Irene Battaglini Consigliere dell’Ordine degli Psicologi della Toscana SOCIETA’ ERICH FROMM POLO PSICODINAMICHE [email protected] ERMENEUTICA E RELATIVISMO José Aparicio Inglada (1770 - 1838) Socrate enseignant, 1811 (Musée de Castres) l’interpretazione nella “relazione d’aiuto” [reciprocità nell’asimmetria] Il sogno di Jung (Ricordi, Sogni, Riflessioni. Il Saggiatore 1965) A pagina 158 dell'edizione americana di Ricordi, Sogni e Riflessioni, (1) Jung racconta il sogno da lui fatto nel corso del suo viaggio con Freud verso gli Stati Uniti, nel 1909. E’ «il sogno dei due teschi», quello — ricorderete — che preannunciava la sua separazione da Freud. Il sogno presenta a Jung «la sua casa», una casa a due piani. Il piano superiore dove Ilo di Jung si trova dapprima, è arredato con antichi quadri di valore e in stile rococò. Scendendo al piano terreno il sognatore trova un misto di Rinascimento e Medioevo; al livello inferiore c'è una cantina romana e — ancora più in profondità — in una specie di caverna profonda e oscura — giacciono dei resti archeologici primitivi e i due teschi. Per Jung (p. 161), il sogno: presupposto di natura affatto impersonale... e il sogno divenne per me un'immagine-guida ... fu la prima intuizione bell'esistenza, nella psiche personale, di un a-priori collettivo... delle forme istintive, cioè degli archetipi. Jung racconta che il sogno della casa nel 1909 «risvegliò il mio antico interesse per l'archeologia», (sappiamo che negli anni in cui era studente il suo primo amore era stata l'archeologia mentre la psichiatria veniva seconda, faute de mieux [in mancanza di meglio]) inducendolo a riprendere in mano dei libri sugli scavi archeologici e sui miti. Aggiunge poi: Nel corso di queste letture mi capitò tra le mani l'opera di Friedrich Creuzer Symbolik und Mythologie der Alten Völker che mi accese d'entusiasmo. Lessi come un folle e lavorai con un interesse febbrile in mezzo a una montagna di materiale mitologico e poi anche di scritti gnostici e finii in una totale confusione. Era come se mi trovassi in un fantastico manicomio e cominciassi a «trattare» e ad analizzare tutti i centauri, le ninfe, gli dei e le dee del libro di Creuzer. Come se fossero i miei pazienti. http://www.rivistapsicologianalitica.it/v2/PDF/4-2-1973-Jung_culturaeuropea/IV-2-1973-cap3.pdf Regressio ad infinitum Modello Y Modello W Osservatore Esterno un ipotetico soggetto esterno osserva i due modelli in dialettica e applica al campo di indagine un terzo modello di interpretazione, ad esempio evoluzionistico. paradigma J Inconscio collettivo Inconscio personale paradigma F proiezioni del proprio paradigma e interpretazione del sogno … le conseguenze … conflitto di interpretazioni • • • • L’elaborazione di questo sogno portò alla luce la “dinamica” con Freud e diede forma al concetto di ” inconscio collettivo”. Jung raccontò a Freud questo suo sogno e questi si concentrò sul significato simbolico dei teschi che mostravano per lui segreti desideri di morte. Jung sentiva restrittiva questa • interpretazione e si rese conto di quanto fosse grande la differenza tra l’atteggiamento intellettuale e positivistico di Freud ed il suo. Jung scrive : “Come ho già detto, Freud o era incapace di interpretare i sogni che avevo, o li interpretava solo parzialmente. Erano sogni di contenuto collettivo, con una quantità di materiale simbolico: uno per me fu particolarmente importante, perché per la prima volta mi indusse al concetto di “inconscio collettivo” e pertanto rappresentò una specie di preludio al mio libro “Wandlungen und Symbole der Libido”. (1912; La libido: simboli e trasformazioni) Questo sogno divenne per lui una “immagine guida”, che rappresentava tutte le stratificazioni della sua coscienza, fino a giungere a quelle più remote ( la caverna preistorica). Con questo sogno Jung ebbe la prima intuizione dell’esistenza nella psiche personale di una traccia collettiva che egli chiamò “ inconscio collettivo” e di forme istintive comuni dette “ archetipi”. J-F Jung non sottolinea mai la separabilità della psiche dalla fisiologia però non ne accentua neppure i punti di contatto, perché desidera sempre mantenere la psicologia indipendente dai modelli organicistici. Alla radice della coscienza ci sono immagini psichiche fantastiche (archetipiche o primordiali). Plotino e Jung concordano, nel riconoscere alla coscienza una base totalmente psichica, una base nell'immaginazione, in ciò che più tardi Ficino avrebbe chiamato fantasia o idolum. Rimanendo fedele a questa convinzione— il potere autonomo dell'immaginazione — Jung Platone e Plotino, Ficino, Vico (Neoplatonici) separa la sua psicologia da quelle di Freud e Adler «Ogni processo psichico è un'immagine e un«immaginare» senza