Uso sostenibile delle acque e
sviluppo di tecnologie pulite per il
risparmio idrico
Pubblicazione ottobre 2004
Tesi di Laurea
Redattore: Lorenzo GALLETTI
Relatore: Prof.ssa Alessandra BONOLI
FACOLTÀ DI INGEGNERIA – Università degli studi di Bologna
Corso di laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio
A. A. 2002/2003
Labelab srl – Via Mirasole 2/2 – 40124 Bologna (BO) – C.F./P.Iva: 02151361207
PAROLE
CHIAVE:
RISPARMIO
IDRICO,
ACQUA,
RICICLO
USO
IDRICO,
SOSTENIBILE,
RIUTILIZZO
IDRICO
INDICE
1. PREMESSA………………………………………………………….….
5
1.1 Progetto di studio…………………………………………………….
10
2. AMBITO CIVILE………………………………………………………
14
2.1 Uso sostenibile dell’acqua in ambito domestico……………………..
15
2.1.1
Tecnologie……………………………………………………
16
2.1.2
Pratiche comportamentali…………………………………….
17
2.2 Tecniche per la gestione dell’acqua piovana…………………….…..
19
2.3 Sistemi non convenzionali di depurazione: metodologie naturali.…..
23
2.3.1
Tecniche basate sulle capacità depurative delle piante………
25
2.3.1.1 Fitodepurazione…………………………………………..
25
2.3.1.2 Living Machine…………………………………………..
49
2.3.2
Tecniche basate sulle capacità depurative del terreno………..
50
2.3.3
Impianti tecnologici…………………………………………..
51
2.4 Esempi di applicazione di principi e tecnologie per il risparmio
idrico in ambito europeo……………………………………………..
53
2.4.1
Saragozza (Spagna)…………………………………………..
53
2.4.2
Francoforte (Germania)………………………………………
56
2.4.3
Francia – Riciclaggio di acque fognarie depurate……………
62
2.4.4
Gran Bretagna – Trattamento di acque di scarico tramite
sistema fognario centralizzato (Living Machine)…………….
63
Applicazioni in Italia…………………………………………
64
3. AMBITO INDUSTRIALE……………………………………………..
67
2.4.5
3.1 Linee guida per la gestione delle risorse idriche nelle nuove aree
industriali…………………………………………………………….
68
3.1.1
Approvvigionamento idrico………………………………….
69
3.1.2
Trattamento degli effluenti……………………………….…..
71
2
3.2 Linee guida per la gestione delle risorse idriche nelle aree industriali
esistenti……………………………………………….………….…...
74
3.2.1
Valutazione dello stato ambientale dell’area…………….…...
74
3.2.2
Definizione degli obiettivi di gestione ambientale…………...
76
3.2.3
Attuazione dei sistemi e dei progetti di gestione sostenibile
delle risorse idriche…………………………………………..
76
3.3 Riciclo delle acque di scarico………………………………………...
78
3.3.1
Impianti a ciclo chiuso……………………………………….
78
3.3.2
Impianto ad osmosi inversa…………………………………..
79
3.4 Metodi non convenzionali di depurazione applicati al settore
industriale……………………………………………………………..
82
3.4.1
Sistemi basati sulle capacità depurative delle piante…….…...
82
3.4.1.1 Marcita………………………………………………….
82
3.4.1.2 Fitodepurazione…………………………………….…..
82
3.4.2 Applicazione della fitodepurazione al trattamento di reflui
agroalimentari…………………………………………….…..
3.4.3
84
Applicazione della fitodepurazione per il riciclo delle acque
reflue nell’industria tessile…………………………………...
89
3.5 Ecosistemi industriali: il modello di “simbiosi” tra industrie di
diversi settori………………………………………………………….
3.5.1
92
Danimarca – Applicazione di un modello di simbiosi
industriale…………………………………………………….
93
3.5.2 Paesi Bassi – Riciclaggio delle acque dei processi di
produzione……………………………………………………
94
3.6 Esempi di applicazione di principi e tecnologie per il risparmio
idrico nel settore industriale………………………………………….
3.6.1
Paesi Bassi – Tecnologia a circuito chiuso in un
mobilificio……………………………………………………
3.6.2
95
95
Austria – Tecnologia a circuito chiuso e risparmio sulle
materie prime nell’industria della cellulosa………………….
97
3.6.3
Italia – Risparmio idrico nell’industria tessile……………….
98
3.6.4
Germania – Acquafarming……………………………….…..
99
3
3.6.5
Gran Bretagna – Terreno irriguo per il trattamento di reflui
minerari……………………………………………………… 100
3.6.6
Svezia – Impianto di lavaggio con ricircolo d’acqua…….….. 101
3.6.7
Portogallo – Sistema integrato di gestione ambientale per
un’industria chimica…………………………………………. 104
3.6.8
Italia – Industria cartaria: esempio di chiusura del ciclo
idrico alla cartiera Modesto Cardella…………………….….. 107
4. AMBITO AGRICOLO………………………………………………… 114
4.1 Linee guida………………………………………………………….. 114
4.2 Metodologie e tecniche per il risparmio e la razionalizzazione
dell’impiego delle risorse idriche in agricoltura………………….…. 124
4.2.1
Aridocoltura…………………………………………………. 124
4.2.2
Sistemi irrigui…………………………………………….…. 128
4.2.2.1 La fertirrigazione………………………………………… 130
4.2.2.2 La microirrigazione o irrigazione a goccia………………. 144
4.2.2.3 Il sistema per aspersione o a pioggia……………….……. 150
4.2.2.4 La subirrigazione………………………………………… 152
4.2.3
Italia – Applicazione di un impianto di irrigazione a goccia
alimentato
con
energia
fotovoltaica
in
Emilia-
Romagna………………………………………………….….. 155
4.3 Tecniche naturali per la gestione delle risorse idriche………………. 159
4.3.1
Fitodepurazione applicata al settore agricolo…………….….. 159
4.3.2
Applicazione della fitodepurazione al trattamento di reflui di
origine zootecnica…………………………………………… 162
4.4 Esempi di applicazione di principi e tecnologie per il risparmio
idrico nel settore agricolo in Italia…………………………………... 165
4.4.1
Il progetto “Licata” contro la desertificazione in Sicilia…….. 165
4.4.2
Impianto di fitodepurazione in un’azienda agraria in
Toscana………………………………………………………. 178
5. CONCLUSIONI………………………………………………………... 180
6. BIBLIOGRAFIA……………………………………………………….. 182
4
1. PREMESSA
L’acqua è una risorsa di importanza universale: essa è all’origine della vita, è
fondamentale in tutti i processi biologici, è indispensabile alla sopravvivenza
dell’uomo e costituisce il materiale fondamentale per tutte le attività civili,
agricole ed industriali.
L’acqua dall’atmosfera giunge a terra sottoforma di precipitazioni. Nel suo
percorso si arricchisce dei gas e delle sostanze che incontra, penetrando nel
terreno o scorrendo su di esso, raggiungendo rispettivamente le falde sotterranee
ed i corpi idrici superficiali; questi a loro volta si riversano negli oceani. Dagli
oceani, dai corpi idrici superficiali e dal terreno l’acqua, per effetto
dell’irraggiamento solare, evapora in atmosfera per formare i corpi nuvolosi e
riprendere il ciclo.
Occorre quindi rilevare che l’acqua non è una sostanza pura ma, a temperatura
ambiente, è un liquido che ha in soluzione e sospensione percentuali più o meno
elevate di gas e solidi, che non sempre vengono tollerati negli impieghi agricoli,
civili ed industriali.
Per questi scopi non è quindi possibile usare qualsiasi tipo di acqua, ma è
necessario che essa non contenga sostanze dannose all’attività per la quale è
impiegata.
In particolare ciò si verifica nell’industria, dove spesso l’acqua è sottoposta a
trattamenti di depurazione prima dell’impiego.
Naturalmente dopo l’impiego l’acqua deve essere restituita in condizioni tali da
non danneggiare l’ambiente, ossia l’insieme dei fattori che influenzano il
benessere biologico e psichico dell’uomo. Pertanto se un’acqua, nel suo impiego è
stata inquinata, è necessario sottoporla a tutti quei processi che sono necessari ad
eliminare o quanto meno trasformare gli inquinanti presenti.
Sino a qualche anno fa si riteneva che l’acqua idonea agli usi civili, agricoli e
industriali fosse un bene disponibile senza riserve. Oggi questo concetto è
superato: l’aumento della popolazione e lo sviluppo socio-tecnologico, hanno reso
l’acqua un bene prezioso, tra l’altro distribuito sulla superficie terrestre in maniera
disomogenea.
5
In effetti l’acqua dolce rappresenta solo il 2,5% del volume totale di acqua
presente sulla Terra (il restante 97,5% è salata), di questo volume il 68,7% è
immagazzinato sotto forma di ghiaccio e nevi perenni, il 29,9% costituisce le
riserve idriche sotterranee, mentre quello immediatamente disponibile (laghi e
corpi idrici superficiali) rappresenta solo lo 0,26% e ciò spiega la necessità di un
impiego oculato di questa risorsa.
La
gestione
delle
risorse
idriche
viene
spesso
effettuata
senza
una
programmazione mirata alla razionalizzazione del loro utilizzo ed alla
minimizzazione dell’impatto che le attività umane, sempre più idroesigenti, hanno
sull’ambiente.
L’acqua oggi è vista e trattata nella sua duplice veste: componente ambientale e
materia prima.
Come componente ambientale essa spesso non è più gratuitamente né
naturalmente
rinnovabile,
in
quanto
i
tempi
necessari
al
ripristino
qualiquantitativo dei corpi idrici superficiali e sotterranei compromessi sono
spesso molto lunghi. Anche quando vengono messi in atto complessi e costosi
interventi di bonifica, questi di rado riportano i corpi idrici alle condizioni
“naturali”, lasciando un degrado residuo che andrà a ripercuotersi sulla possibilità
delle future generazioni di avere acqua sufficiente, non inquinata e quindi
disponibile.
Come materia prima, anche in realtà territoriali che storicamente non avevano mai
avuto questo problema di approvvigionamento, è diventata indispensabile per
poter sostenere il modello di vita e di sviluppo su cui ci si è attestati; ad essa va
quindi attribuito un valore economico e va gestita secondo le regole
dell’economia, mai però dimenticando che essa costituisce un bene indispensabile
alla sopravvivenza.
E’ necessario non sottovalutare il ruolo fondamentale rivestito dall’acqua nella
conservazione degli equilibri ecologici e territoriali, nella qualità del paesaggio,
nella tutela della qualità della vita e della salute.
A livello europeo occorre sottolineare che la desertificazione ed il degrado delle
terre interessa, con intensità ed estensione diverse, i paesi europei che si
affacciano sul bacino del Mediterraneo, compresa una considerevole porzione
dell’Italia meridionale ed insulare, esposte a stress di natura climatica ed alla
pressione delle attività umane sull’ambiente.
6
Da questo punto di vista l’acqua ed il suolo devono essere considerati come
risorse strategiche e vulnerabili da utilizzare con estrema attenzione, poiché la
loro inadeguata gestione è la principale causa delle desertificazione.
In queste aree sono pertanto di grande attualità le questioni legate allo sviluppo
sostenibile, inteso come benessere della società attuale e delle generazioni future,
ovvero un modello di sviluppo che sia basato sulla gestione sostenibile delle
risorse naturali.
Quando si parla di disponibilità della risorsa idrica sorgono due tipi di problemi:
quantitativo e qualitativo. Essi si manifestano sotto le forme della scarsità e
dell’inquinamento tra loro strettamente connesse, nel senso che l’esistenza
dell’una induce la presenza dell’altra o ne aggrava gli effetti.
Il ciclo di utilizzazione dell’acqua richiede una gestione integrata ed attenta
riguardo ai suoi due aspetti: naturale ed utilizzativo. Occorre pertanto confrontarsi
con il suo uso sostenibile: la disponibilità della risorsa, in termini di adeguatezza
qualitativa e quantitativa, per i fabbisogni presenti e futuri, è strettamente
connessa alla razionalizzazione del sistema complessivo dei prelievi, delle
modalità di utilizzo e di restituzione all’ambiente nell’ambito di una gestione
integrata del territorio.
Le linee guida cui attenersi per la gestione sostenibile delle risorse idriche sono:
•
Riduzione dei flussi: il prelievo di risorsa deve essere ridotto in termini sia
assoluti che specifici (per unità di prodotto).
•
Chiusura dei cicli: razionalizzazione tecnologica e organizzativa della
produzione e del consumo.
•
Riduzione degli sprechi.
•
Ridefinizione del benessere: promozione di un cambiamento degli stili di vita.
•
Riforme fiscali e tariffarie e sistema di incentivi e disincentivi che favoriscano
l’orientamento del mercato verso la sostenibilità.
•
Semplificazione amministrativa: miglioramento delle capacità operative degli
enti locali.
•
Messa a punto di un sistema efficiente di monitoraggio e controllo, orientato
alla prevenzione del danno ambientale e non solo all’individuazione e alla
repressione delle violazioni delle norme in vigore.
7
•
Incentivazione delle opportunità di occupazione e di nuova imprenditorialità
offerte dai nuovi campi di intervento aperti dalle norme e dalle politiche
improntate alla sostenibilità.
In Italia, fino all’emanazione del recentissimo decreto legislativo 11/05/1999
n°152, il governo del ciclo di utilizzazione delle risorse idriche è stato spesso
attuato in maniera frammentaria e settoriale: basti pensare che in materia sono
stati emanati più di 130 atti normativi solamente a livello nazionale a cui occorre
aggiungere la normativa UE (Unione Europea) e quella regionale.
Ciò ha favorito una situazione generalizzata di incertezza nelle norme da seguire,
un aumento di operatori, pubblici ma anche privati, spesso in concorrenza se non
in competizione tra loro con la conseguente deregolamentazione del settore.
Tale scenario non poteva che determinare un generale degrado dei corpi idrici
superficiali e sotterranei, una carenza realizzativa e funzionale del sistema
depurativo, derivante quest’ultima da insufficienze tecnico-gestionali degli enti
gestori. Una strategia di riferimento può essere quella di affiancare agli interventi
per l’adeguamento della disponibilità, una ottimizzazione degli impieghi
dell’acqua, da pianificare in funzione delle richieste territoriali. In questo senso si
dovrà ricorrere a risparmio, riuso e riciclo nei processi industriali e nelle attività
agricole e reimpostare il trattamento delle acque reflue come reintegro e
restituzione all’ambiente della risorsa.
Alcuni dei campi in cui occorre intervenire con la massima priorità sono:
• riduzione dei flussi in entrata nei vari settori di utilizzo tramite la
razionalizzazione degli usi, l’ottimizzazione degli impianti e dei processi
produttivi, la diffusione delle pratiche di risparmio, riciclo, riuso;
• soddisfacimento delle esigenze depurative del Paese attraverso la
separazione delle reti fognarie ed il loro completamento insieme a quello
del parco impianti;
• miglioramento e razionalizzazione delle reti di distribuzione (stato e
gestione);
• stimolo alla ricerca e sperimentazione mirato allo sviluppo e diffusione di
tecnologie innovative riferite all’intero ciclo antropico delle acque.
8
Consumo idrico
A livello mondiale, la coltivazione agricola assorbe il 70% delle acque deviate da
fiumi e laghi o pompate da falde, il 20% viene utilizzato dall’industria ed il 10%
dalle abitazioni (Fig. 1).
fig.1 Consumo idrico a livello mondiale
civile
10%
industria
20%
agricoltura
70%
In Europa la domanda d’acqua è in aumento, con particolare riguardo all’area
meridionale, specialmente per gli usi agricoli sebbene l’industria rimanga il
maggior utilizzatore.
Nel complesso delle acque prelevate il 56% è utilizzato dall’industria (compresi
gli usi per scopi energetici e gli usi non definiti), il 30% dall’agricoltura e il 14%
dagli usi domestici (fig.2), ma con grandi variazioni tra paesi diversi. In generale
nei paesi del Nord prevalgono gli usi industriali, mentre al Sud gli usi agricoli con
punte massime fino all’80%.
fig.2 Consumo idrico in Europa
civile
14%
agricoltura
30%
industria
56%
9
Per quanto concerne il consumo idrico in Italia, si hanno i seguenti dati: 12% per
uso civile, 25% per uso industriale, 63% per uso agricolo (fig.3).
fig.3 Consumo idrico in Italia
civile
12%
industriale
25%
agricolo
63%
1.1 Progetto di studio
Il progetto per un “uso efficiente dell’acqua” può essere definito in due ambiti:
•
Modalità di minor utilizzo d’acqua all’inizio del ciclo;
•
Riciclo dell’acqua in circuito chiuso o riuso dell’acqua di scarico
parzialmente trattata per altre applicazioni.
Gli utilizzatori possono essere suddivisi in due grandi categorie, gli utilizzatori
finali e gli operatori del sistema. Questi utilizzatori possono scegliere tra molte
pratiche efficienti che si dividono in due categorie:
1. tecnologiche
e
operative
(ingegneristiche):
basate
sulla
modificazione degli impianti o alle procedure operative di
fornitura;
2. comportamentali: basate sul cambiamento delle abitudini d’uso.
10
Pratiche per usi civili
Tecnologiche
Impiantistiche: sciacquoni a basso flusso; dispositivi di minor consumo degli
sciacquoni; docce a flusso ridotto ed acceleratori di flusso; aeratori; riduttori di
pressione; utilizzo delle acque grigie (acque di scarico domestiche composte dalle
acque di lavaggio della cucina e di lavanderia).
