soggetti, ai quali è stata assegnata per un periodo di 60 giorni (fino allo svezzamento) una diversa superficie/capo, e precisamente: gruppo A = 2,6 mq + 2,0 mq di area di esercizio esterna, gruppo B = 2,6 mq, gruppo C = 1,5 mq (indicata dall’Unione Europea per i bovini) e gruppo D = 1 mq. Il monitoraggio di eventuali condizioni di stress è stato effettuato attraverso la valutazione: (a) della risposta comportamentale, osservando a cadenza quindicinale le vitelle, secondo la tecnica istantanoeus scan sampling, ogni 10’ per 6 ore, registrando per ogni soggetto la postura e l’attività comportamentale; (b) della risposta immunitaria a livello umorale, iniettando 5 mg di Keyhole limpet haemocyanin (KLH) e determinando, mediante ELISA, il titolo anticorpale su campioni di sangue prelevati settimanalmente; (c) della risposta immunitaria a livello cellulare (skin test), rilevata attraverso la misurazione dello spessore della cute prima e 24 ore dopo aver praticato un’iniezione intradermica di 500 ìg di Phytohemagglutinin (PHA); (d) della risposta endocrina, seguendo l’andamento del livello plasmatico di cortisolo, determinato durante un periodo di 4 ore successivo allo svolgimento di un test di isolamento (open field test) della durata di 10’. I dati sono stati analizzati utilizzando il software SPSS-PC+. RISULTATI E DISCUSSIONE Risposta comportamentale. La disponibilità di spazio ha condizionato la postura di riposo e l’attività delle vitelle. I soggetti tenuti nel box più ampio (gruppo A) si ponevano in decubito laterale con un maggior numero di arti distesi (P<0,01—0,001) e risultavano meno attivi (P<0,001) rispetto a quelli degli altri 3 gruppi. Tali risultati sono in accordo con quelli ottenuti da Ketelaar de Lauwere e Smits (1991) e da Le Neindre e coll. (1991) secondo i quali uno spazio insufficiente costringe spesso l’animale a tenere gli arti piegati. L’osservazione che le vitelle con maggior spazio disponibile sono apparse più frequentemente inattive e rilassate contrasta, però, con quanto rilevato da Fraser e Boom (1990) che associa no lunghi periodi di inattività con condizioni 164 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 ambientali avverse. Risposta immunitaria a livello umorale. Il titolo anticorpale è stato influenzato dalla densità di allevamento, essendo risultato più elevato nei soggetti con una maggiore disponibilità di spazio (gruppo A) (P<0,05÷0,01). Sebbene Fisher e coll. (1997) non abbiano osservato effetti della restrizione di spazio sulla produzione di anticorpi, è stato dimostrato nei bovini che sia lo stress acuto (Kegley e coll., 1997) che quello cronico (Cummins e Brunner, 1991) possono modificare la risposta immunitaria umorale. Nelle vitelle del gruppo A il massimo della risposta immunitaria dopo la somministrazione dell’antigene è stato raggiunto 7-14 giorni prima che in quelle degli altri 3 gruppi, come si rileva dal grafico seguente: Risposta immunitaria a livello cellulare. Le vitelle con limitata disponibilità di spazio (gruppi C e D) hanno evidenziato, rispetto a quelle dei gruppi A e B, un minore ispessimento cutaneo in entrambi gli skin test effettuati (P<0,01÷0,001), avvalorando le conclusioni di Ekkel e coll. (1995) che sostengono che lo skin test può consentire di valutare l’effetto del sistema di allevamento sul benessere animale. Risposta endocrina. La reazione al test di isolamento, valutata in base al livello plasmatico del cortisolo, è risultata meno intensa (P<0,01÷0,001) nelle vitelle tenute nei box più ampi (gruppi A e B) e ciò denoterebbe una loro maggiore capacità di superare lo stress emotivo provocato dall’allontanamento dal proprio box, dall’isolamento, dall’esposizione ad un ambiente nuovo e dal trattamento da parte dell’uomo. Per tutti i soggetti, la più elevata concentrazione di cortisolo è stata rilevata immediatamente dopo l’esecuzione dell’ open field test, come si evidenzia dal grafico seguente: 165 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 CONCLUSIONI La limitazione dello spazio comporta stress per gli animali, come hanno dimostrato le alterazioni delle diverse risposte fisiologiche. Pertanto, nella definizione della densità di allevamento per il vitello bufalino non bisogna tenere conto soltanto dell’aspetto economico, ma soprattutto delle condizioni in grado di assicurargli un adeguato stato di benessere. BIBLIOGRAFIA Cummins K.A., Brunner C.J. (1991). Effect of calf housing on plasma ascorbate and endocrine and immune function. “J. Dairy Sci.”, 74, 1582-1588. Ekkel E.D., van Doom C.E.A., Hessing M.J.K., Tielen M.J.M. (1995). The specificstress-free housing system has positive effects on productivity, health and welfare of pigs. “J. Anim. Sci.”, 73, 1544-1551. Fisher A.D., Crowe M.A., Prendiville D.J., Enright W.J. (1997). Indoor space allowance: effects on growth, behaviour, adrenal and immune responses of finishing beef heifers. “Anim. Sci.”, 64, 53-62. Fraser A.F., Broom D.M. (1990). “Farm animal behaviour and welfare”. Bailliere Tindall, London, UK. Kegley E.B., Spears J.W., Brown T.T. Jr. (1997). Effect of shipping and chromium supplementation on performance, immune response and disease resistance of steers. “J. Anim. Sci.”, 75, 1956-1964. Ketelaar de Lauwere C.C., Smits A.C. (1991). Spatial requirements of individually housed veal calves of 175 to 300 kg. In: “New trends in veal calf production”, Pudoc, Wageningen, The Netherlands, 49-53. Le Neindre P., Gesmier V., Trillai G. (1991). Le confort du veau de boucherie dans les conditions de l’élevage intensif. Contr. ITEB-Interveaux. INK A, Theix, France. 166 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 RIDUZIONE DELLO STRESS NELL’AGNELLO ALLATTATO ARTIFICIALMENTE ATTRAVERSO IL PASSAGGIO GRADUALE DAL LATTE MATERNO A QUELLO RICOSTITUITO1 Agostino Sevi1 , Fabio Napolitano 2 , Donato Casamassima3 , Salvatore dell’Aquila4 , Angelo Bellitti5 , Giovanni Annicchiarico6 RIASSUNTO: In 2 successive esperienze è stato valutato l’effetto del passaggio graduale dal latte materno a quello ricostituito sul comportamento, sulla risposta immunitaria e cortisolemica e sulle prestazioni produttive dell’agnello allattato artificialmente. I risultati ottenuti hanno evidenziato che il brusco passaggio dall’allattamento materno a quello artificiale comporta una riduzione della reattività ed un aumento dei livelli del cortisolo plasmatico nell’agnello quando sottoposto a situazioni stressanti (isolamento dai conspecifici in ambiente non familiare), nonché una significativa riduzione della risposta immunitaria ed un marcato peggioramento delle performance di crescita. Il passaggio graduale dal latte di pecora o misto (50% di latte di pecora e 50% di latte ricostituito) al succedaneo nell’arco di 10 giorni, soprattutto se abbinato con la disponibilità di latte ad libitum, consente di minimizzare gli effetti negativi dell’allattamento artificiale sia sulle risposte comportamentali dell’agnello, che su quelle immunitarie, endocrine e produttive. PAROLE CHIAVE: agnello, allattamento artificiale, comportamento, risposta immunitaria, cortisolo MINIMISING STRESS IN ARTIFICIALLY REARED LAMBS THROUGH A GRADUAL TRANSITION FROM MATERNAL TO RECONSTITUTED MILK SUMMARY: The effects of a gradual transition from maternal to reconstituted milk on behaviour, immune and cortisol responses and on production performance of artificially reared lambs have been assessed in two trials. The authors found that an abrupt change from dam-suckling to artificial rearing results in withdrawal behaviour and increased plasma cortisol levels of lambs subjected to stressful eve nts (separation from conspecifics and isolation in a novel environment), as well as in reduced immune response and markedly poorer growth performance. Gradual transition in 10 days from ewe milk or mixed milk (50% ewe milk and 50% artificial milk) to reconstituted milk may minimise the adverse effects of artificial rearing on behavioural, immune, endocrine and productive responses of lambs, especial when they are maintained under condition of ad libitum milk intake. ____________________________ 1 Ricerc. confermato. Ist. di Produzioni e Preparazioni Alimentari. Univ. di Foggia. Ricerc. confermato. Dip. di Scienze delle Produzioni Animali. Univ. di Potenza. 3 Prof. Ordinario. Dip. Scienze Animali, Vegetali e dell’Ambiente. Univ. del Molise 4 Direttore di Sezione. Ist. Sperimentale per la Zootecnia. Segezia -Foggia. 5 Ricercatore. Dip. Scienze Animali, Vegetali e dell’Ambiente. Univ. del Molise. 6 Sperimentatore. Ist. Sperimentale per la Zootecnia. Segezia-Foggia. 2 167 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 KEY WORDS: lambs, artificial rearing, behaviour, immune response, cortisol PREMESSA I programmi di allattamento artificiale che prevedono una precoce separazione dell’agnello dalla pecora possono condizionare negativamente le risposte immunitarie e le perfomance dell’agnello, come possibile conseguenza della difficoltà di superare lo stress emotivo e nutrizionale legato al passaggio dall’allattamento materno a quello artificiale (Napolitano et al., 1995). Ne deriva che l’individuazione di tecniche in grado di ridurre lo stress connesso al passaggio dell’agnello al regime di alimentazione artificiale può risultare efficace ai fini di un miglioramento dello stato di salute e delle prestazioni produttive dell’agnello (Sevi et al., 1996). E’ noto che gli stimoli oroolfattivi svolgono un ruolo di primo piano nello sviluppo del comportamento sociale ed alimentare del giovane agnello (Nolte and Provenza, 1991; Mirza and Provenza, 1994) e sono coinvolti nell’attività di ricerca della tettarella da parte dell’agnello neonato (Vince, 1983; Vince and Ward, 1984; Vince and Billing, 1986; Nowak, 1996). Pertanto, gli stimoli oro-olfattivi derivanti dal latte materno potrebbero ridurre gli effetti negativi della separazione dell’agnello dalla madre (Sevi et al., 1998). L’obiettivo della ricerca è stato quello di verificare la possibilità di ridurre lo stress connesso all’allattamento artificiale dell’agnello attraverso un passaggio graduale dal latte materno a quello ricostituito. MATERIALE E METODI (la prova) La prova, della durata di 5 settimane, è stata condotta su agnelli di razza Comisana, suddivisi in due gruppi sperimentali ed un gruppo di controllo di 10 soggetti ciascuno. Gli agnelli del gruppo di controllo (DS) sono stati mantenuti con le madri in un box delle dimensioni di 8m x 3m durante l’intero periodo di prova, mentre gli agnelli dei gruppi sperimentali sono stati separati dalle rispettive madri 18-24 ore dopo la nascita e sono stati allevati in 2 box separati, ciascuno delle dimensioni di 3m x 4m, su lettiera di paglia: 10 agnelli (gruppo MX) hanno ricevuto una miscela in parti uguali di latte di pecora e di succedaneo durante la prima settimana di prova ed altri 10 (gruppo MR) il solo latte ricostituito. Entrambi i gruppi sperimentali hanno ricevuto il solo succedaneo per il resto dell’esperimento; il passaggio dal latte di pecora e da quello misto al solo succedaneo è avvenuto nel giro di 3 giorni, riducendo gradualmente la quantità di latte di pecora somministrato agli agnelli. In entrambi i gruppi sperimentali il succedaneo del latte veniva preparato diluendo 200 g di farina lattea in un litro di acqua e poi somministrato ad una temperatura di 37 °C per mezzo di secchi provvisti di tettarelle in lattice. Gli agnelli avevano libero accesso al latte per 3 ore al giorno (dalle 7,00 alle 8,00, dalle 14,00 alle 15,00 e dalle 19,00 alle 20,00). A 10 e 20 giorni di età tutti gli agnelli sono stati sottoposti ad un test di isolamento, al fine di valutare le risposte comportamentali e cortisolemiche. Ciascun animale è stato all’uopo collocato in un box (4m x 4m) ed isolato da contatti tattili e visivi con i conspecifici per 15 minuti. Tuttavia, gli agnelli sottoposti a test potevano ricevere stimoli uditivi ed olfattivi dagli altri agnelli e/o dalle madri. Sono stati determinati: il tempo di latenza (tempo intercorso tra l’inizio del test e il primo movimento dell’agnello), la durata dell’attività motoria ed il 168 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 numero dei belati emessi durante ciascun test di isolamento. Campioni di sangue per la determinazione della concentrazione del cortisolo sono stati anche raccolti dalla vena giugulare in provette sottovuoto immediatamente prima del test, 15 e 60 minuti dopo l’esecuzione del test stesso. La concentrazione del cortisolo è stata misurata con metodica RIA. Il test cutaneo con la fìtoemoagglutinina è stato effettuato per indurre una risposta immunitaria aspecifica negli agnelli. A tal fine, a 5, 15 e 25 giorni di età, la fìtoemoagglutinina (500 ìg, SIGMA) è stata disciolta in 500 ìl di soluzione salina sterile ed è stata iniettata per via intradermica su di un’area depilata del diametro di 2 cm di ciascun lato del dorso degli animali. Prima dell’iniezione ed a distanza di 24 ore da essa è stato valutato, mediante un calibro, l’ispessimento cutaneo rappresentante la risposta immunitaria dell’animale alla penetrazione della fìtoemoagglutinina. Tutti gli animali sono stati pesati a giorni alterni durante la prima settimana di prova e, successivamente, ad intervalli settimanali, utilizzando una bilancia elettronica. Nei gruppi MX e MR sono stati rilevati, con la stessa cadenza, i consumi di latte con il sistema della doppia pesata. I dati sono stati analizzati con il pacchetto statistico SAS (1990). Le variabili comportamentali ed i livelli cortisolemici sono stati sottoposti a trasformazione logaritmica per normalizzare la distribuzione delle frequenze e quindi elaborati con l’ANOVA per misure ripetute. I pesi vivi ed i consumi di latte sono stati sottoposti ad ANOVA (fattore fisso = gruppo), considerando come covariate i pesi vivi iniziali. Le risposte immunitarie sono state sottoposte ad una split-plot analysis. Quando sono stati rilevati degli effetti significativi, è stato utilizzato il test della T di Student per valutare le differenze tra le medie. RISULTATI (1a prova) Gli agnelli del gruppo MR hanno evidenziato tempi di latenza più elevati (P<0,001) rispetto a quelli degli altri 2 gruppi sia a 10 che a 20 giorni di età (Tabella 1). Al contrario, gli agnelli dei gruppi MX e DS hanno presentato tempi di locomozione più lunghi durante entrambi i test di isolamento. Durante il primo test d’isolamento (10 giorni) gli agnelli del gruppo di controllo hanno belato significativamente di più (P<0,01) rispetto a quelli dei gruppi sperimentali. Relativamente ai livelli del cortisolo plasmatico, a 10 giorni di età il gruppo DS ha esibito livelli ematici del cortisolo significativamente più bassi rispetto al gruppo MR, mentre non sono emerse differenze significative tra il gruppo di controllo ed il gruppo MX. Il gruppo MR ha esibito una reazione immunitaria più blanda in tutti gli skin-test rispetto al gruppo di controllo ed al gruppo MX (P<0,001 e P<0,01, rispettivamente). Nel corso dell’intera prova, l’ingestione di latte è stata del 30% significativamente più bassa nel gruppo MR rispetto al gruppo MX. Quest’ultimo gruppo, tuttavia, ha evidenziato, nel complesso, accrescimenti inferiori (P<0,05) rispetto al gruppo di controllo. 