cui non esisterebbe alcuna coscienza...» , «L'esistenza psichica è l'unica categoria dell'esistenza di cui si abbia conoscenza immediata, dal momento che nulla è conoscibile se prima non compare sotto forma di immagine psichica... Nei limiti in cui non assume la forma di un'immagine psichica, il mondo è virtualmente non esistente». Freud procede invece con la forza del metodo aristotelico, che sta nella capacità di osservare o organizzare, non in quella di immaginare o interpretare che è invece platonica e anche junghiana. Aristotele, Cartesio: Naturalismo, Sperimentalismo, Positivismo “La grande opera di Plotino, le Enneadi, si apre con queste parole: «Piaceri e dolori, paure e ardimenti, voglie e avversioni, a chi altro mai potrebbero appartenersi [se non... all'anima?»]. Dopo aver ragionato sui corollari del problema e sulle possibili soluzioni, egli prosegue: (I, 1,2) «La nostra indagine ci impone di esaminare fin dall'inizio la natura dell'Anima». E‘ evidente che ci troviamo davanti a un libro di psicologia. Comunque sia, ciò che più importa è ricordare che per imparare la psicologia non dobbiamo leggere libri di psicologia ma leggere i libri psicologicamente” (J. Hillman, L’Anima del Mondo e il Pensiero del Cuore, Adelphi). Non è forse un invito dell’ermeneutica alla psicologia, al banchetto della conoscenza? Sistemi di pensiero CIASCUN PARADIGMA È LA PROIEZIONE DI UN SISTEMA DI PENSIERO • La filosofia studia il modo in cui l’uomo osserva se stesso e il mondo, e tenta di stabilire ipotesi, secondo la logica del suo modus operandi, sui modelli di pensiero che informano il comportamento degli uomini. La filosofia ha per oggetto la sapienza, la conoscenza, e il modo in cui si produce. Lo strumento principe del filosofo è la riflessione. • Il legislatore, quando promulga una legge, imprime il comportamento dei cittadini in base ad un sistema di conoscenza, ad un modello sociale. • Il clinico, quando catalizza processi cognitivi ed emozionali, si occupa della conoscenza e del modo in cui è prodotta. Ad esempio, l’identità del paziente è conoscenza di sé, e si ridefinisce anche attraverso il percorso psicoanalitico o una psicoterapia, che è gettare nuova luce, tra le altre cose, sulla narrazione di sé che ciascun paziente fa. • Coppie Asimmetriche Convenzionali: scrittore/lettore; profeta/esegeta; sogno/sognatore; narratore/interprete-traduttore-ascoltatore (si pensi alle tradizioni tramandate oralmente, come il metodo Socratico); paziente/medico-terapeuta-psico …; allievo/maestro. • Aderire ad un sistema di pensiero, ad un paradigma, implica una scelta di fiducia da parte dell’Allievo ed una scelta di responsabilità da parte del Maestro. Che cosa succede in un modello • Nei diversi contesti vi è un modellamento del comportamento, un’adesione che può generare autoreferenzialità, come supporto anche alla costruzione dell’identità. • La verifica, il capire e il voler capire, sono gli strumenti di riflessione e di intervento utili per uscire dall’autoreferenzialità e per Sistema di credenze e di valori Dimensione storicoculturale del comportamento umano Per quale sistema opto? Quali parametri mi fanno aderire ad un modello? SCEGLIERE è INEVITABILE Aliquid stat pro aliquo « qualcosa sta per qualcos'altro » Agostino di Ippona (354-430 d.C.) Agostino e la «semantizzazione» del Tempo: il linguaggio di Dio che parla all'uomo La memoria-immagine decodificatore del linguaggio-tempo e fondamento del suo statuto oggettivo • • Sant'Agostino nello studio è un dipinto murale staccato (152x112 cm) di Sandro Botticelli, databile al 1480 circa e conservato nella chiesa di Ognissanti di Firenze Considerato che il segno è in generale "qualcosa che rinvia a qualcos'altro" ("aliquid stat pro aliquo") possiamo dire che la semiotica è la disciplina che studia i fenomeni di significazione e di comunicazione. Per significazione infatti si intende ogni relazione che lega qualcosa di materialmente presente a qualcos'altro di assente (la luce rossa del semaforo significa, o sta per, "stop"). Ogni volta che si mette in pratica o si usa una relazione di significazione si attiva un processo di comunicazione (il semaforo è rosso e quindi arresto l'auto). Le relazioni di significazione definiscono il sistema che viene ad essere presupposto dai concreti processi di comunicazione. E’ necessario stabilire un codice, concordare le modalità di interfaccia tra il mondo interpretato e quello da interpretare, tra la comunicazione esplicita e ciò che vi si cela o che è o-sceno, di là della scena. Ermeneutica Filosofica έρμηνεύειν (hermeneuin) = interpretatio interpretazione: risalire da un segno al suo significato • Accezioni diverse di “interpretazione” in Platone (Repubblica, Teeteto, Ione)* e