PROGETTO STOP-CAR
Progetto n. JLS/2006/AGIS/188
Report di Ricerca
“STOP THE DEVIANT CAREERS OF JUVENILE OFFENDERS”
STOP-CAR
“STOP THE DEVIANT CAREERS OF JUVENILE OFFENDERS”
REPORT DI RICERCA
Con il supporto finanziario dell’AGIS PROGRAMME EUROPEAN COMMISSION
Directorate General Justice, Freeedom and Security
A cura di
Elisabetta Colla, Isabella Mastropasqua (Dipartimento Giustizia Minorile)
Daniela Calmarini, Fabio Cupini (Oesse - Officina Sociale)
Hanno collaborato al Progetto:
Per il DIPARTIMENTO GIUSTIZIA MINORILE (Italia):
Ninfa Buccellato, Simona Casciotti, Elisabetta Colla, Paola Della Rovere, Orlando Iannace, Angelo
Mammana, Isabella Matropasqua, Michele Sorrentino, Maria Stefania Totaro, Concetto Zanghi,
Valentina Zuliani
Per OESSE - Officina Sociale (Italia):
Daniela Calmarini, Francesco Calmarini, Fabio Cupini, Laura Iannielli, Livio Lai, Achille Tagliaferri
Per il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (Romania)
Dalina Groza, Ramona Lungu, Monica Magold, Diana Popescu, Estela Tauciuc
Per il CJD (Germania)
Friedhelm Feldhaus, Annelies Wiesner
Per QUESTAO DE EQUILIBRIO (Portogallo)
Nuno Cabral, Inês Carvalho Sá, Ricardo Jorge Martinez Marques, Guilhermina Maria Marreiros,
Maria Teresa da Silva Morais
Le traduzioni dall’inglese sono a cura di:
Antonio Caselli
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Edito a Roma dal Dipartimento Giustizia Minorile
Ufficio Studi, Ricerche e Attività Internazionali
Finito di stampare dalla Tipografia System Graphic nel settembre 2009
Riproduzione vietata ai sensi di legge
(art. 171 Legge 22 aprile 1941, n. 633)
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INDICE
Il progetto stop-car: uno sguardo d’insieme (I. Mastropasqua)…………..……………….p. 9
La giustizia minorile e la recidiva in Italia…………………………………………………..p. 17
La criminalità minorile in Italia: analisi statistica dei dati sulla recidiva
(M. Stefania Totaro)……………………………………………………… ………………….p. 27
Il Progetto Stop-Car: la ricerca in Italia (E. Colla, D. Calmarini)…………………..……..p. 59
I focus group e le storie di vita: un tentativo di sintesi rispetto ai dati emersi
(P. della Rovere, V. Zuliani)…………………………………………………………………p. 77
La giustizia minorile e la recidiva in Romania (D. Groza)………………………………. p. 89
La giustizia minorile e la recidiva in Germania (A. Wiesner, F. Feldhaus).……………p.117
La giustizia minorile e la recidiva in Portogallo (R. Martinez, I. Carvalho Sá )……..….p. 137
Dal progetto al processo: verso una possibile modellizzazione degli interventi
(A. Tagliaferri)………………………………………………………………………………...p. 151
Il modello di valutazione del progetto Stop-Car (L. Lai)…..…………………..………… p. 177
Allegati……………………………………………………………………………………..….p. 213
Studi, articoli, interventi sulla devianza minorile………………………………………….p. 243
.
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IL PROGETTO STOP-CAR: UNO SGUARDO D’INSIEME
di Isabella Mastropasqua
Intorno al disagio ed alla devianza degli adolescenti circolano sentimenti popolari ed immaginari
collettivi che sommariamente descrivono un mondo in cui sembrerebbe che il fenomeno sia in
aumento per qualità e quantità delle sue manifestazioni anche se basta leggere i dati e consultare
il 1° Rapporto sulla devianza degli adolescenti, curato dall’Ufficio Studi e ricerche del Dipartimento
Giustizia Minorile, per accorgersi che la realtà può anche essere interpretata diversamente, che il
disagio degli adolescenti non aumenta nel numero, ma si modifica per qualità e territori.
Un segmento del disagio e della devianza degli adolescenti poco esplorato è, invece, il fenomeno
del ripetersi delle condotte deviante, la cosiddetta recidiva. Nell’ambito del programma AGIS 2006,
il progetto di ricerca “STOP-CAR: stop the deviant careers of juvenile criminals”, che ha coinvolto
quattro Paesi dell’Unione Europea: l’Italia, capofila (Dipartimento Giustizia Minorile e Cooperativa
OESSE); la Germania (CJD Eutin); il Portogallo (Questao de equilibrio); la Romania (Ministero
della Giustizia), neo-entrata nell’Unione dal 1° gennaio 2007, affronta il problema della recidiva dei
minori fra i 14 e i 18 anni, e quindi quello della prevenzione della criminalità giovanile, a partire
dall’evento reato.
Ènota la difficoltà di mettere in atto azioni educative efficaci che possano produrre cambiamenti
durevoli negli autori di reato della fascia d’età compresa fra i 14 ed i 18 anni: è apparso dunque
importante focalizzare alcuni modelli, sia fra quelli già esistenti e sia di nuova individuazione,
utilmente percorribili ai fini di una maggiore capacità preventiva e socializzante.
In altri termini si tratta di valutare l’efficacia e quindi la qualità dell’intervento dello Stato, non
soltanto in termini di risposta sanzionatoria e quindi punitiva e retributiva all’evento reato, ma come
capacità effettiva di costruire opportunità di reinserimento e di educazione. Stiamo parlando della
funzione riabilitativa assegnata dalla Carta Costituzionale e dalla normativa penitenziaria alla pena.
Una questione fondamentale di cui va tenuto conto quando si parla di lavoro sociale nell’ambito
penitenziario, è l’incertezza dei risultati. Questo aspetto, viene affrontato attraverso la valutazione
del rischio di recidiva (risk assessment) degli autori di reati ed è collegata al giudizio sulla
pericolosità sociale dell’imputato o del condannato. Ciò allo scopo di individuare i soggetti ritenuti
più pericolosi per la società ed intervenire così in maniera mirata.
Le procedure per la valutazione del rischio sono diventate, in alcuni Paesi, strumenti fondamentali
per controllare il comportamento dei soggetti colpevoli di reati, tralasciando, in tutto o in parte, il
lavoro di
ricerca delle cause del comportamento deviante. L’utilizzo di questi strumenti vede
coinvolti vari professionisti tra cui assistenti sociali, educatori, psicologi e psichiatri allo scopo di
accrescere la capacità del sistema di prevedere la “pericolosità”. Anche se poi, in occasione di
alcuni fatti di cronaca, puntualmente pubblicizzati dai media, la fiducia pubblica nella capacità
9
professionale di prevedere comportamenti pericolosi viene compromessa. I professionisti vengono
accusati di incompetenza, ma non si solleva alcun dubbio sull’adeguatezza dei protocolli di
valutazione. Quinsey (1995) sostiene che le valutazioni del rischio sono strumenti inaffidabili
perché si servono di una serie molto ridotta di indici, mentre previsioni adeguate dovrebbero
considerare un enorme varietà di fattori.1 Difficile non essere d’accordo sulla necessità di non
ridurre l’esplorazione e la conoscenza del fenomeno solo ad una sequenza di indicatori e di
pensare ad un processo di valutazione del rischio che tenga anche conto della specificità
dell’essere adolescenti.
Il lavoro d’indagine ha portato alla luce vissuti ed esperienze dei ragazzi e degli operatori, fornendo
elementi che aiutano alla comprensione di itinerari devianti ai fini di orientarsi nei termini di una
prevenzione dei crimini minorili.
Costruire
un
dispositivo
di
conoscenza
sulla
recidiva
minorile,
rappresenta
il
primo
approfondimento quali-quantitativo sul fenomeno della recidiva nel settore della Giustizia Minorile a
livello nazionale.
Si tratta di un percorso di ricerca non facile, in quanto non esistono precedenti ricerche in Italia,
non sono disponibili statistiche e monitoraggi che raccolgono il dato in maniera omogenea. È
difficile identificare il fenomeno e lavorare sulla sua conoscenza in termini quantitativi, sia per
comparare i dati acquisiti attraverso modalità di raccolta differenti; sia nella dimensione qualitativa,
per la metodologia e la "tenuta" dell'intervento educativo all'interno delle differenti strutture penali.
Il contesto penale-penitenziario impone l'obbligatorietà ed induce a processi di adattamento
che spesso non generano crescita. Misurare il lavoro educativo è difficile perché è immateriale ma
l'analisi del fenomeno della recidiva può essere un indicatore da utilizzare anche per modificare il
trattamento penale.
Inoltre, attualmente non esiste uno studio comparato sulla recidiva dei comportamenti devianti
degli adolescenti che ponga le premesse per una politica europea condivisa che vada a verificare
la capacità trattamentale e ri-educativa del sistema sanzionatorio rivolto ai minori.
La fase preliminare della ricerca ha privilegiato la dimensione quantitativa del fenomeno ed ha
posto la prima questione interpretativa: cosa s’intende per recidiva?
I dati
L’analisi statistica della recidiva minorile è stata condotta attraverso due specifiche ricerche che
hanno considerato il fenomeno rispettivamente dal punto di vista:
x
x
1
giuridico,
operativo.
C. Ianniello in Nuove Esperienze di Giustizia Minorile n.3, 2008
10
La recidiva sotto il profilo giuridico presuppone l’esistenza di una condanna; sono stati analizzati i
dati contenuti nell’archivio informatico del Casellario Giudiziale Centrale in cui sono iscritti,
secondo quanto previsto dal codice penale, le sentenze di condanna e i decreti penali divenuti
irrevocabili, nonché alcuni provvedimenti di non luogo a procedere per motivi di improcedibilità e
quelli per perdono giudiziale.
L’analisi statistica della recidiva dal punto di vista operativo è stata sviluppata, invece, sulla base
dei dati relativi ai Servizi della Giustizia Minorile attraverso l’osservazione degli ingressi.
Prescindendo dall’esito dei procedimenti penali a carico del minore, l’attenzione è stata
concentrata sull’evento “ingresso nel Servizio” e sul fatto che il minore abbia fatto questa
esperienza in maniera ripetuta nel tempo.
Questa dimensione interpretativa ha caratterizzato anche la seconda fase del progetto, di tipo
qualitativo, che ha privilegiato la modalità di ascolto attivo, coinvolgendo direttamente sia gli
operatori degli istituti penali sia gli stessi ragazzi recidivi all'interno delle strutture, per lasciare
emergere i modelli ri-educativi trattamentali in uso ed i relativi nodi problematici. È stato anche
importante l’ascolto dei testimoni privilegiati, ed in particolare dei magistrati. Ma torniamo all’analisi
quantitativa.
La prima ricerca ha considerato i soggetti nati negli anni 1970, 1975 e 1980 presenti nell’archivio
del Casellario Giudiziale Centrale con almeno un provvedimento dell’Autorità giudiziaria minorile
ed ha preso in esame tutte le iscrizioni ad essi relative, sia quelle per reati commessi da minorenni
sia quelle per reati commessi da adulti (fino ai 23-24 anni, 28-29 anni, 33-34 anni).
L’analisi statistica ha evidenziato che l’indice di recidiva aumenta considerevolmente nel passaggio
dalla minore età alla fascia dei 23-24 anni; continua ad aumentare fino ai 28-29 anni, mentre
successivamente tende a stabilizzarsi.
I soggetti dei tre gruppi presi in esame sono stati, inoltre, classificati secondo il numero di iscrizioni
a carico e si è osservato che quelli con una o due iscrizioni rappresentano più della metà in ogni
gruppo. La maggior parte delle iscrizioni è a carico di un numero relativamente basso di soggetti,
che si potrebbero definire plurirecidivi.
Approfondimenti dell’analisi hanno riguardato alcune caratteristiche personali dei soggetti e le
tipologie di reato a loro carico2.
La recidiva dal punto di vista operativo è stata analizzata sulla base dei dati relativi ai minori in
carico ai Servizi della Giustizia Minorile; in assenza di un archivio informatico riferito all’utenza di
tutti i Servizi, l’analisi statistica è stata sviluppata considerando i minori entrati nei Centri di prima
accoglienza e detenuti negli Istituti penali per i minorenni.
2
Cfr. il cap. di M. Stefania Totaro nel Report nazionale di ricerca del Progetto Stop-Car (vd. Indice)
11
L’analisi dei dati dei Centri di prima accoglienza ha evidenziato che prevalgono i minori che
entrano una sola volta in CPA, anche se la durata del periodo di osservazione influisce sulla
probabilità di rientro nel Servizio e, pertanto, la percentuale dei rientrati è maggiore tra i soggetti
più giovani d’età.
Con riferimento ai minori con successivi rientri, molti ritornano una sola volta; tra i soggetti rientrati
più volte prevalgono quelli con due e tre rientri; solo una percentuale molto bassa di minori ha
effettuato dieci o più rientri.
L’analisi statistica ha indagato sulle possibili relazioni tra alcuni aspetti (quali le caratteristiche
personali dei minori, la tipologia di reato, l’area geografica, il provvedimento all’uscita) e la
propensione a commettere un nuovo reato e a tracciare il profilo dei minori che ritornano in CPA
rispetto al resto dell’utenza.
Da tale analisi, come si vedrà meglio più avanti, è emerso che:
x
la nazionalità straniera è positivamente associata al rischio di rientrare in CPA; ciò vale in
particolare per gli stranieri nati in Italia, che, come si è avuto modo di osservare, sono in
gran parte nomadi; la propensione al rientro degli italiani è più bassa rispetto al totale degli
stranieri;
x
la percentuale di rientro più alta si è osservata in corrispondenza delle femmine straniere; è
risultata molto bassa, invece, quella relativa alle femmine italiane;
x
il completamento della scuola dell’obbligo e lo svolgimento di un’attività lavorativa o di
studio costituiscono per il minore fattori protettivi rispetto al rischio di rientrare in CPA;
x
i minori coinvolti in reati contro il patrimonio hanno una propensione relativa al rientro
maggiore rispetto al resto dell’utenza;
x
l’applicazione di una misura cautelare all’uscita dal CPA costituisce un fattore protettivo
rispetto alla possibilità di essere nuovamente arrestati o fermati.
Infine, il rientro in CPA è stato analizzato secondo una logica globale, ossia considerando il
contributo complessivo di tutte le variabili in esame, pervenendo ad un modello teorico che aiuta a
distinguere i minori che hanno maggiore probabilità di ritornare in CPA da quelli che
presumibilmente non saranno più arrestati. 3
L’analisi dei rientri negli Istituti penali è stata sviluppata sulla base dei dati forniti dal Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria, contenuti nel cosiddetto “archivio matricola”, in cui sono inseriti
i dati dei soggetti detenuti in strutture penali per minori e per adulti.
Come nei Centri di prima accoglienza, anche negli Istituti penali per i minorenni vi è una forte
presenza di stranieri, molti dei quali sono privi di documenti di identità e sono conosciuti dai Servizi
3
Cfr. il cap. di M. Stefania Totaro, ibidem.
12
minorili con nominativi diversi. Mentre nell’analisi dei dati relativi agli ingressi in CPA è stato
possibile ricondurre i diversi nominativi ad un'unica anagrafica, i dati a disposizione sugli IPM non
contenevano le informazioni relative agli alias. L’analisi ha potuto, quindi, produrre risultati
“attendibili” solo con riferimento all’utenza italiana.
Si è potuto osservare, in generale, che le percentuali di rientro in IPM sono molto più alte rispetto a
quelle riscontrate nei Centri di prima accoglienza e ha confermato che la lunghezza del periodo di
osservazione influisce sulle percentuali di ritorno nel Servizio.
Dall’analisi è inoltre emerso che:
x
prevale nettamente la componente maschile (97% dei soggetti presi in esame);
x
per i soggetti che hanno completato la scuola dell’obbligo la percentuale di rientrati è
risultata più bassa rispetto al resto dell’utenza;
x
con riferimento all’area geografica di residenza, le percentuali più alte si sono osservate in
corrispondenza del Sud e delle Isole;
x
la percentuale di rientrati è più alta tra i soggetti in espiazione di pena rispetto a quelli in
custodia cautelare;
x
infine, con riferimento ai motivi di uscita, gli indici più bassi si sono registrati per i soggetti
usciti per trasformazione della misura cautelare e per applicazione di misure alternative;
quelli più elevati riguardano gli usciti per decorrenza dei termini della custodia cautelare,
per espiazione della pena e per sospensione condizionale della pena. 4
I vissuti e i fattori “di rischio”
Dal punto di vista qualitativo le recidive operative rappresentano un fenomeno plurale. La sintesi
che segue è il risultato di incontri, focus, con operatori e ragazzi. Abbiamo voluto anche riportare
due storie di vita, esemplificative della complessità del fenomeno. Non si tratta di storie a lieto fine
ma di due storie dolorose che raccontano la fatica di vivere di adolescenti, presi nelle loro storie. Si
pone in evidenza il ruolo dei servizi, la sofferenza degli operatori e il senso di impotenza e
responsabilità, per non esserci stato un “prima”.
Dalla lettura incrociata dei dati emergenti dai focus group e dalle interviste, come si vedrà
meglio più avanti, si sono individuate delle ricorrenze, collegate all’esistenza di elementi “topici”
che ricorrono nella maggior parte dei racconti e delle storie.
Innanzitutto una distinzione tra ragazzi italiani, che delinquono sempre meno per necessità e
sempre più spesso per desiderio di rompere gli schemi ed omologarsi a modelli di consumo (per i
ragazzi delle mafie il reato è considerato un passaggio obbligatorio) difficili da agganciare, ragazzi
stranieri, che delinquono soprattutto per “portare i soldi a casa” e realizzare il progetto di vita
4
Cfr. il cap. di M. Stefania Totaro, ibidem.
13
imbastito nel proprio paese dove spesso sperano di tornare, alcuni più sensibili al discorso
educativo, altri (es. i rumeni) meno agganciabili, fra questi anche i nomadi, spesso molto giovani,
che sono in genere soggiogati dalla cultura di appartenenza
Dall’osservazione e dalla letteratura si è visto che i minorenni italiani rientrano in due grandi
categorie, coloro che possono essere definiti recidivi “a breve termine”, che commettono reati per
così dire occasionalmente, in una fase particolare e transitoria della loro vita, e i recidivi “a lungo
termine”, che spesso ricadono in reati analoghi, e che commettono reati in maniera maggiormente
pianificata, in stretta connessione con una crescita ed un radicamento in ambienti socialmente
deprivati o collegati alla criminalità organizzata.
Fra le principali cause della recidiva dei minorenni, come si vedrà meglio nel capitolo dedicato
alla ricerca, vi sono fattori legati alla sfera dell’identità personale e del disimpegno morale
(necessità di assumere un ruolo attraverso l’atto-reato, scarsa o nulla responsabilizzazione verso
l’atto commesso), disturbi della personalità e presenza di traumi subiti nella prima infanzia, insieme
a fattori prettamente socio-familiari (padri deceduti/o poco autorevoli/o in carcere, abuso delle
punizioni corporali, modelli di attaccamento disorganizzati, famiglie disaggregate, genitori separati
o divorziati), nonché, ovviamente, fattori legati a precedenti esperienze di commissione di reati o
alla condizione di stranieri non accompagnati e clandestini, seguite da interventi educativi o di
risocializzazione fallimentari.
Grado di integrazione con i servizi, territori, famiglie, magistrati
La lista dei fattori scatenanti la recidiva chiama in causa il lavoro di rete che registra grandi
carenze. Un elemento di criticità è rappresentato dall’assenza di garanzia della continuità della
presa in carico del minore fra i servizi di giustizia e quelli del territorio (sociali e sanitari come Sert,
servizi di neuropsichiatria infantile, ecc), anche a causa della carenza di risorse umane (ci sono
uffici “oberati” di lavoro) e di risorse economiche insufficienti a finanziare gli interventi necessari (a
volte questi vengono proposti troppo tardi, quando la personalità del minore è già fortemente
strutturata in direzione della devianza). Il rischio è che si creino “buchi” all’interno degli interventi o
che, al contrario, vi sia una duplicazione degli stessi o sovrapposizione di ruoli, visto che sono rari i
progetti di intervento condivisi fra servizi.
Sarebbe auspicabile aumentare le risorse umane e finanziarie a favore delle comunità, migliorare
le competenze degli operatori e costruire programmi di reinserimento sociale dopo la fuoriuscita
dal circuito penale. Per i ragazzi stranieri si rileva utile potenziare il ricorso ai mediatori culturali,
anche all’interno degli IPM, oltre che a favorirne il processo di integrazione dei minori stranieri
(regolarizzazione, inserimento scolastico, protocolli con i paesi d’origine).
Sul piano strutturale sarebbe auspicabile il potenziamento dei sistemi di monitoraggio e di
conoscenza sia a livello di statistica che di ricerca applicata al contesto penale minorile; per
14
costruire processi di follow-up, a breve e medio termine. Le strategie educative di contro
richiedono il potenziamento dei servizi di prossimità, quali l’educativa di strada, l’aiuto domiciliare.
Se la ricerca evidenzia che il rischio di recidiva diminuisce in relazione al tasso di scolarizzazione
e in relazione a percorsi educativi seguiti in area penale esterna, forse la risposta alla devianza,
dal quadro così delineato abbraccia le componenti sociali, economiche e culturali che concorrono
a determinare la dimensione della sicurezza e pongono l’accento sul ruolo giocato dalla qualità, dal
funzionamento delle istituzioni locali.
Il valore aggiunto del progetto
Attualmente, come già accennato sopra, non esiste uno studio comparato sulla recidiva dei
comportamenti devianti degli adolescenti tra i paesi partners che, da un lato, ponga le premesse
per una politica europea condivisa e, dall’altro, vada a verificare la capacità trattamentale e
rieducativa del sistema sanzionatorio rivolto ai minori: misurare la capacità educativa di un
intervento penale è, infatti, uno dei nodi "critici" della pedagogia penitenziaria.
Il progetto Stop-Car, pertanto, ha cominciato a costruire un dispositivo di conoscenza sulla recidiva
minorile, rappresentando il primo approfondimento qualitativo e quantitativo sul fenomeno nel
settore della Giustizia Minorile a livello nazionale.
La riduzione del rischio
Dalla ricerca, come si vedrà meglio più avanti nel capitolo dedicato ai risultati iin Italia, emergono
numerosi nodi critici ma anche numerose, possibili azioni costruttive da intraprendere in termini di
“riduzione del rischio recidiva”. Per dare solo una prima idea delle proposte sulle quali lavorare, ne
emergono alcune relative all’aumento di risorse ed al miglioramento delle competenze degli
operatori dei servizi della giustizia minorile, così come all’implementazione delle risorse finanziarie
a favore delle comunità; ci sono proposte relative al potenziamento della rete territoriale (la cui
efficacia dipende, a volte, da un incontro “fortunato” fra operatori) ed al reperimento di idonei
programmi di reinserimento sociale per i ragazzi dopo la fuoriuscita dal circuito penale; si propone
di favorire il processo di integrazione dei minori stranieri (regolarizzazione, inserimento scolastico,
protocolli con i paesi d’origine) anche attraverso i mediatori culturali e di fornire risposte educative
adeguate ai ragazzi tossicodipendenti o con problemi psichiatrici/di doppia diagnosi; infine si
auspica il potenziamento dei Centri di Mediazione Penale Minorile e la ricerca di opportunità
lavorative concrete e credibili per i ragazzi, unite all’azione precoce di sensibilizzazione delle
istituzioni scolastiche perché segnalino i reati che già si verificano negli Istituti Scolastici.
15
Prospettive
Il progetto ha previsto la costruzione di uno schema di “modellizzazione”, un termine tra virgolette
per significare la ricerca di paletti di riferimento intorno a cui ancorare la riflessione sulla recidiva e
sulle carriere devianti.
Le scale evolutive e la comunità di pratiche sono i due approcci utilizzati in questo senso perché
abbastanza fluidi, tanto da consentire di tenere insieme esigenze di generalizzazione e di
individualizzazione.
Ogni Paese ha apportato la propria esperienza nel campo della recidiva dei minori e delle soluzioni
possibili: è ovvio che le differenze normative e di organizzazione giudiziaria non consentono una
vera e propria comparazione in dettaglio ma certamente evidenziano alcune tendenze simili in
Europa rispetto al tipo di reati che commettono i giovani, ai motivi per cui li commettono ed alle
ipotesi formulate di modelli su cui lavorare perché questi reati non vengano ripetuti.
Si tratta, ovviamente, di un lavoro in progress che rinvia alla necessità di presidiare la continuità
delle attività di ricerca, contestualizzata e applicata nei Servizi della Giustizia Minorile in Europa.
Si ringraziano tutti gli operatori che hanno partecipato con passione a questa ricerca, i Referenti
Locali per la Ricerca, i direttori dei Centri Giustizia Penale ed i direttori dei Servizi della Giustizia
Minorile: senza di loro non sarebbe stato possibile portare avanti il progetto di ricerca Stop-Car.
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LA GIUSTIZIA MINORILE E LA RECIDIVA
IN ITALIA
Rapporto nazionale di ricerca del Progetto Stop-Car
IL SISTEMA DELLA GIUSTIZIA MINORILE IN ITALIA
Il Dipartimento Giustizia Minorile è un’articolazione del Ministero della Giustizia deputata alla
tutela e alla protezione giuridica dei minori nonché al trattamento dei giovani che commettono
un reato fra i 14 e i 18 anni.
Il Dipartimento si compone di una struttura centrale, che elabora linee di indirizzo, attua
verifiche sui risultati conseguiti e coordina gli interventi sul territorio nazionale; il Dipartimento,
inoltre, coordina i servizi periferici della giustizia minorile (Centri giustizia minorile, Istituti
penali, Centri di prima accoglienza, Uffici di servizio sociale, Comunità per adolescenti)
attraverso i quali vengono assicurate le misure penali interne ed esterne al carcere e viene
fornito specifico supporto i minori che entrano nel circuito penale e alle loro famiglie.
La specificità del trattamento del minore deviante che giustifica l’esistenza autonoma di un
Dipartimento della giustizia minorile, deriva dalla particolare tutela prevista dalla normativa
nazionale e internazionale per i minorenni in quanto soggetti in età evolutiva.
Accanto all’attività istituzionalmente prevista di recupero e riabilitazione di giovani autori di
reato, il Dipartimento conduce una consistente attività di ricerca su temi legati alle devianza
giovanile, alla violenza sui minori e all’abuso di sostanze stupefacenti.
Per l’attuazione di interventi trattamentali aventi le caratteristiche anzidette sono previste,
presso le strutture minorili, figure professionali quali educatori, psicologi e assistenti sociali
che vengono opportunamente formati al momento dell’ingresso nella giustizia minorile e
successivamente sono destinatari di una costante attività di aggiornamento professionale.
Il Sistema della Giustizia Minorile in Italia
Ministero della Giustizia
Dipartimento Giustizia Minorile (DGM)
Centri per la Giustizia Minorile (CGM)
Uffici di Servizio
Sociale per i Minorenni
(USSM)
Centri di Prima
Accoglienza (CPA)
Istituti Penali per I
Minorenni (IPM)
Comunità
Residenziali
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I CENTRI PER LA GIUSTIZIA MINORILE
I Centri per la Giustizia Minorile - C.G.M. - sono organi del decentramento amministrativo con
territorio di competenza generalmente pluriregionale, corrispondente anche a più Corti d’Appello,
ed esercitano funzioni di programmazione tecnica ed economica, controllo e verifica nei confronti
dei Servizi Minorili da essi dipendenti (Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni, Istituti Penali per i
Minorenni, Centri di Prima Accoglienza, Comunità).
I SERVIZI DELLA GIUSTIZIA MINORILE
Istituti Penali per i Minorenni
Gli Istituti Penali per Minorenni – I.P.M. – assicurano l’esecuzione dei provvedimenti dell’Autorità
Giudiziaria (custodia cautelare, espiazione di pena) nei confronti dei minorenni autori di reato. In
tale ambito viene garantito al minore il diritto alla non interruzione dei processi educativi in atto e
alla crescita armonica, fisica e psicologica.
Al fine di attivare processi di responsabilizzazione e maturazione dei minorenni vengono
organizzate attività scolastiche, di formazione professionale, di animazione culturale, sportiva,
ricreativa e teatrale.
Centri di Prima Accoglienza
I Centri di Prima Accoglienza – C.P.A. – ospitano i minorenni in stato di arresto, fermo o
accompagnamento sino all’udienza di convalida (entro le 96 ore) assicurando la permanenza degli
stessi, senza caratterizzarsi come strutture di tipo carcerario.
L’équipe del Centro predispone una prima relazione informativa sulla situazione psico-sociale del
minorenne e sulle risorse territoriali disponibili con l’obiettivo di fornire all’Autorità
competente
tutti
Giudiziaria
gli elementi utili ad individuare, in caso di applicazione di misura cautelare,
quella più idonea alla personalità del minorenne.
Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni
Gli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni – U.S.S.M. – forniscono assistenza ai minorenni autori
di reato in ogni stato e grado del procedimento penale. Attuano gli interventi previsti dalla legge
contro la violenza sessuale e quelli previsti dalla Convenzione de l’Aja . Tali Servizi forniscono,
inoltre, elementi conoscitivi concernenti il minorenne soggetto a procedimento penale e concrete
ipotesi progettuali concorrendo alle decisioni dell’Autorità Giudiziaria Minorile (A.G.).
20
Gli U.S.S.M. svolgono attività di sostegno e controllo nella fase di attuazione del provvedimento
dell’A.G. a favore dei minori sottoposti a misure cautelari non detentive in accordo con gli altri
Servizi Minorili della Giustizia e degli Enti Locali.
COMUNITÀ
Rispondono al duplice mandato istituzionale di assicurare l’esecuzione delle misure penali e di
restituire il minorenne al contesto sociale di appartenenza. Con l’obiettivo di avviare un processo di
responsabilizzazione, viene predisposto e attuato un programma educativo individualizzato, cui
aderisce il minore, e che tiene conto delle risorse personali e familiari dello stesso e delle
opportunità offerte dal territorio.
ISTITUTO CENTRALE PER LA FORMAZIONE
Il sistema della formazione opera attraverso le tre sedi di Roma, Castiglione delle Stiviere (MN) e
Messina, garantendo a tutto il personale la formazione iniziale e l’aggiornamento permanente sui
metodi di lavoro, le tecniche e gli strumenti di valutazione dei processi e degli interventi.
CENTRO EUROPEO DI STUDI (C.Eu.S.)
Il C.Eu.S. di Nisida – Napoli è stato istituito nel 2003 con l’obiettivo di promuovere la formazione di
una rete di rapporti per lo sviluppo della conoscenza dei fenomeni dell’emarginazione e delle
devianze minorili e delle relative strategie di prevenzione e di contrasto.
PROTEZIONE GIURIDICA DEL MINORE
Attraverso l’individuazione, la verifica e il monitoraggio degli strumenti di tutela dei diritti dei minori
vengono formulate proposte ed elaborate direttive per migliorare l’efficacia degli interventi inerenti
l’applicazione della Convenzione dei diritti del fanciullo (O.N.U. 1989), l’abuso e lo sfruttamento
sessuale, i minori migranti non accompagnati. Partecipa ai gruppi di lavoro sulla dispersione
scolastica e lo sfruttamento del lavoro minorile.
LE MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE
Le misure alternative alla detenzione, introdotte, nella quasi totalità, dalla L. 354/75, e previste,
quindi, sia per gli adulti che per i minori, consistono in modalità di espiazione della pena diverse
dalla reclusione, concesse a soggetti meritevoli, non ritenuti socialmente pericolosi.
La concessione di tali misure è di competenza della magistratura di sorveglianza; spetta, in
particolare, a quella minorile la decisione riguardo ai soggetti che avevano commesso il fatto-reato
da minorenni e che non abbiano comunque compiuto ancora i venticinque anni di età.
21
La legge 165/98 ha riformulato l’art. 656 c.p.p., disciplinando in maniera più favorevole al
condannato l’esecuzione delle pene detentive. Infatti il P.M., quando emette un ordine di
esecuzione di una pena detentiva non superiore a tre anni deve, contestualmente, decretare
anche la sospensione di tale esecuzione per un periodo di trenta giorni. Entro tale termine il
condannato ha la facoltà di presentare istanza tesa alla concessione di una misura alternativa. Alla
scadenza dei 30 giorni, se l’istanza non è stata presentata, la sospensione decade e si procede
all’esecuzione della pena; se, invece, il condannato ha provveduto ad effettuare tale richiesta, la
sospensione rimane in vigore fino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza sulla sua
accoglibilità.
Di seguito sono elencate le misure alternative esistenti ai sensi della vigente normativa; alcune di
esse, maggiormente utilizzate per i minorenni, saranno trattate più estesamente, di altre, meno
frequenti, si forniranno soltanto dei brevi cenni.
Affidamento in prova al servizio sociale - L’art. 47 L. 354/75 prevede che se la pena detentiva
inflitta non supera i tre anni, il condannato può essere affidato al servizio sociale, fuori dall’istituto,
per un periodo uguale a quello della pena da scontare.
Il Tribunale di Sorveglianza, contestualmente alla disposizione di affidamento in prova,
impartisce al condannato prescrizioni inerenti la dimora, il lavoro, la libertà di locomozione, il
divieto di frequentare determinati locali e i rapporti che egli dovrà tenere con i servizi sociali.
All’affidato può essere imposto inoltre il divieto di soggiorno in uno o più comuni o l’obbligo di
risiedere in un determinato luogo; egli inoltre, deve adoperarsi in favore della vittima del reato e
astenersi dall’avere rapporti personali con soggetti che possano indurlo al compimento di ulteriori
reati.
I servizi dell’amministrazione della giustizia, tramite un assistente sociale, hanno l’obbligo di
controllare la condotta del soggetto e di sostenerlo nelle eventuali difficoltà di adattamento,
mettendosi in relazione con la sua famiglia ed il suo contesto ambientale. L’assistente sociale
relaziona periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto,
proponendo anche, nel caso lo ritenga opportuno, la modifica delle prescrizioni.
Nel caso in cui la prova abbia esito positivo, la pena si estingue; viceversa, se nel corso del
periodo di prova il soggetto pone in atto comportamenti non compatibili con la sua prosecuzione, la
misura può essere revocata.
Nel caso in cui l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale sia proposta dopo che
l’esecuzione della pena abbia avuto inizio, il magistrato di sorveglianza ha la facoltà di sospendere
l’esecuzione della pena fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, che deve intervenire entro
45 giorni.
La misura dell’affidamento in prova al servizio sociale può essere sospesa, da parte del
Magistrato di sorveglianza nel caso sopravvenga un altro ordine di esecuzione di pena detentiva
22
che faccia venir meno le condizioni di concessione o nel caso in cui l’affidato ponga in essere
comportamenti tali da far configurare la revoca della misura; la decisione definitiva sulla revoca
spetta, invece, al Tribunale di sorveglianza.
L’art. 47bis L. 354/75 prevedeva l’istituto dell’affidamento in prova in casi particolari, riservato a
soggetti tossicodipendenti o alcooldipendenti che avessero in corso o intendessero sottoporsi ad
un programma di recupero. Tale articolo è stato abrogato dalla L. 165/98, poichè tale istituto trova
sede nel D.P.R. 309/90, all’art.90, dove è previsto che la persona condannata ad una pena
detentiva non superiore a quattro anni per un reato commesso in relazione al proprio stato di
tossicodipendente o che, per lo stesso motivo, debba ancora scontare non più di quattro anni
come residuo di maggior pena possa ottenere, dal tribunale di sorveglianza, la sospensione
dell’esecuzione della pena per cinque anni, nel caso si sia sottoposta o abbia in corso un
programma terapeutico e socio-riabilitativo. Tale sospensione non può essere concessa più di una
volta, ma si può concedere anche per più condanne definitive, nel caso esse, cumulativamente,
non superino i limiti temporali anzidetti.
Se il condannato attua il programma terapeutico di recupero e, nell’arco dei cinque anni di
sospensione, non commette alcun reato non colposo, per il quale sia prevista unicamente la
reclusione, la pena si estingue. Al contrario, se il programma terapeutico viene interrotto o c’è la
commissione di un reato, la sospensione viene revocata.
La detenzione domiciliare, introdotta nell’Ordinamento Penitenziario, all’art. 47 ter, dalla L.
663/86 e modificata successivamente dalla L. 165/98, consiste nella possibilità, per un condannato
a pena detentiva non superiore ai quattro anni (anche se residua di una pena maggiore) di
scontarla presso l’abitazione familiare, o altro luogo di privata dimora o in un luogo pubblico di cura
e di assistenza. Possono essere ammessi a tale beneficio alcune categorie di soggetti, tra cui i
minori di anni 21, per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro o di famiglia e le donne
incinte o madri di prole di età inferiore a dieci anni, con loro conviventi.
La più volte citata L. 165/98 ha allargato l’ambito di applicabilità di questa misura, che può
essere ora concessa anche a coloro che, con una pena o un residuo pena non superiore a due
anni, non rientrino in particolari categorie; è necessario, comunque, che essa risulti atta a
prevenire la commissione di ulteriori reati e che la condanna non sia stata inflitta per reati
contemplati dall’art. 4bis.
La semilibertà (art. 48 c.1 L. 354/75) consiste nella concessione al condannato di trascorrere
parte del giorno fuori dall’Istituto per lo svolgimento di attività lavorative, istruttive o comunque utili
al suo reinserimento sociale. Il regime di semilibertà viene attuato attraverso un programma di
trattamento, contenente delle prescrizioni alle quali il soggetto deve attenersi nel periodo trascorso
fuori dall’istituto, predisposto, con l’ausilio dell’équipe socio-psico-pedagogica, dal direttore
dell’istituto e approvato dal magistrato di sorveglianza.
23
La liberazione anticipata consiste in una riduzione di pena di quarantacinque giorni per ogni
semestre di pena scontata, riservata ai condannati che abbiano dimostrato attiva partecipazione
alle attività trattamentali.
Per completare il quadro, occorre citare, tra le misure alternative, anche le licenze, concedibili
ad internati o a condannati semiliberi, e la remissione del debito, per le spese di procedimento e
mantenimento nella struttura carceraria.
Istituti giuridici particolari previsti per i minori in materia penale
Perdono giudiziale; esso consiste nella facoltà per il giudice di astenersi dal pronunciare
condanna o dal rinviare a giudizio il minore di anni 18 riconosciuto colpevole di determinati reati.
Tale istituto, introdotto nel codice penale all’art. 16, è disciplinato dall’art. 19 R.D.L. n. 1404 del 20
luglio 1934 (modificato dall’art. 2 L. 12 luglio 1961, n. 603 e dall’art. 112 L. 24 novembre 1981, n.
689).
Il Tribunale per i Minorenni (sia in udienza preliminare che in dibattimento) ha la possibilità di
applicare tale beneficio quando ritiene di poter erogare una pena non superiore a due anni. La sua
concessione comporta l’estinzione del reato che, però, deve essere prioritariamente accertato. Il
presupposto per la concessione di tale beneficio è la presunzione di ravvedimento del reo, cioè il
possesso, da parte del giudice, di elementi tali da poter presupporre che il minore si asterrà dal
commettere ulteriori reati in futuro. Esso non può essere concesso nel caso il minorenne sia stato
già condannato in precedenza a pena detentiva per delitto o abbia già usufruito del perdono, a
meno che il nuovo reato non sia unito al precedente dal vincolo della continuazione o il reato
giudicato dopo sia stato commesso precedentemente e la pena sia di entità tale che, cumulata con
quella erogata precedentemente, non superi il limite dei due anni.
Al fine di evitare pluralità di concessioni, esso viene iscritto al Casellario Giudiziale, dal quale
viene eliminato al compimento, da parte del soggetto, di 21 anni di età.
La sospensione condizionale della pena, introdotta per la prima volta dalla L. 26.06.1904, n. 267
e disciplinata attualmente dagli artt. 163/168 c.p., non è un istituto riservato soltanto ai minori, per i
quali è comunque espressamente prevista dall’art. 20 R.D.L. 1404. Essa si sostanzia nella
rinuncia, da parte dello Stato, all’esercizio della potestà punitiva, a condizione che l’imputato abbia
una regolare condotta per un certo periodo di tempo. Per i minorenni condizione per la
concessione del beneficio è che la pena non superi i tre anni; essa non può essere concessa più
di una volta, a meno che una nuova condanna, sommata a quella già sospesa, non superi il limite
dei tre anni. È il giudice a decidere sulla sua concessione, basata comunque sul ritenere che il reo
24
si asterrà dal commettere ulteriori reati in futuro. Se il condannato non commette, entro il termine di
cinque anni per un delitto e di due per una contravvenzione, un delitto o una contravvenzione della
stessa indole e adempie agli obblighi impostigli, il reato è estinto; il beneficio è revocato, invece, in
caso di commissione di nuovo delitto o contravvenzione e di mancata adempienza agli obblighi.
La liberazione condizionale può essere concessa al condannato che, durante la detenzione,
abbia dato prova costante di buona condotta, manifestando un comportamento tale da potersi
ritenere sicuro il suo ravvedimento. Essa è prevista sia per gli adulti che per i minori; per i primi si
può concedere non senza aver scontato un certo periodo di reclusione, variabile a seconda
dell’entità della pena e della eventuale recidiva; per i minori, invece, la concessione è possibile per
qualsiasi pena ed in qualsiasi momento dell’esecuzione. La liberazione condizionale è revocata se
la persona commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole o se trasgredisce agli
obblighi della libertà vigilata, alla quale è sottoposto. Se invece tutto il tempo del residuo di pena
inflitta (o, comunque, un massimo di 5 anni) decorre senza causa di revoca, la pena viene
dichiarata estinta.
La riabilitazione speciale, istituto apposito per i minori, è disciplinata dall’art. 24 del R.D.L.
20.07.1934, n. 1404 (modificato dall’art.4 del R.D. 15.11.1938, n. 1802); tale beneficio può essere
concesso al minore che abbia compiuto i 18 anni, ma non ancora i 25, che non sia sottoposto a
pena o a misura di sicurezza. Ai fini della decisione sulla concessione di tale beneficio, che
estingue le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna, il Tribunale svolge un’indagine,
acquisendo i precedenti del minore e assumendo informazioni sulla sua condotta nel contesto
familiare, sociale, scolastico, lavorativo. In caso di concessione il soggetto ottiene, inoltre, la non
menzione nel certificato penale delle condanne per i reati da lui commessi durante la minore età.
La sospensione del processo con messa alla prova (art. 28 D.P.R. 448/88), istituto giuridico
che si rifà, pur se con sostanziali differenze, alla probation anglosassone, è ampiamente utilizzata
dai giudici minorili; essa consiste in un periodo di prova, durante il quale il procedimento rimane
sospeso, al cui termine è dichiarata l’estinzione del reato o, in alternativa, il processo riprende il
suo regolare corso.
La messa alla prova viene concessa sulla base di un progetto di intervento, elaborato dai servizi
minorili dell’amministrazione della giustizia in collaborazione, quando possibile, con i servizi socioassistenziali degli enti locali.
25
Le sanzioni sostitutive
In caso di condanna il minore può essere punito anche con una sanzione sostitutiva. Le
sanzioni sostitutive, introdotte dalla L. 24.11.1981, n. 689, applicabili ai minori in luogo di una pena
detentiva non superiore ai due anni, sono la semidetenzione e la libertà controllata.
La semidetenzione comporta l’obbligo di trascorrere almeno dieci ore in istituto; l’istituto e le ore
da trascorrervi sono determinati in base alle esigenze di lavoro o di studio del condannato e
possono, inoltre, essere impartiti specifici obblighi o divieti.
La libertà controllata, invece, viene eseguita per i minori con le stesse modalità dell’affidamento
in prova al servizio sociale; le funzioni di controllo, svolte per gli adulti dalle forze di polizia, sono,
per i minori, esercitate dall’Ufficio di Servizio Sociale.
Bisogna rilevare come queste due misure, e in particolare la semidetenzione, siano raramente
adottate dal Tribunale per i Minorenni.
Nei confronti di minori non imputabili perchè infraquattordicenni o per incapacità di intendere e di
volere, ma ritenuti pericolosi socialmente, cioè con alta probabilità di commettere in futuro altri
reati, sono applicabili le seguenti misure di sicurezza, secondo la disciplina dettata dagli artt. 36-41
del D.P.R. 448/88: il riformatorio giudiziario (eseguito nelle forme del collocamento in comunità)
e, infine, la libertà vigilata (in forma di prescrizioni o di permanenza in casa).
26
LA CRIMINALITÀ MINORILE IN ITALIA: ANALISI STATISTICA DEI DATI SULLA RECIDIVA
di Maria Stefania Totaro
Premessa
Le rilevazioni statistiche sui minorenni autori di reato correntemente condotte in Italia non
forniscono informazioni sul fenomeno della recidiva.
Da un lato, le rilevazioni statistiche giudiziarie considerano il movimento dei procedimenti e i
provvedimenti emessi dall’Autorità Giudiziaria minorile, prescindendo dalle caratteristiche personali
dei minori autori del reato e ponendo l’attenzione, invece, alla misurazione del carico di lavoro
degli Uffici giudiziari, a supporto della gestione.
Dall’altro, le indagini sulla criminalità curate dall’Istat considerano i minorenni denunciati per aver
commesso un delitto, rilevando, in forma anonima, le loro principali caratteristiche e i reati
denunciati, con l’obiettivo di fornire alla collettività una misura del fenomeno della criminalità e di
evidenziarne i principali aspetti.
La fonte dei dati è rappresentata dai registri informatizzati degli Uffici giudiziari minorili, ormai
utilizzati anche per le rilevazioni statistiche sulla criminalità, in considerazione delle difficoltà, in
termini di tempo e di risorse, di rilevare i dati direttamente dai fascicoli giudiziari.
Completano il quadro le indagini sui minorenni in carico ai Servizi della Giustizia Minorile, che
forniscono informazioni sui minorenni arrestati, fermati o accompagnati nei Centri di prima
accoglienza, detenuti negli Istituti penali per i minorenni, collocati in comunità e,
complessivamente, in carico agli Uffici di servizio sociale.
I dati statistici solitamente diffusi nell’ambito della statistica ufficiale riguardano periodi temporali
predefiniti, in un’ottica trasversale, con l’intento di conoscere le caratteristiche del fenomeno nel
momento o periodo di interesse.
Un’analisi della recidiva richiede, invece, un approccio di tipo longitudinale, che consente di
misurare l’evoluzione nel tempo delle caratteristiche di interesse. Si tratta di una tipologia di
indagine statistica che può risultare onerosa in assenza di sistemi informativi che consentano il
monitoraggio nel tempo delle informazioni riferite ai singoli individui.
D’altro canto, l’utilizzo a fini statistici di archivi amministrativi, costruiti con finalità prevalentemente
gestionali, può presentare delle difficoltà in termini di adeguatezza e completezza delle
informazioni in essi contenute, soprattutto quando ci si pone l’obiettivo di analizzare fenomeni
complessi, strettamente correlati a variabili di tipo personale, familiare, ambientale. Questo tipo di
informazione è scarsamente presente negli archivi della Pubblica Amministrazione, che, pertanto,
da una parte forniscono un patrimonio informativo di grande valore per la statistica, anche in
considerazione del fatto che contengono dati relativi all’intero universo di indagine, ma, dall’altra,
pongono dei limiti alla ricerca in campo sociale.
I dati di seguito presentati sono il risultato di due specifiche ricerche avviate al fine di studiare la
recidiva minorile secondo gli obiettivi del progetto europeo Agis STOP/CAR Fermate le carriere
devianti, in cui si evidenziano due differenti punti di vista da cui analizzare il fenomeno e
precisamente:
27
•
•
il punto di vista giuridico,
il punto di vista operativo.
La recidiva sotto il profilo giuridico presuppone l’esistenza di una condanna anteriore e
irrevocabile; è recidivo chi, dopo essere stato condannato per un reato, ne commette un altro
(art.99 c.p.). L’analisi statistica del fenomeno sotto questo profilo è stata sviluppata sulla base dei
dati del Casellario Giudiziale Centrale in cui sono iscritti, secondo quanto previsto dal codice
penale, le sentenze di condanna e i decreti penali divenuti irrevocabili, nonché alcuni
provvedimenti di non luogo a procedere per motivi di improcedibilità e quelli per perdono giudiziale.
L’analisi statistica della recidiva dal punto di vista operativo è stata sviluppata, invece, sulla base
dei dati relativi ai Servizi della Giustizia Minorile ed è basata sull’osservazione degli ingressi nei
Servizi. Diversamente dallo studio della recidiva in senso giuridico, l’analisi prescinde dall’esito dei
procedimenti penali a carico del minore; si pone l’attenzione, invece, all’evento “ingresso nel
Servizio” ed al fatto che il minore ha ripetuto tale “esperienza” nel tempo.
Le analisi di seguito presentate vogliono costituire un contributo allo studio di un fenomeno
complesso e fornire uno spunto per approfondimenti e analisi non solo di tipo quantitativo.
1. – L’analisi statistica della recidiva dal punto di vista giuridico
1.1 – Aspetti generali del fenomeno della criminalità minorile in Italia
I minorenni denunciati per delitto alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni
sono quarantamila all’incirca ogni anno. Il dato è riferito ai reati che pervengono alla cognizione
dell’Autorità Giudiziaria per essere noto l’autore di reato; sono esclusi, invece, i reati commessi da
minorenni che o non vengono denunciati o per i quali rimane ignoto l’autore di reato.
Il numero dei minorenni denunciati in Italia è aumentato dal 2002 al 2004, mentre è diminuito del
3% nel 2005 e del 2% nel 2006 (tabella 1).
Sono soprattutto maschi (oltre l’80%) e di nazionalità italiana (71%); la componente straniera, in
aumento fino al 2004, è diminuita negli ultimi due anni; gli italiani, invece, hanno registrato valori in
diminuzione già a partire dal 2002. Con riferimento all’età, il 16% circa dei minorenni denunciati ha
meno di quattordici anni e, pertanto, non è imputabile.
Rispetto alla popolazione minorile residente, si rilevano circa 1.100 delitti ogni 100.000 minorenni
residenti in età dai 10 ai 17 anni. Tale misura, nota come quoziente specifico di criminalità minorile,
esprime il fenomeno relativamente alla popolazione dei minori effettivamente esposti al rischio di
commettere un delitto5.
5
Secondo la definizione elaborata dall’Istat, è ottenuto dividendo il numero di delitti denunciati a carico di minorenni
per 100.000 residenti in età dai 10 ai 17 anni. Il quoziente ri sente del fatto che, da una parte, il numero dei delitti si
riferisce esclusivamente a quelli denunciati, ossia sono esclusi i reati che non costituiscono oggetto di denuncia, dall’altra,
che la popolazione residente non include i minorenni stranieri irregolari.
28
Tabella 1 - Minorenni denunciati alle Procure della Repubblica presso i Tribunali per i minorenni negli anni
dal 2001 al 2006.
Anni
N. totale
% in età
imputabile
%
femmine
%
stranieri
Quoziente specifico
di criminalità
minorile*
2001
39.785
83%
18%
22%
1.081,9
2002
40.588
83%
18%
25%
1.125,0
2003
41.212
84%
16%
28%
1.140,3
2004
41.529
84%
17%
29%
1.138,1
2005
40.364
85%
17%
29%
1.094,0
2006
39.626
84%
16%
29%
1.092,9
Fonte: elaborazione su dati Istat – www.istat.it - Sistema informativo territoriale sulla giustizia.
Quando la notizia di reato, a seguito delle indagini preliminari, viene circostanziata da indizi di
colpevolezza, viene disposto l’inizio dell’azione penale (tabella 2); ciò accade per il 50% circa dei
minorenni denunciati alle Procure; tra coloro per i quali si procede all’archiviazione della notizia di
reato sono compresi anche i minori di età inferiore ai quattordici anni.
L’iter giudiziario dei minorenni si conclude con una sentenza di condanna in un numero
relativamente basso di casi; il processo penale minorile prevede, infatti, la possibilità di applicare
istituti giuridici che portano il minore fuori dal circuito penale già dalle prime fasi del procedimento.
L’incidenza percentuale dei minorenni condannati sul totale dei minorenni per i quali è iniziata
l’azione penale era pari al 22% del 2001, è diminuita al 13-16% nell’ultimo triennio in esame.
Tabella 2 - Minorenni denunciati alle Procure, per i quali è iniziata l'azione penale e condannati negli anni dal
2001 al 2005.
Anni
Minorenni
denunciati
(a)
Minorenni denunciati per i
quali è iniziata l'azione penale
(b)
(b) /(a)
Minorenni
condannati
(c)
(c) /(b)
2001
39.785
18.965
48%
4.208
22%
2002
40.588
18.934
47%
3.506
19%
2003
41.212
19.322
47%
3.127
16%
2004
41.529
20.588
50%
2.699
13%
2005
40.364
19.288
48%
2.865
15%
Fonte: elaborazione su dati Istat – www.istat.it - Sistema informativo territoriale sulla giustizia.
Per quanto riguarda le tipologie di reato, la maggior parte dei minori (il 50% circa) è denunciata per
reati contro il patrimonio (tabella 3); prevalgono in particolare i reati di furto e rapina. Seguono, in
ordine di frequenza, i reati contro la persona, che risultano costituiti in gran parte da reati contro
l’incolumità e la libertà individuale, in particolare da lesioni personali.
Rilevante è anche il numero delle violazioni delle disposizioni in materia di sostanze stupefacenti,
mentre minore frequenza registrano le altre tipologie di reato.
29
Tabella 3 - Delitti a carico dei minori denunciati negli anni dal 2002 al 2006: composizione percentuale
secondo la categoria.
Anni
Categorie di reato
2002
2003
2004
2005
2006
Contro la persona
28%
27%
28%
27%
29%
Contro il patrimonio
49%
49%
51%
50%
50%
Contro lo Stato, le altre istituzioni sociali e l'ordine pubblico
7%
7%
5%
5%
5%
Contro la fede pubblica
5%
4%
4%
5%
5%
Violazione legge stupefacenti
8%
9%
9%
9%
8%
Altri
3%
4%
3%
3%
3%
100%
100%
100%
100%
100%
Totale
Fonte: elaborazione su dati Istat – www.istat.it - Sistema informativo territoriale sulla giustizia.
1.2 – L’indagine statistica sui soggetti iscritti al Casellario Giudiziale Centrale
Il Ministero della Giustizia attraverso il servizio del Casellario Giudiziale (d.p.r. 313/2002) assolve
una funzione certificativa in materia penale, civile e amministrativa in favore delle autorità
giudiziarie e amministrative e dei privati. Attraverso il sistema informativo automatizzato del
Casellario Giudiziale viene assicurato il rilascio del certificato all'ente o alla persona interessati e la
consultazione diretta all'Autorità Giudiziaria, con riferimento sia ai precedenti penali e civili sia ai
cosiddetti “carichi pendenti”, ossia ai procedimenti penali in corso, di ogni cittadino.
Presso il Ministero della Giustizia è presente il Casellario Centrale in cui confluiscono i dati inseriti
dalle Procure della Repubblica relativi alle sentenze di condanna ed ai decreti penali passati in
giudicato e ad alcuni provvedimenti di non luogo a procedere per motivi di improcedibilità o per
perdono giudiziale; non è invece ancora disponibile una banca dati nazionale dei carichi pendenti.
È evidente, quindi, che l’iscrizione nel registro del Casellario Giudiziale ha la finalità primaria di
consentire al giudice la conoscenza dell’esistenza di precedenti penali da valutare ai fini del
giudizio. Ne deriva che il sistema informatico, che costituisce la fonte dei dati analizzati, non ha
finalità statistiche e contiene pochissime informazioni sulle caratteristiche socio-demografiche dei
soggetti iscritti. L’analisi è stata, quindi, sviluppata sulla base delle informazioni previste dal
sistema e limitatamente ai dati effettivamente presenti, ossia escludendo le informazioni con
percentuali elevate di dati mancanti. In questa situazione, l’obiettivo principale è stato quello di
pervenire ad una misura del fenomeno della recidiva minorile, non avendo la possibilità di indagare
su eventuali fattori di rischio legati alla condizione personale, familiare e ambientale dei soggetti in
esame.
L’indagine statistica ha considerato i soggetti nati negli anni 1970, 1975 e 19806 presenti
nell’archivio del Casellario Giudiziale Centrale con almeno un provvedimento dell’Autorità
giudiziaria minorile e tutte le relative iscrizioni, sia quelle per reati commessi da minorenne sia
6
I soggetti in esame hanno la caratteristica di essere arrivati all’età imputabile in epoche rispettivamente antecedente,
corrispondente e successiva all’introduzione del d.p.r. 22 settembre 1988, n. 448 recante “Approvazione delle
disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni”.
30
quelle per reati successivi. Complessivamente sono state analizzate 45.931 iscrizioni, ognuna
relativa ad un provvedimento giudiziario, corrispondenti a 14.607 soggetti. In particolare, è stato
possibile conoscere la data di nascita, il sesso e la nazionalità del soggetto, la data della
decisione, l’Autorità Giudiziaria e la relativa sede, il tipo di provvedimento giudiziario.
I dati riportano la situazione al 17 giugno 2004: a quella data, i soggetti nati nel 1970 avevano 3334 anni di età, quelli nati nel 1975 avevano 28-29 anni di età, quelli nati nel 1980 avevano 23-24
anni di età.
Ai fini dell’analisi, sono stati distinti i soggetti con una sola iscrizione (non recidivi) da quelli con più
iscrizioni (recidivi). Sono state distinte, inoltre, le iscrizioni per decisioni dell’Autorità giudiziaria
minorile da quelle dell’Autorità giudiziaria ordinaria, con l’obiettivo di calcolare indici di recidiva
riferiti al periodo della minore età e complessivamente a tutto l’arco di tempo a disposizione.
I risultati sono riportati nella tabella 4.
Tabella 4 - Soggetti nati negli anni 1970, 1975, 1980 iscritti al Casellario Giudiziale e giudicati7 almeno una
volta dall'Autorità Giudiziaria minorile, secondo l’età all’emissione del provvedimento iscritto. Percentuali di
recidiva (situazione al 17 giugno 2004).
Anno di nascita
Fino a
18 anni
Fino a
23-24 anni
Fino a
28-29 anni
Fino a
33-34 anni
1970
20%
44%
54%
56%
1975
26%
49%
55%
-
1980
24%
40%
-
-
Fonte dei dati: Elaborazione su dati del Casellario Giudiziale Centrale.
Limitatamente al periodo della minore età, l’indice di recidiva è stato calcolato come incidenza
percentuale del numero di soggetti con più iscrizioni per reati giudicati dall’Autorità giudiziaria
minorile sul totale dei soggetti appartenenti a ciascun gruppo. La percentuale è risultata pari a 20%
per i nati nel 1970, a 26% per i nati nel 1975, a 24% per i nati nel 1980 (seconda colonna della
tabella 4).
Per il periodo successivo, sono stati considerati, oltre ai reati da minorenne, anche quelli giudicati
dall’Autorità giudiziaria ordinaria ed è stata calcolata l’incidenza percentuale dei soggetti con più
iscrizioni sul totale dei soggetti appartenenti a ciascun gruppo. L’analisi ha evidenziato che,
complessivamente, la percentuale di recidivi arriva a 40% per il gruppo più giovane, a 55% per
quello intermedio, a 56% per quello più vecchio.
I tre valori evidenziano che l’indice di recidiva aumenta considerevolmente dopo la minore età e
continua ad aumentare fino a valori intorno al 55%; la fascia di età in cui la percentuale tende a
stabilizzarsi è quella intorno ai trent’anni, se si considera l’età al momento della definizione del
procedimento penale. Non avendo a disposizione l’informazione relativa alla data del reato, si può
solo ipotizzare che i relativi reati siano stati commessi alcuni anni prima8.
7
I dati presentati nella tabella 1 sono i risultati dell’analisi effettuata sulla totalità dei dati a disposizione, ossia includendo
anche i soggetti iscritti al Casellario giudiziale a seguito di provvedimenti specifici per i minorenni (non luogo a procedere
per perdono giudiziale, perché minore di anni diciotto incapace di intendere e di volere, ecc.).
L’analisi è stata poi ripetuta escludendo questi ultimi e considerando unicamente gli iscritti per sentenza di condanna; i
risultati non hanno evidenziato differenze degne di rilievo (un punto percentuale su alcuni valori) e, pertanto, non
vengono riportati in questa sede.
8
A tal proposito, si rimanda alle analisi curate dalla Direzione Generale di Statistica del Ministero della Giustizia sulla
durata dei procedimenti penali, pubblicate sul sito www.giustizia.it.
31
Per rendere possibile il confronto tra i gruppi in esame anche nel periodo successivo alla minore
età, è stata limitata l’analisi, dapprima, alle iscrizioni per reati da adulti giudicati fino al 23-24° anno
di età e, poi, per le due generazioni più vecchie, fino al 28-29° anno di età.
Si osserva che fino ai 23-24 anni di età le percentuali di recidiva sono pari a 44% per i nati nel
1970, 49% per i nati nel 1975, 40% per i nati nel 1980 (terza colonna della tabella 4). Per il periodo
successivo fino ai 28-29 anni di età, i valori degli indici aumentano ancora, con valori intorno a 5455% (quarta colonna della tabella 4).
Complessivamente, si può affermare che la generazione più giovane presenta indici di recidiva un
po’ più alti della generazione più vecchia fino alla minore età, più bassi rispetto alle altre due nel
periodo successivo.
I nati nel 1975 presentano inizialmente indici superiori di 5-6 punti percentuali rispetto ai nati nel
1970; successivamente, invece, i valori convergono verso il valore massimo del 54-55%, come già
in precedenza evidenziato.
Passando a considerare il numero delle iscrizioni (tabella 5), si osserva la prevalenza dei soggetti
con una e due iscrizioni, che rappresentano più della metà degli appartenenti alle rispettive
generazioni (il 59%, il 62%, il 76% dei nati rispettivamente nel 1970, 1975 e 1980). Vi è, invece, un
numero relativamente basso di soggetti, che si potrebbero definire plurirecidivi su cui grava la
maggior parte delle iscrizioni: in particolare, il 10% circa dei soggetti detiene il 40% circa delle
iscrizioni.
Tabella 5 - Soggetti nati negli anni 1970, 1975, 1980 iscritti al Casellario e giudicati almeno una volta
dall'Autorità Giudiziaria minorile, secondo il numero di iscrizioni.
a) Nati nel 1970
Soggetti
N. iscrizioni
N.
Iscrizioni corrispondenti
% sul totale
% cumulate
% sul totale
% cumulate
1 iscrizione
1.498
44%
44%
1.498
10%
10%
2 iscrizioni
520
15%
59%
1.040
7%
17%
3 iscrizioni
255
7%
66%
765
5%
23%
4 iscrizioni
169
5%
71%
676
5%
27%
5 iscrizioni
160
5%
76%
800
5%
33%
6 iscrizioni
111
3%
79%
666
5%
37%
7 iscrizioni
105
3%
82%
735
5%
42%
8 iscrizioni
71
2%
84%
568
4%
46%
9 iscrizioni
95
3%
87%
855
6%
52%
10 iscrizioni
65
2%
89%
650
4%
57%
383
11%
100%
6.310
43%
100%
3.432
100%
-
14.563
100%
-
più di 10 iscrizioni
Totale
N.
32
b) Nati nel 1975
Soggetti
N. iscrizioni
N.
Iscrizioni corrispondenti
% sul totale
% cumulate
45%
% sul totale
% cumulate
2.244
N.
13%
13%
62%
1.662
10%
22%
70%
1.254
7%
30%
76%
1.176
7%
36%
5%
81%
1.150
7%
43%
4%
84%
1.080
6%
49%
3%
88%
1.134
7%
56%
1 iscrizione
2.244
45%
2 iscrizioni
831
17%
3 iscrizioni
418
8%
4 iscrizioni
294
6%
5 iscrizioni
230
6 iscrizioni
180
7 iscrizioni
162
8 iscrizioni
116
2%
90%
928
5%
61%
9 iscrizioni
94
2%
92%
846
5%
66%
10 iscrizioni
75
2%
93%
750
4%
70%
329
7%
100%
5.189
30%
100%
4.973
100%
-
17.413
100%
-
più di 10 iscrizioni
Totale
c) Nati nel 1980
Soggetti
N. iscrizioni
N.
Iscrizioni corrispondenti
% sul totale
% cumulate
N.
% sul totale
% cumulate
27%
1 iscrizione
3.724
60%
60%
3.724
27%
2 iscrizioni
988
16%
76%
1.976
14%
41%
3 iscrizioni
520
8%
84%
1.560
11%
52%
4 iscrizioni
291
5%
89%
1.164
8%
60%
5 iscrizioni
191
3%
92%
955
7%
67%
6 iscrizioni
127
2%
94%
762
5%
73%
7 iscrizioni
86
1%
96%
602
4%
77%
8 iscrizioni
59
1%
97%
472
3%
80%
9 iscrizioni
54
1%
97%
486
3%
84%
10 iscrizioni
più di 10 iscrizioni
Totale
50
1%
98%
500
4%
87%
112
2%
100%
1.754
13%
100%
6.202
100%
-
13.955
100%
-
Fonte dei dati: Elaborazione su dati del Casellario Giudiziale Centrale.
Per soffermare l’attenzione sui soggetti con un numero elevato di iscrizioni, nel grafico 1 sono state
riportate per i tre gruppi di nati e limitatamente ai 23 -24 anni di età le percentuali di soggetti con
sei o più iscrizioni e le relative quote di iscrizioni. Il grafico evidenzia che i soggetti plurirecidivi
detengono una quota rilevante di iscrizioni e registrano una maggiore incidenza nei primi due
gruppi (12% rispetto all’8% dei nati nel 1980).
33
Grafico 1 – Percentuali di soggetti con sei o più iscrizioni giudicati almeno una volta
dall'Autorità Giudiziaria minorile e percentuali di iscrizioni corrispondenti. Decisioni
fino ai 23-24 anni di età.
60%
50%
42%
40%
40%
33%
30%
20%
12%
12%
8%
10%
0%
Nati nel 1970
Nati nel 1975
% soggetti
Nati nel 1980
% iscrizioni corrispondenti
Analisi secondo il sesso
L’analisi secondo il sesso ha evidenziato la prevalenza della componente maschile nei tre gruppi in
esame; tuttavia, la percentuale di femmine aumenta nel passaggio dalla generazione più vecchia a
quelle più giovani, risultando pari al 9% dei nati nel 1970, al 14% dei nati nel 1975, al 17% dei nati
nel 1980.
Con riferimento agli indici di recidiva secondo il sesso (grafico 2), le percentuali relative al periodo
da minorenni, distintamente per i maschi e per le femmine, assumono valori pressoché simili; si
osserva, infatti, uno scarto di un punto percentuale in più per i maschi nei nati nel 1970 e nel 1980;
al contrario, per i nati nel 1975 la percentuale riferita alle femmine supera di tre punti percentuali
quella maschile.
La differenza è invece rilevante (12-16 punti percentuali) se si considera anche il periodo della
maggiore età, con valori superiori per i maschi rispetto alle femmine.
Grafico 2 - Soggetti nati negli anni 1970, 1975, 1980 iscritti al Casellario e giudicati almeno una volta
dall'Autorità Giudiziaria minorile, secondo il sesso. Percentuali di recidiva secondo il sesso.
Indici riferiti ai soli reati da minorenni
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
20% 19%
1970
maschi
26% 29%
24% 23%
1975
femmine
1980
Indici riferiti a tutto il periodo di
osservazione
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
58%
42%
1970
maschi
57%
42%
1975
42%
30%
1980
femmine
34
Analisi secondo la nazionalità
L’incidenza percentuale dei soggetti stranieri risulta crescente nel passaggio dalla generazione più
vecchia a quella più giovane. In particolare, essi rappresentano il 17% dei nati nel 1970, il 26% dei
nati nel 1975 e il 33% dei nati nel 1980.
Gli indici di recidiva secondo la nazionalità (grafico 3) assumono valori differenti a seconda che si
consideri soltanto il periodo da minorenni o anche quello da adulti.
In particolare, considerando il periodo della minore età, le percentuali di recidiva sono leggermente
superiori per gli stranieri (uno o due punti percentuali in più); al contrario, considerando tutto l’arco
di tempo a disposizione, le percentuali di recidiva sono superiori per gli italiani (dai 12 ai 19 punti
percentuali in più).
Con riferimento alle specifiche nazionalità, l’informazione relativa alla cittadinanza è spesso
mancante nel Casellario giudiziale; i dati presenti evidenziano la prevalenza dei soggetti
provenienti dai Paesi dell’Est Europeo e, a seguire, dall’Africa. Tuttavia, la consistenza del dato è
risultata talmente bassa da ritenere opportuno non approfondire ulteriormente l’analisi.
Grafico 3 - Soggetti nati negli anni 1970, 1975, 1980 iscritti al Casellario e giudicati almeno una volta
dall'Autorità Giudiziaria minorile, secondo la nazionalità. Percentuali di recidiva secondo la nazionalità.
Indici riferiti ai soli reati da minorenni
Indici riferiti a tutto il periodo di
osservazione
30%
70%
25%
60%
20%
50%
15%
10%
20% 21%
26% 28%
40%
23% 24%
30%
20%
5%
60%
59%
45%
41%
44%
10%
0%
32%
0%
1970
italiani
1975
1980
stranieri
1970
italiani
1975
1980
stranieri
Analisi secondo la tipologia di reato
L’analisi ha evidenziato la prevalenza dei reati contro il patrimonio in tutti i gruppi in esame, con
percentuali che oscillano intorno al 50% del totale dei reati.
Con particolare riferimento ai soggetti che hanno commesso reati sia da minorenni sia da adulti,
l’analisi statistica ha evidenziato che l’incidenza percentuale dei reati contro il patrimonio
diminuisce passando dal periodo della minore età al periodo successivo. Al contrario, aumenta
l’incidenza percentuale dei reati contro l’incolumità pubblica (in cui sono comprese le violazioni
delle disposizioni in materia di sostanze stupefacenti) e dei reati contro lo Stato, le altre istituzioni
sociali e l’ordine pubblico (tabella 6).
