I segni distintivi
Lorenzo Benatti
Parma, 23 settembre 2011
I segni distintivi
• Alcuni segni distintivi sono disciplinati dalla legge in
modo abbastanza completo:
– Ditta,
– Marchio.
• Altri segni sono solo parzialmente disciplinati:
– Insegna,
– Nome a dominio.
• Vi sono infine segni distintivi non previsti in modo
esplicito dalla legge, detti anche atipici; sono tutelati
in base alla disciplina sulla repressione della
concorrenza sleale.
Funzione dei segni distintivi
favorire la formazione ed il mantenimento della
clientela (collettori clientela).
Principi comuni
• Libertà di formazione da parte dell’imprenditore, nel
rispetto di tre principi:
– verità,
– novità,
– capacità distintiva.
Ma i segni distintivi devono anche essere leciti
• Diritto all’uso esclusivo,
ma non si può impedire che altri adotti lo stesso segno
distintivo quando, per la diversità dell’attività di
impresa o dei mercati serviti, non vi è pericolo di
confusione e sviamento della clientela.
• Possono essere trasferiti,
ma solo a determinate condizioni: occorre evitare che
si tragga in inganno il pubblico.
Unitarietà dei segni distintivi
• Art. 22 cpi enuncia un principio generale, per il
quale è da ritenere che ditta, insegna, marchio e
nome a dominio non devono essere uguali o simili
all’altrui insegna, ditta, marchio o nome a
dominio quando «a causa dell’identità o
dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di
quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il
marchio è adottato, possa determinarsi un rischio
di confusione per il pubblico».
La Ditta
• È il
– «nome
commerciale
dell’imprenditore»
(Campobasso), oppure
– il nome dell’azienda, oppure
– «il segno distintivo dell’impresa» (Vanzetti – Di
Cataldo).
La Ditta
• Se non è indicato diversamente la ditta coincide
col nome civile dell’imprenditore. Altrimenti può
essere scelta dall’imprenditore nel rispetto dei
principi di verità, originalità, novità e liceità.
Capacità distintiva della ditta
• Si tratta generalmente di segni denominativi (quelli
figurativi si considerano emblemi).
• La sua funzione è rivolta agli operatori professionali.
• Per garantire capacità distintiva e novità della ditta
bastano differenze lievi rispetto denominazione
generica e ditte esistenti.
• Si assiste spesso all’unificazione ditta-marchio.
Verità della Ditta
Bisogna distinguere:
• Ditta originaria, quella formata dall’imprenditore, «deve contenere almeno il cognome o la
sigla dell’imprenditore».
• Ditta derivata, quella formata da altro
imprenditore e trasferita insieme all’azienda, si
avrà una verità solo storica.
Liceità della ditta
• La ditta
– non deve
– non deve
– non deve
– non deve
essere
essere
essere
essere
contraria alla legge,
contraria all’ordine pubblico,
contraria al buon costume,
ingannevole.
Novità della Ditta
• La ditta non deve essere uguale o simile a quella usata
da altro imprenditore e tale da creare confusione per
l’oggetto dell’impresa o per il luogo in cui questa è
esercitata. Chi per primo l’ha utilizzata, ha diritto
all’uso esclusivo, chi l’ha adottata successivamente
dovrà integrarla o modificarla anche se corrisponde al
suo nome civile (art. 2564 c.c.).
• Ma (art. 22 cpi) non deve essere neppure «uguale o
simile all’altrui marchio se, a causa dell’identità o
dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di quei
segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è
adottato, possa determinarsi un rischio di confusione
per il pubblico che può consistere anche in un rischio di
associazione fra i due segni».
Obbligo di modifica
• Occorre che le due imprese siano tra loro
concorrenti.
• La giurisprudenza adotta un concetto di
concorrenzialità molto esteso.
• Occorre considerare:
– il mercato di sbocco;
– probabili possibilità espansione mercato imprese
interessate.
• Si ha riguardo alla ditta “effettiva”.
Costituzione del diritto
• Il diritto si acquista usando la ditta. L’uso determina
l’estensione del diritto, sia in senso merceologico che
territoriale.