Per usi all’aperto: sistemi per irrigazione programmata ed apparecchiature più
efficienti come i sistemi a goccia, fino ad arrivare alla Xeriscape landscaping, che
è un approccio integrato ed innovativo che si basa sulla pianificazione, l’analisi
dei suoli, e la selezione delle piante da utilizzare (xerofite: a bassa richiesta
d’acqua).
Comportamentali
Cambiamento dei comportamenti senza modifiche degli impianti.
Per gli usi residenziali possono essere applicate sia all’interno che all’esterno
dell’abitazione. Usi all’aperto possono essere ridotti con pratiche d’irrigazione
nelle ore migliori e nei giorni più freschi o un minimo di accorgimenti nel
lavaggio dell’auto.
Pratiche per usi industriali
Tecnologiche
Oltre alle misure tecnologiche di cui sopra, questi utenti possono mettere in atto
accorgimenti come il Riuso e il Riciclo.
Il riuso è l’uso d’acque di scarico, bonificate se necessario, per una applicazione
diversa da quella per la quale sono state utilizzate inizialmente (come ad esempio
le acque reflue municipali trattate per altre applicazioni come l’irrigazione di aree
verdi).
L’acqua per il riuso deve corrispondere a specifiche caratteristiche definite a
livello normativo. Applicazioni potenziali includono altri usi industriali,
irrigazione di aree verdi, irrigazione in agricoltura, usi antincendio ecc..
I fattori da considerare in un programma di riuso industriale dell’acqua includono:
1. identificazione delle opportunità di riuso dell’acqua;
2. determinazione dei livelli minimi di qualità per gli usi previsti;
11
3. identificazione delle fonti di acque reflue che potrebbero soddisfare i
livelli di qualità determinati;
4. individuazione delle modalità di trasporto.
Il riciclo è il riuso dell’acqua per la stessa applicazione per la quale era stata
originariamente utilizzata. I fattori da considerare sono:
1. identificazione delle opportunità di riuso dell’acqua;
2. determinazione dei livelli minimi di qualità per gli usi previsti;
3. valutazione del peggioramento della qualità dell’acqua dovuta all’uso;
4. determinazione dei trattamenti eventuali che potrebbero essere necessari.
Comportamentali
Cambiamento dei comportamenti senza modifiche degli impianti, inoltre possono
essere sostenute da modalità di pianificazione e monitoraggio per ottimizzare le
scelte.
Pratiche per usi agricoli
Tecnologiche
Per l’irrigazione si distinguono tre categorie: pratiche al campo, strategie di
gestione e modifiche di sistema.
Le pratiche di campo sono tecniche che mantengono l’acqua nel suolo,
distribuiscono l’acqua più efficientemente su tutto il terreno e incoraggiano la
ritenzione dell’umidità del suolo. Esempi di queste pratiche includono l’incisione
di suoli estremamente compatti, la lavorazione più approfondita degli stessi e la
realizzazione di piccoli argini ai bordi per controllare lo scorrimento. Queste
pratiche sono le più convenienti dal punto di vista economico.
Le strategie gestionali comportano il monitoraggio delle condizioni dell’acqua e
del suolo e la raccolta d’informazioni sull’uso dell’acqua e sull’efficienza, che
aiuta nel prendere decisioni sulla programmazione o sul miglioramento del
sistema di irrigazione. I metodi includono la misurazione dell’acqua di pioggia, la
determinazione dell’umidità del suolo, il controllo dell’efficienza delle pompe e la
programmazione dell’irrigazione.
12
La modificazione dei sistemi di irrigazione significa il miglioramento dei sistemi
esistenti o il loro cambiamento generale con nuovi sistemi. Generalmente un
cambiamento totale ha costi più gravosi rispetto alle modalità precedenti.
Comportamentali
Una migliore programmazione dell’irrigazione generalmente ha come effetto una
riduzione dell’ammontare complessivo della quantità d’acqua che si richiede per
irrigare una coltivazione efficacemente. Una adeguata scelta delle portate e dei
tempi può aiutare gli agricoltori a mantenere la stessa quantità di raccolto con una
minore quantità d’acqua. Informazioni accurate sulla richiesta d’acqua della
particolare coltivazione richiedono informazioni altrettanto accurate sulle
radiazioni solari e su altre variabili meteo.
Esistono anche nuovi metodi che possono essere utilizzati per migliorare la
programmazione dell’irrigazione e possono comportare forti ritorni, come ad
esempio l’utilizzo di apparecchiature come i tensiometri per monitorare le
condizioni di umidità del suolo e determinare in maniera più accurata i tempi e le
quantità d’acqua da distribuire.
Pratiche per gli operatori
Sostanzialmente consistono in: introduzione di contatori e subcontatori,
individuazione e analisi delle perdite, riuso, Well Capping (chiusura dei pozzi
artesiani abbandonati con rivestimento danneggiato, con perdite costanti nei
sistemi di drenaggio), pratiche di Pianificazione, tariffazione, programmi di
Retrofit (implica alcuni cambiamenti nell’impianto gestiti dal fornitore che può
fornirli al prezzo di costo ed occuparsi anche dell’installazione), programmi
d’audit (verifica) per gli usi residenziali, infine piani di gestione della siccità.
Lo studio quindi si articolerà secondo questo schema analizzando le diverse
situazioni di risparmio idrico nei comparti civile, industriale ed agricolo.
Inoltre si riporteranno alcune applicazioni e sperimentazioni, avvenute in ambito
europeo ed italiano, esemplificative di principi e tecnologie volte al risparmio
idrico.
13
2. AMBITO CIVILE
Si propone come obiettivo quello di analizzare le problematiche riguardanti una
corretta progettazione per ottimizzare il ciclo dell’acqua a livello urbano, inteso
sia come città che come singola abitazione, cercando di elaborare una serie di
linee guida.
Occorre apprfondire lo studio dell’impermeabilizzazione dei suoli, della rete di
adduzione idrica, fognaria e della circolazione delle acque superficiali in modo
tale da poter ricostruire il reale funzionamento del ciclo dell’acqua a livello
urbano.
L’acqua piovana scarsamente inquinata, possibilmente in maniera decentrata,
deve: venire infiltrata attraverso strati di terreno permeabile al fine di ricaricare la
falda freatica evitandone l’abbassamento del livello e migliorandone la qualità;
consentire la riduzione della portata idraulica delle canalizzazioni; diminuire la
diluizione delle acque di scarico separando le reti fognarie (reti duali).
Occorre incentivare gli interventi di rinaturazione sui corsi d’acqua e fossati in
genere, in modo da ripristinare tutte le funzioni ecologiche e riportarli quindi ad
uno stato vicino alle condizioni naturali.
Le tecniche di intervento sono rivolte: alla stabilizzazione dei terreni mediante
piantumazione; alla sistemazione idraulica per rafforzare le sponde; al
fitoassorbimento dei nutrienti in eccesso presenti nelle acque da parte delle piante;
all’aumento della variabilità ambientale (la presenza sulle sponde di radici, rami e
incavature, crea molti micro-habitat aumentando di conseguenza la biodiversità
del corso d’acqua); alla rinaturazione dell’ambiente urbano (la condizione
ottimale è rappresentata da essenze ripariali mature, affiancate da zone di più
recente colonizzazione con alberi autoctoni ed infine ripe più a ridosso dell’acqua
formate solamente da erbe).
La ritenzione dell’acqua piovana, l’infiltrazione, il suo riciclo e la fitodepurazione,
sono elementi riproponibili anche a livello di singola abitazione, dove, sin
dall’inizio della progettazione, possono essere prese alcune misure che
garantiscano un risparmio della risorsa stessa. Un’ottimizzazione dell’uso
dell’acqua comporta anche un risparmio energetico, sia nella preparazione,
nell’approvvigionamento
e
nel
trasporto
14
dell’acqua
potabile
che
nel
funzionamento degli impianti. Se non ci sarà un uso parsimonioso dell’acqua il
suo costo continuerà ad aumentare e ricadrà sul consumatore.
Un progetto di abitazione rivolto ad un uso sostenibile dell’acqua deve quindi
prevedere determinate componenti impiantistiche:
•
rubinetterie a getti regolati, con acceleratori di flusso o a fotocellula;
•
sciacquoni a cacciata ridotta (3/6 litri);
•
lavatrici con sistema jet-system;
•
decalcificatori;
•
scaldacqua solare.
E’ auspicabile in ogni caso che ogni singolo utente si impegni con la dovuta
partecipazione ad impedire qualsiasi azione nociva alle acque.
2.1 USO SOSTENIBILE DELL’ACQUA IN AMBITO
DOMESTICO
L’acqua non è una fonte inesauribile; la media italiana per il consumo di acqua
potabile è di 200 litri al giorno per persona.
Quest’acqua, soprattutto nelle città, è potabile anche quando non sarebbe
necessario come accade per lo sciacquone del water, per lavare la macchina od
innaffiare il giardino.
Al fine di comprendere meglio l’importanza dell’acqua nella vita di tutti i giorni si
riportano di seguito alcuni esempi di consumi idrici civili:
•
da un rubinetto aperto escono 12 litri di acqua al minuto;
•
con un rubinetto che perde si possono sprecare dai 30 ai 100 litri di acqua
al giorno;
•
per una doccia di 5 minuti occorrono 50 litri;
•
per un bagno 150 litri;
•
per lavarsi i denti servono 30 litri di acqua ogni 5 minuti.
15
2.1.1 Tecnologie
Esistono oggi delle tecnologie che permettono di ottenere un risparmio consistente
nell’uso dell’acqua; esse sono utilizzate in apparecchiature molto semplici che
dimezzano i consumi di acqua corrente e che quindi portano a risparmiare non
solo acqua potabile ma anche il combustibile che serve per riscaldarla.
Tali apparecchiature sono definite acceleratori di flusso e consentono di
“accelerare” l’acqua sfruttando il principio di Venturi.
Queste sostituiscono gli erogatori delle docce ed i frangiflutti dei rubinetti, evitano
i depositi di calcare, riducono i costi di manutenzione, migliorano la pressione
degli impianti idrosanitari e non necessitano di interventi tecnici particolari per la
loro installazione.
Le tecnologie più usate sono:
•
doccia a cornetta: l’acqua viene accelerata attraverso un ugello, si ottiene
un risparmio del 50%;
•
regolatore del flusso di acqua: adattabile su docce a cornetta e rubinetti;
•
frangigetto: è una retina che ha lo scopo di rompere il getto d’acqua che
fuoriesce dal rubinetto miscelandolo con l’aria. Il risultato è una maggiore
potenza lavante e, a parità di effetto, minore acqua consumata, infatti
eroga 8 litri al minuto contro i 14/16 litri al minuto normalmente usati. Si
possono risparmiare circa 6.000 litri di acqua all’anno a persona, così che
una famiglia media di tre persone riesce a risparmiare fino a 18.000 litri di
acqua in un anno.
Oltre a queste tecnologie, esistono molti accorgimenti, anche di facile attuazione,
che possono portare ad una diminuzione rilevante del consumo di acqua potabile
in ogni famiglia.
Di seguito si evidenziano gli interventi principali.
E’ necessaria una corretta manutenzione di rubinetti e tubazioni.
L’acqua risparmiata facendo riparare per tempo un rubinetto che gocciola al ritmo
di 90 gocce al minuto è di 5-15 litri al giorno (1800-5.500 litri di acqua all’anno).
Un foro di 1 millimetro in una tubatura provoca, in un giorno, una perdita di 2.328
litri di acqua potabile.
Oltre il 30% dei consumi idrici domestici sono imputabili allo sciacquone, infatti
normalmente si sprecano dai 6 ai 12 litri di acqua. E’ utile dotare lo sciacquone di
16
moderni sistemi di scarico che, a seconda della pressione, erogano quantità
diverse di acqua a seconda dell’esigenza, oppure di sistemi a cacciata ridotta che
usano 3,5-6 litri d’acqua. In questo modo quindi si può risparmiare fino al 50%,
che equivale a circa 26.000 litri anno/famiglia. Inoltre eliminando il flusso
costante di una perdita di acqua nello sciacquone, che può arrivare fino a 100 litri,
si possono risparmiare fino a 52.000 litri d’acqua in un anno.
2.1.2 Pratiche Comportamentali
Si elencano di seguito alcuni dati di grande interesse sulle possibili riduzioni nei
consumi di acqua in una casa tipo italiana, adottando comportamenti idrosensibili.
Il lavaggio di una persona nella vasca da bagno comporta un consumo di 100÷200
litri d’acqua; se si sceglie la doccia piuttosto che il bagno si risparmiano 150÷180
litri per volta, infatti il consumo di acqua per una doccia si aggira attorno ai 20÷50
litri. Usando poi la doccia con un miscelatore aria e acqua si consuma ancora un
50% di meno.
Tenere aperto il rubinetto è causa di un notevole spreco, infatti questo scarica
circa 12 litri al minuto. In un anno una famiglia di tre persone arriva a risparmiare
fino a 7.500 litri di acqua potabile.
Per lavare le stoviglie e gli alimenti è buona norma non usare l’acqua corrente, ma
raccoglierla in un contenitore. Inoltre pulire le stoviglie subito dopo i pasti, usare
l’acqua di cottura della pasta per lavarle, permette di ottenere un risparmio non
soltanto idrico ma anche energetico e di detersivo.
Infatti l’eccessivo uso di prodotti chimici per la pulizia delle stoviglie e della casa
oltre a causare inquinamento dei corsi d’acqua, aumenta il consumo di acqua
utilizzata per la pulizia delle superfici saponate.
Lavatrici e lavastoviglie consumano tanta acqua (80-120 litri) indipendentemente
dal carico di panni e stoviglie, per risparmiare acqua ed energia elettrica è
opportuno utilizzare gli elettrodomestici a pieno carico, diminuendo così la
frequenza dei lavaggi. In questo modo si risparmiano 7.000-11.000 litri
anno/famiglia.
E’ bene acquistare una lavatrice con il sistema “Jet System” o con “Lavaggio a
Pioggia”, ovvero a basso consumo di energia ed acqua.
Conviene raffrontare il consumo di acqua indicato dal costruttore ed acquistare i
prodotti che garantiscono un minor consumo. In media la lavatrice consuma meno
17
della metà dell’acqua (80 l.) con il lavaggio a 30° rispetto a quello a 90°; oggi
molti detersivi sono poi efficaci sotto ai 60°.
La quantità di acqua che normalmente si consuma per lavare l’automobile con il
tubo di gomma, lasciando correre l’acqua durante il lavaggio, è di 200÷400 litri
per lavaggio, se si utilizza un contenitore si risparmiano oltre 100 litri di acqua.
E’ bene collocare la caldaia per il riscaldamento dell’acqua in una posizione il più
vicino possibile alle utenze: in questo modo vengono evitati notevoli sprechi
dovuti all’attesa dell’arrivo dell’acqua calda.
E’ necessario non usare la toilette come discarica di sostanze tossiche (vernici,
lacche, prodotti chimici, sigarette, solventi) altrimenti si riduce la funzionalità del
sistema fognario.
Si può limitare l’utilizzo per annaffiare i fiori, se possibile è bene usare pozzi o
raccogliere l’acqua piovana, altrimenti è opportuno usare per i fiori l’acqua già
utilizzata per lavare frutta e verdura. Bisogna tenere presente che l’irrigazione a
goccia penetra nel terreno e consente di ottenere un migliore risultato rispetto
all’innaffiamento tradizionale, ma con molta meno acqua.
Irrigando nelle ore serali, quando le temperature sono inferiori, l’acqua evapora in
misura minore e non viene sprecata. Tutto questo porta ad un risparmio annuo di
circa 6.000 litri di acqua potabile.
Le piante e i fiori hanno esigenze idriche molto diversificate. Anche la loro
posizione rispetto al sole assume notevole importanza ai fini dell’irrigazione.
Quando si acquista una pianta si devono prendere in considerazione le sue
esigenze idriche e posizionarla in penombra, si ottengono maggiori risultati senza
che la pianta soffra la sete e in più si risparmia acqua.
Al riguardo una pratica che si sta affermando è la Xeriscape Landscaping, una
particolare tecnica di ambientazione paesaggistica per la conservazione delle
risorse idriche e la tutela dell’ambiente. Si tratta di un approccio globale, primo
nel suo genere, articolato in sette principi di base: pianificazione e progettazione,
analisi del suolo, creazione di tappeti erbosi funzionali, adeguata selezione delle
piante, irrigazione efficiente, utilizzo di concimi naturali organici e manutenzione
appropriata. La combinazione di tali principi consente di ottenere un notevole
risparmio idrico e al contempo ambienti verdeggianti.
Con questi semplici accorgimenti, una famiglia risparmia in un anno non meno di
75.000 litri di acqua potabile.
18
2.2 TECNICHE PER LA GESTIONE DELL’ACQUA PIOVANA
Si deve procedere a favore di una raccolta separata di acque reflue e piovane.
Quando sia prevista, la rete separata di scarico dei reflui civili dovrebbe
consentire, per favorire il recupero differenziato degli scarichi umani, la
separazione delle frazioni di scarico alla fonte. Nell’ambito dei sistemi di
adduzione o approvvigionamento, si prevedono:
•
la separazione delle reti di adduzione di acqua potabile e acqua piovana;
•
il recupero e il riutilizzo dell’acqua piovana per usi specifici;
•
lo stoccaggio dell’acqua piovana in vasche realizzate da consentire il
mantenimento delle caratteristiche.
