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6 - 12 MARZO 2014 | N. 9
CHESENSOCHEFA.BLOG.RASSEGNA.IT
DI VINCENZO MORETTI
LA LETTERA
DAL SULCIS
UNO PER TUTTI, TUTTI AL SERVIZIO DI UNO
elle società moderne il leader carismatico, mediatico,
idolatrato, sembra essere l’unica risorsa in campo, la sola
risposta disponibile alla scarsità di élites e classi dirigenti,
alla paura e all’incertezza con la quale ci ritroviamo a pensare
il nostro futuro, alle difficoltà con le quali riusciamo a interpretarlo
e a dare a esso un senso. La società individualizzata è una società
a scarso protagonismo sociale e più egoista, nella quale viviamo
come assillati dalla necessità di soddisfare i bisogni più istantanei
ed effimeri, come disorientati di fronte alla soggettività, come
infastiditi dalla prospettiva di essere più responsabili verso noi
stessi e gli altri. (…). Se questo è lo sfondo, la domanda diventa
allora quella che ci porta a chiederci se sia ancora possibile contrastare l’idea di un’inevitabile fine della politica,di un’ineluttabile
approdo nei porti del plebiscitarismo, di un’inarrestabile processo di mutazione della democrazia in leaderismo, dei partiti
in comitati elettorali. Se insomma Dio è morto, Marx è morto, e
neanche noi ci sentiamo troppo bene, perché dovrebbe essere
una cattiva idea aspettare, sperare, che prima o poi arrivi Wolf,
quello che risolve problemi? Che importa se nella vita reale il
Wolf in questione si chiama Barak Obama piuttosto che Angela
Merkel, Matteo Renzi invece che Silvio Berlusconi? C’è ancora
qualcuno a cui importa che la grande corsa alla ricerca della figura carismatica, dell’uomo risolutore, dell’uomo solo al comando, è in realtà una grande illusione? Che l’obbedienza cieca
verso il leader maximo produrrà inesorabilmente un ulteriore
impoverimento della politica e quindi della vita di ciascuno di
noi? O la sola cosa che conta è che ci sia qualcuno al quale mentre
pensiamo ad altro possiamo affidare il nostro destino?
N
MONDOBLOG
RASSEGNADOS.BLOG.RASSEGNA.IT
Rassegna
DI LORENZO PIERFELICE
Sindacale
Settimanale della Cgil
Via dei Frentani 4/a, 00185 Roma tel. 06/44888200
fax 06/4469008
E-mail: [email protected]
Comitato editoriale
Aris Accornero, Patrizio Bianchi, Mimmo Carrieri,
Mario Centorrino, Claudio De Vincenti, Fiorella Farinelli,
Maria Luisa Mirabile, Enzo Rullani, Giorgio Ruffolo
A CURA DI FRANCESCO CARTA
Alla Glencore di Portovesme si assume.
La sfida in controtendenza del colosso
mondiale dei metalli non ferrosi
L
a crisi della grande
industria in Sardegna
ha fortemente
ridimensionato il panorama
economico e sociale. Il
dato della situazione nel
Sulcis Iglesiente, ormai
drammaticamente noto, è
ancora più grave, in quanto
tutto quello che ruotava attorno
al polo dell’alluminio è stato
cancellato con la fermata di
Alcoa ed Eurallumina, le due
aziende più importanti. Tutte le
attività di manutenzione sono
chiuse e sono a forte rischio di
fermata anche le produzioni di
energia elettrica, che riuscivano
a soddisfare le richieste di
quelle fabbriche, fortemente
energivore. Eppure, non tutto in
questi tempi ha camminato con
lo stesso passo. Pur in presenza
di una crisi planetaria, che ha
investito le produzioni di
metalli, il settore del piombo
e dello zinco, che nel polo
industriale sulcitano ha basi
solide nella Portovesme
Srl, controllata dal colosso
mondiale Glencore-Xstrata, è
rimasto attivo e in produzione.
