APPARATO RESPIRATORIO
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VENTILAZIONE POLMOMARE
Funzioni delle vie respiratorie. Inspirazione. Significato funzionale dei meccanismi diaframmatico e
costale. Espirazione. Spazio morto. Ventilazione polmonare e ventilazione alveolare. Modificazioni della
pressione alveolare e del flusso di aria durante un ciclo respiratorio. Pressione pleurica e sue variazioni
durante un ciclo respiratorio.
La funzione del sistema respiratorio è di garantire la corretta ossigenazione del sangue e
l'eliminazione della CO2 in eccesso. Poiché questi gas devono entrare nel circolo ematico o da questo
devono essere espulsi le vie respiratorie necessariamente accoppiano ventilazione e perfusione. [nota
bene: il processo meccanico definito comunemente respirazione prende il nome di ventilazione
polmonare, mentre il termine respirazione indica l'intero processo che va dall'immissione di ossigeno alla
sua utilizzazione per l'ossidazione dei substrati e la conseguente produzione di energia]. Le vie aeree
hanno lo scopo di distribuire il flusso d'aria su una superficie di 70 m 2 circa per un uomo di 70kg. Si
dividono in superiori e inferiori. Delle vie aeree superiori fanno parte:
– le cavità nasali, che hanno il compito di umidificare l'aria e portarla circa a una temperatura
uguale a quella corporea. Forniscono circa il 50% della resistenza al flusso, inoltre si comportano
come un filtro e bloccano le particelle di diametro superiore a 10micrometri.
– La faringe, che non è solo una via di passaggio ma grazie a numerosi aggregati linfocitari fornisce
una protezione attiva contro gli agenti infettivi.
– La laringe che contiene l'organo della fonazione e la glottide(che può essere volontariamente
occlusa
le vie aeree inferiori originano sotto l'anello della cartilagine cricoide e si dividono in:
– trachea, un condotto cilindrico che è formato da una struttura membranosa tesa tra anelli
cartilaginei di sostegno strutturale, non collassabile.
– Bronchi, che originano in numero di due, uno per lato, e costituiscono i condotti in cui termina la
rachea. penetrati nel polmone si arborizzano diventando bronchi lobari, lobulari e dando
ramificazioni sempre minori; la sezione delle 2 ramificazioni figli è pero complessivamente
maggiore della sezione del bronco da cui originano. Per dieci ordini id ramificazione(che
avvengono ad angolo acuto), fino al diametro di 1 micrometro, i bronchi conservano nella loro
parete placche cartilaginee che conferiscono una certa rigidità strutturale. Al disotto di questo
diametro i bronchi prendono il nome di bronchioli e divengono collassabili dalla pressione. Dopo
sei ordini di ramificazioni(a T) nei bronchioli iniziano a comparire, lungo la parete sporadici
alveoli. Le successive ramificazioni prendono il nome di bronchioli terminali(o respiratori). Questi
ultimi continuano a dividersi fino a generare dotti alveolari, ovvero bronchioli la cui superficie è
cosparsa di alveoli. Nel polmone sono individuabili unità morfofunzionali definite unità respiratorie
formate da decine di bronchioli respiratori e di conseguenza alcune migliaia di alveoli. Queste
sono individuabili in numero di circa 60000 per polmone. L'albero bronchiale è dotato di una
propria innervazione attribuibile al sistema simpatico. È ricco di terminazioni sensitive che
rispondono a stimoli quali agenti irritanti (l'ipersensibilizzazione causa l'asma). Inoltre è innervata
la circolazione nutrizionale bronchiale e il sistema muscolare. Il sistema muscolare bronchiale
risponde agli stimoli costringendosi e aumentando la resistenza al flusso(è ad esempio l'effettore
dell'asma), a stimoli opposti in maniera opposta. La circolazione bronchiale deriva dalle arterie
bronchiali dell'aorta toracica e costituisce l'apporto nutrizionale del sistema bronchiale. Esistono
alcuni shunt anastomotici tra la circolazione polmonare e quella bronchiale ma nel soggetto
normale non sono significativi.
– Alveoli sono deputati allo scambio di ossigeno tra aria e sangue. Lo scambio avviene per
diffusione passiva, che è molto facilitata visto che la barriera aria sangue nei polmoni è spessa
circa 0,15 micrometri. (ricordiamo che secondo la legge di fick la diffusione avviene in modo
inversamente proporzionale alla distanza). La barriera aria sangue è composta dall'accollamento
di cellule laminari dell'endotelio capillare e pneumociti (anch'essi con medesima struttura
laminare e nucleo protrudente nel lume) e dalla membrana basale tra i due strati cellulari. Le
concentrazioni di ossigeno e anidride carbonica sono all'equilibrio dopo 0,2 secondi. Il tempo di
transito del sangue è di circa 0,8 secondi, (il sangue transita a ogni battito del vd) più che
sufficente. In questo tempo transita la gittata sistolica di sangue, circa 70 ml(fino a 200 ml sotto
sforzo: il limitato aumento di gittata fa si che le richieste metaboliche di O 2, che sotto sforzo
aumentano anche di sei volte, vengano soddisfatte aumentando il prelievo dall'emoglobina, che
funge anche da riserva), distribuita su una superficie capillare circa uguale a quella alveolare. Si
ritiene che la grande estensione della superficie non sia funzionale all'ossigenazione del sangue
quanto alla distribuzione della gittata cardiaca in vasi di piccole dimensioni, quelle di un eritrocito,
perfettamente ossigenabili. La componente cellulare degli alveoli è formata da tre tipi di cellule: i
pneumociti di tipo uno sono cellule appiattite strutturali, i pneumociti di tipo II sono anche detti
cellule di clara e secernono il muco, un tensioattivo di cui in seguito sarà analizzata nello specifico
la funzione, le cellule intercalate hanno un orletto a spazzola e si pensa possano fungere da
chemocettori.
L'inspirazione è la fase attiva della respirazione. I centri troncoencefalici inviano impulsi motori al
midollo, da li questi raggiungono attraverso i nervi frenici e gli intercostali il diaframma e i muscoli
interfcostali. Si assiste all'espansione dalla gabbia toracica. Questa è determinata in primis dalla
contrazione a quindi dall'abbassamento del muscolo diaframma, a forma di cupola posto tra il torace e
l'addome che provoca un aumento in altezza del torace. In secundis i muscoli intercostali esterni
muovono le coste(a parte le prime due, che risultano più rigide) verso l'alto e verso l'esterno
(esemplificando: a manico di secchio): ciò provoca una aumento in sezione trasversa della cavità
toracica. L'espansione cavitaria è seguita dall'espansione pleurica ad essa accollata. Tra la pleura parietale
e quella viscerale c'è un sottile foglietto mucoso che riduce gli attriti e consente un agevole scorrimento
dei polmoni. Conseguentemente la pressione nello spazio pleurico(attorno ai polmoni) si riduce e ciò
determina un espansione dei polmoni, che sono distensbili.a coadiuvare l'inspirazione sono presenti
muscoli detti inspiratori accessori; questi sono i muscoli scaleni e i muscoli sternocleidomastoidei che con
l loro contrazione distendono ancor più la gabbia toracica. Normalmente non sono attivi. L'espirazione
segue l'inspirazione. In genere è un processo passivo dovuto al rilasciamento dei muscoli inspiratori e
quindi all'innalzamento del diaframma e al ritorno in situ delle coste. È coadiuvato dai muscoli intercostali
interni, che sono disposti perpendicolarmente agli intercostali esterni e facilitano con la loro contrazione il
ritorno delle coste alla posizione di riposo. Anche i muscoli addominali anteriori aumentando la pressione
addominale facilitan il ritorno del diaframma. I muscoli accessori e i muscoli espiratori intervengono solo
in caso di respirazioni forzate o durante l'esercizio fisico.
In generale l'aria entra ed esce dai polmoni seguendo il gradiente pressorio. In inspirazione la pressione
toracica negativa provoca l'espansione dei polmoni e quindi una pressione alveolare negativa, che
richiama aria dall'esterno. In espirazione si verifica il meccanismo opposto. Mentre la perfusione è
costante(quindi il prelievo d'ossigeno) gli atti respiratori sono ritmici e in numero di 12 al minuto. Il loro
significato funzionale è quello di mantenere adeguate le concentrazioni alveolari di gas. Il volume di gas
alveolare può essere considerato come un volume tampone: infatti la pressione parziale di ossigeno deve
rimanere sufficientemente superiore rispetto a quella del sangue venoso da poter garantire la piena
ossigenazione e quella di anidride carbonica sufficientemente bassi. Ora queste pressioni saranno in
continuazione spinte all'equilibrio con quelle venose dal flusso di sangue e saranno riportate verso quelle
atmosferiche dall'ingresso dell'aria fresca. Si sottolinea che è essenziale che il volume sia
sufficientemente grande da non andare troppo velocemente all'equilibrio col sangue venoso. Si definisce
ventilazione polmonare il volume che entra o esce dal naso(o dalla bocca) ad ogni singolo atto
respiratorio (è anche detto volume corrente e di media corrisponde a 0,5 l). Si definisce invece
ventilazione alveolare il volume che entra o esce dagli alveoli in un singolo atto respiratorio. Detto
volume è il volume funzionalmente rilevante ed è diverso e inferiore rispetto al volume corrente. Parte del
volume inspirato infatti non arriva agli alveoli ma si ferma a riempire le vie aeree che non effettuano
scambi aria-sangue e viene espulsa senza poter essere utilizzata nella successiva espirazione. La
differenza tra ventilazione polmonare e ventilazione alveolare è definita spazio morto anatomico e
indica il volume delle vie non scambianti ossigeno col sangue. In genere corrisponde a 140 ml nell'uomo
di 70 kg, circa 2ml*kg di peso corporeo. Poiche Va+Sm=Vp per aumentare l'aria respirata è più
vantaggioso immettere nei polmoni volumi maggior facendo respiri più profondi che fare respiri più
frequenti: lo spazio morto rimane costante; l'aumento di vp si riflette direttamente solo su va, l'aumento
di frequenza aumenta invece sia la quota persa nello spazio morto che va.
Lo spazio morto anatomico può essere misurato col metodo di Fowler. Negli alveoli Concentrazione di azoto
le concentrazioni dei gas saranno simili a quelle atmosferiche; in particolare la
ideale
concentrazione di azoto sarà del 80%. al soggetto viene fatto inspirare ossigeno
puro. Nella successiva ispirazione parte dell'aria espirata sarà costituita da
ossigeno puro( l'aria che non si è mischiato con quella alveolare); il volume di
morto
ventilazioquest'aria ci darà lo spazio morto anatomico: ci basterà vedere per quale volume Spazio
Anatomico
ne alveolare
di aria espirata la concentrazione di azoto è nulla. Tuttavia nei gas avviene una
certa diffusione quindi la distinzione tra i due volumi non sarà netta.
Oltra ello spazio morto anatomico può esistere uno spazio morto fisiologico che viene ventilato ma non
perfuso. Questo comprende lo spazio morto anatomico e gli alveoli che non vengono perfusi e quindi non
possono scambiare gas con il sangue. Se nello spazio morto fisiologico non si può scambiare gas con il
sangue chiaramente assistiamo a una situazione in cui la concentrazioni di ossigeno e co2 nello spazio
morto rimangono costanti. Sfruttando ciò il metodo di misura dello spazio morto fisiologico di bhor può
essere applicato misurando la frazione di anidirde carbonica nel gas secco (o la percentuale o la
concentrazione) nell'aria alveolare(per semplicità si assume che questa sia uguale alla concentrazione
arteriosa di co2 di 40mmhg) e la nell'aria espirata mista. Sappiamo che il volume di co2 espirato (ovvero
il volume di co2 complessivo, frazione del volume corrente)è uguale al volume di co2 nello spazio morto+
il volume di co2 nell'alveolo, quindi Va*FCO2a+Vm*FCO2m=Vc*FCO2e. Ignoriamo il contributo dello
spzio morto poiche non avviene scambio e consideriamo =0; Va*FCO2a=Vc*FCO2e; Va=Vc-Vm, quindi
Vc*FCO2a-Vm*FCO2a=Vc*FCO2e; Vc*FCO2a-Vc*FCO2e=Vm*FCO2a; Vc*(FCO2a-FCO2e)=Vm*FCO2a;
Vm/Vc=FCO2a/(FCO2a-FCO2e). In sintesi il rapporto tra lo spazio morto fisiologico e il volume corrente è
uguale a 1- il rapporto tra la frazione di CO2 nel gas alveolare(arterioso) e quella del gas misto espirato.
Questo metodo ci da la misura dello spazio morto fisiologico perché gli alveoli non perfusi non scambiano
co2 al pari dello spazio morto anatomico.
Pressione pleurica
nel torace troviamo due componenti elastiche in serie: i polmoni
CmH2O
tendono a collassare a causa del richiamo elastico delle loro
componenti, mentre il torace tende ad espandersi, o meglio bilancia
-4
il richiamo elastico polmonare. All'equilibrio la forza esercitata dal
torace è nulla e quindi a glottide aperta la pressione polmonare è
uguale a quella atmosferica, la pressione pleurica è
subatmosferica poiché le forze di richiamo elastico polmonari
provocano una depressione intrapleurica. La pressione si trasferisce
a tutti gli organi toracici ed è perciò misurabile attraverso un
sensore esofageo a palloncino. La pressione pleurica all'equilibrio è -8
di circa -4 cmH2O. La foratura del torace annulla la pressione
Inspirazione
espirazione
tempo
intrapleurica negativa(entra aria) e provoca il collasso polmonare.
L'aumento del volume toracico provoca una diminuzione della
pressione pleurica che raggiunge a fine inspirazione i -8cmH2O e la conseguente espansione polmonare:
la diminuzione della pressione pleurica infatti agisce come forza di richiamo sul polmone e lo porta ad
espandersi (lo stesso effetto che si ha mettendo un palloncino comunicante con l'esterno in una scatola
chiusa e diminuendo la pressione all'interno della scatola). L'espansione del polmone non genera negli
alveoli una pressione negativa come quella pleurica poiché la depressione generata dall'espansione
alveolare è bilanciata dall'ingresso di nuova aria. Nell'alveolo la depressione massima genera un picco di
-1cmH2O a circa metà ispirazione, in seguito si riporta sempre più verso valori di equilibrio con la
pressione atmosferica, con cui comunica). A metà ispirazione, assistendo ad un picco del gradiente
pressorio, assistiamo anche ad un picco del flusso in entrata. A fine ispirazione invece il flusso sarà
gradualmente ridotto a 0 e così anche la pressione, che sarà in equilibrio con quella atmosferica.
Pressione alveolare
Flusso
Il ritorno del torace a posizioni di riposo provocherà invece un
l/s
aumento graduale della pressione intrapleurica da -8 a -4 cmH2O. CmH2O
Ciò si ripercuoterà sulla pressione alveolare: infatti il gas negli
+1
alveoli ha raggiunto l'equilibrio per pressioni di -8; l'aumento della
pressione pleurica provocherà una compressione toracica che
+0,5
comprimerà il polmone (in realtà questa spiegazione è semplicistica
poiché è il ritorno elastico dello stesso polmone che comprime gli
0
alveoli e inoltre diminuisce il volume toracico richiamando 'in
posizione' coste e diaframma). La pressione alveolare (ora=0) sarà
aumentata per la compressione del gas all'interno degli alveoli. Ciò
-0,5
provocherà un uscita netta di gas e una pressione che andrà
-1
all'equilibrio con quella atmosferica fine espirazione mostrando un
Inspirazione
espirazione
tempo
picco di flusso e di pressione analogo (in intensità e opposto in
direzione, ovviamente) a quello registrabile in ispirazione.
