UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO
FACOLTÀ DI AGRARIA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE ZOOTECNICHE
DIPLOMA UNIVERSITARIO IN PRODUZIONI ANIMALI
ORIENTAMENTO IN TECNICA DELLE PRODUZIONI ANIMALI
ATTI
CONVEGNO NAZIONALE
“Parliamo di ...
benessere e allevamento
animale”
FOSSANO (CUNEO), 14-15 OTTOBRE 1999
CASTELLO PRINCIPI D’ACAJA
IN COLLABORAZIONE CON LA
PROVINCIA DI CUNEO
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
La redazione degli atti è a cura di:
Prof.ssa Graziella T. Pagano
Dott.ssa Carla Lazzaroni
La stampa del presente volume
ha usufruito di parziale finanziamento da parte del
Consiglio Nazionale delle Ricerche
2
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
PREFAZIONE
In questi ultimi tempi nel settore zootecnico vi è stato un forte interessamento sul
benessere animale.
Bisogna ricordare che la Commissione Europea ha pubblicato numerose Direttive sulla
protezione degli animali da reddito, alcune di esse, sono state recepite dalla
Legislazione Italiana.
Attualmente il problema del benessere animale risulta di estrema importanza sia da
parte dell’opinione pubblica sia da coloro che operano nel settore produttivo. Tutto ciò
traspare dalle relazioni delle comunicazioni e dai posters presentati al Convegno
Nazionale “Parliamo di ... benessere e allevamento animale” raccolti in questo volume
di Atti.
Le visite effettuate presso alcune aziende del cuneese, a corollario del Convegno, hanno
permesso di poter verificare che l’allevamento può essere rispettoso del benessere
animale.
Con l’augurio che la partecipazione al Convegno ed una attenta lettura degli Atti
possono facilitare le problematiche trattate e siano di aiuto al benessere animale
ringrazio quanti sono intervenuti: i Ricercatori, i Tecnici, gli Allevatori e gli Studenti
che hanno gremito la sala del Castello dei Principi d’Acaja.
La presenza degli Studenti, sempre gradita, assume un significato speciale in quanto il
Convegno rappresenta la prolusione all’anno accademico 1999-2000 del Diploma
Universitario in Produzioni Animali - orientamento Tecnica delle produzioni animali con sede a Fossano. Si ricorda che questo diploma è sorto in sostituzione della Scuola
diretta a fini speciali in “Tecnologia della produzione della carne” istituita a Fossano nel
1990 dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino e per la cui inaugurazione il
Dipartimento di Scienze Zootecniche aveva organizzato il 1° Convegno “Parliamo
di...”.
Un ringraziamento particolare agli oratori: Prof.ssa Verga, Prof. Zoccarato, Prof.
Nardone, Dott.ssa Lazzaroni, nonché ai loro Collaboratori ed a quanti hanno contribuito
con comunicazioni, posters ed interventi sul tema trattato. Si ringraziano, inoltre, la
Provincia di Cuneo, il Comune di Fossano, l’Università di Torino, l’Associazione
Provinciale Allevatori di Cuneo per il loro contributo alla realizzazione del Convegno.
3
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Al Sindaco di Fossano, prof. Manfredi, all’Assessore Provinciale all’Agricoltura, dott.
Lombardi, al Direttore dell’Associazione Provinciale Allevatori, dott. Bovetti,
intervenuti al Convegno, la nostra riconoscenza per la loro partecipazio ne. La
programmazione, la preparazione e la realizzazione di un Convegno Nazionale
richiedono tempo, impegno e capacità organizzative non indifferenti ma ormai da nove
anni possiamo contare sull’intelligente collaborazione della dott.ssa Lazzaroni, del
Dipartimento di Scienze Zootecniche, e della dott.ssa Belli, della Provincia di Cuneo,
che si assumono gran parte dell’onere ed a cui va, ancora una volta, il nostro
ringraziamento.
Grugliasco, maggio 2000
prof. Enzo Tartari
Direttore del Dipartimento di Scienze Zootecniche
Università degli Studi di Torino
4
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
VALUTAZIONE SCIENTIFICA DEL “BENESSERE” NELLE SPECIE
ZOOTECNICHE: RICERCA ED APPLICAZIONI NELL’ALLEVAMENTO
M. Verga 1 , P. Le Neindre2 , J. Moynagh3
RIASSUNTO. Vengono presi in considerazione due aspetti particolarmente attuali
relativi alla problematica della valutazione del ‘benessere’ e dell’adattamento degli
animali da reddito: -) la possibilità di quantificare il ‘benessere’ degli animali con
riferimento ai diversi approcci scientifici ed alla loro possibilità di applicazione nella
pratica dell’allevamento; -) la situazione della ricerca nel settore, considerando alcuni
aspetti in merito sia al coinvolgimento dei ricercatori che se ne occupano, sia alla sua
organizzazione ed ai riflessi sulla ricaduta applicativa anche a livello normativo. Per
quanto riguarda il primo aspetto, si riportano i principali approcci di ricerca con le
rispettive metodologie e problemi di indagine, insieme ad esempi applicativi nella
pratica dell’allevamento. Per quanto riguarda la ricerca nel settore, si riportano
indicazioni sul suo stato attuale e su quanto presente a livello comunitario in relazione al
Comitato Scientifico Veterinario della Commissione Europea.
PAROLE CHIAVE. Indicatori di benessere, animali da reddito, normative.
SCIENTIFIC EVALUATION OF WELFARE IN FARM ANIMALS: RESEARCH
AND IMPLICATIONS IN HUSBANDRY SYSTEMS AND MANAGEMENT
SUMMARY. Two main aspects on welfare evaluation are considered: -) the possibility
to measure welfare levels in farm animals, referring to different scientific approaches; -)
the research trends on this issue, considering both the researchers in this area and the
research organisation. As far as the first topic is concerned, the three main research
approaches are explained and discussed. Referring to the research in the welfare area,
the actions of the International Society for Applied Ethology and of the Scientific
Veterinary Committee on Animal Welfare are briefly presented.
KEY WORDS. Welfare indicators, farm animals, legislation.
PREMESSA
Due temi sono particolarmente attuali in relazione al problema del ‘benessere’ degli
animali in allevamento intensivo:
-) la possibilità di quantificare il ‘benessere’ degli animali con riferimento ai diversi
approcci scientifici ed alla loro possibilità di applicazione nella pratica dell’allevamento;
___________________________
1
Professore Associato. Istituto di Zootecnica. Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli
Studi di Milano.
2
INRA Theix, 63122 Saint Genès Champanelle, France.
3
European Commission, Consumer Policy and Consumer Health Protection, Brussels, Belgium.
5
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
-) la situazione della ricerca nel settore, considerando alcuni aspetti in mento sia al
coinvolgimento dei ricercatori che se ne occupano, sia alla sua organizzazione ed ai
riflessi sulla ricaduta applicativa anche a livello normativo.
Nel presente lavoro si intendono delineare alcuni aspetti di queste due tematiche, che
rivestono ormai notevole interesse sia in ambito scientifico che applicativo, ma
coinvolgono anche i consumatori ed una serie di normative comunitarie nei settori
dell’allevamento animale. Infatti l’opinione pubblica in generale si dimostra sempre più
attenta alle condizioni degli animali in allevamento intensivo ed alla loro ‘qualità di
vita’, tale interesse deriva probabilmente dallo sviluppo sempre maggiore di nuovi
sistemi di allevamento particolarmente efficienti, che consentono ad un numero
relativamente ridotto di allevatori di produrre alimenti di origine animale a costi
contenuti. Tuttavia tale intensificazione dell’allevamento, sviluppatasi negli ultimi
decenni, può comportare spesso problemi per i soggetti allevati ambienti deprivati,
gruppi molto numerosi, sovraffollamento, ambiente sociale instabile sono alcuni esempi
delle variabili che possono interferire negativamente sulle possibilità di adattamento e di
conseguenza sul benessere degli animali allevati (Fraser e Broom, 1994, Picard et al.,
1994, Verga, 1994). Anche la selezione genetica operata a fini produttivi, e
l’introduzione di biotecnologie, possono talvolta determinare problemi di adattamento o
difficoltà che si ripercuotono sull’organismo ed indurre fenomeni di stress persistente
(Mench, 1999).
Nel dibattito su tali temi si assiste anche alla comparsa di posizioni estreme da un lato
gli animali si considerano come portatori di propri diritti specifici, dall’altro vengono
visti solo come ‘oggetti economici’, annullando le loro caratteristiche di esseri
‘senzienti’. Tali posizioni sono espresse da un lato dai “welfaristi”, che hanno avuto un
ruolo spesso determinante nel sollecitare l’attenzione anche dell’opinione pubblica
verso il problema del rispetto del ‘benessere’ degli animali, dall’altra parte gli allevatori
si sono dimostrati spesso riluttanti a prendere in considerazione il problema, nella
convinzione di conoscere a fondo ed in modo esclusivo l’adeguatezza dei sistemi di
allevamento e la risposta alle necessita delle specie da loro allevate. Inoltre e
comprensibile la preoccupazione di introdurre vincoli produttivi troppo stretti, che
possano costituire seri ostacoli alla competitività con altri Paesi al di fuori dell’Unione
Europea. Per evitare ciò e contemporaneamente migliorare le condizioni di “benessere”
degli animali allevati e opportuno utilizzare due strategie da un lato promuovere
produzioni che garantiscano una adeguata qualità di vita agli animali, quindi una buona
qualità del processo produttivo inteso nel suo complesso, e di conseguenza promuovere
la commercializzazione di prodotti connotati da questa specifica “qualità globale”. Ciò
implica il riconoscimento e la distinzione di tali produzioni, il che peraltro già accade in
molti Paesi ad esempio in Gran Bretagna, in Francia, come pure in Italia. D’altro lato e
necessario introdurre normative che definiscano le condizioni minime che consentano di
fornire agli animali accettabili livelli di ‘benessere’.
Dal punto di vista scientifico, il significato del termine “benessere” va peraltro
connotato nelle sue caratteristiche fondamentali, evitando sia il ‘meccanicismo’ in toto
di una visione ormai anacronistica degli ammali, sia l’antropomorfismo viscerale, che
6
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
inibisce lo studio oggettivo e l’identificazione delle reali esigenze tipiche di ogni singola
specie sottoposta a controllo e gestione da parte dell’uomo. La maggior parte dei
ricercatori assume infatti che è necessario evitare agli animali sofferenze inutili ed
ingiustificate, e fornire agli stessi l’ambiente adeguato per il soddisfacimento delle loro
‘normali’ esigenze biologiche complessive.
LA RICERCA NEL SETTORE DEL “BENESSERE” DEGLI ANIMALI IN
ALLEVAMENTO INTENSIVO
La ricerca sulla valutazione del ‘benessere’ dei soggetti posti in allevamento intensivo
ha tratto impulso, in origine, dalle considerazioni riportate nel famoso Brambell Report
(1965), pubblicato nel Regno Unito, in cui si esponevano una serie di indicazioni sui
problemi che tale tipo di allevamento può comportare per l’organismo e la sua capacità
di adattamento. Tali tematiche di ricerca si sono successivamente diffuse a livello
internazionale, coinvolgendo una serie di discipline che, interagendo tra loro,
consentono di comprendere i diversi aspetti della reazione dell’organismo all’ambiente:
tra queste discipline fondamentali sono l’etologia, la fisiologia, la genetica, la psicologia
sperimentale e, più recentemente, la psiconeuroendocrinoimmunologia, che sintetizza le
relazioni tra sistema nervoso, sistema neuro-endocrino e sistema immunitario
(Scapagnini, 1989; Biondi, 1997).
Le discussioni nella ricerca sulla valutazione scientifica del ‘benessere’ animale sono
state e sono sempre più varie ed articolate (vedi ad esempio: ApplebyeHughes, 1997),
sia in merito al significato di tale studio in ambito teorico ed alle metodologie da
utilizzare, sia in ambito pratico ed alla possibilità di applicare i risultati anche sul
campo, nella gestione dell’allevamento.
L’indagine scientifica sulla valutazione del ‘benessere’ è in effetti molto complessa, in
quanto gli ‘indicatori’ da considerare sono vari e spesso possono essere in contrasto tra
loro, come si rileva talvolta nel caso delle relazioni tra comportamento e stato sanitario.
Tra i problemi che si incontrano in questo settore si possono citare (Mason e Mendl,
1993) i seguenti:
-) le diverse misure non variano sempre nello stesso senso. Ad esempio ovaiole che
mostrano tempi elevati di immobilità tonica, il che significa elevati livelli di ‘timore’
verso l’uomo, producono più uova rispetto a soggetti con tempi di immobilità tonica
ridotti, e quindi teoricamente meno sensibili allo stressore della manipolazione
(Bredbacka, 1988);
-) il significato delle misurazioni può essere di interpretazione difficile. Ad esempio in
vitelli sottoposti a stress acuto ed allevati in box individuale si è rilevata attività
corticosurrenale più elevata rispetto a quelli allevati in box di gruppo (Trunkfield et al.,
1991); tuttavia in altre ricerche, sempre su vitelli tale reattività non è risultata correlata
al tipo di stabulazione (Rushen, 1991). Anche la frequenza cardiaca può aumentare
davanti ad uno stressore, in seguito ad attivazio ne simpatica (Ladewig e von Borell,
1988), ma si può anche manifestare bradicardia in correlazione ad uno stato di
‘freezing’, quindi di estremo stress (Manser, 1992);
-) la ripetibilità delle misurazioni può essere scarsa, in funzione di diverse situazioni di
7
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
valutazione. Ad esempio le variazioni dei livelli di corticosterone in ovaiole allevate a
terra od in batteria hanno fornito risultati contrastanti (Rushen, 1991).
Nella Tabella 1 si riportano i principali problemi che si incontrano nella valutazione
scientifica del ‘benessere’. Tuttavia, nonostante le difficoltà, le numerose ricerche
disponibili in letteratura e riferite alle diverse specie allevate hanno fornito risultati e
conclusioni spesso chiari, come ad esempio nel caso degli effetti dell’interazione tra
animali ed uomo in allevamento (Hemsworth et al., 1987, Verga e Carenzi, 1998). Un
punto fondamentale e, specialmente nella valutazione delle variabili comportamentali,
la formulazione di protocolli sperimentali ed il rispetto di metodologie di indagine
accurata infatti solo la conoscenza di informazioni oggettive può consentire di
rispondere ad una nuova concezione dell’allevamento, indirizzata all’incremento
qualitativo del processo produttivo. Questo non significa che si possa conoscere
definitivamente ‘ciò che l’organismo sente’ (Dawkins, 1990), ma consente di
identificare con chiarezza ciò che e direttamente osservabile e quantificabile La ricerca
sul ‘benessere’ animale segue, a livello internazionale ed in relazione alle vane scuole di
pensiero, tre approcci principali.
1)
la considerazione dei ‘feelings’, cioè le ‘sensazioni’ soggettive degli animali,
2)
la considerazione della ‘normalità’ delle ‘funzioni biologiche’ degli ammali,
3)
la considerazione della possibilità per l’animale di esprimere il proprio repertorio
comportamentale ‘naturale’.
1) Il primo approccio ritiene che gli animali possano avere esperienze soggettive, quali
‘stati affettivi’ od ‘emozioni’, e quindi percepire le diverse situazioni come piacevoli o
spiacevoli quasi uno stato di ‘felicita’ od ‘infelicità’ individuale. Tale posizione si
richiama all’antico quesito sulla possibilità del ‘soffrire’ da parte degli animali
(Bentham, 1789), ripreso da autori ben noti nel panorama etico-animalista (Singer,
1977). Alcuni ricercatori, come ad esempio Dawkins (1988) ritengono importante la
verifica delle ‘sensazioni soggettive’. Anche Duncan (1993) ritiene che il ‘benessere’
non dipenda ‘ne dallo stato sanitario, ne dalla mancanza di stress, ne dal livello di
fitness’, ma solo da quello che un organismo ‘sente’.
La metodologia utilizzata in tale approccio comporta sia l’uso di ‘test di preferenza’ che
di indicatori comportamentali e fisiologici di stati emotivi.
I test di preferenza assumono che l’animale scelga, tra situazioni diverse, quella che
percepisce come più ‘gradevole’, e sia motivato a compiere una sene di azioni per
ottenerla livelli di temperatura, illuminazione, tipi di pavimentazione o quantità e
qualità dello spazio sono esempi di tali situazioni. Anche in questo caso il protocollo
sperimentale deve considerare soprattutto i seguenti aspetti:
a) le scelte dell’animale devono riflettere realmente le sue preferenze, e non l’effetto di
altri fattori quali l’età, le esperienze precedenti od altre fonti di variazione che possono
confondere il risultato,
b) va verificata l’intensità della preferenza, misurando la quantità di azioni, cioè di
‘lavoro’, che un soggetto e disposto a compiere per ottenere un vantaggio preciso tra
una sene di possibilità che gli vengono presentate,
c) l’interpretazione del risultato deve tenere in considerazione che non sempre la scelta
8
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
corrisponde ad un reale miglioramento del ‘benessere’ anche a lungo termine.
Infine l’uso di tali test deve mirare a comprendere le motivazioni alla base della scelta,
da integrare con gli altri indicatori, sia fisiologici che comportamentali, di stati
soggettivi (MortoneGriffiths, 1985).
1) problemi nell’uso di tale approccio di ricerca stanno soprattutto nella difficoltà di
verificare le ‘sensazioni soggettive’, in quanto la critica ritiene che solo ciò che è
direttamente osservabile rientra nello ‘scientifico’ in quanto oggettivabile e non
passibile di interpretazioni.
2) II secondo approccio si basa sulla valutazione del ‘funzionamento’ dei sistemi
biologici. Quindi la presenza di patologie, di lesioni, di malnutrizione sono associati a
scarso ‘benessere’, che invece è a livelli più elevati in relazione ad alti livelli di
accrescimento, di fertilità e di fitness. Al fine di adattarsi all’ambiente, l’organismo
deve anche mettere in atto meccanismi, fisiologici e comportamentali, che gli
consentano di contrastare gli stressori, non solo in allevamento ma anche in natura, dove
possono presentarsi stressori di vario genere, compresi i predatori. La quantità di sforzi
finalizzati e necessari all’adattamento, ed il loro successo od insuccesso, determinano il
livello di ‘benessere’. Ciò comporta, metodologicamente, l’esigenza di quantificare gli
‘indicatori’ di ‘benessere’ tramite quattro categorie, riportate di seguito:
a)
indicatori patologici, ad esempio: presenza di patologie manifeste o latenti
b)
indicatori fisiologici, ad esempio: livelli ormonali; frequenza cardiaca; ‘heart
rate variability’ (Conny et al., 1993; Hopster, 1998)
c)
indicatori comportamentali, ad esempio: manifestazione dell’etogramma;
risposta a test comportamentali
d)
indicatori produttivi, ad esempio: livelli di accrescimento; fertilità; mortalità.
Secondo McGlone (1993): ‘un animale è in uno stato di scarso benessere quando i suoi
sistemi fisiologici sono talmente disturbati da danneggiare le sue possibilità di
sopravvivere e di riprodursi’. Curtis (1987) ritiene che nella determinazione dello stato
di benessere siano importanti soprattutto le esigenze fisiologiche e, successivamente,
quelle di sicurezza e comportamentali.
I modelli di riferimento utilizzabili in questo caso si rifanno alle teorie sullo stress
proposte inizialmente da Cannon (1914) e da Selye (1932) sull’attivazione dei due assi
di risposta allo stimolo (HenryeStephens, 1977):
a)
asse simpatico- medullo-surrenale (incremento di catecolamine) â reazione
‘attiva’ di ‘lotta- fuga’;
b)
asse ipofisi-cortico-surrenale (incremento di corticosteroidi) â reazione ‘passiva’
di ‘depressione’.
Inoltre va citata la successiva concezione di Mason (1974) sulla specificità delle
reazioni psicologico-emozionali. Attualmente sono anche sufficientemente evidenti le
relazioni tra stress e patologie condizionate: alterazioni di alcune risposte immunitarie,
diminuzione dell’attività riproduttiva ed aumento dell’aggressività sociale possono
considerarsi stati ‘pre-patologici’ indicatori di scarso benessere.
Una notevole varietà di indicatori viene utilizzata in tale approccio: particolarmente
interessanti sono le indagini epidemiologiche atte a valutare le relazioni tra livelli di
9
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
adattamento è stato sanitario. Queste possono anche fornire utili informazioni sui fattori
di maggiore rischio per il benessere stesso, per prevenire l’insorgenza di fenomeni di
stress cronico che possono indurre alterazioni comportamentali o sanitarie spesso
irreve rsibili, come stereotipie comportamentali o drastica riduzione della possibilità di
contrastare alcuni agenti patogeni.
Tra gli indicatori di stress acuto, costituito ad esempio dalla cattura, dal contenimento e
dalla manipolazione dell’animale, sono comprese le modificazioni acute dei livelli di
catecolamine, del cortisolo e della frequenza cardiaca. Gli indicatori di stress cronico
possono comportare l’analisi della modificazione nei livelli corticosteroidi indotta da
ACTH (Terlouw et al., 1997), lo stress cronico può anche determinare situazioni
patologiche a livello cardiovascolare (Sundin et al., 1995), gastrointestinale, e riduzione
di funzioni immunitane quali la proliferazione linfocitana (Ferrante et al., 1998, Ekkel
et al., 1995, Coppinger et al. , 1991), sebbene in alcuni casi vi sia un incremento di
alcune funzioni immunitarie in risposta allo speessore (Dubreuil et al., 1993). Altri
indicatori fisiologici e comportamentali di stress sono costituiti, da un lato, dall’analisi
dei livelli di prolattina, come nel caso di stress acuto nei suini (Rushen et al., 1993),
della temperatura corporea (Terlouw et al., 1996, Marazziti et al., 1992), ad esempio in
situazioni di stress da trasporto (Terlouw et al. , 1994), dall’altro dalla manifestazione di
comportamenti ‘anormali’ quali le stereotipie, che possono indicare ‘senso di fame, di
‘noia’ da ipostimolazione, o tendenza ad evitare una situazione sgradevole’ (Rushen et
al., 1993, Wemesfelder, 1993).
Tale approccio trova applicazioni pratiche anche in zootecnia, in quanto notevoli
riduzioni del ‘benessere’ conseguenti a stress cronico sono in grado di indurre
scadimento delle produzioni. Inoltre questa metodologia ha il vantaggio di avvalersi di
variabili più analizzabili e misurabili rispetto alle ‘sensazioni soggettive’. Tuttavia
anch’essa non e esente da problemi, quali talvolta la non concordanza reciproca dei
diversi indicatori.
3) Nel terzo caso l’assunto di base è che ‘gli animali abbiano la possibilità di
manifestare tutti i loro comportamenti ‘naturali’ (Webster et al., 1986, KileyWorthington, 1989). Risulta tuttavia evidente che i problemi insiti in tale approccio
consistono soprattutto nella difficoltà di identificare il significato di ‘naturale’ per
animali sottoposti al processo di domesticazione (Mattiello, 1998). In questo caso molte
attività che consentono l’adattamento in natura hanno funzioni e quindi utilità scarse o
mille, come nel caso della distanza di fuga davanti all’uomo, e l’accettazione di ripari o
fonti di cibo direttamente torniti, il che riduce tutti i comportamenti connessi alla ricerca
dell’alimento, altri esempi sono costituiti dai comportamenti riproduttivi e di cura
parentale. In natura, al contrario, comportamenti finalizzati alla ricerca del cibo ed alla
difesa dai predatori sono estremamente necessari per la sopravvivenza individuale e
della specie. In allevamento sono stati effettuati tentativi di ricreare condizioni più
simili a quelle naturali, ad esempio per i suini (Stolba e Wood-Gush, 1984). Non va
tuttavia neppure trascurato l’effetto della selezione genetica, che, sebbene non possa
influire in modo sostanziale sul comportamento complesso, plasmato per la maggior
parte dall’ambiente, può comunque condizionare in certa misura le tendenze reattive di
base, e quindi il substrato su cui si innestano poi le manifestazioni comportamentali e
gli effetti dell’esperienza individuale.
10
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
LA RICERCA NEL SETTORE DEL BENESSERE ANIMALE: COINVOLGIMENTO
DEI RICERCATORI E RIFLESSI SULLA RICADUTA APPLICATIVA ANCHE A
LIVELLO NORMATIVO
Nel panorama internazionale numerosi ricercatori si occupano delle tematiche esposte
precedentemente, considerando in particolare le risposte comportamentali e gli altri
indicatori di ‘benessere’ a queste correlati. Il comportamento si può infatti considerare
come la manifestazione principale che l’organismo ha a disposizione per attuare le
strategie di adattamento all’ambiente: capire come un organismo reagisce agli stimoli,
quali di questi ricerca od evita, è parte essenziale dell’analisi del benessere e
dell’adattamento. Molti ricercatori del settore confluiscono oggi nel!’ International
Society for Applied Ethology (I.S.A.E.), sviluppo di quella che nel 1966 un gruppo di
Veterinari nel Regno Unito fondò con il nome di: Society for Veterinary Ethology
(S.V.E.) (Petherick e Duncan, 1991). Dal 1970 tale Società è aperta anche a non
Veterinari, proprio in seguito alla necessità di utilizzare spesso, in questo settore, un
approccio multidisciplinare. Attualmente tale organizzazione conta parecchie centinaia
di componenti distribuiti in tutto il mondo (Tabella 2); ad essa si affiancano numerose
altre associazioni in cui convergono i ricercatori del settore, sia a livello di animali di
interesse zootecnico che di animali da affezione. Ogni anno l’I.S.A.E. organizza un
meeting internazionale, svoltosi anche in Italia nel 1990. Tuttavia numerose sono le
occasioni di incontro e di scambio di risultati di chi si occupa dello studio del
‘benessere’, anche perché, come si è accennato, tale disciplina è in continua e costante
evoluzione, in seguito alla complessità della materia ed alle sue molteplici
interconnessioni con le altre discipline scientifiche. Numerose sono anche le riviste
scientifiche che trattano in particolare tali tematiche, come ad esempio le riviste Applied
Animal Behaviour Science ed Animal Welfare.
Inoltre molti membri dell’I.S.A.E. hanno parte attiva nella preparazione di rassegne
scientifiche da cui spesso prendono spunto teorico le differenti regolamentazioni, sia a
livello di Unione Europea che di Cons iglio d’Europa. All’interno di questi due
organismi si trattano pure in particolare le tematiche di ‘benessere’ degli animali allevati
(Fabre, 1995).
La Commissione Europea (EC) ha emanato parecchie Direttive sulla protezione degli
animali in allevamento (Tabella 3), normative che hanno anche lo scopo di evitare
problemi di competitività tra gli Stati membri. L’iter prevede che la Commissione
proponga una bozza del testo, che serva come base per la discussione tra rappresentanti
degli Stati membri; i testi rivisti sulla base della discussione vengono poi solitamente
adottati dal Consiglio dei Ministri dopo consultazione con il Parlamento Europeo.
Ulteriori normative possono essere adottate dalla Commissione stessa dopo discussione
e voto all’interno dello Standing Veterinary Committee dell’Unione Europea.
Successivamente gli Stati membri provvedono all’adozione delle Direttive all’interno di
ogni singola Nazione. Nella Tabella 4 si riporta una serie di Direttive europee recepite
in Italia con la relativa indicazione.
Per ottenere l’evidenza scientifica disponibile sui vari argomenti connessi al ‘benessere’
11
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
animale, la Commissione Europea si avvale di Comitati Scientifici: fino al 1997 tale
tematica veniva affrontata dalla Sezione Animal Welfare dello Scientific Veterinary
Committee, all’interno dell’Agricultural General Directorate. Dal 1997 in avanti i
Comitati Scientifici sono stati riorganizzati e tale aspetto e affidato allo Scientific
Veterinary Committee on Animal Health and Animal Welfare (SCAHAW), passato al
General Directorate on the Protection of the Consumer (DGXXIV). Tale Comitato e
composto da esperti indipendenti, non rappresentanti dei Paesi d’origine, ma scelti sulla
base del loro curriculum.
Lo Scientific Veterinary Committee on Animal Health and Animal Welfare e diviso in
due sotto-comitati, che trattano rispettivamente la salute ed il benessere animale, ed ha il
compito di produrre Report scientifici in mento ai vari quesiti posti dalla Commissione.
Solitamente tali Report sono curati da un gruppo di esperti appositamente costituito, che
include come Chairman un membro del Comitato stesso, e come componenti anche
esperti esterni a quest’ultimo. II documento prodotto viene quindi analizzato, discusso,
eventualmente modificato ed approvato dal sotto-comitato di competenza,
successivamente viene presentato al Comitato completo (SCAHAW), ridiscusso,
eventualmente rimodificato e quindi approvato. Tutti i Report prodotti in questo modo
sono successivamente resi pubblici e disponibili sul sito Web all’indirizzo della
Commissione (http //europa eu mt/comm/dg24), come pure sono resi pubblici e
disponibili i verbali delle singole riunioni dei Comitati.
La struttura di un Report prevede generalmente lo sviluppo di una sene di punti, quali:
-) lo stato dell’arte in materia, -) la definizione del ‘benessere’ animale e la possibilità di
quantificarlo in relazione alla specie in esame, -) le categorie di indicatori etologici,
fisiologici, comportamentali e produttivi disponibili. Non si escludono talvolta anche
considerazioni di carattere socio-economico, in funzione del tipo di argomento trattato e
delle sue implicazioni. Viene analizzata quindi la possibilità che gli animali hanno di
adattarsi al sistema di allevamento od alla tecnologia in esame, considerando anche gli
aspetti di selezione genetica che gli animali allevati hanno avuto in seguito alla
domesticazione ed all’evoluzione degli indirizzi produttivi. Infine vengono forniti
opinioni e raccomandazioni su ogni singolo argomento trattato, considerando anche in
particolare le esigenze qualitative dei prodotti in funzione della qualità dell’intero
sistema produttivo, e l’esigenza di evitare agli animali sofferenze inutili ed
ingiustificate.
Negli ultimi anni molti sono stati i quesiti che hanno portato alla stesura di Report sul
‘benessere’ degli animali in allevamento intensivo, od in particolari settori produttivi.
Nella Tabella 5 vengono riportati i titoli degli ultimi Report pubblicati.
CONCLUSIONI
Come si e accennato nelle diverse parti di questo lavoro, lo studio scientifico del
‘benessere’ animale e notevolmente complesso e le sue possibilità di applicazione e di
verifica in campo pratico si aprono a molteplici argomenti e settori dell’allevamento e
della gestione degli animali domestici. Le ricerche sul ‘benessere’, nonostante i
differenti approcci attualmente utilizzati, sono accomunate dalla considerazione che non
12
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
si possono trascurare le capacita ed i limiti delle possibilità di adattamento degli
organismi, in funzione delle loro caratteristiche specie-specifiche ed evolutive. Ciò
implica che, contemporaneamente alle modificazioni dell’ambiente, intendendo con
questo anche i diversi sistemi di allevamento e di interazione con l’uomo, va tenuto
presente che gli animali possono contrastare gli effetti potenzialmente negativi di
stressori non cronici e non particolarmente forti, in rapporto alle capacità ed ai limiti
fisiologici e comportamentali dell’organismo stesso. Al di là di tali limiti, gli sforzi
possono diventare insostenibili e determinare scarso o nullo ‘benessere’, con tutte le
conseguenze negative sia sull’animale che sulle sue potenzialità produttive. D’altra
parte attualmente il problema della valutazione del ‘benessere’ animale è chiaro e
riconosciuto, sia a livello di opinione pubblica che di legislazione, anche da molti
operatori del settore, consci da sempre della necessità di affrontare sia le esigenze dei
consumatori che quelle del mondo produttivo, e proprio per questo della necessità di
non trascurare le esigenze anche degli animali, per cui miglioramento della qualità di
vita significa riduzione dello stress e potenziamento dei risultati dell’allevamento stesso.
Tale visione può costituire una sfida importante, per rispondere alle esigenze di
incremento della qualità globale dei processi produttivi. Ciò potrà forse sembrare strano,
a prima vista, o superfluo ad alcuni, ma sicuramente si ritiene possa costituire una fonte
di riflessione per molti altri, sia all’interno del mondo zootecnico che nell’opinione
pubblica generale, in cui solo un’informazione adeguata anche in merito alle reali
esigenze degli animali sottoposti a controllo dell’uomo può determinare scelte ed
opinioni scevre da preconcetti e da interpretazioni errate.
BIBLIOGRAFIA
Appleby M.C., Hughes B.O. (1997). “Animal Welfare”. CAB Int., U.K.
Bentham J. (1789), in: Appleby M.C. and Hughes B.O. (1997) “Animal Welfare”. CAB
Int., U.K.
Biondi M. (1997). Mente, cervello e sistema immunitario. McGraw Hill Libri Italia,
Milano.
Brambell Report (1965). Report of the Technical Committee to Enquire into the
Welfare of Animals kept under Intensive Livestock Husbandry Systems. “Command
Report 2836, Her Majesty’s Stationary Office”, London.
Bredbacka P. (1988). Relationships between fear, welfare, and productive traits in caged
white leghorn hens. In: Unshelm J., van Putten G., Zeeb K. and Ekesbo I.
(Eds.),”Proc. Int. Congr. on Appl. Ethol. in Farm Animals”, Skara, 74-79.
Cannon W.B. (1914). The emergency function of the adrenal medulla in pain and the
major emotions. “Am. J. Physiol.”, 33, 356-372.
Conny M.A., Van Ravenswaaij A., Louis A.A.K., Hopman J.C.W., Stoeling G.B.A.,
Van Geijn H.P. (1993). Heart rate variability. “An. Of Int. Med.”, 118, 436-447.
Coppinger T.R., Minton J.E., Reddy P.G., Blecha F. (1991). Repeated restraint and
isolation stress in lambs increases pituitary-adrenal secretions and reduces cellmediated immunity. “J. Anim. Sci.”, 69, 2808-2814.
Curtis S.E. (1987). Animal well-being and animal care. “Vet. Clin. North Am.: Food
Anim. Pract.”, 3, 369-382.
13
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Dawkins M.S. (1988). Behavioural deprivation: a central problem in animal welfare.
“Appl. An. Beh. Sci.”, 20, 209-225.
Dawkins M.S. (1990). From an animal’s point of view: motivation, fitness, and animal
welfare. “Behav. Brain Sci.”, 13, 1-9 and 54-61.
Dubreuil P., Farmer C., Couture Y., Petitclerc D. (1993). Hematological and
biochemical changes following an acute stress in control and somatostatinimmunized pigs. “Can. J. Anim. Sci.”, 73, 241-252.
Duncan I.J.H. (1993). Welfare is to do with what animals feel. In: Appleby M.C. and
Hughes B.O., 1997, “Anim. Welfare”. CAB Int., U.K.
Ekkel E.D., van Doom C.E.A., Messing M.J.C., Tielen M.J.M. (1995). The specificstress-free system has positive effects on productivity, health and welfare of pigs. “J.
Anim.. Sci.”, 73, 1544-551.
Fabre A. (1995). Bien-etre des animaux dans les élevages: enjeux et perspectives d’une
réglementation nationelle. “Le Point Veterinaire”, 27, 11-20.
Ferrante V., Canali E., Mattiello S., Verga M., Sacerdote P., Manfredi B., Panerai A.
(1998). Preliminary study on the effect of size of individual stall on the behavioural
and immune reactions of dairy calves. “J. Anim. Feed Sci.”, 7, 29-36.
Fraser D., Broom D.M. (1994). “Farm Animal Behaviour and Welfare”. CAB Int., U.K.
Hemsworth P.H., Barnett J.L., Hansen C. (1987). The influence of inconsistent handling
by humans on the behaviour, growth and corticosteroids of young pigs. “Appl. An.
Beh. Sci.”, 17, 245-252.
Henry J.P., Stephens P.M. (1977). “Stress, health and the social environment. A
sociobiological approach to medicine”. Springer-Verlag, New York. Hopster H.
(1998) “Coping strategies in dairy cows”. CIP Data Ed., Koninklijke Biblioteek, Den
Haag.
Kiley-Worthington M. (1989). Ecological, ethological, and ethically sound
environments for animals: Toward symbiosis. “J. Agric. Ethics”, 2, 323-347.
Ladewig J. and von Borell E. (1988). Ethological methods alone are not sufficient to
measure the impact of environment on animal health and animal well-being. In:
Unshelm J., van Putten G., Zeeb K., Ekesbo I. (Eds.), “Proc. Int. Congr. on Appl.
Ethol. Farm Animals”, Skara, 95-102.
Manser C.E. (1992). “The Assessment of Stress in Laboratory Animals”. RSPCA,
Horsham.
Marazziti D., Di Muro A., Castrogiovanni P. (1992). Psychological stress and body
temperature changes in humans. “Physiol. Behav.”, 52, 393-395.
Mason J.W. (1974). Specificity in the organization of neuroendocrine response profiles.
In: Seeman P. and Brown G. (Eds.), “Frontiers in neurology and neuroscience
research”. Univ. Toronto, 68-80.
Mason G.J., Mendl M. (1993). Why there is no simple way of measuring animal
welfare? “Anim. Welfare”, 2, 301-319.
Mattiello S. (1998). II processo di domesticazione. O.D.V., n. 7/8, 51-55.
McGlone J.J. (1993). What is animal welfare? “J. Agr. Environm. Ethics”, 6 (Suppl. 2),
26-36.
14
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Mench J.A. (1999). Ethics, Animal Welfare and Transgenic Farm Animals. In: Murray
J.D., Anderson G.B., Oberbauer A.M. and McGloughlin M.M. (Eds.): “Transgenic
Animals in Agriculture”. CABI Publ., CAB Int., U.K.
Morton D.B., Griffiths P.H.M. (1985). Guidelines on the recognition of pain, distress
and discomfort in experimental animals and hypothesis for assessment. “Vet. Res.”,
116,431-436.
Petherick J.C., Duncan U.K. (1991). S.V.E. 1966-1991 25th Anniversary Review. In:
“Proc. Int. Congr.”, Ed inburgh, 11-16.
Picard M., Porter D., Signoret J.P. (1994). “Comportement et adaptation des animaux
domestiques aux contraintes de l’elevage: bases techniques du bien-etre animale”.
INRA Paris, 191-201.
Rushen J. (1991). Problems associated with the interpretation of physiological data in
the assessment of animal welfare. “Appl. An. Beh. Sci.”, 28, 381-386.
Rushen J., Schwarze N., Ladewig J., Foxcroft G. (1993). Opioid modulation of the
effects of repeated stress on ACTH, cortisol, prolactin and growth hormone in pigs.
“Physiol. Behav.”, 53, 923-928.
Scapagnini U. (1989). “PNEI-Psiconeuroendocrinoimmunologia”. Liviana Ed., Padova.
Selye H. (1932). The General Adaptation Syndrome and the Disease of Adaptation. “J.
Clin. Endocr.”, 6, 117-152.
Singer P. (1977). “Animal Liberation”. Avon Books, New York.
Stolba A., Wood-Gush D.G.M. (1984). The identification of behavioural key features
and their incorporation into housing design for pigs. “Ann. Recherc. Vet.”, 15, 287298.
Sundin O., Ohman A., Palm T., Strom G. (1995). Cardiovascular reactivity, type A
behaviour and coronary heart disease: comparison between myocardial infarction
patients and controls during laboratory- induced stress. “Psycophysiol.”, 32, 28-35.
Terlouw C., Kent S., Dantzer R., Monin G. (1994). L’hyperthermie induite par le stress:
donnees preliminaires. In: Picard M., Porter D. and Signoret J.P. (Eds.):
“Comportement et adaptation des animaux domestiques aux contraintes de l’elevage:
bases techniques du bien-etre animale”. INRA Paris, 191-201.
Terlouw C., Kent S., Cremona S., Dantzer R. (1996) Effect of intracerebroventricular
administration of vasopressin on stress- induced hyperthermia in rats. “Physiol.
Behav.”, 60, 417-424.
Terlouw C., Schouten W.G.P., Ladewig J. (1997). Physiology. In: Appleby M.C. and
Hughes B.O. (1997) “Animal Welfare”. CAB Int., U.K.
Trunkfield H.R., Broom D.M., Maatje K., Wierenga H.K., Lambooy E., Kooijman J.
(1991). Effects of housing on responses of veal calves to handling and transport.
In:Metz J.H.M. and Groenenstein (Eds.): “New Trends in Veal Calves Production”.
EAAP Publ., The Netherlands, 40-43.
Verga M. (1994). Benessere ed indicatori “bio-etologici”. Riv. di Avicoltura, N. 7/8, 3036.
Verga M., Carenzi C. (1998). Interazione con l’uomo, reazioni di “timore” e effetti negli
animali da reddito. “Large Animals Review”, 4, (4-5), 5-10.
15
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Webster J., Saville C., Welchman D. (1986). Improved husbandry systems for veal
calves. “Farm Anim. Care Trust”, London, U.K.
Wemesfelder F. (1993). The concept of animal boredom and its relationship to
stereotyped behaviour. In: Lawrence A.B. and Rushen J. (Eds.): “Stereotypic Animal
Behaviour: Fundamentals and Application to Welfare”. CAB Int., U.K., 65-95.
Tabella 1 - Principali problemi nella valutazione scientifica del ‘benessere’ animale
Table 1 - Main problems in the scientific evaluation of animal welfare
-) tipo di situazione stressogena
-) type of stressor
-) ‘stato psicologico’ del soggetto, cioè caratteristiche individuali di percezione dello
stimolo
-) subjective ‘psychological status ‘ and perception individual characteristics
-) momento e durata della soministrazione dello stressore
-) time and lasting of the stressar
-) sequenza temporale della reazione allo stimolo, come nel caso dell’attivazione
simpatico- medullo-surrenale e di quella ipofisi-cortico-surrenale
-) sequential rection to the stressar, i.e. sympatho-adrenal and pituitary-adrenal
reaction
-) differenze in funzione della specie
-) species related variability
-) differenze in funzione di età e sesso
-) age and sex effects
-) differenze in funzione della variabilità individuale
-) individual variability
-) significato dei diversi indicatori misurati
-) meaning of the evaluated indicators
Tabella 2 - Localizzazione dei membri dell’ I.S.A.E. (numero di membri)
Table 2 - Locations of the ISAE members (number)
Gran Bretagna ed Irlanda
200
Paesi Scandinavi
88
Paesi Mediterranei
75
U.S.A.
53
Europa Centrale
43
Australia, Nuova Zelanda ed Africa
38
Benelux
36
Europa dell’Est
33
Canada
29
Oriente
25
Sud America
9
Totale
629
Total
16
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 3 - Alcune normative sul ‘benessere’ degli animali adottate dall’UE
Table 3 - Some Regulations on Animal Welfare adopted by the European Union
Argomento
Riferimento
Title
Reference
D Direttiva
D Directive
R Regolamento
R Regulation
Stordimento pre-macellazione
D 74/577
Stunning before slaughter
Protezione delle galline ovaiole in batteria
D86/113/CEE
Laying down minimum standards for the protection of laying hens
kept in battery cages
Protezione degli animali usati nella ricerca scientifica
D 86/609
The protection of animals used for experimental and other
scientific purposes
Protezione degli animali durante il trasporto
D 90/425/CEE
Protection of animals during transport
Protezione dei vitelli
D 91/629
Laying down minimum standards for the protection of the calves
Protezione dei suini
D91/630/CEE
Laying down minimum standards for the protection of the pigs
Protezione degli animali durante il trasporto
D91/496/CEE
Protection of animals during transport
Protezione degli animali durante il trasporto
D 91/628/CE
Protection of animals during transport
Protezione degli animali durante lo stordimento e la macellazione D93/119/CE
Protection of the animals at the time of slaughter and killing
Protezione degli animali durante il trasporto
D 95/29/CE
Protection of animals during transport
Commercializzazione delle uova
R 95/69
Marketing standards for eggs
Protezione dei vitelli
D 97/2/CE
Laying down minimum standards for the protection of the calves
Soste durante trasporti di lunga durata
R 1255/97
Stops during long journeys of animals
Protezione degli animali durante il trasporto
D 41 1/98
Protection of animals during transport
Protezione degli animali da reddito in allevamento
D 98/58/EC
Protection of animals kept for farming purposes
17
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 4 - Alcune Direttive Europee relative al ‘benessere’ degli animali da reddito
recepite nella Legislazione Italiana
Table 4 - Some EU Directives on farm animal welfare in Italian Legislation
Argomento
Normativa
Title
Legislation
Protezione degli animali durante il trasporto
L. 24.4. 1982 N. 244
Protection of animals during transport
D.P.R. 5.6.1982 n. 624
D. L. 30.12. 1992 n. 532
D.L. 20.10.1998 n. 388
Protezione delle galline ovaiole in batteria
D.P.R. 25.5. 1988 n. 233
Laying down minimum standards for the protection of laying
hens kept in battery cages
Protezione dei vitelli
D.L. 30.12.1992 n. 533
Laying down minimum standards for the protection of the D.L. 1.9.1998 n. 331
calves
Protezione dei suini
D.L. 30.12.1992 n. 534
Laying down minimum standards for the protection of the
pigs
Protezione degli animali durante la macellazione e D.L. 1.9.1998 n. 333
l’abbattimento
Protection of the animals at the time of slaughter and killing
18
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 5 - Alcuni Report scientifici sul ‘benessere’ degli animali
Table 5 - Some scientific Reports on the welfare of the animals
Argomento
Title
Macellazione rituale
Statement on the Religious Slaughter of Animals Without Stunning.
VI/B/II.2 VI/955/92
Somministrazione di sostane a scopo non terapeutico e non profilattico
Statement on the Use of Substances Administered to Animals for Non
Therapeutic and Non-Prophylactic Purposes. VI/B/II.2
Trasporto degli animali
Report on the Transport of Farm Animals VI/B/II.2 VI/340/92
Benessere dei vitelli
Report on the Welfare of calves VLB/11.2 VI/5891/1995
Benessere delle galline ovaiole
Report on the Welfare of Laying Hens VI/B.II.2 VI/8660/96
Sistemi di cattura ed intrappolamento degli animali
Statement concerning the Proposal for an Agreement on International
Humane Trapping Standards between the European Community,
Canada and the Russian Federation
Benessere dei suini
Report on the welfare of Intensively Kept Pigs
XXIV/BS/ScVC/0005/1 997
Eliminazione di animali a scopi di controllo sanitario
The Killing of Animals for Disease Control Purposes
XXIV/BS/Sc VC/006/1 997
Uso di misture di gas CO2, O2 ed N2 per lo stordimento o la
macellazione dei volatili
The use of Mixtures of the gases CO2, O2 and N2 for Stunning or
Killing of Poultry
Aspetti relativi al ‘benessere’ nella produzione del ‘foie gras’
Welfare Aspects of the Production of Foie Gras in Ducks and Geese
XXIV/B3/A W/R06/1998
Effetti dell’uso della BST sul welfare degli animali
Animal Welfare Aspects of the Use of Bovine Somatotrophin
19
Data
Date
20/9/1990
4/6/1991
18/5/1992
09/11/1995
30/10/1996
22/7/1997
30/09/1997
30/09/1997
23/06/1998
16/12/1998
10/03/1999
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
20
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
IL BENESSERE ANIMALE ED IL RUOLO DELL’ALLEVATORE
NELL’EVOLUZIONE DEI SISTEMI PRODUTTIVI INTENSIVI 1
Ivo Zoccarato2 , Luca Maria Battaglini2 ,
RIASSUNTO: Gli Autori riferiscono sull’evoluzione del concetto di benessere animale
e sui rapporti esistenti tra il comportamento e l’allevamento intensivo. Sono descritte le
principali modificazioni comportamentali nelle diverse fasi produttive (riproduzione e
accrescimento). Viene sottolineata l’importanza del ruolo dell’allevatore, le attuali
tendenze produttive e lo sviluppo delle metodologie “globali” per la valutazione del
benessere.
PAROLE CHIAVE: Benessere, allevamento intensivo, suini, ruminanti.
ANIMAL WELFARE AND FARMER ROLE THROUGH THE DEVELOPMENT OF
INTENSIVE BREEDING SYSTEMS
SUMMARY: The Authors refer about the development of the animal welfare concept
and on the relationships existing between behaviour and intensive breeding . The most
important modifications of animal behaviour in the different productive phases
(reproduction and growing) are described. The importance of stockman role, the present
productive trends and the development of a “global” approach in order to evaluate the
welfare are highlighted.
KEY WORDS: Welfare, intensive breeding, pigs, ruminants.
IL BENESSERE
“Vita da bestie, ma non bestiale” così intitolava un recente articolo di un importante
quotidiano che descriveva l’importanza della riduzione dello stress nell’allevamento
animale. L’informazione non specialistica dedica oramai ampi spazi ad aspetti
prevalentemente tecnici e ciò a riprova del fatto che un sempre maggior numero di
persone è emotivamente coinvolto da tutto ciò che in qualche modo riguarda gli animali,
siano essi di interesse zootecnico o meno (Buri, 1999).
Tutto questo impegno fornisce però risultati assai diversi alla base dei quali esiste una
diversa concezione del benessere animale. Si assiste talvolta a prese di posizione
estreme che sfociano addirittura nella violenza, nel rifiuto di consumare prodotti di
origine animale se ottenuti con sistemi intensivi o alla disponibilità a pagarli di più se
provenienti da animali allevati con sistemi più “delicati” (den Ouden,1996).
L’aumentata sensibilità dell’opinione pubblica nei confronti del benessere animale è
anche all’origine della contestazione nei confronti della sperimentazione animale, degli
zoo e dell’utilizzo degli animali nell’ambito dello spettacolo circense. E’quindi evidente
_____________________________
1
2
II lavoro spetta in parti uguali agli autori.
Professore associato. Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università di Torino.
21
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
che il concetto di benessere animale vana in relazione alla capacita di sentire del singolo
individuo, ed ancor più con le sue concezioni zoo-antropologiche. Secondo Ballarini
(1998) la zoo-antropologia si trova oggi a studiare il terzo periodo del rapporto tra
l’uomo e l’animale, si e passati da una prima fase arcaica in cui il rapporto era di tipo
magico-totemico all’attuale concezione che riconosce a tutti gli animali una capacita di
intendere e volere. Tra queste due posizioni si colloca una terza scuola di pensiero,
tuttora ampiamente condivisa, che individua negli animali un mezzo per fornire alimenti
e/o lavoro. In questa ultima riteniamo si possano identificare gli allevatori che
nell’ambito dell’attuale società, complice una certa disinformazione, si trovano molto
spesso in una posizione critica che li fa apparire come aguzzini degli animali o, peggio,
avvelenatori del consumatore come recenti episodi potrebbero far credere (sindrome
della vacca pazza, suini “alla diossina”).
In realtà, proprio perché l’allevatore ricerca la massima efficienza produttiva, il
benessere degli animali e per essi di fondamentale importanza, ciò e noto a tutti gli
operatori capaci, ma e altrettanto ovvio che il concetto di benessere per chi alleva non
coincide con quello dell’animalista o di chi pratica una dieta vegetariana. Nel rispetto di
tutte le opinioni si ritie ne che definire il benessere come uno stato di completa salute
mentale e fisico dove l’animale e in armonia con il suo ambiente (Hughes, 1976) sia
rispondente alle esigenze dell’allevatore, salvaguardando le necessita dell’animale. A
nostro avviso tale definizione potrebbe essere assunta come quella di benessere
zootecnico condizione nella quale l’animale da reddito può esplicare la massima
capacita produttiva quantitativa e qualitativa, senza andare incontro a manifestazioni
patologiche o a turbe comportamentali in grado di alterare il suo equilibrio fisiologico.
All’ottenimento di questa condizione di benessere l’allevatore tende da sempre. Anche
in Italia, dal 1992 (DD.LL. 532-533 534) tali aspetti hanno cominciato ad essere
normati, ma già nel 1988 era stata data attuazione alla prima delle direttive UE che
riguardava il comparto avicolo.
BENESSERE E COMPORTAMENTO
II concetto di benessere poggia quindi sulla possibilità da parte dell’animale di regolare
la propria condizione corporea in relazione alle situazioni ambientali che si vengono a
realizzare, nel caso in cui tale adeguamento venga meno si assiste a comportamenti
anomali e/o ad alterazioni fisiologiche (Broom e Johnson, 1993).
Nella specie suina il più classico dei comportamenti anormali e l’aggressività nei
confronti dei propri simili o, nel caso della scrofa, della prole. Questo vizio
comportamentale si esplica con morsicature vane o addirittura con fenomeni di
cannibalismo vero e proprio (Csermely, 1997), altri segni di malessere sono
rappresentati da atteggiamenti di sitting (Jensen et al., 1996), da movimenti stereotipici
(Mason, 1991, Lawrence e Terlouw, 1993), dall’incapacità di individuare un’area di
defecazione nel box (English et al., 1988). Nei bovini l’osservazione di anomalie nella
sequenza di movimenti per la messa in piedi o in decubito esemplifica un
comportamento che indica problemi di benessere (Bàdsgàrd et al., 1997), anche la
modificazione nell’ordine di ingresso in sala di mungitura può essere indice di
22
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
situazioni sfavorevoli che si ripercuotono anche a livello produttivo (Tartari e Baldi,
1989). Tra i vitelloni in seguito a frequenti raggruppamenti si rilevano alti livelli di
aggressività e frequenti atti di monta (Tennesen et al., 1985, Kenny e Tarrant, 1987). Le
condizioni di stress, sia nei suini sia nei bovini, possono modificare i livelli di difesa
immunitaria favorendo l’insorgenza di varie patologie infettive (Sidoli, 1997,
Gnaccarini et al., 1998), podaliche (Bàdsgàrd et al., 1997), metaboliche (Kaneko et al.,
1997).
Indipendentemente dalla specie animale, sempre in accordo con Broom (1991) si può
affermare che le necessità degli animali sono:
1) l’ingestione di adeguate quantità di colostro prima e latte poi per i giovani;
2) la disponibilità di periodi della giornata durante i quali riposare e dormire;
3) l’esplorazione dell’ambiente circostante, al fine di individuare ed evitare eventuali
fonti di pericolo;
4) la possibilità per l’animale di compiere un certo esercizio fisico, di muoversi
liberamente e di adottare posture conforte vo li;
5) l’ingestione di idonei alimenti che favoriscano lo sviluppo e la corretta funzionalità
del sistema gastroenterico;
6) il contenimento dell’insorgenza di malattie e parassitosi;
7) un prolungato legame materno;
8) l’interazione con i propri simili al fine di sviluppare un adeguato senso sociale.
L’insieme di queste necessità, fatto proprio dallo Scientific Veterinary Committee
(1997) per quanto riguarda il benessere nell’allevamento intensivo del suino, può essere
sintetizzato nell’assunto delle cosiddette cinque libertà fondamentali dell’animale già
definite nel 1965 dal Brambell Report e secondo le quali l’animale deve essere:
a) libero da sete, fame, malnutrizione;
b) libero dal disagio di stress termici e fisici;
c) libero dal dolore, ferite e malattie;
d) libero di esprimere il suo normale comportamento;
e) libero da paura e angoscia.
Molto si è detto e scritto in questi ultimi anni relativamente a queste libertà, ma è
evidente che nel contesto dell’allevamento intensivo molto dipende dal grado di
percezione dell’allevatore, ma anche dal ruolo che questo gioca nel processo di
adattamento dell’animale. Un corretto “governo” non può che migliorare la risposta
dell’animale nei riguardi dell’ambiente in considerazione del fatto che l’animale ha
memoria delle esperienze precedenti che, se positive, gli consentono di reagire più
adeguatamente in futuro (Ekkel, 1996). Inoltre, non bisogna dimenticare che l’allevatore
contribuisce all’adattamento anche modificando le strutture ed il management aziendale.
Se facciamo riferimento alle cinque libertà fondamentali possiamo affermare che nella
maggioranza delle nostre realtà di allevamento gli animali sono sicuramente ben nutriti,
in buona salute e fìsicamente integri. E’ noto tuttavia che limitare il consumo o impedire
l’accesso ai foraggi grossolani può indurre frustrazione in suini e bovini (Redbo, 1992;
Lawrence et al., 1993). Allo stesso modo la composizione della razione può favorire la
suscettibilità a numerose malattie metaboliche e disordini in genere come le laminiti nel
23
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
bovino (Wierenga e Petersen, 1987). La situazione diviene più complessa quando si fa
riferimento a quegli aspetti che coinvolgono il comportamento dell’animale, ed alla
possibilità che esso possa provare paura ed angoscia. La difficoltà di rilevare ed
accettare l’esistenza di questi comportamenti nell’ambito dell’allevamento e sempre
esistita, ma con l’avvento dei sistemi intensivi specializzati questi problemi sono
diventati particolarmente pressanti in quanto le condizioni micro-ambientali si sono
differenziate sempre più da quelle naturali ricalcando, come scrive Ballarmi (1998), il
processo di urbanizzazione dell’uomo. Nelle città si e assistito ad un enorme aumento
del numero di animali familiari e, con questo, ad un radicale mutamento della
concezione del rapporto uomo-animale, con ripercussione anche sugli animali di
interesse zootecnico.
Consapevoli dell’esistenza della capacita degli animali di provare emozioni e di attuare
reazioni fisiologiche in grado di mantenere, entro certi limiti, una condizione di
benessere, ma anche del fatto che l’allevatore non intende arrecare inutili eccessive e,
aggiungeremmo noi, antieconomiche sofferenze agli animali, e necessario chiedersi di
quali strumenti egli disponga per valutare il benessere o il livello di stress all’interno
dell’allevamento. A tal proposito si può affermare che il sempre maggior numero di
ricerche svolte ha consentito di acquisire un bagaglio di conoscenze molto ampio ed un
affinamento delle tecniche disponibili, tuttavia queste ultime sono spesso di difficile
applicazione in azienda, richiedendo sovente interventi delicati ed invasivi che già di
per se possono generare stress acuto. Esiste quindi, a nostro avviso, la necessita di
acquisire mirate osservazioni etologiche sugli animali da reddito ricollocati in sistemi di
allevamento più estensivi al fine di valutare la loro effettiva capacita di adattamento a
situazioni in cui l’assistenza dell’allevatore diventa meno essenziale e l’animale può
ritornare a vivere in condizioni “più naturali”. Interessante e l’esperienza di allevamento
al pascolo di agnelli (appartenenti a razze da latte) allattati dalle madri, nei confronti di
soggetti sottoposti a tecniche di allattamento artificiale in box gli accrescimenti medi
sono risultati significativamente più favorevoli al sistema materno (350 vs 250 g/d nei
primi 30 giorni di vita, Battaghm, 1999, dati non pubbl.). Nei sistemi produttivi di
questo tipo, infatti, l’allevatore, più che fornitore di alimento, assume un ruolo di
osservatore e gestore delle risorse naturali, la gestione del sistema zootecnico estensivo
non può prescindere da una corretta integrazione ambiente-animale. In caso contrario
non si otterrebbero vantaggi ne per gli ammali, dal punto di vista del benessere, ne per
l’ambiente. Inoltre, e implicito che l’adozione di sistemi estensivi comporta
inevitabilmente la riduzione della capacita produttiva complessiva a meno di un forte
aumento delle superfici destinate ad allevamento. Si tratta quindi di trovare un giusto
equilibrio tra redditività della produzione e sostenibilità della stessa.
IL BENESSERE NELL’ALLEVAMENTO INTENSIVO
La misurazione dello stato di benessere dell’animale, come accennato in precedenza, e
difficile e complessa poiché, in presenza di stressors, il passaggio dalla fase di
adattamento allo stadio pre-patologico non e mai netto ma graduale. La valutazione del
benessere dovrebbe quindi tenere conto non solo delle risposte comportamentali,
fìsiologiche ed immunologiche dell’animale, ma anche delle loro interazioni (Moberg,
1987, Signo ret e Vieuille, 1996). La misurazione del benessere può essere in teoria il
24
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
risultato della somma di esperienze positive e negative (Simonsen, 1996), ma tale
approccio risulta particolarmente impegnativo ed è stato soggetto a studi di
modellizzazione (MSB [Multifacetted Structured Entity]) proposti da Bracke et al.,
(1997). A proposito dell’esame del benessere, nel contesto dell’attuale allevamento
intensivo, possiamo aggiungere anche un ulteriore parametro e precisamente
l’aspettativa di vita (Broom e Johnson, 1993). Se un animale è costretto ad avere un
metabolismo elevato e a convertire gli alimenti in carne, latte o uova in modo
particolarmente efficiente, possiamo attenderci che questa “caratteristica” influisca sulla
cosiddetta life expectancy. Per esempio, un’alimentazione ricca di proteina, l’uso di
steroidi e di somatotropine migliorano le prestazioni produttive di determinate linee
genetiche frutto della selezione, ma è probabile che provochino nel contempo una
riduzione della carriera produttiva. Gli allevatori di vacche da latte sono consapevoli
che la diminuzione del numero medio di lattazioni per carriera è andata di pari passo
con il miglioramento dell’indice di conversione degli alimenti. Molti soggetti sono
eliminati a causa di lesioni pedali, mastiti, ipofertilità, rapido declino della produzione,
ma molti morirebbero comunque abbastanza presto in un sistema gestionale “spinto”
come quello al quale sono sottoposti. La riduzione dell’aspettativa di vita indica che le
bovine lattifere ad alta produzione sono frequentemente sotto stress e che il loro
benessere non è sempre ottimale, anche se ciò non significa che la loro efficienza
produttiva sia in tali condizioni necessariamente scadente; in realtà molte vacche
risultano sane per tutta la vita e non presentano affatto segni di scarso benessere. Anche
se può sembrare riduttivo, la valutazione dello stato di salute e delle prestazioni
produttive costituisce ancora il criterio più immediato, oltre che il più semplice, per
l’apprezzamento delle condizioni di benessere o della capacità di adattarsi alle
condizioni produttive intensive (Duncan, 1981; Gonyou; 1986; Curtis, 1990; Sundrum,
1997). Certamente le performances zootecniche non tengono in considerazione gli
aspetti etologici, ma da questo punto di vista l’allevatore può rilevare, in certe
situazioni, la presenza di alcune stereotipie, anche se non sempre ricollegabili ad
inadeguate situazioni di ambiente d’allevamento (Mason, 1991). I comportamenti
stereotipici costituiscono un appropriato indicatore del livello di benessere dell’animale,
in quanto questi compaiono prima delle alterazioni dell’asse neuro-ormonale, e la
conseguente sovraproduzione di corticosteroidi, che sta alla base della Sindrome
Generale di Adattamento (Selye, 1957). Relativamente allo studio delle stereotipie, in
accordo con Biagi et al. (1998), occorre ricordare che l’etologia veterinaria non è
perfettamente sovrapponibile all’etologia convenzionale il cui obiettivo è di studiare gli
animali nel loro ambiente naturale. Molti degli animali da reddito sono oramai allevati
in un ambiente che per definizione non è più considerato tale. Infatti, il Consiglio
dell’U.E. nel 1992 esprimeva il seguente parere definendo l’allevamento intensivo come
un metodo di allevamento con il quale gli animali sono custoditi in spazi insufficienti o
in numero o in condizioni o ancora con livelli di produzione tali che la loro salute ed il
loro benessere dipendono dall’assistenza frequente dell’uomo.
Quando si parla di allevamento intensivo si pensa istintivamente a quello del suino, del
vitello a carne bianca o del pollo e, in seconda battuta, a quello del vitellone e della
vacca da latte; con ogni probabilità la causa della posizione di preminenza
25
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
dell’allevamento del suino e da ricercarsi nel fatto che tale attività zootecnica, senza
terra e da tempo svincolata dall’azienda agraria grazie anche alla non dipendenza dai
foraggi che invece lega saldamente le produzioni bovine ad un contesto aziendale ben
definito. Per quanto attiene l’allevamento del vitello a carne bianca, occorre rilevare che
una buona parte dell’opinione pubblica e concorde nel considerare tale pratica tra le
meno rispettose del benessere animale, sia per quanto riguarda la tipologia di
stabulazione sia per gli schemi alimentari adottati. Il legislatore ha parzialmente
migliorato le condizioni di tale sistema produttivo attraverso l’emanazione del D.L.
533/92, tuttavia spesso tali allevamenti sono ancora lontani da condizioni ottimali
(Gnaccarmi et al., 1998).
Nonostante questa specie-specificità, molte delle problematiche legate all’allevamento
intensivo sono comuni alle diverse specie. Gli aspetti comuni sono quelli connessi alla
necessita di mantenere corrette condizioni micro ambientali che, a loro volta, sono
legate a scelte gestionali come il numero di animali da allevare, la stabulazione da
adottare e cosi via. Va anche sottolineato come tutte queste scelte rivestano
contemporaneamente una forte valenza sia sul benessere animale sia sull’ambiente e ciò
a riprova del fatto che le diverse problematiche che investono le attuali produzioni
animali non possono assolutamente essere trattate separatamente, bensì debbano essere
affrontate attraverso un approccio globale al cui centro si colloca l’allevatore. I fattori
zootecnici gestionali possono influenzare il benessere secondo vane modalità alcuni di
questi sono facili da definire e da misurare e di questi si conoscono anche gli effetti sul
benessere, altri sono più difficili da individuare, ma possono avere anch’essi un seno
impatto sul benessere animale. I principali fattori che vanno presi in considerazione
sono il razionamento quantitativo/qualitativo e le modalità di distribuzione
dell’alimento, il tipo di stabulazione, la presenza o meno di lettiera, la numerosità del
gruppo di ammali, lo spazio pro-capite, le condizioni micro-ambientali (luce,
temperatura, velocita e qualità dell’aria, rumore), le modalità di svezzamento,
l’attitudine e l’indole del personale addetto al governo degli animali. Un parametro
facilmente definibile e la scelta degli alimenti da destinare agli ammali, tenuto conto
non solo dei risvolti che la razione gioca sull’insorgenza di possibili dismetabolie, ma
anche sul corretto espletamento di funzioni vitali come l’attività ruminale, che e ridotta
in assenza di fibra lunga (De Boever et al., 1993, Lawrence et al., 1993), mentre
carenze energetiche possono alterare l’equilibrio degli ormoni riproduttivi inducendo
anaestri prolungati nella vacca (Beai et al., 1978). Nella scrofa una sottoalimentazione
durante la gestazione, può portare alla nascita di suinetti sottopeso (Pluske et al., 1995),
in questi ultimi, ma anche nei vitelli, e largamente conosciuta la problematica della
diarrea da svezzamento che, pur riconoscendo un’origine polifattoriale, trova nel
passaggio dall’alimento latteo al mangime un fattore spesso scatenante (Gue, 1988).
Interessanti a tal riguardo appaiono alcune esperienze finlandesi sulla possibilità di
adottare un allattamento materno prolungato nei vitelli, fino a 5 settimane, con bovine
ad alta produzione (Saloniemi, 1997, comunicazione personale) come risultato
dell’adozione di tale tecnica, pur impegnativa in termini di manodopera, si evidenziano
effetti favorevoli sul vitello (accrescimenti, salute e comportamento) e sulle madri
(riduzione delle mastiti, aumento dei consumi di foraggio e della produzione lattea).
La scelta del tipo di stabulazione è di estrema importanza per la realizzazione di sistemi
produttivi non stressanti. Il benessere della vacca da latte, in un sistema a stabulazione
26
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
libera con cuccette dipende ad esempio dalla disponibilità di spazio, dalle caratteristiche
della cuccetta, dal materiale per la lettiera, dal tipo di pavimentazione, dall’ampiezza dei
passaggi obbligati. Ricerche condotte su bovine da latte hanno dimostrato che è
negativo impedire od ostacolare l’adagiarsi degli animali perché ciò aumenta la
motivazione a compiere tale comportamento ed induce alterazione nelle risposte
comportamentali e fisiologiche, tipiche dello stress (Metz, 1985; Munksgaard e
Simonsen, 1996). L’affollamento e la competizione per occupare le cuccette libere nella
stabulazione libera può ridurre il tempo di riposo della bovina da latte (Friend et al.,
1977; Wierenga, 1983; Hennenberg et al., 1986): ciò consente di prevedere che negli
allevamenti con un numero di cuccette inferiore a quello dei capi presenti alcune bovine
andranno a incontro ad uno stress più o meno marcato per violazione del loro
comportamento. In una ricerca sull’argomento, Tarantola (1999) ha evidenziato come
l’adozione delle cuccette abbia migliorato le condizioni di comfort di bovine fino allora
allevate in stabulazione libera tradizionale. Un altro recente esempio viene riportato da
Spycher et al., (1999) ed è relativo ad un’indagine condotta in Svizzera in aziende con
bovine da latte allevate con diversi sistemi: a stabulazione fissa tutto l’anno, a
stabulazione fissa con paddock o pascolo in determinati periodi e a stabulazione libera.
Dalle osservazioni effettuate (movimenti, reazioni in presenza di estranei, pulizia,
lesioni alla cute, disturbi agli arti, ferite a coda e mammella, BCS) è emerso che i
principali segni di modesto benessere erano rappresentati da infiammazioni alle
articolazioni degli arti anteriori, da escoriazioni e ferite, da mutate modalità di decubito
e di levata, benché molti altri fattori associati alla gestione dell’allevamento ed al
sistema di stabulazione possano aver influito su queste risultanze. Ad esempio la
disponibilità unitaria di spazio gioca un importante ruolo in relazione al movimento,
all’atteggiamento aggressivo ed ai rischi di lesioni e ferite (Stamm, 1987). Sempre nei
bovini (manze) il numero di alimentatori e di abbeveratoi è contemporaneamente
importante per l’assunzione di sostanze nutrienti e per il comportamento (Redbo, 1990).
In un caso descritto da Sandøe et al., (1997) le dimensioni di una stalla risultarono
troppo limitate se confrontate alle dimensioni medie delle bovine presenti: a causa delle
piccole dimensioni delle cuccette erano osservate modificazioni nelle modalità di
postura e frequenti lesioni ai capezzoli: è risaputo che tali problemi siano
frequentemente causa di persistenti dolori e basso comfort. L’eccessiva densità, la
superficie scivolosa, i passaggi obbligati in spazi troppo angusti aumentarono
sensibilmente lesioni che interessavano lo strato corneo degli zoccoli, la regione carpale
e danni alla cute. Nella stessa indagine i dati raccolti in occasione dei pareggiamenti
degli unghioni indicarono la concomitante presenza di laminiti di presumibile origine
alimentare.
