INTRODUZIONE La musica (dal sostantivo greco μουσική) è l'arte e la scienza dell'organizzazione dei suoni nel corso del tempo e nello spazio. Si tratta di arte in quanto complesso di norme pratiche adatte a conseguire determinati effetti sonori, che riescono ad esprimere l'interiorità dell'individuo che produce la musica e dell'ascoltatore; si tratta di scienza in quanto studio della nascita, dell'evoluzione e dell'analisi dell'intima struttura della musica. Sono state proposte diverse accezioni e varianti di significato del termine musica: Musica come suono: Una delle più comuni definizioni di musica è di quella di arte del suono organizzato, o - più specificatamente - di arte del produrre significati e sensazioni, più o meno complessi - e comunque di natura volontaria - organizzando suoni e silenzio. Simili definizioni comunemente accettate - sono state ampiamente adottate sin dal Diciannovesimo secolo, quando si iniziò a studiare scientificamente la relazione tra il suono e la percezione. Musica come esperienza soggettiva: Un'altra delle definizioni comuni di musica implica che la musica debba essere piacevole o melodica. Questo punto di vista tiene conto del fatto che alcuni tipi di "suono organizzato" non sono musica, mentre altri lo sono. Esistono versioni più elaborate di questa definizione che tengono conto del fatto che ciò che è considerato musica varia da cultura a cultura, e da epoca ad epoca. Questa definizione fu predominante nel Diciottesimo secolo. Mozart, per esempio, usava dire che "la musica non dimentica mai sé stessa, essa non deve mai cessare di essere musica". Musica come linguaggio: Analizzando l'evoluzione della musica nel corso della storia, si nota infatti come la progressiva conquista di nuove sonorità e l'abbattimento di determinati schemi, seguano un filo evolutivo proprio, modificando progressivamente i gusti e le abitudini all'ascolto. Tale concetto è ancor più valido oggi, dove in seguito alla rapida evoluzione tecnologica che ha contraddistinto gli ultimi decenni, è profondamente cambiato il concetto di fare musica, così come sono cambiate le sonorità che suscitano determinate emozioni. Il concetto di "linguaggio" prende forma ad esempio nella musica applicata, ovverosia in tutti quei contesti in cui la musica supporta o affianca un'altra forma di espressione artistica. Tipico è il caso della musica da film, laddove esistono oramai degli accorgimenti musicali condivisi universalmente, capaci di suscitare negli spettatori delle sensazioni particolari: tristezza, felicità, romanticismo, malinconia, stupore, ed altre ancora. Mediante queste sonorità, il linguaggio-musica diventa una forma capace di veicolare e comunicare emozioni specifiche. Musica come una categoria della percezione: La definizione cognitiva, meno comune, asserisce che la musica non è semplicemente suono, o la percezione di esso, ma una rappresentazione interna che percezione, azione e memoria contribuiscono a creare. Questa definizione è influenzata dalle scienze cognitive, il cui scopo è la ricerca delle regioni del cervello responsabili dell'analisi e della memorizzazione dei vari aspetti dell'esperienza dell'ascoltare musica. Questa definizione include anche arti differenti come ad esempio la danza. Musica come approfondimento storico e antropologico: Il cammino e l'evoluzione del pensiero musicale corrono di pari passo con il cammino dell'uomo nella storia. L'antropologia trova nell'etnomusicologia risposte che altri studi sull'uomo non riescono a dare. Musica come costrutto sociale: Le teorie post-moderne asseriscono che, come l'arte, la musica è definita innanzitutto nel suo contesto sociale. Da questo punto di vista la musica è ciò che ognuno chiama musica, che sia fatta di silenzio, di suoni, o di performance. La famosa opera 4'33'' (4 minuti e 33 secondi) di John Cage ha origine da questa concezione della musica. Musica come cura del corpo e/o dello spirito Musicoterapia: Le qualità liberatorie della musica si concretizzano da sempre dovunque nel mondo. Il benefico potere derivante dall'ascoltare musica, o dal crearne e riprodurne distingue i due rami principali riconducibili alla scienza stessa, che nascono sempre dalla radice unica, la Musica. Osservata in Europa, e nell'occidente in tempi relativamente recenti, dopo il Cinquecento, diviene strumento terapeutico vero e proprio, fino all'uso odierno che spazia dalla cura di depressioni, malattie psichiche anche molto gravi, disturbi neurovegetativi ecc. In tempi più antichi e tuttora in siti culturalmente poco occidentalizzati può definirsi musicoterapia un aspetto fondamentale dell'educazione civica, intesa come "consapevolezza d'esser vivi" quindi esistere. In Africa, ad esempio, fare musica con rudimentali strumenti quali semplici percussioni o flauti di bambù è patrimonio comune nella società; parimenti lo è il partecipare ballando e cantando, oltre che, ovvio, ascoltando. Fondamentale è la partecipazione alla Musica, che è eletta a cura, preghiera, dialogo, discussione nel senso più civilmente umano dei termini. In realtà il diritto civile per questi popoli si concretizza, trovando la sua più schietta espressione, proprio nella Musica. "Musica come tutto ciò che soddisfi desideri e aspirazioni:" secondo la derivazione del termine dal verbo greco μῶσθαι (desiderare, aspirare a...) dal quale Platone avrebbe fatto derivare il termine "musa". Il recupero di questo concetto di musica dalla etimologia del termine "musa" ipotizzata da Platone permette di distinguere la musica dal suono con il quale spesso viene confusa. L'idea comune infatti che la musica sia fatta di suoni rende difficoltoso comprendere perché non è sempre vero che il suono "fa" musica (ciò che è musica per qualcuno può non esserlo per altri). Perché il suono "faccia" musica occorre appunto che chi lo percepisce ne ricavi soddisfazione, che questa soddisfazione colmi un desiderio e che l'oggetto del desiderio coincida con uno stato fisico o mentale, reale o fantastico, a cui la persona aspira. Musica come mito nella cultura occidentale; secondo Platone ("Fedro") un tempo esistevano uomini talmente dediti al canto da trascurare tutti i bisogni primari. Da questa stirpe di uomini ebbero origine le cicale che, credevano gli antichi, vivevano e morivano cantando. Musica come una potenza che deriva dalla divinità e quindi grazie alle capacità sovrannaturali è in grado di controllare la natura. Orfeo con il suo canto ammaliante fu in grado di ammansire le belve ma anche di propiziarsi gli dèi; Anfione utilizzò il suono della cetra per muovere le pietre e costruire le mura di Tebe. In quasi tutte le civiltà appare evidente la presenza di un filo conduttore tra musica, recitazione, danza, trascendentalità e canto; anzi sembra che la musica nasca inizialmente come canto, espressione del più antico e noto strumento musicale. A causa della larga gamma di definizioni, lo studio della musica è effettuato in una grande varietà di forme e metodi: lo studio del suono e delle vibrazioni (detto acustica), lo studio della teoria musicale, lo studio pratico, la musicologia, l'etnomusicologia, lo studio della storia della musica. 