35
Tabella 6 - Reati a carico dei soggetti con iscrizioni sia da minorenni sia da adulti. Composizione percentuale
secondo la categoria.
Reati da minorenni
Nati nel
Nati nel Nati nel
1970
1975
1980
Categoria di reato
Reati da adulti
Nati nel
Nati nel Nati nel
1970
1975
1980
Contro la persona
5%
5%
7%
6%
7%
Contro famiglia, moralità pubblica, buon costume
0%
0%
0%
0%
0%
0%
51%
51%
56%
39%
38%
44%
Contro l'incolumità pubblica
3%
3%
3%
6%
5%
7%
Contro la fede pubblica
2%
3%
5%
3%
3%
3%
Contro Stato, altre istituzioni sociali, ordine pubbl.
5%
5%
4%
11%
10%
11%
19%
18%
12%
19%
20%
12%
3%
3%
2%
5%
4%
2%
12%
12%
11%
12%
13%
13%
100%
100%
100%
100%
100%
100%
Contro il patrimonio
Violazione leggi speciali
Altri reati e contravvenzioni
Reato non descritto
Totale
7%
Fonte dei dati: Elaborazione su dati del Casellario Giudiziale Centrale.
L’analisi è stata approfondita cercando di vedere nell’ambito di ciascun gruppo di nati e
distintamente per alcune principali categorie di reato quanti soggetti sono risultati iscritti più volte
per reati appartenenti alla stessa categoria. Gli indici sono stati calcolati dividendo il numero dei
soggetti iscritti più volte per reati di una determinata categoria per il numero di soggetti
appartenenti a quella categoria.
I reati commessi più volte con maggiore frequenza sono risultati essere proprio i reati contro il
patrimonio, sia tra i soggetti recidivi solo da minorenni sia tra i soggetti che hanno commesso reati
anche da adulti. Sono, invece, più bassi gli indici di reiterazione delle altre tipologie di reato. In
particolare, la percentuale di coloro che hanno commesso più di un reato contro il patrimonio arriva
a valori pari all’80% se si considerano i recidivi solo da minorenni, superiori al 90% se si
considerano i recidivi sia da minorenni sia da adulti.
Per le altre categorie di reato, i valori sono quasi sempre inferiori al 50%; in alcuni casi risultano
inferiori al 30% (tabella 7).
36
Tabella 7 – Soggetti iscritti più volte per reati della stessa categoria9. Incidenza % sul totale dei soggetti per
categoria di reato.
Recidivi solo da minorenni
Categoria di reato
Nati nel 1970
Nati nel 1975
Nati nel 1980
N. N. iscritti
N. N. iscritti
N. N. iscritti
soggetti più volte (b) / (a) soggetti più volte (b) / (a) soggetti più volte (b) / (a)
(a)
(b)
(a)
(b)
(a)
(b)
Contro la persona
Contro famiglia, moralità
pubbl., buon costume
21
6
29%
56
19
34%
139
51
37%
1
0
0%
7
1
14%
10
3
30%
Contro il patrimonio
Contro l'incolumità
pubblica
89
66
74%
283
226
80%
549
436
79%
7
2
29%
26
12
46%
74
27
36%
Contro la fede pubblica
Contro Stato, istituzioni
sociali, ordine pubblico
12
4
33%
37
9
24%
114
36
32%
16
2
13%
40
14
35%
86
26
30%
Recidivi sia da minorenni sia da adulti
Categoria di reato
Nati nel 1970
Nati nel 1970
Nati nel 1970
N. N. iscritti
N. N. iscritti
N. N. iscritti
soggetti più volte (b) / (a) soggetti più volte (b) / (a) soggetti più volte (b) / (a)
(a)
(b)
(a)
(b)
(a)
(b)
Contro la persona
Contro famiglia, moralità
pubbl., buon costume
301
165
55%
431
219
51%
327
153
47%
16
1
6%
19
4
21%
10
1
10%
Contro il patrimonio
Contro l'incolumità
pubblica
548
512
93%
904
838
93%
737
655
89%
231
126
55%
308
140
45%
212
102
48%
Contro la fede pubblica
Contro Stato, istituzioni
sociali, ordine pubblico
125
53
42%
240
91
38%
186
71
38%
323
220
68%
477
250
52%
334
127
38%
Fonte dei dati: Elaborazione su dati del Casellario Giudiziale Centrale.
Si precisa che uno stesso soggetto può essere iscritto per diverse tipologie di reato; pertanto, la somma del numero dei
soggetti appartenenti alle diverse categorie di reato supera il numero complessivo dei soggetti in esame.
9
37
2. – L’analisi statistica della recidiva dal punto di vista operativo
2.1 I minori in carico ai Servizi della Giustizia Minorile: un quadro di sintesi10
Prima di entrare nel merito delle analisi statistiche sulla recidiva operativa, si riportano alcuni dati
statistici relativi ai minori in carico ai Servizi della Giustizia minorile, con l’obiettivo di fornire un
quadro di sintesi degli andamenti dei flussi di utenza e delle principali caratteristiche dei minori.
Sono circa ventimila i minori segnalati ogni anno dall’Autorità Giudiziaria agli Uffici di servizio
sociale per i minorenni (USSM); come per la totalità dei minorenni denunciati alle Procure per aver
commesso un reato, anche i minori segnalati agli USSM sono prevalentemente di nazionalità
italiana; gli stranieri costituiscono il 30% del totale, le femmine il 15% (tabella 1).
Gli USSM forniscono assistenza ai minorenni in ogni stato e grado del procedimento penale: su
richiesta dell’Autorità Giudiziaria raccolgono gli elementi conoscitivi per l’accertamento della
personalità del minore, predispongono i progetti educativi e ne curano l’andamento per tutto il
periodo stabilito dal giudice; svolgono attività di sostegno e controllo nella fase di attuazione delle
misure cautelari, alternative e sostitutive concesse ai minori, in accordo con gli altri Servizi minorili
della Giustizia, gli Enti locali ed il terzo settore.
Negli anni in esame il numero di minori per i quali sono state attivate azioni di servizio sociale è
risultato pari all’incirca a quattordicimila unità ogni anno, con un 10-12% di femmine e un 20-25%
di stranieri.
Tabella 1 - Soggetti segnalati dall'Autorità Giudiziaria e presi in carico dagli Uffici di servizio sociale per i
minorenni negli anni dal 2001 al 2007.
Anni
Soggetti segnalati
Soggetti presi in carico
Totale
% femmine
% stranieri
Totale
% femmine
% stranieri
2001
22.270
13%
26%
13.953
11%
21%
2002
21.851
14%
29%
14.044
12%
23%
2003
21.991
14%
31%
14.096
11%
23%
2004
23.000
15%
33%
13.892
12%
24%
2005
21.642
15%
33%
13.901
11%
25%
2006
19.920
14%
33%
13.066
11%
24%
2007
18.461
15%
30%
14.744
10%
20%
Dal 1 gennaio 2007, il criterio di rilevazione del dato relativo ai minori presi in carico è stato modificato, includendo anche i soggetti in
carico da periodi precedenti.
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile.
I minorenni fermati, accompagnati o arrestati in flagranza di reato dalle Forze di Polizia su
disposizione della Procura della Repubblica minorile sono ospitati dai Centri di prima accoglienza
(CPA), dove possono permanere per un tempo massimo di 96 ore, fino all’udienza di convalida del
Giudice per le Indagini Preliminari.
Gli ingressi in CPA sono risultati in diminuzione negli ultimi due anni (tabella 2). Tale diminuzione
ha riguardato sia gli italiani sia gli stranieri; questi ultimi registrano percentuali di presenza molto
alte, superiori al 50% in tutti gli anni in esame.
10
Per approfondimenti sui dati della criminalità minorile e, in particolare, sull’utenza dei Servizi della Giustizia minorile, si
rinvia ai documenti pubblicati sul sito Internet www.giustiziaminorile.it nella pagina dedicata alle statistiche.
38
Tabella 2 - Ingressi nei Centri di prima accoglienza negli anni dal 2001 al 2007.
Anni
N. ingressi
% femmine
% stranieri
2001
3.685
19%
54%
2002
3.513
21%
56%
2003
3.522
20%
57%
2004
3.866
23%
59%
2005
3.655
21%
58%
2006
3.505
18%
58%
2007
3.385
20%
54%
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile.
Soltanto alcuni dei minorenni autori di reato vengono a contatto con la realtà restrittiva dell’Istituto
penale per i minorenni (IPM), a seguito di provvedimento dell’Autorità Giudiziaria minorile di
custodia cautelare o di condanna a pena detentiva.
Si registrano annualmente dai 1.300 ai 1.600 ingressi, mentre sono poco meno di 500 i minori
detenuti in media ogni giorno dell’anno (tabella 3). Il dato del 2006 è in forte diminuzione
risentendo dell’introduzione della Legge 31 luglio 2006, n. 241 recante “Concessione di indulto”,
mentre nel 2007 non si sono registrate variazioni di rilievo.
Come nei Centri di prima accoglienza, anche negli Istituti penali per i minorenni vi è una forte
presenza di minori stranieri, con percentuali che superano il 50%. Più contenuta è invece la
presenza femminile: negli ultimi anni il 14% degli ingressi e il 10-11% dei presenti.
Tabella 3 - Ingressi e presenza media giornaliera negli Istituti penali per i minorenni negli anni dal 2001 al
2007.
Anni
Ingressi
Presenza media giornaliera
Totale
% femmine
% stranieri
Totale
% femmine
% stranieri
2001
1.644
14%
58%
487,0
9%
47%
2002
1.476
15%
57%
470,5
9%
49%
2003
1.581
16%
57%
475,3
10%
49%
2004
1.594
18%
61%
497,3
12%
55%
2005
1.489
18%
60%
476,8
11%
54%
2006
1.362
14%
57%
417,6
11%
54%
2007
1.337
14%
52%
422,4
10%
52%
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile.
Per quanto riguarda le Comunità, il numero dei collocamenti di minori è aumentato negli anni in
esame (tabella 4). Si tratta prevalentemente di minori in misura cautelare, ma sono frequenti anche
i collocamenti di minori in messa alla prova (art. 28 d.p.r. 448/88); in alcuni casi il collocamento
viene disposto anche per minori in misura alternativa e in esecuzione della misura di sicurezza del
riformatorio giudiziario.
La misura del collocamento in comunità è applicata soprattutto agli italiani (59% nel 2007), anche
se in alcuni anni (2004-2005) la percentuale di stranieri ha raggiunto il 50%, mentre ha registrato
una diminuzione nell’ultimo biennio.
39
Tabella 4 - Collocamenti e presenza media giornaliera in Comunità negli anni dal 2001 al 2007.
Anni
Collocamenti
Presenza media giornaliera
Totale
% femmine
% stranieri
Totale
% femmine
% stranieri
2001
1.339
22%
40%
304,5
22%
33%
2002
1.326
18%
43%
347,5
18%
37%
2003
1.423
23%
46%
327,2
23%
36%
2004
1.806
20%
50%
419,0
24%
30%
2005
1.926
21%
50%
470,1
21%
40%
2006
1.899
20%
44%
463,5
21%
36%
2007
2.055
21%
41%
544,4
20%
33%
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile.
Si riportano, infine, alcuni dati sull’applicazione della sospensione del processo e messa alla prova
ai sensi dell’art. 28 d.p.r. 448/88.
Il numero dei minori nei confronti dei quali è stato emesso un provvedimento di sospensione del
processo e messa alla prova ha superato le duemila unità nel biennio 2004–2005 (tabella 5); dopo
la diminuzione registrata nel 2006 (-7%), il valore è tornato ad aumentare nel 2007, risultando pari
a 2.339, valore massimo della serie storica in esame.
Rispetto al totale dei minorenni nel circuito penale, si può dire che vengono emessi all’incirca dieci
provvedimenti di messa alla prova ogni cento minorenni per i quali inizia l’azione penale.
Tale indice può essere considerato come un tasso di applicazione della messa alla prova; si deve
considerare, tuttavia, che non tutti i soggetti sono entrati nel circuito penale nello stesso periodo.
I dati sugli esiti mettono in evidenza che nella maggior parte dei casi (l’80% circa) la messa alla
prova ha esito positivo e il giudice emette una sentenza di estinzione del reato.
Tabella 5 - Provvedimenti di messa alla prova (art. 28 D.P.R. 448/88) emessi negli anni dal 2001 al 2007.
Anni
N. provvedimenti
Incidenza sugli avvii
dell'azione penale
(base = 100)
%
esiti positivi*
2001
1.711
9,0%
80%
2002
1.813
9,6%
79%
2003
1.863
9,6%
80%
2004
2.177
10,6%
81%
2005
2.145
11,1%
80%
2006
1.996
-
82%
2007
2.339
-
81%
* La percentuale è stata calcolata considerando i soli casi definiti.
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile per i dati sui provvedimenti di messa alla prova, Istat per i
dati sui minorenni denunciati per i quali è stata avviata l’azione penale (ultimo aggiornamento anno 2005).
40
2.2 – L’indagine statistica sui soggetti in carico ai Servizi minorili della Giustizia
L’analisi statistica dei dati relativi ai Servizi della Giustizia Minorile è stata sviluppata con l’obiettivo
di studiare il fenomeno della recidiva minorile in un’accezione operativa, vale a dire di ingressi
ripetuti.
Tale analisi costituisce un’integrazione allo studio sviluppato sui dati relativi alle iscrizioni al
Casellario giudiziale centrale, in cui si perveniva ad un indicatore della recidiva intesa in senso
formale - giuridico. Diversamente da quanto accadeva nel predetto studio, l’analisi di seguito
presentata prescinde dall’esito dei procedimenti penali a carico del minore; l’attenzione è, invece,
concentrata sull’evento “ingresso nel Servizio” e sull’osservazione della frequenza con cui tale
evento si è verificato nel tempo con riferimento ad un minore.
I dati statistici a disposizione non consentono di sviluppare l’analisi considerando l’utenza
complessiva dei Servizi minorili, non essendo ancora disponibile una base dati nazionale di tutti i
minori in carico. Ciò costituisce un forte limite, in quanto un minore coinvolto in reati successivi
può, di volta in volta, venire a contatto con Servizi diversi a seconda dei provvedimenti dell’Autorità
Giudiziaria.
Un ulteriore limite è costituito dall’assenza di un archivio unico a livello nazionale dei minori
segnalati dall’Autorità giudiziaria agli Uffici di servizio sociale per i minorenni. Questi ultimi, infatti,
sono i Servizi che detengono le informazioni più complete sulla “storia” dei minori, in virtù del fatto
che seguono il minore in tutte le fasi del procedimento penale ed hanno in carico sia i minori in
area penale esterna sia quelli presenti negli altri Servizi della Giustizia minorile.
L’analisi è stata, quindi, sviluppata sulla base e nei limiti dei dati disponibili, in quanto i tempi e le
risorse a disposizione per il progetto STOP/CAR non hanno consentito di poter effettuare indagini
statistiche ad hoc.
Ai fini della presente analisi, i dati statistici ottenuti dalle rilevazioni correnti presso gli USSM
consentono di conoscere soltanto il numero di soggetti con precedenti segnalazioni. Tale numero,
rapportato al totale dei soggetti segnalati nel corso dell’anno, fornisce la percentuale dei soggetti
già conosciuti dagli USSM per reati precedenti.
Come si osserva dal grafico 1 la percentuale complessiva è pari a 22%, con valori più alti per gli
stranieri (25%) e per i maschi (23%). Si osservano valori superiori alla media per le femmine
straniere (24%), mentre molto più basso è l’indice riferito alle femmine italiane (11%).
Con riferimento alla distribuzione sul territorio nazionale (grafico 2), si osservano valori più alti per
il Nord Ovest (27%) e il Sud (24%), più bassi per il Centro (19%), per le Isole (17%) e per il Nord
Est (15%).
Analisi più approfondite sono state, invece, sviluppate con riferimento ai minori entrati nei Centri di
prima accoglienza e negli Istituti penali per i minorenni, avendo a disposizione rispettivamente la
banca dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile relativa ai transiti in CPA e l’archivio
“matricola” del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria relativo ai detenuti negli Istituti
penali per adulti e per minori. Non sono state considerate, invece, le Comunità, non essendo
disponibili per questa tipologia di Servizio dati utili ai fini dello studio.
41
Grafico 1 - Soggetti segnalati dall’Autorità Giudiziaria agli USSM nell’anno 2007: percentuale
di soggetti con precedenti segnalazioni, secondo la nazionalità e il sesso.
30%
25%
20%
15%
26%
10%
22%
24%
25%
20%
23%
22%
17%
11%
5%
0%
Italiani
Stranieri
maschi
Totale
femmine
totale
Grafico 2 - Soggetti segnalati dall’Autorità Giudiziaria agli USSM nell’anno 2007: percentuale
di soggetti con precedenti segnalazioni, secondo l’area geografica di appartenenza del
Servizio.
30%
25%
20%
15%
27%
24%
10%
22%
19%
17%
15%
5%
0%
Nord Ovest
Sud
Italia
Centro
Isole
Nord Est
42
2.2a I rientri nei Centri di prima accoglienza
L’analisi ha considerato i minori entrati nel 2001 (anno di avvio del monitoraggio statistico) e si è
basata sull’osservazione dei successivi rientri fino all’anno 2006. I minori, pertanto, sono stati
osservati fino al compimento della maggiore età, ossia per tutto il periodo di esposizione al rischio
di rientrare in CPA.
L’utenza dei CPA è costituita in gran parte da stranieri (54% nel 2007), molti dei quali sono privi di
documenti di riconoscimento e sono conosciuti dai Servizi con nomi diversi (i cosiddetti alias) che
gli stessi dichiarano al momento dell’arresto o del fermo.
La rilevazione statistica condotta dal Dipartimento per la Giustizia Minorile prevede la registrazione
sia dei dati anagrafici dichiarati dal minore sia degli altri nominativi con cui lo stesso è già
conosciuto. È importante precisare, quindi, che l’analisi dei rientri è stata effettuata tenendo conto
degli alias e riconducendo, pertanto, ad un unico soggetto gli ingressi effettuati con nominativi
diversi.
Il numero complessivo dei minori entrati nei Centri di prima accoglienza nell’anno 2001 è stato di
3.263; di questi, sono rientrati una o più volte in CPA 695 minori, pari al 21% del totale; in
particolare:
¾ 114 minori sono rientrati sia nel 2001 sia successivamente,
¾ 196 minori sono rientrati soltanto nell’anno 2001,
¾ 385 soltanto successivamente al 2001.
Dall’analisi del numero complessivo dei rientri (tabella 6) si osserva che la maggior parte dei minori
rientrati in CPA è ritornata nel Servizio una sola volta (60%). Tra i soggetti rientrati più volte
prevalgono quelli con due e tre rientri (rispettivamente 19% e 8%). È da segnalare la presenza di
un 2% di minori con dieci o più rientri.
Tabella 6 - Soggetti entrati in CPA nel 2001 con successivi rientri, secondo il numero dei rientri.
N. rientri
N. soggetti
% sul totale
% cumulata
1
419
60%
60%
2
135
19%
80%
3
58
8%
88%
4
27
4%
92%
5
18
3%
95%
6
7
1%
96%
7
5
1%
96%
8
10
1%
98%
9
3
0%
98%
13
2%
100%
695
100%
-
10 e più
Totale
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile.
43
Grafico 4 - Soggetti rientrati in CPA:
composizione percentuale secondo il
numero dei rientri.
Grafico 3 - Soggetti entrati in CPA
nell'anno 2001: percentuale di soggetti
con successivi rientri.
Rientrati
una o più
volte in
CPA
21%
4 rientri
4%
5 rientri
3%
6 rientri e
più
5%
3 rientri
8%
2 rientri
19%
1 rientro
60%
I soggetti presi in esame hanno età differenti, dai quattordici ai diciassette anni compiuti. A volte
sono condotti in CPA anche soggetti di cui non si conosce l’età effettiva, in quanto privi di
documenti di riconoscimento e che, a seguito di specifici accertamenti, si rivelano essere di età
inferiore ai quattordici anni e, quindi, non imputabili, o addirittura maggiorenni.
Si precisa che l’età cui si fa riferimento è quella relativa all’ingresso nel 2001; non è disponibile,
invece, l’informazione relativa all’età al primo ingresso, essendo ancora limitato l’arco temporale di
svolgimento del monitoraggio.
Pertanto, nella presente analisi, si deve considerare che i soggetti di età inferiore o pari ai
quattordici anni sono stati osservati per un periodo più lungo rispetto a tutti gli altri; i soggetti di
diciassette anni sono stati invece osservati per il periodo più breve. Ovviamente la durata del
periodo di osservazione influisce sulla probabilità di rientro nel Servizio e di questo si deve tenere
conto nella lettura dei dati.
Nella tabella 7 sono riportati le percentuali di rientrati secondo l’età dei soggetti. Dall’analisi si
osserva che gli indici più elevati si riferiscono proprio ai soggetti più giovani, ossia quelli di
quattordici e quindici anni (36% e 31% rispettivamente); tali indici sono leggermente superiori per
gli italiani rispetto agli stranieri. Tuttavia, per questi ultimi si osserva una percentuale molto alta per
i soggetti in età non imputabile (50%), che invece è poco rilevante per gli italiani.
Tabella 7 - Soggetti entrati in CPA nel 2001 secondo l’età. Incidenza % dei soggetti con successivi rientri.
Italiani
Età
N. minori
N. minori rientrati
% rientrati su totale
7
1
14%
14 anni
100
39
39%
15 anni
273
90
33%
16 anni
495
94
19%
17 anni
713
48
7%
20
1
5%
1.608
273
17%
<14 anni
18 anni e oltre
Totale
44
Stranieri
Età
N. minori
N. minori rientrati
% rientrati su totale
<14 anni
260
130
50%
14 anni
201
68
34%
15 anni
296
88
30%
16 anni
390
76
19%
17 anni
449
55
12%
59
5
8%
1.655
422
25%
N. minori rientrati
% rientrati su totale
18 anni e oltre
Totale
Totale
Età
N. minori
<14 anni
267
131
14 anni
301
107
49%
36%
15 anni
569
178
31%
19%
16 anni
885
170
17 anni
1.162
103
9%
79
6
8%
3.263
695
21%
18 anni e oltre
Totale
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile.
Grafico 3 - Incidenza percentuale dei soggetti rientrati in CPA per nazionalità ed età.
60%
50%
40%
30%
50%
20%
10%
39%
34%
33%30%
19%19%
14%
7% 12%
5% 8%
17 anni
18 anni e
oltre
0%
<14 anni
14 anni
15 anni
Italiani
16 anni
Stranieri
Con riferimento alla nazionalità dei minori, rispetto alla quale è stato considerato il Paese di
provenienza del nucleo familiare, si osserva che la percentuale di soggetti rientrati è superiore per
gli stranieri (25%) rispetto agli italiani (17%).
Il dato sul sesso, invece, evidenzia indici superiori per le femmine (35%) rispetto ai maschi (19%);
in particolare la percentuale più elevata riguarda le femmine straniere (40%), mentre quella delle
femmine italiane è molto bassa (3%, ossia 2 su 71). A tal proposito, si deve osservare che la
maggior parte delle femmine che entrano in CPA è di nazionalità straniera (87% nel 2001) e, in
particolare, che si tratta soprattutto di ragazze nomadi o che vivono in campi nomadi.
45
Tabella 8 - Soggetti entrati in CPA nel 2001 secondo la nazionalità e il sesso. Incidenza % dei soggetti con
successivi rientri.
Italiani
Soggetti
Entrati in CPA nel 2001
di cui con successivi rientri
% soggetti con rientri
Stranieri
Totale
m
f
mf
m
f
mf
m
f
mf
1.537
71
1.608
1.197
458
1.655
2.734
529
3.263
271
2
273
241
181
422
512
183
695
18%
3%
17%
20%
40%
25%
19%
35%
21%
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile.
Grafico 4 - Incidenza percentuale dei soggetti rientrati in CPA per nazionalità e sesso.
45%
40%
35%
30%
25%
40%
20%
15%
10%
18%
17%
20%
35%
25%
21%
19%
5%
0%
3%
italiani
maschi
stranieri
femmine
totale
totale
Gli italiani ritornano nel Servizio solitamente una volta (73%) o due (19%); le due femmine italiane
sono rientrate una sola volta (tabelle 2 e 2a dell’Allegato2).
Anche per i minori stranieri sono prevalenti uno o due rientri (52% e 20% rispettivamente); tuttavia
è considerevole il numero di essi che ritorna più volte, in prevalenza femmine. In particolare il 3%,
costituito esclusivamente da femmine, è ritornato anche dieci e più volte.
Quanto alla tipologia di reato, sono stati presi in considerazione i reati per i quali i minori sono stati
condotti in CPA per la prima volta nel 2001 (tabella 3 dell’Allegato 2). Si osserva in generale la
prevalenza dei reati contro il patrimonio, in particolare di furto e rapina, e, a seguire, delle violazioni
delle disposizioni in materia di sostanze stupefacenti. Con riferimento al numero dei rientri, i
soggetti rientrati più di tre volte sono coinvolti esclusivamente nei reati di furto e rapina; l’unica
eccezione è costituita da un soggetto entrato nel 2001 per violazione dell’art. 73 d.p.r. 309/90 e
successivamente rientrato cinque volte.
Posto pari a 100 il numero dei minori entrati in CPA per una determinata categoria di reati, le
percentuali di soggetti rientrati per ciascuna categoria (grafico 5) evidenziano valori molto più alti in
corrispondenza dei reati contro il patrimonio.
46
Grafico 5 - Incidenza percentuale dei soggetti rientrati in CPA secondo la categoria di
reato.
30%
25%
20%
15%
24%
10%
15%
5%
9%
7%
0%
Contro la persona
Contro il patrimonio
Violazione legge
stupefacenti
Altri reati
La tabella 4 dell’Allegato 2 e il grafico 6 di seguito riportato presentano i dati relativi ai soggetti
rientrati secondo il provvedimento con cui sono stati dimessi dal CPA nel 2001, dai quali si evince
che le percentuali di rientro più elevate riguardano coloro che sono stati dimessi dal CPA perché in
età non imputabile, per mancata convalida dell’arresto da parte del G.I.P., per immediata
liberazione del P.M. e per remissione in libertà.
Sono invece più basse le percentuali di rientro di coloro che avevano avuto l’applicazione di una
misura cautelare.
Grafico 6 - Incidenza percentuale dei soggetti rientrati in CPA secondo il motivo di uscita.
80%
70%
60%
69%
50%
40%
30%
20%
10%
15%
20%
18%
17%
23%
27%
33%
25%
o
Al
tr
Pr
es
cr
Pe
iz
io
rm
ni
an
en
za
in
ca
sa
C
ol
l.
in
co
m
un
C
us
ità
to
di
a
ca
ut
R
el
em
ar
is
e
si
on
e
in
Im
l ib
m
er
.l
tà
ib
er
a
M
zio
an
ne
ca
P.
ta
M
co
.
nv
al
id
a
G
. I.
M
P.
in
or
e
di
14
an
ni
0%
Passando a considerare l’area geografica del CPA in cui il minore è stato condotto e, quindi, il
luogo in cui il minore è stato arrestato o fermato (tabelle 5 e 5a dell’Allegato 2 e grafico 7 di seguito
47
riportato), si osserva che nell’Italia Centrale la percentuale dei soggetti rientrati raggiunge il valore
più elevato (32%). Ciò è collegato alla peculiare tipologia di utenza di questa area territoriale e in
particolare del Centro di prima accoglienza di Roma, costituita in gran parte da stranieri nomadi,
coinvolti frequentemente in reati contro il patrimonio e che iniziano a delinquere in età molto
giovane.
Distinguendo secondo la nazionalità, si osserva, infatti, che la percentuale di soggetti rientrati
scende al 15% per gli italiani e sale al 38% per gli stranieri (52% per le femmine straniere).
Per quanto riguarda le altre aree geografiche, le percentuali passano dal 24% delle Isole, al 20%
del Nord Ovest, al 16% del Sud, al 9% del Nord Est.
Al Sud e nelle Isole le percentuali sono più alte per gli italiani, al Nord sono più alte per gli stranieri.
Grafico 7 - Incidenza percentuale dei soggetti rientrati in CPA secondo l’area geografica e
la nazionalità.
45%
40%
35%
30%
25%
20%
38%
32%
15%
10%
5%
25%
23%
20%
7%
8% 10% 9%
15%
17%
16%
12%
11%
Sud
Isole
24%
0%
Nord Ovest
Nord Est
Italiani
Centro
Stranieri
Totale
Il profilo dei minori che ritornano nei Centri di prima accoglienza.
L’analisi statistica delle caratteristiche dei minori entrati più volte in CPA rispetto a coloro che sono
stati arrestati o fermati una sola volta è stata finalizzata ad indagare sulle possibili relazioni tra gli
aspetti considerati e la propensione a commettere un nuovo reato ed a tracciare il profilo dei minori
che ritornano in CPA rispetto al resto dell’utenza.
Viene presentata dapprima un’analisi bivariata, in cui si considera l’effetto di ciascuna variabile
sull’evento “rientro”, prescindendo da eventuali relazioni tra le variabili stesse. A tal fine, sono state
elaborate le tavole di contingenza riportate nell’Allegato 2, a partire dalla tabella n.6, in cui, in
colonna, i minori sono distinti tra rientrati e non, e, in riga, sono considerate le loro caratteristiche11.
11
Per vedere se e quali caratteristiche del minore influenzano la propensione al rientro e per verificare la significatività
statistica di tali associazioni, è stato utilizzato il test del chi-quadrato di Pearson, che rappresenta proprio una misura
dell’associazione tra due variabili categoriali e ne consente la valutazione della significatività, ad un dato livello di
48
x
x
x
x
x
Con riferimento al sesso, l’analisi dei dati evidenzia un’associazione significativa tra sesso e
rientro in CPA ed una propensione relativa al rientro per le femmine più che doppia rispetto ai
maschi. A tal proposito, si osserva nuovamente che l’utenza femminile dei CPA è quasi
esclusivamente di nazionalità straniera e in gran parte costituita da ragazze nomadi.
Distinguendo tra italiani e stranieri, si osserva che la nazionalità straniera è positivamente
associata al rischio di rientrare in CPA e che gli italiani hanno una propensione al rientro
inferiore del 40% rispetto agli stranieri.
La rilevazione statistica curata dal Dipartimento per la Giustizia Minorile individua la nazionalità
dei minori nel Paese di provenienza del nucleo familiare. Pertanto, molti dei minori classificati
come stranieri sono nati in Italia e hanno sempre vissuto in Italia. Tra questi sono compresi i
minori che vivono nei campi nomadi, i quali costituiscono un’ampia fascia dell’utenza dei Centri
di prima accoglienza, in particolare in alcune aree del territorio nazionale.
Al fine di tenere conto di questa situazione, si è ritenuto utile approfondire l’analisi secondo la
nazionalità distinguendo gli stranieri nati in Italia da coloro che sono nati all’estero. A tal
proposito, si osserva che oltre il 90% dei minori stranieri nati in Italia risulta essere nomade.
Tale percentuale è molto più bassa (inferiore al 50%) per gli stranieri nati all’estero.
Si osserva che tra i minori stranieri nati in Italia la percentuale dei rientrati in CPA è
decisamente superiore che tra gli stranieri nati all’estero (rispettivamente 49% e 21%). L’analisi
statistica ha messo in evidenza in particolare che i primi hanno una propensione relativa al
rientro tre volte e mezza superiore rispetto ai secondi.
Con riferimento alla scolarità, l’analisi secondo il titolo di studio conseguito ha messo in
evidenza che la percentuale dei rientrati diminuisce all’aumentare del livello di istruzione; è,
infatti, superiore tra i minori privi di titolo di studio o soltanto con la licenza elementare rispetto
a coloro che hanno completato la scuola dell’obbligo.
L’associazione tra scolarità e recidiva, intesa in questo caso come rientro in un Centro di prima
accoglienza, è risultata significativa. Coloro che non hanno completato la scuola dell’obbligo
hanno una propensione relativa al rientro più che doppia rispetto a chi ha conseguito il diploma
di scuola media inferiore.
Con riferimento all’attività svolta dai minori, l’analisi ha evidenziato che la percentuale dei
rientrati è superiore tra coloro che non svolgono alcuna attività rispetto a coloro che studiano o
lavorano (anche saltuariamente o irregolarmente); in particolare i valori più elevati si osservano
tra coloro che non hanno mai lavorato; i valori più bassi riguardano chi lavora stabilmente.
Il test di verifica dell’associazione tra svolgimento di un’attività e rientro in CPA è risultato
significativo; pertanto, lo svolgimento di un’attività, lavorativa o di studio, sembra costituire un
fattore protettivo rispetto al fenomeno della recidiva nel senso del ritorno in CPA.
Oltre alle caratteristiche personali dei minori, si è ritenuto utile inserire nell’analisi anche altri
aspetti e, in particolare, la tipologia di reato e l’eventuale correità.
Con riferimento al primo aspetto, si osserva che la categoria dei reati contro il patrimonio è
prevalente sia tra i minori rientrati sia nel resto dell’utenza. Si osserva, tuttavia, che tra i minori
coinvolti in reati contro il patrimonio la percentuale dei rientrati è superiore rispetto ai minori
che hanno commesso altre tipologie di reato. La relazione tra tipologia di reato e ritorno in CPA
probabilità, nella popolazione. Sono stati inoltre calcolati i coefficienti di rischio (odds ratio) al fine di valutare la maggiore
propensione al rientro di alcune tipologie di utenza rispetto ad altre. I risultati sono riportati nell’Allegato 2 di seguito alle
tavole di contingenza.
49
x
x
è risultata significativa; i coefficienti di rischio evidenziano una propensione relativa al rientro
per i minori coinvolti in reati contro il patrimonio quasi doppia rispetto agli altri minori.
L’analisi secondo la correità ha evidenziato, invece, che non c’è associazione statisticamente
significativa tra il fatto di aver commesso il reato con altri minori o con soggetti maggiorenni e il
rientro in CPA. Anche i coefficienti di rischio, pertanto, indicano che la propensione al rientro
non è influenzata da questo aspetto.
L’ultimo aspetto preso in esame riguarda il provvedimento dell’Autorità giudiziaria con cui il
minore è stato dimesso dal Centro di prima accoglienza.
L’analisi dei dati ha messo in evidenza che l’applicazione di una misura cautelare (prescrizioni,
permanenza in casa, collocamento in comunità o custodia cautelare) è un fattore protettivo
rispetto al fenomeno del rientro in CPA e che la propensione relativa al rientro dei soggetti
dimessi senza l’applicazione di una misura cautelare è superiore rispetto al resto dell’utenza
(85% in più).
Il rischio di rientrare in CPA: un modello di previsione.
In quest’ultima parte dell’analisi il “rientro in CPA” viene analizzato secondo una logica globale,
ossia considerando il contributo complessivo delle variabili in precedenza prese in esame
singolarmente.
Tale approccio viene proposto a titolo puramente esemplificativo di come la metodologia statistica
può contribuire alla costruzione di un modello teorico che aiuti a distinguere i minori che hanno
maggiore probabilità di ritornare in CPA da quelli che presumibilmente non saranno più arrestati,
senza alcuna pretesa di esaustività, in considerazione sia della complessità del fenomeno
indagato sia dei limiti12, già in precedenza esposti, dei dati su cui l’analisi è stata sviluppata. Si
vuole fornire uno spunto per eventuali successivi approfondimenti e portare all’attenzione le
potenzialità dell’analisi statistica multivariata nello sviluppo di modelli di previsione della probabilità
e, quindi, del rischio che ha un minore di commettere un nuovo reato.
Il metodo di analisi utilizzato è quello della regressione logistica. Le variabili che hanno mantenuto
significatività statistica e che, quindi, risultano presenti nel modello sono: la nazionalità
congiuntamente con il luogo di nascita dei minori stranieri, l’età, l’attività svolta, l’area territoriale e
il provvedimento di uscita dal Centro di prima accoglienza.
Si precisa che la variabile età, per i motivi già in precedenza esplicitati, deve essere intesa come
una variabile indicativa dell’arco temporale di esposizione al rischio di rientrare in CPA.
L’analisi, i cui risultati sono riportati nella tabella 9 di seguito riportata e più dettagliatamente
nell’Allegato 2, è stata sviluppata bilanciando il numero dei soggetti rientrati e quello dei non
rientrati, pervenendo ad un numero complessivo di osservazioni pari a 1.458.
Il modello consente di classificare correttamente il 70% dei casi; tale percentuale sale al 74% per i
soggetti che non rientrano.
12
Si fa riferimento sia all’assenza di dati relativi all’insieme complessivo dei minori autori di reato e alla carenza di
informazioni approfondite sulle loro caratteristiche personali, familiari e ambientali, ai fini dell’individuazione dei fattori di
rischio, sia alla possibilità, in presenza di dati “migliori”, di elaborare modelli in cui siano rispettate tutte le condizioni
previste per l’applicazione del metodo (individuazione di un set di variabili indipendenti, adeguata numerosità, …)
50
Tabella 9 - Regressione logistica della relazione tra “rientro in CPA” e nazionalità, attività svolta, età, area
geografica, provvedimento di uscita dal CPA. (N. casi = 1.458)
B
Età (v. continua)
S.E.
-0,392
0,064
Nazionalità
Italiani
Sig.
0,000
Exp(B)
0,676
95% C.I. per Exp(B)
Inferiore
Superiore
0,597
0,766
0,008
-0,177
0,191
0,353
0,838
0,576
1,217
0,473
0,178
0,008
1,605
1,133
2,274
Stranieri nati all’estero
-0,296
0,130
0,023
0,744
0,576
0,960
Attività (sì)
-0,736
0,240
0,002
0,479
0,299
0,767
Stranieri nati in Italia
Area
0,000
Area (1)
0,166
0,165
0,314
1,181
0,855
1,631
Area (2)
-0,837
0,234
0,000
0,433
0,273
0,685
Area (3)
0,830
0,164
0,000
2,294
1,664
3,161
Area (4)
-0,145
0,245
0,554
0,865
0,535
1,399
Area (5)
-0,014
0,310
0,965
0,987
0,538
1,810
Uscita (misura cautelare)
-0,536
0,177
0,002
0,585
0,414
0,827
6,358
0,979
0,000
Costante
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile attraverso il software statistico SPSS
LEGENDA
Area:
1 = Nord Occidentale
B = coefficiente di regressione logistica
2 = Nord Orientale
S.E. = errore standard
3 = Centrale
Sig. = significatività
4 = Meridionale
Exp (B) = esponenziale di B
5 = Insulare
C.I. = intervallo di confidenza per exp (B)
Tabella di classificazione
Rientro in CPA
Percentuale di corretta
classificazione
No
74%
Sì
67%
Totale
70%
A titolo puramente dimostrativo, vengono riportati due esempi di calcolo del rischio di rientrare in
CPA per minori con caratteristiche opposte; tali esempi sono in un certo senso rappresentativi dei
livelli massimo e minimo di probabilità di ritorno nel Centro di prima accoglienza.
Esempio 1: per un minore straniero nato in Italia, di 14 anni, che non studia e non svolge un’attività
lavorativa, entrato in un CPA del Centro Italia e dimesso senza l’applicazione di una misura
cautelare, la stima del rischio di rientrare in CPA è:
1/(1+e -(6,358+0,473+(-0,392*14)+0+0,830+0)) = 0,90
51
Esempio 2: per un minore italiano di 17 anni che studia o lavora, entrato in un CPA del Nord Est e
dimesso con l’applicazione di una misura cautelare, la stima del rischio di rientrare in CPA è:
1/(1+e –(6,358-0,177+(-0,392*17)-0,736-0,837-0,536)) = 0,07
Ovviamente tali risultati devono essere letti alla luce delle considerazioni già sviluppate nel corso
dell’analisi e, in particolare, del significato attribuito alle variabili presenti nel modello.
2.2b I rientri negli Istituti penali
L’analisi dei rientri negli Istituti penali è stata sviluppata sulla base dei dati forniti dal Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria, contenuti nel cosiddetto “archivio matricola”, in cui sono inseriti
i dati dei soggetti detenuti in strutture penali per minori e per adulti.
I dati si riferiscono ai soggetti entrati in un Istituto penale per i minorenni nell’anno 2001 ed ai loro
successivi rientri in IPM e in istituti penali per adulti13. I movimenti considerati sono quelli che
hanno determinato nuove immatricolazioni, vale a dire gli ingressi per nuovi fatti giudiziari; non è
stato possibile avere, invece, i dati relativi ai rientri per revoca di misure cautelari non detentive o di
misure alternative alla detenzione, mentre sono stati esclusi gli ingressi da trasferimento.
Come nei Centri di prima accoglienza, anche negli Istituti penali per i minorenni vi è una forte
presenza di stranieri, molti dei quali sono privi di documenti di identità e sono registrati all’ingresso
con i riferimenti riportati sull’ordinanza del giudice che dispone la custodia cautelare o l’esecuzione
della pena in IPM; tali soggetti sono, quindi, conosciuti dai Servizi minorili con nominativi diversi.
Tuttavia, mentre nell’analisi dei dati relativi agli ingressi in CPA i diversi nominativi sono stati
ricondotti ad un'unica anagrafica, ciò non è stato possibile con i dati degli IPM, mancando tra le
informazioni disponibili quella relativa agli alias.
È disponibile invece l’informazione relativa agli ingressi in periodi precedenti il 2001, che ha
consentito di individuare nell’insieme complessivo dei soggetti entrati nel 2001 quelli che erano al
loro primo ingresso in IPM.
Inoltre, prima di passare alla presentazione dei risultati dell’analisi, si ritiene di dover precisare che
il numero di rientri in IPM è solo uno dei possibili indicatori del grado di complessità della “storia
deviante” dei minori detenuti; un’analisi completa deve, infatti, considerare oltre al numero dei
rientri anche la posizione giuridica, ossia l’insieme dei procedimenti penali che gravano sul
soggetto ed i relativi provvedimenti dell’Autorità giudiziaria. Questa seconda dimensione dell’analisi
viene rinviata a successivi approfondimenti non potendo essere indagata sulla base dei dati
attualmente messi a disposizione dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
13
L’estrazione dei dati è stata effettuata il 21 marzo 2008 e, pertanto, il periodo di osservazione è stato di sei – sette
anni.
52
I soggetti entrati in IPM nell’anno 2001
Sono 1.323 i minori e i giovani adulti immatricolati negli IPM nell’anno 2001; si tratta di 550 italiani
e di 773 stranieri (tabella 10).
Limitando l’osservazione ai movimenti registrati negli Istituti penali per i minorenni, si osserva che
la percentuale complessiva di soggetti con successivi rientri è pari al 18%, un valore che può
risultare abbastanza inverosimile, anche sulla base di quanto emerge dall’esperienza degli
operatori del settore, e che deve, quindi, essere accompagnato da due osservazioni.
La prima riguarda la nazionalità dei minori: la percentuale di rientrati è più elevata per gli italiani
(27%) che per gli stranieri (11%). Tale differenza è influenzata dal fatto di non aver potuto
ricondurre ad un’unica anagrafica i diversi nominativi dichiarati dagli stranieri irregolari. Pertanto,
anche sulla base dell’esperienza degli operatori del Servizio matricola degli IPM, con cui si è avuto
modo di confrontarsi, la percentuale di rientrati tra gli stranieri, più bassa rispetto a quella degli
italiani, appare poco verosimile, risentendo dei limiti dei dati a disposizione.
La seconda osservazione riguarda l’età dei soggetti. Nell’analisi sui Centri di prima accoglienza si
è avuto modo di constatare che la lunghezza del periodo di osservazione influisce sulle percentuali
di ritorno nel Servizio e che, di conseguenza, i minori più giovani registravano percentuali di rientro
più alte rispetto ai sedicenni ed ai diciassettenni.
I dati relativi ai detenuti in IPM lo confermano; in particolare i minori italiani dai quattordici ai sedici
anni hanno percentuali superiori a quelle dei diciassettenni e dei giovani adulti; la percentuale più
alta di rientrati riguarda i quindicenni italiani ed è pari al 53%.
Se si considerano anche i rientri nelle strutture per adulti, si osserva, invece, che le percentuali
riferite alle varie età tendono ad avvicinarsi; il valore massimo riguarda sempre i quindicenni italiani
ed è pari al 73%.
Tra i rientrati, prevalgono i soggetti con un solo rientro (73% del totale rientrati) e, a seguire, quelli
con due (17%).
Considerando anche i rientri nelle strutture per adulti, la percentuale complessiva dei soggetti
rientrati arriva al 41% e aumenta lo scarto tra italiani e stranieri: 68% e 22% rispettivamente;
valgono le stesse osservazioni fatte in precedenza in merito alla nazionalità ed all’età dei soggetti
in esame. Aumenta anche il numero di rientri, pur rimanendo prevalenti i casi in cui se ne registra
uno solo (37%) o due (24%).
Tabella 10 - Soggetti entrati in IPM nell’anno 2001 e soggetti successivamente rientrati in un Istituto penale
per i minorenni e in strutture penali per adulti, secondo l’età al 2001 e la nazionalità. Situazione al 21 marzo
2008.
Italiani
Rientri in IPM
Età al 2001
14 anni
15 anni
16 anni
17 anni
giovani adulti
Totale
N. soggetti
18
59
122
216
135
550
N. soggetti
rientrati
6
31
42
45
25
149
Rientri in IPM e in IP adulti
% rientrati
su totale
33%
53%
34%
21%
19%
27%
N. soggetti
rientrati
10
43
81
142
96
372
% rientrati
su totale
56%
73%
66%
66%
71%
68%
53
Stranieri
Rientri in IPM
Età al 2001
N. soggetti
N. soggetti
rientrati
20
19
26
16
1
4
86
102
152
203
215
54
47
773
14 anni
15 anni
16 anni
17 anni
giovani adulti
n.r.
Totale
Rientri in IPM e in IP adulti
% rientrati
su totale
20%
13%
13%
7%
2%
9%
11%
N. soggetti
rientrati
26
30
42
56
12
4
170
% rientrati
su totale
25%
20%
21%
26%
22%
9%
22%
Totale
Rientri in IPM
Età al 2001
N. soggetti
N. soggetti
rientrati
26
50
68
61
26
4
235
120
211
325
431
189
47
1.323
14 anni
15 anni
16 anni
17 anni
giovani adulti
n.r.
Totale
Rientri in IPM e in IP adulti
% rientrati
su totale
22%
24%
21%
14%
14%
9%
18%
N. soggetti
rientrati
36
73
123
198
108
4
542
% rientrati
su totale
30%
35%
38%
46%
57%
9%
41%
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Grafico 8 – Incidenza percentuale dei soggetti rientrati in IPM per nazionalità ed età al 2001.
Rientri in IPM
Rientri in IPM e in I P adulti
60%
50%
40%
30%
20%
10%
53%
34%
33%
2 0%
13%
13 %
0%
14 anni
15 anni
Italiani
16 anni
21%
7%
19%
2%
17 anni 18 anni e
oltre
Stranieri
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
73%
5 6%
25 %
2 0%
14 anni
15 anni
Italiani
66 %
6 6%
21%
16 anni
2 6%
71%
22%
17 anni 18 anni e
oltre
Stranieri
54
Grafico 9 – Soggetti rientrati in IPM: composizione percentuale secondo il numero di rientri.
Rientri in IPM
4 rientri
1%
5 rientri
0%
Rientri in IPM e in IP adulti
6 rientri
2%
3 rientri
7%
5 rientri
6%
6 rientri e
più
8%
1 rientro
37%
4 rientri
11%
2 rientri
17%
1 rientro
73%
2 rientri
24%
3 rientri
14%
In presenza dell’informazione relativa agli ingressi nel periodo precedente il 2001, l’analisi è stata
ripetuta considerando soltanto i soggetti entrati in IPM nell’anno 2001 per la prima volta.
Come si può osservare dalla tabella 11, il loro numero è pari a 1.082; nonostante la diminuzione
maggiore riguardi i diciassettenni e i giovani adulti, l’età al primo ingresso continua ad essere
prevalentemente quella dai sedici anni in poi (82% degli italiani e 64% degli stranieri); alcuni
soggetti entrano per la prima volta da maggiorenni (15% degli italiani, 6% degli stranieri).
Per quanto riguarda le percentuali di rientrati, risultano più basse di alcuni punti percentuali rispetto
a quelle in precedenza osservate: per gli italiani, 24% limitatamente agli IPM, 60% considerando
tutti gli istituti penali. I valori più alti continuano a riguardare i quindicenni italiani (48% se si
considerano soltanto gli IPM, 72% se si considerano tutti gli istituti penali).
Grafico 10 – Soggetti entrati in IPM per la prima volta nel 2001: composizione percentuale secondo l’età
all’ingresso. Italiani e stranieri.
Italiani
giovani
adulti
15%
17 anni
39%
14 anni
5%
Stranieri
15 anni
13%
16 anni
28%
giovani
adulti
6%
14 anni
15%
17 anni
30%
15 anni
21%
16 anni
28%
55
Tabella 11 - Soggetti entrati in IPM nell’anno 2001 per la prima volta e soggetti successivamente rientrati in
un Istituto penale per i minorenni o in strutture per adulti, secondo l’età al 2001 e la nazionalità. Situazione al
21 marzo 2008.
Italiani
Rientri in IPM
Età al 2001
14 anni
15 anni
16 anni
17 anni
giovani adulti
Totale
N. soggetti
18
50
109
157
58
392
N. soggetti
rientrati
6
24
34
22
10
96
Rientri in IPM e in IP adulti
% rientrati
su totale
33%
48%
31%
14%
17%
24%
N. soggetti
rientrati
10
36
68
87
36
237
% rientrati
su totale
56%
72%
62%
55%
62%
60%
Stranieri
Rientri in IPM
Età al 2001
14 anni
15 anni
16 anni
17 anni
giovani adulti
nr
Totale
N. soggetti
98
138
182
193
37
42
690
N. soggetti
rientrati
16
14
17
12
1
1
61
Rientri in IPM e in IP adulti
% rientrati
su totale
16%
10%
9%
6%
3%
2%
9%
N. soggetti
rientrati
22
22
28
41
5
1
119
% rientrati
su totale
22%
16%
15%
21%
14%
2%
17%
Totale
Rientri in IPM
Età al 2001
14 anni
15 anni
16 anni
17 anni
giovani adulti
nr
Totale
N. soggetti
116
188
291
350
95
42
1.082
N. soggetti
rientrati
22
38
51
34
11
1
157
Rientri in IPM e in IP adulti
% rientrati
su totale
19%
20%
18%
10%
12%
2%
15%
N. soggetti
rientrati
32
58
96
128
41
1
356
% rientrati
su totale
28%
31%
33%
37%
43%
2%
33%
Fonte dei dati: elaborazione su dati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
56
Grafico 11 – Incidenza percentuale dei soggetti rientrati per nazionalità ed età al 2001.
Rientri in IPM
Rientri in IPM e in I P adulti
60%
50%
40%
30%
20%
48%
3 3%
10%
0%
31%
16%
10%
14 anni
15 anni
14%
9%
16 anni
Italiani
6%
17%
3%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
17 anni 18 anni e
oltre
72%
5 6%
6 2%
22 %
16%
15%
14 anni
15 anni
16 anni
Stranieri
Italiani
62 %
55%
2 1%
14%
17 anni 18 anni e
oltre
Stranieri
Grafico 12 – Soggetti rientrati in IPM e in strutture penali per adulti: composizione percentuale secondo il
numero di rientri.
Rientri in IPM
4 rientri
1%
5 rientri
0%
Rientri in I PM e in IP adulti
5 rientri
4%
6 rientri
1%
6 e più
rientri
7%
4 rientri
10%
3 rientri
6%
2 rientri
17%
1 rientro
75%
3 rientri
13%
1 rientro
43%
2 rientri
23%
Approfondimento sui soggetti di nazionalità italiana
Sulla base delle considerazioni già fatte in merito ai dati relativi ai minori stranieri, si è ritenuto di
limitare i successivi approfondimenti ai soggetti di nazionalità italiana.
In particolare, sono state elaborate le tavole di contingenza riportate nell’Allegato 3, in cui viene
delineato il profilo dei minori italiani con successive esperienze di carcerazione per reati commessi
da minori e da adulti sulla base delle loro caratteristiche personali.
L’analisi è stata effettuata considerando i soggetti di nazionalità italiana entrati in IPM nel 2001 per
la prima volta, risultati pari a 392 (tabella 11, sezione italiani, totale relativo alla seconda colonna) e
prendendo in esame tutti gli eventuali successivi rientri in IPM e in istituti per adulti.
Si deve precisare che il numero dei casi a disposizione e le relative informazioni non consentono
l’elaborazione di modelli attraverso i quali stimare il rischio di ritornare in un istituto penale; l’analisi
viene, quindi, limitata alla ricerca di relazioni statisticamente significative.
57
In particolare, dall’analisi delle tavole di contingenza riportate nell’Allegato 3, si osserva quanto
segue.
x
L’età al primo ingresso in IPM influenza significativamente la possibilità di rientrare in un
istituto per minori (le percentuali più alte si osservano per i ragazzi più giovani); la relazione
perde, invece, di significatività se l’osservazione viene estesa anche agli ingressi in istituti per
adulti. In quest’ultimo caso, le percentuali di soggetti rientrati sono superiori al 50% per tutte
le classi di età; i valori più bassi riguardano i quattordicenni (56%) e i diciassettenni (55%); il
valore più alto è riferito invece ai quindicenni (72%).
x
Con riferimento al sesso, prevale nettamente la componente maschile, che rappresenta il
97% del totale degli italiani entrati in IPM nel 2001. Il basso numero di casi femminili
nell’indagine limita le possibilità di analisi e, anche per questo motivo, la relazione tra sesso e
“rientro” non risulta essere significativa.
x
Sono risultate, invece, statisticamente significative le relazioni con aspetti quali la scolarità,
l’area di residenza, la posizione giuridica e il motivo di uscita dall’IPM, analizzate
considerando sia gli ingressi istituti penali per minori che quelli presso le strutture per adulti.
Per i soggetti che hanno completato la scuola dell’obbligo la percentuale di rientrati è risultata
più bassa (55%, contro il 65% di chi non ha un titolo di studio o ha conseguito soltanto la
licenza elementare).
Con riferimento all’area geografica di residenza, le percentuali più alte si sono osservate in
corrispondenza del Sud (70%) e delle Isole (59%); seguono il Centro (52%) e il Nord (intorno
al 50%).
La percentuale di rientrati è più alta tra i soggetti in espiazione di pena (73%) rispetto a quelli
in custodia cautelare (58%).
Infine, con riferimento ai motivi di uscita, gli indici più bassi si registrano per i soggetti usciti
per trasformazione della misura cautelare (38%) e per applicazione di misure alternative
(30%); quelli più elevati riguardano gli usciti per decorrenza dei termini della custodia
cautelare (71%), per espiazione della pena (80%) e per sospensione condizionale della pena
(78%).
58
IL PROGETTO STOP-CAR: LA RICERCA IN ITALIA
di Elisabetta Colla, Daniela Calmarini
INTRODUZIONE
Il Progetto Stop-Car, “Stop the deviant careers of young offenders”, realizzato nell’ambito del
Programma Agis, ha inteso promuovere un’attività di ricerca sulla recidiva dei minori che
commettono reati, rispetto alla quale esistono pochissime indagini, sia in termini statistici e di
monitoraggio, sia in ambito qualitativo. In particolare, il progetto ha cercato di individuare,
all'interno dei quattro paesi partners (Italia - presente con il Dipartimento Giustizia Minorile e con la
Cooperativa Sociale Oesse-Officina Sociale -, Portogallo, Germania e Romania) quali strategie
operative possano risultare maggiormente efficaci per ridurre il numero dei ragazzi che tendono a
commettere reati più volte nel corso della loro “storia”, fino a costruire una vera e propria carriera
deviante.
È noto che l'ingresso nel circuito penale per molti adolescenti può costituire l'avvio di una carriera
deviante: nell’età compresa fra i 14 e i 18 anni, ci sono giovani che entrano più volte in contatto col
sistema penale, mettendo in evidenza quanto sia difficile costruire azioni educative e trattamentali
"solide". Lavorare sulla recidiva con ragazzi di quella fascia di età vuol dire pertanto esercitare
un'attività di prevenzione terziaria, quella che, una volta conclamato il danno, deve ridurre il rischio
che l'evento-reato possa rinnovarsi. È necessario conoscere che tipo di recidiva connoti le azioni
devianti degli adolescenti, se esiste un’escalation in termini di qualità del crimine e di quantità dei
reati e, per prevenirne il rinnovarsi, è necessario validare i percorsi educativi in atto e riconoscere
quali fra le attività trattamentali adottate negli Istituti Penali e nelle Comunità per minorenni fra
quelle previste dalla normativa, in Italia così come nelle strutture minorili dei diversi paesi partner,
focalizzino il/i modello/i più adeguato/i in termini di prevenzione della recidiva.
Si è ritenuto pertanto importante, e doveroso, avviare un’ indagine trasversale sul tema della
recidiva e della formazione delle carriere devianti, nonché sulle principali questioni ad essa
collegate, prima fra tutte la difficoltà subito emersa di reperire dati statistici nei diversi paesi e,
soprattutto, di compararli. Ciononostante si è cercato di raccogliere inizialmente quante più
informazioni possibili sul tema (desk research), soprattutto di tipo qualitativo ed operativo, oltre a
materiali bibliografici, in aggiunta alle poche statistiche esistenti peraltro, come già detto, difficili da
comparare a livello di differenti paesi. Questi materiali hanno costituito la base per la successiva
ricerca sul campo (field research), che costituisce il più importante obiettivo del progetto.
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Quanto ai diversi step della ricerca sui temi della recidiva e delle carriere devianti, il Dipartimento
Giustizia Minorile (in particolare l’Ufficio Studi, Ricerche e Attività internazionali e l’Ufficio
Statistico), dato il suo ruolo di capofila nel progetto STOP-CAR, ha cercato di focalizzare
l’attenzione sugli aspetti chiave della ricerca emersi anche durante i meeting transnazionali.
Il progetto ha coinvolto, come diretti protagonisti, diversi paesi europei, in particolare l’Italia
(presente come istituzione capofila con il Dipartimento Giustizia Minorile, Ufficio Studi, Ricerche e
Attività Internazionali e con la Cooperativa Sociale Oesse), la Germania (con il CJD, Fondazione
del Villaggio della Gioventù Cristiana, di Eutin), il Portogallo (con l’Associazione Questão de
Equilibrio, di Setubal) e la Romania (con il Ministero della Giustizia - Servizio di Probation di Arad).
I diversi attori hanno cooperato in tutte le fasi del progetto, recando il proprio contributo alla luce
della propria esperienza e promuovendo così un reciproco arricchimento ed uno scambio di
pratiche significative a livello transnazionale.
La durata complessiva del progetto è stata di 24 mesi, e l’evento conclusivo, una Conferenza
Internazionale dal titolo “Stop the deviant careers of Juvenile Offenders”, si è svolta presso il
Centro Studi Europei di Nisida (Napoli), ed è stata finalizzata allo scambio dei dati raccolti, alla
condivisione delle sintesi di ricerca prodotte nei quattro paesi partners ed all’incontro di esperti
europei ed internazionali, con l’obiettivo di sviluppare pratiche di eccellenza e mettere a fuoco
modelli e strategie adeguati ai temi del progetto.
1. GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO DI RICERCA
Durante la realizzazione del progetto sono state implementate le attività previste in ciascun Paese
partner, con uno specifico focus sulle caratteristiche del paese stesso.
Ciascuna delle organizzazioni dei paesi partner si è infatti impegnata a produrre una scheda
esplicativa della situazione nazionale nel campo della Giustizia Minorile, finalizzata a raccogliere
le seguenti informazioni:
Ÿ Il sistema della giustizia minorile
Ÿ Le responsabilità penali e la soglia dell’imputabilità
Ÿ Il sistema penale per i minori
Ÿ Le misure cautelari e/o alternative
Ÿ Le tipologie delle diverse strutture dei servizi residenziali (centri di detenzione,
comunità).
Gli obiettivi e le finalità della ricerca sono stati stabiliti in piena coerenza con l’argomento oggetto
principale del progetto Stop-Car, focalizzandone le varie fasi nel corso del primo meeting
transnazionale tenutosi a Roma; fra i più importanti obiettivi previsti, si elencano:
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Ÿ Analizzare e comparare, laddove disponibili e confrontabili, dati ed informazioni,
indagando sul fenomeno della recidiva dei minori in ciascun Paese partner;
Ÿ Comparare differenti metodi educativi e di trattamento per giovani che commettono reati,
sia detenuti, sia che beneficino di misure alternative o cautelari;
Ÿ Individuare metodi educativi finalizzati a prevenire il perpetrarsi di reati commessi da
giovani di età compresa fra 14 e 18 anni;
Ÿ Esaminare i passaggi delle carriere devianti dei giovani recidivi;
Ÿ Coinvolgere i destinatari attraverso focus-groups, finalizzati a raccogliere casi ed
esperienze di vita sia degli adolescenti sia degli operatori;
Ÿ Descrivere e commentare la definizione di “re-ingresso” e “recidiva” nei quattro paesi
partner in base alle seguenti prospettive: analisi della definizione “formale” di recidiva;
analisi funzionale della recidiva in termini di numeri di re-ingressi negli Istituti Penali;
analisi della recidiva “operativa”;
Ÿ Realizzare uno scambio di pratiche significative e condividere alcune proposte di
modellizzazione per cercare di ridurre la recidiva dei minori;
Ÿ Costruire uno strumento socio/educativo, emergente dall’attività di ricerca sul campo, e
condiviso a livello transnazionale, che possa essere utilizzato dagli operatori con i ragazzi.
2. LA METODOLOGIA DELLA RICERCA
Vista la complessità del fenomeno analizzato, abbiamo privilegiato livelli differenziati di ricerca,
attraverso l’analisi di aspetti quantitativi e qualitativi, raccogliendo anche contributi diretti da parte
di operatori e minori detenuti.
In una fase preliminare, i partner hanno condiviso obiettivi e metodologie di azione del progetto e
costruito la struttura della ricerca, al fine di fornire un quadro del fenomeno oggetto di indagine e di
stabilire una griglia per raccogliere le informazioni. Questo è stato lo scopo principale della prima
fase (desk-research), durante la quale sono stati raccolti commenti sui dati statistici disponibili,
descrizioni dei sistemi di Giustizia Minorile nonché confronti sulle definizioni di “recidiva” adottate
ne Paesi Partner.
Sono riportate di seguito le metodologie di ricerca complessivamente utilizzate dai Paesi Partner:
Ÿ Desk-research
Ÿ Focus-group
Ÿ Interviste semi-strutturate
Ÿ Raccolta di casi (case-history)
Ÿ Modellizzazione
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Ogni partner ha selezionato, fra queste metodologie, quelle che meglio si adattavano alla
situazione locale, relativamente alla disponibilità di informazioni ed alla opportunità di ottenere la
massima cooperazione da parte di tutti gli stakeholder coinvolti nel progetto di ricerca.
Ciascun partner è stato complessivamente coinvolto ed ha condiviso le seguenti attività:
Ÿ Meeting Introduttivo (Roma) e pianificazione delle attività
Ÿ Messa a punto e condivisione di adeguati strumenti per la ricerca
Ÿ Raccolta dati e informazioni
Ÿ Elaborazione e comparazione dei dati
Ÿ Analisi della letteratura rilevante (desk-research)
Ÿ Focus-group ed interviste con operatori sociali, giudici, minori detenuti
Ÿ Meeting transnazionali (Portogallo, Germania, Romania)
Ÿ Raccolta di buone pratiche
Ÿ Compilazione di strumenti di monitoraggio
Ÿ Valutazione
Ÿ Conferenza finale
Ÿ Report narrativo finale e Disseminazione dei risultati
3. LE ATTIVITÀ DI RICERCA IN TALIA
Per ciò che concerne l’Italia, nello specifico, gli obiettivi del progetto sono stati raggiunti sia
attraverso la ricerca teorica che la ricerca sul campo, che ha privilegiato procedure di “ascolto
attivo”.
In particolare, quanto alla desk-research, sono state svolte le seguenti attività:
1) uno studio statistico sulla recidiva minorile a livello nazionale, sulle iscrizioni al Casellario
Giudiziale Centrale e sui minori entrati nei Centri di Prima Accoglienza e negli Istituti Penali per i
Minorenni;
2) una rilevazione ed analisi di casi (case-history) su giovani recidivi, raccolte precedentemente ai
focus-group con gli operatori ed i ragazzi detenuti;
3) la segnalazione di pubblicazioni e siti web relativi al tema della delinquenza minorile e della
recidiva minorile (studi, articoli e rapporti sui medesimi temi, a livello italiano e internazionale);
Quanto alla ricerca sul campo, sono state svolte le seguenti attività:
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I Focus-Group
Sono stati realizzati in totale 6 focus-group, con operatori, ragazzi ed autorità locali: i focus hanno
avuto un andamento standard e sono stati condotti con uno stile informale e non-direttivo da tre
ricercatori, uno con il compito di illustrare le attività del progetto e di motivare i partecipanti, l’altro
con una funzione istituzionale di contestualizzazione ed il terzo, come partecipante “silente”, con
funzione di registrazione e verbalizzazione dei dati.
1) 4 Focus-group con operatori a livello nazionale. Nel complesso sono stati coinvolti 32
professionisti dei Servizi della Giustizia minorile: educatori, assistenti sociali, psicologi degli Istituti
Penali per i Minorenni, degli Uffici di Servizio Sociale, dei Centri di Prima Accoglienza, delle
Comunità Educative e di una Casa Famiglia. Ciascun focus-group era composto da non più di 12
partecipanti e la durata media è stata di circa due ore.
2) 1 Focus-group con minori detenuti nell’Istituto Penale Minorile di Roma (Casal del Marmo). Ha
coinvolto 11 partecipanti maschi di età compresa tra i 14 ed i 17 anni.
3) 1 Focus-group con Autorità pubbliche. Ha coinvolto 2 operatori sociali e 1 assessore di due
Municipi del Comune di Roma (Municipio VII e XIII).
Nei Focus è stata utilizzata la seguente traccia orientativa (condivisa dai Paesi partners sia pur
diversamente adattata alle esigenze dei singoli attori europei), realizzata ed inviata in precedenza
sulla base di specifici punti di attenzione ed approfondimenti relativi ai temi della ricerca:
1) Dalle rilevazioni emergenti sulla recidiva dei minorenni e sulle carriere devianti effettuate nei
Servizi e dai case-history raccolti, riscontrate che vi sia concordanza con la vostra esperienza?
Che lettura dareste di questi fenomeni?
2) È possibile, sulla base della vostra esperienza, individuare tratti comuni di riconoscimento o
“predittivi” rispetto ai ragazzi che entrano più volte nel circuito penale ed alla costruzione di una
carriera deviante?
3) Quanto la percezione o l’incontro con la “carriera deviante”
orientano/condizionano la costruzione di un progetto educativo?
di
un
ragazzo
4) È possibile secondo voi ridurre la soglia di predittività “negativa” rispetto a certi ragazzi? Quali
sono gli strumenti, le tecniche e le prassi più in uso in questi casi, anche in relazione a tipi
d’utenza come ragazzi coinvolti nella criminalità organizzata ecc.? Quali possono essere delle
condizioni che favoriscono l’inversione di tendenza, es. dei correttivi organizzativi, di metodo,
d’intervento, ecc.
5) Sempre alla luce della vostra esperienza, che tipo di progetti educativi si fanno oggi con i
ragazzi che rientrano con una certa frequenza e quali nodi critici vedete in queste situazioni?
Esiste, secondo voi, un investimento serio da parte dell’Amministrazione su questi ragazzi
come per gli altri?
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6) Vi capita di avere delle “intuizioni” rispetto ai possibili reingressi di certi ragazzi e, facendo un
calcolo approssimativo delle probabilità, quali sono i margini di correzione interna?
7) Esistono, secondo voi, delle categorie di rischio o fattori individuali che aiutano gli operatori ad
individuare e ben inquadrare questi casi? La tipologia/specificità dei Servizi può svolgere un
ruolo nel rafforzamento di una carriera deviante o, eventualmente, amplificarlo?
8) Quali sono, infine, i nodi critici di questa problematica, rispetto all’Istituzione/Servizio e rispetto
all’essere Operatore.
La raccolta ed il confronto sui casi e sulle storie di vita dei minori, presentati nel corso dei focus,
hanno prodotto, fra i partecipanti dei diversi servizi e territori, riflessioni interessanti e significative,
che verranno approfondite meglio nel successivo capitolo sulle storie di vita.
Le Interviste alla magistratura: scenari attuali e soluzioni possibili
Altro strumento utilizzato nella ricerca è stato quello delle interviste semi-strutturate, proposte a
quattro giudici minorili, attivi nel sistema penale minorile (Tribunali dei Minorenni di Roma e
L’Aquila), in particolare un magistrato di sorveglianza e due procuratori per i minorenni.
Le interviste sono state preparate secondo le principali aree di interesse della ricerca ed
un’attenzione particolare è stata dedicata, all’inizio di ciascuna intervista, all’illustrazione degli
obiettivi della ricerca, con il preciso intento di creare empatia con l’intervistato per facilitare lo
scambio di informazioni.
Nel corso dei colloqui, l’intervistatore ha formulato specifiche domande sulla base di un elenco
semistrutturato predisposto in precedenza, e si è stabilita un’atmosfera cooperativa grazie
all’approccio aperto ed empatico adottato, che ha seguito alcune regole-base della comunicazione.
In diversi momenti gli intervistati si sono espressi liberamente al di là delle domande che venivano
poste loro. Ogni colloquio è durato non meno di 1 ora e 30’.
Un secondo ricercatore, che ha avuto essenzialmente il compito di registrare e trascrivere la
discussione, ha affiancato l’intervistatore chiedendo agli intervistati, ove necessario, di fornire
ulteriori chiarimenti ed approfondimenti.