• Il secondo comma dell’art. 2564 c.c. prevede che «per
le imprese commerciali l’obbligo dell’integrazione o
modificazione spetta a chi ha iscritto la propria nel
registro delle imprese in epoca posteriore». Si ritiene
però che l’iscrizione non abbia efficacia costitutiva
(Vanzetti – Di Cataldo), per cui il titolare può dare
prova di un proprio uso della ditta anteriore alla
registrazione, e della conoscenza di questo da parte
del registrante
Trasferimento della ditta
• La ditta è trasferibile solo insieme all’azienda.
• Se il trasferimento avviene per atto tra vivi
occorre il consenso espresso dell’alienante.
• Se il trasferimento avviene a causa di morte la
ditta si trasferisce salvo diversa volontà
testamentaria.
Estinzione del diritto
• La legge nulla dice.
• Si ritiene che l’estinzione si verifichi quando:
– cessa l’uso della ditta,
– si disperda la sua notorietà qualificata.
Il nome delle società
• La ragione sociale delle società di persone e la
denominazione sociale di quelle di capitali sono
disciplinate da specifiche norme. «Tuttavia si
applicano anche ad esse le disposizioni dell’art.
2564» (modificazione della ditta).
• Le società devono avere un nome che non può
essere uguale o simile a quello prescelto da altra
società concorrente.
Emblema
• L’emblema non è menzionato come segno
distintivo dalla legge. Si tratta solitamente di un
segno figurativo, che contraddistingue l’azienda
nel suo insieme. Si ritiene che vada assimilato alla
ditta, la cui disciplina si applica anche
all’emblema.
L’insegna
• Contraddistingue i locali dell’impresa o, secondo
alcuni, l’intero complesso aziendale.
• Il rilievo della tutela della disciplina dell’insegna è
ridotto dal fatto che le insegne più note sono
registrate e usate come marchi, e trovano tutela
nella disciplina di questi ultimi.
Novità dell’insegna
• Circa la novità, vale il principio generale enunciato
dall’art. 22 cpi circa l’unitarietà dei segni distintivi,
per cui è da ritenere che l’insegna non deve essere
uguale o simile all’altrui insegna, ditta, marchio o
nome a dominio se, a causa dell’identità o
dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di
quei segni ed i prodotti o servizi per i quali è
adottata, possa determinarsi un rischio di
confusione per il pubblico.
Dalle norme generali
• Si deduce che l’insegna dovrà essere:
– lecita,
– veritiera (non contenere indicazione che
possano trarre in inganno il pubblico circa
l’attività o i prodotti),
– originale (dotata di capacità distintiva).
Trasferimento insegna
• Nulla è detto, ma si ritiene trasferibile (secondo
alcuni insieme all’azienda).
• Si ritiene possibile anche la licenza non esclusiva
ed il co-uso dell’insegna.
Acquisto ed estinzione del diritto
• Il diritto all’uso esclusivo dell’insegna si acquista
con l’uso.
• L’insegna si estingue quando viene meno il ricordo
del segno presso il pubblico.
Nome a dominio prima del cpi
• Dottrina e giurisprudenza erano divise:
– il domain name non è un segno distintivo e non deve
essere tutelato come tale;
– il domain name è un segno distintivo assimilabile
all’insegna;
– il domain name è un segno distintivo assimilabile al
marchio;
– il domain name è un segno distintivo atipico e può
essere tutelato ricorrendo alla disciplina repressiva
della concorrenza sleale;
– Sono previste norme a tutela del nomain name
aziendale degli artt. 118, 6° co., e 133 cpi
(possibilità di intervenire sulla registrazione).
Nome a dominio oggi
• Per le norme di registrazione, il domain name non può
essere uguale a quello di altro soggetto.
• L’art. 22 cpi (e la lett. c del 1° c. dell’art. 12) include
esplicitamente tra i segni distintivi anche il nome a
dominio, ma il cpi non ne fornisce una disciplina
dettagliata.
• Quando è adottato da un imprenditore, il nome a
dominio non deve essere uguale o simile all’altrui
insegna, ditta, marchio o nome a dominio «se, a causa
dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa dei
titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il
marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di
confusione per il pubblico».