169 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Tabella 1 - Risposte comportamentali, immunitarie, endocrine e produttive degli agnelli nel corso della la prova (medie±ES) Table 1 - Behavioural, immune and cortisol responses and production performance of lambs in the 1st trial (means±SE) DS Tempo di latenza Latency time 10d s 3,7 ± 1,0B 20 d s 2,3 ± 0,6B Durata dell’attività motoria Duratio n of movement 10d s 430 ± 13A 20 d s 456 ± 4A Numero dei belati/min Number of bleats/min 10d 24,2 ± 1,7A 20 d 16,4 ± 1,7B Inspessimento cutaneo (dopo PHA) Skinfold thickness (after PHA inijection) MX MR 4,7 ± 0,7B 2,5 ± 0,4B 11,7 ± 1,6A 9,9 ± 1,2A 410 ± 18A 440 ± 11A 325 ± 16B 397 ± 15C 14,8 ± 1,6B 15,4 ± 1,2AB 14,1 ± 1,1B 14,7 ± 1,4AB 5d mm 6,18 ± 0,7 5,41 ± 0,7 15d mm 9,40 ± 0,7A 7,93 ± 0,8a 25 d mm 6,62 ± 0,8 6,87± 0,8 Cortisolo plasmatico (15 min dopo test isolamento) Plasma (15 min after isolation test) 10 d 20 d Hg/dl M-g/dl Accrescimenti Weight gains 0-35 d kg/d 4,42 ± 0,7 5,12 ± 0,7Bb 5,73 ± 0,8 23,9 ± 6,7a 28,5 ± 5,9 33,8 ± 5,6 38,8 ± 5,6 47,9 ± 5,6b 48,1 ± 5,6 0,28 ± 0,01Aa 0,23 ± 0,01Ab 0,16 ± 0,01B Alla luce dei risultati ottenuti nel corso della prima prova, si è inteso valutare la possibilità di ridurre le differenze di accrescimento tra gli agnelli allattati naturalmente e quelli sottoposti ad un passaggio graduale dal latte materno a quello ricostituito. 170 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 MATERIALE E METODI (2ª prova) Si è voluto in particolare valutare l’effetto, singolo o congiunto, della somministrazione di latte di pecora e/o della costante disponibilità di latte nel corso delle ventiquattrore sulla riduzione dello stress nutrizionale legato all’allattamento artificiale. Pertanto, ferma restando per tutto il resto la metodologia adottata, sono state introdotte 2 varianti al disegno sperimentale: 1) introduzione di un trattamento che prevedesse la somministrazione di solo latte di pecora (gruppo EM) nella settimana successiva alla separazione degli agnelli dalle madri, con soppressione del trattamento che prevedeva il brusco passaggio al latte ricostituito dopo lo scolostramento; 2) somministrazione del latte ad libitum nei 2 gruppi in allattamento artificiale. RISULTATI (2a prova) I tempi di latenza (4,1, 4,6 e 5,4 s nei gruppi DS, EM e MX rispettivamente) e quelli trascorsi in attività deambulatoria (436, 435 e 415 s, rispettivamente) non sono stati condizionati dal trattamento sperimentale, mentre il numero di belati è risultato più elevato nel gruppo DS rispetto ai gruppi EM ed MX (P<0,001) sia a 10 (26,4 vs 16,3 e 16,1 belati/min) che a 20 giorni di età (20,1 vs 13,6 e 14,4 belati/min, rispettivamente); tuttavia, le vocalizzazioni nel gruppo DS sono significativamente diminuite (P<0,05) con l’aumentare dell’età degli agnelli. Sia a 10 che a 20 giorni di età gli agnelli hanno evidenziato i più alti valori cortisolemici subito dopo l’esecuzione dei test di isolamento (P<0,001). In entrambi i test non è stato rilevato alcun effetto del tipo di latte e dell’interazione tipo di latte x età degli agnelli sulla risposta cortisolemica all’isolamento (54,9, 50,6 e 56,9 (lg/dl, nei gruppi DS, EM e MX rispettivamente). Né il trattamento sperimentale, né l’età degli agnelli e l’interazione di entrambi i fattori hanno condizionato la risposta immunitaria dei soggetti in prova all’iniezione intradermica di PHA; in media, i valori sono stati pari a 5,03, 5,21 e 4,73 mm, nei gruppi DS, EM e MX rispettivamente. Gli accrescimenti degli agnelli sono aumentati con la quantità di latte di pecora somministrato, ma le differenze sono state molto ridotte e non significative nell’arco dell’intero periodo sperimentale, oscillando i valori tra 0,24 e 0,21 kg/d nei gruppi DS e MX, rispettivamente. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Gli agnelli del gruppo MR hanno esibito un comportamento poco reattivo quando immessi in un ambiente non familiare durante i test di isolamento. Essi sono risultati più tardivi nell’avviare l’attività deambulatoria ed hanno trascorso meno tempo ad esplorare l’ambiente circostante rispetto a quelli degli altri due gruppi. Al contrario, non sono emerse sostanziali differenze di comportamento tra i gruppi MX e DS, circostanza che sembra evidenziare come il passaggio graduale dal latte materno al latte ricostituito sia efficace nel minimizzare gli effetti negativi della rottura del legame materno/filiale sullo sviluppo comportamentale dell’agnello. E’ ben noto che gli animali rispondono alle situazioni stressanti con un’aumentata secrezione di ormoni, quali l’ACTH ed il cortisolo, a motivo dell’attivazione dell’asse ipofisi-surrene. In particolare, la cortisolemia viene normalmente utilizzata come indicatrice dell’insorgenza di stress fisici e/o psicologici nei ruminanti (Hashizume et al., 1994). I nostri risultati indicano che la riduzione dello stress fisico (passaggio graduale dal latte materno a quello 171 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 ricostituito) provoca un’attenuazione della risposta cortisolemica dell’agnello rispetto a quella riscontrabile in soggetti sottoposti contemporaneamente ad uno stress fisico (cambiamento del regime alimentare) e psicologico (separazione dalla madre), lasciando così intravedere l’effettiva possibilità di ridurre lo stress connesso all’allattamento artificiale attraverso la tecnica testata. La rilevazione della reattività cellulo-mediata in vivo appare particolarmente indicata per valutare la risposta immunitaria in prove miranti a valutare il benessere degli animali di interesse zootecnico (Burton et al., 1989). In questa prova, l’allattamento artificiale ha prodotto una riduzione della risposta immunitaria al PHA, mentre la graduale sostituzione del latte di pecora con il latte ricostituito ha innalzato sensibilmente la risposta immunitaria cellulo- mediata degli agnelli, così confermando che una riduzione almeno dello stress nutrizionale legato alla transizione al regime alimentare artificiale può avere effetti positivi sulle condizioni di benessere dell’agnello allattato artificialmente. L’assunzione di latte e gli accrescimenti degli agnelli sono stati marcatamente influenzati dal trattamento sperimentale. Gli agnelli del gruppo MX hanno consumato quantitativi di latte significativamente maggiori ed hanno evidenziato accrescimenti più elevati rispetto a quelli del gruppo MR. Tuttavia, gli agnelli del gruppo MX si sono accresciuti di meno rispetto a quelli del gruppo di controllo, che avevano la possibilità di giovarsi del latte materno e di pasti più frequenti. La seconda prova ha sostanzialmente confermato i risultati ottenuti nel corso della prima sperimentazione. A prescindere dal tipo di latte ricevuto durante la prima settimana successiva alla separazione dalle madri (di sola pecora o miscela di latte di pecora e di succedaneo), gli agnelli allattati artificialmente hanno esibito risposte comportamentali e immunitarie e livelli del cortisolo plasmatico sovrapponibili a quelle del gruppo di controllo. A differenza di quanto evidenziato nel corso della prima sperimentazione, invece, non sono emerse differenze del ritmo di crescita tra i gruppi trattati ed il testimone. Ciò sembra evidenziare che il passaggio graduale dal latte materno a quello ricostituito, in abbinamento con l’alimentazione ad libitum, è efficace nel minimizzare le differenze del livello nutrizionale tra gli agnelli allattati naturalmente e quelli allattati artificialmente. Infatti, il latte materno stimola consumi più elevati, anche quando offerto in miscela con il succedaneo, mentre l’alimentazione ad libitum esita in una migliore utilizzazione dell’alimento consumato in piccoli pasti ad intervalli più frequenti. In conclusione, gli agnelli sottoposti ad un brusco cambiamento del regime alimentare hanno evidenziato un comportamento poco reattivo quando esposti ad un nuovo ambiente, una più blanda risposta immunitaria, un aumento dei livelli plasmatici del cortisolo ed un peggioramento delle performance di crescita rispetto a quelli in allattamento naturale. Al contrario, gli agnelli che hanno potuto giovarsi di un passaggio graduale dall’allattamento materno a quello artificiale hanno esibito risposte comportamentali, immunitarie ed endocrine del tutto similari rispetto al gruppo di controllo. Allorché messi in condizione di assumere il latte ad libitum nell’arco delle ventiquattrore, gli agnelli sottoposti ad un passaggio graduale dal latte materno hanno anche esibito accrescimenti similari rispetto a quelli allattati naturalmente, indipendentemente dal fatto che ricevessero solo latte di pecora o una miscela di latte di pecora e di succedaneo nei giorni successivi alla separazione dalle madri. In considerazione del fatto che il principale obiettivo dell’allattamento artificiale è quello di aumentare la quota di latte da destinare al caseificio, la somministrazione di una miscela di latte di pecora e di succedaneo appare da preferirsi alla somministrazione di 172 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 solo latte di pecora nella fase di transizione dell’agnello all’allattamento artificiale. BIBLIOGRAFIA Burton J.L., Kennedy B.W., Burnside E.B., Wilkie B.N., Burton J.H. (1989). Dinitrochlorobenzene contact hypersensitivity as a marker trait for selection to improve disease resistance in calves. J. Dairy Sci., 72, 2351-2361. Hashizume T., Haglof S.A., Malven P.V. (1994). Intracerebral methionineenkephalin,serum cortisol, and serum beta-endorphin during acute exposure of sheep tophysical or isolation stress. J. Anim. Sci., 72, 700-708. Mirza S.N., Provenza F.D. (1994). Socially induced food avoidance in lambs: direct or indirect maternal influence? J. Anim. Sci.,72, 899-902 Napolitano F., Marino V., De Rosa G., Capparelli R., Bordi A. (1995). Influence of artificial rearing on behavioural and immune response of lambs. Appl. Anim.Behav. Sci., 45, 245-253. Nolte D.L., Provenza F.D. (1991). Food preferences in lambs after exposure to flavors in milk. Appl. Anim. Behav. Sci., 32, 381-389. Nowak R. (1996). Neonatal survival: contributions from behavioural studies in sheep.Appl. Anim. Behav. Sci., 49, 61-72. SAS 1990 SAS/STAT User’s Guide (Version 6, 4th ed.). 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Behaviour, 89, 117-127. 173 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 EFFETTO DELLA TEMPERATURA SU ALCUNE PERFORMANCE ZOOTECNICHE DOPO LO SVEZZAMENTO NEGLI AGNELLI Gambacorta E.,Cosentino E., Freschi P., Cosentino C. Testo della pubblicazione non pervenuto. 174 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 UNA TECNICA NON INVASIVA PER VALUTARE L’ATTIVITÀ RUMINALE1 Paolo Mazzocco2 RIASSUNTO: Le tecniche in vivo per controllare l’attività ruminale sono invasive e non sempre giustificabili dal punto di vista dei diritti degli animali Anche per questo sono state sviluppate tecniche alternative, e con questo proposito è stato descritto un apparecchio costruito per simulare la vita nel rumine e sono valutati i risultati ottenuti in una prova condotta per migliorare la stabilita del fermentatore. PAROLE CHIAVE: rumine artificiale A NO-INVASIVE TECHNIQUE FOR RUMINAL ACTIVITY EVALUATION SUMMARY: In vivo procedures for detecting rumen activity are invasive and sometimes not easily justifiable in view of the animal’s rights. So alternative techniques have been developed, and to this purpose an apparatus designed to simulate rumen life has been reported as the results obtained in a trial conducted to improve fermenter stability. KEYWORDS: artificial rumen PREMESSA La misura in vivo dell’attività ruminale richiede che gli animali siano fistolati. La tecnica chirurgica spesso non giustifica le sofferenze cui vengono sottoposti gli animali di esperimento, lo studio diretto sugli animali rende problematico depurare i risultati dal contributo endogeno di nutrienti, richiede personale specializzato e impegnato in continuazione, e soggetto a forti oscillazioni individuali (Faichney, 1975). Questi motivi hanno spinto allo studio di tecniche alternative che permettano in laboratorio di valutare la degrada/ione ruminale degli alimenti (Abe e Kumeno, 1973; Fuchigami e coll., 1989). Nelle apparecchiature finora proposte (Czerkawski e Breckenndge, 1977; Hoover e coll., 1976), la progressiva diminuzione del numero di protozoi presenti e un indice di una limitata rispondenza del sistema alle condizioni naturali. E’ stato proposto un apparecchio (Mazzocco, 1999) che pur superando tale difetto, ha mostrato alcuni inconvenienti legati a fermentazioni anomale si e quindi approntato un modello modificato, di cui si riportano le prestazioni. _____________________________ 1 2 Lavoro svolto con Fondi MURST 60%. Professore associato, Dipartimento di Scienze Zootecniche, Grugliasco (Torino). 