09p04-05_ok 04/03/14 15:42 Pagina 4 4 6 - 12 MARZO 2014 | N. 9 CHESENSOCHEFA.BLOG.RASSEGNA.IT DI VINCENZO MORETTI LA LETTERA DAL SULCIS UNO PER TUTTI, TUTTI AL SERVIZIO DI UNO elle società moderne il leader carismatico, mediatico, idolatrato, sembra essere l’unica risorsa in campo, la sola risposta disponibile alla scarsità di élites e classi dirigenti, alla paura e all’incertezza con la quale ci ritroviamo a pensare il nostro futuro, alle difficoltà con le quali riusciamo a interpretarlo e a dare a esso un senso. La società individualizzata è una società a scarso protagonismo sociale e più egoista, nella quale viviamo come assillati dalla necessità di soddisfare i bisogni più istantanei ed effimeri, come disorientati di fronte alla soggettività, come infastiditi dalla prospettiva di essere più responsabili verso noi stessi e gli altri. (…). Se questo è lo sfondo, la domanda diventa allora quella che ci porta a chiederci se sia ancora possibile contrastare l’idea di un’inevitabile fine della politica,di un’ineluttabile approdo nei porti del plebiscitarismo, di un’inarrestabile processo di mutazione della democrazia in leaderismo, dei partiti in comitati elettorali. Se insomma Dio è morto, Marx è morto, e neanche noi ci sentiamo troppo bene, perché dovrebbe essere una cattiva idea aspettare, sperare, che prima o poi arrivi Wolf, quello che risolve problemi? Che importa se nella vita reale il Wolf in questione si chiama Barak Obama piuttosto che Angela Merkel, Matteo Renzi invece che Silvio Berlusconi? C’è ancora qualcuno a cui importa che la grande corsa alla ricerca della figura carismatica, dell’uomo risolutore, dell’uomo solo al comando, è in realtà una grande illusione? Che l’obbedienza cieca verso il leader maximo produrrà inesorabilmente un ulteriore impoverimento della politica e quindi della vita di ciascuno di noi? O la sola cosa che conta è che ci sia qualcuno al quale mentre pensiamo ad altro possiamo affidare il nostro destino? N MONDOBLOG RASSEGNADOS.BLOG.RASSEGNA.IT Rassegna DI LORENZO PIERFELICE Sindacale Settimanale della Cgil Via dei Frentani 4/a, 00185 Roma tel. 06/44888200 fax 06/4469008 E-mail: [email protected] Comitato editoriale Aris Accornero, Patrizio Bianchi, Mimmo Carrieri, Mario Centorrino, Claudio De Vincenti, Fiorella Farinelli, Maria Luisa Mirabile, Enzo Rullani, Giorgio Ruffolo A CURA DI FRANCESCO CARTA Alla Glencore di Portovesme si assume. La sfida in controtendenza del colosso mondiale dei metalli non ferrosi L a crisi della grande industria in Sardegna ha fortemente ridimensionato il panorama economico e sociale. Il dato della situazione nel Sulcis Iglesiente, ormai drammaticamente noto, è ancora più grave, in quanto tutto quello che ruotava attorno al polo dell’alluminio è stato cancellato con la fermata di Alcoa ed Eurallumina, le due aziende più importanti. Tutte le attività di manutenzione sono chiuse e sono a forte rischio di fermata anche le produzioni di energia elettrica, che riuscivano a soddisfare le richieste di quelle fabbriche, fortemente energivore. Eppure, non tutto in questi tempi ha camminato con lo stesso passo. Pur in presenza di una crisi planetaria, che ha investito le produzioni di metalli, il settore del piombo e dello zinco, che nel polo industriale sulcitano ha basi solide nella Portovesme Srl, controllata dal colosso mondiale Glencore-Xstrata, è rimasto attivo e in produzione. La metallurgia a Portovesme, nata per fondere le galene e i minerali di calamina delle miniere dell’Iglesiente, fu rilevata a metà degli anni ottanta dall’Eni, poi dal gruppo del “cane a sei zampe” – con la privatizzazione successiva alla chiusura del ministero delle Partecipazioni statali – è passata LEGALITÀ IN TEMPI DI CRISI nel ’95 agli attuali proprietari della multinazionale GlencoreXstrata. L’azienda, pur dovendo fronteggiare non pochi problemi legati all’esiguità delle infrastrutture locali, ha deciso di mantenere e, anzi, potenziare le produzioni, rilanciando