Relativamente all’effetto del sistema di stabulazione sul benessere del suino la casistica
è molto ampia e riguarda tutte le categorie produttive. La scrofa, negli attuali sistemi, è
allevata per buona parte della sua carriera (ri)produttiva in condizioni di confinamento;
è chiaro che le stereotipie sono estremamente frequenti e tipiche come la morsicatura a
vuoto o delle parti metalliche delle gabbie (Stolba et al., 1983, Terlouw et al., 1991a)
Questi comportamenti sono solitamente accompagnati da un innalzamento dei valori di
27
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
ACTH (von Borrell e Hurnik, 1991) che tende a rimanere elevato anche per parecchio
tempo indicando uno stress cronico. Tuttavia alcuni ricercatori non hanno evidenziato
una relazione diretta tra il grado di stereotipie ed il livello plasmatico del cortisolo
(Terlouw et al., 1991b). Se l’elevata cortisolemia e da ritenersi una condizione
pressoché tipica delle scrofe legate (contenimento non più ammesso nelle nuove
porcilaie in quanto l’attacco era spesso causa di ferite) o di quelle in gabbia singola, non
altrettanto si può affermare per quelle mantenute in gruppo in box con paglia. In questi
animali, infatti, gli indicatori ematici sono sempre attestati su valori più bassi e le
stereotipie meno frequenti (Barnett et al., 1985, 1987, 1992, Lawrence et al., 1994).
Oltre al sistema di contenimento, rivestono estrema importanza le caratteristiche del
pavimento e la possibilità di impiegare o no della lettiera. Pavimenti pieni in cemento
sono molto spesso causa di lesioni agli unghielli, agli arti e/o alla mammella. Tuttavia
anche la stabulazione in gruppo non e scevra da inconvenienti e, in modo particolare,
quando si ricostituiscono i gruppi di scrofe che hanno svezzato la necessita di
ricostituire una gerarchia sociale porta gli animali a scontri che talvolta sono causa di
gravi ferite. Signoret e Vieuille (1996) hanno confrontato il comportamento di scrofe, in
gestazione, stabulate secondo quattro diversi sistemi (legate, in gabbia individuale, in
gruppo in box ed in paddocks all’esterno) essi hanno evidenziato che esiste una forte
variabilità di comportamento imputabile al singolo individuo anche in funzione delle
sue condizioni corporee, da questo punto di vista le scrofe in condizioni più scadenti
(profilo posteriore ovale e scavato) sono quelle che presentano la maggior attività di
masticazione a vuoto, cioè non legata ad attività alimentare. Ogni sistema di
stabulazione determina lesioni tipiche ed e quindi evidente che non esiste un sistema
ottimale. Nelle scrofe confinate sono più frequenti le lesioni a carico degli arti, mentre
in quelle mantenute in gruppo, specialmente in porcilaia, compaiono numerose lesioni
da morsicatura, particolarmente gravi quando interessano la mammella. La
competizione sembra essere molto meno evidente nelle scrofe mantenute in gruppo e
all’aperto le lesioni da morsicatura sono meno frequenti e riguardano prevalentemente i
fianchi, tuttavia si osservano lesioni ai padiglioni auricolari e, sulla base di nostre
esperienze, agli arti (Zoccarato, 1999, dati non pubblicati). Relativamente agli aspetti
comportamentali Signoret e Vieuille (1996) hanno ancora evidenziato una riduzione
della masticazione a vuoto nelle scrofe mantenute in gruppo, in porcilaia, rispetto a
quelle all’aperto o confinate. L’abitudine ad un certo tipo di stabulazione si riflette
anche sulle prestazioni post partum, le scrofe abituate al confinamento individuale sono
meno nervose quando vengono poste nelle gabbie-parto individuali (Marchant e Broom,
1993), la mortalità neonatale dei suinetti risulta più elevata tra le scrofe allevate prima
in gruppo e poi fatte partorire singolarmente (Cronin et al., 1996). Da questo punto di
vista e importante ricordare come il sistema di contenimento della scrofa in sala parto
possa avere un effetto negativo sulla vitalità neonatale certe scrofe, a causa
dell’impossibilita di preparare il nido, mostrano infatti un protrarsi del parto (superiore
alle 6 ore) (Backstrom, 1973, Fraser et al. ,1995), d’altra parte il confinamento in gabbia
consente di ridurre la mortalità tra il parto e lo svezzamento. Al fine di migliorare le
condizioni di benessere della scrofa e dei suinetti sono stati proposti differenti sistemi di
28
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
allevamento, ma i risultati non sono sempre univoci, come già sottolineato anche dallo
Scientific Veterinary Committee (1997). Un miglioramento delle prestazioni è stato
ottenuto da Ekkel et al., (1995; 1996) confrontando il sistema Specif-Stress-Free (SSF)
con sistemi convenzionali. Il sistema SSF proposto originariamente da Charlick et al.,
(1968) prevede che i suini vengano allevati, in condizioni ottimali, nello stesso box
dalla nascita fino al raggiungimento del peso per la macellazione. In tal modo è
possibile eliminare lo stress conseguente al raggruppamento degli animali e, attraverso
un corretto management, ottimizzare le prestazioni produttive. L’obiettivo di fornire un
importante miglioramento nelle condizioni di allevamento è anche alla base del sistema
noto come Family Pen System (Stolba e Wood-Gush, 1984) che è stato recentemente
riproposto proprio in relazione alle mutate esigenze di benessere (Wechesler, 1998). In
questo sistema piuttosto complesso ed articolato le scrofe vengono divise in gruppi
famigliari che rimangono costanti nel tempo: all’interno dei recinti, opportunamente
ripartiti ed attrezzati si realizzano le diverse fasi (ri)produttive. Bradshaw e Broom
(1999) segnalano invece un aumento delle perdite per schiacciamento tra i suinetti nati
da scrofe allevate in gruppo secondo il sistema Thorstensson: esso prevede, attraverso
l’eliminazione di divisioni mobili dopo 9 giorni dal parto, la trasformazione di quattro
gabbie singole in un unico box, con paglia, condiviso sia dai suinetti che dalle madri.
Gli Autori imputano l’aumento della mortalità al comportamento delle scrofe che
mostrano un accentuato movimento di rollio durante la fase di coricamento e da una
eccessiva tendenza dei suinetti ad ammassarsi vicino alla madre durante la stessa fase. Il
problema di individuare tipologie di stabulazione in grado di soddisfare
contemporaneamente le esigenze materne e della prole è quindi ancora da risolvere,
anche perché, in ragione del benessere della scrofa, non si può certamente penalizzare
quello dei suinetti. Una fase critica nell’allevamento del suino è rappresentata dallo
svezzamento: gli effetti dello stesso si riflettono sia sulla futura ripresa del ciclo
riproduttivo sia sulle condizioni corporee dei suinetti e della madre. Come accennato in
precedenza il passaggio dall’alimentazione lattea al mangime rappresenta un momento
delicato per l’animale e senza dubbio stressante. L’adozione di sistemi secondo una più
friendly way visti in precedenza per l’allevamento della scrofa, consente di ottenere dei
benefìci anche per i suinetti.
Nell’allevamento intensivo tuttavia, dove lo svezzamento avviene tra il 21° ed il 28°
giorno di età, il raggruppamento di animali provenienti da nidiate diverse rappresenta
una concausa, assieme al cambiamento di alimentazione e alla perdita del riferimento
materno, nel determinare uno stress acuto che può manifestarsi con diarrea,
innalzamento di alcuni parametri ematici, aumento delle aggressioni che spesso
costituiscono un serio problema in quanto possono sfociare nel cannibalismo. Al fine di
ridurre la frequenza di tali episodi sono stati condotti diversi esperimenti mirati a
migliorare l’ambiente di allevamento. Buoni risultati sono stati ottenuti aumentando lo
spazio pro-capite e arricchendo l’ambiente per consentire ai suini di svolgere alcune
attività istintive, come il grufolare, ed annoiarsi di meno. L’adozione della lettiera
sembra fornire risultati discreti in tal senso (Schaefer et al., 1990; Van den Weghe et al.,
1998), sono state evidenziate anche risposte diverse in relazione al tipo di materiale
messo a disposizione degli animali Contrariamente a quello che ci si può attendere, la
29
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
paglia sembra essere uno dei materiali meno apprezzati dal suino “per trascorrere il
tempo”, mentre secondo quanto riportato da Lumb (1999) i materiali che meglio si
presterebbero a creare un ambiente interessante sarebbero il compost umido e la torba.
Anche l’utilizzo di oggetti diversi come catene, pneumatici etc. può contribuire a
migliorare l’ambiente di allevamento. Lo stress da raggruppamento e un problema che
riguarda anche i suini nella fase di accrescimento la dove si installano animali di
provenienza diversa, tale situazione risulta ulteriormente aggravata nel caso di un
eccessivo razionamento ed un insufficiente spazio mangiatoia pro-capite che
comportano un aumento delle aggressioni (Csemerly e Wood-Gush, 1986).
Quest’ultimo parametro, facilmente rilevabile, e causa di problemi anche tra i bovini
all’ingrasso Infatti, una elevata densità in box per vitelloni con pavimentazione piena
può portare a lesioni alla coda (Madsen et al., 1987), a relazioni sociali instabili
(Benecke, 1985, Kondo et al., 1989) e disturbi nel momento del riposo (Muller, 1988).
La riduzione dello spazio pro-capite e lo stress in genere comporta una modificazione
dell’attività di auto-toelettatura che viene concentrata, ed insistentemente espletata, su
piccole superfici corporee Ne può derivare una eccessiva perdita di pelo che favorisce
l’insorgenza di tricobezoari ruminali (Dantzer, 1986). La lingua serpentina e un’altra
stereotipia, per quanto sia sospettata una predisposizione genetica, che interessa i bovini
e più raramente i suini. Morsicature delle sbarre dei box, delle catene, movimenti
ripetuti del collo in animali tenuti alla posta sono altri esempi di stereotipie riscontrabili
nell’allevamento intensivo del bovino ed imputabili a noia (Fraser e Broom 1990). Oltre
alle manifestazioni comportamentali lo stress e causa di patologie gastrointestinali
anche negli animali. Analogamente a quanto si verifica nell’uomo, la presenza di ulcere
duodenali nel suino è stata imputata a eccessivo stress (Fraser et al., 1975). II 20-30 %
dei vitelloni all’ingrasso secondo Gue (1988) evidenzierebbe in sede di macellazione la
presenza di ulcere abomasali. L’insorgenza di tale patologia dipenderebbe dall’azione
diretta dello stress che si innescherebbe nel momento in cui l’animale non riesce più ad
adattarsi alla situazione stressante. Il meccanismo neuroormonale (Corticotropin
Releasing Factor) determinerebbe l’aumento in circolo di ACTH e quindi di
corticosteroidi e catecolamine. Tra le modificazioni indotte da queste sostanze vi e
anche quella della motilità intestinale che a sua volta, in un “effetto domino”, può dare
origine a fermentazioni anomale, riassorbimento di endotossine e quindi malattia.
Anche per i bovini, analogamente ai suini, e possibile utilizzare il dosaggio di alcuni
parametri ematici per valutare lo stress. Utili in tal senso appaiono i recenti risultati di
Tassone et al., (1999) e di Barbera et al., (1999) sull’andamento del progesterone
ematico in vitelloni maschi all’ingrasso Tali risultati appaiono particolarmente
interessanti poiché, essendo l’innalzamento del tasso di progesterone considerato indice
di trattamenti fraudolenti, lasciano intravedere la possibilità che in soggetti
particolarmente sensibili il progesterone possa innalzarsi come conseguenza dello stress
acuto dovuto al prelievo ematico ed alle manovre di contenimento.
30
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
UOMO-ALLEVATORE E BENESSERE ANIMALE
La sintesi fin qui fatta, ancorché forzatamente limitata, rende evidente il ruolo centrale
dell’allevatore e del personale di governo nel realizzare condizioni ottimali di benessere
in cui allevare gli animali. Riprendendo quanto scritto da Aghina (1999) si può
affermare che gli animali nei nostri sistemi produttivi non hanno nessuna possibilità di
scelta e quindi non hanno responsabilità nei riguardi della loro condizione, l’uomo
sceglie per loro. L’addetto al governo degli animali, che gli inglesi molto
semplicemente chiamano stockman è una persona che manifesta indole, caratteristiche e
dedizione al proprio lavoro peculiari che, molto spesso, nell’attuale società, pur
preoccupata del benessere animale, non incontrano un adeguato riconoscimento.
Seabrok (1983) da della capacità (stockmanship) di questo operatore questa definizione:
saper riconoscere, anche da piccoli cambiamenti nel comportamento di animali, presi
singolarmente o in gruppo, le esigenze dell’allevamento e gli opportuni interventi da
adottare. Da questo punto di vista si può affermare che l’attitudine dell’operatore nei
confronti degli animali, la sua abilità e competenza rappresentano un aspetto molto
importante, ma difficile da valutare. Diversi esperimenti hanno, infatti, evidenziato
come suini e bovini maltrattati possano dimostrare avversione o paure nei confronti
dell’uomo (Hemsworth, 1993; De Passillé et al., 1996) mentre pratiche rispettose e
gentili li rendano meno timorosi (Boissy e Boissou, 1988; Boivin et al., 1994). Il modo
di operare dell’allevatore e la sua personalità influiscono significativamente
sull’atteggiamento ed il comportamento animale secondo schemi piuttosto complessi.
Con riferimento ai mungitori, Seabrook (1984) afferma che la capacità dell’addetto di
stabilire un rapporto più confidenziale con la bovina consente un miglior rilascio del
latte e quindi una maggior produzione. In una sperimentazione con suini è emerso come
particolarmente importante, ai fini del benessere animale, l’atteggiamento
dell’operatore, il suo movimento e l’uso o meno di guanti (Hemsworth et al., 1985). Un
altro importante aspetto è legato alla capacità dell’operatore di individuare in modo
tempestivo eventuali problemi di salute o malessere degli animali, specie nei primi stadi
di vita. Se l’approccio dello stockman è importante nella gestione della vacca (Bosticco
e Molinari, 1981) lo è altrettanto in quello del suino sia in riproduzione sia all’ingrasso:
i risultati ottenuti da Hemsworth et al., (1986) mostrano una significativa riduzione
della percentuale di scrofette gravide (33%) se trattate in modo sgradevole, mentre se
controllate in modo gradevole i successi fecondativi salgono ali’88%. Anche il
momento del primo salto viene significativamente anticipato: le scrofette trattate
“meglio” sono state coperte a 161 giorni, le altre a 176. Il modo di governare gli animali
scatena delle reazioni di paura che si esplicitano anche in una riduzione della velocità di
accrescimento; gli animali più spaventati crescono meno rispetto a quelli che hanno
confidenza con il personale (Hemsworth et al., 1981; 1987; Gonyou et al., 1986). In
tutti questi esperimenti viene sempre evidenziato un elevato livello ematico di
corticosteroidi nei soggetti trattati “peggio”. Un tempo si usava affermare: “l’occhio del
padrone ingrassa gli animali”; oggi, l’intensificazione dei sistemi produttivi ha reso
evidente quanto sia fondamentale disporre di personale sensibile, preparato e motivato:
è risaputo quanto la reperibilità di manodopera specializzata in allevamento non sia un
problema di facile soluzione.
31
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
LE ATTUALI TENDENZE PRODUTTIVE
A fronte dell’esigenza del consumatore di un maggior rispetto del benessere animale in
allevamento, e della presunta miglior qualità degli alimenti ottenuti attraverso sistemi di
genere più delicato, hanno ripreso nuovo impulso, almeno per i suini, i sistemi di
allevamento all’aperto. Sulla scorta delle indicazioni fornite da Hendnks et al., (1998) si
può affermare che i sistemi di allevamento all’aperto sono in espansione per quanto
attiene la fase di gestazione della scrofa. Nell’UE su circa 1.800.000 scrofe allevate in
gruppo 300.000 sono tenute all’aperto. Tale pratica non e uniformemente ripartita tra i
vari Stati membri (20% in Inghilterra, 8-10% nella penisola Iberica ed in Francia, meno
dell’1% in Italia). Tuttavia un certo interesse comincia ad evidenziarsi anche da noi
(Volpelli e Spanghero, 1999). Stimolati dalle percezioni del consumatore, ci si può
ragionevolmente attendere che nei prossimi anni si assisterà ad uno sviluppo dei sistemi
produttivi all’aperto anche pei gli animali in accrescimento e finissaggio. A tal riguardo
va in ogni modo rilevato che anche i sistemi all’aperto presentano delle zone d ombra,
gli animali sono si liberi di comportarsi secondo il loro etogramma, ma vengono
maggiormente esposti a diversi fattori negativi tra i quali vale la pena di ricordare le
parassitosi, lo stress termico, l’emarginazione degli animali di rango inferiore (Edwards
e Casabianca, 1997): inoltre gli addetti richiedono una elevata capacita gestionale
essendo gli animali meno controllabili. Nel contesto di prodotti più naturali si e
innestato e sviluppato il principio delle produzioni biologiche, principio che da grande
importanza anche al benessere degli animali. Uno dei principali obiettivi
dell’allevamento “biologico” e quello di assicurare un corretto stato di salute e
rispondere appieno agli standard sul benessere (IFOAM, 1996). Nell’allevamento dei
bovini da latte alcune ricerche evidenziano una minor incidenza di dismetabolie negli
animali allevati secondo il metodo organic rispetto ai sistemi convenzionali (Vaarst e
Enevoldsen, 1994, Ebbesvick e Loes, 1994, Krutzinna et al., 1996) mentre sono
contrastanti i dati relativi alle mastiti. Con il metodo biologico anche le performances
riproduttive sembrano migliori. E’ da aggiungere tuttavia che soggetti particolarmente
produttivi si dimostrano più sensibili ad ambienti di allevamento meno confortevoli e
richiedono maggiori cure da parte di un allevatore peraltro più specializzato, il sistema
organico e invece più orientato verso sistemi di allevamento misti dove e richiesta una
minor specializzazione da parte dell’operatore e dove gli animali sono mediamente
meno esigenti, anche in termini di benessere (Hermansen e Knstensen, 1998). In alcuni
esempi di adozione del sistema biologico, assicurando maggiore spazio e più lettiera
agli ammali, si riduce l’incidenza delle malattie podali e, talora, delle mastiti (Muller et
al., 1989, Bergsten, 1994, Hmdede et al., 1996) ma si possono tuttavia verificare rischi
di sbilanciamento della razione collegabili all’obbligo di impiegare solo alimenti
autoprodotti (Sundrum, 1997). Studi comparativi tra i due sistemi per valutare gli effetti
sul benessere sono rari e si limitano all’aspetto strutturale del ricovero ad esempio, in
Germania, il sistema biologico impiega più frequentemente la stabulazione a cuccette
con accesso ad aree esterne anche di pascolo (Horning, 1997) e da ciò deriva una più
appropriata condizione di benessere. II regolamento UE 2092/91 sull’agricoltura
biologica prevede circa il benessere determinati standard minimi relativi alle condizioni
32
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
di stabulazione. II regolamento, che dovrebbe diventare legge nell’agosto del 2000,
prevede che l’area interna nel caso di suini e galline ovaiole aumenti sensibilmente
rispetto agli standard relativi alla Direttiva europea sulla protezione degli animali
allevati (Sundrum, 1999). Inoltre, l’area interna deve essere accompagnata da un’area
esterna pari ad almeno il 75% della prima e tutti gli animali devono disporre di lettiera
asciutta ed essere alloggiati in box secondo le densità imposte. Tali esigenze
confermano che l’allevamento biologico è un sistema rivolto attualmente ad un mercato
elitario, composto da consumatori esigenti e disposti ad elevati esborsi in caso di
rispetto di determinati standard qualitativi. I vincoli imposti dal Regolamento europeo
non rappresentano tuttavia, necessariamente, una garanzia di appropriate condizioni di
benessere animale. Si ribadisce quindi l’importanza di una definizione del grado di
benessere a livello di azienda al di là dei requisiti strutturali ma occorre dema ndare tale
compito a personale esperto e ben addestrato. A livello di odierna realtà sono ancora
poche le aziende europee in grado, anche adottando opportuni interventi strutturali, di
adeguarsi alle esigenti richieste del sistema biologico a garanzia di idonee condizioni di
salute e benessere animale. Particolare attenzione va diretta in ogni modo nei confronti
delle pratiche gestionali ed un loro miglioramento può essere il risultato dell’attrazione
dell’allevatore verso maggiori introiti.
LO SVILUPPO DI METODOLOGIE DI VALUTAZIONE DEL BENESSERE
ANIMALE IN AZIENDA
La possibilità di definire il grado di benessere animale in azienda si rivela
particolarmente interessante nell’ambito dell’esigenza, sempre crescente a livello di
consumatore, di rispetto per un’etica corretta in allevamento. Ne scaturisce dunque la
necessità di ideare pratiche e strumenti che dovrebbero, tra le altre cose, consentire al
produttore di identificare e prendere in considerazione gli interessi degli animali
all’interno dell’allevamento. Assicurando tale modus operandi il produttore potrebbe
essere messo in grado di soddisfare le eventuali attese da parte del consumatore circa il
benessere degli animali in produzione. Obiettivo di tali metodi sarebbe in primo luogo
quello di addestrare personale appartenente all’allevamento al fine di facilitare
un’agevole individuazione di eventuali problemi di benessere all’interno dell’azienda.
Una prima strategia, più sperimentale, opera attraverso una identificazione dei sistemi e
del management adottato in combinazione con dati (ad es. fisiologici) sugli animali; un
altra strategia prevede la misurazione di talune risposte animali (ad es.
comportamentali) da porre in relazione al sistema di allevamento adottato: il risultato
finale deriverebbe dalla combinazione e integrazione delle due strategie. In alcuni casi,
tuttavia, le sole informazioni sul sistema adottato e sulla gestione degli animali già
assicurano una buona predizione delle condizioni di benessere animale (Sandoe et al.,
1997). Le considerazioni sul livello di benessere in particolari condizioni di allevamento
dovranno essere obbligatoriamente messe in relazione ad osservazioni più specifiche
che abbiano previsto anche la misurazione di varie risposte animali (comportamentali,
endocrine e immunologiche). E’ necessario tuttavia conoscere sempre più a fondo
l’effetto delle variazioni gestionali a livello di singola azienda per poter desumere da
queste l’effetto sul benessere, attraverso appropriati metodi di registrazione delle
pratiche cons uete di allevamento. La registrazione di tali dati può essere tuttavia
33
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
complicata dal fatto che il comportamento dell’allevatore può essere influenzato e
condizionato anche da una singola osservazione, quindi non generalizzabile
(Johanessonn et al., 1997). Un approccio importante e quello relativo alla valutazione di
una corretta progettazione del ricovero, con particolare riguardo alle esigenze di
benessere degli animali si tratta di quegli elementi tecnici e strutturali da un lato (ad es.
disponibilità di spazio, strutture per l’alimentazione e l’abbeverata) e igienici e climatici
dall’altro. I criteri progettuali sono imposti nelle relative normative europee e si esigono
degli standard minimi non e detto che la definizione di questi “minimi” sia pero cosi
rispondente alle esigenze degli animali in quanto tali indicazioni sono primariamente
basate su decisioni politiche e spesso si tratta di compromessi non sempre direttamente
collegati al benessere animale. E’ difficile peraltro valutare tali criteri solo con un “si” o
con un “no” ma sarebbe più conveniente giudicarli attraverso scale di valori o di giudizi.
La valutazione dei criten di progettazione secondo indici misurabili (index-system) può
aiutare sensibilmente a verificare se esistono delle pre-condizioni adeguate per il
benessere o se sono presenti dei fattori-rischio (Sundrum, 1997). Si tratta certo di un
primo passo nell’ambito di un approccio integrato per definire il benessere ma non e
ancora ben chiaro quale sia il peso relativo dei differenti indicatori di benessere
(Hurmck, 1988). Molte delle attuali ricerche di tipo epidemiologico cercano appunto di
stabilire la singola rilevanza dei fattori in gioco nei confronti di salute e benessere. Con
tale sistema gli aspetti strutturali possono essere va lutati rapidamente, anche una sola
volta, mentre i fattori di tipo più zootecnico- gestionale richiedono più rilievi nel tempo.
Attualmente, uno strumento di questo genere può essere applicato come supporto
nell’ambito di sistemi decisionali finalizzati al miglioramento dello stato di benessere
animale nell’allevamento. Può essere inoltre adottato per fornire al produttore un
certificato che attesti la validità delle tecniche adottate. Un giudizio circa quanto
determinate tecniche di allevamento risultino appropriate o meno dipende dunque dai
criteri standard definiti, benché gli animali possono essere condizionati nel loro
benessere da situazioni spesso imprevedibili (variazioni ambientali, sociali, ecc.) e
indipendentemente dal fatto che essi si trovino allo stato libero o in un ricovero. I
differenti punti di vista dell’opinione pubblica dovranno essere certo considerati, e una
decisione finale sulla questione non considererà soltanto aspetti scientifici ma anche
elementi di tipo etico e politico. Una prima idea di combinare diversi indicatori tecnici
per stabilire la qualità dell’ambiente di allevamento in relazione al benessere è stata
elaborata da Bartussek (1988), mentre, successivamente, Sundrum (1994,1997) ha
suggerito una procedura che comprende i seguenti obiettivi a) sviluppare linee-guida per
individuare i punti deboli nell’ambiente di allevamento, b) definire un concetto comune
di valutazione del benessere che consenta un confronto anche tra diverse tipologie di
allevamento, e) fornire un supporto decisionale agli allevatori che tendono ad una
produzione dagli elevati standard qualitativi, d) favorire una positiva ricaduta
dell’assistenza tecnica. Tali sistemi vengono elaborati per le produzioni di bovini, suini
e avicoli e con particolare riferimento all’agricoltura biologica. Le procedure vengono
basate sulla valutazione delle condizioni di allevamento in relazione alla libertà degli
animali di manifestare differenti comportamenti e a quelle pratiche di allevamento che
rappresentano una condizione essenziale per un corretto stato di salute. Nella
valutazione del benessere animale la procedura analitica potrebbe quindi essere
sintetizzata in tre momenti decisionali e precisamente: identificare, rettificare e
34
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
prevenire i problemi connessi con il benessere utilizzando tutti gli strumenti sopracitati
(Fraser, 1995). Sistemi di valutazione come quelli proposti richiedono ulteriore lavoro
circa la scelta dei criteri e le loro relazioni per definire il benessere, nonché maggiori
conoscenze scientifiche sull’argomento; è inoltre necessaria una valutazione dei costi
per perseguire l’obiettivo welfare aiutandosi anche attraverso una modellizzazione dei
sistemi.
I COSTI DEL BENESSERE
II controllo dei costi di produzione è sempre più importante nei moderni sistemi di
allevamento. E’ noto che il miglioramento della salute e della fertilità gioca un ruolo
fondamentale per il raggiungimento di una produzione efficiente ed economicamente
premiante. Anche i costi per assicurare corrette condizioni di benessere possono
incidere sensibilmente a livello di impresa zootecnica: spesso sono relativi ad aspetti
come lo spazio unitario per capo, il tipo di stabulazione e le modalità di trattamento
degli animali (Fraser e Broom, 1990). Gli investimenti richiesti per tali adegua menti
vanno affrontati secondo degli schemi “per gradi”, onde non dover incidere subito e
troppo sensibilmente sulle entrate dell’allevamento. Si tratta in ogni modo di scelte che
non appartengono solo al singolo imprenditore ma che vanno prese anche a livello
politico: occorrerà sempre tenere in primaria considerazione l’aspetto salute animale e,
in secondo luogo, la possibilità di un sistema di produzione secondo un approccio
friendly-way (Dijkhuizen et al., 1997). Il processo decisionale descritto da Bohelje e
Eidman (1984) prevedeva cinque fasi: 1) definire il problema o l’opportunità 2)
identificare modalità operative alternative, 3) raccogliere informazioni ed analizzare
ciascun sistema operativo, 4) prendere la decisione ed operare secondo la modalità
prescelta, 5) valutare la ricaduta economica. La creazione di modelli economici
previsionali, così impostati, può aiutare a prendere le decisioni, ma il futuro richiederà
una ricerca basata su approcci più integrati (ad es. sistemi informativi che attraverso
l’analisi multivariata consentano di ottenere strumenti adeguati ad un uso praticoapplicativo nel campo zootecnico adattabili alle diverse situazioni e realtà aziendali ed
economiche). Per quanto riguarda l’allevamento del suino in Italia, un recente studio di
Bonazzi et al., (1999) ha messo in evidenza come l’adeguamento alle raccomandazioni
dello Scientific Veterinary Commitee (1997) comporti una notevole riduzione della
redditività dell’allevamento. Da questi dati emerge chiaramente il fatto che il
conseguimento del benessere in allevamento non è affatto indolore dal punto di vista
economico. L’allevatore si sobbarcherà l’onere di tali interventi migliorativi solo se tutti
i consumatori sapranno apprezzare e, quindi, remunerare adeguatamente i prodotti
ottenuti con sistemi meno intensivi. In caso contrario sarà elevato il rischio che a trame
beneficio saranno i Paesi terzi dove gli standard per il benessere sono meno restrittivi.
Ad analoghe conclusioni, pur con tutte le differenze dovute alle diverse situazioni
produttive e di mercato, è giunto un articolato studio olandese (den Ouden, 1996) che ha
valutato, tra l’altro, l’effetto economico legato ad un aumento dell’età allo svezzamento:
il passaggio da 4 a 5 settimane di età, ad esempio, comporta una riduzione di reddito per
l’allevatore olandese pari al 44%.
35
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
CONCLUSIONI
Una corretta definizione del concetto di “benessere animale” finalizzata ad una miglior
quantificazione dello stesso nell’ambito delle attività zootecniche, specialmente quelle
più intensive, rappresenta uno dei principali obiettivi per gli allevatori del prossimo
futuro. E’ noto tuttavia che sono molti i punti di vista dell’opinione pubblica al
riguardo: le correnti di pensiero animaliste detengono una giustificazione ideologica
principalmente basata sul concetto umano di benessere, mentre, all’opposto, l’allevatore
considera più frequentemente il tornaconto economico e talvolta trascura gli effetti della
sua pratica nel lungo periodo e quelli che sono taluni aspetti etici. E’ certamente
necessario che anche l’allevatore sia convinto dell’importanza di questo “nuovo”
requisito delle produzioni animali ma occorre giungere ad un corretto compromesso tra i
vari atteggiamenti in campo (produttore, tecnico, consumatore e politico). E’ difficile
definire in modo assoluto cosa sia il benessere per gli animali allevati (in funzione di
svariati fattori: specie, razza, fisiologia, produzioni, ecc.) ed i mezzi dei quali si dispone
per la sua misurazione non assicurano sempre affidabilità. Alcuni indicatori potremmo
ritenerli più utili di altri (suscettibilità alla malattia, ridotte produzioni, comportamenti
anomali, stereotipie, ecc.): a tale proposito alcuni Autori (Danuser et al., 1999)
suggeriscono l’abbinamento di particolari osservazioni sul benessere a quelli che sono i
periodici e obbligatori rilievi per la valutazione della salute animale. Queste attività, ad
opera dei servizi veterinari e nell’ambito di piani di controllo nazionali delle patologie,
hanno già indicato che alcune problematic he patologiche sembrano essere
particolarmente correlate ad aspetti relativi al benessere. Le informazioni raccolte a
livello dei diversi operatori (allevatori, veterinari, zootecnici) potrebbero essere anche
vantaggiosamente impiegate per valutare con sempre maggior affidabilità l’impatto dei
diversi sistemi e delle strutture di allevamento sul benessere (Spycher et al. 1999).
Broom (1997) riporta che un corretto benessere è spesso associato ad atteggiamenti
comportamentali che manifestano nell’animale soddisfazione e queste risposte
psicologiche derivano dalla fisiologia, dallo stato di salute, ecc.. Perciò, indicatori di
modesto benessere come ferite, immunodepressione, malattie sono, in sede di controllo
periodico, relativamente facili da identificare e giacché questi hanno una ricaduta sulle
condizioni mentali, e dunque sul benessere, ci aiutano nella definizione del livello dello
stesso (Broom, 1997). Occorre tuttavia affrontare con prudenza il problema della
definizione dei valori dì riferimento dei diversi indicatori in quanto avrebbe poco senso
definire condizioni di adeguato benessere per gli animali quelle che nemmeno l’uomo
relativamente fortunato è in grado di raggiungere (Bertoni, 1999). L’uso degli indicatori
andrebbe sempre fatto considerandoli nel loro insieme, secondo modelli dinamici da
realizzare nei diversi contesti di allevamento. Ricordando il ben noto esempio delle
doghe e della botte è opportuno comunque precisare che un punteggio insufficiente
conseguito da uno solo di essi può compromettere il risultato generale. Inoltre, un
corretto e gradevole trattamento degli animali è alla base delle loro buone performances
e funzioni (sani, efficienti nella riproduzione e correttamente produttivi in termini
quantitativi e qualitativi).
36
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Gli alleva tori devono convincersi che assicurare un buon welfare non è solo un obbligo
nei confronti degli animali, dei consumatori o di determinate leggi ma si rivelerà sempre
più conveniente anche da un punto di vista economico. I migliori risultati potranno
tuttavia essere conseguiti solo attraverso una sincera attenzione nei riguardi delle reali
esigenze animali, sempre al di là di un puro aspetto economico.
BIBLIOGRAFIA
Aghina C. (1999). “L’allevamento etologico dei bovini da latte in stabulazione fissa”. Il
Progresso Veterinario, 54 (12), 596-600.
Backstrom L. (1973). “Environment and animal healt in piglet production. A field study
of incidence and correlations”. Acta Vet. Scand. Suppl., 41, 1-240.
Bàdsgàrd N.P., Enevoldsen C., Vestergaard E.M., S0rensen J.T., Vaarst M. (1997).
Health as a component in a welfare assessment in swine and cattle herds. In:
J.T.Sorensen (ed). “Livestock farming systems - More than food production”. Proc.
4th Int. Symposium on Livestock Farming Systems. EAAP Publ. 89, 256-261.
Ballarini G. (1998). “Umanesimo ed Animalismo”. Fondazione Iniziative
Zooprofìlattiche e Zootecniche, Brescia, Italia.
Barbera S., Bosticco A., Tartari E. (1999). “II tasso progestinico quale indicatore dello
stress nel vitellone”. Zoot. Nutr. Anim., 25, 131-135.
Barnett J.L., Winfield C.G., Cronin G.M., Hemsworth P.H., Dewar A.M. (1985). “The
effect of individual and group housing on behavioural and physiological responses
related to the welfare of pregnant pigs”. Appl. Anim. Behav. Sci., 14, 149-161
Barnett J.L., Hemsworth P.H., Winfield C.G., Fahy V.A. (1987). “The effects of
pregnancy and parity number on behavioural and physiological responses related to
the welfare status on individual and group housed pigs”. Appl. Anim. Behav. Sci.,
17,229-243.
Barnett J.L., Hemsworth P.H., Cronin G.M., Newman E.A., McCallum T.H., Chilton D.
(1992). “Effects of pen size, partial stalls and method of feeding on welfare related
behavioural and physiological responses of group housed pigs”. Appl. Anim. Behav.
Sci., 34, 207-220.
Bartussek H. (1998). Haltung. In: Haiger A., Storhas R., Bartussek H. (eds.).
“NaturgemaBe Viehwirtschaft”. Verlag Ulmer, Stuttgart, 147-248.
Beai W.E., Short R.E., Staigmiller R.B., Bellows R.A., Kaltenbach C.C., Dunn T.G.
(1978). “Influence of dietary energy intake on bovine pituitary and luteal function” J.
Anim. Sci., 46 (1), 181-188.
Beneke B. (1985). “Zum Flàchenbedarf zuchtfàhiger Fàrsen in Rinderlaufstàllen”. Inst.
Fur Tierzucht und Tierverhalten. Mariensee. Der Bundesforschungsanstalt fur
Landwirtschaf Braunsschweig-Vólken (FAL). Institutsteil Trenthorst-Wulmenau.
Bergsten C. (1994). “Haemorrhages of the sole horn of dairy cows as a retrospective
indicator of laminitis: an epidemiological study”. Acta Vet. Scand., 35, 55-66.
Bertoni G. (1999). Welfare, health and management of dairy cows. In: Piva G., Bertoni
G., Masoero F., Bani P. e Calamari L. (eds.) “Recent Progress in Animal Production
Science. 1”., 59-78. Franco Angeli, Milano, Italia.
37
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Biagi G., Nannipieri S., Signorini F., Bagliacca M. (1998). “Welfare e allevamento
intensivo”. Large Animals Review, 4 (1), 17-24.
Boehlje M.D., Eidman V.R. (1984). “Farm management”. Wiley, New York, U.S.A.
Boissy, A., Bouissou M. F. (1988). “Effects of early handling on heifers subsequent
reactivity to humans and to unfamiliar situations”. Appl. Anim. Behav. Sci., 20, 259273.
Boivin, X., Le Neindre P., Garel J.P., Chupin J.M. (1994). “Influence of breed and
rearing management on cattle reactions during human handling”. Appl. Anim.
Behav. Sci., 39, 115-123.
Bonazzi G., Corradini E., Rossi P. (1999). “I costi del benessere nell’allevamento
suinicolo”. Agricoltura, 27 (1), 1-2. www.regione.emilia-romagna.it
Borrell E. von, Hurnik J.F. (1991). “Stereotypic behavior, adrenocortical function, and
open field behavior of individually confined sows”. Physiology and Behavior, 49, 709713.
Bosticco A., Molinari G. (1981). “Ipofertilità bovina e mortalità neonatale: il significato
del fattore uomo”. Obiettivi e Documenti Veterinari, 2 (9), 5-8.
Bracke M.B.M., Metz J.H.M., Udink ten Cate A.J. (1997). Assessment of animal
welfare in husbandry systems. . In: J.T.S0rensen (ed.) “Livestock farming systemsMore than food production”. Proc. 4th
Int. Symposium on Livestock Farming
Systems. EAAP Publ. No. 89, 231-237.
Bradshaw R.H., Broom D.M. (1999). “Behaviour and performance of sows and piglets
in crates and a Thorstensson system”. 50th Annual meeting of the EAAP, Zurich,
Switzerland.
Brambell Committee (1965). “Report of Technical Committee to Enquire into Welfare
of Animals kept under Intensive Livestock Husbandry Systems”. Command Report
2836, Her Majesty’s Stationery Office, London.
Broom D.M. (1997). Animal behaviour as an indicator of animal welfare in different
housing and management systems. In H. Saloniemi (ed.) “Proc. 9th Int. Congress in
Animal Hygiene”, vol.1, 371-378.
Broom D.M., Johnson K.G. (1993). “Stress and Animal Welfare”. Chapman and Hall,
London, England.
Broom D.M. (1991). “Animal welfare: concepts and measurements”. J.Anim.Sci., 69,
4167-4175.
Buri M. (1999). Vita da bestie, ma non bestiale. “Tuttoscienze”, n. 878, 3, supplemento
a La Stampa del 16 giugno, Torino.
Charlick R.H., Livingston H.R., McNair A., Sainsbury D.W.B. (1968). “The housing of
pigs in one pen from birth to slaughter” Nati. Inst. Agric. Engineering, Dept. Farm
Buildings, Report No. 11, Bedford, England.
Cronin G.M., Simpson G.J. e Hemsworth P.H. (1996). “The effects of the gestation and
farrowing environments on sow and piglet behaviour and piglet survival and growth
in early lactation”. Appl. Anim. Behav. Sci., 46, 175-192.
Csermely D. (1997). II cannibalismo nel suino. In: G. Baricco (ed.) “Compendio di
tecnica e coltura dell’allevamento suino italiano”, 916-929. Animals edizioni,
38
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Modena, Italia.
Csemerly D., Wood-Gush D.G.M. (1986). “Agonistic behaviour in grouped sows. I.
The influence of feeding”. Biology of Behaviour, 11, 244-252.
Curtis S.E. (1990). “Swine welfare: Biology as the basis”. 21st Annual Meeting of
American Association of Swine Practitioners.
Danuser J., Audigé L., Regula G., Krebs S. (1999). A proposed national animal health
monitoring using a dairy herd recording system. In: 5th International Livestock
Farming Systems Symposium “Integrating Animal Science Advances into the Search
of Sustainability”.
Dantzer R. (1986). “Behavioural, physiological and functional aspects of stereotyped
behaviour: a review and reinterpretation”. J. Anim. Sci., 62, 1776-1786.
De Boever J.L., De Brabander D.L., De Smet A.M., Vanacker J.M., Boucque C.V.
(1993). “Evaluation of physical structure. 2. Maize silage”. J. Dairy Sci., 76, 16241634.
De Passillé A.M.B., Rushen J., Ladewig J., Petherick C. (1996). “Dairy calves
discrimination of people based on previous handling”. J. Anim. Sci., 74, 969-975.
Dijkhuizen A.A., Jalingh A.W., den Ouden M., Vonk Noordegraaf A. (1997).
”Economic evaluation of animal health and welfare”. In: H. Saloniemi (ed.), Proc.9th
Int. Congress in Animal Hygiene, vol.11, 537-548.
Duncan I.J.H. (1981). “Animal rights - animal welfare: a scientist’s assessment.” Poult.
Sci., 60, 489-499.
Ebbesvick M., Loes A.K. (1994). Organic dairy production in Norway - feeding, health,
fodder production nutrient balance and economy - results from the ‘30- farm-project,
1989-1992. In: Granstedt A., Koistinen R. (eds.) “Converting to organic agriculture”.
Scand. Ass. Agr. Scient. Rapp., 93, 35-42.
Edwards S.A., Casabianca F. (1997). Perception and reality of product quality froom
outdoor pig systems in Northern and Southern Europe. In: J.T.S ørensen (ed.)
“Livestock farming systems - More than food production”. Proc. 4th Int. Symposium
on Livestock Farming Systems. EAAP Publ. 89, 145-156.
Ekkel E.D., van Doom C.E.A., Hessing M.J.C., Tielen M.J.M. (1995). “The Specific
Stress Free housing system has positive effects on productivity, health and welfare of
pigs”. J. Anim. Sci., 73, 1544-1551.
Ekkel E.D. (1996). “Impact of farrow-to- finish production on health and welfare of
pigs”. PhD- Thesis, Department of Herd Health and Reproduction, Utrecht
University, Netherlands, 145 pp.
Ekkel E.D., Savenije B., Schouten W.G.P., Tielen M.J.M. (1996). “Health, welfare and
productivity of pigs housed under Specific Stress Free conditions in comparison with
Two-Site Systems”. J. Anim. Sci., 74, 2081-2087.
Enevold sen C., Gròhn Y.T. (1996). “A methodology for assessment of the healthproduction complex in dairy herds to promote welfare”. Acta Agric. Scand. Sect. A.
Animal Sci. Publ. Suppl. 27, 86-90.
English P. R., Fowler V.R., Baxter S., Smith B. (1988). “The growing and finishing
pig”. Farming Press, Oxford, England.
39
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Fraser A. F., Broom D. M. (1990). “Farm animal behaviour and welfare”. 3<h edition
Bailliere Tindall, London, England.
Fraser D. (1995). “Science, values and animal welfare: exploring the inextricable
connection”. Animal Welfare, 4, 103-117.
Fraser D., Phillips P.A., Thompson B.K. Pajoe E.A., Weary D.M., Braithwaite L.A.
(1995). Behavioural aspects of piglets survival and growth. In: M.A. Varley (ed.)
“The neonatal pig - development and survival”. 287-312. CAB Int., Wallingford,
England.
Fraser D., Ritchie J.S., Fraser F. (1975). “The term stress in a veterinary context”. Brit.
Vet. J., 131,653-662.
Friend T. H., Polan C. E., Gwazdauskas F. C., Heald C. W. (1977). “Free stall and feed
bulk requirements relative to behavior production and individual feed intake in dairy
cows”. J. Dairy Sci. 60, 108-116.
Gnaccarini M., Fedele V., Monconi E. (1998). “ La tutela del benessere nei bovini.
Aspetti di ordine pratico applicativo riferiti al microclima”. Summa, 15 (3), 19-22.
Gonyou H.W. (1986). “Assessment of comfort and well-being in farm-animals”. J.
Anim. Sci., 62, 1769 - 1775.
Gonyou H.W., Hemsworth P.H., Barnett J.L (1986). “Effects of frequent interactions
with humans on growing pigs”. Appl. Anim. Behav. Sci., 16, 269-278.
Gue M. (1988). “Stress et troubles digestifs”. Ree. Med. Vet., 773-778.
Hemsworth P.H., Barnett J.L., Hansen C. (1981). “The influences of handling by human
on the behaviour, growth and corticosteroids in the juvenile female pig”. Horm.
Behav., 15,396-403.
Hemsworth P.H. (1993). Behavioural principles of pig handling. In: T. Grandin (ed.).
“Livestock Handling and Transport” 197-217. CAB Int., Wallingford, UK.
Hemsworth, P.H., Gonyou H.W., Dziuk P.J. (1985). “Human communication with pigs:
The behavioural response of pigs to specific human signals”. Appl. Anim. Behav.
Sci., 15,45-54.
Hemsworth P.H., Barnett J.L., Hansen C. (1986). “The influence of handling by human
on the behaviour, reproduction and corticosteroids of male and female pigs”. Appl.
Anim. Behav. Sci., 15, 303-314.
Hemsworth P.H., Barnett J.L., Hansen C. (1987). “The influence of inconsistent
handling by human on the behaviour, growth and corticosteroids of young pigs”.
Appl. Anim. Behav. Sci., 17, 245-252.
Hendriks H.J.M., Pedersen B.K. Vermeer H.M., Wittmann M. (1998). “Pig Housing
Systems in Europe: Current trends”. 49th Annual meeting of the EAAP, Warsaw,
Poland.
Henneberg U., Munksgaard L,. Kristensen E. S, Kongaard S. P., 0stergaard V. (1986).
“Behaviour and production of the dairy cow at different stocking rates in cubicle
houses”. 613th Report from the National Institute of Animal Science, Denmark.
Hermansen J.E., Kristensen T. (1998). “Research and evaluation of mixed farming
systems for ecological animal production in Denmark”. Workshop Proceedings:
Mixed Farming Systems in Europe, Dronten, The Netherlands. AP
40
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Minderhoudhoeve-reeks no. 2, 97-101.
Hindhede J., Sorensen J., Bak Jensen M., Krohn C. (1996). “Effect of space allowance,
access to bedding and flock size in slatted floor systems on the production and health
of dairy heifers”. Acta Agric. Scand. Sect. A. Animal Sci., 46, 46-56.
Horning B. (1997). “Tiergerechtheit und Verfahrenstechnik eingestreuter
Milchviehiaufstalle in der Praxis”. Uni. GH Kassel, Diss. Agr. Hughe s B.O. (1976).
“Behaviour as an index of welfare”. Proc. 5lh Europ Poultry Conf. 1005-1018.
Hurnick J.F. (1998). “Welfare of farm animals”. Appl. Anim. Behav. Sci., 20, 105-117.
IFOAM (Int. Federation of Organic Agriculture Movements) (1996). “Basic standards
for Organic Agriculture and Food Processing”. 10th Edition, SÒL, Bad Dilrckheim.
Jensen K.H., Pedersen L.J., Nielsen E.K., Heller K.E., Ladewig J., Jorgensen E. (1996).
“Intermittent stress in pigs: effects on behaviour, pituitary-adrenocortical axis,
growth, and gastric ulceration”. Physiol. Behav., 59 (4/5), 741-748.
Johannesson T., Sorensen J.T., Munksgaard L.J. (1997). Production environment as a
component in a welfare assessment in cattle herds. In J.T.Sorensen (ed.) “Livestock
farming systems- More than food production”. Proc. 4th Int. Symposium on
Livestock Farming Systems. EAAP Publ. No. 89, 251-255.
Kaneko J.J, Harvey J.V., Bruss M.L. (1997). “Clinical Biochemestry of domestic
animals”. Academic Press, San Diego, USA.
Kenny F.J., Tarrant P.V. (1987). “The behaviour of young Friesian bulls during social
re-grouping at an abattoir: influence of an overhead electrified wire grid”. Appl.
Anim. Behav. Sci., 18, 233-246.
Rondo, S., Selcine J., Okubo M., Asahida Y. (1989). “The effect of group size and
space allowance on the agonistic behaviour of cattle”. Appl. Anim. Behav. Sci., 24,
127-135.
Krutzinna C., Boehncke E., Hermann H.J. (1996). “Die Milchviehhaltung im
Òkologischen Landbau”. Ber. Ldw. 74, 461-480.
Lawrence A.B., Terlouw E.M.C. (1993). “A review of behavioral factors involved in
the development and continued performance of stereotypic behaviors in pigs”. J.
Anim. Sci., 72 (10), 2815-2825.
Lawrence, A.B., Terlouw E.M.C., Kyriazakis I. (1993). “The behavioural effects of
undernutrition in confined animals”. Proceedings of the Nutrition Society 52, 219229.
Lawrence, A.B., Petherick J.C., McLean K.A. Deans L.A., Chirnside J., Vaughan A.,
Glutton E., Terlouw E.M.C. (1994). “The effect of environment on behaviour,
plasma cortisol and prolactin in parturient sows”. Appl. Anim. Behav. Sci., 39, 313330.
Lumb S. (1999). “Tail biting solved by environment enrichmernt”. Pig Progress, 15 (6)
28-29.
Madsen, E.B , Thysen I., Ingvartsen K.L., Ostergaard V. (1987). Health and production
of young bulls at different stocking rates on slatted floors. In:. Ostergaard, V. e
Hindhede J. (eds.). “Research in cattle production systems” Report 628. Danish
Institute of Agricultural Sciences, pp. 209-218. (in Danish with English summary).
41
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Marchant J.N., Broom D.M. (1993). “The effects of dry sow housing conditions on
responses to farrowing”. Anim. Prod., 56, 475 (abstract).
Mason G.J. (1991). “Stereotypies and suffering”. Behav. Process., 25, 103-115.
Metz J.H.M. (1985). “The reaction of cows to short-term deprivation of lying”. Appl.
Anim. Behav. Sci., 13, 301-307.
Moberg G.P. (1987). “A model for assessing the impact of behavioral stress on
domestic animal”. J. Anim. Sci., 65, 1228-1235.
Milller C. (1988). “Ethologische und verhaltensphysiologische Beurteilungskriterien fiir
unterschiedliche Bodenbeschaffenheit und Besatzdichte bei weiblichen Jungrindem
in Gruppenhaltung”. Landbauforschung Volkenrode. Sonderheft 90.
Muller C., Ladeweg J., Thielscher A., Smidt D. (1989). Behaviour and heart rate of
heifers housed in tether stanchions without straw. Physiology and Behavior, 46, 751754. Munksgaard L., Simonsen H.B. (1996). “Behavioral and pituitary adrenalaxisresponses of dairy cows to social isolation and deprivation of lying down”. J.
Anim. Sci., 74, 769-779.
Ouden, M. den (1996). “Economic Modelling of pork production- marketing chain”.
PhD- Thesis, Department of Farm Management, Wageningen Agricultural
University, Netherlands 168 pp.
Pluske J.R., Williams I.H., Aherne F.X. (1995). Nutrition of neonatal pig. In: M.A.
Varley (ed.) “The neonatal pig - development and survival”. 187-235. CAB Int.,
Wallingford, England. Redbo I. (1990). “Changes in duration and frequencies of
Stereotypies and their adjoining behaviours in heifers”. Appl. Anim. Behav. Sci., 26,
57-67.
Redbo I. (1992). “Stereotypies in dairy cattle”. Report 212 Swedish University of
Agricultural Sciences, 37 pp.
Sandoe P., Munksgaard L., Bàdsgàrd N.P., Jensen K.H. (1997). How to manage the
management factor-assessing animal welfare at the farm level. In J.T.S0rensen (ed.)
“Livestock farming systems - More than food production”. Proc. 4th Int. Symposium
on Livestock Farming Systems. EAAP Publ. No. 89, 221-227.
Schaefer A.L., Salomons M.O., Tong A.K.W., Sather A.P., Lepade P. (1990). “The
effect of environmental enr ichment on aggression in newly weaned pigs”. Appl.
Anim. Behav. Sci., 27, 41-52.
Scientific Veterinary Committee (1997). “The welfare of intensively kept pigs”, 190 pp.
www.europa.eu.int/comm./dg24
Seabrook M.F. (1983). Human implications of modern livestock production systems. In:
“Stockman on the farm”, 7-18. UFAW, Royal Veterinary College, Hertfordshire,
England.
Seabrook M.F. (1984). “The psychological interaction between the stockman and his
animals and its influence on performance of pigs and dairy cows”. Vet. Rec. 115, 8487.
Selye H. (1957). “Stress”. Edizioni Scientifiche Einaudi, Torino, Italia.
Sidoli L. (1997). Management e immunità. In: G. Baricco (ed.) “Compendio di tecnica e
coltura dell’allevamento suino italiano”, 930-945. Animals edizioni, Modena, Italia.
42
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Signoret J.P, Vieuille C. (1996). “Effectiveness and limitations of physiological versus
ethological criteria to assess the welfare of pigs in relation to the housing
system”.Pig News and Information, 17 (4), 115N-121N.
Simonsen H.B. (1996). “Assessment of animal welfare by a holistic approach: behavior,
health and measured opinion”. Acta Agr. Scan. A. Animal Science Supplementum,
27, 91-96.
Spycher B., Regula G., Danuser J., Wechsler B. (1999). “Health and welfare of dairy
cattle in traditional and improved housing systems”. In: 5th International Livestock
farming systems Symposium -”Integrating Animal Science Advances into the Search
of Sustainability”.
Stamm A. (1987). “Beitrag zur verhaltensgerechten Haltung von Milchvieh in
Laufstallen”. Diss. ETH Zurich.
Stolba A., Baker N., Wood-Gush D.G.M. (1983). “The characterization of stereotyped
behaviour in stalled sows by information redundancy”. Behaviour, 87, 157-182.
Stolba A., Wood-Gush D.G.M. (1984). “The identification of behavioural key features
and their incorporation into a housing design for pigs”. Ann. Rech. Vet., 15, 287298.
Sundrum A. (1997). Assessing livestock housing conditions in terms of animal welfare possibilities and limitations. In: J.T. Sorensen (ed.) “Livestock farming systemsMore than food production “. Proc. 4lh Int. Symposium on Livestock Farming
Systems. EAAP Publ. No. 89, 238-246.
Sundrum A., Andersson R., Postler G. (1994). “Der Tiegerechtheitsindex-200/1994 -ein
Leifaden zur Beurteilung von Haltungssystemen fur Rinder, Kalber, Legehennen und
Schweine”. VerlagKollen, Bonn.
Sundrum A. (1999). Preconditions of Organic Livestock Farming to Improve Animal
Health and Welfare. In: 5th International Livestock farming systems Symposium ”Integrating Animal Science Advances into the Search of Sustainability”.
Tarantola M. (1999). “Condizioni di allevamento e benessere animale: individuazione di
fattori ambientali avversi ed impatto sulle produzioni”. Tesi di Dottorato di Ricerca,
Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Torino, Italia, 73 pp.
Tartari E., Baldi C. (1989). “Comportamento delle bovine da latte: relazioni tra ordine
di ingresso in sala di mungitura e alcuni parametri produttivi”. L’Informatore
Agrario, XLV (36), 29-31.
Tassone S., Tartari E., Cagnasso A., Abate O., Barbera S. (1999). “Correlation between
progesterone and cortisol in young bulls put under stress for a short period”. In: Piva
G., Bertoni G., Masoero F., Bani P. e Calamari L. (eds.) “Recent Progress in Animal
Production Science. 1”. 581-583. Franco Angeli, Milano, Italia.
Tennesen T., Price M.A., Berg R.T. (1985). “The social interactions of young bulls and
steers after re- grouping”. Appl. Anim. Behav. Sci., 14, 37-47.
Terlouw C.E.M., Lawrence A.B., Illius A.W. (1991a). “Influence of feeding level and
physical restriction on development of stereotypies in sows”. Anim. Behav., 42, 981991.
Terlouw C.E.M., Lawrence A.B., Ladewig J., De Passillé A.M.C, Rushen J.P.,
43
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Schouten W.G.P. (1991b). “Relationships between plasma cortisol and stereotypic
activities in pigs”. Behav. Process., 25, 133-153.
Vaarst, M., Enevoldsen C. (1994). Disease control and health in Danish organic dairy
herds. In: E. A. Huisman (ed.), “Biological basis of sustainable animal production”.
Proc. 4th Zodiac Symp., EAAP-Publ. 67, 211-217.
Van den Weghe H.F.A., Kaiser S., Arkenau E.F., Winckler C., Hartwig A. (1998).
”Assesment of a new deep litter system and a slatter floor housing system for
fattening pigs on indoor air qua lity animal beahviour and systematic injuries”. 49th
Annual meeting of the EAAP, Warsaw, Poland.
Volpelli L.A., Spanghero M. (1999). “Preliminary examination of outdoor sow farming
in Friuli-Venezia Giulia”. In: Piva G., Bertoni G., Masoero F., Bani P. e Calamari L.
(eds.) “Recent Progress in Animal Production Science. 1”. 581-583. Franco Angeli,
Milano, Italia.
Wechesler B. (1998). “Testing the feasibility of a combined housing system for
breeding sows and fattening pigs”. 49th Annual meeting of the EAAP, Warsaw,
Poland.
Wierenga H.K. (1983). The influence of the space for walking and lying in a cubicle
system on the behavior of dairy cattle. In: S.H Baxter, M.R Baxter e J.A.D. Mac
Cormack (eds.) “Farm Animal Housing and Welfare”. 171-175. Martinus Nijhoff
Publishers, Den Hag, Netherlands.
Wierenga H.K.e Petersen D.J. (1987). A housing system which reduces the incidence of
claw and leg disorders, and fulfills the behavioural demands of cattle: summary of
discussion on strategy for the future. In: H.K. Wierenga e D.J. Petersen (eds.) “Cattle
housing systems, lameness and behaviour”. 185-187. Martinus Nijhoff Publishers,
Den Haag, Netherlands.
44
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
LO STRESS DA CALDO NELLE BOVINE DA LATTE:
BENESSERE E ASPETTI PRODUTTIVI
Alessandro Nardone 1 , Bruno Ronchi2
RIASSUNTO: Lo stress termico, risultante dall’interazione tra fattori climatici,
comportamento e processi fisiologici dell’animale e fattori gestionali dell’allevamento,
influenza in maniera sensibile lo stato di salute e di benessere e le prestazioni degli
animali esposti a condizioni di caldo ambientale. Vengono prese in esame le variazioni
indotte dalla esposizione prolungata ad elevato THI sullo stato clinico, endocrino e
metabolico ed i riflessi sulle prestazioni produttive e sulla qualità del latte nei bovini da
latte ad elevata produzione. Le risposte adattative alle condizioni di clima caldo e la
possibilità di una loro misura rivestono una importanza fondamentale per mantenere
livelli sostenibili di efficienza produttiva, per ottenere prodotti di buona qualità e
assicurare condizioni di benessere agli animali. Viene proposto un modello bioclimatico
applicabile nel sistema di allevamento della vacca da latte per valutare l’intensità dello
stress termico da caldo ed il grado di rischio.
PAROLE CHIAVE: vacca da latte, stress da caldo, benessere.
SUMMARY: Heat stress, resulting from the interaction of environmental,
physiological, and managerial factors, has a marked influence on well being, health, and
productivity of farm animals. Effects of cronic exposure to high THI on clinical,
hormonal and metabolic status, on reproductive performances, and on milk yield and
composition of dairy cows are described. The adaptative responses to heat and ability of
acclimation are of substantial importance to maintain livestock productive efficiency
and sustainability, and to maintain quality of products and animal welfare. A bioclimatic
model to evaluate the severity of heat stress in dairy cows production systems is
proposed.
KEY WORDS: dairy cow, heat stress, well being.
____________________________
1
2
Professore ordinario. Istituto di Zootecnia. Università di Viterbo.
Professore associato. Ibidem.
45
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
PREMESSA
Le condizioni di clima caldo rappresentano uno dei più importanti fattori limitanti per
l’allevamento animale nelle aree tropicali e subtropicali e pongono seri problemi anche
in aree a clima temperato, nelle quali si registrano nel corso della stagione estiva periodi
con temperature ambientali al di sopra della soglia di neutralità termica per gli animali
allevati (Johnson H.D., 1976). Gli effetti del caldo sullo stato di benessere dell’animale
sono la risultante di una complessa interazione tra fattori ambientali e fattori individuali.
I fattori ambientali includono sia effetti diretti della condizione climatica, sia effetti
indiretti dovuti alla disponibilità e assunzione di alimenti ed all’ambiente sanitario. I
fattori individuali includono, oltre la specie, anche l’età, lo stato fisiologico ed il livello
produttivo (Collier et al., 1982). L’esposizione prolungata ad elevate temperature
ambientali determina l’attivazione di una serie di meccanismi fisiologici di
compensazione che hanno il significato di favorire l’adattamento al contrasto
ambientale ed il mantenimento delle funzioni vitali (Johnson, 1980). L’attivazione dei
sistemi di termoregolazione, associata a variazioni comportamentali e dello stato
endocrino- metabolico, si riflette negativamente sulle performance produttive e
riproduttive, che risultano ridotte o seriamente compromesse (Morrison, 1983; Johnson,
1987).
I bovini da latte risultano particolarmente sensibili allo stress termico da elevate
temperature ambientali, anche se provvisti di validi sistemi di termoregolazione, in
ragione della grande produzione di calore metabolico che è associata ad elevati livelli
produttivi. Studi eseguiti in celle climatiche ed in condizioni di campo hanno fornito
importanti contributi per definire gli effetti delle condizioni di clima caldo sullo stato di
benessere e sulle funzioni produttive dei bovini da latte (Bianca, 1965; Thatcher, 1974;
Nardone et al., 1992). Non sono invece del tutto chiariti i meccanismi che sono alla base
di alcune variazioni dello stato fisiologico ed il significato che possono assumere nel
processo di adattamento al caldo.
EFFETTI DELLO STRESS DA CALDO SULLO STATO DI BENESSERE
Comportamento, parametri cimici, funzioni organiche
II range ideale di temperatura per l’allevamento dei bovini da latte, definito come zona
di confort termico, è compreso tra 5 e 25 °C (McDowell, 1972). L’ambiente termico
non può però essere descritto solo in termini di temperatura dell’aria, anche se la
temperatura rappresenta il più importante fattore climatico. Gli scambi termici sono
infatti regolati anche da altri fattori quali l’umidità, la radiazione solare, la velocità
dell’aria e la composizione in gas della stessa (Robertshaw, 1981), nonché dal
fotoperiodo e dalle variazioni tra la condizione diurna e notturna. Tuttavia, resta ancora
da definire un indice climatico che contempli gli effetti combinati ed interattivi
sull’animale di tali fattori. E’ stato finora definito sperimentalmente un indice THI.
(Temperature Humidity Index) che considera temperatura ed umidità relativa (Johnson
et al., 1962; Ingraham et al., 1979). Quando il THI supera il valore di 70-72 nella
bovina da latte cominciano a manifestarsi i segni più evidenti dello stress termico:
46
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
- aumento della frequenza respiratoria;
- aumento della sudorazione;
- aumento del consumo di acqua per kg di s.s. assunta;
- riduzione del consumo di alimenti;
- aumento della temperatura corporea;
- riduzione della produzione di latte;
- modificazione della composizione del latte.
E’ stato ampiamente dimostrato come la temperatura corporea sia uno degli indicatori
più importanti per valutare la risposta dell’animale a condizioni di clima caldo (Turner,
1984; Johnson, 1987; Nardone, 1998). Nell’impossibilità di compensare il bilancio
termico con i meccanismi di termodissipazione, superata la soglia di temperatura critica
superiore, la temperatura corporea tende ad innalzarsi oltre i valori fisiologici fino a
quando non viene raggiunto un nuovo equilibrio.
La riduzione del consumo di alimenti è una delle più immediate conseguenze
dell’esposizione alle alte temperature, come sistema per ridurre la produzione di calore
endogeno e favorire la termodissipazione. L’entità della riduzione è in relazione a
diversi fattori, quali il livello di THI, le differenze giorno-notte, lo stato fisiologico, il
livello produttivo, le caratteristiche della razione (Collier et al., 1982). In prove eseguite
in ambiente controllato con THI diurno pari a 84 e THI notturno pari a 78 è stata
evidenziata una riduzione del consumo di sostanza secca del 35 % rispetto ad animali
mantenuti in condizioni di termoneutralità (Nardone et al., 1992).
E’ stato dimostrato che lo stress termico, a parità di condizione ambientale, stato
fisiologico e livello produttivo, si manifesta con una certa variabilità individuale
nell’ambito di una popolazione di vacche in lattazione. Negli animali che manifestano il
minimo rialzo termico in seguito all’esposizione ad ambiente caldo si registra la minima
riduzione del consumo di alimento (Johnson et al., 1987). Il consumo di sostanza secca
risulta correlato negativamente con la temperatura corporea (r = -0.44; Ronchi et al.,
1995a).
Sulla base di tali riscontri sperimentali, temperatura corporea e livello di ingestione
alimentare sono considerati, unitamente alla produzione lattea, indicatori della
condizione individuale di stress termico e del grado di adattamento al caldo (Johnson et
al., 1988).
Le variazioni a carico dell’ingestione volontaria di alimenti sono associate a variazioni a
carico della funzione digestiva e di assorbimento dei nutrienti. In condizione di stress
termico da caldo si verifica: una riduzione della attività di ruminazione, una riduzione
della frequenza e della forza di contrazione del rumine, una riduzione della motilità con
tempo di ritenzione ruminale più elevato, una riduzione della secrezione salivare, una
variazione dell’attività fermentativa ruminale, una ridotta irrorazione ematica (Attereby
e Johnson, 1969; West, 1994). La digeribilità della razione in condizioni di stress
termico da caldo tende ad aumentare in relazione con la riduzione della ingestione e
della velocità di transito (Collier e Beede, 1985). Tuttavia, in condizioni di stress
termico cronico le variazioni a carico della digeribilità risultano dipendere soprattutto
dal tempo esposizione ad elevato THI, per effetto di un adattamento del digerente al
47
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
caldo ambientale (Bernabucci et al., 1999)
Effetti sullo flato endocrino e metabolico
Gli effetti dello stress termico da caldo sul sistema endocrino e a livello metabolico
variano ampiamente in funzione di una sene di fattori legati sia alla condizione
climatica (livello di THI, tempo di esposizione, possibilità di compensazioni nell’arco
della giornata), sia alla condizione dell’animale (età, stato fisiologico, livello
produttivo) Discordanze di risultati e difficoltà di valutazione comparativa sono per lo
più da ricondurre all’impiego di differenti procedure sperimentali Un esempio
consistente di ciò e rappresentato dalle variazioni a carico dei glicorticoidi In condizioni
di moderato stress termico da caldo i livelli di cortisolo subiscono solo un lieve aumento
Un drastico innalzamento della temperatura determina, invece, un altrettanto drastico e
repentino innalzamento del cortisolo plasmatico nella fase di stress termico acuto
(Abilay et al., 1975), mentre si verifica una diminuzione nella fase di stress termico
cronico (Alvarez e Johnson, 1973), con concentrazioni basse rispetto ai valori
riscontrabili nella condizione di termoneutrali
II significato fisiologico di tale variazione può essere ricondotto al tentativo di
mantenere il bilancio termico nel corso dell’esposizione prolungata alle alte temperature
La riduzione della secrezione di ormoni corticoidi e associata alla riduzione di altri
ormoni calorigenici, quali gli ormoni tiroidei e l’ormone somatotropo (Mitra et al.,
1972, Ingraham et al., 1979) Tali variazioni risultano essere dovute ad un effetto diretto
del caldo piuttosto che alla riduzione dell’ingestione di alimenti (Webster, 1991) e
possono fornire indicazioni per valutare, insieme ad altri parametri cimici e metabolici,
il grado di adattamento dell’animale alle elevate temperatur e Una particolare
importanza assume, come indicatore della condizione di stress da caldo, l’andamento
della prolattina livelli di prolattina ematica sono correlati positivamente alle variazioni
del THI (Wettemann et al., 1982), si innalzano rapidamente anc he per effetto di
condizioni di moderato stress termico da caldo e, a differenza di altri ormoni, persistono
per tutta la durata dell’esposizione L’incremento della concentrazione plasmatica di
prolattma viene considerato come un effetto diretto della esposizione ad alte
temperature (Stradaioh et al. , 1996) Le funzioni dell’elevato livello di prolattina nella
condizione di stress termico da caldo non sono tuttavia precisate Viene ipotizzato che
l’aumento della secrezione di prolattma sia legato alle variazioni del bilancio idrico ed
elettrolitico e che la prolattina possa svolgere un ruolo importante nell’adattamento al
caldo (Collier et al., 1982)
L’esposizione prolungata a condizioni di stress termico da elevate temperature
determina variazioni di rilievo a carico dello stato metabolico-nutrizionale dei bovini da
latte In linea generale tali variazioni possono essere interpretate come risposte adattative
dell’organismo animale al contrasto ambientale, al fine di mantenere l’omeostasi Gli
aggiustamenti metabolici che intervengono per effetto di un prolungato stress termico
da caldo, sono in parte imputabili alla riduzione dell’ingestione volontariadi alimenti, ed
in parte dovuti alla riduzione del livello di attività di organi e tessuti per ridurre la
produzione di calore endogeno (Webster, 1989; Ronchi et al., 1997). Le principali
48
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
variazioni a carico dello stato metabolico dei bovini da latte dovute allo stress termico
da caldo possono essere così schematizzate:
Metabolismo energetico
- Alterazione del metabolismo del glucosio, con riduzione dei tenori plasmatici di
glucosio (Johnson, 1980; Nardone et al., 1992; Ronchi et al., 1995) forse a causa di una
ridotta gluconeogenesi epatica per ridotta attività metabolica del fegato (Ronchi et al.,
1998).
- Variazioni a carico del metabolismo lipidico: calo dei livelli plasmatici del colesterolo
libero ed esterificato, dei fosfolipidi, dei lipidi totali, degli acidi grassi non esterificati
(Ingraham et al., 1982; O’Kelly, 1987; Ronchi et al., 1999). Il calo dei lip idi plasmatici
sarebbe da considerare una risposta specifica dell’acclimatamento dei bovini a
condizioni di caldo. Le variazioni del contenuto delle frazioni lipidiche e la
composizione dei lipidi del plasma potrebbe essere un utile indicatore della capacità di
adattamento alle condizioni di stress termico da elevate temperature (Noble et al., 1973;
O’Kelly, 1987).
L’esposizione della vacca da latte nelle prime settimane di lattazione a condizioni di
stress termico da caldo determina, rispetto a vacche mantenute in condizioni di comfort
termico, un prolungamento del periodo a bilancio energetico negativo ed un più marcato
deficit energetico complessivo nelle prime 5 settimane dopo il parto (- 79 UFL vs. - 35
UFL) (fig. 1) (Lacetera et al., 1996).
49
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Giorni di lattazione
Fig. 1: Bilancio energetico della vacca da latte nella prima fase di lattazione, in
condizioni di termoneutralità (----˜----) e di stress termico da caldo (------p------).
Metabolismo proteico
- Alterazione del metabolismo aminoacidico, aumento del contenuto di urea ematica
(Ronchi et al., 1995). Bilancio azotato negativo (Huber et al., 1994), con possibile
riduzione delle sintesi proteiche e minore efficienza produttiva (Webster, 1991).