[curiosità? : pag 559 libro
L'equazione della ventilazione polmonare stabilisce una relazione iperbolica tra la ventilazione
alveolare e la pressione alveolare di co2:
V a= K⋅
P atmosferica
CO
2
P
alveolare
CO 2
tale relazione stabilisce che la ventilazione
alveolare è inversamente proporzionale alla pressione alveolare di co2. K è un fattore di correzione che
tiene conto di pressione atmosferica e temperatura corporea.
Quest'equazione ci da un utile raffronto sugli effetti provocati dall'ipoventilazione o dall'iperventilazione
non commisurate a un aumento di flusso polmonare alla concentrazione di co2 alveolare o arteriosa.]
22
SPIROMETRIA (Laboratorio)
Spirometria diretta e indiretta. Misura dei volumi e delle capacità polmonari.
Volume(L)
6
(3)
(5a)
(6) (7)
3,5
(1)
3
(2)
(5b)
1,2
(4)
(4)
tempo
(1) è il volume corrente, in eupnea indica l'aria che entra o esce in un singolo atto
respiratorio
(2) corrisponde al massimo volume espirabile oltre la normale espirazione eupnoica: il volume
espiratorio di riserva
(3) corrisponde al massimo volume inspirabile oltre la normale ispirazione eupnoica:il volume
inspiratorio di riserva
(4) corrisponde al volume residuo, nonché al minimo volume che i polmoni possono
raggiungere con le strutture integre
(5) il volume totale del polmone corrisponde alla somma
a-del massimo volume inspirabile dopo un espirazione normale, ovvero la capacità inspiratoria
b-e del volume residuo a un'espirazione normale, ovvero la capacità funzionale residua
(6) il volume totale del polmone corrisponde alla somma
(6) della capacità vitale, ossia il massimo volume respirato tra un espirazione
massima e un ispirazione massima
(4) e del volume residuo
(7) corrisponde al volume polmonare totale in massima inspirazione
per registrare i volumi polmonari facciamo uso della spirometria. Fondamentalmente un tracciato
spirometrico rappresenta la respirazione del paziente per valori normali, la massima inspirazione e la
massima espirazione a lui possibili se richiesto dall'operatore che effettua la spirometria.
Il tracciato spirometrico è ottenibile attraverso la spirometria diretta. Questa si basa sulla misurazione
dei volumi che escono direttamente dalla bocca del paziente. Ovviamente misurando i volumi eietti lo
spettro misurabile andrà dalla massima espirazione alla massima inspirazione, coprirà cioè la capacità
vitale. Il volume residuo non potrà in alcun modo essere misurato attraverso la spirometria diretta poiché
non esce dalle vie aeree per definizione.
Uno spirometro normalmente può essere ottenuto immergendo in un fluido un cilindro cavo e pieno
d'aria. Facendo respirare il soggetto nel cilindro il questo si innalzerà e abbasserà a seconda dell'aumento
o diminuzione del volume di gas contenuto. Collegando al cilindro un ago in grado di scrivere su carta che
scorre a velocità costante avremmo ottenuto il tracciato spirometrico.
Rimane da misurare la capacità polmonare residua: per fare ciò sono stati sviluppati vari metodi di
spirometria indiretta: questi misurano il volume totale del polmone basandosi sulle proprietà dei gas.
La prima tecnica si basa sulla legge di boyle. Secondo boyle in un gas il prodotto di volume e
concentrazione era costante. Possiamo esprimere questa legge eguagliando il prodotto tra concentrazione
e volume iniziali e concentrazione e volume finali: C i⋅V i=C f⋅V f il volume iniziale può essere
espresso come la concentrazione finale del gas(misurabile)*il volume finale (misurabile)/la
concentrazione iniziale(nota). Per applicare questa formula esistono due metodi:
•
il primo è detto a circuito chiuso e utilizza l'elio come gas per effettuare la misurazione. Al
soggetto si chiede di respirare in un boccaglio che dia su una camere di cui il contenuto d'elio sia
noto: dopo un certo tempo le concentrazioni di elio nei polmoni e nella camera saranno
all'equilibrio: l'elio, che prima era contenuto solo nel volume iniziale, adesso sarà contenuto
nell'intero volume costituito dal volume iniziale (la camera) più il volume polmonare:
V f =V iV polmonare
•

V iV polmonare=
V i⋅C i
Cf
;
V polmonare=
V i⋅C i
−V i
Cf
; V polmonare =V i⋅1−
Ci

Cf
il secondo è detto a circuito aperto ed è utilizzato come gas l'azoto: a un soggetto viene chiesto di
respirare ossigeno puro fino a quando l'azoto non è completamente lavato dall'aria alveolare. In
realtà non è possibile lavare tutto l'azoto quindi si considera soddisfacente una concentrazione
inferiore all'1% nel respiro. Conosciamo la concentrazione iniziale dell'azoto , il volume di aria
necessario per lavare l'azoto dai polmoni e la concentrazione di azoto in quel volume (l'aria
espirata viene immagazzinata nello spirometro di tissot); la concentrazione iniziale di azoto nei
polmoni moltiplicata per il volume polmonare è uguale al volume espirato totale per la
concentrazione d'azoto nel volume totale espirato moltiplicata per il volume espirato.
V polmonare =
[ N 2 ] finale⋅V exp tot
[ N 2 ]iniziale
il calcolo negli spirometri attuali di tissot è più complesso e tiene conto di altri fattori, mentre la
prolungata esposizione all'ossigeno puro può avere effetti negativi su alcuni soggetti.
Il secondo metodo di spirometria indiretta si basa sulla seconda legge di boyle: questa legge enuncia che
il prodotto tra pressione e volume di un gas è costante. Quindi P i⋅V i= P f⋅V f .
il metodo è detto pletismografia corporea. al soggetto viene chiesto di espirare contro un boccaglio chiuso
che rileva le pressioni alla bocca in una camera ermetica. A inizio espirazione nei polmoni ci sarà un
volume di gas alla pressione Pi nota, a fine espirazione rimarrà solo il volume residuo alla pressione Pf
nota . Il volume residuo sarà uguale al volume totale polmonare iniziale meno la variazione di volume
nella camera(misurata) ΔV.
P i⋅V polmonare =P f⋅V residuo ; V residuo =V polmonare −V Quindi
P i⋅V polmonare =P f V polmonare− V  ; P i⋅V polmonare= P f⋅V polmonare −P f⋅ V
P i⋅V polmonare −P f⋅V polmonare=−P f⋅ V ; V polmonare⋅ P i−P f =−P f ⋅ V
V
V
V polmonare =−P f⋅
; V polmonare =P f⋅
 P i −P f 
 P f − Pi
la pletismografa misura il volume totale del polmone, mentre il metodo di diluizione del gas solo il volume
in cui il gas viene diluito: per malattie ostruttive che impediscono al gas di diffondere per il polmone la
misura del volume polmonare sarà maggiore per la pletismografia.
La spirometria ci da importanti indicazioni cliniche:
la diminuzione della capacità vitale è attribuibile a un malfunzionamento della pompa; questo è a sua
volta imputabile o a un aumento delle resistenze offerte dalle vie aeree(asma bronchite) o a una
diminuzione della capacità muscolare(distrofia, poliomielite, malattie pleuriche e interstiziali).
Indicatore clinico essenziale per la valutazione dello stato polmonare è il rapporto tra volume residuo e
volume polmonare totale: questo rapporto è inferiore a 0.25 in un soggetto sano. Il rapporto aumenta o
con la diminuzione della capacità polmonare totale, quindi in caso di malattie dette restrittive che
comportano un mancato dispiegamento polmonare (la fibrosi cistica è un esempio poiché riduce
l'elasticità del polmone; sono restrittive anche malattie pleuriche[ es. pneumotorace] e amlattie
dell'apparato neuromuscolare e dalla gabbia toracica[cifoscoliosi]). Il rapporto aumenta con l'aumento del
volume residuo, quindi in caso di malattie ostruttive, quando cioè aumenta la resistenza al flusso, ovvero
con bronchi ipersecernenti, edematosi (asma o infiammazioni), o ristretti per la distruzione del
parenchima polmonare.
NB: Sia l'aumento di volume residuo che di capacità totale comportano la diminuzione della capacità
vitale: capire cosa ha fatto diminuire la capacità vitale è utile a scopo diagnostico. L'aumento dell'indice
VR/CPT è inscindibile comunque dalla diminuzione della capacità vitale.
Con la spirometria sono stati elaborati vari test standard che forniscono utili indicazioni cliniche:
- il test FVC, o della capacità vitale forzata , è valutato sia sulla base dei volumi che del flusso
respiratorio. Si richiede di eseguire un ispirazione massima poi un espirazione massima per il massimo
tempo possibile si traccia una curva volume-tempo e una curva flusso volume. Le curve subiscono
variazioni significative e tipiche per le diverse malattie. Il flusso respiratorio massimo aiuta a valutare il
grado e il tipo di malattia: la curva litri-tempo che quantifica la velocità del flusso risulta più ripida nelle
malattie restrittive, meno declive in quelle ostruttive (rispetto alla normalità)
[per il test fare riferimento alle slide e alla dispensa in inglese e vedere pefr fev e fef]
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PROPRIETA' MECCANICHE DELL'APPARATO RESPIRATORIO
Curve pressione-volume del polmone, del torace e del sistema torace-polmone. Complianza. Contributo
della tensione superficiale alla elasticità polmonare. Fattore surfattante e suo significato fisiologico. Flusso
dell’aria lungo le vie respiratorie. Resistenza delle vie respiratorie: sua misura e fattori che la
determinano. Lavoro respiratorio.
La curva di retrazione toracopolmonare, o curva pressione-volume del sistema respiratorio, da una
stima delle forze(pressioni) necessarie per mantenere il sistema ad un certo volume e rappresenta il
contributo delle forze di retrazione elastica del polmone e del torce. In particolare il torace si troverà
normalmente compreso e genererà forze che tenderanno all'espansione del sistema, il polmone si troverà
normalmente espanso e tenderà a collassare. Il polmone è legato al torace dalle pleure. [NB: le pressioni
transmurali vengono di norma calcolate dall'interno all'esterno, cioè Pint-Pext]. La curva di retrazione
toracopolmonare è data dalla pressione transsistemica (Psr) ovvero dalla differenza pressoria tra la
pressione alveolare, PA, (intrapolmonare) e la pressione atmosferica: P sr =P A− P atm . Può essere
ottenuta facendo inspirare o espirare un dato volume al soggetto da uno spirometro e a fine operazione,
raggiunto il volume desiderato, interrompendo il flusso allo spirometro e chiedendo rilasciare la
muscolatura. In questa condizione il sistema tenderà a raggiungere una condizione di equilibrio tra la
forza di richiamo elastico del polmone che tenderà a espellere l'aria contro lo spirometro chiuso e del
torace. Nessuna delle due componenti elastiche è vincolata. La pressione alveolare non sarà sempre nulla
perchè è impedito il flusso. Il torace contribuirà con le sue forze elastiche perchè la muscolatura è
rilasciata. Il polmone perchè tenderà a rilasciarsi. La curva può essere anche ottenuta come risultante
delle curve della pressione transpolmonare (Pp) e della pressione transtoracica(Ptr).
P sr =P pP tr =P A− P pl P pl −P atm= P A −P atm La pressione attraverso il polmone corrisponde alla
pressione alveolare – la pressione pleurica (Ppl) P p =P a −P pl ; la curva della pressione
transpolmonare è ottenuta misurando la pressione pleurica in assenza di flusso (pa=0) e con la gabbia
toracica rigida. Si noti che sperimentalmente ciò avviene ponendo il polmone isolato in una scatola
indeformabile e calcolando i volumi polmonari al variare della pressione della scatola(che corrisponde alla
pressione pleurica). I rapporti vengono presi sgonfiando il polmone dal suo volume massimo. Il polmone
raggiungerà l'equilibrio tra le sue forze di retrazione elastica e la pressione pleurica. [NB: la pressione
pleurica è corrispondente a quella che genera il flusso d'aria nella normale respirazione; con pressione
pleurica=0 pneumotarace] La pressione attraverso il torace (Ptr) corrisponde alla differenza tra la
pressione pleurica e la pressione atmosferica P tr = P pl −P atm . La curva della pressione transtoracica È ottenuta misurando per diversi volumi polmonari la pressione pleurica a glottide chiusa e
muscolatura rilasciata. Ciò rende la dimensione dei polmoni fissa mentre la gabbia toracica trova
l'equilibrio tra le forze di espansione elastica e la pressione endopleurica [NB: la pressione endopleurica
misurata in queste condizioni è la stessa che
provoca l'espansione dei polmoni durante
l'inspirazione ma ha apparentemente effetti
opposti(pressioni negative corrispondono in
grafico a volumi minori):il sistema
toracopolmonare è costituito da due
componenti elastiche in serie. La pressione
pleurica che provoca l'inspirazione a
espansione della gabbia toracica e che va da
-4 a -8 cmH2O è dovuta all'espansione
toracica che genera sul polmone una forza che
si oppone al richiamo elastico in maniera
maggiore per pressioni più negative. Nelle
condizioni sperimentali di costruzione della
curva invece il polmone non subisce
modificazioni ed ha volume costante. Per un
dato volume polmonare il torace raggiunge il
suo equilibrio a muscolatura rilasciata quando
le forze che ne causano l'espansione(di natura
elastica) sono bilanciate dalla pressione
generata dal volume polmonare. Il polmone
completamente vuoto manterrà il torace
ristretto poiché le forze di richiamo del
polmone genereranno una pressione
intrapleurica negativa che, non potendo
modificare il volume polmonare e portarlo
all'espansione, modificherà il volume toracico.
Il polmone iperespanso genererà una
pressione maggiore di quella atmosferica che consentirà al torace di espandersi.].
È utile valutare alcuni punti delle curve:
– la curva della pressione transtoracica si trova all'equilibrio quando le forze generate dal polmone
sulla parete toracica generano una pressione pleurica uguale a quella atmosferica, in queste
condizioni il torace non sarà portato dalle forze elastiche ne a espandersi ne a contrarsi e sarà
nullo il contributo dato dal torace alla pressione del sistema. Il torace è spinto a espandersi per
volumi polmonari minori con forze commisurate alla pressione pluerica (negativa) generata,
spinto a ritrarsi per pressioni pleuriche positive con una forza di ritorno elastico commisurata. Lo
stato di riposo del torace all'equilibrio della curva si verifica in eupnea per pressioni pleuriche di -8
cmH2O a fine di una normale inspirazione.
– La curva della pressione polmonare si trova all'equilibrio al disotto del volume residuo in vivo: in
pneumotorace. Quando la pressione pleurica è 0 il polmone si collassa secondo le sue forze
elastiche. Da notare che ovviamente non espelle tutta l'aria.
– All'equilibrio della curva della pressione sistemica la pressione alveolare è
nulla; le forze generate dal polmone e dal torace sono uguali e contrarie.
Questo stato stazionario è normalmente quello raggiunto a cfr a fine
espirazione in eupnea.