quelle di piombo e zinco a Portovesme e a San Gavino nel Medio Campidano. I parametri di crescita di alcune importanti industrie a livello mondiale non lasciano dubbi rispetto a quelle che potranno essere le richieste di metalli anche nei prossimi mesi. Proprio in virtù di questa considerazione, la Glencore considera l’anno in corso potenzialmente positivo per il settore. Piede sull’acceleratore per la costruzione di un nuovo impianto, incrementerà – sfruttando nuove tecnologie – le produzioni di ulteriori 45.000 tonnellate anno di zinco. Alla fine dello scorso anno a Portovesme sono stati assunti una cinquantina di giovani diplomati e laureati. Mentre da altre parti si licenzia, o si fa ricorso agli ammortizzatori sociali, alla Glencore si assume. Una sfida in controtendenza lanciata sicuramente al mercato, ma anche a un quadro politico che in questi anni non ha certamente favorito, con politiche adeguate, le aziende e le produzioni industriali. È proprio per questo che l’azienda ha “lavorato ai fianchi” la classe politica regionale e nazionale. Negli ultimi 10 anni numerosi protocolli d’intesa sono stati firmati (l’ultimo lo scorso gennaio): di particolare rilievo quelli finalizzati a garantire le infrastrutture necessarie per mantenere alti gli obiettivi e ad assicurare lo strumento della superinterrompibilità, che garantisce tariffe elettriche ridotte sul Kwh impiegato. Uno strumento che va considerato necessario per garantire la competitività con le realtà operanti nelle altre parti d’Europa. Insomma, non tutto nel Sulcis è avvolto dal buio. L’esempio della multinazionale dei metalli non ferrosi è da imitare. Per favorire l’immissione di ulteriori forze di lavoro, potrebbe essere utile anche una concreta revisione delle norme sui lavori usuranti per chi opera nei turni avvicendati e in situazioni straordinarie (forni e impianti di fusione): permetterebbe l’ingresso di nuova manodopera e soprattutto di giovani. La tradizione della metallurgia ha radici profonde nel Sud-Ovest sardo, una storia che si perde nei secoli e che ha trovato nelle nuove tecnologie la possibilità di resistere alle crisi dei mercati e alla scarsa lungimiranza industriale della politica e delle amministrazioni pubbliche. • di DANIELE TISSONE* La sicurezza è un bene pubblico Direttore responsabile Guido Iocca [email protected] Editore Edit. Coop. società cooperativa di giornalisti, Via dei Frentani 4/a, 00185 Roma Iscritta al reg. naz. Stampa al n.4556 del 24/2/94 Presidente del Consiglio d’amministrazione Paolo Andruccioli [email protected] Proprietà della testata Ediesse Srl Abbonamenti 2014 Annuo: euro 86,00 (euro 53,00 per gli iscritti Cgil). Estero: euro 190,00 • ccp n. 42445007, intestato a: Rassegna Sindacale • Iban IT07 C076 0103 2000 0004 2445 007 intestato a: Edit.Coop. 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Senza tema di smentita va detto chiaramente che oggi, in Italia, siamo obiettivamente tutti meno sicuri. Questo per due ordini di motivi. La prima in ragione di un elemento generale che è dato dal fatto che un paese, per essere sicuro, ha bisogno che ci sia la consapevolezza diffusa che la legalità è un bene che riguarda tutti, che i comportamenti devono essere conseguenti e che a nessuno è permesso di andare oltre le leggi stabilite. La seconda, alla luce di una simile caduta di legalità, associata a una diminuzione sul territorio di presìdi e di forze dell’ordine, è quella che non si può più rispondere, positivamente e con efficienza, alla domanda di sicurezza proveniente dalla società con la stessa efficienza fino a oggi garantita. Un paese è sicuro, oltre che in relazione alla presenza di un numero adeguato di addetti alla sicurezza, allorquando vi è coesione sociale, se tutti cercano, sui temi importanti, un agire fatto di solidarietà, in cui ci sono i beni comuni da difendere. Anche per questo la diminuzione di circa 12.000 unità nella sola Polizia di Stato costituisce un