Aristotele**; • Tommaso con ‘interpretatio’ si riferisce alla elucidazione dei significati oscuri di un testo 10 L’interpretazione delle Sacre Scritture • Nella cultura cristiana medievale la pratica di elaborazione dei significati (allegorici, metaforici, simbolici ecc.) delle Sacre Scritture è applicata ad ogni manifestazione culturale • L’opera di interpretazione si confonde facilmente con l’abuso di una lettura di significati, che spesso ne complica la comprensione 11 I limiti dell’interpretazione • La Riforma Protestante (1517) nel suo messaggio di rinnovamento denuncia gli eccessi e l’arbitrarietà delle interpretazioni dei testi sacri • E’ promosso un nuovo atteggiamento per la lettura della Scrittura (sola scriptura), che deve aderire allo spirito originario diffuso dai Testi con maggiore attenzione filologica e storica (Alexander –> inserire file ezio) • Una dottrina dell’interpretazione meno esoterica si presta ad una applicazione anche a contesti diversi rispetto ai testi biblici 12 L’interpretazione di Schleiermacher • Per Schleiermacher (1768-1834) l’interpretazione non è solamente dei Testi Sacri, ma di ogni testo il cui significato non sia perspicuo • Ma qual è il lavoro dell’interprete? Ricostruire il senso che l’autore voleva dare alla sua opera oppure è lecito anche conferirle altri sensi alla luce della riflessione sulla distanza che da essa ci separa? L’interpretazione dunque diventa esegesi fondata su un sapere storico-culturale 13 Dilthey e lo Storicismo (Tedesco) • Wilhelm Dilthey (1833-1911), filosofo e storico tedesco, si impegna in un programma di fondazione del sapere storico (1883) • Perché il sapere storico è così importante per Dilthey e lo Storicismo Tedesco? • Lo Storicismo Tedesco si sviluppa come una delle reazioni al Positivismo del XIX secolo, che aveva messo in crisi l’autonomia del pensiero filosofico tradizionale 14 Il Positivismo • Auguste Comte (1798-1857) fonda una nuova concezione della filosofia (1830-1842), che deve rivolgersi all’unica vera fonte della conoscenza • La filosofia dunque perde la sua autonomia e si deve fare promotrice dell’unico sapere effettivamente valido, quello scientifico. Stesso destino accompagna la psicologia, con la rivoluzione copernicana della “operazionalizzazione” • Anche la dimensione umana deve essere studiata con i medesimi criteri scientifici (Sociologia) 15 Lo Storicismo (Tedesco) • Il realismo storiografico (anti-romantico) Tedesco della seconda metà dell’ ‘800 mostra che anche gli studi storici sono rigorosi • MA la ricerca storica non può essere svolta con la medesima metodologia delle scienze • C’è infatti una differenza fondamentale, qualitativa oltre che quantitativa, tra scienze umane (storiche) e scienze naturali 16 Lo Storicismo di Dilthey • Dilthey accentua la distinzione tra Naturwissenschaften e Geisteswissenschaften • Riconosce una differenza ontologica tra l’oggetto delle Scienze della Natura e le Scienze dello Spirito: le Scienze dello Spirito studiano l’esperienza umana concreta nella storia • Le Scienze della Natura spiegano (causalmente), le Scienze dello Spirito comprendono 17 Spiegazione e Comprensione • La spiegazione scientifica si avvale di generalizzazioni universali (scienze nomotetiche) • La comprensione si fonda sulla capacità di rivivere le esperienze (Erlebnisse) degli uomini • Lo studioso delle scienze umane applica una forma di conoscenza differente rispetto a quella scientifica, perché egli appartiene al medesimo genere del suo oggetto di studio, un soggetto attivo, non inerme 18 Dilthey, padre dell’Ermeneutica • L’insistenza sulla affinità tra soggetto e oggetto implica che nel momento in cui il primo è rivolto al secondo partecipa della sua esperienza • C’è interpretazione ogni qualvolta in cui si studia un ambito in cui è coinvolta l’attività umana • I fatti degli uomini si conoscono mediante un processo empatico a priori • La comprensione è relativa (coscienza storica) 19 Heidegger e la svolta esistenziale • M. Heidegger (1889-1976) coglie nell’interpretazione il significato ontologico, oltre che metodologico, della condizione umana: siamo in quanto comprendiamo, e la nostra comprensione determina il nostro essere • La comprensione è a fondamento di ogni attività umana (anche della scienza) 20 Heidegger e il primato della comprensione • La possibilità di comprendere un fenomeno si fonda solamente sulla pre-comprensione che ne abbiamo (Ermeneutischer Zirkel) • Il sapere scientifico non gode di questa peculiarità, non si fonda su sé stesso, ma su un altro sapere • La pre-comprensione è la condizione per la consapevolezza del nostro esser-ci, ma noi ci troviamo gettati in questa dimensione già data • Il veicolo della pre-comprensione è il LINGUAGGIO: l’essere è linguaggio e il linguaggio plasma l’essere 21 Linguaggio e interpretazione • Nell’attenzione al linguaggio l’Ermeneutica Filosofica (non biblica, giuridica, ecc.), in quanto teoria generale dell’interpretazione, preserva lo spirito delle origini • In un certo senso tutto è linguaggio per l’Ermeneutica, e come tale deve essere interpretato (cfr. il biblico “In principio era il Verbo”). Ogni elemento della nostra ontologia è interpretabile come un testo scritto. 