LA CHIMICA NEL PIATTO Gli Additivi Alimentari Introduzione Da alcuni anni a questa parte si assiste ad un consumo in continuo aumento dei cosiddetti additivi alimentari, che il Ministero della salute nel Decreto Ministeriale 525/92 definisce come: “.. qualsiasi sostanza normalmente non consumata come alimento, in quanto tale, e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, che aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico, nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento degli alimenti, si possa ragionevolmente presumere diventi, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti, direttamente o indirettamente…."; gli additivi alimentari sono quindi delle sostanze che vengono intenzionalmente aggiunte all’alimento con lo scopo di migliorarne le caratteristiche tecnologiche (come le proprietà organolettiche, o la conservabilità). Seguendo questa definizione ci si può rendere conto che l’uso degli additivi nel cibo non è recente, la salatura delle carni per la conservazione, l’uso di spezie come conservante, era un uso comune sicuramente presso egizi, greci e romani, così come l’uso di coloranti. A partire dalla prima meta del secolo scorso, sono state scoperte o sintetizzate nuove sostanze, gli additivi alimentari, che svolgono le funzioni di conservanti antiossidanti coloranti ecc. Negli ultimi decenni il nostro stile di vita è profondamente cambiato e l’uso degli additivi alimentari, abbinato alle nuove tecnologie industriali, ha reso possibile la preparazione su grande scala di cibi sani a prezzi convenienti. Grazie agli additivi disponiamo anche di alcuni alimenti estremamente utili, come miscele in polvere per salse, purea di patate e dessert istantanei e altri prodotti nati più recentemente, come piatti pronti: molti prodotti alimentari disponibili oggi non potrebbero esistere se non ci fossero gli additivi, ma negli ultimi decenni oltre ad essere aumentate le tipologie degli additivi sul mercato sono anche aumentate le quantità di queste sostanze che il consumatore occidentale assume quotidianamente. Il consumo soprattutto di coloranti è aumentato in modo esponenziale, infatti negli ultimi 60 anni da poco più di 10mg/ die pro capite nel 1950 a circa 60mg/die pro capite nel 2010 (Arnold Neurotherapeutics 2012). Partendo da questo presupposto ci si è domandati come è regolata l’autorizzazione dei nuovo additivi e se l’esposizione a queste sostanze a concentrazioni sempre più elevate possa danneggiare la nostra salute soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza. Per trovare la risposta si è quindi condotto una ricerca bibliografica in vari siti accreditati europei in primo luogo nel sito dell’ EFSA, nella bancadati PubMed (banca dati del National Institute of Heath, USA) e nella documentazione del WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità) per conoscere i controlli effettuati, rilevare le criticità relative agli additivi autorizzati e per vedere le possibilità future. Istituzioni coinvolte nel controllo Nel 1953 l’OMS ( l’Organizzazione Mondiale della Sanità) si rese conto che era nato un nuovo problema per la salute pubblica a causa dell’aumentato impiego di svariati additivi chimici negli alimenti. Nel 1956, di conseguenza, nacque il Comitato misto FAO/OMS denominato JECFA (Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives), formato da studiosi esperti sugli additivi alimentari. Un altro organismo intergovernativo FAO/WHO denominato Codex Alimentarius Commission (CAC), istituito nel 1962 ha tuttora il Codex Committee on Food Additives (CCFA) come suo apparato consultivo. La CAC ha il compito di stabilire i principi generali di impiego degli additivi alimentari, mentre il CCFA ha la responsabilità di supporto e collaborazione nelle materie specifiche. Inoltre, il CCFA si esprime sui dati forniti dai governi membri e trasmette le raccomandazioni e le valutazioni del JECFA sugli additivi. Per quanto riguarda l’Italia si è partiti dal decreto ministeriale 31 marzo 1965 che disciplina gli additivi alimentari consentiti per la preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari. Nell’ allegato I di questa disposizione si trova l’ elenco degli additivi consentiti per la preparazione e per la conservazione