elemento che deve farci riflettere. A questo proposito, come Silp Cgil da diverso tempo abbiamo lanciato il tema dell’unificazione delle forze di Polizia: in buona sostanza, tra Polizia di L ARGOMENTO Redazione • Massimiliano Acerra [email protected] • Paolo Andruccioli p.andruccioli @rassegna.it • Patrizia Ferrante p.ferrante @rassegna.it • Enrico Galantini [email protected] • Carlo Gnetti [email protected] • Roberto Greco [email protected] • Mayda Guerzoni [email protected] • Stefano Iucci s.iucci@ rassegna.it • Cristina Izzo c.izzo @rassegna.it • Ilaria Longo [email protected] • Giovanni Rispoli [email protected] • Marco Togna [email protected] Stato e Arma dei carabinieri, restituendo ai servizi specifici le altre forze di Polizia. Ciò ridurrebbe i costi, non consentendo di fare più ricorso a doppioni, con reali benefici per la sicurezza dei cittadini. Se è vero che stiamo discutendo di una “sicurezza che sia reale”, utilizzare al meglio le forze dell’ordine, intervenendo in maniera adeguata rispetto ai fenomeni criminosi, ci permetterà di andare oltre a quanto oggi già sperimentato attraverso i Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica. Senza dimenticare l’importanza di superare il limite insito nella cultura del “tutore dell’ordine” che non interagisce con gli altri attori. Ma per raggiungere questo scopo occorre una progettualità compartecipata, oltre che un impegno a livello di formazione degli operatori del settore. Il tutto in nome di una sicurezza intesa come bene pubblico al pari della sanità e dell’insegnamento; un bene pubblico da costruire attraverso la partecipazione di tutti i cittadini per divenire patrimonio comune e non fonte di discordia o, forse peggio, di diffidenza. Per realizzare tutto ciò si rende tuttavia necessaria una visione e una progettualità nuova, che parta dalla consapevolezza che la sicurezza è un tema complesso, che ha a che fare anche con le politiche sociali che ci stanno attorno, e qui il Silp ha finora espresso, in più occasioni, il proprio convincimento che maggiori livelli di sicurezza nel paese si possono realizzare mediante modelli che facciano chiarezza sui ruoli e le competenze di ciascuno. Per questo la nostra organizzazione ha criticato il sovrapporsi di poteri in materia di sicurezza urbana, nonché l’utilizzo dei militari in tali compiti. Simili situazioni dal punto di vista degli operatori e dei cittadini non costituiscono una “risposta vera” ai problemi della sicurezza, anzi, aumentano la confusione. Ma non solo. Difficilmente si potrà parlare nel nostro paese di una vera riscoperta della legalità praticata, se non vi sarà anche un ormai non più rinviabile adeguamento legislativo che semplifichi la lettura di tutto il complesso delle norme contro le mafie comunque denominate, inclusa quella finalizzata al contrasto della criminalità economica. È possibile costruire un circolo virtuoso del processo di legalità solo se la classe politica si deciderà, una volta per tutte, a varare una legge contro la corruzione che attanaglia in maniera sempre più pericolosa i gangli vitali delle nostre istituzioni. Dagli ultimi dati in nostro possesso, emerge che la corruzione in Europa ha un peso di circa 120 miliardi di euro l’anno, di cui 60 solamente in Italia. La corruzione toglie ai cittadini la fiducia nelle istituzioni e nei suoi rappresentanti, danneggia l’economia nazionale con danni che, per effetto della crisi in atto, possono risultare irreversibili. In questo contesto, operano le iniziative promosse dalla Cgil, che si batte per l’adeguamento legislativo, avendo messo in campo anche una proposta di legge di iniziativa popolare – sottoscritta da oltre 120.000 cittadini – sulla confisca e l’immediato utilizzo dei patrimoni sottratti alla criminalità organizzata. A questo o 09p04-05_ok 04/03/14 15:42 Pagina 5 LAPIAZZA 6 - 12 MARZO 2014 | N. 9 I PODCAST DELLA SETTIMANA www.radioarticolo1.it Diritto di cittadinanza agli immigrati da