– Per pressioni minori il polmone spingerà il torace a ridurre di volume: la forza di
retrazione elastica polmonare genererà una pressione intrapleurica negativa che
spingerà il torace 'all'indentro'. Il torace al contempo spingerà il polmone a
espandandersi con una frza di ritorno elastico maggiore di quella generata dal
polmone sul torace. Ciò genererà pressioni trans-sistemiche negative poiché il
sistema è spinto ad espandersie a far entrare aria.
– Per pressioni maggiori del punto di equilibrio ma a volumi minori di quelli a cui
la curva della pressione transtoracica avrà raggiunto valori positivi il torace
spingerà il polmone ad espandersi, mentre il polmone spingerà il torace a
ridurre il proprio volume con una forza maggiore. Il sistema tenderà a
espellere aria e a ridurre il proprio volume.
–
Per pressioni maggiori del punto di equilibrio e a volumi maggiori di quelli a cui la
curva della pressione transtoracica avrà raggiunto valori positivi il torace
spingerà il polmone a ridurre il proprio volume e il polmone spingerà il Torace a
ridurre il proprio volume generando una forza dello stesso verso e direzione e di
maggiore intensità. Il sistema sarà fortemente spinto a espellere aria (più il
respiro è profondo maggiore è la forza che si deve esercitare).
Le curve della retrazione elastica ci danno anche un'altra importante indicazione: valutando la loro
pendenza possiamo ottenere la compliance degli elementi. Per definizione la compliance corrisponde alla
distensibilità degli elementi, ovvero alla facilità con cui vengono deformati. Quando la curva è verticale
piccoli aumenti pressori provocano grandi aumenti di
volume, mentre quando la curva è orizzontale grandi FISICA: un materiale prefettamente elas tic o s ubis c e
deformazioni direttamente proporzionali all'entità della forza
forze pressorie aumentano di poco il volume. La
applic ata: F=-Kx dove x è la variazione di lunghezza del
compliance, descrivendo la facilità con cui aumenti
materiale e k il c oeffic ente elas tic o c he indic a la res is tenza
res is tenza del materiale alla deformazione e des c rive la
pressori causano aumenti aumenti volumetrici può
pendenza della c urva. P er c aric hi(forze) elevati gli aumenti di
essere espressa come rapporto tra la variazione di
lunghezza s i allontanano da x 0 (lunghezza di equilibrio del
volume e la variazione di pressione ed è graficamente c orpo) e nei materiali reali la relazione tra c aric o e
rappresentabile con la pendenza della retta che unisce deformazione non è lineare: a aumenti di forza deformante
ampi c orris pondono aumenti di lunghezza modic i(la c urva
due punti della curva(due volumi alle rispettive
diventa più orizzontale e c ambia K). inoltre la forza applic ata è
V
P
pros s ima al c aric o di rottura, ovvero al c aric o a c ui il c orpo
s ubis c e deformazioni irrevers ibli. N ei polmoni il
c omportamento s i può c ons iderare elas tic o ideale per
deformazioni nello s pettro fis iologic o(3 5 -6 5 % c apac ità vitale)
distensibilità, la compliance causerà aumenti
dove la c urva del s is tema è appros s imabile a una retta. P er
quantitativamente maggiori su volumi maggiori(se un volumi maggiori la c urva ris ente dell'oppos izione dei polmoni
aumento pressorio di 6 cmH2O raddoppia il volume, un alla dis tens ione e diventa orizontale; per volumi minori ris ente
della res is tenza offerta dal torac e alla c ompres s ione. I l
volume di un litro un volume di mezzo litro
c oeffic ente elas tic o K è relazionabile all'elaztanza polmonare
esprimeranno valori di compliance differenti). Ci si
(differenza di pres s ione/differenza di volume). I due valori s ono
riferisce alla compliance specifica se si vuole
dimens ionalmente uguali.
pressioni)
C=
. su diversi volumi, a pari
valutare la distendibilità indipendentemente dal
volume della struttura: basterà esprimere la compliance come compliance per unità di volume e ciò
avviene dividendo il valore ottenuto per il volume della struttura(ovvero correggendo per il volume
polmonare).
Matematicamente: I l rec iproc o della c omplianc e
[ES: una aumento di pressione transpolmonare a cfr di 4cmH2O del s is tema res piratorio può es s ere ottenuto
provoca nei due polmoni un aumento di volume del 10% =0,8l: s ommando i rec iproc i delle c omplianc e
la compliance a calcolata sarà 0,8l/4cmH20=0,2 l/cmH20; in un polmonare e torac ic a. (ric ordiamo c he il
rec iproc o della c omplianc e è l'elas tanza). La
solo polmone la stessa pressione provocherà un aumento di
c omplianc e in un punto è rappres entata dalla
volume di 0,4l e la compliance sarà = 0,1l/cmH2O. Rapportando pendenza della c urva in quel punto e quindi s i
questa compliance al volume polmonare alla capacità funzionale ottiene c ome derivata della c urva nel punto
δV/δP.
residua avremmo invece un dato univoco(il volume alla cfr
diminuirà insieme al volume della struttura!) C s=C /V cfr nei due polmoni avremmo una cfr di 2
litri(approssimiamo), in un singolo plmone di un litro. La compliance sarà di 0,1/cmH2O per entrambe le
strutture.]
quando ci si riferisce alla compliance polmonare in genere ci si riferisce alla compliance intorno alla
cfr(per alti e bassi volumi la compliance varia).
Variazioni della compliance polmonare sono sintomi patologici: malattie che provocano la degenerazione
delle strutture rigide del polmone come enfisema e invcchiamento aumentano la compliance polmonare;
malattie che provocano rigidità delle strutture come la fibrosi cistica o l'edema la diminuiscono. La
compliance toracica diminuisce in caso di cifoscoliosi o per malattie della parete toracica.
La curva della risposta polmonare alla pressione
rappresentata sopra è ottenuta gonfiando fino al
limite il polmone e poi sgonfiandolo. Ripetendo
l'esperimento gonfiando gradualmente i polmoni
dal loro volume minimo otterremo una curva
differente sigmoidale e spostata a destra (in
distensione i polmoni hanno volume minore a
parità di forze esercitate , ad esclusione degli
estremi delle curve). Definiamo questo
comportamento della curva isteresi polmonare;
fisicamente si definisce isteresi la proprietà di un
sistema che è portato a reagire alle forze in
maniera dipendente dallo stato precedente alla
loro applicazione. Fisiologicamente dobbiamo
ricercare la causa di ciò partendo dalla
considerazione sperimentale che i polmoni immersi
in soluzione fisiologica, oltre a mostrarsi più
distendibili, danno in inspirazione ed in espirazione
che si sovrappongono(come dovrebbe essere
normalmente senza gli effetti sui polmoni di fattori
che modifichino la loro distensibilità a seconda
dello stato funzionale del sistema). La causa
dell'isteresi delle curve è da ricercare quindi in un fattore che sia annullato dall'insufflazione dei polmoni
con soluzione fisiologica (solubile in acqua). Questo fattore è il
Chimica: i tens ioattivi riduc ono la
surfattante polmonare. Il surfattante è una miscela di fosfatidilcolina
tens ione s uperfic iale: una goc c ia
d'ac qua s o un piano avrà forma
(80%, di cui la metà coniugata come dipalmitoilfosfatidilcolina),
s emis feric a perc hè la s uperfic ie ris entirà
fosfatidilglicina e fosfatidiletanolammina secreta dai pneumociti di tipo II. di forze tangenti di attrazione
Le molecole si orientano nell'alveolo esponendo all'aria lo strato insolubile molec olare. I l tens ioattivo riduc e ques te
forze: aggiungendo all'ac qua il s apone la
e alla matrice acquosa la parte polare. Il surfattante riduce la tensione
goc c ia perderà la forma s feric a e s i
superficiale. Da notare è che nel polmone si crea all'interno degli alveoli un
interfaccia aria-acqua: le molecole di acqua si dispongono sulla parete alveolare e generano forze di
tensione superficiale. Come ci insegna Laplace la tensione superficiale, ovvero la forza uguale e contraria
alla pressione intramurale, cresce al diminuire del raggio.
P=2

r
Un piccolo raggio degli alveoli
comporterà una pressione intraluminare elevata: per le leggi della fluidodinamica questo porterà gli
alveoli piccoli a svuotarsi nei grandi. La maggior concentrazione di surfattante però negli alveoli
piccoli(essendo distribuito su una parete minore) diminuirà la tensione superficiale di questi ultimi e
quindi la loro pressione intraluminare maggiormente che negli alveoli più grandi. [si noti che la curva
rossa e la blu coincidono per volume polmonare minimo: nella curva rossa il surfattante è così
concentrato da annullare le forze di tensine) Ci sono preò anche altri due fattori che aiutano i piccoli
alveoli a non collassare: essi rimangono previ grazie al sostegno fornito dalle circostanti strutture(si
immagini la cella di un alveare che è indeformabile nonostante la fragilità delle sue pareti se isolata grazie
al sostegno statico fornito dalle celle intorno): quando
un alveolo tende a collassare viene sorretto dalla forza
di retrazione elastica degli alveoli vicini. Essi inoltre
ricevono una forza che si trasmette dalla pleuraviscerale
ai setti e da questi ultimi agli alveoli. Il surfattante
quindi limita la forza che spinge i piccoli alveoli a
svuotarsi nei grandi.
Il surfattante per seconda cosa provoca la diminuita
tensione di tutti gli alveoli: riduce così il lavoro che
sarebbe necessario per vincere le forze di retrazione
elastiche del polmone sommate alla tensione della sola
interfaccia aria acqua e agevola il lavoro polmonare. Di
ciò è indice il fatto che un inadeguata presenza di
surfattante rende i polmoni non perfettamente
espandibili e provoca atelettasia dei piccoli alveoli, ovvero li schiaccia(ciò accade nella fatale sindrome da
distress respiratorio ai neonati prematuri: le cellule sono capaci di produrre surfattante solo dal settimo
mese di gravidanza).Le forze elastiche di retrazione del collagene e dell'elastina polmonari contribuiscono
solo per un quarto al richiamo elastico del polmone(la curva ottenuta insufflando con soluzione fisiologica
rende conto solo di queste forze non essendo presente l'interfaccia aria acqua). I 3/4 sono invece dovuti
alle forze di retrazione generate dalla tensione, e questa forza sarebbe maggiore (curva a dx nella figura
sopra) con tensioattivo non sufficiente.
[si noti che il contributo alla retrazione polmonare della tensione è indifferente alla presenza di
surfattante; il surfattante anzi è un espediente fisiologico che riduce l'opposizione data dalla tensione e
rende il polmone distensibile. Alla domanda cosa genera la tensione superficiale non rispondere il
surfattante, ma 'interfaccia aria-acqua]
Il surfattante in sostanza riduce il lavoro del sistema respiratorio.
Inoltre il tensioattivo genera l'isteresi tra le due curve: quando il polmone aumenta di volume lo strato
mono-molecolare di surfattante viene stirato, le molecole si allontanano e lo strato si rompe; per poi
ricomporsi e rirompersi etc. quindi l'azione del surfattante è meno efficace. Quando il polmone si sgonfia
lo strato di molecole e diventa più coeso, l'effetto del surfattante è maggiore.
[Ciò non è da confondere col fatto che il surfattante è meno efficace a volumi maggiori essendo meno
concentrato sulla superficie alveolare.(da notare che a volumi maggiori la curva del polmone insufflato
con aria e acqua divergono massimamente).]
La massima divergenza tra la curva di insufflazione e desufflazione si nota per volumi medi; per volumi
minimi e massimi le curve si avvicinano e coincidono poiché le grandi concentrazioni di surfattante per
bassi volumi e le minime concentrazioni per alti volumi annullano gli effetti della posizione delle molecole.
Il surfattante rende ragione dell'isteresi polmonare.
Le curve disegnate sono prese in condizioni statiche; la curva
p-v della respirazione reale (dinamica) si colloca all'interno di
queste curve statiche: la compliance nella respirazione
dinamica è minore di quella della respirazione statica in
quanto la minima variazione di volume e il tempo di
adattamento ridotto non consentono un adeguata
ridistribuzione del surfattante sulle pareti alveolari le due
curve si uniscono sempre in un loop respiratorio. La
compliance dinamica è definita come pendenza della retta
che unisce i punti di equilibrio a fine inspirazione e
espirazione. Il significato fisiologico dello sbadiglio o del
sospiro è quello di migliorare la ventilazione polmonare con
un immissione d'aria più profonda e prolungata del solito che
ridistribuisca il surfattante sulla superficie degli alveoli in maniera ottimale. Lo sbadiglio e il sospiro sono
stimolati da una diminuzione della cfr. Il surfattante presenta inoltre un ampio turnover.
Oltre al comportamento delle strutture del sistema respiratorio possiamo valutare il comportamento
dell'aria che transita in esso. Il flusso di aria attraverso le vie respiratorie incontra una resistenza
(trattandosi di un fluido reale). Questa resistenza è valutabile attraverso la formula di hagnan-poisseuille
R=
8⋅⋅l
⋅r 4
: la resistenza è direttamente proporzionale alla densità del fluido(costante) e alla
lunghezza del condotto , inversamente proporzionale al raggio alla quarta potenza(un aumento del raggio
di 2 volte diminuisce la resistenza di 16 volte); il raggio è il fattore che influenza in modo più significativo
la resistenza offerta. La resistenza può essere anche valutata in termini di caduta di pressione tra le vie
aeree superiori e gli alveoli:facendo respirare un soggetto in uno spirometro la pressione alla bocca sarà
diversa da quella alveolare durante l'espirazione e l'inspirazione. Il gradiente pressorio è direttamente
responsabile del flusso. Occludendo lo spirometro poi registriamo la pressione agli alveoli(bloccando il
flusso Palveolare e pressione alla bocca vanno rapidamente all'equilibrio) la resistenza offerta dalle vie
respiratorie è data dal rapporto tra caduta pressoria e flusso(se una specifica differenza pressoria muove
un flusso minore la resistenza sarà maggiore!!!)
R=
P bocca− P alveolare
Q
. questa resistenza in realtà è
leggermente maggiore di quella calcolata con la formula di poisseuille poiché include una componente che
normalmente è insignificante dovuta alla spesa energetica causata dal moto turbolento [cfr Reynold
Rey=
r⋅v⋅

] : nelle vie aeree superiori il moto è turbolento(le
turbolenze sono udibili) perchè è alta la velocità del flusso; nelle
inferiori la velocità diminuisce per l'aumentare della sezione totale.
La resistenza dovuta alla turbolenza è proporzionale a 0,03 * Q2, e
per flussi alti(esercizio fisico intenso) diviene significativa. La
resistenza totale è formata da una componente di resistenza
laminare e dalla componente dovuta alla turbolenza. La resistenza
può anche essere divisa in resistenza offerta dalle vie aeree superiori
e dalle vie aeree inferiori: le vie aeree superiori offrono l'80% della R totale sia perche generano moto
turbolento sia perché le velocità sono maggiori essendo minore la sezione totale(cfr bernoulli).
La pressione intrapleurica risente della necessità di spinte
Pressione pleurica
maggiori a causa della resistenza: se la spinta fosse puramente CmH2O
elastica la pressione varierebbe linearmente con il volume(curva
nera); in realtà la pressione intrapleurica deve diminuire più
-4
rapiramente in inspirazione e aumentare più velocemente in
espirazione: ciò perche parte della forza pressoria è dissipata
dalle resistenze. Per in ogni dato momento la differenza pressoria
che muove il flusso è maggiore di quella richiesta dalle sole forze
elastiche.