1 - ELEMENTI DI ACUSTICA La vibrazione di una sorgente sonora produce sempre un suono. FREQUENZA: numero di oscillazioni compiute dal corpo vibrante in un secondo. VIBRAZIONE HERTZ: è l'unità di misura della FREQUENZA (un'oscillazione completa al secondo). Perché il nostro orecchio percepisca un suono occorre che la vibrazione che lo produce sia abbastanza rapida ma non troppo: più precisamente, bisogna che la frequenza delle vibrazioni sia compresa all’incirca tra 16 e 12.000 Hertz (Hz). Le onde elastiche di frequenza inferiore a 16 Hertz (infrasuoni), o maggiore di 12.000 Hertz (ultrasuoni), pur giungendo al nostro orecchio, non sono in grado di provocare alcuna sensazione uditiva. PERIODO: tempo impiegato per compiere una oscillazione completa. S=spostamento delle particelle / t=tempo LUNGHEZZA D'ONDA: tempo che impiega una particella, per esempio di aria, per compiere un'oscillazione completa. PROPAGAZIONE DEL SUONO AMPIEZZA di una vibrazione: è il massimo spostamento di una particella dalla sua posizione di equilibrio. Velocità del suono: 331 m/s Considerando una forma d'onda sinusoidale, quest'ultima, all'interno di un DISTORSORE, viene trasformata quasi integralmente in un'onda quadra. Il distorsore è considerato il primo vero effetto per chitarra elettrica. Inizialmente si trattava di un fastidioso effetto dovuto all'esigenza di alzare il volume dell'amplificatore per far sentire la voce dello strumento nell'orchestra. Lavorando ad alti volumi gli amplificatori dell'epoca andavano in saturazione e tendevano a tosare le forme d'onda del suono emesso ed il suono era appunto distorto naturalmente. La squadratura del segnale però arricchiva il suono di armoniche e gli conferiva una timbrica particolare che a lungo andare è iniziata a piacere e anzi ad essere ricercata dai musicisti. L'aria è uno dei mezzi attraverso i quali il suono può propagarsi. Nel vuoto assoluto c'è assenza di suono. Quando un suono passa da un mezzo all’altro, esso penetra solo in parte nel secondo mezzo ed in parte viene invece riflesso. Tra acqua e aria (o inversamente) la parte trasmessa è una piccolissima frazione della quantità riflessa: i suoni subacquei non escono dall’acqua e i suoni aerei non penetrano in essa. E’ come se il mondo subacqueo e il mondo aereo fossero acusticamente isolati uno dall’altro. E tuttavia, i suoni si propagano nell’acqua meravigliosamente, meglio che nell’aria e più velocemente (la loro velocità è circa 4,4 volte maggiore). ALTEZZA: è il carattere del suono che distingue i suoni acuti dai suoni gravi. E’ dunque quell’attributo della sensazione uditiva per mezzo del quale i suoni possono essere ordinati dal basso verso l’alto, per esempio come avviene nella scala musicale. DISTINZIONE DEI SUONI INTENSITA': è il carattere che distingue i suoni forti dai suoni deboli. Sotto l’aspetto meramente fisico, l’intensità di un suono dipende dall’ampiezza delle vibrazioni che le particelle del mezzo nel quale l’onda si propaga compiono intorno alla loro posizione di equilibrio. Più precisamente, un suono è tanto più forte quanto maggiore è l’ampiezza delle oscillazioni. La percezione dell’intensità del suono è influenzata anche dalla sua altezza e dal suo timbro. Si esprime in Decibel dB. E' detta anche, genericamente, VOLUME. DURATA: di un suono si lega indissolubilmente alla “percezione del tempo”. Ogni suono dura nel tempo, ossia si dispiega e lo si avverte lungo un arco temporale preciso, all’interno del quale è facile individuare l’inizio e la fine del suono stesso. TIMBRO: è il carattere che consente di distinguere due suoni aventi la stessa intensità e la stessa altezza, ma che provengono da due fonti diverse. L’origine del timbro ha caratteri di notevole complessità. Data una nota, i suoi ARMONICI sono le note dotate di frequenza multipla rispetto alla sua. Per ragionare sugli armonici di una nota assunta come fondamentale, conviene tener conto dei rapporti di frequenza delle singole note, cioè dei rapporti tra le frequenze di ogni nota e la frequenza della nota fondamentale. Uno dei risultati più importanti dell’analisi dei suoni è il seguente: pressoché ogni nota musicale, qualunque sia lo strumento che la produca (sia quindi prodotta da una corda vibrante, dalla vibrazione di una colonna d’aria o da un qualunque altro sistema vibrante), è costituita da un suono fondamentale e da un certo numero di suoni più alti, generalmente di minore intensità, noti come SUONI PARZIALI (o SOVRATONI). Il timbro del suono prodotto è in gran parte dipendente proprio dalla combinazione. I suoni usati nella pratica musicale classica (escludendo quindi i casi riguardanti la musica elettronica) sono prodotti da vibrazioni variamente complesse e proprio dalla complessa composizione di un suono dipende fondamentalmente il suo timbro. E’ importante rilevare che ogni vibrazione, per quanto complessa, è sempre composta da vibrazioni semplici (di tipo sinusoidali). Ci sembra interessante ricordare come, già nella metà dell’Ottocento, il fisico tedesco Helmholtz riuscisse col semplice utilizzo di opportuni risonatori a scoprire importanti caratteristiche della voce umana, portando in evidenza proprio la complessa composizione dei singoli suoni. Facendo cantare una nota mediante le varie vocali, egli trovò che i suoni differivano per alcuni armonici e per uno o più suoni di altezza costante. Helmholtz riuscì a dimostrare sperimentalmente queste caratteristiche, utilizzando particolari risonatori capaci di rinforzare un determinato suono per simpatia e in grado quindi di rilevare l’esistenza di suoni parziali: effettuando così, per la prima volta, una vera e propria analisi del suono. Egli riuscì anche a compiere, almeno in via approssimativa, l’operazione opposta all’analisi, cioè la sintesi dei suoni: combinando, con le intensità convenienti, i suoni di vari diapason, riuscì a riprodurre sensibilmente le vocali. Questo ormai non fa più effetto oggi, che siamo abituati a sentire macchine che parlano con voci umane ma, se si pensa che i lavori di Helmholtz risalgono alla metà dell’Ottocento, è possibile apprezzare in pieno il valore dell’intuizione e della capacità sperimentale di questo fisico. Anche la classica distinzione tra suoni e rumori è legata all’analisi dei suoni. Secondo questa concezione un suono è una nota semplice (sinusoidale) oppure una nota semplice accompagnata da alcuni suoni parziali d’intensità piccola rispetto alla sua; un rumore è invece l’insieme di numerosi suoni prodotti dalla stessa sorgente, in cui, tra il suono fondamentale (talora bassissimo) e i suoi suoni parziali, non ci siano prevalenze marcate. Naturalmente questa distinzione non è mai stata considerata netta, nemmeno prima che i “rumori” entrassero a pieno diritto a far parte della musica. 