Foto ravvicinata di coralli del genere Dendronephyta. Questi coralli vivono ai margini della barriera e si Un paradiso quasi perduto Il fragile equilibrio della Grande barriera corallina è in pericolo, sotto trasporto di carbone e gas dall’Australia. Il commercio di energie fossili minaccia il clima e regala miliardi alle aziende minerarie. Ora l’Unesco lancia l’allarme e annuncia di voler includere questo patrimonio naturale dell’umanità nella sua famigerata Lista Rossa. di Barbara Barkhausen; foto: Jürgen Freund RIVISTA W WF 3/13 7 L 8 RIVISTA W WF 3/13 «Queste persone giocano con il nostro reef. Per loro si tratta solo di merce senza valore.» Ginny Gerlach, attivista ambientale australiana e istruttrice di vela pronta a suonare il campanello d’allarme: è intenzionata a includere il reef nella sua Lista Rossa, ovvero la famigerata lista che raccoglie i patrimoni mondiali la cui sopravvivenza è in pericolo (v. pag. 15). Finora la lista ha accolto essenzialmente paesi in via di sviluppo: per la ricca Australia sarebbe verrà presa nel 2014. Che il reef versasse in cattive acque è emerso nel 2011, quando il governo australiano non informò il Comitato per il Patrimonio mondiale dell’Unesco di aver concesso l’autorizzazione per un impianto di estrazione di gas a Curtis rono sul posto e avanzarono alcune richieste ma trascorse un anno senza risposta da parte del governo australiano. patrimonio nella Lista Rossa puntando soprattutto il dito, nel proprio rapporto, sulla pessima qualità delle acque del reef. Un ecosistema al collasso La gravità della situazione venne a galla solo nell’ottobre del 2012, quando fu pubblicato uno studio dai risultati allarmanti: negli ultimi 27 anni la barriera ha perso oltre metà dei suoi coralli. A causa dell’acqua, sempre più calda e acida a causa del surriscaldamento globale, i coralli crescono molto più lentamente rispetto al passato e la crescita complessiva non riesce a compensare le perdite. Oltre a ciò fattori locali come le tempeste, le acque di scarico o le fughe di petrolio, provenienti dalle navi che attraversano continuamente il reef, non fanno che aggravare la situazione. Anche la quantità di sedimenti, che negli ultimi 150 anni è quadruplicata, assie- W W F A U S T R A L I A , T O M S J O L U N D , J Ü R G E N F R E U N D ( 2 ) , M A R I T I M E Q U E E N S L A N D S A F E T Y, R A F F I N E R I E clava, vicino a Rockhampton, la costruzione di un nuovo terminal per l’esportazione del carbone ha subito un brusco stop ma all’origine della decisione ci sono esclusivamente ragioni economiche. Glasenberg non si sbottona sul futuro del progetto in questione e non vuole promettere nulla all’ambientalista. La situazione è tesa ma Gerlach ha l’impressione che la sua visita in Svizzera non sia stata del tutto inutile: chi vive all’altro capo del mondo deve sapere cosa minaccia il reef australiano. La Grande barriera corallina è la barriera di coralli più grande al mondo: 2300 km di lunghezza, 2900 banchi corallini, 1500 specie di pesci e 400 specie di corallo. Dal 1981 è patrimonio mondiale dell’Unesco. Proprio l’or- © Casinò di Zugo ha una lunridoi coperti da morbidi tappeti rossi, farebbe pensare agli affari, non sempre puliti, dell’azienda che in queste sale ha organizzato la propria assemblea generale. La Glencore Xstrata, azienda svizzera frutto di una recente fusione, opera nel settore delle materie prime. In Australia sfrutta le miniere di carbone senberg, CEO del gruppo minerario e considerato da molti un manager dal pugno di