La resistenza fornita in espirazione è minore di quella fornita in
inspirazione(anche se dal grafico non si nota): il volume delle vie -8
aeree aumenta con l'aumentato volume respiratorio. La
Inspirazione
espirazione
tempo
bronoccostrizione aumenta la resistenza. In particolare il nervo
vago innerva i polmoni e con le sue fibre rilascianti acetilcolina
provoca broncocostrizione. Fumo e fattori irritanti provocano riflessi vagali broncocostrittori. I riflessi
simpatici non sono così presenti ma l'iniezione locale di un adrenergico provoca broncodilarazione, il che
dimostra che le cellule sono sensibili anche agli adrenergici.
Bisogna inoltre considerare che la resistenza di cui sopra rimarrebbe costante se il condotto fosse rigido. I
condotti del polmone sono però deformabili. Il punto in cui la pressione esterna sul condotto eguaglierà la
pressione interna il condotto verrà compresso e si raggiungerà un equilibrio che limiterà il flusso d'aria.
Questo effetto è chiamato compressione dinamica delle vie aeree. L'elevata pressione pleurica che
genera un espirazione forzata comprime di norma le vie respiratorie. (nb: solo una pressione pleurica
positiva può generare compressione delle vie respiratorie). In un test di capacità vitale forzata il flusso
viene limitato in espirazione nei grossi condotti(bronchi) che non
risultano molto comprimibili. Il flusso in inspirazione non è
limitato dalla compressione. La forza muscolare rimane costante
anche se non è ampia come quella generata dall'espirazione
poiche il torace diventa meno distensibile. In espirazione invece
i muscoli generano un picco di flusso che espelle buona parte
dell'aria, poi il flusso diventa sforzo-indipendente e limitato dalla
compressione dinamica delle vie aeree quindi decresce in modo
lineare (a pressione pleurica costante che genera l'espirazione il
volume polmonare si riduce e con esso la pressione alveolare e il
gradiente pressorio,
quindi il punto di
egual pressione viene
raggiunto vicino alle
vie aeree deformabili e occludibili, senza cartilagine; inoltre la
compressione è generata da una pressione transmurale
maggiore e quindi è più limitante.) ovviamente a piccoli volumi
l'espirazione non è flusso-limitataa causa delle pressioni
pleuriche minori. Nelle malattie polmonari di tipo ostruttivo si
verifica una caduta di pressione notevole causata dalla
resistenza aumentata e quindi il punto di egual pressione
viene raggiunto prima(picco in espirazione meno ampio) e si
avvicina alle vie aeree inferiori, più deformabili.
Dalla somma tra lavoro elastico e lavoro speso per vincere le resistenze si ricava il lavoro polmonare.
La maggior parte del lavoro è di tipo elastico, calcolabile come forza *spostamento, o nel caso pressione
* volume. Una parte invece è data dal lavoro resistivo. Nel loop respiratorio il lavoro elastico è dato
dall'area sottesa dalla retta che unisce i punti stazionari di fine inspirazione e espirazione:
volume%
Pressione pleurica
CmH2O
60
-4
I
50
40
E
30
-8
0
4
8
10 Pp
Inspirazione
espirazione
tempo
t1
L e =∫t  P V
2
il lavoro resistivo è dato dall'area compresa tra la curva del lavoro elastico e la curva
dell'inspirazione(o dell'espirazione), in verde, mentre il lavoro dovuto alle perdite non recuperate è dato
dall'area in azzurro: la quota del lavoro totale [NB: il grafico a sx vale per l'intero ciclo respiratorio; per
l'espirazione viene conservato metà del lavoro compiuto in ispirazione sotto forma di energia potenziale
elastica. Il grafico a destra non si riferisce al lavoro ma solo alla pressione necessaria per vincere la
resistenza elastica, in verde, e la resistenza al flusso, in azzurro]. Di norma durante l'espirazione il lavoro
elastico richiesto è minore per la diminuita tensione superficiale. La quota in eccesso (area marrone) è
utilizzata per impartire energia all'aria in uscita e riportare il torace alla configurazione di riposo oltre che
per vincere le resistenze elastiche. Il surfattante causa l'isteresi, se non fosse presente ispirazione e
espirazione richiederebbero lo stesso lavoro.
Il lavoro varia al variare della velocità respiratoria: respiri più veloci e meno
profondi diminuiscono il lavoro elastico ma aumentano la quota dovuta al
lavoro resistivo poiché l'ossigeno entra più velocemente. Il lavoro è minimo
nell'intervallo fisiologico.
Il lavoro aumenta con l'aumentata rigidità polmonare per l'aumento della
quota di lavoro elastico. In patologie ostruttive invece aumenta la quota spesa
per vincere le resistenze del flusso.
Si definisce rendimento della respirazione il rapporto tra il lavoro speso per
respirare e costo della respirazione. La respirazione ha un basso rendimento, di
circa il 10%; essa però consuma solo il 2% dell'ossigeno che assorbe. In
patologie che ne diminuiscono la funzionalità rendendo il sistema meno
distensibile il costo della respirazione è molto maggiore.
24
SCAMBI GASSOSI NEI POLMONI
Composizione dell’aria alveolare. Diffusione dei gas attraverso la barriera alveolo-capillare. Capacità di
diffusione polmonare. Circolazione polmonare. Distribuzione del flusso ematico polmonare. Rapporto
ventilazione-perfusione. “Shunts” anatomici (bronchiali e coronarici) e fisiologici (alveolari).
Il letto capillare polmonare contiene circa 75 ml di sangue, cifre uguale alla gittata cardiaca. Il circolo
polmonare invece ne contiene circa 500 ml. L'eritrocita percorre il capillare in circa il tempo di un ciclo
cardiaco, poiché i 75 ml nel letto capillare vengono idealmente sostituiti con i 75 ml sistolici. Questo
tempo, 0,75 s, è pienamente sufficiente per lo scambio aria-sangue di ossigeno e co2. Ovviamente lo
scambio on il sangue porta le concentrazioni di o2 e co2 dell'aria alveolare verso l'equilibrio con le
concentrazioni ematiche. Contemporaneamente però avviene la respirazione, ogni circa 3 sistoli in
eupnea, che sostituisce parte dell'aria alveolare e porta le sue concentrazioni vero l'equilibrio con quelle
atmosferiche. Circa 1/7 dell'aria alveolare viene rimpiazzata ad ogni respiro. Questi due eventi (la
circolazione e la respirazione) sono discontinui e producono oscillazioni delle concentrazioni alveolari ma
per semplicità consideriamo questi eventi continui e le concentrazioni alveolari costanti. Nell'aria
atmosferica normalmente la pressione è di 760 mmHg l'ossigeno è presente al 20%, l'azoto al 78% il
resto è composto da anidride carbonica elio etc. nelle prime vie aeree l'aria è completamente umidificata
e portata alla temperatura di 37°C. La pressione parziale del vapor acqueo a tale temperatura è di
47mmHg, quella del gas secco di 713 mmHg. L'ossigeno, con una frazione di concentrazione nell'aria
secca di 0,2093 ha una pressione parziale di 150 mmHg mentre l'anidride carbonica è presente in minima
parte (frazione nel gas secco= 0,02) ed ha una bassa pressione parziale (15 mmHg). Quando l'aria
inspirata raggiunge lo spazio alveolare la concentrazione dell'ossigeno scende di circa 1/3, quindi la sua
pressione parziale sarà di 100mmHg (98,7% di saturazione dell'emoglobina, nota bene). NB: questo non
avviene perchè lo spazio moto consuma in qualche modo l'ossigeno ma perchè l'aria alveolare povera
d'ossigeno lava la concentrazione del gas. Nell'aria alveolare la pressione parziale dell'anidride carbonica
è di circa 40mmHg mentre nello spazio morto è circa nulla. (Le due concentrazioni, di O2 e CO2, sono in
equilibrio con quelle arteriose) La concentrazione di O2 e CO2 alveolare varia in funzione della
ventilazione: sostituendo una quota maggiore o minore di aria alveolare (respirazione più o meno
profonda) o sostituendo l'aria con maggior frequenza le concentrazioni saranno maggiormente “lavate”
dall'aumentato afflusso di aria atmosferica.
La barriera aria/sangue è composta dai pneumociti che formano il rivestimento alveolare, dalla
membrana basale su cui poggiano e dalle cellule endoteliari dei capillari che ricoprono quasi totalmente la
superficie alveolare. Lo scambio avviene per diffusione passiva, che è molto facilitata visto che la barriera
aria sangue nei polmoni è spessa circa 0,15 micrometri. Consideriamo ossigeno e CO2 perfettamente
diffusibili e gi comportiamo come se stessero diffondendo in un fluido omogeneo. Ricordiamo che secondo
la legge di fick
J=
−D⋅ P
x
la diffusione avviene in modo inversamente proporzionale alla distanza e
direttamente proporzionale alla differenza di concentrazione( o di pressione parziale) moltiplicata per un
coefficente D. Il volume diffondente nell'unità di tempo è calcolabile moltiplicando la diffusibilità per l'area
della superficie attraverso cui avviene la diffusione /suo spessore.
V=
A⋅ P⋅D
x2
. Il coefficente D è
ottenibile come rapporto tra la solubilità della sostanza che diffonde e la radice quadrata del suo peso
molecolare(per molecole sferiche e non troppo grandi, ottima approssimazione per ossigeno e CO2)
D=
solubilità
 PM
. L'anidride carbonica diffonde meglio dell'ossigeno sebbene il suo peso molecolare sia
tre volte maggiore poiche è più solubile. Le concentrazioni di ossigeno e anidride carbonica sono
all'equilibrio dopo 0,2 secondi. Il tempo di transito del sangue è di circa 0,8 secondi, (il sangue transita a
ogni battito del vd) più che sufficiente. In questo tempo transita la gittata sistolica di sangue, circa 70 ml,
distribuita su una superficie capillare circa uguale a quella alveolare (70m2). La captazione di ossigeno è
inoltre coadiuvata dall'emoglobina, che ne aumenta la quantità trasportabile dal sangue.
Sperimentalmente immaginiamo ora che negli alveoli sia presente un gas come il protossido d'azoto:
questo diffonderà al sangue ma non verrà captato dall'emoglobina quindi la sua pressione parziale sarà
rapidamente all'equilibrio con quella del sangue, da questo momento il N2O non diffonderà più. La sua
diffusione sarà limitata dal flusso: un aumento del flusso produrrà una maggior captazione di N2O poiche
ci sarà piu liquido nel quale diffondere. Immettendo CO al posto di N2O notiamo invece che il monossido
di carbonio diffonde rapidamente e inoltre non raggiunge la concentrazione limite: infatti appena entra in
soluzione nel sangue viene captato dall'emoglobina con alta affinità e la pressione parziale nel sangue
rimane pressochè immutata. La sua diffusione è limitata dalla solubilità poiche diffonde a velocità
costante senza raggiungere un limite. L'ossigeno ha un affinità elevata per l'emoglobina ma 200 volte
minore di quella del CO, quindi il suo comportamento è intermedio: viene captato dall'emoglobina fino a
quando questa non risulti satura per la pressione parziale (98% saturazione, rivedi curva emoglobina).
Per studiare la capacità di diffusione polmonare si può aumentare l'affinità dell'emoglobina per
l'ossigeno spostandosi nella porzione verticale della curva di dissociazione dell'emoglobina, a p50, e
quindi diminuendo la concentrazione alveolare di ossigeno, o usare il CO. La capacità di diffusione di un
polmone è quantificata dalla costante DL data dalla costante D * l'area polmonare fratto lo spessore della
barriera alveolo-capillare al quadrato:
D L=
A⋅D
x2
. Non essendo possibile misurare in un paziente lo
spessore e l'area possiamo ricavare DL dalla legge di Fick: V =D L⋅ P . La diffusione polmonare di
un gas corrisponde al volume che nell'unità di tempo viene assorbito ad una data differenza di pressioni
parziali. Se utilizziamo il CO sappiamo che la sua pressione nel sangue è trascurabile, quindi
D L=
V
P
CO
alveolare
. Fino ad ora abbiamo considerato come unica resistenza alla diffusione lo spessore
attraverso cui l'ossigeno diffonde; nella realtà la distanza tra aria e globulo rosso è leggermente maggiore
dello spessore della barriera alveolo-capillare (considerabile attraverso DM);DL tiene conto sia dello
spessore della barriera che dell'impedimento che trova l'ossigeno a legars con l'Hb entrando
nell'eritrocita: la cinetica di reazione (e quindi di ossigenazione) dell'emoglobina con l'ossigeno non è
immediata: l'ossigenazione dell'Hb impiega circa 0,2 secondi. Questo tempo per quanto breve è
significativo e quindi occorre considerare la velocità di ossigenazione dell'Hb come una resistenza al
flusso: consideriamo il coefficiente
D L=
P
O2
alveolare
V
− P Oeritrocita
,
2
O2
O2
P alveolare − P eritrocita =
V
DL
; possiamo
calcolare il coefficiente DM con le pressioni parziali di plasma e aria, considerando il plasma a diretto
DM =
contatto con la barriera e l'aria allo stesso modo
O2
O2
P alveolare− P plasmatica =
V
DM
P
O2
alveolare
V
− P Oplasmatica
,
2
; una volta che l'ossigeno è sciolto nel plasma incontra l'ostacolo dato dalla
sua cinetica reazionale con l'Hb. Esprimiamo la velocità di reazione dell'ossigeno con l'Hb per mezzo di
una variabile Q che corrisponde al volume che diffonde nell'unità di tempo in un ml di sangue.
Moltiplicando Q per l'effettivo volume di sangue contenuto nel letto capillare polmonare Vc otteniamo il
coefficente di captazione dell'ossigeno attraveso l'eritrocita
O2
O2
P plasmatica −P eritrocita =
V
Q⋅V c
Q⋅V c =
P
V
−P Oeritrocita
O2
plasmatica
2
,
. complessivamente la differenza di pressione parziale tra alveolo e
eritrocita sarà uguale alla somma delle differenze pressorie tra eritrocita e plasma e tra plasma e alveolo:
P Oalveolare − P Oeritrocita = P Oalveolare− P Oplasmatica  P Oplasmatica − P Oeritrocita 
2
2
semplificando per V
2
2
1
1
1
=

D L D M Q⋅V c
2
2
, sostituendo
V
V
V
=

D L D M Q⋅V c
,
da questa formula con gli opportuni dati possiamo ricavare ogni
paramtero che ci interessi. Ovviamentese negli alveolo fossero presenti due gas come CO e O2 che
competano per il legame con Hb il valore Q per ciascuno dei gas sarebbe minore del normale valore. Un
antagonista rallenta la cinetica enzimatica!
Per quel che riguarda l'anidride carbonica non è il legame con l'hb come per ossigeno e CO l'unico effetto
che modifica la sua diffusione ( mentre ricordiamo che N2O fornisce un esempio di composto non
influenzato dal nessun fattore): avviene l'idratazione di CO2 nel complesso tampone ematco H+/HCO3-, lo
scambio di cloruri e la formazione di carbammati.