175 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 MATERIALI E METODI II percorso del liquido dal fermentatore alla pompa e viceversa (Mazzocco, 1999; Mazzocco e Barbera, 1999) è stato modificato nel senso che l’ingresso e l’uscita sono stati sostati direttamente alla base del cilindro in tal modo si evita il ristagno di materiale indecomposto sul fondo L’inoculo era costituito da liquido tratto al macello dal rumine di un bovino di 2 anni che era stato alimentato secondo un regime foraggio concentrato 3:1. Per favorire l’introduzione dell’inoculo nel fermentatore, la massa prelevata dal rumine era dilavata con la saliva di Mc Dougall. La distribuzione di alimento (50 ± 0,4 g) avveniva ogni 8 ore con un volume di acqua potabile di circa 2300 ml. Successivamente, ogni ora, veniva allontanata una parte del liquido filtrato, prima della nuova somministrazione veniva eliminata una parte del liquido completo. Lo scarico parziale del liquido filtrato non era accompagnato, contrariamente a quanto avveniva precedentemente (Mazzocco e Barbera, 1999) dalla immissione di azoto per rialzare la pressione. Nel complesso si aveva un indice di diluizione di 0,65/d e la massa di liquido completo eliminata ogni 8 h rappresentava il 40% del totale. La prova qui riportata è stata eseguita per controllare il funzionamento del fermentatore viene studiato l’effetto dell’introduzione di urea su un alimento base. E’ stata impiegata una miscela in cui fieno di prato stabile rappresentava il 65%, il resto era costituito da concentrato, comprendente fosfato bicalcico (1 % sul totale) e complesso vitaminico e minerale (1,1 %). I dati analitici della miscela base sono s.s. 88,7 %; ceneri, 8,9 % s.s.; p.g., 13,0% s.s.; NDF 45,4% s.s.; ADF, 29,2% s.s. Questa miscela (A-) è stata impiegata per 15 giorni quindi la stessa miscela, addizionata dello 0,5% di urea (A+) è stata impiegata nei successivi 15 giorni. La miscela A+ differiva quindi rispetto quella di base A- solo nel tenore di proteina grezza, 14,5% s.s. RISULTATI E DISCUSSIONE I risultati sono rappresentati in tab. 1. II volume di gas sviluppato e il consumo di neutralizzante nel corso di un ciclo, la massa microbica e il tenore di ammoniaca determinati alla 2a-3a ora dall’introduzione dell’alimento, hanno mostrato differenze altamente significative tra i due alimenti con A+ sempre superiore ad A-, mentre il numero di protozoi, data anche la forte variabilità rilevata su ripetizioni di uno stesso campione non ha mostrato differenze di rilievo. La degradazione degli alimenti da parte dei microorganismi del reticolo-rumine condiziona profondamente la digeribilità e di conseguenza il valore biologico del regime alimentare, in cui il rapporto con cui energia e proteina si rendono disponibili e in gran parte responsabile della proporzione che viene metabolizzata dalla massa microbica, rispetto a quella che sfugge e quindi viene digerita a valle del rumine In questa prova la concentrazione di ammoniaca con A- e 15,7 mg/1 cosi bassa da condizionare l’attività del fermentatore, cosi come si può osservare per gli altri parametri riferiti ad A- in tab. 1. La risposta migliore ottenuta con A+, collegata ad un livello più elevato di ammoniaca presente nel liquido di fermentazione, e riconducibile appunto all’introduzione di urea nella massa microbica. Se da una parte il metodo impiegato permette di discriminare tra due alimenti che differiscono solo per 1,5 punti percentuali nel tenore di proteina grezza, dall’altra ci si domanda in che modo i risultati ottenuti possano permettere di inferire sul comportamento degli alimenti stessi nel loro 176 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 metabolismo all’interno di un rumine infatti, al contrario del rumine naturale, non esiste nel fermentatore la possibilità di ricircolo dell’azoto lungo il cic lo urea/ ammoniaca. Questo e il tema che ci si propone di affrontare nel proseguimento delle prove. Tabella 1 - Effetto dell’alimento Table 1 - Feed effect A- A+ gas sviluppato(1) ml/g 12,9±1,97 20,0±1,4 (1) developed gas richiesta neutralizzante (1) meq/g 4,03±0,21 4,9±0,23 (1) neutralizing sol demand protozoi per ml(2) n*104 1,6±0,12 1,8+0,10 (2) protozoa pet ml ammoniac(2)a mg/1 15,7+6,2 50,7+49 (2) Ammonia massa microbica (2) mg/1 1572+125 1840±98 (2) miciobic mass (1) dati riferiti al ciclo di 8 ore - data referred to a 8 h cicle (2) dati rilevati alla 2a-3’ ora - determined at 2nd-3td h of the cycle Signific. 0,001 0,001 0,001 0,001 BIBLIOGRAFIA Abe M., Kumeno F. (1973). In vitro simulation of rumen fermentation apparatus and effects of dilution rate and of continuous dialysis on fermentation and protozoal population. “J. Anim. Sci.”, 36, 941-948. Czerkawski J.W., Breckenridge G. (1977). Design and development of a long-term rumen simulation technique “Br J Nutr “, 38, 371-384. Faichney G.J. (1975). The use of markers to partition digestion within the gastrointestinal tract of ruminants. In Mc Donald I.W., Warner A.C.I., Digestion and metabolism in the ruminant 4th Int. Symp. Ruminant Physiology Sydney, 1974. Univ. New England Publishing Unit., Annidale, Australia, 277-291. Fuchigami M., Senshu T., Honguchi M. (1989). A simple continuous culture system for rumen microbial digestion study and effects of defaunation and dilution rates. “J. Dairy Sci.”, 72, 3070-3078. Hoower W.H., Crooker B.A., Smffen C.J. (1976). Effects of differential solid- liquid removal rates on protozoa numbers in continuous cultures of rumen contents. “J. Anim. Sci.”, 43, 528-534. Mazzocco P. (1999). Rumine artificiale computerizzato. “Zoot. Nutr. Anim “, 25, 2126. Mazzocco P., Barbera S. (1999). Running trial of a computerized artificial rumen (in stampa). Van Soest P.J. (1994). Nutritional ecology of the ruminant Cornell University Press, Ithaca, N.Y., U.S.A. 177 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 178 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 LA VALUTAZIONE DEI CONTENUTI SIEROPROTEICI AI FINI DEL GIUDIZIO DI IMMUNOTRANSFER NEL PULEDRO Maria Claudia Curadi1 , Mario Orlandi2 RIASSUNTO: Una nostra precedente indagine (Curadi e Orlandi, 1999) ha preso in esame le correlazioni tra le differenti classi immunoglobuliniche del colostro e del siero di un gruppo di puledri nelle prime 48 ore dal parto. Abbiamo quindi esteso lo studio ai contenuti delle frazioni sieroproteiche negli stessi durante la prima settimana di vita, al fine di completare il giudizio sul trasferimento dell’immunità passiva. Il rapporto medio Albumina/Globuline (A/G) è risultato 1,05 nei prelievi ematici effettuati a 18 ore dalla prima poppata, quando cioè si sono riscontrati negli stessi soggetti i più alti livelli di ã globuline (2,03 g/dl). Si sono notate inoltre difformità nel rapporto A/G tra i soggetti dove si è evidenziata una trasmissione immunitaria adeguata e quanto verificato in un soggetto deceduto durante la fase perinatale. PAROLE CHIAVE: cavallo, sieroproteine, immunità FOAL SERUM PROTEINS CONTENT EVALUATION TO ASSESS IMMUNOTRANSFER IN THE FOAL SUMMARY: Our previous investigations (Curadi and Orlandi, 1999) have considered relationships among Igs mare colostrum and foal serum; we have now considered serum protein fractions in the same foals, as support to immunotransfer evaluation. Albumin/Globulins mean ratio (A/G) was 1.05 at 18 hours from the first suckling, in the same period when highest ã-globulins amounts occurred (2.03 g/dl). A/G ratio showed different levels between immunocompetent foals and prematurely dead one. KEY WORDS: horse, serum proteins, immunity PREMESSA II raggiungimento di un adeguato grado di immunità passiva nel puledro, oltre a preservarne l’integrità e la resistenza agli agenti patogeni durante la delicata fase di accrescimento, contribuisce allo sviluppo del suo completo ed armonico equilibrio psico-fisico e, di conseguenza, al suo benessere. Recenti indagini svolte nell’ambito del settore neonatologico equino, con particolare riferimento ad alcune problematiche collegate alla trasmissione dell’immunità passiva dalla fattrice al foal nella fase perinatale (Orlandi e coll., 1998; Curadi e Orlandi, 1999), hanno preso in esame le correlazioni esistenti tra le classi immunoglobuliniche del colostro e del siero di un gruppo di puledri allo scopo di poter offrire idonei suggerimenti operativi di controllo atti a prevenire potenziali situazioni a rischio nell’ambito dell’annuale programmazione _____________________________ 1 2 Borsista Post-Dottorato. Dipartimento di Produzioni Animali. Università di Pisa. Professore Ordinario. Ibidem. 179 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 delle nascite. Alcuni Autori (Bauer, 1990, Trumel e coll., 1996, Bauer e Brooks, 1990) attribuiscono notevole importanza anche alla stima delle frazioni sieroproteiche, in particolare all’albumina, al rapporto Albumine/Globuline (A/G) ed alle componenti globuliniche, tali parametri potrebbero infatti risultare elemento di supporto nella valutazione del trasferimento dell’immunità nel puledro durante la fase perinatale Per tale motivo e per le carenze sull’argomento riscontrate in Letteratura, abbiamo rivolto la nostra attenzione al significato che tali parametri possono rivestire. MATERIALI E METODI L’indagine sperimentale si e svolta presso l’allevamento del Centro Militare Veterinario di Grosseto, nel corso della stagione riproduttiva 1997-1998. I puledri, figli di fattrici meticce derivate Persane, non sono stati sottoposti ad alcun tipo di vaccinazione all’interno del periodo da noi utilizzato In nessun caso sono stati necessari particolari interventi ve terinari alla nascita e tutti i parti sono stati registrati entro i 60 minuti. Dei 10 puledri selezionati, nei quali sono state precedentemente valutate le componenti immunoglobuliniche (Curadi e Orlandi, 1999), uno e deceduto nelle prime ore di vita In questo soggetto abbiamo preso in esame i valori relativi a due soli prelievi, alla nascita ed a sei ore di vita, il profilo elettroforetico si e mostrato estremamente difforme da quello degli altri soggetti indagati e ne riferiamo a parte. In un altro caso, mentre il monitoraggio preliminare del siero della madre ante-partum si mostrava pressoché nella norma, i valori immunoglobulmici del colostro erano al di sotto dei valori minimali, tale evento si riproponeva, in maniera assai più vistosa, prendendo in esame il contenuto sieroproteico ed abbiamo pertanto ritenuto opportuno escluderlo dalla valutazione globale. I prelievi ematici sono quindi stati operati, su 8 puledri, con le seguenti modalità entro 3 ore dalla prima suzione di colostro ed a 6, 12, 18, 24, 48, 72, 120 e 168 ore 1 campioni, raccolti con provette Vacutamer in assenza di anticoagulante, in quantità di circa 10 ml, sono stati centrifugati ed il siero è stato separato e conservato a 20°C fino al momento delle analisi. Abbiamo quindi proceduto alla determinazione delle principali frazioni sieroproteiche albumina, á1 , á2 , â e ã-globuline. La determinazione elettroforetica delle frazioni sieroproteiche è stata condotta su strisce di acetato di cellulosa e successiva colorazione con rosso Ponceau, ut ilizzando una apparecchiatura automatica modello MICROTECH 648R (1NTERLAB, RM). Per il confronto tra i parametri ai diversi tempi di prelievo è stata condotta l’analisi multivanata della varianza per misure ripetute (MANOVA) utilizzando il programma IMP (SAS Institute) per Macintosh. RISULTATI E DISCUSSIONE I valori medi relativi alle differenti frazioni sieroproteiche sono riportati nella Tabella 1 L’albumina al primo prelievo e risultata pan a 2,62 g/dl per poi salire leggermente a 6 ore (2,86 g/dl), quindi si e assistito ad un decremento in prossimità delle 18 ore (2,79 g/dl), in corrispondenza del progressivo aumento della concentrazione gammaglobulinica nel siero del neonato. L’albuminemia risulta in seguito pari a 2,85 g/dl a 24 ore e si mantiene su questi valori fino al momento dell’ultimo prelievo, operato a 7 giorni di età, senza presentare differenze significative, si può affermare pertanto che la componente albuminica non si modifichi sostanzialmente nel corso della prima 180 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 settimana di vita, così come osservato anche da Serrantoni e coll. (1997). Koterba (1990) riporta quote medie di albumina pari a 2,7-2,9 g/dl in puledri di età inferiore a 12 ore ed a 2,5-3,6 g/dl in soggetti di un giorno di età. Ulteriore importanza sembra rivestire la verifica delle globuline totali e del rapporto A/G. Nei prelievi effettuati a 12, 18 e 24 ore le globuline totali sono risultate in media di 2,79 g/dl, 2,74 g/dl e 2,84 g/dl, mentre il rapporto A/G è stato pari a 1,07, 1,05 e 1,02 agli orari suddetti. I puledri da noi selezionati hanno mostrato valori confrontabili con quelli che Bauer (1990) considera relativi al gruppo da lui indicato come “precoce” per quanto concerne un adeguato trasferimento dell’immunità passiva, ottenuto cioè entro le prime dodici ore di vita del foal. Le due categorie di soggetti da lui descritte, infatti, di cui la prima costituita da puledri con ritardo nell’ottenimento della copertura anticorpale e la seconda, costituita da soggetti più precoci, presentano valori medi di globuline totali pari a 1,4 g/dl e 2,4 g/dl rispettivamente ed un rapporto A/G di 3,3 e 1,0. Relativamente alle altre frazioni sieroproteiche i puledri che non presentano una adeguata copertura entro le prime dodici ore di vita, mostrano valori ematici delle frazioni â1 e ã-globuliniche di 0,06 g/dl e 0,26 g/dl, rispettivamente, vs 0,89 g/dl e 1,63 g/dl, quantità che si riscontrano invece nei soggetti che la raggiungono più precocemente. Gli animali da noi indagati hanno presentato, nei prelievi ematici raccolti a 12 ore dalla prima poppata, i seguenti valori: globuline totali 2,79 g/dl, â-globuline 0,50 g/dl, ã- globuline 1,90 g/dl, A/G 1,07. Nel puledro morto nelle prime ore i risultati hanno evidenziato nei primi due prelievi valori pari rispettivamente a 0,73 e 1,42 g/dl di globuline totali, 0,35 e 0,33 g/dl di â- globuline, 0,53 e 0,74 g/dl di ã-globuline ed un rapporto A/G di 3,07 nel primo prelievo e di 2,69 nel secondo. Il presente profilo, benché verificato in epoca relativamente precoce, risulta peggiore di quello ascrivibile alla prima categoria, cioè quella considerata a rischio. Complessivamente i nostri risultati evidenziano una tendenza delle ál all’aumento: i valori delle campionature iniziali mostrano infatti concentrazioni medie di 0,08 g/dl a tre ore dal parto che permangono intorno a valori medi di 0,09 g/dl alle 18 e 24 ore, per aumentare poi significativamente (p<0,05) a 48 e 72 ore, quando si raggiungono 0,11 g/dl e 0,15 g/dl. Le á2 presentano concentrazioni ematiche iniziali di 0,21 g/dl, con un aumento significativo (p<0,05) a sei ore (0,27 g/dl); il valore è pari a 0,23 g/dl a 18 ore e 0,26 g/dl a 24 ore, senza differenze significative fino alle 72 ore; si innalzano poi significativamente raggiungendo a 5 giorni di età 0,36 g/dl (p<0,05). Trumel e coll. (1996) indicano valori medi di á1 leggermente inferiori a quelli tabulati da Bauer (1990) ed a quelli da noi verificati, mentre le á2 sono in accordo con i nostri risultati. Le â-globuline tendono anch’esse ad un aumento, partendo da valori di 0,43 g/dl a 3 ore per salire a 0,59 g/dl a 120 ore (p<0,05), rientrando nel range indicato sia da Bauer (1990) che da Trumel e coll. (1996). Le ã-globuline si presentano ben correlate con le IgG calcolate in immunodiffusione radiale (r = 0,94, p<0,01) (Curadi e Orlandi, 1999); il loro valore aumenta in maniera significativa (p<0,05) fino a raggiungere i massimi livelli a 18 ore di vita del puledro, con concentrazioni pari a 2,03 g/dl. 181 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 CONCLUSIONI I risultati ottenuti confermano il notevole significato attribuibile all’analisi delle frazioni sieroproteiche come supporto alla valutazione delle classi immunoglobuliniche ai fini di un giudizio di adeguatezza o meno dell’immunotransfer dalla fattrice al foal. In particolare, la stima delle ã-globuline e del rapporto A/G, nell’intervallo che va dalle 3 ore dalla prima suzione colostrale alle 24 ore di vita, può consentire, in caso di accertata carenza anticorpale, tempestivi interventi di emergenza sul puledro neonato. Ringraziamo la Direzione ed il Personale del Centro Militare Veterinario di Grosseto. Ricerca svolta nell’ambito dei programmi scientifici di rilevante interesse nazionale (M.U.R.S.T, ex 40%), resp. Prof. M. Orlandi. Il lavoro spetta in parti uguali agli AA. BIBLIOGRAFIA Bauer J.E. (1990). Normal blood chemistry. In: Koterba A.M.; Drummond W.H.; Kosch P.C. “Equine clinical neonatology”. Lea and Febiger, Philadelphia, London, 602614. Bauer J.E., Brooks T.P. (1990). Immunoturbidimetric quantification of serum immunoglobulin G concentration in foals. Am. J. Vet. Res. 51: 8, 1211-1214. Curadi M.C., Orlandi M. (1999). Relationships among IgG, IgG(T), IgM, IgA mare colostrum and foal serum in the first hours after delivery. Proc. A.S.P.A. XIII Congress. Piacenza, June 21-24, 800-802. Koterba A.M., Drummond W.H., Kosch P.C. (1990). “Equine clinical neonatology”. Lea and Febiger, Philadelphia, London. Orlandi M., Anastasi S., Leotta R., Curadi M.C. (1998)- Mare serum immunoglobulins and total proteins before and after foaling. 49th Annual Meeting of the European Association for Animal Production. Varsavia 24-27 Agosto. Serrantoni M., Curadi M.C., Greppi G.F. (1997). Parametri ematochimici nello studio della fase neonatale nel puledro. Atti XII Congr. Naz. ASPA. Pisa, 23-26 Giugno, 333-334. Trumel C., Schelcher F., Braun J.P., Guelfi J.F. (1996). L’électrophorèse des proteines sériques: principes d’interprétation chez le chien, le chat et le cheval. Revue Med. Vet. 1147: 2, 123-130 182 Convegno Nazionale Parliamo di … benessere e allevamento animale Fossano 14-15 Ottobre 1999 Tabella 1. Componenti sieroproteiche (media ± DS, g/dl) degli 8 puledri esaminati ai diversi tempi di prelievo (ore) Table 1. Serum proteins values (mean ± SD, g/dl) at different samples collection times (hours) in 8 examined foals Albumina Albumin Globuline Globulins al ore hours 3 6 12 18 24 48 72 120 168 media mean 2,62 2,86 2,85 2,79 2,85 2,87 2,80 2,78 2,69 DS SD 0,19 0,35 0,38 0,54 0,47 0,37 0,29 0,26 0,26 Media mean 0,08 0,09 0,10 0,09 0,09 0,11 0,15 0,14 0,16 c c bc c c ab a ab a a, b, c, d, e: p < 0,05 . 183 cc2 DS SD 0,01 0,03 0,04 0,01 0,03 0,02 0,05 0,03 0,05 media mean 0,21 0,27 0,29 0,23 0,26 0,26 0,26 0,36 0,30 c b abc bc bc bc bc a ab A/G A/G P DS SD 0,02 0,07 0,13 0,06 0,12 0,05 0,08 0,06 0,07 Media mean 0,43 0,47 0,50 0,39 0,49 0,46 0,57 0,59 0,53 b ab ab b ab ab a a ab Y DS SD 0,08 0,19 0,19 0,09 0,12 0,12 0,18 0,11 0,16 medie mean 0,31 0,64 1,90 2,03 2,00 1,65 1,26 1,16 1,28 e d a a a b c c c DS SD 0,05 0,18 0,27 0,26 0,27 0,26 0,17 0,25 0,22 media mean 2,53 2,00 1,07 1,05 1,02 1,17 1,26 1,25 1,24 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 184 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 LA LETTIERA DI FIBRA DI COCCO PER IL BENESSERE DEL SUINO* Luca Malagutti1 , Michele Zannotti2 , Ernesto Mazzoli3 , Franca Sciaraffia4 RIASSUNTO: L’impiego di lettiera nell’allevamento suino presenta innegabili vantaggi per l’igiene e per il benessere degli animali. Oltre ai materiali tradizionalmente impiegati, paglia di cereali e stocchi di mais, è possibile utilizzare la fibra di cocco, che ben si adatta all’uso grazie al suo elevato potere assorbente. In un allevamento di suini all’ingrasso, è stata effettuata una sperimentazione della durata di 29 settimane, in cui si sono confrontate una lettiera di paglia di cereali e una di fibra di cocco, utilizzando due gruppi di 48 suini dal peso iniziale di 38 kg fino alla macellazione. La temperatura della lettiera di fibra di cocco si è mantenuta inferiore (30,2 vs 32,6 °C, P<0,001) per tutto il ciclo mentre il contenuto di azoto ammoniacale (1,17 vs 0,89 % sulla s.s., P<0,05) e totale (3,78 vs 3,09%, P<0,01) è risultato superiore per la fibra di cocco, a conferma di un maggior assorbimento dei liquami da parte della lettiera. Anche l’incremento ponderale giornaliero è risultato superiore (631 vs 588 g, P>0,05) e dai rilievi effettuati alla macellazione è emerso anche un miglior quadro anatomopatologico dell’apparato respiratorio dei suini (55% senza lesioni polmonari dei suini su fibra di cocco e 13% su paglia di cereali). PAROLE CHIAVE: suini, lettiera, fibra di cocco, benessere. COCONUT FIBRE LITTER FOR SWINE WELFARE SUMMARY: The use of litter in swine breeding has positive effects on animal welfare and breeding hygiene. Usually straw or corn-stalk is used, but as an alternative coconut fibre which has a high absorbent power, could be used. An experimental trial of 29 weeks was conducted using 2 groups of 48 swines, with an initial weight of 38 kg to a final weight of about 160 kg. A group of animals was bred on straw litter, the other on coconut fibre litter. The temperature of coconut fibre litter was lower (30,2 vs 32,6 °C, P<0,001) during the entire period; ammonia content (1,17 vs 0,89 % on D.M., P<0,05) and total nitrogen (3,78 vs 3,09 %, P<0,01) were higher in coconut fibre litter. Also daily live weight gain was higher (631 vs 588 g, P>0,05). At slaughtering, lung health was evaluated: 87% of swine on straw litter had lung damage, as compared to 45% in the group that used coconut fibre. KEY WORDS: swine, litter, coconut fibre, welfare. ____________________________ 1 Dottore di Ricerca. Istituto di Zootecnia Generale Agraria. Università di Milano. Dottorando di Ricerca. Ibidem. 3 Veterinario libero professionista. 4 Professore associato. Istituto di Zootecnia Generale Agraria. Università di Milano. * II lavoro spetta in parti uguali agli autori. 2 185 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 PREMESSA L’impiego di lettiera nell’allevamento suino è stato progressivamente sostituito dalla diffusione di pavimentazione nuda, continua o fessurata, che offre maggiori possibilità di meccanizzazione e non richiede manodopera. Tuttavia, l’utilizzo della lettiera comporta vantaggi innegabili per il benessere degli animali e per l’impatto ambientale dell’allevamento. Infatti, la lettiera isola dalle temperature rigide (Marx e coll., 1989) e svolge un ruolo determinante nella riduzione delle lesioni podali (Mouttotou e coll., 1998; Gjein e coll., 1995) e della mortalità precoce tra i suinetti (van Veen e coll. 1985). Inoltre, la lettiera può avere un effetto positivo sul numero di suinetti svezzati/scrofa (Aumaitre, 1984) e può prevenire episodi di cannibalismo. La lettiera inoltre è in grado di assorbire l’ammoniaca e l’idrogeno solforato che si liberano dalle deiezioni e porta alla produzione di letame anziché di liquame, con semplificazione delle operazioni di smaltimento dei reflui. Questi effetti migliorano le condizioni ambientali generali dell’allevamento e si ripercuotono positivamente sulla salute degli animali e quindi sulla produzione. I materiali tradizionalmente impiegati come lettiera sono la paglia di cereali, gli stocchi di mais e i trucioli da segheria; oltre a questi è possibile utilizzare la fibra di cocco, sottoprodotto della lavorazione della noce di cocco, che, grazie al suo elevato potere assorbente, ben si adatta all’uso. Per valutare l’effettiva possibilità di impiego, è stata effettuata una sperimentazione in un allevamento per la produzione del suino pesante. MATERIALE E METODI Due gruppi di 48 soggetti ciascuno, 24 maschi castrati e 24 femmine Landrace x L.W., alimentati con una dieta a secco a base di farina di mais e di soia di estrazione, sono stati allevati in due recinti di 56 mq, dal peso medio di 38 kg fino alla macellazione. Nel recinto di prova sono stati distribuiti inizialmente circa 450 kg di fibra di cocco, pari a 8 kg/mq, mentre nel recinto di controllo sono stati utilizzati 250 kg di paglia per recinto, come da routine dell’allevamento. Di norma la lettiera di paglia veniva completamente rinnovata una volta la settimana fino ai 90 kg di peso, dai 90 kg a fine ciclo (circa 18 settimane) l’operazione ha avuto cadenza bisettimanale. La lettiera di fibra di cocco ha subito aggiunte periodiche fino ad un consumo totale di 27 quintali, pari a 48 kg/mq. Il consumo finale di paglia è stato di 113 quintali pari a 202 kg/mq. Gli animali sono stati poi pesati individualmente dopo 45 giorni e alla macellazione. Ogni settimana sono stati raccolti 5 campioni di lettiera per ogni zona (prova e controllo) ed analizzati. La temperatura delle lettiere è stata misurata con un termometro con una sonda di 30 cm alla profondità di 5-10 cm in 10 zone di rilevamento per ogni recinto. I contenuti in sostanza secca, azoto totale e ammoniacale delle lettiere, sono stati determinati secondo le metodiche A.O.A.C.. La significatività delle differenze tra le medie è stata valutata mediante il test t di Student-Newton-Keuls. Per l’elaborazione ci si è valsi del pacchetto statistico SAS (1996). Alla macellazione sono stati determinati il peso vivo individuale e il peso delle mezzene; sono state compilate inoltre le schede di valutazione visiva sullo stato sanitario dell’apparato respiratorio di ogni soggetto per accertare la gravità delle lesioni polmonari. 186 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 Tabella 1. Prestazioni di allevamento. Table 1. Productive performances. Peso iniziale Initial Live weight Peso a 45 d Weight at 45 d Peso finale Final live weight Peso mezzene Half carcass Incremento ponderale giornaliero Daily weight gain Consumo/capo/d Daily intake Indice di conversione alimentare Feed conversion rate Presenza di lesioni polmonari Animals with lung damage Fibra di cocco Paglia ES P kg Coconut fibre 38,0 Straw 38,0 SE 0,19 NS kg 67,9 62,9 0,62 P<0,01 kg 159,2 151,0 0,89 P<0,01 kg 61,52 58,34 0,65 P<0,01 g 631 588 4,20 P<0,01 kg 2,44 2,42 3.87 4.12 = = 45 87 — = % = Tabella 2. Parametri fisico-chimici delle lettiere. Table 2. Physico-chemical parameters of litters. N-totale Total nitrogen N-ammoniacale Ammonia nitrogen Sostanza secca Dry matter Temperatura Temperature %SS %DM %SS %DM % °C Fibra di cocco Coconut fibre 3,78 Paglia Straw 3,09 ES SE 0,17 P P<0,01 1,17 0,89 0,08 P<0,05 29,26 31,89 1,61 NS 30,20 32,61 0,40 P<0,01 RISULTATI E DISCUSSIONE I suini allevati su fibra di cocco hanno fatto registrare incrementi ponderali giornalieri più elevati (631 vs 588 g), permettendo di raggiungere un peso finale di 159,2 kg, superiore di ben 8,2 kg rispetto al controllo, pur avendo ingerito una quantità di alimento quasi identica. Pertanto l’Indice di Conversione Alimentare è risultato migliore per la fibra di cocco (3,87 vs 4,12); anche il peso delle mezzene risulta significativamente superiore (61,52 vs 58,34 kg, P<0,01). Il confronto dei parametri chimici delle lettiere non tiene conto delle aggiunte di materiale effettuate per la fibra di 187 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 cocco e dei rinnovi totali effettuati ogni settimana per la paglia, di conseguenza si possono solo trarre alcune indicazioni generali: non si hanno differenze significative per la sostanza secca (29,26 vs 31,89) mentre se ne hanno per l’azoto totale e ammoniacale. La temperatura della lettiera durante la sperimentazione è stata inferiore con la fibra di cocco (30,20 vs 32,61 °C), indice di una bassa attività fermentativa. Rispetto alle lesioni a carico dei lobi polmonari degli animali, i suini su fibra di cocco hanno evidenziato danni minori: il 55% non ha presentato alcuna alterazione anatomopatologica, nei restanti animali, le lesioni localizzate limitatamente da uno a tre lobi, sono risultate di modeste entità, di tipo fibrinoso. I suini su paglia, invece, hanno presentato gravi danni anatomopatologici (87%) quali lesioni di tipo polmonare con quadri di necrosi, fibrinosi, edemi interstiziali ed infarti polmonari. CONCLUSIONI I risultati osservati depongono a favore dell’utilizzo della fibra di cocco come lettiera per suini all’ingrasso. I principali effetti positivi riscontrati sono stati: maggiori incrementi ponderali, migliori indici di conversione alimentare, temperature della lettiera inferiori e minore incidenza di lesioni polmonari. Dato che l’alimentazione era uguale per i due gruppi, è ipotizzabile che i risultati raggiunti siano riconducibili ad una migliore qualità dell’ambiente di allevamento che si trasforma in aumentato benessere per l’animale. La lettiera di fibra di cocco non necessita di rinnovi frequenti e quindi gli animali non sono costretti a spostamenti forzati e a periodi di costrizione in spazi ridotti, rilevanti fattori di stress in grado di ridurre le performances produttive. Anche le temperature inferiori, registrate per la lettiera di fibra di cocco, contribuiscono a migliorare la salubrità ambientale. BIBLIOGRAFIA Aumaitre A., Le Dividich J. (1984). Improvement of piglet rate in relation to farrowing systems and cond itions. “Ann. de RecherchesVeterinaires”, 15(2), 173-179. Gjein H., Larssen RB. (1995). Housing of pregnant sows in loose and confined systems afield study. 