European Equities Monthly Update
Novembre 2014
European Equities Monthly Update
Oggi parlerò dei rischi di un'inflazione europea eccessivamente bassa (o,
nella peggiore delle ipotesi, di deflazione) e dell'importanza del pricing power
in questo contesto.
Francis Ellison
Client Portfolio Manager
Ultimamente l'orribile parola "deflazione" viene molto utilizzata, sebbene le autorità
politiche tedesche sembrino temere in misura maggiore il suo contrario. Non
vogliono adottare misure reflazionistiche poiché considerano l'inflazione galoppante
registrata ad esempio ai tempi della Repubblica di Weimar negli anni Venti una
minaccia a lungo termine e ritengono che le politiche espansive incoraggino una
gestione economica sciatta oltre a rappresentare una soluzione solo nel breve
periodo. Risalgono a non più di un decennio fa circa le politiche governative e delle
banche centrali di Regno Unito e altri paesi volte a contenere l'aumento dei prezzi,
quando i ricordi legati ai tempi degli elevati livelli inflativi registrati negli anni
Settanta e nei primi anni Ottanta erano preoccupanti.
Nell'eurozona l'inflazione si attesta attualmente ad appena lo 0,4% e negli ultimi tre
anni ha evidenziato una tendenza al ribasso. Stando al vecchio ciclo, i prezzi bassi
stimolerebbero la domanda per consumi e l'espansione della congiuntura,
generando un boom economico nonché una scarsità correttiva dell'offerta rispetto
alla domanda. Vi sono tuttavia elementi che dimostrano come ciò semplicemente
non stia accadendo. La capacità produttiva in molti settori è ancora elevata e la
fiducia dei consumatori europei persistentemente debole, soprattutto nei paesi
dell'Europa meridionale dove la bassa inflazione è più accentuata; tassi d'interesse
bassi, o addirittura negativi, non sono sufficienti a cambiare la situazione. L'alto
tasso di disoccupazione è una delle cause e, nel complesso, l'Europa non sembra
in grado di creare una dinamica di crescita al momento. Una fase di bassa
inflazione come quella che stiamo attraversando soffoca la domanda di credito, con
conseguenti ripercussioni anche sul settore bancario: coloro che usufruiscono di un
prestito si ritrovano infatti con un reddito in flessione a fronte di una spesa per
interessi stabile, per cui mentre l'ammontare complessivo da restituire non
diminuisce, il denaro perde valore.
Non riteniamo che l'area euro sarà interamente e necessariamente interessata da
una grave deflazione, ma la bassa inflazione, che nell'ordine rappresenta il
secondo peggior scenario, è piuttosto verosimile. A essere penalizzati in maggiore
misura saranno i paesi più deboli, come del resto sta già accadendo. L'indice dei
prezzi al consumo in Grecia è attualmente pari al -0,8% e anche la Spagna e il
Portogallo sono in territorio negativo, seppur con livelli più contenuti. La deflazione
è dunque una realtà per questi paesi, sebbene non lo sia per l'Europa nel suo
complesso.
In che modo quindi questo incide sulle performance dei mercati azionari? Il
protrarsi degli attuali bassi livelli di inflazione non è certo positivo, sebbene le
conseguenze avvertite differiscano a livello settoriale e di singole società. Come
già evidenziato, sono penalizzate le banche, la cui situazione è influenzata anche
da un altro fattore. Questo tipo di istituti realizza profitti maggiori quando i tassi
d'interesse sono elevati: possono infatti concedere prestiti a tassi alti e indebitarsi a
tassi più contenuti, lucrando sulla differenza. In un contesto di tassi d'interesse
eccezionalmente bassi, questa regola non trova piena applicazione ed è probabile
che nell'eurozona assisteremo a livelli contenuti di tassi d'interesse per un periodo
J21689 Pubblicato a novembre 2014 | Valido sino a fine gennaio 2015
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Trascrizione video – Aggiornamento sull’azionario europeo
di tempo molto lungo, con la BCE che cerca di stimolare la domanda e favorire un ritorno all'aumento dei prezzi.
Altri settori registreranno andamenti meno negativi con il pricing power che costituirà il principale fattore di
differenziazione. Una società che riesce a esercitare pressioni al rialzo sui prezzi indipendentemente dal contesto in
cui opera si trova in una situazione di forza per continuare ad accrescere i profitti. Ciò presuppone una solida posizione
competitiva e un'offerta di prodotti differenziata. Le società farmaceutiche rappresentano un buon esempio: lo scenario
economico non influenza la nostra tendenza ad ammalarci e il conseguente bisogno di farmaci a scopi curativi. In
confronto le aziende produttrici di beni voluttuari sono molto più penalizzate in contesti difficili. I titoli farmaceutici
costituiscono quindi una componente essenziale dei portafogli di Threadneedle. Sono presenti Roche e Novo Nordisk,
rispettivamente leader nella terapia del cancro e del diabete, e UCB, una piccola società attiva nel settore delle
soluzioni immunologiche per il trattamento del tumore. Deteniamo anche il produttore di aspirine Bayer, che gode di
guadagni sostanziosi nonostante l'età del farmaco. Le società citate hanno tutte notevolmente contribuito alla
performance quest'anno, per lo meno in termini relativi, tuttavia non sentiamo la necessità di realizzare prese di
beneficio al momento, in quanto potrebbe essere difficoltoso individuare altrove nel mercato profili di crescita
equivalenti. Anche i titoli difensivi del settore dei beni di prima necessità si rivelano interessanti in un contesto di bassa
inflazione. Il rallentamento della crescita nei mercati emergenti ne ha tuttavia penalizzato alcuni: i recenti risultati
deludenti di Unilever ne sono un esempio.
Analizziamo un caso in maggiore dettaglio. Novo Nordisk è leader mondiale nella cura del diabete. Di recente ha
annunciato ottimi risultati, casualmente proprio nel momento in cui il suo principale omologo europeo attraversava un
periodo di difficoltà, legato anche all'imminente perdita della protezione del brevetto sul suo farmaco più importante.
Novo, dal canto suo, ha in fase di sviluppo un paio di prodotti che dovrebbero riscuotere grande successo. Ho
sintetizzato qui alcune delle ragioni per cui vediamo Novo Nordisk con favore e per cui rappresenta una componente
così importante dei nostri portafogli.
Novo Nordisk
Performance assoluta e forza relativa
Performance su due anni¹
170
100
Rebased==100
Ribasato
150