[L'effetto Haldane è responsabile del rilascio di CO2 oltre al semplice gradiente pressorio: L'effetto
Haldane prevede che il legame dell'ossigeno all'emoglobina renda questa più acida, e quindi facilita lo
spostamento dell'anidride carbonica dal sangue agli alveoli con due meccanismi principali. L'emoglobina
resa più acida rende più difficile il legame con l'anidride
Pressione parziale ematica
carbonica (carbaminoemoglobina), liberando maggiormente
CO2, inoltre l'aumento di acidità dell'emoglobina fa si che
N2O
O2
97
venga rilasciato un maggior numero di ioni idrogeno. Questi
combinandosi con ioni bicarbonato formano dapprima acido
carbonico, e successivamente H2O e CO2, nel sangue,
favorendone così il rilascio a livello alveolare. Non confondere
con l'effetto bohr che prevede il rilascio di ossigeno a ph più
alto]
46
CO2
In sostanza entrata nel capillare alveolare la CO2 diffonde
40
verso l'esterno, raggiunge la pressione di equilibrio a 1/3 del
capillare, dopo 0,2 s , un tempo del tutto simile all'ossigeno. A
CO
sua pressione parziale venosa è di 46 mmHg, arteriosa di 40
0,25
tempo (s)
mmHg nel circolo sistemico. La diffusione è controllata dalla distanza complessiva e dalla cinetica di
azione dei meccanismi ematici. La curva di dissociazione è ripida.
Il considerato processo di ventilazione polmonare e la diffusione dei gas sono funzionali solo se accoppiati
ad una corretta perfusione: in un ipotetico territorio in cui il sangue non circoli ovviamente gli scambi di
O2 e CO2 non potrebbero avvenire. I polmoni ricevono l'irrorazione dalle arterie polmonari del circolo
polmonare, a partenza dal ventricolo destro come tronco unico che poi si dicotomizza e fornisce
l'irrorazione a entrambi i polmoni. Il sangue è trasportato de-ossigenato. Questo tipo di irrorazione è
detta funzionale poiché è quella che permette lo svolgimento dell'ossigenazione del sangue. L'albero
bronchiale e il parenchima polmonare ricevono l'irrorazione invece dalle arterie bronchiali che seguono le
diramazioni delle vie aeree a partenza dall'aorta toracica. Queste trasportano ossigeno e nutrienti e
l'irrorazione è detta di tipo nutritizio. I vasi bronchiali sono gi unici ad avere capacità angiogenica(i tumori
ricevono sempre dal circolo bronchiale. Lesioni polmonari vengono riparata e irrorate dall'albero
bronchiale)Le vene bronchiali trasportano sangue de-ossigenato, mentre le vene polmonari sangue
ossigenato al vs. Circa metà del sangue refluo della circolazione bronchiale si immette attraverso piccoli
tratti anastomotici nelle vene polmonari, la restante parte ritorna attraversole vene bronchiali, poi la vena
azigos e emiaziogos al atrio dx. Il volume ematico polmonare è di circa 500ml, di cui 75 sono contenuti
nei capillari perialveolari. Il restante è contenuto nei grandi vasi che fungono anche come sebatoio di
riserva: in inspirazione la pressione pleurica è più subatmosferica e il vd riceve più sangue dalle vene
extratoraciche per l'aumentato gradiente pressorio. Il vs riceve lo stesso sangue poiche le vene d'afflusso
sono intratoraciche. Durante l'espirazione la situazione si inverte. La gittata maggiore del vd in
inspirazione è in parte compensata dalla distensione dei vasi polmonari. La resistenza polmonare è molto
bassa: in arteria polmonare si ha una pressione di 19 cmH2O, mentre nel vs di circa 11cmH2O. La caduta
di pressione è modesta.
I vasi intrapolmonari a cui si distribuisce la gittata del vd sono divisibili in vasi intra e extraalveolari. I
primi sono soggetti alla pressione alveolare mentre i secondi sono soggetti alla pressione pleurica.
Durante la ventilazione forzata è aumentata molto la pressione intra-alveolare. La compressione si
esercita sui capillari intra-alveolari e ciò riduce il flusso uniformemente. Quando la pressione pleurica
aumenta in espirazione ha effetto compressivo sui vasi extraalveolari e il flusso di fatto si riduce per un
aumento della resistenza. La compressione si esercita sui vasi all'uscita dell'alveolo. Inoltre sulla
distribuzione del flusso ha effetto anche la gravità: la pressione arteriosa aumenta di 1 cmH2O per ogni
cm di altezza sotto al livello del cuore. Inoltre con essa diminuisce la pressione transmurale distendente:
in un soggetto eretto i polmoni misurano 30 cm in altezza a capacità totale e l'ilo è situato 10 cm sotto gli
apici in linea con il cuore. Alla base abbiamo una pressione aumentata di 20 cmH2O ce distende i vasi di
deflusso e diminuisce la resistenza. [NB:la pressione di spinta del sangue è uguale poichè 'equilibrata'
dalla dilatazione dei vasi arteriosi e venosi. La perfusione è però diversa poiche il flusso è aumentato dalla
distensione dei vasi]. Agli apici abbiamo una pressione diminuita di 10 cm che comprime i vasi di deflusso
e aumenta la resistenza al flusso ematico. Possiamo considerare tre zone idealmente: una in cui una la
pressione transmurale superi quella arteriosa, comprima le arterie prima dell'ingresso negli alveoli e
arresti il flusso, una dove la pressione arteriosa sia maggiore della pressione transmurale ma questa sia
maggiore di quella venosa: la compressione si eserciterà solo sulle vene e ciò ridurrà il flusso
aumentando la resistenza. Un'ultima in cui sia la pressione venosa che quella arteriosa sono maggiori
della pressione transmurale e in cui il flusso sarà massimo. In genere la pressione nell'arteria polmonare
(19 cmH2O) è così elevata che la prima zona non è riscontrabile in un soggetto sano, la seconda è
limitata agli apici polmonari. La pressione di spinta, differenza tra quella arteriosa e venosa, è di 8
cmH2O a causa della poca resistenza. Un aumento di resistenza che provochi una caduta di pressione
modesta come 3cmH2O è significativa nella circolazione polmonare. Durante un esercizio
fisico(regolazione passiva del flusso ematico polmonare) sottomassimale e prolungato non assistiamo
all'aumento della pressione polmonare: il recutamento di piccoli vasi consente un aumento del flusso di 3
volte e un aumento delle possibilità di ossigenazione. Inoltre il circolo polmonare è regolato da vari
fattori: riduzione di Po2, aumento di PCO2, (si noti che per ossigeno e anidide carbonica si ha l'effetto
opposto che in ogni distretto sistemico: ciò avviene poiche il polmone tende a non spercare la perfusione
in zone non ventilate), trombossano A2, catecolammine alfa adrenergiche, istamina, angiotensina,
prostalgandine, leucotrieni, serotonina ed endotelina costringono il muscolo liscio vasale Alta PO2,
catecolammine beta adrenergiche, NO, acetilcolina (parasimpatico), bradichinina e dopammina hanno
effetti dilatatori.
Poiche non tutte le zone irrorate vengono ventilate adeguatamente e non tutte le zone vengono perfuse
allo stesso modo per valutare l'efficenza polmonare ci si può basare sul rapporto ventilazioneperfusione. Poiché la perfusione polmonare è di 5 l/min e la ventilazione di 4/5 l/min il rapporto tra i due
è normalmente compreso tra 0,8 e 1. Considerando gli estremi in un polmone non perfuso il rapporto
tenderà a infinito, in un polmone non ventilato sarà 0. tuttavia una valutazione puramente numerica non
è da sola sufficiente per avere un quadro della funzionalità polmonare poiche si può incappare nel
paradosso di Comroe: ponendo infatti che un polmone sia perfettamente perfuso e non ventilato e l'altro
polmone riceva l'adeguata ventilazione ma non sia perfuso avremmo comunque un rapporto ottimale tra
ventilazione e perfusione. Ovviamente tale situazione porterebbe rapidamente alla morte.
Il rapporto è valido anche per sezioni di polmone. Nel polmone Ventilazione/perf usione
di un individuo in posizione eretta la zona apicale, come
descritto, incontrerà una resistenza al flusso per quanto
riguarda la perfusione. Il rapporto sarà più alto. In posizione
3
di clinostatismo le differenze del flusso si annullano; le zone
declivi del polmone ricevono una maggior ventilazione poiché
presentano maggior compliance, il rapporto sarà più alto alla
2
base. Al termine di una espirazione forzata l'aria rimane negli
alveoli dell'apice, quindi il rapporto decresce verso la base con
Clinostatismo
posizione eretta
andamento iperbolico. A livello dell'ilo, terza costa, il rapporto 1
f ine espirazione
è costantemente uguale a 1. con l'occlusione di una branca
dell'arteria polmonare si assiste a un distretto che viene
irrorato ma non ventilato.
0
7
6
5
4
3
2
1 costa
La ventilazione si distribuisce nel polmone dall'alto verso il
basso in posizione eretta. Per valutare la sua distribuzione facciamo riferimento alla costante di tempo =
compliance * resistenza delle vie aeree. Ogni settore polmonare è sospeso al settore sovrastante: la forza
peso che agisce sui settori all'apice è maggiore e questi risultano più ventilati. I settori alla base invece
presentano una maggiore distensibilità. Come detto a espirazione forzata sono i quasi completamente
svuotati. Inoltre in posizione supina la pressione addominale positiva riduce la cfr. La costante di tempo
aumenta con l'aumentare dalla resistenza e della compliance e ha il significato di tempo necessario per
una corretta ventilazione.
Per vari motivi possiamo assistere a zone del polmone ventilate e non perfuse e a zone perfuse ma non
ventilate. Parliamo di shunts quando la concentrazione di ossigeno arterioso è inferiore al valore che ci
aspettiamo data al ventilazione. Distinguiamo gli shunts di origine anatomica e quelli di origine fisiologica.
Gli shunts anatomici sono dovuti alla conformazione dell'apparato cardiocircolatorio. A causa di questi
shunts la pressione dell'ossigeno nel sangue non è la media aritmetica di quella del sangue refluo delle
zone meglio ventilate apicali dove il sangue scorre più lentamente ed è meglio ossigenato (140 mmHg
pressione O2) e di quelle basali peggio ventilate dove il flusso è maggiore e il sangue è meno ossigenato
(85 mmHG pressione O2) ma la PO2 arteriosa si aggira intorno ai 97 mmHg: da una parte circa metà del
sangue venoso refluo del circolo bronchiale si riversa nelle vene polmonari; dall'altra il sangue refluo del o
coronarico si riversa nel atrio Sx e nl ventricolo sx seguendo le vene minime di tebesio. L'emoglobina
deossigenata di questo sangue capta rapidamente l'ossigeno in soluzione e ne abbassa la pressione
parziale di 10 mmHg circa. Patologicamente in alcuni gravi casi di insufficienza valvolare aortica il sangue
può passare attraverso il foro di botallo dall'atrio dx all'atrio sx e crear uno shunt anatomico patologico.
Gli shunt fisiologici sono di carattere funzionale. Assistiamo a due situazioni limite: in caso di ventilazione
sprecata il polmone viene ventilato completamente, ma una parte di questo non viene perfusa: la non
perfusa avrà un rapporto ventilazione perfusione infinito, la parte perfusa riceverà tutto il sangue
destinato all'intero polmone e una ventilazione normale. Il rapporto sarà minore del valore normale. Il
sangue in transito avrà meno tempo di ossigenarsi e scenderà la quota di O2 trasportato.
Nella commistione venosa (detta shunt destro-sinistro) una parte del polmone non è ventilata: il rapporto
V/P di questa parte sarà uguale a 0; la restante riceverà tutta la vetilazione polmonare e il rapporto V/P
sarà maggiore del normale. Dato però che l'Hb è nella porzione piatta della curva il sangue iperventilato
non potrà aumentare l'ossigeno trasportato tanto da sopperire alla mancata ventilazione della parte non
ventilata. Il sangue misto trasporterà meno ossigeno. In genere nelle malatie polmonari si verificano zone
ipoventilate o zone ipoperfuse. In clinica il rapporto V/P si valuta con la differenza alveolo-arteriosa di
pressione parziale di O2. Gli shunts fisiologici vengono compensati sia a livello cantrale che locale: in caso
di ventilazione sprecata (mancata perfusione) la zona non perfusa a) produce meno surfattante e ciò
diminuisce la cfr e devia la ventilazione; b) diminuisce la PCO2 che costringe il muscolo liscio delle vie
aeree aumentando la sua concentrazione idrogenionica. In caso di commistura venosa la diminuzione
della PO2 delle zone non ventilate costringe la muscolatura liscia vasale. I meccanismi di adattamento
sono molto lenti (giorni).
25
REGOLAZIONE NERVOSA E CHIMICA DELLA RESPIRAZIONE
Centri respiratori bulbo-pontini. Riflessi respiratori. Risposte ventilatorie a variazioni della concentrazione
idrogenionica e della pressione parziale dell'ossigeno e della anidride carbonica nel sangue arterioso.
Chemocettori periferici e centrali e loro funzione nella regolazione della ventilazione polmonare. Effetti
dell’interazione tra gli stimoli chimici sulla ventilazione polmonare
I processi automatici della respirazione traggono origine da centri situati nel tronco dell'encefalo ma
possono essere scavalcati da efferenze corticali nel caso in cui si inneschi volontariamente il processo
della respirazione. Nel bulbo e nel ponte sono situati gruppi di neutroni con specifiche funzioni che
regolano la periodicità dell'atto respiratorio. Esistono tre gruppi di neuroni:
•
il centro respiratorio bulbare è situato nella formazione reticolare del bulbo: si divide in gruppo
respiratorio ventrale o gruppo espiratorio e gruppo respiratorio dorsale o gruppo inspiratorio. Si
ritiene che i neuroni del gruppo dorsale abbiano la proprietà intrinseca di scaricare
periodicamente, di conseguenza possono essere considerate come i responsabili del gruppo
respiratorio basale. La loro attività è caratterizzata da: un periodo di latenza di 2-3 secondi,
seguito da PDA sempre più frequenti detti “a rampa” che si interrompono bruscamente all'inizio di
un nuovo periodo di latenza. La scarica a rampa stimola i motoneuroni dei muscoli respiratori in
maniera crescente e consente respirazioni non spasmodiche. Il gruppo ventrale è silente in
eupnea poiché l'espirazione si compie grazie al ritorno elastico. Il centro respiratorio bulbare
riceve afferenze dal nucleo del tratto solitario situato adiacente e attraverso questo dai nervi vago
e glosso faringeo e dal centro pneumotassico.
•
Il centro pneumotassico si trova nelle regioni superiore del ponte e nel nucleo parabranchiale.
Questo centro inibisce l'ispirazione. Può inoltre mandare segnali inibitori che accorciano la durata
delle rampe respiratori e e ne accorciano la frequenza.
•
Il centro apneustico si trova nella zona caudale del ponte. Negli animali sezionando il cervello al di
sopra di questo centro si provocano lunghe inspirazione seguite da periodi di apnea. Non è certo
che questo centro sia attivo nell'uomo.