La metallurgia a Portovesme,
nata per fondere le galene
e i minerali di calamina delle
miniere dell’Iglesiente, fu
rilevata a metà degli anni
ottanta dall’Eni, poi dal gruppo
del “cane a sei zampe” – con la
privatizzazione successiva alla
chiusura del ministero delle
Partecipazioni statali – è passata
LEGALITÀ IN TEMPI DI CRISI
nel ’95 agli attuali proprietari
della multinazionale GlencoreXstrata. L’azienda, pur dovendo
fronteggiare non pochi
problemi legati all’esiguità delle
infrastrutture locali, ha deciso
di mantenere e, anzi, potenziare
le produzioni, rilanciando
quelle di piombo e zinco a
Portovesme e a San Gavino nel
Medio Campidano. I parametri
di crescita di alcune importanti
industrie a livello mondiale non
lasciano dubbi rispetto a quelle
che potranno essere le richieste
di metalli anche nei prossimi
mesi. Proprio in virtù di questa
considerazione, la Glencore
considera l’anno in corso
potenzialmente positivo per
il settore. Piede sull’acceleratore
per la costruzione di un
nuovo impianto, incrementerà –
sfruttando nuove tecnologie –
le produzioni di ulteriori 45.000
tonnellate anno di zinco.
Alla fine dello scorso anno a
Portovesme sono stati assunti
una cinquantina di giovani
diplomati e laureati. Mentre
da altre parti si licenzia, o si fa
ricorso agli ammortizzatori
sociali, alla Glencore si assume.
Una sfida in controtendenza
lanciata sicuramente al mercato,
ma anche a un quadro politico
che in questi anni non ha
certamente favorito, con
politiche adeguate, le aziende
e le produzioni industriali.
È proprio per questo che
l’azienda ha “lavorato ai fianchi”
la classe politica regionale
e nazionale. Negli ultimi 10
anni numerosi protocolli
d’intesa sono stati firmati
(l’ultimo lo scorso gennaio):
di particolare rilievo quelli
finalizzati a garantire le
infrastrutture necessarie per
mantenere alti gli obiettivi e ad
assicurare lo strumento della
superinterrompibilità, che
garantisce tariffe elettriche
ridotte sul Kwh impiegato. Uno
strumento che va considerato
necessario per garantire la
competitività con le realtà
operanti nelle altre parti
d’Europa. Insomma, non tutto
nel Sulcis è avvolto dal buio.
L’esempio della multinazionale
dei metalli non ferrosi è
da imitare. Per favorire
l’immissione di ulteriori
forze di lavoro, potrebbe
essere utile anche una concreta
revisione delle norme sui
lavori usuranti per chi opera
nei turni avvicendati e in
situazioni straordinarie
(forni e impianti di fusione):
permetterebbe l’ingresso
di nuova manodopera e
soprattutto di giovani. La
tradizione della metallurgia ha
radici profonde nel Sud-Ovest
sardo, una storia che si perde
nei secoli e che ha trovato nelle
nuove tecnologie la possibilità
di resistere alle crisi dei mercati
e alla scarsa lungimiranza
industriale della politica e delle
amministrazioni pubbliche. •
di DANIELE TISSONE*
La sicurezza è un bene pubblico
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Editoriali
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’
Progetto grafico Ilaria Longo
L
a crisi accresce l’insicurezza nel
paese; da un lato, aumentano i
reati, in particolare quelli predatori,
mentre dall’altro, per effetto dei tagli
alla spesa, diminuiscono le risorse per
le forze di polizia. Senza tema di smentita
va detto chiaramente che oggi, in Italia,
siamo obiettivamente tutti meno
sicuri. Questo per due ordini di motivi.
La prima in ragione di un elemento
generale che è dato dal fatto che un
paese, per essere sicuro, ha bisogno
che ci sia la consapevolezza diffusa
che la legalità è un bene che riguarda
tutti, che i comportamenti devono essere
conseguenti e che a nessuno è permesso
di andare oltre le leggi stabilite. La
seconda, alla luce di una simile caduta
di legalità, associata a una diminuzione
sul territorio di presìdi e di forze
dell’ordine, è quella che non si può
più rispondere, positivamente e con
efficienza, alla domanda di sicurezza
proveniente dalla società con la
stessa efficienza fino a oggi garantita.
Un paese è sicuro, oltre che in relazione
alla presenza di un numero adeguato di
addetti alla sicurezza, allorquando vi è
coesione sociale, se tutti cercano, sui temi
importanti, un agire fatto di solidarietà, in
cui ci sono i beni comuni da difendere.