Attraverso le domande poste ai magistrati si è cercato di comprendere, sulla base dell’esperienza
dei giudici minorili, come si costruisca la carriera deviante di un minore, se sulla spinta del mondo
adulto, o su carenze socio-educative generali, sul degrado e sulla miseria (o al contrario sul
benessere) o su tendenze di personalità dei ragazzi stessi.
Secondo uno degli intervistati ci sono 3 gruppi di ragazzi che reiterano il reato: un primo gruppo è
quello dei ragazzi nomadi che vengono mandati a rubare: “tu ne prendi uno e sai che ce lo avrai
dalla non imputabilità (cioè dalla minore età) fino alla maggiore età, dopo di che ‘scomparirà’”. Poi
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c’è il caso dei ragazzi che provengono da quartieri difficili, dove la delinquenza è più legata a forme
di bullismo e dove, chi non si comporta in un certo modo, “è fuori dal giro” (c’è la pressione dei pari
che hanno i maggiorenni come esempio e se i ragazzi non si comportano nello stesso modo sono
considerati degli “infami”). Il terzo gruppo è quello dei ragazzi con problemi di tossicodipendenza
(consumatori e piccoli spacciatori): “normalmente che li si prenda o meno, rischiano di compiere
ancora reati, perché fisiologicamente hanno bisogno di soldi”. Anche i ragazzi benestanti
commettono reati ma si tratta per lo più di episodi isolati: i minori che delinquono ma provengono
da famiglie-bene sono frutto della nostra epoca: “padri imbecilli fanno figli imbecilli che in ambienti
imbecilli fanno delle cose fuori dal mondo!”. Talvolta sono ragazzi arroganti e, nel momento in cui
vengono sorpresi, i genitori, invece di disperarsi, sembrano quasi orgogliosi del proprio figlio e
“difendono il cucciolo”. Si tratta di episodi che poi “scompaiono da soli” e in questi casi la recidiva è
quasi nulla (a meno che non ci sia un problema di droga). Sicuramente ci sono ragazzi che si
trovano in una situazione di vita disagiata, da non intendersi però in senso sociale o in relazione
alla povertà: il disagio è anche quello della famiglia “per bene”, che non riesce a seguirlo o a
comprendere certe situazioni. “Si può dire che i ragazzi che provengono da queste famiglie spesso
sono i più problematici e il loro reato è spesso una richiesta di auto. Se il ragazzo non viene
aiutato, c’è la reiterazione”.
Certamente per questi ragazzi il momento giurisdizionale è importante, fa loro molto effetto il fatto
di trovarsi in un’aula dove qualcuno li giudica “L’idea che qualcuno li giudica, fa paura ai ragazzi e
vedere i quattro giudici con la toga, infatti, li spaventa. Se anche all’inizio non vogliono fare la
messa alla prova, una volta arrivati in udienza invece la chiedono. In aula c’è dunque finalmente il
momento del riconoscimento dell’autorità.”
Secondo un altro dei giudici intervistati “è difficile formulare delle previsioni sui ragazzi se si tratta
del primo arresto: bisogna fare delle valutazioni il più possibile oggettive, più che soggettive,
perché sarebbe eccessivo pretendere che da un interrogatorio (per quanto allargato anche agli
aspetti ambientali e familiari) possano emergere dal punto di vista della personalità del minore
delle valutazioni (sempre in via prognostica e probabilistica) rispetto al fatto che questi possa
reiterare certe condotte.” Riguardo agli italiani, la linea adottata dai giudici è quella di evitare la
recidiva connessa al consumo di sostanze stupefacenti e, in questo senso, viene adottata una
linea rigorosa, cioè vengono applicate (a meno che il fatto non sia estremamente lieve) delle
misure contenitive (come la prescrizione e la permanenza), perché “si è visto che i ragazzi ai quali
si manda questo’“messaggio’ quasi mai ricadono”. Per i ragazzi di nazionalità rumena (ne sono
stati seguiti molti nel 2007) arrestati per la prima volta, una valutazione prognostica di recidiva “si
lega al fatto stesso che essi sono in Italia da soli, non hanno fonti di reddito né una dimora sia pure
provvisoria e compiono nella maggior parte dei casi dei delitti contro il patrimonio o furti nei
supermercati per prendere generi alimentari. Si è visto che in questi casi i “collocamenti in
comunità” si rivelano spesso inefficaci (“nonostante il fatto che questi ragazzi vivano di norma
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“sotto i ponti” in condizioni precarie non vogliono rimanere in comunità, preferiscono tornare al loro
degrado dopo poche ore o dopo pochi giorni, per cui la comunità finisce per diventare “l’anticamera
del carcere”). Ad essere più recidive sono le ragazze rumene piuttosto che i ragazzi, in base ad
un’idea precisa: le ragazze hanno alle spalle dei nuclei familiari che si avvalgono di soggetti di
sesso femminile per i furti negli appartamenti o per i borseggi, ad esempio, pensando che questo
procuri minor allarme sociale nelle persone. Nei reati di natura sessuale che riguardano anche gli
infra-quattordicenni (all’interno di ambienti quali quello delle scuole medie o delle parrocchie),
fortunatamente non in numero elevato, si cerca di scandagliare la personalità del minore per capire
(con perizie e con l’aiuto di persone esperte, perché dal solo interrogatorio non si riescono a
ricavare elementi probabilistici) se la struttura della personalità è tale da far considerare il fatto
episodico o meno. “Se non ci sono tratti di personalità preoccupanti si arriva alla messa alla prova,
lo strumento più idoneo a consentire il recupero quando c’è una adesione spontanea”. Per quanto
riguarda l’uso della mediazione penale, secondo gli intervistati, essa stenta a decollare. Si usa solo
nel caso di reati di minore rilevanza, quelli perseguibili a querela, quali le lesioni e le ingiurie, ma
quando si tratta di reati particolarmente gravi non funziona: “la mediazione ha più efficacia
all’estero che non in Italia, forse anche per la nostra mentalità: siamo in un paese in cui la
conflittualità è molto elevata, dunque la conciliazione fra imputato e vittima è più difficile”.
Secondo un altro magistrato, le ipotesi di predittività vengono di solito formulate dal CPA o
dall’USSM e la recidiva dipende molto dal tipo di reato commesso. C’è una forte presenza di rom
stanziali che compiono reati specifici (prima erano reati contro il patrimonio, ora soprattutto relativi
a droga e finalizzati al controllo del territorio); c’è un grave problema di prostituzione minorile
(femminile e maschile) e un forte problema di tossicodipendenza che induce allo spaccio. “Dunque
la predittività è dovuta o alla situazione familiare in cui vive il minore, o a cause contingenti, o alla
tossicodipendenza. Ci sono anche altri tipi di reati, ma in quel caso fortunatamente si riesce a
intervenire e a impedire la recidiva. Sempre più frequente è il reato di abuso sessuale di gruppo:
ogni anno si verificano circa 3-4 episodi di questo tipo, che a volte coinvolgono anche
maggiorenni”. In questi casi si riesce ad intervenire, nonostante l’iniziale parere contrario delle
famiglie e dei ragazzi, c’è una sorta di “cooptazione di messa alla prova” che dà buoni risultati,
grazie anche all’ottimo lavoro dell’USSM. Non avendo un ufficio di mediazione, la messa alla prova
viene usata come conciliazione (da questo punto di vista i minori abusanti sono più disponibili,
mentre c’è maggiore resistenza da parte della parte offesa), anche al di là dei reati sessuali.
Altro elemento di predittività “negativa” è quella dei minori non accompagnati: “Anche se al 1°
reato tutti i ragazzi devono essere considerati nello stesso modo, ci sono alcuni indicatori che
fanno pensare che un ragazzo abbia più possibilità di altri di rientrare nel circuito penale: come i
minori non accompagnati, privi di adulti di riferimento (oltre a quelli che eventualmente li sfruttano)
e non radicati in un territorio. Ma tecnicamente il rischio di recidiva c’è solo quando il ragazzo è già
al 2° o 3° ingresso”. Ai ragazzi che sono in Italia da soli il sistema italiano non offre moltissime
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soluzioni, ci sono poche alternative al carcere: o non sono praticabili (tipo la permanenza in casa)
o sono poco da loro comprese in senso restrittivo (tipo il collocamento in comunità). Spesso il
carcere finisce per essere la risposta più immediata (laddove c’è effettivamente la recidiva, cioè c’è
stato un 2° o 3° ingresso).
Diverso è il caso dei nomadi, che di fatto sono italiani perché nati in Italia (anche se non lo sono
per la legge), per i quali c’è un elevato rischio di recidiva e questo si vede dalle denunce che
hanno avuto in precedenza come minori non imputabili, perché alcuni cominciano a commettere
reati quando sono molto piccoli. In questo caso le misure alternative sono praticabili: ad esempio la
permanenza al campo (dove c’è comunque un nucleo di riferimento) o il collocamento in comunità
(soprattutto nel caso di ragazze incinte o con figli piccoli, per evitare di far stare il bambino in
carcere). Sia nel caso dei minori non accompagnati che dei nomadi la recidiva riguarda sempre
reati di medio/scarso allarme sociale (furti o borseggi), è raro l’uso della violenza e non c’è grande
pericolosità.
La devianza, infine, secondo gli intervistati, “può dipendere anche da servizi territoriali che non
funzionano o da giudici che non sanno fare il loro lavoro: tutti gli interventi sbagliati peggiorano la
situazione!”.
Altra domanda posta ai giudici riguardava i tempi della Giustizia e la correlazione fra questi e il
reingresso di molti giovani nel circuito penale. Secondo gli intervistati “più è rapida la giustizia, più
la risposta è efficace: tutto sommato la situazione attuale in Italia è abbastanza soddisfacente
considerando che, come udienza preliminare, si stanno trattando i reati commessi non oltre un
anno e mezzo fa. Se i ragazzi sono sottoposti a misure, i tempi sono anche più rapidi.” Quanto
all’opportunità di ricorrere ai benefici, si entra nell’ambito discrezionale della valutazione
approfondita del giudice riguardo l’irrilevanza del fatto e il perdono giudiziale. “E questa attenta
valutazione è importante, perché avere questi benefici rapidamente potrebbe anche indurre nel
ragazzo una sensazione di impunità, venendo essi interpretati come una risposta “debole” da parte
delle istituzioni. I benefici devono essere infatti concessi nei casi in cui la recidiva sia ritenuta
improbabile. “
Riguardo al ricorrere di tratti di personalità nei ragazzi recidivi, i giudici ritengono sia difficile
generalizzare ma “si può dire che chi non ha avuto un precedente contatto con i CPA e le strutture
carcerarie vive il processo diversamente da chi lo vive con una privazione della libertà. In
quest’ultimo caso il ragazzo può reagire con spavalderia (che è spesso sintomo di fragilità),
timidezza, aggressività, o isolandosi. Per chi è a piede libero l’impatto con il processo è molto più
soft (specie se il ragazzo è sostenuto dai servizi e dalla famiglia). In questo caso il ragazzo è più
sé stesso.”
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Fra le soluzioni percorribili i giudici minorili indicano “un maggiore sostegno agli operatori del
servizio sociale, ed il potenziamento dei servizi territoriali (dei Comuni) - perché affidare tutto
all’Ussm è utopistico se si pensa che a Roma a metà anno sono pervenuti, con richiesta di rinvio a
giudizio (per cui c’è già un presupposto di colpevolezza), più di 1000 procedimenti con altrettanti
ragazzi da giudicare” – e dei Centri di Mediazione Penale.” Sono altresì auspicati interventi di
natura politica (“la proposta di aumentare il numero di magistrati non è risolutiva, almeno a Roma,
magari altrove si “) e sensibilizzate le istituzioni scolastiche perchè spesso “i dirigenti scolastici,
che avrebbero l’obbligo giuridico di effettuare delle segnalazioni, temono che un reato accaduto a
scuola offuschi l’immagine dell’istituto, per cui a volte compiono indagini interne e cercano di non
far trapelare notizie all’esterno”. Ovviamente ci vuole prudenza, per non arrivare a criminalizzare
qualunque episodio anomalo.
Sarebbe necessario potenziare gli Ussm, che vivono spesso situazioni di disagio molto forti. Inoltre
la rete territoriale è “personale”, cioè funziona solo in virtù delle conoscenze e relazioni fra singole
persone. “Se la rete funzionasse sempre, moltissimi processi potrebbero chiudersi prima.
All’interno della rete non c’è raccordo, anzi a volte c’è addirittura scontro. C’è anche un problema
di formazione del personale: l’Ussm è specializzato, il territoriale no (fa fatica a capire il rapporto
fra civile e penale, non accetta l’intervento dell’Ussm sulla parte offesa quando si tratta di reati di
natura sessuale).”
Secondo uno dei giudici, dovrebbe essere fatto di più a livello di prevenzione, soprattutto per gli
stranieri: “molti reati non verrebbero commessi se ad esempio ai ragazzi nomadi fosse data la
possibilità di frequentare regolarmente la scuola o di essere regolarizzati in Italia (si favorirebbe un
processo di integrazione che permetterebbe un abbassamento della recidiva)”. Andrebbero
aumentate le risorse per le comunità e dovrebbero essere attivate maggiori risposte per i ragazzi
tossicodipendenti o con problemi di tipo psichiatrico/di doppia diagnosi, per i quali mancano
strutture adeguate.
“A livello legislativo - ha affermato infine uno degli intervistati - da anni penso che il giudice
dovrebbe poter pronunciare subito la condanna e che l’esecuzione pena dovrebbe essere sospesa
grazie ad una ordinanza di messa alla prova (se questa dovesse andare male, si ritornerebbe alla
esecuzione pena). Questo perché attualmente la messa alla prova per molti ragazzi è
incomprensibile (per il fatto che essa comporta l’estinzione del reato). In questo modo il percorso
sarebbe più chiaro e comprensibile per i ragazzi, il messaggio sarebbe più forte e ci sarebbe una
maggiore responsabilizzazione nei casi di reati gravi, cioè con la messa alla prova si
estinguerebbe la pena ma non il reato (si tratterebbe di una sorta di anticipazione dell’affidamento
in prova), ma questa è una mia idea”.
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4. ALCUNI RISULTATI
Si propongono di seguito, in forma breve e schematica, i principali elementi qualitativi emersi dalla
ricerca “sul campo”, in particolare dai focus-group e dalle interviste:
Sono stati presi in considerazione due tipi di approccio alla recidiva minorile:
ƒ
dal punto di vista giuridico;
ƒ
dal punto di vista “operativo”.
Sono state identificate due forme di recidiva:
1) A breve termine: in questo caso la recidiva è legata ad un fatto specifico (lutto, perdita, trauma)
e ad un periodo ben definito: è una recidiva temporanea, determinata da fattori psicologici ed
emotivi, che potrebbe essere connessa alla giovane età, al periodo dell’adolescenza, e svanire con
la crescita. È un momento di crisi, che assume le sembianze di un comportamento trasgressivo
legato a difficoltà evolutive.
Nella maggior parte dei casi è riferita ai ragazzi italiani: spesso commettono più reati nel corso di
uno stesso anno, ma non approdano a una carriera deviante. E’ questo il tipo di recidiva minorile
più ricorrente.
2) A lungo termine: è una recidiva più strutturata, collegata a fattori sociali e ambientali (come ad
esempio una famiglia che induce a stili di vita devianti, o vive in periferie degradate o con problemi
sociali, con facile inserimento in circuiti di crimine organizzato).
Atteggiamenti ricorrenti dei giovani verso il reato:
Emergono alcuni atteggiamenti caratteristici, di carattere psicologico e socio-ambientale, che
ricorrono in molti dei giovani che commettono reati,:
1) La scissione tra sé e l’atto compiuto, che resta in qualche modo estraneo, esterno (forma di
disimpegno morale e auto-giustificazione): è propria soprattutto dei ragazzi italiani.
2) La ricerca della propria identità nell’ambito dell’atto/reato, che diventa qualcosa di cui andar
fieri, ad esempio nel caso dei ragazzi nomadi (devono apprendere ad analizzare l’azione che
compiono).
3) Alcuni giovani sono indirizzati/abituati a una carriera deviante. Sono i ragazzi con cui è più
difficile lavorare.
4) Altri la perseguono poco a poco, attraverso esperienze amicali con adolescenti a rischio. In
questo caso gli operatori sociali hanno più spazio per lavorare e possono intervenire con
maggior efficacia.
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Indicatori del rischio di recidività nei giovani:
Si tratta di specifiche condizioni di contesto sociale, culturale ed economico che incoraggiano i
giovani a commettere reati e determinano i passaggi per diventare un reo “recidivo”, secondo la
prospettiva degli operatori e dei giudici:
Indicatori “esterni”
x
Mancanza di riferimenti familiari o di figure adulte di riferimento:
¾ nomadi > difficili da agganciare in un discorso rieducativo, atteggiamento predatorio,
sfuggenti in comunità, forte rischio di sradicamento;
¾ stranieri > la clandestinità, la condizione di “non accompagnato”, il non avere una
fissa dimora. Spesso il reato è commesso per raggiungere un certo stile di vita (non
criminoso), una volta tornati nel paese d’origine (acquistare una casa, dar vita ad
un’impresa privata, ecc.)
¾ italiani > famiglie disgregate, violente o inconsistenti. I giovani nel nostro paese
commettono reati sempre meno per motivi legati alla povertà, spesso per il gusto
della trasgressione o del consumo di beni di lusso. Così mentre gli stranieri
commettono crimini perché spesso hanno un “progetto di vita”, molti dei ragazzi
italiani spesso non ne hanno nessuno;
¾ elementi genitoriali che possono favorire la recidiva: padre in prigione o con basso
livello di autorità, madre educativamente debole o con problemi di salute, famiglie
con genitori separati o divorziati, genitori single, famiglie che delegano
completamente la propria autorità educativa ai Servizi sociali o della Giustizia.
x
Basso livello di istruzione o nessuna possibilità di essere coinvolto in attività di alcun tipo,
come studio (abbandono scolastico precoce) o lavoro
x
Istituzionalizzazione precoce
x
Appartenenza a un gruppo/campo nomade, con difficoltà ad impegnarsi nelle attività
educative o rieducative;
x
Dipendenza da sostanze, circuito dello spaccio e della prostituzione;
x
Forte richiamo e pressioni delle culture di appartenenza (es. ragazze rom che avviano un
percorso ma poi ricadono per le pressioni dell’ambiente di origine); desiderio di accettazione
sociale dei gruppi di riferimento;
x
Coinvolgimento in una spirale “circolare” di commissione di reati;
x
Incapacità del mondo adulto di proporre un sistema normativo-valoriale solido.
x
Altre esperienze educative fallimentari.
70
Indicatori “Interni”
x
Difficoltà a costruire una relazione, per problemi di anaffettività e svalorizzazione dell’adulto e
delle istituzioni
x
Bassa percezione del rischio e della gravità delle azioni commesse, tendenza a minimizzare;
x
Bassa capacità di analizzare le azioni comesse
x
Disturbi della personalità e del comportamento
x
Traumi infantili
x
Scarsa percezione del rischio e della gravità delle proprie azioni.
Indicatori “collegati al reato”
x
Commettere reati all’interno di una banda o di un’organizzazione
x
Commettere crimini contro la “proprietà” (furto, rapina) o reati in ambito sessuale
x
Non ottenere misure cautelari legate ad un preciso progetto educativo individualizzato
x
Avere difficoltà nell’attribuirsi le responsabilità del reato e nel comprendere le sue
conseguenze
ƒ
Assenza di proposte accattivanti “fuori” dal circuito penale e di possibilità di lavori utili e pagati
in modo equo
x
Assenza di opportunità in grado di sostituire e proseguire quelle offerte dal Sistema Giustizia
Minorile nel corso del progetto educativo.
Come invertire alcuni trend negativi legati alla “recidiva” minorile:
Si è cercato di isolare alcuni elementi, condizioni, misure e strumenti “ricorrenti” individuati nel
corso della ricerca come utili ad un’inversione di tendenza nella reiterazione di reati minorili, in altre
parole, come si dice in letteratura: “what works and with who”.
1. Quali elementi possono aiutare ad invertire i trend negativi?
x
x
x
x
x
Seguire l’intero iter che il ragazzo compie all’interno dei Servizi: oggi se ne perdono le
tracce fra un Servizio e l’altro
Modificare l’attuale sistema delle Comunità: il collocamento in comunità non è più una
risposta efficace ma generica, soprattutto nel caso dei minori stranieri
Conoscere e smantellare alcuni “progetti e percorsi migratori”
Creare relazioni di fiducia, perché i ragazzi possano iniziare a fidarsi delle istituzioni
Velocizzare i tempi della Giustizia.
71
2. Quali condizioni e misure sono necessarie?
x
x
x
x
x
x
x
x
Progettare programmi d’intervento basati su assessments ed armonizzare gli interventi dei
Servizi
Costruire approcci nuovi più rispondenti alle nuove utenze
Per gli stranieri: formare dei mediatori culturali efficaci
Lavorare sull’identità, sull’implementazione delle abilità sociali e sull’integrazione
relazionale
Implementare il monitoraggio della tenuta educativa oltre i 18 anni
Aumentare le competenze culturali degli operatori
Revisionare gli stili educativi
Dotarsi di strumenti di valutazione del fenomeno sul lungo periodo.
Strumenti indicati come fondamentali per ridurre la recidiva:
A.
x
x
x
x
x
x
x
ƒ
x
x
x
Accompagnamento educativo (costoso perchè ad personam)
Educatori di strada
Rinforzo della prevenzione
Incremento delle risorse (umane ed economiche)
Lavoro integrato di rete
Lavoro complessivo sulla responsabilità personale
Sostegno ai genitori dei ragazzi che entrano più volte nel circuito penale
Aggancio ed incremento delle azioni di after-care con agenzie/attori locali;
Sostenere i processi d’integrazione nelle famiglie dei minori stranieri (regolarizzazione,
integrazione scuola/lavoro, protocolli con i paesi d’origine)
Attivazione/incremento della supervisione (utile a contenere le proiezioni degli operatori,
per evitare di considerare i minori recidivi come “senza speranza” o non accettarne limiti,
carenze o difficoltà personali, lavorare sulle emozioni degli operatori, considerandole come
risorse e non come ostacoli)
Attivazione d’interventi di follow-up per i giovani rei.
B.
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
Orientare e preparare la transizione tra il carcere e la libertà, insegnando i diritti sociali,
promuovendo la formazione professionale e le azioni culturali
Sviluppare l’offerta di formazione/lavoro per giovani rei (talvolta mancano offerte
competitive sul mercato del lavoro)
Sviluppare gli interventi sulle abilità relazionali (gestione dell’aggressività e della
frustrazione)
Dare attenzione allo sviluppo delle competenze lavorative e sociali dei giovani del circuito
penale.
5) ELEMENTI DI CRITICITÀ EMERGENTI
Si riportano alcuni fra i principali elementi di criticità emergenti dalla ricerca.
72
a. La cooperazione con altre amministrazioni/istituzioni (condizioni di lavoro):
x
Gli operatori riscontrano lacune nel lavoro di rete sul territorio o negligenze, dovute
all’inadeguatezza delle risorse umane ed agli scarsi mezzi economici per finanziare gli
interventi, spesso realizzati senza una corretta pianificazione;
x
C’è talvolta mancanza di continuità nel tutoraggio del giovane tra i servizi di giustizia e
quelli territoriali; possono determinarsi carenze o duplicazione di interventi;
x
Vi sono difficoltà pratiche nell’interazione tra i servizi di giustizia e quelli territoriali (difficoltà
nel trovare il giusto interlocutore, lentezze burocratiche nell’invio di documenti ufficiali,
difficoltà nell’ottenere le autorizzazioni per missioni lavorative esterne, etc.);
x
Altre volte vi sono esempi di buone pratiche e un eccellente lavoro di rete (ad es. le Unità
Territoriali dei Municipi - UIM o i Protocolli d’intesa), anche se raramente le reti esistenti tra
organizzazioni diverse sono formalizzate;
x
Talvolta è difficile realizzare indagini sociali senza adeguata collaborazione da parte degli
altri servizi;
x
L’efficacia delle azioni è spesso demandata alla buona volontà degli operatori della
giustizia che effettuano anche interventi basandosi sulle proprie abilità e risorse personali.
b. Altre riflessioni critiche:
x
Gli strumenti usati nell’intervento psicologico sull’identità del minore sono più tarati sugli
italiani (andrebbero meglio adattati alle caratteristiche dei ragazzi stranieri);
x
Gli operatori dei servizi di giustizia impiegano troppo tempo nella ricostruzione delle notizie
e dei precedenti del ragazzo (le relazioni/i fascicoli sui casi spesso non sono condivisi fra i
servizi);
x
La comunità spesso non è una soluzione adeguata (soprattutto per i minori stranieri non
accompagnati) poiché rischia di diventare un palliativo o una soluzione di contenimento,
nonché di determinare una crisi d’identità o il rinforzo del senso di sradicamento culturale
(nomadi);
x
Il mediatore culturale spesso è coinvolto in modo saltuario e/o estemporaneo e quindi
necessita di maggiori competenze culturali;
x
C’è mancanza di prevenzione della dispersione scolastica e scarsità di diagnosi precoce
dei disturbi della personalità, a partire dalla scuola materna;
x
Si avverte spesso mancanza di fiducia nei confronti degli operatori dei servizi sociali del
territorio;
x
Esistono poche comunità per giovani tossicodipendenti;
x
Sono in numero esiguo le proposte da parte dei servizi sociali locali a favore dei giovani
dopo i 18 anni (mancanza di progettualità);
x
La collaborazione con le famiglie d’origine dei ragazzi è inadeguata;
73
x
C’è un numero inadeguato di educatori di strada (i servizi devono “andare dai giovani”, non
viceversa);
x
Il sistema giudiziario opera secondo schemi troppo rigidi e non sempre adatti ai minori;
x
Esistono tempi diversi tra la giustizia e i servizi per i minori (è necessario abbreviare i
percorsi penali per evitare l’impunità); c’è incertezza dei tempi di risoluzione dei giudizi;
x
Si avverte un forte senso di impotenza e scarsa efficacia dei servizi (necessità di tempi e
spazi dove l’operatore possa ricostruire la propria identità/identificazione/appartenenza al
servizio;
x Sono insufficienti le operazioni di mediazione fra la cultura del ragazzo e quella
dell’operatore (la cultura e i valori che questi propone al ragazzo possono spaventare). Di
contro, c’è la necessità dell’operatore di “mettere dei paletti” ed essere coerente con le
proprie convinzioni e valori;
x
A volte il sistema penale può ostentare sfiducia verso la capacità dei giovani ad
abbandonare la via del crimine, con il rischio di realizzare una “profezia che si auto-avvera”;
x
I corsi professionali interni agli IPM non hanno una ricaduta lavorativa esterna;
x
L’esigenza punitiva connessa alla reclusione del ragazzo (“la condanna“) talvolta viene
mitigata dalla misura con cui un giovane viene rilasciato (“la messa alla prova“): questa
risposta finisce per diventare collusiva con il suo modello di comportamento criminale;
x
E’ impossibile seguire lo sviluppo del minore al momento della sua fuoriuscita dai servizi di
giustizia, soprattutto quando questi diventano maggiorenni.
6 . Elementi per una più efficace azione organizzativa e d’intervento:
Sono stati evidenziati, nel corso dell’ndagine, alcuni punti-chiave intorno ai quali riflettere ed
orientare futuri ambiti di ricerca. Tali elementi possono concorrere all’aumento dell’efficacia sia
in ambito di progetti educativi, sia in ambito organizzativo-sistemico.
1. BUONE PRATICHE EDUCATIVE
Alcuni esempi di buone pratiche educative:
¾ Accompagnamento educativo > seguire i giovani per l’intera giornata, come fosse un
sostegno familiare. Costoso perché individualizzato ma efficace.
¾ Supervisione su casi specifici > gli operatori possono avere un supporto nel lavoro
con i minori e le famiglie.
2. STILI EDUCATIVI
¾ Responsabilità e cura
¾ Progetto di accompagnamento e di vita > reintegrazione sociale
¾ Motivazione all’operare > assistenza organizzativa
3. SISTEMI ORGANIZZATIVI
¾ Devono essere organici agli stili educativi
¾ Devono generare comunità di pratica (Lave & Wenger)
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4. MODELLI DI INTERVENTO
¾ Per migliorare attività, iniziative e stili di lavoro in un ambiente sociale è necessario
migliorare le relazioni tra:
ƒ Direttori e operatori
ƒ Minorenni autori di reato e operatori
ƒ Operatori tra di loro, etc...
Tutto ciò richiede lo sviluppo di strumenti individuali e sociali,
In particolare:
Strumenti individuali:
ƒ
Dare attenzione sufficiente all’apprendimento comportamentale (abilità sociali) oltre che a
programmi incentrati sul mercato del lavoro e sull’educazione
ƒ
Essere consapevoli del fatto che lo stile di vita e i modi di vivere dei giovani non sono
sempre simili allo stile di vita del ceto “medio” e sono destinati ad evolversi
ƒ
Fare ricorso alla valutazione del rischio al fine di redigere piani d’azione individualizzati
(salute, alloggio, abuso di sostanze, scuola/lavoro, reddito, famiglia e assistenza) in
relazione al grado di bisogno
ƒ
Fornire ai giovani opportunità di formazione professionale e coinvolgerli in percorsi di
orientamento al lavoro.
Strumenti sociali:
ƒ
Pilotare la transizione dal “dentro” al “fuori” dal carcere, nel mondo esterno
ƒ
Coinvolgere genitori e altri reti sociali nel reinserimento sociale dei giovani
ƒ
Costruire reti con organizzazioni private ed educative
ƒ
Coinvolgere, sin dalle prime fasi, partner esterni e servizi di comunità nella realizzazione di
piani individuali post-assistenza
ƒ
Gestire e guidare il reinserimento dei giovani per congrui periodi dopo l’uscita dal carcere
ƒ
Sviluppare la mediazione civile e penale in ambito minorile.
Alcuni riferimenti bibliografici
De Ambrogio U. (a cura di), Valutare gli interventi e le politiche sociali, Carocci, Roma, 2003.
De Leo G., Patrizi P., De Gregorio E., Analisi dell’azione deviante: contributi teorici e proposte di metodo, Il
Mulino, 2004.
Baraldi C., Rossi E., La prevenzione delle azioni giovanili a rischio, Franco Angeli, Milano, 2002.
Bruner J., La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 2000.
Zara G., Le carriere criminali, Giuffré, Milano, 2005
75
I FOCUS GROUP E LE STORIE DI VITA: UN TENTATIVO DI SINTESI RISPETTO AI DATI
EMERSI
di Paola della Rovere e Valentina Zuliani
Premessa
Il lavoro svolto sul tema della recidiva da parte del gruppo di psicologi, educatori ed assistenti
sociali che hanno partecipato ai focus group del Progetto europeo Stop-Car, ha incluso l’analisi di
casi di minori seguiti nel corso degli anni, casi caratterizzati, in prima istanza, da un unico
elemento comune: la reiterazione del reato.
Successivamente si è tentato di “leggere” questi casi alla luce della loro storia di vita per poi trarne
delle valutazioni che, nel quadro d’insieme, potessero offrire spunti di riflessioni comuni.
I due casi che verranno illustrati più avanti riguardano due minori (Pasqualina e Marco) seguiti
dall’Ufficio Servizio Sociale per i Minorenni (U.S.S.M.) di Roma, in quanto residenti l’una, appunto
a Roma, l’altro nella provincia di Latina, città nella quale si trova una sezione staccata del sopra
citato Servizio Sociale.
Pasqualina e Marco sono stati individuati già nella fase di lavoro del focus-group, in quanto
apparsi particolarmente emblematici rispetto al tema della recidiva per la compresenza di
particolari caratteristiche socio-ambientali, personali, familiari e psicologiche. Per questo motivo,
una volta ricostruite le loro storie di vita, se ne è tentata una analisi, individuando i fattori che, a
livelli diversi, sembrerebbero predisponenti rispetto al rischio di reiterazione dei reati.
Nella seconda parte si è cercato, invece, dopo un’attenta analisi delle storie di vita dei minori
provenienti dagli altri Servizi, di offrire una sintesi di quanto emerso dal lavoro dei colleghi, per poi
tentare una lettura critica che conferisse senso unitario a tutti i contributi.
Focus Group e Storie di vita
Le storie di vita raccolte complessivamente sono state inviate da alcuni tra i Servizi minorili che, a
livello nazionale, hanno partecipato ai focus group: si tratta prevalentemente di minori italiani
residenti nel sud e nel centro Italia. Mancano, invece, le storie di vita dei minori seguiti dai Servizi
delle regioni del nord e questo, probabilmente, rende il campione, e la conseguente analisi,
parziale. Non si è così stati in grado di valutare quanto il contesto geografico e lo sviluppo
economico-sociale, offrendo più opportunità lavorative e una diversa presenza di servizi e di
struttura di assistenza alla persona, possano condizionare l’eventuale commissione e reiterazione
di reati.
Dalla lettura del materiale pervenuto sembra emergere una visione classica della recidiva in cui gli
elementi salienti continuano ad essere principalmente la precarietà economica, il degrado socio
ambientale, la non necessaria ma frequente familiarità con ambienti devianti, le difficili relazioni
interpersonali.
Nonostante la percezione degli operatori sia quella di una devianza che taglia trasversalmente le
classi sociali, tale percezione sembrerebbe confermata prevalentemente nei casi di commissione
di un solo reato, ma non di un carriera recidivante. Si potrebbe ipotizzare che i minori i quali hanno
possibilità di godere di maggiori risorse economiche hanno, probabilmente, maggiore facilità di
accesso ai servizi (anche privati), e maggiori capacità di cogliere occasioni di cambiamento. Essi
hanno, cioè, la possibilità di confrontarsi con una “prospettiva di cambiamento” che di solito è
preclusa a chi non dispone di mezzi sufficienti, né economici né culturali.
Fanno eccezione le storie di vita in cui la recidiva è collegata a disagi intrafamiliari o personali di
tipo psicologico o psichiatrico: in questo caso il comportamento deviante è sintomo di una
patologia che non necessariamente è collegata ad elementi ambientali. Più frequentemente, infatti,
il disagio, psichico o psicologico è uno degli elementi presenti nelle storie dei minori recidivi.
77
Da una prima analisi rispetto ai reati e alle modalità di commissione degli stessi, si osserva che,
nella totalità delle situazioni trattate, i reati sono compiuti in gruppo e per lo più si riferiscono ad
episodi di violenza tra pari: furti, tentati furti e rapine. È noto, infatti, quanto sia importante il
gruppo nella fase dell’adolescenza: l’appartenenza a un gruppo facilita il processo di svincolo dalle
figure genitoriali e la formazione di una propria identità attraverso la differenziazione.
Riguardo all'iter penale, si osserva che per lo più, i minori che reiterano reati presentano un
percorso penale iniziato precocemente, percorso che prende forma, spesso, ancor prima dell'età
dell'imputabilità, con i primi segnali di oppositività, trasgressione alle regole, insuccesso ed
abbandono scolastico. La risposta penale al primo reato appare cauta, l'arresto residuale. I tempi
processuali sono lunghi, per cui dal momento della commissione del reato all'udienza preliminare,
passano diversi mesi, nel corso dei quali spesso il minore, in assenza di una risposta penale
tempestiva, commette ulteriori reati. L’attività dei Servizi è scandita, per lo più, sui tempi
processuali; ciò comporta una frammentazione degli interventi che, inevitabilmente, perdono la loro
efficacia. La tendenza, da parte dei legali e della Magistratura stessa, ad accorpare i vari reati in
un unico procedimento, comporta frequenti rinvii di udienza che, a volte, diventano interminabili,
mentre la situazione penale si aggrava ulteriormente.
Tentando una sintesi degli elementi emersi nelle storie di vita si propone uno schema essenziale
diviso per aree che riprende quello presente nella documentazione inviata dai Servizi.
Fattori socio- ambientali
Ricorrono, tra questi fattori, il pauperismo economico e culturale, la precarietà abitativa, la
residenza in quartieri a rischio di devianza, la marginalità sociale. Il minore recidivo è, infatti,
incluso all’interno di contesti amicali adulti, spesso gravitanti nel mondo della devianza o anche
della criminalità organizzata, nei quali si sente accettato e riconosciuto nelle sue capacità.
Fattori familiari
Sono spesso presenti problemi di disagio di uno o di entrambi i genitori o di altri familiari
(alcolismo, tossicodipendenza, problemi psicologici o psichiatrici); conflittualità della coppia
genitoriale, violenza intrafamiliare, confusione dei ruoli all’interno della famiglia, disfunzione nelle
relazioni (simmetriche o collusive); prossimità o appartenenza di uno o più familiari a contesti
devianti o a criminalità organizzata.
In particolare, nelle storie presentate si rileva spesso una marcata presenza di famiglie
monoparentali, con un padre assente, oppure scarsamente presente, spesso pregiudicato che
incarna un modello di comportamento negativo, affetto, a volte, da tossicodipendenza ed
alcoolismo. La madre appare, per lo più una figura fragile e incapace di fornire regole e sistemi
valoriali. La violenza, come detto, è spesso presente all’interno del nucleo, o comunque ricorre nel
filone generazionale delle storie di ciascuno. La separazione dei genitori è riscontrata nella
maggior parte dei casi presentati.
Fattori inerenti la storia personale
Tra questi ricorrono i lutti, gli abbandoni familiari, le perdite simboliche (separazione dei genitori,
malattie dei genitori, distanza affettiva), i periodi di istituzionalizzazione ed allontanamento dal
contesto familiare, il precoce svincolo dalla famiglia o, al contrario, la precoce assunzione di ruoli
genitoriali all’interno del nucleo di origine
78
Caratteristiche psicologiche
Sono collegabili ad un modello di attaccamento disorganizzato che ostacola la ricerca di aiuto e
conforto ed incrementa l’esperienza di paura nei confronti dell’altro, vissuto come persecutorio. È
in tal modo amplificata la difficoltà di effettuare un intervento terapeutico per la tendenza, da parte
di questi minori, a confermare a se stessi l’ineluttabilità della loro solitudine e l’impossibilità di
essere aiutati. Mettono così duramente alla prova i rapporti interpersonali attraverso
comportamenti oppositivi, provocatori e reattivi, tale da impedire ogni possibilità di intervento.
Hanno per lo più un bassa soglia di tolleranza alle frustrazioni; prevale, quindi, il principio del
piacere su quello della realtà. La carente capacità metacognitiva impedisce la riflessione critica sui
loro comportamenti e sui loro stati mentali; ne consegue un agire impulsivo (acting-out), senza che
vi sia previsione rispetto alle conseguenze delle proprie azioni.
Riescono maggiormente a vivere nell’immediato e la disregolazione affettiva è spesso presente,
unitamente ad un deficit del pensiero simbolico.
L’attribuzione della causalità degli eventi è per lo più esterna e il modello relazionale è di tipo
competitivo-agonistico.
Si osservano, inoltre, stati d’ansia generalizzati, che spesso i minori definiscono con l’ espressione
“nervosismo”, stati che li inducono spesso a ricorrere, quale forma di “autocura”, all’uso di
stupefacenti. Il livello di autostima è per lo più basso; forte è il desiderio di appartenenza o di
identificazione, che consenta un processo di individuazione e dia maggiore forza ad un Io fragile e
spesso frammentato.
È da sottolineare che tutti gli aspetti sopra indicati sono spesso rilevabili nei minori che entrano nel
circuito penale e che non necessariamente reiterano il reato. È ipotizzabile, però, ed i casi lo
confermerebbero, che la compresenza di più fattori di rischio aumenti la vulnerabilità del minore e,
conseguentemente la possibilità di intraprendere una carriera deviante.
Conseguenze evidenti dei fattori sopra citati
l’abbandono scolastico precoce, che può essere considerato un segnale di allarme
rispetto a possibili percorsi di devianza;
l’uso di sostanze stupefacenti o l’abuso di alcool, usati spesso a compensazione di un
disagio psicologico di diversa natura e gravità;
la commissione dei reati, quale azione attraverso la quale divenire “visibili”, ottenere
riconoscimento e senso appartenenza, dimostrare di avere “competenze” altrimenti negate
in altri ambiti ( famiglia, scuola).
Gli interventi
Dalle storie di vita presentate di seguito, si evidenzia sempre una tardiva attivazione degli
interventi dei Servizi. Spesso, infatti, l’ingresso nel circuito penale stimola o potenzia azioni che
avrebbero già dovuto essere poste in atto dai Servizi territoriali, in relazione ai contesti familiari,
sociali, o alla evidente presenza di indicatori di disagio (abbandono precoce degli studi, uso di
alcool e/o stupefacenti, disagio psicologico o psichiatrico).
Di fatto, allorché il minore entra nel circuito penale, alcune condizioni strutturali si
presentano come “date” e difficilmente modificabili, e la stessa personalità del minore appare
“adattata” e definita secondo un modello funzionale alla sua situazione.
Una precocità di risposta, a livello giuridico, sociale e psicologico, così come la costituzione
di una rete di sostegno adeguata ai bisogni del giovane, potrebbe, invece, ridurre i danni derivanti
dall’evoluzione in una carriera “criminale” che non fa che stigmatizzare il minore in un ruolo che lui
stesso si è costruito, nell’impossibilità di riconoscersi in identità alternative a quella deviante.
79
La storia di Pasqualina – USSM Roma
(di Paola della Rovere)
Anamnesi familiare
Pasqualina, quattordici anni al primo ingresso al Centro di Prima Accoglienza di Roma, è
la primogenita all’interno di un nucleo composto dalla madre, la sorella, Francesca più piccola di
tre anni ed il fratellino, Mirko, quest’ultimo nato da una relazione della madre con un uomo,
scomparso dalla vita della donna nel corso della sua gravidanza.
Il padre di Pasqualina e Francesca vive a Napoli; la separazione dei genitori è avvenuta
quando Pasqualina aveva appena sei anni, ma la presenza del padre, ancor prima della
separazione, era stata discontinua e sporadica per le continue detenzioni in carcere, legate alla
sua appartenenza ad un contesto napoletano malavitoso.
La madre di Pasqualina lavora all’interno di una ditta di pulizie. Terzogenita di nove (un
fratello si è suicidato durante la prima detenzione della ragazza), ha mantenuto un buon legame
affettivo con la famiglia d’origine, famiglia modesta di lavoratori, residente a Napoli. Precocemente
responsabilizzata, all’età di undici anni, al termine del ciclo elementare, percepiva già i suoi primi
guadagni.
Si fidanza all’età di sedici anni con quello poi divenuto suo marito e padre di Pasqualina e
di Francesca; viene attratta dall’aspetto fisico; ne sottovaluta l’illegalità (era già stato più volte in
carcere). Ostacolata dai genitori, fa “la scappatella”. Al rientro dalla fuga i due vivono con la
famiglia di lui e di lì a poco, arriva la prima gravidanza, interrottasi spontaneamente dopo il primo
mese. Convivono un anno e, tra un arresto e l’altro, si sposano. Già dopo tredici giorni dal
matrimonio, un altro arresto.
Dopo un anno nasce Pasqualina e tre anni dopo ancora Francesca.
A causa di un ulteriore arresto del padre, Pasqualina e la sorellina vengono affidate ad un
Istituto, dal Tribunale per i Minorenni, per otto mesi, per poi essere affidate ai nonni materni,
presso i quali anche la Signora, risanato il rapporto con loro, va a vivere. A distanza di circa otto
anni dal matrimonio, decide di separarsi dal marito, non accettando più l’assenza del coniuge e la
precarietà della sua vita. A questo punto la gestione dei figli viene totalmente delegata ai nonni,
figure apparentemente positive.
Dopo circa cinque anni, in maniera del tutto casuale, la Signora conosce un uomo,
residente a Roma, celibe e disabile; decidono di convivere. Lasciate le figlie dai propri genitori a
Napoli, lei si trasferisce a Roma e ogni fine settimana rientra a Napoli. Dopo circa un anno,
raggiunta una certa stabilità lavorativa ed affettiva, ottiene nuovamente l’affidamento delle figlie
con le quali si trasferisce definitivamente a Roma, in un quartiere alquanto degradato. Pasqualina
non accetta le regole che quest’uomo tenta di imporre: non è suo padre. Comincia a condurre una
vita irregolare, viene respinta a scuola, si accosta alle sostanze stupefacenti.
La madre la invita a tornarsene dal padre. Pasqualina lo raggiunge a Napoli, ma lui vive
con un’altra donna, dalla quale, nel frattempo, ha avuto una bimba. Ne è gelosa; si rende conto
che qualsiasi fantasia di riunire i genitori è irrealizzabile. Torna a Roma e il convivente della madre
impone a questa una scelta: o me o tua figlia. Lei sceglie la figlia; lascia il convivente e va a vivere
con le figlie in un piccolo appartamento in una zona alquanto degradata di Roma. Pasqualina
comincia a frequentare brutta gente, più grande di lei. La madre le rimprovera di averle fatto
lasciare il compagno e così anche la sorella che, nel frattempo, si era affezionata a quell’uomo.
A seguito della fine di questa relazione, quasi contestualmente, la Signora allaccia una
nuova storia con un coetaneo, dal quale rimane incinta dell’ultimo figlio. Circa al quinto mese di
gravidanza, quest’uomo si allontana definitivamente dalla vita della donna, che rimane
nuovamente sola. Proprio durante questa gravidanza della madre, Pasqualina viene arrestata per
la prima volta per rissa e aggressioni.
80
Iter deviante
Pasqualina viene portata per la prima volta al Centro Prima Accoglienza di Roma all’età di
quattordici anni per aver aggredito, insieme ad altri sei giovani (di cui due maggiorenni), un
ragazzo, a bordo di un autobus. I motivi di questa prima aggressione, così come quelli di altre
avvenute successivamente, appaiono alquanto futili: “guardava un po’ troppo insistentemente…”
Sono queste le parole di Pasqualina che non sembra rendersi conto della gravità dell’accaduto…
Ridacchia, fa la ”dura”, sembra voler esibire la sua “invulnerabilità” rispetto a qualsiasi cosa possa
accadere. Forte nel suo giubbotto, tipo bomber, che le conferisce un aspetto ben piazzato, ma
piccola di statura; provocatoria nei modi, ma pronta a scoppiare in lacrime quando le si dice che la
madre è fuori, nel cortile, preoccupata per lei… È immediatamente evidente il contrasto tra questa
immagine corazzata di forza e la sua fragilità interiore, ma è estremamente difficile rapportarsi con
la sua parte “debole”, con quella Pasqualina che sembra voler nascondere la sua paura degli altri
e che scappa ad ogni tentativo di avvicinamento, pur auspicandolo.
Trattandosi di un primo reato e della sua giovane età, viene liberata, in attesa della
fissazione dell’udienza preliminare ma, nel frattempo, per ulteriori fatti analoghi (in concorso con
altri giovani colpisce al volto una giovane e si impossessa della sua borsa; successivamente ne
aggredisce altre due, causando lesioni personali di una certa entità e poi altre ancora…sempre in
gruppo e per futili motivi), messi in atto a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro o al massimo tre
mesi (nove episodi del genere nel giro di un anno) viene nuovamente arrestata. Le viene concessa
la misura cautelare della permanenza in casa; scappa. Questo comporta un aggravamento della
misura e così a quindici anni entra per la sua prima volta in IPM (Istituto Penale Minorile);
l’atteggiamento è per lo più sprezzante; l’umore, a tratti, depresso, tanto da compiere atti di
autolesionismo (svariati tagli sulle braccia). Gli operatori dell’IPM ritengono opportuno chiedere alla
Magistratura la liberazione della giovane e la conclusione della misura all’interno di una Comunità.
La struttura è nel litorale romano. Qui, Pasqualina conosce un giovane, ospite anch’egli
della Comunità. Scappano insieme e compiono un nuovo reato (furto di un’autovettura). Viene
quindi arrestata nuovamente. Nei due mesi di permanenza in Istituto Penale, questa volta la
ragazza comincia a dare dei primi segnali di cambiamento e di ravvedimento; già nel corso del
primo arresto si era fatta conoscere da tutti gli operatori per la sua vivacità e per la sua affettività,
ma anche per la sua impulsività che a volte la portava a reagire in maniera eccessiva alle
frustrazioni (una mancata visita della madre, ad esempio) o a quelle che lei percepiva come
provocazioni da parte di qualche operatore o compagna. Malgrado tutto risultava “simpatica” un
po’ a tutti; persino al Magistrato di Sorveglianza che quando la incontrava, nel corso delle sue
visite in IPM, non mancava di farsi una chiacchierata con lei. Poco prima della scadenza della
misura, anche questa volta si decide di chiedere al Magistrato la trasformazione della detenzione
in carcere con quella del collocamento in Comunità al fine di poterla “agganciare”, attraverso il
penale, all’interno di una struttura (questa volta, a Roma) nella quale avrebbe poi potuto
proseguire la permanenza con provvedimento civile (vi era già un provvedimento civile aperto in
suo favore ma, di fatto, si era limitato a meri interventi economici nei confronti del nucleo, senza
che vi fosse mai stata una reale presa in carico della ragazza che, già in età di non imputabilità
aveva dato segnali di problematicità di condotta all’interno della scuola e in ambito familiare). Da
quel momento, tutti, a partire dal Magistrato di Sorveglianza, agli operatori all’interno dell’Istituto e
fuori (Assistente Sociale e Psicologa dell’Ufficio di Servizio Sociale, così come l’Assistente Sociale
del suo Municipio di appartenenza), responsabile della Comunità, abbiamo investito su di lei, nella
speranza che, allontanandola dal contesto sociale di appartenenza e lavorando congiuntamente,
con lei e la sua famiglia, avremmo potuto aiutarla ad uscire dal vortice della devianza. Pasqualina,
dal canto suo, si mostrava consapevole dei rischi che la libertà le avrebbe comportato, ma si
diceva anche fermamente decisa di voler cambiare.
La responsabile della Comunità ha immediatamente un buon impatto con Pasqualina e, da
allora, rimarrà sempre un suo punto di riferimento. La prima volta che la vado a trovare all’interno
della struttura, Pasqualina ci tiene a farmi vedere la sua stanza, che condivide con altre ragazze.
Ha già delimitato il suo spazio, con foto dei suoi passati ragazzi, col suo peluche, con le sue
scritte.. si deve far portare dalla madre un libro, Cyrano di Bergerac, che le piace tanto…ma come
sembra farsi breccia il suo mondo emotivo al quale provo ad agganciarmi, lei mostra
immediatamente la sua corazza di “forte”, minimizza i suoi sentimenti verso i ragazzi avuti, glissa
81
quando provo a conoscere qualcosa di più sulla sua infanzia, è lei che vuole condurre il gioco della
relazione.. Mi racconta di aver ricevuto una rosa dal suo ultimo ragazzo, diventa rossa… dice: “ma
che.. a me?”, come se non potesse essere meritevole d’amore. Non riesce a stare seduta, mi porta
fuori, in giardino e, solo così, in un “setting” da lei stabilito, riesco a sentirla un po’ più disponibile a
parlare di sé. Emergono i suoi bisogni affettivi, il vuoto in lei lasciato dal padre (separato dalla
madre e, negli anni, più volte detenuto) il suo desiderio di essere da lui accettata ed il tentativo,
maldestro, di avvicinarlo a sé, identificandosi con lui. Non tollera una maggiore introspezione;
interrompe e detta ordini alle compagne, le provoca, ride… Non posso andare oltre…
A distanza di qualche tempo di positiva permanenza in Comunità, comincia a sentire forte il
richiamo familiare. Stenta ad accettare di restare lì, sapendo di avere una famiglia (madre, sorella
ed un fratellino piccolo) che vive la sua quotidianità senza che lei ne faccia parte. Una lite con una
compagna della struttura è la scintilla che la porta ad allontanarsi arbitrariamente dalla struttura per
rientrare in casa. Sollecitata a rientrare in Comunità, rifiuta, pur rimanendo sempre in contatto con
la responsabile. Purtroppo, anche il richiamo ambientale è forte: riprende a frequentare gli amici di
prima, ne conosce altri…si avvicina alle sostanze pesanti. Di lì a poco, viene arrestata per spaccio
di cocaina. È il terzo arresto. Ha sedici anni. Appare più strutturata nella sua devianza. Viene
attivato il Sert. Resta altri due mesi in Istituto, per poi passare nuovamente nella stessa Comunità
precedente, ma anche questa volta, a distanza di qualche tempo, decide di rientrare in casa. Per
circa un anno, Pasqualina non commette ulteriori azioni penali, fino a quando, un quarto arresto
per nuovi atti di violenza, lesioni in concorso e furto di cellulare. Questa volta, la partecipazione di
Pasqualina al fatto, sembra effettivamente marginale; si sente tradita dai compagni che erano con
lei, tra cui il suo nuovo ragazzo ma allo stesso tempo vuole proteggerlo; chiede di lui, è
preoccupata…
All’ingresso in CPA e poi in IPM appare particolarmente depressa e positivi risultano gli indicatori
di rischio suicidario. I primi giorni viene, quindi, controllata a vista. Durante la detenzione, questa
volta Pasqualina riesce a prendere il diploma di terza media, partecipa con successo alle attività
teatrali, prende i primi accordi col Centro Orientamento al Lavoro per essere inserita in un corso di
parrucchiera. A fine misura, rientra in Comunità; questa volta sembra maggiormente intenzionata a
restare, anche in vista dell’imminente processo, in sede dibattimentale, al quale erano state
rinviate tutte le precedenti udienze. Spera di ottenere il beneficio della messa alla prova; insisto
con lei che, qualora le venga concessa, dovrà effettuarla in Comunità; è troppo rischioso il
contesto in cui vive; deve affidarsi ed accettare di essere aiutata psicologicamente, prima di
rientrare nuovamente in un contesto già di per sé pregiudizievole. Sembra convinta, ma lo sfratto
esecutivo giunto alla madre la induce a rientrare immediatamente in casa, convinta di dover essere
necessariamente lì, ad ostacolare qualsiasi azione di espulsione e che spetti solo a lei supportare
la madre.
Cerco, come più volte tentato in precedenza, di farla venire presso l’USSM per effettuare
dei colloqui, ma anche questa volta, invano. Penso che potrei provare a “farla portare” dal padre.
Pasqualina si identifica con lui (“siamo uguali, testardi, orgogliosi; è per questo che litighiamo
sempre”); nei suoi ricordi d’infanzia vi è l’immagine del padre portato via dalle forze dell’ordine ed il
suo pianto nel vederlo allontanare. L’aggancio telefonico che ho col padre sembra positivo.
Pasqualina è contenta che io lo abbia sentito ed invitato a venire a Roma per conoscerlo e per
parlare di lei; lui, telefonicamente appare estremamente disponibile, preoccupato per la figlia e
riconoscente per il mio intervento.
Organizziamo due appuntamenti, ma non si presenta, per motivi svariati.
L’auspicato inserimento di Pasqualina al corso per parrucchiera fallisce. Vi è una lista
d’attesa e altri, prima di lei, hanno diritto ad accedere. Non si trovano ulteriori possibilità di accesso
a corsi o borse-lavoro. Preoccupa il suo stile di vita. Ormai è maggiorenne; il provvedimento civile
decade e non si riesce, per lungaggini burocratiche, a farlo proseguire fino ai ventuno anni.
Potrebbero insorgere, quindi, problemi amministrativi legati al pagamento della Comunità.
Arriva il giorno dell’Udienza Dibattimentale: Pasqualina è tesa. Ha appena saputo che il
padre ha avuto una condanna a ventisei anni di carcere; si chiede quando lo potrà rivedere, ma
cambia subito argomento. Dice di essersi messa quegli orecchini (grandi, appariscenti) per far
bella figura con la “Giudice”, si copre la pancia, si toglie la gomma dalla bocca,… è pronta per
l’udienza. Le parti offese non sono tutte presenti: alcune non sono venute perché timorose del
processo di fronte a Pasqualina (una di queste, da quando ha subito la sua aggressione, è seguita
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da uno psicologo); le altre sono lì.. le loro deposizioni, parziali, frammentate (“non ricordo,.. non so
se era lei”…) di fronte al Giudice, fanno pensare che anch’esse possano avere paura di rivolgere
accuse nei confronti della ragazza che è lì, in aula con loro, le guarda…. Il giudice è perplesso.. Fa
delle domande a Pasqualina, ma lei fa la forte,… nega alcuni addebiti… Il P.M. chiede la
condanna. Lei scoppia a piangere, ma poi dice,..”va bé, tanto con l’indulto…”. Viene condannata a
tre anni e sei mesi ma, con l’indulto e il presofferto, forse potrebbe riuscire a non scontare nulla..
Ascoltata la sentenza di condanna, esce dall’aula, si arrabbia, risponde male a tutti e accetta di
essere consolata solo dalle sue amiche…
È l’ultima volta che l’ho vista.
A distanza di due mesi muore a casa, al ritorno da un festino, per arresto cardiaco. Aveva
cominciato a sniffare eroina. Pochi giorni dopo si sarebbe dovuta svolgere l’ultima udienza.
Ai suoi funerali eravamo lì, noi operatori: ci guardavamo, ma non abbiamo avuto la forza di
scambiarci una parola. Ognuno di noi con un velato senso di colpa e di sconfitta che il tempo non
potrà mai cancellare.
Sintesi degli elementi-chiave riscontrati nella storia di Pasqualina
x
Elementi predittivi
Insuccessi scolastici. Problemi comportamentali. Già nota nel contesto scolastico come
appartenente a una piccola “baby-gang”, o comunque come elemento violento e aggressivo.
x
Fattori psicosociali
Modello deviante paterno
Contesto ambientale estremamente degradato
x
Fattori familiari
Separazione genitori, istituzionalizzazione. Trasferimenti, distacchi. Nuove relazioni materne e
rifiuto dei “sostituti paterni”. Monogenitorialità. Padre assente. Madre fragile.
x
Fattori di rischio suicidario/auto distruttività
Uso sostanze (hashish, cocaina, pasticche)
Atti autolesionistici (tagli sulle braccia..)
Suicidio di uno zio (fratello della madre)
x
Aspetti di personalità
Funzionalità del pensiero integro, capacità intendere e di volere, grado di maturità cognitiva
rientrante nella norma.
Visione del mondo come competitivo e crudele, in cui chi vuole sopravvivere deve mostrare la
propria aggressività.
Impulsività, comportamenti provocatori e reattivi, difficoltà a mantenere impegni e ad impostare
relazioni strutturate, difficoltà ad affidarsi, instabilità emotiva, bassa soglia di tolleranza alle
frustrazioni, scarso livello di autostima.
Aggressività di tipo extrapunitivo. Diffidente e sospettosa. Vede l’immediato e non si preoccupa
delle conseguenze.
Vissuti abbandonici e bisogni affettivi; desiderio di attirare l’attenzione su di sé ma anche tendenza
a provocare situazioni che non fanno che confermarle la sua solitudine e l’aspetto deludente degli
altri, (“tanto a nessuno importa niente di me”, “nessuno mi può aiutare“; se voglio, le cose le faccio
da me), mettendo a dura prova i rapporti interpersonali con i suoi comportamenti.
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Percezione di sé: testarda, impulsiva, dura (“non mi faccio mettere i piedi in testa, non mi possono
comandare; la cosa peggiore che mi possano fare è provocarmi davanti agli altri; allora, reagisco.
Se voglio fare una cosa la faccio, anche se gli altri non vogliono. A volte mi metto nei pasticci da
sola e faccio cose che non devo fare”).
Struttura di personalità: di tipo borderline.
Modello di attaccamento: disorganizzato.
Modello relazionale: competitivo-agonistico.
Gli interventi
x
x
x
Tardivi, carenti e inefficaci a livello civile
Frammentati
Percorso penale troppo lungo, frammentato e scarsamente contenitivo.
La storia di Marco – USSM di Roma/Sezione staccata di Latina
(di Valentina Zuliani)
Marco è stato seguito dall’USSM dalla data del 28.8.03 fino al 15.1.07. In questi quattro
anni cumula nove procedimenti penali, alcuni dei quali riuniti. Complessivamente egli è sottoposto
due volte alla misura del collocamento in comunità e una volta alla custodia cautelare in istituto.
Nel corso del suo iter penale elementi salienti sono : una sospensione del processo e concessione
del beneficio della messa alla prova, successivamente revocata; una perizia psichiatrica disposta
nei suoi confronti dall’A.G. competente. Le sue vicende penali si concludono, cumulando alcuni
procedimenti, con un perdono giudiziale ed un anno e 4 mesi di pena sospesa. Per altri
procedimenti il minore viene assolto.
La storia dell’infanzia di Marco si presenta lacunosa: ciò perché essa è raccontata in via
esclusiva dalla madre la quale, nel corso delle pur frequenti narrazioni, omette alcuni passaggi
della propria vita e di quella familiare. Marco, dal canto suo, non riesce a raccontarla, anzi
sembra avere difficoltà nel ricordare gli eventi dolorosi della propria vita. Da quanto emerge dal
racconto della madre, quest’ultima si sposa molto giovane con il padre del minore, dal quale ha
due figli, di cui Marco è il secondogenito. Non sono note le circostanze in cui i due si conoscono
ma la signora descrive la propria famiglia d’origine come “ normale”, a differenza di quella del
marito, nota per problemi di devianza. Il padre del minore, inoltre, è tossicodipendente e, nel corso
della relazione di coppia, anche la madre di Marco comincia a fare uso di sostanze stupefacenti. I
minori presenti nel nucleo, Marco ed il fratello maggiore, vivono, quindi, i primi anni della loro vita,
insieme ai due genitori tossicodipendenti, fino al momento in cui la signora decide di cessare di
fare uso di droghe ed abbandona il marito, divenuto, nel frattempo, violento verso di lei. Ella va a
vivere con i propri genitori, riuscendo, attraverso un percorso personale, a superare il problema
della tossicodipendenza. Durante il periodo in cui Marco vive con la madre ed il fratello nella casa
dei nonni materni, quest’ultimi rivestono una funzione genitoriale: in particolare il nonno del
minore assolve un ruolo importante, sostitutivo della figura paterna, fin quando, a seguito di un
ictus, perde l’uso della parola.
Il padre del minore, invece, alterna momenti di detenzione a periodi di libertà, durante i
quali continua a fare uso di sostanze, fino al momento della sua morte, avvenuta in circostanze
rimaste poco chiare, forse legate a problemi di salute conseguenti alla dipendenza da stupefacenti.
Il minore non ha mai avuto opportunità di elaborare questa morte, tanto che egli non è a
conoscenza neanche del luogo di sepoltura del padre e durante tutto il periodo in cui è seguito
dall’USSM , si rifiuta di entrare in contatto i ricordi legati alla figura paterna. Al momento della
morte del padre, Marco ha circa dodici anni: è intorno a questa età che i suoi problemi diventano
evidenti e di difficile gestione, fino a sfociare nella commissione di un reato ( rapina e lesioni ai
danni di una prostituta). Il minore è collocato in una comunità (art.22) dalla quale fugge in seguito
a forti contrasti con i responsabili e fa rientro a casa: è la stessa madre di Marco che lo denuncia
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all’A.G. e, pertanto, egli è condotto in IPM dal quale esce con una seconda misura di
collocamento in una comunità diversa dalla precedente. Durante il periodo in comunità Marco
vive una fase abbastanza serena, tanto che si ipotizza un percorso di messa alla prova all’interno
della struttura, ma poco prima dell’udienza in cui si sarebbe dovuto presentare il progetto, Marco
(che nel frattempo non è più in misura penale) viene estromesso dalla comunità e rimandato a
casa a seguito di comportanti non adeguati (viene sospettato di piccoli furti, compie azioni
oppositive e aggressive). Nonostante i suddetti comportamenti, Marco lascia a malincuore la
comunità ed avverte anche questo evento come un ulteriore abbandono da parte delle figure
adulte di riferimento.
Nel periodo successivo, rientrato sul territorio, Marco alterna momenti di relativa tranquillità
a periodi più problematici, durante i quali commette ulteriori reati quasi sempre della stessa
tipologia (furti, rapine, lesioni personali). Degli interventi messi in atto, tra i quali anche l’apertura,
su segnalazione del Servizio, di un fascicolo civile presso il Tribunale per i Minorenni, quelli che
hanno più presa su Marco sono legati alla dimensione personale ed affettiva, interventi realizzati
in collaborazione con le realtà del volontariato locale. Marco sembra, infatti, aver bisogno di una
vicinanza che si esprime attraverso relazioni affettive significative: tale dimensione è l’unica che,
per un breve periodo, trattiene il minore all’interno di un percorso educativo. A lungo termine,
però, essa, da sola, è insufficiente, considerate le problematiche di Marco che diventavano sempre
più gravi, amplificate sia dall’uso di sostanze, soprattutto cocaina, che dal coinvolgimento in
ambienti devianti. In questo periodo, Marco trascorre le proprie giornate senza alcun impegno né
di studio né di lavoro, spesso in compagnia di amici, presso i quali si stabilisce anche per lunghi
lassi di tempo. Frequenti, infatti, sono gli allontanamenti da casa, durante i quali egli va a vivere
da conoscenti o parenti del padre, nonostante l’opposizione della madre.
In occasione di una delle numerose udienze a carico di Marco, l’A.G. competente, anche su
indicazione del Servizio, dispone, nei suoi confronti, una perizia psichiatrica: Marco, infatti,
presenta, oltre che un livello di maturità inadeguata all’età anagrafica, anche alcune difficoltà di
natura cognitiva. La perizia riconosce il minore capace di intendere e volere al momento dei fatti,
seppure tale capacità “sia condizionata dalla fragilità cognitiva e dalla vulnerabilità relazionale del
periziando”. L’A.G. competente propone , comunque, di tentare un progetto di messa alla prova,
considerato che Marco, in questo periodo, esprime una pur fragile intenzione di cambiare stile di
vita. Il progetto di messa alla prova, però, fallisce nel giro di qualche mese a causa delle
prevedibili difficoltà di Marco ma anche della inadeguatezza delle risorse disponibili sul territorio. A
seguito di questo ulteriore fallimento, lo stile di vita di Marco peggiora: il minore continua a
cumulare denunce e degenera anche il rapporto con le sostanze, che diventa più costante e
massiccio. Marco, peraltro, non ammetterà mai l’uso di stupefacenti rendendo impossibile
qualunque intervento specifico.
Anche il coinvolgimento della madre, incostante fin dall’inizio, diventa ancor più
problematico: la signora continua ad alternare momenti di partecipazione agli interventi a momenti
di collusione con il figlio, rispetto al quale, negli ultimi tempi, diventa rinunciataria. È da evidenziare
che nonostante sia chiaro che le problematiche di Marco derivano dalla sua difficile storia familiare
non è possibile intervenire sulla relazione madre-figlio, a causa del comportamento della signora,
la quale attribuisce il disagio di Marco quasi esclusivamente ai problemi personali dello stesso.
I comportamenti di Marco, si sono, con il tempo cronicizzati, tanto che egli, compiuti diciotto
anni, continua a commettere reati. Nel frattempo, a seguito di una relazione con una coetanea,
anch’ella problematica, ha due figli, ma tali cambiamenti non incidono minimamente sullo stile di
vita di Marco, anzi aggravano la già difficile condizione del ragazzo e del nucleo familiare.
Sintesi degli elementi-chiave riscontrati nella storia di Marco
Marco vive in un comune della provincia nord di Latina, di recente urbanizzazione. Da
questo, come da altri comuni sorti dalla bonifica della palude pontina, proviene una parte cospicua
dell’utenza del servizio. Tali realtà, formate originariamente da popolazioni di diverse regioni,
richiamate dal processo di bonifica, sono state caratterizzate da un processo di sviluppo
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economico veloce unito ad una mancanza di identità culturale che non si è costruita neanche negli
anni successivi. I comuni, come quello in cui è nato il minore, offrono pochissime risorse in termini
sia di spazi urbani vivibili sia di luoghi di aggregazione socio- culturali, quali mancanza di cinema,
biblioteche, teatri, centri sociali. I ragazzi, per accedere a tali opportunità, si recano a Roma,
creando una sorta di ”pendolarismo” del tempo libero.
Il giovane nasce in questo contesto urbano anche se, al momento in cui comincia a
commettere reati, non abita in una zona “ a rischio” della città.
Come emerso dal racconto della vita di Marco, la situazione di disagio è già parte della vita
dei suoi genitori, prima ancora della sua nascita.
Tra gli elementi problematici della coppia vi sono:
la tossicodipendenza di entrambi (prima quella del padre, successivamente quella della
madre);
la forte conflittualità tra i due, a causa dell’uso di stupefacenti e del comportamento
violento del marito nei confronti della moglie;
il coinvolgimento, soprattutto del padre, in contesti devianti con conseguenti periodi di
detenzione.
È chiaro che l’abuso di sostanze da parte dei genitori fa presupporre un disagio di entrambi
che ha avuto come conseguenza la tossicodipendenza. In particolare, sarebbe stato interessante
conoscere meglio la storia di vita della madre del minore, la quale però, come detto, è sembrata
sempre selettiva rispetto al racconto del proprio passato.
Si presume, quindi, che Marco non abbia ricevuto né cure né assistenza adeguata nei primi
anni della sua vita data la forte problematicità del nucleo il quale, nonostante la presenza di figli
minori, non è conosciuto e seguito da nessun Servizio.
Un altro elemento importante nella storia familiare, ma soprattutto nella storia di Marco, sembra
essere l’abbandono e il lutto o piuttosto il modo in cui questi eventi dolorosi vengono vissuti. In
particolare, per il minore, essi rappresentano perdite che non sembra riuscire ad elaborare
neanche a distanza di tempo. Come descritto, il padre muore in circostanze mai esplicitamente
chiarite dalla madre del minore e, successivamente il nonno materno, sostituto della figura
paterna, perde l’uso della parola a seguito di un ictus. Durante il suo percorso penale Marco
incontrerà nuovamente eventi luttuosi, l’ultimo dei quali, la perdita di un amico, segnerà,
simbolicamente, la fine del rapporto di Marco con il servizio e con gli interventi.