Quando si respira volontariamente gli impulsi corticali prendono il sopravvento sulle strutture respiratorie
bulbo-contine. Inoltre afferenze dal sistema talamico e limbo possono modificare il respiro. L'innervazione
motoria di tutti i muscoli respiratori è fornita da motoneuroni nel corno moto anteriore del midollo
spinale. In particolare il diaframma è innervato dai nervi frenici destro e sinistro e i muscoli intercostali
dai nervi intercostali da T1 a T7. Il ritmo respiratorio non dipende dai motoneuroni poiché questi
scaricano solo se attivati. All'interno della muscolatura liscia delle vie aeree si trovano i recettori
polmonari di stiramento che scaricano in funzione della distensione del polmone e arrivano all' snc
attraverso le fibre viscero sensitive del vago. Esistono:
•
recettori da stiramento a lento adattamento che sono terminazioni di fibre mieliniche da grande
diametro e sono eccitate da aumento volumetrico dei polmoni. Inibiscono un ulteriore aumento.
•
Recettori a rapido adattamento eccitati dalla desufflazione dei polmoni localizzati nel tessuto
extra bronchiale
•
recettori a rapido adattamento situate sotto le cellule epiteliali della trachea e dei grossi bronchi.
Sensibili a stimoli irritativi e responsabili del riflesso della tosse. Sono anche responsabili del
paradosso dei Head, ovvero della comparsa di attività inspiratoria seguente alla insufflazione di
eccessivi volumi
•
recettori j dell'epitelio alveolare, espansioni di fibre vagali di piccolo diametro. La loro attivazione
determina un respiro frequente e superficiale ed è collegata a stati patologici polmonari.
I recettori da stiramento sono responsabili del riflesso di Hering e Breuer: l'insufflazione dei polmoni
tende a inibire l'attività dei muscoli inspiratori mentre la desufflazione promuove l'inspirazione. Questo
riflesso non sono indispensabili per la respirazione ma ne modulano solo l'attività. Inoltre nell'uomo è
particolarmente debole. I propriocettori dei muscoli tendini possono influenzare i riflessi dell'attività
respiratoria agendo a livello degli alfa motoneuroni respiratori del midollo.
La stimolazione dei barocettori aortici è in grado di influenzare la respirazione anzhe se ciò non si verifica
in condizioni fisiologiche. Un improvviso aumento pressorio determina ipoventilazione per inibizione del
centro respiratorio bulbare. Nei neonati si postulano nocicettori responsabili di rapide e improvvise
inspirazioni (si sculacciano per farli respirare). I recettori orofaringei inibiscono l'attività respiratori
durante la deglutizione. Recettori connessi alle fibre trigeminali e alle terminazioni olfattive sono
responsabili del riflesso dello starnuto.
Olree che dal riflesso a partenza da ricettori meccanici e da nocicettori, la respirazione è controllata d
ariflessi a partenza da chemocettori centrali e periferici. Questi modificano il ritmo respiratorio in
base alla variazione di parametri fisiologici come ph, pco2 e po2. Si comportano da chemocettori periferici
il glomi aortici e carotidei. Questi sono ammassi di cellule epitelioidi circondate da una ricca rete di
capillari sinusoidali. Le cellule epitelioidi di primo tipo contengono vescicole sinaptiche di dopammina.
Delle cellule di secondo tipo si ignora la funzione. Questi sono stimolati da diminuzione di po2, aumento
di pco2, aumento di ph (anche da aumento di temperatura, riduzione del flusso, diminuzione della
pressione arteriosa, azione del sistema simpatico, nicotina, lobelina e cianuro). I chemocettori centrali
sono raccolti in prossimità della superficie ventrale del bulbo e lateralmente alle piramidi bulbari e
medialmente all'emergenza dei nervi cranici dal settimo al nono. Sono attivati dall'abbassamento del ph
del liquido cefalorachidiano e dall'alta cpo2. Entrambi i recettori presentano una scarica basale per valori
normali. Un aumento della loro attività si riflette su un aumento dell'attività dei neuroni respiratori
bulbari.
Una condizione ipossemica provoca iperventilazione per azione dei soli chemocettori periferici. A
pressioni di anidride carbonica costante, la ventilazione rimane eupnoica finchè a pressione parziale
dell'ossigeno non scende al di sotto di 60 mmHg. Sotto questa soglia si ha un aumento esponenziale della
ventilazione.
Una condizioni ipercapnica provoca una risposta ventilatoria dovuta per l'80% ai chemocettori centrali,
per il restante 20% quelli periferici. La pco2 è la principale variabile controllata. Si può costruire una
curva pCO2-ventilazione che rende conto dell'adattamento provocato dall'aumento della pressione
parziale di co2. Normalmente l'aumento è di 2,5 l/min/mg.la curva è spostata a destra durante il sonno,
ciò significa che la pressione parziale di co2 tollerata nel sonno è maggiore. La curva p spostata a sinistra
nell'acidosi e a destra nell'alcalosi. L'ipercapnia aumenta la risposta ventilatoria all'ipossia e l'ipossia
aumenta la risposta ventilatoria all'ipercapnia [per le curve pag 609] La risposta allo stimolo ipercapnico
è maggiore con pressioni di ossigeno minori. La sensibilità alla pressione di anidride carbonica è talmente
elevata che un aumento di 5 mmHg aumenta di 2-3 volte la ventilazione. Il flusso ematico celebrale può
condizionare al risposta dei recettori centrali all'ipercapnia.
La risposta a stimoli chimici è mediata principalmente da anidride carbonica e ph. L'alcalosi metabolica
provoca ipoventilazione mentre l'acidosi iperventilazione.
Dopo il pasto si ha alcalosi che causa ipoventilazione durante la secrezione gastrica e successivamente
iperventilazione causata dalla cilosi frutto delle secrezione pancreatica biliare.
Nell'iperventilazione volontaria si verifica una situazione di apnea causata dall'eliminazione di una
notevole quantità di CO2. La ripresa del respiro deriva dall'azione stimolante della bassa po2 causata
dall'apnea sui chemocettori periferici. Tale ripresa del respiro determina l'eliminazione dell'andride
carbonica che provoca un nuovo arresto del respiro. Questo fenomeno, detto respiro periodico da
iperventilazione volontaria, si ripete per alcuni minuti.
Come detto gli stimoli chimici interagiscono nella regolazione della ventilazione. Nel cervello l'ipossia
deprime il tono arterioso e aumeta il flusso, ciò lava l co2 prodotta dal cervello e riduce la risposta
centrale all'ipercapnia. Aumenta la risposta periferica. L'ipercapnia aumenta la risposta all'ipossia. Il SNC
può modificare le risposte all'ipossia attraverso fibre simpatiche vagali destinate ai chemocettori: ad
esempio nell'ipossiemia cronica, come per individui che vivono ad alta quota, i chemocettori non
rispondono a basse po2.
OMEOSTASI CORPOREA
26
REGOLAZIONE DELL’EQUILIBRIO ACIDO-BASE
Concentrazione degli ioni idrogeno nel sangue e sistemi tampone ematici. Secrezione tubulare degli ioni
idrogeno. Assorbimento tubulare degli ioni bicarbonato. Formazione e ruolo degli ioni ammonio.
Alterazioni dell’equilibrio acido-base: acidosi e alcalosi respiratorie e metaboliche. Meccanismi di
compenso.
La concentrazione idorogenionica extracellulare viene mantenuta dall'organismo entro un ristretto
range: il sangue venoso ha un ph di 7,35(+- 0,02) corrispondente a 44nmoli/L e il sangue arterioso di
7,45 (+-0,02) corrispondente a 46 nmoli/litro. Un ph inferiore a 6,8 o superiore a 7,8 è incompatibile
con la vita. Poiché la concentrazione degli ioni idrogeno è molto bassa si tende ad esprimerla come ph,
ovvero come co-logaritmo della concentrazione. pH =−log[ H + ] . Gli H+ ematici sono costantemente
prodotti:
•
In condizioni basali dal metabolismo di lipidi e glucidi si formano 12000 mmoli di anidride
carbonica al giorno: queste vengono idratate dall'acqua poiche in soluzione sono in costante
equilibrio con l'acido carbonico CO 2 H 2 O⇔ H 2 CO 3 . Questo è un acido debole e in
soluzione è in equilibrio con la sua forma dissociata
+
costante di dissociazione
Ka=
3
[ H ][HCO ]
[ H 2 CO 3 ]
[ H 2 CO 3]⇔[ H + ][ HCO -3 ]
secondo una
.
•
Il metabolismo degli acidi nucleici, di alcune lipoproteine ricche di gruppi fosforici crea acido
fosforico, che si comporta come un acido monoprotico forte, un acido diprotico e triprotico debole.
L'acido fosforico rende ragione di 30-60 mmoli di idrogenioni al giorno.
•
Il metabolismo degli amminoacidi contenenti gruppi solforici e di alcune lipoproteine ricche di
zolfo genera acido solforico, un acido diprotico che dissocia in H + e HSO4-. Rende ragione della
produzione di 20-40 mmoli di idrogeno al giorno
•
Una causa non basale della produzione di idrogeni è l'esercizio muscolare intenso: durante la
glicolisi anaerobica viene contratto un debito d'ossigeno pagato con la produzione di acido lattico,
in realtà parte del debito è contratto in maniera non lattacida attraverso il consumo della riserve
di atp e di creatinfosfato cellulari. Dopo lesercizio muscolare si assiste a una fase, detta di
pagamento del debito, in cui il soggetto rimane in iperventilazione e assorbe O 2 in misura
maggiore rispetto alle esigenze metaboliche contingenti.
Nella fase postrandiale si assiste inizialmente a un alcalosi ematica dovuta alla liberazione di acido
da parte dello stomaco, poi ad un acidosi dovuta alla liberazione della bile e dei succhi
pancreatici, di natura alcalina.
•
•
•
Diete vegetariane possono favorire invece una certa alcalosi con la liberazione di ossalati, tartati e
altri sali
patologicamente i diabetici sono spesso affetti da chetoacidosi: il loro fegato non stimolato da
insulina produce un'enorme quantità di corpi chetonici, tale da poter essere percepita attraverso il
respiro(i corpi chetonici sono molto volatili)
• L'assunzione di alcuni farmaci può produrre sostanza come HCl in circolo.
Traiamo due conclusioni: in primis la produzione di protoni è incostante e quindi l'equilibrio ematico è
frutto di una costante regolazione, in secundis la produzione giornaliera di idrogenioni non sarebbe
compatibile con la vita se non ci fossero dei meccanismi di compenso. Gli idrogenioni vengono
compensati in due modi: in maniera chimico- fisica e attraverso meccanismi fisiologici.
•
Nel sangue sono presenti in
soluzione acidi deboli e basi
coniugate. Chimicamente queste
combinazioni costruiscono quello
che viene detto un sistema
tampone, ovvero un sistema che
è capace di tamponare l'effetto
dell'aggiunta di idrogenioni in
soluzione: prendiamo un litro di
tampone di acido acetico 1 M,
aggiungendo una mole di HCl in
soluzione l'acido si formerà una
mole di H+ che tenderà a portare il
pH a 1. L'acido acetico che prima
era dissociato però, appena il pH scenderà sotto il valore di equilibrio per l'acido acetico, dato da
Ka, la costate di dissociazione, vedrà il suo equilibrio spostarsi verso la forma non dissociata e
quindi 'assorbirà' l'aumento di idrogenioni. Tutti gli acidi deboli costituiscono sistemi tampone ma
la loro efficacia è massima quando la concentrazione dell'acido e della base coniugata sono
uguali, ed il ph è uguale a pKa. Il potere tampone è evidenziabile nell'intervallo di pH + e – 1
rispetto a questo valore ottimale. Nella titolazione infatti potranno assorbire ottimamente sia
l'aumento di idrogenioni che di OH- poiche sarà massima la quota disponibile per tale
assorbimento [per dettagli ulteriori sulle curve di titolazione rivedere chimica]. Per calcolare il pH
a cui un acido debole sarà in equilibrio in soluzione possiamo usare la formula di HendersonHasselbak
Ka=
pH = pKalog
[ A- ][ H + ]
[ AH ]
[ A- ]
[ AH ]
.
[ A- ][H +]
[ A- ]
 log Ka=log
log [ H + ]
[ AH ]
[ AH ]
[ A- ]
[ A- ]
 −log [ H + ]=−log Kalog
 pH = pKalog
[ AH ]
[ AH ]
log Ka=log

Nel sangue sono presenti principalmente tre sistemi tampone:
-
--
+
•
il sistema tampone fosfato H 2 PO 4 ⇔ HPO 4  H
è piuttosto
vantaggioso poiché ha pka=6,8. Il suo effetto è limitato dalle basse
concentrazioni di fosfato nel LEC, che è quinid disponibile per tamponare
solo modiche quantità di H+ ; questo sistema tampone è invece
importante nell'acidificazione dell'urina. Il sistema osseo cede fsfato per
tamponare acidosi croniche, come nel caso di insufficienze respiratorie
croniche. Questo spiega perchè a malattie respiratorie croniche è
accompagnata estesa osteoporosi
•
il sistema tampone bicarbonato – acido carbonico H 2 CO 3 ⇔ H  HCO 3 ha un pKa di 3,8.
Questo ci fa pensare che non sia un buon sistema tampone. Anche l'anidride carbonica è in
equilibrio con l'acido carbonico CO 2 H 2 O⇔ H 2 CO 3 con una pk di 2,3.
+
-
CO2 H 2 O⇔ H 2 CO3 ⇔ H +  HCO -3 : CO2 H 2 O⇔ H +  HCO -3 L'equilibrio delle due
[ H + ][ HCO -3 ] [ H 2 CO3 ] [H +][ HCO-3 ]
reazioni è dato da kCO2 * Ka: Keq=
⋅
=
=6,1 (NB:
[ H 2 CO 3 ]
CO 2
CO 2
KCO2 * Ka=pKa+pKCO2). Nel sangue ci aspettiamo quindi solo poco acido carbonico poiché la sua
concentrazione è circa 600 volte minore di quella dell'anidride carbonica disciolta.
[HCO -3 ]
pH = pK eq log
PCO ⋅
Dove alfa è la costante di herry (con la pressione parziale in mmHg
2
la concentrazione dell'anidride carbonica disciolta =alla sua pressione parziale * alfa . Alfa =0,03
a 37°)
pH =6,1log
24 meq /l
24 meq/l
=6,1log
=7,4
40 mmHg∗0,03 mM / mmHg
1,2 mM
il fatto che pk
sia diverso dal 7.4 è significativamente vantaggioso poiché ha il significato di concentrazioni di
bicarbonato e anidirde carbonica possono essere regolate separatamente e non sono
interdipendenti. Infine possiamo chiederci come mai a fronte di un basso quantitativo di acido
carbonico ematico la concentrazione di bicarbonato sia così alta: il bicarbonato in circolo si forma
separatamente dalla dissociazione delle emazie: la CO2 nell'eritrocita è convertita ad acido
carbonico che dissocia; i gruppi imidazolici dell'amoglobina tamponano immediatamente il
protone scambiandolo con un potassio a cui sono normalmente legati. Il potassio non esce
dall'eritrocita mentre il bicarbonato entra nel plasma. Questo entra scambiato con un cloro-ione
quindi non c'è squilibrio elettrico.
•
Le proteine in soluzione al ph fisiologico si comportano come acidi deboli e quindi costituiscono un
efficace sistema tampone. Non si può dare un valore di pk poiché questo è ampiamente variabile.
L'emoglobina tampona normalmente 24meq/l di protoni. Il tampone proteico è attivo nel
tamponare acidosi e alcalosi respiratorie(agisce da tampone sul tampone bicarbonato) mantre il
sistema bicarbonato tampona le variazioni metaboliche. L'emoglobina titola 0,5 mmoli di protoni
per un aumento di pH di 0,1. si comporta diversamente se ossigenata o deossigenata: è un
tampone versatile, se legata a meno O2 la quantità di idrogenioni chè può tamponare è
maggiore: nelle vene il ph è più alcalino!