Trasferimento nome a dominio
• Il regolamento di assegnazione afferma che il
domain name è trasferibile. Nulla conduce a
conclusione opposta in base alla disciplina dei
segni distintivi.
• Per l’unicità dei domain name, non sono possibili
la licenza non esclusiva ed il co-uso.
Il marchio
• Il marchio è il segno che distingue i prodotti.
• Attribuisce a chi lo registra il diritto di valersene in
modo esclusivo per i prodotti o servizi per i quali è
registrato (art. 2569 c.c.).
• Disciplina nazionale (artt. 2569-2574 c.c. e cpi).
• Disciplina comunitaria.
Classificazioni dei marchi
• marchio di fabbrica, marchio di commercio (art.
2572 c.c.)
• marchio di prodotto e marchio di servizio;
• marchio generale e marchi speciali;
• marchio denominativo, marchio figurativo, marchio
misto e marchio di forma;
• marchio collettivo (art. 2570 c.c. e art. 11 cpi;
hanno lo scopo di garantire la qualità).
Requisiti del marchio
liceità, sono vietati i segni contrari alla legge,
all’ordine pubblico e al buon costume (art.
14, 1° c., lett.a) cpi),
verità, non possono essere utilizzati «segni
idonei ad ingannare il pubblico, in particolare
sulla provenienza geografica, sulla natura o
sulla qualità dei prodotti o servizi» (art. 14,
1° c., lett.b), cpi).
originalità,
novità.
Originalità del marchio
• Il marchio deve essere dotato di capacità
distintiva (art. 13, 1° c., cpi).
• Non possono essere usati come marchi:
– le denominazioni generiche,
– le indicazioni descrittive,
– i segni divenuti di uso comune (art. 12, 1° c.,
lett. a), cpi).
• Ma ......
Marchi forti e marchi deboli
• Marchi deboli
– utilizzano denominazioni
generiche modificate;
– basteranno
minime
modifiche o aggiunte
per
escludere
la
confondibilità
del
marchio.
• Marchi forti
– utilizzano espressioni di
pura fantasia;
– modifiche
anche
significative
non
potranno escludere la
confondibilità.
Secondary meaning
Volgarizzazione
• Il secondary meaning può far acquisire carattere
distintivo ad un segno che originariamente ne era
privo, trasformando un marchio privo di capacità
distintiva in un marchio valido e consentendone la
regi-strazione (art. 13, 2°c., cpi).
• Con la volgarizzazione un marchio perde la sua
capacità distintiva divenendo la deno-minazione
del prodotto. Da ciò deriva la decadenza del
marchio (art. 13, 4°c., cpi).
Novità del marchio (art. 12)
• Non sono nuovi:
– i marchi uguali o simili ad uno già noto come
marchio (marchio di fatto) a livello pluriregionale,
– i marchi simili a ditte, denominazioni sociali,
insegne, nomi a dominio, ecc., quando possa
generarsi confusione nel pubblico e siano noti a
livello pluriregionale,
– i marchi già registrati da altri per lo stesso prodotto,
– i marchi già registrati per prodotti affini se si possa
generare confusione per il pubblico.
• Marchi celebri:
non sono nuovi i marchi confondibili con quello celebre
utilizzato per pro-dotti o servizi non affini.
La registrazione del marchio
• La registrazione ha durata di dieci anni ed è
rinnovabile senza limiti (art. 15, 4° c., e art. 16,
cpi).
• A tutela del marchio è prevista l’azione di
contraffazione.
Il marchio di fatto
• «Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la
facoltà di continuare ad usarne, nonostante la
registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui
anteriormente se ne è avval-so» (art. 2571 c.c., il
principio è ribadito nell’art. 12, 1° c., lett. b) e c),
cpi).
• Se il marchio è noto su tutto il territorio nazionale, il
titolare potrà impedire che altri lo usi per lo stesso
prodotto ma non per quelli affini. Potrà ottenere la
dichiarazione di nullità del marchio registrato per
difetto di novità, ma entro cinque anni.
• Se il marchio è noto solo a livello locale, il titolare
potrà continuare ad usarlo nello stesso ambito
territoriale.
I segni distintivi
Lorenzo Benatti
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