3. The impact of housing factors on claw lesions. “Acta Veterinaria Scandinavia”, 36, 443-450 Marx D., Mertz R. (1989). The effects of different applications of straw and different floor conditions in areas of uniform size. “DTW”, 96(1),20-26. Mouttotou N., Hatchell P.M., Green L.E. (1998). Adventitious bursitis of the hock in finishing pigs: prevalence, distribution and association with floor type and foot lesions. “Veterinary Record”, 5, 109-114. SAS User’s Guide Release 6.12 (1996). Sas Institute Inc., Gary, NC USA. Van veen H.M., Vellenga L., Hoogerbrugge A. (1985). Mortality, morbidity and external injuries in piglets hosed in two different housing systems. II. Rearing period of weaned piglets (age 5.5-10 weeks). “Veterinary Quarterly”, 7(2): 127-132. 188 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 PRIMI RISULTATI DI UN ALLEVAMENTO SPERIMENTALE DI SCROFE ALLEVATE ALL’APERTO1 Maria Federica Trombetta2 , Marina Pasquini3 , Simona Mattii4 , Enzo Codoni5 , Adalberto Falaschini6 RIASSUNTO: L’applicazione della normativa europea relativa al benessere animale implica profonde modificazioni nelle tecniche di allevamento di tipo intensivo in particolare per gli animali da riproduzione. In quest’ottica da alcuni anni anche in Italia sono sorti degli allevamenti “outdoor” di scrofe. Sulla base di queste premesse si è pertanto organizzato un allevamento sperimentale per valutare la capacità di adatta mento di scrofe di razze diverse a questa tecnica. Interessanti sono i primi risultati relativi ai suinetti che alla nascita pesavano circa 1,6 kg e 7,8 kg allo svezzamento effettuato a circa 30 d con dati sovrapponibili a quelli ottenuti da soggetti allevati con le tecniche tradizionali. La mortalità dovuta a schiacciamento, a differenza di quanto evidenziato da diversi autori (10 - 20%), è risultata praticamente nulla permettendo di ottenere oltre il 97 % di svezzati. I prelievi fatti alla castrazione ed allo svezzamento hanno fornito valori di ematocrito, emoglobina e globuli rossi sovrapponibili a quelli riportati in letteratura benché i suinetti allevati all’aperto non fossero stati sottoposti ai trattamenti con ferro come normalmente effettuato nell’allevamento tradizionale. Nella fase successiva allo svezzamento i suinetti sono stati posti in capannine del commercio dotate di un paddock esterno di 18 m2 ; il terreno su cui le capannine insistevano non permetteva il drenaggio dei liquami e dell’acqua di abbeverata creando una condizione ambientale incompatibile con il benessere dell’animale. Un altro problema evidenziato riguarda la difficoltà di rilevazione dei calori delle scrofe dopo lo svezzamento e la scarsa fertilità delle stesse nonostante si fosse applicata la sincronizzazione dei calori e l’inseminazione artificiale. In questo tipo di allevamento risulta quindi estremamente importante la presenza del verro. PAROLE CHIAVE: suini, allevamento all’aperto, benessere, prestazioni produttive FIRST RESULTS OF A OUTDOOR EXPERIMENTAL PIG FARM SUMMARY: The application of CE regulation regarding animal welfare involves deep changes in management techniques commonly used in pig intensive systems. For this reason also in Italy the outdoor system is becoming more diffuse. An experimental farm _____________________________ 1 Ricerca effettuata con finanziamento MURST ex 40% e C.R.P.A. di Reggio Emilia. Professore Associato, Dipartimento di Biotecnologie Agrarie ed Ambientali, Università di Ancona. 3 Ricercatore, ibidem. 4 Dottorando di Ricerca, ibidem. 5 Agronomo incaricato CRPA di Reggio Emilia. 6 Professore Ordinario, Dipartimento di Biotecnologie Agrarie ed Ambientali, Università di Ancona. 2 189 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 has been organized to evaluate the adaptation capability of sows belonging to different swine breeds to this new breeding technique. The first results seem to be interesting: the average for piglets birth weight was 1.6 kg and the weight at weaning (30 d) was 7.8 kg which resulted very close to values obtained with animals breed in traditional intensive units. Losses due to crushing were very close to 0 and allowed almost 97% of piglets weaned/litter to be obtained; this result is in disagreement with those registerd by other researchers. Blood saampling at castration and weaning sho wed values for Packed Cell Volume (PCV), hemoglobin and red blood cells very similar to those reported in bibliography even though piglets breed in the outdoor system did not received any iron treatments as usually done in the intensive and traditional systems. Subsequently the weaning phase piglets were reared in commercial sheds with paddock (18m); the clayey land did not allow an optimal darinage of manure and drinking water making the environmental conditions incompatible with animal welfare. Moreover difficulties in the identification of heat and a low fertility of sows were detected even though heat synchronization and artificial insemination were performed. These aspects lead to opt for the introduction of a boar in the outdoor experimental farm. KEY WORDS: pig, welfare, outdoor farming, performances PREMESSA L’applicazione della normativa europea relativa al benessere animale implica profonde modificazioni nelle tecniche di allevamento di tipo intensivo in particolare per gli animali da riproduzione. Questa situazione porterà ad una necessaria ristrutturazione delle porcilaie di tipo tradizionale già esistenti. L’interesse che spinge all’applicazione di questa tecnica è legato sia ad aspetti di tipo economico (riduzione dei costi di gestione e capit ale), sia alla necessità di allevare i suini in situazioni di migliorato benessere. I paesi tutt’oggi maggiormente interessati nell’applicazione dell’allevamento suino outdoor sono l’Inghilterra e la Francia dove il sistema di allevamento è applicato per il 20% e 10% rispettivamente (Volpelli e Spanghero, 1999). Le condizioni climatiche e dei suoli assieme ad una prospettata riduzione dei costi di gestione sembrano avere buone prospettive di attuazione anche in Italia ed in quest’ottica da alcuni anni sono sorti degli allevamenti “outdoor” di scrofe. Sulla base di queste premesse si è pertanto organizzato un allevamento sperimentale per valutare la capacità di adattamento di scrofe di razze diverse a questa tecnica. MATERIALE E METODI La sperimentazione si sta svolgendo in una zona pianeggiante dell’entroterra marchigiano su un terreno a forte componente argillosa. Su un appezzamento di circa 6.000 m2 sono stati costituiti, mediante recinzione elettrica, 8 parchetti di diversa dimensione a seconda della destinazione (4 individuali di circa 350 m2 per scrofe in lattazione, 2 multipli di 600 m2 per le scrofe in attesa monta - gestazione) e 2 per i suinetti svezzati. Per le scrofe in lattazione sono state acquisite 2 diverse tipologie di capanne coibentate e dotate di fender per impedire l’uscita dei suinetti nei primi giorni 190 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 di vita, mentre per le scrofe in gestazione vengono utilizzate capanne in lamiera ondulata autocostruite. Per i suinetti dallo svezzamento a 30 kg si è impiegata una capannina coibentata con parchetto esterno di 18 m delimitato da paratoie metalliche. Tutti i parchetti sono stati dotati di gabbie singole tipo “gestazione” ove viene somministrata la razione e che permettono di bloccare le scrofe per tutti gli interventi che richiedono manipolazione. La sperimentazione è stata avviata con 2 tipi genetici acquisendo 6 scrofette Duroc e 6 Ibridi commerciali Universal di circa 100 kg di peso vivo che sono giunte in azienda a fine gennaio (Duroc) e a metà febbraio (Ibrido). Quattro delle Duroc era no già state ingravidate nell’azienda di origine con verro LW. I rilievi effettuati riguardano le perfomance delle nidiate (n° dei suinetti nati, svezzati, mortalità, peso alla nascita, a 15 d e allo svezzamento). A 15 d, oltre alla castrazione dei maschi, veniva effettuato un prelievo di sangue a campione dai suinetti per la determinazione della crasi ematica. Il rilievo è infatti particolarmente importante in quanto si è deciso di non intervenire con la somministrazione di ferro come di routine avviene ne gli allevamenti industriali a 3 e 15 giorni di vita. Per facilitare la gestione dell’attività riproduttiva inizialmente si era deciso di effettuare la sincronizzazione degli estri (Folligon® e Corulon®) e successiva doppia inseminazione artificiale a 30-36 e 40-45 ore rispettivamente dalla fine del trattamento. Per la diagnosi di gravidanza si valutava il livello di progesterone su un prelievo di sangue effettuato a 21 giorni dall’avvenuta inseminazione. L’alimentazione delle scrofe prevede l’impiego di un unico tipo di mangime (% stq: PG 13,84; LG 4,99; FG 6,49; Lisina 0,68; ED 2999 MJ/kg) somministrato in quantità di 3 kg/capo/d in gestazione e di 6 kg/capo/d in lattazione. Per i suinetti sotto scrofa ed in svezzamento si utilizza un mangime pellettato (% stq: PG 16,40; LG 3,69; FG 5,73; Lisina 1,07; ED 3011 MJ/kg,) somministrato a volontà. Riteniamo importante riportare che finora sono state effettuate solamente le vaccinazioni previste dalla legge (Aujeski, Parvovirus) mentre non si è reso necessario alcun intervento terapeutico né di medicina tradizionale né omeopatica. Periodicamente sono state analizzate le feci per valutare la presenza di parassiti intestinali; i controlli finora effettuati (2 sui suinetti e 2 sulle scrofe) hanno dato sempre esito negativo. Sono stati anche effettuati prelievi del terreno per valutare le variazioni del contenuto di sostanza organica, di azoto e fosforo imputabili alla presenza degli animali. I dati finora ottenuti sono stati sottoposti ad una semplice analisi statistic a descrittiva. RISULTATI E DISCUSSIONE I risultati zootecnici a nostra disposizione sono ancora numericamente limitati ma riteniamo che, sotto certi aspetti, possano già fornire interessanti indicazioni. Al momento sono stati controllati 5 parti di scrofe Duroc; tre di questi sono avvenuti all’inizio di marzo con condizioni climatiche decisamente invernali (T media giornaliera 4-6 °C): due delle scrofe erano state alloggiate nella capannina a casetta (Foto 1) ed una in quella semicilindrica (Foto 2); quest’ultima tipologia non si è rivelata idonea per un animale di taglia grande come la Duroc. La scrofa infatti non entrava nel ricovero nemmeno nella fase di preparazione del nido per il parto che iniziava di notte all’aperto. I primi 5 suinetti nati, vivi e vitali, si sono allontanati dalla madre (20 - 30 m) e di conseguenza sono morti per ipotermia. Il controllo effettuato la mattina presto rilevava 191 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 il protrarsi del parto, pertanto si decideva di intervenire con ossitocina che portava all’espulsione di altri 6 suinetti di cui 1 morto. Il parto languido e gli sforzi conseguenti provocavano un prolasso accentuato difficilmente riducibile per cui si affiliavano i 5 suinetti vivi ad una scrofa che aveva solo 8 suinetti e si procedeva alla macellazione della scrofa “problema”. Gli altri due parti delle primipare si espletavano normalmente con un ottimo adattamento sia alle capannine (ambedue a casetta) sia alle condizioni ambientali. Nella tabella 1 sono riportati i rilievi effettuati sulle nidiate. I dati relativi a N° nati vivi, peso alla nascita ed allo svezzamento effettuato a 30 d sono sovrapponibili a quelli riportati in letteratura riferiti a suinetti allevati intensivamente. Gli AMG a 15 d e allo svezzamento (30 d) sono sovrapponibili a quelli ottenuti in allevamento industriale su 88 nidiate (Falaschini et al., 1994). Tabella 1 - Rilievi effettuati sulle nidiate Table 1 - Performance of litters N° nati N° nati Peso Born# vivi nascita Born Birth alive # Weight kg N°# 49 49 49 Media Mean 11,31 10,98 1,602 DS-SD 1,95 2,69 0,304 Peso 15 d Weight 15 d kg 48 4,635 1,031 AMG 0-15 d Weight gam kg 48 0,203 0,075 Peso AMG svezz 15-30 d Weight at Weight weaning gam kg kg 48 48 7,759 0,208 1,526 0,071 Per quanto riguarda la mortalità su 49 so ggetti nati vivi si è riscontrato un solo caso di morte per schiacciamento. Volpelli e Spanghero (1999), in analoghe situazioni di allevamento, indicano un range di mortalità nettamente più alto (12 -22%) anche se inferiore ai valori registrati da Carazzolo et al. (1999) pari al 15-32%. Nella tabella 2 si riportano i risultati del quadro emocromocitometrico rilevato sui suinetti. I valori di tutti i parametri sono nel range fisiologico indicato per soggetti adulti (Mitruka e Rawnsley, 1981) e per suinetti sottoposti a trattamento con ferro come avviene negli allevamenti industriali (Mondini et al. 1971). Tabella 2 - Quadro emocromocitometrico dei suinetti Table 2 - Hemocromocitometric profile of litters Età Age 15 d 30 d 120 d Ematocrito - PCV% Emoglobina - Hb g/dl Globuli Rossi - RBC n*1000 42,75 12,99 6.695 34,18 9,75 5.853 40,22 12,61 5.859 La programmazione dei parti, effettuata mediante sincronizzazione, si rivelava invece un completo fallimento. Infatti su 13 sincronizzazioni effettuate (10 scrofette e 3 primipare) solo una primipara rimaneva gravida. 