2 - CONSIDERAZIONI SULLE ORIGINI E L’EVOLUZIONE DEL SUONO E DELLA MUSICA La parola MUSICA deriva dall'aggettivo greco relativo alle Muse, figure della mitologia greca e romana. In origine il termine indicava tutte le arti delle MUSE e si riferiva a qualcosa di “perfetto”. L'Antropologia trova nella Etnomusicologia risposte che altri studi sull'uomo non riescono a dare. MUSICA COME MITO; secondo Platone un tempo esistevano uomini talmente dediti alla musica e al canto da trascurare tutti i bisogni primari. Da questa stirpe ebbero origine le cicale che, credevano gli antichi, vivevano e morivano cantando. MUSICA COME POTENZA E FASCINO; ORFEO che con il canto riuscì a calmare le belve e propiziarsi gli Dèi. La musica esercitava un grande fascino sui Greci che le attribuivano una enorme potenza, testimoniata da diversi miti; oltre a quello delle sirene e di Orfeo possiamo ricordare: Anfione che, secondo la leggenda, costruì con la musica le mura di Tebe, perché suonando costringeva i massi a prendere spontaneamente il loro posto nelle mura della città; e Arione, che avendo evocato col canto i delfini , fu da questi salvato dalla morte cui l’avevano condannato i pirati (Igino, Ovidio). Il canto delle SIRENE era udibile fino a duecento metri di distanza, e tutti gli uomini che, durante la navigazione, si ritrovano a sentirne il suono ne rimanevano incantati e si gettavano in mare per trovarle. La più antica testimonianza è quella omerica dell’ Odissea. I più antichi strumenti musicali che i Greci usavano erano l’aulos, strumento a fiato e la lira o cetra, a corde. Musica, canto e poesia erano strettamente unite e nascevano da un unico autore: l’aedo. Questi, in epoca arcaica, era presente alle corti dei principi e col canto e la musica rallegrava i banchetti ma soprattutto narrava le antiche storie mantenendone la memoria. MUSICA COME EDUCATRICE; Platone affermò che come la ginnastica serviva ad irrobustire il corpo così la musica doveva arricchire l'animo. I suoni della natura che l’uomo ha recepito sin dalle più lontane origini, entrano a far parte del repertorio cognitivo umano e si selezionano come memoria della specie. Da questo “serbatoio” l’uomo trae gli strumenti atti ad elaborare musica e a fruirne. La notazione scritta (delle culture alfabetizzate) consente la riproduzione esatta di un messaggio complesso come un brano musicale. Nelle culture orali invece, la trasmissione della musica è soggetta a variazioni e la musica viene ricreata da capo ad ogni nuova esecuzione, ed è ciò che noi chiamiamo improvvisazione. In questo contesto, è importante la fenomenologia culturale per la creazione dell’opera d’arte e per la sua fruizione. Se si pensa che a partire dalla Bibbia ogni forma di creazione è sempre collegata ad un suono, la relazione circolare suono – uomo - suono si configura come punto di inizio e motore fondamentale dello sviluppo della specie. Sino alla metà del secolo scorso, parlare di musica in Occidente equivaleva a parlare di musica tonale: riteniamo addirittura che ancor oggi le cose siano rimaste tali per un numero non trascurabile di persone. Tuttavia, la varietà di musica presente sul nostro pianeta è incredibilmente grande. 3 – L'ETNOMUSICOLOGIA Dal greco (etno – razza/popolo) – Deriva da etnologia (studio delle culture umane, delle loro forme, strutture e dei loro processi di trasformazione. Etnomusicologia o Musicologia comparata (confrontare, comparare) o Antropologia musicale. La figura dell'Etnomusicologo è molto recente come recente è anche la scoperta delle grandi culture musicali (soprattutto Indiana e Africana). OBIETTIVI dell'Etnomusicologo: Studio e registrazione della musica reperibile nelle culture diverse dalla loro con una impostazione classificatoria. Il metodo di classificazione etnomusicologica di Erich von Horbostel e Curt Sachs del 1914 è considerato, ancora oggi, il migliore. Si basa sulle caratteristiche generative del suono e divide gli strumenti musicali (anche quelli della musica classica occidentale) in quattro classi fondamentali: idiofoni, membranofoni, aerofoni e cordofoni, ciascuna delle quali è, a sua volta, divisa in gruppi e sottogruppi. IDIOFONI Tutti gli strumenti che pur non avendo un dispositivo (corde, membrane, fori) emettono comunque suoni per percussione, concussione, sfregamento, scotimento o pizzicamento. MEMBRANOFONI Nella classe dei membranofoni si raccolgono tutti gli strumenti che producono suono utilizzando la vibrazione di una membrana in tensione posta su una cavità. Si dividono in quattro grandi gruppi: tamburi a percussione, tamburi a pizzico, tamburi a frizione, e strumenti che deformano la voce umana o altri suoni. AEROFONI La terza classe, gli aerofoni, comprende tutti gli strumenti che generano suono tramite la vibrazione dell’aria. CORDOFONI Infine, la classe dei cordofoni raccoglie tutti quegli strumenti nei quali una più corde sono tese tra punti fissi del corpo dello strumento e emettono un suono utilizzandone la vibrazione. 4 – CLASSIFICAZIONE ETNOMUSICOLOGICA Una prima classificazione, che si basa sulla suddivisione per materiale di costruzione (metallo, legno ed altri), è seguita in Asia orientale e anche, parzialmente, nell’orchestra occidentale per quanto riguarda le famiglie dei legni e degli ottoni. In quest’ultimo ambito non è del tutto coerente, poiché fra i legni trovano posto strumenti in lega metallica come il flauto, che originariamente era costruito in legno, o il sassofono, in quanto strutturalmente derivante dal clarinetto. Altri sistemi empirici classificano gli strumenti in base al ruolo svolto nell’ambito sociale (di tipo devozionale e sacro, militare, domestico), o per la loro funzione musicale (ritmica, melodica o armonica). Nel 1914 due musicologi tedeschi, Erich von Hornbostel e Curt Sachs, svilupparono il sistema che da loro prende il nome e che, con qualche aggiornamento, è quello attualmente più usato. Il sistema Hornbostel-Sachs classifica gli strumenti suddividendoli in classi, gruppi e sottogruppi, in base alla modalità fisica con cui viene provocata la vibrazione che genera il suono. Il sistema è particolarmente comodo in quanto permette l’inserimento di strumenti provenienti da qualsiasi tipo di cultura (un problema molto sentito dagli etnomusicologi), ed è sufficientemente elastico da consentire l’inserimento di nuove “caselle” di classificazione a qualsiasi livello: infatti, alcuni decenni dopo la sua formulazione, è stato necessario introdurre un’intera nuova classe, quella degli elettrofoni – gli strumenti che generano il suono grazie a circuiti elettronici – accanto alle quattro primitive degli idiofoni (oggetti solidi, sonori già in natura), dei membranofoni (che possiedono membrane tese su una delle loro superfici), dei cordofoni (gli strumenti a corda) e degli aerofoni. Tabella semplificata della classificazione degli strumenti proposta nel 1914 da Curt Sachs e Erich von Hornbostel; alle quattro classi originali se ne è aggiunta una quinta che comprende gli strumenti in cui il suono viene prodotto da vibrazioni generate da impulsi elettrici. Possiamo avere divisi per Classe e caratteristiche Elettrofoni Aerofoni Cordofoni Membranofoni Idiofoni elettromeccanici organo Hammond semielettronici chitarra elettrica a imboccatura naturale flauti diritti e traversi ad ancia semplice clarinetto, sassofono ad ancia doppia oboi, corno inglese, fagotto a bocchino tromba, trombone, corno a serbatoio d’aria zampogna, organo, fisarmonica semplici arco musicale (*), cetra, pianoforte composti viola, violini, liuti, chitarra acustica, arpa a percussione timpano, tamburo a sfregamento Caccavella (**) a risonanza kazoo percossi campana, xilofono, castagnette scossi sonagli, maracas sfregati armonica a cristalli, sega pizzicati scacciapensieri, carillon (*) L'arco musicale o berimbao (o berimbau o birimbao) è uno strumento musicale a corda percossa di origine africana, diffusosi in Brasile in seguito all'importazione degli schiavi africani durante il colonialismo. Oggi è parte della tradizione della musica latinoamericana, e in particolare della capoeira. (**) Uno dei più originali strumenti creati dall’inventiva folkloristica, meridionale in generale e napoletana in modo particolare, è la "Caccavella", che per onomatopèa, assume nei popolani il nome di "Putipù". Questo strumento, è considerato un tamburo a frizione e viene detto anche "Pernacchiatore", "Puti-puti", "Pignato", "Cute-cute", "Cupellone", "Pan-bomba"( d’origini