Tra gli elementi problematici della via di Marco si notano:
lo stato di abbandono (nel senso di una presunta mancanza di cure primarie) in età
infantile;
i lutti familiari mai elaborati e, in generale, il senso di perdita simbolico;
il bisogno di identificazione con la figura paterna che lo porta a frequentare parenti del
padre con stili di vita devianti;
il rapporto con la madre, caratterizzato da un attaccamento morboso da parte di Marco
tipico dell’ età infantile più che dell’adolescenza ma anche da una accesa conflittualità;
quest’ultima appare causata anche dall’atteggiamento della madre, che alterna un’
eccessiva rigidità a momenti di collusione e minimizzazione delle problematiche del
minore.
Le conseguenze dirette e visibili del disagio sono:
l’abbandono scolastico precoce;
i frequenti allontanamenti da casa;
l’adesione a contesti di vita devianti e la conseguente commissione di reati;
l’abuso di stupefacenti, progressivamente sempre più massiccio;
86
La conseguenza, meno evidente ma altrettanto grave, è invece un disagio psicologico che
Marco comincia gradualmente a manifestare nel corso degli interventi e che diventa,
progressivamente, sempre più palese tanto da motivare, in sede giudiziale, una perizia
psichiatrica.
Marco, infatti, mostra:
disturbi dell’attenzione;
difficoltà a collocare gli eventi quotidiani in categorie spazio- temporali;
scarsa capacità di concentrazione;
comportamenti fortemente reattivi, quali subitaneo passaggio all’atto, sbalzi di umore,
instabilità, dovuti, forse, anche all’uso di sostanze.
La perizia psichiatrica riconosce al minore la capacità di intendere e di volere al momento del
fatto-reato anche se essa si presentava “condizionata dalla fragilità cognitiva e dalla vulnerabilità
relazionale evidenziate nel periziando”.
Come evidenziato nella storia di vita, nessuno degli interventi messi in atto nei confronti di
Marco ha ottenuto effetti positivi tanto che, divenuto maggiorenne, egli ha continuato a commettere
reati. Appare chiaro che, nella storia del nucleo, la presenza dei Servizi è stata tardiva: prima che
Marco entrasse nel circuito penale, il nucleo non risultava neanche conosciuto, se non per “sentito
dire”. Il presunto stato di privazione che Marco deve aver subito nei primi anni di vita, vivendo con
due genitori tossicodipendenti, ne ha condizionato pesantemente lo sviluppo , limitando i
successivi interventi esterni.
Durante il periodo in cui Marco è stato seguito dall’’USSM si sono tentati interventi che
investissero più contesti: il minore, attraverso azioni educative; il nucleo familiare, attraverso un
percorso psicoterapeutico con la madre ( o anche di terapia familiare); il contesto allargato, con il
coinvolgimento del territorio.
Tutti gli interventi hanno però avuto dei limiti evidenti: Marco, infatti, non ha mai accettato
interventi specifici, ad esempio un percorso psicologico, mentre, invece, è stato favorevole,
durante il breve periodo di messa alla prova, a iniziare un percorso insieme ad una associazione
del privato sociale, che si è offerta di sostenere il minore attraverso un progetto simile, ma molto
più limitato, all’educativa di strada, cioè di prossimità nel suo quotidiano.
Sebbene Marco mostrasse di aver bisogno di tale rapporto di vicinanza anche e soprattutto
affettiva, di fatto, però, non riusciva, neanche a breve termine, a mantenere comportamenti
coerenti all’interno di un sistema di regole condiviso anche da lui. Gli interventi, per essere
efficaci, avrebbero necessitato di un sistematico sostegno quotidiano per orientarlo e contenerlo
nelle proprie scelte ed azioni: tale intervento è stato possibile realizzarlo solo in parte, data la
mancanza di risorse specifiche sul territorio, sebbene, attraverso l’apporto dell’ associazione sopra
citata si sia tentato, almeno parzialmente, tale percorso.
Altra difficoltà è stata rappresentata dall’ambiguità della madre del minore, la quale
alternava momenti di forte richiesta di aiuto a momenti di minimizzazione delle problematiche del
nucleo. Inoltre, ella tendeva ad attribuire al solo figlio le responsabilità delle proprie azioni, non
accettando interventi specifici su di lei. La mancata presa in carico del nucleo, compreso anche il
fratello di Marco, apparentemente meno problematico, ma di fatto, anch’egli con problemi di
devianza e uso di sostanze, ha fatto sì che venisse meno un percorso coerente ed unitario.
Quindi i problemi principali degli interventi sono stati:
la presa in carico tardiva da parte dei Servizi del territorio, cominciata solo con la fase
penale;
la mancata presa in carico dell’intero nucleo, a causa dell’atteggiamento discontinuo e
contraddittorio della madre;
la mancanza di risorse adeguate, sia dal punto di vista educativo che psico-terapeutico.
87
L’uso di stupefacenti, intensificatosi nell’ultimo periodo, ha infine reso inutili anche gli interventi che
si era riusciti faticosamente a progettare, palesando la necessità, in quanto unica risposta
adeguata, di un collocamento in comunità specifica, necessità che Marco non ha mai riconosciuto
ed accettato.
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LA GIUSTIZIA MINORILE E LA RECIDIVA
IN ROMANIA
Rapporto Nazionale di Ricerca del Progetto Stop-Car
I - LA GIUSTIZIA MINORILE IN ROMANIA. APPROCCIO COMPLESSIVO
a cura di Dalina Groza
1. Obiettivi
Come indicato dalla Norma 1.4 delle Norme minime ONU in materia di amministrazione della
giustizia minorile (Le "Regole di Pechino" adottate con la Risoluzione 40/33 dell'Assemblea
generale del 29 novembre 1985), la giustizia minorile deve essere vista come parte integrante del
processo di sviluppo nazionale dei singoli Paesi, all'interno di un quadro complessivo di giustizia
sociale per tutti i minorenni, così da contribuire alla tutela dei giovani ed al mantenimento della
pace sociale.
In quest'ottica, riteniamo che gli obiettivi primari del sistema della giustizia minorile in Romania
debbano consistere in quanto segue: mirare all'educazione, all'integrazione sociale e, per quanto
possibile, all'eliminazione del regime carcerario per i minori (punto 4 - Raccomandazione del
Consiglio d'Europa R(87)20 sulle risposte sociali alla delinquenza minorile, adottata il 17 settembre
1987); prestare attenzione primaria all'interesse del minore e porre al centro i minori (articolo 3.1 Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, adottata dall'Assemblea generale con risoluzione 44/25
del 20 novembre 1989; principio I.3 - Linee-guida ONU per la prevenzione della delinquenza
minorile - Linee-guida di Riyadh, adottate dall'Assemblea generale con risoluzione 45/112 del 14
dicembre 1990); acquisire consapevolezza del fatto che etichettando un minore come "deviante",
"delinquente" o "pre-delinquenziale" si contribuisce spesso a favorire nel minore condotte
uniformemente indesiderabili (principio I.5.f. - Linee-guida ONU per la prevenzione della
delinquenza giovanile - Linee-guida di Riyadh, adottate dall'Assemblea generale con risoluzione
45/112 del 14 dicembre 1990); ricorrere all'istituzionalizzazione dei minori solo in ultima istanza e
per il periodo minimo necessario (principio V.46 - Linee-guida ONU per la prevenzione della
delinquenza giovanile - Linee-guida di Riyadh, adottate dall'Assemblea generale con risoluzione
45/112 del 14 dicembre 1990).
2. Raccomandazioni del Consiglio d'Europa e Risoluzioni delle Nazioni Unite integrate nel
sistema della Giustizia minorile in Romania
In base agli articoli 11 e 20 della Costituzione romena, i trattati internazionali, una volta ratificati dal
Parlamento, divengono parte integrante del diritto interno. Anche se le Raccomandazioni del
Consiglio d'Europa e le Risoluzioni ONU non hanno lo stesso valore giuridico di un trattato
internazionale, rappresentano comunque una fonte di principi in grado di guidare o sensibilizzare
le autorità legislative ed esecutive nonché l'opinione pubblica. Essendo membro delle Nazioni
Unite dal 1955 e membro del Consiglio d'Europa dal 1993, la Romania rispetta i principali
strumenti internazionali in materia di giustizia minorile e si impegna ad adattare le norme ed i
meccanismi istituzionali interni ai valori che sottendono un sistema moderno di giustizia minorile.
Gli strumenti internazionali in oggetto sono raggruppabili nelle seguenti tre categorie:
a. Strumenti che fissano, in via generale, principi di giustizia penale relativamente, da un lato, alle
sanzioni ed ai provvedimenti non-penali e, d'altro canto, alle sanzioni ed ai provvedimenti di natura
detentiva. I loro contenuti forniscono ispirazione ai principi che regolano la giustizia penale
minorile: Raccomandazione CoE R(99)22 relativa al sovraffollamento delle istituzioni carcerarie ed
all'aumento eccessivo della popolazione carceraria; Raccomandazione CoE R(87)18 relativa alla
semplificazione della giustizia penale; Raccomandazione CoE R(92)16 relativa a standard europei
in materia di sanzioni e provvedimenti alternativi al carcere; Raccomandazione CoE R(2000)20 sul
ruolo dell'intervento psicosociale in fase precoce nella prevenzione della criminalità;
Raccomandazione CoE R(2000)22 sul miglioramento degli standard europei in materia di sanzioni
e provvedimenti alternativi al carcere; Raccomandazione CoE R(2006)2 sugli standard europei in
materia di istituzioni penitenziarie.
91
b. Strumenti che prevedono approcci specifici per la delinquenza minorile. A titolo esemplificativo,
possiamo citare i seguenti: Raccomandazione CoE R(87)20 sulle risposte sociali alla delinquenza
minorile; Raccomandazione CoE R(2003)20 sulle nuove modalità di affrontare la delinquenza
minorile ed il ruolo della giustizia minorile; Risoluzione dell'Assemblea Generale 40/33 del 29
novembre 1985 relativa alle norme minime standard dell'ONU per l'amministrazione della giustizia
penale ("Regole di Pechino"); Risoluzione dell'Assemblea Generale 44/25 del 20 novembre 1989
relativa alla Convenzione per i diritti del fanciullo, entrata in vigore il 2 settembre 1990; Risoluzione
dell'Assemblea Generale 45/112 del 14 dicembre 1990 relativa alle Linee-guida ONU per la
prevenzione della delinquenza minorile ("Linee-guida di Riyadh").
c. Strumenti che sottolineano le specifiche competenze dei operatori che partecipano
all'amministrazione della giustizia penale, quali la Raccomandazione CoE R(94)12
sull'indipendenza, l'efficienza ed il ruolo dei giudici; la Raccomandazione CoE R(97)12 relativa al
personale impegnato nell'attuazione di sanzioni e provvedimenti (giudiziari); Raccomandazione
CoE R(2000)19 sul ruolo del pubblico ministero nel sistema della giustizia penale;
Raccomandazione CoE R(2001)1 sugli assistenti sociali; Raccomandazione CoE R(2001)10
concernente il Codice europeo di deontologia poliziesca.
3. Istituzioni ed organismi responsabili dell'amministrazione della Giustizia minorile in
Romania
La giustizia è uno degli strumenti con cui lo Stato provvede al rispetto dei diritti del minore. Il
sistema giudiziario romeno opera al fine di garantire i diritti del minore attraverso le seguenti
istituzioni: Ministero della giustizia; autorità giudiziarie; sistema di messa alla prova;
amministrazione nazionale penitenziaria. Tali istituzioni sono responsabili della gestione di minori
colpevoli di reati penali e penalmente imputabili.
Le problematiche relative ai minori responsabili di reati penali ma non penalmente imputabili sono
di competenza di altre istituzioni ed organismi, che non appartengono al settore giudiziario bensì al
sistema dell'assistenza sociale. In questo ambito la competenza è condivisa fra il sistema di
assistenza pubblica e sociale a livello dei singoli comuni, il Comitato per il benessere dei minori, la
Direzione generale per l'assistenza sociale e la tutela dei minori, che opera a livello delle singole
province, e l'autorità centrale con compiti di coordinamento - si tratta dell'Autorità nazionale per la
tutela dei diritti del minore, posta sotto l'egida del Ministero del lavoro, della famiglia e delle pari
opportunità.
3.1. Ministero della giustizia - Il Ministero della giustizia coordina l'intero sistema giudiziario. Le
principali iniziative concernenti la creazione di un sistema di giustizia penale sono frutto del
Ministero della giustizia, attraverso la partecipazione al programma Phare 2003. Il Progetto di
gemellaggio istituzionale PHARE RO03/IB/JH/09 "Sostegno al miglioramento della giustizia
minorile in Romania" ha avuto inizio il 1 ottobre 2004. Il 15 ottobre 2004 l'équipe del progetto ha
iniziato ad operare a Bucarest. Le attività legate al programma hanno avuto inizio il 31 ottobre
2004. Gli obiettivi erano i seguenti: modifica del quadro normativo; creazione di servizi specializzati
all'interno del Ministero della giustizia, a livello della Direzione per la messa alla prova e
dell'Amministrazione nazionale penitenziaria; organizzazione di equipe multidisciplinari in cinque
sedi-pilota; specializzazione dei operatori operanti in questo campo, con particolare riguardo a
giudici e pubblici ministeri; organizzazione di sessioni di formazione per i formatori; creazione di un
centro di risorse e documentazione fruibile da tutti i operatori nel settore della giustizia minorile.
Considerando la complessità delle tematiche connesse alla giustizia minorile e l'interesse che tali
tematiche rivestono per le istituzioni pubbliche a livello centrale e periferico e le ONG, nonché
l'incremento delle iniziative e dei progetti relativi a queste tematiche, all'interno del Ministero della
giustizia è stato costituito un gruppo di lavoro in materia di giustizia minorile del quale fanno parte
più direzioni che sono responsabili e/o partecipi di varie azioni nel settore della giustizia minorile.
3.2. Autorità giudiziarie - A seguito dell'attuazione del Progetto Phare 2003, è stata modificata la
legge 304/2004 relativa all'organizzazione ed al funzionamento delle autorità giudiziarie. Pertanto,
a livello delle autorità di prima istanza e delle corti di appello, sono stati costituiti sezioni e collegi
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specializzati nella materia minorile, ed i magistrati hanno partecipato a corsi di formazione in tale
ambito. La novella legislativa ha specificato e delimitato la competenza delle autorità giudiziarie,
nel senso che le sezioni ed i collegi specializzati nella materia minorile e nel diritto di famiglia oltre
ai tribunali speciali per i minori e il diritto di famiglia si occupano sia dei reati perpetrati da minori
sia dei reati dei quali i minori siano vittime.
3.3. Sistema di messa alla prova - In Romania, il sistema di messa alla prova è formato da 41
servizi di messa alla prova per ciascuna provincia, organizzati presso i tribunali e posti sotto il
controllo, a livello centrale, della Direzione per la messa alla prova presso il Ministero della
giustizia. Attraverso l'introduzione di un livello nazionale nel sistema di messa alla prova si è voluto
ottenere il sostegno delle autorità giudiziarie nell'ottica di un'individualizzazione delle condanne,
della promozione di sanzioni non privative della libertà personale, e di un potenziamento della
sicurezza sociale attraverso il monitoraggio dei condannati all'interno della comunità. La Direzione
per la messa alla prova presso il Ministero della giustizia ha il compito di garantire l'adempimento
degli obblighi che incombono al Ministro della giustizia per quanto concerne il coordinamento, nel
rispetto della legge, delle attività dei servizi di messa alla prova ed il controllo di tali attività; la
selezione, l'assunzione e la formazione professionale del personale dei servizi di messa alla prova
anche con riguardo alla progressione di carriera; la definizione della metodologia necessaria per
dare attuazione alle norme in vigore, la definizione degli standard e dei modelli di buone prassi in
questo settore. La Direzione per la messa alla prova è soggetta al controllo di un sottosegretario
ed è gestita da un direttore generale nominato con decreto del ministro della giustizia. Il personale
comprende, oltre al direttore, consulenti in materie giuridiche, gli ispettori del servizio, e funzionari.
I servizi di messa alla prova operano in tutte le province, essendo costituiti presso i tribunali locali;
essi sono soggetti, tuttavia, al Ministero della giustizia. Non hanno personalità giuridica, essendo
coordinati dalla Direzione per la messa alla prova presso il Ministero della giustizia. Il
coordinamento delle attività è assicurato dalla Direzione per la messa alla prova, mentre il controllo
delle singole attività avviene attraverso gli ispettori che operano presso la Direzione stessa. La
gestione è affidata ai manager del servizio, nominati con decreto del ministro della giustizia, e
provenienti dalle file dei consiglieri giuridici. Il personale dei servizi di messa alla prova comprende
i manager ed i consiglieri in materia di messa alla prova. Attualmente le attività gestite dai servizi di
messa alla prova riguardano soggetti sia maggiorenni sia minorenni; tuttavia, una volta relizzata
pienamente la riforma del sistema giudiziario e istituite le sezioni, i tribunali e le procure
specializzate in materia minorile e nel diritto di famiglia, si ritiene necessario introdurre un simile
livello di specializzazione anche con riguardo ai servizi di messa alla prova.
3.4. Amministrazione nazionale penitenziaria - L'amministrazione nazionale penitenziaria è
un'istituzione dotata di personalità giuridica che opera sotto il controllo del Ministero della giustizia.
Il quadro normativo in materia è costituito dal decreto governativo n. 1849 del 28 ottobre 2004, che
disciplina l'organizzazione, il funzionamento ed i compiti dell'Amministrazione nazionale
penitenziaria. La smilitarizzazione del sistema penitenziario romeno ha fatto seguito alla Legge
293 promulgata il 28 giugno 2004, recante lo statuto dei funzionari pubblici dell'Amministrazione
nazionale penitenziaria. Il sistema dell'amministrazione penitenziaria resta un elemento portante
della sicurezza nazionale e dell'ordine pubblico in Romania. Pertanto, l'articolo 2 della legge
293/2004, relativa allo statuto dei funzionari pubblici dell'Amministrazione nazionale penitenziaria,
stabilisce che "l'Amministrazione nazionale penitenziaria e le unità soggette al controllo di
quest'ultima fanno parte delle istituzioni pubbliche preposte alla difesa, all'ordine pubblico ed alla
sicurezza nazionale dello Stato..." . L'Amministrazione nazionale penitenziaria provvede
all'amministrazione delle pene in regime carcerario, ma anche attraverso sezioni o centri di
custodia preventiva. La normativa in materia di regime penitenziario applicabile ai soggetti in stato
di detenzione sarà modificata con l'entrata in vigore del nuovo Codice penale e della nuova legge
sul regime delle pene, i quali sostituiranno la normativa attuale in materia.
3.5. Autorità nazionale per la tutela dei diritti del minore - L'Autorità nazionale per la tutela dei diritti
del minore (ANPDC) è stata istituita il 1 gennaio 2005 in base alle disposizioni della Legge
275/2004 e del decreto governativo 1432/2004, come successivamente modificato,
contestualmente all'entrata in vigore del pacchetto normativo concernente la tutela e la
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promozione dei diritti del minore attraverso la riorganizzazione dell'Autorità nazionale per la tutela
dei diritti del minore e l'adozione. L'Autorità nazionale per la tutela dei diritti del minore, nel
prosieguo l'Autorità, ha il compito di garantire, sul territorio romeno, i diritti del minore
intervenendo, ai sensi di legge, nelle procedure amministrative e giudiziarie al fine di tutelare e
promuovere tali diritti. Conformemente alle disposizioni di cui all'articolo 100 della legge 272/2004,
l'Autorità provvede a monitorare l'osservanza dei principi e dei diritti sanciti dalla legge suddetta e
dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo - ratificata con Legge 18/1990, poi nuovamente
promulgata, nonché a coordinare e verificare le attività di tutela e promozione dei diritti del
fanciullo. La legge 272/2004 relativa alla tutela ed alla promozione dei diritti del minore è entrata in
vigore il 1 gennaio 2005. Le autorità pubbliche e la società civile oggi hanno non soltanto la
responsabilità di garantire i diritti del minore così come fissati nella Convenzione ONU; la legge
attuale, dando particolare risalto all'interesse superiore del fanciullo, specifica per la prima volta
che spetta ai genitori la responsabilità primaria di provvedere all'educazione ed alla crescita del
minore. In via sussidiaria, tale responsabilità ricade sulla famiglia in senso lato e sulla comunità
locale cui appartiene il minore, mentre lo Stato interviene a titolo complementare. Lo Stato ha
l'obbligo di provvedere alla tutela dei minori garantendo il rispetto di tutti i loro diritti. Lo Stato può
intervenire nei casi di abuso o di grave privazione. La legge in oggetto mira a modificare il concetto
secondo cui lo Stato potrebbe sostituirsi alle cure genitoriali. L'Autorità non dispone di strutture
subordinate a livello periferico. Le Direzioni Generali per l'assistenza sociale ed il benessere dei
minori operano sotto il controllo dei consigli provinciali ovvero dei consigli locali del Comune di
Bucarest. In base al decreto governativo 1432/2004, l'Autorità ha principalmente il compito di
tutelare e promuovere i diritti del fanciullo, prevenire l'allontanamento del minore dai genitori, e
garantire una speciale tutela ai minori allontanati dai propri genitori, temporaneamente ovvero in
via definitiva.
3.6. La Direzione Generale per l'assistenza sociale e la tutela del minore (DGASPC). La Direzione
Generale per l'assistenza sociale e la tutela del minore (DGASPC) è l'organismo pubblico, dotato
di personalità giuridica e soggetto al controllo del consiglio provinciale ovvero del consiglio locale
del Comune di Bucarest, incaricato di applicare nell'area della rispettiva provincia/distretto le
politiche e le strategie di assistenza sociale finalizzate alla tutela del minore, della famiglia, delle
persone sole, degli anziani, dei soggetti portatori di handicap, e di ogni altro soggetto in stato di
necessità. La base giuridica dell'attività svolta dalla DGASPC è da individuarsi delle disposizioni
del decreto 1434 del 2 settembre 2004 e del decreto 1896/2006. Inoltre, la DGASPC coordina le
attività di assistenza sociale e tutela dei minori a livello delle singole province e del distretto
municipale di Bucarest. L'attività della DGASPC nel settore della tutela dei diritti del minore integra
quella svolta dalla SPAS; il personale specializzato interviene nei casi di minori bisognosi di tutela
al di fuori della famiglia, nei casi di minori abusati, trascurati o sfruttati e/o ogniqualvolta appaia
necessaria la prestazione di servizi specializzati. La DGASPC valuta la situazione del minore e
della famiglia, formula una proposta alla Commissione per il benessere del minore e, a seconda
dei casi, all'autorità giudiziaria in merito al provvedimento di tutela, prepara il progetto individuale di
tutela, identifica e valuta le famiglie o i soggetti ai quali il minore può essere dato in affidamento,
controlla il trattamento del minore durante il periodo in cui è soggetto alle misure di tutela, fornisce
assistenza e sostegno ai genitori del minore allontanato durante la vigenza della misura di tutela,
fornisce assistenza e sostegno ai genitori del minore allontanato dalla propria famiglia ai fini del
reinserimento del minore stesso nel contesto famigliare, riesamina le circostanze che hanno
condotto all'applicazione delle misure speciali di tutela proponendone, a seconda dei casi, il
mantenimento, la modifica ovvero la cessazione. All'interno della DGASPC operano servizi di tipo
residenziale e di tipo famigliare che offrono tutela sociale ai minori privi, temporaneamente o
meno, della protezione genitoriale. La DGASPC è alle dipendenze di un Direttore Generale
assistito da almeno 2 vice-direttori uno dei quali è responsabile delle attività concernenti la tutela
dei soggetti adulti mentre l'altro si occupa delle attività finalizzate alla tutela dei diritti del minore.
3.7. Commissione per il benessere del minore. La Commissione per il benessere del minore opera
sotto il controllo del consiglio provinciale e del consiglio distrettuale della municipalità di Bucarest
quale branca specializzata di questi ultimi, trattandosi di un ente privo di personalità giuridica. Ha
competenze decisionali in materia di tutela e promozione dei diritti del minore, definendo la gravità
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dell'handicap dei minori affetti da incapacità e, a seconda dei casi, l'assistenza scolastica loro
necessaria, fissando misure speciali di tutela per i minori (collocamento o sorveglianza
specializzata), e rilasciando le autorizzazioni all'esercizio della professione per le assistenti di
maternità. Le misure speciali di tutela sono stabilite dalla Commissione, in accordo con i genitori,
se il minore non può essere lasciato alle cure genitoriali per motivi non imputabili ai genitori stessi,
al fine di meglio tutelarne gli interessi, ovvero se si tratta di un minore che ha commesso un reato
penale ma non è penalmente imputabile. Le misure speciali di tutela per i minori di età pari o
superiore a 14 anni sono fissate solo con il consenso del minore. La Commissione ha un
presidente (il segretario generale del consiglio provinciale) ed un vicepresidente (direttore generale
della DGASPC) e comprende cinque componenti in rappresentanza di varie istituzioni pubbliche; si
tratta dunque di un organismo multidisciplinare.
3.8. Servizi pubblici di assistenza sociale. La Legge 272/2004 evidenzia l'importanza dei consigli
locali attraverso i Servizi Pubblici di Assistenza Sociale (SPAS). I servizi pubblici di assistenza
sociale, organizzati a livello di comuni, città e quartieri (ovvero attraverso soggetti che svolgono
compiti di assistenza sociale a partire dalle strutture proprie dei consigli locali comunali) sono
tenuti a monitorare la situazione dei minori ed il rispetto dei diritti di questi ultimi, nonché a
provvedere alle attività finalizzate a prevenire l'allontanamento del minore dalla propria famiglia.
Per quanto riguarda i distretti della municipalità di Bucarest, i compiti degli SPAS sono svolti dalla
Direzione generale per l'assistenza sociale e la tutela del minore. Gli SPAS individuano e valutano
le situazioni che richiedono specifici interventi al fine di prevenire l'allontanamento del minore dalla
famiglia; a tale scopo, definiscono un piano dei servizi soggetto all'approvazione del sindaco.
II - La Giustizia Minorile rispetto ai minori che commettono reati ma non sono penalmente
imputabili. Misure speciali di tutela.
In Romania, l'età di imputabilità è fissata a 14 anni. Precedentemente a tale soglia, si presume che
il minore non abbia capacità di discernimento e, pertanto, non è perseguibile penalmente
qualunque sia il reato commesso. Dopo i 14 anni di età, il minore è penalmente perseguibile ma
secondo uno schema che prevede due diversi livelli: fra i 14 ed i 16 anni si applica una
presunzione relativa di incapacità di intendere e di volere, per cui il minore è penalmente
perseguibile soltanto se si dimostra che al momento della commissione del reato ne era
consapevole; dopo i 16 anni si applica una presunzione relativa di capacità di intendere e di volere,
per cui il minore è penalmente perseguibile se non si riesce a provare che al momento della
commissione del reato non possedeva tale capacità di discernimento.
In base al momento in cui si colloca la commissione del reato (prima o dopo la soglia dei 14 anni)
ed all'esistenza o meno della capacità di discernimento, alcune istituzioni che si occupano di
minori responsabili di reati penali intervengono in maniera diversa. Si tratta degli organismi che si
occupano di assistenza sociale; pertanto, se il reato è stato commesso prima dei 14 anni, il minore
non è penalmente perseguibile e l'intervento specializzato è rimesso al tribunale civile, alla
Direzione generale per il benessere sociale e la tutela del minore, alla Commissione per il
benessere del minore, ma anche ai Servizi di messa alla prova. La Legge 272/2004 relativa alla
tutela ed alla promozione dei diritti del minore indica gli organismi incaricati di gestire i minori che
abbiano commesso reati penali prima dei 14 anni, stabilisce i compiti dei singoli organismi
interessati ed i servizi che possono essere offerti ai minori.
Relativamente ad un minore che abbia commesso un reato penale e non sia penalmente
perseguibile, è possibile adottare una delle seguenti misure su indicazione della Direzione
Generale per il benessere sociale e la tutela del minore geograficamente competente rispetto al
luogo ove si trova il minore: collocamento (presso istituzioni specializzate) ovvero sorveglianza
specializzata. Al fine di adottare le misure suddette, con il consenso del genitore o di un altro
legale rappresentante del minore, ovvero, in alcuni casi, della Commissione per il benessere del
minore, si tiene conto dei seguenti fattori: le condizioni che hanno favorito la commissione del
reato; il grado di pericolosità sociale del reato commesso; l'ambiente in cui il minore è cresciuto e
viveva; il rischio di recidiva associato al reato commesso dal minore; ogni altro elemento che
possa caratterizzare la situazione del minore. Le misure speciali di protezione più importanti sono
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rappresentate, come detto, dal collocamento e dalla sorveglianza specializzata. Al riguardo, sono
previste complesse misure di monitoraggio dell'attuazione delle misure speciali di protezione, oltre
a specifiche norme e garanzie procedurali.
Poiché l'ANPDC è stata partner del Ministero della giustizia nel progetto PHARE 2003 - Sostegno
al miglioramento della giustizia minorile, ha regolarmente chiesto alla DGASPC, durante il 2005, di
fornire i dati relativi ai minori che delinquono senza essere penalmente perseguibili.
Grazie alla centralizzazione delle informazioni così raccolte, la situazione risulta essere la
seguente:
a. 2005
- su un totale di 1439 minori di età inferiore a 14 anni responsabili di reati penali ma non
penalmente perseguibili, 32 sono stati oggetto di misure di sorveglianza specializzata disposte
dall'autorità giudiziaria; per 531 la CPC ha disposto accertamenti specialistici; 22 sono stati
oggetto di collocamento su disposizione dell'autorità giudiziaria; altri 25 sono stati oggetto di
misure di collocamento su disposizione della Commissione per il benessere del minore;
- su un totale di 397 minori di età compresa fra 14 e 16 anni responsabili di reati penali e non
penalmente perseguibili, 9 sono stati oggetto di misure di sorveglianza specializzata disposte
dall'autorità giudiziaria; per 63 la Commissione per il benessere del minore ha disposto la
sorveglianza specializzata; alcuni sono stati oggetto di misure di collocamento su disposizione
dell'autorità giudiziaria; 8 sono stati oggetto di misure di collocamento su iniziativa della
Commissione per il benessere del minore.
b. Per quanto riguarda il 2006, non è stato possibile raccogliere il numero complessivo di casi
concernenti minori non perseguibili penalmente e responsabili di reati penali; mancano le
informazioni relative.
III - La giustizia penale minorile - Minori responsabili di reati e penalmente
perseguibili. Normativa, sanzioni e provvedimenti. Operatori e beneficiari
1. Legislazione penale nazionale
1.1. L'attuale quadro normativo in materia penale
La giustizia minorile sembra costituire una vera e propria priorità nella strategia di riforma del
sistema giudiziario per il periodo 2005-2007. Tale strategia, oltre al piano di azione finalizzato alla
sua attuazione, approvata con decreto governativo 232/2005, contiene, al punto 6, i seguenti
obiettivi assunti dal Governo romeno al fine di potenziare il sistema della giustizia minorile: valutare
le risorse umane e materiali necessarie per garantire la migliore gestione dei procedimenti penali
che riguardino minori responsabili o vittime di reato; migliorare il quadro normativo per la tutela dei
diritti del minore; sviluppare proposte unitarie per semplificare i procedimenti ed aumentare le
garanzie procedurali offerte ai minori; prevedere attività di formazione specializzata per i magistrati
ed altre categorie professionali appartenenti al sistema giudiziario; creare le infrastrutture onde
assicurare il funzionamento corretto della giustizia minorile; sottolineare l'importanza di costituire
una struttura amministrativa a tutela dei minori (ad esempio, servizi educativi specializzati nella
gestione dei minori) da integrare nel sistema nazionale di messa alla prova, incaricata di alcuni
compiti speciali quali la redazione di rapporti psicosociali di valutazione, l'offerta di assistenza
psicologica, la sorveglianza delle misure di attuazione della condanna penale.
Attualmente, il sistema della giustizia penale minorile si fonda su: Codice penale (CP), adottato nel
1968, entrato in vigore il 1 gennaio 1969, e successive modifiche e integrazioni; Codice di
procedura penale (CPP), anch'esso adottato nel 1968, entrato in vigore il 1 gennaio 1969, e
successive modifiche e integrazioni; Legge sull'esecuzione di condanne e misure imposte
dall'autorità giudiziaria attraverso procedimenti penali, n. 275/2006 (che ha parzialmente abrogato
la legge 23/1969 relativa alle misure di esecuzione della pena) ed il relativo Regolamento di
attuazione approvato con decisione n. 1897/2006; Ordinanza del governo n. 92/2000, approvata
con legge 129/2002, relativa all'organizzazione ed al funzionamento dei servizi di messa alla
prova, e relativo Regolamento di attuazione approvato con decisione n. 1239/2000.
96
In base al Codice penale in vigore, il sistema sanzionatorio minorile è costituito da misure
educative e misure penali. Al fine di individuare la sanzione o la misura più idonea, la magistratura
tiene conto di alcuni elementi quali: la gravità sociale del reato; le condizioni fisiche del minore; il
grado di sviluppo intellettuale e morale; il comportamento pregresso e complessivo del minore; le
condizioni legate alla crescita ed altri elementi in grado di caratterizzare il minore in quanto
persona (articolo 100, paragrafo 1 CP). In base all'articolo 100, paragrafo 2 CP, è possibile
l'applicazione della pena ad un minore soltanto se si dimostri che la misura rieducativa non è
sufficiente a correggere la condotta del minore. Poiché la magistratura deve essere supportata
nella scelta della sanzione o della misura più idonea per un minore, a partire dal 30.03.2007 è
previsto per legge l'obbligo di redigere una relazione pre-sentenza da parte dei servizi di messa
alla prova in ogni procedimento che riguardi un minore (art. 482 CPP, modificato dalla legge
356/2006). La relazione pre-sentenza redatta dal servizio di messa alla prova per ogni minorenne
trova definizione, quanto a forma e contenuti, nell'articolo 482, paragrafo 3, CPP e nell'articolo 912 della decisione governativa 1239/2000. La relazione pre-sentenza viene chiesta dalla
magistratura (polizia giudiziaria, pubblici ministeri, giudici) e fornisce una serie di informazioni
relative al minore in quanto persona ed alle possibilità di un suo reinserimento sociale (art. 482,
paragrafo 2 CPP modificato da legge 356/2006). Al fine di garantire un trattamento specifico per i
minori durante il procedimento penale, l'intervento del servizio di messa alla prova è previsto per
legge in due momenti del procedimento: quando il pubblico ministero sottopone al minore (14-16
anni) tutti i materiali relativi alla fase pre-dibattimentale (art. 481, paragrafo 2 CPP) e quando il
procedimento relativo ad un minore di età compresa fra 14 e 18 anni si avvicina alla fase
dell'emissione della sentenza. In quest'ultima fase, il servizio di messa alla prova ha il diritto e il
dovere di fornire alcune spiegazioni, formulare alcune domande e presentare proposte in merito
alle misure che l'autorità giudiziaria potrebbe assumere (art. 484, paragrafo 2 CPP, modificato
dalla legge 281/2003 e, successivamente, dalla legge 356/2006).
In base all'art. 101 CP, le misure rieducative applicabili ad un minore sono le seguenti: censura;
libertà vigilata; collocamento presso un centro di rieducazione per minorenni; internamento in un
istituto medico-rieducativo.
Le pene applicabili ad un minore sono le seguenti: detenzione, pena pecuniaria. In Romania, la
durata della reclusione va da un minimo di 15 giorni ad un massimo di 30 anni (art. 53, comma 1,
lettera b, CP), mentre le pene pecuniarie vanno da 100 a 50.000 lei (art. 53, comma 1, lettera c,
CP). Nel caso di un imputato minorenne, le pene sono dimezzate; tuttavia, una volta applicata tale
riduzione, la durata della reclusione non può superare nel minimo i 5 anni (art. 109, comma 1, CP).
Le condanne pronunciate per reati commessi durante la minore età (fino a 18 anni) non
comportano decadenze o incapacità.
In Romania non vi sono previsioni normative che precisino che cosa si debba intendere per misure
e sanzioni alternative alla detenzione. Ciononostante, la dottrina in merito fa riferimento alla
definizione contenuta nella Raccomandazione R(92)16 del Consiglio d'Europa. In base all'articolo
1 del Glossario terminologico che fa parte integrante della Raccomandazione suddetta,
l'espressione "sanzioni e misure alternative alla detenzione" indica "sanzioni ovvero misure che
mantengono il reo all'interno della comunità e comportano determinate limitazioni della sua libertà
attraverso l'imposizione di condizioni e/o obblighi; responsabili dell'attuazione di tali misure sono
organismi a ciò deputati dalla legge. Con questo termine si indicano sanzioni imposte dall'autorità
giudiziaria ovvero da un giudice, nonché qualsivoglia misura adottata precedentemente o in luogo
di una decisione o sanzione nonché ogni modalità finalizzata all'applicazione di pene detentive al
di fuori del carcere." Poiché l'articolo 5 della Raccomandazione R(92)16 stabilisce che, nella
maggioranza degli Stati membri, il servizio di messa alla prova rappresenta "l'autorità responsabile
dell'attuazione", riteniamo che il sistema di sanzioni e misure alternative alla detenzione in carcere
applicabili in Romania a soggetti minorenni riguardi, al momento, soltanto quelle sanzioni e misure
che, nel loro complesso, soddisfano a tutte le tre condizioni specificate nella definizione di cui alla
Raccomandazione suddetta - ovverosia, mantenere il reo all'interno della comunità; prevedere
determinate limitazioni alla libertà personale del reo; trovare attuazione per il tramite di un'autorità
a ciò deputata dalla legge, solitamente insieme al servizio di messa alla prova.
Tuttavia, in Romania il novero delle sanzioni e misure alternative alla detenzione in carcere idonee
ad essere applicate a soggetti minorenni è molto contenuto, comprendendo solo quanto segue:
97
- misure preventive di natura procedurale diverse dalla detenzione: qualora si associno ad obblighi
di sorveglianza imposti dalla magistratura e che il minore è tenuto a rispettare (divieto di lasciare la
città di residenza unitamente agli obblighi di sorveglianza di cui all'art. 145, comma 1,1 e comma
1,2 CPP; divieto di lasciare il Paese unitamente agli obblighi di sorveglianza di cui all'art. 145,1
secondo comma CPP; rilascio temporaneo sotto controllo giudiziario ovvero su cauzione
unitamente agli obblighi di sorveglianza di cui all'art. 160, comma 3, 3 CPP) e qualora la legge
preveda quale sia l'autorità incaricata dell'attuazione e tenuta a verificare il rispetto da parte del
minore degli obblighi di sorveglianza in oggetto (art. 145, comma 2,1; art. 145,1 comma 2; art.
160,2 comma 4 CPP).
- libertà vigilata, qualora si associ a determinati obblighi di sorveglianza (art. 103, comma 3 CP) e
qualora il servizio di messa alla prova sia l'autorità responsabile dell'attuazione tenuta per legge a
verificare il rispetto da parte del minore degli obblighi di sorveglianza (art. 39-44 della decisione
governativa 1239/2000);
- sospensione vigilata della pena (art. 110,1 CP, di cui all'art. 103, comma 3, ed art. 86,3 comma
1,3 CP; v. anche art. 31-38 della decisione governativa 1239/2000);
- rilascio condizionato, nel caso di minori (art. 110,1 comma 4, di cui all'art. 60, comma 2 CP).
Se si analizzano gli istituti di cui sopra utilizzando la distinzione operata dalla Raccomandazione
del Consiglio d'Europa fra il significato di sanzioni e misure, vediamo che soltanto il provvedimento
di libertà vigilata corrisponde ad una vera e propria "sanzione alternativa alla detenzione in
carcere" trattandosi dell'unico provvedimento imposto dall'autorità giudiziaria come specifica e
distinta sanzione. Le misure preventive di natura procedurale diverse dalla detenzione sono
"misure alternative alla detenzione in carcere" in quanto sono imposte, a seconda dei casi, da un
pubblico ministero, da un giudice o dall'autorità giudiziaria in qualsiasi fase del procedimento
penale. La sospensione vigilata della pena ed il rilascio condizionato non sono sanzioni autonome
disciplinate dal Codice penale, tuttavia rappresentano "misure alternative alla detenzione" in
quanto possono essere considerate strumenti per garantire l'esecuzione totale o parziale di una
pena detentiva al di fuori delle istituzioni carcerarie.
1.2. La nuova normativa penale e le prospettive future
Considerando la natura diversificata della criminalità e l'esigenza di dare risposte più idonee alle
nuove sfide, il Parlamento romeno ha adottato un nuovo Codice Penale attraverso la legge
301/2004. Tuttavia, la mentalità romena e le istituzioni incaricate dell'esecuzione non sono state
adeguatamente preparate a dare sostegno alle disposizioni del nuovo Codice Penale. In tale
ambito, l'entrata in vigore del nuovo codice è stata differita - inizialmente al 1 settembre 2006 (in
base al decreto governativo d'urgenza 58/2005), e quindi al 1 settembre 2008 (in base al decreto
governativo d'urgenza 50/2006). Purtroppo, in Romania, ogni cambiamento al vertice del Ministero
della giustizia ha comportato la rinuncia alle modifiche del Codice Penale promosse dallo specifico
ministro o dal partito politico di riferimento. È per tali motivi che, nel periodo 2004-2007, sono stati
presentati in Parlamento molti progetti di modifica del Codice Penale. Qualunque sia, in ultima
analisi, il progetto a giungere in dirittura d'arrivo, è evidente che il nuovo Codice Penale
comporterà la necessità di un nuovo Codice di procedura penale. Le novità previste dal nuovo
Codice Penale in materia minorile riguardano, in particolare, gli aspetti seguenti: l'età di
imputabilità penale per i minorenni passerà da 14 a 13 anni (art. 114); tutte le pene applicabili ai
minori saranno abrogate ed avremo un sistema sanzionatorio penale costituito unicamente da
misure rieducative (art. 115); in base all'art. 116 del nuovo Codice, vi sarà una netta distinzione fra
misure rieducative di natura non detentiva (impegno in attività socialmente utili, vigilanza, obbligo
di soggiorno domiciliare nei fine settimana, assistenza quotidiana) e misure rieducative di natura
detentiva (collocamento in un centro di rieducazione; collocamento in un istituto di detenzione);
l'importanza del servizio di messa alla prova sarà ulteriormente accresciuta in quanto il servizio
parteciperà sia alla redazione delle relazioni pre-sentenza che dovranno facilitare il compito
dell'autorità giudiziaria per quanto riguarda l'assunzione delle decisioni più opportune per ciascun
soggetto minorenne (art. 117) sia all'attuazione degli obblighi di vigilanza/sorveglianza
eventualmente associati all'imposizione di misure rieducative di natura non detentiva (art. 122).
Inoltre, sono al momento in corso i lavori concernenti il progetto di una nuova legge sull'attuazione
di misure rieducative per i minori. Se tale legge entrerà in vigore, si renderà necessario modificare
98
l'attuale legge 275/2006 concernente l'attuazione di pene e misure imposte dalla magistratura
durante procedimenti penali. L'obiettivo delle misure rieducative è disciplinato dall'articolo 3 del
progetto di legge. Tale obiettivo si lega alla volontà della Romania di conformarsi agli standard
internazionali in materia di giustizia minorile nei termini seguenti: garantire il reinserimento sociale
del minore; responsabilizzare il minore; impedirne la recidiva. Inoltre, l'articolo 10 del progetto di
legge sottolinea l'importanza del contatto con la comunità di appartenenza, e l'articolo 11 stabilisce
l'opportunità di garantire al minore la tutela, l'istruzione, l'assistenza sanitaria, l'assistenza
psicologica e sociale, e programmi di formazione scolastica e professionale. In tal senso, non v'è
dubbio che il nuovo sistema di sanzioni penali relative ai minori responsabili di reato tende a
dimostrare la volontà della Romania di passare da una "giustizia minorile repressiva" ad una
"giustizia minorile rieducativa e riparativa".
2. La struttura del sistema sanzionatorio minorile in base all'attuale codice penale
2.1. Sanzioni e misure di natura detentiva
Misure procedurali preventive di natura detentiva (fermo e arresto preventivo)
Anno
2004
2005
2006
Numero minorenni tratti in
arresto preventivo
6341
6796
6145
Fonte
MJ-SG
MJ-SG
MJ-SG
Misure rieducative di natura detentiva (collocamento presso centro di rieducazione per minorenni o
internamento in struttura medico-rieducativa)
Anno
2004
2005
2006
Numero minorenni soggetti a
misure rieducative di natura
detentiva
239
302
354
Fonte
MJ-SG
MJ-SG
MJ-SG
Pene detentive
Anno
2004
2005
2006
Numero minorenni condannati
a pene detentive
1794
1860
1638
Fonte
MJ-SG / CSM-DRUOBS
"""
"""
2.2. Sanzioni e misure diverse dalla detenzione
Misure preventive di natura procedurale diverse dalla detenzione (alternative all'arresto preventivo)
Non disponiamo di statistiche nazionali quanto al numero dei minori oggetto di misure preventive di
natura procedurale diverse dalla detenzione nel periodo 2004-2006. Sono state chieste le relative
informazioni al MJSG, PICCJ, CSM.
99
Misure rieducative diverse dalla detenzione (censura, libertà vigilata)
N. minori puniti
con misure
rieducative di
censura
N. totale minori
sottoposti a libertà
vigilata
N. minori
sottoposti a libertà
vigilata associata
a determinati
obblighi soggetti a
monitoraggio da
parte del servizio
di messa alla
prova
2004
453
2005
491
2006
436
Fonte
MJ-SG / CSMDRUOBS
537
702
557
MJ-SG / CSMDRUOBS
136
159
140
41 SP
Sospensione della pena detentiva (sospensione condizionale della pena e sospensione
condizionale della pena associata a misure di vigilanza o controllo)
N. minori
sottoposti a
sospensione
condizionale della
pena detentiva
N. totale minori
soggetti a
sospensione
vigilata della pena
detentiva
N. minori
sottoposti a
sospensione della
pena detentiva
soggetta a
vigilanza da parte
del servizio di
messa alla prova
2004
3084
2005
2610
2006
2429
Fonte
MJ-SG
CSM-DRUOBS
Non si dispone di
statistiche
che
distinguano fra i
due gruppi
511
462
MJ-SG
CSM-DRUOBS
316
307
291
41 SP
Rilascio condizionato associato a misure di sorveglianza
In base all'art. 60, comma 2, CP, qualora un minore sia stato condannato a pena detentiva ed
abbia compiuto 18 anni, può essere rilasciato in via condizionale, purché abbia scontato 1/3 della
pena detentiva e quest'ultima non superi 10 anni, ovvero purché abbia scontato metà della pena
detentiva qualora quest'ultima superi i 10 anni. È necessario, inoltre, che il minore soddisfi alle
condizioni di cui all'art. 59, comma 1, CP - ossia, che mostri una condotta responsabile sul luogo di
lavoro, si comporti in modo disciplinato, mostri con chiarezza di avere migliorato la propria
condotta durante la reclusione. In realtà, l'unica condizione associata al rilascio condizionato
consiste nella capacità del soggetto di non recidivare durante il periodo restante della pena non
trascorso in carcere bensì presso una comunità. Per quanto riguarda il rilascio condizionato di un
100
minorenne, il Codice Penale contiene una specifica disposizione in base alla quale l'autorità
giudiziaria può imporre le stesse misure o gli stessi obblighi di sorveglianza applicabili alla
sospensione vigilata della pena (art. 110, 1 CP) durante il periodo trascorso in comunità
successivamente al rilascio e fino all'esecuzione dell'intero periodo di pena. Purtroppo non vi sono
casi in giurisprudenza dai quali si evinca la volontà delle autorità giudiziarie romene di fare ricorso
a questa disposizione. Tuttavia, il Codice Penale consente di giungere ad un'interpretazione per
cui il servizio di messa alla prova può fungere da "autorità responsabile dell'esecuzione" in questi
casi specifici di rilascio condizionato associato a misure di sorveglianza, anche se l'ordinanza
governativa 92/2000 approvata con leggge 129/2002 non fa alcuna menzione del ruolo del servizio
di messa alla prova in tale ambito.
3. Operatori responsabili di casi concernenti minori. "autorita' con poteri decisionali"
(pubblici ministeri e giudici) ed "autorita' responsabili dell'esecuzione" di sanzioni e misure
alternative alla detenzione per quanto concerne i minori (servizio di messa alla prova)
3.1. Pubblici ministeri
Numero di pubblici
ministeri che si
occupano di materia
minorile rispetto al
totale dei PM in
Romania
2005
985 su 2730
2006
1055 su 2745
Fonte
PICCJ-SRUD
Nel periodo 2005-2006, 178 pubblici ministeri hanno partecipato a corsi di formazione in materia di
giustizia minorile. I principali programmi di formazione sono stati i seguenti:
- Campagna educativa "I diritti del minore sono legge", organizzata dall'Autorità nazionale per la
tutela dei diritti del minore, con il sostegno finanziario del progetto UE PHARE/RO/2002; sono stati
tenuti alcuni seminari a Timisoara, Brasov, Busteni, Costanza, Slobozia, Calarasi, Craiova, Cluj,
Iasi, Buzau nel periodo 2005-2006;
- Programma PHARE/RO/03/IB/JH-05, "Sostegno al miglioramento della giustizia minorile",
nell'ambito del partenariato fra i ministeri della giustizia francese e romeno; sono stati tenuti alcuni
seminari ad Amara, Eforie, Sud e Brasov nel periodo 2005-2006;
- Scuola estiva "Giustizia minorile" organizzata dall'Istituto nazionale della magistratura, la
Fondazione tedesca per la cooperazione giudiziaria internazionale e l'UNICEF, Sovata, 2005;
- Progetto "Camping educativo sulle tematiche della consulenza famigliare e dei diritti del minore",
con il sostegno finanziario di un progetto UE-PHARE, Busteni, 2005;
- alcune attività di formazione per i formatori concernenti "Procedimenti giudiziari relativi alla lotta
contro il traffico di minori e l'immigrazione", organizzate dall'Istituto nazionale della magistratura e
dalle fondazioni "Terre des Hommes" e "Jean Valjean", Bucarest, 2006.
3.2. Giudici
Numero di giudici
responsabili di
procedimenti
concernenti minori
rispetto alla totalità dei
giudici operanti in
Romania
2005
673 su 3671
2006
1183 su 3799
Fonte
CSM-DRUOBS
101
La formazione iniziale destinata ai magistrati (giudici e pubblici ministeri) avviene presso l'Istituto
nazionale della magistratura. Nel primo anno, i magistrati seguono un corso di formazione di 32
ore in materia di diritto di famiglia, mentre nel secondo anno è previsto un corso di formazione di
24 ore in materia di giustizia minorile. Inoltre, al fine di prendere contatto con aspetti pratici, i
magistrati fanno visita, durante il periodo di formazione iniziale, ad istituti o organismi che si
occupano di giustizia minorile - in particolare, l'Amministrazione nazionale penitenziaria, il Carcere
minorile di Craiova, il Dipartimento generale per l'assistenza sociale e la tutela del minore, il
Dipartimento per la messa alla prova presso il Ministero della giustizia, i Servizi di messa alla
prova presso i tribunali distrettuali di Iasi e Dolj, l'organizzazione "Alternative sociali" di Iasi.
Ogni anno l'Istituto nazionale della magistratura dedica crescente attenzione alla formazione
permanente dei magistrati per quanto riguarda la giustizia minorile. In tale contesto, nel 2003 l'INM
ha organizzato 4 seminari dedicati alla giustizia minorile, al diritto di famiglia ed alla tutela del
minore, ai quali hanno partecipato 96 magistrati (Bucarest, Sovata). Nel 2004, l'INM ha
organizzato 6 di tali seminari (Timisoara, Sovata, Amara, Barlad) ed una scuola estiva (Sovata),
con la partecipazione di 159 magistrati. Nel 2005, l'INM ha organizzato 5 seminari dedicati alla
giustizia minorile ed alla sottrazione di minori (Iasi, Bucarest) oltre ad una scuola estiva (Sovata),
ai quali hanno partecipato 140 magistrati. Nel 2006, l'INM ha organizzato 16 seminari relativi a
tematiche quali giustizia minorile, diritti del minore, traffico di minori e immigrazione minorile
(Bucarest, Brasov, Amara, Iasi, Sovata, Timisoara) oltre ad una scuola estiva (Sovata), con la
partecipazione complessiva di 374 magistrati.
3.3. Consulenti in materia di messa alla prova presso i Servizi per la messa alla prova dei tribunali
distrettuali
Nonostante il fatto che le politiche penali in Romania abbiano iniziato ad orientarsi nel senso delle
raccomandazioni internazionali concernenti la giustizia minorile e pur in presenza di un
riconoscimento dell'efficacia di sanzioni e misure alternative alla detenzione, la Romania non ha
ancora la capacità istituzionale di gestire in maniera idonea tali sanzioni e misure concernenti i
minori.
Nel 2007, l'intero personale dei servizi per la messa alla prova in Romania ammontava ad appena
170 consulenti, e ad oggi, più esattamente al 16 aprile, si compone di 293 consulenti (v. colonna 2,
Allegato 4) operanti presso 41 servizi per la messa alla prova presso altrettanti tribunali distrettuali.
Tali consulenti devono rispondere di una mole eccessiva di compiti previsti dalla legge. Si
occupano di minori e di soggetti adulti, in tutti i settori di intervento: devono preparare le relazioni
pre-procedimentali e pre-sentenza richieste dalla magistratura (polizia, pubblici ministeri, autorità
giudiziarie), garantire la vigilanza sul rispetto degli obblighi imposti unitamente a sanzioni e misure
alternative alla detenzione, fornire assistenza e consulenza su richiesta del reo nel corso del
processo di reinserimento sociale. Inoltre, a partire dal 1 gennaio 2005, in base alla legge
211/2004 il sistema di messa alla prova si occupa anche delle vittime di reati, e non soltanto dei
responsabili.
Per tutti i motivi sopra illustrati, il volume di attività dei servizi di messa alla prova è almeno
quadruplo rispetto alle capacità istituzionali. Visto il quadro esistente, c'è il rischio che il principio
quantitativo assuma maggiore importanza del principio qualitativo, e si teme che i servizi di messa
alla prova finiscano per essere distolti da quelli che sono i loro obiettivi primari: prevenire la
recidiva, contribuire al reinserimento sociale del reo, e garantire la tutela sociale.
Numero di
responsabili di
reati presso
servizi di
messa alla
prova
2003
6943
2004
11460
2005
15230
2006
16628
Fonte
MJ-DP
102
Numero di
minorenni
responsabili di
reati presso
servizi di
messa alla
prova
Percentuale
2060
3946
4267
1675
29,67%
34,43%
28,01%
10,07%
Il Dipartimento per la messa alla prova del Ministero della giustizia e l'Associazione nazionale per
la messa alla prova stanno lavorando ad una nuova legge che dovrà disciplinare il sistema della
messa alla prova. Il primo passo dovrà consistere in un rapido aumento del personale e nella
previsione di una formazione specifica per tale personale nel settore della giustizia minorile, al fine
di migliorare il sistema di messa alla prova e giungere a risultati realmente efficaci per quanto
concerne le sanzioni e le misure alternative alla detenzione rispetto ai soggetti minorenni.
103
RAPPORTO DI RICERCA DEL PROGETTO STOP-CAR - ROMANIA
di Dalina Groza, Monica Magold, Ramona Lungu
Moderatore: Dalina Groza
Relatore: Monica Magold
Sede: Tribunale distrettuale di Arad - Romania
Periodo: 27.02.2008 - 6.03.2008
Gruppi interessati:
1. Consulenti in materia di messa alla prova (8: 3 psicologi, 2 assistenti sociali, 3 giuristi):
27.02.2008
2. Giudici (9: 4 provenienti dal tribunale locale e 5 provenienti dal tribunale distrettuale): 6.03.2008
3. Minori (9: minori di età compresa fra 14 e 18 anni e giovani adulti di età compresa fra 18 e 23
anni): 28.02.2008
Materiali necessari:
- Allegato 1: Tracce per il focus group relativo alla Romania (10 temi)
- Allegato 2: Rapporto nazionale sulla giustizia minorile relativamente al Progetto STOP-CAR
(bozza di dati statistici)
- Allegato 3: Caso esemplificativo in materia di criminalità organizzata, "Ana Maria"
- Allegato 4: Risposte dei consulenti in materia di messa alla prova
- Allegato 5: Risposte dei giudici
- Allegato 6: Risposte dei minori responsabili di reati
Tracce per il focus group
1. Tenendo conto dei dati statistici contenuti nel Rapporto nazionale sulla giustizia minorile per
quanto concerne la carriera criminale dei minori, ritenete che tali statistiche rispecchino la realtà
oppure desiderate fornire un'altra analisi quantitativa del fenomeno?
Tema 1: Le statistiche riflettono la realtà del sistema minorile in Romania?
2. Disponendo di dati statistici in merito alla giustizia minorile, ritenete che sia possibile utilizzare
tali statistiche per definire gli obiettivi di intervento in questo ambito? Se la risposta è positiva, in
quale misura è possibile trovare sostegno nei dati numerici?
Tema 2: È possibile utilizzare i dati statistici per definire gli obiettivi di intervento?
3. In base alla Sua esperienza personale/professionale, che tipo di progetto di intervento ritiene sia
il più efficace al fine di prevenire l'ingresso del minore nel "circuito penale" (ossia, al fine di
impedire che un soggetto minorenne che mostra comportamenti antisociali inizi a delinquere)?
Tema 3: Come possiamo impedire che un soggetto minorenne inizi un "percorso delinquenziale"?
4. In base alla Sua esperienza personale/professionale, che tipo di progetto di intervento ritiene sia
il più efficace per porre termine al "percorso delinquenziale" di un minorenne (ossia, al fine di
impedire la recidiva in un soggetto minorenne)?
Tema 4: Come possiamo interrompere il percorso delinquenziale di un soggetto minorenne
(affinché non commetta nuovi reati)?
5. Che cosa, a vostro giudizio, funziona/non è efficace nel sistema della giustizia minorile in
Romania? Quali sono i punti critici del sistema?
Tema 5: Cosa non funziona o si dimostra inefficace nel sistema della giustizia minorile in
Romania?
104
6. Come ritenete debba configurarsi un sistema efficace di giustizia minorile in Romania? Quali
potrebbero essere gli istituti facenti parte di tale sistema? Quali principi dovrebbero essere
promossi dal sistema? Quali differenze dovrebbero essere sottolineate dal sistema fra la giustizia
minorile e la giustizia applicata a soggetti adulti?
Tema 6: Quale configurazione deve applicarsi ad un sistema efficace di giustizia minorile in
Romania? (Istituzioni, principi, differenze rispetto al sistema giudiziario per i soggetti adulti)
7. Riesce a "percepire" il rischio di recidiva in un minore da Lei conosciuto? Quali sono "i segni"
che guidano la Sua intuizione o sensazione in questi casi? Quali sono i "limiti di errore" delle Sue
previsioni?
Tema 7: Avete mai sensazioni / intuizioni / previsioni rispetto alla possibilità di recidiva in un
minore? Di che tipo?
8. Ritiene che vi siano alcuni "errori istituzionali" nel sistema della giustizia minorile in Romania?
(in altri termini, alcuni interventi ovvero alcune caratteristiche di certi interventi possono
incrementare ovvero favorire l'inizio di un percorso delinquenziale nonostante il fatto che si tratti di
interventi finalizzati a ridurre o arrestare tale percorso)
Tema 8: Ritenete che vi siano alcuni "errori istituzionali" per quanto riguarda gli interventi
concernenti il sistema della giustizia minorile? Di che tipo?
9. Infine, quali sono i "punti critici" ed i "punti di forza" di un operatore / professionista all'interno del
sistema della giustizia minorile?
Tema 9: Quali sono le vostre opinioni rispetto ai "punti critici" ed ai "punti di forza" di un operatore /
professionista del sistema della giustizia minorile in Romania?
10. Tenendo conto del caso esemplificativo relativo ad "Ana Maria" ed in base alle Sue
conoscenze relative al traffico di esseri umani, La preghiamo di redigere un "elenco dei colpevoli"
ed un "elenco di decisioni personali / istituzionali" da assumere al fine di gestire il fenomeno della
criminalità organizzata rispetto ai minori.
Tema 10: Chi sono "i colpevoli" e quali sono le "decisioni necessarie" per quanto riguarda la
criminalità organizzata che coinvolga soggetti minorenni?
Relazione conclusiva del focus group
Situazione di partenza
a. Vi sono pareri ed atteggiamenti specificamente legati alla specifica attività lavorativa per quanto
riguarda le cause della criminalità giovanile e le modalità di intervento - ossia, guardando ai giudici
di tribunali per minorenni anziché agli operatori sociali o agli psicologi responsabili di questi casi?
O vi sono, invece, approcci interdisciplinari?
(Abbiamo affrontato il tema attraverso le domande 5, 6 dei focus-group)
Il lavoro dei focus-group ha mostrato che tutti rilevavano l'importanza di approcci interdisciplinari,
anche se nei singoli luoghi di lavoro la pratica mostra l'esistenza di pareri ed atteggiamenti specifici
e, quindi, l'esigenza di un miglioramento.
I consulenti (in materia di probation) hanno affermato che alcuni punti critici in questo campo sono
rappresentati dal fatto che non esiste una rete specifica e funzionale di supporto in sede extracarceraria; alcune delle istituzioni tradizionali mostrano una certa diffidenza nei confronti di nuovi
istituti come la messa alla prova; manca una strategia comune a tutte le agenzie che si occupano
di giustizia minorile; manca una strategia comune per l'attuazione di progetti di prevenzione;
mancano esempi di formazione congiunta dei formatori; le agenzie pubbliche sono inefficienti e
mancano di risorse; il coinvolgimento della società civile è discontinuo; le responsabilità in materia
di prevenzione sono frammentate fra un numero eccessivo di soggetti. Inoltre, i consulenti hanno
suggerito che per ottenere maggiore efficienza e, quindi, una riduzione della criminalità si potrebbe
ricercare una migliore collaborazione fra le agenzie che si occupano di giustizia minorile, realizzare
105
un sistema composto da tutte le autorità competenti a livello locale operanti congiuntamente in una
rete di sostegno, porre tali agenzie, con una forma migliore e più coerente di collaborazione, sotto
il coordinamento dei servizi di messa alla prova, e costituire un database condiviso fra i
dipartimenti giudiziari e gli altri partner.
I giudici hanno affermato che alcuni punti critici per quanto riguarda la lotta alla criminalità sono i
seguenti: i magistrati non hanno la necessaria preparazione didattica e psicologica per far capire ai
minorenni le conseguenze delle loro azioni (inoltre, ciò non fa parte delle loro competenze;
sarebbe opportuna una specializzazione in questo campo, ed i magistrati che si occupano di
minori dovrebbero avere le capacità didattiche e psicologiche di comprendere i problemi specifici
del minore); i giudici che si occupano delle cause penali concernenti minori dovrebbero partecipare
regolarmente ad incontri con psicologi, consulenti in materia di messa alla prova ed insegnanti di
psicologia. Inoltre, un sistema efficace di giustizia minorile dovrebbe fondarsi in modo particolare
sulla prevenzione, ed i Servizi di messa alla prova dovrebbero essere in grado di garantire tale
configurazione; tribunali specializzati dovrebbero occuparsi dell'irrogazione di pene per gli specifici
reati (questa specializzazione dovrebbe applicarsi anche agli organi di indagine e ricerca penale); il
sistema della giustizia minorile dovrebbe essere costituito da: Il servizio di messa alla prova presso
ciascun tribunale, tribunali specializzati per giudicare i casi concernenti minori, pubblici ministeri
attivi solo in casi relativi a minori, avvocati specializzati nelle cause minorili, altre istituzioni
pubbliche o private di tutela sociale che offrano assistenza gratuita ai minori; un sistema efficiente
di giustizia minorile deve essere composto da una rete di istituzioni con competenze chiaramente
definite fra le quali dovrebbero sussistere rapporti di collaborazione previsti per legge, e non sulla
base di un semplice protocollo (tali istituzioni dovrebbero essere: polizia, pubblici ministeri, autorità
giudiziarie, chiesa, ONG, autorità tutelari, direzioni per la tutela del minore, direzioni sanitarie,
direzioni per l'occupazione, penitenziari, servizi di messa alla prova); è necessario sottolineare
l'importanza di prevenzione ed educazione, e lavorare congiuntamente a famiglie e scuole; un
sistema efficiente di giustizia minorile deve fondarsi in primo luogo sulla prevenzione, ed in
secondo luogo sul reinserimento sociale, senza prevedere approcci punitivi; il minore dovrebbe
rimanere presso la propria famiglia, sotto il controllo di un organismo specializzato in grado di
fornire consulenza e monitorare lo sviluppo del minore; il sistema dovrebbe essere costituito da
molte istituzioni e dovrebbe prevedere personale con competente didattiche, medici, assistenti
sociali, giuristi ed un rappresentante religioso; il sistema sanzionatorio dovrebbe comprendere
unicamente misure rieducative.
b. Reazioni degli operatori alle statistiche sulla criminalità giovanile
(Abbiamo affrontato questo aspetto attraverso le domande 1, 2 dei focus-group)
A questo punto della discussione, sono state mostrate alcune statistiche per avere il parere dei vari
operatori rispetto alla validità dei dati statistici ed al loro possibile utilizzo. Le risposte sono
raggruppabili in due categorie: da un lato vi era chi riteneva che i dati statistici rispecchiassero la
realtà, mentre un altro gruppo la pensava in maniera diametralmente opposta.
Gli operatori secondo cui i dati statistici rispecchiavano la realtà sostenevano tale posizione
evidenziando alcuni limiti: Le statistiche riflettono la realtà, visto che si riferiscono a dati numerici
forniti da più soggetti pubblici che si sono occupati della materia a livello nazionale; le statistiche
riflettono la realtà in maniera quantitativa, per quanto concerne i crimini venuti alla luce; le
statistiche fornite dai servizi di messa alla prova sono corrette e rigorose; altre agenzie spesso
cambiano il personale responsabile della raccolta dei dati, e quindi le informazioni risultano
lacunose; ritengo che ogni autorità abbia operato con serietà e che i dati numerici riflettano la
situazione reale; ritengo che, di norma, i dati statistici relativi al progetto nazionale STOP-CAR
riflettano la realtà; l'accuratezza delle informazioni ottenute è confermata dalle evidenti analogie fra
i valori riscontrati con riguardo a voci diverse nel periodo preso in considerazione (2004-2006); i
dati statistici possono offrire uno strumento per l'analisi della criminalità giovanile purché si tratti di
dati ottenuti attraverso analisi scientifica dei vari indicatori; i dati statistici rispecchiano l'ampiezza
del fenomeno criminale, e tengono conto soltanto dei casi noti.
106
Gli altri operatori affermavano quanto segue: Ritengo che le statistiche non rispecchino la realtà in
pieno, ma presumo che non tutti i responsabili di reato siano stati catturati; i dati numerici sono
reali, si riferiscono ai minori responsabili di reato secondo le risultanze delle autorità giudiziarie; ho
molte riserve sull'accuratezza e l'utilità di queste informazioni, data l'assenza di statistiche relative
alle pene alternative alla detenzione quali le misure di sospensione condizionale e sospensione
vigilata; le statistiche hanno evidenziato un numero altissimo di minori tratti in arresto ed un basso
numero di minori condannati alla misura del collocamento presso centri di rieducazione ed a pene
detentive; facendo riferimento al numero di minori condannati a pene detentive (comprendendovi
anche la sospensione condizionale ovvero la sospensione vigilata della pena), il numero di minori
tratti in arresto risulta eccessivo, motivo per cui credo che le statistiche concernenti i minori tratti in
arresto preventivo non corrisponda alla realtà. Se si compie un semplice calcolo relativo al 2006,
anno in cui risulta che 6145 sono stati tratti in arresto preventivo, e si confronta tale cifra con gli
altri dati statistici, in particolare il numero di minori condannati a misure di rieducazione nel 2006
(354) ed il numero di minori condannati a pene detentive (1638), nonché il numero dei minori
oggetto di "ammonimenti" quali misure rieducative (436), quelli sottoposti a libertà vigilata (557)
ecc., si osserva che il numero di minori arrestati non corrisponde al reale. Inoltre, ritengo che il
numero di minori sottoposti a provvedimenti rieducativi sia molto maggiore di quello risultante dalle
statistiche per gli anni 2004-2006. È possibile che il numero complessivo di minori responsabili di
reati rilevato dai Servizi di messa alla prova sia quello indicato nelle statistiche, anche se mi
sembra un po' troppo elevato per quanto riguarda il 2006. Per il rimanente le statistiche
rispecchiano la situazione reale. Non sono in possesso di altri dati quantitativi.
Per quanto concerne l'utilità dei dati statistici riferiti al sistema della giustizia minorile, tutti
concordavano sull'utilità delle informazioni statistiche: Sì, è possibile, attraverso i dati statistici,
elaborare progetti facenti perno su misure di intervento, adattamento, reinserimento sociale, da
realizzare in collaborazione fra agenzie pubbliche, ONG, parti sociali; le statistiche possono
influenzare le politiche penali, che devono offrire soluzioni ai fini della migliore e più efficiente
gestione del fenomeno criminale; Sì, le statistiche potrebbero aiutarci molto se fossero realistiche.
Le si possono utilizzare per valutare la dinamica dei fenomeni criminali (ad esempio: aumento o
riduzione del numero di minori condannati a pene detentive). Inoltre, i dati numerici indicano alcuni
settori che destano allarme (ad esempio, elevata percentuale di minori tratti in arresto). Sì, penso
che le statistiche possano servire da guida nella messa a punto di progetti di intervento per la
giustizia minorile. I dati numerici aiutano a concentrare gli interventi verso determinate direzioni, a
definire l'entità di tali interventi ed a garantire le giuste proporzioni (ad esempio, a livello nazionale,
regionale, locale); le statistiche ci possono aiutare a concentrare, bilanciare e controllare gli
interventi; Sì, se esiste una correlazione fra sanzioni e tasso di recidiva dei minori responsabili di
reato; Le statistiche potrebbero dimostrare la necessità di un determinato tipo di interventi.