192 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 Tabella 3 - Livelli di progesterone ematico (ng/1) Table 3 - Hematic progesterone ‘s level (ng/l) Scrofa Sow # 1 2 3 Prelievo inseminazione === === === Insemination sample Prelievo a 21 d 22,93 22,19 27,05 Sample at 21 d Gravidanza Pregnancy no no no 4 5 6 17,49 5,10 9,04 2,33 2,77 13,07 no no no Come abbiamo già messo in evidenza la diagnosi di gravidanza per le scrofe 1, 2 e 3 veniva effettuata mediante analisi del progesterone al 21° d per cui i livelli ottenuti (> 20 ng/1) ci facevano diagnosticare erroneamente gravide le scrofe (tabella 3); in una successiva sincronizzazione le scrofe 4, 5, 6 venivano sottoposte a prelievi il giorno dell’inseminazione e dopo 21 d. In questo caso i valori di progesterone al primo prelievo già indicavano la risposta negativa dei soggetti trattati. Alla luce di questi fatti si modificava il protocollo di sincronizzazione (trattamenti con PG 600®) e si effettuavano 2 serie di 3 prelievi secondo lo schema 1. In questo caso la sincronizzazione aveva effetto solo su due soggetti (scrofe 2 e 3) ma l’inseminazione veniva probabilmente effettuata troppo precocemente per cui nessuna scrofa rimaneva gravida. CONCLUSIONI I risultati finora ottenuti, come già indicato, sono numericamente limitati. Riteniamo tuttavia che le prime indicazioni che si possono trarre, in particolare sulle performance della nidiata, siano estremamente positive e confermino la validità di questa tecnica di allevamento. Si possono ritenere ottime anche le performance delle primipare Duroc che hanno allevato e svezzato mediamente 10 suinetti con un accrescimento riferibile all’allevamento indoor. Le differenze sulla mortalità dovuta a schiacciamento, da noi riscontrata, rispetto a quelle riferite da altri autori (Volpelli e Spanghero, 1999; Carazzolo et al., 1999) può essere imputata alla diversa tipologia del ricovero utilizzato: a casetta nella nostra sperimentazione, semicilindrica in quella degli altri autori. La via della sincronizzazione dei calori ed inseminazione artificiale era stata scelta soprattutto per il limitato numero di scrofe e per prevedere la data del parto. Dati i risultati negativi siamo stati costretti ad acquistare un verro ed ora siamo in attesa di verificare gli esiti della sua attività. Schema 1 - Livelli di progesterone dopo sincronizzazione (ng/1) Scheme 1- Progesterone’s level after synchronization Giorni dalla fecondazione Scrofa 1 Scrofa 2 Days since insemination Sow 1 Sow 2 -1 54,0 1,4 0 42,0 0,7 +1 37,0 0,5 + 20 0,1 0,1 + 21 36,5 === +22 9,5 === 193 Scrofa 3 Sow 3 2,4 2,1 0,9 28,4 0,1 0,1 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 BIBLIOGRAFIA Carazzolo A., Chiericato G.M., Rongaudio R. (1999). Preliminary observations in outdoor sow breeding. Proceeding of the A.S.P.A. XIII Congress, 567- 569. Falaschini A.F., Volpelh L.A., Trombetta M.F. (1994). Effects of protein and/or aminoacid levels on reproductive performance and metabolic profile of lactating sow. Ann. Zootech., 43, 151 -161. Mitruka Brij M., Rawnsley H.M. - Clinical biochemical and hematological reference values in normal experimental animal and normal humans. 2nd ed. New York ED. Masson. Mondini S., Falaschim A.F., Quadri E., Rizzi L. (1971). Rilievi clinicozootecnici in suini trattati con preparati a base di ferro imettabile. Atti S.I.S.Vet, XXV, 231 - 235. Volpelli L.A., Spanghero M. (1999) Preliminary examination of outdoor sow farming in Friuli-Venezia Giulia. Proceeding of the A.S.P.A. XIII Congress, 552 - 554. 194 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 ALLEVAMENTO ALTERNATIVO DEL CONIGLIO DA CARNE 1 Lamberto Lambertini2 , Giorgio Vignola 2 , Giuliano Zaghini2 RIASSUNTO: Con la presente ricerca si è inteso verificare l’efficacia di una tecnica di allevamento alternativa a quella tradizionale in gabbia. In particolare, si è valutato l’effetto della stabulazione collettiva, della lettiera permanente (paglia o truciolo) e della densità degli animali (8 o 16/m2 ) sullo stato sanitario, le prestazioni produttive ed alcune caratteristiche qualitative delle produzioni. I risultati ottenuti indicano che la tecnica utilizzata, più rispettosa del benessere degli animali, consente di ottenere performances compatibili con quelle dell’allevamento intensivo. PAROLE CHIAVE: coniglio, stabulazione, prestazioni produttive. ALTERNATIVE BREEDING SI STEM FOR MEAT RABBIT SUMMARY: Aim of the present study was to investigate the possibility to breed meat rabbits in a housing system different from cages. Thus, the effects of group housing, litter and its kind (straw or wood shavings), and animals density (8 o 16/m2 ) on health, performances and carcass traits were evaluated. The results show that the system used, probably more “physiological” for rabbit, enable to reach a production alike that traditionally obtained in intensive breeding. KEY WORDS: rabbit, housing sistem, performances PREMESSA L’interesse verso una maggiore tutela delle esigenze fisiologiche degli animali in produzione zootecnica ha portato all’emanazione di norme che modificano, per alcune categorie di animali, le tecnologie di allevamento intensivo. In un prossimo futuro, la legislazione comunitaria potrebbe interessare anche la produzione del coniglio da carne ponendo in discussione il tradizionale allevamento in gabbia. Una tecnica alternativa, che ad un maggior benessere degli animali associa minori costi per la realizzazione delle strutture di contenimento e la possibilità di una facile riconversione degli immobili, potrebbe essere rappresentata dall’allevamento a terra, su lettiera. Le prove condotte da alcuni autori (Crimella et al., 1988, 1990; Lambertini et al., 1998) sembrano indicare risultati lusinghieri e simili a quelli ottenuti nell’allevamento intensivo. Non si deve tacere, peraltro, come l’aggressività tra i maschi (Gallazzi, 1985) ed i problemi sanitari tra cui quelli legati alla presenza dei coccidi (Lambertini et al., 1998) possano, in gran parte, compromettere le prestazioni produttive degli animali. ____________________________ 1 Lavoro eseguito con il contributo finanziario della Regione Abruzzo-POM 1994/96Sottoprogramma 3, Misura 3.1, Ricerca e sperimentazione. 2 Dipartimento di Scienze Veterinarie e Agroalimentari. Sezione di Produzioni animali, igiene e qualità degli alimenti. Università di Teramo. 195 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 L’obiettivo della presente ricerca è stato quello di valutare, nel coniglio all’ingrasso, gli effetti della diversa densità degli animali e del tipo di lettiera sullo stato sanitario, le prestazioni produttive ed alcune caratteristiche qualitative delle produzioni. MATERIALE E METODI Per la ricerca sono stati impiegati 232 conigli, dei due sessi, svezzati a 5 settimane di vita. Prima dell’inizio della prova, tutti gli animali, alloggiati in gabbia, sono stati sottoposti ad un trattamento farmacologico con un’associazione costituita da trimethoprim e sulfadimetossina sodica, per la profilassi della coccidiosi. Il principio attivo era veicolato con l’acqua di bevanda. In seguito, gli animali sono stati ripartiti, in funzione di sesso e peso, nelle diverse tesi sperimentali secondo lo schema seguente: Tesi TI Stabulazione Box n. animali 64 n. ripetizioni 4 lettiera Truciolo sup. /capo (cm2 ) 625 T2 Box 32 4 Truciolo 1250 T3 Box 64 4 Paglia 625 T4 Box 32 4 Paglia 1250 T5 Gabbia 40 20 - 312,5 I conigli sono stati alloggiati in gabbie a due posti o in box su lettiera permanente costituita, inferiormente da uno strato di zeolite granulare (2-5-5 mm), per l’assorbimento del percolato e superiormente da uno strato di truciolo di legno o di paglia di frumento, reintegrata in funzione del consumo. Tutti gli animali hanno ricevuto, ad libitum, l’acqua di bevanda ed un mangime pellettato del commercio (H2 O: 11,41%; prot. gr.: 15,43% t.q.; lipidi gr.: 3,96% t.q.; cellulosa gr.: 15,99% t.q.; ceneri gr.: 6,48% t.q.; E.I.: 46,73% t.q.) contenente robenidina (66 mg/kg). Ogni due settimane è stato rilevato il peso di ogni singolo animale ed il consumo alimentare per ripetizione. Al termine della prova (43 giorni) tutti i conigli sono stati macellati e di ciascuno è stato rilevato ij’peso della carcassa commerciale a caldo e dopo refrigerazione. Inoltre, da 48 soggetti, scelti a caso tra le diverse tesi sperimentali, è stato prelevato un campione di contenuto ciccale al fine di valutare le eventuali modificazioni indotte dalla presenza della lettiera. Infine, dalle carcasse degli stessi animali, è stato sezionato l’arto posteriore sinistro, separandone, in seguito, la componente ossea da quella edule, di cui si è poi determinata la composizione chimica. Tutti i dati ottenuti sono stati sottoposti ad elaborazione matematico statistica con la procedura GLM, secondo un modello bifattoriale (sesso x tesi) privo di interazione (SASS, 1989), poiché questa non è risultata significativa ad un’elaborazione preliminare. L’incidenza della mortalità tra i gruppi è stata valutata con il test ÷2 RISULTATI E DISCUSSIONE Si deve innanzitutto sottolineare come la mortalità tra le tesi sperimentali (Tl=10,9%; T2=6,2%; T3=12,5%; T4=9,4%; T5=7,5%) non si sia espressa in maniera significativamente diversa (%2=1,31; n.s.). Il trattamento farmacologico al quale sono 196 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 stati sottoposti gli animali, prima dell’inizio della prova, è risultato efficace a prevenire e contenere la patologia enterica ascrivibile alla coccidiosi, risultato pienamente funzionale alla tipologia di allevamento su lettiera. Contrariamente a quanto riportato da Gallazzi (1985) e da Gallazzi e Arrighi (1988), la coccidiosi costituisce, infatti, il più serio problema nell’allevamento del coniglio su lettiera (Lambertini et al., 1998). Il controllo farmacologico delle patologie enteriche è quindi premessa indispensabile per l’applicazione di questa tecnologia di allevamento. Relativamente ai risultati sperimentali ottenuti, si deve rilevare come l’effetto del sesso sia trascurabile e le differenze non abbiano mai raggiunto la significatività statistica; pertanto non si è ritenuto necessario riportarli nelle tabelle. Al termine della prova, il peso vivo degli animali allevati in gabbia (T5) non è risultato significativamente superiore a quello dei conigli allevati su lettiera (tabella 1). Peraltro, gli animali stabulati in box a densità maggiore (TI e T3) presentavano valori inferiori a quelli delle altre tesi sperimentali. Tabella 1 - Prestazioni produttive in allevamento (valori medi). Table 1 - Growth performances (mean values). Tesi sperimentali D.S.errore Experimental groups T1 T2 T3 T4 T5 S D error Peso vivo iniziale (g) 1201,72 1201,56 1196,72 1198,59 1202,38 126,58 Live weight at start (g) Peso vivo finale (g) 2409,74 2496,00 2391,79 2489,48 2530,81 259,63 Slaughtering weight (g) Incremento onderale(g/d) 31,18 33,05 30,76 33,33 34,05 5,92 Daily weight gam (g/d) Consumo alimentare (g/d) 120,99 115,33 121,51 120,13 127,98 9,37 Feed intake (g/d) Indice di conversione 3,60 3,53 3,66 3,46 3,80 0,29 Feed to gam ratio Interazioni non significative. No significant interaction. Gli incrementi ponderali, pur simili tra i gruppi, dal punto di vista statistico (P>0,05), hanno fatto registrare valori superiori per i conigli in gabbia (T5) e, seppur meno marcati, per i gruppi T2 e T4. La maggiore densità sembra confermarsi quindi un fattore sfavorevole, mentre il tipo di lettiera non sembra esercitare un effetto di qualche rilievo. Anche il consumo alimentare e gli indici di conversione non sono stati significativamente modificati dalla tipologia di allevamento e dalle variabili considerate, a differenza di quanto emerso in una precedente esperienza (Lambertini et al., 1998), dove i conigli su lettiera di paglia mostravano una netta flessione dell’ingestione di mangime. L’assunzione di paglia della lettiera, pur evidente all’osservazione degli animali, non sembra tale da ridurre marcatamente le performances in vita. Nella tabella 2 sono raccolti i dati rilevati in sede di macellazione. Dal loro esame si possono apprezzare alcune differenze: in particolare, il peso della carcassa è più elevato nei conigli allevati in gabbia rispetto a quelli a terra, a densità maggiore (T5 vs T1 e T3), mentre la resa è più favorevole rispetto a tutte le altre tesi sperimentali (P<0,01). Come noto, l’andamento di questo parametro è influenzato dall’incidenza, sul peso vivo, della pelle e, soprattutto,, del digerente, di cui non si può 197 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 escludere un diverso livello di replezione causato dall’ingestione della paglia. Tabella 2 - Rilievi al macello e caratteristiche chimiche del contenuto ciccale (valori medi). Table 2 - Slaughtering data and chemical composition ofcaecal content (mean values) Tesi sperimentali D.S.errore TI T2 T3 T4 T5 Experimental groups SD error Peso carcassa a caldo (g) 1327,50B 1382,67AB 1351,85B 1398,93AB 1452,16A 144,41 Hot carcass weight (g) Resa a caldo (%) 55,09B 55,36° 55,85B 55,18B 57,39A 1,78 Dressing out percentage (%) Calo di refrigerazione (%) 1,68 1,71 1,82 1,84 1,59 0,50 Drip loss (%) Contenuto ciccale Caecal content -sostanza secca (% 22,98 22,08 22,28 21,75 24,50 2,56 -dry matter (%) - proteina greggia (%) 24,51 25,71 24,95 24,16 24,85 2,32 -crude protein (N x 6 25) (%) -NDF 