spagnole), e "Cupacupa"( specie in Puglia). La "Caccavella" (o "Putipù") è costituita da: una cassa acustica; una membrana di pelle o di tela grossa; una canna di bambù. La cassa acustica, ornata sul bordo con nastrini colorati, poteva essere: un tegame di terraglia, come nella "caccavella" e nel "pan-bomba" (la terraglia è una creta di superiore qualità che viene usata nel meridione d’Italia per la costruzione di vasi, piatti e pentole); un mastello di legno (piccolo nel "putipù", di maggiori dimensioni nel "cupellone"); un cilindro di latta (spesso tratto dai grossi barattoli di pomodoro). In mancanza di pelli animali, la membrana di pelle (che era generalmente di pecora, capra o coniglio, più raramente d’asino o di ruminanti quali il vitello) veniva sostituita con una di tela grossa. L’estremità inferiore della canna di bambù (alla cui sommità veniva legato un fiocco o altro abbellimento) veniva inserita in un foro praticato al centro della membrana; si legavano strettamente le due cose e si fissava il tutto sul bordo superiore della cassa acustica. Sfregando la canna di bambù dall’alto in basso (con la mano inumidita, una pezzuola bagnata o una spugnetta intrisa d’acqua e poi leggermente strizzata), si inducono vibrazioni nella pelle che, amplificate dall’aria contenuta nella cassa armonica (tegame, mastello di legno o cilindro di latta), producono il caratteristico, umoristico, a volte inquietante, suono. I BACH I BACH furono la famiglia di musicisti più nota che la storia della musica ricordi. In più di due secoli, attraverso sette generazioni, tra Veit (secolo XVI) e Guglielmo Federico Ernesto (morto nel 1845) essa affrì alla Turingia e poi all'intera Germania organisti, maestri di cappella. I più celebri di essi sono JOHANN SEBASTIAN e i suoi tre figli: WILHELM FRIEDEMANN (1714-1788), detto “il Bach di Halle”; CARL PHILIPP EMANUEL (1714-1788), detto “il Bach di Berlino” o “il Bach di Amburgo”; JOHANN CHRISTIAN (1735-1782), detto “il Bach di Milano” o “il Bach di Londra”. JOHANN SEBASTIAN BACH 1685 - nasce ad Eisenach (Turingia), figlio minore di Ambrogio, musico di quella città. Rimasto orfano a dieci anni, si trasferì ad Ohrdruf, presso il fratello maggiore Johann Christoph. 1703 – Va a Weimar come violinista presso la corte del Duca di Sassonia. Dopo alcuni mesi si trasferisce a Arnstadt, organista nella nuova chiesa luterana. Va (1705-6) a piedi fino a Lubecca, dove si trattiene alcuni mesi pe studiare con BUXTEHUDE. 1707 – a Muhlhausen ottiene il posto di organista nella chiesa di S.Biagio. Sposa la cugina Maria Barbara (7 figli tra cui Wilhelm Friedemann e Carl Philipp Emanuel). 1708 – a Weimar è nominato organista di corte, e più tardi (1714) maestro dei concerti di corte. 1717 – è chiamato a Kothen, maestri di cappella alla corte del principe Leopoldo di Anhalt. 1720: viaggio ad Amburo. Morte di Maria Barbara. Nel 1721 sposa Anna Maddalena Wulkens (13 figli tra cui Johann Christian). Agli anni di Weimar e di Kotchen risale gran parte della sua produzione strumentale. 1723 – Passa a Lipsia, “Kantor” nella chiesa di S.Tomaso (succedendo a Kunhau) e direttore della musica all'Università; come Kantor deve provvedere alla composizione e direzione della musica in chiesa (una Cantata ogni domenica). 1750 – Muore a Lipsia; negli ultimi tempi era statao colpito da cecità. A Lipsia scrisse soprattutto musica religiosa (Cantate, Passioni, Composizioni per organo). OPERE Cantate sacre (Nell'ufficio liturgico protestante le Cantate hanno grande importanza; esse sono eseguite dopo il Vangelo; frequentemente si basano sopra un Corale). Delle 295 Cantate sacre scritte da Bach (la maggior parte durante il periodo di Lipsia) ce ne rimangono circa 200, radunate in 5 cicli completi. La Cantata di Bach concilia elementi tedeschi ed italiani. Il testo in tedesco è dovuto a mediocri poeti. Cantete profane Sono circa 20 (La Cantata del caffè è la più nota) Musica vocale religiosa (oltre alle Cantate sacre) Magnificat, L'Oratorio di Natale. Di 4 Passioni ci rimangono solo la Passione secondo S.Giovanni e la Passione secondo S.Matteo (è considerata il suo capolavoro – richiede l'impiego di 2 cori, 2 organi, 2 orchestre. Ripresa da Mendelsshon ne 1829); la Messa in si minore. Per organo 150 Corali per organo; Preludi e Fughe; Fantasie; Fantasie e Fughe; Preludi, Fughe; Toccate; Passacaglia in do minore; 4 Concerti trascritti da Vivaldi, ecc. Per clavicembalo Il Clavicembalo ben temperato, 1722 e 1744 (ognuna delle due parti contiene 24 Preludi e fughe in tutti i toni maggiori e minori); 6 Suite inglesi, 6 Partite. Le Variazioni Goldberg ossia l'Aria con le 30 variazioni. Il Clavierbuchlein per la moglie Anna Magdalena contiene le Suites francesi. 15 invenzioni a 2 e 15 Sinfonie a 3. Il Capriccio per la lontananza del fratello diletto, la Fantasia cromatica e fuga; trascrizioni per clavicembalo di 16 Concerti per Violino di Vivaldi, Marcello, Telemann, ecc. Musica da camera 3 Sonate e 3 Partite per violino solo; 6 Sonate per violino e cembalo; 6 Suites per violoncello solo; Sonate per flauto solo e con accompagnamento. 3 Sonate per violoncello e cembalo. Per Orchestra 6 Concerto brandeburghesi (1721), una forma evoluta del Concerto grosso. 4 Suites per orchestra, 13 concerti per clavicembalo e orchestra d'archi (7 per un clavicembalo, 3 per 2 clavicembai, 2 per 3, 1 per 4 clavicembali). Trascrizione di un concerto di Vivaldi per 4 violini, 2 Concerti per violino o orchestra, 1 per 2 violini. Altre opere L'Offerta musicale sopra un tema del re di Prussia cui l'opera è dedicata (comprende ricercari, canoni, fughe). L'Arte della fuga (fughe e canoni, incompiuta). Finchè visse Bach fu più apprezzato come esecutore e come insegnante che come compositore; anche per questo, dopo la sua morte egli fu dimenticato completamente, finchè Forkel con la sua biografia (1802) e soprattutto Mendelsshon con la riesumazione della Passione secondo Matteo (1829) ne presentò la figura all'ammirazione dei contemporanei dando inizio a quello che fu definito il culti di Bach. Nella sua opera egli riassume e condensa il periodo barocco. Ispirazione eminentemente architettonica, potentemente assimilatrice, fortemente plastica. La grandezza della musica di Bach per molti grandi interpreti è che non appartiene a nessun tempo e a nessun luogo. George Frideric Handel non solo fu un genio della musica, ma fu anche un grande uomo. La sua fu una vita piena di successi e di fama, favoriti dallo straordinario talento, ma guadagnati anche grazie al suo impegno e all'incessante lavoro. « Sappiamo che la sua fu una vita piena di determinazione, che si trovò a dover sostenere eroiche ed incessanti battaglie » (Lang). Egli incassò anche delle sconfitte, ma sempre transitorie, sapendo reagire con energia e carattere alle avversità. A differenza di quella pubblica, molto documentata, non si hanno che scarse notizie sulla sua vita privata: Handel fu sempre una persona molto riservata. Sappiamo che era molto intelligente, educato e possedeva un'ottima cultura (conosceva almeno quattro lingue: inglese, francese, italiano, oltre ovviamente al tedesco). Aveva una forte personalità, anticonformista, sincera, schietta, indipendente, incapace di piegarsi al servilismo cortigiano. Anche se l'anedottica lo ritrae collerico - un giorno Handel rimproverò anche il re perché si era presentato in ritardo ad un suo concerto: Giorgio II incassò senza batter ciglio - e con un