Maggiore il numero di minori responsabili di reato, maggiore l'esigenza di progetti e interventi
(scuole speciali, centri di rieducazione, consulenti per la messa alla prova); studi, temi e rilevazioni
della dinamica dei fenomeni criminali dovrebbero attenersi agli stessi criteri per consentire la
formulazione di valutazioni conclusive; a mio giudizio, per elaborare qualsiasi programma di
intervento occorre fare affidamento su un'approfondita analisi statistica dei fenomeni e delle
caratteristiche dei soggetti ai quali il programma si rivolge. È preferibile elaborare l'analisi statistica
prima di definire il programma di interventi, nonché durante l'esecuzione del programma ed al
termine di quest'ultimo. L'analisi dei dati ottenuti in tal modo offrirà un'immagine dell'efficienza del
programma di intervento così attuato. Si otterrà così un'analisi scientifica dei risultati ottenuti e si
potranno correggere eventuali deficienze. Sì, può essere d'aiuto. I numeri possono essere di
grande utilità, ma presentano oscillazioni periodiche dovute a fattori economici, sociali, ecc.; Sì, le
statistiche possono aiutarci a definire il personale necessario per la messa a punto e l'applicazione
di progetti di intervento, poiché un numero troppo contenuto di soggetti coinvolti renderebbe
inefficaci tali progetti; Sì, per quanto concerne la struttura dei soggetti responsabili di reato in base
al sesso, all'età, al tipo di reato, all'ambiente sociale, le statistiche ci aiutano ad individuare le aree
sulle quali puntare con i programmi di intervento (educazione sessuale, integrazione dei Rom,
ecc.); Sì, le statistiche influenzano la prassi giuridica e offrono argomenti a favore e contro
eventuali modifiche del quadro normativo, delle attività di prevenzione, e per la lotta alla criminalità;
La messa a punto di programmi di intervento dovrebbe fondarsi sull'analisi statistica. I dati
107
numerici possono segnalare la gravità dei reati commessi da minori e la tipologia dei reati più
frequenti. Inoltre, una volta applicati i programmi di intervento, la statistica permette di valutare
l'efficacia di tali programmi.
c. Specifiche condizioni sociali, culturali ed economiche della devianza minorile - dal punto di vista
(1) degli operatori (consulenti in materia di messa alla prova, giudici) e (2) dei minori.
(Abbiamo affrontato questa tematica attraverso le domande 4, 7 dei focus-group)
Alla domanda concernente le sensazioni / intuizioni / previsioni sulla possibilità di recidiva da parte
di un minore responsabile di reati, sia gli operatori sia i minori hanno indicato l'esistenza di alcune
condizioni sociali, culturali ed economiche specifiche della devianza minorile.
Gli operatori hanno evidenziato l'esistenza di segnali di recidiva (che comprendono anche alcune
caratteristiche personali/psicologiche del singolo soggetto): mancanza di sincerità, affermazioni
vaghe o evasive, scarsa apertura, incapacità di parlare, comunicare, fedina penale pregressa,
povertà, contesto di provenienza, fattori finanziari, fattori affettivi, livello di vigilanza,
consapevolezza e responsabilità delle azioni compiute, atteggiamenti negatori o dichiarativi,
scenari, la consapevolezza di situazioni immodificabili, metodi illeciti di arricchimento, altre
recidive, mancanza di occupazione stabile, abbandono scolastico, comportamenti penali pregressi,
assenza di sensi di colpa, assenza di rimorsi, disinteresse per le vittime, pregiudizi, incapacità di
assumersi responsabilità, propensione ad atteggiamenti difensivi, neutralizzazione, tecniche di
simulazione, giustificazione o negazione della condotta penale, atteggiamento arrogante,
dichiarativo, o ostile, scenari tipici indicati dagli avvocati difensori, personalità disarmoniche nelle
famiglie dei minori responsabili di reato, atteggiamenti e comportamenti, assenza di controlli o
sostegno da parte della famiglia, emarginazione e stigmatizzazione. I operatori hanno suggerito
l'importanza dell'istruzione nei minori devianti (sia in età adulta, sia prima dell'età adulta) e
segnalato l'inidoneità delle norme, l'assenza di piani di intervento accurati, l'assenza di politiche
sociali, la disoccupazione.
I minori ritenevano che il comportamento di una persona sia la prima cosa che si nota in un
soggetto deviante. Sottolineavano che l'impatto della corruzione e dell'idoneità del sistema della
giustizia minorile quanto alle norme giuridiche di riferimento rappresentavano le condizioni più
importanti con riguardo alla devianza.
d. Definizione delle tappe che portano alla devianza - dal punto di vista (1) degli operatori
(consulenti in materia di messa alla prova, giudici) e (2) dei minori.
(Abbiamo affrontato questa tematica attraverso le domande 3, 4 dei focus group)
Secondo gli operatori, le tappe che portano alla devianza sono le seguenti: Assenza di misure
preventive; attività educative per insegnanti, genitori, formatori; controllo da parte della famiglia;
inefficacia delle politiche sociali; opacità del quadro normativo riferito alla famiglia (misure
protettive e punitive); assenza di programmi di intervento e prevenzione da applicarsi quanto
prima, in presenza dei primi segnali od anche prima del manifestarsi di tali segnali, da un'equipe
comprendente più specialisti (l'obiettivo di tali programmi dovrebbe consistere nella formazione dei
minori affinché possano formare, a loro volta, altri minori, così da informarli e responsabilizzarli);
assenza di formazione per gli adulti (in genere) e per i genitori (in maniera specifica); esigenza di
programmi di gruppo focalizzati sullo sviluppo dell'auto-consapevolezza, sul pensiero alternativo,
sull'elaborazione di progetti di vita; la scarsezza di politiche preventive della devianza minorile
richiede un aumento di responsabilità, controllo, assistenza e consulenza per le famiglie in crisi,
sostenendole e fornendo loro incentivi finanziari al fine di consentire loro di mantenere i figli nel
sistema educativo evitando l'abbandono scolastico. Una maggiore responsabilizzazione potrebbe
derivare da norme più stringenti in merito all'assunzione degli obblighi genitoriali. L'attività di
controllo potrebbe essere realizzata dalla polizia locale e dagli assistenti sociali del Dipartimento
per la tutela dei diritti del minore. Assistenza e consulenza potrebbero venire da sindaci, chiesa e
ONG; identificazione dei minori che mostrano comportamenti antisociali. Il programma di
108
intervento dovrebbe provvedere a due obiettivi fondamentali. Un primo gruppo di soggetti
bisognosi di consulenza sarebbe costituito dai soggetti appartenenti alla famiglia del minore. Il
secondo gruppo che potrebbe beneficiare di forme di assistenza specializzata è costituito dai
minori che presentano condotte devianti. Attraverso un intervento precoce, questi programmi
possono consentire di sensibilizzare il minore rispetto alla condotta negativa ed ai rischi del proprio
comportamento; programmi intensivi di educazione sociale e giuridica nelle scuole, ad iniziare
dall'istruzione primaria (I-IV classe). Lo dico perché molti minori responsabili di reati non vanno
oltre la frequenza di queste classi, dopodiché abbandonano la scuola e non è più possibile aiutarli;
l'introduzione obbligatoria nei programmi scolastici di un argomento che abbia al centro la
criminalità minorile, con concetti giuridici, norme, le autorità competenti, normativa speciale,
comportamento e regole di comportamento, presentazione di casi, ecc. ; programma di
presentazione della normativa penale, del sistema sanzionatorio, dell'esecuzione delle pene;
esigenza di politiche di formazione per la società civile, gruppi di minori responsabili di reato che
partecipino a discussioni moderate da soggetti qualificati, assistenza a procedimenti relativi a
minori; un primo, importante fattore consiste nell'individuare i problemi con i quali i minori devono
confrontarsi. Il programma deve comprendere i familiari ed attività scolastiche. Famiglia e
personale didattico devono lavorare insieme ad uno psicologo. Inoltre, il minore deve partecipare
alle attività del programma, così da rendersi conto della negatività della propria condotta e dei
rischi associati. Il minore deve poter beneficiare di esempi pratici e porre domande a soggetti che
abbiano la stessa esperienza; necessità di una consulenza obbligatoria di tipo psicologico, progetti
per l'immediato reinserimento sociale (consulenza e sostegno in merito), perché no, anche
sostegno finanziario da parte dello Stato?; esigenza di reinserire il minore nel sistema educativo,
impegnandolo in attività soggette a rigidi controlli e consulenza; esigenza che la vigilanza sia
svolta da servizi per la messa alla prova una volta applicata la sanzione; elaborazione di un
progetto per il rapido reinserimento sociale (prosecuzione della frequenza scolastica, occupazione,
consulenza specializzata).
I minori giudicavano che il rischio di devianza si associa a: la famiglia, l'istruzione, i compagni; la
famiglia disattenta rispetto ai bisogni del minore e incapace di sorvegliarlo con maggiore
attenzione; la famiglia che non fa capire al giovane che quello che fa è sbagliato e la libertà è
troppo preziosa (è una merce costosa ma senza prezzo); l'incapacità di comprendere che non vale
la pena di rovinarsi la vita; la società che non fa capire loro, utilizzando determinati strumenti, cosa
succede se si commette un reato; la mancanza di un'educazione più solida nelle scuole e di un
controllo più attento da parte dei genitori; il fatto che non sia stata eliminata la corruzione
scolastica; pene più pesanti per i recidivi; non poter beneficiare dei programmi di consulenza offerti
dai Servizi di messa alla prova; non sapere come utilizzare il tempo libero; occorre un controllo più
attento.
Invertire la tendenza
e. Cosa è fondamentale per invertire la tendenza? Dal punto di vista (1) degli operatori (consulenti,
giudici); (2) dei minori.
(Abbiamo affrontato questa tematica attraverso la domanda 6 dei focus-group)
Al fine di invertire la tendenza negativa, gli operatori ritenevano che:
- Una migliore collaborazione fra le agenzie competenti dovrebbe comportare una riduzione della
criminalità
- Un sistema efficiente si compone di tutte le autorità locali, che costituiscono una rete di sostegno.
Principio-base: "La sanzione deve essere su misura". La giustizia minorile deve essere
essenzialmente diversa dalla giustizia riservata agli adulti, sotto ogni riguardo (forma, contenuti,
composizione delle autorità giudicanti, sistema delle pene).
- Un sistema efficace di giustizia dovrebbe comprendere le stesse agenzie, ma devono collaborare
in modo coerente, legandosi e coordinandosi con i servizi di messa alla prova. Principio: "Il carcere
come ultima spiaggia". Differenza: Solo misure rieducative alternative alla detenzione (a mio
giudizio, le pene detentive e il collocamento in centri di rieducazione non sono assolutamente
efficaci).
109
- Un sistema efficace di giustizia dovrebbe prevedere: un database condiviso fra i dipartimenti
giudiziari e gli altri partner; un numero maggiore di operatori specializzati; maggiori risorse
finanziarie e sociali (per gli operatori e per gli interventi). Principio: "Fare affidamento sulla capacità
delle persone di cambiare attraverso interventi focalizzati sui loro bisogni." Differenza: Devono
prevalere le misure rieducative (ma mantenendo anche le pene detentive).
- Il sistema giudiziario per i minori responsabili di reati potrebbe divenire più efficace alle seguenti
condizioni: creare un database fra tutte le agenzie che si occupano di giustizia penale per i minori;
costituire organismi specializzati quali tribunali minorili; modernizzare ed aumentare l'efficienza
delle misure rieducative; aumentare il numero delle condanne che prevedono l'obbligo di svolgere
attività socialmente utili. Principio: "Responsabilizzare le persone". Differenza: la differenza fra i
due sistemi consiste nell'aumentare il numero di misure tese alla rieducazione rispetto al numero
di condanne penali, comprese le pene detentive, la sospensione condizionale della pena e la
sospensione vigilata della pena.
- Un sistema efficace di giustizia minorile dovrebbe basarsi in particolare sulla prevenzione, ed i
Servizi per la messa alla prova dovrebbero farsene carico. Tribunali specializzati dovrebbero
essere incaricati di sanzionare le azioni penalmente rilevanti. Questa specializzazione dovrebbe
applicarsi anche agli organi di indagine e accertamento penale. Il regime sanzionatorio previsto
dalla legge dovrebbe comprendere esclusivamente misure rieducative. Principio: "L'applicazione
della sanzione deve essere immediata".
- La "prima istanza" con cui viene in contatto il minore dovrebbe essere la collettività scolastica. In
questo contesto "dovrebbe essere giudicato" in presenza di altri compagni (non dinanzi a tutti). Le
istituzioni di cui dovrebbe essere costituito il sistema giudiziario minorile sono: la scuola, la
Direzione per la tutela del minore, la polizia, i tribunali per minorenni, il Servizio per la messa alla
prova. Ritengo che un numero eccessivo di soggetti coinvolti non sarebbe proficuo; non si farebbe
altro che "scaricare" la responsabilità da un soggetto all'altro. Non vedo differenze significative
rispetto al sistema giudiziario relativo agli adulti, solo per quanto riguarda le pene.
- Le modifiche al Codice penale sono utili perché ai minori devono essere applicate soltanto misure
rieducative. Il sistema della giustizia minorile dovrebbe essere costituito da: Il Servizio di messa
alla prova presso ciascun tribunale, tribunali specializzati in materia minorile, pubblici ministeri
specializzati in materia minorile, avvocati specializzati in cause minorili, altri istituti pubblici o privati
di tutela sociale che offrano assistenza gratuita ai minori. I principi da promuovere nel sistema
della giustizia minorile sono: non-discriminazione ed eguaglianza; l'obiettivo primario deve essere
l'interesse superiore del minore; ciascun minore deve essere trattato con umanità e rispetto, in
nome della dignità intrinseca ad ogni persona umana, tenendo conto dell'età; i minori devono
essere trattati in modo da facilitarne il reinserimento sociale e l'assunzione di un ruolo costruttivo;
la giustizia minorile dovrebbe essere organizzata in modo compatibile con il diritto del minore alla
vita privata, alla famiglia, al domicilio ed alla libertà di corrispondenza; nessun minore può essere
oggetto di tortura o di altri trattamenti crudeli, disumani, degradanti; il fermo o l'arresto di minori
deve essere applicato solo in prima battuta e per il minor tempo possibile; i genitori devono essere
informati dell'arresto, del trattenimento del minore, del suo trasferimento, di eventuali patologie, di
lesioni o del decesso del minore.
I minori ritenevano che un sistema ottimale di giustizia minorile dovrebbe concentrarsi sulla
prevenzione dei reati e sul reinserimento sociale del minore entro i termini più rapidi e completi
possibili. Dovremmo prendere ad esempio un altro Paese in cui il tasso di criminalità minorile è
basso (per quanto riguarda i cambiamenti necessari); dovrebbe essere formato da persone giovani
e da leggi nuove; occorre rinnovare le norme e la loro applicazione; introdurre giudici minorili.
f. Quali condizioni e quali misure sono necessarie? Dal punto di vista (1) degli operatori (consulenti
in materia di messa alla prova, giudici) e (2) dei minori.
(Abbiamo affrontato questa tematica attraverso le domande 3 e 4 dei focus group)
Gli operatori ritenevano che fossero necessarie le seguenti condizioni e misure: la seconda
edizione del Manuale della giustizia minorile; misure preventive più forti; attività educative per i
genitori, gli insegnanti, i formatori; controllo familiare; la polizia locale dovrebbe essere più
efficiente; un quadro giuridico chiaro e univoco per quanto riguarda la famiglia (misure protettive e
110
punitive); programmi applicati il prima possibile, al primo segno o anche in assenza di segni, da
un'equipe multidisciplinare. L'obiettivo di questi programmi è la formazione degli alunni affinché
divengano essi stessi formatori di altri alunni, attraverso l'organizzazione di campi-scuola, la
modifica dell'atteggiamento didattico in senso interattivo; il coinvolgimento delle scuole, attraverso
la formazione di insegnanti ed alunni, ad iniziare dalle elementari; le misure alternative alla
detenzione, attraverso la formazione degli adulti, programmi one-to-one, al fine di evitare
stigmatizzazioni ed emarginazione, programmi di consulenza di gruppo (sviluppo di abilità e
pragmatismo - ad esempio, programmi cognitivo-comportamentali) e prestazione di attività di
consulenza alle famiglie per modificare le prospettive dei genitori che hanno difficoltà ad insegnare
ai propri figli; i Servizi di messa alla prova dovrebbero partecipare in modo più efficace alle attività
di prevenzione organizzate a livello scolastico, con giochi di ruolo, spiegazioni basate su esempi
concreti relativamente alle conseguenze della condotta criminale. Inoltre, occorre un maggiore
coinvolgimento di scuole e famiglie; visite presso i penitenziari; incontri fra minori con precedenti
penali e minori senza precedenti o senza esperienze criminali importanti; programmi di gruppo
facenti perno sullo sviluppo dell'autoconsapevolezza, sul pensiero alternativo, sull'elaborazione di
progetti di vita; Le misure di vigilanza e gli obblighi relativi dovrebbero essere più diversificate ed
efficaci tramite l'individuazione di obblighi chiari, specifici e idonei al contesto; le sanzioni devono
trovare applicazione immediata e comportare sforzi ulteriori (ad esempio: attività socialmente utili);
introdurre nei programmi scolastici tematiche relative alla criminalità minorile, unitamente a nozioni
giuridiche, norme, autorità, leggi speciali, comportamento e regole di condotta, presentazione di
casi, ecc.; Dialogare con gli specialisti in materia di messa alla prova, con psicologi, utilizzare
materiali video, analizzare le conseguenze giuridiche dei comportamenti antisociali, ecc.;
Diversificazione delle misure preventive, programmi quali "Fermati, pensa e cambia" e "Sviluppo di
abilità sociali"; Politiche di educazione civica, gruppi di minorenni responsabili di reati assistiti da
un moderatore qualificato, presenza a procedimenti concernenti minori; Il primo fattore rilevante
consiste nell'individuare i problemi che i minori devono affrontare. Il programma deve coinvolgere
familiari e scuole. Famiglia e insegnanti devono collaborare con uno psicologo. Inoltre, il minore
deve partecipare al programma, per comprendere la negatività della propria condotta ed i rischi ad
essa associati. Il minore deve poter usufruire di esempi concreti e porre domande a soggetti che
hanno avuto identiche esperienze.
A giudizio dei minori: Famiglia, istruzione e compagni sono condizioni essenziali; I parenti
dovrebbero essere più attenti ai comportamenti del minore e controllarlo più da vicino; Far capire al
minore che quello che ha fatto non va bene, e la libertà è un bene preziosissimo (minerale
prezioso ma senza prezzo); capire che non vale la pena di rovinarsi la vita; far vedere ai minori,
con determinati strumenti, cosa può avvenire se si commettono reati; occorre un'educazione più
solida a livello scolastico ed una maggiore vigilanza da parte dei genitori. Modificare le norme
sull'istruzione ed eliminare la corruzione scolastica; intervento della famiglia e punizioni pesanti per
i recidivi; Tutti i genitori hanno un peso importante sul comportamento del minore dopo la
commissione di un reato. Se il minore non fosse stato condannato ad una pena detentiva, avrebbe
potuto commettere un nuovo reato; Imparare ad utilizzare il tempo libero.
g. I risultati dell'attività svolta saranno oggetto di valutazione?
(Abbiamo affrontato questa tematica attraverso le domande 2 e 8 dei focus group)
Secondo gli operatori, ogni attività deve essere oggetto di valutazione al fine di progredire ed
ottenere buoni risultati. Dunque, le statistiche possono trasformare i risultati quantitativi in
indicazioni sulle attività da svolgere successivamente. I dati statistici possono essere utili all'inizio
di un intervento in materia penale, oltre a indicare l'evoluzione dello specifico settore; attraverso
l'analisi statistica è possibile sviluppare progetti focalizzati su misure di intervento, adattamento,
reinserimento sociale da realizzarsi in collaborazione fra soggetti pubblici, ONG, parti sociali; le
statistiche possono influire sulle politiche penali, che devono offrire soluzioni utili alla migliore e più
efficace gestione del fenomeno criminale; le statistiche potrebbero fungere da guida nella messa a
punto di progetti di intervento per la giustizia minorile. I dati numerici aiutano a concentrare gli
interventi su determinate aree, a dosare gli interventi e garantirne la proporzionalità (ad esempio,
111
su scala nazionale, regionale, locale); le statistiche possono aiutarci a concentrare, dosare e
controllare gli interventi.
Monitorando gli errori istituzionali, gli operatori possono individuare soluzioni per tutto ciò che non
funziona nel sistema della giustizia minorile. Tali errori comprendono: atteggiamenti, metodologie,
valutazioni e interventi a livello individuale, collettivo e di principio (piccoli sbagli professionali errori, omissioni - interventi inidonei e incongrui; stigmatizzazione, incoerenza, ricorso a misure di
intervento solo in presenza di crisi, assenza di follow-up; punire un soggetto che non se lo merita
ed omettere di punire un altro soggetto che se lo merita - sproporzione fra reato e sanzione; da
questo primo errore scaturisce una serie di errori relativi agli interventi, alle terapie, al rapporto,
ecc.; Il sistema carcerario peggiora il carattere dei giovani e ne arresta lo sviluppo; mancanza di
rispetto per l'essere umano, incoerenza, eccessi burocratici; La pena detentiva può accentuare la
condotta penale e non dovrebbe trovare applicazione nel caso dei minori. Purtroppo non vi sono
talora alternative per garantire la tutela della società, anche se la privazione della libertà potrebbe
comportare conseguenze molto più gravi per la società nel lungo periodo.
h. Tutti gli operatori concordavano sui punti sopra esposti?
(Abbiamo affrontato questa tematica attraverso le domande 3 e 4 dei focus group)
Tutti gli operatori hanno risposto nello stesso modo: la conclusione è stata che alcune condizioni
ed alcune misure sono necessarie per invertire la tendenza negativa nell'ambito della giustizia
minorile, e tutti hanno affermato la necessità di valutare l'attività svolta (trattandosi di un momento
importante nell'evoluzione istituzionale e del sistema).
i. Quali concetti sono stati dichiarati inefficaci?
(Abbiamo affrontato questa tematica attraverso la domanda 5 dei focus-group)
Tanto gli operatori quanto i minori hanno rilevato numerosi elementi che impediscono di ottenere i
risultati attesi nel sistema della giustizia minorile in Romania:
- Assenza di informazioni a livello nazionale fra soggetti pubblici ed ONG; assenza di una strategia
unitaria nell'implementazione di progetti preventivi; assenza di una formazione comune per i
formatori.
- Lentezza nei procedimenti relativi a minori; mancanza di operatori qualificati nei procedimenti a
carico di minori; inefficienza dei soggetti pubblici, insufficienza delle loro risorse, bassa
motivazione degli operatori, coinvolgimento discontinuo della società civile, legislazione oscura.
- Mancanza di personale specializzato, troppi slogan e poche azioni concrete; condivisione delle
responsabilità in materia di attività preventive fra più soggetti; misure rieducative inefficaci:
ammonimento, centri di rieducazione, centri sanitari, libertà vigilata.
- Insufficienza delle risorse umane e finanziarie ed assenza di sanzioni ed interventi alternativi;
assenza di una rete sociale definita e funzionale a sostegno delle attività svolte; applicazione
incoerente delle misure sanzionatorie, con perdita del loro valore esemplare e deterrente;
disinteresse e corruzione che riducono la fiducia nella giustizia e creano l'impressione diffusa di
impotenza, contaminazione, inutilità dei comportamenti corretti.
- I servizi di messa alla prova dispongono di spazi e personale insufficienti. Alcune delle istituzioni
tradizionali mostrano riserve nei confronti di istituti nuovi quali la messa alla prova, che costituisce
un elemento importante ed integrante del sistema della giustizia minorile.
- Enorme è il numero di pene pecuniarie pagate dai genitori ovvero mai pagate; le pene pecuniarie
non sono idonee nel caso dei minori, che non si sentono responsabilizzati; i periodi di vigilanza
sono troppo lunghi, e ciò compromette il futuro professionale dei giovani responsabili di reati;
condizioni troppo generiche e inadatte alla situazione personale dei singoli minori ed alle misure
specifiche di vigilanza.
- Mancanza di operatori qualificati nel settore della giustizia minorile, assenza di riferimenti speciali
ai minori responsabili di reato nel fascicolo professionale, assenza di agenzie specializzate in
questo campo.
112
- Assenza di una strategia comune a tutti i soggetti che si occupano di giustizia minorile; inefficacia
di misure e sanzioni.
- Insufficiente prevenzione; scarse risorse finanziarie; coinvolgimento di un ridotto numero di
soggetti responsabili di misure preventive; coinvolgimento di un numero ancora più ridotto di
soggetti per quanto riguarda il reinserimento sociale, soprattutto dei minori condannati a pene
detentive; bassi livelli stipendiali; mancanza di conoscenze approfondite da parte dei giudici per
quanto riguarda la personalità dei minori; i giudici che si occupano di procedimenti minorili in
materia penale dovrebbero partecipare regolarmente ad incontri con psicologi, consulenti in
materia di messa alla prova e insegnanti di psicologia.
- Pene troppo dure, i minori sono giudicati alla stregua degli adulti, senza tenere conto delle
specificità legate all'età, ai fattori psicologici, ai valori, ecc. Legislazione e sanzioni dovrebbero
essere applicate in modo graduale, dando priorità alla prevenzione ed alla rieducazione ed
applicando la pena detentiva come ultima spiaggia.
- Non ci sono tribunali specializzati in materia minorile presso le singole autorità giudiziarie. Credo
che non siano sufficienti i pochi giudici specializzati in questa materia.
Condizioni di lavoro
j. Come funziona la collaborazione con altre amministrazioni / istituzioni?
(Abbiamo affrontato questa tematica attraverso le domande 6 e 10 dei focus-group)
Gli operatori hanno rilevato la necessità di una migliore collaborazione fra i soggetti partecipanti al
sistema della giustizia minorile. A loro giudizio
- la collaborazione istituzionale è necessaria per la tutela e per raggiungere soluzioni che evitino la
vittimizzazione.
- i mezzi di comunicazione devono informare l'opinione pubblica sul sistema della giustizia
minorile, i diritti del minore, ecc..
- occorre spesso la collaborazione internazionale per quanto riguarda il traffico di minori ed ai fini di
un'applicazione efficace delle sanzioni.
- gli organismi con competenze in materia di tutela dei minori e la polizia devono collaborare alle
attività di prevenzione.
- talora la burocrazia rende difficile la collaborazione fra i vari soggetti.
- talora anche i partenariati fra varie agenzie risultano bloccati per l'assenza di risorse umane e
finanziarie.
- mancanza di feedback da parte dei partner istituzionali.
k. Quali sono i maggiori ostacoli all'attività degli operatori?
(Abbiamo affrontato questa tematica attraverso le domande 7, 8 e 9 dei focus group)
Gli operatori incontrano molte difficoltà. Si tratta di problemi qualificabili come "errori istituzionali":
- La pena detentiva può accentuare la condotta penale e non dovrebbe trovare applicazione nel
caso dei minori. Purtroppo non vi sono talora alternative per garantire la tutela della società, anche
se la privazione della libertà potrebbe comportare conseguenze molto più gravi per la società nel
lungo periodo.
- Vi sono errori istituzionali dovuti al fatto che il coinvolgimento è insufficiente oppure mancano del
tutto alcune tipologie di intervento; non vi sono risorse finanziarie sufficienti per raggiungere gli
obiettivi fissati da alcuni programmi di intervento.
- Vi sono numerosi errori istituzionali (di atteggiamento, metodologia, valutazione e intervento),
operanti a livello individuale, collettivo e di principio. Ad esempio: piccoli sbagli professionali (errori,
omissioni), interventi inidonei e incongrui.
- Vi sono alcuni errori commessi dalle varie agenzie: punire un soggetto che non se lo merita ed
omettere di punire un altro soggetto che se lo merita - sproporzione fra reato e sanzione; da
questo primo errore scaturisce una serie di errori relativi agli interventi, alle terapie, al rapporto,
113
ecc.; stigmatizzazione, incoerenze, ricorso ad interventi solo in situazioni di crisi, mancanza di
follow-up.
- Errori: assegnare ruoli antitetici allo stesso operatore (i consulenti in materia di messa alla prova
devono offrire servizi di consulenza alle vittime ed ai responsabili di reati); mancanza di rispetto per
l'essere umano, incoerenza, burocrazia; assenza di operatori specializzati, che genera incoerenza
nelle misure applicate ai minori responsabili di reato.
- Per lavorare nel settore della giustizia minorile, ritengo che la preparazione giuridica dei
magistrati non sia sufficiente. Oltre alla preparazione giuridica occorre una preparazione
specializzata nei campi della psicologia, della didattica, e rispetto alle problematiche specifiche dei
minori. Attualmente, il sistema di insegnamento universitario nell'ambito giuridico non offre questo
tipo di specializzazione.
- Impossibilità di individuare soluzioni per problemi riguardanti i "bambini di strada", i minori
portatori di handicap, ecc. con sensazione di insoddisfazione.
- Tutto dipende dall'applicazione di norme adeguate, dalla professionalità degli operatori e dalla
comprensione e dal coinvolgimento dello Stato rispetto alle problematiche minorili.
- Mancanza di un sistema adeguato di misure rieducative che consenta di assumere decisioni
efficaci.
- A livello personale, gli operatori hanno fatto riferimento a quanto segue:
- sovraccarico dei consulenti in materia di messa alla prova a causa di compiti nuovi e complessi,
sovrapposizione di compiti, funzioni e ruoli eccessivi, mancanza di coerenza fra le attribuzioni di
enti diversi nella gestione della giustizia minorile, sovrapposizione di ruoli protettivi e punitivi,
mancanza di motivazione a causa delle condizioni lavorative.
- entusiasmo spento dalla burocrazia istituzionale, burocrazia che agisce a svantaggio del tempo
accordato al cliente.
- mancanza di ausili didattici e personale qualificato, insufficienti risorse umane, numero
insufficiente di operatori in materia di messa alla prova.
- mancanza di motivazioni salariali, scarsa soddisfazione professionale e finanziaria.
- ambiti ridotti per la promozione personale, carriera professionale soggetta all'applicazione
restrittiva delle norme giuridiche, lotta permanente per il riconoscimento di diritti professionali e
l'avanzamento professionale.
- mancanza di conoscenze specialistiche, qualifiche professionali (buono per ogni cosa, non il
migliore per o il più specializzato per), mancanza di personale specializzato per la specifica area di
intervento.
- attività svolta in un Paese senza speranza, con rischi sanitari, patologie: AIDS, tubercolosi,
epatite B.
- legislazione confusa e incoerente.
- mancanza di feedback da parte delle agenzie deputate.
- standard assurdi (ad esempio: occorre completare "n" fascicoli, svolgere attività di assistenza e
consulenza, non bisogna chiedere troppi testi DNA o altri esami per non superare il totale
consentito).
- grandi attese rispetto al processo di reinserimento dei minori responsabili di reato.
- atteggiamenti soggettivi derivanti da un sistema autoreferenziale, dal trasferimento emotivo fra
clienti e operatori.
l. Quali sono le decisioni che gli operatori chiedono alla politica?
(Abbiamo affrontato queste tematiche attraverso le domande 6, 8 e 10 dei focus group)
Gli operatori chiedono alla politica in primo luogo onestà, poi una modifica del quadro normativo
alla luce di principi quali: "personalizzazione delle sanzioni"; "carcere quale ultima spiaggia";
"fiducia nella capacità delle persone di cambiare tramite interventi focalizzati sui loro bisogni"; "i
minori responsabili di reato dovrebbero essere oggetto unicamente di misure rieducative,
ricorrendo alle pene detentive quale ultima spiaggia"; "aumentare la responsabilizzazione
personale"; "applicazione immediata delle sanzioni".
Alcune linee di sviluppo sono state indicate come segue dagli operatori:
114
- Creare una banca dati fra tutti i soggetti che si occupano di giustizia penale minorile: sindaci,
centri per la tutela dei diritti del minore, polizia, uffici del pubblico ministero, tribunali, servizio di
messa alla prova, carceri, centri di rieducazione; creare istituzioni specializzate, quali i tribunali
minorili; modernizzare ed aumentare l'efficienza delle misure rieducative; aumentare le condanne
che prevedono l'obbligo di svolgere lavori socialmente utili.
- Migliore collaborazione fra i soggetti competenti così da ridurre la criminalità.
- Le modifiche al Codice penale sono utili perché ai minori devono essere applicate soltanto misure
rieducative. Il sistema della giustizia minorile dovrebbe essere costituito da: Il Servizio di messa
alla prova presso ciascun tribunale, tribunali specializzati in materia minorile, pubblici ministeri
specializzati in materia minorile, avvocati specializzati in cause minorili, altri istituti pubblici o privati
di tutela sociale che offrano assistenza gratuita ai minori. I principi da promuovere nel sistema
della giustizia minorile sono: non-discriminazione ed eguaglianza; l'obiettivo primario deve essere
l'interesse superiore del minore; ciascun minore deve essere trattato con umanità e rispetto, in
nome della dignità intrinseca ad ogni persona umana, tenendo conto dell'età; i minori devono
essere trattati in modo da facilitarne il reinserimento sociale e l'assunzione di un ruolo costruttivo;
la giustizia minorile dovrebbe essere organizzata in modo compatibile con il diritto del minore alla
vita privata, alla famiglia, al domicilio ed alla libertà di corrispondenza; nessun minore può essere
oggetto di tortura o di altri trattamenti crudeli, disumani, degradanti; il fermo o l'arresto di minori
deve essere applicato solo in prima battuta e per il minor tempo possibile; i genitori devono essere
informati dell'arresto, del trattenimento del minore, del suo trasferimento, di eventuali patologie, di
lesioni o del decesso del minore.
- Pene troppo dure, i minori sono giudicati alla stregua degli adulti, senza tenere conto delle
specificità legate all'età, ai fattori psicologici, ai valori, ecc. Legislazione e sanzioni dovrebbero
essere applicate in modo graduale, dando priorità alla prevenzione ed alla rieducazione ed
applicando la pena detentiva come ultima spiaggia. Occorre sottolineare il valore di prevenzione e
rieducazione, della collaborazione con famiglie e scuola.
- Modificare la normativa in questo campo per uniformarla agli standard europei, orientandosi
verso la prevenzione. I tribunali minorili dovrebbero occuparsi solo di cause relative ai minori.
- Nuove istanze specializzate nella trattazione di casi di criminalità minorile. Ampliare l'ambito delle
misure rieducative e rinunciare all'applicazione di pene. Controllo efficace da parte dei servizi di
messa alla prova dopo l'applicazione di misure rieducative a favore dei minori.
115
LA GIUSTIZIA MINORILE E LA RECIDIVA
IN GERMANIA
Rapporto nazionale di ricerca del Progetto Stop-Car
IL SISTEMA DELLA GIUSTIZIA MINORILE IN GERMANIA
di Anneliese Wiesner
Sviluppi attuali
In Germania, il tema della giustizia penale minorile ha assunto una dimensione diversa a causa
della riforma federale. Il sistema penale, ivi compreso il sistema della giustizia penale minorile,
ricade attualmente nella giurisdizione dei singoli Stati federali (Länder).
Con una sentenza in data 31 maggio 2006, precedentemente alla riforma federale, la corte
costituzionale federale (BVG) ha imposto al legislatore di approvare una legge sul sistema penale
minorile entro la fine del 2007, come già era avvenuto nel 1972 (!). Nella sentenza, la BVG
indicava con precisione le condizioni essenziali, le cui conseguenze finanziarie i singoli Stati
federali non sono a tutt'oggi disposti a sopportare. La forza vincolante dei parametri giuridici relativi
agli standard minimi della giustizia penale minorile aveva impedito l'introduzione di un sistema
penale minorile per oltre trentacinque anni.
Il minore sottoposto a pena detentiva, in base alla BVG, deve godere di opzioni commisurate alla
specifica età per quanto riguarda i contatti, la tutela giuridica, la collocazione fisica e le attività di
riabilitazione. Le possibilità offerte dalle strutture carcerarie aperte dovrebbero essere utilizzate a
sostegno dell'apprendimento sociale finalizzato alla gestione costruttiva dei conflitti, ed a
consentire maggiori contatti con i rispettivi familiari - se ciò risulta opportuno nonché desiderabile.
Parallelamente dovrebbe essere garantita una maggiore tutela dalle ingerenze dovute ad altri
soggetti presenti nella struttura carceraria.
Poiché un basso livello di istruzione impedisce spesso la riabilitazione, occorre un impegno
speciale su tale fronte. La BVG ha affermato quanto segue: "Spetta al legislatore elaborare una
concezione efficace di riabilitazione ed utilizzarla quale fondamento del sistema penale". Saranno
messe a disposizione ulteriori risorse umane e finanziarie ai fini della creazione di misure
rieducative durante e dopo la detenzione, nonché ai fini della preparazione e dell'assistenza
successiva al rilascio dal carcere.
Sono al momento in discussione numerosi progetti di legge nei singoli Stati federali. Alla luce di
tale discussione, si può affermare che hanno trovato conferma i timori manifestati nella fase
ascendente della riforma federale - ossia, il divario crescente fra i singoli Stati federali per quanto
riguarda gli obiettivi e la qualità della detenzione. Attualmente, le modalità delle pene detentive e le
qualifiche del personale carcerario presentano notevoli differenze fra i singoli Stati. In taluni casi
sono consistenti le differenze fra le singole istituzioni o i singoli Stati in termini di popolazione
carceraria - e ciascun soggetto ha diritto all'assistenza di uno psicologo e di un assistente sociale.
Anche gli approcci terapeutici e rieducativi variano in misura considerevole.
A prescindere dalle differenze esistenti in pratica, gli obiettivi delle pene detentive comminate a
minori sono la rieducazione (art. 91 comma 1 della Legge sulla giustizia minorile - LGM) e la
riabilitazione, le quali dovrebbero mettere i minori in condizione di vivere in libertà e senza essere
oggetto di ulteriori misure punitive.
Tuttavia, la ridefinizione del sistema giudiziario viene utilizzata dai partiti politici per mettere in
dubbio o minimizzare il valore prioritario della riabilitazione in quanto obiettivo che debba essere
perseguito dal diritto penale minorile e dal sistema detentivo minorile. L'onnipresenza della
criminalità minorile nei media ha provocato un inasprimento delle norme concernenti la giustizia
minorile, con un aumento dei minori in carcere ed una modifica delle attività di riabilitazione.
Verso la metà del mese di luglio 2007, il governo ha promulgato un disegno di legge molto
discusso, in base al quale i minori condannati ad una pena minima non inferiore a sette anni
possono essere trasferiti in custodia preventiva al termine del periodo di detenzione. Citando dal
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testo del disegno di legge, "Esempi pregressi hanno dimostrato che, pur avendo scontato pene
detentive della durata di vari anni, i minori responsabili di reato possono continuare a
rappresentare un pericolo per la collettività."
I dati statistici di questo studio relativi alla percentuale di recidiva indicano chiaramente che i minori
condannati a pene detentive o al fermo carcerario presentano il tasso più elevato di recidiva,
mentre il tasso di recidiva risulta molto più contenuto nel caso di minori condannati a pene non
detentive. Quanto al tasso di recidiva minorile, il valore del 78% di recidive viene comunemente
citato a sostegno della tesi per cui i minori sono refrattari alla riabilitazione. Si tratta di un valore
desunto da uno studio citato nella sezione relativa alle statistiche, e si riferisce esclusivamente al
tasso di recidiva di soggetti condannati a pene detentive senza messa alla prova - mentre, ad
esempio, il tasso di recidiva di soggetti condannati a pene detentive unite alla messa alla prova
risulta molto più basso, attestandosi sul 60%.
Il diritto penale minorile
I minori che hanno commesso un delitto ovvero un reato, in base alle definizioni del codice penale,
sono condannati a pene fissate dal codice penale minorile. Due sono i criteri fondamentali ai fini
dell'applicabilità di quest'ultimo: l'età del minore e la circostanza che il minore sia responsabile
penalmente. Ai sensi della legge sui tribunali minorili (LTM), i minori di età compresa fra 14 e 17
anni sono considerati "relativamente responsabili di reato". Tuttavia, la LTM prevede che l'azione
penale sia rivolta solo nei confronti di quei minori che, al momento della commissione del reato,
presentano sufficiente maturità psicologica e morale tale da consentire loro di comprendere
l'ingiustizia dell'atto commesso e da comportarsi di conseguenza. La responsabilità penale viene
stabilita caso per caso.
La LTM considera gli adulti in giovane età (18-21 anni) pienamente responsabili dei reati
commessi e soggetti a condanna da parte del tribunale minorile. La decisione di sottoporre questi
soggetti ad un procedimento minorile o meno è assunta caso per caso. Si applicano le norme del
diritto minorile se il tribunale ritiene che il reato sia stato commesso quanto il reo era un minore in
termini di sviluppo psicologico e sociale (art. 105,1 LTM).
Qualora il reato sia commesso da un minore di età inferiore a 14 anni, non si instaura l'azione
penale in quanto questi soggetti non possono essere accusati ai sensi del codice di procedura
penale. I minori di 14 anni non sono penalmente perseguibili (art. 19 codice penale), pertanto non
sono soggetti all'azione penale. Quando tali minori violano la legge, sono soggetti all'applicazione
della Legge sull'assistenza ai minori ed agli adolescenti. L'Ufficio Minorile esamina in questi casi se
sia possibile o necessaria l'applicazione di misure rieducative o di supporto.
Rieducazione anziché Punizione
Il diritto penale minorile si fonda sul concetto di educare i giovani delinquenti anziché punirli per la
commissione del reato. Poiché il minore non è ancora pienamente socializzato, si ritiene che sia
meno responsabile delle proprie azioni rispetto ad un adulto. Pertanto, il minore deve essere
riabilitato e reinserito socialmente attraverso la rieducazione. La legge sui tribunali minorili applica
questo concetto di educazione sulla base dei seguenti interventi:
- Misure rieducative
- Misure disciplinari
- Arresto del minore.
Misure rieducative
Le misure rieducative trovano applicazione qualora un minore abbia commesso un reato. Esse
mirano ad aiutare il reo a condurre una "vita retta" (Art. 21 LTM). Le misure in oggetto possono
comprendere supporti educativi, il collocamento in residenze per minori responsabili di reati ovvero
presso residenze vigilate (Art. 9 LTM) unitamente a misure di riabilitazione/reinserimento (Art. 10
LTM). Queste ultime possono prevedere la partecipazione a corsi di formazione sociale,
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sensibilizzazione rispetto al rapporto fra vittima e reo, misure di controllo, ovvero attività
socialmente utili.
Misure disciplinari o arresto del minore
Quando un minore commette un reato più grave, possono essere applicate misure disciplinari quali
la riabilitazione (Art. 15 LTM), provvedimenti ingiuntivi (Art. 14 LTM), o misure detentive (Art. 16
LTM).
La riabilitazione può prevedere il risarcimento della vittima. Si tratta di un risarcimento non
esclusivamente finanziario, e può comprendere lo svolgimento di attività lavorative o la riparazione
di beni precedentemente danneggiati. Può anche prevedere attività di volontariato per organismi
non lucrativi.
I provvedimenti ingiuntivi consistono in un richiamo ufficiale da parte del giudice. L'obiettivo è far
prendere coscienza al reo della colpa e delle conseguenze della propria condotta sia rispetto alla
vittima sia rispetto alla società nel suo complesso. Inoltre, il provvedimento ingiuntivo intende
ammonire il reo rispetto alla commissione di ulteriori violazioni. In genere vi si associano
determinati obblighi, poiché in caso contrario il reo potrebbe ritenere che il proprio comportamento
non dia luogo a particolari conseguenze.
Le misure detentive possono essere applicate sotto forma di "arresto durante i momenti ricreativi"
(ad esempio, durante il fine settimana) oppure sotto forma di "arresto breve" (fino a 4 giorni),
ovvero in forma di un periodo di detenzione oscillante fra una e quattro settimane. Secondo il prof.
Bussman, "L'arresto del minore dovrebbe essere scontato in centri specializzati in modo che il
minore possa continuare a frequentare la scuola ovvero corsi di formazione professionale".
Nessuna delle misure suddette ha lo stesso valore vincolante di una sentenza di condanna.
L'intenzione complessiva è quella di far capire al minore l'entità della colpa e consentirne la
riabilitazione attraverso una strategia educativa.
Carceri minorili
L'internamento in un carcere minorile si rende necessario se il reato commesso ha provocato una
lesione ovvero è di tale gravità da imporre il fermo del minore (Artt. 17/18 LTM). Il periodo di
detenzione va da un minimo di sei mesi ad un massimo di cinque anni. Qualora la pena detentiva
prevista per lo stesso reato commesso da un adulto sia superiore a 10 anni (reati gravi), anche la
pena comminata al minore può arrivare ai 10 anni. Le pene minime e massime sono stabilite in
rapporto alla possibilità di rieducare il minore responsabile di reato. I carceri minorili sono distinti e
separati da quelli riservati agli adulti. Tuttavia, non sussiste al momento alcuna normativa specifica
concernente i carceri minorili in Germania.
Assistenza legale durante procedimenti a carico di minori
L'assistenza legale destinata ai minori responsabili di reati è disciplinata dall'articolo 38 della LTM
e dall'art. 52 della Legge sull'assistenza ai minori (LAM). Ricade nella sfera di competenza delle
autorità minorili delle città ed è indipendente dal sistema giudiziario. La legge sull'assistenza legale
per i minori responsabili di reato si applica soltanto ai minori di età compresa fra 14 e 20 anni. Ciò
comporta alcune difficoltà per quanto riguarda la Relazione sull'assistenza legale minorile, visto
che la fascia di età compresa fra 18 e 20 anni è soggetto al diritto penale standard. Riguardo a
quest'ultima popolazione, le autorità minorili devono stabilire, caso per caso, se il reo sia da
considerarsi un minore o meno, e se quindi debba applicarsi al procedimento giudiziario il diritto
penale minorile. L'assistenza legale per i minori responsabili di reato si riferisce sia ai minori sia
all'autorità giudiziaria.
L'assistenza legale dovrebbe tener conto del livello di istruzione del reo, delle circostanze sociali e
delle condizioni assistenziali al fine di garantire un'attenta disamina di tali tematiche da parte del
tribunale. Scopo primario è garantire al reo il necessario supporto sociale e pedagogico per
affrontare le circostanze del caso e l'eventuale condanna. Durante e successivamente al
procedimento penale, le autorità minorili provvedono ad una serie di misure rieducative e di
socializzazione. Tradizionalmente, l'assistenza legale comprende la resa di dichiarazioni sulla
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personalità del minore ed una relazione sociale contenente indicazioni relative alla storia personale
del minore.
Degiurisdizionalizzazione
Rispetto al diritto penale standard, il diritto penale minorile offre maggiori possibilità di
abbandonare l'approccio giudiziario formale optando a favore di soluzioni informali. Il pubblico
ministero può archiviare il caso se gli elementi probatori sono insufficienti. Anche se il pubblico
ministero ritiene di disporre di sufficienti elementi di prova per istituire un procedimento, il giudice
ha sempre la facoltà di archiviare il caso.
La degiurisdizionalizzazione è un altro strumento che prevede l'interruzione dell'azione penale a
beneficio del reinserimento sociale del minore e/o di una soddisfacente risoluzione del conflitto da
cui ha avuto origine il reato. Essa svolge un ruolo importante nel diritto penale minorile, in quanto
consente di archiviare il caso e di "comminare una pena" al minore responsabile di reato sotto
forma di misure rieducative.
Le linee-guida in materia di degiurisdizionalizzazione elaborate dal Ministero della giustizia del
Land Schleswig-Holstein impongono al pubblico ministero di "esaminare non soltanto il reato in
quanto tale, ma anche la possibilità di implementare efficaci misure di rieducazione. Le misure
dovrebbero intervenire sull'ambiente sociale del minore, supportandolo nell'elaborazione della
consapevolezza dell'ingiustizia commessa così da non fargli commettere ulteriori violazioni. Il
concetto di assistenza educativa è sotteso a tutte le iniziative di carattere pedagogico assunte da
soggetti pubblici o privati. Le misure rieducative possono comprendere anche l'impegno del
sospettato a ricercare una forma di risarcimento per la vittima".
Circa i due terzi dei casi esaminati in base al diritto penale minorile sono archiviati dal pubblico
ministero o dal giudice con l'applicazione di misure di degiurisdizionalizzazione (Linee-guida per la
promozione della degiurisdizionalizzazione, Ministero della giustizia dello Schleswig-Holstein,
1998; Assistenza al minore e giustizia minorile, Hirsauer Blätter, CJD Ebersbach 5/2001). Alcuni
dei motivi alla base del ricorso alla degiurisdizionalizzazione sono i seguenti:
Un procedimento penale formale che esiti in una condanna del tribunale comporta il rischio di
stigmatizzazione sociale, il che a sua volta facilita la condanna penale. Se possibile, ciò va evitato.
La degiurisdizionalizzazione offre una risposta rapida e soluzioni flessibili rispetto al procedimento
giudiziario formale, dalla tempistica molto più lunga.
Riduce i costi ed il carico di lavoro delle autorità giudiziarie attraverso una riduzione delle spese e
del numero di casi iscritti.
Vi sono alcuni dubbi in merito all'efficacia delle sanzioni penali.
Mediazione vittima-reo (MVR)
Uno degli strumenti più importanti in un'ottica di degiurisdizionalizzazione, ai sensi degli artt. 45 e
47 della LPM, è rappresentato dalla mediazione vittima-reo (MVR). La MVR consente la
definizione di controversie fra singoli che conducono ad atti penalmente rilevanti, ovvero permette
di uscire da una situazione penalmente rilevante e dalle sue conseguenze, attraverso una forma di
compensazione da parte del reo dopo una serie di colloqui personali e la definizione di un accordo.
Un educatore sociale dello Albert-Schweitzer-Familienwerk (ASF) di Lünenburg (Bassa Sassonia),
il quale utilizza la MVR per evitare l'applicazione di sanzioni penali, ha affermato: "La MVR è
destinata ai giovani ed agli adolescenti ed alla parte lesa, i quali possono trovare forme costruttive
di risarcimento compensativo. Evitando che le parti lese siano nuovamente vittime di un confronto
così diretto, della relativa discussione e dell'eventuale accordo". La MVR spesso consente alla
vittima una migliore gestione dell'esperienza vissuta, e al contempo il confronto personale con la
vittima e le conseguenze dell'atto criminale aumentano la soglia di inibizione del reo rispetto alla
commissione di ulteriori reati.
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La procedura della MVR
Accusato e vittima non sono comunque lasciati a se stessi senza alcuna preparazione, con la sola
presenza di una terza parte arbitrale.
Di norma, le parti ricevono un invito per iscritto da parte di un mediatore; l'invito contiene alcune
informazioni preliminari e un'ipotesi di tempistica per la discussione. Nel corso di un incontro
preliminare, che si tiene a parte, vengono illustrate le condizioni giuridiche, si definiscono gli
interessi delle parti coinvolte, si evidenziano le caratteristiche specifiche del reato e si valutano le
opzioni possibili ai fini della compensazione.
Le fasi necessarie per la risoluzione della controversia attraverso la mediazione sono le seguenti:
1. Illustrazione delle regole applicabili alla discussione.
2. Vittima e reo forniscono il proprio punto di vista sulla controversia o sulla situazione conflittuale
3. Dialogo/discussione sul reato e gli aspetti emozionali del reato
4. Vittima e reo si incontrano e negoziano possibili soluzioni compensatorie
5. Definizione di un accordo vincolante
Dopo un periodo di riflessione, gli accordi vengono resi giuridicamente vincolanti per iscritto. Di
fatto, la percentuale di successo riferita alla mediazione nel periodo indicato supera il 90%.
Secondo i dati statistici, oltre i due terzi degli incontri esitano nella formulazione di scuse.
L'esperienza insegna che nella quasi totalità degli incontri di MVR coronati da successo si giunge
alla formulazione di espressioni di scusa. Circa 1/4 degli accordi - un dato in diminuzione riguardano forme di risarcimento, mentre il 10% circa - anche questo un dato in diminuzione - sono
finalizzati ad ottenere forme di pagamento di altra natura. Nel 2002, gli accordi raggiunti fra vittima
ed accusato in tutte le procedure di MVR (compresi gli adulti coinvolti in reati) hanno riguardato
forme di risarcimento pari, nel 2/3 dei casi, ad un massimo di 200 euro. Per quanto riguarda le altre
forme di pagamento (contanti, ecc.), si osservano valori relativamente bilanciati fino a 2000 Euro,
con una leggera tendenza ad effettuare pagamenti di importo minore, fino ad un massimo di 100
Euro.
Spetta al mediatore verificare il rispetto dell'accordo; nella quasi totalità dei casi l'accordo viene
rispettato. Il tasso di riuscita è salito dal 69,5% del 1993 all'84,3% del 2002.
RECIDIVA: NORMATIVA E STUDI
Messa alla prova e recidiva
Nelle pagine seguenti saranno presentati i risultati di uno studio sulla recidiva condotto negli anni
'90; si tratta dell'unica analisi ampia e rappresentativa degli effetti della messa alla prova disposta
dall'autorità giudiziaria.
Statistiche sulla messa alla prova nel 1994
Era dai tempi dell'Imperatore che non veniva condotta un'analisi statistica longitudinale
specificamente rivolta al tema della recidiva. Nell'ambito di un progetto, è stato presentato nel
2003 un insieme articolato di statistiche concernenti la recidiva. Soggetti condannati nel 1994
venivano studiati quanto al tasso di recidiva fino al 1999. Dall'esame delle linee tendenziali
evidenziate, e data l'assenza di alternative, questo studio risulta indispensabile ai fini del nostro
lavoro. Sono stati presi in esame i dati relativi a poco meno di 950.000 soggetti, comprese
informazioni desunte dal Casellario giudiziale federale.
Nella relazione finale del 2003, gli studiosi avevano proposto di continuare l'analisi statistica sulla
base della metodica elaborata specificamente per lo studio in oggetto; tuttavia, ad oggi ciò è
rimasto lettera morta.
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Lo studio illustra il tasso di recidiva di soggetti condannati avendo riguardo alla sanzione, al reato,
a condanne pregresse, all'età ed al sesso. Tutti i soggetti che erano stati condannati ovvero
rilasciati dopo il fermo iniziale nel 1994 (sentenza iniziale) sono stati osservati fino al 1999 con
riguardo al verificarsi di recidive (sentenze successive). Nelle pagine seguenti si forniscono
informazioni concernenti soltanto le risultanze più significative in merito a soggetti condannati ai
sensi del diritto penale minorile ed al gruppo di soggetti di età compresa fra 14 e 21 anni.
Tasso di recidiva in base all'età
Quasi i due terzi dei soggetti arruolati nel 1994 non avevano commesso nuovi reati entro il 1999.
La percentuale di minori e adolescenti con recidive di reato è superiore alla media, attestandosi sul
45% circa, mentre soltanto il 3.8% dei minori sono stati condannati a pene detentive contro il 7.4%
degli adolescenti (18-21 anni) (Tabella 12). Il tasso di recidiva è minore (40%) nei soggetti di età
compresa fra 21 e 25 anni, e si riduce progressivamente fino al 14% dei soggetti di età superiore a
60 anni.
Tasso di recidiva in caso di condanne pregresse
Non desta sorpresa la circostanza che la probabilità di recidiva cresca con la gravità della
condanna specifica (sentenza o decisione di prima istanza) (Tabella 13). Nei minori condannati
senza assegnazione ai servizi di messa alla prova si rileva la percentuale più alta di recidiva, pari
quasi al 78% (minori 73%, adolescenti 79%). Successivamente soltanto il 45% di questi soggetti
viene condannato senza essere assegnato alla messa ala prova. La percentuale più alta di
recidiva (82%) riguarda i soggetti condannati a pene detentive fra 1 e 2 anni in base al diritto
minorile. Ben il 49% sperimenta nuovamente il carcere
Sorprendentemente elevato è il tasso di recidiva nei minori condannati a pene detentive in base
alla legge sui tribunali minorili (art. 16 CPM = Codice penale minorile): arriva al 70%, quindi di gran
lunga superiore al 60% di sospensione della misura di messa alla prova nei minori; in ogni caso il
17% torna in carcere. Il tasso minimo di recidiva è quello relativo alle sentenze emesse ai sensi
degli artt. 45 e 47 CPM; si tratta di sentenze dell'autorità giudiziaria senza imposizione di
condanne formali (misure rieducative, forme di risarcimento, riconciliazione vittima-reo, ecc.).
Tuttavia, solo il 5,2% dei soggetti considerati vengono condannati a pene detentive nel corso del
periodo di messa alla prova, e la percentuale riferita ai minori è ancora più bassa (3,8%).
Valutazione
I dati forniti non indicano necessariamente le conseguenze negative derivanti dalla condanna a
pene detentive di una certa consistenza, per quanto riguarda la riabilitazione del reo; tuttavia, essi
non segnalano neppure effetti positivi. Se il tasso ufficiale di recidiva per i responsabili di reati
condannati a pene detentive fra 6 mesi e 5 anni arriva all'80%, la conclusione in base ai dati
numerici complessivamente disponibili è che la riabilitazione e il reinserimento rappresentano
l'eccezione alla regola. La socializzazione prosegue nell'ambiente carcerario nonché durante il
periodo temporaneo di libertà.
Quanto sopra vale anche per il fermo (o arresto) minorile, la cosiddetta detenzione iniziale, che
dovrebbe ridurre la probabilità di recidiva. Quello che succede dopo, una volta che i minori siano
entrati nel circuito penale, lo si può leggere nei paragrafi seguenti.
Tasso di recidiva in base alle iscrizioni pregresse
Il 73,6% dei minori e degli adolescenti segnalati nel 1994 era alla prima iscrizione nel Casellario. Il
5.1% presentava tre o più iscrizioni; in quest'ultimo gruppo, il tasso di recidiva era dell'80,2%,
mentre il tasso relativo ai soggetti alla prima iscrizione risulta pari al 36% appena.
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È degno di nota il fatto che il 12% dei soggetti con una iscrizione pregressa (tenendo conto della
condanna iniziale e di quella successiva, si tratta dunque del terzo reato) sia stato oggetto di
sanzioni informali, a seguito di archiviazione del caso in base agli artt. 45 e 47 CPM. Ciò dimostra
che l'archiviazione del procedimento non è applicata esclusivamente a chi delinque per la prima
volta.
Tasso di recidiva in base al sesso
Solo il 17% dei soggetti considerati sono di sesso femminile. Per quanto riguarda i minori
condannati senza imposizione della messa alla prova, la percentuale è pari al 3% appena.
Tuttavia, il tasso di recidiva in questo gruppo (77,4%) è sostanzialmente identico a quello della
controparte maschile (77,8%). L'evoluzione successiva appare meno grave. Mentre oltre il 45% dei
soggetti maschili condannati alla stessa pena in prima istanza torna in carcere, ciò avviene solo
nel 34% dei soggetti femminili condannati.
Per quanto riguarda tutte le altre sentenze prese in esame, le percentuali riferite ai soggetti
femminili sono nettamente minori. La differenza più consistente riguarda le condanne di vario
genere comminate ai sensi della legge sui tribunali minorili. Il 50% dei soggetti maschili è recidivo
contro il 22% appena di quelli femminili.
Tasso di recidiva in base alla cittadinanza/nazionalità
Il confronto fra soggetti tedeschi e non tedeschi non fornisce informazioni di particolare rilevanza.
Quanto più pesante era la condanna iniziale, tanto minore è il tasso di recidiva fra i non-tedeschi.
Una possibile spiegazione al riguardo potrebbe consistere nell'espulsione di questi soggetti verso i
Paesi di origine una volta scontata la condanna.
Tasso di recidiva in base alla tipologia del reato
Decisamente superiore alla media, attestandosi intorno al 60%, è il tasso di recidiva per tutti i
soggetti pregiudicati (anche adulti) con condanne per furto aggravato e rapina. Oltre il 17% di
questi soggetti torna in carcere per aver commesso altri reati. Superiore alla media risultava
anche il tasso di recidiva nei soggetti condannati per reati in materia di stupefacenti (52%), guida
senza patente (45%), reati sessuali (41%) e furto (39%).
Il tasso di recidiva relativo ai reati connessi ad abuso di sostanze alcoliche e ad altri reati in
materia di guida è nettamente inferiore alla media, con una bassissima percentuale di condanne a
pene detentive. Anche il tasso di recidiva per omicidio colposo è inferiore (27%).
Nota a margine: L'analisi riferita agli omicidi colposi offre in particolare il destro per sottolineare
come i casi di recidiva non riguardino necessariamente la stessa tipologia di reato, in quanto
possono riferirsi a qualsiasi tipo di reato.
Per quanto riguarda i minori condannati senza ricorso alla messa alla prova, il tasso medio di
recidiva è pari al 78%. Il tasso di recidiva è decisamente superiore alla media per quanto riguarda
la guida senza patente (86,5%), la frode (85,3%), il furto aggravato (83,9%), i reati in materia di
traffico (82-83%) ed il furto ordinario (82,1%).
Assai inferiore alla media è il tasso di recidiva nei soggetti condannati per omicidio colposo
(39,2%), e di poco inferiore alla media quello relativo ai reati sessuali (68,5%), rapina (74,3%) ed ai
reati in materia di stupefacenti (77%).
Molto diversa e su un piano totalmente diverso è la situazione relativa alle "sentenze varie
pronunciate ai sensi della legge sui tribunali minorili" (LPM) (fermo minorile, misure rieducative,
ecc.). In questo caso, il tasso di recidiva è nettamente superiore alla media per i soggetti
condannati per rapina (62,2%), furto aggravato (61,7%), e reati in materia di stupefacenti (58,1%),
mentre è nettamente inferiore alla media rispetto ai reati in materia di guida di autoveicoli (36-37%)
e furto (37,3%).
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IL PROGETTO STOP-CAR
di Friedhelm Feldhaus
Focus-Group
Il presente documento sintetizza gli elementi essenziali emersi da cinque focus-group organizzati a
Göttingen, Vechta e Lüneburg, quest'ultimo nel febbraio 2008, ai quali hanno partecipato
complessivamente 29 giudici operanti presso tribunali minorili, assistenti sociali, educatori sociali,
psicologi, guardie carcerarie e funzionari incaricati dell'amministrazione della libertà vigilata. I
partecipanti al gruppo di Göttingen erano un gruppo di colleghi che collaborano al progetto BASIS
presso il carcere aperto di Göttingen; un gruppo di colleghi presso il carcere minorile femminile di
Vechta ha invece partecipato ad un incontro con giudici minorili e funzionari incaricati
dell'amministrazione della libertà vigilata in quella regione. A Lüneburg, la discussione è stata
animata dai collaboratori dell'Albert-Schweitzer-Familienwerk (ASF).
Il dibattito si è concentrato inizialmente sulla situazione di partenza dei giovani delinquenti e sulle
rispettive condizioni sociali, culturali ed economiche. L'interesse si focalizzava, in particolare, sul
reinserimento sociale. Quali approcci, condizioni ed interventi generano un'inversione della
condotta negativa? Quali concetti sono opinabili a giudizio degli operatori? Infine, sono state
descritte le specifiche condizioni di lavoro nei vari contesti. Come funziona la collaborazione con
altre istituzioni ed autorità? Quali sono i possibili ostacoli? Quali sono le raccomandazioni e le
attese derivanti dall'esperienza pratica?
Contesto sociale
Differenze nell'ambiente di origine
Nel documento si distingue fra le situazioni pertinenti agli ambienti di origine dei soggetti tedeschi,
stranieri, e di nuova immigrazione (Aussiedler). "Ho notato che sta diventando più difficile
avvicinare gli immigrati, che si chiudono sempre più a riccio". (funzionario libertà vigilata). Uno
psicologo ha illustrato una situazione di questo tipo: "Noi mettiamo tutto a posto in famiglia. Non
abbiamo bisogno di nessuno che da fuori si occupi della nostra famiglia. Ci pensa lo zio o il
nonno". Lo psicologo ritiene che non ci sia alcuna possibilità di fornire aiuto in casi del genere.
Molti Aussiedler adolescenti sono nati in Uzbekistan o Kazakhstan e sono stati portati in Germania
contro la loro volontà. "Qual era la situazione della loro famiglia in quel Paese? Non vogliono
parlarne. Anche questo è un grosso problema per questi ragazzi... Penso che molti di loro non
siano affatto felici di stare qui" (funzionario libertà vigilata). Un giudice minorile ha riconosciuto la
presenza di problemi legati ad alcol e violenza in questi soggetti. "Hanno una tolleranza
bassissima quanto all'incolumità fisica. I russo-tedeschi sono molto più brutali... L'alcol gioca un
ruolo importante in questa situazione... La brutalità sperimentata giorno dopo giorno finisce per
essere riversata senza alcun filtro anche sugli altri. Qualche volta tutto ciò significa la morte per
qualcuno di loro." Frequenti anche gli abusi sessuali in questi casi, soprattutto a carico delle
adolescenti.
Viceversa, quest'ultimo risultava essere un evento assai raro fra le ragazze di origine musulmana.
"Gli uomini ne avrebbero troppa paura" (giudice minorile). In questo caso venivano segnalati
soprattutto casi di oppressione patriarcale e, talora, il rischio che le ragazze fossero mandate a
sposarsi nel Paese di origine, che non avevano mai visto. Rarissimi sarebbero i casi di
tossicodipendenza fra le minori in questo gruppo, o anche i casi di reati commessi da soggetti
femminili, rispetto alla controparte maschile.
Tuttavia, altri operatori hanno affermato che si trattava di immigrati ai quali veniva riservata una
"caldissima accoglienza".
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Disattenzione intellettuale ed emotiva, violenza, tossicodipendenza generano un deficit di sviluppo
assai complesso. I ragazzi sviluppano molta aggressività, e in qualche misura ciò vale anche per le
ragazze. Reagiscono anche contro se stessi attraverso la prostituzione e l'aggressività.
La persona al centro
Numerose motivazioni sono state citate per spiegare la devianza, in base alla diversa
composizione dei focus-group. Alla luce dell'esperienza dei partecipanti, quanto più si avvicinano
al minore, tanto meno sono inclini a spiegarne i problemi secondo un approccio sociologico e a
fornire un quadro a tinte fosche delle condizioni sociali di partenza. Quanto più gli operatori
analizzano la persona, tanto più evidente diviene che le cause e le motivazioni della devianza si
limitano a fattori individuali. Chi lavora a diretto contatto con questi minori sembra essere molto
sensibile alla generalizzazioni o alle tendenze ricavate dall'esperienza personale, ad esempio per
quanto riguarda le differenze fra famiglie tedesche e straniere. Il che ci aiuta forse a comprendere
e promuovere le risorse personali del minore senza farci fuorviare dai clichés sociali.
Invertire la tendenza
Il cittadino tedesco ha potuto leggere e sentire molto sugli approcci alla delinquenza minorile, in
particolare durante la recente campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento nello Stato
dell'Assia (2007). Esponenti populisti del mondo politico hanno chiesto un aumento della pena
massima da 10 a 15 anni di reclusione, un abbassamento dell'età di responsabilità penale da 14 a
12 anni, e persino che fossero chiusi i "carceri comodi" - intendendo con tale espressione i carceri
aperti e gli istituti dove si evitano misure detentive vere e proprie.
Un giudice minorile ha commentato questa iniziativa, che ha avuto termine il giorno stesso delle
elezioni: "È soltanto frutto della politica. Nessuno studioso serio salterebbe mai su questo carro."
Si tratta di un punto di vista populista: "Se rompi qualcosa, devi finire sotto chiave, e finché stai
sotto chiave tutti sono tranquilli e non ci sono problemi. Ma che succede quando torni fuori?" Come
sottolineato da un educatore sociale, il carcere è dannoso. "I giovani che vengono mandati in
carcere a 15 o 16 anni sono molto aggressivi, perché si sentono maltrattati e, in genere, hanno
dovuto guadagnarsi il rispetto degli altri durante il periodo di detenzione. Sono assolutamente
disorientati nella vita quotidiana e rispetto alla vita in genere, perché sono stati tenuti lontano da
tutto - proprio quando i giovani dovrebbero imparare a costruire e plasmare la loro vita, nel periodo
successivo alla pubertà. La prognosi in questi casi non può che essere negativa".
Un altro partecipante ha commentato così le critiche relative alla troppa attenzione dedicata a chi
delinque: "Si tratta di capire chi vogliamo tenere in conto. Vogliamo tenere in conto la società e
cercare di insegnare ai giovani a non fare del male agli altri, oppure vogliamo cedere all'urgenza di
punire che vive dentro tutti noi? Si tratta di capire cosa funziona. Fra i delinquenti minorili
veramente incalliti, l'applicazione delle sanzioni penali sembra ormai aver fatto il suo tempo.
Sostegno, reinserimento e riabilitazione sociale risultano essere più efficaci."
Attuazione della normativa in materia di istruzione statale
Tutti i partecipanti ai focus-group ritengono che ci sia la possibilità di invertire la tendenza per
quanto riguarda la carriera delinquenziale dei minori soltanto dando effettiva attuazione alla
normativa in materia di istruzione statale, secondo le disposizioni più o meno esplicite contenute
nella normativa sul fermo minorile entrata in vigore il 1 gennaio 2008 a livello federale. Per
realizzare queste forme di rieducazione che offrono un rimedio a condotte delinquenziali, gli
operatori cercano in primo luogo di costruire un rapporto personale con il minore.
Nelle pagine seguenti sono presentati tre approcci e tre diversi concetti di riabilitazione sociale:
quello del carcere minorile femminile di Vechta, in Bassa Sassonia; il progetto BASIS del
Dipartimento di terapie psicosociali del carcere minorile aperto di Rosdorf; il programma anticarcere dell'Albert-Schweitzer-Familienwerk di Lünenburg.