22 Storia e interpretazione • L’interpretazione dell’Essere, dei fenomeni, del mondo, dipende dalla storia • L’Essere infatti è sempre storicamente determinato, relativo a contingenze storiche • L’Essere è sempre storicamente compreso, relativo ad interpretazioni storicamente relative • L’Essere dunque dipende dalla storia sia per la sua relatività temporale che epistemologica 23 La pre-comprensione • Tutto ci è comprensibile perché tutto ci è in qualche modo reso comprensibile dal linguaggio che permea la nostra facoltà di comprensione • Il linguaggio è costituito e costituisce la nostra storia, la cultura di cui facciamo parte, determina anche le nostre capacità critiche • Nel momento in cui ci accingiamo ad affrontare un determinato problema ne abbiamo già una forma di comprensione (cfr. Sein und Zeit, incipit) 24 Il Circolo Ermeneutico • La pre-comprensione si auto-fonda su una circolarità naturale dell’interpretazione • Il fatto di sapere (riconoscere) implicitamente quello di cui si sta parlando è una forza del linguaggio e dell’interpretazione • E’ una forma di conoscenza per analogia e identificazione (cfr. Empedocle: “Il simile conosce il simile”) 25 Caratteristiche della comprensione • Proprio in quanto la comprensione è fondata sulla circolarità consente di cogliere l’essere nella sua limitatezza storica • Il linguaggio dà sempre dell’Essere un’immagine incompiuta; e l’indagine ermeneutica non è mai compiuta, ma è sempre in divenire, come del resto l’Essere stesso, che non è ipostatizzabile • Bisogna ricordare che l’interpretazione è funzionale alla comprensione delle differenze, che sono rese accessibili grazie alla partecipazione ad un sostrato comune 26 Gadamer e la comprensione come pratica • Come procede la comprensione ermeneutica? • Soprattutto con H. G. Gadamer (1900-2002) l’ermeneutica assume i connotati di una interpretazione linguistica e culturale pratica: si tratta di una interazione linguistica e culturale che sviluppa una fusione degli orizzonti culturali • Non c’è però una specifica metodologica ermeneutica, non c’è una tecnica 27 Phrónēsis e Ermeneutica • La comprensione è una capacità tacita, non articolabile proposizionalmente e non deducibile teoricamente; la si acquisisce con la Coscienza Storica e una assimilazione dei gesti degli altri • Come tale la comprensione è una conoscenza affine alla phrónēsis aristotelica, una saggezza insieme teoretica e pratica che consente di intrattenere con l’altro una relazione dialettica 28 Ermeneutica e relativismo • L’ermeneutica, soprattutto nella versione proposta da Gadamer, è una pratica aperta dell’interpretazione generale • Ma non c’è un invito al relativismo? Quali sono i criteri per giudicare se un’interpretazione è migliore, uguale o peggiore rispetto ad un’altra? • Il dibattito sul relativismo dell’Ermeneutica (E. Betti, E. Hirsch, J. Habermas, O. Apel) non è ancora concluso 29 Gli sviluppi dell’Ermeneutica • Parallelamente a Gadamer (e confrontandosi con lui) altri autori sviluppano l’idea di una teoria dell’interpretazione su vari fronti: a) quello di L. Pareyson (di orientamento esistenziale) e P. Ricoeur (che dialoga con fecondità con le scienza); b) quello nietscheano di J. Derrida e G. Vattimo; c) quello di K. O. Apel e J. Habermas che associa all’Ermeneutica la riflessione della Teoria Critica (Marxista) 30 • « L'essere che può venir compreso è linguaggio. » (“Verità e metodo”, Hans Georg Gadamer) « Ciò che si deve comprendere è già in parte compreso. » (Gadamer) Sull’Ermeneutica • Il latino interpretatio traduce il greco hermenéia. I latini perciò hanno assunto da subito l’ermeneutica principalmente nel senso di interpretazione. Secondo Jean Pépin, questa traduzione ha fatto un torto al concetto originario: “Infatti, il sostantivo interpretatio, passato quasi tale quale nelle moderne lingue europee, ha un prefisso molto esplicito che conferisce ad esso, prima di qualsiasi specificazione, il significato di base di “mediazione”; questa accezione pregnante si è riflessa sull’hermenèia, la cui ignota etimologia non poteva essere di nessun aiuto. • Per contaminazione, ermeneutica è diventata sinonimo di interpretazione o esegesi” mentre “il significato antico e primario di hermenèuein sarebbe (…) “esprimere un