delle sostanze alimentari con casi e dosi d’ impiego, nell’allegato II si ritrovano le categorie di additivi 1 alimentari, nell’allegato III i criteri generali per l’ approvazione di tali additivi. Le disposizioni italiane si sono poi negli anni armonizzate con le direttive europee in questa materia. La Commissione Europea a partire dal 1974 ha creato il Comitato Scientifico dell’Alimentazione Umana SCF (Scientific Committee on Food), composto da scienziati degli Stati membri competenti in varie discipline scientifiche. In base alla decisione della Commissione n. 97/579/CEE del 23/07/1997, i Comitati Scientifici della Commissione Europea vennero riorganizzati in otto Comitati Scientifici. Nel sito dell’unione europea si possono trovare scaricabili i report relativi ai lavori dei Comitati Scientifici. La disciplina europea, per ciò che concerne l’impiego degli additivi alimentari, si è concretizzata con l’emanazione delle direttive n. 94/34/CE, n. 94/35/CE, n. 94/36/CE, n. 95/2/CE, n. 95/31/CE, recepite in Italia con un unico regolamento, emanato con decreto del Ministero della Sanità del 27 febbraio 1996 n. 209 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 24 aprile 1996, n. 96. Gli additivi subiscono quindi a livello europeo e internazionale un approfondito e attento processo di valutazione della sicurezza prima di essere autorizzati per l'uso alimentare. In Europa la valutazione viene effettuata dall'Agenzia per la Sicurezza Alimentare (EFSA), Gli additivi autorizzati a livello europeo sono contrassegnati da una sigla numerica preceduta dalla lettera E seguita da tre o più cifre, l’elenco è continuamente aggiornato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. In questa pubblicazione nell’allegato II si trovano tre sezioni, nella A si trova l’elenco degli alimenti a cui non si può aggiungere additivi. La sezione B contiene l’elenco di tutti gli additivi permessi elencati con sigla E seguito da tre cifre, e nome della sostanza, suddivise in Coloranti, Edulcoranti e Additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti. La sezione C ha tabelle con la definizione del gruppo di additivo e la quantità massima permessa, la sezione D l’elenco degli alimenti suddivisi in categorie ed infine la parte E è formata dalle tabelle con l’elenco degli additivi, gli alimenti con cui ne è permesso l’uso e la quantità massima consentita. Per alcuni additivi, tipicamente quelli di origine “naturale”, si troverà la dicitura “quantum satis”, ossia in questo caso non vi è un limite alla quantità massima utilizzabile, ma l’additivo può essere impiegato tanto quanto basta per ottenere l’effetto tecnologico desiderato nel prodotto finale. ADDITIVI E PROBLEMI DI SALUTE Oltre ad essere aumentate le tipologie degli additivi sono anche aumentate le quantità di queste sostanze che il consumatore occidentale assume quotidianamente. Il consumo soprattutto di coloranti è aumentato in modo esponenziale, infatti negli ultimi 60 anni da poco più di 10mg/ die pro capite nel 1950 a circa 60mg/die pro capite nel 2010 . Ci si è domandato se l’esposizione a queste sostanze a concentrazioni sempre più elevate possa danneggiare la nostra salute soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza. Si è quindi condotto una ricerca bibliografica in vari siti accreditati europei, nelle banche dati PubMed (banca dati del National Institute of Heath, USA) Scholar, e nella documentazione dei siti del WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità) , EFSA, l'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare e Ministero della Salute per rilevare le criticità, relative agli additivi. 