Bilancio acido-base e metabolismo minerale
- Comparsa di alcalosi respiratoria conseguente all’aumento dell’eliminazione di
anidride carbonica, con alterazione dell’equilibrio acido-base (McDowell, 1972;
Sanchez et al., 1994). Possibilità di comparsa di acidosi metabolica compensativa per
perdita di basi e per calo del pH del sangue (Schneider et al., 1988).
- Riduzione del bilancio parziale cationi-anioni (CAB= Na+K-Cl), dovuto a riduzione di
Na e K e ad aumento di CI (West et al., 1992): valori più elevati di CAB in condizioni
di stress termico indicherebbero una migliore condizione fisiologica degli animali e
forse una migliore capacità di adattamento al caldo (Ronchi et al., 1997). In condizioni
di caldo il CAB nelle vacche da latte risulta correlato positivamente con l’ingestione di
sostanza secca e con la produzione di latte (West et al., 1992).
- Riduzione dei tenori plasmatici di Ca, P e Mg.
50
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Funzionalità epatica
- Calo dell’attività metabolico-sintetica del fegato, con valori più bassi di albumine, di
colestero e di enzimi e più elevati di bilirubina (Lacetera et al., 1996; Bernabucci et al.,
1997; Ronchi et al., 1999).
Lo stress da caldo risulta particolarmente dannoso per la vacca da latte quando va a
coincidere con la fase di transizione, già di per sé molto impegnativa per l’insieme degli
aggiustamenti metabolici che comporta, e quando va ad interessare animali ad elevate
potenzialità produttive (Bell A.W., 1995). Tuttavia, anche in vacche da latte a media
potenzialità produttiva lo stress da caldo è associato nelle prime settimane dopo il parto
con l’insorgenza di condizioni di chetosi subclinica, evidenziabile attraverso una
riduzione del tenore plasmatico di glucosio, un aumento dei tenori di NEFA e â-OHbutirrato. L’ulteriore sforzo metabolico che la vacca in lattazione è costretta a sostenere,
causa una concomitante riduzione della capacità metabolico-sintetica del fegato, che è
probabilmente da ricondurre all’insorgenza di fenomeni di steatosi (Grummer, 1993).
Metabolismo ossidativo
- Variazioni a carico dello stato ossidativo, con aumento a livello plasmatico di
metaboliti reattivi dell’ossigeno e della perossidazione lipidica ed un contemporaneo
aumento del contenuto plasmatico di sostanze ad azione antiossidante, come i gruppi
tiolici (Ronchi et al., cds).
Effetti sullo stato di salute
Sono stati evidenziati, nel corso di prove condotte nel periodo estivo in allevamenti di
vacche da latte, un aumento del contenuto di cellule somatiche nel latte ed un aumento
dell’incidenza di mastite (Paape et al., 1973). Lo stress da caldo è ritenuto responsabile
di una compromissione del sistema di difesa dell’organismo e di favorire il passaggio da
forme subcliniche di mastite a forme clinicamente manifeste.
Un effetto negativo dello stress termico sulla risposta immunitaria umorale e cellulomediata è stato dimostrato in prove condotte su vitelli (Kelley et al., 1982). La
comparsa di patologie è condizionata, oltre che da fattori individuali e di igiene
ambientale, dalla natura dello stress termico da caldo. Tra questi vanno evidenziati: le
modalità di passaggio dalla condizione di termoneutralità alla condizione di caldo; il
livello di THI ed il tempo di esposizione giornaliero; la possibilità di compensazione
nelle ore notturne.
Un ruolo importante come fattore predisponente per l’insorgenza di malattie in
condizioni di stress termico da caldo viene attribuito alle condizioni dismetaboliche che,
come descritto in precedenza, sono strettamente associate allo stress termico da caldo
(Collier et al., 1982). Più recentemente sono stati ipotizzati altri due possibili fattori
(Bertoni, 1998):
- la produzione e l’assorbimento di sostanze tossiche, quali le endotossine batteriche,
a causa di anomalie fermentative, dovute sia ad un ridotto consumo di fibra che ad
un maggiore tempo di ritenzione a livello ruminale, e a causa di un ridotto afflusso
ematico a livello dell’apparato digerente;
51
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
-
le variazioni a carico del metabolismo ossidativo, con aumento dei fenomeni di
perossidazione.
EFFETTI DELLO STRESS DA CALDO SULLE PERFORMANCE RIPRODUTTIVE
Le condizioni di clima caldo vengono associate alla comparsa di disfunzioni a carico
dell’apparato riproduttivo di entrambi i sessi e a notevole perdita di fertilità
(Gwazdanskas, 1985; Hansen e Ealy, 1991), ma non risultano ancora completamente
noti i meccanismi coinvolti. Ciò è dovuto alla naturale complessità del problema
“ipofertilità” ed alla difficoltà di accertare il ruolo diretto svolto dalle alte temperature
ambientali ed il ruolo svolto da effetti indiretti del caldo, come il calo del livello di
ingestione alimentare e la comparsa di dismetabolie. Gli effetti specifici della
temperatura ambientale sulla funzione riproduttiva possono interagire con cond izioni di
bilancio energetico negativo e causare una depressione stagionale delle performance
riproduttive (Herman, 1991). Occorre segnalare, inoltre, che la riduzione di fertilità che
si verifica nei periodi caldi contribuisce a determinare una riduzione della produzione
aziendale di latte e della efficienza produttiva.
Lo stress termico da elevate temperature è responsabile di effetti negativi anche sulla
spermatogenesi, con conseguente scadimento della qualità del materiale seminale dei
tori (Amir et al., 1982). La tecnica della inseminazione strumentale, largamente diffusa
nell’allevamento dei bovini da latte, può consentire di ovviare a tali problemi anche se,
come verrà precisato in seguito, le variazioni a carico del ciclo estrale dovute allo stress
da caldo influiscono negativamente sulla inseminabilità.
Effetti sulla secrezioni di ormoni della riproduzione
Gli effetti dello stress termico da caldo sulla secrezione di gonadotropine ipofisarie LH
ed FSH risultano estremamente variabili, anche in relazione alle condizioni di
realizzazione delle diverse sperimentazioni.
Alcuni autori hanno evidenziato, in condizioni di stress termico controllato, una
diminuzione dei livelli basali e del picco preovulatorio dell’LH (Madam e Johnson,
1973) ed una riduzione di FSH (Gilad et al., 1993), altri hanno osservato un aumento di
LH (Roman-Ponce et al., 1981), mentre altri non hanno osservato alcuna variazione
(Gwazdauskas et al., 1981; Stradaioli et al., 1996).
In merito agli effetti delle alte temperature sulla secrezione di estrogeni e progesterone,
in numerosi lavori viene evidenziata una riduzione della concentrazione di progesterone
nella stagione calda (Wise et al., 1988; Howell et al., 1994; Stradaioli et al., 1996). Il
calo dei livelli plasmatici di progesterone viene attribuito sia ad una riduzione
dell’attività secretiva delle cellule luteiniche, sia ad una riduzione delle dimensioni del
corpo luteo (Wolfenson et al., 1993).
Analoga variazione in condizioni di alte temperature viene osservata nella maggior
parte dei lavori a carico degli estrogeni, con un picco preovulatorio di 17â-estradiolo più
basso, associato ad una minore durata dell’estro (Gwazdauskas et al., 1981; Johnson,
1984). La riduzione della concentrazione degli estrogeni viene considerata come una
52
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
possibile conseguenza di un ridotto sviluppo follicolare (Stradaioli et al., 1996), come di
seguito descritto.
Effetti sulla funzionalità ovarica
L’esposizione prolungata a temperature ambientali elevate determina nella vacca da
latte modificazioni del ciclo estrale, con variazioni della durata e dell’intensità dell’estro
ed una maggiore incidenza di anaestri e di calori silenti (Collier et al., 1982). In prove
eseguite in celle climatizzate (Stradaioli et al., 1996a) è stato evidenziato mediante
monitoraggio ecografico che l’esposizione prolungata a condizioni di moderato stress
termico determina alterazioni a carico dello sviluppo follicolare con:
- riduzione della fase di crescita dei follicoli ovarici dominanti e del loro diametro;
- anticipo nella fase di regressione sia dei follicoli dominanti che dei follicoli
subordinati;
- comparsa di cisti ovariche.
Tab. 1: Effetti delle alte temperature ambientali sulle funzioni riproduttive della vacca
da latte.
Fasi fisiologiche
Effetti
Parto
Parti distocici
Postpartum
Ritenzione di placenta
Metrite
Alterazione della involuzione uterina
Peso ridotto dei vitelli alla nascita
Scarsa vitalità neonatale
> mortalità vitelli
Periodo del servizio
Alterazione degli equilibri ormonali
Fase iniziale di gravidanza
Inibizione/alterazione della dinamica
Fase iniziale/intermedia di lattazione
follicolare
> incidenza cisti ovariche
Cicli e comportamenti estrali irregolari
Difficoltà ad individuare l’estro
Alterazione dell’ambiente dell’ovidutto e
dell’utero
< tasso di concepimento
Sviluppo embrionale irregolare
< tasso di sopravvivenza embrionale
Fase intermedia di gravidanza
Scarso flusso ematico a livello uterino
Fase avanzata di lattazione
Irregolare sviluppo della placenta
> tasso di abortività
Fase avanzata di gravidanza
Scarso sviluppo fetale
Asciutta
Irregolare sviluppo ghiandola mammaria
53
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
L’aumento dell’incidenza di ciste ovariche, di riscontro pratico nella stagione calda in
diverse aree di allevamento dei bovini in Italia, può essere dovuto ad una alterazione
della dinamica follicolare associata ad un calo della concentrazione di estrogeni
(Stradaioli et al., 1996b).
Il calo del tasso di concepimento che si osserva in condizioni di clima caldo viene
associato anche all’irregolarità dei cicli estrali ed al fatto che si viene a ridurre il tempo
utile per l’inseminazione nella fase estrale (Gwazdauskas et al., 1981).
Effetti sulla fecondazione e sulla sopravvivenza embrionale
L’esposizione a stress termico da alte temperature determina nella vacca uno
scadimento della qualità degli ovuli, con minori riserve nutritive disponibili per
garantire la sopravvivenza dell’embrione. Oltre a ciò, l’innalzamento della temperatura
dell’apparato genitale femminile è responsabile, anche per variazioni di pochi decimi di
grado, della riduzione degli scambi nutritivi e della alterazione del volume e del
contenuto delle secrezioni dell’ovidotto e dell’utero, con conseguente arresto dello
sviluppo embrionale (Wolfenson et al., 1992).
EFFETTI DELLO STRESS DA CALDO SULL’ACCRESCIMENTO E LO
SVILUPPO
Gli effetti dello stress termico da caldo sull’accrescimento di vitelli e manze di razze da
latte e da carne sono stati descritti da diversi autori (Kellaway e Coltitz, 1975; Neuwirth
et al., 1979; Lacetera et al., 1994). Sulla base di controlli sperimentali eseguiti su
diversi tipi genetici di bovini da carne (Turner, 1984) è stata evidenziata una
correlazione negativa tra temperatura rettale e incrementi ponderali nel periodo
compreso tra la nascita e 18 mesi di età (regressione media = -0.04 kg/d per °C). Prove
eseguite su vitelli di razza frisona hanno dimostrato che il ripristino delle condizioni di
termoneutralità dopo un periodo di stress termico da alte temperature è associato ad un
forte accrescimento compensativo e che sia in termoneutralità che in stress termico
esiste una correlazione positiva tra variazioni di peso e variazioni della concentrazione
plasmatica di ormoni tiroidei (Baccari et al., 1983).
EFFETTI DELLO STRESS DA CALDO SULLA PRODUZIONE E SULLA
COMPOSIZIONE DEL COLOSTRO
L’esposizione di vacche da latte nella fase di transizione a condizioni di stress termico
da elevate temperature (31.5 °C e 72 % UR, corrispondente a 82 THI, dalle ore 9.00 alle
ore 20.00; 26 °C e 72% UR, corrispondente a 76 THI, dalle ore 21.00 alle ore 8.00) non
ha determinato, rispetto a vacche mantenute in condizioni di termoneutralità (18 °C e 72
% di UR, corrispondente a 65 THI) variazioni sulla quantità di colostro prodotto nelle
prime 36 h dal parto (Nardone et al., 1997). Differenze di rilievo sono state invece
evidenziate sulla composizione del colostro. Lo stress da caldo ha determinato:
- tenori più bassi di proteine totali;
- tenori più bassi di caseina e di a- lattoalbumina;
- concentrazioni più basse di IgG e di IgA;
54
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
- tenori più bassi di grassi;
- tenori più bassi di lattosio;
- valori energetici più bassi.
La riduzione della concentrazione di alcune componenti del colostro può essere dovuta
ad una diminuzione della capacità di sintesi mammana, sia per una diminuita
disponibilità di nutrienti per l’instaurarsi di una condizione di marcato deficit
energetico, sia per una riduzione del flusso ematico a livello mammario a seguito delle
modificazioni indotte a livello cardiocircolatorio dallo stress termico. In condizioni di
stress da caldo si verifica una riduzione del trasferimento di IgG dal torrente circolatorio
alla mammella ed una alterazione della reattività immunitaria delle componenti cellulari
mammarie deputate alla produzione di IgA. Tali variazioni sembrano dovute ad azioni
specifiche dello stress da caldo e non conseguenti alle variazioni nella ingestione di
alimenti e dello stato nutrizionale. La riduzione della concentrazione di Ig nel colostro è
risultata associata ad una riduzione dei tenori plasmatici di Ig nei vitelli nati in
condizioni di stress termico.
I bassi valori plasmatici di Ig potrebbero essere legati anche a modifiche
comportamentali nell’attività di suzione dovute al caldo (Shearer et al., 1992) e ad una
alterazione della capacità di assorbimento (Stott et al., 1983).
La riduzione della acquisizione di immunità passiva attraverso il colostro, unitamente
alla riduzione del valore energetico del colostro prodotto in condizioni di clima caldo,
possono influenzare negativamente la vitalità e l’accrescimento nel periodo neonatale,
rendono il vitello più suscettibile alle aggressioni di agenti infettivi ed aumentano il
tasso di mortalità.
EFFETTI DELLO STRESS DA CALDO SULLA PRODUZIONE E SULLA
QUALITÀ DEL LATTE
Effetti sulla produzione
In numerose indagini sperimentali è stato messo in evidenza che l’esposizione della
vacca da latte a condizioni di clima caldo determina una riduzione della produzione di
latte (Johnson et al., 1962; Bianca, 1965; Johnson 1987b). Tale riduzione inizia a
manifestarsi nella vacca da latte quando la temperatura ambientale supera i 22-23 °C o
quando il THI supera 70 THI. Al di sopra di tale valore si verifica una riduzione lineare
del consumo di sostanza secca e di produzione di latte, pari rispettivamente a -0.23 e 0.26 kg/giorno per unità di THI (Johnson et al., 1962).
L’entità della riduzione della produzione di latte che si osserva in condizioni di caldo è
tuttavia influenzata, oltre che dal regime termo- igrometrico, da due importanti fattori: lo
stadio di lattazione ed il livello produttivo. In ricerche eseguite in ambiente controllato
(Nardone et al., 1992; Lacetera et al., 1996) è stato dimostrato che a parità di condizioni
ambientali (THI massimo - 82), la riduzione della produzione lattea e pari al 14% nella
fase iniziale della lattazione e del 35% nella fase intermedia della lattazione. Analoghi
risultati sono stati ottenuti in ricerche di campo eseguite in Pianura Padana (Calamari et
al., 1997), dove sono stati registrati cali della produzione di latte nel periodo estivo pari
al 11-14% nella fase iniziale della lattazione, del 22-26% nella fase intermedia e del 15-
55
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
18% nella fase avanzata. Questo fatto può essere dovuto alle diverse condizioni
metabolico-nutnzionali tipiche della vacca da latte nel corso del ciclo produttivo. Nella
fase iniziale della lattazione la produzione di latte e supportata da una forte
mobilizzazione di riserve corporee e solo parzialmente dalla ingestione volontaria di
alimenti, mentre nella fase intermedia di lattazione diventa di preminente importanza
l’ingestione di alimenti (Bernabucci e Calamari, 1998). La maggiore sensibilità allo
stress da caldo che si evidenzia in fase intermedia di lattazione può essere dovuta al
fatto che l’utilizzazione metabolica dei tessuti di riserva ha una più elevata efficienza
rispetto all’utilizzazione metabolica degli alimenti per la produzione di latte (Moe et al.,
1971). Da ciò deriverebbe una più alta produzione di calore metabolico per kg di latte
prodotto nelle fasi più avanzate di lattazione rispetto alla prima.
La condizione di caldo esercita una torte influenza negativa sulla produzione di latte
anche quando lo stress termico coincide con la fase di asciutta. Le vacche che
partoriscono durante l’inverno producono più latte rispetto a vacche che partoriscono
nel corso della stagione estiva e che sono state esposte negli ultimi due mesi di
gestazione ad elevato THI (Collier et al., 1982).
Le vacche da latte ad elevata produzione mostrano una più drastica riduzione della
produzione lattea -17% in animali con produzioni pari a 15 kg di latte (normalizzato al
4% di grasso)/giorno, e -22% in animali con produzioni pari a 40 kg di latte/giorno, con
THI pari a 80 (Berry et al., 1964). Più recentemente Johnson et al. (1988) hanno
evidenziato un declino medio giornaliero della produzione di latte pari a 0,059%/giorno
in vacche con produzione giornaliera superiore a 30 l e di 0,019% in vacche con
produzione inferiore a 25 l. Le vacche da latte ad alta produzione mostrano una
maggiore sensibilità allo stress termico da elevate temperature, in considerazione del
fatto che hanno un più elevato livello di attività metabolica e, conseguentemente, nel
produrre una maggiore quantità di calore endogeno hanno una maggiore difficoltà a
mantenere costante la temperatura corporea.
La riduzione della produzione di latte che si osserva in vacche esposte a condizioni di
caldo può essere spiegata solo in parte con la riduzione della ingestione di alimenti.
Alcuni autori hanno valutato che tale fattore può influire per ca il 50 % (McDowell et
al., 1969). Per la restante parte devono essere presi in considerazione sia effetti diretti
del caldo su ormoni che influenzano e/o sostengono la lattazione (Collier et al., 1982),
sia un aumento dei fabbisogni di mantenimento.
Effetti sulla composizione
Per quanto attiene agli effetti dello stress termico da elevate temperature sulla
composizione del latte, vengono di seguito riportate in forma schematica le principali
evidenze sperimentali.
Contenuto di grasso - I dati bibliografici risultano contraddittori, a causa delle diverse
condizioni sperimentali, della fase di lattazione e dei diversi regimi alimentari. Nella
fase iniziale della lattazione si osserva un calo della percentuale di grasso del latte in
condizioni di caldo (Moore et al., 1992; Lacetera et al., 1996). Un simile riscontro è
considerato risultante dell’esposizione a stress termico nell’ultimo mese di gestazione,
56
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
con conseguente alterazione del normale sviluppo del tessuto ghiandolare mammario e
della successiva capacità di sintesi del grasso (Colliet et al., 1982).
Composizione in acidi grassi - Diversi autori hanno riscontrato una più elevata
percentuale di acidi grassi a lunga catena (a partire da C18 ) nel corso della stagione
estiva (Palmquist et al., 1993; Piva et al., 1993). Tali variazioni sembrano essere legate
non tanto a cause di natura alimentare o a fenomeni di lipomobilizzazione, quanto
piuttosto ad una riduzione della capacità di captazione degli acidi grassi non esterificati
(NEFA) e ad un loro maggiore utilizzo per finalità energetiche (Ronchi et al., 1995;
Nardone et al., 1997).
Contenuto di proteine - Nella maggior parte delle ricerche condotte sia in condizioni di
campo (Sharma et al., 1988; Abeni et al. 1993) sia in cella climatica (Nardone et al.,
1992; Lacetera et al., 1996) è stata riscontrata una riduzione del contenuto di proteine
del latte. Sulla base delle evidenze sperimentali è possibile desumere che solo quando lo
stress termico raggiunge valori critici per la vacca da latte (82-84 THI) la percentuale di
proteine del latte diminuisce in maniera netta. In condizioni di moderato stress termico
il calo del contenuto proteico potrebbe essere invece mascherato dalla riduzione di
produzione di latte. Le cause del calo di proteine sono da ricondurre alla diminuita
disponibilit à di precursori proteici (per riduzione della sintesi proteica microbica a
livello ruminale, per calo dell’ingestione di proteina alimentare, per aumento
dell’utilizzazione degli aminoacidi per finalità gluconeogenetiche) e/o alla alterazione
della sintesi della ghiandola mammaria (Bernabucci e Calamari, 1988).
Composizione in frazioni proteiche - A seguito dell’esposizione ad elevate temperature
si registra un calo del numero di caseina del latte (Bianca, 1965; Bernabucci et al.,
1999). Per quanto attiene alle frazioni caseiniche, alcuni autori hanno evidenziato un
calo delle frazioni ás- e â- caseina ed un aumento della frazione k (Kroeker et al., 1985).
Il calo delle frazioni ás- e â- potrebbe essere messo in relazione con le condizioni di
deficit energetico della vacca da latte dovute allo stress termico.
Contenuto di sali minerali - Nel corso della stagione estiva il contenuto in sali minerali
del latte tende a diminuire (Mariani et al., 1993). E’ segnalato da diversi autori (Auriol e
Mocquot, 1962; Cappa et al., 1989; Kume et al., 1989) un calo del contenuto di calcio e
fosforo, forse legato alla riduzione del contenuto proteico del latte, caseina in modo
particolare. Sono stati riscontrati, inoltre, un calo del contenuto di magnesio (Kume et
al., 1989) e di sodio (Kume et al., 1989; Mariani et al., 1993) e un aumento del
contenuto di cloro (Sharma et al., 1988). Quest’ultima variazione ha il significato di
compensare in parte, in condizioni di prolungato stress termico, il calo del lattosio e di
mantenere costante la pressione osmotica all’interno della ghiandola mammaria.
Contenuto di lattosio - Cali del contenuto di lattosio sono segnalati in prove eseguite sia
in cella climatica (Nardone et al., 1992), sia in condizioni di campo (Oshima et al.,
1978). La riduzione del contenuto di lattosio è stata attribuita da alcuni autori alla
riduzione della osmolalità del latte, come conseguenza di variazioni nell’equilibrio
osmotico (Bianca, 1965; Thompson 1985). Secondo altri autori la causa potrebbe essere
ricercata anche nella scarsa disponibilità di glucosio plasmatico e/o nella diminuzione
della attività dell’enzima lattosio-sintetasi (Nardone et al., 1997).
57
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Punto crioscopico - II punto crioscopico del latte risulta fortemente influenzato dal
fattore climatico-stagionale, presentando valori più elevati nel periodo estivo e più bassi
nel periodo invernale (Schukken et al., 1992; Bertoni et al., 1995; Bernabucci et al.,
1999). I meccanismi alla base delle variazioni del punto crioscopico dovute allo stress
da caldo non risultano sufficientemente indagati. Sono state evidenziate correlazioni
negative in estate tra punto crioscopico e contenuto di lattosio e proteine del latte
(Schukken et al., 1992). Altre possibili cause vanno ricercate nell’aumento nell’azoto
ureico del latte (Pecorari et al., 1993) e nel più basso tenore in caseina ed in gas disciolti
(Sanchez et al., 1994).
Effetti sull’attitudine cascarla
Acidità titolabile - Indagini pluriennali eseguite su numerosi allevamenti di bovini da
latte nell’area del Parmigiano reggiano hanno messo in evidenza forti variazioni
stagionali dell’acidità titolabile, con valori sempre più bassi nei mesi estivi (Mariani et
al., 1994). Tale dato trova conferma anche in prove eseguite in ambiente controllato
(Cappa et al., 1989; Nardone et al., 1992). Il latte prodotto da vacche esposte a
condizioni di stress termico cronico da elevate temperature risulta fortemente ipoacido e
meno adatto per la trasformazione casearia, in considerazione della stretta relazione
esistente tra i valori dell’acidità titolabile e quelli della durata della fase enzimatica (r),
della velocità di coagulazione (K) e della consistenza del coagulo (a) (Fossa et al.,
1984).
Una delle cause di ipoacidità del latte nei periodi caldi potrebbe essere ricercata nella
condizione di alcalosi respiratoria conseguente alla iperventilazione (Collier et al.,
1982; Scheneider et al., 1988). Altre cause, sulla scorta di quanto emerso da indagini
sperimentali, potrebbero essere: la riduzione del consumo di sostanza secca e, in
particolare, la scarsa assunzione di carboidrati fermentescibili (Calamari et al., 1983); la
riduzione del contenuto di fosforo (Mariani et al., 1993); la riduzione del GH (Collier et
al., 1982).
Tempo di coagulazione e caratteristiche del coagulo - La stagione calda determina uno
scadimento dell’attitudine casearia del latte, con scarsa reattività ed aumento del tempo
di coagulazione (Mariani et al., 1994). Lo scadimento delle proprietà di coagulazione
del latte sono prevalentemente conseguenti alla riduzione dell’acidità titolabile
(Calamari e Mariani, 1998), anche se vengono prese in considerazione altre possibili
cause, quali l’insorgenza di disordini digestivi (Calamari et al., 1992) e le variazioni del
contenuto di alcuni minerali del latte, come il calcio (più basso) ed il doro (più alto)
(Sharma et al., 1988).
Capacità di affioramento del grasso - Nel periodo estivo viene segnalato un
miglioramento della capacità di affioramento del grasso nel latte bovino (Tedeschi et
al., 1993). Tale fatto è probabilmente da imputare all’aumento relativo di acidi grassi a
lunga catena (C 18 e C18:1 ), come descritto in precedenza.
Comportamento reologico nel corso della lavorazione casearia - Sulla base di quanto
osservato empiricamente e discusso in una recente nota (Calamari e Mariani, 1998), il
latte prodotto nel periodo estivo presenta caratteristiche fisico-chimiche e di
58
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
coagulazione che favoriscono la comparsa di problemi tecnologici nella lavorazione del
Parmigiano Reggiano. In particolare, risulterebbe difficile trovare il giusto rapporto tra
siero innesto e coagulante ed il giusto tempo tecnico per il trattamento fisico-meccanico
della cagliata. Il drenaggio del siero dalla cagliata risulterebbe difficile e lento, la
capacità di sineresi bassa e la massa di formaggio non uniformemente disidratata. Nei
formaggi freschi vengono segnalati difetti di struttura e alterazioni dovute allo sviluppo
di fermentazioni anomale.
Resa di trasformazione del latte - Ricerche svolte nell’area del Grana Padano (Mariani
et al., 1995) hanno messo in evidenza una più bassa resa di trasformazione in formaggio
del latte prodotto in estate, con valori minimi nel periodo luglio agosto (7.05% rispetto a
7.3 - 7.4%). Tale variazione, segnalata anche in altri formaggi (Urech e Puhan, 1992;
Ozimek e Kennelly, 1994) è da mettere in relazione con il calo già descritto del
contenuto proteico e di grasso, anche se non sono escluse altre possibili concause legate
alle caratteristiche del latte prodotto in estate, quali il rapporto grasso/caseina e le
caratteristiche tecnologiche del grasso (Calamari e Mariani, 1998).
Un effetto sfavorevole della stagione estiva viene descritto anche per la resa di
produzione del burro nell’area svizzera di produzione dell’Emmental (Urech e Puhan,
1992).
CONCLUSIONI
Lo stress termico conseguente all’esposizione prolungata a condizioni di caldo implica
un complesso di variazioni a carico dello stato di benessere della vacca da latte ed è
associato ad una riduzione dell’efficienza produttiva e riproduttiva. In considerazione di
ciò una grande produzione scientifica, non pertinente al tema della presente relazione, è
stata rivolta negli ultimi decenni allo studio di soluzioni impiantistiche e manageriali
rivolte al miglioramento delle condizioni di allevamento. Tuttavia le soluzioni
disponibili non sempre risultano efficaci e trasferibili in tutte le aree che adottano
sistemi produttivi specializzati dell’allevamento del bovino da latte. L’identificazione e
lo studio di indicatori bioclimatici può risultare di grande importanza sia per valutare la
risposta dell’animale all’ambiente climatico, il suo grado di adattamento e la possibilità
di selezionare tipi genetici in grado di tollerare le alte temperature mantenendo
apprezzabili livelli produttivi, sia per predisporre soluzioni in grado di alleviare lo stato
di discomfort. Per questa finalità, la determinazione di parametri endocrino-metabolici
quali la prolattina, il colesterolo, i corpi chetonici ed il CAB potrebbero fornire
informazioni essenziali per comprendere l’entità dello stress termico cronico e l’effetto
della condizione di caldo sull’organismo animale. Esistono tuttavia difficoltà oggettive,
legate all’esecuzione dei prelievi ematici, alle analisi di laboratorio ed alla
interpretazione dei risultati, che limitano la possibilità di impiego di tali parametri ad
attività sperimentali.
Un modello bioclimatico trasferibile anche nella gestione dell’allevamento potrebbe
comprendere:
- THI;
- Temperatura rettale;
59
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
-
Livello di ingestione della razione (% rispetto all’ingestione in
termoneutralità);
- Livello produttivo (% rispetto alla produzione in termoneutralità);
- Bilancio energetico negativo complessivo nella fase di esposizione allo
stress termico (Mcal);
- Bilancio energetico negativo medio giornaliero nella fase di esposizione
allo stress termico.
Il bilancio energetico negativo, definito dalle variazioni di BCS, ingestione e
produzione, consente di stimare il deficit energetico associato allo stress termico e di
valutare il rischio di insorgenza di dismetabolie (Buttler e Smith, 1989). E’ opportuno
considerare sia il deficit energetico complessivo nel periodo caldo, sia la sua ampiezza
in relazione al tempo.
Nella tab. 2 viene proposto una schema di valutazione del livello di stress termico da
caldo nella vacca da la tte, sulla base dei parametri che definiscono il suddetto modello
bioclimatico e sulla base di prove sperimentali condotte sia in cella climatica, sia in
condizioni di campo (Nardone et al., 1992; Bernabucci et al., 1997; Ronchi et al.,
1999).
Tab. 2 : ipotesi di modello bioclimatico per la valutazione dello stress termico da caldo
nella vacca da latte (*).
Indicatore
Stress moderato
THI
72-75
Temperatura rettale 39.0-39.5 °C
Livello di ingestio ne -5 /-10%
Livello produttivo
-5%
Bilancio energetico Fino a -200
Complessivo (Mcal)
(**)
Bilancio energetico Fino a -5
medio/giorno (Mcal)
Stress medio
76-79
39.5- 40.0 °C
-10/ -20%
-10/- 15%
Da -200 a -350
Stress forte
>80
>40°C
> -20%
>-15%
>-350
Da -5 a -9
>-9
(*) Riferito a condizioni di stress termico stagionale in aree a clima temperato.
(**) Riferito ad un periodo di 40 gg. nel corso della stagione estiva e a vacche da latte
ad alto livello produttivo in diverse fasi della lattazione.
60
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
BIBLIOGRAFIA
Abeni F., Calamari L., Maianti M.G., Cappa V., Stefanini L. (1993). Effetti dello stress
termico sulle bovine in lattazione ed accorgimenti alimentari miranti ad attenuare
l’impatto su quantità e qualità del latte prodotto. Ann. Fac. Agr. Piacenza, 33: 151170.
Abilay T. A., Mitra R., Johnson H. D. (1975). Plasma cortisol and total progestin levels
in Holstein steers during acute exposure to high environmental temperature (42
degrees Celsius) conditions. J. Anim. Sci. ,41: 113-117.
Alvarez M.B., Johnson H.D. (1973). Environmental heat exposure on cattle plasma
catecholamine and glucocorticoids. J. Dairy Sci., 56: 189-193.
Attereby J.T., Johnson H.D. (1969). Effects of environmental temperature, controlled
feeding and fasting on rumen motility. J. Anim. Sci., 29: 734-742.
Auriol p., Mocquot G. (1962). Quelq ues facteurs de variation de la teneur en calcium
des lait de vaches. J. Dairy Res., 29: 181-189.
Baccari F., Johnson H.D., Leroy Hahn G. (1983). Environmental heat effects on growth,
plasma T3 and postheat compensatory effects on holstein calves. Proc. Soc.
Experimental Biology and Medicine, 173: 312-318.
Bell A.W. (1995). Regulation of organic nutrient metabolism during transition from late
pregnancy to early lactation. J. Dairy Sci., 73: 2804-2819.
Berman A. (1991). Reproductive responses under high temp erature conditions. Proc.
International Symposium on Animal Husbandry in warm Climates, Viterbo 1990;
EAAP Publication n° 55, 23-30 Pudoc Wageningen.
Bernabucci U., Ronchi B., Lacetera N., Nardone A. (1997). Produzione di latte è stato
metabolico di vacche allevate in ambiente caldo ed alimentate con razione grassata e
contenente fonti proteiche a bassa degradabilità. Atti 51° Conv. Naz. S.I.S.Vet.,
Bologna, 369-370.
Bernabucci U., Calamari L. (1988) Effects of heat stress on bovine milk yield and
composition. Zoot. Nutr. Anim., 24: 247-257.
Bernabucci U., Ronchi B., Lacetera N., Nardone A. (1999). Metabolic status and milk
production of Friesian cows during spring and summer periods. Proc. of ASPA
XIII0 Congress,: 452-454.
Bernabucci U., Bani P., Ronchi B., LacetteraN., Nardone A. (1999). Influence of
shortand long-term exposure to a hot environment on rumen passage rate and diet
digestibility by friesian heifers. J. Dairy Sci., 82: 967-973.
Berry I.L.,Shanklin M.D., Johnson H.D. (1964). Dairy shelter design based on milk
production decline as affected by temperature and humidity. Trans. Am. Soc. of Agr.
Eng., 7:329-331.
Bertoni G., Trevisi E., Maianti M.G., Piccioli G., Cappa V. (1995). Ricerche preliminari
su alcuni fattori fisiologici causa di variazione del punto crioscopico del latte. Atti
11° Congr. Naz. ASPA, 339-340, Udine.
Bianca W. (1965). Reviews of the progress of dairy science. Physiology. Cattle in hot
environment. J. Dairy Sci., 32: 291-328.
Calamari L., Pallavicini G., Foglia E., Bertoni G. (1983). Ricerche su talune cause di
61
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
variazione dell’acidità del latte bovino. Atti 5° Congr. Naz. ASPA, 179-185
Calamari L., Maianti M.G., Calegari F., Abeni F., Stefanini L. (1997). Variazioni dei
parametri lattodinamografici nel periodo estivo in bovine in fasi diverse di
lattazione. Atti 51° Conv. Naz. S.I.S.Vet., 203-204.
Calamari L., Mariani P. (1998). Effects of the hot environment conditions on the main
milk cheesmaking properties. Zoot. Nutr. Anim., 24: 259-271.
Cappa V., Vazhapilly P., Maianti M.G., Lombardelli R., Frazzi E. (1989). Effetti delle
variazioni ambientali (microclima) sulle performances di vacche da latte. Sci. Tecn.
Latt.-Cas., 40:98-115.
Collier R.J., Doelger S.G., Head H.H., Thatcher W.W., Wilcox C.J. (1982). Effects of
heat stress during pregnancy on maternal hormone concentrations, calf birth weight
and post-partum milk yield of holstein cows. J. Anim. Sci., 54: 309-319.
Collier R.J., Beede O.K., Thatcher W.W., Israel L.A., Wilcox C.J. (1982). Influences of
environment and its modification on dairy animal health and production. J. Dairy
Sci., 65: 2213-2227.
Fossa E., Pecorari M., Mariani P. (1984). Variazioni stagionali dell’acidità e delle
caratteristiche di coagulazione del latte. L’industria del latte, 20: 87-96.
Gilad E., Meidan R., Berman A., Graber Y., Wolferson D. (1993). Effect od heat stress
on tonic and GnRH - indiced Gonadotrophin secretion in relation to concentration of
Estradiol in plasma of cyclic cows. J. Reprod. Pert., 99: 315-321.
Gwazdauskas F.C., Thatcher W.W., Kiddy C.A., Paape M.J., Wilcox C.J. (1981).
Hormonal patterns during heat stress following PGF2a-Tham salt induced luteal
regression in heifers. Theriogenology, 16: 271-279.
Gwazdanskas F.C. (1985). Effects of climate on reproduction in cattle. J. Dairy Sci., 68:
1568-1578.
Grummer R.R. (1993). Etiology of lipid-related metabolic disorders in periparturient
dairy cows. J. Dairy Sci., 76: 3882-3896.
Hansen P.J., Ealy A.D. (1991). Effect of heat stress on the establishment and
maintenance of pregnancy in cattle. Rev. Brasil. Reprod. Anim., 1: 108-119.
Huber J.T., Higginbotham G., Gomez-Alarcon R.A., Taylor R.B., Chen K.H., Chan
S.C., Wu Z. (1994). Heat stress interactions with protein, supplemental fat, and
fungal cultures. J. Dairy Sci., 77: 2080-2090.
Ingraham R.H., Stanley R.W., Wagner W.C. (1979). Seasonal effects of tropical climate
on shaded and nonshaded cows as measured by rectal temperature, adrenal cortex
hormones, thyroid hormone, and milk production. Am. J. Vet. Res., 40: 1792-1797.
Ingraham R.H., Kappel L.C., Morgan E.B., Babcock O.K. (1982). Themperaturehumidity vs. seasonal effects on concentration of blood constituents of dairy cows
during the pre
and postcalving periods: relationships to lactation level and
reproductive functions. Proc. 2nd Inter. Livestock Environment Symposium, Iowa St.
Univ., Ames, 565-569. ASAE publ, 295 Niles Road, St. Joseph, Michigan USA.
Johnson H.D., Ragsdale A.C., Berry I.L., Shanklin M.D. (1962). Effects of various
temperature- humidity combinations on milk production of hostein cattle. Res. Bull.
No. 1060, Univ. Missouri Coll. Agr., Agr. Exp., Station, USA.
62
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Johnson H.D. (1980). Depressed chemical thermogenesis and hormonal function in
heat. In “Environmental physiology:ageing, heat and altitude”, Elsevier North
Holland, Inc., New York, USA.
Johnson H.D. (1984). Heat stress on fertility and plasma progesterone. In “Reproduction
des ruminants en zone tropical”. INRA Publ.: 419-431.
Johnson H.D., Shanklin M.D., Hahn L. (1988). Productive adaptability of Holstein cows
to environmental heat. Res. Bull. No. 1060, Univ. Missouri Coll. Agr., Agr. Exp.
Station, USA.
Johnson H.D. (1987). Bioclimate effects on growth, reproduction and milk poroduction,
chapter 3, 35-37. In H.D. Johnson (Ed.) Bioclimatology and the adaptation of
livestock. Elsevier Publ. B.V. Amsterdam, NL.
Kellaway R.C., Coltitz P.J. (1975). The effect of heat stress on growth and nitrogen
metabolism in Friesian and Fl Brahaman x Friesian heifers. Aust. J. Agric. Res., 26:
615-623.
Kelley K.W., Osborne C.A., Evermann J.F., Parish S.M., Gaskins C.T. (1982). Effects
of chronic heat and cold stressors on plasma immunoglobulin and mitogen- induced
blastogenesis in calves. J. Dairy Sci., 65: 1514-1528.
Kume S., Takahashi S., Kurihara M., Aii T. (1989). The effects of a hot environment on
the major mineral content in milk. Jap. J. Zoot. Sci., 60: 341-345.
Lacetera N., Ronchi B., Bernabucci U., Nardone A. (1994). Influence of heat stress on
some biometrie parameters and on body condition score in female holstein calves.
Riv. Agric. Trop. e Subtrop., 88: 81-89.
Lacetera N., Bernabucci U., Ronchi B., Nardone A. (1996). Body condition score,
metabolic status and milk production of early lactating dairy cows exposed to warm
environment. Riv. Agric. Trop. e Subtrop., 90: 43-55.
Madan M.L., Johnson H.D. (1973). Environmental heat effects on bovine luteinizing
hormone. J. Dairy Sci., 56: 1420-1423.
Mariani P., Zanzucchi G., Blanco P., Masoni M. (1993). Variazioni stagionali del
contenuto in fosforo del late di massa di singoli allevamenti. Ind. Latte, 29: 39-53.
Mariani P., Zanzucchi G., Pozzatti A., Summer A., Fossa E., Pecorari M. (1994).
Variazioni mensili dell’acidità e delle caratteristiche di coagulazione del latte nel
corso di un triennio. Ann. Fac. Med. Vet. Parma, 14: 133-148.
Mariani P. Summer A., Maffezzoli F., Zanzucchi G. (1995). Variazioni stagionali della
resa del latte in formaggio. Grana Padano. Ann. Fac. Med. Vet. Parma, 15: 159-166.
McDowell R.E., Moody E.G., Van Soest P.J., Lehmann R.P., Ford G.L. (1969). Effect
of heat stress on energy and water utilisation of lactating dairy cows. J. Dairy Sci.,
52: 188-194.
McDowell R.E. (1972). Improvement of livestock production in warm climates. W.H.
Freeman and Co., San Francisco, CA, USA.
Mitra R., Christison G.I., Johnson H.D. (1972). Effect of prolonged thermal exposure on
growth hormone (GH) secretion in cattle. J. Anim. Sci., 5: 776-779.
Moe P.W., Tyrrel H.F., Flatt W.P. (1971). Energetics of body tissue mobilisation. J.
Dairy Sci., 54: 548-553.
63
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Moore R.B., Fuquay J.W., Drapalla W.J., (1992). Effects of late gestation heat stress on
postpartum milk production and reproduction in dairy cattle. J. Dairy Sci., 75: 18771882.
Morrison S.R. (1983). Ruminant heat stress: effects on production and means of
alleviation. J. Dairy Sci., 57: 1594-1600.
Nardone A., Lacetera N., Ronchi B., Bernabucci LJ. (1992). Effetti dello stress termico
sullla produzione di latte e sui consumi alimentari di vacche Frisone. Produzione
Animale, 5: 1-15.
Nardone A., Lacetera N., Bernabucci U., Ronchi B. (1997). Composition of colostrum
from dairy heifers exposed to high air temperatures during late pregnancy and the
early postpartum period. J. Dairy Sci., 80: 838-844.
Nardone A. (1998). Thermoregulatory capacity among selection objectives in dairy
cattle in hot environment. Zoot. Nutr. Anim., 24: 295-306.
Neuwirth J.G., Norton J.K., Rawliss C.A., Thompson F.N., Ware G.O.. (1979).
Physiologic responses of dairy calves to environmental heat stress. Int. J. Biometeor.,
23: 243-259.
Noble R.C., O’Kelly J.C., Moore J.H., 1973. Observation on changes in lipid
composition and lecitin-cholesterol-acyl transferase reaction of bovine plasma
induced by heat exposure. Lipids, 8: 216-223.
O’Kelly J.C., (1987). Influence of dietary fat on some metabolic responses of cattle to
hyperthermia induced by heat exposure. Comp. Biochem. Physiol., 87A, 677-682.
Oshima M., Fuse H., Ishii T. (1978). Decrease in protein and lactose content of milk
from individual cows during the extraordinary summer in 1978. Jap. J. Zoot. Sci.,
50:666-669.
Ozimek L., Kennelly J. (1994). The effect of seasonal and regional variation in milk
composition on potential cheese yield. Fil-IDF, s.i. no. 9402: 95-100.
Paape M.J., Schultz W.D., Miller R.H., Smith J.W. (1973). Thermal stress and
circulating erythrocytes, leucocytes and milk somatic cells. J. Dairy Sci., 56: 84-92.
Palmquist D.L., Beaulieu A.D., Barbano D.M. (1993). Feed and animal factors
influencing milk fat composition. J. Dairy Sci., 76: 1753-1771.
Pecorari M., Mariani M.S., Calzolari M.G., Tedeschi G. (1993). Il contenuto di urea nel
latte: variazioni e rapporti con i parametri tecnologici. Sci. Tecn. Latt.-Cas., 44: 144154.
Piva G., Fusconi G., Prandini A., Capri E. (1993). Composizione acidica del grasso del
latte: fattori di variabilit à in aziende dell’area padana. Sci. Tecn.Latt.-Cas., 44: 309323.
Robertshaw D. (1981). The environmental physiology of animal production. In
“Environmental aspects of housing for animal production”, 1-17.
Rodriguez L.A., Wilcox C.J., Collier R.J., Bachman K.C., Martin F.G. (1988).
Interaction of climatic factors affecting milk yield and composition. J. Dairy Sci.,
71:819-825.
Roman-Ponce H., Thatcher W.W., Wilcox C.J. (1981). Hormonal interrelationships and
physiological responses of lactating dairy cows to a shade management system in a
64
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
subtropical environment. Theriogenology, 16: 139-148.
Ronchi B., Bernabucci U., Lacetera N., Nardone A. (1995a). Effetti dello stress termico
sullo stato metabolico di vitelle di razza frisona. Zoot. Nutr. Anim., 21: 209-221.
Ronchi B., Bernabucci U., Lacetera N., Nardone A. (1995b). Milk fatty acids
composition in cows exposed to hot environment. Atti 11° Congr. Naz. ASPA, 353354, Udine.
Ronchi B., Bernabucci U., Lacetera N., Nardone A. (1997). Effetti dello stress termico
sullo stato metabolico-nutrizionale di vacche frisone in lattazione. Zoot. Nutr. Anim.,
22 : 351-363.
Ronchi B., Bernabucci U., Lacetera N., Verini Supplizzi A., Nardone A. (1999).
Distinct and common effects of heat stress and restricted feeding on metabolic status
of holstein heifers. Zoot. Nutr. Anim., 1, 11-20.
Sanchez W.K., McGuire M.A., Beede O.K. (1994). Macromineral nutrition by heat
stress interaction in dairy cattle: review and original research. J. Dairy Sci., 77: 20512079.
Schneider P.L., Beede D.K., Wilcox C.J. (1988). Nycterohemeral patterns of acid-base
status, mineral concentrations and digestive function of lactating cows in natural or
chamber heat stress environments. J. Anim. Sci., 112-125.
Sharma A.K., Tedeschi G., Tosi F., Pecorari M. (1993).
La tecnologia di
caseificazione del Parmigiano Reggiano: variabilità e rilievi analitici su latte,
cagliata, e siero. Sci.Tecn. Latt.-Cas., 44 : 327-343.
Sheare J.H., Mohammed H.O., Brenneman J.S., Tran T.Q. (1992). Factors associated
with concentrations of immunoglobulins in colostrum at the first milking postcalving. Pre. Vet. Med., 14: 143-152.
Stott G.H., Wiersma F., Menefee B.E., Radwanski R. (1976). Influence of environment
on passive immunity in calves. J. Dairy Sci., 59: 1306-1316.
Stradaioli G., Ronchi B., Parmeggiani A.M., Verini Supplizi A., Mongiorgi S. (1996).
Influence of heat stress and diet on serum progesterone, estradici-17â, prolactin,
cortisol and LH in dairy heifers. Proc. 47th Annual Meeting EAAP, 1-5.
Thatcher W.W. (1974). Effect of season, climate, and temperature on reproduction and
lactation. J. Dairy Sci., 57 : 360-368.
Thompson G.E. (1985). Lactation and the thermal environment, 124-129. In M.K.
Yousef (Ed.) Stress Physiology in Livestock. Vol. 1 Basic principles. CRC Press,
Boca Raton, Florida USA.
Turner H.G. (1984). Variation in rectal temperature of cattle in a tropical environment
and its relation to growth rate. Anim. Prod., 38: 417-427.
Urech E., Puhan Z. (1992). Yield of cheese and butter in Emmenthal cheese factories: a
case study. Schweiz. Milchw. Forschung, 21: 30-37.
Webster A.J.F. (1989). Bioenergetics, bioengineering and growth. Anim. Prod., 48:
249-269.
Webster A.J.F. (1991). Metabolic responses of farm animals to high temperature. Proc.
International Symposium on Animal Husbandry in warm Climates, Viterbo 1990;
EAAP Publiccation n° 55, 23-30 Pudoc Wageningen.
65
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
West J.W., Haydon K.D., Mullinix E.G., Sandifer T.G. (1991). Dietary cation-anion
balance and cation-anion source effects on production and acid-base status of heat
stressed cows. J. Dairy Sci., 75: 2776-2786.
Wettemann R.P., Tucker H.A., Beck T.W., Meyerhoeffer D.C. (1982). Influence of
ambient temperature on prolactin concentrations in serum of holstein and Brahman x
Hereford heifers. J. Anim. Sci., 55: 391-399
Wise M.E., Armstrong D.V., Huber J.T., Hunter R., Wiersma F. (1988). Hormonal
alterations in the lactating dairy cow in response to thermal stress. J. Dairy Sci., 71:
2480-2485
Wolfenson D., Thatcher W.W., Badinga L., Savio J.D. Philosof Y., Maman M, Meidan
R., Berman A. (1992). Alterations in follicular development and dominance during
the estrous cycle in heat-stressed cows. Proc. 12th Int. Congr. on Anim. Reprod., 4:
2117-2126.
66
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
IL BENESSERE ANIMALE NELL’ALLEVAMENTO AVICUNICOLO:
PROSPETTIVE PER IL FUTURO
C. Lazzaroni1
RIASSUNTO: Vengono esaminati alcuni aspetti relativi al benessere animale - in
particolare di polli da carne, galline ovaiole, conigli all’ingrasso e coniglie fattrici analizzando le problematiche di questi allevamenti alla luce della normativa comunitaria
presente e in discussione.
PAROLE CHIAVE: benessere, allevamento, polli da carne, galline ovaiole, conigli
ANIMAL WELFARE IN POULTRY AND RABBIT PRODUCTION: FUTURE
PERSPECTIVE
SUMMARY: Some aspects of animal welfare - concerning broiler, laying hens, meat
rabbit and does - are examined. Future perspective of this kind of rearing systems are
analysed, taking in account the present and under discussion European legislation.
KEY WORDS: welfare, farm, broiler, laying hen, rabbit
IL BENESSERE ANIMALE
L’interesse per il benessere animale è generalmente fatto derivare agli anni ‘60
(Harrison, 1964; Brambell, 1965) e ha ormai coinvolto ogni strato della popolazione,
dall’uomo della strada e dai consumatori ai ricercatori e ai legislatori, sulla spinta di una
raggiunta prosperità economica nei paesi dell’Occidente che ha portato al
soddisfacimento dei bisogni primari dell’uomo, e conseguentemente all’attenzione al
benessere anche nelle altre specie.
A lato di ciò il benessere raggiunto dalla specie umana (in una purtroppo ancora piccola
parte del mondo) ha caus ato il passaggio da bisogni alimentari di tipo quantitativo a
bisogni di tipo qualitativo (non è più importante mangiare “tanto” ma mangiare “bene”),
bisognerebbe quindi chiarire se il benessere dell’animale in allevamento interessa di per
sé o perché permette di ottenere derrate alimentari più buone (o più rare) e che
soddisfano quindi essenzialmente il nostro piacere.
Prima di esaminare nel dettaglio le molteplici problematiche legate al benessere è però
opportuno chiarire cosa si intenda con tale termine, e soprattutto cosa si intende - e cosa
voglia dire per un animale - vivere in uno stato di benessere.
_____________________________
1
Ricercatore confermato. Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Torino.
67
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Sono possibili due definizioni ant itetiche ed estreme di benessere:
• stato di natura, ottimale e perfetto, una sorta di paradiso privo di avversità e nemici
(conforme al mito della natura madre e del buon selvaggio di Russeaux)
• condizioni asettiche che rispecchiano una concezione antropomorfa degli animali
allevati
Entrambe, per qualsiasi tipo di animale allevato, non sembrano essere corrette. Forse la
definizione migliore di benessere, dal punto di vista zootecnico - il caso degli animali
d’affezione potrebbe essere diverso -, è:
• cond izioni, anche “artificiali”, che soddisfino i bisogni dell’animale e permettano a
questo di produrre.
Quest’ultima definizione, accettata anche da diversi autori (Hughes, 1976; Carpenter,
1980; Broom, 1986 e 1991) è quella che risponde forse meglio alla necessità primaria
dell’allevatore e dello zootecnico di avere animali in buono stato di salute, capaci di
realizzare le produzioni desiderate.
Resta però il problema di individuare uno o meglio più parametri da misurare per
riconoscere e valutare correttamente la situazione di benessere, o di capacità di
adattamento all’ambiente da parte dell’animale (Mason e Mendl, 1993): sono stati
proposti criteri fisiologici, patologici, etologici e produttivi, da usarsi in una visione
complessiva ed integrata (Duncan e Dawkins, 1983; Smidt, 1983; Unshelm, 1983;
Canali, 1994; Verga, 1994; Broom, 1996; Òdberg, 1996) e pensati come un continuum
(Fraser e Broom, 1990) da un estremo, caratterizzato da un massimo benessere per
l’animale con assenza di stress, all’altro estremo, con minimo di benessere e massima
incidenza dei fattori stressanti (Broom, 1996).
Questo schema valutativo, che affianca a dati rilevabili scientificamente giudizi di tipo
soggettivo, espressi da colui che compie questa operazione (Fraser, 1995; Simonsen,
1996), fa sorgere alcune questioni: infatti, se le correnti pratiche valutative, attraverso la
formazione e la qualificazione teorico-pratica dei valutatori e con l’ausilio di
accorgimenti tecnici, tendono a conferirle quanto più possibile il carattere scientifico di
oggettività, in un argomento delicato come l’investigazione nei confronti della
soggettività di un altro essere vivente le considerazioni di natura etica si fanno sentire in
misura sicuramente maggiore (Jensen, 1996).
Se l’allevatore e lo zootecnico devono rispondere alla domanda “quanto può essere
limitato il benessere di un animale, prima che ciò sia considerato intollerabile” (Broom,
1988) o meglio “come si valuta il benessere animale e come si manifesta la sua
mancanza”, e la linea di separazione tra oggettività (con relative indicazioni
scientifiche) e soggettività (il riconoscimento dei diritti animali) non è più tracciata
dagli “uomini in camice bianco” ma dall’uomo della strada (Dantzer e coll., 1983b), la
discussione si sposta da un piano tecnico ad uno etico, in cui sempre nuovi soggetti
vengono in qualche modo legittimati a sostenere la propria posizione (Rollin, 1983,
1990, 1996; Fraser, 1995).
Da questo stato di cose deriva l’interrogativo se tutto questo sia ragionevole, e se
proprio la complessità dell’argomento non richieda prese di posizioni meno emotive e
più scientifiche (Mandler, 1975).
68
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Sulla scorta dell’idea che una pratica di allevamento che metta in difficoltà un animale,
al di là dell’uso di correttivi possibili, vada comunque considerata contraria al benessere
(Broom, 1988), ci si è indirizzati verso l’individuazione dei parametri da considerare e
delle metodiche di misurazione dello stato di benessere degli animali, diverse per ogni
specie oggetto di allevamento, senza dimenticare che l’allevamento degli animali in
settori sempre più lontani dalla tradizionale azienda agricola ha provocato il passaggio
del consumo dei prodotti di origine animale da un settore di nicchia ad uno
maggiormente allargato.
Se questa dinamica sociale ha decretato il successo dell’allevamento, è anche vero che a
ciò è corrisposta una maggiore attenzione da parte della pubblica opinione nei riguardi
di tale settore. Questo comporta che, tra i fattori che sanciscono il successo
dell’allevamento moderno, oltre quelli più strettamente zootecnici, in misura sempre
maggiore vadano tenuti in considerazione quelli relativi alle richieste del consumatore,
determinate da fattori psicologici, e che hanno portato ad interventi anche di natura
legislativa.
E quindi necessario, da un lato, non dimenticare che la mentalità del consumatore è
cambiata, e che la costante diminuzione del prezzo dei prodotti di origine animale - e di
quelli carnei in particolare - e la minore incidenza dell’alimentazione sul bilancio
familiare lo hanno portato ad interrogarsi non solo sul rapporto qualità/prezzo, ma anche
sulle condizioni della produzione degli alimenti di origine sia animale sia vegetale
(Morisse, 1995). D’altro canto la pressione sociale che si coniuga con impostazioni
agricolo- zootecniche più “ecologiche” di cui i paesi del nord dell’Europa, a proposito o
a sproposito, si vantano, ha portato l’Unione Europea, il cui peso è destinato ad
aumentare in misura sempre maggiore in relazione al processo di unificazione
economica, monetaria e politica, a farsi promotrice di una regolamentazione che,
attraverso normative e direttive, mira a salvaguardare le condizioni di vita degli animali
negli allevamenti, durante il trasporto e alla macellazione (D 74/577/CEE; D
86/113/CEE; D 86/609/CEE; D 88/166/CEE; D 90/425/CEE; D 91/496/CEE; D
91/628/CE; D 91/629/CEE; D 91/630/CEE; D 93/119/CE; D 95/29/CE; R 95/69; D
97/2/CE; R 1255/97; D 411/98/CE; R 615/98; D 98/58/CE; D 1999/575/CE; R
1804/1999; D 1999/74/CE, solo per citarne alcune).
Nel campo delle produzioni animali si sono quindi affiancati a sistemi di produzione
intensivi, volti al miglioramento produttivo individuale (basato sul miglioramento
genetico, nutrizionale e tecnico), sistemi di produzione tradizionali e/o estensivi, basati
su una maggiore attenzione alla salvaguardia dell’ambiente e del benessere animale. Tra
le cosiddette “piccole specie”, considerate sempre un po’ marginali negli allevamenti
ma oggi di estrema attualità, il legislatore si è interessato principalmente all’allevamento
avicolo (su cui sono uscite recentemente le ultime direttive), ma non è da dimenticare
l’esistenza dell’allevamento cunicolo, né quella dell’acquacoltura, anche se
caratterizzata da problematiche completamente diverse e che non saranno affrontate in
questa sede.
69
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
FATTORI CHE INFLUENZANO IL BENESSERE AVI-CUNICOLO
Molti sono i fattori che influenzano il benessere degli animali in allevamento e, come
già detto, la percezione di questi è molto diversa, così com’è molto diverso l’approccio
che se ne ha, sia da parte dell’allevatore sia da parte del consumatore.
Non è forse il caso di rifare la storia delle norme e degli indirizzi sul benessere animale,
o di illustrare misure e principi che sono già stati trattati, anche recentemente, da
numerosissimi altri autori. Pur senza dimenticare il rispetto delle cinque libertà
fondamentali per evitare disturbi al benessere animale (Brambell, 1965; FAWC, 1987a,
1987b, 1987c, 1987d), il confine tra benessere e la sua mancanza resta in ogni caso
quanto mai sogge ttivo, indefinibile e aleatorio, anche se i legislatori hanno cercato, fin
dal 1988, di interpretare l’esigenza dell’opinione pubblica e di garantire il benessere
degli animali fornendo dei parametri minimali da rispettare e ribadendo che chiunque
allevi animali è responsabile della loro salute e incolumità (Lolinger, 1996).
Come già ricordato una definizione di benessere è legata al mantenimento della
produttività dell’animale: questo si è dimostrato solo parzialmente vero, specie per gli
allevamenti intensivi.
Per questi - ma non solo - ci si pone oggi il problema di come conciliare produttività,
costi di produzione e benessere animale con la redditività dell’allevamento. Infatti, le
scelte tecnologiche dell’allevatore nei confronti dell’ambiente di alleva mento,
dell’habitat e dell’impiego di metodi di allevamento, agiscono sul comportamento e
sulle reazioni della popolazione animale, determinando o uno stato di benessere e quindi
di produttività ottimale o circostanze stressanti e stati patologici condizionati con
conseguenti carenze produttive.
E’ evidente però che quanto più l’animale si avvicina ad uno stato di benessere, tanto
più le sue prestazioni produttive si approssimano alla completa estrinsecazione del suo
patrimonio genetico.
Nell’applicazione delle tecnologie di allevamento ci sono tutta una serie di parametri,
ormai assodati e riconosciuti universalmente, che devono essere adattati alle necessità
degli animali. Questi parametri illustrano le “buone pratiche zootecniche” da applicare
per avere un allevamento redditizio, e per garantire condizioni di vita accettabili sia per
gli animali sia per chi lavora in un allevamento.
Essi si riferiscono a:
• temperatura di allevamento (soprattutto le sue variazioni);
• qualità dell’aria (assenza di gas nocivi, assenza di polveri, corretta ventilazione);
• illuminazione (durata e intensità);
• superficie a disposizione (densità di allevamento: le esigenze di specializzazione
delle produzioni animali hanno costretto polli e conigli a vivere in collettività
sempre più numerose, con spazio vitale progressivamente ridotto);
• alimentazione (quantità e qualità - tenendo presente le loro caratteristiche
anatomico-fisiologiche, per cui un pollo non potrà mai essere allevato come un
erbivoro);
• pulizia e asporto delle deiezioni.
Altri fattori influenzanti il benessere, specialmente nell’allevamento avicolo e cunicolo,
70
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
sono:
• ritmi riproduttivi (età primo accoppiamento, frequenza accoppiamenti, ...);
• ritmi produttivi (n. di uova prodotte, raggiungimento in tempi brevi del peso di
macellazione, ...);
• pressione selettiva e miglioramento genetico (intensità di produzione, velocità di
crescita, adattabilità, socialità, docilità, resistenza a malattie, ...: gli attuali criteri di
selezione applicati, necessariamente, a un numero ristretto di caratteri di più
prevalente interesse economico hanno, inevitabilmente, causato una condizione di
instabilità nell’equilibrio naturale degli animali a discapito, probabilmente, di
capacità naturali di adattamento e resistenza);
• competenza e preparazione degli addetti (fattore maggiormente influenzante il
benessere degli animali allevati, soprattutto dei piccoli animali quali pollo e
coniglio, che dipendono moltissimo dall’uomo).
Nel caso dell’allevamento avicolo e cunicolo accanto ai tradizionali parametri
ambientali legati al benessere non bisogna dimenticare di considerare anche quelli legati
al fatto che l’allevamento viene ancora, di norma, effettuato in gabbia. Per
l’allevamento avicolo il ricorso alle gabbie è stato regolamentato dalla direttiva CEE
1999/74/CE, mentre per quanto riguarda l’allevamento cunicolo l’impiego delle gabbie
non sembra destinato ad essere soppresso in breve tempo, anche per considerazioni
legate alla fisiologia dell’animale, soprattutto per quanto riguarda il settore
riproduzione.
PROBLEMI EMERGENTI NELL’ALLEVAMENTO AVICOLO E CUNICOLO
Vi sono una serie di problemi emergenti legati alle diverse specie e alle diverse esigenze
dei vari settori produttivi - che per l’avicoltura sono produzione di carne, produzione di
uova e riproduzione, mentre per la coniglicoltura sono ingrasso e riproduzione - ognuno
caratterizzato da necessità peculiari, a volte sovrapponibili ma spesso molto diverse, che
saranno qui esaminate in breve.
Allevamento avicolo
Per quanto riguarda la produzione di carne nel settore avicolo, siamo di fronte a sistemi
di allevamento generalmente rispettosi del benessere degli animali: quasi tutti gli
animali sono allevati a terra; anche se qualcuno è tornato a riproporre l’allevamento in
gabbia (Tassinari, 1999). I problemi ancora aperti riguardano:
• la socialità degli animali (aggressività, ... - risolvibili sia dal punto di vista tecnico
riducendo la densità di allevamento, o grazie al miglioramento genetico);
• l’accesso all’aperto da parte degli animali;
• la redditività della produzione (il miglioramento delle condizioni di allevamento
porta ad un aggravio dei costi di produzione).
Nel caso degli allevamenti per la produzione di uova i problemi che dovranno essere
risolti nel prossimo futuro riguardano principalmente l’attuazione delle direttive
comunitarie in tema di benessere degli animali. Queste direttive comportano l’adozione
di nuovi sistemi di allevamento, quali:
71
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Figura 1 - Schemi di gabbie get-away e arricchite per ovaiole (Meluzzi e Giordani,
1989).
•
•
•
•
•
gabbie allargate, gabbie get-away (alte), gabbie colonia, gabbie arricchite (figura 1),
tutte caratterizzate dalla presenza di una serie di dotazioni per garantire all’animale
l’estrinsecazione dei comportamenti tipici della specie (con posatoi, bagno di
sabbia, nidi, bande abrasive, ...), con una capacità prevista di 10-40 capi/1’una e
con una densità di allevamento di 600-1000 cm2 /capo (ancora abbastanza elevata),
obbligatorie dal 1.1.2003 e utilizzabili fino al 1.1.2012 (D 1999/74/CE);
allevamento su lettiera profonda, pari ad 1/3 della superficie, e con una densità di
allevamento di 7-10 capi/m2 ;
allevamento su grigliato (figura 2), sempre con una densità di allevamento di 7-10
capi/m2 ;
allevamento in aviary (figura 3), pollai con più piani sovrapposti di rete o grigliato,
con una densità di allevamento di 15-25 capi/m2 ;
allevamento in perchery (figura 4), pollai con 15 cm di posatoio/capo disposti su
più piani, a volte con lettiera, con una densità di allevamento fino a 25 capi/m2 ;
Figura 2 - Schema di un allevamento per ovaiole su grigliato (1 - nidi, 2 - posatoi, 3 abbeveratoi, 4 - mangiatoie, 5 - raschiatori sotto grigliato; Xausa e Segato, 2000).
72
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Figura 3 - Schema di un allevamento per ovaiole in aviary (1 - posatoi, 2 - abbeveratoi,
3 - mangiatoie, 4 - nidi, 5 - grigliato, 6 - lettiera; Xausa e Pignattelli, 1994; Xausa e
Segato, 2000).
Figura 4 - Schema di un allevamento per ovaiole in perchery (Meluzzi e Giordani,
1989).
•
allevamento in strawyard o recinto coperto, con lettiera da cambiare spesso e con
bassa densità di allevamento;
• sistemi di allevamento free-range, con accesso all’aperto, estensivi, con una densità
di allevamento di 0,4-0,1 capi/m2 , pari a una disponibilità di spazio di 2,5-10
m2 /capo.
L’utilizzo di questi sistemi di allevamento prevede una densità degli animali non sempre
particolarmente bassa e lascia, comunque, tutta una serie di problemi ancora da risolvere
(ad esempio in un allevamento su più piani di rete o grigliato, la gallina che sta al piano
più alto defeca su quella che sta al piano più basso). Inoltre il sistema produttivo free-
73
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
range, il migliore dal punto di vista della superficie a disposizione degli animali, ha dei
costi di produzione notevoli.
Anche dal punto di vista comportamentale e gestionale tutte le diverse tipologie di
allevamento proposte fanno registrare vantaggi e svantaggi (tabella 1).
Tra questi, l’allevamento in gabbia, nonostante i suoi ben noti svantaggi, fa registrare
problemi ridotti per i comportamenti collegati alla socialità dell’animale e rappresenta,
forse, la soluzione migliore per quanto riguarda l’igiene dell’animale (Hughes, 1990) e,
soprattutto, la salubrità dei prodotti. Prima dell’adozione di nuove tecnologie di
allevamento è pertanto necessario valutare ogni aspetto dei singoli sistemi, cercando di
migliorarne i punti deboli, e adottando quello più rispondente alle esigenze
dell’allevatore e al tipo di produzione desiderata.
Tabella 1 - Confronto tra diverse tipologie di allevamento per ovaiole (Hughes, 1990).
parametri
gabbia
Gabbia
aviary
perchery strawyard
Free
modificata
range
comportamentali
movimento
*
*
**
**
**
***
nidificazione
*
***
***
***
***
***
raspare
*
**
***
*/***
***
***
stereotipie
*
***
***
***
***
***
cannibalismo
**/***
**/***
*/***
*/***
*/**
*/**
timore
*
**
**
**
***
**/***
aggressività
***
***
?
***
*
*
fisici
igiene
***
**
**
**
**
*
danni piume
*
**/***
**
*/***
**
***
lesioni pedali
*
**
**/***
**/***
***
**/***
resistenza ossa
*
**
***
***
***
***
ambientali
controllo
***
***
**
**
*
*
polvere/gas
***
***
*/**
*/**
***
**
Da quanto brevemente esposto si può dedurre come in questo settore i problemi ancora
aperti riguardino quindi:
• la socialità degli animali (aggressività, ...);
• la sanità degli animali allevati;
• la salubrità dei prodotti (si produce per ottenere un prodotto che sia consumabile
direttamente e che non porti malattie all’uomo - la salubrità rappresenta il primo
requisito per un prodotto di origine animale);
• l’accesso all’aperto da parte degli animali;
• alcuni accorgimenti tecnici (soprattutto nell’allevamento di ovaiole su più piani con
rete o grigliato);
• la redditività della produzione.
74
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
In particolare per quanto riguarda quest’ultimo punto, anche senza scendere nel
dettaglio, è da tenere presente che, ponendo pari a 100 il costo di un uovo prodotto con i
sistemi in gabbia attualmente in uso negli allevamenti per la produzione di uova di tipo
convenzionale, le uova prodotte con sistemi estensivi arrivano a un costo di 150-170
l’una (tabella 2; Elson, 1985). Ciò vuoi dire che un uovo, che attualmente al
consumatore costa 250-300 £, può arrivare a costare non meno di 500-600 £, con il
rischio di una drastica riduzione dei consumi (sia diretti sia indiretti), con una possibile
contrazione del numero degli allevamenti (e degli addetti) e un effetto anche di tipo
nutrizionale e sociale (le uova sono una delle poche fonti di proteine nobili a basso
costo).
Tabella 2 - Costo di produzione delle uova (Elson, 1985).
sistema di allevamento
caratteristiche
gabbia convenzionale
450 cm2 /capo
gabbia allargata)
550 cm2 /capo
gabbia arricchita (con posatoio e nido)
450 cm2 /capo
gabbia allargata e arricchita
750 cm2 /capo
gabbia get-away
2 piani
aviary
10- 12 capi/m2
aviary e perchery
20 capi/m2
lettiera profonda
7- 10 capi/m2
strawyard
3 capi/m2
semi- intensivo
1000 capi/ha
free range
400 capi/ha
costo
100
105
102
115-117
110
115
105-108
118
130
135-140
150-170
Passando ad esaminare le problematiche relative alla produzione di riproduttori per il
settore avicolo si può dire che anche in questo caso, come già in quello della produzione
della carne, i sistemi di allevamento sono generalmente rispettosi del benessere degli
animali. Quasi tutti questi allevamenti mantengono gli animali a terra ed i pochi
allevamenti in batteria ancora esistenti potrebbero convertirsi senza grossi problemi.
Con l’allevamento a terra di questi animali si presentano una serie di problemi, già
ricordati in precedenza, e ancora in attesa di risoluzione:
• socialità degli animali (aggressività,...);
• ritmi riproduttivi (senza sfruttare le ovaiole troppo velocemente);
• accesso all’aperto;
• sanità degli animali;
• redditività della produzione;
• incubatoio (problema abbastanza marginale nell’allevamento dei riproduttori).