significato parlando”, manifestare per mezzo della lingua il logos interiore, nel vocabolario proprio di Aristotele e di Filone Alessandrino. Ben presto, però, il medesimo termine viene riferito alla manifestazione del significato di una parola, traduzione dall’oscuro al chiaro; con questa accezione, hermenèuein viene impiegato dai Padri della Chiesa per l’interpretazione delle Sacre Scritture. • D’altra parte ”divino” e “ingannevole” possono essere attribuiti al discorso inquanto-tale: Pan, infatti, figlio di Hermes [= frutto di astuzia, macchinazione, inganno (?)], è la personificazione del discorso - “o è il discorso o il fratello del discorso”, scrive Platone, e possiede una parte liscia [= il discorso vero] e una parte capriforme [= il discorso falso]. Per ciò possiamo pensare, superando le due proposizioni che l’ermeneuta è colui (a) che astutamente può produrre discorsi veri o discorsi ingannevoli e (b) che può interpretare correttamente o astutamente discorsi d’altri (divini). Perciò l’ermeneutica è l’arte o téchne di esporre discorsi divini (veri) o ingannevoli e/o l’arte di interpretare correttamente o astutamente messaggi divini. Certamente per Platone doveva trattarsi di una téchne particolare, in un certo senso speciale, perché legata a cose divine. Il concetto di ermeneutica si connette alla sacro sia perché rimanda (a) alla divinità Hermes e, come abbiamo visto, (b) al carattere divino insito nel “discorrere” stesso (eirein), sia perché (c) investe la “la sfera sacrale della mantica degli oracoli” (Kerenyi 1963: 135). D’altra parte, il concetto di ermeneutica riguarda anche il “profano”. Lo rivela eloquentemente la figura di Pan (a), ma anche il passo dello Jone dove ermeneuti sono detti poeti e i rapsodi (b). Unendo sacro e profano come ci viene suggerito dall’immagine del dio caprino Pan - possiamo supporre che l’ermeneuta platonico è colui che porta un messaggio divino e lo espone poeticamente. L’ermeneutica, infatti, pur riguardando cose divine, è, per Platone, una téchne. FOUCAULT • L'ermeneutica del soggetto raccoglie la trascrizione del corso tenuto da Michel Foucault (1926-1984) al Collège de France, 1981-1982. • Partendo dalla considerazione di alcuni testi platonici, Foucault propone una rilettura della filosofia antica e della sua storia innovativa e di stampo nettamente anti-idealistico. In particolar modo il celebre detto socratico "Conosci te stesso" viene allontanato dalla sua consueta interpretazione gnoseo-antropologica e riconsiderato come parte di un più generale progetto di "cura del sé", progetto comune a gran parte della filosofia greco-romana. • Dall'analisi di Foucault, supportata dal suo classico metodo genealogico e da costanti, vasti e approfonditi riferimenti ai testi dell'epoca, emergerebbe come la filosofia antica non sia consistita in speculazioni teoriche astratte, ma in una serie di pratiche teoretiche, psichiche e ancorché fisiche, volte alla trasformazione attiva del soggetto e delle sue modalità d'esistenza. Uno sfondo comune sul quale varierebbero, a seconda dei tempi e dei luoghi, gli obiettivi e i metodi dell'attività filosofica, ora indirizzata alla formazione politica del cittadino ideale, ora volta a proteggere l'individuo da una realtà sociale ostile, ora tesa al raggiungimento di una realtà trascendente. Particolare attenzione è inoltre riservata da Foucault al rapporto del filosofo antico con la parola scritta. • Che cosa succede quando il sistema di pensiero e il sistema valoriale dell’allievo / paziente non coincidono tra loro? (l’interpretazione prematura) • E quando non coincidono il sistema valoriale del paziente e quello dell’analista? (deontologia dell’interpretazione) • Sperimentare il relativismo in pittura e poesia • significa elaborare delle rappresentazioni tra loro embricate in modo da evocare, una situazione o un accadimento di straordinario impatto emozionale. • Si parla di relativismo percettivo. E’ naturale che un gatto abbia una posizione percettiva differente da quella dell’uomo. Sogno, mito e relativismo semantico In una analisi è forse meglio parlare di relativismo in termini di percezione e Di semantica che non in termini di religione. I campi si intersecano e occorre responsabilità interpretativa, ovvero sia saggezza. Il sogno e il mito offrono non solo scenari interpretativi, quanto strumenti utili A interpretare la realtà cosciente, offrendole un posizionamento percettivo Ribaltato. Dipingere una scena vissuta realmente, può essere occasione per offrire al Paziente un modello interpretativo originale. Ascrivere ad un mito un fatto del giorno. Può salvare il paziente da una visione eccessivamente relativistica, ossia legata alle sue opinioni acritiche. Può consentirgli di vedere