ferro, ha confessato al «Wall Street Journal» che per lui le ferie non esistono: «Da noi si lavora». Questa mattina a Zugo si respirava un’aria diversa: il CEO, gioviale e affabile, ha trovato anche il tempo dopo l’assemblea generale per scambiare due chiacchere con Ginny Gerlach, attivista ambientale australiana. ra proprio per informare gli azionisti e l’azienda sulle gravi conseguenze che la miniera di carbone della Glencore Xstrata avrà sulla barriera corallina lungo la costa nordest dell’Australia. «Se la Glencore aprisse una miniera di carbone nelle Alpi svizzere, di sicuro i cittadini svizzeri protesterebbero», commenta Gerlach. Durante il suo intervento di cinque minuti davanti ai duecento azionisti, l’emozione era palpabile: «Sentivo tutto il peso della responsabilità», commenta l’attivista ambientale. «Queste persone giocano con il nostro reef. Per loro si tratta solo di merce senza valore». Ma Glasenberg ha ribattuto senza mezzi termini: «La nostra attività non ha un impatto sull’am- Dragaggi: per i porti e le grandi rotte mercantili vengono dragati milioni di metri cubi di fondale marino nel reef. Il materiale risultante viene poi scaricato altrove in mare. Stelle corona di spine: a milioni proliferano nel reef divorando i coralli. La loro massiccia diffusione è originata dai fertilizzanti agricoli. Megaporti: il loro potenziamento devasta il patrimonio naturale. Da qui transiteranno gas e carbone, materie prime che contribuiscono ad aggravare il surriscaldamento del pianeta. Quintell Beach Cape Flattery Cooktown Sbiancamento dei coralli: il riscaldamento globale aumenta la temperatura e l’acidità dell’acqua, causa dello sbiancamento dei coralli. F O N T E : W W W. F I G H T F O RT HE R E E F. O R G / W W F ; G R E AT B A R R I E R R E E F M A R I N E P O RT A U T H O R I T Y; Q U E E N S L A N D G OV E R NM E N T Cairns Mouriliyan Lucinda Legenda: Area Patrimonio naturale dell’UNESCO Townsville Abbot Point Rotte mercantili Bacini di sedimentazione e ricchi depositi di materie prime Mackay Hay Point navi l’anno) navi l’anno) Incidenti navali e fughe di greggio: Nella foto il mercantile cinese MV Sheng Neng 1 che nel 2010 devastò la barriera corallina per un tratto di 3 km prima di arenarsi. Alma Miniere Gladstone Riquadro della mappa km 0 500 AUSTRALIA Brisbane 2500 Brisbane RIVISTA W WF 3/13 9 Un ecosistema vastissimo: la Grande barriera corallina è lunga 2300 km ed è grande 8 volte la Svizzera. A destra: un canale naturale fra banchi corallini dell’Hook Reef vicino alle isole Whitsunday. 10 RIVISTA W WF 3/13 «Il potenziamento dei porti lungo la costa avrà conseguenze incalcolabili.» Richard Leck, esperto di Reef, WWF Australia RIVISTA W WF 3/13 11 Oggi nella regione inserita tra i Patrimoni dell’umanità, sono attivi già dodici porti, cinque dei quali hanno dimensioni gigantesche. Qui carbone, gas, e in futuro forse anche uranio, vengono imbarcati su grandi mercantili diretti verso Cina e India per soddisfare la loro fame di energia. Per costruire i porti, milioni di metri cubi di terra vengono «È tempo che questo pericoloso sviluppo industriale si fermi.» Larissa Waters, senatrice verde, Queensland Tuffatevi nel meraviglioso mondo sottomarino della Grande barriera corallina con il vostro computer! Scaricate le immagini di questo articolo (per PC o Mac) alla seguente pagina web e usatele come sfondo: 12 RIVISTA W WF 3/13 che gestiscono i porti negano i danni arrecati al reef. Kieran Moran, della Gladstone Ports Corporation, precisa in una e-mail: «Ci