Quest’ultimo aspetto spesso è tralasciato esaminando i problemi relativi
all’allevamento, perché si tratta di un’attività che è di solito in mano a grosse ditte
specializzate, però non devono essere dimenticate le condizioni in cui si trovano a
vivere i pulcini appena nati: forse, un ripensame nto dell’organizzazione dell’incubatoio
potrebbe avere la sua importanza nell’evitare ai pulcini di un giorno situazioni di stress
grave.
75
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Allevamento cunicolo
Per il settore cunicolo per il momento non vi sono indicazioni a livello comunitario
relative alle modalità di allevamento, ma vi è già stato qualche paese che ha chiesto un
pronunciamento in merito.
La prima domanda cui occorre dare una risposta è: il coniglio è un animale da reddito o
un animale da compagnia?
In Italia, dove la coniglicoltura ha raggiunto il 4° posto fra i comparti zootecnici con una
posizione leader a livello mondiale, il coniglio è considerato - come in altri paesi
principalmente Mediterranei (Francia, Spagna, Ungheria, ...). un animale da reddito
allevato per la produzione della carne. In altri paesi - tra cui tutto il nord Europa
(Inghilterra, Germania, paesi Scandinavi, ...). il coniglio è invece considerato un
animale da compagnia.
Esiste quindi un abisso culturale tra i vari paesi, con cui ci si scontra soprattutto a livello
di Commissione Europea, tra concezioni strettamente zootecniche di chi considera il
coniglio alla stregua di bovini, suini e polli e tradizioni umanizzanti di chi lo considera
invece alla stregua di cani e gatti.
Per quanto riguarda il settore ingrasso degli allevamenti cunicoli, i sistemi di
allevamento attualmente in uso prevedono l’impiego di gabbie, normalmente di
dimensioni abbastanza ridotte - come superficie (30x40 cm) e come altezza (30 cm) che limitano sia i movimenti sia i rapporti sociali degli animali, anche se consentono
notevoli densità di allevamento (superiori a 16 capi/m2 ). I problemi più importanti cui ci
si trova di fronte sono quindi:
• l’adozione di nuovi sistemi di allevamento, più rispettosi delle necessità di
movimento e di socialità degli animali;
• riduzione delle densità di allevamento.
Si può, quindi, pensare di adottare sistemi di allevamento di dimensioni maggiori, che
permettano all’animale di esprimere nel modo migliore sia le proprie abitudini di
movimento (figura 5) o di posizione (postura eretta, normale in libertà), sia la propria
socialità. Alcune prove sono già state fatte utilizzando:
Figura 5 - Andatura a saltelli (hopping) nel coniglio espressa in libertà e in gabbia
(Lehmann, 1987).
76
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
gabbie collettive, con una superficie di 0,26-0,35 m2 e un’altezza di 28-30 cm, una
densità di allevamento di 16-28 capi/m e dai 6 ai 54 capi/gabbia;
• allevamento in parchetto su rete, con una superficie anche di 5 m2 e un’altezza di 60
cm, una densità di allevamento di 18 capi/m2 e fino ad 80-100 capi/gabbia;
• allevamento in parchetto su lettiera, con una superficie di 2,5-8 m e un’altezza di
100 cm, una densità di allevamento di 4-8 capi/m e fino ad 10-64 capi/gabbia.
Con l’adozione dell’allevamento in gabbie collettive o in parchetti (su rete o lettiera) è
bene prestare attenzione alla densità di allevamento ed evitare un eccessivo aumento
della numerosità dei gruppi: infatti, passando da 6 a 54 capi per gruppo, sempre con una
densità di 17 capi/m2 , si ha un peggioramento degli incrementi (anc he di 350 g in 45 d)
e degli indici di conversione (da 3,02 a 3,12) (Maertens, 1999). In teoria l’animale più
produttivo è quello allevato in gabbia singola ma, in confronto ad animali allevati in
gruppi di dieci, in recinti a terra, questo, a fronte di una crescita più rapida e di un
migliore indice di conversione (anche se non significativo), consuma molti più alimenti
(perché non può estrinsecare i comportamenti sociali ed esplorativi) ed è più grasso alla
macellazione (Lazzaroni e coll., 1999).
Nel settore ingrasso, con l’adozione di questi nuovi sistemi di allevamento, i principali
problemi ancora aperti riguardano:
• la socialità degli animali (aggressività, ...);
• necessità di divisione dei sessi (comparsa della pubertà);
• velocità di accrescimento (delle singole linee);
• pavimentazione (lesioni pedali, igiene);
• sanità animale;
• salubrità dei prodotti;
• l’accesso all’aperto da parte degli animali;
• la redditività della produzione (aggravio dei costi di produzione).
In particolare, i problemi di socialità si ha nno se si aumenta la superficie a disposizione
degli animali e se questi sono allevati in gruppo, anche perché in tal caso l’animale
cresce più lentamente, raggiunge il peso di macellazione ad un’età maggiore e quindi,
nel caso del coniglio, quando è già avvenuta la pubertà. Con il raggiungimento della
pubertà gli animali iniziano a competere tra loro e si presenta quindi la necessità di
selezionare linee meno aggressive e, eventualmente, di castrare i maschi per
l’allevamento in recinto.
Per quanto riguarda invece la pavimentazione, la scelta che si presenta è tra
l’allevamento su grigliato, con problemi di lesioni podali, su lettiera, con problemi
igienici, o su pavimento parzialmente grigliato e parzialmente con lettiera (o su
superficie piena).
Per quanto riguarda il settore riproduzione dell’allevamento cunicolo, i sistemi
attualmente in uso prevedono sempre l’impiego di gabbie, anche in questo caso di
dimensioni abbastanza ridotte - come superficie (40x90 cm, con nido interno) e come
altezza (30 cm). Il problema più importante cui ci si trova di fronte è quindi:
• l’adozione di nuovi sistemi di allevamento, più rispettosi delle necessità degli
animali (gabbie arricchite, gabbie collettive).
•
77
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Nella gabbia arricchita (figura 6), la fattrice è allevata da sola ma in gabbie più alte e
con dei piani d’appoggio che le permettono maggior movimento e di allontanarsi dal
nido (in natura il nido è visitato 1-2 volte al giorno). Nella gabbia collettiva (figura 7)
vengono invece accasate 5 fattrici con un maschio e questi animali costituiscono, con le
rispettive nidiate, un nucleo di produzione che vive insieme fino allo svezzamento dei
coniglietti (successivo al 28° giorno dal parto).
Figura 6 - Schema di gabbia arricchita per coniglie fattrici (P, piattaforma; N, nido; M,
mangiatoia; Reichel, 1995).
Figura 7 - Schema di gabbia collettiva per coniglie fattrici (C, area centrale; F,
mangiatoie; I, isolamento; L, zona riposo con lettiera; N, nido; P, zona piccoli;
Stauffacher, 1992).
78
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Con l’adozione di questi nuovi sistemi di allevamento, restano tuttavia - anche per il
settore riproduzione dell’allevamento cunicolo - una serie di problemi, già ricordati in
precedenza, e ancora in attesa di risoluzione:
•
socialità (aggressività, ...);
•
ritmi riproduttivi;
•
pavimentazione;
•
accesso all’aperto;
•
redditività della produzione.
PROSPETTIVE IMMEDIATE
Da quanto visto un allevatore si trova oggi di fronte alla necessità - per garantire il
benessere degli animali e quindi andare incontro alle esigenze dei consumatori - di
modificare le strutture del suo allevamento, con rilevanti e costosi interventi. In attesa di
tali adeguamenti, pensabili solo su un lungo periodo, ci sono degli interventi che
possono essere proposti, soprattutto negli allevamenti di ovaiole e conigli all’ingrasso
che utilizzano gabbie di dimensioni abbastanza ridotte. Un adeguamento possibile, e di
facile realizzazione, potrebbe essere quello di eliminare i divisori tra due o più gabbie
per aumentare la superficie a disposizione degli animali e il numero di soggetti presenti
in ognuna: ciò oltre a permettere un maggiore movimento degli animali faciliterebbe
anche il loro comportamento sociale.
BIBLIOGRAFIA
Auxilia M.T. (1985). La tecnologia nell’allevamento cunicolo. Conv. tecnico-scientifico
su “Problemi dell’allevamento del coniglio”, Alessandria.
Brambell F.W.R. (1965). “Report of the Technical Committee to Enquire into the
Welfare of Animals Kept under Intensive Livestock Husbandry Systems”. Command
paper No. 2836, HMSO Londra, Gran Bretagna.
Broom D.M. (1986). Indicators of poor welfare. “Br. Vet. J.”, 142, 524-525.
Broom D.M. (1988). The scientific assessment of animal welfare. “Appl. Anim. Behav.
Sci.”, 20, 5-19.
Broom D.M. (1991). Animal welfare: concepts and measurements. “J. Anim. Sci.”, 69,
4167-4175.
Broom D.M. (1996). Animal welfare defined in terms of attempts to cope with the
environment. “Acta Agric. Scand.”, Sect. A, Anim. Sci. Suppl., 27, 22-28.
Canali E. (1994). Stiamo attenti al benessere. “Riv. Coniglic.”, 32 (9), 19.
Carpenter E. (1980). “Animal and Ethics”. Watkins and Dulverton, Londra, Gran
Bretagna.
Dantzer R., Morméde P., Henry J.P. (1983). Significance of physiological criteria in
assessing animal welfare. In: “Indicators relevant to Farm Animal Welfare”. M.
Nijhoff Publ., Lussemburgo, 29-37.
Duncan I.J.H., Dawkins M.S. (1983). The problem of assessing “well-being” and
“suffering” in farm animals. In: “Indicators relevant to Farm Animals Welfare”, M.
Nijhoff Publ., Lussemburgo, 13-24.
79
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Elson H.A. (1985). The economics of poultry welfare. “2nd Europ. Symp. Poultry
Welfare”, Celle, Germania.
FAWC (1987a). “Codes of recommendations for the welfare of livestock: domestic
fowls”. U.K. Ministry of Agriculture, Fisheries and Food, Londra, Gran Bretagna.
FAWC (1987b). “Codes of recommendations for the welfare of livestock: turkeys”.
U.K. Ministry of Agriculture, Fisheries and Food, Londra, Gran Bretagna.
FAWC (1987c). “Codes of recommendations for the welfare of livestock: ducks”. U.K.
Ministry of Agriculture, Fisheries and Food, Londra, Gran Bretagna.
FAWC (1987d). “Codes of recommendations for the welfare of livestock: rabbits”. U.K.
Ministry of Agriculture, Fisheries and Food, Londra, Gran Bretagna.
Fraser A.F., Broom D.M. (1990). “Farm animal behaviour and welfare”. Bailliere
Tindall, Londra, Gran Bretagna.
Fraser D. (1995). Science, values and animal welfare: exploring the “inextricable
connection”. “Anim. Welf.”, 4, 103-117.
Harrison R. (1964). “Animal Machines”. V. Stuard, Londra, Gran Bretagna.
Hughes B.O. (1976). Behaviour as an index of welfare. “5th European Poultry
Conference”, Malta.
Hughes (1990). citato da Verga (1994). Jensen P. (1996). Stress as a motivational state.
“Acta Agric. Scand.”, Sect. A Anim. Sci. Suppl., 27, 50-55.
Lazzaroni C., Benatti G., Andrione A., Biagini D. (1999). Adattabilità del coniglio
all’ingrasso a diverse tipologie di allevamento. Conv. Naz. “Parliamo di ... benessere
e allevamento animale”, Fossano, Cuneo (in stampa).
Lehmann M. (1987). Interference of a restricted environment - as found in a battery
cages - with normal behaviour of young fattening rabbits. In: “Rabbit Production
Systems including Welfare”, Commission of the European Communities,
Lussemburgo, 257-268.
Lóliger H. Ch. (1996). Outline of recommendations for appropriate domestic rabbit
management
in
accordance
with
animal
protection
and
welfare
considerations.”World Rabbit Sci.”, 4, 101-103.
Maertens (1999). L’allevamento del coniglio per la produzione di carni destinate alla
trasformazione. Conv. “La carne di coniglio: dal mercato tradizionale ai prodotti
lavorati”, Forlì.
Mandler G. (1975). The search for emotions. In: “Emotions, their parameters and
measurement”, Raven Press, New York, Stati Uniti.
Mason G., Mendl M. (1993). Why there is no simple way of measuring animal welfare?
“Anim. Welf.”, 2, 301-319.
Meluzzi A., Giordani G. (1989). II benessere animale nell’allevamento intensivo delle
ovaiole. “Riv. Avic. “, 58 (5), 13-19.
Morisse J.P. (1995). Guardando oltre... “Riv. Coniglic.”, 32 (6), 9-14.
Odberg F.O. (1996). Bien-ètre des animaux. tecniques d’évalutation et identification des
problèmes chez les bovins. “Premier Carrefour des Productions Animales: la
Production de Viande Bovine”, Gembloux, Belgio, 55-57.
Reichel A. (1995). “DGS Magazin”, 31.
80
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Rollin B.E. (1983). The concept of illness in veterinary medicine. “J. Am. Vet. Med.
Ass.”, 182, 122-125.
Rollin B.E. (1990). Animal welfare, animal rights, and agriculture. “J. Anim. Sci.”, 68,
3456-3461.
Rollin B.E. (1996). Ideology, “value-free” science, and animal welfare. “Acta Agric.
Scand.”, Sect. A, Anim. Sci. Suppl., 27, 5-10.
Simonsen H.B. (1996). Assessment of animal welfare by a holistic approach: behaviour,
health and measured opinion. “Acta Agric. Scand.”, Sect. A, Anim. Sci. Suppl., 27,
91-96.
Smidt D. (1983). Advantages and problems of using integrated systems of indicators as
compared to single traits. In: “Indicators relevant to Farm Animals Welfare”, M.
Nijhoff Publ., Lussemburgo, 201-207.
Stauffacher M. (1992). Group housing and enrichment cages for breeding, fattening and
laboratory rabbits. “Anim. Welf.”, 1, 105-125.
Tassinari P. (1999). La stabulazione del broiler su lettiera e in un nuovo tipo di gabbia:
prime esperienze. “Riv. Avic.”, (7/8), 30-37.
Unshelm J. (1983). Applicability of indicators in animal welfare research. In:
“Indicators relevant to Farm Animals Welfare”, M. Nijhoff Publ., Lussemburgo,
225-232.
Verga M. (1994). Benessere e indicatori “bio-etologici”. “Riv. Avic.”, 63 (7/8), 30-36
Xausa E., Pignattelli P. (1994). La risposta dei costruttori di attrezzature. “Riv. Avic.”,
63 (7/8), 46-49.
Xausa E., Segato G. (2000). Le tecnologie per i pollai alternativi. “Riv. Avic.”, 69 (1),
52-53.
81
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
82
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
VARIAZIONI DI ALCUNI ENZIMI EMATICI IN BOVINE DA LATTE IN
VARIE CONDIZIONI DI STRESS
Luigi Calamari 1 , Giovanni Lombardi2 , Ferdinando Calegari3 , Luigi Stefanini 4
RIASSUNTO: La valutazione del benessere coinvolge il controllo di una serie di
risposte che l’animale mette in atto per adattarsi all’ambiente in cui si trova. Queste
comprendono cambiamenti comportamentali e modificazioni fisiologiche che possono
avere ripercussioni sullo stato di salute e sulle performance. Scopo del lavoro è stato di
valutare le variazioni di alcuni enzimi ematici in bovine da latte in condizioni di stress
da caldo, da cambiamenti frequenti di gruppo e da sovraffollamento. Sulle bovine,
allevate in box multipli in una stalla sperimentale a stabulazione libera a cuccette, si è
controllata l’ingestione di alimenti, la produzione di latte e la temperatura rettale e, nel
sangue, la GOT, la GGT e la fosfatasi alcalina (ALP). L’ingestione di alimenti e la
produzione di latte è diminuita negli animali esposti alle varie forme di stress. La GGT
non è variata in maniera significativa mentre la GOT è tendenzialmente aumentata nelle
bovine in condizioni di stress di tipo psicogenico. La ALP è significativamente
diminuita nelle bovine in condizioni di stress da caldo; diminuzione riscontrata, anche
se non significativa, nelle bovine in condizioni di stress di tipo psicogenico. Questo tipo
di stress ha comportato un maggiore calo produttivo nelle primipare unitamente a più
ampie modificazioni nei parametri ematici controllati.
PAROLE CHIAVE: vacca da latte, stress, benessere animale, enzimi ematici.
VARIATION OF SOME BLOOD ENZYMES IN DAIRY COWS IN DIFFERENT
STRESS CONDITION
SUMMARY: Welfare evaluation involves the check of a series of responses that animal
uses to fit with the environment: changes in behaviour or in physiological mechanisms
with effect on health and performances. In order to evaluate the variations of some
blood enzymes in dairy cows under different stress condition (heat, changing of group
and overcrowding) feed intake, milk yield, rectal temperature, blood GOT, GGT and
alkaline phosphatase (ALP) were checked in the Italian Friesian cows farmed at “V.
Tadini”, an experimental farm, where the cows where housed in free barns (multiple
boxes), with cubicles and open paddock. Feed intake and milk yield decreased in
animals exposed to the different stress conditions. GGT was not significantly affected,
while GOT was slightly increased in cows under conditions of psychogenic stresses.
______________________________
1
Professore associato. Istituto di Zootecnica, Facoltà di Agraria di Piacenza.
Sperimentatore. Az. Sperimentale “V. Tadini”, Località Gariga - Podenzano (PC).
3
Contrattista. Istituto di Genio Rurale, Facoltà di Agraria di Piacenza.
4
Direttore. Az. Sperimentale “V. Tadini”, Località Gariga - Podenzano (PC).
2
83
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
ALP was significantly decreased in cows under heat stress; ALP decreased also in cows
with psychogenic stress, even though non significantly. This last type of stress in
primiparous cows has determined the highest milk yield decrease as well as widest
variations in the investigated blood parameters.
KEY WORDS: dairy cow, stress, welfare, blood enzymes.
PREMESSA
Negli ultimi anni la ricerca scientifica si è maggiormente indirizzata verso lo studio
della capacità di adattamento e di risposta degli animali domestici alle diverse
condizioni di allevamento e di gestione da parte dell’uomo. L’obiettivo di trarre profitto
degli allevamenti non può far perdere di vista il fatto che quantità e qualità delle
produzioni debbono andare di pari passo con la cura attenta dell’ambiente e del
benessere (Dirksen, 1992). Tuttavia il termine “benessere” non ha ancora ricevuto,
proprio a causa della sua complessità, una definizione univoca da parte dei vari
ricercatori che se ne occupano. Lo stato di benessere degli animali (“welfare”) può
essere ricondotto in prima istanza alla mancanza di condizioni di stress. Altrettanto
difficoltosa è quindi la valutazione del benessere che si può affrontare attraverso tre tipi
di approccio indicati da Duncan e Fraser (1997). Uno di questi approcci è quello
“funzionale” basato sulle funzioni biologiche “normali” degli animali. Que sto approccio
implica che si debbano identificare e quantificare il più precisamente possibile gli
“indicatori” di benessere, come gli indicatori patologici, fisiologici, comportamentali e
produttivi. Tuttavia non è facile definire con certezza gli effetti degli agenti stressanti ed
è diffìcile stabilire in una mandria se un problema sia legato allo stress (o meglio a
“distress”, cioè a reazione negativa a fattori di stress). Moberg (1985) ha sottolineato
l’impossibilità di stabilire se un animale soffra a causa dello stress, a meno che non
compaia uno stato prepatologico. Tuttavia il nostro interesse non si limita alle
conseguenze finali di un forte stress ina è rivolto alla reazione di adattamento che segue
una sollecitazione stressogena con alterazione delle condizioni fisiologiche. Nelle
bovine in stress da caldo l’organismo mette in atto una serie di risposte fisiologiche che
comportano variazioni di numerosi parametri ematici fra cui la riduzione della fosfatasi
alcalina (Calamari e coll., 1996). In condizioni di stress di tipo psicogenico è stata
riscontrata una riduzione della fosfatasi alcalina (ALP) ed aumento della GOT (Minton
e coll., 1995).
Scopo del nostro lavoro è stato quello di indagare sulle conseguenze dello stress da
caldo e dello stress di tipo psicogenico su taluni enzimi ematici e sulla risposta
produttiva delle bovine da latte.
MATERIALE E METODI
Le ricerche sono state condotte presso l’allevamento di bovine di razza Frisona Italiana
dell’Azienda Sperimentale “V. Tadini”. Le bovine venivano allevate in una stalla libera,
aperta, ad ala semplice con zona di riposo a cuccette e paddock esterno in terra battuta.
Il ricovero era completamente aperto sul lato opposto alla zona di alimentazione. Sul
lato della zona di alimentazione, esposto ad est, vi era invece un muro alto 2.5 metri con
un’apertura di circa 3 metri fra il tetto e la sommità del muro stesso. L’edificio era
suddiviso in 7 box di 14-16 bovine ciascuno. Le bovine venivano alimentate con tecnica
84
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
“unifeed” con un’unica distribuzione giornaliera, effettuata al mattino alle ore 7.008.00. La razione era composta da mais silo, fieno e concentrati. La ricerca si è articolata
in 3 prove.
la prova. La prova, condotta su 24 bovine in fase centrale di lattazione, è stata svolta nel
periodo estivo (da metà giugno a inizio settembre). Sono stati eseguiti controlli: 1) sulla
temperatura ed umidità all’interno del ricovero; 2) sul consumo medio di alimenti
mediante pesatura della quantità distribuita e di quella residuata; 3) sul sangue, con
cadenza settimanale, prelevato in provette eparinizzate (ore 7.00, prima della
distribuzione dell’unifeed), per la determinazione della GOT, GGT e fosfatasi alcalina
(ALP) utilizzando kit del commercio; 4) sulla produzione di latte rilevata al pomeriggio
precedente il controllo del sangue; 5) sugli animali, con rilevazione della temperatura
rettale eseguita al pomeriggio (ore 16.00) del giorno dei prelievi di sangue.
2a prova. La prova è stata effettuata su 18 bovine suddivise in 3 gruppi ed allevate in 3
box insieme ad altre bovine (16 capi/box). Le bovine, in fase intermedia di lattazione,
sono state suddivise tenendo conto, oltre che della fase di lattazione, anche del numero
di parti (2 primipare per gruppo) e della produzione di latte: 6 sono state utilizzate come
controllo (CO) ed allevate nel box 1 ; 6 sono state frequentemente spostate (ogni 7
giorni e per 4 volte) dal box 2 al box 3 e viceversa (gruppo C7); le altre 6 sono state
spostate meno frequentemente (ogni 14 giorni e per 2 volte), sempre dal box 2 al box 3
e viceversa (gruppo C14). Prima di iniziare la prova sono stati effettuati dei controlli
preliminari: al momento della formazione dei gruppi (a O, 3 e 7 giorni dalla formazione
dei gruppi) ed appena prima degli spostamenti di gruppo, effettuati a partire da 21 giorni
dopo la loro formazione. Ad ogni cambiamento di gruppo i controlli sono stati effettuati
dopo 3 e 7 giorni, per le bovine del gruppo C7, e dopo 3, 7, 10 e 14 per le bovine del
gruppo C14; parallelamente venivano effettuati controlli anche sulle bovine del gruppo
CO. I controlli effettuati sulle bovine hanno riguardato: 1) il consumo di alimenti; 2) la
determinazione degli stessi enzimi indicati in precedenza e determinati sul sangue
prelevato con gli stessi criteri; 3) la produzione di latte rilevata nelle due mungiture
precedenti i prelievi di sangue.
3a prova. La prova ha interessato 20 bovine in fase intermedia di lattazione, suddivise in
2 gruppi con gli stessi criteri della prova 2 (4 primipare per gruppo). Un gruppo di
bovine è stato utilizzato come controllo (C) ed allevato in un box, insieme ad altre 6
bovine (totale 16 bovine), con 16 posti in mangiatoia e 16 cuccette. Le altre bovine (S)
sono state allevate, insieme ad altre 6 bovine, in un box con 13 posti in mangiatoia e 12
cuccette. E’ stato utilizzato un modello sperimentale change-over ed ognuno dei due
periodi ha avuto la durata di 3 settimane; al momento dell’inversione dei trattamenti le
bovine dei due gruppi sono state allevate in 2 box entrambi dotati di posti in mangiatoia
e di cuccette pari al numero di bovine presenti (periodo di 2 settimane). Anche in questo
caso sono stati effettuati dei controlli preliminari al momento della formazione dei
gruppi (a -7, 0, 3, 7 e 10 giorni dalla formazione dei gruppi) e con animali allevati in
box dotati di posti in mangiatoia e cuccette pari al numero di capi presenti. Nel periodo
sperimentale i controlli sul sangue e sul latte sono stati effettuati al giorno 0, 3, 7, 14 e
21 con le stesse modalità della 2a prova.
Tutte le elaborazioni sono state effettuate mediante analisi della varianza utilizzando i
fattori tempo, trattamento (solo per le prove 2 e 3), l’ordine di lattazione (primipare e
pluripare), lo stadio di gravidanza (gravide e non gravide), effetto animale e le relative
85
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
interazioni. Sono state elaborati anche i dati relativi alla formazione dei gruppi in
preparazione alle prove 2 e 3 utilizzando i fattori tempo, ordine di lattazione ed animale
entro l’ordine di lattazione.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Nella tabella 1 vengono riportati i risultati ottenuti nella la prova condotta nel periodo
estivo. Dall’andamento dei valori medi di THI giornaliero si osserva che le condizioni
climatiche non sono risultate particolarmente avverse ed il periodo in cui sono state
riscontrate le temperature più elevate si è avuto nell’ultima decade di luglio con valori
medi giornalieri di THI compresi fra 74 e 77. La temperatura rettale si è mediamente
mantenuta sotto la soglia critica dei 39 °C ad eccezione dei due controlli effettuati
nell’ultima decade di luglio dove è risultata mediamente pari a 39,44 e 39,09 °C. La
produzione di latte è progressivamente diminuita in relazione con l’avanzare della fase
di lattazione ma anche con le condizioni climatiche più avverse di fine luglio. Infatti il
calo produttivo è risultato più consistente nel mese di luglio per raggiungere il valore
minimo all’ultimo controllo di luglio e poi recuperare in maniera limitata nei controlli di
agosto e settembre, in relazione con le migliori condizioni climatiche, nonostante
l’ulteriore avanzamento della fase della lattazione.
Tabella 1. Andamento del THI medio giornaliero nel ricovero, della temperatura rettale
(TR), di alcuni enzimi ematici e della produzione pomeridiana di latte.
Table 1. Pattern of stall daily mean THI, rectal temperature (RT), some blood enzymes
and afternoon milk yield.
Controlli
16-giu
23-giu
29-giu
6-lug
14-lug 21 -lug
27-lug
3-ago
10-ago 24-ago
7-set
Test-day
16-jun
23-jun
29-jun
6-jul
14-jul
21-jul
27-jul
3-aug
10-aug 24-aug
7-sep
THI
72.75
61.04
71.29
68.49
73.77
74.25
76.29
73.67
71.81
70.94
64.57
°C
bc
a
bc
ab
cd
e
de
bc
38.55
b
bc
38.59
b
ALP
U/l
e
cde
de
Cd
Cd
b
a
b
40.13
bc
43.32
Cd
45.77
cde
GOT
U/l
a
ab
ab
87.06
b
b
ab
82.22
ab
ab
82.96
ab
83.31 ;
ab
GOT
U/l
a
a
ab
34.24
ab
33.13
bc
bc
35.16
bc
35.21
C
36.73 ‘
bc
kg
d
Cd
Cd
a
ab
!2.92
ab
12.91
ab
TR-RT
Latte - Milk
38.55
50.37
78.15
32.16
16.34
38.03
46.81
86.99
32.37
15.16
38.71
48.17
38.37
45.44
89.61
ab
abc
33.56
14.69 13.56
38.9I
39.44
45.49 40.49
90.87
ab
34.08
bc
14.01
abc
39.09
35.86
86.62
35.36
13.60 12.12
ab
83.79
38.46
l2.69
38.47
46.27
83.51
34.91
abc
13.43
Le lettere a sinistra dei valori indicano differenze sulle righe (P<0.05)
Letters on the left of values indicale differences on rows (P<0.05)
I valori di GOT sono aumentati significativamente fino al controllo di metà luglio,
quando il THI non era ancora elevato e la temperatura rettale era nella norma. Al
contrario nell’ultimo controllo di luglio e nei successivi, ad eccezione del 1° rilievo di
agosto, i valori sono ritornati a livelli di poco superiori a quelli iniziali. Da questi
risultati non sembra quindi emergere un effetto del caldo sui valori ematici di GOT
anche se la diminuzione riscontrata nel periodo più caldo, come riscontrato da Ronchi e
coll. (1997) ed in nostre ricerche non pubblicate, potrebbe far presupporre una riduzione
della capacità metabolico-sintetica del fegato. I valori di GGT sono aumentati nel
periodo più caldo per poi mantenersi su tali valori anche nel periodo successivo, quando
le temperature sono diminuite. Valori più elevati di GGT in bovine da latte in
condizioni di stress da caldo sono stati riscontrati anche da Ronchi e coll.. (1997). La
fosfatasi alcalina (ALP) è diminuita in maniera significativa nel periodo più caldo. La
86
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
diminuzione è stata progressiva per raggiungere i valori minimi nell’ultimo controllo di
luglio, successivamente il recupero è stato graduale e quasi completo. La diminuzione si
può in parte spiegare con la riduzione dell’ingestione di s.s. che è stata del 10-11%
nell’ultima decade di luglio; successiva mente il recupero dell’ingestione è stato molto
limitato. La minore ingestione comporterebbe la diminuzione dell’isoenzima della ALP
di origine intestinale. L’aver però constatato che la diminuzione di ALP è iniziata prima
del calo di ingestione e che si è avuto un recupero dei valori ematici, dopo il periodo più
caldo, nonostante l’ingestione sia rimasta bassa, lascia presupporre che altri fattori siano
implicati. E’ probabile che le variazioni dell’equilibrio acido-base nel corso della
giornata in condizioni di stress da caldo comportino una diminuzione dell’attività delle
cellule del tessuto osseo ed una diminuzione dell’isoenzima associato all’attività degli
osteoblasti. Dalla elaborazione dei dati in relazione al numero di parti (primipare vs.
pluripare) ed allo stato di gravidanza (gravide vs. non gravide) si possono avere ulteriori
elementi. Nelle primipare i valori di ALP sono risultati più elevati e la diminuzione
riscontrata nel periodo più caldo è stata più ampia, sia in termini assoluti che in
percentuale (28% nelle primipare e 24% nelle pluripare); ciò potrebbe avvalorare
l’ipotesi di una maggiore diminuzione dell’isoenzima associato all’attività degli
osteoblasti. Dal confronto fra bovine gravide e non gravide, a parità di stadio di
lattazione, produzione di latte e numero di parti, si è riscontrato una maggiore
diminuzione della ALP nelle prime, soprattutto in termini assoluti ma anche in
percentuale (27% nelle gravide e 21% nelle non gravide) ad indicare forse una più
importante riduzione dell’isoenzima placentare.
Tabella 2. Valori di alcuni enzimi ematici, della produzione e dell’ingestione in bovine
primipare (PR) e pluripare (PL) prima e dopo 3 e 7 giorni dalla formazione dei gruppi.
Table 2. Values of some blood enzymes, daily milk yield and feed intake in primiparous
(PR) and pluriparous (PL) cows, before and after 3 and 7 days groups formation.
giorni dall’inizio - days from start
0
3
7
ALP
U/l
PR
59.46
b 5746
a 56.72
PL
5343
52.73
52.52
GOT
U/l
PR
66.19 ab 69.41
b 63.40
PL
71.78
69.95
70.03
GOT
U/l
PR
26.70
26.11
26.80
PL
30.85
a 30.00
a 31.83
Latte - Milk
kg/d
PR
30.15
30.22
30.22
PL
38.71
b 3798
b 37.65
Ingestione - Intake kg/d
40.1
38.5
39.7
Le lettere a destra dei valori indicano differenze sulle righe (P<0.05)
Letters on the right of values indicate differences on rows (P<0.05)
a
a
b
a
Nella tabella 2 vengono riportati i risultati ottenuti in seguito alla formazione dei nuovi
gruppi di animali, riportando in essa i valori ottenuti nella formazione dei gruppi in
preparazione alla prova 2 e 3. La formazione dei gruppi ha comportato una riduzione
87
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
dell’ingestione di alimenti che, al 3° giorno, è risultata del 4%; il recupero tuttavia è
stato rapido e pressoché completo dopo 7 giorni. Nonostante la riduzione dell’ingestione, la produzione di latte è diminuita in maniera modesta e in modo significativo
solo nelle pluripare. Il calo di ingestione può aver contribuito, almeno in parte, a
spiegare la diminuzione della ALP riscontrata in maniera significativa solo nelle
primipare al 3° giorno. Tuttavia anche nel controllo successivo, quando l’ingestione di
alimenti si è ripresa, i valori di ALP sono ulteriormente diminuiti indicando che altri
meccanismi sono coinvolti. Comportamento altalenante si è riscontrato nella GOT che
inizialmente è aumentata nelle primipare per poi diminuire all’ultimo controllo.
Tabella 3. Valori di alcuni enzimi ematici, della produzione di latte e dell’ingestione
nelle bovine del gruppo controllo (CO) o sottoposte a cambiamento di gruppo ogni 7
giorni per 4 cicli consecutivi (C7) ed ogni 14 giorni per due cicli consecutivi (C 14).
Table 3. Values of some blood enzymes, milk yield and feed intake in cows of control
group (CO) and in cows moved every 7 days for 4 consecutive cycles (C7) and every 14
days for 2 consecutive cycles (C14).
0
Days from change of group (C14) 0
ALP
U/l CO
a43.01
C7
c55.01
C14
b50.80
GOT
U/l CO
b73.00
C7
a64.32
C14
a65.35
GGT
U/l CO
a31.70
C7
b34.56
C14
b34.58
Latte-Milk kg/d CO
a35.10
C7
b38.07
C14
b37.33
Ingestione kg/d CO
39.7
Intake
C7+C14 40.0
Giorni dal cambio gruppo (C7)
3
3
a42.77
c55.30
b49.62
b78.63
a65.18
a64.57
a31.32
b34.11
b33.81
a35.17
a36.81
a36.22
38.9
38.6
7
7
a43.57
b53.63
b50.40
b87.88
a67.80
a72.78
a33.35
a34.50
a34.55
a34.13
b36.73
ab35.70
40.1
39.0
3
10
a45.06
b55.75
b54.40
b82.65
a70.63
a72.57
a33.60
ab35.51
b36.52
a33.49
a35.00
a34.17
38.1
36.4
7
14
a46.22
b53.01
b53.22
b74.42
a64.08
a64.52
a32.00
b34.58
b35.18
a35.13
a35.30
a35.44
42.9
40.3
3
3
a46.97
b57.45
b55.93
b75.60
ab70.88
a67.25
a31.37
b35.25
b34.87
a35.22
a34.47
a35.24
41.8
40.0
7
7
a49.21
b58.76
b57.93
a73.65
a69.08
a69.03
a31.08
b34.70
b34.66
a36.13
a36.73
a35.46
42.0
41.2
3
10
a45.47
b58.50
b56.27
a72.45
a71.30
a71.55
a29.97
b33.33
b33.88
a35.26
a36.41
a35.86
39.5
39.5
7
14
a42.61
b53.79
b50.78
b76.02
ab69.07
a67.38
a30.15
b33.35
b33.87
a34.73
a34.98
a36.08
42.4
41.4
Le lettere a sinistra dei valori indicano differenze sulle colonne (P<0.05)
Letters on the left of values indicate differences on columns (P<0.05)
Nella tabella 3 vengono riportati i valori riscontrati nella 2a prova con i frequenti
spostamenti di gruppo. Anche in questo caso si riscontra, nelle bovine sottoposte a
cambi di gruppo ogni 7 (C7) ed ogni 14 giorni (C 14), una riduzione dell’ingestione di
alimenti. In questa prova si è osservata anche una diminuzione significativa della
produzione di latte che è risultata più evidente nelle primipare. I valori di GOT sono
diminuiti, dopo un aumento iniziale, nel controllo mentre nelle bovine sottoposte a
frequenti cambiamenti di gruppo sono tendenzialmente aumentati anche se non maniera
progressiva e continua. Un aumento dei valori di GOT è stato riscontrato anche da
Minton e coll. (1995) in agnelli sottoposti a stress da isolamento. E’ probabile che
queste condizioni di stress comportino, attraverso una mediazione ormonale, un
aumento della GOT di origine muscolare.
88
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
I valori di GGT non sono variati in maniera apprezzabile mentre la ALP è diminuita nei
gruppi C7 e CI4 solamente nei primi controlli dopo i primi 2 cambi di gruppo per C7 e
dopo il primo cambio di gruppo per C14. Successivamente i valori sono aumentati in
entrambi i gruppi. La riduzione di ALP, riscontrata anche da Minton e coll. (1995) in
agnelli sottoposti a stress da isolamento, può trovare spiegazione solo in parte nella
riduzione dell’ingestione di alimenti.
Nella tabella 4 vengono riportati i risultati ottenuti nella 3a prova, con la prova del
sovraffollamento. Le condizioni di sovraffollamento, anche se rilevanti (18% in meno
come posti in mangiatoia e 25% in meno nelle cuccette), hanno comportato una modesta
riduzione dell’ingestione di alimenti che si è riscontrata solo nella prima settimana. In
seguito, forse anche per l’adattamento degli animali alla nuova situazione, le differenze
fra gruppo di controllo e sovraffollato sono pressoché scomparse. Anche la produzione
si è ridotta in maniera modesta nel gruppo sovraffollato con una diversa risposta fra
primipare e pluripare: le prime hanno mostrato una minore tenuta rispetto al controllo
mentre nelle pluripare le differenze fra controllo e sovraffollato sono sempre state
limitate e talora a favore di un gruppo e talora a favore dell’altro. A livello di enzimi si è
osservato un aumento della GOT in tutti i gruppi, aumento che è risultato più evidente
negli animali del gruppo sovraffollato e le variazioni sono risultate significative solo
nelle primipare del gruppo sovraffollato. La GGT non è variata in maniera significativa
mentre la ALP è risultata mediamente più bassa nel gruppo sovraffollato. Le differenze
sono risultate significative solo per le primipare, dove peraltro i valori sono aumentati
nel controllo mentre nel gruppo sovraffollato sono rimasti pressoché costanti.
Tabella 4. Andamento di alcuni enzimi ematici, della produzione di latte e
dell’ingestione di alimenti in bovine dei gruppi controllo (C) e sovraffollato (S).
Table 4. Pattern of some blood enzymes, daily milk yield and daily feed intake in cows
of control (C) and overcrowded (S) groups.
giorni dall’inizio-days from start
ALP
U/l
GOT
U/l
GGT
U/l
Latte - Milk kg/d
Ingestione
Intake
kg/d
C
S
C
S
C
S
C
S
C
S
0
59.81a
60.38
64.81a
63.40a
b
26.29
a
24.74
323b
32.1c
40.3
40.4
3
62.07ab
61 12
64.97ab
64.86ab
26.25
25.20
30.4a
30.8ab
41.6
41.2
7
b
63,64 bt
c
59.58
67.18ab
66.56ab
26.11
25.14
31.2 ab
31.7 bc
42.0
41.8
14
b
66.07c
a
60.65
68.01b
66.97b
25.74
25.54
30.7a
30.1a
41.1
41.5
valore medio
mean value
21
65.23bc
62.52
67.90ab
67.44b
26.44
25.35
31.3ab
30.8ab
43.8
43.4
6336
6085
66.57
65.84
26.17
25 19
31.2
31.1
41.7
41.7
Le lettere a sinistra dei valori indicano differenze sulle colonne, a destra differenze sulle righe (P<0 05)
Letters on the left of values indicate differences on columns, on the right differences on rows (P<0 05)
89
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
CONCLUSIONI
Dai risultati esposti possiamo concludere che le condizioni di clima caldo comportano
una drastica riduzione della fosfatasi alcalina che risulta spiegabile solo in parte dalla
riduzione di ingestione. Le forme di stress di tipo psicogenico sembrano comportare
anch’esse una diminuzione della ALP ed un tendenziale aumento della GOT. A queste
forme di stress (cambio di gruppo, sovraffollamento) sono più sensibili le primipare
dove, accanto a queste variazioni, si riscontra anche una maggiore diminuzione della
produzione di latte. Emerge quindi l’utilità di allevare le primipare, dove le condizioni
di allevamento lo consentono, in un gruppo separato dalle pluripare, tenendo presente
che questi eventi stressanti possono essere ben più deleteri se avvengono nel periodo
peripartale.
Dai nostri risultati possiamo quindi concludere che questi parametri possono
contribuire, insieme ad altri indici, a monitorare le condizioni di benessere delle bovine,
tenendo presente che le loro variazioni sono influenzate da numerosi altri fattori.
RINGRAZIAMENTI
Ricerca realizzata con il contributo della Regione Emilia Romagna.
BIBLIOGRAFIA
Calamari L., Calegari F., Maianti M.G., Abeni F., Cappa V. (1996). Variazioni
dell’attitudine alla coagulazione del latte in bovine Frisone primipare e pluripare nel
periodo estivo. “Atti della Società Italiana delle Scienze Veterinarie”, 491-492.
Dirksen G. (1992). Control of production disease in dairy cows in a changing
agriculutral environment. Proc. VIII Int. Conf. “Production Diseases in Farm
Animals”, Berna, 271-282.
Duncan I.J.H., Fraser D. (1997). Understanding animal welfare. In: M.C. Appleby, B.O.
Hughes “Animal welfare”, ACB Int., UK.
Minton J.E., Apple J.K., Parson K.M., Blecha F. (1994). Stress-associated
concentrations of plasma cortisol cannot account for reduce lymphocyte function and
changes in serum enzymes in lambs exposed to restraint and isolation stress. “J.
Anim. Sci.” 73, 812-817.
Moberg G.P. (1985). Biological response to stress: key to assessment of animal
wellbeing? In: Moberg G.P. (ed.) “Animal stress”, American Physiological Society,
Bethesda, 27-49.
Ronchi B., Bernabucci U., Lacetera N., Nardone A. (1997). Effetti dello stress termico
sullo stato metabolico- nutrizionale di vacche Frisone in lattazione. “Zoot. Nutr.
Anim.”, 23, 3-15.
90
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
EFFETTI DELLE CONDIZIONI DI CLIMA CALDO-UMIDO SULLE
CARATTERISTICHE DI COAGULAZIONE DEL LATTE PRODOTTO
DURANTE L’ESTATE 1998 E RAPPORTI CON IL TIPO DI STABULAZIONE
NELL’ALLEVAMENTO DI VACCHE DI RAZZA FRISONA 1
Andrea Summer2 , Paolo Formaggioni2 , Flavio Tosi3 , Enrico Fossa4 , Primo Mariani5
RIASSUNTO: Sono state studiate le variazioni stagionali delle caratteristiche di
coagulazione del latte prodotto durante il 1998 presso allevamenti della pianura
parmense e destinato alla trasformazione in Parmigiano-Reggiano. L’indagine è stata
condotta su 528 campioni di latte di massa di 44 allevamenti di vacche di razza Frisona,
equamente ripartiti tra stabulazione fissa e libera, controllati mensilmente da gennaio a
dicembre. Le caratteristiche di coagulazione, rilevate mediante Formagraph, si
modificano significativamente (P<0,0001) nel corso dell’anno per effetto delle
variazioni dello stato fisiologico delle bovine e delle condizioni alimentari e climatiche.
In agosto si registrano i valori medi mensili più elevati, rispetto alla media annua, sia
per il tempo di coagulazione del latte (21,2 vs 18,8 min), che per il tempo di
rassodamento del coagulo (21,8 vs 15,8 min); conseguentemente il latte prodotto in
agosto fornisce i coaguli dotati di minore consistenza (as30 = 10,2 vs 17,2 mm; a1/2r =
10,7 vs 14,2 mm). Nello stesso mese si osservano i valori più bassi di caseina (2,34 vs
2,42 %) e di acidità titolabile (3,18 vs 3,28 °SH/50 ml), parametro quest’ultimo che
risulta influenzato significativamente anche dal tipo di stabulazione (3,11 fissa vs 3,25
libera; °SH/50 ml; P<0,01). Il latte prodotto negli allevamenti a stabulazione libera
presenta, anche durante il periodo estivo, migliori caratteristiche di coagulazione
rispetto a quello degli allevamenti a stabulazione fissa.
PAROLE CHIAVE: Vacche Frisone, produzione latte, clima caldo umido, tipo di
stabulazione, coagulazione presamica, tempo rassodamento coagulo, consistenza
coagulo.
___________________________
1
Lavoro eseguito nell’ambito del programma di sperimentazione della regione Emilia -Romagna,
con il coordinamento tecnico-organizzativo del Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) di
Reggio Emilia.
2
Borsista CRPA, Istituto di Zootecnica, Alimentazione e Nutrizione, Università degli Studi, Via
del Taglio 8, 43100 Parma.
3
Tecnologo caseario, Centro Lattiera Caseario, via Torelli 17, 43100 Parma. Direttore, Ibidem.
5
Professore Associato, Istituto di Zootecnica, Alimentazione e Nutrizione, Parma.
91
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
EFFECTS OF THE HOT-MOIST CLIMATE ON RENNET-COAGULATION
PROPERTIES OF MILK PRODUCED DURING SUMMER MONTHS OF 1998 AND
RELATIONSHIPS WITH THE HOUSING SYSTEMS IN THE REARING OF
ITALIAN FRIESIAN COWS
SUMMARY: Seasonal variations of rennet-coagulation properties of milk produced
during the year 1998 in Parma province plain dairy herds and destined for ParmigianoReggiano cheese production were studied. The research was carried out on 528 bulk
milk samples from Italian Friesian cows reared in 44 dairy herds, equally distributed
between tie-stall and free-stall, monthly collected from January to December. Rennetcoagulation properties, analysed by Formagraph, vary significantly (PO.0001) during
the year because of the changes of the physiological state of the cows and of the
nutritional and climatic conditions. Average monthly values, compared with the average
value of the year, result highest in August, both for clotting time (21.2 vs 18.8 min) both
for curd firming time (21.8 vs 15.8 min); therefore milk produced in August gives the
worst values of curd firmness (as30 = 10.2 vs 17.2 mm; a1/2r = 10.7 vs 14.2 mm). In the
same month, casein (2.34 vs 2.42 %) and titratable acidity (3.18 vs 3.28 °SH/50 ml)
result lowest; this last parameter is also significantly affected by the housing system
(3.11 for tie-stall vs 3.25 for free-stall; °SH/50 ml; P<0.01). Milk produced in free-stall
herds reveals, also during Summer months, better rennet-coagulation properties
compared with that produced in tie-stall herds.
KEY WORDS: Friesian dairy cows, milk yield, hot-moist climate, housing systems,
milk rennet-coagulation, curd firming time, curd firmness.
PREMESSA
Le condizioni climatiche influiscono sullo stato di benessere della vacca da latte,
condizionandone in misura più o meno significativa le prestazioni produttive, non
soltanto sotto il profilo quantitativo ma anche qualitativo (1-4). L’eccezionale sforzo
metabolico, caratteristico di tale produzione, proporzionale all’entità della stessa,
comporta la necessità di una notevole dispersione di calore nell’ambiente, funzionale al
mantenimento della temperatura corporea (5-7).
Temperature ambientali elevate, specie se abbinate ad eccessiva umidità, determinano
sensibili modificazioni a livello dei principali parametri fisiologici dell’animale e
importanti variazioni a carico del metabolismo energetico, proteico e minerale (8-12). Si
riduce il rendimento produttivo dell’energia netta, diminuisce l’ingestione di sostanza
secca, aumenta il consumo di acqua, peggiora sensibilmente l’efficienza nella
utilizzazione dei nutrienti, insorgono fatti dismetabolici conseguenti alla
iperventilazione polmonare, etc., tutte condizioni che si ripercuotono negativamente
sulle capacità produttive della vacca da latte (13-16).
Le cond izioni climatiche, in combinazione con fattori di ordine fisiologico ed
alimentare, concorrono in misura importante alla definizione di significative variazioni
stagionali dei costituenti organici ed inorganici del latte (17-19), che si riflettono sul suo
comportamento tecnologico in diversi processi di trasformazione (20-23) ed acquistano
un significato del tutto particolare nei riguardi delle produzioni casearie, specie se
92
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
contraddistinte da peculiari requisiti qualitativi (24). Sotto questo profilo, anche nelle
zone a clima temperato, in condizioni di caldo- umido, come si verifica durante l’estate
nei territori della Pianura Padana, si possono registrare effetti talvolta significativi a
carico delle caratteristiche tecnologico-casearie del latte (25), specie con riferimento
alla sua reattività nei confronti del caglio (26-33), con importanti ripercussioni sulla
qualità di numerose varietà di formaggio, in particolare di quelle a pasta dura (25). Lo
scopo di questo lavoro è stato quello di studiare le variazioni delle principali
caratteristiche di coagulazione del latte in rapporto alle condizioni ambientali
sfavorevoli di clima caldo-umido che nella zona di produzione del ParmigianoReggiano hanno contraddistinto i mesi estivi nel corso del 1998.
MATERIALI E METODI
La ricerca è stata condotta su 528 campioni di latte di massa di singoli allevamenti di
vacche di razza Frisona. Il latte di ciascun allevamento è stato prelevato con cadenza
mensile da gennaio a dicembre 1998. Nella figura 1 sono raccolti i valori mensili
riguardanti la temperatura massima e la tensione del vapore acqueo registrati nel corso
dell’anno, posti a confronto con quelli degli anni 1968÷97; i valori “indice temperatura
umidità” (TH1) sono stati ricavati secondo Kelly e Bond (34).
Sono state prese in esame 44 aziende, conferenti di 5 caseifici produttori di ParmigianoReggiano, dislocate sul territorio di 4 diversi comuni della media e bassa pianura in
provincia di Parma. L’indagine ha interessato 22 allevamenti a stabulazione fissa (7 di
tipo tradizionale e 15 moderna) ed altrettanti allevamenti a stabulazione libera (11 tipo
lettiera permanente ella cuccette). I primi, di consistenza variabile tra 20 e 80 vacche
(34,2 ± 13,7), costituiscono un patrimonio di 752 capi in produzione; mentre gli
allevamenti a stabulazione libera, di consistenza variabile tra 70 e 220 unità (117,2 ±
39,8), rappresentano 2578 vacche, pressoché equamente ripartite tra “lettiera
permanente” e “cuccette”.
Sui campioni di latte di massa, rappresentativi della produzione della mungitura del
mattino di ciascun allevamento, sono state effettuate le seguenti determinazioni: acidità,
per titolazione di 50 mi di latte con idrossido di sodio 0,25N (35); parametri
93
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
lattodinamografici, secondo Annibaldi e coll. (36), con Formagraph; r = tempo di
coagulazione; k2o = tempo di rassodamento del coagulo; a3 o=consistenza del coagulo
misurata a 30 min dall’aggiunta del caglio; sul tracciato lattodinamografìco è stata
misurata anche la consistenza (a) del coagulo aggiustata per il tempo di coagulazione
(l/2r) (37); grasso e proteina, mediante letture nel medio infrarosso (38), con MilkoScan 134 A/B; caseina ricavata dalla proteina grezza x 0,77; cellule somatiche,
mediante conteggio fluoro-opto-elettronico (39) con apparecchio Fossomatic 250. La
significatività statistica delle differenze tra i valori medi mensili delle caratteristiche è
stata saggiata mediante analisi della varianza con verifica (test di Bartlett) della
omogeneità delle varianze.
RISULTATI E DISCUSSIONE
I risultati sono riportati nelle tabelle 1 e 2 e in parte illustrati nelle figure 1-4. Nel corso
del 1998 le condizioni climatiche dei mesi estivi sono tali da risultare particolarmente
sfavorevoli per l’allevamento della vacca da latte (9) a paragone di quelle medie del
trentennio 1968-’97 (Fig. l). Nei mesi di giugno, luglio e agosto le temperature massime
risultano in media più elevate di almeno 2°C. Gli scarti maggiori si registrano in
corrispondenza della terza decade di giugno (32,8 vs 29,0 °C) e di luglio (34,7 vs 31,3
°C) e le prime due decadi di agosto (33,5 vs 31,2 °C; 33,9 vs 30,3 °C).
Tabella 1. Valori medi mensili delle caratteristiche di coagulazione del latte durante
l’anno 1998 (44 allevamenti; 12 prelievi per allevamento; 528 latti di stalla). Table I.
Monthly mean values of rennet- coagulation properties of the milk during 1998 (44
herds; 12 samplings per herd; 528 herd milk samples).
MesiMonths
(1)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
P
min
17,5 18,7 17,3 17,5 17,8 18,4 20,7 21,2 19,1 19,0 18,9 19,5 ****
k20(2) min
10,9 13,2 13,2 16,0 14,0 20,9 18,2 21,8 18,4 13,0 12,8 16,7 ****
a30(3) mm
a,/2r(4) mm
22,7 19,1 20,2 18,4 19,4 13,8 13,4 10,2 15,1 19,0 19,0 16,0 ****
r
16,9 15,9 14,7 14,0 14,5 11,7 12,5 10,7 13,3 16,2 16,1 14,1 ****
A.T(5) °SH/50 3,33 3,34 3,27 3,28 3,26 3,30 3,25 3,18 3,29 3,24 3,27 3,34 ****
C.S.(6) 103 /ml 279
(7)
Cas.
%
Gra(8) %
301
305
297
363 340 395 406 405 371 322
269
**
2,47 2,44 2,40 2,40 2,38 2,35 2,36 2,34 2,41 2,49 2,52 2,51 ****
3,61 3,56 3,48 3,45 3,45 3,36 3,38 3,37 3,39 3,60 3,67 3,65 ****
(l)
Note - Notes: Tempo coagulazione - Clotting time,(2) T. rassodamento - Curd firming
time, (3) Consistenza coagulo - Curd firmness; (4)Cons. coagulo - Curd firmness;
(5)
Acidità titolabile - Titratable acidity; (6)Cellule somatiche - Somatic cells; (7)Caseina Casein;(8) Grasso - Fat. ** P<0,01; **** P<0,0001
94
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Lo stesso si verifica per quanto riguarda la tensione del vapore acqueo, che raggiunge i
valori e gli scarti massimi durante la terza decade di luglio (16,9 vs 14,8 mm Hg) e la
seconda di agosto (16,8 vs 14,8 mm Hg). In corrispondenza di queste fasi stagionali si
registrano valori di THI pari a 85, particolarmente sfavorevoli per lo stato metaboliconutrizionale della vacca da latte (4), superiori di ben 4 unità a quelli di confronto e
nettamente più elevati rispetto ai valori che configurano lo stato di benessere
dell’animale (max. 70÷72); lo scarto massimo corrisponde alla terza decade di giugno
(83 vs 78 THI).
a) Caratteristiche di coagulazione del latte prodotto durante i mesi caldi. - Nel corso
dell’anno tutti i parametri lattodinamografici si modificano in maniera statisticamente
significativa (Tab.l). Le variazioni più importanti si osservano in corrispondenza dei
mesi caldo-umidi, soprattutto a carico del tempo di rassodamento e della consistenza del
coagulo, caratteristiche tra loro strettamente correlate in maniera negativa (40). Nei
mesi di luglio e di agosto il tempo di coagulazione aumenta in misura sensibile,
raggiungendo valori di 20,7 e di 21,2 min, più elevati rispettivamente del 9,9% e del
12,9% nei confronti di quello medio annuo, pari a 18,8 min (Fig.2). Tale variazione
trova una spiegazione nella diminuzione dell’acidità titolabile, diminuzione che in
corrispondenza del mese di agosto risulta piuttosto marcata (Tab. 1).
Figura 2. Valori medi mensili delle caratteristiche di coagulazione del latte durante
l’anno 1998 (44 allevamenti; 12 prelievi per allevamento; 528 latti di stalla).
Figure 2. Monthly mean values of rennet- coagulation properties of the milk during
1998 (44 herds; 12 samplings per herd; 528 herd milk samples). See notes table 1.
Il latte prodotto in agosto fa registrare un tempo di rassodamento particolarmente lungo
(21,8 min), precisamente del 38,5 % superiore rispetto a quello medio annuo (15,8 min),
a significare una scarsa capacità di aggregazione delle micelle di para-caseina e, quindi,
una lenta formazione del coagulo. Il fenomeno appare in gran parte legato alla ridotta
acidità del latte (Tab. l), nonché ad una minore disponibilità di calcio sotto forma ionica
e di para-k-caseina, fattori che incidono significativamente sulla velocità di formazione
del reticolo caseinico (41). Si tratta di condizioni anomale, molto probabilmente
rapportabili a modificazioni dello stato metabolico- nutrizionale delle bovine (42, 43),
95
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
conseguenti all’influenza del clima particolarmente sfavorevole (4, 25) che caratterizza
questo periodo stagionale. L’anomalia a carico del tempo di rassodamento del coagulo,
che si evidenzia già a partire dal mese di giugno (Fig. 2), tende a caratterizzare anche il
mese di luglio e a perdurare in settembre.
Rilevanti sono i riflessi sulla consistenza del coagulo misurata a 30 min dall’aggiunta
del caglio, nonostante le variazioni relativamente modeste del contenuto in caseina del
latte (Tab. l). Il latte prodotto in agosto fornisce un coagulo fortemente anomalo, dotato
di scarsa consistenza (10,2 mm), del 40,7 % inferiore rispetto alla media annua (17,2
mm).
Anche i latti di giugno, luglio e in parte quello di settembre forniscono coaguli
parimenti deboli (Fig. 2). L’effetto negativo trova conferma nell’andamento della
consistenza del coagulo (a) aggiustata per il tempo di coagulazione (1/2 r), i cui valori,
in agosto, risultano piuttosto bassi (10,7 mm), del 24,7 % inferiori rispetto alla media
annua (14,2 mm); una situazione analoga si registra anche nei mesi di giugno e di
luglio.
Tabella 2. Caratteristiche di coagulazio ne del latte prodotto in 22 stalle a stabulazione
fissa - F e in 22 stalle a stabulazione libera - L. 12 prelievi per allevamento.
Table 2. Rennet-coagulation properties of the milk produced in 22 tie-stall barns - F
and in 22 free-stall barns - L. 12 samplings per herd.
Mesi
Months
1
r(1) F
17,5 19,1 17,6
17,8 17,8 18,2 20,9 21,4 19,6 18,8 19,4 20,0 19,0
min L 17,5 18,3 17,0
17,2 17,7 18,7 20,4 21,0 18,6 19,1 18,3 19,0 18,6
F
11,6 14,5 14,8
16,7 14,2 21,0 19,3 21,5 21,1 14,1 14,1 16,2 16,6
min L 10,3 11,9 11,7
15,3 13,8 20,8 17,1 22,2 15,8 12,0 11,5 17,2 15,0
k20
(2)
(3)
a30 F
a½r
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
X
21,8 17,8 18,4
17,3 19,1 13,9 12,5 10,0 12,8 17,9 17,1 15,2 16,2
mm L 23,6 20,3 22,0
19,5 19,7 13,7 14,3 10,3 17,4 20,0 20,9 16,8 18,2
F
16,3 15,4 13,7
13,5 14,3 11,5 11,7 10,8 12,1 15,2 15,5 14,1 13,7
mm L 17,6 16,5 15,8
14,4 14,6 12,0 13,3 10,6 14,5 17,3 16,8 14,1 14,8
(4)
A.T.
2
(5)
F
3,26 3,26 3,21
°SH/5 L 0 3,40 3,41 3,34
C.S. (6) F
3,21 3,20 3,23 3,18 3,11 3,22 3,16 3,20 3,25 3,21
3,35 3,31 3,38 3,31 3,25 3,35 3,32 3,34 3,42 3,35
322
340 372
325 442
372
456
466
497
476
395
295
396
10 /ml L 237
262 238
268 283
308
334
346
313
267
250
243
279
3
Cas.
(7)
(8)
Gra
F
F
2,43 2,40 2,36
2,36 2,36 2,32 2,35 2,32 2,39 2,45 2,48 2,47 2,39
%L 2,50 2,48 2,44
2,45 2,40 2,38 2,37 2,36 2,44 2,52 2,56 2,56 2,45
3,69 3,63 3,55
3,53 3,52 3,43 3,47 3,43 3,46 3,67 3,74 3,67 3,57
%L 3,53 3,48 3,40
3,38 3,38 3,30 3,28 3,32 3,32 3,52 3,60 3,63 3,43
Note - Notes: Vedi note tabella 1 - See notes of table 1.
Le variazioni stagionali delle caratteristiche di coagulazione del latte, specie con
96
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
riferimento al periodo estivo, risultano in accordo con quanto osservato in altre ricerche
(26, 28-30, 44, 45). Gli effetti negativi più marcati delle condizioni di caldo-umido del
1998 si possono confrontare con gli analoghi andamenti riportati da Mariani e coll..
(33), specie con riferimento al tempo di coagulazione del latte.
b) Confronto tra stabulazione fìssa e libera. - II latte prodotto negli allevamenti a
stabulazione libera (L), leggermente più provvisto di caseina e dotato di un maggior
grado di acidità titolabile, presenta migliori caratteristiche di coagulazione presamica
rispetto a quello degli allevamenti a stabulazione fissa (F) (Tab. 2).
Il fenomeno si osserva anche durante i mesi estivi, ma soltanto parzialmente in agosto;
in giugno non si notano differenze degne di rilievo. Nei mesi di luglio, agosto e
settembre il latte delle vacche allevate in stabulazione libera tende ad essere più reattivo
con il caglio (20,6 F vs 20,0 L; min) ma in maniera statisticamente non significativa
(Fig. 3). Anche il tempo di rassodamento del coagulo risulta mediamente più favorevole
al latte della stabulazione libera (20,6 F vs 18,3 L; min; P<0,05), così come si verifica
per la consistenza del coagulo misurata a 30 min dall’aggiunta del caglio (11,8 F vs 14,0
L; mm; P<0,05).
Figura 3. Caratteristiche di coagulazione del latte prodotto in 22 stalle a stabulazione
fissa - F e in 22 stalle a stabulazione libera - L. 12 prelievi per allevamento.
Figure 3. Rennet-coagulation properties of the milk produced in 22 tie-stall barns - F
and in 22 free-stall barns - L. 12 samplings per herd. See notes table 1.
Queste specifiche differenze, peraltro di pari entità rispetto a quelle che si osservano
anche nel corso dell’inverno (Fig. 3), appaiono con ogni probabilità in buona misura
rapportabili alle condizioni climatiche relativamente migliori che durante il periodo
estivo si stabiliscono nella stabulazione libera, condizioni più favorevoli per la vacca in
piena produzione lattea rispetto a quelle della stabulazione fissa. Sotto questo profilo, i
dati raccolti prospettano alcune differenze anche tra allevamento tipo “lettiera
permanente” (Llp) e a “cuccette” (Lc), proprio in corrispondenza dei mesi caldi,
differenze in base alle quali le vacche allevate nelle cuccette sembrano in grado di
tollerare in misura maggiore le sfavorevoli condizioni ambientali di caldo- umido
97
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
rispetto a quelle mantenute su lettiera permanente (Fig.4).
Figura 4. Caratteristiche del latte di 11 stalle a stabulazione libera su lettiera permanente
Llp ella cuccette - Lc. 12 prelievi per allevamento. Vedi note tabella 1.
Figure 4. Rennet-coagulation properties of the milk produced in different typology of
free-stall barns: permanent Utter - Lip (n=l 1 herds) and cubicles - Lc (n=ll herds). 12
samplings per herd. See notes of table 1.
Nel caso della lettiera permanente, infatti, nei mesi di luglio e agosto si registra un calo
netto dell’acidità titolabile (3,25 Llp vs 3,32 Lc; °SH/50 ml) con riflessi negativi sul
tempo di coagulazione del latte (21,9 Llp vs 19,5 Lc; min), sul tempo di rassodamento
del coagulo (21,2 Llp vs 18,0 Lc; min) e sulla consistenza del coagulo (10,1 Llp vs 14,6
Lc; mm), più marcati rispetto a quelli che si osservano per la stabulazione libera a
cuccette. Dal confronto non sono invece emerse differenze stagionali degne di rilievo
tra stabulazione fissa tradizionale e moderna.
CONCLUSIONI
Dall’analisi dei risultati della ricerca si può trarre l’indicazione che le sfavorevoli
condizioni climatiche di temperatura e di umidità, che solitamente contraddistinguono il
periodo estivo nelle zone di pianura di produzione del Parmigiano-Reggiano ed in
particolare quelle specifiche persistenti del 1998, appaiono in grado di influenzare il
comportamento fisiologico della vacca in lattazione fino ad alterarne lo stato
nutrizionale e metabolico in misura tale da ripercuotersi significativamente sulla
reattività del latte nei confronti del caglio e quindi sulla sua attitudine casearia
complessiva.
Le condizioni di caldo- umido dell’estate 1998 rallentano in misura significativa anche
la velocità della fase primaria della coagulazione, di natura prettamente enzimatica,
oltre che, in particolar modo, la velocità di aggregazione delle micelle di para-caseina,
fenomeno di natura fisico-chimica che caratterizza l’avvio della vera e propria
coagulazione del latte. L’andamento decisamente anomalo di quest’ultima caratteristica
98
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
chiama in causa, in aggiunta alla diminuzione dell’acidità titolabile, anche l’intervento
di possibili alterazioni a livello degli equilibri salini del latte. Il latte prodotto in agosto
da origine a coaguli di ridottissima consistenza, molto probabilmente caratterizzati da
una scarsa capacità di spurgo, destinati a dare masse caseose poco e non uniformemente
disidratate, facilmente soggette a fermentazioni anomale.
Le vacche tenute in stabulazione libera, probabilmente in rapporto ad una situazione
ambientale relativamente più favorevole, producono un latte che, anche in condizioni di
clima caldo-umido, manifesta caratteristiche di coagulazione leggermente migliori
rispetto a quelle del latte delle vacche legate alla mangiatoia. Nel corso dell’estate 1998
le vacche allevate su lettiera permanente tendono a risentire maggiormente gli effetti
negativi delle sfavorevoli condizioni climatiche rispetto a quelle delle stalle a cuccette.
BIBLIOGRAFIA
1) Bianca W. (1965). Cattle in a hot environment. “J. Dairy Res.”, 32, 291-345.
2) Pan Y.S., McLean D.M., Graham E.R.B., Ellis N.J.S. (1978). Effect of heat stress
on the protein composition and manufacturing properties of milk from two diverse
breeds of dairy cattle. 20th Int. Dairy Congr., IE, 28-29.
3) Johnson H.D. (1987). Bioclimate effects on growth, reproduction and milk
production. In: H.D. Johnson (ed.) “Bioclimatology and the adaptation of
livestock”, 35-57.
4) Calamari L., Abeni F. (1995). Influenza dello stress termico sui parametri
riproduttivi e produttivi della bovina da latte. In: C.E.R.A.S., A.A.S.V.T. e
C.R.P.A. (ed.ri) “Vacca da latte e stress da caldo”, 4-65.
5) Thompson G.E. (1973). Climatic physiology of cattle. “J. Dairy Res.”, 40, 441-473.
6) Fuquay J.W. (1981). Heat stress as it affects animal production. “J. Anim. Sci.”, 52,
164-174.
7) Shafie M.M. (1991). Endocrinological and neurological systems in body
thermoregulation. Proc. Inter. Symp. “Animal Husbandry in Warm climates”,
EAAP, Publ. no. 55, 1-14.
8) Schneider P.L., Beede O.K., Wilcox C.J. (1988). Nycterohemeral patterns of acidbase status, mineral concentrations and digestive function of lactating cows in
natural or chamber heat stress environments. “J. Anim. Sci.”, 66, 112-125.
9) Cappa V., Vazhapilly P., Maianti M.G., Lombardelli R., Frazzi E. (1989). Effetti
delle variazioni ambientali (microclima) sulle performances di vacche da latte. “Sci.
Tecn. Latt.-cas.”, 40, 98-115.
10) Vazhapilly P., Frazzi E, Lombardelli R., Maianti M.G., Cappa V. (1990) -Influenza
del microclima sulla risposta fisiologico- metabolica delle bovine e sulla qualità del
latte. “Ann. Fac. Agr., Univ. Piacenza”, 30, 77-83.
11) Webster A.J.F. (1991). Metabolic responses of farm animals to high temperature.
Proc. Inter. Symp. “Animal Husbandry in Warm climates”, EAAP, Publ. no. 55,
15-22.
12) Ronchi B., Bernabucci U., Lacetera N., Nardone A. (1997). Effetti dello stress
termico sullo stato metabolico- nutrizionale di vacche Frisone in lattazione. “Zoot.
Nutr.Anim.”, 23, 3-15.
99
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
13) Collier R.J., Beede O.K., Thatcher W.W., Israel L.A., Wilcox C.J. (1982) Influences of environment and its modification on dairy animal health and
production. “J. Dairy Sci.”, 65, 2213-2227.
14) Nardone A., Lacetera N.G., Ronchi B., Bernabucci U. (1992). Effetti dello stress
termico sulla produzione di latte e sui consumi alimentari di vacche Frisone. “Prod.
Anim.”, 5 (III serie), 1-15.
15) Sanchez W.K., Me Guire M.A., Beede D.K. (1994). Macromineral nutrition by heat
stress interactions in dairy cattle: review and original research. “J. Dairy Sci.”,
77,2051-2079.
16) Ronchi B. (1998). Nutrition and feeding of dairy cattle during hot weather. “Zoot.
Nutr.Anim.”, 24, 283-293.
17) Mahieu H. (1985). Facteurs de variation de la composition du lait. In: M. Luquet
(Coord.) “Laits et produits laitiers”, vol. 1, 119-183.
18) Vermeulen G.T.J. (1987). Heat stress and its effect on milk production, milk quality
and reproduction. In “Nat. Dairy Cattle Performance and Progeny Testing
Scheme”. “Ann. Report, South Africa”, 7, 79-101.
19) Mariani P., Zanzucchi G., Blanco P., Masoni M. (1993). Variazioni stagionali del
contenuto in fosforo del latte di massa di singoli allevamenti. “L’industria del
Latte”, 29(1), 39-53.
20) Bruhn J.C., Franke A.A. (1977). Monthly variations in gross composition of
California herd milks. “J. Dairy Sci.”, 60, 696-700.
21) Phelan J.A., O’Keeffe A.M., Keogh M.K., Kelly P.M. (1982). Studies of milk
composition and its relationship to some processing criteria. I. Seasonal changes in
the composition of Irish milk. “Ir. J. Fd Sci. Technol.”, 6, 1-11.
22) Sommerfeldt J.L., Baer R.J. (1986). Variability of milk components in 1705 herds.
“J. Food Protection”, 49, 729-733.