il mito in prospettiva personalistica, e di leggere se stesso in prospettiva mitica. « l'uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono. » Protagora, filosofo presocratico «Se tutto è vero, allora niente è vero. » Socrate (applicazione ironica del principio di non contraddizione: se il relativismo ha ragione, allora dovrebbe mettere in dubbio anche il relativismo stesso; questo implica che parte da una posizione non valida nella logica formale. Per relativismo gnoseologico si intende una posizione di stampo filosofico secondo cui la conoscenza si basa non su criteri oggettivi, nel senso che tutti li riconoscano come certi, ma unicamente soggettivi, essendo priva di punti sicuri di riferimento. Il termine gnoseologico deriva dalle parole di origine greca gnosis (γνῶσις) = conoscenza, sapere, e logos (λόγος) = discorso, scienza. Un esempio di relativismo gnoseologico lo si può trovare nella frase del filosofo presocratico Protagora di Abdera: Non ci sono cioè elementi, misure oggettive, in base a cui poter distinguere la verità (ciò che è) dalla falsità (ciò che non è). Tutto è affidato alla soggettività dell'uomo. Solo chi ha sperimentato il caos può generare una stella danzante Socrate • Avversario di Protagora era Socrate, il quale ha realizzato, attraverso la metodologia di indagine e speculazione sua propria, la maieutica (maieutiké tecné = ostetricia, riferita metaforicamente al far partorire conoscenze), un metodo di introspezione volto alla ricerca di verità a cui possono arrivare gli uomini. • Secondo un'interpretazione di tipo "psicologico", Socrate avrebbe affermato che la felicità fosse raggiunta dalla piena realizzazione ed aderenza del singolo alle sue intime predisposizioni le quali andavano necessariamente prima conosciute; l'ignoranza di se stessi e l'insoddisfazione che ne deriva conduce al male. Secondo teorie interpretative diverse per Socrate l'uomo raggiunge l'eudemonia (letteralmente: essere in compagnia di un buon demone cioè essere in pace con se stessi), cioè la serenità solo se applica la "scienza del bene e del male", il dialogo,"il sommo bene", come egli lo definisce, che gli consente di conoscere cos'è il bene per chi si confronta con l'altro. • L'uomo è un possibile riferimento a livello cognitivo a più livelli. Si può intendere l'uomo come categoria umana in senso lato, quindi la percezione del mondo fisico e metafisico in base alla sua centralità (universo antropocentrico). Secondo interpretazioni di carattere religioso Socrate era profondamente convinto dell'esistenza oggettiva di una sola verità e una sola giustizia, pur ricercandole all'interno di ogni uomo anziché fuori nel mondo. Diverse analisi del pensiero di Socrate sostengono invece che egli, che sa di non sapere, non crede che all'uomo sia possibile possedere verità definitive salvo una: quella della ricerca della verità tramite l'esame in comune con il dialogo. Un'altra interpretazione riconducibile a concezioni psicologiche, porrebbe in risalto la diversità da uomo a uomo con la conseguente diversa percezione del sensibile: ad es. una persona "sente" ed elabora un'esperienza diversamente da un'altra in base al proprio carattere ed esperienza personale. In questo caso l' accento è posto sul processo di apprendimento di ogni individuo ed è alla base di tutte le indagini in ambito psicologico e psicanalitico. Suo equivalente è il relativismo conoscitivo o cognitivo. Il relativismo o la vertigine della libertà (Borla) « Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura, esta selva selvaggia e aspra e forte, che nel pensier rinova la paura! » (Dante Alighieri, Inferno I, 1-6) • Perdita del Sacro, perdita della capacità di Dio, della Memoria Dei, del senso di appartenenza al mondo (Agostino) • Perdita della Costruzione del Senso e del Significato nell’Interpretazione • E’ una deriva interpretativa che può essere costellata in analisi quando terapeuta e paziente smarriscono le mappe e le bussole del loro andare. • Lo smarrimento è una condizione utile se ben navigata • Poiché conduce alla luce di nuovi insight, di cui il paziente ha pieno patrocinio, e di cui il terapeuta è “levatrice”. • Questo silenzio ulteriore, volta prelude all’insight maestro Il loop interpretivo Tiene i rapporti di forza in tensione in modo da Non modificare mai lo status quo L’autoreferenzialità nella relazione d’aiuto è uno dei rischi della “stasi”. allievo Ha radici prevalentemente nel terapeuta e nelle sue risposte controtransferali. Il paziente ha diritto a non cambiare, qualora decida di essere Giunto ad un punto definibile da lui come “sufficiente”. Il terapeuta deve essere in grado di accogliere questa stabilizzazione ed elaborarla Per quanto possibile, Valutando il suo