Fante/Mencken: John Fante & H.L. Mencken: A
Personal Correspondence, 1930-1952
by John Fante
Fante iniziò a mandare lettere a Mencken, direttore della rivista “American Mercury”, quando aveva vent’anni,
spacciandosi per diciottenne, quando ancora non aveva pubblicato nulla. Mencken invece era già un affermato
giornalista, scrittore, redattore, direttore, eppure non mancò mai di rispondergli.
La prima cosa che stupirà i lettori di Fante quando inizieranno a leggere questo epistolario è il fatto che le voci di
Bandini e di Fante coincidono alla perfezione: quella voce a volte sbruffona e presuntuosa venata sempre di un
malinconico sentimentalismo con la quale Bandini sfoga le sue aspirazioni è la stessa voce di Fante. E noi che
magari credevamo in una seppur minima invenzione letteraria! Questa cosa non è da poco se si considera che
Bandini è pur sempre un personaggio letterario. Avrò più il coraggio di chiamarlo alter ego?
Quindi, ecco che in queste lettere Fante sogna, arringa, accusa, pretende, come se fosse da solo a parlare e a
sognare nella sua camera a Bunker Hill. E invece scrive tutto quanto a questo signore mai incontrato, e che mai
incontrerà. Il suo scopo è anche quello di essere pubblicato sulla rivista di Mencken, certo, ma non è il primo
obiettivo di Fante. Fante scrive a Mencken rivolgendosi a quello che per lui rimase per più di venti anni l’unico
punto fisso, l’unica conferma. Le lettere di Mencken stupiscono per la loro brevità, eppure non mancano mai di
sincero interesse, di saggi consigli. I due parlano di letteratura, di vita, di politica. Quelle di Fante sono accorate
pagine di confessioni, quasi come se quelle lettere fossero al tempo stesso specchio e diario. Mencken era per lui
un padre in un modo in cui io non so spiegarvi. Potrete capirlo leggendo tutti i suoi romanzi e poi queste lettere, e
quando finalmente conoscerete il complicato rapporto tra Fante e suo padre riuscirete a capire chi fosse Mencken
per lui. E infatti la lettera in cui Fante parla a Mencken degli sviluppi nella relazione con il suo vecchio, lettera in cui
Fante maledice con affetto il padre perché sta diventando vecchio, perché non è più forte come un tempo, perché
è fiero dei successi del figlio e gli chiede di aiutarlo ad aggiustare la falciatrice, questa lettera è una delle cose più
belle che io abbia mai letto di Fante.
La lettura di questo epistolario è utile non solo a sentirsi vicinissimo l’uomo Fante, ma anche a ricostruire la sua
La lettura di questo epistolario è utile non solo a sentirsi vicinissimo l’uomo Fante, ma anche a ricostruire la sua
carriera da scrittore, la sua vita, ma anche la Storia che è sempre presente nelle ironiche discussioni di politica. Vi si
trovano inoltre innumerevoli aneddoti su altri scrittori, due su tutti Sherwood Anderson ed Erskine Caldwell. Si
riesce a capire cosa fosse il rapporto tra Fante e Mencken, quell’uomo che Fante considerava un dio
confessandoglielo per lettera e facendolo dire da Arturo in ”Chiedi alla polvere”. Un rapporto che era lungi
dall’essere una semplice amicizia. Molto lontano dall’essere un rapporto lavorativo. Era qualcosa di estremamente
impalpabile, ma allo stesso tempo così concreto da far commuovere. Leggetelo come un epistolario, perché
questo è, ma alla fine vi darà l’impressione di essere anche un romanzo. Un romanzo divertente e malinconico,
triste e sfacciato, esilarante e commovente (uno dei libri che mi ha fatto piangere di più) come solo Fante sa fare.