Tutti gli interventi in quest’ambito dovrebbero essere sottesi a più generali criteri
di risparmio idrico e di razionalizzazione nell’uso dell’acqua potabile, limitandone
l’utilizzo ai soli casi in cui non siano possibili alternative, cioè per cucinare e per
bere.
Altri usi, come quelli legati all’igiene personale ed alla pulizia della casa,
potrebbero essere risolti ricorrendo all’impiego di acqua piovana depurata.
Quindi la gestione dell’acqua piovana, in modo da renderla utilizzabile come
risorsa, può contribuire positivamente allo sviluppo dell’ambiente urbano tramite
soluzioni orientate alla gestione locale, alla raccolta ed al riutilizzo.
Gli obiettivi potenzialmente raggiungibili sono i seguenti:
•
reinserimento delle acque piovane nel loro ciclo naturale;
•
riduzione delle portate di acque di scarico che raggiungono il depuratore;
•
alimentazione delle falde sotterranee (ravvenamento);
•
diminuzione dell’inquinamento dei corsi d’acqua;
•
miglioramento del microclima;
•
riduzione dei costi di gestione.
19
A livello urbano sono adottabili le seguenti specifiche:
•
la raccolta delle acque meteoriche ed il loro riutilizzo per usi non potabili;
•
una pavimentazione che favorisca la permeabilità del terreno per no
diminuirne le capacità depurative, per migliorare il microclima urbano, per
favorire l’assorbimento dei nutrienti ad opera di vegetazione locale e per
consentire l’eventuale ravvenamento delle falde per percolazione;
•
la realizzazione di aree umide con finalità depurative e di miglioramento
microclimatico.
Le tecniche per la gestione dell’acqua piovana sono:
Recupero delle acque meteoriche: presenta indubbi vantaggi quali:
•
risparmio d’acqua potabile;
•
miglioramento del bilancio idrico;
•
riduzione dei costi per la depurazione di minori quantità di reflui che
raggiungono i depuratori, grazie alla separazione della componente “acqua
meteorica”.
Le superfici che più si prestano al recupero dell’acqua piovana sono quelle dei
tetti, soprattutto quelli realizzati in laterizio ed in terracotta o comunque in
materiali che non rilascino eventuali residui tossici.
In ogni caso andrebbe evitato di raccogliere la prima acqua di pioggia, spesso
ricca d’impurità: allo scopo è possibile adottare dei separatori automatici delle
prime acque meteoriche. La fase seguente dovrà prevedere il filtraggio dell’acqua
ricorrendo a strati di materiali inerti (sabbia, ghiaia, ciottoli, ecc..) oppure
utilizzando zone umide artificiali. Successivamente l’acqua potrà essere
convogliata in apposite cisterne d’accumulo che dovranno essere realizzate
lontano da qualsiasi fonte d’inquinamento, interrate per garantire costanza della
temperatura dell’acqua, chiuse ermeticamente per evitare il passaggio della luce
che potrebbe indurre la formazione di alghe, protette da infiltrazioni esterne da un
setto impermeabile con inclinazione verso l’esterno; occorreranno anche dei filtri,
per impedire ai corpi estranei che cadono sui tetti di arrivare alle cisterne.
La capienza di queste cisterne d’accumulo non dovrà essere inferiore ai 3 m3; la
forma dovrà essere compatibile con l’installazione di una pompa, eventualmente
20
alimentabile con pannelli fotovoltaici, ed avere un fondo preferibilmente
semisferico per favorire la spontanea sedimentazione delle sostanze sospese.
Il mantenimento delle qualità organolettiche dell’acqua risulterà favorito da
un’adeguata “foderatura” interna della cisterna. Nel caso in cui i serbatoi risultino
vuoti causa il basso volume di acqua piovana raccolta, entra in funzione
un’elettrovalvola posta in contatto con la linea dell’acquedotto.
L’acqua raccolta nelle cisterne potrà essere utilizzata in tutti gli impieghi che non
richiedano acqua potabile: sciacquoni dei bagni, alimentazione di elettrodomestici
(l’acqua piovana è povera di sali, per cui diminuiscono le incrostazioni di calcare),
lavaggio di parti della casa e delle automobili, irrigazione dei giardini.
Permeabilizzazione del terreno: alla base delle scelte dei singoli criteri
d’intervento si considerano alcuni parametri:
•
modalità d’uso delle aree soprastanti il terreno d’infiltrazione;
•
caratteristiche del terreno in termini di capacità d’infiltrazione;
•
livello di falda;
•
intensità e dinamica della precipitazione;
•
caratteristiche chimiche dell’acqua piovana nel caso in cui si possa caricare
d’inquinanti prima dell’infiltrazione.
Le tecniche d’infiltrazione possono consistere in impianti d’infiltrazione diretta
dell’acqua nel punto in cui cade, oppure possono essere costituite da un bacino di
raccolta dal quale l’acqua è fatta filtrare, previo eventuale trattamento
biofitodepurativo.
La riduzione della quantità di acqua di scorrimento superficiale implica un minor
carico dei depuratori centralizzati ed un miglior controllo dei picchi di piena nei
canali, in particolare in quelli di medie e piccole dimensioni. La presenza di
adeguata vegetazione nel terreno permeabile svolge un’azione depurativa che
riduce di molto i rischi che eventuali agenti inquinanti presenti in superficie
possano, percolando, raggiungere le falde sotterranee.
Il ricorso a pavimentazioni permeabili è facilmente adattabile a piazze, parcheggi,
vialetti, cortili e impianti sportivi.
21
Magazzini di acque meteoriche provenienti dal dilavamento di varie
superfici: tramite questa tecnicaè possibile soddisfare i seguenti obiettivi:
•
trattare in modo naturale ed in loco l’acqua proveniente da superfici
impermeabili e carica di inquinanti;
•
evitare di caricare gli impianti di depurazione con ingenti masse d’acqua
variabili nel tempo sia in quantità che in qualità;
•
contribuire alla regimentazione fluviale in caso di forti precipitazioni;
•
scaricare nei corpi idrici di superficie un effluente che alteri il meno possibile
gli equilibri naturali.
I magazzini d’acqua consistono in bacini con fondo reso impermeabile tramite
l’uso di argilla o di una guaina, realizzati per escavazione del terreno, contenenti
uno strato di materiale inerte adatto alla piantumazione d’essenze vegetali che
espletino la funzione depurativa che è propria delle zone umide a flusso
superficiale. In esse la vegetazione, fissa sul fondo o galleggiante, emerge sopra
uno strato d’acqua che fluisce lentamente dalla zona di entrata a quella d’uscita.
In corrispondenza di queste due zone i bacini possono presentare due piccoli
invasi, più profondi del livello medio del bacino e di capacità pari a circa 1/10 di
quella complessiva del bacino, per favorire un’azione di sedimentazione in entrata
e di ristagno prima dell’uscita. La permanenza media ottimale per la depurazione
è valutata in circa 10 giorni: per consentire un eventuale ritenzione dell’acqua di
abbondanti precipitazioni, il bacino è usualmente sovradimensionato rispetto al
funzionamento a regime, con un’altezza dello strato d’acqua di circa 60 cm.
Una fascia esterna più alta rispetto allo scavo interno, ma più bassa del livello del
terreno circostante, è piantumata con alberature di medie dimensioni ed assicura
quella flessibilità della capacità di accumulo che è sfruttata in caso di forti
precipitazioni consentendo una liberazione graduale, attraverso l’adozione di
valvole regolabili, dell’acqua in eccesso.
22
2.3 SISTEMI NON CONVENZIONALI DI DEPURAZIONE:
METODOLOGIE NATURALI
L’adozione di sistemi non convenzionali presenta i seguenti vantaggi:
•
riduzione del materiale di scarto inutilizzabile per la possibilità di riciclare
gran parte dei nutrienti presenti nel refluo;
•
riduzione della rete fognaria nel caso di trattamento del refluo nel luogo di
produzione;
•
adozione di un sistema di separazione dell’acqua piovana che evita rischi
di sovraccarico e facilita il trattamento del refluo che presenta nel tempo
una stabilità della propria composizione chimica;
•
garanzia di una migliore qualità ambientale e di un minore impatto visivo
sul territorio;
•
sfruttamento del sole come fonte energetica;
•
ridotti consumi energetici;
•
costi per la realizzazione di un impianto non convenzionale quasi uguali a
quelli di un impianto tradizionale, mentre sul piano gestionale, gli oneri
sono molto inferiori per gli impianti non convenzionali. Tenendo conto dei
costi ambientali nelle valutazioni economiche di impianti di trattamento, la
scelta si indirizza decisamente verso sistemi di trattamento non
convenzionali. I costi realizzativi e gestionali diminuiscono ulteriormente
per impianti di piccola scala;
•
possibilità di integrazione fra paesaggio e costruito; questo rende gli
impianti basati su metodi depurativi naturali adatti ad operazioni di
restauro e riqualificazione del territorio in ambito urbano, periferico ed in
aree dismesse.
Gli svantaggi, cioè i fattori che ne limitano la diffusione, sono i seguenti:
•
sensibilità alle variazioni territoriali e climatiche;
•
maggiore necessità di spazio;
•
adeguata depurazione soprattutto di reflui di origine domestica, a
composizione chimica stabile, mentre di solito non si ottengono buoni
risultati nel trattamento di reflui di origine industriale.
23
Per la realizzazione di impianti non convenzionali occorre tenere presente le
seguenti caratteristiche fondamentali:
•
forme dei bacini favorenti la dinamica di flusso;
•
impermeabilizzazione delle fosse e dei bacini di trattamento;
•
permeabilità del materiale di riempimento;
•
percorsi sinuosi tra un bacino e l’altro per l’ossigenazione dell’acqua.
La possibilità di inserire delle tecnologie non convenzionali in contesti territoriali
di piccole dimensioni è uno dei punti di forza di una visione decentralizzata della
gestione dei reflui che coniuga caratteristiche di economicità, efficacia e
semplicità.
I vantaggi ottenuti con una gestione locale dei reflui sono:
•
possibilità di evitare un mescolamento tra reflui civili ed industriali,
ottenendo un refluo più pulito e trattabile nel luogo di produzione ed in
aree limitrofe con metodologie naturali;
•
possibilità di svincolarsi da reti di scarico e di adduzione che costringono
a costosi interventi di manutenzione o di sostituzione per limitare le
perdite lungo il percorso fino alla singola utenza;
•
possibilità di sfruttamento del calore del refluo nelle stagioni
climaticamente sfavorevoli, per l’ottimizzazione del funzionamento dei
processi fitodepurativi;
•
possibilità di stimolare l’utenza verso una gestione sostenibile degli
scarti e renderla consapevole del proprio ruolo all’interno del sistema
tramite aree verdi progettate per il trattamento ma anche fruibili sul
piano estetico e ricreativo.
Separando il refluo di origine domestica in più frazioni elementari come urine,
feci ed acque grigie si ottiene l’ottimizzazione di molti processi depurativi naturali
e soprattutto si rende possibile l’impiego dei nutrienti nel settore agricolo.
24
TECNICHE SPECIFICHE NON CONVENZIONALI
Per la depurazione delle acque reflue in ambito civile si possono sfruttare varie
metodologie naturali suddivisibili in tre famiglie principali:
1. tecniche che sfruttano la capacità depurativa delle piante (Land and
vegetation based system), in particolare la fitodepurazione;
2. tecniche che sfruttano la capacità depurativa del terreno (Land based
system);
3. tecniche che sfruttano l’azione depurativa biologico-meccanica di impianti
tecnologici.
2.3.1 Tecniche basate sulle capacità depurative delle piante
Fanno parte di questa categoria le seguenti metodologie:
•
fitodepurazione
•
living machine
2.3.1.1 Fitodepurazione
La fitodepurazione è un processo naturale per depurare le acque reflue che utilizza
i vegetali come filtri biologici attivi in grado di ridurre gli inquinanti in esse
presenti.
I trattamenti di fitodepurazione sono trattamenti biologici secondari, che
necessitano di un trattamento primario di sedimentazione, e/o terziario (di
affinamento), che sfruttano la capacità di autodepurazione degli ambienti
acquatici. La rimozione dei nutrienti e dei batteri avviene attraverso gli stessi
processi fisici, chimici e biologici dei fanghi attivi, cioè tramite filtrazione,
adsorbimento, assimilazione da parte degli organismi vegetali e degradazione
batterica.
L’impianto di fitodepurazione rappresenta quindi un’alternativa alla depurazione
tradizionale, rispetta l’ambiente ed è vantaggioso dal punto di vista economico
(risparmio di energia elettrica, in un’ottica di sviluppo sostenibile, e limitati costi
di gestione) ed ambientale (miglior impatto sul paesaggio, eliminazione di
trattamenti di disinfezione).
25
In pratica, si tratta di una zona umida costruita, in cui il suolo è mantenuto
costantemente saturo d’acqua e consiste in un bacino poco profondo,
impermeabilizzato ove necessario, riempito con un idoneo substrato e vegetato
con piante acquatiche.
Il criterio generale della decentralizzazione sotteso alla realizzazione degli
impianti di fitodepurazione può prestarsi alla gestione dei reflui in ambiti
territoriali ed urbanistici diversi: settori di città, quartieri, vuoti urbani, periferie
(ma anche aree agricole ed aree industriali con produzioni agroalimentari).
Se adottata come tecnica di finissaggio di depuratori esistenti, può costituire una
valida alternativa per l’adeguamento e il miglioramento delle potenzialità
depurative.
Applicazioni
La fitodepurazione può essere utilizzata per:
•
trattamenti di depurazione completi per piccole comunità (fino a 1.000
abitanti);
•
trattamenti secondari, dopo sedimentazione, di reflui di insediamenti civili
(abitativi, ricreativi quali campeggi, centri di agriturismo, centri
commerciali, ecc..), soprattutto in siti abitativi rurali dove non è possibile
o si rivela troppo costoso l’allacciamento a fognatura, oppure in siti con
popolazione fluttuante;
•
trattamenti terziari a valle di impianti di depurazione di tipo civile o misto
soprattutto in funzione dell’abbattimento della carica batterica.
Vantaggi
•
riduzione dei costi capitali;
•
consumi energetici ridotti o nulli;
•
semplicità gestionale;
•
costi di gestione molto limitati;
•
limitate quantità di biomassa di risulta;
•
buon inserimento ambientale;
•
maggior tutela dei corpi idrici recettori.
26
Svantaggi
•
necessità di ampie superfici;
•
non adattabile ad alte quote o in climi freddi.
Aspetti innovativi della Fitodepurazione
Attualmente, la tecnologia appare matura per consentire uno sviluppo industriale
di tali sistemi in diversi ambiti di applicazione su piccola, media e grande scala,
soprattutto per il trattamento dei reflui civili, ma anche per il trattamento dei reflui
di origine industriale. Le numerose esperienze condotte sia all’estero che in Italia,
hanno confermato la validità di questi sistemi nel trattamento dei reflui e la loro
capacità di raggiungere appropriati livelli di abbattimento degli inquinanti,
paragonabili a quelli ottenibili con impianti tradizionali. Inoltre presentano
notevoli vantaggi che contribuiscono a migliorarne le qualità ambientali ed
economiche.
Uno degli aspetti di maggior rilievo, anche a fronte della crescente attenzione a
queste problematiche, è rappresentato dal basso impatto sull’ambiente. I sistemi di
fitodepurazione si inseriscono nel contesto ambientale in modo non invasivo,
spesso contribuiscono alla riqualificazione paesaggistica e non incidono
negativamente sul paesaggio in aree ad alta valenza ambientale. Inoltre, questi
sistemi
richiedono un limitato apporto energetico, imputabile esclusivamente
all’alimentazione del sistema di distribuzione del refluo, consentendo in tal modo
risparmi energetici dal 40% al 75% rispetto ai sistemi tradizionali.
Un ulteriore aspetto positivo è rappresentato dalla semplificazione delle
operazioni di gestione. Ciò incide sull’affidabilità complessiva del sistema,
nonché sui costi ad essa associati. Questo appare di notevole interesse con
particolare riferimento alle piccole utenze. I limitati costi di gestione si riflettono
sul costo complessivo della tecnologia.
Da recenti indagini sui costi della depurazione secondaria con tecnologie
tradizionali o con sistemi di fitodepurazione, è stato possibile evidenziare come,
nonostante i maggiori costi iniziali, un impianto di fitodepurazione, nel mediolungo periodo, comporti un risparmio complessivo di risorse finanziarie.
27
Classificazione
I trattamenti di fitodepurazione, in base alla modalità ed alla direzione di
scorrimento dell’acqua, si possono suddividere in:
•
lagunaggi biologici (o stagni biologici);
•
ecosistemi filtro;
•
sistemi a flusso superficiale (FWS, Free Water Surface);
•
sistemi a flusso sub-superficiale orizzontale (H-SFS, Horizontal SubSurface Flow System);
•
sistemi a flusso sub-superficiale verticale (V-SFS, Vertical Sub-Surface
Flow System).
Possono essere classificati anche in base al tipo di vegetali utilizzati:
•
sistemi a microalghe;
•
sistemi a macrofite galleggianti;
•
sistemi a macrofite radicate sommerse;
•
sistemi a macrofite radicate emergenti;
•
sistemi misti.