23) Coulon J.B. (1994). Effets du stade physiologique et de la saison sur la composition
chimique du lait de vache et ses caractéristiques technologiques. “Rec. Méd. Vét.”,
170, 367-374.
24) Resmini P., Volonterio G., Prati F., Pazzaglia C., Motti G. (1982). Caratteristiche
del latte e fenomeni rilevati in caldaia nella lavorazione a formaggio Grana Padano.
“Sci. Tecn. Latt.-cas.”, 33, 229-264.
25) Calamari L., Mariani P. (1998). Effects of the hot environment conditions on the
main milk cheesemaking properties. “Zoot. Nutr. Anim.”, 24, 259-271.
26) Fossa E., Pecorari M., Mariani P. (1984). Variazioni stagionali dell’acidità e delle
caratteristiche di coagulazione del latte. “L’Industria del Latte”, 20 (1), 87-97.
27) Mariani P., Zanzucchi G., Pecorari M., Fossa E. (1991). Variazioni dell’acidità e
del tempo di coagulazione del latte in rapporto all’allevamento ed alla stagione di
produzione. “Ann. Fac. Med. Vet., Univ. Parma”, 9, 277-289.
100
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
28) Mariani P., Zanzucchi G., Pozzatti A., Summer A., Fossa E., Pecorari M. (1994).
Variazioni mensili dell’acidità e delle caratteristiche di coagulazione del latte nel
corso di un triennio. “Ann. Fac. Med. Vet., Univ. Parma”, 14, 133-148.
29) Calamari L., Calegari F., Maianti M.G., Abeni F., Cappa V. (1996). Variazioni
dell’attitudine alla coagulazione del latte in bovine Frisone primipare e pluripare
nel periodo estivo. Atti Soc. Ital. Sci. Vet., 50, 491-492.
30) Chiavari C., Castagneti! G.B., Ferri G., Gambini G. (1996). Composizione ed
attitudine casearia del latte di caldaia in zona Parmigiano-Reggiano: fattori di
variazione e riflessi sulla tecnologia. Atti Soc. Ital. Buiatria, 28, 371-388.
31) Fossa E., Sandri S., Mariani M.S., Summer A., Mariani P. (1996). II
comportamento tecnologico-caseario del latte prodotto durante il periodo estivo:
osservazioni su latti individuali di vacche di razza Frisona. “Ann. Fac. Med. Vet.,
Univ. Parma”, 16, 103-112.
32) Mariani P., Summer A., Martuzzi F., Catalano A.L. (1998). Seasonal variations of
milk rennetability: summertime worsening of curd firming rate of Friesian herd
milks yielded in the Po Valley plain. Proc. Inter. Symp.”Livestock production and
climatic uncertainty in the Mediterranean”, Agadir (Marocco) 22-24 October EAAP, pubi, no 94 (in press).
33) Mariani P., Summer A., Formaggioni P., Beltrami A., Sandri S. (1998). Andamento
mensile delle principali caratteristiche di coagulazione del latte di singoli
allevamenti di vacche di razza Frisona con particolare riguardo alla velocità di
formazione del coagulo. “Ann. Fac. Med. Vet., Univ. Parma”, 18, 75-93.
34) Kelly C.F., Bond T.E. (1971). “Bioclimatic factors and their measurement. A guide
to environmental research on animals”. National Academy of Sciences,
Washington, U.S.A.
35) Anon. (1963). Determinazione del grado di acidità del latte secondo SoxhletHenkel. “Milchwissenschaft”, 18, 520.
36) Annibaldi S., Ferri G., Mora R. (1977). Nuovi orientamenti nella valutazione
tecnica del latte: tipizzazione lattodinamografica. “Sci. Tecn. Latt.-cas.”, 28, 115126.
37) Mariani P., Meazza M., Resmini P., Pagani M.A., Pecorari M., Fossa E. (1986).
Osservazioni su tipi di beta-caseina e caratteristiche di coagulazione del latte.
“L’industria del Latte”, 22(1), 35-58.
38) Biggs D.A. (1978). Instrumental infrared estimation of fat, protein and lactose in
milk: collaborative study. “ J. Assoc. Off. Anal. Chem.”, 61, 1015-1034.
39) Schmidt Madsen P. (1975). Fluoro-opto-electronic cell-counting on milk. “J. Dairy
Res.”, 42, 227-239.
40) Mariani P., Zanzucchi G., Summer A., Fossa E., Pecorari M. (1997). Rapporti tra
contenuto di caseina e consistenza del coagulo in latti individuali di vacche di razza
Bruna. Atti Soc. Ital. Sci. Vet., 51, 407-408.
41) Mariani P. (1989). Attitudine del latte alla coagulazione presamica: ruolo
dell’acidità nella produzione di formaggi a lunga maturazione. “Obiettivi e
Documenti Veterinari”, 10(2), 13-22.
101
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
42) Famigli Bergamini P. (1987). Rapporti tra patologia (non mammaria) ed aspetti
quali-quantitativi del latte nella bovina. Atti Soc. Ital. Buiatria, 19, 89-99.
43) Bertoni G. (1996). Ambiente, alimentazione e qualità del latte. “L’Informatore
Agrario”, 52 (21) (suppl.), 5-41.
44) Ohashi T., Haga S., Yamauchi K., Katayama H., Olson N.F. (1982). Seasonal
variations in physical properties of milk rennet curd. “Jpn. J. Zootech. Sci.”, 53,
445-447.
45) Coulon J.B., Roybin D., Congy E., Garret A. (1988). Composition chimique et
temps de coagulation du lait de vache : facteurs de variations dans les exploitations
du pays de Thónes. “INRA Prod. Anim.”, 1, 253-263.
102
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
OSSERVAZIONI RIGUARDANTI IL BENESSERE E LE PRODUZIONI
DI VACCHE DA LATTE GIROLANDO E FEMMINE F1 CHIANINA X
GIROLANDO ALLEVATE NEL NORD EST DEL BRASILE
Andrea Martini1 , Clara Sargentini2 , Davide Rondina3 , Stefano Biffani4 , Riccardo Bozzi5
Diriye Nur Ali6 , Alessandro Giorgetti7
RIASSUNTO: Scopo della ricerca è stato que llo di confrontare i parametri fisiologici di
vacche Girolando (GO) pure con vacche meticce Chianina (CN) x GO nell’ora più
fredda ed in quella più calda della giornata, al fine di saggiare l’influenza del sangue CN
sulla adattabilità degli animali ai climi caldi. Il Coefficiente di Benezra, dove sia la
temperatura rettale che la frequenza respiratoria appaiono nel calcolo, è risultato
inferiore nelle meticce, il che farebbe pensare ad una maggiore capacità di resistenza al
caldo dovuta alla frazione di sangue CN. Le produzioni di latte mediamente sono
risultate più basse (8 kg) di quelle della media nazionale di razza: 11,8 kg (3.600 kg. in
305 giorni, al 4% di grasso). Sempre la produzione di latte è apparsa influenzata, come
del resto atteso, sia dai parametri climatici che da quelli fisiologici.
PAROLE CHIAVE: benessere animale, clima tropicale, Girolando, Chianina
OBSERVATIONS ON WELFARE AND PRODUCTION OF GIROLANDO DAIRY
CATTLE AND Fl CHIANINA X GIROLANDO FEMALE REARED IN THE NORTH
EAST OF BRAZIL
SUMMARY: Physiological parameters of Girolando (GO) dairy cattle and Chianina
(CN) x GO crossbred cattle during the chilliest and the warmest hours of the day have
been recorded at the aim to test the influence of CN blood on animal’s adaptability to
hot climate. Benezra coefficient resulted lower in the crossbred cattle, probably due to
an higher hot resistance of CN crosses. Average milk production (8 kg/d) was generally
lower than those reported for the breed (11.8 kg/d; 3,600 kg in 305 days; 4% fat). As
expected, milk production seems to be influenced both from physiological and climatic
parameters.
KEYWORDS: animal welfare, tropical climate, Girolando, Chianina.
___________________________
1
Professore associato. Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università di Firenze.
Ricercatore confermato. Ibidem.
3
Assegnista di ricerca. Ibidem
4
.Dottorando di Ricerca. Ibidem.
5
Ricercatore. Ibidem.
6
Laureato collaboratore di ricerca. Ibidem.
7
Professore ordinario. Ibidem.
2
103
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
PREMESSA
In molti paesi tropicali la produzione di latte viene attuata anche in regioni scarsamente
vocate. D’altra parte un’elevata specializzazione produttiva contrasta con la resistenza
agli stressori climatici; animali di alto valore genetico, in ambiente tropicale, raramente
raggiungono il 50% del livello produttivo ottenibile dagli stessi in ambiente temperato o
freddo. Nell’azione di miglioramento genetico è però in primo luogo necessario
correlare le potenzialità produttive con la capacità di adattamento alle condizioni
climatiche che, nella pratica, si traduce nell’utilizzazione di meticci di prima o seconda
generazione o di popolazioni meticce stabilizzate tra genotipi migliorati e genotipi
rustici (Williamson e Payne, 1978; Yousef 1985).
Tra queste, nel nord del Brasile, viene impiegata la Girolando (GO) ottenuta da Gir e
Pezzata Nera con diverse frazioni di sangue. Il sangue zebuino Gir assicura rusticità e
resistenza al clima caldo, il sangue taurino garantisce buone produzioni di latte per le
difficili condizioni tropicali. Anche se le produzioni sono molto basse per le medie
europee (11,8 kg/d), oggi l’80% del latte prodotto in Brasile proviene da vacche GO. Il
GO si è adattato facilmente al clima del Brasile, dove è stato creato, grazie alle proprie
caratteristiche fisiologiche e morfologiche (Associazione Brasiliana di Allevatori di
Girolando, 1999). Gli allevatori brasiliani definiscono il GO come produttore di latte per
funzionalità e produttore di carne per adattabilità. Le femmine di GO possiedono
caratteristiche fisiologiche e morfologiche buone per la produzione nei tropici (capacità
e funzionalità delle mammelle, grandezza dei capezzoli, fattori intrinseci nella
lattazione, pigmentazione del mantello, capacità di termoregolazione, appiombi e piedi
forti, buona conversione alimentare, efficienza riproduttiva, ecc.). I maschi, per loro
adattabilità (capacità di sfruttamento di pascoli grossolani, resistenza a malattie e
parassiti), raggiungono performance comparabili a quelle di altri incroci tra razze
taurine e razze zebuine o rustiche, a parità di condizioni di allevamento; queste, pur se
soddisfacenti per l’ambiente difficile, sono comunque caratteristiche di bovini con
scarsa attitudine alla produzione della carne data l’origine delle due razze impiegate,
entrambe da latte. Le vacche GO spesso vengono inseminate con seme di razze da carne
al fine di migliorare ancora la produzione di carne. Fra le razze utilizzate per l’incrocio
c’è la Chianina (CN), caratterizzata da notevole rusticità e capacità di adattamento a
condizioni climatiche difficili. Questa non è nuova della America Latina, ed ha
dimostrato, in zone climatiche subtropicali di varie parti del Brasile, di poter essere
tranquillamente allevata sia in purezza che in incrocio.
Scopo della nostra ricerca è stato confrontare i parametri fisiologici di vacche GO pure
con quelli di vacche meticce CNxGO, nell’ora più fredda ed in quella più calda della
giornata al fine di saggiare l’influenza del sangue CN sulla resistenza allo stress
termico.
MATERIALI E METODI
La ricerca ha riguardato 6 vacche GO (di 2°, 3° e 4° parto), e 6 vacche CNxGO (tutte di
1° parto) stabulate presso l’Azienda Agrozootecnica di Pacoti (Fortaleza, Cearà,
Brasile), di proprietà del Collegio Piamarta di Brescia. Per i dettagli relativi alla
descrizione dell’azienda si rimanda ad un precedente lavoro (Giorgetti e coll., 1999).
Per quello che riguarda invece le strutture produttive aziendali per la produzione di latte,
104
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
va rilevato che queste sono senza dubbio di un livello superiore alla media delle aziende
agricole della zona e comprendono ira l’altro 1 sala di mungitura del tipo a spina di
pesce con 12 poste ed impianto Alfa Laval, 3 stalle aperte e 12 gabbie per lo
svezzamento dei vitelli. L’azienda possiede inoltre locali per la trasformazione in cui
vengono prodotti anche burro e formaggio.
In totale in azienda sono presenti circa 525 capi bovini di cui 110 femmine GO (60 in
produzione). Le GO pure vengono munte regolarmente 2 volte al giorno, le meticce F1
vengono talvolta munte, ma perlopiù il loro scopo è quello della produzione di vitelli.
Tutti gli animali vengono tenuti al pascolo, dalla mungitura del mattino, fino alle 12,
dopodiché ritornano nella stalla a stabulazione libera dell’Azienda. Qua gli animali
hanno a disposizione Pennisetum purpureum trinciato, con l’aggiunta di cereali e di
mangimi preparati nell’apposito locale aziendale.
I rilievi sono stati effettuati da luglio a settembre 1997. In questo periodo, per 5 giorni
alla settimana, alle 6 (ora più fredda), ed alle 14 (ora più calda), sono state rilevate la
temperatura rettale (TR) e la temperatura superficiale (TS) mediante un termometro
digitale a sonde intercambiabili, oltre alla frequenza respiratoria (FR) misurata mediante
rilevazione a vista. Contemporaneamente sono state misurate la temperatura ambientale
(TA) e l’umidità relativa (UR) mediante una centralina meteorologica portatile. La
produzione lattea del mattino e della sera delle vacche GO è stata rilevata una volta alla
settimana.
Sono stati infine utilizzati due “indici di benessere”: il coefficiente calcolato mediante
l’IBERIA HEAT TOLERANCE TEST (HTC) messo a punto da Rhoad (Rhoad, 1942,
1944), e il Coefficiente di Benezra (GB) (Benezra, 1952).
I dati sono stati sottoposti ad analisi della varianza utilizzando la procedura GLM del
SAS (SAS, 1988), considerando come fattori fissi il tipo genetico o i parti effettuati
(solo per le vacche GO). La differenza fra le medie è stata saggiata col test di Duncan.
Sono stati inoltre calcolati i coefficienti di correlazione (secondo Pearson), fra i diversi
parametri ambientali ed i parametri fisiologici e di performance.
RISULTATI E DISCUSSIONE
La TA media registrata durante la prova, alle ore 6, ora più fredda della giornata, è
risultata di 23,9 °C mentre la UA del 95,1 %. Alle ore 14, nell’ora più calda, la TA
all’ombra è salita a 30,8 °C, e l’UA è scesa fino al 67,7 %.
Nella tabella 1 sono riportati i risultati dell’ANOVA effettuata sui parametri
fisioclimatici dei diversi tipi genetici. Fra le 6 le 14 le vacche GO e CNxGO hanno
mostrato TS non significativamente differenti fra loro. Anche lo scarto fra i dati rilevati
in questi due momenti è molto modesto perché al contrario degli altri animali
dell’azienda, tenuti sempre al pascolo, alle 14 le vacche sono già ritornate da due ore
alla stalla al riparo dei raggi diretti del sole. Le TR sia alle 6 che alle 14 appaiono
significativamente inferiori nelle GO rispetto alle CNxGO, il che farebbe presupporre
una maggiore resistenza al caldo della razza da latte. Le FR mostrano un andamento del
tutto inverso. I meticci CNxGO hanno una frequenza respiratoria inferiore rispetto alle
vacche GO pure, il sangue CN in questo incrocio parrebbe quindi avere un effetto
inverso, cioè gli animali con sangue CN hanno bisogno di una FR inferiore per
termoregolarsi. Lo studio del CB, nel cui calcolo entrano sia le TR che le FR, in questo
caso aiuta a capire quali tipi genetici siano riusciti a termoregolarsi meglio. Mentre alle
105
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
6 non appaiono differenze significative, nell’ora più calda sono le meticce CNxGO che
hanno mostrato maggiore resistenza al clima. Lo stesso si verifica nel calcolo del CB
medio della giornata, dove sempre il sangue CN appare portare un miglioramento.
Lo studio delle correlazioni tra TA ed UR, ed i parametri fisiologici delle GO (TS, TR,
FR, CB, HTC) alle 6, fa riscontare poche influenze del clima sui parametri vitali (gì =
215). Infatti solo la TA (come nella Nellore) ha influenza negativa sulla TS (-0,13*),
probabilmente a causa dell’aumento della traspirazione e/o sudorazione, e positiva sulla
FR (+0,15*) ed il CB. Quest’ultimo dato indicherebbe che già al mattino l’animale deve
ricorrere all’aumento della ventilazione polmonare per raffreddarsi. Alle 14 né TA, né
UÀ sono correlate con qualche parametro. Le correlazioni calcolate per le vacche
CNxGO (gl = 217) mostrano alla 6 un andamento simile alle GO pure, infatti TA è
correlata positivamente sia con FR (+0,14*) che con CB (+0,26*). Questi animali
mostrano inoltre correlazione negativa alle 14 fra UA, FR (-0,19*) e CB (-0,18), il che
può indicare che diminuendo l’UA è più facile per questi animali abbassare la
temperatura corporea aumentando la ventilazione polmonare.
Nella tabella 2 vengono riportati i dati relativi all’analisi della varianza dei dati delle
vacche GO, calcolati utilizzando come fattore fisso l’età degli animali espresse come
secondo parto, terzo parto e quarto parto. Le vacche di secondo parto mostrano una T S
alle 6 ed alle 14 significativamente inferiore rispetto alle più anziane, forse perché
hanno una migliore capacità di abbassare la temperatura mediante la
traspirazione/sudorazione cutanea. Questo potrebbe anche essere dovuto ad una
maggiore presenza di grasso sottocutaneo nelle vecchie, e ad una minore presenza di
lesioni da parassiti cutanei nelle giovani. Anche la FR ed il CB alle 6 e medio appaiono
inferiori negli animali giovani, il che potrebbe stare ad indicare un miglior
funzionamento dell’apparato respiratorio, forse a causa di una minore presenza di
parassiti polmonari. Le TR, e quindi l’HTC, non appaiono influenzati dall’età degli
animali.
Nella tabella 3 vengono riportati i risultati dell’ANOVA delle produzioni di latte delle
vacche GO calcolati considerando come fattore fisso il numero di parti. Le produzioni
di latte non appaiono influenzate dall’età degli animali, anche se i più giovani ne
producono un po’ meno (secondo parto kg 7.8 vs quarto parto kg 8,4). La produzione di
latte del pomeriggio è sempre più bassa di quella del mattino. Da notare che le
produzioni totali giornaliere che si ottengono da questi animali sono abbastanza basse (8
kg/d), rispetto a quelle medie nazionali che sono di 11,8 kg, 3600 kg in 305 giorni col
4% di grasso (Associazione Brasiliana di Allevatori di Girolando, 1999). Le
correlazioni sono state calcolate per le GO fra la TA, la UA, la produzione di latte ed il
numero di parti (gl = 59). La quantità di latte prodotta alle 6, risulta correlata
negativamente con l’UA (-0,25*) che a quest’ora è altissima (circa 95%). Quella
prodotta nell’ora più calda, invece, è correlata positivamente con la TS (+0,38**) e la
FR (+0,27*), negativamente con la TR (-0,25*). Tutto questo a dimostrare di come
risenta questo parametro delle variazioni fisiologiche e climatiche. In effetti, come già
considerato, la produzione di latte nel pomeriggio è risultata sempre più bassa di quella
del mattino. La correlazione positiva con la FR potrebbe indicare una reazione
fisiologica positiva, legata alla capacità dell’animale di disperdere il calore con la
ventilazione polmonare. La correlazione negativa con la TR potrebbe mostrare quanto la
produzione di latte sia legata al benessere dell’animale. Il numero di parti, quindi l’età
106
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
della vacca, è correlato positivamente con TS alle 14 (+0,35**), il che potrebbe Sr
pensare ad una diminuzione della capacità di disperdere il calore con la
traspirazione/sudore, forse dovuta ad uno ispessimento della pelle o degli strati
sottocutanei, od ad un incremento delle parassitosi cutanee.
CONCLUSIONI
Nel presente lavoro si sono confrontate vacche GO adulte (secondo, terzo e quarto
parto) con vacche meticce CN x GO adulte, anche se più giovani (primo parto). Mentre
le T S sono risultate comparabili ira vacche GO e CNxGO, gli altri risultati sono apparsi
contraddittori perché TR è risultata inferiore nelle GO, ma FR è risultata inferiore nelle
CNxGO.
Una indicazione definitiva l’ha data il calcolo del CB (dove sia TR che FR appaiono nel
calcolo), risultato inferiore nelle meticce, il che farebbe pensare ad una maggiore
capacità di resistenza al caldo dovuta alla frazione di sangue CN. Questo fenomeno non
appare strano, dato che le GO hanno solo una piccola parte di sangue zebuino, e che la
Pezzata Nera non si adatta molto bene ai climi tropicali, mentre la CN è diffusa e ben
apprezzata per la sua adattabilità in diverse regio ni calde.
Interessanti sono state anche le osservazioni fatte sulle vacche GO e sulla loro
produzione di latte. Gli animali più giovani hanno mostrato TS più bassa, ed anche FR è
risultata inferiore.
Le produzioni di latte mediamente sono risultate più basse (8 kg) di quelle della media
nazionale di razza. Sempre la produzione di latte è apparsa influenzata, come del resto
atteso, sia dai parametri climatici (UR, TA, ora in cui le vacche venivano munte), che da
quelli fisiologici (TR, FR).
Tutti questi risultati spingono ad approfondire le ricerche in questo campo, perché la
possibilità di migliorare la capacità di termotolleranza, e quindi il benessere degli
animali che debbono produrre latte ai tropici, risulta di prioritaria importanza per
l’economia di queste regioni.
RINGRAZIAMENTI
Lavoro eseguito con Cofinanziamento MURST 1996 e 1997 “Adattamento e tolleranza
di genotipi bovini nazionali da carne a stressori climatico - ambientali” responsabile
prof. Giorgetti, e con una ricerca finanziata con Fond i di Ateneo 1996 “Messa a punto
di un nuovo indice di termotolleranza adatta a valutare l’influenza del clima nella
produzione di latte in zone tropicali e subtropicali” responsabile prof. Martini.
107
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
BIBLIOGRAFIA
Associazione
Brasiliana
di
Allevatori
di
Girolando
(1999).
URL:
www.mednet.com.br/empresas/girolando/
Benezra R.M.V. (1952). A new formula for measuring the adaptability of cattle in
tropical environments. “Rev. Fac. Ing. Agr. (Maracay)”, 1, 69 - 78.
Giorgetti A., Martini A., Bozzi R., Rondina D., Biffani S., Sargentini C., Nur AH D.
(1999). Osservazioni riguardanti il benessere e le produzioni di vacche Nellore, e
vitelli F1 ed F2 Chianino x Nellore allevati nel nord est del Brasile. “Convegno
Nazionale Parliamo di... benessere e allevamento animale”. Fossano (Cuneo), 14-15
ottobre.
Giorgetti A., Martini A., Ponzetta M.P. (1991). Rilievi fisioclimatici nella razza
Chianina allevata in provincia di Siena: Primi Risultati. “Atti del V Congresso
Internazionale della Razza Chianina”, 232.
Lupi P., Martini A., Giorgetti A., Ponzetta M.P. (1990). Rapporti fra profilo metabolico
e parametri bioclimatici in pecore da latte di razza Massese. “Riv. Agric. Trop. e
Subtrop.”, 84, 4, 689-697.
Martini A., Giorgetti A., Ponzetta M.P. (1989). Rilievi fisioclimatici e profilo
metabolico in pecore Sarde e Comisane. “Zoot. e Nutr. Anim.”, 15, 552.
Martini A., Giorgetti A., Ponzetta M.P. (1990). Rilievi fisioclimatici e profilo
metabolico in pecore Sarde e Comisane. “Riv. Agric. Trop. e Subtrop.”, 84, 4,677687.
Martini A., Lupi P., Giorgetti A., Funghi R., Montagnani G., Ponzetta M.P. (1993).
Rilievi fisioclimatici e profilo metabolico di due razze ovine da carne (Suffolk e
Appenninica) allevate in provincia di Siena. “Atti Conv. “Parliamo di... carni
complementari”, Fossano 14-15 ottobre, 163-171.
Martini A., Lupi P., Ponzetta M.P., Giorgetti A. (1991). Parametri bioclimatici e profilo
ematico in pecore Massesi allevate in Toscana. “Pudoc Wageningen”, pubbl. EAAP
n° 55, 146.
Rhoad A.D. (1942). A scale of heat tolerance for cattle. “J.Anim.Sci.”, 1, 85
Rhoad A.D. (1944). The iberia heat tolerance test for cattle. “Tropical Agr.”, 21, 162 164.
Sargentini C., Martini A., Acciaioli A., Lupi P., Lucifero M. (1994). Rilievi morfologici
e fisiologici effettuati su pecore di razza Sarda e Massese. “Atti XI Congr. Naz.
SIPAOC”, Perugia 1-4 giugno, 257-260.
SAS (1988). “SAS/STAT® User’s Guide. Release 6.03 Edition”. Gary, NC, USA.
Williamson G., Payne W.J.A. (1978). “Animal husbandry in the tropics”. Ed. Longman,
New York.
Yousef M.K. (1985). “Stress physiology in livestock. Vol. I and II”. CRC Press -Boca
Raton, Florida, USA.
108
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 1 - Risultati dell’ANOVA. Tutti i tipi genetici.
Table 1 - AN OVA analysis results. All genetic types.
glr =
TS
TS
TR
TR
FR
FR
CB
ore 6 ore 14 ore 6 ore 14 ore 6 ore 14 ore 6
430
6 am 2 pm 6 am 2 pm 6 am 2 pm 6 am
°C
°C
°C
°C
n/min n/min
GO
CNxOO
sign.
c.v. %
32.3
32.3
ns
5,32
33.7
33.8
ns
2,91
38.9B
39A
*
1,84
39.1B
39.3A
**
1,73
32.8A
29.4B
***
16,7
35.8A
33.3B
***
17,37
2.4
2.3
ns
23,81
CB
CB
HTC
ore 14 Medio
2 pm average
2.6A
2.5B
***
10,38
2.5A
2.4B
###
13,02
87.9A
85B
**
12,98
TS = temperatura superficiale; TR = temperatura rettale; FR = frequenza respiratoria; CB = Coefficiente
di Benezra; HTC = coefficiente dell’Iberian Heat Tolerance Test.
TS = skin temperature; TR = rectal temperature; FR = respiratory frequency; CB = Benezra coefficient;
HTC = heat tolerance coefficient.
Lettere diverse sulla stessa colonna indicano differenze significative per P <0.05.
Different letters in the same column show differences for P 0.05
ns = non significativo; *= P 0.05; **= P 0.01; *** = P 0.001
ns = not significant; *= P 0.05; **= P 0.01; *** = P 0.0 01
Tabella 2 - Risultati dell’ANOVA calcolata sulle GO. Parametri fisiologici.
Table 2 - ANOVA analysis results calculated within GO. Physiological parameters.
glr=57
TS
TS
TR
ore 6 ore 14 ore 6
6 am
2 pm
6 am
°C
°C
°C
2 PA 31.9B 33.2B
39.3
3 PA 32.6A 33.6AB
39
4 PA 32.6A 34.1A
39
sign.
Ns
*
ns
C.V.% 2,56
2,66
1,38
TR
FR
FR
CB
CB
CB
ore 14 ore 6 ore 14 ore 6 ore 14 medio
2 pm
6 am
2 pm 6 am 2 pm average
°C
n/min n/min.
39.3 29. 2B
34
2.3B
2.5
2.4B
39.1
35.2A
39
2.5A
2.7
2.6A
39.2 32.0AB 35.2 2.4AB 2.5
2.5AB
ns
**
ns
**
ns
**
1,55
14,24 18,88
8,36
11,5
8,63
HTC
85.6
87.2
85.9
ns
0,86
PA = numero di parti
PA = number of parities
Tabella 3 - Risultati dell’ANOVA calcolata sulle GO. Produzione di latte.
Table 3 - ANO’VA analysis results calculated within GO. Milk production.
gir = 57
latte prodotto alle 6 latte prodotto alle 15
produzione media
milk production
milk production
average milk
at 6 am
at 3 pm
production
kg
kg
kg
2 PA
3 PA
4 PA
sign.
C.V. %
4.7
4.7
4.8
ns
23,69
3.1
3.2
3.6
ns
32,07
109
3.8
4.0
4.2
ns
25,72
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
110
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
OSSERVAZIONI RIGUARDANTI IL BENESSERE E LE PRODUZIONI DI
VACCHE NELLORE, E VITELLI F1 ED F2 CHIANINO X NELLORE
ALLEVATI NEL NORD EST DEL BRASILE.
Alessandro Giorgetti1 , Andrea Martini2 , Riccardo Bozzi3 , Davide Rondina , Stefano
Biffani5 , Clara Sargentini6 , Diriye Nur Ali7
RIASSUNTO: La maggior parte delle razze tradizionali allevate nelle zone tropicali
sono ben adattate all’ambiente, ma hanno un patrimonio genetico di scarso valore
produttivo. Da qui il bisogno di migliorarlo, anche mediante incrocio con razze
specializzate nella produzione di carne come la Chianina (CN), senza diminuirne la
adattabilità. Scopo della ricerca è stato quello di confrontare parametri fisiologici di
vacche Nellore (NL) con quelli di vitelli CNxNL e CNxCNxNL al fine di saggiare
l’influenza del patrimonio genetico CN sulla adattabilità degli animali ai climi caldi. Le
vacche NL hanno mostrato di avere una maggiore capacità di raffreddare la superficie
cutanea, oltre ad una temperatura rettale ed una frequenza respiratoria mediamente più
basse. Gli F1 e gli F2 hanno minore termotolleranza all’aumentare delle frazioni di
sangue CN, mostrando però sempre una buona adattabilità ambientale.
PAROLE CHIAVE: benessere animale, clima tropicale, Nellore, Chianina
OBSERVATIONS ON WELFARE AND PRODUCTION OF NELLORE CATTLE
AND Fl AND F2 CALVES OF CHIANINO X NELLORE REARED IN THE NORTH
EAST OF BRAZIL
SUMMARY: Several part of the traditional breeds reared in the tropical zones are well
adapted to the environment, but they have a low genetic value. It exists, therefore, the
need to improve, even with the cross-breeding system utilising specialised meat breeds
as Chianina (CN), this genetic value without loss of adaptation ability. The aim of this
work was to compare the physiological parameters of Nellore (NL) cattle with those of
CNxNL calves and CNxCNxNL calves. As expected, NL cattle showed an higher
ability to cool down its skin surface, and on average a lower rectal temperature and
respiratory frequency. Fl and F2 calves presented decreasing thermotolerance as CN
blood fraction increased, nevertheless they showed a good climate adaptability.
KEYWORDS: animal welfare, tropical climate, Nellore, Chianina.
____________________________
1
Professore ordinario. Dipartimento di Scienze Zootecniche. Università di Firenze.
Professore associato. Ibidem.
3
Ricercatore. Ibidem.
4
Assegnista di ricerca. Ibidem.
5
Dottorando di Ricerca. Ibidem.
6
Ricercatore confermato. Ibidem.
7
Laureato collaboratore di ricerca. Ibidem.
2
111
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
PREMESSA
Nelle zone tropicali la produzione di carne bovina e molto importante per lo
sfruttamento di temton talvolta inadatti a produzioni agricole di altro tipo. II clima e il
maggiore fattore limitante ed in genere le performance che si riescono ad ottenere dagli
animali non sono elevate se confrontate ai livelli europei, ma risultano lo stesso
interessanti per le economie locali e per il fabbisogno alimentare della popolazione
(Williamson e Payne, 1978).
Nella America Latina i colonizzaton europei portarono con se soggetti appartenenti alle
razze bovine ibenche. Nei secoli queste si adattarono al nuovo ambiente e dettero
origine a popolazioni molto diverse tra loro a diversa attitudine, in genere scarsamente
produttive, ma estremamente resistenti al clima ed alle malattie denominate
genericamente “Criolle”. La introduzione di germoplasma alloctono continuo anche
successivamente nel tentativo di migliorare la produzioni di carne prima con soggetti di
razze specializzate di origine britannica e poi con il meticciamento, a partire dalla fine
del secolo scorso, di razze zebume indiane, tra cui principalmente la Nellore (NL)
conosciuta nel paese di origine come Ongole.
La NL brasiliana e adesso molto diversa dalla razza originaria, avendo subito una
notevole selezione per la produzione della carne, pur conservando notevoli
caratteristiche di rusticità ed adattabilità all’ambiente In Brasile sui 160 milioni di capi
bovini allevati nel 1995, 100 milioni erano NL, di cui 5 milioni puri ed iscritti al libro
genealogico (Associazione degli Allevatori del Nellore del Brasile, 1999). Nella
seconda meta di questo secolo, soprattutto nelle zone migliori del sud del Brasile, dove
il clima e abbastanza temperato ed il foraggio e abbondante, si e cominciato a produrre
incroci fra questa razza e razze bovine europee di maggiore mole e produttività con
ottimi risultati. Negli ultimi anni si e tentato di introdurre questi incroci anche nel
difficile ambiente nordestmo, dove il foraggio e più scarso, le piogge sono concentrate
in una breve stagione, e la vicinanza dell’equatore fa si che la temperatura sia elevata e
costante tutto l’anno. Tra le razze europee potenzialmente più interessanti menta di
essere ricordata la Chianina (CN) la cui buo na combinabilità genetica con la NL è stata
dimostrata da una sene di esperienze di incrocio iniziate negli anni ‘70 (Villares, 1975;
Martini e coll., 1996, 1997; Funghi e coll., 1996). Le somiglianze tra alcune
caratteristiche esteriori delle due razze concorrono a rendere più graditi agli allevatori,
abituati ai NL, i soggetti meticci rispetto a quelli derivanti dall’incrocio con altre razze
taurine. I soggetti d’incrocio per la produzione di carne devono risultare adattabili alle
difficili condizioni climatiche, mantenendo uno stato di benessere anche dove altri
bovini avrebbero difficoltà a sopravvivere e quindi a produrre (Yousef, 1985). Per
misurare il benessere in fisiochmatologia si e spesso utilizzata la misura dei più
importanti parametri fisiologici rilevati in diverse condizioni di stress termico .e di
umidità
II presente lavoro e la continuazione di un filone di ricerca su questo argomento in cui
da anni e impegnato il Dipartimento di Scienze Zootecniche dell’Università di Firenze,
e rappresenta la prima esperienza della stesso sulla termoregolazione dei Ruminanti
condotta direttamente in ambiente tropicale (Martini e coll, 1990, 1991, 1993; Lupi e
coll 1990; Giorgetti e coll, 1991; Sargentini e coll, 1994). Scopo della ricerca è stato
quello di confrontare i parametri fisiologici di vacche NL con quelli di vitelli CNxNL e
112
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
CNxCNxNL, nell’ora più fredda ed in quella più calda della giornata, al fine di saggiare
l’influenza del sangue CN sulla adattabilità degli animali.
MATERIALE E METODI
La ricerca ha riguardato 7 vacche NL adulte di varie età, 6 vitelli CNxNL, ed 1 vitello
CNxCNxNL stabulati presso l’Azienda Agrozootecnica di Pacotì (prefettura di Itaitinga,
Cearà, Brasile), di proprietà del Collegio Piamarta di Brescia. L’Azienda si trova circa
30 km da Fortaleza (latitudine 3° 45’ Sud, e longitudine 38° 31’ Ovest). Il clima della
zona è di tipo subumido secco e presenta precipitazioni medie annue abbondanti (circa
750 mm), ma concentrate da febbraio ad aprile. Dal punto di visita vegetazionale lo
stato del Cearà rientra nella regione della caatinga con una vegetazione che partendo
della savana arbustiva raggiunge nella zona più aride lo stadio di semideserto (De
Araujo, 1982). L’azienda si compone di due corpi aziendali per un totale di circa 571 ha
di cui 460 di S.A.U. In totale in azienda sono presenti circa 525 capi bovini di cui circa
3/5 NL e meticci CNxNL. Sono presenti un impianto di macellazione per bovini, suini e
polli, celle frigorifere ed alcune stanze per la lavorazione delle carni. Tutti gli animali da
carne vengono tenuti permanentemente sui pascoli aziendali. Il pascolo viene integrato,
nei momenti più critici, con Pennisetum purpureum trinciato con l’aggiunta di modeste
quantità di cereali e di mangimi preparati nell’apposito locale aziendale. Mentre le
vitelle e le manze vengono lasciate al pascolo con le madri, i vitelli, dopo un anno di
età, vengono separati e posti in box multipli nella stalla a stabulazione libera per essere
ingrassati.
I rilievi sugli animali sono stati effettuati da luglio a settembre 1997, 1 volta alla
settimana, alle 6 del mattino (ora più fredda) ed alle 14 (ora più calda). Mediante un
termometro digitale a sonde intercambiabili sono state rilevate la temperatura rettale
(TR) e la temperatura superficiale (TS). La frequenza respiratoria (FR) è stata misurata
mediante rilevazione a vista. Contemporaneamente sono state misurate la temperatura
ambientale (TA) e l’umidità relativa (UA) mediante una centralina meteorologica
portatile. I vitelli meticci sono stati anche pesati e misurati a diverse riprese. Sono stati
infine calcolati due classici “indici di benessere” normalmente utilizzati in
fisioclimatologia. Il primo è l’IBERIA HEAT TOLERANCE TEST, messo a punto da
Rhoad (Rhoad, 1942, 1944), che esprime il grado di tolleranza al calore dei bovini. La
formula utilizzata è la seguente: HTC = 100 - 10 x (BT-101). Dove: HTC = heat
tolerance coefficient; BT = body temperature (TR media in °F fra l’ora più calda e
quella più fredda della giornata); 101 = TR fisiologica normale dei bovini in °F (=
38,3°C); 10 = fattore di differenziazione dei vari coefficienti in funzione delle diverse
temperature corporee. L’HTC è pari a 100 quando gli animali riescono a mantenere la
loro temperatura corporea costante, e tende progressivamente a diminuire via via che
l’animale manifesta la sofferenza al caldo con grado crescente di ipertermia. L’altro
indice utilizzato è il Coefficiente di Benezra (Benezra, 1952), la cui formula è: CB = TC
/ 38,33 + NR / 23. Dove: TC = TR in °C; N.R. = FR; 38,33 = TR media dei bovini in
°C; 23 = FR media dei bovini. Questo coefficiente fu applicato dall’Autore per la prima
volta in Venezuela su razze pure da latte di importazione e incroci con zebù e criolli. Il
motivo che spinse a mettere a punto questo indice è che va considerato che un animale
con una FR più bassa può essere ugualmente acclimatato rispetto ad un altro con una
TR inferiore. Nel nostro lavoro il CB è stato calcolato alle 6 ed alle 14 (ora più calda ed
113
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
ora più fredda della giornata), ma è stato utilizzato anche quello medio della giornata.
I dati sono stati analizzati mediante ANOVA, procedura GLM del pacchetto statistico
SAS (SAS, 1988), considerando come fattore fisso il tipo genetico. La differenza fra le
medie è stata saggiata col test di Duncan. Sono stati inoltre calcolati i coefficienti di
correlazione (secondo Pearson), fra i diversi parametri ambientali ed i parametri
fisiologici e di performance. Il lavoro viene presentato in parallelo con un altro
riguardante vacche Girolando pure e meticce CN x Girolando (Martini e coll., 1999).
RISULTATI E DISCUSSIONE
Durante la prova, mediamente, alle 6 del mattino, nell’ora più fredda della giornata, la
TA è risultata già di 23,9°C e l’UA 95,1%. Alle 14, nell’ora più calda, la TA all’ombra
è salita a 30,8°C, e l’UA è scesa fino al 67,7%.
Nella tabella 1 sono riportati i risultati dell’ANOVA effettuata sui parametri
fisioclimatici dei diversi tipi genetici. Sia alle 6 che alle 14 le vacche NL hanno
mostrato una TS inferiore a quella dei vitelli meticci, e fra i meticci è stato quello con
maggiore frazione di sangue di CN ad avere una temperatura superficiale maggiore.
Questo fenomeno potrebbe essere dovuto o alla maggiore capacità della cute degli zebù
di disperdere il calore (Worstell e Brody, 1953; Ferguson e Dowling, 1955; Lee, 1958),
o al metabolismo più spinto dei soggetti giovani, o ad entrambe le cause. Le TR hanno
mostrato un uguale andamento sia alle 6 che alle 14. Sono sempre i NL ad avere una TR
significativamente inferiore. Anche se no n significativamente la TR appare crescere
all’aumentare della frazione di sangue di CN, sia alle 6 che alle 14. Le FR rilevate alle 6
sono significativamente più alte nel vitello CNxCNxNL rispetto agli altri meticci ed alle
vacche NL pure, mentre alle 14 sia i vitelli F1 che F2 hanno mostrato un
comportamento simile. Il CB calcolato alle 6, alle 14 e medio della giornata, dimostra la
grande capacità di adattamento ai climi caldi dello zebù NL. I meticci NL mostrano
buono risultati, anche se il valore del CB si alza all’aumentare del sangue europeo.
L’HTC, nel cui calcolo non entra il numero di atti respiratori al minuto, mostra come la
più adattata all’ambiente sia la razza zebuina pura. I valori trovati sono comunque molto
elevati, anche fra i meticci, nei quali si riscontrano indici paragonabili a quelli presenti
in letteratura relativi agli zebù.
Per quanto riguarda le correlazioni fra i parametri ambientali (TA, UA) e fisioclimatici
(TS, TR, FR, CB, HTC) nelle vacche NL (gl = 69), queste hanno fatto osservare che alle
6 appare correlata negativamente solo la TS con TA (-0,28*). Questo si spiega solo se si
ammette che nella NL, a 24°C e ad una UA del quasi 95%, la superficie della pelle
riesce ancora a raffreddarsi all’aumentare della temperatura per mezzo dell’aumento
della traspirazione cutanea, e della sudorazione. Alle 14 la TA appare correlata
positivamente con la FR (+0,30**) ed il CB (+0,30**), il che indica che anche la NL, a
circa 31°C di TA ed ad una UA di circa il 65%, comincia ad utilizzare la ventilazione
polmonare per potersi raffreddare. Le correlazioni, calcolate solo sui meticci CNxNL
(gl = 59), hanno mostrato che l’influenza del clima si fa sentire al diminuire del sangue
di zebù. Alle 6 l’UA, che ricordiamo altissima (95,1 %), è correlata positivamente sia
con la TR (+0,27*), che con la FR (+0,44**) ed il CB (+0,45**). Alle 14 l’UA è più
modesta ed è correlata negativamente con la TR (-0,32**), e positivamente con la FR
(+0,30*) ed il CB (+0,28*). La TA è correlata positivamente con la TS (+0,40**), e
negativamente con la FR (-0,30*) ed il CB (-0,31*), spiegabile solo se si ammette che i
114
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
meticci CNxNL a 31 °C non riescano più ad aumentare la ventilazione polmonare per
raffreddarsi. Il CB medio della giornata è correlato negativamente con la TA (-0,38**),
e positivamente con l’UA (+0,37**). Le correlazioni calcolate solo sul vitello
CNxCNxNL non sono risultate significative probabilmente a causa della scarsità dei
dati.
Nella tabella 2 vengono riportati i dati relativi all’analisi della varianza effettuata sui
dati morfologici dei vitelli CNxNL e CNxCNxNL. Data la scarsità dei dati, e dato che
di vitelli CNxCNxNL ce n’era solo uno, non si è ritenuto di covariare i dati sull’età o sul
peso vivo al fine di eliminare la variabilità dovuta a questi parametri. Gli animali hanno
mostrato misure morfologiche analoghe, ma il CNxCNxNL, come atteso, è risultato più
pesante degli altri meticci ed ad una età significativamente inferiore. I coefficienti di
correlazione calcolati ira i parametri fisiologici e quelli morfologici dei vitelli CNxNL e
CNxCNxNL considerati tutti assieme (gl =12) hanno mostrato come la TR alle 6 ed alle
14 appare correlata positivamente con la maggior parte dei parametri morfologici
considerati, fatto spiegabile se si ammette che crescendo, a causa delle dimensioni
corporee, questo animale non riesca più a raffreddarsi facilmente all’aumentare della
temperatura esterna. Sempre alle 14 anche la TS ha mostrato lo stesso andamento, il che
forse potrebbe essere spiegato con l’aumento della superficie corporea ed il modificarsi
della struttura stessa della pelle al crescere delle dimensioni corporee. Alle 14 infine,
nell’ora più calda, la FR, ed il CB sono apparsi correlati negativamente con la
circonferenza toracica (-0,56* e -0,54*), fatto facilmente spiegabile perché aumentando
la circonferenza, aumenta la capacità polmonare, ed allo stesso tempo diminuisce la
necessità di inspirare ed espirare più frequentemente al fine di abbassare la temperatura
corporea. L’HTC ha mostrato comportamento inverso alla TR, ma con lo stesso
significato.
CONCLUSIONI
Le vacche NL pure hanno mostrato di avere, in accordo con quanto riportato dalla
letteratura, una maggiore capacità di raffreddare la superficie cutanea anche a
temperature (24°C) a cui le razze taurine europee sono già costrette a ricorrere
all’aumento della ventilazione polmonare. Questi animali hanno fatto rilevare anche una
TR mediamente più bassa, espressione di una differente evaporazione cutanea
(sudorazione e traspirazione) Anche la FR è risultata più bassa, aumentando solo a
temperature intorno ai 31°C. Purtroppo l’esperienza non ha consentito di confrontare
questi animali con meticci adulti, e ci si è dovuti accontentare di un confronto fra NL
adulte e vitelli CNxNL e CNxCNxNL di 200 -280 giorni di età. Quindi le differenze
riscontrate potrebbero essere in parte dovute alla giovane età degli animali. Premesso
questo, gli animali meticci sembrano tollerare meno le variazioni climatiche via via che
diminuisce il sangue zebuino ed aumenta quello taurino, mostrando però sempre una
buona adattabilità all’ambiente difficile del tropico.
Gli animali in accrescimento (vitelli meticci CNxNL, e CNxCNxNL) hanno mostrato
aumento della TR e della TS all’aumentare dello sviluppo corporeo, a causa della
maggiore difficoltà di raffreddare, a parità di superficie, una massa maggiore.
L’accrescimento della circonferenza toracica ha determinato una diminuzione delle FR,
perché con l’aumento di scambio della superficie interna polmonare diminuisce la
necessità di aumentare questo parametro per raffreddare la massa corporea. Tutti questi
115
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
risultati spingono ad approfondire le ricerche in questo campo, perché la possibilità di
misurare la capacità di termotolleranza di animali che debbono produrre carne ai tropici,
risulta di prioritaria importanza per le produzioni animali di queste regioni.
Il lavoro è stato eseguito con Cofmanziamento MURST 1996 e 1997 “Adattamento e
tolleranza di genotipi bovini nazionali da carne a stressori climatico - ambientali”,
responsabile prof. Giorgetti, e con una ricerca finanziata con Fondi di Ateneo 1993 1995 “Individuazione di un tipo di Chianino morfologicamente e fisiologicamente
adatto allo sfruttamento di aree marginali” responsabile prof. Martini.
BIBLIOGRAFIA
Associazione degli Allevatori del Nellore del Brasile (1999). URL: nelore.org.br/
Benezra R.M.V. (1952). A new formula for measuring the adaptability of cattle in
tropical environments. “Rev. Fac. Ing. Agr. (Maracay)”, 1, 69 - 78.
De Araujo F.J.A. (1982). “Estudos de pastagem nativa do Cearà”. LJFC -Departamento
de Zootecnia., Fortaleza - CE, Brasil.
Ferguson K.A., Dowling D.F. (1955). The function of cattle sweat glands. “Austr. J.
Agric. Res.”, 6, 640 - 644.
Funghi R., Giorgetti A., Bozzi R., Martini A., Lucifero M., Rondina D., Biffani S.,
Moretti M. (1996). Accrescimento di bovini Nellore e Chianina x Nellore allevati
nello stato brasiliano del Cearà. “Speciale Taurus”, 7, 21-31.
Giorgetti A., Martini A., Ponzetta M.P. (1991). Rilievi fisioclimatici nella razza
Chianina allevata in provincia di Siena: Primi Risultati. “Atti del V Congresso
Internazionale della Razza Chianina”, 232.
Lee D.H.K. (1959). The status of animal climatology with special reference to hot
conditions. “Anim. Breed. Abstr.”, 27, 1-14.
Lupi P., Martini A., Giorgetti A., Ponzetta M.P. (1990). Rapporti fra profilo metabolico
e parametri bioclimatici in pecore da latte di razza Massese. “Riv. Agric. Trop. e
Subtrop.”, 84, 4, 689-697.
Martini A., Giorgetti A., Funghi R., Bozzi R. (1997). Produzione di F1 Chianino x
Nellore nel nord est del Brasile: Risultati in vita. “Atti del Convegno - Il sistema
produttivo in ambiente tropicale e subtropicale”, 18-19 aprile, Paestum (SA), 71-74.
Martini A., Giorgetti A., Funghi R., Bozzi R., Rondina D., Raimundo Martins Filho
(1996). Cruzamento de vacas de ra9a Nellore com semen de touros de raça Chianina
de dois differentes tipos genéticos. Resultados em vita. “Anais da XXXII reunião
anual da Sociedade Brasileira de Zootecnia”, Fortaleza, 21-26 luglio, 115-117.
Martini A., Giorgetti A., Ponzetta M.P. (1990). Rilievi fisioclimatici e profilo
metabolico in pecore Sarde e Comisane. “Riv. Agric. Trop. e Subtrop.”, 84, 4, 677687.
Martini A., Lupi P., Giorgetti A., Funghi R., Montagnani G., Ponzetta M.P. (1993).
Rilievi fisioclimatici e profilo metabolico di due razze ovine da carne (Suffolk e
Appenninica) allevate in provincia di Siena. “Atti Convegno Nazionale Parliamo di
... carni complementari”, Fossano 14-15 ottobre, 163-171.
Martini A., Lupi P., Ponzetta M.P., Giorgetti A. (1991). Parametri bioclimatici e profilo
ematico in pecore Massesi allevate in Toscana. Pudoc Wageningen, pubbl. EAAP n°
55, 146.
Martini A., Sargentini C., Rondina D., Biffani S., Bozzi R., Nur Ali D., Giorgetti A.
116
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
(1999). Osservazioni riguardanti il benessere e le produzioni di vacche da latte
Girolando, e femmine F1 Chianino x Girolando allevate nel nord est del Brasile.
“Atti del Convegno Nazionale Parliamo di ... benessere e allevamento animale”.
Fossano (Cuneo), 14-15 ottobre, 103-109.
Rhoad A.D. (1942). A scale of heat tolerance for cattle.” J.Anim.Sci.”, 1, 85.
Rhoad A.D. (1944). The iberia heat tolerance test for cattle. “Tropical Agr.”, 21, 162 164.
Sargentini C., Martini A., Acciaioli A., Lupi P., Lucifero M. (1994). Rilievi morfologici
e fisiologici effettuati su pecore di razza Sarda e Massese. “Atti XI Congr. Naz.
SIPAOC”, Perugia 1-4 giugno, 257-260.
SAS (1988). “SAS/STAT® User’s Guide. Release 6.03 Edition”. Cary, NC, USA.
Villares J.B. (1975) “Bovino Chianina no tropico”. Tesi libera docenza Facultade de
Ciéncias Mèdica e Biológicas de Botucatu, SP, Brasil.
Williamson G., Payne W.J.A. (1978). “Animal husbandry in the tropics”. Ed.Longman,
New York, USA.
Worstell D.M., Brody S. (1953). Environmental physiology and shelter engireering.
XX. Comparative physiology reactions of european and indian cattle to changing
temperature. “Res. Bull. Mo. Agric. Exp. Sta.”, 515, 1 - 42.
Yousef M.K. (1985). “Stress physiology in livestock. Vol. I and II”. Ed. CRC Press Boca Raton, Florida, USA.
117
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 1 - Risultati dell’ANOVA. Tutti i tipi genetici
Table 1 - ANOVA analysis results. All genetic types.
glr =
137
TS
ore 6
TS
ore 14
TR
ore 6
TR
ore 14
FR
ore 6
6 am °C 2 pm °C 6 am °C 2 pm °C 6 am
n/min
FR
ore 14
CB
CB
CB
ore 6 ore 14 Medio
2 pm
n/min
6 am
2 pm
average
HTC
NL
32,6B 34,8C
CNxNL 34,1A 35,7B
38,3B
38,9A
38,6B
39,1A
32,4B
34,9B
34,1B
38,6A
2,4B
2,5B
2,5B
2,7A
2,4C
2,6B
97,7A
87,7B
CNxCN 34,2A 36, 8A
xNL
sign.
*** ***
C.V. % 2,69
2,98
39,0A
39,3A
41,6A
39,5A
2,8A
2,7A
2,8A
84,9B
***
1,54
***
1,38
***
14,97
* **
15,51
*** *** ***
9,05 9,39 6,91
***
6,92
TS = temperatura superficiale; TR = temperatura rettale; FR = frequenza respiratoria;
CB = Coefficiente di Benezra; HTC = coefficiente dell’lberian Heat Tolerance Test.
TS = skin temperature’, TR = rectal temperature, FR = respiratory frequency, CB =
Benezra coefficient’, HTC = heat tolerance coefficient
Lettere diverse sulla stessa colonna indicano differenze significative per P <0.05
Different letters in the same column show differences for P 0.05
ns = non significativo; *= P 0.05; **= P 0.01; *** = P 0.001
ns = not significant; *= P 0.05; **= P 0.01; *** = P 0.001
Tabella 2 -Risultati dell’ANOVA. Vitelli F1 e F2.
Table 2 — ANOVA analysis results. F1 and F2 young bulls.
glr=
Ed
P
AG AC
AT
CT
LT
EG
LIE
LT
LIS
k
8
cm
cm
cm
cm
cm
cm
cm
cm
cm
CNxN 201,1A 177,5A 111 116,2 49,1 124,2 106,5 35,4 28,9 32,5 14,5
L
CNx 279,5B 147,9B 111 113,5
53
129,5
112
38
30,5 32,5 16,5
CNxN
L
sign.
*
*
ns
ns
ns
ns
ns
ns
ns
ns
ns
CV% 16,92 11,4 5,74 3,28 5,91 3,01 9,51 6,56 7,42 6,23 16,15
E = età; P = peso; AG = altezza al garrese; AC = altezza alla croce; AT = altezza del
torace; CT = circonferenza del torace; LT = lunghezza del tronco; LG = lunghezza
groppa; LIE = larghezza ilei; LT = larghezza trocanteri; LIS = larghezza ischi
E = age; P = weight; AG = height at withers; AC = height at rump; AT = height of the
torax; CT = torax circumference; LT = body length; LG = rump length; LIE = width at
ilium; LT = width at trochanters; LIS = width at ischium.
118
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
EFFETTO DELLA TEMPERATURA SU ALCUNE PERFORMANCE
ZOOTECNICHE DOPO LO SVEZZAMENTO NEGLI AGNELLI
Gambacorta E., Perna A., Cosentino C.
Testo della pubblicazione non pervenuto
119
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
120
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
ALLATTAMENTO ARTIFICIALE:
BENESSERE DEGLI AGNELLI E QUALITÀ’ DELLA CARNE1
Fabio Napolitano 2 , Giulia Francesca Cifuni3 , Nicola Montemurro4 , Amelia Maria
Riviezzi5 , Antonio Girolami3
RIASSUNTO:
20 agnelli di razza Comisana sono stati equamente divisi in 2 gruppi, uno allattato
artificialmente, l’altro allattato naturalmente. ] rilievi relativi alla risposta
comportamentale ed endocrina al test di isolamento hanno messo in evidenza che i
soggetti allattati naturalmente hanno effettuato un maggior numero di tentativi di fuga
(P<0,01), mentre, in entrambi i gruppi, il livello di cottiselo è significativamente
aumentato in seguito alla separazione dai cospecifici (P<0,001). La risposta immunitaria
cellule-mediata è stata inferiore nei soggetti separati precocemente dalla madre
(P<0,001). La resa è risultata maggiore negli agnelli allattati artificialmente (P<0,05),
mentre l’incidenza del grasso sul taglio coscio è stata maggiore nei soggetti allattati
dalla madre (P<0,05), così come il contenuto in acidi grassi saturi (P<0,001).
L’allattamento artificiale ha, invece, determinato un incremento del livello di acidi
grassi polinsaturi (P<0,01).
PAROLE CHIAVE: agnelli, allattamento artificiale, qualità della carne.
ARTIFICIAL REARING: LAMB WELFARE AND MEAT QUALITY
SUMMARY:
20 male Comisana lambs were equally divided into 2 groups. 10 subjects were
artificially reared, 10 others were ewe-reared and used as control. During the open field
test unseparated control animals displayed a reduced number of flight attempts
(P<0.01), whereas both groups showed a significantly higher cortisol level immediately
after the isolation test (P<0.001). Cellular immune response was lower in artificially
reared animals (P<0.001). Carcass yield were higher for artificially reared animals
(P<0.05). Conversely, legs of ewe-reared animals had significantly more fat (P<0.05),
and a higher content of saturated fatty acids (P<0.001). Polyunsaturated fatty acid
content was higher in artificially reared lamb meat (P<0.01).
KEY WORDS: lamb, artificial rearing, meat quality.
____________________________
1
Ricerca finanziata con contributo MURST ex-40%.
Ricercatore. Dipartimento di Scienze delle produzioni animali. Università degli Studi della
Basilicata.
3
Dottorando di ricerca. Ibidem.
4
Professore ordinario. Ibidem.
5
Collaboratore tecnico. Ibidem.
2
121
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
PREMESSA
L’allattamento artificiale rappresenta per gli agnelli la combinazione di uno stress
emozionale (la separazione dalla madre) e nutrizionale (il passaggio dal latte materno al
latte ricostituito) (De Rosa e coll., 1994). È noto che gli stressori riducono il potenziale
produttivo di diverse specie domestiche e che sono in grado di provocare malattie. Negli
agnelli, numerosi studi hanno accertato l’effetto di stressori diversi (disponibilità di
spazio, restrizione ed isolamento, esercizio fisico, ecc.) sul livello di cortisolo,
sull’immunità cellule- mediata (Coppinger e coll., 1991), sull’espressione degli antigeni
leucocitari di differenziazione (Minton e coll., 1992), su altri costituenti del sangue e
sulla qualità della carne (Apple e coll., 1994). Tuttavia, molto poco si sa sullo stress
causato dalle tecniche di allevamento.
La presente indagine è stata intrapresa per valutare l’impatto di una separazione
prematura dalla madre sulla capacità di risposta comportamentale, endocrina e
immunitaria degli agnelli e gli eventuali effetti che questa tecnica ha sulle prestazioni
produttive e sulla qualità della carne.
MATERIALE E METODI
Piano sperimentale
La prova è stata condotta su agnelli maschi di razza Comisana nati da parti gemellari di
pecore pluripare. 20 agnelli sono stati suddivisi in 2 gruppi di 10 soggetti ciascuno. Il
peso medio degli agnelli alla nascita era pari a 3,4 kg.
Gli animali del gruppo allattato artificialmente sono stati allontanati dalla madre 2
giorni dopo la nascita (gruppo A) e ospitati in un recinto collettivo con lettiera
permanente.
Latte ricostituito è stato offerto ad libitum in secchi provvisti di tettarelle. Viceversa, gli
agnelli del gruppo di controllo (gruppo C) sono stati tenuti con le madri per l’intero
periodo sperimentale. Tutti gli agnelli hanno anche ricevuto fieno di erba medica e
mangime pellettato per lo svezzamento ad libitum a partire dal settimo giorno di vita.
Determinazione della risposta immunitaria mediante skin test
Dieci e quaranta giorni dopo la formazione dei gruppi, i soggetti in esperimento sono
stati sottoposti allo skin-test. Il test prevede una iniezione ipodermica a livello
soprascapolare di Phytohemagglutinin (PHA) (500 mg disciolti in 0,5 mi di soluzione
fisiologica sterile). L’iniezione è stata praticata al centro di un cerchio di 2 cm di
diametro tracciato superiormente ad ogni scapola dell’animale. Lo spessore della cute è
stato misurato subito prima dell’iniezione e 24 ore dopo.
Test d’isolamento e determinazione del livello di cortisolo
Prima del test, effettuato a 40 giorni di età, ciascun soggetto è stato sottoposto a un
prelievo ematico per la determinazione del livello basale del cortisolo. Successivamente,
gli agnelli sono stati sottoposti ad altri tre prehevi 10, 45 e 90 minuti dopo il primo.
Nell’intervallo tra il primo e il secondo prelievo (10 minuti), ciascun soggetto è stato
tenuto sotto osservazione per valutare il suo comportamento durante l’esposizione ad un
ambiente nuovo: un box di 20 mq. In particolare, sono state prese in considerazione
alcune variabili comportamentali, quali il tempo di locomozione, il tempo di latenza, il
numero di belati e i tentativi di fuga. La concentrazione del cortisolo è stata determinata
mediante metodica RIA (Cis diagnostici, Tronzano, VC, Italy). La sensibilità del saggio
122
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
è stata di 1 ng/dl. I coefficienti inter ed intra assay sono stati rispettivamente -8,2 e
3,9%.
Prestazioni produttive e profilo addico della carne
Tutti gli animali sono stati pesati alla nascita ed ad intervalli settimanali per valutare
l’effetto dell’allattamento artificiale sull’accrescimento. A 45 giorni di età, tutti i
soggetti sono stati mattati, le carcasse sezionate in tagli commerciali ed il coscio
suddiviso in carne, grasso e osso separabili. Questo stesso taglio è stato utilizzato per
l’estrazione dei lipidi (estrazione a freddo con una miscela cloroformio/metanolo 2:1
v/v; Michaelsen e coll., 1991). Gli acidi grassi metilati sono stati separati e identificati
con un gascromatografo Varian-Star 3400 CX, colonna CP silice 88, 100 m, diametro
0,25 ì, film 0,2 ì.
Analisi statistica
I dati relativi al cottiselo e alla risposta immunitaria sono stati elaborati mediante analisi
della varianza per misure ripetute utilizzando il tipo di allattamento come fattore non
ripetuto e il tempo come fattore ripetuto. Le rimanenti variabili sono state sottoposte ad
analisi della varianza ad un fattore (tipo di allattamento).
RISULTATI E DISCUSSIONE
Test di isolamento e risposta endocrina
II sistema di allevamento adottato non ha influenzato il tempo di latenza, il tempo di
locomozione e il numero di belati, mentre i tentativi di fuga sono risultati molto più
frequenti (P<0,01) nel gruppo allattato naturalmente (Tabella 1). Ciò è probabilmente
dovuto al fatto che per gli agnelli allattati naturalmente la separazione dalla madre
rappresenta uno stress maggiore che non la separazione dal gruppo per gli agnelli
allattati artificialmente. I tentativi di fuga esprimerebbero, infatti, una volontà di
ricongiungimento ai cospecifici. La separazione e l’esposizione ad un nuovo ambiente
determinano l’insorgenza di uno stress emozionale nei confronti del quale la capacità e
le modalità di risposta degli agnelli sono in gran parte legate all’età (Napolitano e coll.,
1995). In agnelli della stessa razza e sottoposti a condizioni sperimentali molto simili a
quelle del nostro esperimento sono stati rilevati tempi di latenza e di locomozione
inferiori e un numero di belati superiore nei soggetti allattati naturalmente (Sevi e coll.,
1999). Tuttavia, nella presente indagine i soggetti in esperimento sono stati sottoposti al
test di isolamento ad un età più che doppia (-40 giorni) rispetto a quelli dell’esperimento
precedentemente descritto (10 e 20 giorni). Anche i belati esprimono una volontà di
ricongiungimento ai cospecifici, ma costituiscono uno strumento utilizzato
preferenzialmente da animali molto giovani, in quanto costituiscono una reazione di tipo
passivo che comunica una richiesta di aiuto. Viceversa, all’aumentare dell’età e con
l’approssimarsi dello svezzamento, i giovani soggetti acquisiscono indipendenza e sono
più attivi, e, pertanto, i tentativi di fuga diventano uno strumento preferenziale di
risposta e, nel contempo, un indicatore più sensibile di condizioni stressanti.
123
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 1 - Risposta comportamentale al test d’isolamento (media ± E.S.)
Table 1 - Behavioural response to isolation test (mean ± S.E.)
Allattamento
naturale
5,22 ± 1,13
artificiale
4,61 ± 0,94
Tempo di latenza, s
Latency time, s
Tempo di locomozione, s
233,00 ± 20,92
232,23 ± 17,41
Duration of movement, s
Tentativi di fuga, n
18,67 ±4,35A
4,31 ±3,62B
Flight attempts, n
Numero di belati, n
175,11 ± 18,06
156,92 ± 15,03
Number of bleats, n
Lettere diverse entro la riga indicano differenze significative: P<0,01.
Il test di isolamento è frequentemente utilizzato per valutare la risposta endocrina di
ovini allevati con differenti tecniche di allevamento (Moberg and Wood, 1982; Sevi e
coll., 1999). Anche in questo caso, il livello plasmatico di cortisolo (Figura 1) è risultato
molto più elevato immediatamente dopo la separazione dei cospecifici (P<0,001)
confermando che le procedure di cattura, separazione dai cospecifici, handling, prelievo
di sangue e, soprattutto, isolamento sono in grado di indurre una marcata attivazione
dell’asse ipotalamo- ipofisi-surrene negli ovini, il cui comportamento gregario è molto
sviluppato. Viceversa, né il sistema di allevamento, né l’interazione gruppo X tempo
sono risultati significativi (P>0,05). Come osservato per le variabili comportamentali,
anche la produzione di cortisolo in risposta allo stress di isolamento è un fenomeno
legato all’età degli agnelli. Animali separati dalla madre ad età inferiore danno una
risposta endocrina più elevata quando vengono sottoposti ad un open filed test
(Napolitano e coll., 1995).
Figura 1 - Andamento del cortisolo plasmatico in risposta al
test d’isolamento (media + E.S.)
Figure 1 - Cortisol response to isolation test (mean + S.E.)
124
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Risposta immunitaria
L’ispessimento cutaneo successivo ad un’iniezione intradermica di PHA è stato
significativamente influenzato dal tipo di allattamento (P<0,001), mentre né il tempo né
l’interazione tempo x tipo di allattamento sono risultati significativi. Infatti, sia a 10 che
a 40 giorni di età gli agnelli sottoposti ad allattamento artificiale hanno espresso una
minore risposta immunitaria cellulare (Figura 2). Gli indicatori immunitari sono stati
ampiamente usati per valutare il benessere animale. Molti autori (Minton e coll., 1995)
hanno utilizzato la risposta proliferativa dei linfociti a mitogeni in vitro al fine di
valutare la immunoreattività cellulare. Tuttavia, una tecnica da adottare in vivo, quale lo
skin test, sembra più affidabile, semplice ed econo mica (Grasso e coll., 1999). I risultati
ottenuti nella presente indagine confermano che l’allattamento artificiale rappresenta
una tecnica di allevamento in grado di inibire la risposta immunitaria determinando, nel
contempo, una maggiore suscettibilità alle malattie.
Figura 2 - Risposta immunitaria cellulare allo skin test (media + E.S.)
Figure 2 - Cellular immune response to intradermalPHA injection (mean + S.E.)
Prestazioni produttive e qualità della carcassa
Gli incrementi ponderali giornalieri da 0 a 45 giorni di età sono risultati simili per i due
gruppi di agnelli, probabilmente perché la somministrazione del latte ricostituito è
avvenuta con modalità ad libitum. Infatti, questa tecnica di somministrazione consente
pasti più frequenti e meno abbondanti con conseguente maggiore digeribilità
dell’alimento e sostanza secca ingerita. Inoltre, è stato osservato che la
somministrazione di latte misto (ovino + ricostituito), almeno nella fase iniziale di
allattamento, induce un ulteriore miglioramento del tasso d’ingestione e degli
incrementi ponderali (Sevi e coll., 1999). Grazie a incrementi ponderali simili, gli
agnelli appartenenti ai due gruppi sperimentali hanno presentato un peso vivo netto e un
peso della carcassa simili.
Viceversa, la resa in carcassa sul peso vivo netto è risultata superiore nei soggetti
125
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
allattati artificialmente (P<0,05), probabilmente a causa di una minore incidenza del
quinto quarto. Girolami e coll. (1994) e Vergara e Gallego (1999), al contrario, hanno
osservato rese maggiori nei soggetti allattati naturalmente rispetto ad agnelli allattati
artificialmente o svezzati precocemente; tuttavia, in entrambi i casi i trattamenti
alimentari alternativi all’allattamento naturale hanno determinato un accrescimento e un
peso alla mattazione e della carcassa inferiori. L’incidenza percentuale dei tagli di
seconda qualità sul peso della mezzena è stata superiore nei soggetti separati
precocemente dalla madre (P<0,001). Infatti, le incidenze di collo (P<0,05), petto e
spalla (P<0,001) sono risultate più elevate in questo gruppo di animali. Nessuna
differenza significativa è stata riscontrata per l’incidenza dei tagli di prima qualità
(coscio + lombata + costolette; P>0,05). Lo spolpo del coscio ha evidenziato una
maggiore percentuale di grasso (P<0,05) negli animali che non sono stati separati dalla
madre e quantità di tessuto muscolare e osseo simili per i 2 gruppi sperimentali (P>0,05)
(Tabella 2).
Tabella 2 - Effetto del tipo di allattamento sulle prestazioni produttive degli agnelli e
sulla qualità della carcassa (media + E.S.)
Table 2 - Effect of artificial rearing on productive performance and carcass quality
(mean ± S.E.)
Allattamento
naturale
Artificiale
Incremento ponderale, g/d
0,180 ± 0,01
0,170 ± 0,01
Daily weight gain, g/d
Peso vivo netto, kg
10,74 ± 0.64
9,55 ± 0,68
Net live weight, kg
Peso carcassa, kg
6,99 ± 0,44
6,70 ± 0,47
Carcass weight, kg
Resa, %
64,92 ± 1 ,50a
70,29 ± l,59 b
Carcass yield, %
Tagli di prima qualità, %
54,04 ± 0,66
54,83± 0,70
First grade cuts, %
Tagli di seconda qualità, %
39,71 ± 0,34A
42,25 ± 0,36B
Second grade cuts, %
Taglio coscio: carne, %
55,83 ± 1,06
56,59 ± 1,28
Leg lean, %
Taglio coscio: grasso, %
9,91 ± 0,82a
7,46 ± 0,87b
Leg fat, %
Taglio coscio: osso, %
29,21 ± 0,79
28,68 ± 0,83
Leg bone, %
Lettere diverse entro la riga indicano differenze significative: maiuscole P<0,001;
minuscole P<0,05.