Diabete in crescita del 6-7% annuo a livello globale
– attualmente 382 mln di pazienti

Mercati concentrati – soltanto 3 principali fornitori
di insulina

Novo Nordisk è il produttore più efficiente

Pipeline interessante: Tresiba, IDegLira,
semaglutide orale

Quote di mercato dominanti in India e Cina
130
110
90
70
Set-12
Sep
12
Gen-13
Jan
13
Novo Nordisk
Novo
Da inizio anno a
Dic²
P/E
Mag-13
May
13
Set-13
Sep 13
Gen-14
Jan 14
Mag-14
May 14 Set-14
Sep 14
Novo
relazione
all'indice
FTSE W
Novo Nordisk
Nordisk in
relative
to FTSE
W Europe
Index
Europe
2014s
2015s
26,3x
22,8x
EV/EBITDA
18,8x
16,6x
RoE
62%
69%
1 Fonte: Datastream, al 30 settembre 2014, in DKK.
2 Fonte: Bloomberg al 30 ottobre 2014.
Il riferimento a specifici titoli non deve essere considerato una sollecitazione all'acquisto.
I casi di diabete aumentano rapidamente e continueranno a farlo. Esistono solo tre grandi fornitori di insulina e Novo
vanta l'impianto di produzione più efficiente. Presenta attività di cruciale importanza nei mercati emergenti e Tresiba,
unitamente ad altri farmaci, sosterrà la crescita futura, consentendo alla società di accrescere la propria quota di
mercato. Guardate i rendimenti che stanno ottenendo e che stanno addirittura incrementando.
Confrontateli con i titoli petroliferi europei. Lasciate perdere il fatto che il prezzo del greggio abbia evidenziato una certa
debolezza ultimamente, penalizzato dai timori di un'offerta eccessiva che l'OPEC sta affrontando a fatica. Il principale
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problema dei settori orientati alle materie prime come questo è l'assoluta imprevedibilità del prezzo dell'oro nero; la sua
sensibilità alla crescita economica inoltre pone una serie di problemi ai produttori. Ma qual è la differenza tra il barile di
petrolio di una società e quello di un'altra? Quando fate rifornimento presso uno specifico distributore è perché
apprezzate il marchio e credete che venda un tipo di carburante in qualche modo migliore? No, guardate il prezzo, per
cui siete voi ad avere il pricing power, non il distributore. Questo rende quell'attività poco redditizia. Nei nostri fondi
abbiamo difatti un'esposizione molto contenuta ai titoli petroliferi, mentre sovrappesiamo l'intero settore farmaceutico.
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