L‘ultimo viaggio di Arturo Gabriel Bandini Luigi Rossi Edizioni LINEA AGS 1 L‘ultimo viaggio di Arturo Gabriel Bandini L’ultimo viaggio di Arturo G. Bandini mi ha offerto l’opportunità di seguire, grazie al racconto di uno dei personaggi letterari più famosi, l’avventura umana e artistica di John T. Fante, il figlio di Mary e Nick, emigranti abruzzesi giunti nel Nuovo Mondo per sfuggire la fame e la povertà che regnavano nella Penisola. Arturo Gabriel Bandini è l’eroe e protagonista di racconti e romanzi sbocciati dalla macchina per scrivere di un autore «riscoperto e riproposto» da Charles Bukowski, il «tedesco». Arturo Bandini, senza rinnegare il suo ruolo nell’opera fantiana, e forte di «una vita sua», vissuta al fianco dell’amico che da Boulder si trasferisce a Los Angeles per inseguire le chimere della «Letteratura», propone una biografia di John Fante ricca di rimandi e rielaborazioni, di scoperte e legami con il mondo di chi decise di superare l’Oceano per vincere miseria sfruttamento superstizione. 2 L‘ultimo viaggio di Arturo Gabriel Bandini Solo Arturo G. Bandini poteva «raccontare» John Fante. Chi poteva farlo meglio di lui? Forse H. L. Mencken, l’«editor» di The American Mercury, leggendario periodico che ospitò non pochi autori di origine italiana? Non credo. Forse Joyce, la moglie. Ma la sua testimonianza sarebbe stata «viziata» dall’immenso affetto per John. Forse gli scrittori William Saroyan o Jo Pagano? Frank Fenton o Ross Wills o Carey McWilliams? Penso di no. Il perfetto narratore di John Fante rimane Arturo Gabriel Bandini: schietto e leale, come testimoniano le rielaborazioni di alcuni episodi fantiani e le stesse «memorie» bandiniane. Sognatore e abruzzese, figlio di Svevo e Maria Bandini, originari di Trucell o Torricella Peligna (Chieti), lo stesso luogo che diede i natali a Nick Fante. Arturo conosce a fondo il suo «creatore». Entrambi miravano a diventare «grandi scrittori» e il primogenito di Nick non aveva problemi a confidarsi con il figlio di Svevo. Entrambi frequentarono la parochial school di Boulder e la Regis Jesuit High School di Denver, iscrivendosi alla University of Colorado. Giocarono a basket, football e baseball. Magari corteggiarono le stesse ragazze, compresa Camilla Lopez. Mentre Johnnie deciderà di partire per Los Angeles, Arturo si fermerà a Boulder per completare un suo «grande progetto» dedicato a chi aveva messo o metteva radici, non senza disagi e sofferenze, nell’humus culturale e sociale del Nuovo Mondo. 3 L‘ultimo viaggio di Arturo Gabriel Bandini Mi ha affascinato l’idea di un personaggio pronto a raccontare vita e opere del proprio «creatore», rivelando qui e là il «non detto» e il «non scritto» che, come la brace sotto la cenere, attende di venir ravvivato per donarci fiamma e calore. Un Arturo G. Bandini che mette in luce due entità che si integrano alla perfezione. Forse le due facce della stessa medaglia. Saldate dalla fame, dai sogni, dall’amore per la letteratura e per Dolores del Rio, Rosa Pinelli, Camilla Lopez e suor Agnes. Dall’essere due wop o dago o greaser, come quel Joe Di Maggio (che ce l’ha fatta a diventare qualcuno. E con lui Tony Lazzeri, Ernie Orsatti e Babe Pinelli, il cui vero cognome era Paolinelli). Seducente l’idea che fosse Heinrich Karl Bukowski, «il tedesco», a gestire l’ultimo incontro tra Johnnie e Arturo, quel Buk che aveva riscoperto le opere (senza permettersi di etichettarle come «letteratura etnica») in cui due figli di dago tallonano la gloria letteraria e la felicità. 4 L‘ultimo viaggio di Arturo Gabriel Bandini Ho raccolto cuore e anima e lingua e sogni e sangue d’un popolo fuggiasco. Constantine M. Panunzio, Louis Forgione, Giuseppe Cautela, Pasquale D’Angelo, Arturo Giovannitti, Prosper Buranelli, Antonio e Charles Calitri, Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco, Hilde Perini, Efrem Bartoletti, Jo Pagano, Leo Politi, Mister Gerlando Mangione, Pietro Di Donato, John T. Fante, Mister Garibaldi Lapolla, Angelo Valenti, Michael De Capite, Mister Puzo, Mister Carmine Coppola e Italia Pennino, Rocco Fumento, Arturo Vivante e George Panetta, diverse omelie di padre Demo, alcune lettere di Sister Cabrini, le memorie di Donna Agnese e altre prostitute, canzoni e musiche, manoscritti di Ferlinghetti e Gregory Corso, lettere di Cesare Bressa, Antonio Gallenga, Paolo Andreani e Filippo Mazzei, fogli del Progresso Italo-Americano, de L’Avvenire di Carlo Tresca, decine