Speciale goo.gl/WU05GW • 3 marzo Il Tar laziale è intervenuto per la seconda volta in materia di immigrazione, accogliendo le obiezioni alla base di una class action promossa da Cgil, Federconsumatori e Inca. Il resoconto dell’incontro svoltosi a Roma con gli interventi di Morena Piccinini, presidente Inca, Vera Lamonica,segretaria nazionale Cgil, e Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori. • Quadrato rosso da Elleradio goo.gl/KIQR76 • 3 marzo Nel consueto spazio settimanale dedicato al XVII congresso della Cgil, abbiamo ospitato le opinioni di Dalida Angelini, Cgil Toscana; Susanna Camusso, segretario generale Cgil; Beniamino Lami, Spi; Doriana Pavanello, Cgil Agb;Tiziana Vettor, Università Bicocca. Contributi da Nidil Lecce, Nidil Pescara, dalla Fisac Bari, dalla Filt Bari e dalla Cdl di Rimini. • Le prime interazioni con il “Piano del Lavoro della Cgil in 100 tweet”, ilpianodellavoro.blog.rassegna.it - 25 febbraio Tweet di @RiggioRoberto « È interessante il #pianodelLavoro. Sarebbe anche interessante discuterne con i lavoratori, o no? » I COMMENTI ONLINE DEI NOSTRI LETTORI Risposta di @cgilnazionale « Stiamo proprio in questi mesi svolgendo il nostro congresso. In ognuna delle assemblee nei luoghi di lavoro abbiamo cercato di esporre il Piano del Lavoro,cercato il confronto,la discussione,lo scambio di idee e informazioni. » Tweet di @stinco_di_santo « Andate a lavorare e restituite le ore di permesso sindacale dei delegati... » SIAMO ANCHE SU facebook.com/rassegna.it twitter.com/rassegna_it Risposta di @cgilnazionale « Lavoriamo ogni giorno per cercare di migliorare le condizioni dell’Italia nella crisi,dei lavoratori (con difesa ed avanzamento nei contratti nazionali e di secondo livello) e di ogni singolo lavoratore proposito, cogliamo l’auspicio che simili modifiche legislative possano consentire al più presto ai lavoratori e alle istituzioni di riprendersi tutto quello che è stato loro strappato attraverso il sopruso e la sopraffazione da parte di una criminalità che ha il solo obiettivo di perpetrare azioni nocive a beneficio del proprio dilagante quanto feroce strapotere. Il prossimo congresso nazionale del Silp, che si terrà a Perugia l’11 e 12 del mese di aprile, metterà al centro dei propri lavori, condividendolo, l’approccio che sul tema è stato assunto dalla Cgil, che individua nella crisi economica che ha colpito la società italiana, insieme a quella europea, il fattore scatenante dell’insieme dei problemi che investono la sicurezza. Il recente Rapporto annuale dell’Osservatorio europeo sulla sicurezza rafforza questo approccio ed evidenzia come “l’emergenza economica e del lavoro rappresenti il primo e principale meccanismo che ha accelerato e unificato i diversi piani dell’insicurezza sociale. Più di una persona su due (per la precisione il 53 per cento) dichiara che nella propria famiglia qualcuno ha perduto il lavoro, è stato messo in cassa integrazione, oppure è alla ricerca di un’occupazione inutilmente”. Convivono nel rapporto anche altri temi, come il controllo dello spazio pubblico, l’attenzione alle differenze di genere e alle politiche d’integrazione, l’educazione costante dei giovani alla legalità, il contrasto all’uso di alcool e di droga. Emerge un quadro che stimola ad andare oltre il mero approccio di ordine pubblico nell’affrontare il tema dell’insicurezza dei cittadini e delle città. Alla luce di un simile contesto, e per tutte queste ragioni, il Silp per la Cgil agirà, nelle proprie rivendicazioni sindacali a tutela degli operatori di polizia, sviluppando un’azione tesa ad aprire un dibattito che, con il contributo della confederazione, coinvolga gli attori sociali del territorio e le istituzioni locali. • * Segretario generale del Silp Cgil Banca etica: 15 anni di buona finanza da Elleradio goo.gl/kC2DVL • 28 febbraio Nata nel 1999 Banca Etica festeggia i suoi primi 15 anni di vita. Ne abbiamo parlato con Mario Crosta, direttore generale Banca