I meccanismi di compenso del ph ematico di natura fisiologica passano attraverso i polmoni e attraverso i
reni.
I polmoni possono agire sulla pressione parziale della CO2 aumentando o diminuendo frequenza e
profondità del respiro. La CO2 andrà in equilibrio con il bicarbonato.
Il rene agisce invece sulla concentrazione di bicarbonato e protoni: in particolare cura l'espulsione di
idorgenioni e il riassorbimento del bicarbonato. Il bicarbonato viene filtrato a livello della capsula di
bowman , circa 3mmol/min, ed entra nel liquido tubulare. Nel tubulo prossimale viene riassorbito circa il
90% del bicarbonato filtrato mentre nel nefrone distale viene riassorbito il restante 10%. Il bicarbonato
viene anche prodotto per tamponare le 100 mmoli prodotte giornalmente dal metabolismo creante acidi
forti. L'anidride carbonica dei capillari peritubulari e del lume entra nella cellula facilmente e si trova in
equilibrio con quella intracellulare; entrata nella cellula reagisce con l'acqua per formare acido carbonico,
in una reazione catalizzata dall'anidrasi carbonica. L'acido carbonico si dissocia poi in ione idrogeno e
bicarbonato. L'idrogenione viene escreto nel lume tubulare grazie a un trasporto attivo nel nefrone distale
e grazie a un simporto col sodio e a un antiporto col potassio nel tubulo prossimale mentre il bicarbonato
torna nell'interstizio grazie a uno specifico carrier(nel tubulo prossimale esce nell'interstizio con un
simporto 3bicarbonati-1Cl nel tubulo distale è scambiato con il cloro). Nel tubulo l'H+reagisce con il
bicabonato e forma acido carbonico, dissociato in acqua e CO2 dall'anidrasi carbonica presente sulle
membrane apicali cellulari. L'anidride carbonica può essere usata per formare altro bicarbonato. L'acqua
resta nel lume ma il suo apporto al volume di escrezione è minimo. Nota che il bicarbonato riassorbito
non è lo stesso filtrato, ma è neogenerato dal rene. Il risultato netto però è di un bicarbonato
neogenerato per ogni bicarbonato escreto, e quindi un riassorbimento netto di tutto il bicarbonato.
Nel dotto collettore esistono poi cellule dette intercalate in grado di riassorbire protoni e espellere
bicarbonato. Queste sono attive soprattutto in risposta ad alcalosi croniche. Il bicarbonato formato
dall'anidrasi carbonica dalla CO2 viene espulso nel lume scambiato con il cloro, che esce dalla membrana
basale, mentre il protone esce dalla membrana basale tramite trasporto attivo.
La secrezione di idrogenioni è concomitante con il riassorbimento di bicarbonato, come abbiamo visto.
In realtà giornalmente viene escreta una quota suppletiva di protoni derivanti dagli acidi forti prodotti dal
metabolismo: ogni giorno vengono riassorbiti 4300 mmoli di bicarbonato per mantenere l'equilibrio e una
suppletiva quota per espellere le 100mmol/die di protoni che si formano dagli acidi metabolici. (il
bicarbonato in eccesso va all'equilibrio con la co2 ed è espulso col respiro?) la quota di idrogeno escreto
non può rendere però l'ambiente troppo acido poiché ciò sarebbe incompatibile con la vita. Il ph dal
tubulo prossimale deve essere intorno a 6,9 mentre nel dotto collettore deve essere di 4,5. Al ph di 4,5,
quello minimo dell'urina, la concetrazione di H è di 0,03 mM, il che significa che per espellere le 100
mmol di H giornalmente in eccesso sarebbero necessari 1000 litri di urina. Gli idrogenioni devono quindi
essere tamponati per poter essere espulsi in maniera sufficente. Il sistema tampone fosfato-bi-acido di
sodio/fosfato-mono-acido-di-di-sodio costituisce un eccellente tampone ma la sua escrezione è costante e
quindi non consente adattamenti di sorta. L'ammoniaca invece è prodotta nei reni dal metabolismo
proteico, specie della glutammina(usata per trasportare l'ammonio ai reni), e in minor parte dagli altri
amminoacidi tra cui ricordiamo glicina e alanina. Ha un pk di 9,3 quindi in circolo è completamente
protonata. L'ammoniaca ha anche il vantaggio di essere liposolubile, può diffondere ovunque ed è spinta
a diffondere nel lume tubulare dove reagisce con lo ione idrogeno per dare lo ione ammonio. Lo ione
ammonio non è liposolubile e non può retrodiffondere, anche se in realtà in piccola parte compete con K
nello scambio Na/K-2Cl nello scambio a livello del tratto spesso ascendente dell'ansa. L'ammonio si
accumula nell'interstizio e va in equilibrio con NH3. Nel dotto collettore rimane intrappolata dallo stesso
processo di diffusione: l'ammoniaca dell'interstizio diffonde, diviene ione ammonio nel dotto, resta
intrappolata; intanto nell'interstizio l'equilibrio spostato produce nuova ammoniaca dallo ione ammonio.
Inoltre la neo genesi dell'ammoniaca è regolata dall'acidità: maggiore sarà l'acidita maggiore la sintesi del
tampone. Eliminare l'ìammoniaca è importante anche perchè in circolo questa titolerebbe il bicarbonato.
Tornando all'equazione di H-H possiamo facilmente capire che Concentrazione HCO3uno stato di acidosi o di alcalosi può indipendentemente
dipendere dalla modificata concentrazione di bicarbonato che
Pco2=60Pco2=40Pco2=20
dalla pressione parziale di CO2.
pCO2 = 35-48
Gli scompensi dell'equilibrio acido base si distinguono in
1
scompensi di natura respiratoria se sono causati dalla
HCO3-=23-26
pressione parziale di co2 e in scompensi di natura metabolica 24
se derivanti dalla concentrazione plasmatica di bicarbonato.
Poiché CO2 e bicarbonato modificano insieme il ph per
valutare il reale stato di alcalosi o acidosi possiamo costruire
PH = 7,33 – 7,47
un diagramma detto di davenport: vengono costruite curve di
titolazione del bicarbonato a diverse pressioni di CO2 creando
molte isobare di pco2 vien poi costruita una linea tampone che
7,4
pH
definisce la variazione del ph al variare dalla pCO2 e definisce
la capacità di tamponamento del sangue(soprattutto dell'emoglobina con i suoi 38 gruppi imidazolici).
L'intersezione tra le isobare e la linea tampone darà il valore di pCO2 (leggibile sopra l'isobara), ad un
dato valore di HCO3- e pH. Modificando la riserva alcalina(intesa come riserva di bicarbonato) possiamo
costruire varie linee tampone del sangue. È scontato che la concentrazione di hco3 in parte è spostata
dalla pressione parziale di co2 e la pressione in parte riscente della concentrazione di hco3. Il punto
indicato dall'intersezione delle linee tratteggiate è detto punto arterioso normale. L'esagono blu indica
l'intervallo fisiologico
1.
2.
3.
4.
Acidosi respiratoria: po' essere definita come
Concentrazione HCO3diminuzione del ph dipendente da un aumento della
pressione parziale di co2. La causa dell'aumento di
Pco2=60Pco2=40Pco2=20
pressione parziale di CO2 è l'ipoventilazione
volontaria. Il punto si sposta lungo la linea tampone
(non viene direttamente modificata la riserva alcalina)
1
verso sinistra e quindi più in alto. All'abbassamento
24
2
del ph sarà concomitante un aumento degli ioni
bicarbonato ematici e degli ioni idrogeno, entrambi
prodotti dalla reazione di CO2 con l'acqua.
In genere gli H+ prodotti da una momentanea
ipoventilazione vengono sufficientemente tamponati
da altri sistemi ematici (proteine) diminuiscono gli
7,4
pH
anioni proteici non coniugati e aumentano gli anioni
bicarbonato. La somma delgi anioni rimane costante. Se la causa che ha determinato il l'aumento
della pco2 persiste si parla di acidosi respiratoria cronica e questa viene compensata dal rene:
aumenta sia la secrezione tubulare di idrogenioni che quella interstizioale di bicarbonato. Ciò
avviene in maniera passiva poiché al maggior anidride carbonica offre un substrato più ampio per
i processi renali. L'acidosi viene compensata con l,o spostamento in alto della condizione
sull'isobara: il rene non può far niente per diminuire pco2. L'efficacia di questo meccanismo è
limitata e impiega alcuni giorni per agire. Parte del tamponamento avviene anche da parte del
LIC, non dimenticare!
L'alcalosi respiratoria è dovuta ad una diminuzione della pressione parziale di CO2. Questo può
verificarsi nell'iperventilazione e in tutti gli stati che la provocano. In un ambiente al 5% di CO2
non avviene. In ogni caso l'anidride carbonica viene smaltita, in questo disturbo, più velocemente
di come viene prodotta. Diminuisce la concentrazione di bicarbonato ematica, che va in equilibrio
con la CO2, mentre aumenta la quantita di anioni proteici visto il ph alcalino. La quantità degli
anioni tende a rimanere castante. La compensazione acuta è svolta dal rilascio di protoni fa parte
del tampone proteico ematico. La compensazione cronica avviene con l'intervento delle cellule
intercalate del dotto che riassorbono protoni. Inoltre interviene il meccanismo cinetico opposto a
quello di cui sopra: minor CO2 significa minor substrato per l'espulsione protonica. L'alcalosi
respiratoria sul diagramma si situa a dx lungo la linea tampone, mentre la compensazione cronica
si situa in basso lungo la linea isobara, poiché provoca un'ulteriore diminuzione del bicarbonato,
che non vine riassorbito, per compensare lo stato alcalino.
L'acidosi metabolica si definisce come diminuzione del Concentrazione HCO3pH in seguito alla diminuzione della concentrazione di
HCO3- non protonati nel sangue. Può essere dovuta
Pco2=60Pco2=40Pco2=20
all'eccessiva presenza di chetoacidi(diabete melito) ,
4
all'eccessiva presenza di acido lattico, alla perdita
netta di succhi alcalini(diarrea per i succhi biliari e
pancreatici) e al mancato smaltimento degli acidi fissi 24
con l'urina(insufficeinza renale grave). Sono
disponibili entrambi i sistemi tamponi questa
3
alterazione viene compensata nell'immediato dalla
protonazione di bicarbonato e anioni proteici.
L'acidosi metabolica provoca lo spostamento in basso
all'incirca lungo l'isobara. Nell'acidosi metabolica
7,4
pH
cronica in primis interveiene il compenso respiratorio:
una diminuzione del ph provca un aumento della ventilazione che determina la diminuzione della
pCO2(secondo punto a dx in basso lungo la linea tampone) e quindi una diminuzione di
bicarbonato e protone. Il meccanismo è limitato dal fatto che la riduzione di pCO2 innesca la
diminuzione della ventilazione per mezzo di specifici chemocettori. Qualora lo scompenso non
provenga da danno renale le cellule tubulari hanno un diminuito ph endocellulare e ciò stimola la
trasformazione di glutammina in ammoniaca. L'ammoniaca agendo da tampone tubulare stimola
un modesto incremento dell'escrezione di idrogenioni.
L'alcalosi metabolica è l'aumento di ph in seguito all'aumento di HCO3- non protonati nel sangue.
Può essere causata dalla perdita netta i succo gastrico, dall'eccessiva ingestione di bicarbonato,
dall'iperaldosteroidismo(come detto l'aumentato riassorbimento di sodio promosso
dall'aldosterone si associa a un aumentata escrezione di protoni). L'aumento di ph è minimizzato
sia dalla deprotonazione del bicarbonato che del tampone proteico. Aumenta il numero delle basi
complessive. L'alcalosi metabolica cronica viene compensata dai polmoni: l'aumento del ph
sopprime l'attività dei recettori e quindi induce l'ipoventlazione. Ciò aumenta la pressione parziale
di CO2 e il punto, originariamente situato in basso e a sx lungo l'isobara si sposta a dx lungo una
linea tampone poiche l'aumento di co2 aumenta i bicarbonati. Il rene compensa efficacemente
l'alcalosi solo se accompagnata da un normale volume ematico o da ipervolemia tramite
l'aumentata secrezione di bicarbonato: maggiore pCO2 ne sopprime il riassorbimento. Nel caso in
cui però, come spesso accade, l'alcalosi sia accompagnata da ipovolemia il rene perpetua
l'alcalosi: l'aldosterone che fa riassorbire il sodio è un potente stimolo alle cellule intercalate a
riassorbire i protoni.
27
CONTROLLO DELL’OSMOLALITA’ E DEL VOLUME DEI LIQUIDI CORPOREI
Controllo dell’escrezione renale dell’acqua e di NaCl. Meccanismi di controllo dell’osmolalità dei liquidi
corporei. Meccanismi di controllo del volume del liquido extracellulare.
Dal momento che l'acqua rappresenta l'unico solvente del nostro organismo e poiché il sodio è il più
importante soluto extracellulare, la regolazione del volume e dell'osmaloritè del liquido extracellullare
dipende dall'equilibrio dell'acqua e dall'equilibrio del sodio.
L'acqua può derivare da tre sorgenti:
- L'acqua degli alimenti;
- L'acqua prodotta dall'ossidazione degli alimenti;
- L'acqua ingerita come liquido.
La percentuale di acqua contenuta negli alimenti è sucettibile di differenti variazioni a seconda del tipo di
dieta, mentre l'acqua che si genera dall'ossidazione degli alimenti è circa 3-400 ml. Nessuna di queste
due variabili è importante per quel che riguarda la regolazione dell'entrata di acqua per la quale è invece
fondamentale del volume di acqua ingerita come liquido; tuttavia è opportuna sottolineare che in
condizioni ambientali costanti, l'introduzione di liquidi è determinata piè da abitudini individuali che dalla
sensazione della sete. L'acqua esce dall'organismo seguendo quattro vie:
- Perspiratio insensibilis;
- Sudore;
- Feci;
- Urina.
La prima modalità si aggira attorno a valori medi compresi tra 800 e 1000 ml/die, di cui una metà è persa
come miscela di aria espirata e l'altra metà come acqua di traspirazione. Il sudore varia da circa 200
ml/die in un individuo a riposo in ambiente freddo a circa 8-10 l/die in rapporto ad aumento della
temperatura ambientale, dell'umidità e della temperatura corporea. La perdita di acqua tramite le feci è
circa 100-200 ml/die, ma può superare i 5 l/die in corso di malattie diarroiche come il colera. Queste tre
modalitè non sono variabili significcative nel controllo delle uscite di acqua di un individuo in condizioni
basali; la variabile importante è, invece, costituita dalle variazioni del volume di urina che mediamente si
aggira sui 1-2 l/die, ma presenta un largo rango di variabilità. Poichè l 'organismo non è in grado di
controllare le perdite di acqua tramite la perspiratio insensibilis, il sudore e le feci, queste vengono
definite perdite obbligatorie. Anche una parte del volume di urina può essere considerato come una
perdita obbligatoria di acqua in quanto anche in condizioni normali di antidiuresi il volume minimo di urina
è circa 5-600 ml. Le entrate e le uscite di acqua sono, dunque, regolate da modificazioni del volume di
acqua ingerito e del volume urinario, situazioni controllate rispettivamente dalla sensazione della sete
dalla concentrazione plasmatica di ADH. La sete può essere definita come il desiderio cosciente di acqua e
riconosce in centro respiratorio della sete, situato nelle zone limitrofe alla porzione antero-ventrale del
terzo ventricolo i cui osmocettori vengono attivati così come quelli deputati al riconoscimento della
concentrazione di sali a livello plasmatico. Da qui vengono eccitati il nucleo sopraottico e quello
paraventricolare, responsabili della secrezione dell'ADH in rapporto 6 a 1; l'ADH agisce sull'epitelio
tubulare del nefrone distale trattenendo l'acqua, aumentandone cioè il riassorbimento.