1. Additivi alimentari e iperattività nei bambini La prima ipotesi che i coloranti alimentari artificiali (AFCA) potessero essere correlati al comportamento iperattivo dei bambini è stata formulata da Feingold in un articolo pubblicato su American Journal of Nursing nel 1975. Sebbene ci sia stata una considerevole incertezza sull'argomento nel corso degli anni, nel 2004 una metanalisi condotta da Schab e coll. ha mostrato che gli AFCA influenzano il comportamento dei bambini affetti dal disturbo del deficit di attenzione ed iperattività (ADHD). Uno studio condotto nell'isola di Wight, nel 2004, ha mostrato un effetto avverso sull'iperattività dei bambini di 3 anni dei coloranti alimentari artificiali e del conservante benzoato. Successivamente uno studio di comunità condotto a Southampton dallo stesso gruppo di ricerca (Donna McCann 2007) ha confermato l'effetto su bambini di tre anni o più grandi (8-9 anni). Secondo questo studio quindi gli AFCA sotto osservazione causano iperattività nei bambini sia di 3 anni che di 8. Nelle conclusioni della pubblicazione i ricercatori concludono che i loro risultati potrebbero avere delle implicazioni sostanziali per la regolazione degli additivi alimentari, e si richiede uno studio in cui si provi una dieta priva di alcune componenti per alcuni bambini e suggerisce 2 ulteriori ricerche per meglio definire la particolare suscettibilità di alcune categorie. I coloranti considerati erano il giallo arancio E110 e E104, l’azorubina E122, la artrazina E102, il rosso cocciniglia E124 Ponceau 4R, rosso cocciniglia A e il E129 rosso allura ed un conservante, il benzoato di sodio E211 presenti all’epoca di questa pubblicazione in merendine, bibite, gelati, caramelle, succhi di frutta, chewing-gum, di larga diffusione . In seguito a questa pubblicazione la comunità europea ha richiesto una nota di avvertimento sulle etichette degli alimenti contenenti questi additivi. E così dal 2010, con l’entrata in vigore del regolamento europeo 1333/2008 che impone questa dicitura:”Il colorante E… può influire negativamente sull’attività e l’attenzione dei bambini”. sui prodotti che contengono i coloranti E 102, E 104, E 110, E 122, E 124 ed E 129, è praticamente finito l’uso di questi additivi con alcune rare eccezioni. Infine Martyn e coll. in una review del 2013, dopo aver esaminato gli studi pubblicati sull’argomento auspicano una maggior standardizzazione per gli obiettivi, i metodi di misurazione del comportamento dei bambini in età prescolare negli studi a venire, inoltre suggeriscono un approccio più olistico nell’esaminare l’assunzione di additivi alimentari nei bambini senza focalizzarsi solo sul comportamento e possibilmente esaminando altri tipi di additivi oltre ai coloranti. 2. Fosforo inorganico nell’alimentazione: fosforo e rischio morte cardiovascolare e renale Nella popolazione generale, con e senza malattia renale, i livelli di fosforemia sono associati significativamente al rischio di morte cardiovascolare [Dhingra 2007]. Il fosforo si può ritrovare, in forma nascosta, nei cibi sotto forma di additivi alimentari (coloranti; addensanti; conservanti) [Benini 2010], arrivando fino ad 1 grammo al giorno in una tipica dieta americana [Karalis 2006]. Un aspetto fondamentale è che il fosforo inorganico degli additivi viene assorbito completamente e quindi rappresenta un carico aggiuntivo netto di fosforo per l’organismo Gli additivi contenenti fosforo più comunemente utilizzati sono i polifosfati e i sali di fosforo, quali fosfati di calcio, sodio, ammonio e via dicendo, E340-349 usati come correttori del pH, addensanti o emulsionanti. 3. Aspartame e Glutammato di sodio Esistono pochi studi che riguardano questi due additivi, rispettivamente il dolcificante tra i più usati e l’esaltatore di sapidità più conosciuto. L’Aspartame è un dolcificante sintetico che è stato utilizzato in modo sicuro nel cibo per più di 30 anni. La sua sicurezza è stata valutata da varie agenzie di regolamentazione secondo procedure riconosciute a livello internazionale, e le decisioni sono state riviste e aggiornate regolarmente. Marinovich e coll. Hanno esaminato in una rassegna pubblicata nel 2013 gli studi epidemiologici pubblicati con i dolcificati, principalmente Aspartame pubblicati tra il 1990 e il 2012. Riassumendo nello studio negli studi “ Nurses 'Health “e “Health Professionals Followup” è stato trovato un trend di maggior rischio per il linfoma di Hodgkin e il mieloma multiplo per gli uomini, ma non per le donne, nessuna associazione è stata trovata con la leucemia. Per quanto riguarda tutti gli altri studi presi in esame non si è trovata alcuna associazione con tumori di tutti i tipi., tra gli studi esaminati c’era anche uno studio Caso-controllo italiano condotto tra 1991 e 2008. Il glutammato monosodico (MSG) è una forma di sale di un aminoacido non essenziale