Si prendono in esame i sistemi con possibilità di applicazione anche sul territorio
nazionale.
a. Lagunaggi biologici (stagni biologici)
Sono sistemi basati sull’interazione tra microrganismi e piante; la tecnica consiste
in un sistema di bacini di accumulo, in pratica dei laghetti profondi da 0,2 a 5 m.,
percorsi d’acqua in fossati, rigagnoli (in cui il fitoassorbimento è garantito dalla
vegetazione) e sculture a lemniscata (a forma di “otto”) che favoriscono
l’ossigenazione. Possibilmente vengono realizzati a pianta quadrata o rettangolare
con angoli arrotondati, ma spesso la planimetria segue l’andamento irregolare del
terreno.
In funzione delle sostanze inquinanti che si prevede possa contenere il refluo da
trattare, il fondo può necessitare di impermeabilizzazione realizzata con fogli di
materiale plastico termosaldati, mediante impregnazione con sostanze bituminose
o plastiche, con materiali cementizi, o con uno strato d’argilla di almeno 0,1 m.
28
ricoperto con uno strato di sabbia grossolana. Gli argini sono realizzati con
materiale di riporto compattato ed hanno solitamente pendenza di 45°.
L’acqua da depurare viene immessa nel sistema dopo una grigliatura ed una
dissabbiatura, l’afflusso non deve avvenire in prossimità degli argini e deve essere
realizzato in modo da minimizzare i fenomeni di cortocircuito.
Il refluo subisce poi un’azione depurativa ad opera di organismi viventi di vario
tipo come alghe, batteri e macrofite che, alimentandosi, demoliscono o assorbono
le sostanze inquinanti. I meccanismi depurativi consistono quindi nella
sedimentazione, nel filtraggio di particolari sostanze e nell’assorbimento dei
nutrienti da parte delle macrofite, tramite un’attività microbiologica che si
sviluppa nell’acqua, nel substrato del terreno e sulla superficie delle piante.
Per lo scarico dell’effluente è fondamentale la realizzazione di deflettori immersi
per limitare il deflusso di solidi galleggianti, di una tubazione con funzione di
troppo pieno ed una per lo svuotamento totale dello stagno.
Il lagunaggio è un trattamento estensivo che necessita di superfici molto ampie
(da 2 a 4 m2/A.E. (abitanti equivalenti)), presenta molti vantaggi per la capacità di
sopportare temporanei sovraccarichi inquinanti ed i bassi costi di gestione ed è
indicato soprattutto per comunità fino a qualche migliaio di abitanti, in climi caldi
o temperati.
Può dare problemi di odori e di insetti, per questo sono previste distanze di
rispetto dal centro abitato diverse a seconda del tipo di stagno; si consigliano
valori di 500 m. per gli anaerobici, 200 m. per gli aerati. Per quanto riguarda il
problema dello smaltimento dei fanghi, data la loro alta mineralizzazione e la
scarsa carica batterica, possono essere utilizzati in agricoltura come ammendante
evitandone l’uso solo nelle colture a prevalente scopo alimentare.
Vantaggi
•
Basso costo di investimento e soprattutto di gestione;
•
Limitato consumo energetico;
•
Scarsa o nulla produzione di fanghi di supero;
•
Alta efficienza di rimozione di microrganismi patogeni (ad esempio
coliformi fecali).
29
Svantaggi
•
Necessità di disporre di grandi superfici;
•
Riduzione delle efficienze depurative durante il periodo invernale;
•
Rischio di proliferazione di insetti e di vettori a rischio sanitario.
Campi di applicazione: gli stagni biologici vengono utilizzati per il trattamento di
reflui di origine civile ed industriale (solo nei casi in cui il refluo industriale abbia
caratteristiche simili a quello civile).
È interessante l’utilizzo dei lagunaggi biologici per il finissaggio dei reflui già
trattati da impianti di depurazione. Sono diffusi soprattutto negli Stati Uniti,
mentre in Italia questo sistema ha trovato applicazione, oltre che in campo civile,
anche in quello delle industrie di lavorazioni alimentari stagionali, come gli
zuccherifici.
Esistono diversi tipi di lagunaggio biologico, che differiscono tra loro per il
particolare fenomeno biologico ed i particolari microrganismi deputati alla
depurazione:
•
stagni anaerobi;
•
stagni facoltativi;
•
stagni aerobi (tradizionali, con ricircolo);
•
stagni di finissaggio.
Stagni anaerobi: hanno profondità compresa tra 3-5 m., operano sia come
sedimentatori che come reattori biologici anaerobici; il rendimento di depurazione
arriva al massimo ad una rimozione del BOD5 (Biochemical Oxigen Demand)
circa dell’80%; è ottimale che la temperatura del liquame nello stagno non scenda
sotto i 10°C. Preferibilmente vengono usati nel campo della sgrossatura che si
ottiene con tempi di ritenzione relativamente brevi, sfruttando i processi di
sedimentazione e di degradazione biologica. Non presentano alcuna produzione
algale, per la formazione di una crosta superficiale consistente, dovuta al
progressivo affioramento dei fanghi trascinati in superficie dalle bolle di gas;
questo porta ad una sensibile riduzione degli odori rilasciati.
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La rimozione dei fanghi di fondo stabilizzati avviene periodicamente ad intervalli
variabili in funzione del tenore di solidi nel liquame e della profondità dello
stagno; per i liquami domestici, in bacini con profondità media di circa 4 m.,
l’accumulo di fanghi è dell’ordine di 30-50 l/ab*anno, questo porta ad un
incremento dello strato dei fanghi di circa 5-7 cm/anno, con frequenza di
rimozione ogni 10 anni; la rimozione è parziale, solitamente si lascia uno spessore
di almeno 10 cm. per garantire una rapida ripresa dei processi biologici.
Stagni facoltativi:
hanno profondità compresa tra 0,7-1,5 m.; sono adatti al
trattamento di scarichi con concentrazioni di BOD5 analoghe a quelle dei liquami
domestici (200 mg/l), con rendimenti di depurazione che superano il 90% sul
filtrato.
Negli strati superiori, grazie alla fotosintesi algale, si ha l’ossigenazione del
liquame che attiva la fermentazione batterica di tipo aerobico; negli strati profondi
e nei sedimenti, data la mancanza di ossigeno disciolto, si ha un processo
anaerobico-facoltativo. Lo spessore di questi due strati è continuamente variabile
durante la giornata, per adattarsi a questo la flora batterica è di tipo
prevalentemente facoltativo. Si ha una notevole produzione di microalghe con
dimensioni dell’ordine di 10-20 µm, una frazione di queste uscirà con l’effluente
incrementando il valore del BOD5 e dei solidi sospesi in uscita. La rimozione dei
nutrienti (azoto e fosforo) è dell’ordine del 20-40%, per la carica batterica si
supera mediamente il 90%.
I fanghi depositati sul fondo si decompongono per via anaerobica e solitamente
non necessitano di una periodica rimozione perché tramite il moto ondoso, dovuto
all’azione del vento, vengono ripartiti uniformemente su tutta l’area di fondo dello
stagno, con un incremento medio annuo di spessore di pochi millimetri.
Stagni aerobi: hanno profondità compresa tra 0,2-0,6 m. che permette la
penetrazione della luce, quindi la produzione fotosintetica di ossigeno anche sul
fondo, in modo da avere un funzionamento aerobico anche a livello dei sedimenti.
I meccanismi di funzionamento sono analoghi a quelli dello strato superiore per
gli stagni facoltativi.
31
Gli stagni aerobi con ricircolo, rispetto a quelli tradizionali, consentono di
lavorare su un carico organico superiore, raggiungendo valori di rimozione del
BOD5 superiori al 90% sul filtrato.
Stagni di finissaggio: hanno lo scopo di migliorare le caratteristiche degli effluenti
dei trattamenti biologici, riducendo ulteriormente BOD, SS (solidi sospesi) e
carica batterica. Hanno profondità media di 1 m., il tempo di ritenzione non
supera di solito i 2 giorni, con riduzioni del BOD5 del 40-50% e dei coliformi del
90-95%; i risultati migliori si hanno disponendo più stadi in serie.
b. Ecosistemi filtro
Si tratta di interessanti applicazioni, molto efficaci ad esempio per l’abbattimento
della carica batterica ai fini della balneazione. Sono costituite da unità
ecosistemiche differenti (specchi lentici, unità palustri, unità di prato umido,
canali a corrente lenta), organizzate in modo da sviluppare capacità
autodepurative molto elevate tra punto di emissione dello scarico di impianti di
depurazione e corpo recettore.
c. Sistemi a flusso superficiale (FWS - free water surface wetland)
Si tratta di vasche o canali a bassa profondità (0,5 m.), dotati di un opportuno
medium per la crescita di vegetazione come piante galleggianti, quali il giacinto
d’acqua (Eichornia crassipes) o la lenticchia d’acqua (Lemna) (Fig.1), oppure
piante radicate sommerse, quali Miriophyllum, Potamogeton, Ceratophyllum
(Fig.2), che richiedono profondità dell’acqua più elevate, o emergenti, quali la
cannuccia di palude (Phragmites australis), la mazza di tamburo (Typha
latifoglia) o il giunco palustre (Scirpus lacustris), citando essenze diffuse alla
nostra latitudine (Fig.3). La vegetazione occupa un ruolo fondamentale perché
trasferisce l’ossigeno attraverso le radici e i rizomi fino in fondo ai bacini di
trattamento, assicurando la sopravvivenza dei microrganismi responsabili del
trattamento.
Le caratteristiche progettuali delle macrofite si basano essenzialmente sulla
profondità dell’acqua.
32
Fig. 1: Schema di un sistema a flusso superficiale con macrofite galleggianti; la
specie illustrata è il giacinto d’acqua (Eichornia crassipes).
fig. 2: Schema di un sistema a flusso superficiale con macrofite radicate
sommerse; la specie illustrata è Elodea canadensis.
Fig. 3: Schema di un sistema a flusso superficiale con macrofite radicate
emergenti; la specie illustrata è il giunco palustre (Scirpus lacustris).
I sistemi principali sono quelli che utilizzano macrofite galleggianti: il giacinto
d’acqua e la lenticchia d’acqua.
Il sistema a giacinto d’acqua risulta molto efficace per la rimozione dei nutrienti,
dei metalli pesanti e anche dei fenoli, ma può in questi ultimi casi risultare
problematico il destino della biomassa prodotta. Inoltre il suo tasso di crescita si
riduce drasticamente al di sotto dei 10 °C.
33
In base al livello di ossigeno disciolto ed al metodo di aerazione del bacino, si
distinguono tre sistemi:
•
aerobico non aerato: il più comune, usato come trattamento secondario,
porta ad ottimi risultati e limita gli odori;
•
aerobico aerato: usato nel caso in cui sia richiesta l’assenza totale di odori,
si ha una riduzione dell’area richiesta e la possibilità di poter trattare
carichi organici maggiori;
•
anaerobico facoltativo: usato per carichi organici molto alti, si ha però un
aumento degli odori.
Il sistema a lenticchia d’acqua è efficace soprattutto nella riduzione delle
concentrazioni di azoto e fosforo, ma è difficile da gestire, per l’estrema facilità di
impilarsi sotto la spinta di un forte vento, lasciando scoperta una parte della
superficie dell’acqua.
Per evitare questo si possono utilizzare dei galleggianti che rendono minima la
superficie esposta all’azione del vento.
Nel caso delle macrofite radicate, il lento flusso dell’acqua attraverso steli e radici
favorisce la creazione di un ambiente in grado di abbattere in modo importante il
carico organico, ma l’efficienza si riduce nel periodo invernale e si possono creare
problemi di insetti ed in alcuni casi di cattivi odori.
Il dimensionamento dei letti ed il livello dell’acqua variano in funzione del
sistema utilizzato, del vegetale utilizzato e del tipo di trattamento.
Per dare un ordine di grandezza, per un trattamento secondario l’altezza
dell’acqua può variare da 10 a 40 cm., la superficie deve essere preferibilmente
superiore a 2,0 m2/A.E. e può arrivare fino a 10 m2/A.E. e il rapporto ottimale
lunghezza/larghezza almeno 10:1 (bacino lungo e stretto).
Vantaggi
Buoni risultati conseguiti in termini di efficienza depurativa.
34
Svantaggi
•
Lunghi tempi di residenza idraulica (fino a 20-40 giorni), indispensabili
per garantire l’ottenimento di buoni risultati in termini di efficienza
depurativa.
•
Profondità dei bacini limitata, in funzione della vegetazione utilizzata e
della possibilità di ossigenazione del refluo, con conseguente necessità di
impiego di superfici molto ampie.
•
Presenza di acque superficiali, con la possibile insorgenza di cattivi odori e
lo sviluppo di insetti a rischio sanitario.
•
Limitata possibilità di applicazione in prossimità di centri abitati.
•
Elevata superficie di scambio termico e sensibilità alle variazioni termiche
stagionali.
•
Bassa efficienza depurativa nel periodo invernale a causa del
rallentamento dei processi biologici e possibile formazione di ghiaccio in
superficie.
•
Necessità di frequenti rinnovi della vegetazione utilizzata in impianti che
utilizzano macrofite galleggianti, come il giacinto d’acqua che, in quanto
specie tropicale, non sopravvive a basse temperature.
•
Difficoltà gestionali in impianti con specie vegetali galleggianti, come la
lenticchia d’acqua, che richiede l’uso di barriere flottanti per contenere e
proteggere le piante dall’azione delle correnti e del vento.
Campi di applicazione: nonostante queste limitazioni, tali sistemi si prestano ad
essere impiegati nei processi di depurazione delle acque superficiali contaminate
da inquinamento microbiologico, per il trattamento terziario e di affinamento di
acque reflue, oppure, abbinate ad interventi di rinaturalizzazione, come ecosistemi
filtro in prossimità di corpi idrici recettori, per risanare corpi idrici eutrofizzati, o
per creare delle casse d’espansione in zone soggette ad alluvioni.
L’applicazione più idonea, con una adeguata superficie a disposizione, appare
quella del finissaggio di scarichi di impianti di depurazione, quando il refluo è già
sufficientemente depurato, per l’abbattimento dell’azoto.
35
Fanno parte di questa categoria le seguenti tecniche:
•
letti d’infiltrazione;
•
rinaturazione di impianti tradizionali esistenti;
•
finissaggio;
•
flow-form.
Letti d’infiltrazione (zone umide d’infiltrazione): il terreno periodicamente può
essere coperto d’acqua e si sfrutta la capacità depurativa del substrato.
Si tratta di terreni di drenaggio in cui cresce vegetazione e l’acqua periodicamente
sommerge lo strato superficiale, tramite spargimento su tutto il terreno.
Lo scopo di questi sistemi è di aumentare la superficie d’infiltrazione.
Le piante assorbono i nutrienti e poi vengono raccolte. Il passaggio del terreno da
condizioni di bagnato a quelle di asciutto favorisce il processo depurativo in
quanto consente il passaggio da ambienti anaerobici ad ambienti aerobici.
Gli impianti di solito sono costituiti da più canali funzionanti in periodi alterni.
Rinaturazione di impianti tradizionali esistenti: esistono varie pratiche a seconda
dei contesti.
Gli obiettivi che si prefigge sono:
•
riduzione dell’impatto che un impianto tradizionale ha sul territorio in cui
è realizzato;
•
ricostruzione degli ambienti naturali con finalità di riequilibrio
ecosistemico per compensare l’alterazione originata dalla costruzione
dell’impianto.
Spesso gli impianti tradizionali scaricano l’acqua in uscita in corpi idrici che,
realizzati o modificati, se già esistenti, in funzione della presenza del depuratore,
presentano una riduzione delle capacità autodepurative originarie. Infatti in natura
avvengono costantemente processi di depurazione naturale: la sostanza organica
che raggiunge un corso d’acqua, sia essa di origine naturale o antropica, viene
demolita da microrganismi e i prodotti della mineralizzazione vengono utilizzati
dai vegetali.
36
Le varie comunità microscopiche, costituite da batteri, funghi, protozoi, alghe,
rappresentano il primo sistema depurante dei corsi d’acqua. Questo depuratore
naturale supporta un secondo sistema depurante che funge da acceleratore e
regolatore del processo, costituito dagli invertebrati bentonici. La loro ricchezza di
specializzazioni massimizza l’utilizzo di tutte le forme di risorse alimentari
disponibili, scarichi umani compresi, e rende la comunità in grado di rispondere in
maniera flessibile alle variazioni stagionali o antropiche del carico organico. Un
ulteriore contributo alla rimozione della biomassa è fornito dai vertebrati,
compresi quelli terrestri, che si nutrono degli invertebrati acquatici. Molto efficace
è anche il ruolo della vegetazione acquatica nell’azione di ciclizzazione dei
nutrienti. Vertebrati e vegetazione acquatica possono essere considerati il terzo
sistema depurante dell’ambiente fluviale.
L’efficienza dei tre sistemi depuranti è, a sua volta, condizionata dall’integrità del
sistema terrestre circostante, in particolare dalla vegetazione riparia, che agisce da
filtro meccanico (sedimentazione del carico solido delle acque di dilavamento) e
da filtro biologico (rimozione di azoto e fosforo).
Se il corso d’acqua riceve altri scarichi, se la portata del fiume viene diminuita, se
le comunità di organismi sono state alterate da agenti tossici o da sconvolgimenti
dell’alveo naturale, si avrà una riduzione della sua capacità autodepurativa, che è
una qualità propria degli ecosistemi che tende a riportare l’ambiente al punto di
equilibrio. Il ripristino delle condizioni naturali dell’alveo fluviale svolge
un’azione depurativa complementare e sinergica rispetto a quella del depuratore.