38,06 37,58 39,36 39,29 38,21 3,20 - ADF 28,34 28,16 27,86 28,85 28,39 2,43 -ADL 6,26 6,49 5,56 5,68 6,83 1,05 A vs B: P<0,01. Interazioni non significative. No significant interaction. In proposito, si deve ricordare che l’incidenza di questi apparati tende fisiologicamente a modificarsi durante lo sviluppo dell’intero organismo. In particolare, il coefficiente allometrico della pelle tende a crescere, mentre quello del pacchetto intestinale a diminuire (Cantier et al., 1969). E’ quindi possibile che l’andamento della resa derivi più da fattori di ordine fisiologico che dalla tipologia di allevamento, tanto più per i conigli dei gruppi Tl e T2, stabulati su truciolo di legno. Una indiretta conferma a queste considerazioni si può ricavare dall’esame della composizione chimica del contenuto ciccale che non presenta differenze significative tra le tesi sperimentali, anche relativamente alle componenti fibrose. Le caratteristiche del contenuto ciecale dipendono dal materiale che refluisce in questo distretto del digerente grazie ai movimenti antiperistaltici del colon prossimale. Questo particolare aspetto della fisiologia digestiva del coniglio è stimolato dalle dimensioni delle particelle alimentari (Bouyssou et al., 1988). Gidenne (1993) ha dimostrato che solamente quelle di Ø < 0,3 mm refluiscono al cieco, mentre le altre sono eliminate con le feci dure. E’ quindi possibile che la fibra, se assunta con la paglia della lettiera, non sia stata “riciclata” a livello ciecale in ragione delle sue dimensioni. Dall’esame dei dati riportati in tabella 3 si deve osservare che il peso dell’arto posteriore non differisce tra le tesi sperimentali, mentre il rapporto m/o del taglio è significativamente superiore nel gruppo T5. Anche lacomposizione chimica della frazione edule è influenzata dal tipo di stabulazione: i conigli a terra presentano, nel complesso, carni con un maggiore contenuto d’acqua e più povere di lipidi. È possibile che la minore possibilità di movimento degli animali in gabbia abbia determinato le modificazioni osservate; meno evidente è la ragione delle 198 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 differenze emerse, in alcuni casi, tra i conigli a terra. Tabella 3 - Composizione e caratteristiche chimiche del taglio campione (valori medi). Table 3 - Meat to bone ratio and chemical composition of hind leg (mean values). Tesi sperimentali Experimental groups Peso arto posteriore (g) Hind leg weight(g) Rapporto muscolo/osso Meat to bone ratio Composizione del muscolo: Meat composition: -sostanza secca (%) - dry matter (%) proteina greggia (% s.s.) -crude protein (N x 6.25)(%d.m ) -lipidi greggi (% s.s.) -crude fat (% dm ) TI T2 T3 T4 194,73 196,84 206,98 190,37 D.S. errore S D. error 204,96 13,94 4,43 B 4,37B 4,50B 4,44B 5,04A 0,42 26,14B 26,90AB 26,14B 26,55AB 27,36A 0,85 85,68a 81,36b 80,9 lb 84,27ab 81,14b 3,50 9,74C 13,30AB 10,59BC 10,43BC 14,12A 2,80 T5 A vs B vs C: P<0,01 ; a vs b: P<0,05. Interazioni non significative. No significant interaction. Si può ipotizzare che il risultato sia semplicemente conseguenza del diverso sviluppo corporeo raggiunto al termine della prova, pur non potendosi escludere un’influenza dovuta agli effetti interattivi tra gli animali. Si deve sottolineare, infine, che all’età considerata, non si sono manifestati episodi di aggressività tra i maschi. CONCLUSIONI I conigli allevati a terra, su lettiera, hanno mostrato prestazioni produttive abbastanza simili a quelle dell’allevamento intensivo in gabbia. Peraltro, alla stessa età di macellazione, gli animali a terra presentano rese inferiori e carcasse meno mature, con un rapporto m/o del taglio campione meno favorevole. La stabulazione in colonia, fino all’età di 11/12 settimane non sembra indurre comportamenti aggre ssivi tra i maschi, tali da compromettere la possibilità di portare a termine il ciclo produttivo. Sulla base dei risultati ottenuti, riteniamo che l’allevamento del coniglio in colonia, su lettiera, indipendentemente dalla natura di questa, rappresenti una possibile alternativa alla stabulazione in gabbia, pur rendendosi necessario un attento controllo farmacologico delle patologie enteriche per contenere i problemi sanitari legati, principalmente, alla presenza dei coccidi. 199 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 BIBLIOGRAFIA Bouyssou T., Candau M., Ruckebusch Y. (1988). Réponses motrices du colon aux constituants pariétaux et a la finesse de mouture des aliments chez le lapin, “Reprod. Nutr. Develop.”, 28 181-182. Cantier J., Vezinhet A., Rouvier R., Dauzier L. (1969). Allometrie de croisance chez le lapin (Oryctolagus cuniculus). “Ann. Biol. Anim. Bioch. Biophys.”, 9(1), 5-39. Crimella C., Verga M., Luzi F., Canali E. (1988). Sistema di allevamento alternativo nell’ingrasso del coniglio, “Riv. 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Inc.;Gary, NC, USA. 200 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 EFFETTO DELLA TIPOLOGIA D’ALLEVAMENTO E DEL SESSO SULLE PERFORMANCE DI CONIGLI ALL’INGRASSO 1 Fabio Luzi2 , Carla Lazzaroni3 , Sara Barbieri4 , Casimiro Crimella5 RIASSUNTO : L’effetto della tipologia d’allevamento e del sesso sui principali parametri zootecnici di conigli all’ingrasso è stato verificato su 80 animali alloggiati in gabbie tradizionali bicellulari e open-air in colonia (6 animali per gabbia), macellati a 90 giorni d’età. 1 parametri analizzati sono stati: peso allo svezzamento, incremento medio giornaliero, indice di conversione alimentare, peso alla macellazione, peso della carcassa a caldo, peso della carcassa a freddo, resa alla macellazione a freddo e misure somatiche in vita e sulla carcassa. La tipologia d’allevamento open-air, pur migliorando le condizioni corporee e di benessere degli animali, non ha influito sui parametri zootecnici che sono risultati omogenei nelle due tipologie di allevamento, evidenziando delle differenze statisticamente significative solo sulla circonferenza a livello dell’addome in vita e sulla carcassa. Il sesso non ha influenzato i rilievi effettuati. PAROLE CHIAVE: coniglio, tipologia d’allevamento, performance produttive EFFECT OF TYPE OF REARING AND SEX ON PERFORMANCE OF FATTENING RABBIT SUMMARY: The influence of type of rearing and sex on productive performance was studied on 80 fattening rabbits housed inside (2 animals per cage) or outside (open-air in colony, 6 animals per cage) and slaughtered at 90 days of age. The parameters analysed were: weaning weight, daily weight gain, feed conversion rate, slaughtering weight, carcass weight, carcass weight after 24 hours of cooling at 4°C, cold dressing percentage, body and carcass measurements. The open-air rearing, although influenced body and welfare conditions of animals in a positive way; did not affected the productive parameters except for two parameters: body and carcass abdomen circumference. Sex did not affect the studied parameters. KEY WORDS: rabbit, type of rearing, productive performance _______________________________ 1 Ricerca eseguita in parte con fondi M.U.R.S.T. 40%. Funzionario tecnico. Istituto di Zootecnica, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Milano. 3 Ricercatore confermato. Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Torino. 4 Laureato frequentatore. Istituto di Zootecnica, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Milano. 5 Professore ordinano. Ibidem. 2 201 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 PREMESSA Al giorno d’oggi, uno dei principali temi di ricerca nell’allevamento intensivo del coniglio da carne è il miglioramento della produzione, tenendo in considerazione le richieste e le esigenze dell’allevatore ma soprattutto l’habitat e il benessere dell’animale (Verga, 1997; Morisse, 1998; Luzi e coll., 1999). Studi precedenti hanno evidenziato come, sia la superficie e il materiale costituente la gabbia, sia la densità animale, possano avere un’influenza diretta sullo stato di comfort e sulla produttività degli animali (Drescher, 1992; Morisse e Maurice, 1996; Rommers e Meijerhof, 1996). E’ noto che gli animali allevati all’aperto nella fase svezzamento- ingrasso (gabbie bicellulari o in colonia) raggiungono le stesse performance produttive di quelli stabulati in sistemi tradizionali (capannoni al coperto, con ventilazione naturale o dinamica), consentendo dei bassi costi di gestione e un miglior macroclima (soprattutto per temperatura e umidità relativa) nonché qualità dell’aria. Con la presente indagine si sono confrontati gli effetti di due tipologie d’allevamento (gabbia bicellulare al chiuso e colonia all’aperto) sulle performance di conigli all’ingrasso (35-90 d). MATERIALE E METODI La prova sperimentale, che è parte integrante di una più ampia ricerca sulla qualità delle produzioni cunicole, si è svolta in un allevamento intensivo industriale sito nella provincia di Alessandria, nel periodo settembre-novembre 1998. La ventilazione è naturale con un impianto di riscaldamento per i mesi invernali. Il fotoperiodo è di 16 ore di luce giornaliere e l’alimentazione è somministrata ad libitum. Gli animali sono stati suddivisi allo svezzamento, effettuato a 5 settimane d’età ed a un peso medio di 751±108g, in due gruppi omogenei, costituiti da 40 animali (ibridi commerciali) ciascuno. Un gruppo (controllo) è stato posto in gabbie bicellulari (California, 40x30x28cm) collocate all’interno del ricovero; mentre il secondo è stato posto in gabbie all’aperto sotto una tettoia (open-air), contenenti ciascuna una colonia di 6 animali (flat-deck, 40x90x28cm). In entrambe le tipologie di gabbie, la superficie/capo è di 0,6m2 . I soggetti, dopo il sessaggio, sono stati sacrificati a 90 giorni d’età. Si sono rilevati i seguenti parametri zootecnici: peso allo svezzamento, incremento medio giornaliero, indice di conversione alimentare, peso alla macellazione, misurazioni somatiche in vita (lunghezza del tronco; lunghezza della groppa; circonferenza del torace; circonferenza a livello dell’addome; circonferenza della coscia) e post-mortem (lunghezza del dorso; lunghezza della groppa; circonferenza a livello dei lombi), peso della carcassa a caldo, peso della carcassa dopo 24 ore di refrigerazione a 4 °C e resa alla macellazione a freddo (Blasco e coll., 1993; Paci e coll., 1997). Si sono inoltre rilevate la temperatura, l’umidità relativa e la pluviometria per mezzo di una centralina meteo. I dati sono stati analizzati l’analisi della varianza a modello lineare utilizzando come effetti fissi la tipologia d’allevamento (interno e open-air) e il sesso (SAS/STAT, 1990). RISULTATI E DISCUSSIONE I valori della temperatura, dell’umidità relativa e dell’indice pluviometrico sono oscillati intorno a quelli medi del periodo e del luogo (clima continentale) oggetto della sperimentazione (T=11,7 °C; UR=77,3 %; indice pluviometrico=47 mm.) Per quanto concerne la tipologia delle gabbie, l’analisi effettuata non ha evidenziato delle 202 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 differenze statisticamente significative per il parametri in vita (peso allo svezzamento, incremento medio giornaliero, peso alla macellazione), mentre rispetto alle misurazioni somatiche si sono avute delle differenze significative in vita, solamente per la circonferenza a livello dell’addome (28,4 vs 31,1 cm; P<0,001) e post-mortem per la circonferenza a livello dei lombi (21 vs 21,4 cm; P<0,05) in favore degli animali allevati all’esterno nelle gabbie in colonia (tabella 1). Tabella 1 - Medie stimate e errore standard delle variabili. Table 1 - Least square means and standard error of the variables. Tipo d’allevamento Rearing system Variabili Interno Esterno Variables Indoor Open-air Soggetti - subjects (N°) 40 40 Peso alla macellazione (g) 2725±36 2794±36 Slaughtering weight (g) Incremento medio giornaliero (g) 39,7±0,7 40,6±0,7 Average daily gain (g) Peso della carcassa a caldo (g) 1609±32 1665±32 Hot carcass weight (g) Peso della carcassa a 24 ore (g) 1547±29 1576±29 Commercial carcass weight (g) Resa alla macellazione (24 h, %) 56,3±0,7 55,7±0,7 Sesso Sex Maschi Males 40 2746±38 Femmine Females 40 2772±35 39,9±0,8 40,5±0,7 1644±34 1630±30 1572±31 1551±28 56,3±0,8 55,7±0,7 36,6±0,2 36,7±0,2 12,5±0,2 12,3±0,2 27,3±0,3 27,7±0,2 29,8±0,5 29,8±0,5 14±0,2 14,2±0,2 30,1±0,2 30,4±0,2 8,3±0,1 8,3±0,1 21,3±0,2 21,1±0,1 Commercial dressing percentage (%)’ • Lunghezza del tronco (cm) 36,4±0,2 36,9±0,2 Body lenght (cm) • Lunghezza della groppa (cm) 12,1±0,2 12,7±0,2 Rump lenght (cm) • Circonferenza del torace (cm) 27,5±0,3 27,4±0,3 Chest circumference (cm) • Circonferenza dell’addome (cm) 28,4±0,5 31,1±0,5*** Abdomen circumference (cm) • Circonferenza della coscia (cm) 14±0,2 14,1±0,2 Thigh circumference (cm) •• Lunghezza del dorso (cm) 30,4±0,2 30±0,2 Dorsal lenght (cm) •• Lunghezza della groppa (cm) 8,3±0,1 8,2±0,1 Thigh lenght (cm) •• Circonferenza dei lombi (cm) 21±0,2 2 1,4 ±0,2* Lumbar circumference (cm) ***:P<0,001;*:P<0,05 • misure somatiche in vita - body measurements •• misure somatiche post-mortem - carcass measurements L’indice di conversione alimentare, nel periodo svezzamento-ingrasso, si è attestato sui valori medi della specie; gli animali allevati all’esterno hanno ottenuto dei valori 203 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 leggermente più alti, ma non significativi rispetto agli animali allevati all’interno (3,44 vs 3,27) così come i soggetti maschi nei confronti delle femmine (3,26 vs 3,21). Inoltre, per i soggetti allevati in colonia, si è osservata anche una leggera tendenza ad un aumento delle misure somatiche in vita per quanto riguarda la lunghezza del tronco e la lunghezza della groppa, dovuta ad una maggiore possibilità di distendere gli arti e il tronco di quelli allevati nelle tradizionali gabbie bicellulari. CONCLUSIONI La presente ricerca ha mostrato che l’allevamento open air, pur esercitando un’influenza positiva sullo sviluppo della struttura scheletrica e muscolare (Stauffacher, 1992; Loliger, 1996) e sulle generali condizioni di salubrità (riduzione di gas nocivi, quali ammoniaca e anidride carbonica), non modifica in modo sostanziale le performance zootecniche. I parametri esaminati sono risultati omogenei per i due tipi di allevamento, e anche il sesso, vista l’età di macellazione, non ha avuto alcuna influenza significativa. RINGRAZIAMENTI Si ringrazia il sig. Arnaldo Locatelli dell’azienda “Valgrilla” di Tortona (Al) per la gentile collaborazione prestata nel corso della prova sperimentale. BIBLIOGRAFIA Blasco A., Ouhayoun J., Masoero G. (1993). Harmonization of criteria and terminology in rabbit meat research. “World Rabbit Science”, 1,3-10. Drescher B. (1992). Housing of rabbits with respect to animal welfare. “J. Appl. Rabbit Res.”, 15,678-683. Loliger H.C. (1996). Outline of recomendations for appropriate domestic rabbit management in accordance with animal protection and welfare considerations. “World Rabbit Science”, 4, 101-103. Luzi F., Bolis S., Heinzl E.L., Castrovilli C., Crimella C. (1999). Performance in pleinair rabbit rearing: fattening period. “Acta 2nd International Conference on Rabbit Production in Hot Climates”, Adana, Turkey. “Cah. Opt. M ed.”, 41, 47-50. Morisse J.P. (1998). Le bien-étre chez le lapin: rapport de synthèse. “7emes Journ. Res. Cun. Fr.”, Lyon, France, 205-214. Morisse J.P., Maurice R. (1996). 