di numeri del The American Mercury, di Schribner’s, Esquire, Play Boy, del The New Yorker, di City of San Francisco...: 5 L‘ultimo viaggio di Arturo Gabriel Bandini … flutti travolgenti d’un popolo accasatosi altrove. Che ha fatto sua un’altra lingua. Seminato una terra che non era quella degli antenati. Che parlava un idioma diverso da quello dei padri e delle madri. Gente in grado di comprendere l’assurdo dei luoghi in cui viveva e che faceva di tutto affinché la cultura e il mondo del Nuovo Paese non li divorasse. Sarai libero se non ti farai divorare, sembrava fosse il loro credo. Per questi, difficilmente, ci sarebbe stato posto sul barcone culturale italiano… 6 Pirandello ha scritto che un personaggio ha una sua vita: un personaggio è capace di mettere “in ombra” persino il suo “creatore”. Un critico alla moda ha strombazzato che è il personaggio a creare il suo autore. Un altro esperto è sicuro che personaggio e autore sono due entità che si integrano. Si amano. Si odiano… Per quel che mi riguarda, mister John T. Fante è la Luna, quella che da sempre illumina ogni nostra notte. Arturo G. Bandini, invece, è la parte in ombra del nostro satellite. Forse hanno avuto lo stesso padre e madre. Letto gli stessi libri. Si sono innamorati delle stesse ragazze. Entrambi sognatori. Di questi due, però, potete fidarvi. Parola di Arturo G. Bandini. 7 Dear Carey, ho fatto un sogno bellissimo. La nostalgia mi ha portato a Boulder. Lì ho incontrato Arturo G. Bandini, il grande. L’ho ringraziato per i suoi magnifici racconti. Però, gli ho detto, non mi freghi. Anche se hai usato lo pseudonimo John Fante, so benissimo che l’autore sei tu, il figlio di Svevo e Maria Bandini, nato nello scantinato di un maccheronificio a Denver, oggi bibliotecario a Boulder… Lui ha sorriso e mi ha abbracciato. Your friend, John Malibu, 10 maggio 1976 8 I was born in north Denver and grew up under the viaduct… Però pochi sanno che sono venuto al mondo nello scantinato di un maccheronificio. Meglio così. Magari qualcuno pensa: ecco un altro arrampicatore sociale… 9 Sono cresciuto a Boulder. God-damned, Godforsaken, one-horse town. Mi sono chiesto perché Svevo e Maria Bandini, Nick e Mary Fante abbiano scelto questa cittadina per farci crescere i loro figli. Solo oggi posso rispondere: per farci sognare e rubare libri in biblioteca. Qui ho sognato di diventare campione di baseball e football. Qui mi sono innamorato di suor Agnes. Qui attendevo i racconti di Sherwood Anderson in attesa del giorno in cui sarei salito su un treno merci diretto da qualche parte… 10 In alto, nella cimasa che orla il tetto dell’edificio principale della Regis Jesuit High School di Denver, c’era scritto Religioni et Boni Artibus. La prima volta che lo notammo, io e Johnnie, eravamo con i nostri padri e furono loro a chiarirci il senso di quella frase, quei due montanari abruzzesi dall’italian mustache, tipici wop americani. Con la loro italian inflection. Con le shoes sporche e Nick Fante con i pantaloni sbottonati sul davanti. Little guy, one very immigrant. Poi entrammo nella Regis Jesuit High School superando la maestosa entrata. I nostri padri rimasero fuori. 11 Il Paese di mio padre e mia madre ha ingrassato il pianeta d’emigranti. Con la disperazione nel cuore milioni di cafoni hanno superato monti e attraversato oceani, strisciando ai piedi della statua della Libertà. Hanno generato figli sperando che vivessero una vita meno tribolata della loro. «Son venuto fin qua per darti un futuro» mi disse mio padre. E il mio iniziò dal porto di Los Angeles. Sono un esperto del badile e della pala, lavapiatti, facchino e sbudellatore di sgombri … (immagine: particolare della copertina dell’edizione economica di Ask the Dust, Bantam Books NY, 1954) 12 Conosco ogni odore, rumore e colore del porto di Los Angeles. Ogni uomo e donna e bambino proveniente da Long Beach Harbor, Wilmington o San Pedro lo riconosci subito da quel tanfo di pesce e petrolio che non se ne va neanche a passarci la striglia per tre giorni e tre notti ... Come per il lezzo d’aglio o il puzzo di stalla dei dago. Eppure è in questi luoghi che avvengono i miracoli. Non a Hollywood, Beverly Hills o Malibu dove si generano solo balle... 