La rinaturazione ha lo scopo di potenziare le capacità di trattamento del
depuratore mettendo, tra questo ed il corso d’acqua ricettore, un sistema di
finissaggio che migliori in modo naturale la qualità dell’acqua che raggiunge il
corpo idrico. La mitigazione dell’impatto ambientale si può ottenere costruendo
un terrapieno realizzato con materiali naturali, che, piantumato con essenze
arboree adeguate al finissaggio, contribuisca a mascherare l’impianto artificiale
dal territorio circostante.
Finissaggio: si può raggiungere un maggior abbattimento dell’azoto senza
ricorrere all’ammodernamento di impianti esistenti. Dato che le acque trattate
dagli impianti tradizionali presentano una richiesta residua d’ossigeno che può
portare all’eutrofizzazione dei corpi idrici superficiali, gli impianti di
37
fitodepurazione impiegati nella fase di post-depurazione possono garantire una
migliore qualità dell’effluente già con un dimensionamento dei bacini di 5
m2/A.E.. Visto l’alto costo degli interventi di adeguamento degli impianti
preesistenti, per l’abbattimento dell’azoto in insediamenti di piccole dimensioni
risulta più conveniente orientarsi verso l’adozione di sistemi basati sui processi
autodepurativi naturali delle piante.
Flow-form: sono costituite da elementi conformati a lemniscata, di materiale
diverso, con dimensioni che singolarmente vanno dai 50 cm. ai 2 m. e che,
disposti in serie più o meno lunga, fungono da canale di scorrimento dell’acqua
alla quale inducono, per la loro sinuosità, movimenti cadenzati ad “otto” che
favoriscono l’ossigenazione. In questa maniera si favoriscono i processi biologici
necessari ad effettuare la purificazione dell’acqua.
d. Sistemi a flusso sub-superficiale orizzontale (H-SFS) e verticale (V-SFS)
Sono quelli con maggiori applicazioni per trattamenti secondari, sia per gli spazi
più limitati che occupano rispetto ai precedenti che per la loro efficienza ed
adattabilità: infatti l’efficienza depurativa è abbastanza costante durante l’anno
dato che i processi depurativi avvengono a livello dell’apparato radicale
sommerso, il quale perciò non risente delle variazioni climatiche esterne.
Consistono in bacini naturalmente impermeabili o resi tali, con un substrato di
materiale inerte ove vengono piantumate macrofite radicate emergenti.
Il principio utilizza la capacità delle piante degli ambienti umidi di trasferire
l’ossigeno dalle parti aeree a quelle sommerse: l’ossigeno atmosferico assunto
dalle foglie e dagli steli viene trasferito e rilasciato a livello della rizosfera
creando, nel medium anaerobico, delle piccole zone aerobiche, condizione
indispensabile per quei batteri che necessitano di ossigeno per la loro attività.
Si stima che le macrofite possano trasferire da 5 a 45 g. di ossigeno per giorno per
metro quadrato di superficie umida a seconda della densità delle piante, della
richiesta di ossigeno da parte del suolo saturo e delle caratteristiche di
permeabilità delle radici. Si può utilizzare Typha latifoglia, a crescita rapida ed
ampia tolleranza per i metalli, con penetrazione nel terreno sino a 0,3-0,4 m., ma il
vegetale più utilizzato in Europa è il Phragmites australis, una specie molto
diffusa con ampia tolleranza alle condizioni climatiche, dovuta alla molteplicità
38
dei suoi biotipi. Quest’ultimo ha una crescita molto rapida ed una penetrazione
radicale di 0,6 m. nel medium in cui viene immesso, non viene attaccato da ratti e
nutrie e possiede un’elevata capacità di trasferimento dell’ossigeno dalle parti
aeree alle parti sommerse, il che favorisce i processi di nitrificazione. Il suo
insediamento può avvenire per semina, trapianto di piccole piantine, trapianto con
talee o interramento di rizomi, ma quest’ultimo sembra il metodo più idoneo,
ricorrendo sia a vegetazione spontanea che di vivaio.
L’assorbimento dei nutrienti avviene in maniera preponderante nella rizosfera,
permettendo di evitare la rimozione periodica della vegetazione, consentendo una
manutenzione più agevole.
La rimozione di BOD, COD, SST e carica batterica è maggiore del 90% (valore
medio perché si riscontrano molte oscillazioni). La rimozione di azoto e fosforo in
alcuni casi va oltre il 90%, ma in generale vi è incertezza sul rendimento di
abbattimento. I tempi di ritenzione idraulica variano da 4 a 15 giorni.
Vantaggi
•
Sono i sistemi più diffusi nel nostro Paese, rappresentando attualmente la
maggior parte degli impianti esistenti.
•
Rispetto ai sistemi precedenti, necessitano di minori superfici per unità di
refluo da depurare, in quanto il substrato di riempimento aumenta la
superficie attiva di depurazione.
•
Hanno impatto igienico-sanitario nullo o limitato per l’assenza di un
contatto tra il refluo e l’ambiente esterno; infatti grazie allo scorrimento
sommerso del refluo, è completamente eliminato il problema dei cattivi
odori e degli insetti a rischio sanitario.
•
Si utilizzano specie vegetali tipiche delle nostre latitudini.
I sistemi a flusso sub-superficiale, in base ai principi di funzionamento che li
caratterizzano, possono operare a flusso orizzontale o a flusso verticale.
Per entrambe le tipologie, a livello progettuale occorre tener conto di:
•
carico idraulico;
•
caratteristiche del refluo;
•
superfici disponibili;
•
condizioni climatiche;
•
distanza dalle abitazioni.
39
d.1 Sistemi a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) (Fig. 4)
Il refluo da trattare, dopo un pretrattamento per ottimizzare i rendimenti di
depurazione e limitare l’impiego di superfici (vasca Imhoff ed eventualmente
grigliatura), attraversa orizzontalmente il medium di crescita della vegetazione
emergente in modo che la zona subsuperficiale si mantenga satura e non si abbia
scorrimento superficiale. Il medium è costituito da sabbia, ghiaia e roccia
preferibilmente locali, svolge azione di filtrazione meccanica e costituisce, con
l’apparato radicale delle macrofite, il substrato per l’adesione della pellicola
biologica (batteri, funghi, protozoi), responsabile della depurazione biologica. La
superficie dei letti deve essere perfettamente piana, mentre il fondo deve avere
una leggera pendenza, che non superi l’1%, per favorire il deflusso; la profondità
del substrato inerte deve essere 50 cm.
La superficie indicata per applicazioni non stagionali è di 4,5 m2/A.E. e per
applicazioni prevalentemente estive di 3,5 m2/A.E.
Questo sistema determina un impatto ambientale ed igienico-sanitario nullo,
perché non si ha scorrimento in superficie del liquame da depurare; richiede
un’area di utilizzo inferiore rispetto ai sistemi FWS (a flusso superficiale) in
quanto la presenza del medium attraverso cui passa il refluo aumenta la superficie
utile per i processi depurativi; richiede una gestione ed una manutenzione
estremamente ridotte e l’efficienza depurativa è costante tutto l’anno.
L’abbattimento del BOD5 è dovuto principalmente a processi di filtrazione a
carico del medium ed alla decomposizione da parte dei microrganismi adesi ai
rizomi ed alle radici delle piante. L’efficienza di rimozione dei solidi sospesi è
dovuta al processo di filtrazione da parte del medium ed avviene in misura
maggiore in prossimità del punto di immissione dello scarico.
La rimozione dell’azoto avviene in parte per assunzione da parte delle macrofite
(10-16 %), ma soprattutto per un processo di nitrificazione nei micrositi aerobici
adiacenti alla superficie radicale, seguita da un processo di denitrificazione nello
spessore del medium in cui vi sono condizioni di anaerobiosi.
La rimozione del fosforo avviene per processi di adsorbimento, complessazione e
precipitazione a carico del medium ed in minima parte per assunzione da parte
delle macrofite.
La rimozione dei batteri, estremamente efficace, sembra derivi dal continuo
passaggio attraverso micrositi aerobici ed anaerobici nella rizosfera, il che
40
comporta uno stress per i microrganismi non metabolicamente adatti a tenori
diversi di ossigeno.
Vantaggi
Sono sistemi utilizzati in diversi contesti.
Svantaggi
•
Risentono delle variazioni climatiche stagionali a causa della riduzione
dell’attività vegetativa delle piante durante i mesi invernali; ne consegue
una riduzione dell’apporto di ossigeno e una diminuzione dell’attività
batterica.
•
Sebbene le aree impegnate siano inferiori rispetto ai sistemi a flusso
superficiale, sono necessari fino a 5 m2 di superficie per abitante
equivalente in funzione delle caratteristiche ambientali del sito.
Campi di applicazione: gli impianti di fitodepurazione a flusso orizzontale
possono essere utilizzati per:
•
la depurazione secondaria dei reflui di origine civile (in alcuni casi anche
di origine industriale), anche in contesti urbani senza che intervengano
situazioni critiche per la popolazione;
•
la depurazione degli scarichi di case isolate, in quanto possono essere
agevolmente frazionati senza che questo influisca sull’efficienza
depurativa dell’impianto stesso;
•
i processi di affinamento di acque reflue a valle di impianti biologici per
la rimozione del fosforo;
•
la depurazione di utenze a forte fluttuazione stagionale, laddove le punte
di carico organico e/o idraulico si presentino in periodo di massima
attività vegetativa (tarda primavera,estate).
41
Fig.4: Schema di un sistema subsuperficiale a flusso orizzontale con macrofite
radicate emergenti; la specie illustrata è la cannuccia di palude (Phragmites
australis).
Un esempio di applicazione: Lugo di Baiso (RE).
Tratta una quantità di reflui corrispondenti a 50 A.E.(abitanti equivalenti) ed il
pretrattamento è effettuato da una vasca Imhoff .
E’ un impianto sperimentale, nel quale sono state realizzate due vasche di
fitodepurazione, con una pendenza dell’1%, impermeabilizzate con tessuto non
tessuto, riempite con materiale inerte e piantumate con Phragmites (4-5 rizomi/m2
alla profondità di 20-30 cm.).
Il livello idraulico viene regolato in pozzetti a valle di ogni vasca.
Si prevede il rinnovo del materiale di riempimento ogni 15-20 anni.
L’efficienza di rimozione degli inquinanti risulta elevata:
Parametro
Efficienza di rimozione (%)
BOD5
90 in estate, 60-70 in inverno
SS
90
Batteri
90 – 99
N e P (azoto e fosforo)
varia, ma può arrivare al 90
42
Rientrano tra le applicazioni a flusso orizzontale:
•
metodo rootzone;
•
sistema M.P.I..
Metodo rootzone: si utilizzano quasi esclusivamente canneti semplici. Le piante
non hanno funzione attiva nel processo di depurazione, ma creano, attraverso le
proprie radici, le condizioni affinchè questo avvenga. Le piante trasportano
l’ossigeno alle radici creando un ambiente aerobico/anaerobico nel terreno (lo
strato più superficiale è saturo d’acqua e privo d’ossigeno).
Lo scopo di questo sistema è di favorire, con la vicinanza tra ambienti aerobici ed
anaerobici, sia l’abbattimento del materiale organico che i processi di
nitrificazione e denitrificazione e di portare alla ritenzione del fosforo. Vi sono
anche reazioni chimiche e fisiche nel terreno che contribuiscono all’eliminazione
dei metalli pesanti.
Un impianto di questo tipo è di solito costituito da uno o più bacini impermeabili
sia sulle pareti che sul fondale, profondi circa 2 m., in cui si gettano strati di
argilla, sabbia, ghiaia e si pianta la vegetazione di giunchi e canneti. Trascorsi 3 o
4 anni dalla piantumazione, l’impianto raggiunge la massima efficacia, per
garantire la quale è necessario che vi sia luce e che la temperatura non scenda
sotto i 10°C.
A differenza del metodo M.P.I. (che vedremo in seguito), in questo caso le piante
non vengono tagliate periodicamente.
Sistema M.P.I. (Max Planck Institute): sfrutta la capacità delle piante di separare
le diverse sostanze durante l’assorbimento e la loro capacità di creare nelle radici
un ambiente chimico che contribuisce ad eliminare i batteri pericolosi. Il sistema
si basa su un substrato di sabbia ghiaiosa che assorbe poche sostanze nutritive e
necessita della raccolta della vegetazione in modo che i nutrienti vengano
eliminati.
Nel caso in cui il sistema venga sviluppato in associazione con il metodo
Rootzone, viene catalogato con la denominazione: Reed bed treatment system.
Un impianto di questo tipo è costituito da uno o più bacini profondi circa 2 m.,
con pareti e fondale impermeabilizzati, riempiti di strati di argilla, sabbia, ghiaia e
piantumati con vegetazione di giunchi e canneti.
43
d.2 Sistemi a flusso subsuperficiale verticale (V-SFS) (Fig.5).
Sono schematicamente costituiti da una vasca di sedimentazione primaria, da una
vasca di equalizzazione delle portate giornaliere influenti e dall’impianto di
fitodepurazione. La superficie deve essere orizzontale, perfettamente piana e il
fondo impermeabile. La profondità del substrato inerte deve essere circa 80 cm e
la granulometria del medium deve presentare un gradiente verticale. Il sistema
viene alimentato in modo discontinuo (pompe o sistemi a sifone). Le superfici
minime sono di 2,5 m2 /A.E. per applicazioni non stagionali e di 2,0 m2 /A.E. per
applicazioni estive.
Prevedono un’irrigazione intermittente del suolo artificiale, che porta ad un
costante ricambio dei gas presenti nel suolo stesso. La permeabilità del substrato
garantisce una costante aerazione rispetto alla fitodepurazione orizzontale, nonché
un’elevata ossidazione e degradazione della sostanza organica e degli inquinanti
anche nel periodo invernale. La presenza delle piante consente di proteggere le
acque dalle basse temperature invernali (elevata efficienza depurativa anche con
temperature esterne di -10 °C), di assorbire dal suolo le sostanze minerali rese
disponibili nel corso del processo di degradazione microbica e di assicurare
mediante il sistema radicale una microfauna batterica con maggiore spettro di
azione, arricchendo in questo modo le capacità di degradazione e rimozione degli
inquinanti del sistema.
Il refluo scorre superficialmente e viene distribuito sulla superficie del medium,
quindi filtra gradatamente verso il fondo delle vasche dove viene raccolto da delle
tubature; lo svuotamento progressivo permette all’aria di infiltrarsi negli interstizi,
il riempimento successivo intrappola l’aria e la spinge in profondità, permettendo
in questo modo un’elevata ossigenazione anche nel periodo del riposo vegetativo.
La purificazione avviene principalmente grazie al terreno, il ruolo delle piante è di
preservare la capacità infiltrativa.
Vantaggi
Questi sistemi, rispetto a quelli a flusso orizzontale, consentono:
•
un minor uso di superficie;
•
rese più costanti nell’arco dell’anno, in quanto meno sensibili alle
variazioni climatiche;
•
una maggiore scelta tra le specie vegetali, aumentando in tal modo le
possibilità applicative della fitodepurazione.
44
Campi di applicazione
La fitodepurazione a flusso verticale può essere applicata in contesti molto diversi
che comprendono:
•
la depurazione a livello secondario, in sostituzione degli impianti biologici
tradizionali, o terziario per affinare la capacità degli impianti esistenti nella
rimozione dei nutrienti (agenti eutrofizzanti);
•
il trattamento delle acque reflue prima dello scarico delle stesse
nell’ambiente oppure finalizzato al riciclo o riuso delle acque nei cicli
produttivi;
•
il trattamento di diverse tipologie di refluo (urbano, civile, industriale,
agroindustriale e zootecnico) e con potenzialità di impianto molto
variabili.
Fig.5: Schema di sistema a flusso subsuperficiale verticale (percolazione) con
macrofite radicate emergenti; la specie illustrata è la cannuccia di palude
(Phragmites australis).
La tecnica principale appartenente a questa categoria è:
Vassoio d’infiltrazione: è preceduto da una grigliatura grossolana in apposito
pozzetto, alla quale segue una fase di decantazione in una fossa Imhoff ed un
eventuale ulteriore pozzetto riempito di materiale inerte per ottenere una prima
filtrazione biologica. Si può interporre tra l’impianto e le vasche di pretrattamento
un altro pozzetto che consenta lo smaltimento del troppo pieno e dal quale si
possano effettuare prelievi di controllo.
45
Per la realizzazione occorre uno scavo di circa 1 m. di profondità per accogliere il
vassoio assorbente. Questo a sua volta è composto, in sezione, da un letto di
sabbia di 10 cm., da una guaina (tipo HDPE) per garantire l’impermeabilizzazione
interposta tra due strati di tessuto non tessuto, da uno strato di materiale di
riempimento a granulometria fine di 10 cm. di spessore e da uno strato di ghiaie di
diversa granulometria per uno spessore complessivo di 70 cm..
Nel caso di trattamento di reflui di origine domestica provenienti da singole
abitazioni, l’impermeabilizzazione è ottenibile impiegando uno strato di argilla di
50-70 cm. di spessore.
Alle estremità del vassoio si realizzano due vespai di 1 m. di lunghezza
utilizzando ciottoli di 7-10 cm..
Il “tubo a pioggia” che garantisce una ripartizione omogenea del refluo sul
vassoio è posto ad una profondità di circa 30 cm. per evitare la formazione di
cattivi odori.