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BASIS
Il progetto BASIS prepara i minori responsabili di reato al "dopo", prima e dopo il rilascio. Quando
ancora scontano la condanna, i minori sono già collocati presso il domicilio futuro con il sostegno e
l'accompagnamento iniziale di personale di assistenza. In tal modo, possono entrare in contatto
con le società e le aziende del luogo che offrono occasioni di formazione, il Dipartimento per i
minori, l'Ufficio di collocamento, i servizi sociali, il tribunale minorile ed il servizio incaricato della
libertà vigilata. Questi contatti dovrebbero dar luogo a relazioni produttive. In tal modo si impedisce
la formazione di una "lacuna di assistenza" e si previene il rischio di recidiva nella fase
immediatamente successiva al rilascio. BASIS si pone l'obiettivo di creare una rete organica e
interdipartimentale. La collaborazione precoce di tutti i soggetti interessati aumenta la probabilità di
una stabilizzazione definitiva della persona e, inoltre, consente un utilizzo efficace delle risorse
finanziarie.
I rapporti interpersonali come chiave di volta del processo educativo
Il progetto lanciato nel 2002 a Göttingen integra il programma di assistenza del Dipartimento di
terapie psicosociali che si era dimostrato efficace fin dal 1990. Quest'ultimo si fonda sulla
creazione di rapporti interpersonali di lungo periodo che possono continuare dopo il periodo di
detenzione. Tali rapporti costituiscono il punto di partenza per iniziare e radicare cambiamenti
positivi in termini "intellettuali ed emotivi".
"Non siamo noi a giudicare. Chi arriva qui è già stato giudicato". Non si deve seppellire il passato,
ma piuttosto vederlo in un'ottica positiva insieme al minore. "Bisogna lavorare in senso positivo.
Noi andiamo in cerca di approcci: di cosa ha bisogno ciascun soggetto per agire in modo diverso?"
All'inizio, i minori sono spesso privi di guida, appaiono problematici e mostrano comportamenti
devianti: "Devo solo far passare il tempo. Facciano quello che vogliono. Se mi comporto bene,
vado fuori in libertà vigilata." Dobbiamo spezzare questo meccanismo di difesa. "Dobbiamo
spiegarci con chiarezza: "Vogliamo arrivare ad un risultato per te e con te. Non si tratta di un'altra
punizione. Certo, dobbiamo vedere come ti comporti. Vogliamo farti vedere come si possono
rispettare le regole. Noi ti diciamo le regole e tu devi trovare la tua strada secondo queste regole.
Fuori non ci sei riuscito." "
Imparare a vivere il quotidiano attraverso il gruppo
Vengono assegnati voti per vari aspetti della vita quotidiana: puntualità, pulizia, comportamento
verso il personale e gli altri minori, condotta sul luogo di lavoro o a scuola. Si tiene conto anche dei
voti scolastici. Chi si comporta bene gode di una serie di concessioni, ad esempio può andare a
Göttingen, che è vicina, oppure, nel medio periodo, entrare a far parte di un gruppo più piccolo di
soggetti in coabitazione. Ciascuno ha la propria stanza, ma tutti devono passare molto tempo in
gruppo. Anche questo fa parte delle regole, che disciplinano anche le loro interazioni - compresi
eventuali conflitti o scontri. "Posso imparare qualcosa da un conflitto solo se si tratta di un conflitto
reale. Si tratta di un approccio operativo. Ossia, questo fatto di "vivere e imparare in gruppo" ha un
suo significato - ogni singolo giorno è così. Però bisogna anche riflettere ogni tanto sulle cose in
modo da avere anche momenti di apprendimento."
La routine quotidiana è rigidamente strutturata. In piedi alle 6.30, lavoro (pulire il bagno o la sala
comune), colazione, alle 7.30 a scuola o al lavoro. È importante chiarire che "noi li accettiamo e li
tolleriamo anche con tutti i loro problemi e le loro difficoltà. Ogni giorno bisogna dare prova
dell'interesse e del rispetto per l'altro, altrimenti non è possibile costruire un rapporto, e bisogna
costruirlo se si vuole avere un minimo di influenza." Per i minori è una novità il fatto che ci sia
qualcuno che si interessa veramente a loro. "Quando si riesce a raggiungerli, a toccarli
personalmente, a un certo punto iniziano a provare sensi di colpa nei nostri riguardi. "Non posso
fare un casino. Cosa direbbe la signora Meyer, la signora Müller, il signor Schmidt?"
128
Continuità di rapporti
Particolare importanza viene attribuita alla continuità dei rapporti creati nel modo descritto, al fine
di evitare che il minore sperimenti ulteriori interruzioni nei rapporti interpersonali. "Questo è il punto
fondamentale: evitare che i rapporti si interrompano. Per questo obiettivo facciamo anche più di
quanto sia consentito." Il doppio canale istituzionale comporta alcune difficoltà: Lo stato federale è
responsabile della pena detentiva, le autorità locali si occupano dell'assistenza al minore. Tuttavia,
non deve nascere l'idea che "Chi c'era qui aveva una cosa da fare e l'ha fatta, e ora basta. Ora io
sono di nuovo uno qualsiasi, e allora via con il prossimo, il funzionario per la libertà vigilata."
Il trucco sta "nello smettere di occuparsi di loro formalmente, ma non personalmente... Noi ci
siamo sempre quando gli altri entrano in gioco... Possono fare nuove conoscenze e costruire nuovi
rapporti, ma possono tornare da noi o chiamarci in qualsiasi momento."
"A volte se ne approfittano. Qualcuno telefona sempre, altri non così spesso, per raccontarci come
procede il programma di formazione. A volte ci dicono "A volte, mi mancate, tutti voi". "
"Quello che il nostro lavoro ha di speciale è che è evidente come nascano rapporti che durano nel
tempo."
Questa transizione è facilitata dal progetto BASIS. I minori sono liberi per qualche mese e, con
l'aiuto degli operatori del progetto, cercano di ricostruirsi una vita dopo il carcere. Tuttavia, gli
operatori del progetto invitano alla cautela prima di applicare questo approccio che si è dimostrato
efficace, ed è già stato insignito di un premio, ad altre istituzioni carcerarie. Ciò che conta non è
quello che succede durante la fase procedimentale, ma i rapporti che si sono creati qui prima del
procedimento."
Recidiva o scrupoli?
Nel 2005/2005 è stato condotto uno studio comparativo per valutare il progetto BASIS. Mentre
nessuno dei minori rimessi in libertà secondo il progetto BASIS aveva commesso nuovi reati dopo
1 anno, più di 1 su 5 risultava recidivo fra quelli compresi nel "gruppo gemello". L'indagine sul
campo (Dunkelfeldbefragung) e l'analisi dei rapporti di polizia indicavano un trend decisamente più
positivo fra i minori rilasciati dopo il progetto BASIS rispetto al gruppo di controllo.
Carcere minorile di Vechta
Le giovani minorenni dei quattro Stati della Germania settentrionale (Schleswig-Holstein, Amburgo,
Bassa Sassonia, Brema) condannate a pene detentive sono condotte al carcere minorile femminile
di Vechta, in Bassa Sassonia. Il carcere minorile fa parte del carcere femminile; può ospitare
numerosi reclusi ed in genere è sempre pieno. Ci sono due aree vicine: un'area di integrazione, in
cui i nuovi arrivi si familiarizzano con le regole formali e le condizioni della vita carceraria, e l'area
riservata ai soggetti che hanno già attraversato tale fase e godono il privilegio di una qualche
indipendenza.
Attività sulla famiglia e rieducative
"Svolgiamo soprattutto attività focalizzate sulla famiglia e la rieducazione". Il coinvolgimento
personale è la chiave di volta. "Vogliamo bene alle ragazze... e siamo disposte ad accettarle.
Dobbiamo dare molto del nostro..." Inoltre, i partecipanti sottolineano che non tutti i colleghi sono
interessati a lavorare nel sistema penale minorile, "perché bisogna essere disposti a dare molto.
Quindi, ci lavorano solo i colleghi che hanno autonomamente deciso di farlo."
È necessario "che il sistema penale femminile si basi su principi socio-terapeutici fin dall'inizio",
perché "da un lato ci sono molte ragazze con disturbi della personalità, e d'altro canto un'alta
percentuale delle minori presenta forme di dipendenza da droghe pesanti." Secondo quanto
previsto dal regolamento, viene redatto un progetto per ciascuna ragazza con riguardo al periodo
di detenzione, durante il quale viene documentata l'attuazione della normativa sull'istruzione
statale unitamente ai risultati dell'analisi condotta sui trattamenti svolti e sui rimedi adottati.
"Naturalmente possiamo applicare misure educative, rieducative e di formazione ai soggetti che
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sono idonei." In concreto, le minori hanno la possibilità di conseguire il diploma di istruzione
secondaria obbligatoria (Hauptschulabschluss) e, insieme alle recluse adulte, ottenere qualifiche
idonee per lavorare nei settori dei servizi e della pulizia di immobili. Si tratta di corsi finanziati
dall'ufficio di collocamento. "Conseguono il diploma, possono andare a cercare lavoro come
cameriere, oppure lavorare per imprese di pulizia." Chi non possiede le capacità psicologiche o
intellettuali per raggiungere tali obiettivi di formazione, oppure non rimane sufficientemente a lungo
per completare la formazione, riceve corsi di insegnamento nelle tre abilità fondamentali (lettura,
scrittura, far di conto). Tecniche culturali. "Potrebbero anche diventare cuoche, se rimangono
dentro abbastanza a lungo. Ma allora devono avere commesso più o meno un omicidio." Non ci
sono altre attività che richiedano periodi di apprendistato. Le giovani possono essere segnalate al
fine dell'applicazione di misure socioterapeutiche che non sono disponibili in loco. "Altrimenti
applichiamo le nostre misure di formazione sociale", che comprendono ippoterapia, seminari con
soggetti esterni. Inoltre, "tenendo conto di alcuni aspetti delle situazioni comunicative e di gruppo,
organizziamo giri in canoa o simili, sempre con effetti terapeutici, oppure andiamo a fare escursioni
in montagna. Non si tratta di attività ricreative: "Oggi andiamo a fare un giro in canoa tanto per fare
qualcosa di diverso". Tutt'altro. C'è sempre un motivo alla base delle attività svolte: creare una
dinamica di gruppo, imparare a collaborare con gli altri, sviluppare fiducia, naturalmente, il senso di
autostima." Queste iniziative sono finanziate, in parte, con il bilancio proprio dell'istituto, e in parte
attraverso i fondi messi a disposizione da associazioni private.
Educazione e socializzazione
È importante, secondo i partecipanti, distinguere fra misure di socializzazione e misure rieducative.
"Non posso ottenere la riabilitazione sociale di una persona soltanto attraverso misure rieducative.
Non si diventa delinquenti perché non si possiede un diploma di scuola media superiore. L'attività
educativa fa parte della routine quotidiana. "I fondamenti che noi insegniamo loro rappresentano
senz'altro una componente importante. Lavoriamo in modo totalmente diverso rispetto a quanto
avviene con le recluse adulte... Teniamo conto di ogni aspetto: Come si comportano, quello che
dicono. Controlliamo il modo di parlare, di entrare in una stanza, altri aspetti specifici, di quale
considerazione godono da parte degli altri componenti del gruppo." Per ottenere risultati ci vuole
tempo. "Si può fare poco in sei mesi". La differenziazione è fondamentale in questo campo. Se ci
sono strutture che funzionano fuori dall'ambiente carcerario, in particolare la famiglia, qualche
mese di carcere può favorire una maggiore consapevolezza.
Disturbi della personalità
Per quanto riguarda i disturbi della personalità, occorrono da uno a due anni di terapia. "Si
sviluppano nell'arco di vari anni... Le ragazze si considerano immondizia. Dobbiamo insegnare loro
a rispettare se stesse: "Io mi rispetto. Gli altri mi rispettano per quello che sono." " Le attività di
convincimento funzionano perché sono in carcere. Fuori, possono scegliere di non partecipare.
Qui dentro, no. " Tutto questo solleva anche critiche rispetto a misure pregresse. "Le misure
preventive esterne al carcere non sono di per sé positive, però sono costose. Qui lavoriamo bene
senza grandi spese." Tutto ciò comporta anche il coinvolgimento delle famiglie. "Gli psicologi ed il
personale di assistenza rappresentano anche le madri o i genitori verso cui i minori provano molta
rabbia. Talvolta riusciamo a strappare una riconciliazione, perché si riesce a far vedere loro i
genitori in una prospettiva più ampia."
I supervisori hanno accertato che molti soggetti fra 15 e 18 anni presentano il livello di
socializzazione di un bambino di dieci anni. "Quando te li vedi seduti davanti, è difficile credere che
abbiamo diciotto anni. Tuttavia, "quando crescono, crescono in fretta... Facciamo riferimento
anche alle ragazze che sono state con noi a lungo. Sono competenze che si portano dietro quando
se ne vanno da qui... Ma mancano misure di follow-up." Conseguenza: molti ritornano perché
hanno un problema di tossicodipendenza che non è stato trattato, ma hanno saputo gestirsi
meglio."
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Albert-Schweitzer-Familienwerk di Lünenburg
L'associazione Albert-Schweitzer-Familienwerk (ASF) è stata fondata nel 1961 ed oggi conta su
oltre 750 operatori che si occupano di oltre 2000 soggetti ricoverati e ambulatoriali. L'istituzione è
specializzata nell'assistenza ai minori ed agli anziani. Tutto è iniziato con la fondazione, nel 1969,
del Kinderdorf (un istituto per l'assistenza ai minori). La presenza di situazioni familiari instabili ha
spesso dato origine a progetti per l'assistenza di minori. I minori ospitati in sede sono monitorati in
un'officina di falegnameria o, più di recente, in una scuola per acrobati e cascatori (stuntmen). La
scuola per acrobati e cascatori di Lünenburg accetta giovani in condizioni di disagio ed esclusione
sociale. Il corso per "stuntman" offre condizioni particolarmente favorevoli all'integrazione di questi
minori, che rappresentano un unicum per quanto riguarda i progetti di assistenza e supporto
finalizzati ai minori. Presso la scuola per stuntmen di Lünenburg è possibile ottenere un certificato
legalmente valido di "cascatore" (stuntman), esattamente come nelle altre sedici scuole di questo
tipo esistenti in Germania. Attraverso le attività di formazione destinate a questo gruppo di
soggetti, il progetto sta esplorando ambiti nuovi e interessanti. Altri progetti ambulatoriali
prevedono il lavoro in un'officina ed in un gruppo di assistenza sociale.
Le discussioni del focus group si sono appuntate in particolare sull'attività di quest'ultimo gruppo e
su un progetto di assistenza stazionaria finalizzata alla prevenzione del carcere, in cui cinque
minori sono ospitati presso l'abitazione privata di un membro del personale dell'ASF.
Persone e non muri
I minori dovrebbero imparare ad usufruire lecitamente delle "risorse sociali". La stabilizzazione dei
rapporti sociali, ad esempio con la propria famiglia o con la ragazza, costituisce un altro dei cardini
del progetto. Per arrivare ai minori, lo staff che partecipa alle attività di socializzazione di gruppo e
di assistenza in ambito familiare cerca di stringere rapporti personali. "Persone e non muri. Questa
è l'idea, aiutare i minori attraverso il contatto personale lungo un arco temporale esteso, per aiutarli
a superare le loro difficoltà nella vita quotidiana - e queste difficoltà sono estremamente personali
ed estremamente complesse. Si può partire dalla tossicodipendenza, dalle loro frequentazioni,
dalle circostanze a loro familiari. Sostenerli in questo senso è la nostra preoccupazione - pura
educazione sociale."
Metodi ambulatoriali e stazionari
Le varie forme di assistenza offerte dall'ASF si sono venute sviluppando nel tempo in base alle
specifiche esigenze. Inizialmente è stata creata una falegnameria per abituare i minori ad una
routine quotidiana ed a lavorare insieme all'interno di un gruppo. Poi è stata aperta la scuola per
stuntmen, che offre una possibilità concreta di accedere al mondo del lavoro disponendo di un
certificato legalmente riconosciuto.
Definizioni positive
Attribuzioni positive, la definizione e la promozione dei punti di forza, e l'evitare forme di
stigmatizzazione nell'attività di gruppo ma anche negli approcci di assistenza in famiglia devono
favorire un'autopercezione positiva e stimolare la fiducia nelle proprie capacità.
"Basta con questa prigione creata dalla stigmatizzazione che lo ha perseguitato per tutta la vita. È
sempre partito dall'idea che "Non ti comporti bene". Ai giovani si chiede di esprimere le qualità che
possono apportare al gruppo, o comunque di esprimere ciò che vogliono apprendere. "Non si tratta
di dire "Sei stupido, o ti manca qualcosa, sbagli tutto un'altra volta, ti comporti come un cretino, sei
aggressivo, e così via." Piuttosto, "Tu devi crearti un futuro. Il tuo futuro comprende: scuola, lavoro,
formazione - qualsiasi cosa tu desideri, anche soltanto un lavoro, per cominciare."
Sostegno al minore nella vita familiare
Se l'integrazione non dà risultati positivi attraverso le attività di gruppo, è possibile ricorrere
all'assistenza stazionaria presso la famiglia di un membro femminile del personale ASF. Anche in
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questo caso la formazione svolge un ruolo chiave insieme alla lotta alla tossicodipendenza,
all'organizzazione del tempo libero, ai rapporti con la famiglia e gli amici. Tutto questo avviene
all'interno di un ambiente familiare standard.
"In qualche misura sembrano minori del tutto normali... Farli alzare dal letto la mattina...
Naturalmente dipende dalle caratteristiche personali. Ma molto dipende dalle dinamiche di gruppo
che si creano costantemente."
Controllo sociale
Viene sottolineato il livello notevolmente maggiore di controllo sociale rispetto alla socializzazione
nell'ambiente della famiglia. "Direi che, nella famiglia media, c'è molta più libertà di fare un passo
indietro, evitare i conflitti. Qui lo spazio di manovra è molto più limitato. Visto che ci sono molti
colleghi qui dentro, l'osservazione è estremamente attenta e non si può sfuggire. Il trucco sta nel
creare la giusta tensione fra controllo e un po' di libertà di manovra." Soprattutto se si tiene conto
del contesto, per cui "sì, ci sono spesso ragazzini che hanno vissuto a lungo per strada e non c'è
niente che li spaventi là fuori."
Tuttavia, secondo il personale, il controllo sociale viene vissuto positivamente dai minori. Uno
studente impegnato in attività lavorative ha formulato il seguente commento: "E ho notato una
cosa che prima non avevo capito: che questo controllo sociale può anche generare un grande
senso di sicurezza e affidabilità, che i minori a volte si oppongono a questo tipo di controllo, ma
allo stesso tempo a loro piace e lo accettano. Questo mi ha stupito. Qui c'è sempre qualcuno con
cui possono parlare, giorno e notte. Avrei immaginato che avrebbero desiderato prendere
maggiormente le distanze, ma invece l'atmosfera è molto, molto aperta."
Recidive
Secondo l'ASF, soltanto tre minori sui 70 che hanno partecipato al progetto anti-carcere sono stati
nuovamente fermati/arrestati in attesa di giudizio. Se si considera che in Germania passano
spesso molti mesi fra l'arresto ed il procedimento, sembrerebbe un buon risultato. "Quindi, sulla
base dei dati non ufficiali disponibili, i due terzi di questi minori ci sono riusciti. Un terzo è tornato in
carcere, ad un certo punto. Ma spesso solo dopo vari anni... Pertanto non ho dubbi a dire che
rappresenti un successo il fatto di permettere al minore di crescere qualche altro anno prima di
tornare in carcere, magari per ridurre un po' i danni provocati dalla detenzione."
Condizioni occupazionali
Il 1 gennaio 2008 il quadro normativo concernente le misure detentive per i minori si è modificato
radicalmente per effetto della nuova legge. Il 31 maggio 2006, la Corte costituzionale federale ha
imposto al legislatore di approvare una legge sulla detenzione minorile. Tuttavia, nell'ambito della
riforma federale, la competenza legiferativa in materia di sistema penale è passata agli Stati
federali dal 1 settembre 2006. Nella Bassa Sassonia, il sistema penale minorile è stato disciplinato
da un'apposita legge, secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale federale; tuttavia, tale
legge fa parte della Legge sul sistema giudiziario in materia penale (Justizvollzugsgesetz).
L'introduzione della legge in oggetto, che è entrata in vigore il 1 gennaio 2008, ha comportato, per
la prima volta, la riunione in un unico provvedimento normativo delle disposizioni sull'esecuzione
delle pene detentive a carico di soggetti adulti, sull'esecuzione delle condanne comminate a
minori, sulla carcerazione preventiva e in attesa di giudizio. "Gli obiettivi fissati dal Ministro della
giustizia della Bassa Sassonia, Elisabeth Heister-Neumann, sono quindi stati raggiunti: il carcere
serve sia a scopi di sicurezza sia a scopi di riabilitazione e reinserimento sociale; i soggetti in
carcere sono tenuti a collaborare; l'esecuzione della condanna in un carcere chiuso è la regola non
soltanto in termini concreti, ma anche in termini giuridici; viene sottolineata l'importanza del lavoro
e della formazione; è stata migliorata la tutela delle vittime".
Questo approccio che prevede la parificazione fra sicurezza e riabilitazione/reinserimento sociale non si fa alcun riferimento alla rieducazione - e fa del carcere chiuso la regola, va esattamente
nella direzione contraria a quanto emerso dalle discussioni all'interno del focus group.
132
Secondo un educatore sociale: Per quanto riguarda le prospettive future dei giovani, "termini come
colpa ed espiazione in un contesto del genere sono fonte di irritazione anche per me. E
naturalmente le cose non sono migliorate con la nuova legge in materia di detenzione e arresto,
perché la legge è fortemente orientata alle misure detentive applicabili ai soggetti adulti. E noi
siamo soggetti a limiti e disposizioni di vario genere quando diciamo "qui avrebbe più senso
intervenire con un'attività di educazione sociale". Ma non possiamo svolgere queste attività in
modo indipendente, perché dobbiamo rispettare le norme in materia di detenzione. Ci troviamo in
una situazione molto difficile, ed il nostro compito appare problematico. Sì, abbiamo esempi di
fallimenti in altri contesti, e adesso dovremmo ottenere, con le nostre risorse, quello che in altri
istituti non è stato possibile. Come è ovvio, tutto ciò risulta particolarmente difficile se, oltre tutto,
dobbiamo anche limitare molto il nostro raggio di azione."
Norme più rigide
Ciononostante, nelle discussioni del focus group si è osservato che da anni veniva chiesto un
inasprimento delle norme penali sia in generale sia rispetto ai soggetti minorenni, e ciò ha
comportato l'introduzione di norme decisamente più rigide. Come ha affermato un giudice minorile
"Questo approccio punitivo è diffuso anche fra i colleghi più giovani. È molto evidente. Anche loro
fanno parte della società in cui viviamo. E quando ti senti dire continuamente una certa cosa e non
hai gli strumenti per giudicare correttamente, anche tu salti sul carro del vincitore. Da più parti si
lamenta che gli organismi per l'assistenza ai minori non riescono neppure a far sentire la propria
voce." Anche un educatore sociale ha confermato la percezione "di un approccio sanzionatorio
molto più rigido e di una maggiore rigidità nella formulazione degli atti di accusa".
La contraddizione del sistema a doppio canale
Le riforme federali e la nuova Legge sulla giustizia penale non hanno risolto il problema del doppio
canale, per cui lo Stato federale è responsabile dell'amministrazione giudiziaria e penitenziaria,
mentre le autorità locali sono responsabili dell'assistenza ai minori. L'assenza di cooperazione
delle autorità federali (autorità giudiziarie, organismi di detenzione minorile, servizi di messa alla
prova) e delle autorità locali (rappresentanti dei tribunali minorili) significa l'assenza di una rete
interistituzionale che possa assistere i minori prima del carcere, ovvero dopo il rilascio.
Contraddizioni fra applicazione e lettera della legge
La progressione riduzione dei finanziamenti concessi ai servizi di assistenza minorile dipendenti
dalle autorità locali comporta ulteriori conflitti fra le istituzioni federali e quelle locali. Vi sono
crescenti contraddizioni fra la prassi e la lettera della legge, guardando all'art. 105 della LPM. Tale
articolo consente la condanna dei soggetti di età compresa fra 18 e 21 anni ai sensi del Codice
penale minorile purché il reato in oggetto sia un reato tipicamente minorile, ovvero il livello di
maturità psichica o intellettuale del soggetto sia equiparabile a quello di un minorenne. Questa
opzione, che in realtà costituiva un'eccezione, è divenuta la regola giurisdizionale. La maggioranza
degli organismi che si occupano di assistenza e terapia sono finanziati dagli uffici per l'assistenza
ai minori, e quindi dalle autorità locali. Se i funzionari responsabili dell'applicazione della libertà
vigilata (dipendenti dallo stato federale) desiderano accogliere i propri clienti presso la sede di uno
di tali organismi, gli uffici per l'assistenza ai minori (dipendenti dagli enti locali) possono opporsi
qualora si tratti di un soggetto di età superiore ai 18 anni. Secondo l'esperienza degli operatori, si
tratta di un'eventualità sempre più frequente soprattutto qualora il soggetto in questione abbia già
beneficiato di varie misure precedenti al carcere. Inoltre, poiché la norma è configurata come
un'eccezione, non ci sono in pratica risorse finanziarie o programmi destinati ai giovani in questa
fascia di età che siano stati condannati in base alle norme della giustizia penale minorile.
Ne deriva che un numero crescente di adulti in giovane età viene condannato ai sensi delle norme
penali minorili, ma al contempo sono sempre meno le misure disponibili a favore di tali soggetti in
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termini di controllo e assistenza. Il servizio per la libertà vigilata, che rientra nella competenza
federale, ha la responsabilità di questi soggetti, ma non può offrire loro possibilità di aiuto se non
ricorrendo ai bilanci degli enti locali. "Ma si tratta in realtà di un'eccezione. Perché ogni ente locale
comprensibilmente dice: "Ma perché dovrei fornire un servizio di cui non sono responsabile? Che
comporta oneri per il nostro bilancio. Ed il soggetto non è neppure qui, perché si trova in carcere...
È lo stato federale ad esserne responsabile. Non noi." E poi il soggetto in questione esce dal
carcere ed ha 21 anni, e l'ente locale dice "Sì, ma non siamo tenuti a fare niente visto che ha più di
diciotto anni.". E allora ci si perde nella giungla delle competenze, cosicché si dice: è necessario, e
anche ragionevole, per il bene del singolo. E, in termini economici, ciò consentirà un abbattimento
dei costi. Tuttavia..."
Il dilemma del servizio per i Tribunali minorili
Una variante di questo conflitto fra istituzioni federali e locali riguarda la discussione sull'art. 36a
della Legge sull'assistenza al minore e all'adolescente (KJHG) del 2005. Le autorità locali si fanno
forti di tale legge per respingere i decreti di assistenza emanati dal tribunale minorile (anche
riguardo a soggetti minorenni) e implementare i progetti di assistenza messi a punto da loro nel
modo che essi ritengono più opportuno. Come spiegato da un giudice minorile: "È in corso un
acceso dibattito sulla possibilità per il giudice di dire: "Io ti ordino di fare quello che prevede la
Legge sui tribunali minorili, e tu sei tenuto a farlo". ovvero per il servizio del tribunale minorile di
dire "Tu puoi dire quello che ti pare. Prima vogliamo capire bene come stanno le cose, per stabilire
se siano davvero necessarie misure di rieducazione, e se così è, ci penseremo noi." I funzionari di
questi servizi non propongono più progetti costosi né partecipano ai negoziati, come è successo a
Flensburg dove abbiamo avuto un vero e proprio boicottaggio. Tutto ciò nasce dal fatto che i
responsabili finanziari non vogliono mettere le risorse a disposizione, o non ne hanno, oppure sono
convinti di dover negoziare accordi molto restrittivi." La situazione si fa assurda quando un
funzionario di questi servizi minorili ammette, in qualità di educatore sociale, l'opportunità di una
strategia costosa, ma, in quanto responsabile finanziario per l'ente locale, non può farne richiesta.
"Talvolta si vedono strane alleanze, per cui magari il funzionario del tribunale minorile chiede al
tribunale, ufficiosamente, "Disponi l'applicazione delle misure anche se in pubblico io dirò che forse
non sono quelle corrette. Poi me la vedrò io con il mio ufficio e magari riesco a farle passare."
Fare rete per far fronte alle deficienze strutturali/del sistema
Il direttore di un carcere: "È difficile cambiare le strutture, ma abbiamo imparato con l'esperienza
che è possibile lavorare insieme alle varie istituzioni. È sempre possibile farlo se c'è l'impegno da
parte di chi lavora in queste istituzioni."
Un altro direttore di carcere: "È un pensiero che mi perseguita da venticinque anni. E
sostanzialmente poco è cambiato... Fare rete potrebbe funzionare per quanto riguarda il
rappresentante del tribunale minorile ed il funzionario per la libertà vigilata. Per il resto, data
l'assenza di una struttura formale, la rete si rompe sempre quanto il minore viene incarcerato, ed
anche quanto torna in libertà.
Il Progetto BASIS è nato proprio per far fronte a questi ostacoli strutturali. "Proprio per tale motivo.
È frutto di un atteggiamento intransigente rispetto al concetto di responsabilità. "Tocca sempre a
te, non a noi, per ora". E poi uno si presenta pronto per il rilascio e per andare a finire chissà dove.
E noi in realtà dovremmo lasciarli andare solo in presenza di una prospettiva futura ben definita
che permetta loro di costruirsi una vita su misura. Dobbiamo assicurarci che abbiano un lavoro, un
posto dove vivere ed una fonte di reddito. E a un certo punto dobbiamo riuscire a convincere gli
altri - almeno alcune istituzioni". Nel lungo periodo, tuttavia, la speranza è di riuscire a cambiare
l'approccio non collaborativo delle strutture federali.
134
Forum istituzionale di esperti
La rete istituzionale di Lünenburg mostra come le cose possano funzionare bene. "Abbiamo creato
un forum di esperti a Lünenburg. Ci incontriamo periodicamente per discutere con tutte le
istituzioni che si occupano di "controllo sociale": giudici, pubblici ministeri, polizia, rappresentanti
del tribunale minorile, funzionari per la libertà vigilata, ufficio per l'assistenza ai minori, consulenti in
materia di stupefacenti, servizio ambulatoriale presso l'ospedale pubblico federale, dove i nostri
giovani vanno quando hanno bisogno di indicazioni terapeutiche piuttosto che di rieducazione
sociale... Abbiamo istituzionalizzato questo forum ancor prima che iniziasse il progetto. L'idea è
quella di avere una discussione fra esperti, ad esempio come mantenere l'approccio
"compensazione fra reo e vittima", che è diverso dall'approccio puramente sanzionatorio. E si parla
anche dei problemi nei rapporti fra le istituzioni. I punti di vista differiscono, per cui non si potrà mai
avere un mondo perfetto per quanto riguarda la giustizia minorile. Ma si può riuscire a individuare i
problemi e le differenze parlandone da prospettive diverse, per giungere ad un compromesso.
Insomma, quella di Lünenburg è un'attività costruttiva."
Che non sia facile giungere ad una visione condivisa lo si comprende da quanto dichiarato da un
giudice del tribunale minorile: "Quando ho descritto ad alcuni colleghi quello che succede a
Lünenburg, molti non ci volevano credere: "Devi vivere nella terra di Bengodi" ".
Carenze di risorse umane e finanziarie
Molti partecipanti ai focus-group cadono in preda alla malinconia parlando delle risorse umane e
finanziarie un tempo disponibili per il controllo e l'assistenza ai minori responsabili di reati. "Hameln
(si tratta del carcere minorile maschile di Hameln) ... i progetti cancellati là" ha affermato un giudice
minorile. "Non è come un tempo". "Un tempo" è una categoria non meglio definita - può trattarsi di
venti come di cinque anni fa. Comunque, ci si riferisce al progressivo decadimento dei livelli
pubblici di finanziamento ed al levarsi, in parallelo, di richieste sempre più insistenti di un
inasprimento degli approcci riservati ai minori che delinquono.
Nel breve periodo, il carcere chiuso rappresenta la soluzione più a buon mercato, e i costi vengono
trasferiti dagli enti locali allo Stato federale. Una delle critiche si appuntava sull'assenza di una
visione economica.
Deficit formativi
Un giudice minorile ha criticato l'assenza di analisi criminologiche e sociologiche per quanto
concerne la delinquenza minorile nell'ambito della formazione specifica. Si tratta di materie
previste unicamente come opzionali. "Dovrebbero essere previste nel quadro della formazione di
ogni giudice minorile, e dovrebbe essere obbligatoria anche un'attività di formazione successiva.
Invece, il pubblico ministero invia dei tirocinanti, che ovviamente non hanno alcuna idea del diritto
penale minorile, ad assistere alla celebrazione di procedimenti minorili... In sintesi, occorre
introdurre una strategia razionale di formazione, e molto dipende dall'impegno del singolo. E
questo è un obiettivo da raggiungere in tutta l'Europa."
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LA GIUSTIZIA MINORILE E LA RECIDIVA
IN PORTOGALLO
Rapporto nazionale di ricerca del Progetto Stop-Car
IL SISTEMA DELLA GIUSTIZIA MINORILE IN PORTOGALLO
a cura di Ricardo Jorge Martinez Marques, Inês Carvalho Sá,
Fino agli ultimi mesi del 2000, i minori che presentavano condotte devianti venivano considerati
senza alcuna distinzione soggetti bisognosi di tutela, come le vittime. Il modello di tutela prevedeva
l'applicazione al minore di misure che miravano principalmente alla protezione, alla rieducazione
ed alla preparazione ad una nuova vita, senza mai comprendere misure punitive o tali da
esprimere un disvalore sociale. Pertanto, non veniva fatta alcuna distinzione fra minori o
adolescenti a rischio e criminali (Art. 1 OTM). Questi comportamenti legittimavano l'intervento dello
Stato e, in ultima analisi, la decisione di collocare il minore presso un Istituto di riabilitazione
sociale. Pertanto "la popolazione presente nei 14 istituti in oggetto presentava un'ampia gamma di
situazioni - da casi semplicemente bisognosi di supporto e assistenza fino alle forme più gravi di
delinquenza (...)."
Poiché gli atti illeciti commessi da minori non venivano giudicati, neppure in termini di disvalore
sociale, le misure applicate ai minori delinquenti erano stabilite soltanto in base alla personalità ed
alle condizioni di vita del minore e avevano durata indefinita, senza alcuna possibilità di modifica.
Tutte le procedure di controllo e vigilanza si caratterizzavano per l'assenza di garanzie procedurali,
contrariamente a quanto avviene nel diritto procedurale penale, visto che né il minore né i genitori
del minore venivano ascoltati da un tribunale e, pertanto, il minore non era in grado di prendere
parte attiva alla procedura stessa. Il minore non aveva neppure il diritto di nominare un avvocato il che ha portato la Corte Costituzionale (Tribunal Constitucional) a dichiarare l'incostituzionalità
della norma erga omnes.
A tale proposito, occorre rilevare che il sistema Portoghese si colloca in un contesto internazionale
che il governo portoghese si è vincolato a rispettare. Nel ventesimo secolo sono stati adottati
numerosi strumenti internazionali che hanno fissato i diritti materiali e procedurali riconosciuti al
minore, garantendone i diritti rispetto all'applicazione di sanzioni o controlli governativi, al pari dei
diritti riconosciuti all'imputato nei procedimenti penali - quali la presunzione di innocenza, il diritto al
contraddittorio, il diritto ad essere ascoltato durante il procedimento, il diritto di appello, il diritto
all'assistenza di un legale, il diritto di non rendere dichiarazioni, ecc. . Tali strumenti sottolineano
anche la necessità di interventi nel settore della prevenzione della delinquenza minorile. Ci
riferiamo alla Dichiarazione internazionale sui diritti del fanciullo del 1959, alle Regole di Pechino
del 1985, alla Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, alle Regole ONU per la tutela dei
minori privati della libertà del 1990, alle Linee-guida ONU per la prevenzione della delinquenza
minorile del 1990 e, a livello del Consiglio d'Europa, alla Raccomandazione R(87)20 del 1987.
Fra l'altro, gli strumenti internazionali di cui sopra hanno ispirato riforme urgenti nelle procedure di
controllo, al fine di renderle conformi ai diritti umani fondamentali nel settore della giustizia penale.
Le riforme in questione erano urgenti già nel 1978, ma sembrano essere state messe in secondo
piano dalle riforme democratiche che hanno modificato la normativa in vigore al fine di dare
attuazione al nuovo ordinamento costituzionale. Il Portogallo sembrava avere ignorato le soluzioni
adottate negli altri Paesi europei.
Fu nel 1996, durante la tredicesima legislatura, che si ebbe la riforma dei diritti del minore quale
parte del programma di governo. Il progetto prevedeva che "le forme di assistenza e supporto
relative alla tutela giudiziaria dei minori dovrebbero essere potenziate e diversificate, in
collaborazione con gli enti regionali e gli IPSS, distinguendo, fra l'altro, le situazioni relative a
minori portatori di handicap o forme di disagio sociale da quelle dei minori che delinquono."
Fu costituita una Commissione con il compito di riesaminare il sistema della giustizia minorile in
Portogallo - la Comissao de Reforma do Sistema de Execuçao de Penas e Medidas (CRSEPM).
Nella prima relazione pubblicata, la Commissione giungeva alla conclusione che il sistema
necessitava una riforma radicale, e che doveva essere riesaminata la legittimità dell'intervento del
139
governo a favore dei minori e degli adolescenti. Inoltre, venivano formulate pesanti critiche al
modello di tutela dell'OTM compresa la definizione di "interesse del minore" in essa contenuta.
Il modello monolitico di tutela previsto dall'OTM era inadeguato per i seguenti motivi:
- Non teneva conto dei diritti fondamentali del minore, il che rendeva opinabile la legittimità degli
interventi;
- Non era in grado di far fronte ai problemi relativi alla criminalità, in particolare alla delinquenza
minorile, il che rendeva opinabile l'efficacia degli interventi.
Il modello di tutela si stava rivelando fallimentare perché non teneva conto di alcuni dei diritti
fondamentali riconosciuti al minore e, d'altro canto, era incapace di raggiungere gli obiettivi fissati
dalla Comunità europea.
Il processo di riforma culminò nell'approvazione di due leggi fondamentali: La legge n. 144/99 del 1
settembre 1999 (Legge sulla tutela dei bambini e dei minori a rischio (LPCJP), e la Legge n.
166/99 del 14 settembre 1999 (Legge sulla tutela educativa). L'approvazione di questi due
strumenti normativi produsse profondi cambiamenti nel sistema di intervento statuale previsto
dall'OTM.
Con l'approvazione delle due leggi di cui sopra, si introduceva la distinzione fra minori "a rischio" minori vittima - , che comprendevano anche i casi cosiddetti "para- o pre-delinquenziali"
(tossicodipendenza, prostituzione, ecc.), e minori responsabili di reati penali - delinquenza
minorile. Questa distinzione si fonda su un modello in base al quale il minore responsabile di reato
deve essere "educato nell'ottica della legge", in direzione dei valori dell'ordine giuridico da lui
violato, mentre il minore a rischio necessita soltanto di misure di sostegno e di essere allontanato
dalla situazione di rischio generata autonomamente ovvero ad opera di terzi. La riforma traccia una
netta linea di demarcazione fra intervento tutelare protettivo ed intervento tutelare rieducativo.
È in questi termini che è stato adottato un modello di giustizia minorile che pone l'accento sulla
difesa della società e sulla responsabilità del minore, pur rispettando i diritti del minore e le
fondamentali garanzie di difesa, e pertanto eliminando il modello assistenzialistico prevalente sino
ad allora - in base al quale si privilegiava l'intervento protettivo del governo a favore degli interessi
del minore, ma senza considerare il minore come parte attiva dell'intero processo. Ciò non
significa, tuttavia, che il governo verrà meno al ruolo di tutela anche con riguardo alla delinquenza
minorile, al fine di garantire il diritto del minore alla dignità personale e ad uno sviluppo armonico
della personalità.
La legge sulla tutela educativa ha finalmente riconosciuto ai minori oggetto di procedure di
supervisione e controllo le garanzie fondamentali fissate nella Costituzione e in numerosi strumenti
internazionali vincolanti per il governo portoghese.
Sotto un altro aspetto, la riforma del '99 si basava sulla responsabilizzazione della famiglia, della
società e della comunità che circonda il minore, coinvolgendo tutti questi soggetti nelle procedure
di tutela e promozione nonché in quelle di tutela educativa.
Nei paragrafi seguenti saranno analizzate le due leggi fondamentali sopra ricordate, dando risalto
ai principi-base, all'ambito di applicazione, ai presupposti ed agli obiettivi di intervento, ecc.;
successivamente sarà svolta un'analisi della dinamica procedurale, ossia degli sviluppi osservati.
Regime penale speciale per i minori - Testo integrale
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Un soggetto di età pari o superiore a 16 anni che commetta un reato viene processato, in via di
principio, dinanzi ad un tribunale ordinario, dove si applica il Regime penale speciale per i minori
(Legge 401/82 del 23 settembre 1982).
1. Introduzione
Solo pochi al di fuori del settore giuridico conoscono il regime speciale per gli adulti in giovane età,
che non si applica in tutti i casi. Si tratta di una normativa istituita con Legge 401/82 del 23
settembre 1982, applicabile qualora soggetti di età compresa fra 16 e 21 anni siano condannati a
sanzioni penali. La legge prevede che, in caso si applichi una pena detentiva, il giudice può
decidere l'attenuazione della pena se matura il pieno convincimento che ciò possa facilitare la
riabilitazione del reo. D'altro canto, il regime speciale per l'attenuazione della pena di cui agli artt.
73 e 74 del Codice penale portoghese comporta la riduzione di un terzo del limite massimo della
pena prevista per lo specifico reato. Il limite minimo viene ridotto ad un quinto se la pena detentiva
prevista è pari o superiore a 3 anni, mentre viene ridotto al minimo edittale se la pena detentiva ha
minore durata.
2. Giustificazione del regime speciale
Le motivazioni alla base del regime speciale sono illustrate nel Preambolo alla legge, in cui si
afferma quanto segue: "la necessità di individuare misure adeguate a dare risposta agli atti
commessi da minori e considerati per legge di natura penale. Il diritto penale degli adulti in giovane
età costituisce una classe distinta, con riguardo ad una fase dell'esistenza della persona
caratterizzata da latenza sociale, cosicché la delinquenza può essere considerata un fenomeno
temporaneo e transitorio."
È noto che "il passaggio dalla minore età all'età adulta nelle società moderne non avviene secondo
le stesse modalità di un tempo, ossia attraverso riti di passaggio - quali il conseguimento di un
diploma, il servizio militare, o il matrimonio. Queste fasi un tempo caratterizzavano l'inizio di un
nuovo capitolo nella vita della persona. Quello che avviene oggi è invece che si realizza una
progressiva autonomizzazione rispetto ai genitori associata ad una crescente dipendenza da una
società in cui gli adulti in giovane età sono caratterizzati in modo eterogeneo a seconda che
godano di autonomia finanziaria o no, possiedano una formazione professionale o no, e vivano
con i genitori o da soli."
In questo periodo di latenza sociale, in cui il giovane si sottrae al controllo dei soggetti responsabili
dell'istruzione e della famiglia, prima di intraprendere veri rapporti personali o professionali,
risultano favoriti i comportamenti devianti. D'altro canto, non appena il giovane si fa carico di
determinate responsabilità, si riduce anche la propensione alla devianza.
3. Caratteristiche
3.1. Natura non obbligatoria dell'applicazione
Non esiste un obbligo di applicazione del regime speciale di cui alla presente legge. In realtà,
spetta al giudice decidere se una riduzione della pena sia di beneficio ai fini del processo di
riabilitazione e reinserimento sociale del reo.
L'integrazione sociale del soggetto è un elemento pertinente al fine di decidere in merito
all'applicazione del regime speciale. Gli aspetti da considerare sono, più precisamente, la stabilità
del contesto familiare e professionale, la situazione personale ed economica, la condotta
precedente e successiva alla commissione del reato, ed in particolare se vi sia stato uno sforzo
finalizzato a porre rimedio alle conseguenze dell'atto illecito.
Se la personalità del reo non risulta inidonea alla riabilitazione sociale, il regime speciale può
fungere da incentivo ai fini del reinserimento sociale e da deterrente di ulteriori condotte devianti.
In altri termini, benché questo regime non trovi applicazione in modo automatico, il tribunale vi
ricorre ogniqualvolta una serie di circostanze nel caso concreto giustifichino una prognosi
favorevole per il reo - nel senso che l'attenuazione della pena può risultare utile ai fini della
riabilitazione del reo.
141
3.2. Valutazione obbligatoria
Diversamente da quanto avviene per l'applicazione concreta del regime speciale, che è sempre
rimessa alla discrezionalità del giudice, la giurisprudenza concorda sul fatto che il giudice non sia
libero di decidere di non effettuare un'espressa valutazione dell'applicabilità del regime in oggetto
qualora il minore abbia un'età compresa fra 16 e 21 anni. In base alla recente sentenza della Corte
suprema di giustizia in data 3 marzo 2005 (caso n. 04P4706), l'applicazione del regime speciale
"non costituisce una semplice possibilità per il giudice, bensì un obbligo che il giudice deve
soddisfare ogniqualvolta ritenga che le specifiche circostanze lo giustifichino. In tal caso,
l'applicazione è da ritenersi sia obbligatoria sia di competenza del tribunale." In altri termini, se il
reo ha meno di 21 anni, il tribunale è tenuto a motivare in ogni caso la decisione assunta rispetto
all'applicazione o alla mancata applicazione del regime speciale, pur non essendo quest'ultimo
obbligatorio.
3.3. Valutazione del tribunale
La valutazione concernente la mancata applicazione del regime speciale non dipende dalla
richiesta del pubblico ministero o dell'imputato, ricadendo totalmente nella competenza del
tribunale. Ne deriva che il giudice procede di propria iniziativa compiendo i passi necessari al fine
di valutare le condizioni che devono essere soddisfatte.
4. Assenza di elementi
L'assenza di elementi sufficienti nel fascicolo non costituisce valido motivo per omettere la
valutazione del caso. In realtà, il codice di procedura permette al giudice di accedere ai dati di cui
all'art. 4 del decreto legge 401/82 anche senza il consenso del reo. Ad esempio, gli articoli 370 e
371 del Codice di procedura penale portoghese permettono al tribunale di chiedere una relazione
o informazioni ai servizi per la riabilitazione sociale, in qualsiasi fase del procedimento, o anche di
aggiornare tali informazioni qualora siano già contenute nel fascicolo, nonché di chiedere la
raccolta di elementi probatori ulteriori che possano rendersi necessari - ad esempio attraverso un
colloquio con l'assistente sociale ed ogni soggetto che possa fornire informazioni sulla personalità
e le condizioni di vita del reo.
5. Mancata valutazione
La mancata valutazione degli elementi concernenti la personalità del minore, la sua condotta prima
e dopo la commissione del reato e l'integrazione del minore nel contesto familiare, occupazionale
e sociale - elementi essenziali ai fini della decisione sull'applicazione del regime speciale equivale ad un vizio che, ai sensi dell'art. 410(2), lettera a), del Codice di procedura penale
portoghese, comporta l'impossibilità di giungere ad una decisione sul caso.
6. Conseguenze procedurali
Tuttavia, la sussistenza di tale vizio non implica necessariamente la nullità del procedimento in
prima istanza e, quindi, non comporta l'obbligo di raccogliere nuovamente l'intero apparato
probatorio (art. 426 del Codice di procedura penale portoghese). Se l'assenza di questi specifici
elementi costituisce l'unico impedimento alla decisione concernente l'applicazione o meno della
riduzione di pena, sarebbe incomprensibile nonché inaccettabile dover celebrare di nuovo l'intero
processo concernente lo specifico reato, poiché le prove addotte in giudizio non riguardano in
alcun modo la materia specificamente riferita al regime speciale riservato agli adulti in giovane età.
Pertanto, la soluzione migliore consiste nella riapertura del caso (art. 371 CPP portoghese), dopo
aver stabilito i passi da compiere per valutare gli elementi mancanti, in base all'art. 340(2) del CPP
portoghese - ossia, l'acquisizione della relazione dei servizi sociali. Successivamente, si procede a
142
valutare l'applicabilità del regime speciale, ed il risultato di tale valutazione viene incorporato nella
decisione finale.
Conclusione
Fin dal momento in cui il minore entra in carcere, il processo di reinserimento sociale viene
sostenuto dai servizi per la riabilitazione sociale senza alcuna distinzione.
Ogni soggetto in carcere ha diritto ad un educatore, ossia un esperto, che lo assiste durante la
reclusione e predispone un piano di riabilitazione individuale.
Per quanto concerne le attività e l'educazione dei minori in carcere, il decreto-legge 265/79 del 1
agosto 1979 contiene alcuni riferimenti alla situazione dei minori responsabili di reato. A parte tali
eccezioni, si applica il regime generale finalizzato alla riabilitazione sociale del reo.
143
COMMISSIONE DI INDAGINE SULLE ISTITUZIONI EDUCATIVE: RELAZIONE PROVVISORIA
(di Carlos Pinto de Abreu, Maria Teresa da Silva Morais, Jorge Manuel Villaça Nunes, Guilhermina
Maria Marreiros, Ricardo Jorge Martinez Marquez, José Norberto Ferreira Martins)
Introduzione
Contesto giuridico. Composizione. Osservazioni generali
1. La Commissione di indagine sulle istituzioni educative (Comissao de Fiscalizaçao dos Centros
Educativos - CF) è prevista dall'art. 209 della Legge portoghese sulla tutela educativa (Lei Tutelar
Educativa - LTE) approvata con legge 166/99 del 14 settembre 1999, entrata in vigore il 1 gennaio
2001.
In base alla legge, la Commissione è un organismo indipendente incaricata di monitorare il
funzionamento delle istituzioni educative (CE).
Al fine di raggiungere tali obiettivi, nel rispetto della legge di cui sopra, la CF può chiedere le
informazioni pertinenti alle CE e compiere ispezioni ogniqualvolta ciò sia ritenuto necessario, con il
diritto di accedere liberamente e con il supporto del Ministero della giustizia secondo modalità da
definirsi in un apposito decreto ai sensi del n. 3 della norma citata (tale decreto è entrato in vigore il
20 dicembre 2000, decreto 1200-A/2000, e prevede che la Commissione sia assistita dal
Segretariato generale del Ministero della giustizia).
Le finalità della Commissione non devono confliggere con le responsabilità degli altri soggetti che
hanno il compito di tutelare la legittimità di tribunali e pubblico ministero, per cui occorre tenere
conto delle disposizioni di cui all'art. 39(2)h. ed all'art. 40(1)f. LTE, rispettivamente, in base alle
quali "i giudici ed i pubblici ministeri hanno il compito di visitare le istituzioni educative entrando in
contatto con i minori presso tali istituzioni".
Pertanto, a prima vista (nelle motivazioni del disegno di legge 266/VII non si fa alcun riferimento
alla CF), e contro le intenzioni del legislatore), la situazione potrebbe generare un conflitto fra due
soggetti investiti di "competenza" rispetto alle CE, e ciò potrebbe inficiare l'esistenza
dell'organismo indipendente in parola.
Tuttavia, tenendo conto dell'ampia tipologia dei componenti la Commissione (due rappresentanti
dell'Assemblea Nazionale, un rappresentante del Governo, due pubblici ministeri nominati dal
Consiglio Superiore, due rappresentanti di organismi non governativi per l'assistenza ai minori),
l'obiettivo del legislatore non può che essere stato quello di coinvolgere nell'attività di controllo
sulle CE rappresentanti di soggetti diversi dalla magistratura "incaricata" di decidere sul
collocamento dei minori segnalati.
L'esperienza sinora raccolta attraverso le visite a tutte le CE ci ha portato a ritenere che i giudici
(certo a causa dell'eccessivo carico di lavoro delle autorità giudiziarie) non si recano regolarmente
a far visita a tali istituzioni secondo quanto previsto dalla legge.
Nonostante un aumento nel numero di visite effettuate dagli avvocati sia per quanto riguarda le CE
sia per quanto riguarda i minori in esse collocati, si tratta pur sempre di un'eccezione alla regola;
tali visite hanno luogo quasi sempre prima dell'applicazione di un provvedimento e molto
raramente durante la fase di esecuzione di quest'ultimo.
I. Principali difficoltà e vincoli individuati con riguardo al funzionamento ed agli obiettivi delle CE
a) Assenza di personale qualificato nelle discipline psicologiche.
b) Inesistenza, in genere, di supporti psichiatrici per i minori in situazioni di disagio. Solo la CE di
Navarro de Paiva presenta uno specialista medico in permanenza.
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c) Difficoltà nell'ottenere risposte mediche idonee per quanto riguarda i problemi dei minori,
soprattutto rispetto a problemi stomatologici e odontoiatrici.
d) Presso alcune CE le schede dei supervisori erano incomplete.
e) Mancano attività di formazione e ricreative per i minori (soprattutto presso la CE di S. Antonio, a
seguito del mancato rinnovo dell'accordo con il Centro Protocolar do Ministério da Justiça), con le
seguenti eccezioni:
i. Navarro de Paiva, che coordina varie attività con l'istituto educativo di S. Bernardino, lo
Instituto Portugues da Juventude, il campeggio di Fraguinha (presso S. Pedro do Sul), il
campeggio SITAVA (presso Vila Nova de Mil Fontes), e l'associazione calcistica Estoril, calcio
giovanile;
ii. Mondego, che promuove attività di formazione in collaborazione con lo IEFP di Guarda e
attività di istruzione scolastica in collaborazione con il servizio locale del Ministero dell'Istruzione.
f) Le attività di formazione in essere non garantivano ai minori le certificazioni professionali
rispettivamente previste, anche se gli insegnamenti erano impartiti da personale qualificato
dell'IEFP e sulla base dello stesso programma di formazione che prevede il rilascio di tali
certificazioni agli altri allievi del corso di formazione.
g) I corsi scolastici si sono rivelati inadeguati in termini di programmazione e metodologia avendo
riguardo all'età degli "alunni" ed alle loro motivazioni, nonché privi di coordinamento rispetto alle
capacità promosse attraverso le attività di formazione.
h) La strumentazione e le attrezzature disponibili presso alcuni centri erano obsolete e, pertanto,
bisognose di urgente rinnovamento, in particolare presso la CE di Bela Vista;
i) La maggior parte delle CE esaminate avevano stipulato protocolli con soggetti pubblici e privati
che consentono ai minori di usufruire di attività ricreative e di formazione: spettacoli teatrali, attività
sportive, musica; ciò avviene all'interno ma anche all'esterno delle CE (se il regime applicato
consente ai minori di lasciare l'istituto). In particolare, l'istituto di Navarro de Paiva aveva stipulato
due protocolli culturali molto dinamici e pratici, uno con la Fondazione Gulbenkian e l'altro con
Chapito. Tuttavia, occorre garantire a questi minori una maggiore apertura rispetto alla comunità in
cui si trovano a risiedere, e viceversa;
j) Alcuni minori erano collocati presso istituti molto lontani dalle città di origine e dalle rispettive
famiglie. Ciò vale, in particolare, per i minori provenienti dalle isole e dall'Algarve, dove non
esistono CE, anche se nella regione autonoma di Madeira da tempo sono disponibili edifici e
strutture all'uopo. Tale circostanza, oltre a costituire violazione dell'art. 152(1) LTE, in base al
quale il minore deve essere collocato presso la CE più idonea e più prossima al luogo di residenza
del minore, complica i contatti fra il minore e la famiglia ed impedisce la necessaria preparazione
delle famiglie affinché possano supportare il minore una volta che questi sarà tornato a casa. Le
conseguenze sono evidenti, sia durante la fase istituzionale sia successivamente ad essa.
Per esempio, presso la CE di Navarro de Paiva erano ospitati 22 minori. Uno di essi proviene da
Madeira, cinque dalla regione dell'Algarve ed uno da Braga.
k) I minori che trascorrono presso la CE da uno a quattro fine settimana (art. 139(2)d LTE) non
possono partecipare ad attività specificamente idonee alla loro permanenza transitoria presso la
CE, tali da unire l'impatto formale dell'istituzione, il collocamento transitorio ed un supporto
educativo esperto così da sensibilizzare il minore rispetto alle azioni compiute ed alle conseguenze
subite dalle vittime. Invece, questi fine settimana finiscono per rappresentare un'occasione
informale per partecipare ad attività ricreative quali eventi sportivi, e non sono espressione di un
provvedimento giudiziario, cosicché i minori non sono neppure in grado di comprendere la
145
motivazione di tali provvedimenti e le ragioni di giustizia che li ispirano. Inoltre, occorrono risorse
tecniche e finanziarie;
l) Le attività di rete che gli IRS, ora DGRS, devono svolgere unitamente alle altre istituzioni come i
servizi di assistenza sociale, al fine di consolidare "l'educazione al diritto" - obiettivo primario
dell'intero intervento rieducativo - e di facilitare la riabilitazione sociale ed il reintegro del minore
nell'ambiente sociale e familiare di origine, quando possibile, sembrano sempre meno efficaci. In
realtà, anche se gli studi concernenti la recidiva di minori collocati presso CE non sono affidabili
perché nel frattempo la maggior parte dei minori ha raggiunto l'età di imputabilità penale e,
pertanto, viene giudicata sulla base del diritto penale standard, è diffusa la percezione che si tratti
di un fenomeno frequente. Inoltre, presso un istituto carcerario portoghese sono stati condotti
numerosi studi nell'ambito del progetto europeo STOP-CAR, e le risultanze sono state presentate
alla Commissione il 25 ottobre 2007. Gran parte dei detenuti che avevano risposto ai questionari
erano stati internati presso CE per un periodo compreso fra 12 e 24 mesi, e molti affermavano che
l'intervento non era stato il più idoneo in termini di riabilitazione e reinserimento sociale - in
particolare per quanto riguarda le necessarie interazioni fra i vari soggetti prima, durante e dopo la
permanenza del minore in una CE;
m) Anche le attività che i DGRS dovrebbero svolgere presso le famiglie dei minori sembrano prive
di efficacia, poiché i concetti di disciplina, i valori trasmessi e le regole e le routine giornaliere
interiorizzate dal minore presso la CE finiscono per essere dimenticati. Le famiglie devono essere
"accompagnate" durante l'esecuzione della misura rieducativa. Questa forma di supporto non deve
venir meno una volta che sia stato eseguito il provvedimento di rieducazione.
II. Problematiche lamentate dai minori con maggiore frequenza
1. Attività ricreative mancanti o insufficienti.
2. Il numero di telefonate consentite alla famiglia ed agli amici è insufficiente e non vi è privacy.
3. Presso alcune CE ai minori non è permesso di indossare i propri abiti ed accessori e neppure di
parlare in dialetto.
4. L'alimentazione era insufficiente.
5. Presso alcune CE non c'è accesso ad Internet e non si può guardare la TV via cavo, almeno
non nel modo che i minori desidererebbero.
6. Le attrezzature disponibili non consentono di praticare sport, soprattutto in inverno.
7. L'orario di visita dovrebbe essere più esteso.
8. Assenza di privacy durante le visite di familiari ed amici.
9. Difficoltà a comprendere i criteri disciplinari adottati per premiare ovvero punire i singoli
comportamenti.
10. Difficoltà a comprendere le motivazioni per cui provvedimenti diversi siano stati adottati in
situazioni apparentemente simili.
Vanno sottolineate le perplessità ed anche il rifiuto dei minori rispetto al diverso approccio seguito
nel ridurre la durata del provvedimento cautelare applicato presso una CE.
146
III. Situazione attuale
Con la pubblicazione del decreto 102/2008 del 1 febbraio 2008 che ha definito la composizione
della rete nazionale di CE (Rede Nacional de Centros Educativos), sono state chiuse ufficialmente
le CE di Corpus Christi, S. José, S. Fiel, Dr. Alberto do Souto e Vila Fernando, che da tempo non
ospitavano più minori (soprattutto la prima, chiusa ormai da vari anni).
Pertanto, le CE attualmente in essere sono le seguenti:
1. Santo Antonio, Porto
2. Olivais, Coimbra
3. Mondego, Guarda
4. Navarro de Paiva, Lisbona
5. Bela Vista, Lisbona
6. P. Antonio Oliveira, Oeiras
Inoltre, il decreto di cui sopra prevede l'istituzione della CE di Santa Clara presso Vila do Conde,
Santo da Serra a Madeira, e della CE delle Azzorre, per adesso senza nome né sede, a quanto ci
risulta.
Tutte le CE sono pronte a funzionare secondo il regime di semi-libertà. Le CE di Santo Antonio,
Mondego e Olivais sono le uniche che non possono operare secondo tale regime, mentre tutte,
tranne quelle di Olivais e Bela Vista, possono accogliere minori in regime chiuso.
Quanto alla tipologia dei minori collocati presso tali CE, soltanto Navarro de Paiva è pronta ad
accogliere minori dei due sessi, mentre le altre possono accogliere solo soggetti di sesso
maschile. Non appena entreranno in funzione le CE di Santa Clara, Santo da Serra e delle
Azzorre, potranno accogliere minori di entrambi i sessi.
Guardando all'analisi della situazione esistente, si può affermare quanto segue:
- Soltanto la CE di Navarro de Paiva può accogliere minori di sesso femminile, per un totale di 12
minori complessivamente ospitati secondo i vari regimi;
- Si osserva una riduzione nel numero complessivo di posti disponibili, pari a 169;
- Questo calo consistente della disponibilità (ad esempio, nel febbraio 2007 erano 257 i minori
collocati presso CE, e nel maggio 2006 285) comporta un aumento nel numero dei minori in lista
d'attesa (a giugno 2008 erano 26 i minori in attesa di collocamento);
- Manca tuttora una CE sulla riva meridionale di Lisbona, né vi sono progetti in merito.
Occorre sottolineare che la riduzione dei posti disponibili è un dato negativo ed assolutamente
inaccettabile, data l'incoerente applicazione di un sistema che non è stato ancora testato e valutato
nonché alla luce dei prevedibili effetti devastanti sull'educazione dei "cittadini minorenni", che
hanno i diritti sanciti e proclamati nella normativa primaria e secondaria (di cui si parla sempre,
senza però mai metterli in pratica).
In realtà, non risultano frustrati soltanto gli obiettivi dell'intervento educativo, quali l'educazione ai
diritti del minore. Le misure adottate in tal senso mostrano che la gente ha la memoria corta e che
non si è tenuto conto delle esperienze recenti, le quali hanno indicato che molti minori oggetto di
collocamento in tali istituzioni devono attendere che si liberi un posto fin quando non raggiungono
la maggiore età, senza quindi avere messo in atto le misure in questione.
147
IV. Sintesi delle conclusioni
1) La composizione della Commissione di indagine sulle istituzioni educative prevista all'art. 209
della LTE, in vigore dal 1 gennaio 2001, è identica a quella fissata alla data della sua costituzione,
in base al decreto 2191/2005 del 31 gennaio 2005; tuttavia, la Commissione ha iniziato ad operare
soltanto nel mese di giugno 2006, a causa delle procedure connesse alla sua costituzione.
2) La CF ha approvato il proprio regolamento e definito prioritarie le visite presso le CE. Tuttavia,
delle 12 CE esistenti alla data di costituzione, soltanto 9 sono state visitate poiché le altre nel
frattempo sono state chiuse.
3) Durante l'attività svolta dalla CF, sono state rilevate alcune difficoltà, limitazioni e problematiche
connesse al funzionamento opportuno delle istituzioni in oggetto, che hanno per obiettivo garantire
lo sviluppo integrale del minore compresa specificamente "l'educazione ai diritti";
4) Le modifiche previste e attuate tramite il decreto 102/2008 del 1 febbraio 2008, che avrebbe
segnalato l'intenzione della politica di garantire che gli strumenti fossero più adeguati alle
specifiche necessità, ha giustificato il ritardo ovvero il rinvio dell'elaborazione di una relazione
contenente risposte derivanti dalle osservazioni compiute dai componenti la CF.
5) Benché gli elementi sinora raccolti ci facciano dubitare dell'efficacia e dell'efficienza
dell'attuazione del sistema, data l'assenza di strumenti adeguati e idonei a garantire un sistema
educativo coerente e coeso (soprattutto tenendo conto del calo nel numero di CE e
dell'allungamento della lista di attesa), la CF ha deciso di intraprendere una serie di visite fino al
termine del corrente anno per consentire di valutare il funzionamento delle CE in un'ottica globale
e integrata.
6) Pertanto, la presente relazione ha natura provvisoria, ed offre un elenco delle attività svolte e
delle osservazioni compiute.
7) È stata approvata la proposta di sottoporre una relazione più completa all'inizio del prossimo
anno. Nell'ambito di un contesto più stabile rispetto all'attività delle CE, tale relazione consentirà di
valutare quale sia l'attuazione della LTE da parte dello Stato e delle sue istituzioni e in che modo
siano realizzati i diritti dei minori responsabili di atti che configurano reati ai sensi del diritto penale
(motivo per cui vengono loro applicate misure rieducative).
RISULTATI DEL PROGETTO STOP-CAR
Come vengono segnalati i minori ad una CE?
1. Chi decide se e dove il minore deve essere segnalato? La decisione sull'applicazione di
specifiche misure è assunta dal Tribunale per la famiglia e i minori (Tribunal de Familia e
Menores). La Direzione Generale per la riabilitazione sociale (DGRS) decide sulla CE presso la
quale il minore deve essere collocato (la DGRS, inoltre, coordina l'attività delle CE).
2. Chi fornisce i documenti / gli elementi probatori? La polizia e le autorità giudiziarie sono
incaricate delle indagini.
3. Chi gestisce la difesa e la pubblica accusa? Tutti i minori sono assistiti da un legale.
4. Che tipo di sanzioni / misure possono essere applicate?
- Licenze... Frequenza scolastica esterna... Fine settimana... Tutto dipende dallo specifico
regime (LTE, art. 4 e segg.).
5. Quali diagnosi o accertamenti pregressi accompagnano la procedura se il minore viene
segnalato per il collocamento presso CE? Pressoché la totalità dei minori sono già oggetto di
148
interventi nell'ambito del programma di Promozione e Tutela (Promoçao e Protecçao) ovvero
nell'ambito delle misure tutelari rieducative presso il contesto di origine.
6. Come si procede per responsabilizzare genitori / parenti? Il responsabile del reato è il minore,
non i genitori. Pertanto, la responsabilizzazione riguarda soltanto gli atti compiuti in quanto genitori.
7. Altri aspetti / tematiche da segnalare.
Quando il minore arriva presso la CE...
8. Fin quando il minore può rimanere presso la CE? Fino al raggiungimento del 21mo anno di età,
purché il reato sia stato commesso prima dei 16 anni. La procedura è diversa a seconda della
tipologia di reato.
9. Come si svolge l'accoglienza del minore? Esattamente come in ogni altra istituzione minorile in
Europa, attraverso una procedura di accoglienza individuale e l'immediato inserimento nel gruppo.
10. Chi accompagna il minore presso la CE? Il responsabile del procedimento - un tutor
professionista con il contributo di tutti i soggetti che partecipano alle attività educative.
11. Chi si occupa del progetto di riabilitazione sociale? Il tutor professionista con la collaborazione
e la partecipazione delle équipes di riabilitazione sociale in loco.
12. Chi si occupa della valutazione dell'intera procedura? I giudici, attraverso periodiche relazioni.
13. Che tipo di misure possono essere adottate per valutare la riuscita del progetto? La riuscita del
progetto è monitorata attraverso le relazioni periodiche e le valutazioni compiute dai PEP.
14. Chi propone le misure correttive da applicare al progetto? Il direttore di ogni CE.
15. Chi decide sull'attenuazione del provvedimento giudiziario? Il direttore di ogni CE
Quali motivazioni possono giustificare tale attenuazione? Ovvero l'imposizione dei provvedimenti?
Il riesame del singolo provvedimento necessita in ogni caso di una giustificazione tecnica rispetto
al livello di attuazione, più o meno alto, da parte del PEP.
16. Chi decide sull'evoluzione del caso? (rilascio, continuazione, aggravamento...) - L'autorità
giudiziaria.
17. Chi si occupa delle attività presso la famiglia del minore? L'equipe della CE e le equipe di
riabilitazione sociale in loco oltre ad altri partner della rete.
18. Di quali risorse dispone la CE per operare correttamente rispetto al minore ed alla sua
famiglia? Le stesse di ogni altra istituzione minorile.
19. Chi misura il successo della procedura di intervento, e con quali modalità? Attraverso le
relazioni ed altri materiali di supporto, attraverso griglie di valutazione.
20. Altri aspetti da segnalare....
Dopo la permanenza presso una CE / Follow-up
21. Come sono organizzati i controlli sul sistema di integrazione, e chi ne è incaricato?
22. Quale rapporto sussiste fra i soggetti che partecipano alla procedura di riabilitazione sociale
del minore?
23. Quali sono i criteri e le metodologie applicate all'analisi di follow-up?
24. Altri aspetti da segnalare....
Al termine dell'esecuzione del provvedimento, l'intervento giudiziario non è giustificato. Ciascuna
CE continua a seguire i propri casi in modo informale, ed è la DGRS attualmente a farsi carico del
follow-up.
149
Dal progetto al processo: verso una possibile modellizzazione degli interventi
di Achille Tagliaferri
c
Alla ricerca dei temi generatori dell’agire sociale
E’ quasi paradossale che quando, ancora oggi, ci azzardiamo a tessere una
apologia dell’impegno umano, politico, professionale, etico, ecc., siamo quasi
costretti a ricorrere ancora ai grandi temi dell’etica classica: l’uomo, in quanto
dotato di logos, non può che essere anche “animale etico e politico” Il logos,
essendo comune, esige il perseguimento del bene comune; chi non partecipa
a questa opera, nella sua vita, è “uomo inutile” (Eraclito)
“In principio era il logos” (Eraclito)
l’irrompere
dell’altro nella
nostra avventura
umana
“In principio è la relazione” (Buber)
“Il legame viene prima, precede tutto, anche l’individuo, anche ogni libertà”
(Bateson)
Non è possibile fondare una ontologia della responsabilità: non sussiste da
sola, se non trova il suo fondamento in una ontologia della relazione, appunto
quel logos primordiale.
una sola teoria:
l’essere-inrelazione
Alla domanda “perché mai dovrei occuparmi degli altri, del mondo, della vita
mia e degli altri?” non posso rispondere “perché è giusto, perché è bene fare
il bene” ma “…perché sono un umano”
E’ la rel-azione (l’azione con, verso, per, contro, insieme) che fonda l’umanità
e com-promette ogni uomo.