13 Quando lo incontrai la prima volta ero cameriera in un piccolo sudicio fumoso bar di Spring Street. Era un dago. Straparlava e puzzava come un dago. Mi parlava del caffè schifoso che gli avevo portato e delle mie scarpette malandate. Poi versò, apposta, il caffè sul tavolo. Io gli dissi: «Spero che ti venga un colpo, lì, su quella sedia». Mai avrei pensato che una storia d’amore potesse iniziare così. Con uno che non aveva un soldo. Con uno scrittore che non sapeva cosa scrivere. Ma l’amore è un seme che germoglia dove cade, persino sulla sabbia, sulla pietra e su un foglio di carta bianca. Non così la fortuna. 14 Hail Mary, full of grace, the Lord is with thee, and blessed art thou among women… Oh Santa Madre Maria, voglio chiederti un favore … Ma, prima, ti ricordo che eri la mia ragazza, la mia regina, la mia stella e nel mio cuore non c’era l’ombra del dubbio… Hail Mary, full of grace!... io sono un peccatore, un bugiardo, mi piace bere e giocare a carte e a biliardo… sto per chiederti un favore. Sai…, l’affitto, perché a Hollywood la butta male … the condition was serious… Oh Blessed Virgin ! (adattamento da Hail Mary, in Dago Red) 15 Dear Mencken – Old Mencken with your scowl and your hair parted in the middle – Great Mencken with a pen like a sword … è il 4 agosto del 1932 e acquisto con 50 centesimi il numero 104 del The American Mercury. C’è Altar Boy! Forse riuscirò a diventare come William Faulkner. È il mio grande giorno! E di Beccali e Pavesi e Olmo e Cazzulani e Segato, Gozzi e Gugliemetti, Marzi e Morigi che toccano il cielo dopo una pedalata olimpica. Dear Mencken, you are God – Old German Mencken, tu hai scoperto il figlio di Nick e Mary Fante – Great Mencken, tu hai scovato il genio della letteratura americana – Thank you, Mister Mencken! 16 Ce la farò. Racconto dopo racconto. Altar Boy fu solo l’inizio. The American Mercury ne pubblicò altri, ma i soldi erano come il vento che rafficava e portava la sabbia del deserto fino in città. Ricopriva strade e auto, volteggiava attorno ai lampioni e cadeva su tutto e tutti… Allora prendevo a vagabondare con in bocca una di quelle sigarette with rough cut tobacco arrotolate nella toilet paper…. 17 Ask the Dust vede la luce l’8 novembre del 1939. Racconta l’amore crazy di Arturo Gabriel Bandini e Camilla Lopez. Un libro sfortunato, in catalogo proprio con il Mein Kampf di Hitler. Ask the Dust, con il titolo Il cammino nella polvere, viene tradotto da Mister Vittorini e compare sugli scaffali del Paese che vide nascere Nick Fante. Un 1939 formidabile! Avevo ragione nel credere che Johnnie sarebbe stato tra i maggiori scrittori americani. Un gigante. Nel 1939 compaiono The Grapes of Wrath di Steinbeck, The Day of the Locust di Nathanael West e The Big Sleep di Raymond Chandler. E, con loro, Christ in Concrete di Pietro Di Donato, altro figlio d’un dago ingoiato dal cemento dell’America verticale. Un anno formidabile. E la macchina per scrivere del figlio di Nick Fante diventò incandescente… 18 Nessuna donna, prima di Joyce, mi aveva mai chiesto qualcosa su quel che scrivevo. A tutte interessava solo: chi paga il conto? Oppure erano prevenute. Uno scrittore è una strana bestia. Come puoi fidarti di uno che sta nottate e giornate intere alla macchina per scrivere? Che bestemmia e magari distrugge quel che ha creato? Che è alla ricerca d’un prestito per pagare l’affitto in attesa di tempi migliori? Con Joyce parlai di racconti e dei miei autori. Anche di Los Angeles e della mia famiglia, giunta da un anno o poco più a Roseville. Poi disse che doveva tornare a casa. Quando si allontanò l’ammirai in tutta la sua bellezza e per quel sedere che ricordava la morbidezza e la forma d’una pagnotta italiana. 19 … Ecco l‘ufficio postale di Trucell. Da qui partivano le lettere per chi era emigrato. Lettere per Chicago. Novayorke. Denver… Qui giungevano le lettere dei migranti. Da Chicago. Novayorke. Boulder e Roseville. Nostalgia e vita e morte. Qui sono giunte le rimesse che permettevano di sopravvivere a chi era rimasto. Ecco il tempio di San Giacomo. Stamattina, dal portale, escono canti e preghiere. Ecco la casa diroccata di mastro Ninnì che s‘impiccò per non finire emigrante. Ecco il lanificio. Deserto e immenso. Là, la fonte d‘acqua rumorosa e freschissima. Bevo con le mani quel succo della terra. Uno si ferma. Tiene un mozzicone di toscano tra le labbra. Mi osserva. Poi chiede se sono il figlio di Nicola Fante. Gli dico di sì. E quello mi racconta che anche lui, con suo padre, era stato nella Merica, ma era ritornato. Così posso morire tra le mie montagne, mi fa. 20 L‘ultimo viaggio di Arturo Gabriel Bandini Luigi Rossi Edizioni LINEA AGS 21