E’ necessario scegliere un’adeguata essenza arborea da piantumare all’interno del
vassoio: i risultati migliori derivano dall’adozione di canne del tipo Phragmites in
numero di 4-5 rizomi a m2. Le canne hanno la funzione di trasmettere l’ossigeno
dall’apparato fogliare alla radice garantendo così un microambiente aerobico
intorno alle radici. Nelle fasce laterali del vassoio si potrà prevedere la
piantumazione di specie officinali e/o arbustive.
Il rapporto lunghezza/larghezza del vassoio varia tra 0,4-3 e la superficie richiesta
per la sua realizzazione è di 2-3 m2/abitante.
Esso ha una durata teorica di 10-15 anni circa, dopo i quali il materiale inerte va
sostituito o lavato ed essiccato.
All’uscita del vassoio è bene porre dei percorsi sinuosi (tipo flow-form) per
favorire l’ossigenazione delle acque, che contribuiscono a completare più
efficacemente il ciclo depurativo. Quando questo è ultimato le acque vanno
convogliate in fossi o canali esistenti, i quali possibilmente siano stati sottoposti a
processi di rinaturazione per ottenere un ulteriore fitoassorbimento.
Le percentuali di rimozione degli inquinanti sono elevate.
46
In un sistema di fitodepurazione a flusso verticale di acque miste sito nel comune
di Gorizia, in funzione dal 1995, si sono registrati questi valori:
Parametro
Efficienza di rimozione (%)
BOD5
90
COD
65
N-NH4+ (azoto ammoniacale)
60
N totale
75
P
90
Coliformi totali
>99
Coliformi fecali
>99
Linee Guida per la progettazione degli impianti di fitodepurazione
Il gruppo di lavoro ANDIS, alla luce delle indicazioni del Decreto Legislativo
152/99 e successive modifiche, ha proposto linee guida utili per scelte applicative
e dimensionamento di impianti di fitodepurazione a flusso superficiale e
subsuperficiale alimentati con acque pretrattate, con una copertura superficiale
vegetale costituita prevalentemente da macrofite radicate.
Tali linee guida sono relative al trattamento delle sole acque domestiche e
assimilabili, per scarichi di potenzialità inferiore a 1.000 A.E..
Senza entrare nei dettagli tecnici, se ne riporta una breve sintesi.
Caratteristiche dei siti idonei alla collocazione
di
questi
sistemi
di
fitodepurazione:
•
distanza dalle abitazioni non inferiore a 50 m (tranne che per impianti al
servizio di singole abitazioni);
•
possibilità di accesso per la manutenzione e la rimozione dei fanghi;
•
microclima favorevole;
•
pendenza del terreno compatibile con l’allocazione;
•
impermeabilizzazione
naturale
un’impermeabilizzazione artificiale).
47
(si
ricorre
altrimenti
ad
Se non è presente impermeabilizzazione naturale (almeno 60 cm di argilla), si può
ricorrere a vasche prefabbricate in plastica, vasche in cemento armato o teli
impermeabili di spessore pari a 1 mm.
Il vegetale più utilizzato nei trattamenti a macrofite radicate è la cannuccia di
palude (Phragmites australis), ma possono essere utilizzati anche la mazza di
tamburo (Typha latifolia), il giunco palustre (Scirpus lacustris) ed altre essenze,
delle quali però esistono poche informazioni sull’efficienza di depurazione.
Le migliori tecniche per l’impianto della cannuccia di palude sono rappresentate
dal trapianto di piantine con pani di terra (in primavera, 3-4 piantine/m2 ) e
dall’interramento di cespi (= 2/m2 ) o rizomi (= 4/m2) in autunno.
Nella progettazione occorre tener conto del carico idraulico (200 l/g per A.E.) e
del carico di inquinanti dopo pretrattamento e, soprattutto ove vi siano problemi di
siccità, è necessaria una valutazione del bilancio idrico per garantire la
sopravvivenza delle piante.
La gestione e la manutenzione comportano quanto è di seguito schematizzato:
Operazioni
Frequenza minima proposta
Controllo del sistema di distribuzione
Quindicinale
Controllo del sistema di raccolta e
Quindicinale
scarico
Controllo del livello idrico nei bacini
Quindicinale
(Sistemi H-SFS)
Verifica della funzionalità di eventuali
Quindicinale
apparecchiature elettromeccaniche
Controllo della corretta funzionalità dei
Quindicinale
pretrattamenti
Controllo del livello di fango nel
Trimestrale
trattamento primario per decidere la
sua rimozione
Eventuale taglio della vegetazione
(solo nei sistemi FWS)
48
Annuale
2.3.1.2 Living Machine
Il sistema consiste in una depurazione per fasi, sfruttando le capacità della fauna e
della flora acquatica di nutrirsi delle sostanze contenute nelle acque di scarico.
Il refluo viene raccolto in una vasca di accumulo dalla quale, per tracimazione
riempie un serbatoio anaerobico, che, conformato con setti “a pettine”, consente
una continua agitazione del liquido. Una pompa sommersa, posta nel fondo della
vasca anaerobica, assicura il completo ricircolo del refluo, rendendone possibile il
passaggio attraverso corpi di riempimento per esaltare la flora batterica.
L’eliminazione dei sali minerali (mineralizzazione della sostanza organica)
prodotti durante il processo depurativo anaerobico, è ottenibile sia realizzando una
vasca aerobica simile a quella anaerobica, dove vi sono piante ornamentali, sia
ricorrendo ad un vassoio subsuperficiale da inserire dopo il processo anaerobico.
Questi impianti acquatici dove il refluo viene usato direttamente come substrato
per la coltivazione di piante e come habitat per animali, rappresentano
un’alternativa per il trattamento delle acque fognarie nelle abitazioni sfruttando,
come elementi di arredo, cilindri traslucidi collegati in modo che l’acqua possa
fluire tra loro ed ospitanti una vegetazione che risulti anche gradevole alla vista.
Nel caso di piccole comunità che non superino le 100 persone, esistono impianti a
piccola scala in strutture coperte (tipo serra) realizzabili in legno e vetro, oppure
combinando una struttura di alluminio e pannelli di policarbonato a doppio strato.
L’uso di centraline fotovoltaiche per l’alimentazione delle pompe sommerse
contribuirebbe ad accrescere il grado di compatibilità ambientale di questo ciclo
depurativo, con produzione di acqua compatibile con l’irrigazione.
49
2.3.2 Tecniche basate sulle capacità depurative del terreno
Sono sistemi basati sull’infiltrazione nel suolo nel quale avvengono processi di
tipo meccanico (filtraggio), chimico (scambio di ioni) e biologico (tramite
l’azione svolta dalla microflora batterica).
Le tecniche principali appartenenti a questa categoria sono:
Infiltrazione nel terreno esistente: dopo una prima fase di sedimentazione, il refluo
viene raccolto in una fossa dalla quale è distribuito ai tubi di spargimento a
pioggia, disposti parallelamente ad una distanza di circa 1m. ed interrati
normalmente ad una profondità di 60 cm.; la loro lunghezza varia in funzione
della permeabilità del terreno.
Il refluo fuoriesce dai fori delle tubature per infiltrarsi nel terreno dove il processo
di depurazione ha luogo grazie all’azione dei microrganismi. Lo strato più
efficace ai fini depurativi è quello superficiale, dove funghi e batteri, utilizzando
le particelle organiche come nutrienti, concorrono alla loro eliminazione.
L’efficacia di questo trattamento dipende dalle caratteristiche del terreno, che può
essere più o meno adatto a ricevere l’acqua ed a farla filtrare. In media sono
necessari circa 5 m2/A.E. di terreno. Questa tecnica consente il trattamento di tutti
i tipi di reflui, in particolare di quelli di origine civile, senza richiedere consumo
energetico e comporta bassi costi realizzativi e gestionali. Gli svantaggi relativi al
suo impiego sono costituiti dall’impossibilità di recupero dei nutrienti e dal
sovraccarico di sostanze nel terreno nel lungo periodo, con conseguente pericolo
d’infiltrazioni nelle tubature ed inquinamento delle falde sotterranee.
Sistema a scorrimento superficiale: consente lo sfruttamento di suoli a bassa
permeabilità, scarsamente drenati. Consiste in un terreno, diviso in vari
terrazzamenti, con pendenza compresa tra il 2 ed il 6% alla cui sommità viene
applicato il flusso, raccolto alla base da un canale di collettamento. Si ottiene un
effluente di alta qualità anche su reflui che hanno subito solo trattamenti
meccanici. In Italia è usato soprattutto a valle di impianti biologici di depurazione
per i bassi costi di gestione e di investimento. Si raggiungono i seguenti
rendimenti di abbattimento: BOD 90-95%, solidi sospesi (SS) 90%, azoto (N)
varia da 20-30% fino a 80%, fosforo (P) varia da 20 a 60%.
50
2.3.3 Impianti Tecnologici
Sono sistemi adatti principalmente al trattamento di reflui civili ed acque grigie,
da considerarsi, a differenza degli altri visti in precedenza, come seminaturali.
Consistono in minidepuratori nei quali il sistema depurativo è di natura biologica:
questo assicura la trasformazione del materiale organico ed evita, come avviene
nel processo chimico, che gli inquinanti vengano spostati dal refluo ai fanghi.
Questi impianti presentano una grande efficacia depurativa, occupano poco spazio
e sono controllabili facilmente; consumano però energia e richiedono una costante
manutenzione.
Le metodologie più utilizzate sono le seguenti:
•
dischi biologici;
•
biofiltri;
•
minidepuratori con particelle di riempimento;
•
minidepuratori a fanghi attivi.
Dischi biologici: di norma posti a valle della sedimentazione primaria, consistono
in un tamburo rotante a bassa velocità (1-2 giri/min) semisommerso nel refluo da
depurare, contenuto in una vasca di cemento armato, acciaio rivestito o
vetroresina, a pianta rettangolare e sezione trasversa semicircolare o trapezoidale.
Il tamburo è formato da un certo n° di dischi di materiale plastico, montati su un
albero ed uniformemente spaziati tra loro. E’ prevista una copertura per evitare un
abbassamento della temperatura di esercizio nei periodi freddi e per la protezione
dei dischi dal dilavamento dovuto alle precipitazioni. Sulla superficie dei dischi si
forma una pellicola di microrganismi che assorbono i nutrienti. Durante la
rotazione questa pellicola si bagna ed arieggia alternativamente dando ai
microrganismi un alternarsi di condizione aerobica ad anaerobica. La biomassa
prodotta sui dischi si stacca ed in seguito viene raccolta nella vasca di
sedimentazione secondaria. Il rendimento è funzione della velocità di rimozione
del BOD, che dipende a sua volta dalla concentrazione di batteri e dal tempo di
contatto batteri-refluo.
51
Biofiltri: consistono in reattori a letto fisso completamente sommersi ed aerati, di
norma preceduti dalla sedimentazione primaria, dato che possono essere utilizzati
con concentrazioni di SS (solidi sospesi) in ingresso < 100 mg/l, per evitare
problemi di intasamento e riduzione d’efficienza. Il flusso di liquame può essere
discendente (dall’alto verso il basso), ascendente (dal basso verso l’alto) oppure
trasversale. Il flusso d’aria artificiale è sempre dal basso verso l’alto ed avviene
per insufflazione d’aria direttamente nel reattore, con una concentrazione di
ossigeno compresa tra 3 e 6 mgO2/l. I mezzi di riempimento, di materiale plastico
o lapideo, hanno dimensioni che variano da qualche cm. (per questi occorre una
periodica rimozione dei solidi tramite adeguati cicli di lavaggio) alla frazione di
mm. (per otteneere grandi superfici specifiche). L’altezza del mezzo filtrante
oscilla tra 1,8 e 4 m. in funzione della direzione del flusso e del tipo di
riempimento. Occorrono cicli di lavaggio per rimuovere i solidi accumulati (per
crescita batterica ed intrappolamento).
In alcuni casi si effettua il ricircolo dell’effluente per diluire il liquame in ingresso
ed ottenere una migliore miscelazione.
Minidepuratori con corpi di riempimento: sono composti da un pozzetto di
sedimentazione, un biofiltro ed un altro pozzetto. Il biofiltro è costituito da un
contenitore riempito di particelle di plastica, materiale inerte ed idrorepellente,
con un’ampia superficie di assorbimento. I batteri del refluo si fissano sulle
particelle formando piccoli ammassi di fango che poi cadono sul fondo. Tramite
una pompa l’acqua ripassa più volte attraverso questo biofiltro per favorire la
riduzione dei batteri. I fanghi vengono condotti al primo pozzetto per la
sedimentazione, mentre il refluo passa attraverso il secondo prima di subire un
processo di finissaggio in bacini o zone umide.
Minidepuratori a fanghi attivi: composti da cisterne in polietilene che possono
raggiungere i 15000 litri, il sistema si basa sull’azione dei batteri che svolgono
azione depurativa nella fase aerobica. A questa si alterna una fase anaerobica,
gestita da un programma computerizzato che assicura grande flessibilità, durante
la quale i fanghi si depositano sul fondo e l’acqua superficiale, depurata, viene
raccolta.
52
2.4 ESEMPI DI APPLICAZIONE DI PRINCIPI E
TECNOLOGIE PER IL RISPARMIO IDRICO IN AMBITO
EUROPEO
2.4.1 SARAGOZZA (SPAGNA)
Introduzione
Il fenomeno della carenza d’acqua, che in Spagna interessa milioni di persone, è
dovuto in parte alle scarse precipitazioni e in larga misura a una cultura di spreco
dell’acqua, tant’è vero che negli ultimi anni la pioggia caduta è scesa del 10%,
mentre il consumo è aumentato del 20%.
Nel 1995 in Spagna 11 milioni di cittadini erano quotidianamente soggetti a
limitazioni del consumo idrico. Inoltre sussisteva un triplice paradosso: la Spagna
era il terzo paese del mondo per il consumo idrico per abitante, l’acqua
scarseggiava e il suo costo era molto basso.
Descrizione del problema
La cultura dello spreco dell’acqua si inseriva in questa situazione: inesistenza di
una normativa che favorisse il risparmio, politica istituzionale basata sull’aumento
dell’offerta, disconoscimento dell’esistenza di tecnologie che permettono un uso
più efficace dell’acqua nelle abitazioni (un’indagine effettuata a Saragozza prima
dell’avvio della campagna ha dimostrato che il 60% degli intervistati non
ricordava o conosceva gli accorgimenti che permettono di ridurre il consumo
domestico di acqua), scarsa valorizzazione di questa risorsa da parte dei cittadini,
tendenze allo spreco nell’uso quotidiano.
Soluzione tecnica
Lo scopo del progetto era promuovere una nuova cultura dell’acqua con una
gestione razionale di questa risorsa naturale.
L’obiettivo consisteva nel fare risparmiare a Saragozza 1 miliardo di litri d’acqua
per uso domestico nell’arco di un anno. Per conseguire tale obiettivo era
necessario: sollecitare presso i consumatori la domanda di tecnologia che permette
53
di risparmiare acqua, stimolare il mercato che offre tale tecnologia nonché
formare e informare i cittadini in merito.
Prima di avviare la campagna è stata constatata un’incongruenza tra la tecnologia
disponibile sul mercato e quella installata nelle case. Quest’ultima era
responsabile di sprechi, mentre il mercato offriva un’ampia gamma di prodotti e
dispositivi per il risparmio idrico non richiesti. Il fronte dell’offerta sosteneva che
c’era una domanda specifica di prodotti atti a limitare il consumo idrico, mentre
quello della domanda asseriva di non conoscerli.
Per far evolvere la situazione, si è deciso di promuovere la conoscenza dei
prodotti che consentono di limitare il consumo di acqua e di incoraggiarne l’uso
mediante una campagna di informazione e sensibilizzazione.
Per riuscire a risparmiare 1 miliardo di litri di acqua, sono state definite sei linee
strategiche di risparmio:
•
acquisto di nuove attrezzature sanitarie (wc, rubinetti, docce ecc.) a basso
consumo idrico;
•
installazione di dispositivi di limitazione del consumo idrico nei vecchi
sanitari;
•
acquisto di elettrodomestici a basso consumo (lavatrici e lavastoviglie);
•
introduzione a domicilio di contatori individuali per l’acqua calda;
•
qualsiasi altra misura, dispositivo o attrezzatura a fini di risparmio
(riparazione di perdite, riciclaggio dell’acqua domestica ecc.);
•
modifica delle abitudini legate al consumo dell’acqua.
Inoltre, trattandosi di coinvolgere tutti i protagonisti determinanti della cultura
dell’acqua, sono state identificate diverse categorie di pubblico con cui
collaborare: professionisti del settore, grandi consumatori, pubblico infantile e
giovanile nonché pubblico in generale.
Il progetto è stato suddiviso in due fasi ben differenziate.
Nel febbraio 1997 è cominciata la fase di preparazione, in cui si è configurata la
struttura di partecipazione (soci promotori, patrocinatore, imprese promotrici ed
enti collaboratori iniziali). Durante questa tappa si è privilegiato in modo
particolare il gruppo di professionisti del settore, per convincerli a partecipare
attivamente alla campagna.
54
Nell’ottobre 1997 si è passati alla fase di esecuzione, durante la quale sono state
realizzate azioni specifiche, mirate alle varie categorie di pubblico. È iniziata la
diffusione della documentazione pubblicitaria, assicurata per un mese dai vari
mezzi di comunicazione (televisione, radio, stampa, espositori commerciali,
opuscoli, adesivi, manifesti, cartelloni pubblicitari ecc.).