carattere un po' arcigno, tutte le persone che lo frequentarono fecero commenti sulla « sua naturale inclinazione all'intelligenza e al senso dell'humour » (Burney), al suo buon carattere e alla sua disponibilità, che si faceva apprezzare e benvolere in ogni ambiente, in qualsiasi classe sociale, a palazzo come a corte, in chiesa come in una semplice famiglia borghese... Fu anche molto sensibile alla condizione dei più sfortunati: si occupò del mantenimento di numerosi orfani e fu sensibile ai problemi dei carcerati, molti dei quali ottennero la libertà grazie al suo impegno. Come compositore, egli riuscì ad essere un geniale, prolifico, affascinante creatore di tutte le forme musicali praticate alla sua epoca: complessivamente ci ha lasciato più di 600 lavori; oltre 40 opere per il teatro, 30 fra oratori, serenate ed odi, quasi 300 fra cantate da camera e musica sacra, oltre ad un grande numero di composizioni strumentali. Handel è stato uno dei più grandi compositori di musica per scena in assoluto, grazie all'eccezionale padronanza nello stile dell'opera seria italiana e all'originalità dei suoi oratori inglesi. Egli si distinse per l'innata capacità di assimilare tutti i linguaggi musicali praticati al suo tempo, come sostiene con efficacia Romain Rolland: « Tout ce qu'il touche, Handel le fait sien ». Ma la sua arte non mancò mai di originalità, arricchita come fu da un'invenzione melodica, un'esuberanza e una libertà creativa straordinarie. Handel raggiunse un tale grado di celebrità da essere onorato in vita, unico fra i compositori, con una statua eretta nel 1738 a Londra nei Vauxhall Gardens e la sua popolarità non declinò affatto dopo la morte. Oltre che con l'opera, che Handel praticò per quasi quarant'anni, egli si distinse negli anni della maturità, per un genere di sua invenzione: l'oratorio in lingua inglese. E' grazie a queste composizioni che Handel ha superato indenne il mutare delle mode, che avevano ben presto relegato le sue opere teatrali e quelle strumentali nel dimenticatoio: a differenza di tanti altri compositori dell'epoca barocca, egli non è mai stato dimenticato perché le sue composizioni oratoriali continuarono ad essere apprezzate in Inghilterra e nei paesi anglosassoni anche dopo la sua morte e nel corso dei secoli. « La crescente frequenza delle esecuzioni oratoriali, che diventano momenti di eccezionale richiamo culturale e spettacolare in tutta l'Inghilterra, e il contemporaneo oblio delle opere teatrali, contribuirono a formare l'immagine di Handel autore "sacro", capace di dare il meglio di se' soltanto nell'oratorio, e per lungo tempo tenuto lontano dalla via maestra da un incomprensibile e nefasto interesse per la frivola ed edonistica opera italiana » (Danilo Prefumo) In Italia, e nei paesi di area latina, la sua fama è stata per lungo tempo basata principalmente su una sola composizione: il Messiah. Questo magnifico oratorio ha rischiato di eclissare nei tempi moderni tutto il resto della sua produzione; ma questo lavoro non è che una punta dell’iceberg di una vasta produzione musicale avvolta ancora da certi pregiudizi ed ignoranze che pongono Handel un po’ in secondo piano rispetto al suo contemporaneo J. S. Bach. Ciò dipende essenzialmente dal fatto che le opere per il teatro rappresentano la parte principale della sua produzione, quella che Handel preferiva e nella quale ha dato il meglio di sé, e ben sappiamo quanto l’ascoltatore moderno, specie se musicista, sia abituato a sentire più "strumentalmente" che "vocalmente" e come si faccia più facilmente catturare dalle grandi architetture del suono strumentale bachiano che dall’opera vocale handeliana. « Haendel ha finito inevitabilmente per risentire delle inclinazioni intellettuali del nostro secolo, più disposto ad apprezzare l'arte cerebrale e problematica di Bach che quella comunicativa, spontanea ed ottimistica del nostro autore » (D. Prefumo) Questa incomprensione dei valori più autentici della produzione musicale handeliana pare oggi superata perché, con l’avvento di una serie di interpreti preparati nel Bel Canto settecentesco e con il recupero filologico delle partiture, stiamo assistendo, anche in Italia, ad un ritorno di fiamma per il "Caro Sassone" (così venne ribattezzato Handel in Italia) e per le sue magnifiche Opere Barocche che tornano ad essere eseguite nei teatri. « La grandezza della produzione oratoriale è certamente un fatto indiscutibile, come indiscutibile è la suggestiva bellezza delle sue opere strumentali. Ma Handel fu, e volle essere, soprattutto un'operista. Chi ha assistito o ascoltato i suoi grandi lavori teatrali sa bene quali eccezionali sorprese musicali essi riservano. Straordinario signore della musica, Handel ha profuso nelle sue opere i tesori di un'invenzione melodica di stupefacente ricchezza; drammaturgo di eccezionale talento, ha creato personaggi che restano figure vive, palpitanti, indimenticabili » (D. Prefumo). Il poema sinfonico Per elevare la musica a programma, da una pura descrizione di eventi naturali in musica, ad un livello superiore, Liszt creò il Poema Sinfonico. Tra i primi poemi sinfonici ci fu la Bergsymphonie ispirata a un ode di Hugo. Mentre la sinfonia a programma è articolata in più movimenti, il Poema Sinfonico è di regola sviluppato, in un unico vasto movimento con varie sezioni, differenziate per carattere e tempo. 4 Ci sono poi pochi temi contrastanti, che vengono variati e trasformati nei caratteri espressivi e dinamici. Più che determinare l’andamento della musica, il programma deve scorrere parallelamente ad essa, nell’Idea Poetica. L’elemento che ispira la musica, può essere suggerito da qualche opera letteraria o un dramma o una poesia, ma anche un opera d’arte figurativa, e lo spunto extramusicale viene comunque identificato nel titolo. Liszt compose 12 poemi sinfonici e alla loro base c’è sempre un opera letteraria, come ad esempio Tasso lamento e trionfo, che era ispirato al dramma di Goethe, oppure il poema, Ciò che si ode in montagna, ispirato ad un ode di Hugo, o ancora il poema Hamlet, ispirato a Shakespeare. Il poema sinfonico di più vaste dimensioni di Liszt, è la Sinfonia su Faust in tre ritratti psicologici. Quest’opera consiste in tre poemi sinfonici, centrati sui tre protagonisti del Faust di Goethe: Faust, Margherita e Mefistofele. I tre movimenti sono correlati tra loro, per mezzo di otto temi di carattere contrastante, che si alternano e si trasformano secondo il programma. Altri poemi sono la Divina Commedia di Dante, e Les preludes, che è uno dei suoi più celebri poemi ispirato all’opera di Lamartine. Scrisse anche le Annes de pellegrinagie, dove scrive nell’epigrafe : Io non vivo in me stesso ma divengo parte di ciò che mi circonda, frase di Byron tratta dal Childe Harold Nel 1853, si cimentò nella composizione definita assoluta, cioè la Sonata in MI min. per pianoforte, utilizzando la formula di sonata ciclica, ovvero un unico movimento nel quale sono compressi, tutti i movimenti di un intera sonata tradizionale. Strauss Richard Strauss(1864-1949), fu lui a portare il poema sinfonico alla maturazione più completa. I suoi otto poemi sinfonici composti tra il 1886 e il 1903, sono grandi e affascinanti creazioni musicali, che rivelano il magistrale possesso che il compositore bavarese aveva, della scrittura orchestrale. Questi lavori si distinguono per la raffinata rielaborazione e combinazione dei motivi. La maggiore complessità la raggiunge nel Don Chisciotte, variazioni fantastiche su un tema di carattere cavalleresco del 1897, che è chiaramente la trattazione sinfonica del celebre romanzo di Cervantes. Qui, i due personaggi principali, cioè Don Chisciotte e Sancio Pancia, sono rappresentati da due temi, esposti da un violoncello solista e da un clarinetto basso. 