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Coniglicoltura”, 34 (6), 13-19. 204 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 ADATTABILITÀ DEL CONIGLIO ALL’INGRASSO A DIVERSE TIPOLOGIE DI ALLEVAMENTO 1 Carla Lazzaroni2 , Gilberto Benatti3 , Aldo Andrione 4 , Davide Biagini5 RIASSUNTO: 80 conigli (40 maschi e 40 femmine) di una razza locale (Grigia di Carmagnola), sono stati allevati in gabbia monocellulare o in gruppo in recinto a terra rilevando gli indici produttivi in vita e alla macellazione. L’allevamento degli animali in gruppo, in recinto a terra, ha consentito di ottenere performance zootecniche positive e rese alla macellazione inferiori se confrontate con l’allevamento in gabbia. Le femmine hanno fatto registrare consumi maggiori e una maggiore quantità di grasso perirenale. PAROLE CHIAVE: coniglio, tipologia d’allevamento, performance produttive ADAPTABILITY OF FATTENING RABBIT TO DIFFERENT TYPE OF REARING SUMMARY: 80 rabbits (40 males and 40 females) of a local breed (Carmagnola Grey Rabbit) were kept singly in cages and in a group in floor pen, collecting productive indices. The rearing of rabbits kept in group in floor pen showed favourable performances and dressing out percentage lower than rabbits kept in cage. The females have showed higher feed consume and higher perirena l fat weight. KEY WORDS: rabbit, type of rearing, productive performance PREMESSA Lo sviluppo degli allevamenti cunicoli “intensivi” ha accresciuto i movimenti d’opinione volti alla salvaguardia del benessere di questi animali e delle loro esigenze comportamentali (Jamison, 1992; Loliger, 1992). La materia è stata oggetto di studi da parte di molti autori (Drescher, 1992; Ferrante et ai, 1992a; Ferrante et al., 1992b; Bigler, Oester, 1996; Xu, 1996; Morisse, Maurice, 1996; Morisse, Maurice, 1997), da cui si possono trarre utili informazioni sull’effetto che le tecniche di allevamento alternative al contenimento degli animali in gabbia, possono avere per prevenire eventuali anomalie comportamentali, danni al sistema scheletrico o lesioni alla parte distale degli arti (Drescher, 1996; Rommers, Meijerhof, 1996). La crescente diffusione di allevamenti cunicoli di tipo estensivo e la loro ripercussione sulla produttività dell’allevamento, ha indotto a studiare l’influenza che queste tecniche esercitano, nel periodo di ingrasso, sulle performance di una razza locale, valutando al contempo l’effetto del sesso. ____________________________ 1 Ricerca eseguita in parte con fondi Università di Torino ex 60%. Ricercatore confermato. Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Torino. 3 Dirigente di ricerca. Centro Studi, CNR. 4 Funzionario tecnico. Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Torino. 5 Laureato frequentatore. Ibidem. 2 205 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 MATERIALE E METODI La sperimentazione è stata condotta su 80 conigli (40 maschi e 40 femmine) della razza Grigia di Carmagnola nel periodo marzo-maggio 1999. I conigli sono stati allevati da 9 a 16 settimane di età (61 -113 d), in gabbie monocellulari tipo California (30x40x30 cm; 0,12 m2 /capo) o in gruppo in recinto a terra (250x100 cm; 0,25 m/capo). L’alimentazione è stata eseguita con un mangime unico. I parametri zootecnici rilevati sono stati: peso vivo iniziale, peso vivo finale, incremento poderale, incremento medio giornaliero, consumo di alimento, indice di conversione alimentare, peso della carcassa calda (1 h), peso della carcassa pulita (meno testa, fegato, reni), peso della carcassa fredda (24 h), peso del grasso totale, resa calda alla macellazione, resa pulita alla macellazione, resa fredda alla macellazione, peso del grasso scapolare (% p.v.), peso del grasso perirenale (% p.v.), peso del grasso totale (% p.v.). I dati sono stati elaborati mediante un’analisi della varianza con modello lineare bifattoriale e interazione. RISULTATI E DISCUSSIONE Nella tabella 1 si evidenziano le differenze statisticamente significative, relative ai principali parametri considerati. Tabella 1 - Differenze significative nei parametri studiati Table 1 - Significant differnces in parameters at control Variabili Variables Allev. Housin g Sesso Sex Allev. x sesso Housing x sex Età inizio prova - Initial trial age (d) ns ns * Peso vivo iniziale - Initial live weight (g) ns ns ns Età fine prova - Final trial age (d) ns ns * Peso vivo finale - Final live weight (g) *** ns ns Consumo mangime - Feed intake (kg t.q.) *** *** *** ICAa - FCRb (kg t.q./kg p.v.) ns ns ns Incremento di peso vivo - Live weight gain (g) *** ns ns Increm. medio giorn. - Average daily gain (g/d) *** ns ns Peso macellazione - Slaughtering weight (g) *** ns ns Peso carcassa calda - Hot carcass weight (g) *** ns ns Peso carcassa pulita - Net carcass weight (g) *** ns ns Peso carcassa fredda - Cold carcass weight (24 h, g) *** ns ns Resa calda - Hot dressing percentage (% p.v.) *** ns ns Resa calda pulita - Net hot dressing pere. (% p.v.) *** ns ns Resa fredda - Cold dressing percentage (% p.v.) *** ns ns Peso grasso scapolare - Scapular fat weight(% p.v.) *** ns ns Peso grasso perirenale - Perirenalfat weight (% p.v.) *** *** ns Peso grasso totale - Total fai weight (% p.v.) *** *** ns ***: P<0,01 - *: P<0,05 - a ICA: Indice Conv. Alimento; bFCR: Feed Conversion Rate 206 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 Dall’esame della tabella 2, che riporta i valori medi, emerge che differenze statisticamente significative riguardano soprattutto la tipologia di allevamento ed interessano sia i parametri in vita sia quelli misurati alla macellazione. Tabella 2 - Medie stimate ed errore standar delle variabili Table 2 - Least square means and standard error of the variables Variabili Gabbia Recinto Femmine Maschi Variables Cage Pen Females Males Età inizio prova (d) 63,57±6,41 62,00 ± 3,82 61,92 ±3,43 63,53 ± 6,46 Initial trial age (d) Peso vivo iniziale (g) 1922,00± 287,29 1907,00 ±313,19 1952,43 ±287,64 1876,58±309,73 Initial live weight (g) Età fine prova (d) 113,71 ±6,46 11 2,06 ±3,94 11 2,03 ±3,49 11 3,64±6,60 Final trial age (d) Peso vivo finale (g) 3377,06±339,17A 3081,53±300,87B 3286,47 ± 353,46 3167 ,08±343,08 Final live weight (g) Consumo mangime (kg t.q.) 9,30 ±0,62 A 7,46 ±0,31 B 8,56 ± 1,21 A 8,16±0,83B Feed intake (kg t.q.) Ind. Conv. Alim. (kg t.q./kg p.v.) 6,68 ± 1 ,45 7,06 ± 3,05 6,75 ± 1,63 6,99±2,97 Feed conv. rate (kg t.q./kg p.v.) Incremento di peso vivo (g) 1451,18±293,46A Live weight gain (g) Incremento medio giorn. (g/d) 29,02 ± 5,87 A Average daily gam (g/d) Peso macellazione (g) 3369,00±231,36A Slaughtering weight (g) Peso carcassa calda (g) 2086,00±159,91A Hot carcass weight (g) Peso carcassa pulita (g) 1892,50±150,20A Net carcass weight (g) Peso carcassa fredda (24 h, g) 1840,25±149,30A Cold carcass weight (24 h, g) Resa calda (% p.v.) 61,90±1,82 A 1164,03±298,61B 1329,12±3I4,43 23,28 ± 5,97 B 26,58 ± 6,29 1279,31±342,20 25,59± 6,84 3078,50±I95,13B 3276,50 ±249, 19 3171,00 ±260,89 1795,50±111,43B 1959,75 ±20 1,87 1921,75±203, 32 1617,75±1 12,268 1783,00±190,78 1727,25 ± 191,98 1562,25±112,28B 1732,50 ± 190,75 1670,00±1 92,70 58,35 ± I.65B 59,73 ± 2,48 60,52 ± 2,50 56,15±1,71 A 52,55+ 1,578 54,33 ± 2,47 54,38 ± 2,47 Resa fredda (% p.v.) Cold dressing pere. {% p v.) Peso grasso scapolare (% p.v Scapular fat weight (% p.v.) 54,60±1,76 A 50,74 ± 1 ,52 B 52,78 ± 2,55 52,56 ± 2,58 0,66±0,27 A 0,33 ± 0,17B 0,53 ± 0,30 0,45 ± 0,26 Peso grasso penrenale (% p.v.) 1,89± 0,44 A 0,83 ± 0,41 B 1,59± 0,57 A 1,13 ± 0,71 B Perirenalfat weight (% p.v.) Peso grasso totale (% p.v ) Total fat weight (% p.v.) 2,54 + 0,58 A 1,16± 0,49 B 2,12 ± 0,79 A 1,58± 0,908 Hot dressing percentage (% p v ) Resa calda pulita (% p v.) Net hot dressing pere. (% p.v.) A,B: P<0,01 L’allevamento degli animali in gruppo, in recinto a terra, ha consentito di ottenere performance zootecniche positive, anche se con accrescimenti più ridotti ma con consumi di mangime inferiori, rese alla macellazione minori e quindi carcasse più leggere ma meno grasse, se confrontate con l’allevamento in gabbia. Nel confronto tra i sessi, le femmine hanno fatto registrare consumi maggiori e una maggior presenza di grasso perirenale e quindi totale. 207 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 CONCLUSIONI L’allevamento degli animali in gruppo, in recinto a terra, ha consentito di ottenere performance zootecniche concorrenziali con quelle ottenute con l’allevamento in gabbia. Nonostante le minori rese alla macellazione, le positive ripercussioni che si possono avere a livello sanitario, comportamentale e di salubrità ambienta le, unite alla richiesta da parte di una quota sempre più ampia dell’opinione pubblica affinché si migliorino le condizioni del benessere animale, possono far considerare questo tipo di allevamento come una possibile alternativa al contenimento in gabbia degli animali. BIBLIOGRAFIA Bigler L., Oester H. (1996). Group housing for male rabbits. “6th World Rabbit Congress, Toulouse”, 2, 411-415. Drescher B. (1992). 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NARDONE A., RONCHI B. - Lo stress da caldo nelle bovine da latte: benesse re e aspetti produttivi LAZZARONI C. - II benessere animale nell’allevamento avi-cunicolo COMUNICAZIONI CALAMARI L., LOMBARDI G., CALEGARI E., STEFANINI L. - Variazioni di alcuni enzimi ematici in bovine da latte in varie condizioni di stress SUMMER A., FORMAGGIONI P., TOSI E., FOSSA E., MARIANI P. - Effetti delle condizioni di clima caldo- umido sulle caratteristiche di coagulazione del latte prodotto durante l’estate 1998 e rapporti con il tipo di stabulazione nell’allevamento delle vacche di razza Frisona MARTINI A., SARGENTINI C., RONDINA D., BIFFANI S., BOZZI R., NUR ALÌ DIRIYE, GIORGETTI A. - Osservazioni riguardanti il benessere e le produzioni di vacche da latte Girolando e femmine F1 Chianino x Girolando allevate nel nord est del Brasile GIORGETTI A., MARTINI A., BOZZI R., RONDINA D., BIFFANI S., SARGENTINI C., NUR ALÌDIRIYE - Osservazioni riguardanti il benessere e le produ zioni di vacche Nellore e vitelli F1 e F2 Chianino x Nellore allevati nel nord est del Brasile NAPOLITANO E., CIFUNI G.F., M ONTEMURRO N., RIVIEZZI A.M., GIROLAMI A. Allattamento artificiale: benessere degli agnelli e qualità della carne NANNI COSTA L., LO FIEGO D.P., RUSSO V. - Effetti dello stress pre- macellazione sulla qualità della carcassa suina FEDELE V, FILIPPIN A., GNACCARINI M., JULINI M., MARINO M., REDOGLIA F. Prime valutazioni applicative sul benessere nel trasporto degli animali da allevamento e da macello in seguito all’applicazione del D.L.vo 388/98 FERRANTE V, CASTROVILLI C., VERGA M., MAGGI S. - Analisi delle performances produttive e dell’etogramma in conigli in gabbia a differente numerosità 209 pag. 3 » 5 » 21 » » 45 67 » 83 » 91 » 103 » 111 » 121 » 129 » 137 » 145 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 POSTER RIZZI R., C EROTTI F. - Fattori climatici e produzione di latte in bovine allevate ai tropici pag. 153 PISTOIA A., FERRUZZI G., S ERRA A., M ELE M. - II pascolamento quale fattore di benessere animale: effetti sulla produzione del vitello da ristallo » 157 BORDI A., DE ROSA G., GRASSO F., MIGLIORI G., NAPOLITANO F. - Influenza della densità di allevamento sul benessere del vitello bufalino » 163 SEVI A., NAPOLITANO F., CASAMASSIMA D., DELL’A QUILA S., BELLETTI A., ANNICHIARICO G. - Riduzione dello stress nell’agnello allattato artificialmente attraverso il passaggio graduale dal latte materno a quello ricostituito » 167 MAZZOCCO P. - Una tecnica non invasiva per valutare l’attività ruminale » 175 CURADI M.C., ORLANDI M. - La valutazione dei contenuti sieroproteici ai fini di un giudizio di immunotransfer nel puledro » 179 MALAGUTTI L., ZANNOTTI M., MAZZOLI E., SCIARAFFIA F. - La lettiera di fibra di cocco per il benessere del suino » 185 TROMBETTA M.F., PASQUINI M., MATTII S., CODONI E., FALASCHINI A. - Primi risultati di un allevamento sperimentale di scrofe allevate all’aperto » 189 LAMBERTINI L., VIGNOLA G., ZAGHINI G. - Allevamento alternativo del coniglio da carne » 195 LUZI F., LAZZARONI C., BARBIERI S., CRIMELLA C. - Effetto della tipologia di allevamento e del sesso sulle performance di conigli all’ingrasso » 201 LAZZARONI C., BENATTI G., ANDRIONE A., BIAGINI D. - Adattabilità del coniglio a diverse tipologie di allevamento » 205 210 Convegno Nazionale Parliamo di …benessere e allevamento animale Fossano, 14-15 ottobre 1999 Finito di stampare nel settembre 2000 per i tipi de L’Artistica Savigliano 211