La campagna si è conclusa il 25 gennaio 1999 con lo svolgimento dell’incontro
internazionale sull’uso efficiente dell’acqua nelle città.
Risultati e impatto
Durante la campagna sono stati consumati 1 miliardo 176 milioni di litri di acqua
in meno rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente.
Sono stati conclusi accordi di collaborazione con 150 enti cittadini; vi hanno
partecipato 183 istituti scolastici, 474 insegnanti e 70.000 alunni.
Il comune di Saragozza ha deciso di varare un piano cittadino di risparmio idrico.
Oltre 140 esercizi ora commercializzano prodotti che permettono di risparmiare
acqua. Il 65% dei negozi che vendono apparecchiature sanitarie, rubinetteria,
elettrodomestici e installano contatori hanno partecipato attivamente al progetto.
La vendita di elettrodomestici a basso consumo idrico è aumentata del 15%, il
numero di contatori individuali è stato quadruplicato e quello della rubinetteria
efficiente moltiplicato per sei.
In 3.990 abitazioni della città sono stati installati dispositivi tecnologici di
limitazione del consumo durante l’anno di svolgimento del progetto.
Durante il medesimo anno, 300.000 cittadini (la metà degli abitanti della città)
hanno adottato nelle loro case abitudini volte a ridurre il consumo d’acqua.
Prima dell’inizio della campagna, quasi il 60 % della cittadinanza non conosceva
alcun accorgimento in tal senso; alla fine, solo un 28 % non era a conoscenza di
tali misure. Il progetto ha goduto di un’ampia diffusione, sia a livello nazionale
che internazionale.
55
2.4.2 FRANCOFORTE (GERMANIA)
Introduzione
Nel 1992, a causa di vari problemi ambientali, il Comune di Francoforte sul Meno
ha avviato una campagna per il risparmio idrico. In totale, la domanda d’acqua
della città è scesa da 63 milioni di metri cubi nel 1990 a meno di 46 milioni di
metri cubi (-26%) nel 2001. Il risultato della campagna è stato possibile grazie a
varie misure:
•
una campagna di sensibilizzazione dei cittadini che dimostrava le
conseguenze di un uso abbondante dell’acqua;
•
il finanziamento di progetti di risparmio idrico nel settore industriale,
commerciale e pubblico;
•
l’offerta di un servizio per l’istallazione di dispositivi di risparmio d’acqua
nelle case private.
La campagna per la conservazione dell’acqua cominciò dopo che il governo di
Assia aveva annunciato lo “stato d’emergenza’ del rifornimento idrico nel 1992.
Il motivo era un abbassamento significativo dei livelli delle acque freatiche in
alcune zone di rifornimento idrico intorno alla città.
Durante lo “stato di
emergenza” era proibito lavare le auto, irrigare i prati e praticare altri usi
dispendiosi d’acqua.
Per finanziare un programma di sovvenzioni per misure di risparmio idrico il
governo regionale ha stabilito un’imposta di 0,25 euro per metro cubo.
All’inizio il settore industriale ha protestato contro l’imposta, ma in seguito ha
fatto uso del programma per finanziare progetti di risparmio d’acqua che hanno
avuto come risultato una riduzione significativa del consumo di acqua potabile
(per esempio la sostituzione di acqua potabile con acqua piovana per impianti di
lavaggio, servizi igienici, refrigerazione ed altri usi industriali).
56
Sviluppo del consumo di acqua
Tra il 1960 e il 1980 la domanda per l’acqua è quasi raddoppiata nella Repubblica
Federale tedesca. Nel decennio successivo si è vista una stagnazione ad un alto
livello. La situazione era simile nella Ex-Repubblica Democratica Tedesca.
Il consumo dell’acqua comincia a diminuire dal 1990.
Mentre il consumo nel settore industriale ha visto una riduzione continua dal
1980, il consumo nei settori “cittadini e piccolo commercio” e “uso/servizio
pubblico” è rimasto costante fino al 1991 prima di diminuire.
Ci sono stati alcuni cambiamenti strutturali, l’industria non è più il principale
settore nella città di Francoforte.
L’effetto di questi cambiamenti sulla domanda idrica non è facilmente
quantificabile. Il grafico che segue mostra la situazione in Germania in paragone a
quella di Francoforte.
Diminuzione del consumo d'acqua,
Francoforte vs Germania
0%
-5%
-10%
-15%
Germania
-20%
Francoforte
1998
1997
1996
1995
1994
1992
1993
1991
-25%
Rispetto al 1990 il consumo d’acqua è sceso in tutta la Germania, ma a partire dal
1995 la quota di riduzione era più alta a Francoforte che non nel resto del paese.
Analizzando queste cifre vanno prese in considerazione le specificità strutturali
del luogo.
In una città come Francoforte il settore terziario è dominante. Circa 300.000
pendolari vengono nella città ogni giorno. Per capire il vero successo della
campagna per il risparmio idrico si deve guardare il settore “cittadini e piccolo
57
commercio”: a Francoforte questo settore è responsabile per il 71% del consumo
totale.
A partire dal 1990 c’è stata una diminuzione del 18% a Francoforte e del 8% in
Germania. Questo non riguarda la crescita della popolazione (quasi costante).
Mentre nella Germania a partire dal 1993 si verifica una stagnazione, la domanda
a Francoforte diminuisce, questo grazie soprattutto alla campagna per il risparmio
idrico.
Campagna di marketing “Meno”
La prima azione del Comune di Francoforte nella campagna per il risparmio idrico
è stata l’iniziativa di marketing “Meno”. Gli slogan erano del tipo “Sprecare
l’acqua non uccide solo l’ambiente naturale. Partecipa all’iniziativa ‘Io risparmio
acqua’” e venivano presentati su manifesti con animali e piante in estinzione.
Oltre a presentazioni nei mass media (cinema e radio, depliant) ed eventi pubblici,
è stato annunciato un premio annuale “risparmiatore d’acqua dell’anno”. Hanno
preso il premio banche, industrie, alberghi e persone private. Questa campagna ha
rafforzato l’opinione pubblica che, anche in un paese grande come la Germania,
l’acqua potabile è una risorsa preziosa. Una inchiesta dimostra che oggi nove
cittadini su dieci sono convinti che la conservazione dell’acqua è “importante” o
“molto importante”.
La campagna di sensibilizzazione è stata accompagnata dall’offerta di
informazioni tecniche dettagliate da parte del servizio idrico e dell’ufficio
ambiente.
Programma di sovvenzioni
Parallelamente alla campagna l’ufficio ambiente ha elaborato un programma di
contributi. Sono stati finanziati progetti di risparmio idrico, come per esempio
l’istallazione di contatori di consumo d’acqua insieme a dispositivi di risparmio
idrico in zone residenziali, edifici pubblici e piscine e la sostituzione di acqua
potabile con acqua piovana in case private.
Dal 1997 al 1999 il programma ha finanziato l’istallazione di 5.000 contatori
d’acqua.
58
Inoltre è stata creata una “Agenzia per l’acqua” con offerte speciali per business e
imprese (contributi dal 15 al 50%) e organizzazioni (contributo del 60%); il
programma in seguito è stato sospeso.
L’Agenzia per l’acqua ha sostenuto inoltre molti altri progetti.
Alcuni esempi:
•
Raffreddamento di macchine saldatrici con acqua piovana (risparmio
idrico 850 m3/a);
•
Riciclaggio di acqua di scarico industriale (risparmio idrico 44.000 m3/a);
•
Lavaggio di auto con acqua piovana (risparmio idrico 4.400 m3/a);
•
Impresa di lavorazione della pietra, uso di acqua piovana per la finitura
delle pietre (risparmio idrico 3.000 m3/a);
•
Lavanderia: sostituzione di acqua potabile con acqua freatica e istallazione
di un nuovo impianto di lavaggio (riduzione del 50% di acqua – 8 litri/kg,
capacità 2.200 kg/a; risparmio idrico 33.000 m3/a).
Servizio diretto di installazione
Sulla base dell’esperienza della campagna di sensibilizzazione il passo successivo
è stato l’offerta di un servizio diretto di istallazione di dispositivi di risparmio
idrico (aeratori, docce di flusso lento, tasti di risparmio per gli sciacquoni) da
parte dell’ufficio ambiente nelle abitazioni private. L’ufficio ambiente, in
collaborazione con una rivista consumatori e un istituto indipendente (LGA della
Baviera), ha fatto un test dei vari prodotti in commercio per selezionare i
dispositivi più efficaci per il risparmio idrico.
59
Nella tabella seguente sono indicati quelli usati nella campagna.
Descrizione
Aeratori
Criterio
Prodotti usati
Flusso mass. 6 l/min, Due aeratori: flusso 3 e 6
Rumore< 25 dB (A)
l/min
Miscelatori per la cucina Flusso mass. 8 l/min, Flusso 7 l/min
Rumore<25 dB (A)
Miscelatori per le docce
Flusso mass. 9 l/min, Due modelli: “comfort” e
Rumore<10 dB (A)
“standard”; flusso 8 e 4
l/min
Doccia a cornetta con
9 – 15 l/min
Regolabile
flusso regolabile
WC-Stop
Non
funzione
impedisce
del
la
serbatoio,
garantisce un flusso di 3
litri quando si preme il
bottone per 1 secondo
L’uso di queste tecniche ha ridotto la domanda quotidiana media a persona da 125
a 90 litri senza cambiamenti di comportamento, perché gli utenti non si sono
accorti dei dispositivi di risparmio idrico. Se ci fosse un piccolo cambiamento
comportamentale oltre l’acquisto di una lavatrice e una lavastoviglie a risparmio
idrico, sarebbe possibile il raggiungimento di un consumo di solo 60 litri al giorno
a persona.
L’ufficio ambiente offriva il servizio diretto di istallazione in collaborazione con
l’artigianato locale. Le abitazioni private pagavano solo per il prodotto, il
programma finanziava il servizio di istallazione. Per una abitazione media (2
persone, il prezzo dell’acqua potabile sommato alla tassa di depurazione pari a 4
euro/m3, più i costi di energia per l’acqua calda pari a 2 euro/m3) il periodo di
ammortamento per gli impianti di risparmio idrico è tra tre e sei mesi. Più di
15.000 case hanno fatto uso del servizio. Per accertare il successo della campagna
(che ora è terminata) è stato fatto un accordo speciale con gli artigiani locali.
60
Il loro compenso dipendeva in parte dal numero di abitazioni nelle quali
eseguivano l’istallazione: oltre le 7.500 abitazioni è stato pagato un bonus
crescente. Il risultato è stato che un 70% dei compensi pagati erano per le
istallazioni, un altro 30% erano dei bonus.
Grazie a quest’incentivazione l’interesse degli artigiani di trovare case disponibili
a farsi istallare gli impianti per il risparmio idrico era molto alto; hanno così
elaborato insieme all’ufficio ambiente una “strategia di escalation”:
1. Sulla base di una valutazione dei dati statistici sono stati selezionati dei
distretti con probabilità elevate di trovare persone disponibili ad aderire
alla campagna.
2. Come primo passo sono stati affissi dei manifesti per il servizio di
istallazione nei distretti individuati.
3. La campagna in seguito è stata allargata con lettere personali agli abitanti
dall’ufficio ambiente, con allegata una scheda che descriveva i servizi e i
dispositivi.
4. Gli artigiani hanno attivato un call center. Subito dopo la spedizione della
lettera per posta, i cittadini sono stati chiamati per fissare degli
appuntamenti per una consulenza sul risparmio d’acqua.
Più del 90% delle consultazioni hanno avuto come esito un’istallazione. Inoltre
c’era la possibilità di chiamare un numero verde per fissare un appuntamento con
gli idraulici. Un’altra possibilità per avere delle informazioni era tramite la pagina
web www.wassersparaktion.de o ancora attraverso un contatto via e-mail.
Conclusione
La riduzione della domanda d’acqua a Francoforte ha comportato un leggero
aumento del prezzo dell’acqua perché la tariffa è basata in gran parte su costi fissi.
Va però tenuto presente che coloro che hanno partecipato alla campagna hanno
potuto abbassare la bolletta per l’acqua del 20-30%. Il gestore dei servizi idrici ha
risparmiato perché non ha dovuto investire nell’esplorazione di nuove zone di
estrazione e la costruzione di nuovi pozzi.
Si è verificato che una campagna che mette insieme la sensibilizzazione, il
servizio diretto di istallazione e contributi ben definiti può essere molto efficiente
in termini di costi. Quest’esperienza può essere applicata anche in altre campagne
per il risparmio di risorse.
61
2.4.3 FRANCIA – RICICLAGGIO DI ACQUE FOGNARIE DEPURATE
Si riporta l’esempio di Saint-Mathieu-de-Travers, piccolo comune del
Dipartimento dell’Hérault situato lungo il fiume Lez su un suolo calcareo con
molte faglie, dallo stesso fiume la città di Montpellier preleva la sua acqua
potabile e quindi Saint-Mathieu non vi può immettere le sue acque di scarico.
Si è quindi studiata e trovata una soluzione per lo smaltimeto delle acque di
scarico, senza che l’ambiente ne risultasse danneggiato.
Le acque di scarico provenienti dai 6.000 abitanti del comune giungono in un
sistema di depurazione computerizzato. Qui ha luogo il primo trattamento: per
mezzo di una griglia i solidi grossolani vengono eliminati; dopo la dissabbiatura e
la disoleazione l’acqua giunge in una vasca di aerazione dove microrganismi
trasformano gli inquinanti in fango; in un’altra vasca, il fango sedimenta prima di
essere pompato e raccolto in un silo; l’acqua viene poi conservata in recipienti per
l’irrigazione.
L’idea innovativa sta nel fatto di utilizzare l’acqua raccolta in una apposita vasca
di stoccaggio per l’irrigazione di una pineta di sette ettari.
Secondo Michel Arnal, assessore della città, ciò presenta tre vantaggi:
1. i microrganismi decompongono l’inquinamento organico nel terreno;
2. i pini crescono più velocemente grazie all’acqua;
3. la stessa acqua previene gli incendi perché il suolo rimane sempre umido.
Tutti questi vantaggi mostrano che la stazione di depurazione di Saint-Mathieude-Trevers è molto efficiente.
62
2.4.4 GRAN BRETAGNA – TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI
SCARICO TRAMITE SISTEMA FOGNARIO CENTRALIZZATO
(LIVING MACHINE)
L’Earth Centre (un progetto per il millennio realizzato per la creazione di un
futuro verde e duraturo) si trova in un parco situato su due miniere di carbone in
disuso nel South Yorkshire.
Uno dei principali impianti nel terreno di 26 ettari è il sistema fognario
centralizzato Living Machine (Macchina vivente) per il trattamento delle acque di
scarico, che è essenzialmente un procedimento biologico.
Un sistema fognario conduce le acque di scarico in un serbatoio di equalizzazione
dove vengono raccolte durante le ore di punta . Successivamente le acque passano
attraverso una griglia che blocca le sostanze solide grossolane, e poi passano alla
prima fase della Living Machine, un serbatoio di fermentazione anaerobico in cui
il contenuto di carbonio delle acque di scarico diminuisce sensibilmente.
La seconda fase del trattamento avviene in serbatoi chiusi aerobici dove
l’ammoniaca viene trasformata in nitrato. Si introduce aria nelle acque di scarico,
che vengono condotte attraverso un filtro biologico per eliminare l’eccessivo
odore.
Le acque di scarico dei serbatoi giungono in una doppia fila di serbatoi di
aerazione aperti. Per mezzo di vasche di sedimentazione, la maggior parte delle
rimanenti sostanze solide viene eliminata e riportata indietro al serbatoio di
fermentazione anaerobico.
La fase finale della Living Machine è la disinfestazione a raggi ultravioletti, grazie
alla quale tutti i germi batterici vengono eliminati. Le acque di scarico ottenute
alla fine rispondono alle norme di scarico e vengono liberate nel fiume Don, le cui
acque vengono usate soprattutto per l’irrigazione.
63
2.4.5 APPLICAZIONI IN ITALIA
Si riportano sinteticamente e schematicamente di seguito alcuni esempi:
Esempi di separazione acque grigie/acque nere
Nelle abitazioni la composizione media degli scarichi è data da: 73% acque grigie,
27% acque nere, queste ultime sono composte inoltre da 1,4% di urine e da 0,2%
di materiale fecale.
Tramite la separazione degli scarichi delle due diverse tipologie di acque, queste
possono essere sottoposte ad un diverso trattamento depurativo: fitodepurazione
tramite lagunaggio per le acque grigie, trattamento biologico tradizionale per le
acque nere.
In tabella si riportano le differenti caratteristiche delle acque:
Parametri
Acque nere
Acque grigie
COD (Chemical Oxigen
60%
40%
Azoto
91%
9%
Agenti Patogeni
69%
31%
Demand)
Al camping “La Cava” di Poppi (AR) si è applicato il principio della separazione
delle acque grigie dalle acque nere per il trattamento degli scarichi corrispondenti
ad 80 A.E.(punta massima di abitanti equivalenti).
Per le acque nere (N) si adotta un percorso tradizionale: subiscono il primo
trattamento in una fossa settica Imhoff (I), passano poi in un pozzetto (P1), quindi
vengono convogliate in una vasca a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) per
la fitodepurazione (per evitare problemi di odori e di igiene), infine vengono
scaricate dopo essere passate in un altro pozzetto (P2) per l’ispezione ed il
controllo.