Anche per questo la diminuzione di circa
12.000 unità nella sola Polizia di Stato
costituisce un elemento che deve farci
riflettere. A questo proposito, come Silp
Cgil da diverso tempo abbiamo lanciato
il tema dell’unificazione delle forze di
Polizia: in buona sostanza, tra Polizia di
L ARGOMENTO
Redazione
• Massimiliano Acerra [email protected]
• Paolo Andruccioli p.andruccioli @rassegna.it
• Patrizia Ferrante p.ferrante @rassegna.it
• Enrico Galantini [email protected]
• Carlo Gnetti [email protected]
• Roberto Greco [email protected]
• Mayda Guerzoni [email protected]
• Stefano Iucci s.iucci@ rassegna.it
• Cristina Izzo c.izzo @rassegna.it
• Ilaria Longo [email protected]
• Giovanni Rispoli [email protected]
• Marco Togna [email protected]
Stato e Arma dei carabinieri, restituendo
ai servizi specifici le altre forze di Polizia.
Ciò ridurrebbe i costi, non consentendo di
fare più ricorso a doppioni, con reali
benefici per la sicurezza dei cittadini.
Se è vero che stiamo discutendo di una
“sicurezza che sia reale”, utilizzare al
meglio le forze dell’ordine, intervenendo
in maniera adeguata rispetto ai fenomeni
criminosi, ci permetterà di andare oltre a
quanto oggi già sperimentato attraverso i
Comitati provinciali per l’ordine e la
sicurezza pubblica. Senza dimenticare
l’importanza di superare il limite insito
nella cultura del “tutore dell’ordine” che
non interagisce con gli altri attori. Ma per
raggiungere questo scopo occorre una
progettualità compartecipata, oltre che un
impegno a livello di formazione degli
operatori del settore. Il tutto in nome di
una sicurezza intesa come bene pubblico
al pari della sanità e dell’insegnamento; un
bene pubblico da costruire attraverso la
partecipazione di tutti i cittadini per
divenire patrimonio comune e non fonte
di discordia o, forse peggio, di diffidenza.
Per realizzare tutto ciò si rende tuttavia
necessaria una visione e una progettualità
nuova, che parta dalla consapevolezza che
la sicurezza è un tema complesso, che ha a
che fare anche con le politiche sociali che
ci stanno attorno, e qui il Silp ha finora
espresso, in più occasioni, il proprio
convincimento che maggiori livelli di
sicurezza nel paese si possono realizzare
mediante modelli che facciano chiarezza
sui ruoli e le competenze di ciascuno.
Per questo la nostra organizzazione ha
criticato il sovrapporsi di poteri in
materia di sicurezza urbana, nonché
l’utilizzo dei militari in tali compiti.
Simili situazioni dal punto di vista degli
operatori e dei cittadini non costituiscono
una “risposta vera” ai problemi della
sicurezza, anzi, aumentano la confusione.
Ma non solo. Difficilmente si potrà parlare
nel nostro paese di una vera riscoperta
della legalità praticata, se non vi sarà
anche un ormai non più rinviabile
adeguamento legislativo che semplifichi
la lettura di tutto il complesso delle norme
contro le mafie comunque denominate,
inclusa quella finalizzata al contrasto
della criminalità economica. È possibile
costruire un circolo virtuoso del processo
di legalità solo se la classe politica si
deciderà, una volta per tutte, a varare una
legge contro la corruzione che attanaglia
in maniera sempre più pericolosa i gangli
vitali delle nostre istituzioni. Dagli ultimi
dati in nostro possesso, emerge che la
corruzione in Europa ha un peso di circa
120 miliardi di euro l’anno, di cui 60
solamente in Italia. La corruzione toglie ai
cittadini la fiducia nelle istituzioni e nei
suoi rappresentanti, danneggia l’economia
nazionale con danni che, per effetto della
crisi in atto, possono risultare irreversibili.
In questo contesto, operano le iniziative
promosse dalla Cgil, che si batte per
l’adeguamento legislativo, avendo messo
in campo anche una proposta di legge
di iniziativa popolare – sottoscritta da
oltre 120.000 cittadini – sulla confisca e
l’immediato utilizzo dei patrimoni sottratti
alla criminalità organizzata. A questo
o
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LAPIAZZA
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I PODCAST
DELLA
SETTIMANA
www.radioarticolo1.it
Diritto di cittadinanza
agli immigrati
da Speciale
goo.gl/WU05GW • 3 marzo
Il Tar laziale è intervenuto
per la seconda volta in
materia di immigrazione,
accogliendo le obiezioni
alla base di una class
action promossa da Cgil,
Federconsumatori e Inca.