sono centinaia di rapporto di Gladstone sia innocuo e non abbia effetti negativi sulla Grande barriera corallina poiché situata a oltre 47 km di distanza». Alcuni ricercatori, tra versity nel Queensland, hanno al contrario osservato nelle loro ricerche come la qualità dell’acqua soffra dei sedimenti scaricati e come nella regione il numero di tartarughe, leoni marini e pesci diminuisca. L’ampliamento previsto del porto di Alma nel delta del Fitzroy, ad esempio, minaccia una specie di delva già lanciato l’allarme due anni fa ma il ministero dell’ambiente ha fatto orecchie da mercante. Il responsabile del progetto, in attesa di ricevere o meno il nullaosta, è il Mitchell Group che, interpellato, non ha rilasciato alcuna dichiarazione. La ricezionista ha risposto per telefono che la nostra richiesta era stata inoltrata e che ora spettava ad altri decidere se rispondere. Di più non ci ha potuto dire. non rispondere. Il gruppo australiano Mitchell, come la svizzera Glencore Xstrata, guadagna miliardi esportando le ricchezze del sottosuolo del Queensland. Il carbone e il gas viene caricato sulle navi che partono attraversando proprio la regione della Grande barriera corallina. Si tratta di 4000 imbarcazioni ogni anno, che potrebbero diventare persino 7000 entro il 2020. «Così tante navi incagliò a est di Rockhampton, perse petrolio e lasciò una vera e propria cicatrice di ragguardevoli dimensioni nel- T R O Y M A Y N E / O C E A N I C I M A G E R Y. C O M L’habitat di tartarughe, leoni marini e pesci a rischio dragati. Il limo che ne risulta viene scaricato altrove in mare senza molte prera più estese di fondali marini e soprattutto di praterie di zostera marina, un’importante componente della © me a concimi e pesticidi impiegati in agricoltura sono una minaccia per i coralli perché hanno favorito la proliferazione delle alghe, di cui sono ghiotte le larve della vorace stella marina corona di spine. La stella marina, che si sta moltiplicando oltre misura, divora gli ultimi coralli rimasti. «La Grande barriera corallina è un ecosistema sottoposto a un’enorme pressione», spiega Richard Leck, esperto di reef per il WWF Australia. La barriera corallina si trova nella fase di maggior vulnerabilità di tutta la sua storia. «Il potenziamento dei porti lungo la costa avrà conseguenze incalcolabili». ©©©ò°±¬¿ò½¸ñ½´·³¿ ʱ¹´·± ½®»½»®» ·² «² °·¿²»¬¿ °«´·¬±ò Ô«½¿ô ïð ¿²²· Ô¿ ½±®®»²¬» »´»¬¬®·½¿ ½¸» «·¿³± °®±ª·»²» ¿´ ïðð û ¼¿ º±²¬· ®·²²±ª¿¾·´· ª·¦¦»®» »¼ 8 ½»®¬·º·½¿¬¿ u²¿¬«®»³¿¼» ¾¿·½eò Ô¿ б¬¿ · ·³°»¹²¿ ¿²½¸» °»® ´» ¹»²»®¿¦·±²· º«¬«®»ò л® ¯«»¬± «¬·´·¦¦·¿³± ±´¬¿²¬± ½±®®»²¬» »´»¬¬®·½¿ °®±ª»²·»²¬» ¼¿´´¿ ͪ·¦¦»®¿æ »±´·½¿ô ·¼®±»´»¬¬®·½¿ô ± °®±¼±¬¬¿ ¼¿ °·½½±´· ·³°·¿²¬· º±¬±ª±´¬¿·½· » ¿ ¾·±³¿»ò ݱ4 ½±²¬®·¾«·¿³± ¹·@ ±¹¹· ¿´ ®¿¹¹·«²¹·³»²¬± ¼· «²± ¼»¹´· ±¾·»¬¬·ª· ¼»´´¿ ͬ®¿¬»¹·¿ »²»®¹»¬·½¿ îðëð ¼»´´¿ ݱ²º»¼»®¿¦·±²»ò л® · ½´·»²¬· °·' »·¹»²¬· ¼»´ ³±²¼±ò Ю±³»¬¬·¿³± ¿ Ô·¿ ½¸» »²¬®± ·´ îðïë »²·¾·´·¦¦»®»³± îðð ðð𠾿³¾·²· » ¿¼±´»½»²¬· « ¬»³¿¬·½¸» ¿³¾·»²¬¿´·ò Ô¿ Ó·¹®± ±¬·»²» ·´ °®±¹®¿³³¿ ¼· »¼«½¿¦·±²» ¿³¾·»²¬¿´» ¼»´ ÉÉÚ Íª·¦¦»®¿ô ½±²¬®·¾«»²¼± ½±· ¿¼ ¿ªª·½·²¿®» · ¹·±ª¿²· ¿´´¿³¾·»²¬» » ¿´´¿ ²¿¬«®¿ò Ü· °·' « la barriera allorché lo scafo, ingovernabile, entrò in contatto con i coralli. In quell’occasione si stima siano andati distrutti 290 000 m2 di reef. Mentre le organizzazioni ambientaliste lanciano l’allarme, il mondo politico tenta di placare gli animi del paese con il denaro: sono stati stanziati 200 milioni di dollari per migliorare la qualità dell’acqua nella regione del reef. Andrew Powell, ministro locale