5 Segue poi, una serie di dieci variazioni, che alludono alle avventure del cavaliere e del suo scudiero. L’impianto coloristico orchestrale ci trasporta in un mondo fantastico di sogno. In questo e negli altri suoi poemi sinfonici, Strauss rivela il suo talento particolare, nel dare vita a temi, motivi, immagini musicali, che rimangono impressi nella memoria e che vengono indelebilmente associati, al colore sonoro del particolare strumento o dell’intera orchestra. Altra opera di notevole rilevanza fu il Cosi Parlò Zaratustra del 1896 ispirato all’opera di Nietzsche la cui teoria del super uomo, stava destando interesse in tutta l’Europa. Strauss, scrisse nella prefazione della partitura, di aver voluto esprimere in un quadro musicale, lo sviluppo della razza umana attraverso le sue fasi e i suoi conflitti interiori. Ad ogni episodio corrisponde un titolo, ed inizia con l’esposizione del famoso tema motto DO - #SOL - DO eseguito dalle trombe, che simboleggia il superuomo. Così il quinto episodio, che rappresenta la scienza, è costruito sotto forma di fuga, cioè la forma più alta e rigorosa della composizione. In questo tema derivato dal motto iniziale, sono toccati tutti i suoni della scala cromatica. Richard Strauss (1864 – 1949) – Compositore; era il primo figlio di Franz Joseph Strauss, suonatore di corno principale dell'Orchestra di Corte di Monaco di Baviera per 49 anni, e di Josephine Pschorr, che apparteneva alla celebre famiglia di produttori di birra: una condizione che permetteva alla famiglia Strauss di godere di una certa indipendenza economica. Richard mostrò la predisposizione per la musica fin dalla tenera età e ad appena quattro anni cominciò a prendere lezioni di pianoforte dal collega d'orchestra del padre August Tombo; all'età di otto anni studiò il violino con il cugino paterno Benno Walter, direttore dell'Orchestra di Corte. Il padre di Richard detestava Wagner: sia la musica sia la persona dell'artista anche se ne sapeva eseguire la musica in modo eccellente: per questo fino ai dieci anni permise al figlio di ascoltare solo i classici. Richard cominciò a comporre quando aveva solo sei anni e da allora fino alla morte avrebbe scritto musica regolarmente e copiosamente. Quando Strauss raggiunse i 16 anni, vide il suo Quartetto di archi in la eseguito a Monaco di Baviera dal quartetto di Benno Walter. In seguito, l'orchestra chiamata Wilde Gung'l interpretò la sua Festmarsch in mi bemolle e Hermann Levi diresse l'orchestra di Corte di Monaco nell'interpretazione della sua Sinfonia in re minore. Un grande passo in avanti nella carriera del compositore fu dato dalla Serenade in mi bemolle per tre fiati, eseguita dall'orchestra di corte di Dresda sotto la direzione di Franz Wüllner. In seguito Benno Walter eseguì a Vienna il suo Concerto per Violino con Strauss al pianoforte. Strauss frequentò l'università a partire dal 1882 e vi studiò filosofia, estetica e storia dell'arte ma lasciò gli studi prima di terminarli per concentrarsi sulla musica. Si recò quindi a Berlino e qui incontrò Hans von Bülow, direttore dell'Orchestra di Corte di Meiningen, il quale fu molto colpito dai lavori di Strauss e a Berlino guidò l'orchestra nell'esecuzione della Serenade di Strauss in presenza del compositore. Strauss continuò a scrivere un gran numero di composizioni e tra il 1881 e il 1885 creò opere come il suo Concerto per Corno n. 1, la Sonata per violoncello, i Stimmungsbilder per pianoforte, il Quartetto per pianoforte, la Sinfonia n. 2 in fa minore e nove adattamenti di poesie di Gilm per voce e pianoforte che includono Zueignung, die Nacht e Allerseelen che è ancora uno dei suoi lieder più amati. Nel 1885 accettò il posto di assistente direttore di Bülow a Meiningen, nonostante l'inesperienza in materia. Acquistò una grande esperienza sul podio ma lasciò l'incarico meno di un anno dopo per accettare un contratto di tre anni come terzo direttore dell'Opera di Corte di Monaco. Un fatto che a Meiningen influenzò particolarmente la vita personale di Strauss fu la sua amicizia con Alexander Ritter, compositore e poeta che lo convertì alla scuola di Franz Liszt e Richard Wagner. L'immediato risultato sul piano musicale di questa conversione fu la fantasie sinfonica Aus Italien che riscosse un grande successo e che si ispirava al primo viaggio di Strauss in Italia nell'estate 1886, prima che egli cominciasse a lavorare a Monaco. Due anni dopo incontrò e si innamorò di Pauline de Ahna, soprano e figlia di un generale appassionato di Wagner. Aus Italien fu seguita da un poema sinfonico basato sul Macbeth di Shakespeare e da un altro, Don Juan (1889), che quando fu eseguito per la prima volta fu per lui il più grande trionfo e lo consacrò nel mondo della musica. Nel giugno 1892 Strauss si ammalò seriamente e passò l'inverno in Egitto, al Cairo, dove completò la musica per Guntram. La prima dell'opera fu diretta a Weimar nel maggio 1894 con Pauline nel ruolo della protagonista Freihild. Richard e Pauline si sposarono poi il 10 settembre dello stesso anno. Per le nozze egli regalò alla sposa i quattro superbi brani della sua op.27: Morgen, Cäcilie, Ruhe, meine Seele e Heimliche Aufforderung. Di seguito, tra il 1889 e il 1898 Strauss scrisse una serie di poemi sinfonici, tra i quali Tod und Verklärung (1889), Till Eulenspiegels lustige Streiche (1894), Also sprach Zarathustra (1896), Don Quixote per violoncello e orchestra (1897) e Ein Heldenleben (1898) che avrebbero influenzato le prossime generazioni di modernisti. Strauss si avvicinò all'opera lirica e nel 1901 creò Feuersnot. Questo fu seguito dal lavoro su Salome (1904) ispirato all'opera teatrale di Wilde. L'anno seguente il padre di Strauss, Franz, morì all'età di 83 anni, sei mesi prima della trionfante prima dell'opera a Dresda l'anno seguente. Quando Salome fu rappresentata, fu accolta come blasfema e lussuriosa e dovette fronteggiare la censura. Nel giro di due anni fu comunque messa in scena in 50 teatri d'opera e riscosse un largo successo. Con alcuni dei diritti d'autore provenienti dall'opera si costruì una villa a Garmisch-Partenkirchen sulle Alpi bavaresi. Nel 1909 Elektra debuttò sulla scena a Dresda, ma nonostante il suo successo non riuscì ad impressionare il pubblico come Salome. Elektra rappresentò la prima collaborazione di Strauss con il poeta e drammaturgo austriaco Hugo von Hofmannsthal. Il loro sodalizio diede poi origine a una commedia per musica in tre atti Der Rosenkavalier completata l'anno seguente. Nello stesso anno la madre di Strauss, Josephine, morì all'età di 73 anni. Nel 1919 Strauss accettò il posto di direttore dello Staatsoper di Vienna, dove si svolse la prima rappresentazione di Die Frau ohne Schatten. Strauss continuò a lavorare con Hofmannsthal fino al 1929, quando l'inaspettata morte del poeta lasciò incompiuti alcuni testi per il secondo e terzo atto di Arabella, che Strauss completò in sua memoria. Il compositore individuò nel 1931 un nuovo librettista nel romanziere e biografo ebreo Stefan Zweig che gli presentò un adattamento dell'Epicene o La donna silenziosa di Ben Jonson (die Schweigsame Frau). Due anni dopo Hitler