Il resoconto dell’incontro
svoltosi a Roma con gli
interventi di Morena
Piccinini, presidente Inca,
Vera Lamonica,segretaria
nazionale Cgil, e Rosario
Trefiletti, presidente di
Federconsumatori. •
Quadrato rosso
da Elleradio
goo.gl/KIQR76 • 3 marzo
Nel consueto spazio
settimanale dedicato al
XVII congresso della
Cgil, abbiamo ospitato le
opinioni di Dalida
Angelini, Cgil Toscana;
Susanna Camusso,
segretario generale Cgil;
Beniamino Lami, Spi;
Doriana Pavanello, Cgil
Agb;Tiziana Vettor,
Università Bicocca.
Contributi da Nidil Lecce,
Nidil Pescara, dalla Fisac
Bari, dalla Filt Bari e dalla
Cdl di Rimini. •
Le prime interazioni con il “Piano
del Lavoro della Cgil in 100 tweet”,
ilpianodellavoro.blog.rassegna.it - 25 febbraio
Tweet di @RiggioRoberto
« È interessante il
#pianodelLavoro. Sarebbe
anche interessante discuterne
con i lavoratori, o no? »
I COMMENTI
ONLINE
DEI NOSTRI
LETTORI
Risposta di @cgilnazionale
« Stiamo proprio in questi mesi
svolgendo il nostro congresso.
In ognuna delle assemblee nei
luoghi di lavoro abbiamo cercato di
esporre il Piano del Lavoro,cercato
il confronto,la discussione,lo
scambio di idee e informazioni. »
Tweet di @stinco_di_santo
« Andate a lavorare e
restituite le ore di permesso
sindacale dei delegati... »
SIAMO ANCHE SU
facebook.com/rassegna.it
twitter.com/rassegna_it
Risposta di @cgilnazionale
« Lavoriamo ogni giorno per
cercare di migliorare le condizioni
dell’Italia nella crisi,dei lavoratori
(con difesa ed avanzamento nei
contratti nazionali e di secondo
livello) e di ogni singolo lavoratore
proposito, cogliamo l’auspicio che
simili modifiche legislative possano
consentire al più presto ai lavoratori e
alle istituzioni di riprendersi tutto quello
che è stato loro strappato attraverso il
sopruso e la sopraffazione da parte di una
criminalità che ha il solo obiettivo di
perpetrare azioni nocive a beneficio del
proprio dilagante quanto feroce strapotere.
Il prossimo congresso nazionale del Silp,
che si terrà a Perugia l’11 e 12 del mese di
aprile, metterà al centro dei propri lavori,
condividendolo, l’approccio che sul tema è
stato assunto dalla Cgil, che individua nella
crisi economica che ha colpito la società
italiana, insieme a quella europea, il fattore
scatenante dell’insieme dei problemi che
investono la sicurezza. Il recente Rapporto
annuale dell’Osservatorio europeo sulla
sicurezza rafforza questo approccio ed
evidenzia come “l’emergenza economica e
del lavoro rappresenti il primo e principale
meccanismo che ha accelerato e unificato i
diversi piani dell’insicurezza sociale. Più
di una persona su due (per la precisione il
53 per cento) dichiara che nella propria
famiglia qualcuno ha perduto il lavoro, è
stato messo in cassa integrazione, oppure è
alla ricerca di un’occupazione inutilmente”.
Convivono nel rapporto anche altri temi,
come il controllo dello spazio pubblico,
l’attenzione alle differenze di genere e
alle politiche d’integrazione, l’educazione
costante dei giovani alla legalità, il contrasto
all’uso di alcool e di droga. Emerge un
quadro che stimola ad andare oltre il
mero approccio di ordine pubblico
nell’affrontare il tema dell’insicurezza dei
cittadini e delle città. Alla luce di un simile
contesto, e per tutte queste ragioni, il Silp
per la Cgil agirà, nelle proprie rivendicazioni
sindacali a tutela degli operatori di polizia,
sviluppando un’azione tesa ad aprire
un dibattito che, con il contributo
della confederazione, coinvolga gli attori
sociali del territorio e le istituzioni locali. •
* Segretario generale del Silp Cgil
Banca etica: 15 anni
di buona finanza
da Elleradio
goo.gl/kC2DVL • 28 febbraio
Nata nel 1999 Banca Etica
festeggia i suoi primi 15
anni di vita. Ne abbiamo
parlato con Mario Crosta,
direttore generale
Banca Popolare Etica;
Alessandro Messina,
economista; Leonardo
Becchetti, Campagna 005; Andrea Baranes,
portavoce Sbilanciamoci;
Teresa Masciopinto,
responsabile culturale
Banca Etica; Manuel
Ferreira, Alma Rosé. •
con i nostri servizi sul territorio.