Profilo acidico della carne
126
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
II tipo di alimentazione è in grado di influenzare il contenuto di acidi grassi nella carne
di agnello. Sanùdo e coll. (1998) hanno osservato che il passaggio da una dieta a base di
latte materno ad una costituita da paglia e concentrato determina un maggior grado di
insaturazione del grasso sottocutaneo ed intramuscolare. L’allattamento artificiale
rispetto a quello naturale sembra influenzare positivamente le caratteristiche dietetico
nutrizionali della carne. Nella Tabella 3 si può osservare che il contenuto di acidi grassi
saturi diminuisce (P<0,001), mentre aumenta il contenuto di polinsaturi (P<0.01) grazie,
soprattutto, ad un più elevato livello di acido linoleico. Ciò è probabilmente dovuto alla
diversa composizione acidica del latte materno rispetto a quello ricostituito. Infatti, nei
giovani agnelli il rumine non è ancora funzionante e il profilo acidico della carne
rispecchia in larga misura quella degli alimenti ingeriti (Cifuni e coll., 1999). Tale
meccanismo è anche alla base del diverso contenuto in acidi grassi trans e delle
differenze che si osservano per il rapporto Óù6/Óù3 nella carne degli agnelli
appartenenti ai 2 gruppi sperimentali.
Tabella 3 - Contenuto in acidi grassi della carne (media ± E.S.)
Table 3 - Meat fatty acid content (mean ± S.E.)
Allattamento
Saturi, %
Saturated, %
Monoinsaturi, %
Monounsaturated, %
Polinsaturi, %
Polyunsaturated, %
Trans, %
Trans, %
Óù6/Óù3
naturale
. artificiale
48,93 ± 0,322A
45,95 ± 0,34B
42,50 ± 0,47
43,66 ± 0,47
8,57 ± 0,44a
10,38 ±0,46b
5,27±0,11A
2,00 ± 0,12B
2,42 + 0,20A
9,38 ±0,21B
Lettere diverse entro la riga indicano differenze significative: maiuscole P<0,001;
minuscole P<0,05.
BIBLIOGRAFIA
Apple, J.K., Minton, J.E., Parsons, K.M., Dikeman, M.E., E. and Lehit, D.E, (1994).
Influence of treadmill exercice on pituitity-adrenal secretions, other blood
constituents and meat quality of sheep. “J. Anim. Sci.”, 72, 1306-1314.
Cifuni, G.F., Napolitano, F., Pacelli, C., Riviezzi, A.M., Girolami, A. (1999). Effect of
age at slaughter on carcass traits, fatty acid composition and lipid oxidation of
Apulian lambs. “Small Rumin. Res.”, 35, 1-6.
Coppinger, T. R., Minton, J. E ., Reddy, P. G. and Blecha, F. (1991). Repeated restraint
and isolation stress in lambs increases pituitary-adrenal secretions and reduces cells
mediated immunity. “J. Anim. Sci.”, 69, 2808-2814.
De Rosa, G., Napolitano, F., Marino, V. e Bordi, A. (1994). Risposta endocrina ed
immunitaria allo stress in agnelli Comisani conseguente al passaggio
dall’allattamento materno a quello con latte ricostituito. “Ann. Facoltà di Agraria,
127
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Portici”, 28, 1-8.
Grasso, F., Napolitano, F., De Rosa, G., Quarantelli, T., Serpe, L. and Bordi, A. (1999).
Effect of pen size on behavioral, endocrine, and immune responses of water buffalo
(Bubalus bubalis) calves. “J. Anim. Sci.” , 77, 2039-2046.
Girolami, A., Zullo, A., Colatruglio, P., Cappuccio, A., Rubino, R. and Matassino D.
(1994). Comparison among Ile de France (IF), Gentile di Puglia (GP) and IFxGP (Fl,
F2, F3) crossbreed lambs. IV. Performances at slaughter. “Prod. Anim.” , 7, III Serie,
1-49.
Michaelsen, S. A., Johnson, D. D., West, R. L. and Leak, F. W. (1991). Determination
of cooking characteristics for lean retail beef cuts. Report of the Department of
Animal Science. University of Florida, Gainesville, FL, USA.
Minton, J.E. (1994). Function of the hypothalamic-pituitary-adrenal axis and the
sympatheic nervous system in models of acute stress in domestic farm animals. “J.
Anim. Sci.”, 72, 1891-1898.
Moberg, G.P., Wood, V.A. (1982). Effect of differentia l rearing on the adrenocortical
response of lambs to a novel environment. “Appl. Anim. Ethol.”, 8, 269-279.
Napolitano, F., Marino, V., De Rosa, G., Capparelli, R. and Bordi, A. (1995). Influence
of artificial rearing on behavioural and immune response of lambs. “Appl. Anim.
Behav. Sci.”, 45, 245-253.
Sanùdo, C., Sierra, L, Olleta, J.L., Martin, L., Campo, M. M., Santolaria, P., Wood, J.
D. and Nute, G. R. (1998). Influence of weaning on carcass quality, fatty acid
composition and meat quality in intensive lamb production systems. “Anim. Sci.”,
66, 175-187.
Sevi, A., Napolitano, F., Casamassima, D., Annichiarico, G., Quarantelli, T. and De
Paola, R. (1999). Effect of gradual transition from maternal to reconstituted milk on
behavioural, endocrine and immune responses of lambs. “Appl. Anim. Behav. Sci.” ,
64, 249-259.
Vergara, H., Gallego, L. (1999). Effect of type of suckling and length of lactation period
on carcass and meat quality in intensive lamb production system. “Meat Sci.”, 53,
211-215.
128
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
EFFETTI DELLO STRESS PRE-MACELLAZIONE
SULLA QUALITÀ DELLA CARNE SUINA
Leonardo Nanni Costa1 , Domenico Pietro Lo Fiego 2 , Vincenzo Russo 3
RIASSUNTO: Al fine di valutare l’effetto dei trattamenti pre- macellazione sulla qualità
della carne e sulle lesioni cutanee della carcassa del suino pesante, sono state svolte 3
prove sperimentali che hanno riguardato nel complesso 2083 soggetti, di cui 725 di
genotipo alotano noto. In queste sono stati esaminati diversi trattamenti quali il tipo di
carico sull’automezzo, la densità di trasporto e la durata della sosta al macello.
Quest’ultimo fattore ha evidenziato un’influenza rilevante sui parametri qualitativi della
carne mentre di scarsa importanza è risultato l’effetto della modalità di carico e della
densità di trasporto. Il genotipo alotano non è mai risultato influenzare la risposta ai
trattamenti applicati al carico e durante il trasporto.
PAROLE CHIAVE: suini, stress, fase pre- macellazione, qualità della carne.
EFFECTS OF PRE-SLAUGHTER STRESS ON PORK QUALITY
SUMMARY: The effect of pre-slaughter handling on carcass skin blemish and meat
quality was investigated in three different experiments involving 2038 pigs of which
725 were genotyped at the halothane locus. In these experiments the effect of loading
method, stocking density in transit and lairage time was examined. The factor affecting
the meat quality was the lairage time while loading method and stocking density
showed a negligible effect. Halothane genotype did not modify the response of loading
method and stocking density treatments.
KEY WORDS: pigs, stress, pre-slaughter handling, pork quality
PREMESSA
La fase di pre- macellazione è costituita da una serie di eventi e di operazioni che hanno
inizio con l’applicazione del digiuno in azienda prima del carico e terminano con lo
stordimento del suino. In questa fase agiscono, indipendentemente ed interagendo tra
loro, numerosi fattori quali le operazioni di carico e scarico, il raggruppamento o meno
degli animali, la distanza e la durata del viaggio, la densità di carico, le condizioni
climatiche, il tipo di strada e di guida, la durata della sosta al macello, l’ambiente in cui
questa avviene e le modalità applicate per la movimentazione degli animali. Durante la
fase pre- macellazione i suini vengono a trovarsi in ambienti nuovi nei quali sono
sottoposti a rumori e odori non abituali, a privazioni d’alimento, a cambiamenti di tem___________________________
1
Professore associato. Dipartimento di Protezione e Valorizzazione Agroalimentare
(DIPROVAL). Università di Bologna.
2
Ricercatore confermato. Ibidem.
3
Professore ordinario. Ibidem.
129
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
peratura e umidità e a nuove situazioni sociali. L’adattamento a questi eventi può
avvenire con grandi difficoltà o addirittura fallire, con il conseguente instaurarsi di una
condizione di stress. In entrambi i casi il benessere del soggetto risulta compromesso.
Tale situazione, non accettabile dal punto di vista etico, ha gravi conseguenze
economiche. Infatti, metodi non idonei o errori durante la fase di pre-macellazione
causano mortalità, perdita di peso della carcassa, perdita totale o parziale e
deprezzamento dei tagli e peggioramento della qualità della qualità della carne fino alla
comparsa delle gravi anomalie PSE e DFD.
La conoscenza di ciò che succede durante la fase pre- macellazione è molto importante
per ridurre al minimo le conseguenze negative sul benessere dei suini e per ottenere
carne di ottima qualità e con caratteristiche idonee alla trasformazione. Per tale motivo è
stata svolta una serie di prove sperimentali per valutare l’effetto di alcuni trattamenti
pre-macellazione sulla qualità della carne suina e sulla sua attitudine alla
trasformazione. Qui vengono presentati in sintesi i risultati di queste ricerche.
MATERIALE E METODI
Sono state svolte tre prove sperimentali che hanno riguardato, nel complesso, 2083 suini
pesanti. Nella prima prova sono stati esaminati 507 soggetti, con genotipo alotano
omozigote dominante (NN) e eterozigote (Nn), provenienti da due aziende e trasportati
dall’allevamento al macello per un tempo compreso trai 45 ed i 55 minuti (Nanni Costa
e coll., 1999b). Il piano sperimentale prevedeva lo studio dell’effetto della modalità di
carico, utilizzando una rampa (pendenza 16°) e una piattaforma mobile, e della densità
di trasporto, rendendo disponibili sull’automezzo due superfici di cui una < 0,4 m e
l’altra > 0,6 m2 per 100 kg p.v.. I soggetti sostavano 16 ore nelle stalle di sosta prima di
essere macellati. Nella seconda prova, che ha coinvolto 218 suini di genotipo alotano
NN, trasportati dall’azienda la macello per un tempo pari ad 1 ora (Nanni Costa e coll.,
1999a), oltre agli effetti del tipo di carico e della densità di trasporto, sono stati
esaminati due diversi tempi di sosta, pari rispettivamente a 2 ore e ad una notte. In
entrambe le prove non vi è stato mai mescolamento tra soggetti provenienti da box
diversi. Nella terza prova è stato esaminato l’effetto di diversi tempi di sosta al macello
su 1358 suini trasportati per tempi inferiori alle 2 ore o compresi tra 3 e 4 ore (Russo e
coll., 1998). Parte degli animali veniva mescolata al momento del carico sull’automezzo
con soggetti provenienti da altri box e parte effettuava il trasporto e la sosta al macello
senza essere mescolata con soggetti estranei. I suini mescolati erano sottoposti ad un
periodo di sosta inferiore a 2 ore o compreso tra 3 e 4 ore mentre quelli non mescolati
sostavano al macello 2 ore o una notte prima di essere macellati. Qui vengono riportati i
dati relativi al trasporto inferiore alle due ore di durata riguardanti 723 soggetti. In
ciascuna prova è stata valutata soggettivamente, mediante l’attribuzione di un
punteggio, l’incidenza di lesioni cutanee severe sulla carcassa (Barton Gade e coll.,
1996). La qualità della carne è stata determinata mediante le misure di pH, effettuate
entro 1 ora (pH1 ) e a 24 ore post mortem (pHu), e la rilevazione delle perdite di
sgocciolamento (Honikel, 1987). Al fine di evidenziare eventuali anomalie nella carne,
sono state calcolate le percentuali di valori di pH oltre le soglie ritenute indicative per i
difetti PSE (pH<5.90) e DFD (pHu >6.00). Inoltre, nelle prime due prove sono stati
rilevati i cali di la salatura e di stagionatura dei prosciutti (Russo e coll., 1991). Nel
primo esperimento, in cui erano presenti suini con diverso genotipo alotano, il modello
130
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
statistico utilizzato ha incluso l’interazione tra il genotipo ed i trattamenti premacellazione applicati, al fine di valutare se la risposta a questi ultimi potesse essere
modificata dalla suscettibilità allo stress.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Nelle tabelle seguenti sono riportati i risultati ottenuti nelle diverse prove ordinati in
funzione dei principali trattamenti applicati ossia modalità di carico, densità di trasporto
e durata della sosta.
Nella tabella 1 è riportato l’effetto della modalità di carico sull’automezzo
sull’incidenza delle lesioni cutanee e sulla qualità della carne e del prosciutto.
L’impiego della rampa rispetto all’elevatore, ha provocato un aumento, seppur non
statisticamente significativo, dell’incidenza di lesioni cutanee severe. Ciò può essere
attribuito ad una maggiore necessità di forzare i soggetti nella movimentazione, in
particolare per far percorrere la rampa, con il conseguente aumento degli impatti contro
le strutture di contenimento e contro altri soggetti. Per quanto riguarda l’effetto del
carico sulla qualità della carne e del prosciutto, i dati delle prove non hanno evidenziato
differenze di rilievo tra i due trattamenti esaminati. Il carico mediante rampa,
considerato un trattamento più stressante rispetto all’impiego dell’elevatore, non ha
manifestato, quindi, conseguenze negative sulla qualità della carne. Tuttavia l’impiego
della rampa deve necessariamente richiedere una maggior attenzione nella
movimentazione degli animali, al fine di evitare quei bruschi contatti che causano la
comparsa delle lesioni cutanee.
L’effetto della diversa densità di trasporto sulle lesioni cutanee e sulla qualità della
carne e del prosciutto è illustrato in tabella 2. Uno spazio inferiore a 0,4 m ha causato un
leggero aumento, ma non statisticamente significativo, delle lesioni cutanee severe solo
nelle carcasse dei suini esaminati nella seconda prova, mentre, in entrambe le prove, tale
trattamento non ha evidenziato alcun effetto negativo sulla qualità della carne e del
prosciutto. Ciò concorda con i risultati ottenuti in prove effettuate all’estero sul suino
leggero che hanno evidenziato, in trasporti compresi entro le 3 ore, l’assenza di effetti
negativi dell’elevata densità di carico sulla qualità della carne e sull’incidenza di lesioni
cutanee (Barton Gade e Christiansen, 1998; Guise e coll., 1998; Warriss e coll., 1998b).
Nel complesso tali risultati indicano che una superficie disponibile sull’automezzo
inferiore a quella indicata dalla direttiva UE 95/29, pari a 0,425 m2 per 100 kg p.v., non
sembra avere conseguenze negative sugli animali se la durata del trasporto è breve.
Nella tabella 3 è riportato l’effetto della diversa durata della sosta al macello sulla
presenza di lesioni cutanee e sulla qualità della carne. In entrambe le prove presentate in
tabella, il confronto tra 2-4 h e una notte di sosta ha evidenziato un incremento delle
lesioni cutanee severe nei suini sottoposti a quest’ultimo trattamento. Analogo risultato
è stato osservato da Warriss e coll. (1998a) sul suino leggero. Inoltre tali soggetti hanno
fornito carni caratterizzate da valori medi di pHu leggermente, ma significativamente,
più elevati, da minori perdite di sgocciolamento (P<0,05) e da una minore incidenza di
valori di pH1 al di sotto della soglia indicativa di muscoli potenzialmente PSE, senza
che ciò abbia comportato un aumento rilevante della percentuale di potenziali DFD. Gli
effetti sopra descritti possono essere attribuiti al lungo periodo di digiuno che la notte di
sosta ha comportato. L’impossibilità di alimentarsi potrebbe avere aumentato gli
attiaggressivi tra i soggetti, indipendentemente dal fatto che questi appartenessero a
131
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
gruppi non mescolati con altri estranei e, pertanto, ritenuti socialmente stabili.
Riguardo all’effetto sui parametri di qualità della carne, è stato osservato che un
prolungato digiuno pre- macellazione provoca una diminuzione del contenuto di
glicogeno nei muscoli con il conseguente aumento dei valori di pH ultimo e del potere
di ritenzione idrica (Eikelenboom e coll., 1991).
Nella prova in cui sono stati esaminati suini mescolati al momento del carico, la sosta
compresa tra le 2 e le 4 ore, rispetto a quella inferiore alle 2 ore, ha causato un aumento
significativo del pH1 accompagnato da una riduzione della percentuale di carni
potenzialmente PSE. Tali effetti, da considerarsi positivi, sono stati in parte
controbilanciati dagli aumenti, seppur non statisticamente significativi, dell’incidenza
delle lesioni cutanee severe e dalla percentuale di carni con pHu al di sopra della soglia
indicata per il difetto DFD. Gli andamenti sopra descritti sono analoghi a quelli
riscontrati in prove simili svolte in diversi paesi europei (Santos e coll., 1997; Warriss e
coll., 1998a). Malgrado gli aspetti parzialmente negativi emersi con l’applicazione di un
tempo di sosta superiore alle 2 ore, questo trattamento appare il più indicato rispetto ad
una sosta di durata inferiore poiché riduce l’incidenza del difetto PSE senza aumentare
in maniera rilevante la presenza di lesioni severe sulla carcassa.
Nella prima prova, data la presenza di suini con diverso genotipo alotano, è stata
esaminata l’ipotesi che i soggetti eterozigoti Nn potessero rispondere in maniera diversa
dagli omozigoti NN alle differenti condizioni di carico e di trasporto applicate (Nanni
Costa e coll., 1999b). I risultati ottenuti hanno evidenziato una quasi totale assenza di
interazioni tra tali trattamenti ed il genotipo alotano. Ciò concorda con una parte delle
ricerche che hanno affrontato tale argomento focalizzando la loro attenzione su
trattamenti quali il trasporto e la durata del digiuno (Geers e coll., 1994; De Smet e coll.,
1996) ma non con altre nei quali gli effetti della sosta, del mescolamento con soggetti
estranei ed ancora del digiuno pre- macellazione sono risultati variare in funzione del
genotipo alotano (Murray e coll., 1989; Murray e Jones, 1994; De Smet e coll., 1996).
Tali contraddizioni possono essere attribuite al tipo e alla durata dei trattamenti premacellazione applicati. Da ciò discende la possibilità che esista, per i suini eterozigoti
Nn, una soglia al di sotto della quale la loro reazione ai trattamenti pre-macellazione
applicati non sia diversa da quella manifestata da soggetti omozigoti NN. E’ pertanto
plausibile che nell’esperimento da noi condotto, applicando trattamenti analoghi a quelli
riscontrabili nelle macellazioni commerciali, lo stress causato ai suini sia stato così
contenuto da non evidenziare una particolare reazione da parte dei suini portatori
dell’allele per la sensibilità all’alotano.
CONCLUSIONI
I risultati hanno evidenziato che il carico mediante rampa, rispetto a quello con
elevatore, non ha conseguenze negative sulla qualità della carne ma deve essere
eseguito con attenzione per evitare un aumento delle lesioni cutanee. Una superficie
disponibile sull’automezzo inferiore a 0,4 m per 100 kg p.v. non influenza
negativamente la qualità della carne ed ha scarso effetto sulla presenza di lesioni
cutanee. Pertanto tale pratica risulta idonea per trasporti di breve durata. Inoltre la
risposta a tali trattamenti non viene modificata nel caso in cui questi vengano applicati a
suini eterozigoti per il gene alotano. Riguardo alla sosta pre-macellazione, una durata
pari o inferiore alle 2 ore riduce la presenza di lesioni cutanee sulla carcassa ma causa
132
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
un peggioramento rilevante della qualità della carne. Nel complesso emerge che
trattamenti pre- macellazione come il carico mediante rampa ed un’elevata densità di
trasporto, ritenuti particolarmente stressanti, non comportano, per il suino pesante,
conseguenze negative se vengono applicati correttamente.
BIBLIOGRAFIA
Barton Gade P., Warnss P. D., Brown S. N., Lambooij E. (1996). Methods of assessing meat
quality. Proc. EU Seminar “New information on welfare and meat quality of pigs as related
to handling, transport and lairage conditions”, Mariansee, Germany, 23-34.
Barton Gade, P., Christensen, L. (1998). Effect of different stocking densities during transport
on welfare and meat quality in Danish slaughter pigs. “Meat Science”, 48, 237-247.
De Smet S. M., Pauwels H., De Bie S., Demeyer D. I., Callewier J., Eeckhout W. (1996). Effect
of halothane genotype, breed, feed withdrawal and lairage on pork quality of Belgian
slaughter pigs. “Journal of Animal Science”, 74, 1854-1863.
Geers R., Bleus E., Van Schie T., Ville H., Gerard H., Janssens S., Nackaerts G., Decuypere E.,
Jourquin, J. (1994). Transport of pigs different with respect to the halothane gene: stress
assessment. “Journal of Animal Science”, 72, 2552-2558.
Guise H.J., Riches H.L., Hunter E.J., Jones T.A., Warriss P.O., Kettlewell P.J. (1998). The
effect of stocking density in transit on the carcass quality and welfare of slaughter pigs: 1.
Carcass measurements. “Meat Science”, 50, 439-446.
Heikelenboom G., Bolink A.H., Sybesma W. (1991). Effects of feed withdrawal before delivery
on pork quality and carcass yield. “Meat Science”, 29, 25-30.
Honikel K.O. (1987). The water binding of meat. “Fleischwirtschaft”, 76, (9), 1098-1102.
Murray A.C., Jones S.D.M., Sather A.P. (1989). The effect of pre-slaughter feed restriction and
genotype for stress susceptibility on pork lean quality and composition. “Canadian Journal of
Animal Science”, 69, 83-91.
Murray A.C., Jones S.D.M. (1994). The effect of mixing, feed restriction and genotype with
respect to stress susceptibility on pork carcass and meat quality. “Canadian Journal of
Animal Science”, 77, 587-594.
Nanni Costa L., Lo Fiego D.P., Dall’Olio S., Russo V. (1999a). Effect of lairage time on meat
quality traits in halothane-gene-free pigs. Proc. of the A.S.P.A. XIII Congress, Piacenza,
June 21-24, 1999,686-688.
Nanni Costa L., Lo Fiego D.P., Dall’Olio S., Davoli R., Russo V. (1999b). Influence of loading
method and stocking density during transport on meat and dry-cured ham quality in pigs
with different halothane genotypes. “Meat Science”, 51, 391-399.
Russo V., Nanni Costa L., Lo Fiego D.P., De Grossi, A. (1991). Early estimation of seasoning
loss in Parma ham production. Proc. 37th ICoMST, 2, 926-929.
Russo V., Nanni Costa L., Lo Fiego D.P., Pantano A. (1998). Influence of pre-slaughter resting
time on carcass and ham quality in Italian heavy pigs. Proc. 44th ICoMST, 2, 1062-1063.
Santos C., Almeida J.M., Matias E.G., Roseiro C., Sardinha L. (1997). Influence of lairage
environmental conditions and resting time on meat quality in pigs. “Meat Science”, 45, 253262.
Warriss P.O., Brown S.N., Edwards J.E., Knowles T.G. (1998a). Effect of lairage time on levels
of stress and meat quality in pigs. “Animal Science”, 66, 255-261.
Warriss P.O., Brown S.N., Knowles T.G., Edwards J.E., Kettlewell P.J., Guise H.J. (1998b).
The effect of stocking density in transit on the carcass quality and welfare of slaughter pigs:
2. Results from the analysis of blood and meat samples. “Meat Science”, 50, 447-456.
133
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 1. Effetto della modalità di carico sulle lesioni cutanee della carcassa e sulla
qualità della carne e del prosciutto (media ± e.s.)
Table I. Effect of loading method on carcass skin damage and meat and ham quality
(mean ± s.e.).
Modalità di carico
Loading method
Rampa
Elevatore
Ramp
Lift
Prova n. 1(1)
Trial no. 1
Suini
n.
266
241
Pigs
no.
Lesioni cutanee severe
(%)
10,15
7,88
Severe skin damage
pH1, BF
6,40 ± 0,02
6,40 ± 0,02
pHu BF
5,54 ± 0,01
5,53 ± 0,01
pH l, BF < 5.90
(%)
0,75
0,41
pHu BF > 6.00
(%)
0,38
0,00
(2)
Perdite sgocciolamento LD
(%)
3,96 ± 0,09
4,03 ± 0,09
Drip loss
Calo la salatura prosciutto
(%)
1,32 ±0,02
1,34 ± 0,02
V salting weight loss
Calo stagionatura prosciutto
(%)
27,08 ±0,1 8
27,34 ±0,19
Processing loss
Prova n. 2(3)
Trial no. 2
Suini
n. no.
108
110
Pigs
Lesioni cutanee severe
(%)
12,04
10,00
Severe skin damage
pHl, BF
6,25 ± 0,02
6,16 ± 0,02
pHu BF
5,51 ±0 ,01
5,52 ± 0,01
pHl,, BF < 5.90
(%)
4,63
6,36
pHu BF>6.00
(%)
0,00
0,00
Perdite sgocciolamento LD(4) (%)
6,78 ± 0,15
6,87 ± 0,1 5
Drip loss
Calo la salatura prosciutto
(%)
1,51 ± 0,03
1,49 ± 0,03
st
1 salting weight loss
Calo stagionatura prosciutto
(%)
28,16 ± 0,22
28,04 ± 0,21
Processing loss
1) Nanni Costa e coll., 1999b; medie di due allevamenti. (2) Durata test 2 d.
(3) Nanni Costa e coll., 1999a. (4) Durata test 5 d.
134
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 2. Effetto della densità di trasporto sulle lesioni cutanee della carcassa e sulla
qualità della carne (media ± e.s.)
Table 2. Effect of stocking density on carcass skin damage and meat quality (mean ±
s.e.).
Densità di trasporto (m” per 100 kg p.v.)
Stocking density
0.4 m2 <
> 0.6 m2
Prova n. 1(1)
Trial no. 1
Suini
n.
221
286
Pigs.
no
Lesioni cutanee severe
(%)
8,14
8,39
Severe skin damage
pHl, BF
6,40 ± 0,02
6,41 ± 0,02
pHu BF
5,53 ± 0,01
5,54 ±0,01
pHl,BF<5.90
(%)
0,90
0,35
pHu BF > 6.00
(%)
0,00
0,00
(2)
Perdite sgocciolamento LD
(%)
4,05 ± 0,09
3, 94 ± 0,08
Drip loss
Calo 1 a salatura prosciutto
(%)
1,33 ± 0,02
1,33 ± 0,02
st
1 salting weight loss
Calo stagionatura prosciutto
(%)
27,1 3 ± 0,20
27,28 ± 0,17
Processing loss
Prova n. 2(3)
Trial no. 2
N. suini
n.
95
123
No. pigs
no
Lesioni cutanee severe
(%)
12,63
9,76
Severe skin damage
pHl, BF
6,21 ± 0,02
6,20 ± 0,02
pHu BF
5,52 ± 0,01
5,51 ± 0,01
pHl,BF<5.90
(%)
5,26
5,69
pHu BF > 6.00
(%)
0,00
0,00
Perdite sgocciolamento LD(4)
(%)
6,75 ± 0,16
6,90 ± 0,14
Drip loss
Calo 1a salatura prosciutto
(%)
1,51 ± 0,03
1,50 ± 0,03
st
1 salting weight loss
Calo stagionatura prosciutto
(%)
28,16 ±0,24
28,05 ± 0,20
Processing loss
(1) Nanni Costa e coll., 1999b; medie di due allevamenti. (2) Durata test 2 d. (3) Nanni
Costa e coll., 1999a. (4) Durata test 5 d.
135
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 3. Effetto della durata della sosta al macello sulle lesioni cutanee della carcassa
e sulla qualità della carne.
Table 3. Effect oflairage time on carcass skin damage and meat quality.
Tempo di sosta
Lairage time
<2 ore
2 - 4 ore
una notte
<2h
2-4h
Overnight
Prova n. 2(1)
Trial no. 2
Suini
n.
108
110
Pigs
no.
Lesioni cutanee severe
(%)
8,33
13,64
Severe skin damage
pHu BF
5,50 ± 0,0 la 5,54 ± 0,0 lb
pHl, BF < 5.90
pHu BF> 6.00
Perdite sgocciolamento LD
Drip loss
Calo I a salatura prosciutto
1st salting weight loss
Calo stagionatura prosciutto
Processing loss
Prova n. 3(2)
Trial no. 3
(%)
(%)
(%)
9,26
0,00
7,04 ± 0,15a
1,82
1,82
6,61 ± 0,15b
(%)
3,65 ± 0,03
3,66 ± 0,03
(%)
28,12 ± 0.21
28.09 ± 0.22
Suini
n.
148
146
Pigs
no.
Lesioni
cutanee
severe (%)
10,81
15,07
Severe skin damage
pHl, SM
6,25 ± 0,21
6,27 ± 0,23
A
pHuSM
5,51 ±0 ,19
5,56 ± 0,1 1B
pHl, SM<5.90(%)
(%)
4,0
1,4
pHu SM > 6.00 (%)
(%)
0.0
2.0
Suini
n.
207
222
Pigs
no.
Lesioni cutanee severe
(%)
15,94
19,82
Severe skin damage
pHl, SM
6,30 ± 0,24a 6,36 ± 0,22b
pHuSM
5.56 ± 0,16
5,54 ± 0,17
pHl, SM < 5.90
(%)
4,83
1,35
pHu SM > 6.00
(%)
1,45
3,60
(l)Nanni Costa e coll., 1999a. Medie ±e.s.. (2) Russo e coll., 1998. Medie ± d.s..
136
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
PRIME VALUTAZIONI APPLICATIVE SUL BENESSERE NEL TRASPORTO
DEGLI ANIMALI DA ALLEVAMENTO E DA MACELLO IN SEGUITO
ALL’APPLICAZIONE DEL D.L.vo 388/98
Vincenzo Fedele1 , Andrea Filippin1 , Mauro Gnaccarini2 , Milo Julini3 , Mario Marino 2 ,
Franco Redoglia2
RIASSUNTO: Gli Autori, considerate le esperienze condotte in una Azienda Sanitaria
ad elevata vocazione zootecnica nei primi mesi di fattiva applicazione del D.L.vo
388/98, formulano una prima valutazione relativamente al benessere degli animali
trasportati sia fra allevamenti sia a scopo di macellazione; delineano, in particolare, le
caratteristiche dell’attività istruttoria e di educazione sanitaria svolta al fine della
corretta applicazione del decreto citato e della necessaria formazione del personale
preposto ad accudire gli animali, alla luce della situazione riscontrata precedentemente
allo svolgimento della stessa posta a confronto con le prime possibili valutazioni di
efficacia.
PAROLE CHIAVE: servizio veterinario, benessere animale, trasporto
PRELIMINARY EVALUATION ON WELFARE DURING TRASPORT OF FARM
AND SLAUGHTER ANIMALS ACCORDING THE D.Lvo 388/98
SUMMARY: According to the experiences obtained in a Local Health Unit during the
first months of application of the D.Lvo 388/98, the authors evaluate the welfare of farm
and slaughter animals. Special attention is devoted to the tutoring and health education
for the application of the aforementioned regulation, as well as for the training of the
animal care personnel, with the aim to compare the previous situation with new possible
efficiency estimates.
KEY WORDS: veterinary service, animal welfare, transport
_____________________________
1
Veterinario dirigente II liv., A.S.L. 10 Pinerolo (To).
Veterinario dirigente I liv., Ibidem.
3
Professore associato, Dipartimento di Patologia Animale, Università di Torino.
2
137
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
PREMESSA
II D.L.vo 30.12.1992 n°502, e successive modificazioni, ha previsto una nuova
articolazione dei Servizi di Prevenzione e collocato all’interno di apposito Dipartimento
i Servizi Veterinari cui è stata affidata la competenza, fra l’altro, anche sulla tutela del
benessere degli animali, disciplina a pieno titolo inserita fra le attribuzioni del
veterinario pubblico. Tale riconoscimento sembra molto dipendere dall’importanza
applicativa della stessa e da quanto determinante risulta oggi il contributo veterinario ad
un progetto di prevenzione che il legislatore ha voluto oggi sempre più completo e
rispondente alle esigenze dell’utente, confermando i propri intenti con il D.L.vo 229/99
(“riforma Bindi”). Per tale motivo si ritiene fondamentale comprendere in primo luogo
la valenza applicativa attribuita agli ormai molteplici corpi normativi emanati a tutela
del benessere degli animali, non solo con riferimento agli allevamenti ma anche
relativamente ad importanti momenti ad esso correlati; in tale ambito ha assunto un
ruolo determinante la “problematica trasporto”, sia nelle fasi intermedie, fra
allevamenti, sia al termine della vita produttiva degli animali, quando questi vengono
destinati alla macellazione.
L’abbondante legislazione posta oggi a tutela del benessere degli animali, emanata a
livello sia nazionale sia comunitario, è divenuta realmente applicabile all’ambito
globalmente inteso dell’allevamento intensivo di animali da reddito soprattutto da
quando, nell’ultimo decennio, è notevolmente cresciuta la sensibilità generale per tale
problematica. Sensibilità derivante non soltanto da quelle spinte emotive che hanno
caratterizzato per lo più i movimenti animalisti, ma anche ed in particolar modo
dall’aver compreso che il benessere animale, in un’ottica di prevenzione che voglia
anche tutelare in modo complessivo il consumatore, deve essere oggi parte integrante di
una corretta gestione degli animali stessi e dell’azienda.
Occorre osservare che il legislatore in un primo tempo ha tutelato il benessere degli
animali in allevame nto in ossequio a concetti tanto innovativi quanto di portata
generale, quali furono quelli espressi nel Brambell Report del 1965, la cui validità è
oggi dimostrata dal fatto che il Farm Animal Welfare Council del 1992, nel conferire
dignità scientifica alle cosiddette “Cinque Libertà Fondamentali degli Animali”, ha
ritenuto necessario rifarsi agli stessi provvedendo a definirne meglio il significato e la
portata. Tali concetti sono stati quindi recepiti prima a livello Comunitario con le
Convenzioni di Strasburgo del 1976 e del 1979, poi a livello Nazionale con la Legge
14.10.1985 n° 623.
Solo in un secondo tempo la normativa ha dimostrato la volontà di incidere in una certa
misura su aspetti più particolari quali, fra l’altro, le caratteristiche sia dei mezzi di
trasporto sia del personale deputato ad accudire gli animali durante il viaggio. Ci si
riferisce a quanto normato prima con il Decreto Legislativo 30.12.1992 n°532 sulla
protezione degli animali durante il trasporto, innovazione sostanziale in materia in
quanto già contenente - nell’Allegato - specifiche disposizioni per le diverse tipologie di
animali e per i diversi tipi di trasporto, poi con il Decreto Legislativo 20.10.1998 n°388
che, determinando requisiti assai più dettagliati per ogni tipologia di trasporto avente
finalità di lucro, ha innovato ulteriormente e significativamente la precedente norma,
ancorché con un certo ritardo, recependo solo tre anni più tardi quanto dettato in sede
comunitaria già all’inizio del 1995 con la Direttiva 95/29/CE (Tabella 1).
Nondimeno, in molti casi si rileva una stridente contraddizione tra quanto ormai
138
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
costituisce coscienza professionale sul concetto di benessere animale e quanto
promulgato dal legislatore in merito. Volendo infatti dare la dovuta considerazione alle
esigenze etologiche, l’osservazione in campo rende palese come in determinate
situazioni, e prevalentemente negli allevamenti intensivi e nei trasporti a questi
correlati, vengano trascurate le esigenze comportamentali.
Scaturisce anche da ciò, unitamente all’attuale obbligo di legge, l’esigenza di attuare,
nel contesto delle attività proprie dei Servizi Veterinari delle AA.SS.LL., programmi di
educazione sanitaria e di revisione dei procedimenti finalizzati a dare rapidamente,
come necessario, fattiva applicazione a quanto complessivamente sopra considerato.
TABELLA 1: PRINCIPALI DISPOSTI NORMATIVI SUL BENESSERE DEGLI
ANIMALI “DA REDDITO”
L.14.10.1985
n°623
DPR
24.05.88
n°233
D.L.vo 30.12.92
n°532
D.L.vo 30. 12.92
n°533
D.L.vo 30.12.92
n°534
L.22.1 1.1993
n°473
Direttiva
Reg.
Piemonte 2/98
D.LvoO
1.09.98
n°331
D.Lvo 01. 09.98
n°333
D.L.vo 20.10.98
n°388
D.Lvo
22.05.99
n°196
Ratifica delle Convenzioni di Strasburgo del 1976 e del 1979
- protezione degli animali in allevamento e al macello Attuazione della Direttiva n°86/l 13/CEE
- norme per la protezione delle galline ovaiole in batteria Attuazione della Direttiva n°91/628/CEE
- norme per la protezione degli animali durante il trasporto Attuazione della Direttiva.n°91/629/CEE
- norme minime per la protezione dei vitelli Attuazione della Direttiva.n°91/630/CEE
- norme minime per la protezione dei suini Sostituisce il precedente ART.727 C.P.
- nuove norme contro il maltrattamento degli animali - Indicazioni operative per l’attuazione delle direttive C. E.
relative alla protezione degli animali durante il trasporto Attuazione della Direttiva.n°97/2/CE - norme minime per la
protezione dei vitelli Attuazione della Direttiva.n°93/l 19/CE
- protezione animali durante la macellazione o l’abbattimento Attuazione della Direttiva 95/29/CE
- norme per la protezione degli animali durante il trasporto Attuazione della Direttiva 97/1 2/CE
- norme per gli scambi intracomunitari di bovini e suini -
Nota: in grassetto sono evidenziati i corpi normativi riguardanti anche solo
parzialmente il trasporto degli animali.
139
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
MATERIALI E METODI
L’attività svolta, relativamente alla corretta applicazione delle nuove norme sulla tutela
degli animali durante i trasporti, si può sinteticamente riferire a due settori d’intervento
specificatamente individuati, ed esattamente: 1) la revisione delle procedure
autorizzative dei mezzi di trasporto; 2) la formazione del personale addetto alla cura e
custodia degli animali trasportati.
1) La revisione delle procedure autorizzative dei mezzi di trasporto.
Si è ritenuto indispensabile rivedere le procedure, la modulistica ed i riferimenti
legislativi delle autorizzazioni sanitarie degli automezzi per il trasporto di animali vivi,
dovendo prendere atto che, pur rimanendo attuali le prescrizioni fornite in materia dal
D.P.R 320/54 - Regolamento di Polizia Veterinaria -, tali riferimenti non potevano più
essere considerati sufficienti ed esaustivi. In particolare è stato necessario recepire
nell’iter procedurale e nella modulistica sia il D.L.vo 532/92, sia la Direttiva Regionale
2/98 e, in corso d’opera, anche i DD.LL.vi 388/98 e 196/99, cercando di evitare
eccessive burocratizzazioni onerose per l’utenza. Particolare attenzione è stata posta alla
metodica ed alla verbalizzazione del sopralluogo veterinario, teso sia a verificare le
caratteristiche strutturali dell’automezzo e dell’autorimessa, sia a valutare la tipologia
dei trasporti che si intenda svolgere per tipo di tragitto, durata del viaggio e specie
animale trasportata, contemplando la possibilità di prescrivere adeguamenti e, in ultimo,
di “personalizzare” l’autorizzazione con prescrizioni e/o limitazioni ad hoc. Inoltre, in
armonia con la Direttiva Regionale 2/98, si è convenuto, previo accordi con i Sindaci
dei Comuni che gravitano nel territorio dell’A.S.L., di formalizzare un’autorizzazione
quinquennale con rinnovo annuale delegato esclusivamente al Servizio Veterinario, con
notevole sgravio degli oneri a carico degli utenti e delle Amministrazioni comunali
(tabella 2).
2) La formazione del personale addetto alla cura e custodia degli animali trasportati.
Al fine di poter attestare la formazione delle persone cui viene affidato il trasporto degli
animali, così come previsto dal D.L.vo 388/99, il Servizio Veterinario si è attivato
organizzando un corso di formazione rivolto sia ai titolari di impresa di autotrasporti, sia
agli autisti dipendenti, sia ai privati titolari di mezzi autorizzati al trasporto di animali
vivi, non trascurando il fatto che nei trasporti ai fini di macellazione potrebbe essere
sottostimata la necessità di tutela del benessere (tabella 3). Nonostante le difficoltà
iniziali dovute alle perplessità dell’utenza, l’iniziativa ha riscosso un notevole successo
attestato dai risultati dei quiz di valutazione del corso proposto ai frequentatori, ma
anche dalle richieste pervenute da parte di coloro che, per motivi di orario e di impegni
di lavoro, non hanno potuto partecipare in prima battuta, di organizzare una seconda
edizione dell’attività formativa. Inoltre la preparazione del corso ha fornito l’occasione
per coinvolgere i colleghi medici del Servizio Igiene nell’attività di docenza per lo
sviluppo delle problematiche inerenti l’autorizzazione, la disinfezione e lo smaltimento
dei reflui delle autorimesse. Per i frequentatori è stata preparata una dispensa con la
sintesi delle lezioni e la legislazione di riferimento; è stato inoltre concepito un tesserino
internazionale attestante la formazione specifica. Dal confronto con i test di inizio corso
con una percentuale di risposte esatte pari al 35%, con i test di fine corso (stesse
domande) con una percentuale di risposte esatte pari al 75%, si è potuto evincere un
grado del tutto soddisfacente di efficacia dell’iniziativa.
140
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
TABELLA 2: DIAGRAMMA DI FLUSSO RILASCIO/RINNOVO
AUTORIZZAZIONE TRASPORTO ANIMALI VIVI
141
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
TABELLA 3: OBIETTIVI, METODOLOGIA,PROGRAMMA ED ARGOMENTI
DEL CORSO
OBIETTIVI
FORNIRE AI PARTECIPANTI LE NOZIONI FONDAMENTALI E
FORMAZIONE SPECIFICA PREVISTA DAI DD.LL.VI 532/92 E 388/98
METODOLOGIA
IL CORSO SI BASA SU:
• TEST DI VALUTAZ10NE INIZIALE;
• LEZIONI “EX CATTEDRA”;
• ESEMPI PRATICI RELATIVI AGLI ARGOMENTI TRATTATI;
• GRUPPI DI LAVORO
• DISCUSSIONE IN PLENARIA CON RISPOSTE AI QUESITI
CHIARIMENTI;
• TEST FINALE
PROGRAMMA ED ARGOMENTI
DEL CORSO
E
ü Introduzione e presentazione del corso;
ü Questionario inizio corso;
ü L’autorizzazione al trasporto di animali ai sensi del Regolamento di Polizia
Veterinaria;
ü Requisiti ed igiene (concetti generali) dei mezzi di trasporto;
ü Obblighi dei trasportatori previsti dal D.Lvo 532/92 e dal D.L.vo 388/98;
ü La formazione specifica del trasportatore;
ü II benessere animale durante i trasporti e le principali caratteristiche etologiche
delle specie trasportate;
ü La detersione e disinfezione dei mezzi di trasporto per animali;
ü Problematiche igienico-ambientali delle autorimesse e dei disinfettanti utilizzati;
ü Esempi pratici relativi agli argomenti trattati;
ü Risposte a quesiti e chiarimenti
ü Questionano di fine corso e rilascio attestati
142
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
CONCLUSIONI
L’iniziativa è stata dettata da un duplice ordine di esigenze che si sono dimostrate
particolarmente sentite sia dagli operatori che dall’utenza; la prima è quella di
conoscere, capire e ordinare una complessa e articolata normativa che tumultuosamente
si aggio rna e si rincorre al fine di poterla applicare; la seconda è relativa al concetto
stesso di benessere che, come è noto, ha una forte caratterizzazione multidisciplinare,
investe notevolmente la sfera emotiva dell’uomo in base alle sensibilità di ciascuno e
risulta spesso difficilmente oggettivabile. In questo panorama, a prescindere
dall’obbligo degli adempimenti per la revisione delle autorizzazioni, che comunque
sono parte integrante dell’operare di un Servizio pubblico, si è ritenuto di capitale
importanza adoperarsi nel difficile compito dell’educazione sanitaria. Questo tipo di
attività ha comportato innanzitutto il coinvolgimento di alcuni colleghi, veterinari e
medici, per la docenza, lo studio preliminare degli argomenti, un notevole impegno
organizzativo anche finalizzato ad una didattica efficace e, infine, un confronto
chiarificatore con l’utenza per conoscerne i problemi imprenditoriali da una parte e per
cercare soluzioni che possano soddisfare gli obblighi di legge dall’altra. Tale confronto
si è dimostrato istruttivo per tutti i partecipanti all’iniziativa, mettendo in evidenza come
la strada intrapresa sia giusta ma anche ricca di potenzialità per il futuro, considerato
che il dibattito pubblico sul benessere animale pare lontano da conclusioni certe e
definitive.
BIBLIOGRAFIA
La bibliografia è disponibile presso gli autori.
143
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
144
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
ANALISI DELLE PERFORMANCE PRODUTTIVE E DELL’ETOGRAMMA IN
CONIGLI IN GABBIA A DIFFERENTE NUMEROSITÀ
V. Ferrante1 , C. Castrovilli2 , M. Verga 3 e S. Maggi4
RIASSUNTO: II presente studio ha avuto come scopo la valutazione dell’adattamento
della specie cunicola all’allevamento in gabbia a differenti numerosità, mantenendo la
stessa densità per tutta la durata della fase d’ingrasso. Lo studio è stato realizzato
valutando parametri zootecnici (accrescimento, ICA, resa al macello) ed il
comportamento (72 ore di osservazione per ciascuno dei tre gruppi sperimentali) in 100
conigli maschi allevati in gabbie mono, bi e tri-cellulari. Le performance produttive non
hanno mostrato differenze di rilievo anche se, gli animali in gabbia a tre, hanno
evidenziato peso finale ed incrementi leggermente superiori (peso finale: gabbie a 1: g
2853.42±101.85; gabbie a 2: g 2959.07+62.69; gabbie a 3: g 3006.40+52.08.
Incremento totale: gabbie a 1: g 2000.5+102.3; gabbie a 2: g 2123.57±58.25; gabbie a 3:
g 2142.16±49.36). L’etogramma dei soggetti allevati a due ed a tre si è presentato
completo ad indicare un buon grado di adattamento alla situazione di allevamento. Al
contrario, gli animali allevati da soli, hanno mostrato la tendenza ad instaurare
comportamenti ripetitivi ed apparentemente privi di scopo, simili alle stereotipie, quali
un’attività protratta all’abbeveratoio ed il mordere la gabbia. I risultati sembrerebbero
dimostrare che l’allevame nto in piccoli gruppi può essere una strada percorribile per
l’ingrasso del coniglio sia da un punto di vista produttivo che da un punto di vista
comportamentale. Infatti nella presente indagine non si sono riscontrati fenomeni di
aggressività dovuti, solitamente, a problemi legati non tanto alla numerosità, ma a stress
da sovraffollamento.
PAROLE CHIAVE: Coniglio, sistemi di allevamento, benessere
ANALYSIS OF PRODUCTION AND BEHAVIOUR IN RABBITS HOUSED IN
CAGES WITH DIFFERENT NUMBER OF ANIMALS X CAGE
SUMMARY: The aim of this study was to evaluate the adaptation of rabbits
(Oryctolagus cuniculus) caged with different number of animals per cage at the same
density. One hundred male rabbits were housed in cages with 1, 2 or 3 animals per cage
at the same density (840 sqcm/head). The considered variables were some productive
traits (weight gain, feed-gain ratio and dressing percentage) and some behavioural
___________________________
1
Dottorando di Ricerca. Istituto di Zootecnica. Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli
Studi di Milano.
2
Professore Associato. Istituto di Zootecnia Generale. Facoltà di Agraria, Università degli Studi
di Milano.
3
Professore Associato. Istituto di Zootecnica. Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli
Studi di Milano.
4
Libero Professionista. Milano.
145
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
elements. For behavioural study each experimental group was observed for 72 hours.
The productive performance showed no significant differences even if the rabbits kept 3
x cage showed a higher final weight and weight gain (Final weight: 1 x cage: g
2853.42±101.85; 2 x cage: g 2959.07+62.69; 3 x cage: g 3006.40Ì52.0. Total weight
gain: 1 x cage: g 2000.5±102.3; 2 x cage: g 2123.57+58.25; 3 x cage: g 2142.16±49.36).
The rabbits kept 2 or 3 x cage showed an ethogram which may indicate a good level of
adaptation to the environment. The single caged rabbits presented some repetitive and
without any obvious purpose behaviours such as activity towards nipple and biting the
cage which can be considered stereotipies. These results seem to demonstrate that
keeping rabbits in small groups during the fattening period may be a good strategy both
from the productive and from the behavioural point of view. In this study no aggressive
behaviour occurred, in fact this problem seems to be related more to overcrowding then
to the number of rabbit per cage.
KEY WORDS: Rabbit, housing systems, welfare
PREMESSA
Fino ad oggi, fatta eccezione per il coniglio utilizzato nella sperimentazione animale,
non esiste, per l’allevamento cunicolo, alcuna regolamentazione comunitaria
particolare: è tuttavia certo che la coniglicoltura non si sottrarrà alla vigilanza delle
associazioni protezionistiche e non sarà sicuramente dispensata dall’avere, anch’essa,
una regolamentazione (Morisse, 1995). Nell’ambito della Unione Europea, infatti, sono
molto dibattute le problematiche relative al benessere animale, in funzione, soprattutto,
del sistema di allevamento, della quantità di spazio e delle caratteristiche dello stesso;
quindi da un lato si deve considerare l’opportunità dell’allevamento in gabbia od in
strutture alternative, dall’altro, a parità di strutture, il cosiddetto «arricchimento
ambientale» (Stauffacher, 1992). In alcuni paesi europei sono stati eseguiti appropriati
studi che hanno portato alla promulgazione di regolamenti interni riguardanti vari
aspetti dell’allevamento, quali le dimensioni delle gabbie e la densità degli animali. E’ il
caso ad esempio del Regno Unito, in cui sono da tempo in vigore i “Codes of
Recommendations for the welfare of livestock”: quello relativo ai conigli è del 1987, e
contiene, oltre alle altre norme riguardanti il management, anche le indicazioni sullo
spazio minimo da fornire agli animali, sia in gabbia che in gruppo. Indicazioni sullo
spazio per le strutture di stabulazione sono state fornite anche, nel 1992, dalla sezione
tedesca della WRSA (World Rabbit Science Association).
Anche in Svizzera si sono sviluppate ricerche in merito alle tipologie di stabulazione dei
conigli, promosse dallo Swiss Federal Veterinary Office, per fornire un supporto
scientifico sull’adeguatezza delle strutture attualmente presenti in commercio in termini
di welfare degli animali e per sviluppare, ove necessario, nuovi sistemi alternativi più
idonei allo scopo (Stauffacher, 1992). Lo scopo della presente indagine è stato quello di
valutare l’adattamento della specie cunicola all’allevamento in gabbia a differenti
numerosità, mantenendo la stessa densità per tutta la durata della fase d’ingrasso.
146
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
MATERIALI E METODI
Per la presente prova sono stati utilizzati 100 conigli maschi di 30 giorni. I conigli sono
stati suddivisi random in tre gruppi e stabulati in tre moduli di gabbie modello
California. Erano presenti tre tipologie di gabbie delle seguenti dimensioni: cm
20,5x41x29; cm 41x41x29; cm 61,5x41x29. Nella prima è stato messo un solo animale,
nella seconda due animali, nella terza tre animali, in modo da ottenere una differente
numerosità ma una uguale densità (840 cm /capo). Gli animali sono stati alimentati ad
libitum con un mangime commerciale provvedendo a controllare i consumi. Tutti i
conigli sono stati pesati al loro arrivo e in seguito ogni due settimane. Si è in tal modo
ottenuta la curva di crescita e si è potuto valutare l’indice di conversione. Tutti i conigli
sono stati macellati a 80 giorni di età; la resa alla macellazione è stata calcolata a
freddo. Per la valutazione dell’etogramma la raccolta dei dati è stata effettuata mediante
l’utilizzo di riprese video 24 ore su 24. Su ciascun gruppo si sono effettuate tre riprese,
all’inizio, a metà e alla fine del periodo di ingrasso (periodo 1, periodo 2 e periodo 3),
per un totale di 72 ore di osservazioni per ciascun gruppo. La lettura delle riprese
(notturne e diurne) è stata effettuata con il metodo scan sampling di un minuto ogni
cinque per tutte le 24 ore (Martin e Bateson, 1993) durante il quale si è registrato per
ciascun coniglio la frequenza dei seguenti comportamenti: riposo, attività
all’abbeveratoio, annusa coniglio, annusa oggetto, “self- grooming” (toeletta), “allogrooming” (toeletta reciproca), morde, mangia, movimento, corsa, fermo, gioca ed
eventuale presenza di comportamenti anomali e di interazioni aggressive. I dati
produttivi ed i dati comportamentali sono stati analizzati tramite analisi della varianza
non parametrica, test di Kruskal-Wallis (Siegel e Castellan, 1992). Le variabili
comportamentali sono state sottoposte anche ad analisi delle componenti principali
(Todeschini R., 1998).
RISULTATI E DISCUSSIONE
Dall’esame dei risultati ottenuti è emerso un peso finale leggermente superiore degli
animali allevati in gabbie multiple rispetto agli animali allevati singolarmente. Questo
risultato è confermato dagli incrementi ponderali che sono risultati migliori per gli
animali allevati in tri-cellulare (Fig. l). Questi risultati, anche se non significativi,
sembrano indicare che l’allevamento in gruppo rappresenta una valida alternativa
all’allevamento in gabbia singola sempre che non si utilizzino densità troppo elevate.
Ad esempio, Gallazzi (1985), allevando conigli su lettiera, verificò un accrescimento
non ottimale a densità pari a 640 cm /capo. Diversi autori si sono occupati del problema
delle rese produttive in animali allevati a differenti densità. In particolare Aubret e
Duperray (1992) hanno riscontrato incrementi giornalieri significativamente maggiori
alle densità inferiori (16.9 vs l9.8 capi/m2 ) già a 42 giorni. Tali risultati discordano con
quelli ottenuti da Giavarini et al. (1986) che hanno trovato performance produttive
migliori nell’allevamento mo no-cellulare rispetto a quello in colonia. L’indice di
conversione è risultato migliore negli animali stabulati a coppie (ICA 3.49) rispetto a
quello dei soggetti allevati singolarmente (ICA 3.7) o in tre per gabbia (ICA 3.66). La
resa alla macellazione ha confermato l’andamento degli incrementi ponderali risultando
maggiore, anche se non significativamente, negli animali allevati a tre (gabbie a 1:
1780.45+53.66; gabbie a 2: 1835.48±57.43; gabbie a 3: 1853.23+31.05). La resa alla
macellazione è risultata identica per tutte e tre le tipologie stabulative e pari a 62%.
147
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Anche Crimella et al. (1988), analizzando le performance produttive di conigli allevati a
numerosità differenti, hanno rilevato incrementi ponderali migliori negli animali in 4
per gabbia senza riscontrare differenze per quanto riguarda l’indice di conversione.
L’analisi preliminare dei dati comportamentali, effettuata con il metodo delle
componenti principali, ha presentato una percentuale di varianza cumulativa spiegata
dalle prime tre compone nti pari al 66% della varianza totale. La prima componente
(varianza: 0.36%) è costituita principalmente da variabili quali: movimento, grooming
ed attività alimentare; la seconda (varianza: 18%) invece da attività quali: il bere
contrapposto a corsa, gioco e self- grooming (Fig. 2a). Osservando lo scatter plot
effettuato classando gli oggetti in base alla numerosità di animali per gabbia (Fig. 2b)
risulta evidente che, sulla seconda componente, si ha una netta separazione delle tre
numerosità. Infatti , come si vedrà anche in seguito, gli animali in gabbia singola
presentano frequenze di attività all’abbeveratoio più elevate rispetto agli altri animali in
tutto il periodo sperimentale (Fig. 3), mentre le frequenze di corsa e di self- grooming
risultano molto ridotte. Per quanto riguarda la rappresentazione dell’etogramma si può
notare che il riposo presenta, per tutte le condizioni stabulative e per tutta la durata della
prova, percentuali più elevate rispetto a tutte le altre attività (Tab. 1). La prevalenza del
riposo sulle attività è riconosciuta anche da altri autori; Samoggia (1985) evidenziò una
percentuale del 25-26% di riposo tranquillo e del 71% di riposo vigile in animali adulti
non soggetti a particolare stress. Se si osservano in dettaglio le differenze tra i diversi
trattamenti, si può notare che i conigli stabulati singolarmente presentano, nel primo
periodo, tempi di riposo significativamente inferiori rispetto agli animali degli altri
trattamenti (P<0.001). Tale tendenza subisce un’inversione negli altri due periodi nei
quali, infatti, i conigli singoli riposano di più rispetto agli animali a due o a tre. Questo
risultato può derivare dal fatto che con l’aumentare del peso le dimensioni ridotte della
gabbia mono-cellulare non consentono di effettuare molto movimento e per di più
l’animale è privo di stimoli che lo spingano a esplicare qualche attività. Questi risultati
possono essere meglio compresi se si considera che il movimento è stato sempre
significativamente inferiore in questi animali rispetto quelli allevati a due o a tre per
gabbia per tutta la durata della prova (periodo1: P<0.01, periodo 2: P<0.001, periodo 3:
P<0.001). Anche Schlotyssek e Eissele (1986) hanno riscontrato un’attività locomotoria
ridotta in conigli allevati singolarmente. Lehman (1986), scomponendo il movimento di
salto e di balzo del coniglio, dimostrò che, per compiere un balzo, l’animale
necessiterebbe di una gabbia alta due volte la propria altezza e per un salto una gabbia
larga tre volte la sua lunghezza. Nella presente situazione è chiaro che a parità di densità
lo spazio nelle gabbie doppie e ancor più nelle triple era tale da permettere una
maggiore attività locomotoria; infatti in queste situazioni si è riscontrato anche il
comportamento del correre del tutto assente nei conigli singoli. Per quanto riguarda il
manifestarsi di comportamenti anomali risulta interessante notare che i conigli in gabbia
singola presentano il comportamento dì mordere la gabbia con frequenza
significativamente superiore rispetto alle altre numerosità (periodo 1: p<0.01, periodo 3:
p<0.01). L’interpretazione di tale comportamento è controversa: infatti, mentre
Podberscek et al. (1991), pur ammettendo che le stereotipie nel coniglio sono
un’evenienza rara, classificano tra queste il mordere la gabbia riscontrandolo
esclusivamente nei conigli singoli, Morisse e Maurice (1997) sostengono che
comportamenti quali grattare il pavimento o rosicchiature sporadiche della gabbia non
148
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
sarebbero altro che attività normali svolte in ambiente anomalo. Anche l’attività
all’abbeveratoio ha avuto un andamento significativamente differente nei singoli
rispetto agli animali a due o a tre in tutto il periodo sperimentale (Fig. 3). La maggior
frequenza di tale comportamento potrebbe indicare che, essendo l’ambiente fisico e
sociale di questi animali scarsamente stimolante, essi trovano nell’abbeveratoio uno
stimolo distraente.
CONCLUSIONI
Dall’analisi dei risultati ottenuti sembra possibile concludere che, sia da un punto di
vista produttivo che comportamentale, l’allevamento in piccoli gruppi possa costituire
una valida alternativa. Infatti, a fronte di parametri produttivi sostanzialmente
sovrapponibili, gli animali in gruppo presentano dal punto di vista comportamentale un
repertorio più vario rispetto agli animali singoli. In particolare presentano attività
locomotorie quali la corsa ed attività sociali quali il gioco o il grooming che sono molto
importanti per un corretto sviluppo del comportamento e più in generale per il benessere
del coniglio. Gli animali in gabbia singola presentano, invece, un’eccessiva attività
all’abbeveratoio e il mordere le strutture, attività che potrebbero indicare un ridotto
benessere dovuto a carenza di spazio e di contatti sociali in un ambiente già di per sé
ipostimolante.
Fig. 1 - Incremento ponderale medio
Fig. I - Mean of weight gain
149
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Fig. 2a - Proiezione dei Loadings delle variabili comportamentali sulle prime due
componenti.
Fig. 2a - Loadings of behavioural variables on the first two component.
Fig. 2b - Proiezione degli oggetti classati per numero di conigli per gabbia
Fig. 2b - Plot of variables classed according to number of rabbit x cage
150
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Fig. 3 - Attività all’abbeveratoio
Fig. 3 - Activity towards the nipple
*** P<0.001
Tab. 1 - Distribuzione percent uale di attività e di riposo nelle diverse numerosità di
gabbia nei differenti periodi
Tab. 1 - Percentage of activity and rest for each number of rabbit per cage in the whole
fattening period
Periodo/Period
1
%/numerosità
1
number x cage
Attività
40.88
Activity
Riposo
59.12
Rest
2
2
3
1
2
3
3
1
2
3
33.45 37.49
33.87 37.06
39.66 39.06 38.73
40.85
66.55 62.51
66.13 62.49
60.34 60.94 61.27
59.15
BIBLIOGRAFIA
Aubret J.M., Duperray J. (1992). Effect of cage density on the performance and health
of the growing rabbit. “J. Appl. Res.”, 15, 656-660.
Crimella C., Verga M., Luzi F., Canali E. (1988). Sistema di allevamento alternativo
nell’ingrasso del coniglio. “Riv. Coniglicoltura”, 2, 41-44.
Gallazzi D. (1985). Allevamento e svezzamento del coniglio su lettiera permanente.
“Riv.Coniglicoltura”, 12, 36-38.
Giavarini I., Vecchi A.M., Fini Mazzanti A., Zucchi P. (1986). Ricerche
sull’allevamento del coniglio da carne. “Riv. Coniglicoltura”, 6, 46-49.
Lehman M. (1986). Interference of a restricted environment, as found in battery cages,
151
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
with normal behaviour of young fattening rabbits. In: “CEC Agricolture-Rabbit
production systems including welfare” Ed. Ist. Sperim. Zootec. Torino 221-230.
Martin P.R., Bateson P. (1993). “Measuring behaviour. An introductory guide”.
Cambridge University Press. UK 2nd ed.
Morisse J.P. (1995). La protezione animale come e perchè. “Riv. Coniglicoltura”, 6, 914.
Morisse J.P., Maurice R. (1997). Influence of the stocking density on the behaviour in
fattening rabbits kept in intensive conditions. “Proc. 6lh World Rabbit Congress”
Tolouse 2, 425-429.
Podberscek A.L., Blackshaw J.K., Beattie A.W. (1991). The behaviour of group penned
and individually caged laboratory rabbits. “ App. Anim. Behav. Sci.”, 28, 365-373.
Todeschini R. (1998). “Introduzione alla chemiometria”. EdiSES, Napoli, Italia.
Samoggia G. (1985). Il comportamento del coniglio. “Riv. Coniglicoltura”, 11, 22-27.
Schlotyssek S., Eissele K (1986). Ingrasso dei conigli con diversa concentrazione di
capi nella stessa gabbia. “Zuchtungskunde”, 58, 142-147.
Siegel S., Castellan J.R. (1992). “Statistica non parametrica”. 2nd edition, McGraw-Hill
Libri Italia srl., Milan, Italy.
Stauffacher M. (1992). Group Housing and Entrichment Cages for Breeding, Fattening
and Laboratory Rabbits. “Animal Welfare”, 1, 105-125.
152
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
FATTORI CLIMATICI E PRODUZIONE DI LATTE
IN BOVINE ALLEVATE Al TROPICI
Rita Rizzi1 , Franco Cerutti2
RIASSUNTO: In un allevamento del Venezuela sono stati rilevati i dati di temperatura
e umidita e sono stati raccolti i dati di produzione di latte individuale relativi a 255
bovine di razza Holstein e Jersey. E’ stata effettuata l’analisi della vananza per valutare
l’effetto del parametro THI e di altri fattori sulla produzione di latte individuale
giornaliera. La produzione di latte individuale era influenzata dai fattori considerati. Le
due razze presentavano un calo di produzione all’aumentare della THI, in particolare
dopo i valori considerati critici per il benessere. Le bovine Jersey risentivano meno
dell’aumento di tale parametro e mostravano performance riproduttive migliori rispetto
alle Holstein.
PAROLE CHIAVE: Tropico, produzione di latte, adattamento
CLIMATE FACTORS AND MILK PRODUCTION IN TROPICAL DAIRY COWS
SUMMARY: Temperature, humidity and daily milk yield were collected for 255 cows
in a farm in Venezuela. An analysis of variance was carried out to ecaluate the effects of
THI index and other factors on daily milk yield. All factors significantly influenced the
milk yield. A decrease in mik yield was found when THI values were higher than 72
Jersey cows were less suffering for increasing THI and showed better reproductive
performance than Holsteins.
KEY WORDS: Tropics, milk production, adaptability
PREMESSA
L’esposizione a stress termico induce una riduzione della produzione di latte ed un
peggioramento delle sue caratteristiche (Thompson, 1985, Johnson, 1987, Bernabucci e
Calamari, 1998). La produzione di latte e lo stadio di lattazione interagiscono con le alte
temperature dell’aria e possono determinare risposte diverse negli animali allevati in
condizioni di clima caldo (Calamari e coll., 1997). Oltre alla riduzione dell’ingestione di
alimenti negli animali in condizioni di stress termico, altri fattori quali l’alterazione
degli ormoni implicati nella galattopoiesi e l’aumento del fabbisogno energetico per le
maggiori spese per la termoregolazione sembrano essere importanti nel ridurre la
capacita produttiva delle vacche da latte in ambiente caldo (Bertoni e coll., 1991). Con
la presente indagine si vuole analizzare l’effetto dei principali fattori climatici sulla
produzione di latte in un allevamento ai tropici.
___________________________
1
Ricercatore Confermato. Istituto di Zootecnica, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università
degli Studi di Milano.
153
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
MATERIALE E METODI
In un allevamento del Venezuela centro occidentale sono stati rilevati 252 dati di
temperatura e umidità alle ore 7, 12 e 17 dal 6 dicembre 1997 all’8 agosto 1998 e
contemporaneamente sono stati raccolti i dati di produzione di latte delle due mungiture
per singola vacca. In totale sono stati raccolti 9629 dati di produzione individuale
relativi a 109 bovine di razza Holstein e 146 bovine di razza Jersey. La variabilità della
produzione di latte individuale è stata studiata mediante analisi della varianza
utilizzando un modello misto che includeva i fattori fissi dell’interazione anno-mese di
parto, mese di rilevamento, interazione razza-età della bovina, interazione razzadistanza dal parto in giorni, l’interazione razza-THI e il fattore casuale della bovina.
Sono stati considerati i valori del parametro THI (Bosen e Tromp, 1984) delle ore 7 e
17, in quanto avevano un effetto significativo e introdotti di volta in volta nel modello
come fattore di regressione sia lineare che quadratica.
RISULTATI E DISCUSSIONE
L’allevamento in osservazione e situato in una regione collinare caratterizzata da
temperatura ed umidita non elevate anche se, nelle ore comprese tra le 11 e le 18, si
registrano valori di THI al di sopra di 72. Il THI medio, la temperatura e l’umidità
medie registrati alle ore 12 e alle ore 17 sono simili e si discostano nettamente da quelli
registrati alle ore 7 del mattino, che risulta anche più variabile rispetto agli altri due
parametri (tabella 1).
Tabella 1 - Medie della temperatura, humidita e THI.
Table 1 - Mean temperature, humidity and THI.
Variabile
Ore 7
Ore 12
Trait
7 am
12 am
THI
68,37 ± 3,36
77,70 ± 3,08
THI index
Temperatura
20,22 ± 1,89
27,51 ± 2,55
Temperature
Umidità
0,99 ± 0,02
0,73 ±0,12
Humidity
Ore 17
5 pm
77,27 ± 3,23
27,35 ± 2,83
0,72 ± 0,15
La produzione individuale giornaliera era influenzata significativamente da tutti i
fattori, in particolare per entrambi i modelli il THI sia lineare che quadratico mostrava
un significativo effetto sulla variabilità del carattere. Tuttavia, il confronto tra i
coefficienti di regressione relativi al THI, effettuato mediante i contrasti, non ha
evidenziato alcuna differenza tra le razze.
Nell’analisi delle medie stimate dei vari fattori, e necessario tenere in considerazione la
presenza di bovine in differenti fasi della lattazione. Le bovine con la maggior
produzione di latte avevano partorito nei precedenti mesi di luglio e agosto, mentre in
gennaio si registrava la produzione individuale più elevata, in quanto fornita durante la
prima fase della lattazione. La produzione maggiore di latte avveniva in entrambe le
razze tra 45 e 60 giorni, in accordo all’andamento della curva di lattazione. Dall’analisi
degli effetti del THI sulla produzione di latte e emerso che le bovine Jersey risentono
meno rispetto alle Holstein dell’aumento di temperatura. Le figure 1 e 2 raffigurano
154
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
l’andamento della produzione di latte, ottenuta dalle soluzioni dell’analisi della varianza
e calcolata come deviazione dalla media, al variare del THI rispettivamente alle ore 7 e
17.
Figura 1 - Produzione di latte in relazione al THI delle 7 nelle due razze.
Figura 1 - Relation between milk yield and THI at 7 am for both breeds.
La produzione di latte raggiungeva l’apice nella Holstein e nella Jersey rispettivamente
per valori di THT pari a 65 e 70. Nelle bovine Holstein la diminuzione di latte era più
marcata soprattutto quando il THI superava il valore critico per il benessere (>72), in
accordo a quanto riportato in letteratura. Il mantenimento della produzione a THI
superiori e la minor riduzione della produzione nella razza Jersey sono probabilmente
riconducibili al più favorevole rapporto superficie corporea/peso, dovuto alla taglia più
ridotta, che facilita la dispersione di calore. I risultati sono stati confermati dall’analisi
della produzione di latte in relazione al THI rilevato alle 17, in quanto si verificava una
diminuzione ancora più marcata della produzione di latte all’aumentare del THI,
probabilmente dovuta agli effetti climatici accumulati nel corso della giornata. La sola
produzione non è però in grado di spiegare la capacità di adattamento, in quanto gli
aspetti riproduttivi in effetti rivestono maggior importanza in tal senso.
155
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Figura 2 - Produzione di latte in relazione al THI delle 17 nelle due razze.
Figure 2 - Relation between milk yield and THI at 5 pm for both breeds.
A questo riguardo la tabella 3 riporta le medie del numero di servizi e della lunghezza
del periodo parto concepimento per le 211 bovine (97 Holstein e 124 Jersey) di cui è
stato possibile la registrazione di tale dato. Le bovine Holstein presentano performance
riproduttive decisamente inferiori rispetto alla razza Jersey.
Tabella 3 - Medie del numero di servizi e del parto-concepimento nelle due razze.
Table 3 - Means of number of services and days open in the two breeds.
Variabile
Holstein
Jersey (N = 124)
Trait
Numero di servizi
3.24 ± 2.23
2.072 ± 1.61
Number of services
Parto concepimento (g)
158.34 ± 95.59
98.59 + 73.63
Days open (d)
BIBLIOGRAFIA
Bertoni G., Bernabucci U., Filippi Balestra (1991). Heat stress effects on some blood
parameters of sheep. “EAAP Publ.”, 55, 98-102.