sentimento di fallimento, la sua forzata non-azione. La non-azione è, invece, uno strumento eccellente per interpretare il non-cambiamento Il circolo ermeneutico Il circolo ermeneutico definisce il procedimento circolare che fonda ogni atto interpretativo. Questa espressione fa riferimento all'ermeneutica che in filosofia tratta della teoria dell'interpretazione (dal greco ἑρμηνευτική τέχνη - hermeneutikè tèchne, arte o tecnica della interpretazione) •Dalle parti al tutto e dal tutto alle parti Il movimento circolare della interpretazione muove dalle parti che compongono il testo da interpretare al tutto e, viceversa, dal tutto alle parti. Quando uno studioso si accosta a un testo da comprendere la sua mente non è del tutto vuota e sgombra dell'ambiente storico e culturale che l'ha formata nel tempo. Questo "tutto ideale" quindi interviene prima ancora che si svolga il lavoro d'interpretazione e lo condiziona, lo impronta di sè. D'altra parte vi è un continuo scambio tra le cose conosciute e quelle da conoscere, "le parti", che vanno a loro volta a modificare il complesso del sapere, "il tutto". La conoscenza risente dell'ambito storico psicologico in cui essa si svolge così che essa è il prodotto di una sovrapposizione circolare di nozioni. Storia del concetto Friedrich Schleiermacher, filosofo e teologo ottocentesco, fu il primo ad occuparsi della natura circolare del comprendere. Ritroviamo lo stesso concetto, ma solo in maniera accennata, già nella filologia ellenistica. Un particolare interesse per il circolo ermeneutico viene espresso da parte degli esegeti biblici fin dall'epoca della Controriforma. Il termine è stato coniato da Dilthey nell'Origine dell'ermeneutica (1900) ed è stato ripreso nel novecento da vari filosofi, tra cui Heidegger (1927) e Gadamer (1960). Sul metodo Proviamo a dividere il mondo in due, il lettore disordinato, quello che i libri li mette in fila come capita, ovvero li impila e basta; e quello ordinatissimo, preciso, scrupoloso, che adotta un criterio e a quello si attiene meticolosamente. Ecco il primo spunto: non c'è sostanziale differenza tra i due, perché se è vero che il primo li accumula come entrano in casa, e li ripone dopo averli letti dove gli capita; il secondo adotta sì un criterio ma, qualunque esso sia, tale criterio è comunque e necessariamente arbitrario. Un arbitrio nascosto, diciamo, non evidente, segreto. Ma comunque tale, perché non sancito a priori o definitivamente da alcun protocollo conosciuto. Ovvero, non condiviso, non necessariamente scientifico, perché il mondo dei libri, del leggere in genere, non sopporta definizioni e certezze di sorta. Interpretazione e pratica clinica • • • • Interpretazione Del linguaggio verbale e non verbale. Il linguaggio scritto, è verbale o non è verbale? Vale a dire, un terapeuta può interpretare il testo, interpretare la narrazione, interpretare lo stile del testo? Qual è il codice di trasduzione appropriato? E ti vengo a cercare Perché mi piace quel che pensi e che dici e perché in te trovo Le mie radici Franco Battiato, La cura. In una relazione d’aiuto, non vi è solo l’interpretazione verbale, poiché il linguaggio in gioco non è solo verbale. Sentire, dire, stare in silenzio, muoversi, osservare, sono tutti elementi che Sigismondo Freud mise nell’espressione “attenzione fluttuante”. Tutti questi elementi concorrono alla reciproca interpretazione e contaminano continuamente la neutralità del setting. Un telefono che suona interpreta, talvolta, la tensione di un silenzio insopportabile e vi reca sollievo. Il terapeuta di Magritte è pieno di sogni I sogni sono suoi o del paziente? La colomba di Kant non a caso è stata scelta da Carotenuto a rappresentare il transfert. Il terapeuta può non credere in Dio, ma deve essere capace di Dio, nell’accezione agostiniana. Risiede proprio nell'essere capaci di Dio la possibilità di quella memoria Dei, la quale mostra come per Agostino non importi tanto la definizione metafisica dell'uomo, quanto l'orientazione verso il suo fine. (Taranto, Rivista on line Dialegesthai) La memoria è sede dei linguaggi che si traducono in segni; dei ricordi e delle immagini. La memoria è biografia possibile, e consente possibili narrazioni. Il viaggio interiore e la pratica clinica • L’interpretazione può essere uno strumento efficace nell’attraversamento dello scarto tra passato e futuro, e nel disvelamento di tutte le divergenze che è necessario elaborare, tra quel che è desiderio e quel che è possibilità. Tra il bisogno immaturo e l’istanza dell’ambiente. • L’interpretazione non dovrebbe “etichettare” le emergenze, i percorsi in nuce. L’interpretazione può essere prematura, dannosa, non tenere conto del timing e delle risorse di colui che deve “tenere” l’interpretazione, metabolizzarla (Foppiani, Benelli). • Il terapeuta fornisce enzimi interpretativi e in alcuni casi, può anche fare da “conforto” alle interpretazioni crude, della realtà che fornisce il paziente. Le interpretazioni fornite direttamente dal paziente non si possono “elidere”, si possono solo “tenere”. Assumere, covare, maturare. E talvolta dopo molto tempo, restituire. • Il terapeuta non dovrebbe interpretare, ma fornire al paziente elementi che lo mettano in condizione di crearsi mappe personali, “individuative”, accompagnandolo come un mentore Sul relativismo • L’approccio del terapeuta Contemplare il “relativo”, nel sistema di valori e credenze, nella “Weltanschauung” del paziente Il terapeuta deve fare i conti con il relativismo Poiché il centro del sistema di pensiero del paziente È il cuore sacro della relazione. Il metodo socratico La Maieutica Socratica La via dell’interpretazione Contro l'artefatta magniloquenza dei sofisti, i cui discorsi non miravano alla verità, Socrate, atteggiandosi a uomo inesperto delle belle maniere, riuscì a smontare la presunzione dei falsi sapienti, pur con i suoi discorsi disadorni e i paragoni spesso ineleganti. Maestro dell'arte dialettica, attraverso il metodo dell'interrogazione e del dialogo, S. evitava i lunghi discorsi e riusciva a imbrigliare i suoi interlocutori, inducendoli ad auto esaminarsi e a riconoscere i propri limiti. L'ironia socratica, o dubbio metodico, portando, quindi, l'interlocutore a dubitare di ciò che prima riteneva certo, lo gettava nell'inquietudine impegnandolo così alla ricerca. L'ironia era pertanto l'arma del filosofo contro i falsi saccenti a differenza dei quali egli stesso professava la sua ignoranza. « Soy ciego y nada sé, « Sono cieco e pero preveo ignorante, ma intuisco que son más los che sono molte le caminos » strade » (J.L.Borges, The unending rose) Per Socrate questo era l'unico atteggiamento che stimolasse la ricerca, evitando a sé medesimo il pericolo d'invischiarsi in posizioni dogmatiche. In tal modo il maestro non offriva la verità ai discepoli, ma li aiutava a ricercarla attraverso il sistema maieutico o arte ostetricia: come la levatrice, infatti, Socrate aiutava l'individuo a pensare per concetti, attraverso il dialogo continuo con se stesso e con gli altri. Attraverso il principio “conosci te stesso”, o metodo dell'introspezione, l'uomo, indagando in se stesso, scopre il fine al quale è destinato e le facoltà di cui è dotato per raggiungerlo. Tale ricerca è però frutto di collaborazione: l'uomo può conoscere meglio se stesso attraverso il dialogo con gli altri uomini. Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo (E. Montale) Job Koelewijn (2005) Escher dai PENSIERI DEL PRESENTE Editoriale di Kainos n. 10 http://www.kainos-portale.com/index.php?option=com_content&view=frontpage&Itemid=1 “Per la nostra millenaria cultura del tramonto, la storia è infatti l’ombra gigantesca che sta sempre alle spalle del paesaggio in cui, di attimo in attimo, facciamo esperienza. Ma alla constatazione hegeliana che la filosofia è davvero capace di pensare la propria epoca solo quando questa è definitivamente “compiuta”, e possa dunque fabbricare concetti solo dopo aver attraversato l’istantaneità e l’immediatezza dell’essere, crediamo si possano contrapporre sia l’inquietante incompiutezza del moderno, sia il coraggio che il pensiero filosofico deve a Nietzsche, il cui gesto demolitore ha inaugurato il Novecento. Se il presente non è sempre il prodotto consapevole dell’azione umana, e se, per pensarlo, non vogliamo pensarla come Hegel, bisogna saperne cogliere gli “indizi”, le tracce, le rappresentazioni oniriche, le alternative nascoste, le forze centrifughe. Ci si chiede allora che caratteristiche devono avere questi segni per poter essere decifrati ed acquistare un significato, se non addirittura sembrare anticipatori rispetto allo stesso presente che li interpreta.” Maestro e Allievo Se non esiste la verità, entrano in gioco le strategie interpretative della realtà ,in cui maestro e allievo ridefiniscono continuamente in un continuum dinamico il livello dell’interpretazione l’oggetto dell’interpretazione il codice dell’interpretazione e in questa negoziazione rinnovano continuamente la scelta l’uno dell’altro nella costruzione reciproca dell’identità. Questo accade tra una madre e ad un figlio (l’uno cresce, l’altra invecchia), agli amanti, ai fiumi con i loro letti, all’oggetto nella sua infinita declinazione quando è ritratto dall’artista e alberga nella sua mente e prima ancora nei suoi sogni. Job Koelewiin, senza titolo María Zambrano “Decir la verdad es imposible; o es nefanda o es inefable” Dire la verità è impossibile, o è negazione, o è ineffabile.