comunemente usato come additivo alimentare per sua capacità di esaltare il sapore. Dopo la prima descrizione del 'Complesso dei sintomi del glutammato di sodio', originariamente descritta nel 1968 come 'sindrome da ristorante cinese', si sono susseguite un certo numero di segnalazioni aneddotiche e piccoli studi clinici di qualità variabile che hanno attribuito una varietà di sintomi alla ingestione di MSG (Williams 2009). In una review Williams e Woessner effettuano una revisione critica della letteratura disponibile relativa al possibile ruolo di MSG nella cosiddetta 'sindrome da ristorante cinese' e nel suscitare broncospasmo da asma, orticaria, angioedema e rinite. Nonostante le preoccupazioni sollevate dai primi rapporti, decenni di ricerca non sono riusciti a dimostrare un rapporto chiaro e coerente tra l’ingestione di MSG e lo sviluppo di queste condizioni. 4. Solfiti Molti studi e rassegne hanno evidenziato come i solfiti largamente usati come conservanti e antiossidanti, possono provocare, in soggetti sensibili, eventi come dermatite, orticaria ipotensione, dolori addominali e diarrea fino a reazioni anafilattiche e asma. I soggetti affetti da asma sono maggiormente sensibili all’esposizione a vari additivi come i solfiti, la maggior parte degli studi riporta una prevalenza di 3-10% 3 della sensibilità ai solfiti tra i soggetti asmatici dopo aver ingerito questi additivi. La gravità delle reazioni è molto variabile, ma gli adulti con iperattività bronchiale e i bambini con asma cronica sembrano essere a maggior rischio. L’esposizione ai solfiti oltre a episodi acuti può provocare alterazioni croniche sia della pelle che sintomi respiratori cronici. Queste manifestazioni vengono eliminate con una dieta attenta.( Vally 2009) 5. Additivi antiossidanti e mancanza di sazietà, La prevalenza dell'obesità è in crescita in tutto il mondo ed è in gran parte responsabile per la maggiore incidenza di malattie cardiovascolari, la causa più comune di morte nel mondo occidentale. L'eccessiva assunzione di cibo con insufficiente esercizio fisico è la causa preponderante per questo aumento. L'obesità è comunemente associata con un aumento dei livelli di leptina e infiammazioni croniche immunomediate. Nonostante gli alti livelli di leptina, la risposta normalmente associati alla leptina di sazietà , sembra essere compromessa e gli individui continuano a consumare alimenti ricchi di calorie. Additivi antiossidanti come solfito di sodio, benzoato di sodio e curcumina hanno dimostrato di sopprimere il rilascio leptina in cellule murine di adipociti . Sulla base di questo, ipotizziamo che il rilascio insufficiente di leptina, causata dal consumo eccessivo di additivi alimentari, possa portare ad una ridotta esposizione della peptina del sistema nervoso centrale e infine aumentare l'obesità. D'altra parte, la leptina ha dimostrato di favorire l'attività di tipo Th1, che diminuisce livelli di triptofano. I derivati del triptofano, serotonina e melatonina, inducono sazietà attraverso diversi meccanismi. In questo contesto, la soppressione del rilascio di leptina antiossidante e l'attività di tipo Th1 contribuisce ad aumentare i livelli di serotonina e melatonina. Le molecole del meccanismo descritto in questa recensione sono altamente integrate nel sistema di ricompensa, e sono state implicate nel comportamento di dipendenza dell'obesità. Sulla base di questi fatti, il coinvolgimento di integratori alimentari antiossidanti nei meccanismi della sindrome da carenza di ricompensa che perpetua l'obesità dovrà essere maggiormente indagato. ETICHETTA TRASPARENTE E ADDITIVI NATURALI Da sempre l’uomo ha cercato di conservare il cibo il più a lungo possibile, nel corso dei secoli si sono utilizzate delle sostanze che aggiunte hanno migliorato la sicurezza e allungato la vita dell’alimento. Secondo la definizione che la nostra giurisdizione dà queste sostanze possono essere definite, in alcuni casi “additivi” eccone alcuni: Aceto L'aceto, derivato della fermentazione del vino, è utilizzato nella conservazione dei sottaceti e nella fase di preparazione delle verdure, scottatura e bollitura. Alcool L'alcool inibisce la crescita dei microorganismi. E' impiegato per la conservazione di frutta (albicocche, ciliege, uva). Limone Il succo del limone è un ottimo antiossidante. Evita che verdure e frutta diventino nere dopo il taglio (es. carciofi, melanzane, macedonia di frutta ecc.) Olio E' un ottimo conservante e inibitore di agenti microbici, permette la conservazione degli alimenti isolandoli dall'aria. Funghi, ortaggi e tonno sono i principali alimenti conservati sott'olio. Sale Uno tra i più antichi metodi di conservazione degli alimenti può essere usato puro, salatura (baccalà, bresaola, ecc), o diluito in una soluzione di acqua e sale, salamoia (olive e ortaggi). Zucchero Usato per realizzare marmellate e per conservare i cibi per lunghi periodi. Quello che comunemente viene chiamato così è saccarosio - estratto dalla canna da zucchero o dalla barbabietola da zucchero, altri zuccheri comunemente usati sono: fruttosio e glucosio - nella frutta e nel miele, lattosio - nel latte, maltosio - dai cereali. 4 Attualmente i consumatori hanno modificato le loro esigenze, la scarsità e il rifornimento di cibo nel nostro mondo non è più un problema, i bisogni sono quindi cambiati. Sempre più consumatori cercano “soluzioni più salutari” prodotti che promuovono la salute e il benessere, prevengono le malattie aiutano a curarle e proteggono l’ambiente e in un certo modo individuano questi prodotti nei “prodotti naturali”. Il bisogno dei consumatori di cibo sicuro per nutrirsi, si è trasformato nel bisogno di alimenti sani ( includendo in questo concetto anche sicuro) e degni di fiducia. Il cibo dovrebbe contenere solo ingredienti prodotti direttamente dalla natura cioè “ingredienti naturali” e dovrebbe essere trattato con procedimenti che non alterino in modo significativo il loro stato fisico, chimico e biologico originale. (Bobe 2013). Questo ha portato a cercare alternative “naturali” agli additivi artificiali. Per esempio Martínez-Tomé e coll. Hanno condotto nel 2001 uno studio confrontando l’attività antiossidante di alcune spezie come l’annatto, il cumino l’origano la paprika dolce e piccante il rosmarino e lo zafferano con quella di comuni additivi come l’idrossianisolo butilato BHA, o l’idrossitoluene butilato BHT. Da questo studio risulta che le spezie in studio hanno un effetto antiossidante comparabile agli additivi presi in considerazione per quanto riguarda la conservazione (per 72 ore, 2, 4 e 6 mesi) dell’olio d’oliva raffinato a temperatura ambiente. Tuttavia per arrivare a ottenere un’etichetta trasparente ( chiara) si devono mettere in gioco processi complessi. Tali processi coinvolgono oltre agli ingredienti anche le loro quantità e le trasformazioni per ottenere un prodotto finale edibile, sicuro dal punto di vista microbiologico, gradevole al gusto, tatto e vista e che si deve mantenere tale durante la sua conservazione. Anche la durata di questo periodo non deve accorciarsi.. (Bobe 2013) I fattori da prendere in considerazione per arrivare a un prodotto “naturale” sono: La formulazione di un’etichetta trasparente, chiara – eliminare gli additivi artificiali, usare ingredienti familiari per il consumatore Nuovi processi per adattarsi ai nuovi ingredienti Nuove strategie e nuove tecnologie per mettere assieme la sicurezza con il mantenimento delle proprietà naturali. Il primo passo è una etichetta trasparente, chiara, questo significa evitare gli additivi espressi con la loro sigla (E …) e usare gli ingredienti familiari ai consumatori. Qui sotto si può vedere un esempio del cambiamento nel tempo dell’etichetta una marca famosa di dolci per quanto riguarda i coloranti: - 2006 E104 Giallo Chinolina E110 Giallo Tramonto E122 Carmoisina E124 Ponceau 4R E133 Blu brillante E120 Carminio 2006 – 2009 E160a Beta-Carotene E141 Clorofilla con Rame E101 Riboflavina E100 Curcumina E120 Carminio Dal 2009 Limone (giallo) Ravanello (rosso) Spirulina (blu) Zafferanone (giallo) Carota scura (porpora) Ibisco (rosso) Cavolo rosso (rosso) Come per i coloranti anche per gli altri additivi si potrebbe cercare alternative naturali. Il rosmarino unitamente ad altre erbe officinali potrebbe essere un esempio come conservante antiossidante, inoltre alcuni estratti da piante sono comunque classificati come additivi, un esempio è la lecitina E 322. 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