Bosen, Tromp S. W. (1963). Medical biometereology. Elsevier Publ., La Haye, 91
Calamari L., Maianti M.G., Calegari F., Abeni F., Stefanini L. (1997). Variazioni dei
parametri lattodinamografici nel periodo estivo in bovine in fasi diverse di lattazione.
Atti 51° Conv. Naz. Sisvet, 203-204.
Bernabucci U., Calamari L. (1998). Effects of heat stress on bovine milk Yield and
composition. Zoot. Nutr. Anim., 24, 247-257.
Johnson H.D. (1987). Bioclimate effects on growth, reproduction and milk production,
chapter 3, 35-57.Elsevier Publ. B.V., Amsterdam, NL.
Thompson G. E. (1985). Lactation and the termal enviroment. In Yousef M.K.: Stress
physiology in livestock, Vol. 1, CRC Press Publ., Boca Raton, Floride, USA,122131.
156
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
IL PASCOLAMENTO QUALE FATTORE DI BENESSERE ANIMALE:
EFFETTI SULLA PRODUZIONE DEL VITELLO DA RISTALLO.
Alessandro Pistoia1 , Guido Ferruzzi2 , Andrea Serra3 , Marcelle Mele1
RIASSUNTO: E’ stato valutato l’effetto “benessere animale” inteso come vita al
pascolo nell’allevamento del tipo “linea vacca-vitello”. Sono stati rilevati per un periodo
di cinque anni, i parametri riproduttivi di due gruppi di fattrici di razza Limousine
allevati in una stessa azienda, ma con due sistemi diversi (stabulazione libera e
semibrado). Sui vitelli nati nello stesso periodo sono stati controllati i dati riguardanti i
tassi di mortalità i pesi vivi alla nascita e gli IMG nel periodo nascita svezzamento. Non
sono state evidenziate differenze fra i due gruppi relativamente alle performances
produttive dei vitelli (peso alla nascita, peso allo svezzamento e IMGNS), ma il sistema
semiestensivo ha influito positivamente sui parametri riproduttivi delle fattrici
(intervallo interparto più breve) e sulla mortalità dei vitelli consentendo un
miglioramento del tasso di produttività.
PAROLE CHIAVE: benessere animale, produzione carne, sistemi allevamento,
pascolamento
GRAZING AND ANIMAL WELFARE:
EFFECTS ON THE BEEF CALF PRODUCTION
SUMMARY: For a 5 years period the reproductive parameters of two groups of
Limousine cows, breaded in the same farm, were controlled in order to compare two
different breeding systems the free stall system and the semiextensive one. In the same
period also the death rate, the birth weight and the average daily gain from the birth
until the weaning (ADGBW) of the calves were controlled. The results show that there
are not differences between the two groups about the productive performances of the
calves (birth weight, weaning weight and ADGBW), but the semiextensive system
influences positively the reproductive parameters (a shorter calving interval and an
higher percentage of weaned calves).
KEY WORDS: animal welfare, beef production, breeding system, grazing
_______________________________________
1
Ricercatore. Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, Settore Scienze
Zootecniche, Università di Pisa, via del Borghetto, 80 - 56124 Pisa.
2
Professore associato. Ibidem.
3
Dottorando di Ricerca. Ibidem.
157
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
PREMESSA
Le più recenti linee guida della politica agricola Europea relative al comparto
zootecnico, stanno indirizzando e sostenendo forme di allevamento compatibili allo
stesso tempo con la tutela dell’ambiente e con il benessere degli animali (Regolamento
CE n. 1804/99). II raggiungimento di questo duplice obiettivo può essere ottenuto
attraverso sistemi di allevamento estensivi basati su un largo impiego di aree pascolive,
che consentono di contenere al massimo i problemi relativi all’impatto ambientale, sia
per l’impiego di bassi livelli di “input chimici” nelle pratiche colturali sia riguardo lo
smaltimento dei reflui zootecnici. Il pascolamento, inoltre, se ben gestito, può risultare
assai importante, in determinati ambienti, per la salvaguardia dei suoli nei confronti di
fenomeni erosivi idrometeorici. L’allevamento del bestiame al pascolo, infine, e un
fattore essenziale per il benessere degli animali che si riflette sulle loro condizioni
psico-fìsiche e quindi, sulle performances produttive e riproduttive. Per valutare
quest’ultimo aspetto nell’allevamento dei bovini da carne è stato effettuato uno studio
riguardante la produzione di vitelli da ristallo con due differenti sistemi di allevamento
di cui uno basato sull’utilizzazione del pascolo.
MATERIALE E METODI
Da una mandria di circa 120 bovine di razza Limousine mantenute a stabulazione libera
da circa 6 anni, è stato isolato un gruppo rappresentativo di 30 vacche allevato con un
sistema semibrado. Tale gruppo disponeva, soprattutto nei periodi di produzione
foraggera, di un pascolo di circa 6 ha e di un’integrazione costituita dalla stessa razione
di foraggi somministrata agli animali in stalla.
In apposite zone dell’allevamento, inoltre, era disponibile, per i vitelli di entrambi i
gruppi, fieno di medica e M C I idoneo per lo svezzamento.
La struttura adibita all’allevamento del gruppo stallino era costituita da una zona di
riposo in muratura con pavimento a lettiera permanente e da un paddock esterno in
battuto di cemento con una superficie capo grosso di 12 m2 da cui era possibile accedere
alla zona di alimentazione. II gruppo allevato allo stato semibrado disponeva come
ricovero per la notte e come zona di alimentazione di una tettoia, chiusa da un lato come
riparo dai venti dominanti, con pavimento e lettiera permanente In entrambi i gruppi di
animali era previsto il toro imbrancato tutto l’anno. Nel gruppo stallino i vitelli neonati
venivano tenuti con le madri per circa 6-7gg dentro appositi box mentre nell’altro
gruppo restavano liberi nell’ambito della mandria. I vitelli di entrambi i gruppi
rimanevano con le madri fino ad un’età di circa 7 mesi dopo di che venivano svezzati e
portati in stalla per essere ingrassati. Sui due gruppi di fattrici sono stati presi in
considerazione, nel periodo riferito al quinquennio 1994-1998, i dati relativi alla
carriera riproduttiva rilevando la data del parto di ciascuna bovina e calcolando i singoli
interparti e quello medio per capo. Inoltre tutti gli interparti delle bovine sono stati
suddivisi in classi di cui è stata determinata l’ampiezza, intesa come percentuale di
soggetti appartenenti a ciascuna classe. Per ogni gruppo è stato determinato, inoltre,
l’andamento della distribuzione temporale dei parti durante l’anno. Rispetto al numero
totale delle gravidanze sono state determinate le percentuali di aborti e dei vitelli nati
158
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
morti e sul totale delle nascite la mortalità dei vitelli riferita ai periodi “nascita - 10
giorni di età” e “10 giorni di età - svezzamento”. I vitelli nati da ciascuno dei due gruppi
sono stati pesati alla nascita e allo svezzamento, e sono stati quindi calcolati, per
l’intervallo di tempo ivi compreso, gli incrementi medi giornalieri di ciascun soggetto
(IGMNS).
RISULTATI E DISCUSSIONE
Dall’analisi dei dati relativi agli interparti registrati nel corso del quinquennio di studio
è emerso che i soggetti appartenenti al gruppo semibrado hanno fatto registrare degli
intervalli interparto medi significativamente inferiori rispetto a quelli dell’altro gruppo
(13.83 vs 14.82, p<0.05). Tale dato evidenzia che i sistemi di allevamento semiestensivi,
sottoponendo a minor stress l’animale, influiscono positivamente sui problemi della
sfera riproduttiva e in particolare sulla regolarità del ciclo estrale e confermano quanto
già riscontrato in una precedente ricerca inerente l’efficienza riproduttiva di vacche
Limousine allevate allo stato semibrado (Pistoia et al., 1999).
Grafico 1 - Ripartizione in classi degli interparti osservati
Graphic 1 - Distribution of calving interval classes
Per quanto riguarda la distribuzione degli interparti (graf. 1) si può notare che l’82.7%
di quelli verificatisi nel gruppo semiestensivo è compreso nella classe “entro i 16 mesi”
contro il 67% del gruppo stabulato. Tale differenza, risultata significativa (p<0.05),
confermerebbe l’influenza positiva esercitata dal sistema di allevamento semibrado nei
confronti del parametro riproduttivo preso in esame.
159
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Se si considera la distribuzione dei parti durante l’anno solare (graf. 2), si può notare
come il gruppo semiestensivo mostri una tendenza a concentrare tali eventi nel periodo
fine inverno - inizio primavera, mentre per il gruppo stabulato si nota una distribuzione
più uniforme. Il numero degli aborti sul totale delle gravidanze registrate durante il
periodo di osservazione non è risultato differente nei gruppi, mentre il numero dei vitelli
svezzati sul totale dei nati vivi è risultato percentualmente maggiore nel gruppo
semiestensivo rispetto allo stallato (p < 0.05) (tab. 1).
Evidentemente le condizioni di allevamento nel gruppo semiestensivo risultano più
favorevoli al contenimento di fenomeni infettivi di diversa origine e questo si ripercuote
positivamente sulla salute degli animali.
Grafico 2 - Distribuzione dei parti durante l’anno.
Graphic 2 - Year calving distribution.
Tabella 1 - Tasso di mortalità dei vitelli.
Table I - Death rate of calves.
Gruppo
Group
Semibrado
Semiextensive
Stallino
Confined
Gravidanze
Pregnancy
125
344
Aborti e Vitelli
nati morti nati
Aborts
Birth
and death calves
birth
1.6%
123
1.7%
338
Vitelli
morti
(0-10gg)
Death
calves
2.43%
Vitelli
morti
(oltre l0gg)
Deat
h calves
1.62%
Vitelli
svezzati
Weaning
calves
4.73%
5.33%
89.9%
95.9%
Per quanto riguarda i parametri produttivi è stato verifìcato che fra i due sistemi di
allevamento non esistono differenze significative relativamente al peso alla nascita, al
peso allo svezzamento e all’lMGNS (tab. 2).
160
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 2 - Peso alla nascita, allo sve zzamento ed incrementi medi giornalieri dei vitelli
Table 2- Birth weight, weaning weight and average daily gain of calves
Peso nascita (kg)
Birth weight (kg)
Peso svezzam. (kg)
Weaning weight (kg
IMGNS (kg/giorno)
ADGBW (kg/day)
Semibrado
Semiextensive
Maschi
Femmine
Males
Females
37.8 ± 0.39
36.7 ±0.36
Stallino
Confined
Maschi
Femmine
Males
Females
37.7 ±0.25
36.0 ±0.27
229.3 ± 3.87
225.5 ±3.55
225.9 ±2.45
218.7 ±2.69
0.910 ± 0.018
0.900 ±0.017
0.900 ±0.012
0.870 ±0.013
CONCLUSIONI
Dal confronto dei due sistemi di allevamento presi in considerazione è emerso che in
quello di tipo pascolivo si sono ottenuti risultati migliori riguardo ai parametri legati alla
sfera riproduttiva come testimoniano la minor durata media dell’intervallo interparto e
la più bassa mortalità dei vitelli. La forte influenza esercitata dai fattori ambientali sulle
bovine allevate al pascolo ha determinato inoltre una maggiore stagionalità dei parti a
conferma di quanto già riscontrato su razze autoctone da altri autori (Secchiari et al.
1979, Filippini 1995). Pertanto da questo studio è emerso che nell’allevamento di tipo
linea vacca-vitello la disponibilità di aree pascolive può consentire di ottenere un
aumento del numero dei vitelli svezzati per fattrice con livelli di accrescimento
ponderale simili a quello dei vitelli allevati in stalla.
BIBLIOGRAFIA
Commissione Europea (1999). Regolamento CE n°1804/1999 del 19 luglio 1999.
Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee L 222: 1-28.
Filippini F.(1995). Bovini da carne: l’età al primo parto. Taurus VII (5): 7-9.
Pistola A., Mele M, Serra A. (1999). Buona efficienza riproduttiva della Limousine in
Italia. L’Informatore Agrario, LV (12): 57-60.
Secchiari P., Lucifero M., Jannella G.G. (1979). Indagine sull’efficienza riproduttiva
della razza bovina Maremmana. Zoot. Nutriz. Anim., V (3-4): 437-448.
161
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
162
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
INFLUENZA DELLA DENSITÀ’ DI ALLEVAMENTO
SUL BENESSERE DEL VITELLO BUFALINO
Aldo Bordi1 , Giuseppe De Rosa2 , Fernando Grasso3 , Giovanni Migliori4 , Fabio Napolitano 5
RIASSUNTO: A 4 gruppi di vitelle bufaline, ognuno costituito da 7 soggetti, è stata
assegnata, da 10 giorni di età fino allo svezzamento, una diversa superficie/capo, e
precisamente: gruppo A = 2,6 mq + 2,0 mq di area di esercizio esterna, gruppo B = 2,6
mq, gruppo C = 1,5 mq e gruppo D = 1 mq. Per il monitoraggio dello stress si è
proceduto alla valutazione: (a) della risposta comportamentale mediante la tecnica dello
scan sampling, (b) della risposta immunitaria a livello umorale iniettando Keyhole
limpet haemocyanin (KLH) e a livello cellulare somministrando Phytohemagglutinin
(PHA), (c) della risposta endocrina seguendo l’andamento del livello plasmatico di
cortisolo durante un periodo di 4 ore successivo allo svolgimento di un test di
isolamento (open field test). I risultati ottenuti indicherebbero che la limitazione dello
spazio comporta stress per gli animali, come hanno dimostrato le alterazioni delle
diverse risposte fisiologiche.
PAROLE CHIAVE: bufalo, densità di allevamento, benessere animale
EFFECT OF SPACE ALLOWANCE ON WATER BUFFALO CALVES WELFARE
SUMMARY: 28 buffalo female calves aged 10 d were used to examine the effects of
space allowance (group A = 4.6 m2 /calf, group B = 2.6 m2 /calf, group C = 1.5 m2 /calf,
group D = 1.0 m /calf) on behavioural, endocrine and immune variables. At weeks 4 and
8 the phytohemagglutinin (PHA) skin test was performed to induce aspecific delayed
hypersensitivity. At weeks 1 and 3 calves were injected i.m. with Keyhole limpet
haemocyanin (KLH). Antibody liters were determined at weekly intervals for 7 weeks.
At the end of the experimental period, the 70-d-old calves were subjected to an isolation
test lasting 10 min. Cortisol concentration was evaluated 0, 10, 45, 90, 150 and 225 min
after separation. Space restriction resulted in evidence of stress in the animals as shown
by alterations in a number of different physiological responses.
KEY WORDS: water buffalo, space allowance, animal welfare
____________________________
1
Professore ordinario. Dipartimento di Scienze zootecniche e Ispezione degli alimenti.
Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
2
Ricercatore confermato. Ibidem.
3
Ricercatore confermato. Ibidem.
4
Collaboratore tecnico. Ibidem.
5
Ricercatore confermato. Dipartimento di Scienze delle produzioni animali. Università degli
Studi della Basilicata.
163
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
PREMESSA
Per poter realizzare un ambiente idoneo ad assicurare un adeguato benessere agli
animali in produzione zootecnica, spesso costretti a vivere in condizioni totalmente
diverse da quelle naturali, è necessario quantificare con criteri oggettivi le alterazioni
dell’equilibrio omeostatico dell’animale e interpretare il significato delle interazioni
organismo-ambiente. Ciò è possibile attraverso la valutazione di una serie di indicatori
in grado di mettere in evidenza le modificazioni di tipo comportamentale, fisiologico,
biochimico e immunologico che si verificano nell’animale come risposta adattativa a
una condizione stressante. Scopo della presente ricerca è stato quello di valutare
l’influenza della densità di allevamento sul benessere del vitello bufalino, anche in
considerazione delle ancora limitate conoscenze su questa specie alla quale
generalmente sono state trasferite le acquisizioni relative alla specie bovina.
MATERIALE E METODI
28 vitelle bufaline, alla nascita, sono state separate dalla madre e poste in box
individuali per circa 10 giorni. Successivamente, sono stati formati 4 gruppi, ognuno
costituito da 7 soggetti, ai quali è stata assegnata per un periodo di 60 giorni (fino allo
svezzamento) una diversa superficie/capo, e precisamente: gruppo A = 2,6 mq + 2,0 mq
di area di esercizio esterna, gruppo B = 2,6 mq, gruppo C = 1,5 mq (indicata
dall’Unione Europea per i bovini) e gruppo D = 1 mq. Il monitoraggio di eventuali
condizioni di stress è stato effettuato attraverso la valutazione: (a) della risposta
comportamentale, osservando a cadenza quindicinale le vitelle, secondo la tecnica
istantanoeus scan sampling, ogni 10’ per 6 ore, registrando per ogni soggetto la postura
e l’attività comportamentale; (b) della risposta immunitaria a livello umorale, iniettando
5 mg di Keyhole limpet haemocyanin (KLH) e determinando, mediante ELISA, il titolo
anticorpale su campioni di sangue prelevati settimanalmente; (c) della risposta
immunitaria a livello cellulare (skin test), rilevata attraverso la misurazione dello
spessore della cute prima e 24 ore dopo aver praticato un’iniezione intradermica di 500
ìg di Phytohemagglutinin (PHA); (d) della risposta endocrina, seguendo l’andamento
del livello plasmatico di cortisolo, determinato durante un periodo di 4 ore successivo
allo svolgimento di un test di isolamento (open field test) della durata di 10’. I dati sono
stati analizzati utilizzando il software SPSS-PC+.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Risposta comportamentale. La disponibilità di spazio ha condizionato la postura di
riposo e l’attività delle vitelle. I soggetti tenuti nel box più ampio (gruppo A) si
ponevano in decubito laterale con un maggior numero di arti distesi (P<0,01—0,001) e
risultavano meno attivi (P<0,001) rispetto a quelli degli altri 3 gruppi. Tali risultati sono
in accordo con quelli ottenuti da Ketelaar de Lauwere e Smits (1991) e da Le Neindre e
coll. (1991) secondo i quali uno spazio insufficiente costringe spesso l’animale a tenere
gli arti piegati. L’osservazione che le vitelle con maggior spazio disponibile sono
apparse più frequentemente inattive e rilassate contrasta, però, con quanto rilevato da
Fraser e Boom (1990) che associa no lunghi periodi di inattività con condizioni
164
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
ambientali avverse.
Risposta immunitaria a livello umorale. Il titolo anticorpale è stato influenzato dalla
densità di allevamento, essendo risultato più elevato nei soggetti con una maggiore
disponibilità di spazio (gruppo A) (P<0,05÷0,01). Sebbene Fisher e coll. (1997) non
abbiano osservato effetti della restrizione di spazio sulla produzione di anticorpi, è stato
dimostrato nei bovini che sia lo stress acuto (Kegley e coll., 1997) che quello cronico
(Cummins e Brunner, 1991) possono modificare la risposta immunitaria umorale. Nelle
vitelle del gruppo A il massimo della risposta immunitaria dopo la somministrazione
dell’antigene è stato raggiunto 7-14 giorni prima che in quelle degli altri 3 gruppi, come
si rileva dal grafico seguente:
Risposta immunitaria a livello cellulare. Le vitelle con limitata disponibilità di spazio
(gruppi C e D) hanno evidenziato, rispetto a quelle dei gruppi A e B, un minore
ispessimento cutaneo in entrambi gli skin test effettuati (P<0,01÷0,001), avvalorando le
conclusioni di Ekkel e coll. (1995) che sostengono che lo skin test può consentire di
valutare l’effetto del sistema di allevamento sul benessere animale.
Risposta endocrina. La reazione al test di isolamento, valutata in base al livello
plasmatico del cortisolo, è risultata meno intensa (P<0,01÷0,001) nelle vitelle tenute nei
box più ampi (gruppi A e B) e ciò denoterebbe una loro maggiore capacità di superare
lo stress emotivo provocato dall’allontanamento dal proprio box, dall’isolamento,
dall’esposizione ad un ambiente nuovo e dal trattamento da parte dell’uomo. Per tutti i
soggetti, la più elevata concentrazione di cortisolo è stata rilevata immediatamente dopo
l’esecuzione dell’ open field test, come si evidenzia dal grafico seguente:
165
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
CONCLUSIONI
La limitazione dello spazio comporta stress per gli animali, come hanno dimostrato le
alterazioni delle diverse risposte fisiologiche. Pertanto, nella definizione della densità di
allevamento per il vitello bufalino non bisogna tenere conto soltanto dell’aspetto economico, ma soprattutto delle condizioni in grado di assicurargli un adeguato stato di
benessere.
BIBLIOGRAFIA
Cummins K.A., Brunner C.J. (1991). Effect of calf housing on plasma ascorbate and
endocrine and immune function. “J. Dairy Sci.”, 74, 1582-1588.
Ekkel E.D., van Doom C.E.A., Hessing M.J.K., Tielen M.J.M. (1995). The specificstress-free housing system has positive effects on productivity, health and welfare of
pigs. “J. Anim. Sci.”, 73, 1544-1551.
Fisher A.D., Crowe M.A., Prendiville D.J., Enright W.J. (1997). Indoor space allowance: effects on growth, behaviour, adrenal and immune responses of finishing beef
heifers. “Anim. Sci.”, 64, 53-62.
Fraser A.F., Broom D.M. (1990). “Farm animal behaviour and welfare”. Bailliere
Tindall, London, UK.
Kegley E.B., Spears J.W., Brown T.T. Jr. (1997). Effect of shipping and chromium
supplementation on performance, immune response and disease resistance of steers.
“J. Anim. Sci.”, 75, 1956-1964.
Ketelaar de Lauwere C.C., Smits A.C. (1991). Spatial requirements of individually
housed veal calves of 175 to 300 kg. In: “New trends in veal calf production”, Pudoc, Wageningen, The Netherlands, 49-53.
Le Neindre P., Gesmier V., Trillai G. (1991). Le confort du veau de boucherie dans les
conditions de l’élevage intensif. Contr. ITEB-Interveaux. INK A, Theix, France.
166
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
RIDUZIONE DELLO STRESS NELL’AGNELLO ALLATTATO
ARTIFICIALMENTE ATTRAVERSO IL PASSAGGIO GRADUALE
DAL LATTE MATERNO A QUELLO RICOSTITUITO1
Agostino Sevi1 , Fabio Napolitano 2 , Donato Casamassima3 , Salvatore dell’Aquila4 ,
Angelo Bellitti5 , Giovanni Annicchiarico6
RIASSUNTO: In 2 successive esperienze è stato valutato l’effetto del passaggio
graduale dal latte materno a quello ricostituito sul comportamento, sulla risposta
immunitaria e cortisolemica e sulle prestazioni produttive dell’agnello allattato
artificialmente. I risultati ottenuti hanno evidenziato che il brusco passaggio
dall’allattamento materno a quello artificiale comporta una riduzione della reattività ed
un aumento dei livelli del cortisolo plasmatico nell’agnello quando sottoposto a
situazioni stressanti (isolamento dai conspecifici in ambiente non familiare), nonché una
significativa riduzione della risposta immunitaria ed un marcato peggioramento delle
performance di crescita. Il passaggio graduale dal latte di pecora o misto (50% di latte di
pecora e 50% di latte ricostituito) al succedaneo nell’arco di 10 giorni, soprattutto se
abbinato con la disponibilità di latte ad libitum, consente di minimizzare gli effetti
negativi dell’allattamento artificiale sia sulle risposte comportamentali dell’agnello, che
su quelle immunitarie, endocrine e produttive.
PAROLE CHIAVE: agnello, allattamento artificiale, comportamento, risposta immunitaria, cortisolo
MINIMISING STRESS IN ARTIFICIALLY REARED LAMBS THROUGH
A GRADUAL TRANSITION FROM MATERNAL TO RECONSTITUTED MILK
SUMMARY: The effects of a gradual transition from maternal to reconstituted milk on
behaviour, immune and cortisol responses and on production performance of artificially
reared lambs have been assessed in two trials. The authors found that an abrupt change
from dam-suckling to artificial rearing results in withdrawal behaviour and increased
plasma cortisol levels of lambs subjected to stressful eve nts (separation from
conspecifics and isolation in a novel environment), as well as in reduced immune
response and markedly poorer growth performance. Gradual transition in 10 days from
ewe milk or mixed milk (50% ewe milk and 50% artificial milk) to reconstituted milk
may minimise the adverse effects of artificial rearing on behavioural, immune, endocrine and productive responses of lambs, especial when they are maintained under
condition of ad libitum milk intake.
____________________________
1
Ricerc. confermato. Ist. di Produzioni e Preparazioni Alimentari. Univ. di Foggia.
Ricerc. confermato. Dip. di Scienze delle Produzioni Animali. Univ. di Potenza.
3
Prof. Ordinario. Dip. Scienze Animali, Vegetali e dell’Ambiente. Univ. del Molise
4
Direttore di Sezione. Ist. Sperimentale per la Zootecnia. Segezia -Foggia.
5
Ricercatore. Dip. Scienze Animali, Vegetali e dell’Ambiente. Univ. del Molise.
6
Sperimentatore. Ist. Sperimentale per la Zootecnia. Segezia-Foggia.
2
167
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
KEY WORDS: lambs, artificial rearing, behaviour, immune response, cortisol
PREMESSA
I programmi di allattamento artificiale che prevedono una precoce separazione
dell’agnello dalla pecora possono condizionare negativamente le risposte immunitarie e
le perfomance dell’agnello, come possibile conseguenza della difficoltà di superare lo
stress emotivo e nutrizionale legato al passaggio dall’allattamento materno a quello
artificiale (Napolitano et al., 1995). Ne deriva che l’individuazione di tecniche in grado
di ridurre lo stress connesso al passaggio dell’agnello al regime di alimentazione
artificiale può risultare efficace ai fini di un miglioramento dello stato di salute e delle
prestazioni produttive dell’agnello (Sevi et al., 1996). E’ noto che gli stimoli oroolfattivi svolgono un ruolo di primo piano nello sviluppo del comportamento sociale ed
alimentare del giovane agnello (Nolte and Provenza, 1991; Mirza and Provenza, 1994) e
sono coinvolti nell’attività di ricerca della tettarella da parte dell’agnello neonato
(Vince, 1983; Vince and Ward, 1984; Vince and Billing, 1986; Nowak, 1996). Pertanto,
gli stimoli oro-olfattivi derivanti dal latte materno potrebbero ridurre gli effetti negativi
della separazione dell’agnello dalla madre (Sevi et al., 1998). L’obiettivo della ricerca è
stato quello di verificare la possibilità di ridurre lo stress connesso all’allattamento
artificiale dell’agnello attraverso un passaggio graduale dal latte materno a quello
ricostituito.
MATERIALE E METODI (la prova)
La prova, della durata di 5 settimane, è stata condotta su agnelli di razza Comisana,
suddivisi in due gruppi sperimentali ed un gruppo di controllo di 10 soggetti ciascuno.
Gli agnelli del gruppo di controllo (DS) sono stati mantenuti con le madri in un box
delle dimensioni di 8m x 3m durante l’intero periodo di prova, mentre gli agnelli dei
gruppi sperimentali sono stati separati dalle rispettive madri 18-24 ore dopo la nascita e
sono stati allevati in 2 box separati, ciascuno delle dimensioni di 3m x 4m, su lettiera di
paglia: 10 agnelli (gruppo MX) hanno ricevuto una miscela in parti uguali di latte di
pecora e di succedaneo durante la prima settimana di prova ed altri 10 (gruppo MR) il
solo latte ricostituito. Entrambi i gruppi sperimentali hanno ricevuto il solo succedaneo
per il resto dell’esperimento; il passaggio dal latte di pecora e da quello misto al solo
succedaneo è avvenuto nel giro di 3 giorni, riducendo gradualmente la quantità di latte
di pecora somministrato agli agnelli. In entrambi i gruppi sperimentali il succedaneo del
latte veniva preparato diluendo 200 g di farina lattea in un litro di acqua e poi
somministrato ad una temperatura di 37 °C per mezzo di secchi provvisti di tettarelle in
lattice. Gli agnelli avevano libero accesso al latte per 3 ore al giorno (dalle 7,00 alle
8,00, dalle 14,00 alle 15,00 e dalle 19,00 alle 20,00). A 10 e 20 giorni di età tutti gli
agnelli sono stati sottoposti ad un test di isolamento, al fine di valutare le risposte
comportamentali e cortisolemiche. Ciascun animale è stato all’uopo collocato in un box
(4m x 4m) ed isolato da contatti tattili e visivi con i conspecifici per 15 minuti. Tuttavia,
gli agnelli sottoposti a test potevano ricevere stimoli uditivi ed olfattivi dagli altri
agnelli e/o dalle madri. Sono stati determinati: il tempo di latenza (tempo intercorso tra
l’inizio del test e il primo movimento dell’agnello), la durata dell’attività motoria ed il
168
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
numero dei belati emessi durante ciascun test di isolamento. Campioni di sangue per la
determinazione della concentrazione del cortisolo sono stati anche raccolti dalla vena
giugulare in provette sottovuoto immediatamente prima del test, 15 e 60 minuti dopo
l’esecuzione del test stesso. La concentrazione del cortisolo è stata misurata con
metodica RIA. Il test cutaneo con la fìtoemoagglutinina è stato effettuato per indurre
una risposta immunitaria aspecifica negli agnelli. A tal fine, a 5, 15 e 25 giorni di età, la
fìtoemoagglutinina (500 ìg, SIGMA) è stata disciolta in 500 ìl di soluzione salina
sterile ed è stata iniettata per via intradermica su di un’area depilata del diametro di 2
cm di ciascun lato del dorso degli animali. Prima dell’iniezione ed a distanza di 24 ore
da essa è stato valutato, mediante un calibro, l’ispessimento cutaneo rappresentante la
risposta immunitaria dell’animale alla penetrazione della fìtoemoagglutinina. Tutti gli
animali sono stati pesati a giorni alterni durante la prima settimana di prova e,
successivamente, ad intervalli settimanali, utilizzando una bilancia elettronica. Nei
gruppi MX e MR sono stati rilevati, con la stessa cadenza, i consumi di latte con il
sistema della doppia pesata. I dati sono stati analizzati con il pacchetto statistico SAS
(1990). Le variabili comportamentali ed i livelli cortisolemici sono stati sottoposti a
trasformazione logaritmica per normalizzare la distribuzione delle frequenze e quindi
elaborati con l’ANOVA per misure ripetute. I pesi vivi ed i consumi di latte sono stati
sottoposti ad ANOVA (fattore fisso = gruppo), considerando come covariate i pesi vivi
iniziali. Le risposte immunitarie sono state sottoposte ad una split-plot analysis. Quando
sono stati rilevati degli effetti significativi, è stato utilizzato il test della T di Student per
valutare le differenze tra le medie.
RISULTATI (1a prova)
Gli agnelli del gruppo MR hanno evidenziato tempi di latenza più elevati (P<0,001)
rispetto a quelli degli altri 2 gruppi sia a 10 che a 20 giorni di età (Tabella 1). Al
contrario, gli agnelli dei gruppi MX e DS hanno presentato tempi di locomozione più
lunghi durante entrambi i test di isolamento. Durante il primo test d’isolamento (10
giorni) gli agnelli del gruppo di controllo hanno belato significativamente di più
(P<0,01) rispetto a quelli dei gruppi sperimentali. Relativamente ai livelli del cortisolo
plasmatico, a 10 giorni di età il gruppo DS ha esibito livelli ematici del cortisolo
significativamente più bassi rispetto al gruppo MR, mentre non sono emerse differenze
significative tra il gruppo di controllo ed il gruppo MX. Il gruppo MR ha esibito una
reazione immunitaria più blanda in tutti gli skin-test rispetto al gruppo di controllo ed al
gruppo MX (P<0,001 e P<0,01, rispettivamente). Nel corso dell’intera prova,
l’ingestione di latte è stata del 30% significativamente più bassa nel gruppo MR rispetto
al gruppo MX. Quest’ultimo gruppo, tuttavia, ha evidenziato, nel complesso,
accrescimenti inferiori (P<0,05) rispetto al gruppo di controllo.
169
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 1 - Risposte comportamentali, immunitarie, endocrine e produttive degli agnelli
nel corso della la prova (medie±ES)
Table 1 - Behavioural, immune and cortisol responses and production performance of
lambs in the 1st trial (means±SE)
DS
Tempo di latenza
Latency time
10d
s
3,7 ± 1,0B
20 d
s
2,3 ± 0,6B
Durata dell’attività motoria
Duratio n of movement
10d
s
430 ± 13A
20 d
s
456 ± 4A
Numero dei belati/min
Number of bleats/min
10d
24,2 ± 1,7A
20 d
16,4 ± 1,7B
Inspessimento cutaneo (dopo PHA)
Skinfold thickness (after PHA inijection)
MX
MR
4,7 ± 0,7B
2,5 ± 0,4B
11,7 ± 1,6A
9,9 ± 1,2A
410 ± 18A
440 ± 11A
325 ± 16B
397 ± 15C
14,8 ± 1,6B
15,4 ± 1,2AB
14,1 ± 1,1B
14,7 ± 1,4AB
5d
mm
6,18 ± 0,7
5,41 ± 0,7
15d
mm
9,40 ± 0,7A
7,93 ± 0,8a
25 d
mm
6,62 ± 0,8
6,87± 0,8
Cortisolo plasmatico (15 min dopo test isolamento)
Plasma (15 min after isolation test)
10 d
20 d
Hg/dl
M-g/dl
Accrescimenti
Weight gains
0-35 d kg/d
4,42 ± 0,7
5,12 ± 0,7Bb
5,73 ± 0,8
23,9 ± 6,7a
28,5 ± 5,9
33,8 ± 5,6
38,8 ± 5,6
47,9 ± 5,6b
48,1 ± 5,6
0,28 ± 0,01Aa
0,23 ± 0,01Ab
0,16 ± 0,01B
Alla luce dei risultati ottenuti nel corso della prima prova, si è inteso valutare la
possibilità di ridurre le differenze di accrescimento tra gli agnelli allattati naturalmente e
quelli sottoposti ad un passaggio graduale dal latte materno a quello ricostituito.
170
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
MATERIALE E METODI (2ª prova)
Si è voluto in particolare valutare l’effetto, singolo o congiunto, della somministrazione
di latte di pecora e/o della costante disponibilità di latte nel corso delle ventiquattrore
sulla riduzione dello stress nutrizionale legato all’allattamento artificiale. Pertanto,
ferma restando per tutto il resto la metodologia adottata, sono state introdotte 2 varianti
al disegno sperimentale:
1) introduzione di un trattamento che prevedesse la somministrazione di solo latte di
pecora (gruppo EM) nella settimana successiva alla separazione degli agnelli dalle
madri, con soppressione del trattamento che prevedeva il brusco passaggio al latte
ricostituito dopo lo scolostramento;
2) somministrazione del latte ad libitum nei 2 gruppi in allattamento artificiale.
RISULTATI (2a prova)
I tempi di latenza (4,1, 4,6 e 5,4 s nei gruppi DS, EM e MX rispettivamente) e quelli
trascorsi in attività deambulatoria (436, 435 e 415 s, rispettivamente) non sono stati
condizionati dal trattamento sperimentale, mentre il numero di belati è risultato più
elevato nel gruppo DS rispetto ai gruppi EM ed MX (P<0,001) sia a 10 (26,4 vs 16,3 e
16,1 belati/min) che a 20 giorni di età (20,1 vs 13,6 e 14,4 belati/min, rispettivamente);
tuttavia, le vocalizzazioni nel gruppo DS sono significativamente diminuite (P<0,05)
con l’aumentare dell’età degli agnelli. Sia a 10 che a 20 giorni di età gli agnelli hanno
evidenziato i più alti valori cortisolemici subito dopo l’esecuzione dei test di isolamento
(P<0,001). In entrambi i test non è stato rilevato alcun effetto del tipo di latte e
dell’interazione tipo di latte x età degli agnelli sulla risposta cortisolemica
all’isolamento (54,9, 50,6 e 56,9 (lg/dl, nei gruppi DS, EM e MX rispettivamente). Né il
trattamento sperimentale, né l’età degli agnelli e l’interazione di entrambi i fattori hanno
condizionato la risposta immunitaria dei soggetti in prova all’iniezione intradermica di
PHA; in media, i valori sono stati pari a 5,03, 5,21 e 4,73 mm, nei gruppi DS, EM e MX
rispettivamente. Gli accrescimenti degli agnelli sono aumentati con la quantità di latte di
pecora somministrato, ma le differenze sono state molto ridotte e non significative
nell’arco dell’intero periodo sperimentale, oscillando i valori tra 0,24 e 0,21 kg/d nei
gruppi DS e MX, rispettivamente.
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Gli agnelli del gruppo MR hanno esibito un comportamento poco reattivo quando
immessi in un ambiente non familiare durante i test di isolamento. Essi sono risultati più
tardivi nell’avviare l’attività deambulatoria ed hanno trascorso meno tempo ad esplorare
l’ambiente circostante rispetto a quelli degli altri due gruppi. Al contrario, non sono
emerse sostanziali differenze di comportamento tra i gruppi MX e DS, circostanza che
sembra evidenziare come il passaggio graduale dal latte materno al latte ricostituito sia
efficace nel minimizzare gli effetti negativi della rottura del legame materno/filiale sullo
sviluppo comportamentale dell’agnello. E’ ben noto che gli animali rispondono alle
situazioni stressanti con un’aumentata secrezione di ormoni, quali l’ACTH ed il
cortisolo, a motivo dell’attivazione dell’asse ipofisi-surrene. In particolare, la
cortisolemia viene normalmente utilizzata come indicatrice dell’insorgenza di stress
fisici e/o psicologici nei ruminanti (Hashizume et al., 1994). I nostri risultati indicano
che la riduzione dello stress fisico (passaggio graduale dal latte materno a quello
171
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
ricostituito) provoca un’attenuazione della risposta cortisolemica dell’agnello rispetto a
quella riscontrabile in soggetti sottoposti contemporaneamente ad uno stress fisico
(cambiamento del regime alimentare) e psicologico (separazione dalla madre), lasciando
così intravedere l’effettiva possibilità di ridurre lo stress connesso all’allattamento
artificiale attraverso la tecnica testata. La rilevazione della reattività cellulo-mediata in
vivo appare particolarmente indicata per valutare la risposta immunitaria in prove
miranti a valutare il benessere degli animali di interesse zootecnico (Burton et al.,
1989). In questa prova, l’allattamento artificiale ha prodotto una riduzione della risposta
immunitaria al PHA, mentre la graduale sostituzione del latte di pecora con il latte
ricostituito ha innalzato sensibilmente la risposta immunitaria cellulo- mediata degli
agnelli, così confermando che una riduzione almeno dello stress nutrizionale legato alla
transizione al regime alimentare artificiale può avere effetti positivi sulle condizioni di
benessere dell’agnello allattato artificialmente. L’assunzione di latte e gli accrescimenti
degli agnelli sono stati marcatamente influenzati dal trattamento sperimentale. Gli
agnelli del gruppo MX hanno consumato quantitativi di latte significativamente
maggiori ed hanno evidenziato accrescimenti più elevati rispetto a quelli del gruppo
MR. Tuttavia, gli agnelli del gruppo MX si sono accresciuti di meno rispetto a quelli del
gruppo di controllo, che avevano la possibilità di giovarsi del latte materno e di pasti più
frequenti. La seconda prova ha sostanzialmente confermato i risultati ottenuti nel corso
della prima sperimentazione. A prescindere dal tipo di latte ricevuto durante la prima
settimana successiva alla separazione dalle madri (di sola pecora o miscela di latte di
pecora e di succedaneo), gli agnelli allattati artificialmente hanno esibito risposte
comportamentali e immunitarie e livelli del cortisolo plasmatico sovrapponibili a quelle
del gruppo di controllo. A differenza di quanto evidenziato nel corso della prima
sperimentazione, invece, non sono emerse differenze del ritmo di crescita tra i gruppi
trattati ed il testimone. Ciò sembra evidenziare che il passaggio graduale dal latte
materno a quello ricostituito, in abbinamento con l’alimentazione ad libitum, è efficace
nel minimizzare le differenze del livello nutrizionale tra gli agnelli allattati naturalmente
e quelli allattati artificialmente. Infatti, il latte materno stimola consumi più elevati,
anche quando offerto in miscela con il succedaneo, mentre l’alimentazione ad libitum
esita in una migliore utilizzazione dell’alimento consumato in piccoli pasti ad intervalli
più frequenti. In conclusione, gli agnelli sottoposti ad un brusco cambiamento del
regime alimentare hanno evidenziato un comportamento poco reattivo quando esposti
ad un nuovo ambiente, una più blanda risposta immunitaria, un aumento dei livelli
plasmatici del cortisolo ed un peggioramento delle performance di crescita rispetto a
quelli in allattamento naturale. Al contrario, gli agnelli che hanno potuto giovarsi di un
passaggio graduale dall’allattamento materno a quello artificiale hanno esibito risposte
comportamentali, immunitarie ed endocrine del tutto similari rispetto al gruppo di
controllo. Allorché messi in condizione di assumere il latte ad libitum nell’arco delle
ventiquattrore, gli agnelli sottoposti ad un passaggio graduale dal latte materno hanno
anche esibito accrescimenti similari rispetto a quelli allattati naturalmente,
indipendentemente dal fatto che ricevessero solo latte di pecora o una miscela di latte di
pecora e di succedaneo nei giorni successivi alla separazione dalle madri. In
considerazione del fatto che il principale obiettivo dell’allattamento artificiale è quello
di aumentare la quota di latte da destinare al caseificio, la somministrazione di una
miscela di latte di pecora e di succedaneo appare da preferirsi alla somministrazione di
172
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
solo latte di pecora nella fase di transizione dell’agnello all’allattamento artificiale.
BIBLIOGRAFIA
Burton J.L., Kennedy B.W., Burnside E.B., Wilkie B.N., Burton J.H. (1989). Dinitrochlorobenzene contact hypersensitivity as a marker trait for selection to improve
disease resistance in calves. J. Dairy Sci., 72, 2351-2361.
Hashizume T., Haglof S.A., Malven P.V. (1994). Intracerebral methionineenkephalin,serum cortisol, and serum beta-endorphin during acute exposure of sheep
tophysical or isolation stress. J. Anim. Sci., 72, 700-708.
Mirza S.N., Provenza F.D. (1994). Socially induced food avoidance in lambs: direct or
indirect maternal influence? J. Anim. Sci.,72, 899-902
Napolitano F., Marino V., De Rosa G., Capparelli R., Bordi A. (1995). Influence of
artificial rearing on behavioural and immune response of lambs. Appl. Anim.Behav.
Sci., 45, 245-253.
Nolte D.L., Provenza F.D. (1991). Food preferences in lambs after exposure to flavors
in milk. Appl. Anim. Behav. Sci., 32, 381-389.
Nowak R. (1996). Neonatal survival: contributions from behavioural studies in
sheep.Appl. Anim. Behav. Sci., 49, 61-72. SAS 1990
SAS/STAT User’s Guide (Version 6, 4th ed.). Cary: Statistical Analysis System Inst.
Sevi A., Casamassima D., Danesee G. (1998). Effetto del tipo di latte sulla capacità di
adattamento dell’agnello alla tettarella artificiale. Zootecnica e Nutrizione Animale,
24, 85-93.
Sevi A., Muscio A., Casamassima, D. (1996). Recenti acquisizioni sull’allattamento
artificiale dell’agnello. Agricoltura Ricerca, 165, 431-440.
Vince M.A. (1983). Sensory factors involved in the newly born lamb’s initial search for
the teat. J. Physiol., 343, 2-10.
Vince M.A., Billing, A.E. (1986). Infancy in the sheep: the part played by sensory
stimulation in bonding between the ewe and the lamb. In: L.P. Lipsitt e C. RoveeCollier (Editors), Advances in Infancy Research. Ablex Norwood, New Jersey, pp. 137.
Vince A.M., Ward, T.M. (1984). The responsiveness of newly born Clun Forest lambs
to odour sources in the ewe. Behaviour, 89, 117-127.
173
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
EFFETTO DELLA TEMPERATURA SU ALCUNE PERFORMANCE
ZOOTECNICHE DOPO LO SVEZZAMENTO NEGLI AGNELLI
Gambacorta E.,Cosentino E., Freschi P., Cosentino C.
Testo della pubblicazione non pervenuto.
174
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
UNA TECNICA NON INVASIVA PER VALUTARE
L’ATTIVITÀ RUMINALE1
Paolo Mazzocco2
RIASSUNTO: Le tecniche in vivo per controllare l’attività ruminale sono invasive e non
sempre giustificabili dal punto di vista dei diritti degli animali Anche per questo sono
state sviluppate tecniche alternative, e con questo proposito è stato descritto un
apparecchio costruito per simulare la vita nel rumine e sono valutati i risultati ottenuti in
una prova condotta per migliorare la stabilita del fermentatore.
PAROLE CHIAVE: rumine artificiale
A NO-INVASIVE TECHNIQUE FOR RUMINAL ACTIVITY EVALUATION
SUMMARY: In vivo procedures for detecting rumen activity are invasive and
sometimes not easily justifiable in view of the animal’s rights. So alternative techniques
have been developed, and to this purpose an apparatus designed to simulate rumen life
has been reported as the results obtained in a trial conducted to improve fermenter
stability.
KEYWORDS: artificial rumen
PREMESSA
La misura in vivo dell’attività ruminale richiede che gli animali siano fistolati. La
tecnica chirurgica spesso non giustifica le sofferenze cui vengono sottoposti gli animali
di esperimento, lo studio diretto sugli animali rende problematico depurare i risultati dal
contributo endogeno di nutrienti, richiede personale specializzato e impegnato in
continuazione, e soggetto a forti oscillazioni individuali (Faichney, 1975). Questi motivi
hanno spinto allo studio di tecniche alternative che permettano in laboratorio di valutare
la degrada/ione ruminale degli alimenti (Abe e Kumeno, 1973; Fuchigami e coll., 1989).
Nelle apparecchiature finora proposte (Czerkawski e Breckenndge, 1977; Hoover e
coll., 1976), la progressiva diminuzione del numero di protozoi presenti e un indice di
una limitata rispondenza del sistema alle condizioni naturali. E’ stato proposto un
apparecchio (Mazzocco, 1999) che pur superando tale difetto, ha mostrato alcuni
inconvenienti legati a fermentazioni anomale si e quindi approntato un modello
modificato, di cui si riportano le prestazioni.
_____________________________
1
2
Lavoro svolto con Fondi MURST 60%.
Professore associato, Dipartimento di Scienze Zootecniche, Grugliasco (Torino).
175
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
MATERIALI E METODI
II percorso del liquido dal fermentatore alla pompa e viceversa (Mazzocco, 1999;
Mazzocco e Barbera, 1999) è stato modificato nel senso che l’ingresso e l’uscita sono
stati sostati direttamente alla base del cilindro in tal modo si evita il ristagno di
materiale indecomposto sul fondo L’inoculo era costituito da liquido tratto al macello
dal rumine di un bovino di 2 anni che era stato alimentato secondo un regime foraggio
concentrato 3:1. Per favorire l’introduzione dell’inoculo nel fermentatore, la massa
prelevata dal rumine era dilavata con la saliva di Mc Dougall. La distribuzione di
alimento (50 ± 0,4 g) avveniva ogni 8 ore con un volume di acqua potabile di circa 2300
ml. Successivamente, ogni ora, veniva allontanata una parte del liquido filtrato, prima
della nuova somministrazione veniva eliminata una parte del liquido completo. Lo
scarico parziale del liquido filtrato non era accompagnato, contrariamente a quanto
avveniva precedentemente (Mazzocco e Barbera, 1999) dalla immissione di azoto per
rialzare la pressione. Nel complesso si aveva un indice di diluizione di 0,65/d e la massa
di liquido completo eliminata ogni 8 h rappresentava il 40% del totale.
La prova qui riportata è stata eseguita per controllare il funzionamento del fermentatore
viene studiato l’effetto dell’introduzione di urea su un alimento base. E’ stata impiegata
una miscela in cui fieno di prato stabile rappresentava il 65%, il resto era costituito da
concentrato, comprendente fosfato bicalcico (1 % sul totale) e complesso vitaminico e
minerale (1,1 %). I dati analitici della miscela base sono s.s. 88,7 %; ceneri, 8,9 % s.s.;
p.g., 13,0% s.s.; NDF 45,4% s.s.; ADF, 29,2% s.s. Questa miscela (A-) è stata impiegata
per 15 giorni quindi la stessa miscela, addizionata dello 0,5% di urea (A+) è stata
impiegata nei successivi 15 giorni. La miscela A+ differiva quindi rispetto quella di
base A- solo nel tenore di proteina grezza, 14,5% s.s.
RISULTATI E DISCUSSIONE
I risultati sono rappresentati in tab. 1. II volume di gas sviluppato e il consumo di
neutralizzante nel corso di un ciclo, la massa microbica e il tenore di ammoniaca
determinati alla 2a-3a ora dall’introduzione dell’alimento, hanno mostrato differenze
altamente significative tra i due alimenti con A+ sempre superiore ad A-, mentre il
numero di protozoi, data anche la forte variabilità rilevata su ripetizioni di uno stesso
campione non ha mostrato differenze di rilievo.
La degradazione degli alimenti da parte dei microorganismi del reticolo-rumine
condiziona profondamente la digeribilità e di conseguenza il valore biologico del
regime alimentare, in cui il rapporto con cui energia e proteina si rendono disponibili e
in gran parte responsabile della proporzione che viene metabolizzata dalla massa
microbica, rispetto a quella che sfugge e quindi viene digerita a valle del rumine In
questa prova la concentrazione di ammoniaca con A- e 15,7 mg/1 cosi bassa da
condizionare l’attività del fermentatore, cosi come si può osservare per gli altri
parametri riferiti ad A- in tab. 1. La risposta migliore ottenuta con A+, collegata ad un
livello più elevato di ammoniaca presente nel liquido di fermentazione, e riconducibile
appunto all’introduzione di urea nella massa microbica. Se da una parte il metodo
impiegato permette di discriminare tra due alimenti che differiscono solo per 1,5 punti
percentuali nel tenore di proteina grezza, dall’altra ci si domanda in che modo i risultati
ottenuti possano permettere di inferire sul comportamento degli alimenti stessi nel loro
176
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
metabolismo all’interno di un rumine infatti, al contrario del rumine naturale, non esiste
nel fermentatore la possibilità di ricircolo dell’azoto lungo il cic lo urea/ ammoniaca.
Questo e il tema che ci si propone di affrontare nel proseguimento delle prove.
Tabella 1 - Effetto dell’alimento
Table 1 - Feed effect
A-
A+
gas sviluppato(1)
ml/g
12,9±1,97
20,0±1,4
(1)
developed gas
richiesta neutralizzante (1)
meq/g
4,03±0,21
4,9±0,23
(1)
neutralizing sol demand
protozoi per ml(2)
n*104
1,6±0,12
1,8+0,10
(2)
protozoa pet ml
ammoniac(2)a
mg/1
15,7+6,2
50,7+49
(2)
Ammonia
massa microbica (2)
mg/1
1572+125
1840±98
(2)
miciobic mass
(1)
dati riferiti al ciclo di 8 ore - data referred to a 8 h cicle
(2)
dati rilevati alla 2a-3’ ora - determined at 2nd-3td h of the cycle
Signific.
0,001
0,001
0,001
0,001
BIBLIOGRAFIA
Abe M., Kumeno F. (1973). In vitro simulation of rumen fermentation apparatus and
effects of dilution rate and of continuous dialysis on fermentation and protozoal
population. “J. Anim. Sci.”, 36, 941-948.
Czerkawski J.W., Breckenridge G. (1977). Design and development of a long-term
rumen simulation technique “Br J Nutr “, 38, 371-384.
Faichney G.J. (1975). The use of markers to partition digestion within the gastrointestinal tract of ruminants. In Mc Donald I.W., Warner A.C.I., Digestion and
metabolism in the ruminant 4th Int. Symp. Ruminant Physiology Sydney, 1974. Univ.
New England Publishing Unit., Annidale, Australia, 277-291.
Fuchigami M., Senshu T., Honguchi M. (1989). A simple continuous culture system for
rumen microbial digestion study and effects of defaunation and dilution rates. “J.
Dairy Sci.”, 72, 3070-3078.
Hoower W.H., Crooker B.A., Smffen C.J. (1976). Effects of differential solid- liquid
removal rates on protozoa numbers in continuous cultures of rumen contents. “J.
Anim. Sci.”, 43, 528-534.
Mazzocco P. (1999). Rumine artificiale computerizzato. “Zoot. Nutr. Anim “, 25, 2126.
Mazzocco P., Barbera S. (1999). Running trial of a computerized artificial rumen (in
stampa).
Van Soest P.J. (1994). Nutritional ecology of the ruminant Cornell University Press,
Ithaca, N.Y., U.S.A.
177
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
178
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
LA VALUTAZIONE DEI CONTENUTI SIEROPROTEICI
AI FINI DEL GIUDIZIO DI IMMUNOTRANSFER NEL PULEDRO
Maria Claudia Curadi1 , Mario Orlandi2
RIASSUNTO: Una nostra precedente indagine (Curadi e Orlandi, 1999) ha preso in
esame le correlazioni tra le differenti classi immunoglobuliniche del colostro e del siero
di un gruppo di puledri nelle prime 48 ore dal parto. Abbiamo quindi esteso lo studio ai
contenuti delle frazioni sieroproteiche negli stessi durante la prima settimana di vita, al
fine di completare il giudizio sul trasferimento dell’immunità passiva. Il rapporto medio
Albumina/Globuline (A/G) è risultato 1,05 nei prelievi ematici effettuati a 18 ore dalla
prima poppata, quando cioè si sono riscontrati negli stessi soggetti i più alti livelli di ã globuline (2,03 g/dl). Si sono notate inoltre difformità nel rapporto A/G tra i soggetti
dove si è evidenziata una trasmissione immunitaria adeguata e quanto verificato in un
soggetto deceduto durante la fase perinatale.
PAROLE CHIAVE: cavallo, sieroproteine, immunità
FOAL SERUM PROTEINS CONTENT EVALUATION TO ASSESS
IMMUNOTRANSFER IN THE FOAL
SUMMARY: Our previous investigations (Curadi and Orlandi, 1999) have considered
relationships among Igs mare colostrum and foal serum; we have now considered serum
protein fractions in the same foals, as support to immunotransfer evaluation.
Albumin/Globulins mean ratio (A/G) was 1.05 at 18 hours from the first suckling, in the
same period when highest ã-globulins amounts occurred (2.03 g/dl). A/G ratio showed
different levels between immunocompetent foals and prematurely dead one.
KEY WORDS: horse, serum proteins, immunity
PREMESSA
II raggiungimento di un adeguato grado di immunità passiva nel puledro, oltre a
preservarne l’integrità e la resistenza agli agenti patogeni durante la delicata fase di
accrescimento, contribuisce allo sviluppo del suo completo ed armonico equilibrio
psico-fisico e, di conseguenza, al suo benessere. Recenti indagini svolte nell’ambito del
settore neonatologico equino, con particolare riferimento ad alcune problematiche
collegate alla trasmissione dell’immunità passiva dalla fattrice al foal nella fase
perinatale (Orlandi e coll., 1998; Curadi e Orlandi, 1999), hanno preso in esame le
correlazioni esistenti tra le classi immunoglobuliniche del colostro e del siero di un
gruppo di puledri allo scopo di poter offrire idonei suggerimenti operativi di controllo
atti a prevenire potenziali situazioni a rischio nell’ambito dell’annuale programmazione
_____________________________
1
2
Borsista Post-Dottorato. Dipartimento di Produzioni Animali. Università di Pisa.
Professore Ordinario. Ibidem.
179
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
delle nascite. Alcuni Autori (Bauer, 1990, Trumel e coll., 1996, Bauer e Brooks, 1990)
attribuiscono notevole importanza anche alla stima delle frazioni sieroproteiche, in
particolare all’albumina, al rapporto Albumine/Globuline (A/G) ed alle componenti
globuliniche, tali parametri potrebbero infatti risultare elemento di supporto nella
valutazione del trasferimento dell’immunità nel puledro durante la fase perinatale Per
tale motivo e per le carenze sull’argomento riscontrate in Letteratura, abbiamo rivolto la
nostra attenzione al significato che tali parametri possono rivestire.
MATERIALI E METODI
L’indagine sperimentale si e svolta presso l’allevamento del Centro Militare Veterinario
di Grosseto, nel corso della stagione riproduttiva 1997-1998. I puledri, figli di fattrici
meticce derivate Persane, non sono stati sottoposti ad alcun tipo di vaccinazione
all’interno del periodo da noi utilizzato In nessun caso sono stati necessari particolari
interventi ve terinari alla nascita e tutti i parti sono stati registrati entro i 60 minuti. Dei
10 puledri selezionati, nei quali sono state precedentemente valutate le componenti
immunoglobuliniche (Curadi e Orlandi, 1999), uno e deceduto nelle prime ore di vita In
questo soggetto abbiamo preso in esame i valori relativi a due soli prelievi, alla nascita
ed a sei ore di vita, il profilo elettroforetico si e mostrato estremamente difforme da
quello degli altri soggetti indagati e ne riferiamo a parte. In un altro caso, mentre il
monitoraggio preliminare del siero della madre ante-partum si mostrava pressoché nella
norma, i valori immunoglobulmici del colostro erano al di sotto dei valori minimali, tale
evento si riproponeva, in maniera assai più vistosa, prendendo in esame il contenuto
sieroproteico ed abbiamo pertanto ritenuto opportuno escluderlo dalla valutazione
globale. I prelievi ematici sono quindi stati operati, su 8 puledri, con le seguenti
modalità entro 3 ore dalla prima suzione di colostro ed a 6, 12, 18, 24, 48, 72, 120 e 168
ore 1 campioni, raccolti con provette Vacutamer in assenza di anticoagulante, in
quantità di circa 10 ml, sono stati centrifugati ed il siero è stato separato e conservato a 20°C fino al momento delle analisi. Abbiamo quindi proceduto alla determinazione
delle principali frazioni sieroproteiche albumina, á1 , á2 , â e ã-globuline. La
determinazione elettroforetica delle frazioni sieroproteiche è stata condotta su strisce di
acetato di cellulosa e successiva colorazione con rosso Ponceau, ut ilizzando una
apparecchiatura automatica modello MICROTECH 648R (1NTERLAB, RM). Per il
confronto tra i parametri ai diversi tempi di prelievo è stata condotta l’analisi
multivanata della varianza per misure ripetute (MANOVA) utilizzando il programma
IMP (SAS Institute) per Macintosh.
RISULTATI E DISCUSSIONE
I valori medi relativi alle differenti frazioni sieroproteiche sono riportati nella Tabella 1
L’albumina al primo prelievo e risultata pan a 2,62 g/dl per poi salire leggermente a 6
ore (2,86 g/dl), quindi si e assistito ad un decremento in prossimità delle 18 ore (2,79
g/dl), in corrispondenza del progressivo aumento della concentrazione gammaglobulinica nel siero del neonato. L’albuminemia risulta in seguito pari a 2,85 g/dl a 24 ore e
si mantiene su questi valori fino al momento dell’ultimo prelievo, operato a 7 giorni di
età, senza presentare differenze significative, si può affermare pertanto che la
componente albuminica non si modifichi sostanzialmente nel corso della prima
180
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
settimana di vita, così come osservato anche da Serrantoni e coll. (1997). Koterba
(1990) riporta quote medie di albumina pari a 2,7-2,9 g/dl in puledri di età inferiore a 12
ore ed a 2,5-3,6 g/dl in soggetti di un giorno di età. Ulteriore importanza sembra
rivestire la verifica delle globuline totali e del rapporto A/G. Nei prelievi effettuati a 12,
18 e 24 ore le globuline totali sono risultate in media di 2,79 g/dl, 2,74 g/dl e 2,84 g/dl,
mentre il rapporto A/G è stato pari a 1,07, 1,05 e 1,02 agli orari suddetti. I puledri da noi
selezionati hanno mostrato valori confrontabili con quelli che Bauer (1990) considera
relativi al gruppo da lui indicato come “precoce” per quanto concerne un adeguato
trasferimento dell’immunità passiva, ottenuto cioè entro le prime dodici ore di vita del
foal. Le due categorie di soggetti da lui descritte, infatti, di cui la prima costituita da
puledri con ritardo nell’ottenimento della copertura anticorpale e la seconda, costituita
da soggetti più precoci, presentano valori medi di globuline totali pari a 1,4 g/dl e 2,4
g/dl rispettivamente ed un rapporto A/G di 3,3 e 1,0. Relativamente alle altre frazioni
sieroproteiche i puledri che non presentano una adeguata copertura entro le prime dodici
ore di vita, mostrano valori ematici delle frazioni â1 e ã-globuliniche di 0,06 g/dl e 0,26
g/dl, rispettivamente, vs 0,89 g/dl e 1,63 g/dl, quantità che si riscontrano invece nei
soggetti che la raggiungono più precocemente. Gli animali da noi indagati hanno
presentato, nei prelievi ematici raccolti a 12 ore dalla prima poppata, i seguenti valori:
globuline totali 2,79 g/dl, â-globuline 0,50 g/dl, ã- globuline 1,90 g/dl, A/G 1,07. Nel
puledro morto nelle prime ore i risultati hanno evidenziato nei primi due prelievi valori
pari rispettivamente a 0,73 e 1,42 g/dl di globuline totali, 0,35 e 0,33 g/dl di â- globuline,
0,53 e 0,74 g/dl di ã-globuline ed un rapporto A/G di 3,07 nel primo prelievo e di 2,69
nel secondo. Il presente profilo, benché verificato in epoca relativamente precoce,
risulta peggiore di quello ascrivibile alla prima categoria, cioè quella considerata a
rischio. Complessivamente i nostri risultati evidenziano una tendenza delle ál
all’aumento: i valori delle campionature iniziali mostrano infatti concentrazioni medie
di 0,08 g/dl a tre ore dal parto che permangono intorno a valori medi di 0,09 g/dl alle 18
e 24 ore, per aumentare poi significativamente (p<0,05) a 48 e 72 ore, quando si
raggiungono 0,11 g/dl e 0,15 g/dl. Le á2 presentano concentrazioni ematiche iniziali di
0,21 g/dl, con un aumento significativo (p<0,05) a sei ore (0,27 g/dl); il valore è pari a
0,23 g/dl a 18 ore e 0,26 g/dl a 24 ore, senza differenze significative fino alle 72 ore; si
innalzano poi significativamente raggiungendo a 5 giorni di età 0,36 g/dl (p<0,05).
Trumel e coll. (1996) indicano valori medi di á1 leggermente inferiori a quelli tabulati
da Bauer (1990) ed a quelli da noi verificati, mentre le á2 sono in accordo con i nostri
risultati. Le â-globuline tendono anch’esse ad un aumento, partendo da valori di 0,43
g/dl a 3 ore per salire a 0,59 g/dl a 120 ore (p<0,05), rientrando nel range indicato sia da
Bauer (1990) che da Trumel e coll. (1996). Le ã-globuline si presentano ben correlate
con le IgG calcolate in immunodiffusione radiale (r = 0,94, p<0,01) (Curadi e Orlandi,
1999); il loro valore aumenta in maniera significativa (p<0,05) fino a raggiungere i
massimi livelli a 18 ore di vita del puledro, con concentrazioni pari a 2,03 g/dl.
181
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
CONCLUSIONI
I risultati ottenuti confermano il notevole significato attribuibile all’analisi delle frazioni
sieroproteiche come supporto alla valutazione delle classi immunoglobuliniche ai fini di
un giudizio di adeguatezza o meno dell’immunotransfer dalla fattrice al foal. In
particolare, la stima delle ã-globuline e del rapporto A/G, nell’intervallo che va dalle 3
ore dalla prima suzione colostrale alle 24 ore di vita, può consentire, in caso di accertata
carenza anticorpale, tempestivi interventi di emergenza sul puledro neonato.
Ringraziamo la Direzione ed il Personale del Centro Militare Veterinario di Grosseto.
Ricerca svolta nell’ambito dei programmi scientifici di rilevante interesse nazionale
(M.U.R.S.T, ex 40%), resp. Prof. M. Orlandi. Il lavoro spetta in parti uguali agli AA.
BIBLIOGRAFIA
Bauer J.E. (1990). Normal blood chemistry. In: Koterba A.M.; Drummond W.H.; Kosch
P.C. “Equine clinical neonatology”. Lea and Febiger, Philadelphia, London, 602614.
Bauer J.E., Brooks T.P. (1990). Immunoturbidimetric quantification of serum
immunoglobulin G concentration in foals. Am. J. Vet. Res. 51: 8, 1211-1214.
Curadi M.C., Orlandi M. (1999). Relationships among IgG, IgG(T), IgM, IgA mare
colostrum and foal serum in the first hours after delivery. Proc. A.S.P.A. XIII
Congress. Piacenza, June 21-24, 800-802.
Koterba A.M., Drummond W.H., Kosch P.C. (1990). “Equine clinical neonatology”.
Lea and Febiger, Philadelphia, London.
Orlandi M., Anastasi S., Leotta R., Curadi M.C. (1998)- Mare serum immunoglobulins
and total proteins before and after foaling. 49th Annual Meeting of the European
Association for Animal Production. Varsavia 24-27 Agosto.
Serrantoni M., Curadi M.C., Greppi G.F. (1997). Parametri ematochimici nello studio
della fase neonatale nel puledro. Atti XII Congr. Naz. ASPA. Pisa, 23-26 Giugno,
333-334.
Trumel C., Schelcher F., Braun J.P., Guelfi J.F. (1996). L’électrophorèse des proteines
sériques: principes d’interprétation chez le chien, le chat et le cheval. Revue Med.
Vet. 1147: 2, 123-130
182
Convegno Nazionale
Parliamo di … benessere e allevamento animale
Fossano 14-15 Ottobre 1999
Tabella 1. Componenti sieroproteiche (media ± DS, g/dl) degli 8 puledri esaminati ai diversi tempi di prelievo (ore)
Table 1. Serum proteins values (mean ± SD, g/dl) at different samples collection times (hours) in 8 examined foals
Albumina
Albumin
Globuline
Globulins
al
ore
hours
3
6
12
18
24
48
72
120
168
media
mean
2,62
2,86
2,85
2,79
2,85
2,87
2,80
2,78
2,69
DS
SD
0,19
0,35
0,38
0,54
0,47
0,37
0,29
0,26
0,26
Media
mean
0,08
0,09
0,10
0,09
0,09
0,11
0,15
0,14
0,16
c
c
bc
c
c
ab
a
ab
a
a, b, c, d, e: p < 0,05
.
183
cc2
DS
SD
0,01
0,03
0,04
0,01
0,03
0,02
0,05
0,03
0,05
media
mean
0,21
0,27
0,29
0,23
0,26
0,26
0,26
0,36
0,30
c
b
abc
bc
bc
bc
bc
a
ab
A/G
A/G
P
DS
SD
0,02
0,07
0,13
0,06
0,12
0,05
0,08
0,06
0,07
Media
mean
0,43
0,47
0,50
0,39
0,49
0,46
0,57
0,59
0,53
b
ab
ab
b
ab
ab
a
a
ab
Y
DS
SD
0,08
0,19
0,19
0,09
0,12
0,12
0,18
0,11
0,16
medie
mean
0,31
0,64
1,90
2,03
2,00
1,65
1,26
1,16
1,28
e
d
a
a
a
b
c
c
c
DS
SD
0,05
0,18
0,27
0,26
0,27
0,26
0,17
0,25
0,22
media
mean
2,53
2,00
1,07
1,05
1,02
1,17
1,26
1,25
1,24
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
184
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
LA LETTIERA DI FIBRA DI COCCO PER IL BENESSERE DEL SUINO*
Luca Malagutti1 , Michele Zannotti2 , Ernesto Mazzoli3 , Franca Sciaraffia4
RIASSUNTO: L’impiego di lettiera nell’allevamento suino presenta innegabili vantaggi
per l’igiene e per il benessere degli animali. Oltre ai materiali tradizionalmente
impiegati, paglia di cereali e stocchi di mais, è possibile utilizzare la fibra di cocco, che
ben si adatta all’uso grazie al suo elevato potere assorbente. In un allevamento di suini
all’ingrasso, è stata effettuata una sperimentazione della durata di 29 settimane, in cui si
sono confrontate una lettiera di paglia di cereali e una di fibra di cocco, utilizzando due
gruppi di 48 suini dal peso iniziale di 38 kg fino alla macellazione. La temperatura della
lettiera di fibra di cocco si è mantenuta inferiore (30,2 vs 32,6 °C, P<0,001) per tutto il
ciclo mentre il contenuto di azoto ammoniacale (1,17 vs 0,89 % sulla s.s., P<0,05) e
totale (3,78 vs 3,09%, P<0,01) è risultato superiore per la fibra di cocco, a conferma di
un maggior assorbimento dei liquami da parte della lettiera. Anche l’incremento
ponderale giornaliero è risultato superiore (631 vs 588 g, P>0,05) e dai rilievi effettuati
alla macellazione è emerso anche un miglior quadro anatomopatologico dell’apparato
respiratorio dei suini (55% senza lesioni polmonari dei suini su fibra di cocco e 13% su
paglia di cereali).
PAROLE CHIAVE: suini, lettiera, fibra di cocco, benessere.
COCONUT FIBRE LITTER FOR SWINE WELFARE
SUMMARY: The use of litter in swine breeding has positive effects on animal welfare
and breeding hygiene. Usually straw or corn-stalk is used, but as an alternative coconut
fibre which has a high absorbent power, could be used. An experimental trial of 29
weeks was conducted using 2 groups of 48 swines, with an initial weight of 38 kg to a
final weight of about 160 kg. A group of animals was bred on straw litter, the other on
coconut fibre litter. The temperature of coconut fibre litter was lower (30,2 vs 32,6 °C,
P<0,001) during the entire period; ammonia content (1,17 vs 0,89 % on D.M., P<0,05)
and total nitrogen (3,78 vs 3,09 %, P<0,01) were higher in coconut fibre litter. Also
daily live weight gain was higher (631 vs 588 g, P>0,05). At slaughtering, lung health
was evaluated: 87% of swine on straw litter had lung damage, as compared to 45% in
the group that used coconut fibre.
KEY WORDS: swine, litter, coconut fibre, welfare.
____________________________
1
Dottore di Ricerca. Istituto di Zootecnia Generale Agraria. Università di Milano.
Dottorando di Ricerca. Ibidem.
3
Veterinario libero professionista.
4
Professore associato. Istituto di Zootecnia Generale Agraria. Università di Milano.
* II lavoro spetta in parti uguali agli autori.