Il legame originario ci rende responsabili prima di ogni atto di libertà;
responsabili perché in-relazione e responsabili della relazione, vicina o
lontana, prossima o remota, quotidiana o sporadica, intima o professionale.
La relazione è la prima forma di appartenenza identitaria, senza proprietà né
possesso.
La responsabilità (etica, sociale, politica, familiare, professionale) traduce, sul
piano etico, ciò che la relazione costituisce sul piano ontologico. (Buber,
Levinas, Ricoeur, Mounier, Heidegger)
Il principale tema generatore dell’agire sociale e “politico“ non è quindi una
generica assunzione di responsabilità attorno alle sorti del mondo, della
comunità, della vita civile, della “polis”, delle ragazze e dei ragazzi delle nostre
strade, dell’ingiustizia, ecc. ma l’essere-in-relazione: questo ci consente di non
parlare più di un’etica del dovere, ma bensì di un’etica della responsabilità,
che nasce dal legame, che è anteriore al dovere, al comando, all’obbedienza,
alla legge,al “dover fare”
essere
com-promessi
o non essere
151
I quattro tempi necessari per una fondazione della responsabilità,
partendo dalla relazionalità, sono quindi:
1. siamo responsabili perché il nostro unico modo di essere è
“essere-in-relazione”;
2. siamo responsabili della relazione e delle relazioni, di tutte;
3. siamo responsabili di tutto ciò che nella relazione ci attraversa;
4. siamo responsabili di tutto ciò senza averlo scelto; l’inizio ci
rende responsabili di tutto ciò che in esso accade, prima di noi e
senza di noi, prima della nostra stessa libertà
La relazione, infine, ogni relazione (d’amicizia, di sussidiarietà, di
conoscenza, d’amore, di intimità) è quindi laicamente gratuita: non
chiede e non può chiedere nulla, se non la speranza che giunga a
destinazione, che sia accolta.
152
Le due figure (il quadrato e l’esagono) traducono ed esplicitano ulteriormente
quanto detto:
il quadrato
della vita
l’essere
in-relazione
la fig.1 rappresenta il quadrato della vita; a ognuno appartiene l’amore, la
morte, il lavoro e il gioco, nel senso che nella vita di ognuno vi è l’esperienza
umana dell’amore, avuto e dato, del doloro-morte, del lavoro-impegno e del
gioco come sospensione della “seriosità” della vita
la fig.2 rappresenta il “destino” ma anche il fascino e lo stupore dell’umana
avventura: essere riconosciuti e accolti, vivere l’avventura della scopertaconoscenza, rifuggire superficialità e banalità per vivere intensamente e in
interiorità, vivere relazioni, assumere responsabilità e conferire un senso
“etico” alla vita.
Le due figure, seppur disgiunte, vanno così sovrapposte; sul canovaccio
generale della vita (il quadrato) ognuno è chiamato a tessere l’ordito della
153
propria vita (l’esagono)
154
d
Verso una possibile modellizzazione
costruire un modello : perché
E’ diffusa l’idea che l’agire sociale, e in particolare l’agire educativo, in tutte le sue forme e
accezioni, sia eminentemente un agire “per intuito”, frutto di esperienza, buon senso, aderenza al
contesto e finalizzato ad ottenere un comportamento sociale che consenta alla persona la piena
manifestazione delle proprie potenzialità e un positivo inserimento nella vita attiva (relazioni
personali e sociali, lavoro, autonomia, capacità di scelta, ecc.).
Pensare e proporre un modello significa però discostarsi dall’agire “per intuito”, che troppo spesso
è determinato da elementi di forte soggettività, per individuare quegli elementi comuni e ricorrenti
che hanno dato, nel tempo, buoni risultati e successo
Ipotizzare e costruire un modello negli interventi con minori soggetti a provvedimenti giudiziari
prefigura sostanzialmente lo stesso processo logico:
il minore
di cui assumere la storia e la
biografia, le aspettative e le
potenzialità
gli interventi
dalla presa in carico alla
motivazione, dall’attivazione
delle opportunità alla loro
fruibilità
campo di
interesse
della
modellizzazione
gli esiti
dall’autonomia
alla collocazione sociale
all’auto-realizzazione
155
proporre e condividere un modello
Il progetto Agis Stop Car si proponeva di individuare, costruire e diffondere un modello di
intervento a contrasto della recidiva dei minori soggetti a provvedimenti giudiziari e a restrizione.
I numerosi focus hanno consentito l’emersione di vari elementi , alcuni probabilistici altri
convintamene applicabili.
Un modello non può comunque essere costruito attraverso l’enunciazione di principi teorici o
comportamenti altamente auspicabili, ma bensì
con la precisa individuazione di quei principi, quei comportamenti, quelle prassi applicate e
consolidate nel tempo che, ad una attenta valutazione sono risultate “vincenti” nel contrasto della
recidiva
L’oggetto della proposta e della condivisione sono questi elementi comuni e comprovati, desunti
dall’esperienza applicata nel corso degli anni.
E’ opportuno riportare in questa sede, proprio per la ricchezza di pensiero ed elaborazione, alcuni
apporti emersi dai focus che, pur non configurandosi come modellizzazione, sono di aiuto alle
future riflessioni in merito.
Deficit degli interventi/problemi correlati alla devianza
ƒ
La comunità è una soluzione non adeguata (soprattutto per gli stranieri) perché è un
contenimento assistenziale o genera crisi di identità (i nomadi)
ƒ
Il lavoro psicologico sull’identità del ragazzo è più tarato sugli italiani
ƒ
Il mediatore viene usato in modo estemporaneo e necessita di maggiori competenze culturali
ƒ
Mancanza di risorse economiche sufficienti destinate agli interventi
ƒ
Carente lavoro di rete (manca la continuità della presa in carico con i servizi del territorio). “Il
caso è di chi lo ha davanti in quel momento” (cioè dell’operatore disponibile o motivato)
ƒ
Mancanza di prevenzione scolastica (i rom non frequentano assiduamente la scuola –
necessaria la presenza di un mediatore nella comunità - e non viene formulata una diagnosi
precoce dei disturbi di personalità)
ƒ
Sfiducia degli operatori verso i servizi sociali territoriali: “hanno realizzato istituzionalizzazioni
da evitare o non le hanno realizzate quando servivano”
ƒ
Troppo tempo perso dagli operatori a ricostruire le “notizie” sul ragazzo
ƒ
Troppo tempo perso dagli operatori a ricostruire le “notizie” sul ragazzo
ƒ
Mancanza di comunità per tossicodipendenti adolescenti
ƒ
Vuoto politico/legislativo rispetto alla situazione dei rom (e problemi con le questure)
ƒ
Mancanza di proposte da parte dei servizi sociali locali per i ragazzi dopo i 18 anni (ci sono
vuoti normativi)
156
ƒ
Insufficiente lavoro con le famiglie di origine (refrattarie le medio-alte)
ƒ
Pochi educatori di strada (“i servizi devono andare dai ragazzi”)
ƒ
Gli schemi di messa alla prova della magistratura sono rigidi e non adatti a tutti i minori
(esempio riuscito di una messa alla prova “anomala”, perchè finalizzata al perseguimento di
obiettivi quotidiani minimi)
ƒ
Servizi del territorio con competenze confuse e sovrapposizioni di interventi
ƒ
Discordanza fra i tempi della giustizia e quelli dei servizi minorili (necessario abbreviare i
percorsi penali, che altrimenti inducono a strutturare un vissuto di impunibilità)
ƒ
Senso di impotenza e scarsa efficacia degli operatori dei servizi di giustizia
ƒ
I corsi professionali all’interno degli IPM non hanno una ricaduta lavorativa all’esterno
ƒ
Abusi fisici dei poliziotti ai danni dei ragazzi
ƒ
Interventi fatti senza programmazione, “solo perché ci sono i soldi”
ƒ
Mancanza di operazioni di mediazione culturale fra la cultura del ragazzo e quella
dell’operatore (la cultura e i valori che questi propone al ragazzo lo possono spaventare). Di
contro, c’è la necessità dell’operatore di “mettere dei paletti” ed essere coerente con le proprie
convinzioni e valori
ƒ
Necessità del contenimento della galera (“la condanna”), ma per errore spesso il ragazzo è
fatto uscire (“la messa alla prova”) e questa risposta finisce per diventare collusiva con il suo
copione delinquenziale. La messa alla prova a volte è concessa per colmare precedenti lacune
di altri servizi, per “mettersi la coscienza a posto”
Le soluzioni/gli interventi che “funzionano”
ƒ
La messa alla prova con la compartecipazione di spesa dell’Ente locale
ƒ
Coinvolgimento degli operatori sui risultati delle ricerche/degli studi realizzati
ƒ
Apertura del fascicolo civile (è un gesto significativo, anche se raro e dotato di pochi strumenti)
ƒ
Abbassare la dinamiche proiettive dell’operatore, vedere il ragazzo “qui e ora”, capire che non
potrà mai essere come l’operatore desidera
ƒ
Non vedere i ragazzi come “predestinati” alla delinquenza, ma come soggetti in evoluzione con
propri progetti di vita (restituire loro uno specchio adeguato di se’), altrimenti si verifica “la
profezia che si auto avvera”
ƒ
Prevedere occasioni di formazione congiunta degli operatori con i poliziotti
ƒ
Diffondere la cultura della valutazione degli interventi .
157
cosa è un
modello ?
“. . . viene definito
modello di intervento,
che potrà configurarsi come “buona prassi”
ogni iniziativa di successo
nei servizi sociali pubblici e/o privati
volta a migliorare
contestualmente
l’efficienza – ovvero l’economicità e l’efficacia – ovvero il raggiungimento dell’esito o
degli esiti
(finalità e obiettivi)
auspicati, dichiarati e desiderati, l’accessibilità, la
fruibilità e l’adeguatezza – dei servizi, delle relazioni
e delle strutture sociali,
promosse e/o gestite
da Istituzioni Pubbliche preposte,
da amministratori, organizzazioni,
enti, professionisti
o cittadini singoli o associati “
158
cinque requisiti
per una modellizzazione efficace
la misurabilità, ovvero la possibilità di quantificare
l’impatto dell’iniziativa (qualità/quantità) sia verso i
beneficiari primari che verso il “sistema” sociale e
la committenza
la innovatività, ovvero la capacità di produrre
soluzioni nuove e creative, quindi non già
sperimentate e ovvie, per le situazioni che si
vogliono affrontare e portare a soluzione
la riproducibilità, ovvero la possibilità di
applicazione in luoghi e situazioni diverse con alta
probabilità di buona riuscita
il valore aggiunto, cioè l’impatto positivo e
tangibile che produce, oltre alla piena riuscita
dell’azione, (per es. sulla comunità, sulla cultura
diffusa, sui diritti e partecipazione dei cittadini,
sull’organizzazione/servizio, sul “clima”, ecc)
la sostenibilità, cioè l’attitudine a fondarsi sulle
risorse esistenti unita alla capacità di generarne
delle nuove (un intervento/progetto che “chiude”
solo perché è finito, non è stato un buon progetto)
159
e
Le scale evolutive tendenziali
modellizzazione
perché la scelta di un metodo
si propone una modellizzazione degli interventi assumendo il metodo delle scale evolutive
tendenziali
Perché questo metodo e non altri?
1. perché non fornisce, in modo prescrittivo e rigido, una serie di indicazioni da
applicare per una possibile buona riuscita degli interventi;
2. perché propone una scala fatta di “salti di qualità”, da un livello minimamente
richiesto (che corrisponde ad un insieme di azioni, comportamenti, atteggiamenti,
pratiche e stili educativi) ad uno ottimale e auspicabile cui tendere;
3. perché ogni livello della scala consente di monitorare gli avanzamenti compiuti o da
compiere, ma anche le tappe precedenti, cioè le difficoltà incontrate e le azioni
messe in atto per il loro superamento;
4. perché ogni livello della scala può contenere, al contempo, sia elementi di fragilità
precedenti sia tratti e comportamenti migliorativi successivi;
5. perché è sempre e comunque insito nelle scale una concezione evolutiva e di
sviluppo sia della persona, di tutti gli attori coinvolti (educatori, minori, personale,
dirigenti responsabili), sia della organizzazione nel suo complesso;
6. perché, a fronte di un livello in cui si pensa di essere collocati, è possibile
individuare, nel dettaglio, le azioni o le iniziative concrete che consentano il “salto di
qualità” successivo;
7. perché una scala evolutiva è, per sua natura, tendenziale, indica cioè la naturale
tendenza di un processo complessivo di sviluppo e crescita;
8. perché tale metodo possiede una vasta gamma di applicabilità e fruibilità: nel
campo della formazione, in contesti educativi, nei gruppi e nelle formazioni sociali,
nelle organizzazione complesse, ecc.;
9. le scale sono pragmatiche: derivano dall’osservazione degli stadi già attraversati da
molti sistemi sociali dello stesso tipo, e sono confermati da ciò che tuttora sta
succedendo in altri sistemi analoghi. Le scale sono tendenziali: una certa previsione
160
di evoluzione non è mai sicura, ma è probabilistica, nel senso che altri sistemi
hanno preso quella direzione e tale direzione di sviluppo-crescita-scala è spiegabile
con il fatto che ad ogni gradino crescono le possibilità, rimanendo però pressoché
invariate anche le precedenti;
10. crescita e “salti di qualità” : tale evoluzione va nella direzione della crescita. Gli
scalini evidenziano il salto di qualità e non quindi una linea progressiva che sale
gradualmente. Ad ogni stadio-gradino la persona o l’organizzazione ha più
possibilità che non nel precedente stadio, pur mantenendo inalterate quasi tutte le
possibilità dello stadio precedente;
11. le scale evolutive tendenziali costituiscono nel contempo, un modello
rappresentativo e uno strumento operativo; modello rappresentativo in quanto
rappresentano, a livello schematico e sintetico, un fenomeno evolutivo e di sviluppo
ben identificabile (stadi, gradini, salto di qualità, ecc.); strumento operativo in
quanto ha un alto livello di applicabilità.
161
modellizzazione
come usare il metodo
9
9
il metodo “scale evolutive tendenziali” per la modellizzazione non va assunto
come un protocollo terapeutico, adottato in campo medico-sanitario, (malattia diagnosi – terapia – prognosi – guarigione) che, per sua natura, è sperimentato
e standardizzato nei minimi dettagli;
le scale evolutive tendenziali su cui lavorare possono essere molteplici e
costruite/concordate da una determinata comunità di pratica che intenda
applicare e sperimentare un modello;
9
) per individui o gruppi-target (per l’organizzazione nel suo complesso, per i soli
9
) per singoli e specifici processi evolutivi
operatori impegnati, per tutto il personale coinvolto, per il singolo minore, per un
determinato gruppo di minori che condividono con una certa stabilità un tempospazio);
(la motivazione sul lavoro, la
componente educativa – stili e pratiche educative, la prima accoglienza, la presa
in carico, il patto educativo-formativo, il progetto di vita del minore, il
reinserimento, ecc.) ma le scale evolutive tendenziali.
Nello specifico si propone di assumere tre scale evolutive che rappresentano il
percorso:
c accoglienza del minore al suo ingresso in carcere, d
accompagnamento nel progetto di vita del minore; e reinserimento nel contesto
familiare, comunitario, sociale.
Per ognuna di queste scale si individua il livello esistente in cui si ritiene di potersi
collocare (1) descrivendone i tratti caratteristici e indicando i livelli successivi (2) (3)
(4) cui tendere realisticamente e con alta sostenibilità. Per ogni livello della scala va
indicato il “salto” o i “salti” di qualità che si intende adottare (per es. un colloquio
settimanale con lo psicologo, due incontri settimanali di gruppo per programmare e
verificare l’andamento del gruppo e dei singoli, la proposta e partecipazione ad
attività culturali-ricreative-formative, la presenza di figure quali il mediatore culturale o
l’animatore, ecc.).
Successivamente all’adozione delle prime tre scale, si può procedere all’estensione
ad altre scale evolutive, in particolare quella relativa ª alla cura organizzativa e della
risorsa umana, che consente di monitorare “la cura di chi presta cura” .
162
MODELLI di SCALE
c
ACCOGLIENZA e PRESA IN CARICO
d
ACCOMPAGNAMENTO e PROGETTO DI VITA
e
REINSERIMENTO SOCIALE
f
MOTIVAZIONE sul LAVORO
g
COMPONENTE EDUCATIVA dell’ADULTO nei CONFRONTI dei MINORI
h
MINORE SOGGETTO A PROVVEDIMENTI RESTRITTIVI
163
Il metodo delle scale evolutive tendenziali colloca al primo livello
della scala (1) l’assoluta non proponibilità (mera esecutività)
al secondo (2) pone un iniziale tendenza e avvio verso la qualità
al terzo (3) livello una fase sperimentata e sperimentale di
modellizzazione
al quarto livello (4) una modellizzazione pressoché compiuta e
proponibile come tale
Si può quindi parlare di modellizzazione se si può collocare
l’intervento nel terzo o nel quarto livello
SPERIMENTAZIONE
E
PROPONIBILITA’
DI UN MODELLO
Uscita dalla
prescrittività
verso la qualità
NON
proponibilità:
mera
proceduralità
164
ACCOGLIENZA e PRESA in CARICO
1. (oltre a vari punti del livello 3) …
2. si costruisce e si concorda un patto educativo
non rigido ma flessibile;
3. pur senza cedimenti seduttivi, le figure educative
sono e si dichiarano dalla sua parte;
4. un “lavoro di cura” con il singolo ma anche con il
micro-gruppo, pur nella sua fragilità e mutabilità;
5. meccanismo del rinforzo individuale e collettivo
1. (oltre ai primi quattro punti del livello 2 )…;
2. raccolta anamnestica della biografia personale, aiutando il minore
a “leggere” l’accadimento pena/carcere;
3. viene affiancato da figure di adulti stabili e riconosciute che
costituiscano riferimento e orientamento nella prima fase;
4. gli vengono proposte attività plurime che gli serviranno per un
autorientamento in una seconda fase (laboratori, lingua,
studio,ecc);
5. dal gruppo-problema-contenimento al gruppo-risorsa
1. il minore, al suo ingresso in carcere, è “accolto” da alcune figure
professionali (direttore, educatore, psicologo, ecc.);
2. viene accompagnato negli spazi personali e collettivi e gli vengono
illustrate le regole vigenti e le sue figure di riferimento;
3. l’eventuale mediatore culturale lo aiuta a collocarsi in una cultura
(quella del paese ma anche quella del carcere) che gli è estranea;
4. viene presentato e accolto dal gruppo cui il minore apparterrà;
5. incontri personali con le figure “di cura”
1. il minore è “tradotto in carcere” dalla polizia e “consegnato” all’Istituzione;
2. vengono impartite al minore le regole vigenti nel carcere;
3. se si tratta di un caso di recidiva si fa maggiormente leva sul carattere punitivo;
4. gli vengono assegnati gli spazi personali e si porta a conoscenza degli spazi
collettivi, la loro fruibilità, gli orari vigenti, ecc.;
5. l’eventuale presenza di una figura di mediatore culturale (per gli stranieri) è
utilizzata esclusivamente come traduttore;
6. il fascicolo personale viene compilato con modalità assemblative e non attraverso
un lavoro di équipe interdisciplinare;
7. nessun lavoro viene svolto con e sul gruppo in cui il minore è inserito
165
ACCOMPAGNAMENTO e
PROGETTO DI VITA
1. il periodo di carcerazione è una condizione per ri-progettare
la propria vita (progetto di vita);
2. settimanalmente (e comunque ogni volta che ne ha
bisogno) il ragazzo fruisce di un servizio di sostegno;
3. le attività sono scelte come prova e “tenuta” e facilitanti il
proprio reinserimento;
4. gli EE.LL. competenti contribuiscono in varie forme al
reinserimento del ragazzo;
5. è curata l’appartenenza (famiglia o altro) del ragazzo in
uscita (sostegno economico, studio, lavoro legami, ecc)
1. con ricorrenza settimanale si verifica ciò che accade; un
facilitatore aiuta il lavoro di questa comunità di pratica;
2. si attua un lavoro con l’esterno, con il contesto in cui il ragazzo si
collocherà (scuola, lavoro, famiglia, appartenenza);
3. ove esiste, si tengono rapporti con la famiglia di origine, sia
curando e sostenendo la genitorialità, sia coinvolgendola nella
realizzazione del progetto del ragazzo;
4. il ragazzo è affiancato sia nel sostegno nella fase di transito sia
nella individuazione del proprio progetto di vita.
1. per ogni ragazzo esiste un progetto individualizzato, costruito da un
gruppo di operatori/educatori;
2. il carcere è però luogo totalmente altro dall’esterno; non esiste la cura
di un possibile reinserimento sociale (relazioni con servizi, comunità);
3. principale criterio di valutazione è il “comportamento” del ragazzo, la
sua osservanza (anche formale) delle regole di vita imposte
1. al minore si chiede la stretta osservanza delle regole nell’illusione che ciò sia
educativo per la sua futura vita;
2. ottica del controllo e della prescrittività; la centralità è l’istituzione,
l’organizzazione e non il ragazzo;
3. il ragazzo si adegua alle proposte-offerte, non gli vengono concessi spazi di
autodecisione o di scelta;
4. il presente è letto unicamente come una punizione necessaria, non è coinvolto
nella costruzione di un possibile futuro;
5. occasionalità e non intenzionalità (sia per le figure educative che per i ragazzi)
166
REINSERIMENTO
1. il reinserimento è una transizione della vita, in cui il
ragazzo sa di avere gli strumenti per farvi fronte;
2. senso di appartenenza, relazioni sociali, accesso al
lavoro o forme varie di accompagnamento sono
certezze per il ragazzo;
3. esistono precisi punti di riferimento cui il ragazzo può
rivolgersi (servizi sociali, servizi di cittadinanza,
prossimità, spazi di socialità, ecc.)
1. il ragazzo è stato aiutato a costruire un proprio orizzonte di vita e
la fase del reinserimento rappresenta la prima prova, ma sa e
percepisce che ha ancora altre figure di riferimento significative;
2. la Comunità, principalmente nelle sue Istituzioni, favorisce il
ragazzo, attraverso misure appropriate di sostegno economico e
progettuale;
3. la fragile autonomia è comunque riconosciuta come conquista e
viene favorita nel suo rafforzamento in un contesto esteso e
contraddittorio
1. il reinserimento è un progetto cui si è lavorato anche durante la
permanenza in carcere. . .;
2. . . . quasi esclusivamente con il ragazzo, attraverso il sostegno educativo,
psicologico e facendo leva sul desiderio di una vita diversa;
3. non si sono però attivate in modo diretto e individualizzato le risorse
esterne, ritenendo che queste fossero comunque già acquisite;
1. il reinserimento è concepito unicamente come la fase del post-reclusione, una fase
in cui il ragazzo deve dimostrare di essere cambiato (ma per quale motivo si
dovrebbe cambiare se le alternative sono la solitudine e l’emarginazione?);
2. il ragazzo viene “segnalato” genericamente ai servizi sociali territoriali e
“riconsegnato” alla famiglia o al gruppo di appartenenza;
3. non si attiva la rete formale e informale (rete familiare, amicale, gruppi o centri di
interesse, mediatori culturali, agenzie di ricerca-collocazione al lavoro, ecc.)
167
MOTIVAZIONE sul LAVORO
VITALITA’ :
i valori e le aspirazioni della vita
manifesti anche nel lavoro.
Vivere e manifestare benessere vitale anche sul lavoro;
motivazioni che tendono a coincidere con quelle umane, quindi
non solo produttive-generative, ma anche del pensare, del
sentirsi e del sentire in comune, del comunicare, del produrre
pensiero positivo, fiducia nel futuro, passione per l’umano e
capacità di prefigurare cambiamento. Tra mondo del lavoro e
vita “privata” (interessi, affetti, ecc) vi è separazione ma non
scissione o antagonismo
GENERATIVITA’ :
creare risultati per sentirsi utili e generativi
Motivazione non solo a crescere ma anche a “generare” crescita;
capacità ed entusiasmo ad innovare, sia in campo umano che
professionale; piacere nell’essere generativi di risultati e successi in sé e
negli altri; ampliamento continuo di possibilità, scelte, responsabilità,
empowerment. Avvertire il compito etico di essere al modo per renderlo
migliore, sia attraverso la propria vita personale sia attraverso l’impegno
professionale
AUTOREALIZZAZIONE :
esprimere se stessi nel lavoro
La motivazione emergente è intrinseca (provare piacere in quel tipo di attività) ed
espressiva (esprimere come si è); l’uomo giusto al posto giusto, sentirsi se stessi,
sentire che, con il proprio lavoro, si costruisce e si rafforza quella identità sociale
e di appartenenza richiesta ad ogni individuo: l’autonomia e l’autorealizzazione
NECESSITA’ :
lavorare come attività strumentale per bisogni d’altro tipo
La motivazione al lavoro è primariamente coincidente con la motivazione alla retribuzione
ed ai vantaggi ottenuti in cambio del lavoro (visibilità, status, riconoscimento, carriera, beni
di consumo o varie forme di benessere da vivere e manifestare.) ; il lavoro necessario in
quanto strumentale ad altro, come il soddisfacimento di bisogni primari e secondari
168
COMPONENTE EDUCATIVA dell’ADULTO
nei CONFRONTI dei MINORI
EMPATIA - FARSI CARICO - PRENDERSI CURA :
mettere in gioco professionalità e umanità
stabilire relazioni di senso che aumentino la fiducia
Il lavoro educativo e sociale, specie con le persone in particolari
difficoltà di crescita, chiede che ci si “com-prometta”, cioè che “ci si
prometta con l’altro” in un patto di reciprocità. Spetta all’adulto la
prima promessa, non al ragazzo. Da questo atteggiamento può
nascere la fiducia e l’affidamento, l’alleanza per la costruzione del
futuro ( orientamento - progetto di vita – ricerca – sostegno e
rafforzamento nell’autonomia – rafforzamento dell’identità)
ASSERTIVITA’ EDUCATIVA :
convincere e motivare a comportamenti accettabili
Professionalità e capacità relazionali sono finalizzate a motivare,
sostenere, accompagnare il processo di crescita del minore.
Il comportamento assertivo sa accogliere e ascoltare l’altro, senza
giudicare, rifiutare o condannare ma per “com-prendere”, cioè per
prendere dentro di sé le ragioni e le fatiche dell’altro, senza prestarsi alla
giustificazione ma, con l’autorevolezza del’adulto, per accompagnare e
condurre in un cammino di ricerca e scoperta
PRESTAZIONE :
lavorare seguendo l’ottica dei compiti
E’ quell’approccio meramente “prestazionale”, formalmente ineccepibile nella
forma (rispetto di regole e orari, di compiti e mansioni,) ma che non mette in gioco
la “persona che incontra altre persone” Il ragazzo appare un “cliente-utente” cui si
devono dare, per mandato, servizi vari. Spesso ci si nasconde dietro l’alibi deresponsabilizzante del “così fan tutti” o del “chi me lo fa fare tanto io non ne ricevo
nulla in più”
ASSUEFAZIONE:
la centratura non è il lavoro ma la difesa personale
La biografia professionale e personale ha condotto o “trascinato” in quel contesto di
lavoro, accettato solo perché non vi è altro. Emerge qui una forte componente di
anaffettività professionale e relazionale. Ci si adatta, cercando sempre di sottrarsi a ciò
che può esporre o a ciò che richiede un coinvolgimento e una appartenenza. Si
“appartiene” senza “fare parte” e senza “prendere parte”
169
MINORE SOGGETTO A PROVVEDIMENTI
RESTRITTIVI
RICERCA e PROGETTO :
proposito, desiderio e impegno ad un cambiamento che
investa il futuro
L’evento reclusione è effettivamente “accaduto” come episodico,
dovuto ad un momento di fragilità, per emulazione, nel tentativo di
appartenere al gruppo, o come ostilità dimostrativa verso adulti
inadeguati e non attenti.
Anche qui il lavoro interno-esterno è indispensabile (figure adulte
che saranno accanto al minore, prossimità dei servizi, possibilità di
sperimentarsi in contesti e appartenenza di gruppo, costruzione di
autonomia graduali e possibili)
RIFLESSIVITA’ ORIENTATIVA :
iniziale confusione che lascia spazio alla riflessione
L’esperienza, da una parte, di privazione, di distacco, di disapprovazione
sociale, e dall’altra l’offerta di possibili alternative, di sostegno da parte di
figure positive e propositive, generano una riflessività critica e il tentativo
iniziale di elaborare un proprio personale progetto di vita di integrazione
e inclusione sociale.
Sono qui determinanti sia le figure adulte e “quotidiane” sia la fase di
uscita e re-ingresso nella comunità di appartenenza.(servizi sociali
territoriali, ecc)
ADEGUAMENTO PASSIVO :
conviene adeguarsi e “far finta” di voler cambiare per poter ottenere i
vantaggi migliori
Rappresenta, forse, un consistente numero di minori reclusi. Il carcere è il luogo
“obbligato” per aver sbagliato, ma non è il luogo per cambiare. E’ troppo fittizio; e
allora conviene costruire un adattamento funzionale al meglio possibile. La sua
limitatezza nel tempo lo rende sopportabile
OPPOSIZIONE – SFIDA – OSTILITA’ :
la fase di “costrizione” è percepita come sbaglio o incidente sulla strada del
divenire più forti, più furbi, più attrezzati
Questi tratti sono caratteristici, almeno nella fase conclamata, di una parte esigua della
popolazione giovanile soggetta a provvedimenti giudiziari. Rabbia e aggressività sono i
sentimenti prevalenti. Sono i minori che non hanno vissuto e percepito calore a affetti
ma prevalentemente modelli autoritari e violenti
170
f
La comunità di pratica
“Ogni organizzazione è una costellazione di comunità di pratica”
Con questa idea e questa affermazione Etienne Wenger getta le fondamenta del pensiero
che le organizzazione dovranno adottare per sopravvivere e svilupparsi lungo il XXI
secolo.
Comunità di pratica presenta una teoria dell’apprendimento organizzativo, che vede il
coinvolgimento nella pratica sociale delle organizzazione di appartenenza, dalle più
semplici alle più complesse, come il processo fondamentale attraverso cui impariamo a
lavorare meglio, a perseguire gli obiettivi possibili, a valutare le azioni e gli esiti e, proprio
in virtù di tutto ciò, diventiamo quelli che siamo.
L’unità primaria di analisi non è né l’individuo né l’organizzazione o l’istituzione sociale, ma
quella “comunità operativa” formata da persone che svolgono delle attività in comune,
finalizzate al raggiungimento di un obiettivo, o di un ideale.
possiamo quindi definire
Comunità di pratica :
ogni comunità operativa di persone
che si ritrovano per svolgere un lavoro,
episodico o continuativo nel tempo,
a perseguire un obiettivo o un ideale,
in organizzazioni semplici o complesse,
in Istituzioni pubbliche o private,
sia a prevalente carattere sociale
che a carattere aziendale,
impegnate nella produzione di beni e/o servizi
La Comunità di pratica non è solo un metodo, una geniale trovata, una esperienza: essa
ha un forte ancoraggio teorico d epistemologico di riferimento che fanno da consenso
intellettuale e scientifico.
E’ interessante notare un aspetto: chi “lavora” è sempre portatore di un grande immenso
sapere, capace di risolvere i problemi che gli si pongono davanti; è, questo, un sapere che
quasi mai nessuno valorizza; si inviano flotte di lavoratori (soprattutto nel campo del lavoro
sociale) a frequentare corsi di aggiornamento o riqualificazione, senza attingere mai ai
171
saperi di cui sono portatori gli individui; questo è anche un punto di equilibrio tra saperi
teorici, saperi tecnici e saperi pratici.
Si tratta, in pratica, di porre cura ai processi connessi all’organizzazione operativa di
contesti e pratiche di azione riflessiva per apprendere dalla propria esperienza e da quella
altrui, in una prospettiva trasformativa.
E’ utile proporre alcune sintesi sinottiche (tav. 1 e tav. 2) che evidenziano altrettanti
percorsi euristici da sperimentare e coltivare, sia nella direzione di individuare, riconoscere
e descrivere esperienze di comunità di pratica, sia in funzione dell’attivazione di processi
legati al conoscere, apprendere, trasformare, e agire nelle organizzazioni.
Le indicazioni proposte nelle caselle della matrice (tav. 1) diventano altrettante mappe di
ricognizione che possono dare maggiore consistenza tipologica e migliore finezza
descrittiva e interpretativa ai tre campi di competenze che definiscono la partecipazione ad
una Comunità di Pratica: l’impresa comune, l’impegno reciproco, un repertorio condiviso.
Di notevole interesse, infine, gli aspetti connessi con il ciclo di vita di una Comunità di
pratica (tav. 2) ed ai passaggi che caratterizzano le transazioni di confine e le
mediazioni/intermediazioni (queste si riferiscono in particolare sulle ricerche di Lipari,
2004, sull’approccio comunità di pratica nell’ambito della Pubblica Amministrazione
Va ribadito che al termine “c o m u n i t à“ non va attribuita la connotazione romantica
dell’essere o dello stare insieme in armonia, ma si parla di comunità di pratica quando si
parla di individui che condividono una pratica.
Dobbiamo presumere che non tanto l’armonia quanto l’intesa costituisca il fondamento di
una comunità. (impresa comune – impegno reciproco – repertorio comune)
E allora come realizzare comunità di pratica nei contesti lavorativi, soprattutto in quelle a
forse densità problematica, come il lavoro sociale con soggetti portatori di biografie di
sofferenza e fallimento?
1. il primo passo è conoscere e proporre
2. preparare, individualmente e collettivamente, il lavoro, (trovando spazi e tempi,
concedendosi tregue liberatorie rispetto alle emergenzialità)
3. circoscrivere e definire la comunità; (non tutto e non tutti devono appartenere ad
una comunità di pratica)
4. avviare, sotto conduzione di un “esterno” il lavoro
172
173
174
g
Riferimenti bibliografici
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175
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176
IL MODELLO DI VALUTAZIONE DEL PROGETTO STOP-CAR
di Livio Lai
1. I RIFERIMENTI TEORICI DEL MODELLO DI VALUTAZIONE
Prima di illustrare il modello di valutazione, é necessario esplicitare le scelte di valore e
metodologiche presupposte, su cui si fonda la scelta degli elementi che caratterizzano il modello
stesso. È inoltre indispensabile dare una connotazione comune al linguaggio al fine di facilitare la
comprensione della presente proposta.
1.1 La valutazione
Una definizione di Valutazione è proposta da F. Bertoldi: “Valutare non significa solo accertare, ma
soprattutto conoscere; conoscere un’esperienza, una situazione, un processo; la valutazione è
sostanzialmente un’ipotesi di intervento per migliorare le cose. Occorre essere consapevoli che
non vi può essere in essa la certezza della sicurezza metodologica; la valutazione non produce
certezze, formula solo ipotesi e congetture per rivestirle di senso” (Bertoldi, 1999, 34).
In termini generali, la valutazione può essere definita come “un atto (che implica nei casi di
maggior complessità, raccolta di informazioni, analisi e riflessione) tendente alla formulazione di
giudizi di valore su un oggetto, su una situazione, su un evento” (Lipari, 1995, 111).
La valutazione, seguendo l’approccio utilizzato in questo Progetto, assolve numerose funzioni:
9
controllo, quando confronta il dichiarato con il realizzato
9
ricerca di valore, quando interpreta eventi adottando criteri
9
ricerca di senso, quando definisce cornici di riferimento per le decisioni
9
comunicazione, quando fornisce il linguaggio agli attori implicati nel progetto per
discriminare ciò che vale e ciò che non vale
9
miglioramento, quando contribuisce ad individuare i punti di debolezza e la ricerca di
soluzioni migliorative
L’attività valutativa quindi, tenendo conto dei vari elementi costitutivi di un Progetto, mira a
verificare:
a
il raggiungimento degli obiettivi prefissati all’inizio dell’intervento
b
il miglioramento complessivo dei comportamenti, in termini di apprendimento di
nuove conoscenze e competenze
c
la possibilità di utilizzare le informazioni raccolte per migliorare le attività in corso e
per la progettazione di nuovi e più efficaci interventi.
1.2 La Qualità
Il concetto di Qualità ha subito una evoluzione dalla sua dimensione originaria, strettamente
industriale, in cui veniva inteso come “rispetto delle specifiche” (cioè rispondenza di un particolare
prodotto o servizio alle condizioni ed ai requisiti previsti dal progettista e alle norme previste
dall’Organizzazione), passando dall’ambito proprio del prodotto/servizio a quello più esteso
dell’Organizzazione fornitrice del prodotto/servizio.
Si è arrivati, quindi, a concepire la Qualità come la capacità di soddisfare le aspettative ed i
bisogni, dichiarati o impliciti, del mercato e del cliente per la rispondenza all’uso dei prodotti o
per l’efficienza dei servizi intesi nella loro accezione più ampia; di conseguenza sono state
coinvolte tutte le funzioni aziendali legate al ciclo produttivo o contrattuale (compreso il cliente
177
esterno od interno all’Azienda), in quanto tutte le funzioni concorrono alla costruzione della Qualità
finale del prodotto/servizio, perseguendo l’obiettivo del miglioramento continuo dell’intero processo
(Qualità Totale).
La Qualità diventa, quindi, “il motore del miglioramento organizzativo” (Mattana).
Alcune fra le principali caratteristiche della Qualità Totale sono:
l’orientamento al cliente, che si traduce nella capacità di soddisfare pienamente
le aspettative dei clienti; il cliente è inteso anche come ente a valle entro la
stessa Organizzazione.
il coinvolgimento totale: si propone di coinvolgere nel miglioramento tutta la
struttura aziendale, a partire dalla Direzione fino al personale operativo;
fondamentale, quindi, il ruolo trainante del management aziendale verso la
Qualità;
la misurazione sistematica: tutto ciò che non può essere misurato non può
essere migliorato ciò si traduce in un addestramento diffuso alle tecniche
statistiche di Qualità;
il miglioramento continuo, o Kaizen, cioè il continuo e sistemico sforzo teso a
migliorare i risultati di un’attività organizzativa, traducibile anche in programmi
annuali di miglioramento della Qualità.
Il termine “cliente” è legato, quindi, alla diffusione dell'approccio “Qualità” nelle organizzazioni che
operano soprattutto nel settore del terziario.
In particolare, nell’ambito dei Servizi Formativi, l’approccio della Total Quality Management
arricchisce il concetto di cliente attribuendogli nuovi significati e riconsidera il servizio formativo in
una visione antropomorfica della formazione, cioè fortemente centrata sulla persona.
In questa prospettiva, il cliente recupera la sua connotazione umana e diviene soggetto
attivo, che :
x
esprime attese da soddisfare (quindi sollecita la creazione di determinati servizi e la
loro personalizzazione);
x
interviene nelle trasformazioni e interazioni (in quanto co-produttore del processo
formativo);
x
è corresponsabile del servizio (perché è in grado di influire sui risultati dei processi
attivati);
x
stabilisce rapporti paritetici (perché legittima il servizio);
x
legittima la Qualità del servizio ricevuto (attraverso una valutazione più o meno
espressa e consapevole);
x
è portatore di istanze in quanto persona.
In conclusione, la nozione di cliente non può essere utilizzata nel sistema formativo senza
un’adeguata interpretazione. È anche vero, tuttavia, che la formazione può risultare positivamente
contaminata da questo concetto, in particolare per quanto riguarda le nozioni di orientamento al
cliente esterno ed interno e sistema attori.
L’azione formativa non è, infatti, finalizzata a soddisfare un unico cliente, quanto piuttosto un
sistema di clienti, il quale che comprende sia quelli esterni (clienti finali, intermedi e i committenti)
sia quelli interni (le risorse umane impiegate nel progetto.)
178
2. VALUTAZIONE DELLE ATTIVITA’ NAZIONALI
2.1 Gli oggetti di valutazione
Sulla base dell'analisi del progetto approvato, si propone di prendere come oggetti dell’attività di
valutazione i Processi (partecipazione, cooperazione, risorse, organizzazione …) ed i Risultati
(acquisizione/accrescimento conoscenze, elaborazione nuovi strumenti, nuove metodologie …)
relativi a:
gli incontri del Coordinamento Nazionale;
i focus group realizzati a livello nazionale14;
le interviste in profondità ad interlocutori privilegiati;
i prodotti realizzati.
2.2 I parametri e gli indicatori
Vengono considerati tre parametri:
Conformità
coincidenza sostanziale tra le aspettative espresse dal cliente e/o le specifiche
convenute e i risultati conseguiti dalle azioni attraverso le fasi, le iniziative, le
scelte. Da questo punto di vista, la conformità include anche il concetto di
efficacia, cioè di capacità di produrre risultati conformi agli obiettivi stabiliti
Efficienza
capacità delle azioni di ottimizzare l’impegno delle risorse umane e l’utilizzo dei
materiali disponibili;
capacità delle azioni di produrre scelte (gestionali, organizzative, progettuali…)
coerenti con gli obiettivi prestabiliti e alle risorse umane, tecnologiche, temporali
disponibili.
Efficacia d’impatto
misurazione della capacità dell’Azione di produrre degli effetti sulle attività
progettuali nazionali.
Fra gli indicatori possiamo evidenziare:
Elementi della qualità erogata
Gli indicatori utilizzati nel progetto di valutazione delle attività nazionali sono:
indicatori di partecipazione
indicatori di conformità alle specifiche del progetto
Nello specifico delle singole attività:
Incontri del Gruppo di Coordinamento: numero incontri, numero partecipanti,
durata;
Focus Group: numero di focus, numero partecipanti, durata;
14
L’analisi dei focus Group realizzati dai partner stranieri rientra fra le attività di valutazione transnazionale, descritte
nello specifico progetto di valutazione.
179
Interviste: numero di interviste, numero di partecipanti, durata;
Prodotti realizzati: tipologia e numero prodotti previsti
Elementi della qualità percepita
indicatori di soddisfazione dei clienti interni (funzionari centrali del DGM);
indicatori di soddisfazione dei conduttori dei focus;
indicatori di impatto delle attività nazionali nei confronti dei clienti interni e dei
partecipanti ai focus.
2.3 Gli strumenti di valutazione
Al fine di rilevare informazioni per valutare gli oggetti del modello in oggetto (il processo ed i
risultati) sono stati elaborati alcuni strumenti, in particolare:
1. Questionario di valutazione del Gruppo di Coordinamento Nazionale: da
somministrare ai soggetti membri del Gruppo di Coordinamento a metà percorso e alla fine
del progetto. È finalizzato a rilevare la soddisfazione delle loro aspettative rispetto a
specifiche peculiari del servizio erogato (Qualità percepita).
2. Griglia di Rilevamento della conformità progettuale: gli indicatori di conformità alle
specifiche di progetto confrontano i dati relativi alla durata, al numero dei partecipanti, al
numero di eventi (incontri di coordinamento, focus group e interviste), al numero di prodotti
realizzati, dichiarati nel progetto con i dati effettivi. Si tratta di indicatori di tipo quantitativo,
espressi in modo percentuale: i dati previsti fanno riferimento agli impegni assunti e
dichiarati dalla partnership (Qualità erogata).
3. Questionario di valutazione dei Focus Group: da compilare al termine di ciascun Focus
a cura dell’animatore del focus e dell’osservatore, al fine di rilevare le loro impressioni e
opinioni sullo svolgimento, utilità, ricadute e soddisfazione per l’evento appena concluso
(Qualità percepita).
Sono, inoltre, state predisposte le griglie di elaborazione dei dati dei questionari e la struttura
per la stesura dei diversi report.
2.4 Gli attori e i soggetti coinvolti nella valutazione
I soggetti coinvolti nella valutazione sono i membri del Gruppo di Coordinamento, in particolare
coloro che fra essi hanno organizzato, gestito e preso parte alle attività nazionali.
L’attività di valutazione è stata gestita dell’equipe di Valutazione di Oesse che ha avuto come
compito quello di gestire complessivamente tutto il processo valutativo e precisamente:
1. elaborazione del progetto e degli strumenti di valutazione;
2. stesura di n.3 report di monitoraggio (i report di monitoraggio - che avrebbero
dovuto contenere alcune indicazioni sullo stato del progetto e suggerimenti per il
suo miglioramento- non sono stati realizzati, a causa della difficoltà di raccogliere
dati omogenei e tempestivi da parte di tutti i partner);
3. stesura di un report di valutazione finale.
L’équipe ha lavorato in sinergia con i membri del Gruppo di Coordinamento.
180
2.5 La qualita’ erogata
La valutazione della qualità erogata è presentata attraverso le griglie seguenti, in cui sono riportati
in modo dettagliato tutte le attività e i prodotti realizzati, le difficoltà incontrate in sede di
implementazione del progetto e i relativi punti forti.
181
182
Secondo date di volta in volta
concordate, in relazione alle diverse
istanze progettuali
Riunioni di
coordinamento
Verbali riunioni
(per date di
convocazione delle
successive riunioni) e
fogli firma
Documenti di
riferimento
22/5/07
12/7/07
16/7/07
7/8/07
3/10/07
9/11/07
19/12/07
11/1/08
11/2/08
10/4/08
14/4/08
5/6/08
9/7/08
17/7/08
21/7/08
8/9/08
10/9/08
16/9/08
25/9/08
30/9/08
6/11/08
17/11/08
21/11/08
24/11/08
Incontri
operativi/
sottogruppi di lavoro:
6/6/07
12/6/07
22/6/07
19/7/07
Realizzata
(data)
Si sono a volte verificati
degli scostamenti rispetto
alle date concordate delle
riunioni, per facilitare il più
possibile la presenza di tutti i
partecipanti previsti.
Alcuni operatori (pur non
formalmente inseriti nel
15
Gruppo di Coordinamento )
sono stati coinvolti in alcuni
incontri nei quali sono state
trattate tematiche di loro
pertinenza o attinenti alle
attività progettuali da loro
svolte.
Da settembre 08 la
verbalizzazione degli incontri
è venuta meno, pur
permanendo il rispetto delle
decisioni assunte in sede di
riunione (le mail, i contatti
telefonici fra i referenti degli
organismi coinvolti e gli
appunti presi dai partecipanti
hanno funzionato da
promemoria).
Oltre alle riunioni del Gruppo
di Coordinamento vengono
citate anche quelle di
carattere più strettamente
operativo o funzionali alla
realizzazione di specifiche
attività di progetto (incontri
Commenti
15 Membri del Gruppo di Coordinamento: Francesco Calmarini (Oesse), Fabio Cupini (Oesse), Isabella Mastropasqua (Dgm), Elisabetta Colla (Dgm), Simona Casciotti (Dgm), Concetto Zanghi (Dgm), Orlando Iannace
(Dgm)
Prevista
(dataperiodo/frequenza/scadenza)
Attività
ATTIVITA’ NAZIONALI
GRIGLIE DI CONFORMITA’
183
Maggio 07 – fine progetto
Dicembre 07 – ottobre 08
Analisi dati statistici
sulla recidiva
Modellizzazione
(coordinamento
gruppo di lavoro,
stesura del
modello)
Verbali Gruppo di
Coordinamento
22/5/07, 19/12/07 e
11/1/08.
Formulario di
candidatura
Realizzate le seguenti
riunioni:
5/2/08 (1° incontro gruppo
di lavoro)
3/4/08 (2° incontro gruppo
di lavoro)
8/5/08 (3° incontro gruppo
di lavoro)
10/9/08
25/9/08
19/11/08
Completata nei tempi
previsti
(vedi tabella “prodotti”)
26/7/07
7/9/07
4/10/07
7/11/07
20/6/08
24/6/08
Le date degli incontri del
gruppo di lavoro sono state
concordate di volta in volta,
per facilitare il più possibile
la presenza di tutti i
partecipanti previsti.
Per motivi organizzativi è
stato rimandato a settembre
il 4° incontro fissato per il
20/6/08.
Per motivi organizzativi
(dovuti alla difficoltà di
individuare date degli
incontri allargati anche agli
operatori dei servizi – Ussm
e Cpa- ) e metodologici,
le riunioni che hanno
A cura di Maria Stefania
Totaro (Servizio Statistica
del DGM).
operativi/sottogruppi di
lavoro), che hanno coinvolto
solo alcuni tecnici.
Tali incontri da settembre 08
Sono venuti meno, poiché
tutte le questioni trattate e le
decisioni prese sono state
affrontate in maniera
collegiale, in quanto si
riferivano ad attività che
hanno chiamato in causa
entrambi i partner italiani di
progetto.
Sempre da settembre 08 è
infine di fatto venuta meno la
presenza alle riunioni della
dott.Simona Casciotti e del
dott. Orlando Iannace,
mentre è stata integrata
all’interno del gruppo la dott.
Ninfa Buccellato.
184
Raccolta di 3 casi
anonimi per
distretto
(un ragazzo
Ricerca desk studi
in materia di
recidiva a livello
europeo e
internazionale
Focus group
operatori giustizia
Lettera di convocazione
formale inviata dal
DGM agli operatori
+
Formulario di
candidatura
giugno 07 – ottobre 07
Da inviare al Dgm prima della
realizzazione di ciascun focus
Verbale Gruppo di
Coordinamento
nazionale del 10/4/08
Maggio – ottobre 08
8/11/07 Milano (operatori
GM nord)
13/11/07 Roma (operatori
GM Roma)
15/11/07 Roma (operatori
GM centro sud)
12/11/07 Messina
(operatori GM sud).
Completata a ottobre 08.
Le date dei focus (la cui
realizzazione è stata
posticipata
coerentemente allo
slittamento di altre attività
progettuali)
sono state proposte dal
Gruppo di Coordinamento
e concretamente fissate,
secondo le disponibilità di
massima indicate dagli
operatori e la
disponibilità di idonee
sedi ove realizzare
ciascun evento.
La maggior parte degli
operatori ha predisposto
e presentato i casi
individuati in occasione
A cura di Oesse e Dgm
affrontato il tema della
modelizzazione hanno visto
da settembre 08 la presenza
dei soli referenti del DGM e
della coop. Oesse e sono
state nella quasi totalità dei
casi inserite all’interno di
quelle di coordinamento
generale del progetto ( come
nel caso delle riunioni di
coordinamento, anche esse
non sono state oggetto di
verbalizzazione).
Lo slittamento della data di
elaborazione del modello
(da ottobre a dicembre) ha
comportato la necessità di
fissare una riunione anche
nel mese di novembre.
185
Formulario di
candidatura
+
verbale Gruppo di
Coordinamento 9/7/08
giugno 07 – ottobre 07
giugno 07 – ottobre 07
Focus group
ragazzi detenuti
Focus group
magistrati
Formulario di
candidatura
+
verbali Gruppo di
Coordinamento
9/11/07, 11/1/08 e
5/6/08,
Verbale Gruppo di
Coordinamento
9/11/07, 19/12/07
italiano, un ragazzo
straniero ed una
minorenne
femmina) redatti
dagli operatori
coinvolti nei focus
26/6/08
1/7/08
2/7/08
4/7/08
10/7/08
della giornata di focus.
Gli operatori che hanno
avuto necessità di
integrare quelli già
predisposti sono stati
invitati a farli pervenire
prima possibile al Dgm
La realizzazione del focus
è stata posticipata
coerentemente allo
slittamento di altre attività
progettuali. Il focus si è
tenuto presso l’Ipm di
Casal del Marmo a
Roma, così come
concordato a seguito
dell’interlocuzione della
referente del Dgm Colla
con la responsabile
dell’area educativa
dell’Ipm Liana
Gianbartolomei.
A causa dell’impossibilità
di fissare una data per un
incontro collettivo, il focus
è stato sostituito con
interviste in profondità ai
singoli magistrati, le cui
date sono state con essi
concordate.
La realizzazione delle
interviste è stata
posticipata
coerentemente allo
slittamento di altre attività
progettuali.
186
Formulario di
candidatura
Formulario di
candidatura
Luglio 07 – novembre 07
Durante tutto il progetto
Interviste mirate a
testimoni
privilegiati
Valutazione
Formulario di
candidatura
+
Verbali Gruppo di
Coordinamento del
11/1/08 e del 5/6/08
giugno 07 – ottobre 07
Focus group Enti
Locali
(vedi “prodotti”)
Vedi sopra (“focus group
magistrati”)
8/7/08
progettuali.
Non previsto
specificamente nel
formulario di candidatura
e deciso in occasione
degli incontri del Gruppo
di Coordinamento.
La realizzazione di
questo focus è stata
posticipata
coerentemente allo
slittamento di altre attività
187
Previsto
(data/scadenza)
Maggio 07 – fine progetto
A seguito di ogni incontro
Prodotto
Elaborazione dati
statistici sulla
recidiva “La
criminalità minorile
in Italia: analisi
statistica dei dati
sulla recidiva”
Verbali incontri
Gruppo di
Coordinamento
--
Formulario di
candidatura e
verbali Gruppo di
Coordinamento
22/5/07, 19/12/07 e
11/1/08
Documenti di
riferimento
Realizzato
(data/periodo)
Redatti
verbali
seguenti riunioni:
22/5/07
delle
Prodotti
intermedi
elaborati:
“Analisi statistica dei dati
relativi agli ingressi nei
Centri
di
Prima
Accoglienza” (5/6/07)
“La recidiva operativa –
Analisi statistica dei dati
relativi ai Servizi di
Giustizia
Minorile”
(18/9/07)
“Sintesi - La recidiva
minorile in Italia: analisi
statistica
dei
dati”
(8/1/2008).
Completato nei tempi
previsti e presentato in
occasione
della
conferenza finale del
progetto a Nisida (15-17
dicembre 08), nonché
incluso
nella
pubblicazione finale del
progetto.
PRODOTTI NAZIONALI
Redatti a cura del Dgm e
di Oesse.
Nel caso di alcune
A cura di Stefania Totaro
(Servizio Statistica del
DGM).
Commenti
188
-----
A seguito del focus
A seguito del focus
A seguito delle interviste
A seguito delle attività di ricerca
realizzate
Sistematizzazione
dati focus ragazzi
detenuti
Sistematizzazione
dati focus Enti
Locali
Sistematizzazione
dati interviste
magistrati
Rapporto attività di
ricerca (analisi dati
focus operatori,
ragazzi detenuti,
Enti Locali e
interviste ai
Verbale Gruppo di
Coordinamento
19/12/07
A seguito dei focus
Sistematizzazione
dati focus operatori
Una
prima
sintetica
elaborazione dei dati
emersi da queste attività
di
ricerca
è
stata
predisposta in occasione
della conferenza finale del
Giugno – luglio 08
Luglio 08
Luglio 08
Dicembre 07 + febbraio
08
9/11/07
19/12/07
11/1/08
11/2/08
10/4/08
5/6/08
9/7/08
17/7/08
riunioni, la
formalizzazione delle
decisioni è avvenuta nel
corso di interlocuzioni
telefoniche o via mail.
Come indicato nella
griglia di conformità
ATTIVITA’, la
verbalizzazione degli
incontri è venuta meno
negli ultimi incontri, pur
permanendo il rispetto
delle decisioni assunte in
sede di riunione (le mail, i
contatti telefonici fra i
referenti degli organismi
coinvolti e gli appunti
presi dai partecipanti
hanno funzionato da
promemoria).
A cura di Oesse.
Sistematizzazione dati
focus e loro successiva
elaborazione inviata ai
componenti del Gruppo di
Coordinamento
A cura di Oesse. Inviata
al Gruppo di
Coordinamento
A cura di Oesse. Inviata
al Gruppo di
Coordinamento
A cura di Oesse. Inviata
al Gruppo di
Coordinamento
A cura di DGM e Oesse.
189
A seguito degli incontri
Entro ottobre 08
Verbali incontri ed
elaborati Gruppo di
Lavoro sulla
Modellizzazione
Modello di
valutazione della
recidiva
“Dal progetto al
processo: per una
possibile
modellizzazione
degli interventi”
magistrati)
Formulario di
candidatura.
--
Bozze del modello sono
state inviate a settembre
e
novembre
08
ai
partecipanti al Gruppo di
Lavoro
e
di
Coordinamento (cioè ai
soggetti che
hanno
contribuito
alla
sua
realizzazione)
e
a
dicembre 08 ai partner
transnazionali
del
progetto,
per
una
opportuna condivisione di
esso e perché i colleghi
stranieri potessero fornire
utili indicazioni rispetto
all’applicazione
nel
proprio
paese
degli
strumenti
metodologici
proposti; una versione
sintetica del modello è
progetto a Nisida (15-17
dicembre 08), mentre il
rapporto
di
ricerca
definitivo è stato incluso
nella pubblicazione finale
del progetto.
Febbraio + aprile + maggio
08.
A cura di Oesse e della
referente del Dgm Colla.
A settembre 08 è stato
inviato ai partecipanti del
Gruppo di Lavoro un
documento di sintesi sul
percorso svolto a quella
data
Come indicato nella
griglia di conformità
ATTIVITA’, la
verbalizzazione degli
incontri nell’ultimo
periodo è venuta meno.
La predisposizione
definitiva del modello è
stata posticipata (a causa
della necessità di
condividerlo e operare
integrazioni ad esso su
indicazioni del Gruppo di
Coordinamento italiano e
di quello transnazionale e
di tenere conto delle
risultanze delle attività di
ricerca realizzate in tutti i
paesi), senza che questo
abbia compromesso il
raggiungimento degli
obiettivi progettuali
190
A seguito della realizzazione dei focus
A metà e fine progetto
Valutazione –
questionario di
A metà e fine progetto
Entro ottobre 08
Valutazione –
Questionario di
valutazione del
focus group
Valutazione –
Piano di
valutazione
nazionale
Valutazione –
Griglia di
conformità attività e
prodotti di progetto
Ricerca desk studi
in materia di
recidiva e
delinquenza
minorile a livello
europeo e
internazionale
Piano di valutazione
nazionale
Piano di valutazione
nazionale
Piano di valutazione
nazionale
Verbale Gruppo di
Coordinamento
nazionale del 10/4/08
Strumenti redatti a
settembre 07 e modificati
a luglio 08.
Prima compilazione delle
griglie ad agosto 08,
seconda compilazione a
dicembre 08
Strumento redatto a
settembre 07.
Questionario
somministrato a novembre
e dicembre 07.
Strumento redatto a
settembre 07 e modificato
stata
predisposta
in
occasione
della
conferenza finale del
progetto a Nisida (15-17
dicembre 08), mentre il
modello definitivo è stato
incluso
nella
pubblicazione finale del
progetto.
Completato a ottobre 08.
In occasione della
conferenza finale del
progetto a Nisida (15-17
dicembre 08) è stato
predisposto un documento
contenente la
segnalazione dei siti
internet nei quali è
possibile consultare gli
studi, gli articoli e le
relazioni internazionali
reperiti con il lavoro di
ricerca.
Settembre 07.
Redazione a cura di
Oesse e compilazione a
Redazione a cura di
Oesse e compilazione a
cura di Oesse e Dgm
A cura di Oesse
A cura di Oesse
A cura di Oesse e Dgm.
191
Piano di valutazione
nazionale
1 report di
valutazione finale
Dicembre 08
Piano di valutazione
nazionale
3 report di
monitoraggio
valutazione del
Gruppo di
Coordinamento
Nazionale
Realizzato.
a maggio 08.
Somministrazione
realizzata solo a settembre
08.
A cura di Oesse
La difficoltà di raccogliere
dati omogenei ha
impedito la realizzazione
dei report intermedi.
A cura di Oesse
cura di Oesse e Dgm.
Solo una parte dei
questionari richiesti a
settembre è stata
restituita compilata.
2.6 Il coordinamento nazionale
I membri del Gruppo di Coordinamento che hanno risposto al questionario di valutazione
(somministrato a settembre 08) sono stati 3 sui 7 partecipanti.
In modo sintetico è possibile affermare che la valutazione del progetto è ampiamente positiva. I
punti deboli evidenziati riguardano il rispetto dei tempi, la mancanza di continuità delle presenze
alle riunioni e la partecipazione alle volte di un numero eccessivo di persone che hanno reso più
difficile la presa di decisioni. Nello specifico, la valutazione degli item del questionario è la
seguente.
Valutazione sul funzionamento del coordinamento
Metodo di lavoro
La valutazione è estremamente positiva. Infatti il GdC, nonostante alcune difficoltà intercorse
dovute ai cambiamenti di sede, di personale e di vertici istituzionali, ha evidenziato una notevole
capacità di seguire il metodo di lavoro che si era assegnato e, laddove necessario, di adeguarlo
alle nuove situazioni traendone vantaggio per il Progetto. Il metodo di lavoro è stato improntato alla
totale chiarezza e condivisione, basato su regole formali riconosciute ma flessibili, e, soprattutto,
positiva è stata valutata la separazione tra problematiche organizzative, amministrative e quelle
relative ai contenuti del progetto.
Tempi e clima di lavoro
Le riunioni del GdC hanno seguito una periodicità frequente, anche se il gruppo non sempre
poteva essere al completo per altri impegni di lavoro. Ogni riunione, qualunque fosse l’argomento
all’odg, ha centrato l’obiettivo che si era prefissato in tempi/orari adeguati, talvolta con brevi ritardi
del personale proveniente da altre sedi. Il clima è stato in generale partecipativo e collaborativo.
Solo in un paio di occasioni si è percepito un clima di leggera tensione.
Frequenza degli incontri
La flessibilità del Gruppo ha permesso l’organizzazione di numerosi incontri, per soddisfare tutte le
esigenze e le problematiche che si incontravano, anche in modo informale. E questo aspetto
risulta estremamente positivo.
Ricaduta operativa delle decisioni assunte
La valutazione è positiva, anche non sono specificate le ricadute in modo chiaro.
Alcuni evidenziano che i cambiamenti possibili trovano ostacoli di diversa natura, non riferibili
direttamente ai partecipanti.
Coordinamento: Punti deboli
I cambiamenti di personale, soprattutto nella prima metà del progetto, hanno prodotto alcune
frammentazioni, per fortuna recuperate con competenza e grande flessibilità. Questo appare il
principale dato critico del progetto.
I responsabili dovrebbero dedicare maggior tempo al coordinamento, anche se questo aspetto ha
influito in modo poco rilevante al funzionamento del progetto.
192
Invece, in alcune fasi progettuali, le riunioni sono state frequentate da un numero forse eccessivo
di persone con conseguente farraginosità nella presa di decisione.
Coordinamento: Punti forti
Fra i punti forti sono stati segnalati:
la eterogeneità del gruppo di lavoro che ha prodotto un notevole arricchimento di contenuti
ed ha consentito di coinvolgere tutte le professionalità necessarie al raggiungimento dei
risultati. Inoltre lo stile dei rapporti interpersonali ed interistituzionali è stato improntato da
subito all’estrema chiarezza, collaborazione, condivisione delle decisioni, intercambiabilità
di gran parte dei ruoli.
La piena condivisione delle filosofia e delle modalità di gestione del progetto;
Una sistematica documentazione degli incontri (verbali, fogli firma).
Suggerimenti migliorativi
Entrare sempre più nel concreto e nel dettaglio dei risultati da raggiungere in ogni fase del
progetto; studiare le lingue (soprattutto l’inglese) per affrontare al meglio gli eventi transnazionali;
affidare ad una sola persona per paese, nel corso dei meeting, la gestione finanziaria delle spese
all’estero per avere maggiore chiarezza e facilità nel quotidiano; dare il meglio della propria
professionalità in ogni momento del progetto; affrontare le disfunzioni con metodo; rispettare i
tempi stabiliti per le consegne dei lavori; distribuire il lavoro fra i membri del gruppo con chiarezza
ed anticipo.
Queste in sintesi i suggerimenti per migliorare l’efficacia e l’efficienza del progetto.
Valutazione sui Focus Group
La valutazione dei Focus è estremamente positiva. Infatti, essi sono stati di fondamentale utilità nel
raggiungimento degli obiettivi previsti dal progetto, in particolare per analizzare il fenomeno della
recidiva nelle sue diverse sfaccettature partendo dai soggetti coinvolti: operatori, ragazzi,
magistrati minorili. Hanno permesso di fare emergere dati d’intervento, percezioni, vissuti ed
esperienze, oltre a storie di vita, di grande valore ed arricchimento.
Gruppo di Lavoro sulla Modellizzazione della Recidiva
La valutazione, positiva, ha messo in luce alcuni aspetti problematici, soprattutto riguardo l’oggetto
del lavoro. C’è stato grande entusiasmo, impegno e coinvolgimento da parte delle persone inserite
nel Gruppo, e si sono anche raggiunti risultati interessanti ed originali. Forse l’oggetto della ricerca
non si prestava ad una facile lettura in termini di modello/modellizzazione e i tempi di condivisione
delle finalità delle attività non sono stati brevi.
Valutazione sui Prodotti
Tutti i prodotti sono stati valutati positivamente. Dubbi sono stati espressi riguardo il sito web,
spesso trascurato soprattutto dai paesi partner.
193
Valutazione sulle attività transnazionali
Efficacia del coordinamento
Dati gli strumenti e le persone a disposizione, il progetto ha prodotto un grado di efficacia nelle
attività di coordinamento transnazionale decisamente elevato, sia nello scambio professionale che
in quello personale.
Punto debole appare il fatto che non sempre il Coordinamento transnazionale è stato vissuto come
momento decisionale. Infatti, un tacito accordo ha fatto sì che le principali decisioni siano state
prese prevalentemente in Italia.
Rispetto dei tempi
Ci sono state diverse criticità, soprattutto da parte di alcuni paesi, relativamente al rispetto della
realizzazione delle attività/prodotti, dovute alle difficoltà di inserire nella programmazione delle
attività quotidiane quelle di progetto. Ma il gruppo ha saputo trovare un efficace equilibrio tra
queste esigenze, consentendo a ciascun paese di esprimersi con i suoi tempi.
Interlocuzioni con i partner
La valutazione è estremamente positiva, in quanto è stato possibile attivare uno scambio continuo
ed informale (soprattutto grazie alla posta elettronica) con i colleghi europei, elemento che ha
snellito le procedure, garantendo un’interlocuzione, anche in tempo reale, ottima per la soluzione
di problemi teorici e pratici. Importante è stata la comunicazione soprattutto nei momenti intermeeting.
Innovazioni nella propria organizzazione
Le ricadute del progetto sul Dipartimento Giustizia Minorile si possono considerare su vari livelli:
la possibilità di un confronto sperimentale e di un’esplorazione del fenomeno recidiva
minorile/carriere devianti su numerosi casi (quali/quantitativi) di ragazzi recidivi, attraverso il
coinvolgimento di numerosi operatori con ruoli/funzioni diverse, nei quattro paesi europei;
la messa a fuoco di caratteristiche psico-socio-educative e di fattori di rischio che portano
alla recidiva dei minorenni;
la rilevazione di buone prassi operative e la realizzazione di Linee-Guida sul tema;
la possibilità di mettere a punto uno o più modelli d’intervento tecnico-operativo, basati sulla
ricerca, per la prevenzione secondaria, la presa in carico, l’accompagnamento e la
socializzazione dei ragazzi/giovani adulti a rischio recidiva/carriere devianti;
il rafforzamento delle relazioni per ulteriori collaborazioni in nuovi progetti europei.
Previsione rispetto al raggiungimento degli obiettivi
Prima della fine del progetto è stato chiesto una previsione sul raggiungimento degli obiettivi. Tutti
si sono dimostrati ottimisti in quanto le premesse, gli strumenti, le attività, le riflessioni, si sono
dimostrate in numero e qualità sufficienti per assicurare il raggiungimento dei risultati ipotizzati e
dichiarati.
In particolare, l’impegno a perseguire i risultati programmati sembra forte e deciso e l’importanza
delle ricadute sui sistemi (in particolare quello della giustizia dei quattro paesi) in caso di successo,
è stata ampiamente recepita.
194
2.7. I focus group italiani
Sono stati oggetto di valutazione i 4 Focus Group realizzati con gli operatori dei servizi di giustizia.
La valutazione espressa dai conduttori e facilitatori è stata positiva. Nelle pagine seguenti sono
riportate elaborate alcune considerazioni generali.
Valutazione generale dei Focus Group
Tutti i focus sono stati valutati, in linea generale in modo positivo, anche se le differenze del
numero dei partecipanti alle volte è stato notevole (es. Milano: 5; Messina: 10). In tutti i casi, la
professionalità degli operatori ha permesso di approfondire il tema della recidiva consentendo di
arricchire l’analisi dei dati raccolti in modo statistico. Il focus, infine è stato un momento di
confronto fra gli operatori in cui l’esperienza di tutti è stata valorizzata.
Composizione/eterogeneità del gruppo
In tutti i focus la rappresentatività dei servizi è stata adeguata: il numero basso di partecipanti ad
alcuni di essi ha, in ogni caso, permesso uno scambio dialettico e approfondito, anche perchè tutti
gli operatori svolgono la loro attività a diretto contatto con l’utenza. Soggetti con compiti
professionali diversi hanno apportato al gruppo una visione di sintesi e d’insieme delle specificità
territoriali.
Coinvolgimento dei partecipanti
L’attesa e la curiosità per il progetto ha facilitato il coinvolgimento dei partecipanti, che è risultato di
buon livello. Tutti i gruppi hanno risposto con professionalità contribuendo in modo forte al
raggiungimento degli obiettivi soprattutto per il lavoro di elaborazione fatto in precedenza (tracce di
analisi, raccolta dei dati e delle “storie” a livello locale). Importante è stata anche la scelta di
consentire a tutti gli operatori di presentare i risultati del lavoro svolto in sede di focus. Nel focus
messinese, infine, il dibattito ha affrontato anche in particolare le ricadute future dei risultati
raggiunti.