Sono triste, perché di Fante mi mancano da leggere solo due epistolari e la raccolta “Dago red” che, del tutto
casualmente, ho lasciato alla fine. Ma sono anche felice perché, manco a farci apposta, questa raccolta contiene
alcuni dei racconti dei quali Mencken e Fante parlano nelle loro lettere, i primi racconti di Fante, i suoi inizi. In
questo caso alle coincidenze proprio non ci credo. Credo piuttosto che sia stato Fante a guidarmi nel percorso di
scoperta delle sue opere, lasciandomi questa raccolta per ultima perché contiene i suoi inizi. E io l’ho capito cosa
voleva suggerirmi, certo, che la fine è anche un inizio, e che da lì posso ricominciare a conoscerlo daccapo,
racconto dopo racconto, romanzo dopo romanzo, lettera dopo lettera. Lo sa bene, il furbone, che di lui non mi
stancherò mai.
|I'd recommend this collection of letters to anyone who enjoyed Fante's 'Ask the Dust', his autobiographical novel
about a young writer struggling to make a living in 1930s Los Angeles. Throughout that book, Fante's alter ego
Aruturo Bandini engages in a correspondence with his hero, a great magazine editor named J.C. Hackmuth.
Of course, Hackmuth is actually the real-life editor and journalist, H.M. Mencken, who published many of Fante's
early short stories. Learning this, I was curious to read the actual letters between Fante and Mencken.
This book of their correspondence is long out of print and I was looking around for a while, checking and rechecking online second hand book retailers until I could find a used copy at a reasonable price.
Fante's letters to his hero are often frantic, he pours himself onto the page, describing his struggles with writing,
family and life itself:
"I think what makes life most unbearable is my inability to satisfy my desire for power and attention. Sometimes I
hole in for weeks to be alone. After a while I realise why I have done it. Instinctively I have crawled away from the
battlefield until my spiritual wounds heal."
In one letter, Fante wants to "get something off his chest", and he gives an extraordinary account of his changed
feelings towards his father, who has failed to achieve the rare "fine art of growing old". He writes:
"The old fool is even changing his habits. He's laying off hard liquor. He's staying home nights. He goes to Mass
on Sundays. Goddamnit Mencken, you don't know how I feel. You can't believe the respect and love I had for that
man, and I thought he was great, and now I look at him, a fucking mass-goer."
Mencken, who was 30 years older than Fanté, never fails to respond. His replies are brief but encouraging - he
always acknowledges the young writer, offering gentle guidance and wise counsel. His letters are a sober
counterpoint to Fante's heartfelt confessions - his reply to the letter about Fanté's father is a good example:
"I see no reason why you should be upset about your father. What you are facing is simply the ancient fact that as
men grow older they lose their assurance and turn increasingly to the young ... he needs your sympathy. He is
quite as well aware of the change that has overtaken him as you are, and it probably distresses him considerably
in his private moments."
The two men discuss the literature and politics of the time. Fanté rails against the clergy and organised religion
("well-fed cardinals and archbishops"), and most of all the "political and literary quacks" - Marxists and
Communists who he considers to be hypocrites.
The most common theme is Fantés idolization of Mencken, he even admits to imitating his mannerisms, his habit
of smoking cigars and the way he parts his hair.
But even on Mencken he can be ambivalent - in one letter he scolds him on his decision to leave The American
But even on Mencken he can be ambivalent - in one letter he scolds him on his decision to leave The American
Mercury magazine in 1933:
"I can't understand how you have the GUTS to quit. Your resigation has a hundred implications which I feel very
keenly. It means you're getting tired. It means you're becoming fed up ... the whole goddamn world is hell-bound,
and now you quit. I think you need a sock in the jaw ... "
This is a unique collection of letters between two men who would never meet. It's a curiously lopsided
correspondence - Menken's notes of reply are like a reserved full stop at the end of Fanté passionate, overflowing
essays. The collection ends poignantly - Fanté writes in the early 1950s after a decade long silence, only to receive
a reply from Menken's secretary saying he is too ill to respond.
|This correspondence started when Fante was an unpublished author, and continued until HLM's death. Fantastic
peek at the way two writers thought and communicated.|These two personalities, so different and yet so the same:
they both were most definitely iconoclasts. A truly enjoyable collection of letters.
|good book. mencken helps the underdog, underdog hits the bigtime, 1 or 2 very good letters from fante, a fun
read.
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Fante/Mencken: John Fante & H.L. Mencken: A