Popolare Etica; Alessandro Messina, economista; Leonardo Becchetti, Campagna 005; Andrea Baranes, portavoce Sbilanciamoci; Teresa Masciopinto, responsabile culturale Banca Etica; Manuel Ferreira, Alma Rosé. • con i nostri servizi sul territorio. Così fanno anche i delegati,che se prendono ore di permesso vuol dire che occupano del tempo per provare a migliorare la situazione dei propri colleghi o della propria categoria.Però dovremmo partire da un punto: partecipare ad una riunione sindacale o alla progettazione di un contratto,per un rappresentante dei lavoratori,è lavorare. » Tweet di @UbaldoLorenzo « Quelli che si lamentano dell’austerità e si oppongono nel rimuovere la causa. #sapevatelo #euro » Risposta di @cgilnazionale « Non è l’euro la causa dell’austerità,ma le politiche di questa Europa.Senza l’euro,nel mondo attuale,con l’affermarsi delle nuove potenze (Cina,Russia, Brasile,India ecc.) sarebbe impensabile puntare sulla svalutazione competitiva,specie per un paese senza risorse naturali come l’Italia.Ciò non toglie che l’Unione europea debba I sindacati e l’articolo 39 da Speciale goo.gl/7JSScP • 28 febbraio “L’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge”. Comincia così l’articolo 39 della Costituzione italiana: il commento del segretario generale Cgil Susanna Camusso in una video-intervista a Rassegna.it. • cambiare passo e superare il miraggio della “austerità espansiva” se vuole uscire dalla crisi. » Tweet di @superxtrim « Cara Cgil non citi o combatti per salvaguardia tt #Esodati ex L223. La tua voce nn si sente. La ns fame sì! » Risposta di @cgilnazionale « La Cgil si è occupata a più riprese degli esodati.Non a caso ad ogni legge stabilità (anche nell’ultima,del governo Letta) tra le richieste della nostra organizzazione c’è sempre stata quella di risolvere definitivamente il problema degli esodati.Pensi che da molte parti ci accusano di “pensare solo agli esodati”. » Commento di Giovanni a “Congresso Cgil: Flai Brescia, coinvolti 2000 lavoratori”, http://goo.gl/Cj73k2 - 28 febbraio « Bravi i compagni e le compagne della Flai di Brescia, una categoria sindacale in crescita e sempre sul pezzo… sono davvero fiero di voi... » IL PUNTO Benedetto cuneo fiscale. Da quando Renzi ha promesso nei suoi discorsi di Senato e Camera “un intervento a due cifre”, si è scatenata la corsa a interpretare quali fossero le sue intenzioni reali, di quale entità sarebbe stato il taglio delle tasse, e chi ne avrebbe usufruito di più (se le imprese attraverso una diminuzione dell’Irap o i lavoratori con una riduzione dell’Irpef, e quale riduzione, se intervenendo sulle aliquote o sulle detrazioni). Insomma, un vero e proprio puzzle che ciascuno ha cercato di completare mettendo le tessere che più servivano alla tesi sostenuta. Perché l’unica cosa chiara è che sul cuneo ci sono più modi di intervenire e che gli effetti sono diversi a seconda delle risorse, com’è ovvio, ma anche delle scelte concrete in una direzione o nell’altra. Una delle tesi che ha girato sui media subito dopo i discorsi di Renzi (sostenuta evidentemente da Confindustria) è che, essendo le risorse tutto sommato limitate, dividerle tra impresa e lavoro avrebbe rischiato di produrre effetti limitati sull’economia, negando nei fatti quel rilancio al quale si puntava. E allora tanto valeva concentrarle tutte sul versante impresa, abbassando significativamente i costi industriali e introducendo così più competitività in un sistema su cui gravano troppe imposizioni. Un’impostazione che naturalmente non è andata giù a Cgil, Cisl e Uil, che hanno ribattuto – con ragione – che era vero il contrario: visto che la crisi del paese è una crisi di domanda e non di offerta (come testimoniano i dati Istat, che parlano di impoverimento progressivo della popolazione), per rilanciare l’economia del paese serve un intervento consistente a favore dei possessori di quei redditi (lavoro e pensioni) che le risorse ricevute le riversano