dell’ambiente, afferma che il suo Stato, da solo, stanzia 35 milioni all’anno per la barriera corallina. Ma per Larissa Waters, prima senatrice verde del Queensland, chiede che le raccomandazioni e i desiderata del Comitato dell’Unesco per la legge. «È tempo che questo pericoloso l’industria del carbone a portare soldi nelle casse dello Stato australiano. Il reef genera sei miliardi di dollari all’anno di introiti grazie al turismo e offre impiego a quasi 60 000 persone. Larissa Waters, Richard Leck o Ginny Gerlach godono di un nutrito appoggio popolare. Secondo un sondaggio del WWF effettuato all’inizio del 2013, per il 91% degli australiani la protezione della barriera corallina è la principale questione ambientale dell’anno. Molto si è messo in moto: numerosi contadini hanno infatti deciso di cambiare i loro metodi di coltivazione e anche una parte della popolazione Townsville alcuni aborigeni hanno avviato un progetto di ricerca sulle tartarughe per capire come mai nel recente passato si siano ammalate così tante testuggini. Quanto tempo ci resta per evitare un disastro ambientale nella Grande dentemente resistente», afferma Ginny Gerlach. «Ma ci troviamo di fronte a una svolta. Dobbiamo invertire la rotta». A ttualmente 38 dei 1000 patrimoni naturali e sono stati inseriti nella «lista dei patrimoni a rischio». Il motivo può essere una catastrofe naturale ma nella maggior parte dei casi la causa principale sono guerre, inquinamento ambientale, espansione urbana incontrollata o un turismo intensivo e senza regole. Con la Lista Rossa, l’Unesco intende fare pressione a favore della conservazione dei patrimoni e insieme introdurre misure di aiuto. Per alcuni governi l’inclusione nella «Lista Rossa» è un segnale di speranza, per altri un motivo di vergogna. Se un territorio perde le proprie ricchezze, può anche perdere lo status di patrimonio mondiale. È accaduto alla Valle dell’Elba a Dresda: a causa della costruzione di un ponte a quattro corsie la regione è stata depennata dalla lista. Parco nazionale delle Everglades, L’area alluvionale tropicale del sud degli Stati Uniti è una zona umida di importanza globale. Dal 1993 (salvo un’interruzione di tre anni) il parco è incluso nella «Lista Rossa». La regione è minacciata dai fertilizzanti dell’agricoltura e dall’aumento del consumo d’acqua dei bacini idrici circostanti. Quello delle Everglades è l’unico patrimonio mondiale a rischio situato in una nazione occidentale. Madagascar Alcuni dei patrimoni naturali a rischio sono ben sei Parchi nazionali, in alcuni dei quali opera anche il WWF. Il Cinque parchi nazionali, Repubblica democratica del Congo: Grandi Laghi è la causa dell’inclusione dal 1994 dei cinque patrimoni naturali della Repubblica Democratica del Congo nella lista dei patrimoni a rischio. Tra di essi, anche il Parco nazionale del Virunga, dove il WWF si impegna da anni per i gorilla di montagna. Il parco è minacciato da future trivellazioni petrolifere (v. pag. 4). taglio illegale di legno di palissandro e di ebano nonché il bracconaggio dei lemuri hanno spinto l’Unesco a includere la regione nella lista dei siti a ricritica il fatto che il governo malgascio consenta l’esportazione di legno illegale. – lis © F R I T Z P Ö L K I N G / W W F, E D WA R D P A R K E R / W W F - C A N O N , N A T U R E P L . C O M / B R U C E D A V I D S O N / W W F - C A N O N quando non avremo capito qual è effettivamente la posta in gioco», chiarisce La «Lista Rossa» dei paradisi naturali a rischio RIVISTA W WF 3/13 15