L'adh determina antidiuresi aumentando la permeabilità del dotto collettore all'acqua, quindi il
risaaosbimento della stessa, e all'urea, quindi 'lavando' il gradiente corticomidollare osmolare. Inoltre
promuove il riassorbimento attivo di sodio da parte dell'ansa. La secrezione di adh è stimolata da:
– riduzione dell'osmolarità del lec tramite i nueroni ipotalamici
– riduzione del volume circolante effettivo o di pressione arteriosa per riduzione di stimolazione dei
recettori aortici e carotidei e a atriali. Questi eecttori inibiscono tonicamente la liberazione di ADH.
In circostanze patologiche da ipoproduzione di ADH, si assiste ad una sindrome definita diabete insupido
e caratterizzata dall'incapacità del rene a trattenere quel volume d'acqua facoltativo che normalmente
viene riassorbito. Una tale incapacità può essere dovuta a due situazione: la prima consiste in una
insufficiente secrezione di ADH, anche in presenza dei necessari stimoli fisiologici da parte dell'ipotalamo.
Questo è il cosiddetto diabete insipido adiuretina-sensibile in quanto può essere compensato mediante
infusione endovenosa di ADH; questo rappresenta l'80-90% dei casi di diabete insipido. La seconda
situazione consiste in una perdita di sensibilità dell'epitelio tubulare renale nei confronti dell'ADH, che è
presente in quantità fisiologiche. Questo è il cosiddetto diabete insipido nefrogenico o adiuretinainsensibile in quanto non può essere curato mediante la somministrazione dell'ormone; esso rappresenta
il 10-20% dei casi di diabete insipido. I primi segni clinici che si manifestano in seguito al diabete insipido
sono la poliuria, caratterizzata da una diuresi che varia dai 5 ai 20 l/die, la polidipsia, caratterizzata dalla
smodata introduzione di acqua per la forte sensazione della sete e la ipostenuria, cioè un peso specifico
dell'urina molto basso (intorno ai 1002-1006). Per quel che riguarda sindromi da iperproduzione di ADH,
non ne sono ancora state riscontrare.
Le entrate di sodio dipendono unicamente dal contenuto di sodio negli alimenti e nell'acqua che
ingeriamo; i soggetti che mangiano cibi particolarmente salati, possono ingerirme piè di 600 mmoli/die;
l'entrata di sodio dipende cosè da abitudini individuali, ma anche da differenze geografiche nella
percentuale di sodio presente nell'acqua nei prodotti agricoli.
Nell'uomo non esiste un appetito dimostrato per il sale; questo significa che le entrate di sodio non
vengono regolate fisiologicamente.
Il sodio viene perso mediante tre meccanismi:
- Sudorazione
- Feci
- Urina
Le perdite rigurdanti il sudore dipendono dal volume di quest'ultimo e dall'adattamento alle alte
temperature, che si instaura nell'arco di parecchi giorni. Anche la quantità di sodio nelle feci è
trascurabile, ad eccezione che in corso di malattie quali il colera.
Quindi, la variabile significativa nella regolazione delle uscite del sodio è la quantità di questo ione che
viene eliminata con le urine. Questo è anche l'unico fattore che regola l'equilibrio del sodio in quanto la
sua entrata non è soggetta ad alcun tipo di controllo fisiologico.
Esistono tre meccanismi di regolazione dell'escrezione del sodio tali da poterne compensare le entrata:
1 - Modificazione del VFG: variazioni nell'assunzione di sodio possono influire sia su FPR che sulla
pressione netta di ultrafiltrazione, venendo così a modificare VFG. Infatti, un aumento dell'assunzione di
sodio determina un aumento dell'osmolarità plasmatica che stimola gli osmocettori ipotalamici con
conseguente secrezione di ADH e stimolazione della sensazione della sete, fattori che determinano un
aumento di FPR e della pressione netta di ultrafiltrazione con conseguente aumento di VFG. Un aumento
di VFG determina un aumento del carico filtrato dello ione sodio e si promuove, così, la sua escrezione.
Una zona ipotalamica importante nel controllo dell'osmolarità del liquido extracellullare è situata nella
parte antero-ventrale del terzo ventricolo; superiormente a questa regione si trova una struttura detta
organo subfornicale, mentre inferiormente c'è l'organum vascolosum della lamina terminale. Tra queste
due zone si trova il nucleo sopraottico mediano che è connesso con i nuclei sopraottici ed con le due
strutture sopracitate. Gli osmocettori si trovano in vicinazna dei nuclei sopraottici ed in prossimitè del
terzo ventricolo, strutture con le quali sono in contatto;inoltre tutte queste strutture sono irrorate da una
rete vascolare priva della barriera ematoencefalica in modo tale da permettere un facile scambio di ioni e
di soluti tra il plasma ed il liquido interstiziale locale. Le modificazioni di VFG, tuttavia, giocano un ruolo
minoritario nella regolazione dell'escrezione del sodio a causa dell'autoregolazione e del feedback tubuloglomerulare; inoltre i trasporti responsabili del riassorbimento del sodio a livello del tubulo prossimale,
dell'ansa di Henle e del nefrone distale, sono caratterizzati dall'essere carico-dipendenti;
2 - Aldosterone: è un mineralcorticoide secreto dalla zona glomerulare della corteccia surrenale. Un
aumento della secrezione di aldoserone, determina un maggior riassorbimento di sodio a livello del dotto
collettore e, contemporaneamente, stimola la secrezione di idrogenioni e ioni potassio. La secrezione di
aldosterone è stimolata da:
– Aumento dell'angiotensina II plasmatica;
– Diminuizione del FNA;
– Aumento della concentrazione plasmatica di potassio;
– Aumento della secrezione di ACTH;
– Diminuizione della concentrazione plasmatica di sodio.
Gli aumenti della concentrazione plasmatica di potassio sono un stimolo molto potente, ma perdono
importanza al variare dell'assunzione di sodio; l'ACTH è relativamente importante: una sua assenza può
ridurre significativamente la secrezione di aldosterone. La concentrazione plasmatica di sodio è anch'essa
un fattore di scarsa importanza in quanto modificazioni dell'assunzione hanno minimi effetti sulla
concentrazione plasmatica. Quindi, la secrezione di aldosterone è mediata principalmente
dall'angiotensina II e dal fattore natriuretico atriale (FNA). L'angiotensina II è un octapeptide che si fomra
dall'angiotensinogeno in una reazione a due tempi; la prima fase di tale reazione è catalizzata dalla
renina, che viene liberata dalle cellule dell'apparato iuxtaglomerulare in seguitoa diminuizione della
pressione di profusione renale avvertita da barocettori localizzati nell'arteriola afferente, da variazioni del
volume o della composizione del liquido che arriva alla macula densa e da stimolazione simpatica del
rene. L'FNA, invece, è sintetizzato nelle cellule muscolari degli altri e secreto sotto forma di granuli
all'interno degli atri stessi in seguito allo stiramento delle loro pareti. Quindi, un aumento dell'assunzione
di sodio, determina un aumento del volume plasmatico con conseguente diminuzione riflessa del tono
simpatico che inibisce la secrerzione di renina, sia agendo direttamente sulle cellullari granulari, ch
eindirettamente diminuendo la perfusione renale ad aumento della secrezione di FNA;
3 - Effetto del terzo fattore: è un fenomeno grazie al quale un aumento dell'entrata del sodio determina
un aumento della sua escrezione indipendentemente da aumenti di VFG e dall'aldosterone. Per effetto del
terzo fattore vengono postulati diversi meccanismi tra cui:
•
Diminuzione della stimolazione simpatica dei reni la quale causa direttamente aumento del
riassorbimento di sodio e promuove, sia direttamente che indirettamente, la secrezione di renina;
in questo modo diminuisce la concentrazione plasmatica di angiotensina II con conseguente
riduzione del riassorbimento di sodio e diminuizione della secrezione di di aldosterone;
•
Aumento della secrezione di FNA che inibisce il riassorbimento del sodio e aumenta VFG, mentre
inibisce la secrezione di aldosterone;
•
Aumento della pressione capillare e diminuizione della pressione oncotica capillare con
conseguente aumento di VFG e rallentamento nel riassorbimento del sodio; -
•
Possono intervenire anche alcune prostaglandine ed altri ormoni.
E' importante notare che i tre meccanismi di regolazione dell'omeostasi del sodio sono attivati non da un
effetto diretto della modificazione della concentrazione plasmatica di sodio, bensì dal conseguente
aumento del volume plasmatico, parallelamente al quale si verifica anche aumento del peso corporeo; il
recupero dell'equilibrio si completa dopo due o tre giorni. Un fenomeno analogo a questo si verifica in
caso di infusione massima si aldosterone: l'escrezione del sodio diminuisce fino a quasi ad annullarsi, ma
dopo diversi giorni di ritenzione sodica, con aumento del volume plasmatico e del peso corporeo,
l'escrezione riprende fino a raggiungere i suoi livelli originari. Questo significa che l'equilibrio viene
nuovamente raggiunto nonostante la somministrazione continua dell'ormone; tale fenomeno è detto fuga
dall'aldosterone. In casi, invece, in cui la secrezione di aldosterone risulti annullata, grandi quantità di sali
vengono escreti con le urine e ne consegue una grave disidratazione con diminuzione del volume
plasmatico e shock circolatorio.
IL riassorbimento di sodio comporta sempre l'escrezione di potassio. Il potassio è uno ione che gioca un
ruolo fondamentale nell'eccitabilità del tessuto nervoso e dei muscoli, nonchè sul metabolismo cellullare.
Esso è uno ione squisitamente intracellullare, tuttavia la sua concentrazione plasmatica è talmente bassa
(4 mmoli/l) che anche piccole modificazioni possono portare ad effetti nocivi se non addirittura letali.
Basti pensare al fatto che l'aggiunta al liquido extracellullare di una quantitè di potassio corrisponde a
circa l'1% del potassio totale, porterebbe ad un aumento della concentrazione plasmatica di potassio di
circa il doppio con gravi danni all'eccitabilitè muscolare. Per valori di concentrazione plasmatica di
potassio di circa 7 mmoli/l, è probabile la morte a seguito di gravi aritmie. Viceversa, una diminuizione
della concentrazione plasmatica di potassio, provoca iperpolarizzazione, particolarmente nel muscolo
scheletrico in cui causa debolezza muscolare che può sfociare anche in una paralisi. Per mantenere la
concentrazione plasmatica di potassio ai valori normali è necessario che le uscite di potassio vengono a
bilanciarne le entrate;è anche molto importante la distribuzione del potassio tra il liquido intracellulare e
quello extracellulare. La grande concentrazione di potassio all'interno del liquido intracellulare è
mantenuta grazie alla pompa sodio-potassio, che è presente sulle membrane cellulari di tutte le nostre
cellule. Normalmente, dal momento che la membrana cellulare è permeabile al potassio, si viene a creare
un equilibrio fra la quantitè di potassio che diffonde fuori dalle cellule e quella che viene attivamente
pompata dentro. La captazione attiva di potassio da parte delle cellule risulta accelerata dall'insulina, che
stimola la pompa sodio-potassio, ed anche da agonisti beta 2 adrenergici; l'importanza stimola la pompa
sodio-potassio è testimoniata dalle gravi iperkaliemie che si verificano in quei soggetti che, ingerendo
grandi quantitè di digitalici, la inibiscono. La diffusione passiva del potassio aumenta in caso di lesioni o
morte cellulare ed anche in corso di emolisi. Anche il pH arterioso è un fattore importante in quanto una
sua diminuzione determina aumento della diffusione passiva di potassio all'esterno della cellula; ciò è
dovuto al ruolo del potassio e degli idrogenioni nel mantenimento della neutralità elettrica all'interno delle
cellule, infatti nell'acidosi gli idrogenioni entrano nelle cellule obbligando il potassio a fuoriuscirne ed
aumentandone la concentrazione plasmatica. L'entrate di potassio dipendono unicamente dal contenuto di
questo ione negli alimenti e nell'acqua e non sembra esistere una loro regolazione fisiologica, almeno
nell'uomo. Come per il sodio, il potassio può uscire dall'organismo tramite il sudore, le feci e l'urina;
analogamente, la quantità persa con il sudore e le feci è trascurabile, perciò la regolazione del potassio
dipende esclusivamente dalla sua escrezione tubulare. Lo ione potassio viene riassorbito nei primi due
segmenti nel nefrone prossimale per essere poi secreto al termine di questo ed anche nella branca
discendente dell'ansa di Henle; torna poi ad essere riassorbito nel segmento spesso della branca
ascendente, mentre a livello del nefrone distale viene sia secreto che riassorbito. Il primo riassorbimento
si verifica in relazione al volume d'acqua riassorbita ed è indipendente dalle entrate e dalle uscite di
potassio. La secrezione del potassio aumenta proporzionalmente all'assunzione, ma il riassorbimento a
livello della porzione spessa della branca ascendente è tale da lasciare nel liquido tubulare meno del 10%
del potassio filtrato, indipendentemente dalle entrate e dalle uscite. Questo significa che la regolazione
dell'equilibrio del potassio avviene a livello del nefrone distale: nelle cellule intercalate di questa parte di
tubulo si verifica il riassorbimento e in quelle principali la secrezione. Sembra che la regolazione avvenga
pricipalmente mediante modificazioni della velocità di secrezione piuttosto che di quella di riassorbimento.
In particolare, quando l'assunzione è molto bassa, la secrezione si riduce a tal punto da diventare
trascurabile e viceversa. La secrezione del potassio si svolge mediante un'iniziale captazione dal liquido
peritubulare grazie alla pompa sodio-potassio e poi si verifica una diffusione dal citoplasma al lume
tubulare; è possibile per questo trasporto anche un meccanismo attivo. La secrezione può essere regolata
mediante variazioni della velocitè di captazione, della permeabilità delle membrane luminali al potassio,
dalla concentrazione intracellulare di potassio e dalle differenze di potenziale transepiteliali. Modificazioni
della secrezione del potassio cono mediate anche dall'aldosterone. Se, infatti, aumenta l'assunzione di
potassio, si ha un lieve aumento della sua concentrazione plasmatica che stimola la secrezione di potassio
aumentandone la captazione da parte delle cellule; l'aumento della concentrazione plasmastica di
potassio è anche uno stimolo alla secrezione di aldosterone, che stimola ulteriormente la secrezione di
potassio aumentandone la captazione, stimolando il riassorbimento di sodio nel nefrone distale,
aumentando cosi la differenza di potenziale transepiteliale ed aumentando la permeabilità al potassio
delle membrane delle cellule tubulari.
[per i meccanismi di riassorbimento specifici vedere tesina 19]
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APPARATO RESPIRATORIO