2
185
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
PREMESSA
L’impiego di lettiera nell’allevamento suino è stato progressivamente sostituito dalla
diffusione di pavimentazione nuda, continua o fessurata, che offre maggiori possibilità
di meccanizzazione e non richiede manodopera. Tuttavia, l’utilizzo della lettiera
comporta vantaggi innegabili per il benessere degli animali e per l’impatto ambientale
dell’allevamento. Infatti, la lettiera isola dalle temperature rigide (Marx e coll., 1989) e
svolge un ruolo determinante nella riduzione delle lesioni podali (Mouttotou e coll.,
1998; Gjein e coll., 1995) e della mortalità precoce tra i suinetti (van Veen e coll. 1985).
Inoltre, la lettiera può avere un effetto positivo sul numero di suinetti svezzati/scrofa
(Aumaitre, 1984) e può prevenire episodi di cannibalismo. La lettiera inoltre è in grado
di assorbire l’ammoniaca e l’idrogeno solforato che si liberano dalle deiezioni e porta
alla produzione di letame anziché di liquame, con semplificazione delle operazioni di
smaltimento dei reflui. Questi effetti migliorano le condizioni ambientali generali
dell’allevamento e si ripercuotono positivamente sulla salute degli animali e quindi sulla
produzione. I materiali tradizionalmente impiegati come lettiera sono la paglia di
cereali, gli stocchi di mais e i trucioli da segheria; oltre a questi è possibile utilizzare la
fibra di cocco, sottoprodotto della lavorazione della noce di cocco, che, grazie al suo
elevato potere assorbente, ben si adatta all’uso. Per valutare l’effettiva possibilità di
impiego, è stata effettuata una sperimentazione in un allevamento per la produzione del
suino pesante.
MATERIALE E METODI
Due gruppi di 48 soggetti ciascuno, 24 maschi castrati e 24 femmine Landrace x L.W.,
alimentati con una dieta a secco a base di farina di mais e di soia di estrazione, sono
stati allevati in due recinti di 56 mq, dal peso medio di 38 kg fino alla macellazione. Nel
recinto di prova sono stati distribuiti inizialmente circa 450 kg di fibra di cocco, pari a 8
kg/mq, mentre nel recinto di controllo sono stati utilizzati 250 kg di paglia per recinto,
come da routine dell’allevamento. Di norma la lettiera di paglia veniva completamente
rinnovata una volta la settimana fino ai 90 kg di peso, dai 90 kg a fine ciclo (circa 18
settimane) l’operazione ha avuto cadenza bisettimanale. La lettiera di fibra di cocco ha
subito aggiunte periodiche fino ad un consumo totale di 27 quintali, pari a 48 kg/mq. Il
consumo finale di paglia è stato di 113 quintali pari a 202 kg/mq. Gli animali sono stati
poi pesati individualmente dopo 45 giorni e alla macellazione. Ogni settimana sono stati
raccolti 5 campioni di lettiera per ogni zona (prova e controllo) ed analizzati. La
temperatura delle lettiere è stata misurata con un termometro con una sonda di 30 cm
alla profondità di 5-10 cm in 10 zone di rilevamento per ogni recinto. I contenuti in
sostanza secca, azoto totale e ammoniacale delle lettiere, sono stati determinati secondo
le metodiche A.O.A.C.. La significatività delle differenze tra le medie è stata valutata
mediante il test t di Student-Newton-Keuls. Per l’elaborazione ci si è valsi del pacchetto
statistico SAS (1996). Alla macellazione sono stati determinati il peso vivo individuale
e il peso delle mezzene; sono state compilate inoltre le schede di valutazione visiva
sullo stato sanitario dell’apparato respiratorio di ogni soggetto per accertare la gravità
delle lesioni polmonari.
186
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
Tabella 1. Prestazioni di allevamento.
Table 1. Productive performances.
Peso iniziale
Initial Live weight
Peso a 45 d
Weight at 45 d
Peso finale
Final live weight
Peso mezzene
Half carcass
Incremento ponderale giornaliero
Daily weight gain
Consumo/capo/d
Daily intake
Indice di conversione alimentare
Feed conversion rate
Presenza di lesioni polmonari
Animals with lung damage
Fibra di cocco
Paglia
ES
P
kg
Coconut fibre
38,0
Straw
38,0
SE
0,19
NS
kg
67,9
62,9
0,62
P<0,01
kg
159,2
151,0
0,89
P<0,01
kg
61,52
58,34
0,65
P<0,01
g
631
588
4,20
P<0,01
kg
2,44
2,42
3.87
4.12
=
=
45
87
—
=
%
=
Tabella 2. Parametri fisico-chimici delle lettiere.
Table 2. Physico-chemical parameters of litters.
N-totale
Total nitrogen
N-ammoniacale
Ammonia nitrogen
Sostanza secca
Dry matter
Temperatura
Temperature
%SS
%DM
%SS
%DM
%
°C
Fibra di cocco
Coconut fibre
3,78
Paglia
Straw
3,09
ES
SE
0,17
P
P<0,01
1,17
0,89
0,08
P<0,05
29,26
31,89
1,61
NS
30,20
32,61
0,40
P<0,01
RISULTATI E DISCUSSIONE
I suini allevati su fibra di cocco hanno fatto registrare incrementi ponderali giornalieri
più elevati (631 vs 588 g), permettendo di raggiungere un peso finale di 159,2 kg,
superiore di ben 8,2 kg rispetto al controllo, pur avendo ingerito una quantità di
alimento quasi identica. Pertanto l’Indice di Conversione Alimentare è risultato migliore
per la fibra di cocco (3,87 vs 4,12); anche il peso delle mezzene risulta
significativamente superiore (61,52 vs 58,34 kg, P<0,01). Il confronto dei parametri
chimici delle lettiere non tiene conto delle aggiunte di materiale effettuate per la fibra di
187
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
cocco e dei rinnovi totali effettuati ogni settimana per la paglia, di conseguenza si
possono solo trarre alcune indicazioni generali: non si hanno differenze significative per
la sostanza secca (29,26 vs 31,89) mentre se ne hanno per l’azoto totale e ammoniacale.
La temperatura della lettiera durante la sperimentazione è stata inferiore con la fibra di
cocco (30,20 vs 32,61 °C), indice di una bassa attività fermentativa. Rispetto alle lesioni
a carico dei lobi polmonari degli animali, i suini su fibra di cocco hanno evidenziato
danni minori: il 55% non ha presentato alcuna alterazione anatomopatologica, nei
restanti animali, le lesioni localizzate limitatamente da uno a tre lobi, sono risultate di
modeste entità, di tipo fibrinoso. I suini su paglia, invece, hanno presentato gravi danni
anatomopatologici (87%) quali lesioni di tipo polmonare con quadri di necrosi,
fibrinosi, edemi interstiziali ed infarti polmonari.
CONCLUSIONI
I risultati osservati depongono a favore dell’utilizzo della fibra di cocco come lettiera
per suini all’ingrasso. I principali effetti positivi riscontrati sono stati: maggiori
incrementi ponderali, migliori indici di conversione alimentare, temperature della
lettiera inferiori e minore incidenza di lesioni polmonari. Dato che l’alimentazione era
uguale per i due gruppi, è ipotizzabile che i risultati raggiunti siano riconducibili ad una
migliore qualità dell’ambiente di allevamento che si trasforma in aumentato benessere
per l’animale. La lettiera di fibra di cocco non necessita di rinnovi frequenti e quindi gli
animali non sono costretti a spostamenti forzati e a periodi di costrizione in spazi ridotti,
rilevanti fattori di stress in grado di ridurre le performances produttive. Anche le
temperature inferiori, registrate per la lettiera di fibra di cocco, contribuiscono a
migliorare la salubrità ambientale.
BIBLIOGRAFIA
Aumaitre A., Le Dividich J. (1984). Improvement of piglet rate in relation to farrowing
systems and cond itions. “Ann. de RecherchesVeterinaires”, 15(2), 173-179.
Gjein H., Larssen RB. (1995). Housing of pregnant sows in loose and confined systems
afield study. 3. The impact of housing factors on claw lesions. “Acta Veterinaria
Scandinavia”, 36, 443-450
Marx D., Mertz R. (1989). The effects of different applications of straw and different
floor conditions in areas of uniform size. “DTW”, 96(1),20-26.
Mouttotou N., Hatchell P.M., Green L.E. (1998). Adventitious bursitis of the hock in
finishing pigs: prevalence, distribution and association with floor type and foot
lesions. “Veterinary Record”, 5, 109-114.
SAS User’s Guide Release 6.12 (1996). Sas Institute Inc., Gary, NC USA.
Van veen H.M., Vellenga L., Hoogerbrugge A. (1985). Mortality, morbidity and
external injuries in piglets hosed in two different housing systems. II. Rearing period
of weaned piglets (age 5.5-10 weeks). “Veterinary Quarterly”, 7(2): 127-132.
188
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
PRIMI RISULTATI DI UN ALLEVAMENTO SPERIMENTALE
DI SCROFE ALLEVATE ALL’APERTO1
Maria Federica Trombetta2 , Marina Pasquini3 , Simona Mattii4 , Enzo Codoni5 , Adalberto
Falaschini6
RIASSUNTO: L’applicazione della normativa europea relativa al benessere animale
implica profonde modificazioni nelle tecniche di allevamento di tipo intensivo in
particolare per gli animali da riproduzione. In quest’ottica da alcuni anni anche in Italia
sono sorti degli allevamenti “outdoor” di scrofe. Sulla base di queste premesse si è
pertanto organizzato un allevamento sperimentale per valutare la capacità di adatta mento di scrofe di razze diverse a questa tecnica. Interessanti sono i primi risultati
relativi ai suinetti che alla nascita pesavano circa 1,6 kg e 7,8 kg allo svezzamento
effettuato a circa 30 d con dati sovrapponibili a quelli ottenuti da soggetti allevati con le
tecniche tradizionali. La mortalità dovuta a schiacciamento, a differenza di quanto
evidenziato da diversi autori (10 - 20%), è risultata praticamente nulla permettendo di
ottenere oltre il 97 % di svezzati. I prelievi fatti alla castrazione ed allo svezzamento
hanno fornito valori di ematocrito, emoglobina e globuli rossi sovrapponibili a quelli
riportati in letteratura benché i suinetti allevati all’aperto non fossero stati sottoposti ai
trattamenti con ferro come normalmente effettuato nell’allevamento tradizionale. Nella
fase successiva allo svezzamento i suinetti sono stati posti in capannine del commercio
dotate di un paddock esterno di 18 m2 ; il terreno su cui le capannine insistevano non
permetteva il drenaggio dei liquami e dell’acqua di abbeverata creando una condizione
ambientale incompatibile con il benessere dell’animale. Un altro problema evidenziato
riguarda la difficoltà di rilevazione dei calori delle scrofe dopo lo svezzamento e la
scarsa fertilità delle stesse nonostante si fosse applicata la sincronizzazione dei calori e
l’inseminazione artificiale. In questo tipo di allevamento risulta quindi estremamente
importante la presenza del verro.
PAROLE CHIAVE: suini, allevamento all’aperto, benessere, prestazioni produttive
FIRST RESULTS OF A OUTDOOR EXPERIMENTAL PIG FARM
SUMMARY: The application of CE regulation regarding animal welfare involves deep
changes in management techniques commonly used in pig intensive systems. For this
reason also in Italy the outdoor system is becoming more diffuse. An experimental farm
_____________________________
1
Ricerca effettuata con finanziamento MURST ex 40% e C.R.P.A. di Reggio Emilia.
Professore Associato, Dipartimento di Biotecnologie Agrarie ed Ambientali, Università di
Ancona.
3
Ricercatore, ibidem.
4
Dottorando di Ricerca, ibidem.
5
Agronomo incaricato CRPA di Reggio Emilia.
6
Professore Ordinario, Dipartimento di Biotecnologie Agrarie ed Ambientali, Università di
Ancona.
2
189
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
has been organized to evaluate the adaptation capability of sows belonging to different
swine breeds to this new breeding technique.
The first results seem to be interesting: the average for piglets birth weight was 1.6 kg
and the weight at weaning (30 d) was 7.8 kg which resulted very close to values
obtained with animals breed in traditional intensive units.
Losses due to crushing were very close to 0 and allowed almost 97% of piglets
weaned/litter to be obtained; this result is in disagreement with those registerd by other
researchers.
Blood saampling at castration and weaning sho wed values for Packed Cell Volume
(PCV), hemoglobin and red blood cells very similar to those reported in bibliography
even though piglets breed in the outdoor system did not received any iron treatments as
usually done in the intensive and traditional systems. Subsequently the weaning phase
piglets were reared in commercial sheds with paddock (18m); the clayey land did not
allow an optimal darinage of manure and drinking water making the environmental
conditions incompatible with animal welfare. Moreover difficulties in the identification
of heat and a low fertility of sows were detected even though heat synchronization and
artificial insemination were performed. These aspects lead to opt for the introduction of
a boar in the outdoor experimental farm.
KEY WORDS: pig, welfare, outdoor farming, performances
PREMESSA
L’applicazione della normativa europea relativa al benessere animale implica profonde
modificazioni nelle tecniche di allevamento di tipo intensivo in particolare per gli
animali da riproduzione. Questa situazione porterà ad una necessaria ristrutturazione
delle porcilaie di tipo tradizionale già esistenti. L’interesse che spinge all’applicazione
di questa tecnica è legato sia ad aspetti di tipo economico (riduzione dei costi di
gestione e capit ale), sia alla necessità di allevare i suini in situazioni di migliorato
benessere. I paesi tutt’oggi maggiormente interessati nell’applicazione dell’allevamento
suino outdoor sono l’Inghilterra e la Francia dove il sistema di allevamento è applicato
per il 20% e 10% rispettivamente (Volpelli e Spanghero, 1999). Le condizioni
climatiche e dei suoli assieme ad una prospettata riduzione dei costi di gestione
sembrano avere buone prospettive di attuazione anche in Italia ed in quest’ottica da
alcuni anni sono sorti degli allevamenti “outdoor” di scrofe.
Sulla base di queste premesse si è pertanto organizzato un allevamento sperimentale per
valutare la capacità di adattamento di scrofe di razze diverse a questa tecnica.
MATERIALE E METODI
La sperimentazione si sta svolgendo in una zona pianeggiante dell’entroterra
marchigiano su un terreno a forte componente argillosa. Su un appezzamento di circa
6.000 m2 sono stati costituiti, mediante recinzione elettrica, 8 parchetti di diversa
dimensione a seconda della destinazione (4 individuali di circa 350 m2 per scrofe in
lattazione, 2 multipli di 600 m2 per le scrofe in attesa monta - gestazione) e 2 per i
suinetti svezzati. Per le scrofe in lattazione sono state acquisite 2 diverse tipologie di
capanne coibentate e dotate di fender per impedire l’uscita dei suinetti nei primi giorni
190
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
di vita, mentre per le scrofe in gestazione vengono utilizzate capanne in lamiera
ondulata autocostruite. Per i suinetti dallo svezzamento a 30 kg si è impiegata una
capannina coibentata con parchetto esterno di 18 m delimitato da paratoie metalliche.
Tutti i parchetti sono stati dotati di gabbie singole tipo “gestazione” ove viene
somministrata la razione e che permettono di bloccare le scrofe per tutti gli interventi
che richiedono manipolazione.
La sperimentazione è stata avviata con 2 tipi genetici acquisendo 6 scrofette Duroc e 6
Ibridi commerciali Universal di circa 100 kg di peso vivo che sono giunte in azienda a
fine gennaio (Duroc) e a metà febbraio (Ibrido). Quattro delle Duroc era no già state
ingravidate nell’azienda di origine con verro LW.
I rilievi effettuati riguardano le perfomance delle nidiate (n° dei suinetti nati, svezzati,
mortalità, peso alla nascita, a 15 d e allo svezzamento). A 15 d, oltre alla castrazione dei
maschi, veniva effettuato un prelievo di sangue a campione dai suinetti per la
determinazione della crasi ematica. Il rilievo è infatti particolarmente importante in
quanto si è deciso di non intervenire con la somministrazione di ferro come di routine
avviene ne gli allevamenti industriali a 3 e 15 giorni di vita.
Per facilitare la gestione dell’attività riproduttiva inizialmente si era deciso di effettuare
la sincronizzazione degli estri
(Folligon® e Corulon®) e successiva doppia
inseminazione artificiale a 30-36 e 40-45 ore rispettivamente dalla fine del trattamento.
Per la diagnosi di gravidanza si valutava il livello di progesterone su un prelievo di
sangue effettuato a 21 giorni dall’avvenuta inseminazione.
L’alimentazione delle scrofe prevede l’impiego di un unico tipo di mangime (% stq: PG
13,84; LG 4,99; FG 6,49; Lisina 0,68; ED 2999 MJ/kg) somministrato in quantità di 3
kg/capo/d in gestazione e di 6 kg/capo/d in lattazione. Per i suinetti sotto scrofa ed in
svezzamento si utilizza un mangime pellettato (% stq: PG 16,40; LG 3,69; FG 5,73;
Lisina 1,07; ED 3011 MJ/kg,) somministrato a volontà.
Riteniamo importante riportare che finora sono state effettuate solamente le
vaccinazioni previste dalla legge (Aujeski, Parvovirus) mentre non si è reso necessario
alcun intervento terapeutico né di medicina tradizionale né omeopatica. Periodicamente
sono state analizzate le feci per valutare la presenza di parassiti intestinali; i controlli
finora effettuati (2 sui suinetti e 2 sulle scrofe) hanno dato sempre esito negativo. Sono
stati anche effettuati prelievi del terreno per valutare le variazioni del contenuto di
sostanza organica, di azoto e fosforo imputabili alla presenza degli animali.
I dati finora ottenuti sono stati sottoposti ad una semplice analisi statistic a descrittiva.
RISULTATI E DISCUSSIONE
I risultati zootecnici a nostra disposizione sono ancora numericamente limitati ma
riteniamo che, sotto certi aspetti, possano già fornire interessanti indicazioni. Al
momento sono stati controllati 5 parti di scrofe Duroc; tre di questi sono avvenuti
all’inizio di marzo con condizioni climatiche decisamente invernali (T media giornaliera
4-6 °C): due delle scrofe erano state alloggiate nella capannina a casetta (Foto 1) ed una
in quella semicilindrica (Foto 2); quest’ultima tipologia non si è rivelata idonea per un
animale di taglia grande come la Duroc. La scrofa infatti non entrava nel ricovero
nemmeno nella fase di preparazione del nido per il parto che iniziava di notte all’aperto.
I primi 5 suinetti nati, vivi e vitali, si sono allontanati dalla madre (20 - 30 m) e di
conseguenza sono morti per ipotermia. Il controllo effettuato la mattina presto rilevava
191
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
il protrarsi del parto, pertanto si decideva di intervenire con ossitocina che portava
all’espulsione di altri 6 suinetti di cui 1 morto. Il parto languido e gli sforzi conseguenti
provocavano un prolasso accentuato difficilmente riducibile per cui si affiliavano i 5
suinetti vivi ad una scrofa che aveva solo 8 suinetti e si procedeva alla macellazione
della scrofa “problema”. Gli altri due parti delle primipare si espletavano normalmente
con un ottimo adattamento sia alle capannine (ambedue a casetta) sia alle condizioni
ambientali.
Nella tabella 1 sono riportati i rilievi effettuati sulle nidiate. I dati relativi a N° nati vivi,
peso alla nascita ed allo svezzamento effettuato a 30 d sono sovrapponibili a quelli
riportati in letteratura riferiti a suinetti allevati intensivamente. Gli AMG a 15 d e allo
svezzamento (30 d) sono sovrapponibili a quelli ottenuti in allevamento industriale su
88 nidiate (Falaschini et al., 1994).
Tabella 1 - Rilievi effettuati sulle nidiate
Table 1 - Performance of litters
N° nati N° nati Peso
Born#
vivi
nascita
Born
Birth
alive #
Weight
kg
N°#
49
49
49
Media Mean 11,31
10,98
1,602
DS-SD
1,95
2,69
0,304
Peso
15 d
Weight
15 d
kg
48
4,635
1,031
AMG
0-15 d
Weight
gam
kg
48
0,203
0,075
Peso
AMG
svezz
15-30 d
Weight at Weight
weaning
gam
kg
kg
48
48
7,759
0,208
1,526
0,071
Per quanto riguarda la mortalità su 49 so ggetti nati vivi si è riscontrato un solo caso di
morte per schiacciamento. Volpelli e Spanghero (1999), in analoghe situazioni di
allevamento, indicano un range di mortalità nettamente più alto (12 -22%) anche se
inferiore ai valori registrati da Carazzolo et al. (1999) pari al 15-32%. Nella tabella 2 si
riportano i risultati del quadro emocromocitometrico rilevato sui suinetti. I valori di tutti
i parametri sono nel range fisiologico indicato per soggetti adulti (Mitruka e Rawnsley,
1981) e per suinetti sottoposti a trattamento con ferro come avviene negli allevamenti
industriali (Mondini et al. 1971).
Tabella 2 - Quadro emocromocitometrico dei suinetti
Table 2 - Hemocromocitometric profile of litters
Età Age
15 d
30 d
120 d
Ematocrito - PCV%
Emoglobina - Hb g/dl
Globuli Rossi - RBC n*1000
42,75
12,99
6.695
34,18
9,75
5.853
40,22
12,61
5.859
La programmazione dei parti, effettuata mediante sincronizzazione, si rivelava invece
un completo fallimento. Infatti su 13 sincronizzazioni effettuate (10 scrofette e 3
primipare) solo una primipara rimaneva gravida.
192
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
Tabella 3 - Livelli di progesterone ematico (ng/1)
Table 3 - Hematic progesterone ‘s level (ng/l)
Scrofa Sow #
1
2
3
Prelievo inseminazione
===
===
===
Insemination sample
Prelievo a 21 d
22,93
22,19
27,05
Sample at 21 d
Gravidanza Pregnancy
no
no
no
4
5
6
17,49
5,10
9,04
2,33
2,77
13,07
no
no
no
Come abbiamo già messo in evidenza la diagnosi di gravidanza per le scrofe 1, 2 e 3
veniva effettuata mediante analisi del progesterone al 21° d per cui i livelli ottenuti (>
20 ng/1) ci facevano diagnosticare erroneamente gravide le scrofe (tabella 3); in una
successiva sincronizzazione le scrofe 4, 5, 6 venivano sottoposte a prelievi il giorno
dell’inseminazione e dopo 21 d. In questo caso i valori di progesterone al primo
prelievo già indicavano la risposta negativa dei soggetti trattati. Alla luce di questi fatti
si modificava il protocollo di sincronizzazione (trattamenti con PG 600®) e si
effettuavano 2 serie di 3 prelievi secondo lo schema 1. In questo caso la
sincronizzazione aveva effetto solo su due soggetti (scrofe 2 e 3) ma l’inseminazione
veniva probabilmente effettuata troppo precocemente per cui nessuna scrofa rimaneva
gravida.
CONCLUSIONI
I risultati finora ottenuti, come già indicato, sono numericamente limitati. Riteniamo
tuttavia che le prime indicazioni che si possono trarre, in particolare sulle performance
della nidiata, siano estremamente positive e confermino la validità di questa tecnica di
allevamento. Si possono ritenere ottime anche le performance delle primipare Duroc che
hanno allevato e svezzato mediamente 10 suinetti con un accrescimento riferibile
all’allevamento indoor. Le differenze sulla mortalità dovuta a schiacciamento, da noi
riscontrata, rispetto a quelle riferite da altri autori (Volpelli e Spanghero, 1999;
Carazzolo et al., 1999) può essere imputata alla diversa tipologia del ricovero utilizzato:
a casetta nella nostra sperimentazione, semicilindrica in quella degli altri autori. La via
della sincronizzazione dei calori ed inseminazione artificiale era stata scelta soprattutto
per il limitato numero di scrofe e per prevedere la data del parto. Dati i risultati negativi
siamo stati costretti ad acquistare un verro ed ora siamo in attesa di verificare gli esiti
della sua attività.
Schema 1 - Livelli di progesterone dopo sincronizzazione (ng/1)
Scheme 1- Progesterone’s level after synchronization
Giorni dalla fecondazione
Scrofa 1
Scrofa 2
Days since insemination
Sow 1
Sow 2
-1
54,0
1,4
0
42,0
0,7
+1
37,0
0,5
+ 20
0,1
0,1
+ 21
36,5
===
+22
9,5
===
193
Scrofa 3
Sow 3
2,4
2,1
0,9
28,4
0,1
0,1
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
BIBLIOGRAFIA
Carazzolo A., Chiericato G.M., Rongaudio R. (1999). Preliminary observations in
outdoor sow breeding. Proceeding of the A.S.P.A. XIII Congress, 567- 569.
Falaschini A.F., Volpelh L.A., Trombetta M.F. (1994). Effects of protein and/or aminoacid levels on reproductive performance and metabolic profile of lactating sow. Ann.
Zootech., 43, 151 -161.
Mitruka Brij M., Rawnsley H.M. - Clinical biochemical and hematological reference
values in normal experimental animal and normal humans. 2nd ed. New York ED.
Masson. Mondini S., Falaschim A.F., Quadri E., Rizzi L. (1971). Rilievi clinicozootecnici in suini trattati con preparati a base di ferro imettabile. Atti S.I.S.Vet,
XXV, 231 - 235.
Volpelli L.A., Spanghero M. (1999) Preliminary examination of outdoor sow farming in
Friuli-Venezia Giulia. Proceeding of the A.S.P.A. XIII Congress, 552 - 554.
194
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
ALLEVAMENTO ALTERNATIVO DEL CONIGLIO DA CARNE
1
Lamberto Lambertini2 , Giorgio Vignola 2 , Giuliano Zaghini2
RIASSUNTO: Con la presente ricerca si è inteso verificare l’efficacia di una tecnica di
allevamento alternativa a quella tradizionale in gabbia. In particolare, si è valutato
l’effetto della stabulazione collettiva, della lettiera permanente (paglia o truciolo) e della
densità degli animali (8 o 16/m2 ) sullo stato sanitario, le prestazioni produttive ed alcune
caratteristiche qualitative delle produzioni. I risultati ottenuti indicano che la tecnica
utilizzata, più rispettosa del benessere degli animali, consente di ottenere performances
compatibili con quelle dell’allevamento intensivo.
PAROLE CHIAVE: coniglio, stabulazione, prestazioni produttive.
ALTERNATIVE BREEDING SI STEM FOR MEAT RABBIT
SUMMARY: Aim of the present study was to investigate the possibility to breed meat
rabbits in a housing system different from cages. Thus, the effects of group housing,
litter and its kind (straw or wood shavings), and animals density (8 o 16/m2 ) on health,
performances and carcass traits were evaluated. The results show that the system used,
probably more “physiological” for rabbit, enable to reach a production alike that
traditionally obtained in intensive breeding.
KEY WORDS: rabbit, housing sistem, performances
PREMESSA
L’interesse verso una maggiore tutela delle esigenze fisiologiche degli animali in
produzione zootecnica ha portato all’emanazione di norme che modificano, per alcune
categorie di animali, le tecnologie di allevamento intensivo. In un prossimo futuro, la
legislazione comunitaria potrebbe interessare anche la produzione del coniglio da carne
ponendo in discussione il tradizionale allevamento in gabbia. Una tecnica alternativa,
che ad un maggior benessere degli animali associa minori costi per la realizzazione
delle strutture di contenimento e la possibilità di una facile riconversione degli
immobili, potrebbe essere rappresentata dall’allevamento a terra, su lettiera. Le prove
condotte da alcuni autori (Crimella et al., 1988, 1990; Lambertini et al., 1998) sembrano
indicare risultati lusinghieri e simili a quelli ottenuti nell’allevamento intensivo. Non si
deve tacere, peraltro, come l’aggressività tra i maschi (Gallazzi, 1985) ed i problemi
sanitari tra cui quelli legati alla presenza dei coccidi (Lambertini et al., 1998) possano,
in gran parte, compromettere le prestazioni produttive degli animali.
____________________________
1
Lavoro eseguito con il contributo finanziario della Regione Abruzzo-POM 1994/96Sottoprogramma 3, Misura 3.1, Ricerca e sperimentazione.
2
Dipartimento di Scienze Veterinarie e Agroalimentari. Sezione di Produzioni animali, igiene e
qualità degli alimenti. Università di Teramo.
195
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
L’obiettivo della presente ricerca è stato quello di valutare, nel coniglio all’ingrasso, gli
effetti della diversa densità degli animali e del tipo di lettiera sullo stato sanitario, le
prestazioni produttive ed alcune caratteristiche qualitative delle produzioni.
MATERIALE E METODI
Per la ricerca sono stati impiegati 232 conigli, dei due sessi, svezzati a 5 settimane di
vita. Prima dell’inizio della prova, tutti gli animali, alloggiati in gabbia, sono stati
sottoposti ad un trattamento farmacologico con un’associazione costituita da
trimethoprim e sulfadimetossina sodica, per la profilassi della coccidiosi. Il principio
attivo era veicolato con l’acqua di bevanda. In seguito, gli animali sono stati ripartiti, in
funzione di sesso e peso, nelle diverse tesi sperimentali secondo lo schema seguente:
Tesi
TI
Stabulazione
Box
n. animali
64
n. ripetizioni
4
lettiera
Truciolo
sup. /capo (cm2 )
625
T2
Box
32
4
Truciolo
1250
T3
Box
64
4
Paglia
625
T4
Box
32
4
Paglia
1250
T5
Gabbia
40
20
-
312,5
I conigli sono stati alloggiati in gabbie a due posti o in box su lettiera permanente
costituita, inferiormente da uno strato di zeolite granulare (2-5-5 mm), per
l’assorbimento del percolato e superiormente da uno strato di truciolo di legno o di
paglia di frumento, reintegrata in funzione del consumo. Tutti gli animali hanno
ricevuto, ad libitum, l’acqua di bevanda ed un mangime pellettato del commercio (H2 O:
11,41%; prot. gr.: 15,43% t.q.; lipidi gr.: 3,96% t.q.; cellulosa gr.: 15,99% t.q.; ceneri
gr.: 6,48% t.q.; E.I.: 46,73% t.q.) contenente robenidina (66 mg/kg). Ogni due settimane
è stato rilevato il peso di ogni singolo animale ed il consumo alimentare per ripetizione.
Al termine della prova (43 giorni) tutti i conigli sono stati macellati e di ciascuno è stato
rilevato ij’peso della carcassa commerciale a caldo e dopo refrigerazione. Inoltre, da 48
soggetti, scelti a caso tra le diverse tesi sperimentali, è stato prelevato un campione di
contenuto ciccale al fine di valutare le eventuali modificazioni indotte dalla presenza
della lettiera. Infine, dalle carcasse degli stessi animali, è stato sezionato l’arto
posteriore sinistro, separandone, in seguito, la componente ossea da quella edule, di cui
si è poi determinata la composizione chimica. Tutti i dati ottenuti sono stati sottoposti
ad elaborazione matematico statistica con la procedura GLM, secondo un modello
bifattoriale (sesso x tesi) privo di interazione (SASS, 1989), poiché questa non è
risultata significativa ad un’elaborazione preliminare. L’incidenza della mortalità tra i
gruppi è stata valutata con il test ÷2
RISULTATI E DISCUSSIONE
Si deve innanzitutto sottolineare come la mortalità tra le tesi sperimentali (Tl=10,9%;
T2=6,2%; T3=12,5%; T4=9,4%; T5=7,5%) non si sia espressa in maniera
significativamente diversa (%2=1,31; n.s.). Il trattamento farmacologico al quale sono
196
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
stati sottoposti gli animali, prima dell’inizio della prova, è risultato efficace a prevenire
e contenere la patologia enterica ascrivibile alla coccidiosi, risultato pienamente
funzionale alla tipologia di allevamento su lettiera. Contrariamente a quanto riportato da
Gallazzi (1985) e da Gallazzi e Arrighi (1988), la coccidiosi costituisce, infatti, il più
serio problema nell’allevamento del coniglio su lettiera (Lambertini et al., 1998). Il
controllo farmacologico delle patologie enteriche è quindi premessa indispensabile per
l’applicazione di questa tecnologia di allevamento. Relativamente ai risultati
sperimentali ottenuti, si deve rilevare come l’effetto del sesso sia trascurabile e le
differenze non abbiano mai raggiunto la significatività statistica; pertanto non si è
ritenuto necessario riportarli nelle tabelle. Al termine della prova, il peso vivo degli
animali allevati in gabbia (T5) non è risultato significativamente superiore a quello dei
conigli allevati su lettiera (tabella 1). Peraltro, gli animali stabulati in box a densità
maggiore (TI e T3) presentavano valori inferiori a quelli delle altre tesi sperimentali.
Tabella 1 - Prestazioni produttive in allevamento (valori medi).
Table 1 - Growth performances (mean values).
Tesi sperimentali
D.S.errore
Experimental groups
T1
T2
T3
T4
T5
S D error
Peso vivo iniziale (g)
1201,72 1201,56 1196,72 1198,59 1202,38 126,58
Live weight at start (g)
Peso vivo finale (g)
2409,74 2496,00 2391,79 2489,48 2530,81 259,63
Slaughtering weight (g)
Incremento onderale(g/d)
31,18
33,05
30,76
33,33
34,05
5,92
Daily weight gam (g/d)
Consumo alimentare (g/d) 120,99 115,33 121,51 120,13 127,98
9,37
Feed intake (g/d)
Indice di conversione
3,60
3,53
3,66
3,46
3,80
0,29
Feed to gam ratio
Interazioni non significative. No significant interaction.
Gli incrementi ponderali, pur simili tra i gruppi, dal punto di vista statistico (P>0,05),
hanno fatto registrare valori superiori per i conigli in gabbia (T5) e, seppur meno
marcati, per i gruppi T2 e T4. La maggiore densità sembra confermarsi quindi un fattore
sfavorevole, mentre il tipo di lettiera non sembra esercitare un effetto di qualche rilievo.
Anche il consumo alimentare e gli indici di conversione non sono stati
significativamente modificati dalla tipologia di allevamento e dalle variabili considerate,
a differenza di quanto emerso in una precedente esperienza (Lambertini et al., 1998),
dove i conigli su lettiera di paglia mostravano una netta flessione dell’ingestione di
mangime. L’assunzione di paglia della lettiera, pur evidente all’osservazione degli
animali, non sembra tale da ridurre marcatamente le performances in vita. Nella tabella
2 sono raccolti i dati rilevati in sede di macellazione.
Dal loro esame si possono apprezzare alcune differenze: in particolare, il peso della
carcassa è più elevato nei conigli allevati in gabbia rispetto a quelli a terra, a densità
maggiore (T5 vs T1 e T3), mentre la resa è più favorevole rispetto a tutte le altre tesi
sperimentali (P<0,01). Come noto, l’andamento di questo parametro è influenzato
dall’incidenza, sul peso vivo, della pelle e, soprattutto,, del digerente, di cui non si può
197
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
escludere un diverso livello di replezione causato dall’ingestione della paglia.
Tabella 2 - Rilievi al macello e caratteristiche chimiche del contenuto ciccale (valori
medi).
Table 2 - Slaughtering data and chemical composition ofcaecal content (mean values)
Tesi sperimentali
D.S.errore
TI
T2
T3
T4
T5
Experimental groups
SD error
Peso carcassa a caldo (g)
1327,50B 1382,67AB 1351,85B 1398,93AB 1452,16A 144,41
Hot carcass weight (g)
Resa a caldo (%)
55,09B
55,36°
55,85B
55,18B
57,39A
1,78
Dressing out percentage (%)
Calo di refrigerazione (%)
1,68
1,71
1,82
1,84
1,59
0,50
Drip loss (%)
Contenuto ciccale
Caecal content
-sostanza secca (%
22,98
22,08
22,28
21,75
24,50
2,56
-dry matter (%)
- proteina greggia (%)
24,51
25,71
24,95
24,16
24,85
2,32
-crude protein (N x 6 25) (%)
-NDF
38,06
37,58
39,36
39,29
38,21
3,20
- ADF
28,34
28,16
27,86
28,85
28,39
2,43
-ADL
6,26
6,49
5,56
5,68
6,83
1,05
A vs B: P<0,01. Interazioni non significative. No significant interaction.
In proposito, si deve ricordare che l’incidenza di questi apparati tende fisiologicamente
a modificarsi durante lo sviluppo dell’intero organismo. In particolare, il coefficiente
allometrico della pelle tende a crescere, mentre quello del pacchetto intestinale a
diminuire (Cantier et al., 1969). E’ quindi possibile che l’andamento della resa derivi
più da fattori di ordine fisiologico che dalla tipologia di allevamento, tanto più per i
conigli dei gruppi Tl e T2, stabulati su truciolo di legno. Una indiretta conferma a
queste considerazioni si può ricavare dall’esame della composizione chimica del
contenuto ciccale che non presenta differenze significative tra le tesi sperimentali, anche
relativamente alle componenti fibrose. Le caratteristiche del contenuto ciecale
dipendono dal materiale che refluisce in questo distretto del digerente grazie ai
movimenti antiperistaltici del colon prossimale. Questo particolare aspetto della
fisiologia digestiva del coniglio è stimolato dalle dimensioni delle particelle alimentari
(Bouyssou et al., 1988). Gidenne (1993) ha dimostrato che solamente quelle di Ø < 0,3
mm refluiscono al cieco, mentre le altre sono eliminate con le feci dure. E’ quindi
possibile che la fibra, se assunta con la paglia della lettiera, non sia stata “riciclata” a
livello ciecale in ragione delle sue dimensioni. Dall’esame dei dati riportati in tabella 3
si deve osservare che il peso dell’arto posteriore non differisce tra le tesi sperimentali,
mentre il rapporto m/o del taglio è significativamente superiore nel gruppo T5. Anche
lacomposizione chimica della frazione edule è influenzata dal tipo di stabulazione: i
conigli a terra presentano, nel complesso, carni con un maggiore contenuto d’acqua e
più povere di lipidi. È possibile che la minore possibilità di movimento degli animali in
gabbia abbia determinato le modificazioni osservate; meno evidente è la ragione delle
198
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
differenze emerse, in alcuni casi, tra i conigli a terra.
Tabella 3 - Composizione e caratteristiche chimiche del taglio campione (valori medi).
Table 3 - Meat to bone ratio and chemical composition of hind leg (mean values).
Tesi sperimentali
Experimental groups
Peso arto posteriore (g)
Hind leg weight(g)
Rapporto muscolo/osso
Meat to bone ratio
Composizione del muscolo:
Meat composition:
-sostanza secca (%)
- dry matter (%)
proteina greggia (% s.s.)
-crude protein (N x 6.25)(%d.m )
-lipidi greggi (% s.s.)
-crude fat (% dm )
TI
T2
T3
T4
194,73
196,84
206,98
190,37
D.S. errore
S D. error
204,96
13,94
4,43 B
4,37B
4,50B
4,44B
5,04A
0,42
26,14B
26,90AB
26,14B
26,55AB
27,36A
0,85
85,68a
81,36b
80,9 lb
84,27ab
81,14b
3,50
9,74C
13,30AB
10,59BC
10,43BC
14,12A
2,80
T5
A vs B vs C: P<0,01 ; a vs b: P<0,05. Interazioni non significative.
No significant interaction.
Si può ipotizzare che il risultato sia semplicemente conseguenza del diverso sviluppo
corporeo raggiunto al termine della prova, pur non potendosi escludere un’influenza
dovuta agli effetti interattivi tra gli animali. Si deve sottolineare, infine, che all’età
considerata, non si sono manifestati episodi di aggressività tra i maschi.
CONCLUSIONI
I conigli allevati a terra, su lettiera, hanno mostrato prestazioni produttive abbastanza
simili a quelle dell’allevamento intensivo in gabbia. Peraltro, alla stessa età di
macellazione, gli animali a terra presentano rese inferiori e carcasse meno mature, con
un rapporto m/o del taglio campione meno favorevole. La stabulazione in colonia, fino
all’età di 11/12 settimane non sembra indurre comportamenti aggre ssivi tra i maschi,
tali da compromettere la possibilità di portare a termine il ciclo produttivo. Sulla base
dei risultati ottenuti, riteniamo che l’allevamento del coniglio in colonia, su lettiera,
indipendentemente dalla natura di questa, rappresenti una possibile alternativa alla
stabulazione in gabbia, pur rendendosi necessario un attento controllo farmacologico
delle patologie enteriche per contenere i problemi sanitari legati, principalmente, alla
presenza dei coccidi.
199
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
BIBLIOGRAFIA
Bouyssou T., Candau M., Ruckebusch Y. (1988). Réponses motrices du colon aux
constituants pariétaux et a la finesse de mouture des aliments chez le lapin, “Reprod.
Nutr. Develop.”, 28 181-182.
Cantier J., Vezinhet A., Rouvier R., Dauzier L. (1969). Allometrie de croisance chez le
lapin (Oryctolagus cuniculus). “Ann. Biol. Anim. Bioch. Biophys.”, 9(1), 5-39.
Crimella C., Verga M., Luzi F., Canali E. (1988). Sistema di allevamento alternativo
nell’ingrasso del coniglio, “Riv. Coniglicoltura”, 25(2), 41-44.
Crimella C., Luzi F., Amboini M., (1990). Sistemi alternativi per la stabulazione del
coniglio da carne. “Riv. Coniglicoltura”, 27(1), 39-42.
Gallazzi D. (1985). Allevamento e svezzamento del coniglio su lettiera permanente.
“Riv. Coniglicoltura”, 22(12), 36-38.
Gallazzi D., Arrighi P. (1988). Allevamento del coniglio su lettiera permanente. Aspetti
sanitari. “Riv. Coniglicoltura”, 25(2), 49-53.
Gidenne T. (1993). Measurement of the rate of passage in restricted-fed rabbits: effect
of dietary cell wall level on the transit of fibre particles of different size. “Anim.
Feed Sci. Technol.”, 42, 151-163.
Lambertini L., Vignola G., Zaghini G. (1998). Aspetti produttivi nell’allevamento del
coniglio da carne su lettiera permanente. “Atti S.I.S.Vet”, vol. LII, 513-514.
SASS, (1989).SASS® User’s Guide: SASS Statistics Version 5ed., SASS Inst.
Inc.;Gary, NC, USA.
200
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
EFFETTO DELLA TIPOLOGIA D’ALLEVAMENTO E DEL SESSO SULLE
PERFORMANCE DI CONIGLI ALL’INGRASSO 1
Fabio Luzi2 , Carla Lazzaroni3 , Sara Barbieri4 , Casimiro Crimella5
RIASSUNTO : L’effetto della tipologia d’allevamento e del sesso sui principali
parametri zootecnici di conigli all’ingrasso è stato verificato su 80 animali alloggiati in
gabbie tradizionali bicellulari e open-air in colonia (6 animali per gabbia), macellati a
90 giorni d’età. 1 parametri analizzati sono stati: peso allo svezzamento, incremento
medio giornaliero, indice di conversione alimentare, peso alla macellazione, peso della
carcassa a caldo, peso della carcassa a freddo, resa alla macellazione a freddo e misure
somatiche in vita e sulla carcassa. La tipologia d’allevamento open-air, pur migliorando
le condizioni corporee e di benessere degli animali, non ha influito sui parametri
zootecnici che sono risultati omogenei nelle due tipologie di allevamento, evidenziando
delle differenze statisticamente significative solo sulla circonferenza a livello
dell’addome in vita e sulla carcassa. Il sesso non ha influenzato i rilievi effettuati.
PAROLE CHIAVE: coniglio, tipologia d’allevamento, performance produttive
EFFECT OF TYPE OF REARING AND SEX ON PERFORMANCE OF FATTENING
RABBIT
SUMMARY: The influence of type of rearing and sex on productive performance was
studied on 80 fattening rabbits housed inside (2 animals per cage) or outside (open-air in
colony, 6 animals per cage) and slaughtered at 90 days of age. The parameters analysed
were: weaning weight, daily weight gain, feed conversion rate, slaughtering weight,
carcass weight, carcass weight after 24 hours of cooling at 4°C, cold dressing
percentage, body and carcass measurements. The open-air rearing, although influenced
body and welfare conditions of animals in a positive way; did not affected the
productive parameters except for two parameters: body and carcass abdomen
circumference. Sex did not affect the studied parameters.
KEY WORDS: rabbit, type of rearing, productive performance
_______________________________
1
Ricerca eseguita in parte con fondi M.U.R.S.T. 40%.
Funzionario tecnico. Istituto di Zootecnica, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di
Milano.
3
Ricercatore confermato. Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Torino.
4
Laureato frequentatore. Istituto di Zootecnica, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di
Milano.
5
Professore ordinano. Ibidem.
2
201
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
PREMESSA
Al giorno d’oggi, uno dei principali temi di ricerca nell’allevamento intensivo del
coniglio da carne è il miglioramento della produzione, tenendo in considerazione le
richieste e le esigenze dell’allevatore ma soprattutto l’habitat e il benessere dell’animale
(Verga, 1997; Morisse, 1998; Luzi e coll., 1999). Studi precedenti hanno evidenziato
come, sia la superficie e il materiale costituente la gabbia, sia la densità animale,
possano avere un’influenza diretta sullo stato di comfort e sulla produttività degli
animali (Drescher, 1992; Morisse e Maurice, 1996; Rommers e Meijerhof, 1996). E’
noto che gli animali allevati all’aperto nella fase svezzamento- ingrasso (gabbie
bicellulari o in colonia) raggiungono le stesse performance produttive di quelli stabulati
in sistemi tradizionali (capannoni al coperto, con ventilazione naturale o dinamica),
consentendo dei bassi costi di gestione e un miglior macroclima (soprattutto per
temperatura e umidità relativa) nonché qualità dell’aria. Con la presente indagine si
sono confrontati gli effetti di due tipologie d’allevamento (gabbia bicellulare al chiuso e
colonia all’aperto) sulle performance di conigli all’ingrasso (35-90 d).
MATERIALE E METODI
La prova sperimentale, che è parte integrante di una più ampia ricerca sulla qualità delle
produzioni cunicole, si è svolta in un allevamento intensivo industriale sito nella
provincia di Alessandria, nel periodo settembre-novembre 1998. La ventilazione è
naturale con un impianto di riscaldamento per i mesi invernali. Il fotoperiodo è di 16 ore
di luce giornaliere e l’alimentazione è somministrata ad libitum. Gli animali sono stati
suddivisi allo svezzamento, effettuato a 5 settimane d’età ed a un peso medio di
751±108g, in due gruppi omogenei, costituiti da 40 animali (ibridi commerciali)
ciascuno. Un gruppo (controllo) è stato posto in gabbie bicellulari (California,
40x30x28cm) collocate all’interno del ricovero; mentre il secondo è stato posto in
gabbie all’aperto sotto una tettoia (open-air), contenenti ciascuna una colonia di 6
animali (flat-deck, 40x90x28cm). In entrambe le tipologie di gabbie, la superficie/capo è
di 0,6m2 . I soggetti, dopo il sessaggio, sono stati sacrificati a 90 giorni d’età. Si sono
rilevati i seguenti parametri zootecnici: peso allo svezzamento, incremento medio
giornaliero, indice di conversione alimentare, peso alla macellazione, misurazioni
somatiche in vita (lunghezza del tronco; lunghezza della groppa; circonferenza del
torace; circonferenza a livello dell’addome; circonferenza della coscia) e post-mortem
(lunghezza del dorso; lunghezza della groppa; circonferenza a livello dei lombi), peso
della carcassa a caldo, peso della carcassa dopo 24 ore di refrigerazione a 4 °C e resa
alla macellazione a freddo (Blasco e coll., 1993; Paci e coll., 1997). Si sono inoltre
rilevate la temperatura, l’umidità relativa e la pluviometria per mezzo di una centralina
meteo. I dati sono stati analizzati l’analisi della varianza a modello lineare utilizzando
come effetti fissi la tipologia d’allevamento (interno e open-air) e il sesso (SAS/STAT,
1990).
RISULTATI E DISCUSSIONE
I valori della temperatura, dell’umidità relativa e dell’indice pluviometrico sono oscillati
intorno a quelli medi del periodo e del luogo (clima continentale) oggetto della
sperimentazione (T=11,7 °C; UR=77,3 %; indice pluviometrico=47 mm.) Per quanto
concerne la tipologia delle gabbie, l’analisi effettuata non ha evidenziato delle
202
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
differenze statisticamente significative per il parametri in vita (peso allo svezzamento,
incremento medio giornaliero, peso alla macellazione), mentre rispetto alle misurazioni
somatiche si sono avute delle differenze significative in vita, solamente per la
circonferenza a livello dell’addome (28,4 vs 31,1 cm; P<0,001) e post-mortem per la
circonferenza a livello dei lombi (21 vs 21,4 cm; P<0,05) in favore degli animali allevati
all’esterno nelle gabbie in colonia (tabella 1).
Tabella 1 - Medie stimate e errore standard delle variabili.
Table 1 - Least square means and standard error of the variables.
Tipo d’allevamento
Rearing system
Variabili
Interno
Esterno
Variables
Indoor
Open-air
Soggetti - subjects (N°)
40
40
Peso alla macellazione (g)
2725±36
2794±36
Slaughtering weight (g)
Incremento medio giornaliero (g)
39,7±0,7
40,6±0,7
Average daily gain (g)
Peso della carcassa a caldo (g)
1609±32
1665±32
Hot carcass weight (g)
Peso della carcassa a 24 ore (g)
1547±29
1576±29
Commercial carcass weight (g)
Resa alla macellazione (24 h, %)
56,3±0,7
55,7±0,7
Sesso Sex
Maschi
Males
40
2746±38
Femmine
Females
40
2772±35
39,9±0,8
40,5±0,7
1644±34
1630±30
1572±31
1551±28
56,3±0,8
55,7±0,7
36,6±0,2
36,7±0,2
12,5±0,2
12,3±0,2
27,3±0,3
27,7±0,2
29,8±0,5
29,8±0,5
14±0,2
14,2±0,2
30,1±0,2
30,4±0,2
8,3±0,1
8,3±0,1
21,3±0,2
21,1±0,1
Commercial dressing percentage (%)’
• Lunghezza del tronco (cm)
36,4±0,2
36,9±0,2
Body lenght (cm)
• Lunghezza della groppa (cm)
12,1±0,2
12,7±0,2
Rump lenght (cm)
• Circonferenza del torace (cm)
27,5±0,3
27,4±0,3
Chest circumference (cm)
• Circonferenza dell’addome (cm) 28,4±0,5 31,1±0,5***
Abdomen circumference (cm)
• Circonferenza della coscia (cm) 14±0,2
14,1±0,2
Thigh circumference (cm)
•• Lunghezza del dorso (cm)
30,4±0,2
30±0,2
Dorsal lenght (cm)
•• Lunghezza della groppa (cm) 8,3±0,1
8,2±0,1
Thigh lenght (cm)
•• Circonferenza dei lombi (cm) 21±0,2
2 1,4 ±0,2*
Lumbar circumference (cm)
***:P<0,001;*:P<0,05
• misure somatiche in vita - body measurements
•• misure somatiche post-mortem - carcass measurements
L’indice di conversione alimentare, nel periodo svezzamento-ingrasso, si è attestato sui
valori medi della specie; gli animali allevati all’esterno hanno ottenuto dei valori
203
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
leggermente più alti, ma non significativi rispetto agli animali allevati all’interno (3,44
vs 3,27) così come i soggetti maschi nei confronti delle femmine (3,26 vs 3,21). Inoltre,
per i soggetti allevati in colonia, si è osservata anche una leggera tendenza ad un
aumento delle misure somatiche in vita per quanto riguarda la lunghezza del tronco e la
lunghezza della groppa, dovuta ad una maggiore possibilità di distendere gli arti e il
tronco di quelli allevati nelle tradizionali gabbie bicellulari.
CONCLUSIONI
La presente ricerca ha mostrato che l’allevamento open air, pur esercitando
un’influenza positiva sullo sviluppo della struttura scheletrica e muscolare (Stauffacher,
1992; Loliger, 1996) e sulle generali condizioni di salubrità (riduzione di gas nocivi,
quali ammoniaca e anidride carbonica), non modifica in modo sostanziale le
performance zootecniche. I parametri esaminati sono risultati omogenei per i due tipi di
allevamento, e anche il sesso, vista l’età di macellazione, non ha avuto alcuna influenza
significativa.
RINGRAZIAMENTI
Si ringrazia il sig. Arnaldo Locatelli dell’azienda “Valgrilla” di Tortona (Al) per la
gentile collaborazione prestata nel corso della prova sperimentale.
BIBLIOGRAFIA
Blasco A., Ouhayoun J., Masoero G. (1993). Harmonization of criteria and terminology
in rabbit meat research. “World Rabbit Science”, 1,3-10.
Drescher B. (1992). Housing of rabbits with respect to animal welfare. “J. Appl. Rabbit
Res.”, 15,678-683.
Loliger H.C. (1996). Outline of recomendations for appropriate domestic rabbit
management in accordance with animal protection and welfare considerations.
“World Rabbit Science”, 4, 101-103.
Luzi F., Bolis S., Heinzl E.L., Castrovilli C., Crimella C. (1999). Performance in pleinair rabbit rearing: fattening period. “Acta 2nd International Conference on Rabbit
Production in Hot Climates”, Adana, Turkey. “Cah. Opt. M ed.”, 41, 47-50.
Morisse J.P. (1998). Le bien-étre chez le lapin: rapport de synthèse. “7emes Journ. Res.
Cun. Fr.”, Lyon, France, 205-214.
Morisse J.P., Maurice R. (1996). Influence of the stocking density on the behaviour in
fattening rabbits kept in intensive conditions. “App. Anim. Behav. Sc.”, 54, 351-357.
Paci G., Marzoni M., Xing J.J., Bennati L. (1997). Misure in vivo per la stima delle
carcasse cunicole. “Atti XII Congresso Nazionale A.S.P.A.”, Pisa, 391-392.
Rommers J.M., Meijerhof R. (1996). The effect of different floor types on footpad
injuries of rabbit does. “6th World Rabbit Congress”, Toulouse, France, 2, 431-436.
SAS/STAT (1990). “User’s Guide”, Version 6, Sas Inst., Gary, NC, USA.
Stauffacher M. (1992). Group housing and enrichment cages for breeding, fattening and
laboratory rabbits. “Animal Welfare”, 1, 105-125.
Verga M. (1997). Troppo stress fa male ai conigli. “Riv. Coniglicoltura”, 34 (6), 13-19.
204
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
ADATTABILITÀ DEL CONIGLIO ALL’INGRASSO
A DIVERSE TIPOLOGIE DI ALLEVAMENTO 1
Carla Lazzaroni2 , Gilberto Benatti3 , Aldo Andrione 4 , Davide Biagini5
RIASSUNTO: 80 conigli (40 maschi e 40 femmine) di una razza locale (Grigia di
Carmagnola), sono stati allevati in gabbia monocellulare o in gruppo in recinto a terra
rilevando gli indici produttivi in vita e alla macellazione. L’allevamento degli animali in
gruppo, in recinto a terra, ha consentito di ottenere performance zootecniche positive e
rese alla macellazione inferiori se confrontate con l’allevamento in gabbia. Le femmine
hanno fatto registrare consumi maggiori e una maggiore quantità di grasso perirenale.
PAROLE CHIAVE: coniglio, tipologia d’allevamento, performance produttive
ADAPTABILITY OF FATTENING RABBIT TO DIFFERENT TYPE OF REARING
SUMMARY: 80 rabbits (40 males and 40 females) of a local breed (Carmagnola Grey
Rabbit) were kept singly in cages and in a group in floor pen, collecting productive
indices. The rearing of rabbits kept in group in floor pen showed favourable
performances and dressing out percentage lower than rabbits kept in cage. The females
have showed higher feed consume and higher perirena l fat weight.
KEY WORDS: rabbit, type of rearing, productive performance
PREMESSA
Lo sviluppo degli allevamenti cunicoli “intensivi” ha accresciuto i movimenti
d’opinione volti alla salvaguardia del benessere di questi animali e delle loro esigenze
comportamentali (Jamison, 1992; Loliger, 1992). La materia è stata oggetto di studi da
parte di molti autori (Drescher, 1992; Ferrante et ai, 1992a; Ferrante et al., 1992b;
Bigler, Oester, 1996; Xu, 1996; Morisse, Maurice, 1996; Morisse, Maurice, 1997), da
cui si possono trarre utili informazioni sull’effetto che le tecniche di allevamento
alternative al contenimento degli animali in gabbia, possono avere per prevenire
eventuali anomalie comportamentali, danni al sistema scheletrico o lesioni alla parte
distale degli arti (Drescher, 1996; Rommers, Meijerhof, 1996). La crescente diffusione
di allevamenti cunicoli di tipo estensivo e la loro ripercussione sulla produttività
dell’allevamento, ha indotto a studiare l’influenza che queste tecniche esercitano, nel
periodo di ingrasso, sulle performance di una razza locale, valutando al contempo
l’effetto del sesso.
____________________________
1
Ricerca eseguita in parte con fondi Università di Torino ex 60%.
Ricercatore confermato. Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Torino.
3
Dirigente di ricerca. Centro Studi, CNR.
4
Funzionario tecnico. Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Torino.
5
Laureato frequentatore. Ibidem.
2
205
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
MATERIALE E METODI
La sperimentazione è stata condotta su 80 conigli (40 maschi e 40 femmine) della razza
Grigia di Carmagnola nel periodo marzo-maggio 1999. I conigli sono stati allevati da 9
a 16 settimane di età (61 -113 d), in gabbie monocellulari tipo California (30x40x30 cm;
0,12 m2 /capo) o in gruppo in recinto a terra (250x100 cm; 0,25 m/capo).
L’alimentazione è stata eseguita con un mangime unico. I parametri zootecnici rilevati
sono stati: peso vivo iniziale, peso vivo finale, incremento poderale, incremento medio
giornaliero, consumo di alimento, indice di conversione alimentare, peso della carcassa
calda (1 h), peso della carcassa pulita (meno testa, fegato, reni), peso della carcassa
fredda (24 h), peso del grasso totale, resa calda alla macellazione, resa pulita alla
macellazione, resa fredda alla macellazione, peso del grasso scapolare (% p.v.), peso del
grasso perirenale (% p.v.), peso del grasso totale (% p.v.). I dati sono stati elaborati
mediante un’analisi della varianza con modello lineare bifattoriale e interazione.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Nella tabella 1 si evidenziano le differenze statisticamente significative, relative ai
principali parametri considerati.
Tabella 1 - Differenze significative nei parametri studiati
Table 1 - Significant differnces in parameters at control
Variabili Variables
Allev.
Housin g
Sesso
Sex
Allev. x sesso
Housing x sex
Età inizio prova - Initial trial age (d)
ns
ns
*
Peso vivo iniziale - Initial live weight (g)
ns
ns
ns
Età fine prova - Final trial age (d)
ns
ns
*
Peso vivo finale - Final live weight (g)
***
ns
ns
Consumo mangime - Feed intake (kg t.q.)
***
***
***
ICAa - FCRb (kg t.q./kg p.v.)
ns
ns
ns
Incremento di peso vivo - Live weight gain (g)
***
ns
ns
Increm. medio giorn. - Average daily gain (g/d)
***
ns
ns
Peso macellazione - Slaughtering weight (g)
***
ns
ns
Peso carcassa calda - Hot carcass weight (g)
***
ns
ns
Peso carcassa pulita - Net carcass weight (g)
***
ns
ns
Peso carcassa fredda - Cold carcass weight (24 h, g)
***
ns
ns
Resa calda - Hot dressing percentage (% p.v.)
***
ns
ns
Resa calda pulita - Net hot dressing pere. (% p.v.)
***
ns
ns
Resa fredda - Cold dressing percentage (% p.v.)
***
ns
ns
Peso grasso scapolare - Scapular fat weight(% p.v.)
***
ns
ns
Peso grasso perirenale - Perirenalfat weight (% p.v.)
***
***
ns
Peso grasso totale - Total fai weight (% p.v.)
***
***
ns
***: P<0,01 - *: P<0,05 - a ICA: Indice Conv. Alimento; bFCR: Feed Conversion Rate
206
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
Dall’esame della tabella 2, che riporta i valori medi, emerge che differenze
statisticamente significative riguardano soprattutto la tipologia di allevamento ed
interessano sia i parametri in vita sia quelli misurati alla macellazione.
Tabella 2 - Medie stimate ed errore standar delle variabili
Table 2 - Least square means and standard error of the variables
Variabili
Gabbia
Recinto
Femmine
Maschi
Variables
Cage
Pen
Females
Males
Età inizio prova (d)
63,57±6,41
62,00 ± 3,82
61,92 ±3,43
63,53 ± 6,46
Initial trial age (d)
Peso vivo iniziale (g)
1922,00± 287,29 1907,00 ±313,19 1952,43 ±287,64 1876,58±309,73
Initial live weight (g)
Età fine prova (d)
113,71 ±6,46
11 2,06 ±3,94
11 2,03 ±3,49
11 3,64±6,60
Final trial age (d)
Peso vivo finale (g)
3377,06±339,17A 3081,53±300,87B 3286,47 ± 353,46 3167 ,08±343,08
Final live weight (g)
Consumo mangime (kg t.q.)
9,30 ±0,62 A
7,46 ±0,31 B
8,56 ± 1,21 A
8,16±0,83B
Feed intake (kg t.q.)
Ind. Conv. Alim. (kg t.q./kg p.v.)
6,68 ± 1 ,45
7,06 ± 3,05
6,75 ± 1,63
6,99±2,97
Feed conv. rate (kg t.q./kg p.v.)
Incremento di peso vivo (g) 1451,18±293,46A
Live weight gain (g)
Incremento medio giorn. (g/d)
29,02 ± 5,87 A
Average daily gam (g/d)
Peso macellazione (g)
3369,00±231,36A
Slaughtering weight (g)
Peso carcassa calda (g)
2086,00±159,91A
Hot carcass weight (g)
Peso carcassa pulita (g)
1892,50±150,20A
Net carcass weight (g)
Peso carcassa fredda (24 h, g)
1840,25±149,30A
Cold carcass weight (24 h, g)
Resa calda (% p.v.)
61,90±1,82 A
1164,03±298,61B 1329,12±3I4,43
23,28 ± 5,97 B
26,58 ± 6,29
1279,31±342,20
25,59± 6,84
3078,50±I95,13B 3276,50 ±249, 19 3171,00 ±260,89
1795,50±111,43B 1959,75 ±20 1,87 1921,75±203, 32
1617,75±1 12,268 1783,00±190,78 1727,25 ± 191,98
1562,25±112,28B 1732,50 ± 190,75 1670,00±1 92,70
58,35 ± I.65B
59,73 ± 2,48
60,52 ± 2,50
56,15±1,71 A
52,55+ 1,578
54,33 ± 2,47
54,38 ± 2,47
Resa fredda (% p.v.)
Cold dressing pere. {% p v.)
Peso grasso scapolare (% p.v
Scapular fat weight (% p.v.)
54,60±1,76 A
50,74 ± 1 ,52 B
52,78 ± 2,55
52,56 ± 2,58
0,66±0,27 A
0,33 ± 0,17B
0,53 ± 0,30
0,45 ± 0,26
Peso grasso penrenale (% p.v.)
1,89± 0,44 A
0,83 ± 0,41 B
1,59± 0,57 A
1,13 ± 0,71 B
Perirenalfat weight (% p.v.)
Peso grasso totale (% p.v )
Total fat weight (% p.v.)
2,54 + 0,58 A
1,16± 0,49 B
2,12 ± 0,79 A
1,58± 0,908
Hot dressing percentage (% p v )
Resa calda pulita (% p v.)
Net hot dressing pere. (% p.v.)
A,B: P<0,01
L’allevamento degli animali in gruppo, in recinto a terra, ha consentito di ottenere
performance zootecniche positive, anche se con accrescimenti più ridotti ma con
consumi di mangime inferiori, rese alla macellazione minori e quindi carcasse più
leggere ma meno grasse, se confrontate con l’allevamento in gabbia. Nel confronto tra i
sessi, le femmine hanno fatto registrare consumi maggiori e una maggior presenza di
grasso perirenale e quindi totale.
207
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
CONCLUSIONI
L’allevamento degli animali in gruppo, in recinto a terra, ha consentito di ottenere
performance zootecniche concorrenziali con quelle ottenute con l’allevamento in
gabbia. Nonostante le minori rese alla macellazione, le positive ripercussioni che si
possono avere a livello sanitario, comportamentale e di salubrità ambienta le, unite alla
richiesta da parte di una quota sempre più ampia dell’opinione pubblica affinché si
migliorino le condizioni del benessere animale, possono far considerare questo tipo di
allevamento come una possibile alternativa al contenimento in gabbia degli animali.
BIBLIOGRAFIA
Bigler L., Oester H. (1996). Group housing for male rabbits. “6th World Rabbit
Congress, Toulouse”, 2, 411-415.
Drescher B. (1992). Housing of rabbits with respect to animal welfare. “J. Appi Rabbit
Res.”, 15,678-683
Drescher B. (1996). Deformations of vertebral column in breeding rabbits. “6th World
Rabbit Congress, Toulouse”, 2, 417-421.
Ferrante V., Verga M., Canali E., Mattiello S., Carenzi C. (1992a). Hybrid and New
Zeland White Rabbits kept in floor pens: space distribut ion and aggregations. “J.
Appi Rabbit Res.”, 15, 692-699.
Ferrante V., Verga M., Canali E., Mattiello S. (1992b). Rabbits kept in cages and in
floor pens: reactions in the open field-test. “J. Appi Rabbit Res.”, 15, 700-707.
Jamison W.V. (1992). Political activism and the animal rights movement. “J. Appi
Rabbit Res.”, 15, 1689-1708.
Loliger H.C. (1992). Consideration of animal protection welfare in domestic rabbit
housing and management. “J. Appi Rabbit Res.”, 15, 684-691.
Morisse J.P., Maurice R. (1996). Influence of the stocking density on the behaviour in
fattening rabbits kept in intensive conditions. “6th World Rabbit Congress,
Toulouse”, 2, 425-429.
Morisse J.P., Maurice R. (1997). Influence of stocking density or group size on
behaviour of fattening rabbits kept under intensive conditions. “Applied Animal
Behaviour Science”, 54, 351-357.
Rommers J.M., Meijerhof R. (1996). The effect of different floor types on footpad
injuries of rabbit does. “6th World Rabbit Congress, Toulouse”, 2, 431-436.
Xu H.T. (1996). The behaviour of the rabbit. “6th World Rabbit Congress, Toulouse”, 2,
437-440.
208
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
INDICE
Prefazione.
RELAZIONI
VERGA M., LE NEINDRE P., M OYNAGH J. - Valutazione scientifica del “benes
sere” nelle specie zootecniche: ricerca ed applicazioni nell’allevamento
ZOCCARATO I., BATTAGLINI L.M. - II benessere animale e la produzione della
carne nell’allevamento del suino e dei ruminanti.
NARDONE A., RONCHI B. - Lo stress da caldo nelle bovine da latte: benesse
re e aspetti produttivi
LAZZARONI C. - II benessere animale nell’allevamento avi-cunicolo
COMUNICAZIONI
CALAMARI L., LOMBARDI G., CALEGARI E., STEFANINI L. - Variazioni di alcuni enzimi ematici in bovine da latte in varie condizioni di stress
SUMMER A., FORMAGGIONI P., TOSI E., FOSSA E., MARIANI P. - Effetti delle
condizioni di clima caldo- umido sulle caratteristiche di coagulazione del
latte prodotto durante l’estate 1998 e rapporti con il tipo di stabulazione
nell’allevamento delle vacche di razza Frisona
MARTINI A., SARGENTINI C., RONDINA D., BIFFANI S., BOZZI R., NUR ALÌ
DIRIYE, GIORGETTI A. - Osservazioni riguardanti il benessere e le produzioni di vacche da latte Girolando e femmine F1 Chianino x Girolando
allevate nel nord est del Brasile
GIORGETTI A., MARTINI A., BOZZI R., RONDINA D., BIFFANI S., SARGENTINI
C., NUR ALÌDIRIYE - Osservazioni riguardanti il benessere e le produ
zioni di vacche Nellore e vitelli F1 e F2 Chianino x Nellore allevati nel
nord est del Brasile
NAPOLITANO E., CIFUNI G.F., M ONTEMURRO N., RIVIEZZI A.M., GIROLAMI A.
Allattamento artificiale: benessere degli agnelli e qualità della carne
NANNI COSTA L., LO FIEGO D.P., RUSSO V. - Effetti dello stress pre- macellazione sulla qualità della carcassa suina
FEDELE V, FILIPPIN A., GNACCARINI M., JULINI M., MARINO M., REDOGLIA F.
Prime valutazioni applicative sul benessere nel trasporto degli animali da
allevamento e da macello in seguito all’applicazione del D.L.vo 388/98
FERRANTE V, CASTROVILLI C., VERGA M., MAGGI S. - Analisi delle performances produttive e dell’etogramma in conigli in gabbia a differente
numerosità
209
pag.
3
»
5
»
21
»
»
45
67
»
83
»
91
» 103
» 111
» 121
» 129
» 137
» 145
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
POSTER
RIZZI R., C EROTTI F. - Fattori climatici e produzione di latte in bovine allevate ai tropici
pag. 153
PISTOIA A., FERRUZZI G., S ERRA A., M ELE M. - II pascolamento quale fattore di benessere animale: effetti sulla produzione del vitello da ristallo
» 157
BORDI A., DE ROSA G., GRASSO F., MIGLIORI G., NAPOLITANO F. - Influenza
della densità di allevamento sul benessere del vitello bufalino
» 163
SEVI A., NAPOLITANO F., CASAMASSIMA D., DELL’A QUILA S., BELLETTI A.,
ANNICHIARICO G. - Riduzione dello stress nell’agnello allattato artificialmente attraverso il passaggio graduale dal latte materno a quello ricostituito
» 167
MAZZOCCO P. - Una tecnica non invasiva per valutare l’attività ruminale
» 175
CURADI M.C., ORLANDI M. - La valutazione dei contenuti sieroproteici ai
fini di un giudizio di immunotransfer nel puledro
» 179
MALAGUTTI L., ZANNOTTI M., MAZZOLI E., SCIARAFFIA F. - La lettiera di
fibra di cocco per il benessere del suino
» 185
TROMBETTA M.F., PASQUINI M., MATTII S., CODONI E., FALASCHINI A. - Primi
risultati di un allevamento sperimentale di scrofe allevate all’aperto
» 189
LAMBERTINI L., VIGNOLA G., ZAGHINI G. - Allevamento alternativo del coniglio da carne
» 195
LUZI F., LAZZARONI C., BARBIERI S., CRIMELLA C. - Effetto della tipologia di
allevamento e del sesso sulle performance di conigli all’ingrasso
» 201
LAZZARONI C., BENATTI G., ANDRIONE A., BIAGINI D. - Adattabilità del coniglio a diverse tipologie di allevamento
» 205
210
Convegno Nazionale
Parliamo di …benessere e allevamento animale
Fossano, 14-15 ottobre 1999
Finito di stampare
nel settembre 2000
per i tipi de
L’Artistica Savigliano
211
Scarica

Scarica gli atti - Scienze Zootecniche