Così fanno anche i delegati,che
se prendono ore di permesso
vuol dire che occupano del tempo
per provare a migliorare la
situazione dei propri colleghi o
della propria categoria.Però
dovremmo partire da un punto:
partecipare ad una riunione
sindacale o alla progettazione di
un contratto,per un rappresentante
dei lavoratori,è lavorare. »
Tweet di @UbaldoLorenzo
« Quelli che si lamentano
dell’austerità e si oppongono
nel rimuovere la causa.
#sapevatelo #euro »
Risposta di @cgilnazionale
« Non è l’euro la causa
dell’austerità,ma le politiche di
questa Europa.Senza l’euro,nel
mondo attuale,con l’affermarsi
delle nuove potenze (Cina,Russia,
Brasile,India ecc.) sarebbe
impensabile puntare sulla
svalutazione competitiva,specie
per un paese senza risorse
naturali come l’Italia.Ciò non toglie
che l’Unione europea debba
I sindacati e l’articolo 39
da Speciale
goo.gl/7JSScP • 28 febbraio
“L’organizzazione
sindacale è libera.
Ai sindacati non può
essere imposto altro
obbligo se non la loro
registrazione presso
uffici locali o centrali,
secondo le norme di
legge”. Comincia così
l’articolo 39 della
Costituzione italiana: il
commento del
segretario generale
Cgil Susanna Camusso
in una video-intervista
a Rassegna.it. •
cambiare passo e superare il
miraggio della “austerità espansiva”
se vuole uscire dalla crisi. »
Tweet di @superxtrim
« Cara Cgil non citi o
combatti per salvaguardia
tt #Esodati ex L223. La tua voce
nn si sente. La ns fame sì! »
Risposta di @cgilnazionale
« La Cgil si è occupata a più
riprese degli esodati.Non a caso
ad ogni legge stabilità (anche
nell’ultima,del governo Letta)
tra le richieste della nostra
organizzazione c’è sempre stata
quella di risolvere definitivamente
il problema degli esodati.Pensi
che da molte parti ci accusano di
“pensare solo agli esodati”. »
Commento di Giovanni
a “Congresso Cgil: Flai Brescia,
coinvolti 2000 lavoratori”,
http://goo.gl/Cj73k2 - 28 febbraio
« Bravi i compagni e le
compagne della Flai di
Brescia, una categoria sindacale
in crescita e sempre sul pezzo…
sono davvero fiero di voi... »
IL PUNTO
Benedetto cuneo fiscale. Da
quando Renzi ha promesso
nei suoi discorsi di Senato e Camera “un intervento
a due cifre”, si è scatenata la corsa a interpretare
quali fossero le sue intenzioni reali, di quale entità
sarebbe stato il taglio delle tasse, e chi ne avrebbe
usufruito di più (se le imprese attraverso una
diminuzione dell’Irap o i lavoratori con una
riduzione dell’Irpef, e quale riduzione, se
intervenendo sulle aliquote o sulle detrazioni).
Insomma, un vero e proprio puzzle che ciascuno ha
cercato di completare mettendo le tessere che più
servivano alla tesi sostenuta. Perché l’unica cosa
chiara è che sul cuneo ci sono più modi di
intervenire e che gli effetti sono diversi a seconda
delle risorse, com’è ovvio, ma anche delle scelte
concrete in una direzione o nell’altra. Una delle tesi
che ha girato sui media subito dopo i discorsi di
Renzi (sostenuta evidentemente da Confindustria) è
che, essendo le risorse tutto sommato limitate,
dividerle tra impresa e lavoro avrebbe rischiato di
produrre effetti limitati sull’economia, negando nei
fatti quel rilancio al quale si puntava. E allora tanto
valeva concentrarle tutte sul versante impresa,
abbassando significativamente i costi industriali e
introducendo così più competitività in un sistema su
cui gravano troppe imposizioni. Un’impostazione
che naturalmente non è andata giù a Cgil, Cisl e Uil,
che hanno ribattuto – con ragione – che era vero il
contrario: visto che la crisi del paese è una crisi di
domanda e non di offerta (come testimoniano i dati
Istat, che parlano di impoverimento progressivo
della popolazione), per rilanciare l’economia del
paese serve un intervento consistente a favore dei
possessori di quei redditi (lavoro e pensioni) che le
risorse ricevute le riversano immediatamente nei
consumi. “Mettere più denaro nelle buste paga – ha
sintetizzato Susanna Camusso in una recente
intervista a la Repubblica – è l’unica strada per far
ripartire l’economia”. Poi, certo, c’è il nodo di dove
reperire più risorse, di come creare lavoro
attraverso un piano straordinario per i giovani
(come suggerisce proprio il Piano del lavoro
della Cgil). Tutti temi da discutere seriamente
e presto. Ma senza sbagliare il primo passo. •
Senza una ricognizione critica del capitalismo,
il richiamo agli ideali del socialismo
diventa una sterile evocazione verbale
A sette anni dalla
sua nascita, il Pd,
con l’adesione
ufficiale al Pse,
pone termine, almeno
formalmente, al suo vizio
d’origine: quello di essere un
partito privo di un’identità
condivisa. In tema di ideologia,
infatti, per un partito sorto a
conformazione confederale,
valeva il celebre detto di
Wittgenstein: su ciò di cui non
si può parlare, si deve tacere.