fu nominato cancelliere tedesco e il compositore subì sempre di più accuse a causa della sua collaborazione con Zweig. Molti compositori scelsero di abbandonare il paese ma Strauss, quasi settantenne e ossessionato dalla musica, decise di rimanervi. Scelse di non andare contro i Nazisti soprattutto per salvare i festival musicali ma gli oppositori di Hitler spesso fraintesero il suo operato. Nel 1937, ancora convalescente da un malattia, Strauss completò Daphne nel sole invernale di Taormina. Dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale nel 1939 il 75enne Strauss non suscitò più l'interesse delle autorità naziste ma a Garmisch il suo rifiuto di accogliere degli sfollati in casa sua causò molti problemi alla sua cognata ebrea, Alice Strauss, e ai suoi figli. Ma a parte le preoccupazioni per la sicurezza della sua famiglia, i gravi atti che la Germania nazista aveva compiuto nel mondo e nella Germania stessa cominciarono a preoccuparlo quando toccarono la musica. Le celebrazioni per l'ottantesimo compleanno del compositore si svolsero a Vienna in completa tranquillità. A Salisburgo, die Liebe der Danae arrivò solo alla prova generale per la chiusura di tutti i teatri tedeschi dovuta all'attentato alla vita di Hitler. Quando la Germania fu sconfitta e i suoi teatri d'opera distrutti, nella primavera del 1945 Strauss scrisse un intenso lamento, Metamorphosen, studio per 23 archi solisti; questo assieme al Concerto per oboe, la Wind Sonatina no.2 e il Concertino- Duetto per clarinetto, fagotto e archi appartiene al periodo conosciuto come "estate indiana", nome attribuito all'ultimo periodo dell'artista. Queste ultime opere sono tutte pacate e presentano una tecnica meravigliosamente raffinata. L'ultima opera lirica Capriccio, composta tra il 1940 e il 1941 e rappresentata per la prima volta a Monaco nell'ottobre 1942 è ritenuta la prima creazione appartenente all'"estate indiana". Nell'ottobre 1945, Strauss andò con Pauline in esilio volontario in Svizzera dove rimase fino al maggio 1949, dopo che il suo nome fu sciolto dalle accuse naziste. Portò con sé quattro meravigliosi brani per orchestra composti nel 1948 che sarebbero stati il suo ultimo lavoro. Furono pubblicati postumi con il nome di Vier letzte Lieder. Richard Strauss morì nella tranquillità della sua casa di Garmisch l'8 settembre 1949. Don Chisciotte Variazioni fantastiche su un tema cavalleresco, op. 35 Musica: Richard Strauss Introduzione Tema con variazioni Finale Organico: violoncello solista, ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese 2 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti, controfagotto, 6 corni, 3 trombe, 3 tromboni, tuba tenore, tuba bassa, timpani, piatti, cassa, tamburo, triangolo, tamburo basco, macchina del vento, archi Composizione: Monaco, 29 dicembre 1897 ore 11,42 Prima esecuzione: Colonia, Gurzenichsaal, 8 marzo 1898 Prima edizione: J. Aibl, Monaco, 1898 Dedica: A Joseph Dupont (amico belga di Strauss) Guida all'ascolto “El ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha”, è un libro pieno di musica. Cervantes però mette in bocca le parole più belle a Sancio Panza, non a Don Chisciotte. «Signora - dice Sancio rivolto alla Duchessa - dove c’è musica non ci può essere cosa cattiva». E nemmeno dove c’è luce e splendore, replica la Duchessa. Il mondo di Don Chisciotte risuona di molteplici strumenti: trombe, clarini, arpe, ciaramelle, corni, buccine, tamburi, ribeche, zamorane e perfino gli albogues, che sono, come spiega Don Chisciotte a Sancio, «dei piattini metallici come quelli dei candelieri d’ottone, che battendoli gli uni con gli altri dalla parte vuota e cava dànno un suono che, sebbene non sia molto gradevole e armonioso, non dispiace, perché s’accorda con la rusticità della cornamusa e del tamburello». Non c’è musico che non sia degno dell’attenzione di Don Chisciotte, nel corso delle sue avventure. L’incontro con il Cavaliere degli Specchi avviene per esempio al suono di una viola, con cui l’altro cavaliere errante accompagna il canto della propria infelicità amorosa. Tanta finezza d’orecchio non è sorprendente, dal momento che Don Chisciotte stesso è un musico, come si scopre quasi per caso verso la fine del libro. Ospite nel palazzo del Duca, Don Chisciotte rimane sconvolto dalla serenata di Altisidora, che cantando un romance si dichiara vinta dall’amore per il cavaliere errante. Commosso dalla voce della donzella, ma deciso a rimanere fedele a Dulcinea, Don Chisciotte chiede uno strumento, per consolare l’infelice. Non è sprovveduto, nell’arte musicale: «Don Chisciotte trovò nella camera una viola; la provò, aprì la finestra della grata e sentì che c’era gente in giardino; e dopo aver percorso con le dita i tasti della viola e averla accordata il meglio che seppe fare, sputò, spurgò, quindi con una voce abbastanza rauca, ma intonata cantò il seguente romance, da lui stesso composto quel giorno». La musica, a sua volta, ha ripagato con altrettanto amore Don Chisciotte. Tra le molteplici versioni musicali dell’illustre personaggio, il poema sinfonico di Richard Strauss costituisce forse il massimo capolavoro. Nato in una solida famiglia borghese di Monaco di Baviera, Richard Strauss rappresenta uno dei principali anelli di congiunzione tra la musica romantica e quella contemporanea. Il padre Joseph era il primo corno dell’Orchestra del teatro di Corte e abile nel suonare molti altri strumenti, soprattutto la viola, mentre la madre Josephine apparteneva all’agiata famiglia Pschorr grossi produttori di birra. Avviato alla musica fin dall’infanzia all’età di sei anni è già in grado di comporre pagine pianistiche. In seguito riceve lezioni di composizione dal maestro di cappella Friedrich Wilhelm Meyer col quale sviluppa un modo di comporre che si richiama alla scuola di Brahms e di Schumann. La sua carriera di direttore d’orchestra comincia nel 1885 quando viene scoperto da Hans von Bülow che lo porta a Meiningen come suo aiutante e gli fa conoscere il compositore Alexander Ritter fervente apostolo wagneriano, che lo converte al wagnerismo ed alla musica a programma. Da allora per trent’anni Strauss si dedica ai poemi sinfonici, che sono uno dei tratti eminenti della sua fisionomia creativa. L’idea di dedicare un lavoro a Don Chisciotte viene a Strauss nell’Ottobre 1886 e la sviluppa fino al termine nella partitura il 29 Dicembre 1897. La prima esecuzione di “Don Quixote, variazioni fantastiche su un tema cavalleresco op. 35” è diretta a Colonia da Franz Wüllner l’8 Marzo 1888, con Friederich Grützmachercome violoncello solista. La partitura sulla scia del wagnerismo, è di dimensioni colossali (prevede l’impiego di 97 esecutori) e permette a Strauss di sviluppare un idioma orchestrale duttilissimo, capace di passare dal tono caustico e beffardo a quello sentimentale, di tratteggiare scenette di forte impatto teatrale e di cercare una dimensione tragicomica popolata da personaggi di grande umanità. La struttura complessa e solidamente costruita, ricca di virtuosismi orchestrali, di invenzioni melodiche e di gustose soluzioni onomatopeiche, dimostra la straordinaria fantasia del compositore e la sua grande abilità nel manipolare il materiale sonoro. Nonostante la caratterizzazione dei personaggi legata ad alcuni strumenti, a partire dal violoncello per Don Chisciotte, Strauss cerca nell’orchestrazione la continuità sinfonica facendo circolare i materiali tematici tra diverse famiglie strumentali, evitando