immediatamente nei consumi. “Mettere più denaro nelle buste paga – ha sintetizzato Susanna Camusso in una recente intervista a la Repubblica – è l’unica strada per far ripartire l’economia”. Poi, certo, c’è il nodo di dove reperire più risorse, di come creare lavoro attraverso un piano straordinario per i giovani (come suggerisce proprio il Piano del lavoro della Cgil). Tutti temi da discutere seriamente e presto. Ma senza sbagliare il primo passo. • Senza una ricognizione critica del capitalismo, il richiamo agli ideali del socialismo diventa una sterile evocazione verbale A sette anni dalla sua nascita, il Pd, con l’adesione ufficiale al Pse, pone termine, almeno formalmente, al suo vizio d’origine: quello di essere un partito privo di un’identità condivisa. In tema di ideologia, infatti, per un partito sorto a conformazione confederale, valeva il celebre detto di Wittgenstein: su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere. E, appunto, l’indicibile, ciò che consigliava il silenzio assoluto sui fondamenti da tutti riconosciuti, era proprio la questione cruciale e dirimente, quella dell’identità. Ciò che per un partito normale è sempre il punto di partenza, ovvero la scala dei valori identitari collocati alla base della mobilitazione collettiva, per il Pd diventa l’approdo. Ma un partito non può rimuovere a lungo il nodo identitario senza votarsi alla leggerezza e alla provvisorietà. Oltre alla paralisi sulle politiche del lavoro, alle opzioni sempre rinviate in materia di laicità e diritti civili, l’anemia identitaria era visibile anche sul piano simbolico. E diventava ben percepibile quando, nei suoi comizi, il Pd non aveva altri riti di riconoscimento in piazza che le note dell’inno nazionale. Stabilire quindi l’appartenenza al campo ideale del socialismo segna il compimento di una svolta significativa, anche se pare strano che a siglare la conversione all’idealità socialista del Pd siano dei politici post-democristiani. Ma, assai più che questo preconcetto che rinvia alla storia delle persone, conta la sostanza politica. E la sostanza è che si assiste a una strana confluenza, da una parte aleggia un richiamo organizzativo al socialismo, dall’altra affiora un partito che non mostra una solida cultura socialista. Nelle pagine di recente dedicate da Renzi 5 alla rilettura del fortunato libro di Bobbio su destra e sinistra a vent’anni dalla prima pubblicazione, emerge un paradosso teorico rilevato acutamente da Nadia Urbinati. Come identità del Pd, più che la classica nozione di eguaglianza cara al filosofo torinese, che la assumeva quale persistente nucleo valoriale della sinistra, Matteo Renzi propone un’apertura compassionevole agli ultimi. Quale connotato di una sinistra non conservatrice egli individua l’attenzione verso i poveri, che però è assai proibitivo ricondurre a qualche variante sia pure moderata di socialismo. Del resto, un appannamento teorico circa i tratti del socialismo moderno riguarda non solo il Pd, ma anche gran parte delle forze della sinistra europea. Non solo quella componente della sinistra italiana che aveva eretto la famosa lettera estiva della di MICHELE PROSPERO Bce che ordinava rigore e austerità a bibbia del riformismo moderno, ma anche l’Spd paga la sua inclinazione a essere una variante ragionevole del liberismo trionfante. O il socialismo recupera un’attitudine alla critica del capitalismo post-moderno, oppure la ribellione degli esclusi si indirizzerà verso le aggressive formazioni del populismo. Una critica delle politiche meramente deflazionistiche (per le quali lo scandalo intollerabile è solo il deficit di bilancio, e non la cronicizzazione di un drammatico equilibrio con una sterminata sottoccupazione), è il punto di partenza di una ripresa del socialismo. Senza una ricognizione critica del capitalismo, il richiamo al glorioso ideale del socialismo non sprigiona un senso politico costruttivo e diventa, anzi, una sterile evocazione verbale. •