Tempi e clima di lavoro
Tutti i focus sono stati contrassegnati da un clima tranquillo e dalla voglia di presentare il proprio
punto di vista sul tema della recidiva. Il primo focus ha avuto tempi ristretti (2 ore) che hanno
impedito un approfondimento di tutti i temi emersi durante il dibattito. Il successo dell’iniziativa è
dimostrato anche dal desiderio dei partecipanti di ripetere e continuare lo scambio di esperienze.
Relazioni fra i partecipanti
Le relazioni sono state positive, anche se i tempi ristretti del primo focus hanno impedito un reale
dibattito: l’attenzione di tutti si è spostata sul rispetto del tempo a disposizione che ha permesso a
tutti di presentare la propria esperienza. Il livello di maggiore interazione si è avuto nel primo focus
romano, in cui il dibattito è stato ampio e trasversale. Nel secondo focus di Roma, invece,
l’interazione avveniva soprattutto fra i facilitatori e il singolo partecipante. In tutti i casi, comunque,
è stato sottolineato che si è trattato di un autentico, omogeneo interscambio finalizzato agli scopi
del percorso della ricerca.
Informazioni preventive sulle modalità di svolgimento
A tutti i partecipanti era stata inviata una scheda informativa sul progetto e sulle modalità di
svolgimento del focus group. Infatti, oltre all’invio di una nota ufficiale con la descrizione del
progetto e delle sue finalità -corredata dalle tracce di Focus- inoltrata alcuni giorni prima
dell’incontro sono intercorsi scambi informali (conversazioni telefoniche e mail) sui temi oggetto del
Focus, soprattutto per quanto riguarda quello riservato agli operatori dell’area romana.
195
Adeguatezza della sede e dell’organizzazione
Tutte le sedi sono state valutate adeguate allo svolgimento delle attività (è stata sottolineata
l’importanza della scelta di un contesto formativo). Per il primo focus l’organizzazione non si è
dimostrata pronta a prevedere i ritardi causati dallo sciopero e a coinvolgere un numero maggiore
di partecipanti. Infine, l’organizzazione del focus ha consentito a tutti i partecipanti di intervenire
nella discussione, in modo equilibrato ed è stata valorizzato il contributo di ciascun partecipante.
Livello di soddisfazione dei partecipanti
È stato chiesto ai facilitatori di esprimere una valutazione sul livello di soddisfazione dei
partecipanti. Il giudizio è stato in tutti i casi positivo, condizionato dall’esigenza emersa dal gruppo
di partecipare alle attività previste nelle fasi successive, a dimostrazione dell’interesse per i temi e
le metodologie utilizzate. Forse sarebbe stato importante raccogliere direttamente l’opinione dei
partecipanti in merito al termine del focus.
Ricadute del Focus nelle organizzazioni di appartenenza dei partecipanti
È emerso che le sedi, in fase di preparazione dell’incontro, sono state coinvolte nella riflessione sul
tema della recidiva, e questo è senza dubbio uno degli aspetti di maggior rilievo. Ulteriori ricadute
potranno essere rilevate se il progetto sarà in grado di informare sui risultati del lavoro e di
coinvolgere gli operatori locali in nuove iniziative. E soprattutto, i focus hanno contribuito a rendere
meno forte il senso di isolamento ed autoreferenzialità che costituiscono alcuni degli elementi di
debolezza dei servizi.
.
Soddisfazione delle aspettative
Tutti i facilitatori si sono detti molto soddisfatti per i risultati e per il livello di conoscenza del sistema
giustizia minorile e del fenomeno recidiva acquisiti. Positivo è il riscontro per la scelta della
metodologia che si è rivelata adeguata. Il terzo focus è stato giudicato (per il quadro di lettura del
fenomeno emerso, per la raccolta di diversi punti di vista e per le considerazioni “originali” emerse
espresse dai partecipanti) di livello leggermente più elevato.
Aspetti critici del Focus
Timore che il progetto, nonostante l’intento in tal senso, non sia in grado di valorizzare i
saperi di ogni operatore e di ogni sede;
La metodologia utilizzata nel focus non ha facilitato molto l’interscambio tra partecipanti: la
comunicazione era strutturata in una logica stellare con i facilitatori al centro del sistema;
Durata tropo breve (nel caso del primo focus);
Mancanza di coinvolgimento attivo dei partecipanti in tutte le fasi del progetto;
Difficoltà a ricondurre i casi all’interno di un discorso più ampio relativo alle tematiche ed
all’ipotesi di ricerca;
Scarsa partecipazione del livello dirigenziale;
Partecipanti poco numerosi (nel caso del primo focus).
Aspetti positivi
Il bisogno di comunicare il proprio punto di vista e di conoscere quello degli altri è molto
evidente. È da registrare la volontà espressa di partecipare al processo innescato da Stop
Car, anche nelle attività successive;
I contenuti affrontati sono stati approfonditi senza grosse difficoltà;
I partecipanti sono stati attivi e attenti a rimanere fedeli alla traccia presentata;
Il materiale preparato e presentato elaborato nel corso dei focus (i casi) si è dimostrato
valido e significante;
Il gruppo che ha condotto il Focus ha lavorato sviluppando sinergie continue;
I contenuti ricercati sono emersi pienamente dall’incontro con grande ricchezza e puntualità
delle informazioni, in particolare nei focus romani;
196
Si sono attivati momenti di confronto e di ricerca di senso al proprio lavoro ed alle proprie
azioni;
Attivazione di incontri propedeutici ai focus nei posti di lavoro.
Suggerimenti migliorativi
Organizzare gli incontri concedendo una quota maggiore di tempo in generale e più in
particolare all’esposizione/discussione dei casi.
Cercare di individuare un giorno che consenta la presenza di più operatori possibile;
Coinvolgere e motivare alcuni operatori per tutto l’iter del progetto per farli sentire inseriti
all’interno di un processo;
Pensare al racconto diffuso dei casi in altra sede, per distinguere (e ottimizzare) gli spazi
dedicati al Focus e ai casi;
Predisporre scheda di rilevazione livello di soddisfazione;
Maggiore chiarezza rispetto alle motivazioni ed ai criteri che hanno indotto i partecipanti a
scegliere i casi da presentare;
Maggiori condivisione rispetto alle modalità di rappresentazione degli stessi;
Prevedere la restituzione dei risultati del focus ai partecipanti.
197
3. LA VALUTAZIONE DELLE ATTIVITA’ TRANSNAZIONALI
3.1 Oggetti e strumenti di valutazione
A seguito della nostra analisi di progetto, proponiamo di esaminare queste attività come oggetto
del piano di valutazione, sia in relazione alle Procedure (partecipazione, cooperazione, risorse,
organizzazione, etc.) che ai Risultati (reports, nuovi strumenti, nuove metodologie, etc.):
Incontri transnazionali;
Focus group (attività di ricerca) dei partner stranieri16;
Prodotti realizzati;
Conferenza finale.
Gli strumenti che si propone di utilizzare sono i seguenti:
Qualità erogata:
Una griglia di rilevamento della conformità progettuale, per analizzare cosa si
prevedeva di realizzare nel progetto: incontri transnazionali (numero di incontri,
numero di persone coinvolte, durata), focus group (attività di ricerca) dei partner
stranieri (loro numero, numero delle persone coinvolte, durata) e i prodotti
(numero e tipologia di prodotti);
Qualità percepita:
Questionario di valutazione degli incontri transnazionali da somministrare ai
partecipanti degli incontri stessi, contenente domande su: andamento del gruppo,
livello comunicativo, metodo di lavoro, raggiungimento degli obiettivi, svolgimento
dell’incontro, soddisfazione dei partecipanti, etc.
Questionario di valutazione dei focus group realizzati dai partner stranieri,
da somministrare all’animatore e all’osservatore del focus group, contenente
domande su: impressioni e opinioni relative all’evento, la sua utilità, risultati e
livello di soddisfazione.
Questionario di valutazione della conferenza finale, da somministrare ai
partecipanti alla conferenza, contenente domande su: organizzazione, logistica,
temi sviluppati, strumenti, metodologia, etc.
16
La valutazione dei focus group italiani è contenuta nelle attività di valutazione nazionali, che sono descritte nello
specifico modello di valutazione nazionale
198
3.2 Organizzazione e prodotti della valutazione
Le attività di valutazione sono state sviluppate dall’equipe di valutazione italiano della
cooperative OESSE che aveva la responsabilità del processo di valutazione e nello specifico:
redigere il progetto di valutazione e i relativi strumenti;
gestire gli strumenti di valutazione, in relazione alle attività transnazionali;
elaborare report di monitoraggio;
redigere il report di valutazione finale.
Questa equipe ha operato in relazione con tutti i partner di progetto.
Il primo punto è stato realizzato dal gruppo di valutazione, secondo una proposta del responsabile
della valutazione (OESSE), il secondo punto era sotto la responsabilità del partner nel Paese in cui
l’attività è stata realizzata, il terzo e quarto punto sono stati elaborati dal responsabile italiano della
valutazione, in accordo con gli altri partner.
I prodotti sono stati i seguenti:
valutazione del progetto;
griglia per la rilevazione della conformità del progetto;
questionario di valutazione degli incontri transnazionali;
questionario di valutazione dei focus group realizzati dai paesi partner;
questionario di valutazione della conferenza finale;
report finale.
I report di monitoraggio (che avrebbero dovuto contenere alcune indicazioni sullo stato del progetto
e suggerimenti per il suo miglioramento) non sono stati realizzati, a causa della difficoltà di
raccogliere dati omogenei e tempestivi da parte di tutti i partner.
3.3 La qualita’ erogata
La valutazione della qualità erogata è presentata attraverso le griglie seguenti, in cui sono riportati
in modo dettagliato tutte le attività e i prodotti realizzati, le difficoltà incontrate in sede di
implementazione del progetto e i relativi punti forti.
199
200
Marzo – giugno 07
Formulario di
candidatura
+ appunti sul progetto
Agis redatti dal Dgm a
maggio 07
Formulario di
candidatura
Marzo 07
Lettura del sistema
Giustizia Minorile in
ciascun paese
partner
Formulario di
candidatura
Gennaio – marzo 07
Pianificazione
evento di lancio del
progetto
(organizzazione,
predisposizione
materiale,
comunicazione
sulla
programmazione
delle attività
Evento di lancio del
progetto
Documenti di
riferimento
Prevista
(dataperiodo/frequenza/scadenza)
Attività
Realizzata
(data)
Febbraio – settembre 07
(entro luglio 08 nel caso
del Portogallo)
8-9/2/07 a Roma
Gennaio – febbraio 07
ATTIVITA’ TRANSNAZIONALI
GRIGLIA DI CONFORMITA’
La data dell’evento è
stata fissata
coerentemente alle
agende di lavoro dei
partecipanti.
Il periodo utile per
effettuare questa ricerca
è stato dunque
prolungato tenendo
presenti le difficoltà di
reperimento dati/la
mancanza di statistiche
ufficiali sul tema del
progetto nei diversi paesi.
Le scadenze intermedie
della fase di ricerca
(decise in occasione
dell’evento di lancio del
progetto) sono state così
pianificate:
1)
Predisposizione
A cura del Dgm e Oesse.
Il tempo dedicato alla
pianificazione è stato
ridotto coerentemente
alla decisione di
anticipare la data
dell’evento di lancio.
Commenti
201
Luglio 07
Gennaio 08
Incontro
transnazionale in
Portogallo
Incontro
transnazionale in
Germania
Formulario di
candidatura
+
Verbale incontro
transnazionale in
Portogallo di ottobre 07
Formulario di
candidatura
+
appunti sul progetto
Agis redatti dal Dgm a
maggio 07
12-14/3/08
24-25-26/10/07
(da parte dell’Italia) di
una scheda-tipo per la
raccolta dei dati in
ciascun paese (entro
aprile 07)
2)
Ricerca e
raccolta dati in ciascun
paese (entro giugno 07)
3)
Messa in comune
della documentazione
dei singoli paesi e
predisposizione di un
primo report per il
meeting in Portogallo, a
cura dell’Italia (entro
settembre 07)
La data dell’incontro è
stata fissata
coerentemente alle
agende di lavoro dei
partecipanti e posticipata
ad ottobre per dare modo
al partner portoghese di
raccogliere i dati sul
sistema Giustizia Minorile
nel proprio paese, non
essendo disponibili
statistiche sul tema del
progetto ed essendo
necessario coinvolgere
altre organizzazioni per il
reperimento delle
informazioni.
La data dell’incontro è
stata fissata
coerentemente alle
agende di lavoro dei
partecipanti e allo stato
dell’arte del progetto, così
come deciso nel
precedente incontro
202
Luglio 08
Entro febbraio 08
Entro febbraio 08
Entro febbraio 08
Incontro
transnazionale in
Romania
Focus Group
Portogallo (3)
/attività di ricerca
Focus Group
Germania (3)
/attività di ricerca
Focus Group
Romania (3)
/attività di ricerca
Verbale incontro
transnazionale a
Lisbona di ottobre 07
Verbale incontro
transnazionale a
Lisbona di ottobre 07
Verbale incontro
transnazionale a
Lisbona di ottobre 07
Formulario di
candidatura
+ verbale incontro
transnazionale in
Germania di marzo 08
Febbraio 08 + marzo 08
Ricerca desk e
somministrazione
Agosto 07 + settembre 07
+ Febbraio 08
Aprile – luglio 08.
Interviste completate nei
mesi di agosto e
settembre 08
Previsto per il 18-19/9/08,
realizzato il 17-20/9/08
transnazionale in
Portogallo.
La data dell’incontro è
stata fissata
coerentemente alle
agende di lavoro dei
partecipanti e allo stato
dell’arte del progetto, così
come deciso nel
precedente incontro
transnazionale in
Germania.
A causa della mancanza
di disponibilità e
collaborazione da parte
delle strutture del
Ministero della Giustizia
portoghese, i focus group
sono stati trasformati in
interviste ai ragazzi
detenuti e a testimoni
privilegiati.
Lo slittamento nella
conclusione delle attività
di ricerca (rispetto a
quanto concordato nel
2007) è avvenuto nei
tempi ipotizzati
I focus (ne sono stati
organizzati 4) sono stati
realizzati sulla base di
una traccia di conduzione
predisposta dall’Italia (a
cura di Oesse) e inviata
ai partner a novembre 07.
Ai focus, sono state
aggiunte anche alcune
interviste.
I focus sono stati
realizzati sulla base di
una traccia di conduzione
203
Dicembre 08
Durante tutto il progetto
Evento finale in
Italia
Valutazione
Formulario di
candidatura
Formulario di
candidatura
Presso il Centro Studi
Europeo di Nisida (15-17
dicembre 08)
(vedi “prodotti”)
questionari completate nel
periodo settembre –
dicembre 08
predisposta dall’Italia (a
cura di Oesse) e inviata
ai partner a novembre 07.
È stata realizzata anche
una ricerca desk e
somministrati alcuni
questionari a ragazzi
detenuti e a testimoni
privilegiati. Lo slittamento
nella conclusione delle
attività di ricerca (rispetto
a quanto concordato nel
2007) è avvenuto nei
tempi ipotizzati
204
Previsto
(data/scadenza)
Febbraio 07
Entro giugno 07
A seguito di ogni scambio
Novembre 07
Prodotto
Presentazioni per
evento di lancio
Report sistema
giustizia minorile
nei paesi partner
Verbali scambi
Transnazionali
Traccia per la
conduzione dei
focus nei paesi
partner
Verbale incontro
transnazionale in
Portogallo di ottobre 07
--
Formulario di
candidatura
+ appunti sul progetto
Agis redatti dal Dgm a
maggio 07
Novembre 07
Febbraio 07 (Italia)
Ottobre 07 (Portogallo)
Marzo 08 (Germania)
Settembre 08 (Romania)
Italia: settembre 07
Germania: settembre 07
Romania: marzo 08
Portogallo: dicembre 08
Febbraio 07
PRODOTTI TRANSNAZIONALI
Documenti di
Realizzato
riferimento
(data/periodo)
A cura di Oesse e Dgm
(presentazione Oesse e
presentazione attività
transnazionali da
realizzare).
La scadenza di questa
ricerca (in particolare di
quella del report
portoghese) è stata
prorogata a seguito delle
difficoltà di reperimento
dati/della mancanza di
statistiche ufficiali sul
tema del progetto nei
diversi paesi.
Redatti a cura del
Dgm/Oesse e del servizio
di Probation del Ministero
della Giustizia Romeno
(per lo scambio in
Romania)
A cura di Oesse
Commenti
205
A metà e fine progetto
Valutazione –
Piano di
valutazione
transnazionale
Valutazione –
Griglia di
conformità attività e
prodotti
transnazionali
A seguito della realizzazione delle attività
di ricerca
Aprile 08
Sito web
Valutazione –
Questionario di
valutazione del
A seguito delle attività di ricerca
realizzate
Sistematizzazione
e analisi dati
attività di ricerca
realizzate nei paesi
partner
Piano di valutazione
transnazionale
Piano di valutazione
transnazionale
Verbale scambio in
Germania di marzo 08
Verbale incontro
transnazionale in
Portogallo di ottobre 07.
Strumenti redatti a
settembre 07 e modificati
a luglio 08. Prima
compilazione delle griglie
ad agosto 08, seconda
compilazione a dicembre
08
Strumento redatto a
Settembre 07.
in Somministrato in
I risultati delle prime
attività
di
ricerca
completate (da parte di
Germania,
Italia
e
Romania)
sono
stati
presentati in occasione
dello
scambio
in
Germania di marzo 08,
così come concordato in
occasione del precedente
scambio in Portogallo.
L’elaborazione definitiva
dei dati emersi dalle
attività di ricerca è stata
completata in occasione
della conferenza finale del
progetto a Nisida (15-17
dicembre 08) ed è stata
inclusa
nella
pubblicazione finale del
progetto
Aggiornato attraverso
l’implementazione di
prodotti, documenti e
fotografie a partire dalla
messa in rete (aprile 08)
Settembre 07
A cura di Oesse e
compilazione a cura dei
partner.
A cura di Oesse.
A cura di Oesse.
Implementato con
aggiornamenti/prodotti/do
cumenti elaborati dai
partner.
A cura di Oesse.
206
Piano di valutazione
transnazionale
Dicembre 08
1 report di
valutazione finale
Piano di valutazione
transnazionale
Piano di valutazione
transnazionale
Piano di valutazione
transnazionale
A seguito della conferenza finale
A seguito di ogni incontro transnazionale
3 report di
monitoraggio
Valutazione –
questionario di
valutazione della
conferenza finale
focus group
(attività di ricerca)
presso paesi
partner
Valutazione –
questionario di
valutazione degli
incontri
transnazionali
Realizzato
Strumento redatto a
settembre 07.
Somministrato a
ottobre 07 (incontro trans.
in Portogallo) ,
marzo 08 (incontro trans.in
Germania),
settembre 08 (incontro
trans. in Romania)
Strumento redatto a
novembre 08 e
somministrato in
occasione della
conferenza finale di Nisida
(15-17 dicembre 08)
occasione dell’ultimo
incontro transnazionale di
settembre 08 in Romania
A cura di Oesse.
La difficoltà di raccogliere
dati omogenei ha
impedito la realizzazione
dei report intermedi.
A cura di Oesse
Compilazione a cura dei
partecipanti
A cura di Oesse e
compilazione a cura dei
partecipanti agli incontri.
3.4 Gli scambi transnazionali
La valutazione degli scambi è stata ampiamente positiva e tutti gli aspetti sono stati ritenuti
soddisfacenti. In particolare, è stato sottolineata la possibilità di iniziare possibili
collaborazioni e, soprattutto, l’accoglienza e l’organizzazione sono sempre apparse di
ottimo livello.
Fra gli aspetti da migliorare si segnalano:
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
Creare momenti di partecipazione concreta alle attività organizzate dagli altri paesi
(best practices)
Potenziare i tempi dei meeting
Assicurare un supporto linguistico per favorire la piena comprensione e il
coinvolgimento di tutti i partecipanti
Favorire la partecipazione dei decisori politici
Migliorare il rispetto dei tempi
Anticipare la distribuzione del materiale oggetto di discussione per ampliare i
momenti di confronto.
Di seguito sono riportate le sintesi dei questionari di valutazione di ogni scambio transnazionale.
1° SCAMBIO IN PORTOGALLO (24-26 ottobre 07)
I partecipanti che hanno risposto sono in totale 7, 5 italiani e 2 portoghesi.
L’item con la valutazione più soddisfacente è stato quello in cui si chiedeva di esprimere un
giudizio sul valore dell’incontro rispetto al progetto (punteggio totale assegnato di 25 sul valore
massimo di 28 assegnabile). Anche le relazioni tra i partecipanti e i tempi e clima di lavoro sono
risultati positivi (24/28), così come il metodo di lavoro utilizzato (23/28).
L’aspetto più interessante, che sta alla base di ogni scambio o esperienza transnazionale, riguarda
l’importanza del confronto fra gli operatori sui temi di interesse comune: la relazione
interpersonale, anche nei suoi aspetti emotivi, oltre che professionali non potrà mai essere
sostituita da nessuna relazione "elettronica". Il valore aggiunto della transnazionalità è avere del
tempo dedicato a un argomento con degli esperti che parlano “la stessa lingua”.
Le proposte di miglioramento riguardano:
il maggiore rispetto dei tempi previsti (anche se in questo caso ci sono state alcune cause
di forza maggiore)
L’approfondimento maggiore di casi concreti, possibilmente un caso per paese ad incontro
La cura maggiore alla fase di scambio di materiali, precedente al meeting, per ridurre i
tempi di presentazione delle relazioni e aumentare i tempi di confronto
La programmazione temporale dell’incontro (data e odg) per permettere una partecipazione
più consapevole dei presenti
La chiarezza su tutte le questioni organizzative e amministrative
L’adozione di metodi di valutazione uniformi dei risultati dei lavori di ciascun partner, per
permettere una comparazione più obiettiva.
207
2 ° SCAMBIO IN GERMANIA (12-14 marzo 08)
I partecipanti che hanno risposto sono in totale 10, 4 italiani, 2 portoghesi, 2 romeni e 2 tedeschi.
L’item con la valutazione più soddisfacente è stato quello riguardante i tempi e clima di lavoro
(punteggio assegnato di 37 sul valore massimo di 40 assegnabile) e il valore dell’incontro rispetto
al progetto (36/40). Stessa valutazione positiva ha riguardato la soddisfazione delle aspettative, il
metodo di lavoro, la soddisfazione e le relazioni dei partecipanti (35/40).
L’aspetto più interessante, sottolineato da partecipanti diversi rispondenti è stata l’organizzazione e
l’accoglienza avuta. Ma anche la conduzione dei lavori, la disponibilità a comprendere le differenze
interculturali, la partecipazione forte durante i lavori e la professionalità degli operatori.
Le proposte di miglioramento riguardano:
Rafforzare l’utilizzo del sito web come strumento di scambio di informazioni antecedenti
l’incontro
Aumentare la durata degli incontri o concentrarsi solo su alcuni punti, in modo da
permettere uno scambio approfondito di informazioni ed esperienze con i partner sul lavoro
svolto
Garantire un supporto di interpretariato per favorire la partecipazione di tutti, considerate
eventuali carenze linguistiche personali
Dare informazioni con maggiore anticipo sull’ordine del giorno e sul programma dei lavori,
per consentire a tutti di prepararsi in modo adeguato.
3 ° SCAMBIO IN ROMANIA (17-20 settembre 08)
I partecipanti che hanno risposto sono in totale 11, 5 italiani, 2 portoghesi, 3 romeni e 1 tedesco.
In questo scambio, numerosi sono gli item che hanno raggiunto la stessa valutazione
estremamente positiva (43 su 44 assegnabili): l’esaustività degli argomenti trattati, la soddisfazione
delle aspettative, i tempi e clima di lavoro, le relazioni dei partecipanti e il valore dell’incontro
rispetto al progetto. Ma anche gli altri item hanno avuto una valutazione molto soddisfacente: il
metodo di lavoro, la soddisfazione degli altri partecipanti (42/44) e l’evoluzione dello scambio
rispetto a quello precedente (40/44).
L’aspetto più interessante, sottolineato da numerosi partecipanti è stata anche per questo scambio
l’organizzazione e l’accoglienza ricevuta. In particolare, diversi partecipanti hanno sottolineato
l’armonia del gruppo di lavoro che, dopo diversi incontri, diventa di volta in volta più soddisfacente.
Il meeting ha inoltre consentito di individuare possibili ulteriori collaborazioni a livello
transnazionale e ha permesso una crescita professionale di tutti i partecipanti. Unico punto debole
riguarda la comprensione linguistica. Infatti, le difficoltà linguistiche non hanno permesso di
apprezzare completamente l’esperienza delle visite in tribunale.
Le proposte di miglioramento riguardano:
Creare momenti di partecipazione attiva alle attività organizzate dagli altri paesi
(approfondimento delle best practice)
Aumentare la durata degli incontri
Aumentare le visite ai servizi con scambi di esperienze
Aumentare il tempo per la discussione e di approfondimento
Assicurare un supporto linguistico per favorire la piena comprensione e il coinvolgimento di
tutti i partecipanti
Avere tempi maggiori per la realizzazione dei materiali
Organizzare momenti di riflessione e approfondimento sui contenuti da affrontare e
affrontati, prima e dopo gli incontri
Invitare rappresentanti (di ogni paese) che abbiano un ruolo di decisori delle politiche sulla
giustizia, a livello nazionale e europeo.
208
3.5 Le attivita’ di ricerca nei paesi partner
Anche i dati valutativi elaborati riguardanti le attività di ricerca realizzate nei paesi partner si sono
rivelati positivi. Il dato che risalta maggiormente è l’ampio numero di soggetti coinvolti direttamente
attraverso interviste in presenza, focus, questionari. In particolare il partner romeno ha coinvolto
un gran numero di persone tra giudici, operatori dei servizi sociali e giovani.
Un altro dato positivo riguarda la possibilità che il progetto ha dato di raccogliere dati difficilmente
reperibili e la soddisfazione e il coinvolgimento dei giovani recidivi che per la prima volta hanno
avuto l’opportunità di raccontare le proprie esperienze.
Le aspettative sono state soddisfatte; unico punto debole è emerso dal partner portoghese che ha
rimarcato la differenza di coinvolgimento dei giovani (alta) con rispetto a quella dei direttori dei
centri di reinserimento, troppo spesso reticenti nella collaborazione.
Grande soddisfazione è stata espressa per l’utilità di questa attività di ricerca che ha permesso (in
Portogallo è la prima volta) di approfondire il fenomeno della recidiva attraverso la raccolta di dati e
di opinioni concrete e reali.
Gli aspetti critici riguardano soprattutto la pubblicazione di solo una sintesi dei materiali prodotti
(Romania), la difficoltà di relazionarsi con la pubblica amministrazione (Germania) e il numero
limitato di partecipanti provenienti dall’Official Reinsertion Services e i Direttori dei Education
Centers (Portogallo).
Gli aspetti positivi sottolineati dai partner riguardano:
L’onesta delle risposte ricevute dai giovani detenuti;
L’alta professionalità e l coinvolgimento degli operatori sociali nel proprio lavoro;
Il rispetto dei tempi di consegna dei lavori;
Il coinvolgimento e il confronto tra giovani e operatori della giustizia.
3.6. La conferenza finale
La valutazione della conferenza finale del progetto tenutasi presso il Centro Studi Europeo di
Nisida (il 15-17 dicembre 2008) appare ampiamente soddisfacente, con una media complessiva di
7,7 di punteggio assegnato (su un massimo di 10 punti assegnabili ad ogni domanda). Infatti, il
dato più evidente è il range tra la media più bassa e quella più alta: appena 1,9 punti percentuali
(6,9 vs. 8,8).
L’item che è stato ritenuto maggiormente soddisfacente è il clima di lavoro (8,8), seguito
dall’accoglienza (8,5), dal confronto fra culture (8,2) e dalla sistemazione logistica (8,1). Risalta il
fatto che, oltre agli aspetti organizzativi (spesso valutati in modo ampiamente positivo) ci sia un
aspetto socio-culturale a dare valore a eventi simili: l’importanza dei progetti transnazionali si
focalizza proprio su questo punto, cioè creare occasioni di dialogo e di confronto, per costruire
collaborazioni e abbattere barriere. Alcuni hanno sottolineato l’importanza di una maggior
collaborazione tra l’Europa e gli Stati Uniti, in quanto le relazioni di questi ultimi esprimono punti di
vista e approcci diversi da quelli dei partner europei: e momenti di confronto simili sono sempre
preziosi. Importante anche il fatto che le relazioni tra i partecipanti passano attraverso canali di
comunicazione diversi dal linguaggio, quando questo diventa un ostacolo, e questo fatto aiuta a
costruire relazioni più profonde.
209
Importante appare il fatto che nonostante le differenze culturali e di organizzazione dei diversi
sistemi di giustizia, i problemi che gli operatori del settore devono affrontare siano molto simili e il
successo nella loro risoluzione dipende molto, se non esclusivamente, dalla relazione che i
soggetti coinvolti stabiliscono fra loro e da quanta fiducia reciproca riescano a trasmettere .
Anche le diverse metodologie utilizzate hanno avuto una valutazione positiva che ha permesso di
mantenere alta la concentrazione e l’attenzione durante gran parte dei lavori.
Fra i punti deboli appaiono la trasferibilità di strumenti e contenuti (6,8) e la tempestività delle
informazioni ricevute dai partecipanti (6,4): il successo pieno di una conferenza (dal punto di vista
contenutistico) è sempre determinato dalle informazioni fornite in anticipo e dalla preparazione che
ogni partecipante dovrebbe effettuare prima dell’evento.
Qualcuno ha sottolineato l’eccessiva durate dei lavori o la presenza di materiali nella sola lingua
inglese ma nel complesso questi item hanno ricevuto una valutazione positiva (7,7 e 7,8).
Nella tabella seguente è riportata la sintesi delle valutazioni dei partecipanti.
210
Tabella di sintesi dei questionari di valutazione della conferenza finale
TOT
Range
Media
Graduatoria
1. Esaustività informazioni
preventive
181
10-2
7,0
10°
1. Tempestività informazioni
preventive
166
10-2
6,4
12°
2. Accoglienza
222
10-5
8,5
2°
3. Esaustività dei temi rispetto
agli obiettivi
192
10-4
7,4
9°
4. Tempi
201
10-4
7,7
6°
5. Metodologia di lavoro
200
10-5
7,7
7°
6. Clima di lavoro
228
10-6
8,8
1°
7. Sussidi e attrezzature
202
10-4
7,8
5°
8. Sistemazione logistica
210
10-5
8,1
4°
9. Trasferibilità strumenti e
contenuti
178
10-5
6,8
11°
10. Confronto fra culture
214
10-5
8,2
3°
11. Soddisfazione aspettative
193
10-5
7,4
8°
Media complessiva
7,7
211
Allegati al Report dell’Ufficio Statistica (DGM - Italia)
Allegato 1
Tabella 1 - Soggetti nati negli anni 1970, 1975 e 1980 iscritti al Casellario Giudiziale Centrale. Totale iscritti,
iscritti giudicati almeno una volta dall'Autorità Giudiziaria Minorile, incidenza percentuale. Situazione al 17
giugno 2004.
Sesso
Anno di nascita
Maschi
Totale
Femmine
Totale iscritti (a)
1970
139.256
18.509
157.765
1975
81.794
11.270
93.064
1980
33.612
5.320
38.932
Iscritti giudicati almeno una volta dall'AGM (b)
1970
3.113
319
3.432
1975
4.261
712
4.973
5.139
1.063
6.202
2%
1980
Incidenza % (b) / (a)
1970
2%
2%
1975
5%
6%
5%
1980
15%
20%
16%
Fonte: elaborazione su dati del Casellario giudiziale centrale
Tabella 2 - Soggetti nati negli anni 1970, 1975 e 1980 iscritti al Casellario Giudiziale Centrale e giudicati
almeno una volta dall'Autorità Giudiziaria Minorile, numero di iscrizioni corrispondenti e intensità media. Dati
complessivi e dati fino al 23° anno di età.
Anno di nascita
Soggetti
Iscrizioni
Intensità media
Dati complessivi
1970
3.432
14.563
4,2
1975
4.973
17.413
3,5
1980
6.202
13.955
2,3
Dati fino al 23° anno di età
1970
3.432
8.645
2,5
1975
4.973
13.489
2,7
1980
6.202
13.955
2,3
Fonte: elaborazione su dati del Casellario giudiziale centrale
215
Allegato 2
Tabella 1 - Soggetti entrati in CPA nel 2001 con successivi rientri, secondo l’età.
N. rientri
Classe d'età
Totale
< 14 anni
14 anni
15 anni
16 anni
17 anni
18 anni e
oltre
1
34
50
115
125
89
6
419
2
20
32
37
35
11
0
135
3
17
11
20
7
3
0
58
4
13
8
4
2
0
0
27
5
14
3
0
1
0
0
18
6
4
1
2
0
0
0
7
7
5
0
0
0
0
0
5
8
9
1
0
0
0
0
10
9
2
1
0
0
0
0
3
13
0
0
0
0
0
13
131
107
178
170
103
6
695
10 e più
Totale
Tabella 1a - Soggetti entrati in CPA nel 2001 con successivi rientri, secondo l’età: composizione
percentuale secondo il numero dei rientri.
N. rientri
Classe d'età
Totale
< 14 anni
14 anni
15 anni
16 anni
17 anni
18 anni e
oltre
1
26%
47%
65%
74%
86%
100%
60%
2
15%
30%
21%
21%
11%
0%
19%
3
13%
10%
11%
4%
3%
0%
8%
4
10%
7%
2%
1%
0%
0%
4%
5
11%
3%
0%
1%
0%
0%
3%
6
3%
1%
1%
0%
0%
0%
1%
7
4%
0%
0%
0%
0%
0%
1%
8
7%
1%
0%
0%
0%
0%
1%
9
2%
1%
0%
0%
0%
0%
0%
10%
0%
0%
0%
0%
0%
2%
100%
100%
100%
100%
100%
100%
100%
10 e più
Totale
Tabella 2 - Soggetti entrati in CPA nel 2001 con successivi rientri, secondo la nazionalità e il sesso.
N. rientri
Italiani
Stranieri
Totale
m
f
mf
m
f
mf
1
196
2
198
154
67
221
419
2
51
0
51
49
35
84
135
3
18
0
18
20
20
40
58
4
5
0
5
7
15
22
27
5
1
0
1
6
11
17
18
6
0
0
0
2
5
7
7
7
0
0
0
1
4
5
5
8
0
0
0
2
8
10
10
9
0
0
0
0
3
3
3
10 e più
0
0
0
0
13
13
13
271
2
273
241
181
422
695
Totale
219
Tabella 2a - Soggetti entrati in CPA nel 2001 con successivi rientri, secondo la nazionalità e il sesso:
composizione percentuale secondo il numero dei rientri.
N. rientri
Italiani
Stranieri
Totale
m
f
mf
m
f
mf
1
72%
100%
73%
64%
37%
52%
60%
2
19%
0%
19%
20%
19%
20%
19%
3
7%
0%
7%
8%
11%
9%
8%
4
2%
0%
2%
3%
8%
5%
4%
5
0%
0%
0%
2%
6%
4%
3%
6
0%
0%
0%
1%
3%
2%
1%
7
0%
0%
0%
0%
2%
1%
1%
8
0%
0%
0%
1%
4%
2%
1%
9
0%
0%
0%
0%
2%
1%
0%
10 e più
Totale
0%
0%
0%
0%
7%
3%
2%
100%
100%
100%
100%
100%
100%
100%
Tabella 3 - Soggetti entrati in CPA nel 2001 con successivi rientri secondo la tipologia di reato.
N. rientri
Reati
Totale
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 e più
Omicidio volontario
2
0
0
0
0
0
0
0
0
0
2
Omicidio preterintenz.
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
2
Contro la persona
Omicidio colposo
2
0
0
0
0
0
0
0
0
0
Violenze sessuali
4
0
0
0
0
0
0
0
0
0
4
Rissa
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
1
Altro contro la persona
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
Contro il patrimonio
Furto
239
86
37
25
15
7
5
6
2
8
430
66
25
12
2
2
0
0
4
1
5
117
Estorsione
3
0
0
0
0
0
0
0
0
0
3
Ricettazione, ecc.
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
Altro contro il patrimonio
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
1
Art.73 DPR 309/90
97
21
9
0
1
0
0
0
0
0
128
Art.74 DPR 309/90
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
1
Falsità in atti e persone
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
Altri delitti
2
0
0
0
0
0
0
0
0
0
2
419
135
58
27
18
7
5
10
3
13
695
Rapina
Altri reati
Totale
220
Tabella 4 - Soggetti entrati in CPA nel 2001 con successivi rientri secondo il provvedimento di uscita.
N. rientri
Provvedimento di uscita
1
2
3
4
5
Totale
6
7
8
9 10 e più
Con applicazione misura cautelare
Prescrizioni
48
9
2
1
0
0
0
0
0
0
60
Permanenza in casa
89
21
7
4
3
0
0
0
0
0
124
Coll. in comunità
61
20
6
4
0
0
0
0
0
0
91
Custodia cautelare
81
28
11
6
1
3
0
1
0
0
131
131
Altre uscite
Remissione in lib. G.I.P.
78
31
11
2
4
1
2
1
0
1
Immediata lib. P.M.
39
18
11
2
2
1
0
0
0
1
74
Mancata convalida
6
1
0
2
0
0
1
0
0
0
10
Minore di 14 anni
9
6
9
6
8
2
2
8
3
11
64
Altro
8
1
1
0
0
0
0
0
0
0
10
419
135
58
27
18
7
5
10
3
13
695
Totale
Tabella 5 - Soggetti entrati in CPA nel 2001 con successivi rientri secondo l’area territoriale.
Aree territoriali
Italiani
Stranieri
Totale
m
f
mf
m
f
mf
176
13
189
529
109
638
14
0
14
119
30
149
163
8%
0%
7%
22%
28%
23%
20%
107
11
118
219
47
266
384
9
1
10
18
8
26
36
8%
9%
8%
8%
17%
10%
9%
222
16
238
343
257
600
838
35
0
35
97
133
230
265
16%
0%
15%
28%
52%
38%
32%
Entrati in CPA nel 2001
592
18
610
81
32
113
723
di cui con successivi rientri
102
0
102
5
8
13
115
17%
0%
17%
6%
25%
12%
16%
Entrati in CPA nel 2001
440
13
453
25
13
38
491
di cui con successivi rientri
111
1
112
2
2
4
116
25%
8%
25%
8%
15%
11%
24%
Nord Ovest
Entrati in CPA nel 2001
di cui con successivi rientri
% soggetti con rientri
827
Nord Est
Entrati in CPA nel 2001
di cui con successivi rientri
% soggetti con rientri
Centro
Entrati in CPA nel 2001
di cui con successivi rientri
% soggetti con rientri
Sud
% soggetti con rientri
Isole
% soggetti con rientri
221
Tabella 5a - Soggetti entrati in CPA nel 2001 con successivi rientri, secondo l’area territoriale di
appartenenza del CPA: composizione percentuale secondo il numero dei rientri.
N. rientri
Area geografica CPA
Totale
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud
Isole
1
66%
78%
45%
77%
66%
60%
2
18%
11%
21%
15%
24%
19%
3
10%
0%
10%
5%
8%
8%
4
3%
8%
6%
2%
2%
4%
5
2%
0%
6%
0%
0%
3%
6
1%
0%
2%
0%
0%
1%
7
0%
0%
2%
0%
1%
1%
8
0%
3%
3%
0%
0%
1%
9
0%
0%
1%
0%
0%
0%
10 e più
0%
0%
5%
1%
0%
2%
100%
100%
100%
100%
100%
100%
Totale
222
Tabella 6 - Soggetti entrati in C.P.A. nell’anno 2001 secondo eventuali successivi rientri e il sesso.
Sesso
Rientrato
Totale
sì
no
512
2.222
2.734
% di riga
19%
81%
100%
% di colonna
74%
87%
84%
183
346
529
% di riga
35%
65%
100%
% di colonna
26%
13%
16%
695
2.568
3.263
Maschi
Femmine
Totale
% di riga
21%
79%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Test di significatività – Sesso
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
66,566
1
,000
Coefficiente di rischio – Sesso
Valore
Rapporto odd (rientrati/non
2,295
Intervallo di confidenza 95%
Inferiore
Superiore
1,873
2,813
rientrati)
Per femmine
1,954
1,668
2,290
Per maschi
0,851
0,812
0,892
Tabella 7 - Soggetti entrati in C.P.A. nell’anno 2001 secondo eventuali successivi rientri e la nazionalità.
Nazionalità
Rientrato
Totale
sì
no
273
1.325
1.598
% di riga
17%
83%
100%
% di colonna
39%
52%
49%
422
1.243
1.665
100%
Italiani
Stranieri
% di riga
25%
75%
% di colonna
61%
48%
51%
695
2.568
3.263
Totale
% di riga
21%
79%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
223
Tabella 7a - Soggetti entrati in C.P.A. nell’anno 2001 secondo eventuali successivi rientri, la nazionalità e il
luogo di nascita.
Nazionalità
Rientrato
Totale
sì
no
273
1.325
1.598
% di riga
17%
83%
100%
% di colonna
39%
52%
49%
132
140
272
% di riga
49%
51%
100%
% di colonna
19%
5%
8%
290
1.103
1.393
100%
Italiani
Stranieri nati in Italia
Stranieri nati all'estero
% di riga
21%
79%
% di colonna
42%
43%
43%
695
2.568
3.263
Totale
% di riga
21%
79%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Test di significatività – Nazionalità
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
33,201
1
,000
Coefficiente di rischio – Nazionalità
Valore
Intervallo di confidenza 95%
Inferiore
Superiore
0,607
0,512
0,720
Per italiani
0,761
0,689
0,841
Per stranieri
1,254
1,167
1,348
Rapporto odd (rientrati/non
rientrati)
Test di significatività – Luogo di nascita dei minori stranieri
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
92,354
1
,000
Coefficiente di rischio – Luogo di nascita dei minori stranieri
Valore
Rapporto odd (rientrati/non
3,586
Intervallo di confidenza 95%
Inferiore
Superiore
2,736
4,701
rientrati)
Per nato in Italia
2,777
2,250
3,428
Per nato all’estero
0,774
0,724
0,828
224
Tabella 8 - Soggetti entrati in C.P.A. nell’anno 2001 con eventuali successivi rientri, secondo il titolo di
studio.
Titolo di studio
Rientrato
Sì
Analfabeta
Privo di titolo di studio
Licenza elementare
Licenza media inferiore
Diploma media superiore
Qualifica professionale
Altro
Totale
Totale
No
126
309
435
29%
71%
100%
148
428
576
26%
74%
100%
269
738
1.007
27%
73%
100%
143
1012
1.155
12%
88%
100%
0
10
10
0%
100%
100%
3
18
21
14%
86%
100%
6
53
59
10%
90%
100%
695
2.568
3.263
21%
79%
100%
Tabella 8a - Soggetti entrati in C.P.A. nell’anno 2001 secondo eventuali successivi rientri e la scolarità.
Scuola dell'obbligo
Rientrato
Totale
sì
no
146
1.040
1.186
% di riga
12%
88%
100%
% di colonna
21%
40%
36%
549
1.528
2.077
100%
Sì
No
% di riga
26%
74%
% di colonna
79%
60%
64%
695
2.568
3.263
Totale
% di riga
21%
79%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Valore
df
Sig.
89,816
1
,000
Test di significatività – Scolarità
Chi-quadrato di Pearson
Coefficiente di rischio – Scolarità
Valore
Intervallo di confidenza 95%
Inferiore
Superiore
Rapporto odd
2,559
2,098
3,122
Per scuola dell’obbligo = no
1,328
1,263
1.395
Per scuola dell’obbligo = sì
0,519
0,446
0,604
225
Tabella 9 - Soggetti entrati in C.P.A. nell’anno 2001 con eventuali successivi rientri, secondo l’attività svolta.
Attività svolta
Rientrato
Totale
Sì
Occupato stabilmente
Occupato saltuariamente
Lavoro irregolare
Titolare di borsa lavoro
Disoccupato
In cerca di prima occupazione
Condizione non professionale: <15anni
Condizione non professionale: studente
Condizione non professionale: altro
Totale
No
23
196
219
11%
89%
100%
35
208
243
14%
86%
100%
47
240
287
16%
84%
100%
1
7
8
13%
88%
100%
100
431
531
19%
81%
100%
245
512
757
32%
68%
100%
36
57
93
39%
61%
100%
62
388
450
14%
86%
100%
146
529
675
22%
78%
100%
695
2.568
3.263
21%
79%
100%
Tabella 9a - Soggetti entrati in C.P.A. nell’anno 2001 secondo eventuali successivi rientri e l’attività svolta.
Attività
Rientrato
Totale
sì
no
168
1.039
1.207
% di riga
14%
86%
100%
% di colonna
24%
40%
37%
527
1.529
2.056
100%
Lavora o studia
Nessuna attività
% di riga
26%
74%
% di colonna
76%
60%
63%
695
2.568
3.263
Totale
% di riga
21%
79%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Valore
df
Sig.
62,250
1
,000
Test di significatività – Attività svolta
Chi-quadrato di Pearson
Coefficiente di rischio – Attività svolta
Valore
Intervallo di confidenza 95%
Inferiore
Superiore
Rapporto odd
2,132
1,762
2,579
Per nessuna attività
1,274
1,208
1,342
Per lavora o studia
0,597
0,520
0,687
226
Tabella 10 - Soggetti entrati in C.P.A. nell’anno 2001 secondo eventuali successivi rientri e la categoria di
reato.
Categorie di reato
Rientrato
Totale
sì
Contro la persona
% di riga
% di colonna
Contro il patrimonio
no
11
113
124
9%
91%
100%
2%
4%
4%
552
1703
2.255
% di riga
24%
76%
100%
% di colonna
79%
66%
69%
129
708
837
% di riga
15%
85%
100%
% di colonna
19%
28%
26%
3
44
47
6%
94%
100%
Violazione legge stupefacenti
Altri reati
% di riga
% di colonna
Totale
0%
2%
1%
695
2.568
3.263
% di riga
21%
79%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Test di significatività – Tipologia di reato
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
44,023
1
,000
Coefficiente di rischio – Tipologia di reato
Valore
Intervallo di confidenza 95%
Inferiore
Superiore
1,961
1,603
2,398
Per Reati contro il patrimonio
1,198
1,143
1,255
Per Altri reati
0,611
0,523
0,714
Rapporto odd
(rientrati/non rientrati)
227
Tabella 11 - Soggetti entrati in C.P.A. nell’anno 2001 secondo eventuali successivi rientri e la correità.
Correità
Rientrato
Totale
sì
no
472
1.771
2.243
% di riga
21%
79%
100%
% di colonna
68%
69%
69%
223
797
1.020
100%
Con coimputati
Nessun coimputato
% di riga
22%
78%
% di colonna
32%
31%
31%
695
2.568
3.263
Totale
% di riga
21%
79%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Test di significatività – Correità
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
0,281
1
,596
Coefficiente di rischio – Correità
Valore
Intervallo di confidenza 95%
Inferiore
Superiore
0,953
0,796
1,140
Per correità =sì
0,985
0,930
1,043
Per correità = no
1,034
0,915
1,169
Rapporto odd
(rientrati/non rientrati)
228
Tabella 12 - Soggetti entrati in C.P.A. nell’anno 2001 con eventuali successivi rientri, secondo il
provvedimento di uscita.
Provvedimento di uscita
Rientrato
Con misura cautelare
Totale
Sì
No
407
1.856
2.263
% di riga
18%
82%
100%
% di colonna
59%
72%
69%
Prescrizioni
60
336
396
% di riga
15%
85%
100%
Permanenza in casa
125
491
616
% di riga
20%
80%
100%
Collocamento in comunità
91
403
494
% di riga
18%
82%
100%
Custodia cautelare
131
626
757
% di riga
17%
83%
100%
288
712
1.000
% di riga
29%
71%
100%
31%
Altre uscite
% di colonna
41%
28%
Minore di 14 anni
64
29
93
% di riga
69%
31%
100%
Immediata liberazione P.M.
73
196
269
% di riga
27%
73%
100%
Mancata convalida G.I.P.
10
20
30
% di riga
33%
67%
100%
Remissione in libertà
131
437
568
% di riga
23%
77%
100%
Decorrenza termini
2
5
7
% di riga
29%
71%
100%
Maggiorenne
1
14
15
% di riga
7%
93%
100%
Altro
7
11
18
% di riga
39%
61%
100%
695
2.568
3.263
% di riga
21%
79%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Totale
Test di significatività – Provvedimento di uscita
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
48,392
1
,000
Coefficiente di rischio – Provvedimento di uscita
Valore
Intervallo di confidenza 95%
Inferiore
Superiore
Rapporto odd
1,845
1,550
2,195
Per Misura cautelare = no
1,495
1,341
1,665
Per Misura cautelare = sì
0,810
0,758
0,866
229
Logistic Regression
Case Processing Summary
Unweighted Cases
Selected Cases
a
N
Included in Analysis
Missing Cases
Total
Unselected Cases
Total
700
758
1458
0
1458
Percent
48,0
52,0
100,0
,0
100,0
a. If weight is in effect, see classification table for the total
number of cases.
Dependent Variable Encoding
Original Value
no
sì
Internal Value
0
1
Categorical Variables Codings
Area1
naz_ultima
Nomade1
TitStud2
CondProf2
Categoria
di reato
Uscita1
Coimp
Sesso1
Nord Occidentale
Nord Orientale
Centrale
Meridionale
Insulare
Italiani
Stranieri nati in Italia
Stranieri nati all'estero
No
Sì
No scuola dell'obbligo
Scuola dell'obbligo
Non impegnato
Impegnato
Altri reati
Contro il patrimonio
Nessuna misura o altro
Misura cautelare
Nessun coimputato
Coimputati
Maschi
Femmine
Frequency
239
93
266
64
38
108
135
457
387
313
580
120
572
128
214
486
292
408
225
475
486
214
(1)
1,000
,000
,000
,000
-1,000
1,000
,000
-1,000
,000
1,000
,000
1,000
,000
1,000
,000
1,000
,000
1,000
,000
1,000
,000
1,000
Parameter coding
(2)
(3)
,000
,000
1,000
,000
,000
1,000
,000
,000
-1,000
-1,000
,000
1,000
-1,000
(4)
,000
,000
,000
1,000
-1,000
230
Block 0: Beginning Block
Iteration Historya,b,c
Iteration
Step
1
0
2
Coefficients
Constant
,011
,011
-2 Log
likelihood
970,383
970,383
a. Constant is included in the model.
b. Initial -2 Log Likelihood: 970,383
c. Estimation terminated at iteration number 2 because
parameter estimates changed by less than ,001.
Classification Tablea,b
Predicted
Rientrato
Step 0
Observed
Rientrato
no
no
sì
sì
0
0
348
352
Overall Percentage
Percentage
Correct
,0
100,0
50,3
a. Constant is included in the model.
b. The cut value is ,500
Variables in the Equation
Step 0
Constant
B
,011
S.E.
,076
Wald
,023
df
1
Sig.
,880
1
2
1
1
1
1
1
1
1
1
4
1
1
1
1
1
14
Sig.
,000
,000
,723
,000
,000
,000
,000
,000
,853
,000
,000
,678
,000
,000
,313
,000
,000
Exp(B)
1,011
Variables not in the Equation
Step
0
Variables
Overall Statistics
Sesso1(1)
naz_ultima
naz_ultima(1)
naz_ultima(2)
Eta_ultima
TitStud2(1)
CondProf2(1)
Cat_reato1(1)
Coimp(1)
Uscita1(1)
Area1
Area1(1)
Area1(2)
Area1(3)
Area1(4)
Nomade1(1)
Score
28,243
52,530
,126
23,366
81,714
21,922
20,880
28,633
,034
25,853
61,637
,172
12,201
40,701
1,019
54,612
151,939
df
231
Block 1: Method = Forward Stepwise (Wald)
Iteration Historya,b,c,d,e
-2 Log
likelihood
885,928
885,489
885,489
885,489
838,385
835,919
835,911
835,911
828,509
825,430
825,416
825,416
819,124
815,014
814,987
814,987
809,988
804,888
804,841
804,841
804,841
Iteration
Step
1
1
2
3
4
Step
1
2
2
3
4
Step
1
3
2
3
4
Step
1
4
2
3
4
Step
1
5
2
3
4
5
Constant
7,074
7,647
7,657
7,657
6,022
6,970
7,027
7,027
5,804
6,772
6,838
6,838
5,680
6,786
6,884
6,885
5,150
6,244
6,357
6,358
6,358
Eta_ultima
-,461
-,498
-,499
-,499
-,410
-,474
-,477
-,477
-,387
-,451
-,456
-,456
-,360
-,429
-,435
-,435
-,320
-,385
-,392
-,392
-,392
Area1(1)
Area1(2)
Area1(3)
Coefficients
Area1(4)
CondProf2(1)
Uscita1(1)
naz_ultima(1)
naz_ultima(2)
,178
,209
,211
,211
,148
,177
,180
,180
,107
,125
,127
,127
,129
,162
,166
,166
,166
-,592
-,738
-,750
-,750
-,620
-,782
-,796
-,796
-,620
-,796
-,815
-,815
-,623
-,813
-,837
-,837
-,837
,819
,949
,956
,957
,789
,925
,934
,934
,739
,878
,890
,890
,682
,817
,830
,830
,830
-,247
-,265
-,265
-,265
-,202
-,212
-,212
-,212
-,156
-,150
-,147
-,147
-,150
-,148
-,145
-,145
-,145
-,589
-,712
-,720
-,720
-,609
-,742
-,753
-,753
-,591
-,725
-,736
-,736
-,736
-,445
-,553
-,563
-,563
-,413
-,524
-,536
-,536
-,536
-,153
-,175
-,177
-,177
-,177
,368
,462
,473
,473
,473
a. Method: Forward Stepwise (Wald)
b. Constant is included in the model.
c. Initial -2 Log Likelihood: 970,383
d. Estimation terminated at iteration number 4 because parameter estimates changed by less than ,001.
e. Estimation terminated at iteration number 5 because parameter estimates changed by less than ,001.
Omnibus Tests of Model Coefficients
Step 1
Step 2
Step 3
Step 4
Step 5
Step
Block
Model
Step
Block
Model
Step
Block
Model
Step
Block
Model
Step
Block
Model
Chi-square
84,894
84,894
84,894
49,578
134,472
134,472
10,494
144,967
144,967
10,429
155,396
155,396
10,146
165,542
165,542
df
1
1
1
4
5
5
1
6
6
1
7
7
2
9
9
Sig.
,000
,000
,000
,000
,000
,000
,001
,000
,000
,001
,000
,000
,006
,000
,000
Model Summary
Step
1
2
3
4
5
-2 Log
Cox & Snell
likelihood
R Square
a
885,489
,114
835,911a
,175
825,416a
,187
814,987a
,199
804,841b
,211
Nagelkerke
R Square
,152
,233
,249
,265
,281
a. Estimation terminated at iteration number 4 because
parameter estimates changed by less than ,001.
b. Estimation terminated at iteration number 5 because
parameter estimates changed by less than ,001.
232
Hosmer and Lemeshow Test
Step
1
2
3
4
5
Chi-square
11,241
4,413
11,657
10,421
8,965
df
4
8
8
8
8
Sig.
,024
,818
,167
,237
,345
Contingency Table for Hosmer and Lemeshow Test
Step
1
Step
2
Step
3
Step
4
Step
5
1
2
3
4
5
6
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Rientrato = no
Observed
Expected
11
11,839
130
122,951
95
93,974
43
58,851
35
30,376
34
30,009
55
54,425
70
67,568
36
34,222
38
40,722
37
36,607
29
35,126
27
26,357
24
25,097
19
17,889
13
9,987
63
58,740
44
50,307
52
48,586
58
53,459
34
38,044
26
31,517
28
27,473
22
21,659
9
9,915
12
8,300
63
61,810
58
57,262
55
53,043
29
33,675
38
36,596
38
33,879
23
26,690
14
21,804
20
15,975
10
7,266
61
59,618
56
56,169
54
51,999
45
45,496
41
41,763
33
33,885
21
25,281
18
19,143
11
11,314
8
3,332
Rientrato = sì
Observed
Expected
4
3,161
47
54,049
67
68,026
86
70,149
55
59,624
93
96,991
10
10,575
23
25,432
15
16,778
30
27,278
31
31,393
44
37,874
35
35,643
51
49,903
57
58,111
56
59,013
6
10,260
23
16,693
20
23,414
31
35,541
40
35,956
43
37,483
45
45,527
56
56,341
39
38,085
49
52,700
9
10,190
18
18,738
25
26,957
28
23,325
31
32,404
34
38,121
45
41,310
56
48,196
53
57,025
53
55,734
8
9,382
18
17,831
23
25,001
31
30,504
37
36,237
43
42,115
49
44,719
54
52,857
59
58,686
30
34,668
Total
15
177
162
129
90
127
65
93
51
68
68
73
62
75
76
69
69
67
72
89
74
69
73
78
48
61
72
76
80
57
69
72
68
70
73
63
69
74
77
76
78
76
70
72
70
38
233
Classification Tablea
Predicted
Rientrato
Step 1
Observed
Rientrato
Step 2
Overall Percentage
Rientrato
Step 3
Overall Percentage
Rientrato
Step 4
Overall Percentage
Rientrato
Step 5
Overall Percentage
Rientrato
Overall Percentage
no
sì
no
sì
236
118
112
234
no
sì
236
109
112
243
no
sì
228
98
120
254
no
sì
251
116
97
236
no
sì
257
118
91
234
Percentage
Correct
67,8
66,5
67,1
67,8
69,0
68,4
65,5
72,2
68,9
72,1
67,0
69,6
73,9
66,5
70,1
a. The cut value is ,500
234
Variables in the Equation
Step
a
1
Step
b
2
Step
c
3
Step
d
4
Step
e
5
Eta_ultima
Constant
Eta_ultima
Area1
Area1(1)
Area1(2)
Area1(3)
Area1(4)
Constant
Eta_ultima
CondProf2(1)
Area1
Area1(1)
Area1(2)
Area1(3)
Area1(4)
Constant
Eta_ultima
CondProf2(1)
Uscita1(1)
Area1
Area1(1)
Area1(2)
Area1(3)
Area1(4)
Constant
naz_ultima
naz_ultima(1)
naz_ultima(2)
Eta_ultima
CondProf2(1)
Uscita1(1)
Area1
Area1(1)
Area1(2)
Area1(3)
Area1(4)
Constant
B
-,499
7,657
-,477
S.E.
,057
,885
,060
,211
-,750
,957
-,265
7,027
-,456
-,720
,151
,224
,153
,237
,919
,060
,226
,180
-,796
,934
-,212
6,838
-,435
-,753
-,563
,153
,226
,154
,240
,924
,061
,229
,175
,127
-,815
,890
-,147
6,885
,155
,230
,156
,242
,940
-,177
,473
-,392
-,736
-,536
,191
,178
,064
,240
,177
,166
-,837
,830
-,145
6,358
,165
,234
,164
,245
,979
Wald
75,508
74,781
64,308
46,078
1,947
11,184
39,253
1,244
58,434
57,668
10,148
44,756
1,376
12,373
36,740
,777
54,714
50,658
10,847
10,380
41,336
,667
12,602
32,719
,369
53,589
9,739
,862
7,095
38,036
9,408
9,195
35,752
1,015
12,770
25,736
,351
42,200
df
1
1
1
4
1
1
1
1
1
1
1
4
1
1
1
1
1
1
1
1
4
1
1
1
1
1
2
1
1
1
1
1
4
1
1
1
1
1
Sig.
,000
,000
,000
,000
,163
,001
,000
,265
,000
,000
,001
,000
,241
,000
,000
,378
,000
,000
,001
,001
,000
,414
,000
,000
,543
,000
,008
,353
,008
,000
,002
,002
,000
,314
,000
,000
,554
,000
Exp(B)
,607
2115,347
,620
95,0% C.I.for EXP(B)
Lower
Upper
,543
,680
,552
,697
1,235
,472
2,603
,768
1126,464
,634
,487
,918
,304
1,930
,482
1,662
,733
3,510
1,222
,564
,312
,713
,758
1,197
,451
2,545
,809
932,602
,647
,471
,569
,886
,290
1,882
,505
1,616
,703
3,443
1,296
,574
,301
,404
,730
,737
,802
1,135
,442
2,436
,863
977,161
,837
,282
1,795
,537
1,540
,694
3,305
1,387
,838
1,605
,676
,479
,585
,576
1,133
,597
,299
,414
1,217
2,274
,766
,767
,827
1,181
,433
2,294
,865
577,349
,855
,273
1,664
,535
1,631
,685
3,161
1,399
a. Variable(s) entered on step 1: Eta_ultima.
b. Variable(s) entered on step 2: Area1.
c. Variable(s) entered on step 3: CondProf2.
d. Variable(s) entered on step 4: Uscita1.
e. Variable(s) entered on step 5: naz_ultima.
235
Variables not in the Equation
Step
1
Step
2
Step
3
Step
4
Step
5
Variables
Overall Statistics
Variables
Overall Statistics
Variables
Overall Statistics
Variables
Overall Statistics
Variables
Overall Statistics
Sesso1(1)
naz_ultima
naz_ultima(1)
naz_ultima(2)
TitStud2(1)
CondProf2(1)
Cat_reato1(1)
Coimp(1)
Uscita1(1)
Area1
Area1(1)
Area1(2)
Area1(3)
Area1(4)
Nomade1(1)
Sesso1(1)
naz_ultima
naz_ultima(1)
naz_ultima(2)
TitStud2(1)
CondProf2(1)
Cat_reato1(1)
Coimp(1)
Uscita1(1)
Nomade1(1)
Sesso1(1)
naz_ultima
naz_ultima(1)
naz_ultima(2)
TitStud2(1)
Cat_reato1(1)
Coimp(1)
Uscita1(1)
Nomade1(1)
Sesso1(1)
naz_ultima
naz_ultima(1)
naz_ultima(2)
TitStud2(1)
Cat_reato1(1)
Coimp(1)
Nomade1(1)
Sesso1(1)
TitStud2(1)
Cat_reato1(1)
Coimp(1)
Nomade1(1)
Score
8,926
22,261
,002
10,049
5,388
11,666
12,571
,074
13,632
48,792
,017
8,405
32,019
,716
19,116
80,401
1,576
12,855
,696
8,612
1,833
10,349
4,245
,394
9,726
9,452
33,621
,512
11,141
2,651
9,857
,385
4,147
,240
10,481
5,578
23,480
,364
9,973
2,873
9,149
,508
3,321
,237
5,063
13,239
,043
,307
1,254
,420
1,155
3,242
df
1
2
1
1
1
1
1
1
1
4
1
1
1
1
1
13
1
2
1
1
1
1
1
1
1
1
9
1
2
1
1
1
1
1
1
1
8
1
2
1
1
1
1
1
1
7
1
1
1
1
1
5
Sig.
,003
,000
,965
,002
,020
,001
,000
,786
,000
,000
,896
,004
,000
,397
,000
,000
,209
,002
,404
,003
,176
,001
,039
,530
,002
,002
,000
,474
,004
,103
,002
,535
,042
,624
,001
,018
,003
,546
,007
,090
,002
,476
,068
,627
,024
,066
,836
,579
,263
,517
,282
,663
236
Allegato 3
Tabella 1 – Soggetti di nazionalità italiana entrati in I.P.M. nell’anno 2001 per la prima volta secondo
eventuali successivi rientri in I.P.M. e l’età all’ingresso.
Età
Rientrato
sì
Totale
no
6
12
18
% di riga
33%
67%
100%
% di colonna
6%
4%
5%
24
26
50
% di riga
48%
52%
100%
% di colonna
25%
9%
13%
34
75
109
% di riga
31%
69%
100%
% di colonna
35%
25%
28%
22
135
157
% di riga
14%
86%
100%
% di colonna
23%
46%
40%
10
48
58
% di riga
17%
83%
100%
% di colonna
10%
16%
15%
96
296
392
% di riga
24%
76%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
14 anni
15 anni
16 ani
17 anni
giovani adulti
Totale
Test di significatività – Età al primo ingresso per rientri in IPM
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
29,322
4
0,000
Tabella 1a – Soggetti di nazionalità italiana entrati in I.P.M. nell’anno 2001 per la prima volta secondo
eventuali successivi rientri e l’età all’ingresso.
Età
Rientrato
sì
Totale
no
10
8
18
% di riga
56%
44%
100%
% di colonna
4%
5%
5%
36
14
50
% di riga
72%
28%
100%
% di colonna
15%
9%
13%
68
41
109
% di riga
62%
38%
100%
% di colonna
29%
26%
28%
87
70
157
% di riga
55%
45%
100%
% di colonna
37%
45%
40%
36
22
58
% di riga
62%
38%
100%
% di colonna
15%
14%
15%
237
155
392
% di riga
60%
40%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
14 anni
15 anni
16 ani
17 anni
giovani adulti
Totale
239
Test di significatività – Età al primo ingresso per rientri in IPM e in strutture per adulti
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
4,87
4
0,301
Tabella 2 - Soggetti di nazionalità italiana entrati in I.P.M. nell’anno 2001 per la prima volta secondo
eventuali successivi rientri e il sesso.
Sesso
Rientrato
sì
Totale
no
233
150
383
% di riga
61%
39%
100%
% di colonna
98%
97%
98%
4
5
9
44%
56%
100%
maschi
femmine
% di riga
% di colonna
Totale
2%
3%
2%
237
155
392
% di riga
60%
40%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Test di significatività – Sesso per rientri in IPM e in strutture per adulti
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
0,988
1
0,32
Tabella 3 - Soggetti di nazionalità italiana entrati in I.P.M. nell’anno 2001 per la prima volta secondo
eventuali successivi rientri e la scolarità.
Scuola dell'obbligo
Rientrato
sì
Totale
no
96
80
176
% di riga
55%
45%
100%
% di colonna
41%
52%
45%
141
75
216
% di riga
65%
35%
100%
% di colonna
59%
48%
55%
237
155
392
% di riga
60%
40%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Sì
No
Totale
Test di significatività – Scolarità per rientri in IPM e in strutture per adulti
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
4,673
1
0,031
240
Tabella 4 – Soggetti di nazionalità italiana entrati in I.P.M. nell’anno 2001 per la prima volta secondo
eventuali successivi rientri e il motivo di uscita.
Principali motivi di uscita
Rientrato
sì
Totale
no
97
40
137
% di riga
71%
29%
100%
% di colonna
41%
26%
35%
28
15
43
% di riga
65%
35%
100%
% di colonna
12%
10%
11%
40
66
106
% di riga
38%
62%
100%
% di colonna
17%
43%
27%
41
10
51
% di riga
80%
20%
100%
% di colonna
17%
6%
13%
3
7
10
% di riga
30%
70%
100%
% di colonna
1%
5%
3%
7
2
9
% di riga
78%
22%
100%
% di colonna
3%
1%
2%
21
15
36
58%
42%
100%
9%
10%
9%
237
155
392
decorrenza dei termini
revoca custodia cautelare
trasformazione misura cautelare
espiazione pena
applicazione misure alternative
sospensione condizionale della pena
altri motivi o n.r.
% di riga
% di colonna
Totale
% di riga
60%
40%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Test di significatività – Motivo di uscita per rientri in IPM e in strutture per adulti
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
48,808
7
0,000
241
Tabella 5 – Soggetti di nazionalità italiana entrati in I.P.M. nell’anno 2001 per la prima volta secondo
eventuali successivi rientri e l’area geografica di residenza.
Area geografica di residenza
Rientrato
sì
Totale
no
24
25
49
% di riga
49%
51%
100%
% di colonna
10%
16%
13%
14
14
28
% di riga
50%
50%
100%
% di colonna
6%
9%
7%
17
16
33
52%
48%
100%
Nord Ovest
Nord Est
Centro
% di riga
% di colonna
7%
10%
8%
103
45
148
% di riga
70%
30%
100%
% di colonna
43%
29%
38%
79
55
134
% di riga
59%
41%
100%
% di colonna
33%
35%
34%
237
155
392
% di riga
60%
40%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Sud
Isole
Totale
Test di significatività – Residenza per rientri in IPM e in strutture per adulti
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
10,38
4
0,034
Tabella 6 - Soggetti di nazionalità italiana entrati in I.P.M. nell’anno 2001 per la prima volta secondo
eventuali successivi rientri e la posizione giuridica.
Posizione giuridica
Rientrato
sì
Totale
no
171
124
295
% di riga
58%
42%
100%
% di colonna
72%
80%
75%
58
22
80
% di riga
73%
28%
100%
% di colonna
24%
14%
20%
8
9
17
47%
53%
100%
Custodia cautelare
Espiazione pena
n.r.
% di riga
% di colonna
Totale
3%
6%
4%
237
155
392
% di riga
60%
40%
100%
% di colonna
100%
100%
100%
Test di significatività – Posizione giuridica per rientri in IPM e in strutture per adulti
Chi-quadrato di Pearson
Valore
df
Sig.
5,59
1
0,018
242
STUDI, ARTICOLI, INTERVENTI E INTERVISTE
SULLA DEVIANZA MINORILE - ITALIA
STUDI, ARTICOLI, INTERVENTI E INTERVISTE
SULLA DEVIANZA MINORILE - ITALIA
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INOLTRE:
Nel sito del Dipartimento per la Giustizia Minorile (www.giustiziaminorile.it) è possibile consultare gli
ultimi aggiornamenti sui Dati Statistici e le Analisi Statistiche (nonché l’archivio storico relativo ad essi)
al seguente indirizzo: http://www.giustiziaminorile.it/statistica/index.html
La segnalazione di pubblicazioni e riviste significative (alcune delle quali direttamente consultabili) è
invece presente al seguente indirizzo: http://www.giustiziaminorile.it/pubbl/index.html
Infine, studi e ricerche in corso o già concluse realizzate dal Dipartimento e non sono consultabili
all’indirizzo http://www.giustiziaminorile.it/rsi/studi/index.asp
STUDI, ARTICOLI, INTERVENTI E INTERVISTE
SULLA DEVIANZA MINORILE E LA RECIDIVA INTERNAZIONALE
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