l’identificazione esclusiva tra personaggio e strumento. Dal punto di vista formale “Don Quixote” è unico tra i suoi lavori in quanto scritto in una forma di tema con variazioni, utile a sfoggiare il più spinto virtuosismo orchestrale, ma anche a descrivere le diverse peripezie degli eroi messi in scena, seguendo una precisa traccia programmatica. Forse un suo ultimo richiamo a Brahms. La traccia programmatica che viene comunemente utilizzata per indicare le varie sezioni della composizione, non è presente sulla partitura ma fu scritta in seguito dal compositore che chiese che fosse distribuita tra il pubblico alla prima esecuzione. Nell’ Introduzione vediamo Don Chisciotte che «perde la ragione a forza di leggere romanzi di cavalleria e decide di diventare lui stesso un cavaliere errante» (qui Strauss si è ispirato alla parte I, capitolo 1 del romanzo di Cervantes). Nel prologo in tempo moderato «ritterlisch und galant» (cavalieresco e galante), viene esposto il tema principale, con una prima frase affidata ai legni, che rappresenta il lato cavalieresco dell'eroe, e una risposta che rappresenta il suo lato galante, affidata alla «graziosa» melodia dei violini. Si succedono quindi i diversi motivi che corrispondono alle fantasie di Don Chisciotte, e che alla fine dell'introduzione si combinano in una densa polifonia. Le note tenute di trombe e tromboni all’unisono segnano il passaggio di Don Chisciotte all’azione. Qui entra il violoncello solo, che espone il tema di «Don Chisciotte, il cavaliere dalla triste figura», e quindi la viola solista che, insieme ai comici disegni di clarinetto basso e tuba tenore, tratteggia la figura dello scudiero Sancho Panza. I ruoli sono quindi distribuiti per la tragicommedia che viene rappresentata in dieci episodi. La Variazione I mette in scena «l'uscita a cavallo della strana coppia alla ricerca di imprese in nome di Dulcinea del Toboso e l'avventura con i mulini a vento» (parte I, capitoli 7 e 8). I temi di Don Chisciotte e Sancho si combinano in una trama orchestrale che traslittera l'immagine del vento, delle pale del mulino, dello schianto a terra del cavaliere in sapienti giochi strumentali, fatti di rapide figure di biscrome dei violoncelli, suonate col legno, lunghi trilli dei violini nel registro acuto, un estesissimo glissando dell'arpa che si conclude su un violento colpo di timani. Un motivo cadenzale del clarinetto fa da cerniera con la Variazione successiva. Variazione II «Combattimento vittorioso contro l'esercito dell'imperatore Alifanfaron (combattimento contro il gregge di montoni)» (parte I, capitolo 18). Episodio guerresco (kriegerisch) introdotto da tre violoncelli all'unisono, in fortissimo, e dominato da veri e propri cluster di ottoni e legni, materiali dissonanti e stridenti disposti in ordine caotico con «l'effetto di un vero gregge errabondo e belante, di un immediato iperrealismo» (Principe). La Variazione si chiude improvvisamente dando spazio al brano successivo. Variazione III «Dialogo fra il Cavaliere e il suo scudiero. Pretese, domande e proverbi di Sancho. Consigli, parole di conforto e promesse di Don Chisciotte» (parte I, capitoli 10, 18, 19). Si tratta di una sezione piuttosto estesa nella quale si assiste a un divertente dialogo tra il volubile Sancho e il sentenzioso Don Chisciotte, che enumera le imprese da compiere. I rispettivi motivi si alternano, si ripetono, si accavallano fino ad una riesposizione del primo motivo dell'opera che si sviluppa in un ampio squarcio lirico. La Variazione IV corrisponde alla scena della «Disavventura con una processione di penitenti», tratta dall'ultimo capitolo del primo libro di Cervantes (parte I, capitolo 52). In questo episodio è descritto un corteo di pellegrini (un canto liturgico in crescendo, sottolineato dalle solenni armonie degli ottoni), che portano in processione un'immagine della Madonna, e che vengono scambiati da Don Chisciotte per una banda di ladri. L'eroe li attacca ma viene disarcionato dal cavallo e resta prostrato a terra, mentre la processione si allontana. La Variazione V è invece un Notturno, un movimento privo di azione ma intensamente poetico: «Veglia d'armi di Don Chisciotte. Dolci effusioni all'indirizzo della lontana Dulcinea» (parte II, capitolo 3). Un tempo molto lento, con la parte del solista disegnata come un grande recitativo, «liberamente declamato, sentimentale», che si sovrappone al tema di Dulcinea «dolcemente espressivo». I languidi sospiri di Don Chisciotte prendono forma in una della pagine più sperimentali della partitura: poche battute di glissandi di arpe, tremoli dei le gni, sestine rapidissime dei violini; poi rapidamente si arriva ad un punto coronato in pianissimo che conclude questa variazione. Netto il contrasto con la Variazione VI «Incontro con una contadinotta che Sancho descrive al proprio maestro come Dulcinea stregata da un incantesimo» (parte II, capitolo 10). Episodio rapido e dal tono grottesco, con la paesana evocata da un tema spigoloso dei due oboi, in un metro che alterna 2/4 e 3/4. Un crescendo degli archi ci porta alla successiva Variazione VII, la celebre «Cavalcata nell'aria» (parte II, capitolo 41), una delle pagine musicalmente più originali della partitura. È la scena nella quale il cavaliere errante e lo scudiero vengono bendati e convinti che, per un incantesimo, stanno volando ad altezze vertiginose. Variazione «breve ma terribile» (Principe), capolavoro di inventiva orchestrale fatto di disegni scalari rapidissimi, che attraversano tutta l'orchestra e ai quali si sommano gli effetti sonori della macchina del vento e gli immensi glissandi dell'arpa./p> Dopo questa corsa aerea i due eroi si avventurano per mare, nella Variazione VIlI «Sfortunato viaggio sulla navicella incantata» (parte II, capitolo 29). Una Barcarola nella quale l'elemento liquido è suggerito dal fluire delle semicrome, e il naufragio da improvvisi disegni cromatici. La conclusione è un breve inno di ringraziamento (affidato a flauti, clarinetti e corni) di Don Chisciotte e Sancho scampati al naufragio, bagnati e intirizziti dal freddo. La Variazione IX è il «Combattimento contro i presunti maghi e contro due monaci benedettini a cavallo di mule grosse come dromedari» (parte II, capitolo 8). Solo 25 battute, in un movimento rapido e tempestoso, nel quale i due religiosi sono rappresentati da un dialogo contrappuntistico tra i due fagotti senza accompagnamento, e l'arrivo di Don Chisciotte che terrorizza i monaci, da un pizzicato negli archi gravi. L'ultima Variazione X , collegata senza soluzione di continuità, è il «Grande combattimento contro il Cavaliere della Bianca Luna. Don Chisciotte, gettato a terra, dice addio alle armi e decide di ritornare a casa e di diventare un pastore» (parte II, capitoli 64, 67, 69). Un combattimento fragoroso al quale partecipa tutta l'orchestra, che lascia appena affiorare la voce del violoncello solo. Poi il ritmo regolare dei timpani e la melodia «molto espressiva» dei legni segnano la ritirata di Don Chisciotte e la sua rinuncia definitiva all'azione. Il poema sinfonico si conclude con un Finale dedicato alle memorie e alle meditazioni dell'eroe (parte II, capitolo 74): «Ritornato in sé, Don Chisciotte decide di dedicare gli ultimi suoi giorni alla vita contemplativa. Morte di Don Chisciotte». Ritornano i motivi eroici e amorosi, e il violoncello solo canta ancora una volta il suo tema, fino ai sommessi accordi delle ultime battute.