E, appunto, l’indicibile, ciò che
consigliava il silenzio assoluto
sui fondamenti da tutti
riconosciuti, era proprio la
questione cruciale e dirimente,
quella dell’identità. Ciò che per
un partito normale è sempre il
punto di partenza, ovvero la
scala dei valori identitari
collocati alla base della
mobilitazione collettiva, per il
Pd diventa l’approdo. Ma un
partito non può rimuovere a
lungo il nodo identitario senza
votarsi alla leggerezza e alla
provvisorietà. Oltre alla paralisi
sulle politiche del lavoro,
alle opzioni sempre rinviate
in materia di laicità e diritti
civili, l’anemia identitaria era
visibile anche sul piano
simbolico. E diventava ben
percepibile quando, nei suoi
comizi, il Pd non aveva altri riti
di riconoscimento in piazza
che le note dell’inno nazionale.
Stabilire quindi l’appartenenza
al campo ideale del socialismo
segna il compimento di una
svolta significativa, anche se
pare strano che a siglare la
conversione all’idealità
socialista del Pd siano dei
politici post-democristiani.
Ma, assai più che questo
preconcetto che rinvia alla
storia delle persone, conta
la sostanza politica. E la
sostanza è che si assiste a una
strana confluenza, da una
parte aleggia un richiamo
organizzativo al socialismo,
dall’altra affiora un partito che
non mostra una solida cultura
socialista. Nelle pagine di
recente dedicate da Renzi
5
alla rilettura del fortunato
libro di Bobbio su destra e
sinistra a vent’anni dalla
prima pubblicazione, emerge
un paradosso teorico rilevato
acutamente da Nadia Urbinati.
Come identità del Pd, più
che la classica nozione di
eguaglianza cara al filosofo
torinese, che la assumeva
quale persistente nucleo
valoriale della sinistra, Matteo
Renzi propone un’apertura
compassionevole agli ultimi.
Quale connotato di una sinistra
non conservatrice egli
individua l’attenzione verso
i poveri, che però è assai
proibitivo ricondurre a
qualche variante sia pure
moderata di socialismo.
Del resto, un appannamento
teorico circa i tratti del
socialismo moderno riguarda
non solo il Pd, ma anche gran
parte delle forze della sinistra
europea. Non solo quella
componente della sinistra
italiana che aveva eretto la
famosa lettera estiva della
di MICHELE PROSPERO
Bce che ordinava rigore
e austerità a bibbia del
riformismo moderno, ma
anche l’Spd paga la sua
inclinazione a essere
una variante ragionevole
del liberismo trionfante.
O il socialismo recupera
un’attitudine alla critica del
capitalismo post-moderno,
oppure la ribellione degli
esclusi si indirizzerà verso
le aggressive formazioni
del populismo. Una critica
delle politiche meramente
deflazionistiche (per le quali
lo scandalo intollerabile è
solo il deficit di bilancio, e
non la cronicizzazione di un
drammatico equilibrio con una
sterminata sottoccupazione),
è il punto di partenza di una
ripresa del socialismo. Senza
una ricognizione critica
del capitalismo, il richiamo
al glorioso ideale del
socialismo non sprigiona un
senso politico costruttivo e
diventa, anzi, una sterile
evocazione verbale. •
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