Per le acque grigie (G) il percorso è simile, con la differenza che inizialmente
vengono raccolte in uno sgrossatore (S), poi, dopo essere state trattate tramite il
sistema a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) di fitodepurazione, vengono
pompate (P) per essere riutilizzate (R) per gli sciacquoni dei WC.
64
Schema dell’impianto di fitodepurazione del camping “la Cava” – Poppi (AR)
N
P1
I
G
S
P1
scarico
H-SFS
P2
H-SFS
P2
P
R
Lo stesso principio ha ispirato l’amministrazione comunale di Ruvo di Puglia
(BA) per la realizzazione, in un quartiere, di un impianto che è costituito da due
linee di trattamento: una per le acque grigie ed una per le acque meteoriche.
Le fasi principali sono schematicamente descritte in figura.
La linea delle acque grigie (G) è composta da: pozzetto di raccolta (P), sistema
flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) e sistema a flusso superficiale (FWS).
La linea delle acque meteoriche provenienti dal piazzale (M P) è composta da:
disoleatore e sedimentatore (D-S) e sistema a flusso subsuperficiale orizzontale
(H-SFS); quella delle acque provenienti da tetti e terrazze (M T-T) confluisce
direttamente nel serbatoio d’accumulo.
Le tre linee confluiscono in un serbatoio d’accumulo per il riuso in subirrigazione,
irrigazione di aree verdi, lavaggio del piazzale, lavatrici e sciacquoni.
Tramite il sistema a flusso subsuperficiale orizzontale si elimina anche il
problema degli odori.
65
Schema dell’impianto allestito in un quartiere del comune di Ruvo di Puglia (BA)
G
M T-T
MP
P
H-SFS
D-S
FWS
H-SFS
SERBATOI DI ACCUMULO PER IL RIUSO
AREE VERDI
SUBIRRIGAZIONE
PIAZZALE
LAVATRICI
SCIACQUONI
FOGNATURA
Esempio di trattamento di acque meteoriche
L’impianto è stato realizzato nel 2001 nel comune di Rispescia (GR); è costituito
da un pozzetto di raccolta (P1) delle acque provenienti dai tetti e dal piazzale del
parcheggio, da questo vengono convogliate in una vasca di fitodepurazione a
flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS), quindi ad una a flusso superficiale
(FWS), infine giungono in un pozzetto di ispezione e controllo (P2).
Le acque trattate vengono riutilizzate a scopo irriguo.
P1
H-SFS
FWS
66
P2
3. AMBITO INDUSTRIALE
Nel settore industriale l’acqua viene utlizzata nei seguenti modi:
•
uso industriale (acqua industriale)
1. acqua di processo (materia prima)
2. agente meccanico (trasporto idraulico, idrodinamica, ..)
3. vettore termico (riscaldamento, refrigerazione)
•
uso potabile (servizi igienico-sanitari)
•
uso antincendio (di riserva in impianti antincendio ad acqua)
Alcuni esempi di consumi di acqua nell’industria sono di seguito elencati:
•
acqua industriale (consumi specifici per unità di prodotto, cifre indice)
1. centrale termoelettrica 180-350 l/kWh
2. motori a combustione interna (diesel) 30-40 l/kWh
3. stabilimento siderurgico (acciaio) 130-260 m3/t
4. zuccherificio (zucchero raffinato) 100-150 m3/t
5. cartiera (carta fine) 1400-3000 m3/t
6. lanificio (tessuto) 600-1000 m3/t
•
acqua potabile (per ogni dipendente) 50 l/g
Le industrie che utilizzano grandi quantità di acqua possono portare ad
esaurimento le risorse idriche locali, in particolare le acque sotterranee, con il
conseguente abbassamento della falda nonché l’infiltrazione di acqua salata negli
acquiferi costieri. Le vaste aree destinate a parcheggi, strade e altre infrastrutture
possono causare l’inquinamento sia delle acque superficiali che sotterranee e
provocare lo spargimento di acque meteoriche.
L’acqua è una risorsa preziosa e quindi da gestire con cautela con un programma
di tariffe tali da incoraggiarne il risparmio. In caso di carenza, le aree industriali
possono raccogliere le acque piovane dai tetti e dalle zone pavimentate e renderle
disponibili agli utenti.
In fase di progettazione gli edifici possono essere dotati di impianti di raccolta per
l’acqua piovana e le acque grigie. L’acqua piovana può essere utilizzata per lo
67
scarico dei servizi igienici e per il lavaggio dei pavimenti, mentre le acque grigie
possono essere utilizzate per l’irrigazione dei giardini.
Il gestore dell’area industriale può incoraggiare il risparmio idrico mediante
adeguate disposizioni. In tal modo è possibile ottimizzare l’uso delle risorse
idriche esistenti ed eliminare o ritardare la ricerca di nuove risorse.
L’insediamento deve essere dotato di sistema fognario o impianti settici di
contenimento per le acque reflue affinché queste ultime possano essere scaricate
nel rispetto dei limiti imposti dalla normativa sulle acque.
Se le acque di scarico sono esenti da sostanze tossiche, i fanghi possono essere
inviati al compostaggio e utilizzati come fertilizzanti.
3.1 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE RISORSE
IDRICHE NELLE NUOVE AREE INDUSTRIALI
Le zone umide, i laghi e le altre risorse naturali svolgono importanti funzioni
ecologiche che, a loro volta, comportano dei benefici economici. Le zone umide
ed i corsi d’acqua rappresentano un naturale sistema di controllo del livello idrico,
di drenaggio dell’acqua piovana e di filtrazione, oltre a costituire un habitat
naturale per la fauna e la flora selvatiche.
Qui di seguito sono riportate alcune prassi da adottare in fase di progettazione:
1. Individuare le zone umide ed i corsi d’acqua da proteggere. La protezione
dei corsi d’acqua può essere ottenuta mantenendo zone vegetative lungo di
essi.
2. Evitare il riporto di terra nelle zone umide ed evitare la modificazione dei
contorni delle piane alluvionali.
3. Limitare il numero di attraversamenti dei corsi d’acqua sia di strade sia di
servizi pubblici. Evitare che ingenti volumi d’acqua piovana si riversino
direttamente nei fiumi o nei mari, attraverso la creazione di bacini di
contenimento artificiali o l’incanalamento dell’acqua nelle zone umide.
4. Proteggere i sistemi idrici naturali nell’ambito del programma di controllo
dell’area di deflusso superficiale delle acque piovane.
68
3.1.1 APPROVVIGIONAMENTO IDRICO
Il consumo di acqua dell’infrastruttura dell’area e delle aziende ospitate può
essere facilmente ridotto grazie ad una buona pianificazione e progettazione. Se
un’area industriale gestisce il proprio sistema idrico, la conservazione dell’acqua
abbasserà ulteriormente i costi di esercizio e di manutenzione. In molti casi, il
costo della conservazione è inferiore a quello di sviluppo di altri progetti nel
settore idrico per l’ampliamento della rete di approvvigionamento.
Un programma integrato di gestione ambientale deve mirare a conservare e ad
usare efficientemente l’acqua, nonché a provvedere al suo riutilizzo.
Conservazione e consumo efficiente
•
Installare con cura e controllare regolarmente la rete idrica per ridurre al
minimo le perdite.
•
Incoraggiare le aziende dell’area ad adottare tecnologie per lo stoccaggio
dell’acqua, in modo da diminuire la quantità di acqua utilizzata
nell’industria.
•
Utilizzare piante resistenti che richiedono basse quantità di acqua nella
progettazione del paesaggio; spesso è più opportuno usare piante locali,
adatte al clima della zona.
Riutilizzo
In un’area industriale vi sono numerose opportunità che consentono di utilizzare e
riutilizzare l’acqua. La gestione dell’intero ciclo idrico di un’area industriale
consente di diversificare la tipologia dell’acqua a seconda dell’uso. Lowe, Moran
e Holmes (1996) identificano i seguenti standard di qualità dell’acqua:
•
acqua extra-pura (impiegata nella produzione di chip semiconduttori);
•
acqua di lavorazione (per la produzione ed il raffreddamento);
•
acqua potabile (ad uso delle cucine, dei bar e delle fontane);
•
acqua di risciacquo (per la pulizia dei camion usati per le consegne, dei
pavimenti e degli edifici);
•
acqua per l’irrigazione (di prati e di piante).
69
Qui di seguito sono elencate alcune opzioni per il riutilizzo dell’acqua all’interno
dell’area industriale:
•
Adottare la tecnica “A cascata”. Le acque reflue di un’azienda possono
essere riutilizzate per altre operazioni all’interno della stessa azienda o da
altre per la pulizia dei pavimenti o il lavaggio dei veicoli.
•
Spruzzare acqua sui tetti laddove il clima è caldo, per raffreddare gli
edifici e ridurre i costi del sistema di condizionamento dell’aria.
•
Irrigare usando acque reflue, acqua piovana o derivante dallo scioglimento
della neve. È tuttavia necessario verificare che queste non presentino
sostanze inquinanti pericolose prodotte dalle industrie.
•
Nelle regioni a clima secco, esaminare la possibilità di raccogliere l’acqua
piovana dai tetti o da terreni impervi (dove l’inquinamento atmosferico e
la contaminazione batterica non sono così gravi).
Al fine di mettere in pratica queste opzioni, i progettisti dovranno considerare la
realizzazione di sistemi di condutture diversi per i differenti tipi di acqua.
Tecnica a Cascata
Gli effluenti industriali trattati vengono reimpiegati per il raffreddamento
industriale, la pulizia dei pavimenti e lo scarico dei servizi igienici. L’uso di
questa tecnica è in crescita in numerosi settori: cartiere, tessile, chimico, della
plastica, della gomma, nelle acciaierie e nei cementifici.
Cisterne
Se paragonato a molte tecnologie moderne, il sistema delle cisterne è un semplice
e vecchio metodo per raccogliere e poi usare l’acqua. L’acqua piovana viene
raccolta dal tetto, messa in una cisterna e in seguito fatta defluire o pompata per
essere utilizzata dagli edifici o per la manutenzione delle aree verdi della zona.
Le coperture del tetto che meglio agevolano la raccolta dell’acqua sono: le tegole
in terracotta, lo stucco, i materiali da copertura in metallo verniciato (evitare il
metallo ricoperto di zinco) e le assicelle di copertura in legno non trattato o di
materiale composito. I tetti piatti fissati con vari tipi di catrame e prodotti
contenenti petrolio grezzo sono spesso non indicati per la raccolta dell’acqua. Un
70
tetto normale può trattenere una considerevole quantità di acqua, persino nelle
zone a clima arido; 5 centimetri di acqua piovana su di una superficie di 250 metri
quadri di tetto danno circa 125.000 litri di acqua di scolo.
3.1.2 TRATTAMENTO DEGLI EFFLUENTI
Nel trattamento delle acque reflue possono essere utilizzati metodi innovativi di
riciclaggio, i quali ad esempio, oltre a trattare acque reflue in modo che possano
essere riutilizzate in altri processi, possono assorbire sottoprodotti dalle altre
imprese dell’area oppure fornire fanghi per la fertilizzazione. Un progetto
integrato di gestione ambientale deve prevedere la conservazione e il riutilizzo
dell’acqua, l’installazione di comuni impianti per il trattamento degli effluenti
industriali e di sistemi per il recupero e la gestione dell’acqua piovana.
Riutilizzo degli effluenti
È possibile utilizzare gli effluenti per l’irrigazione, mentre l’acqua calda
proveniente da una centrale elettrica può trovare impiego nell’allevamento ittico o
nelle serre. Possono essere necessari studi per verificare la necessità di un
pretrattamento per rispettare le linee guida relative alla salvaguardia della salute,
della sicurezza e dell’ambiente.
E’ buona norma valutare la possibilità di riservare una zona specifica dell’area per
quelle industrie che utilizzano grandi quantitativi di acqua (separatamente dalle
zone destinate a magazzino, agli uffici o alle industrie caratterizzate dalla
lavorazione a secco). Tale operazione agevola il riutilizzo o riciclaggio degli
effluenti tra le aziende dell’area.
Impianto comune di trattamento degli effluenti
Tale servizio è vantaggioso nel caso di trattamento degli effluenti di grandi aree
industriali. Un impianto di trattamento viene realizzato per trattare volumi
considerevoli di effluenti omogenei, con risparmi in termini di costruzione,
esercizio e manutenzione dell’impianto.
Il raggruppamento di industrie che producono stesse tipologie di effluenti facilita
il trattamento specifico.
71
Un crescente numero di imprese e di aree industriali realizza zone umide artificiali
per il trattamento degli effluenti.
Le zone umide riescono a rimuovere una notevole quantità di sostanze nutritive, a
disintossicare i composti, a neutralizzare gli agenti patogeni e a produrre acqua
pulita. Inoltre, tali sistemi presentano costi d’investimento e di esercizio
relativamente bassi e risultano esteticamente piacevoli.
Occorre tuttavia prestare attenzione alla loro realizzazione, in quanto le zone
umide artificiali devono essere adatte al volume e al tipo di effluenti da trattare.
Qui di seguito vengono riportate alcune considerazioni utili per una corretta
progettazione; è necessario definire:
•
la natura delle sostanze inquinanti da rimuovere;
•
il tempo necessario per un trattamento completo;
•
l’area occorrente per il trattamento;
•
l’habitat adeguato per il tipo di vegetazione desiderata;
•
le condizioni necessarie per assicurare la sopravvivenza della vita
acquatica;
•
l’impatto estetico;
•
la manutenzione ed il monitoraggio.
Le zone umide possono anche essere progettate per il trattamento dei liquami,
delle acque di scolo e di altri rifiuti liquidi prodotti.
Alle singole aziende può comunque venir richiesta l’adozione di tecnologie di
pretrattamento allo scopo di preservare l’integrità dell’intero sistema.
Realizzazione di un sistema di gestione dell’acqua piovana
La raccolta e gestione dell’acqua piovana rappresenta un importante vantaggio
ambientale in un’area industriale.
L’acqua piovana delle superfici pavimentate può essere contaminata dagli
effluenti industriali, ed è quindi consigliabile un trattamento prima di riutilizzarla
o scaricarla al di fuori dell’area.
72
In sostituzione della costruzione di impianti artificiali per il drenaggio dell’acqua
piovana, esistono delle valide ed economiche alternative tra cui:
•
la salvaguardia delle zone umide e dei canali fluviali;
•
l’utilizzo di laghetti artificiali o naturali per la conservazione dell’acqua; le
zone umide naturali e i bacini artificiali sono importanti per l’assorbimento
di grandi quantità di acqua in caso di precipitazioni.
Sia le sostanze detergenti che quelle oleose presenti nelle acque di scolo devono
essere trattenute e filtrate.
L’acqua delle vasche di ritenzione può essere riutilizzata nei sistemi di
riscaldamento e raffreddamento degli edifici vicini. L’esubero di tali vasche filtra
attraverso il sottosuolo e ricarica gli acquiferi della zona.
73
3.2 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE RISORSE
IDRICHE NELLE AREE INDUSTRIALI ESISTENTI
Le aree industriali già costituite possono mettere in atto molti principi e strategie
di gestione ambientale, in particolar modo di gestione sostenibile delle risorse
idriche, arrivando così ad ottenere vantaggi sia economici che ambientali.
Può essere necessario intraprendere una fase di consultazione per elaborare le
linee guida da mettere in pratica.
Vengono identificate quattro fasi per l’implementazione del SGA (Sistema di
Gestione Ambientale) ed in particolare:
•
la valutazione dello stato e delle criticità ambientali dell’area;
•
la definizione degli obiettivi di gestione ambientale;
•
la pianificazione dei sistemi e dei progetti di gestione ambientale;
•
l’attuazione dei progetti di gestione ambientale.
3.2.1 VALUTAZIONE DELLO STATO AMBIENTALE DELL’AREA
Gli amministratori devono innanzitutto effettuare una valutazione dello stato e
delle criticità ambientali presenti nell’area. Sulla base dei risultati ottenuti,
possono quindi procedere a definire le priorità di intervento.
La fase di valutazione deve essere avviata mediante incontri con le aziende
localizzate nell’area, le agenzie per la protezione ambientale, le comunità locali e
tutti gli altri gruppi di interesse. Allo stesso tempo è necessario definire e valutare
le condizioni ambientali sia del sito che delle aree ad esso circostanti.
Al fine di ottenere e raccogliere tutte le informazioni necessarie occorre effettuare
un’analisi e un’audit (verifica) ambientale sulle singole aziende e sull’area. Tali
operazioni possono essere coordinate dal personale dell’area o da chi gestisce la
fase di pianificazione della gestione ambientale in collaborazione con ricercatori
universitari, consulenti o dipendenti delle industrie ospitate nell’area.
74
Servizi di audit ambientale
I servizi di audit (verifica) vengono richiesti per valutare la conformità delle
aziende rispetto alla legge.
Gli audit relativi a energia, salute, sicurezza e ambiente (con particolare riguardo
per l’acqua) hanno dimostrato in passato l’esistenza di numerose opportunità per
migliorare l’efficienza complessiva dell’azienda, ridurre i rifiuti e proteggere
l’ambiente. Un servizio di audit fornito dall’insediamento industriale costituisce
sia un mezzo di supporto alle aziende che uno strumento per migliorare
l’ambiente.
È inoltre possibile formalizzare un accordo contrattuale tra la società e il revisore
il cui compenso è stabilito in percentuale al risparmio ottenuto dalla maggiore
efficienza del processo.
A livello di singola azienda, l’attività di ricerca e di auditing deve determinare:
•
i prodotti/servizi dell’azienda;
•
le tecnologie di produzione utilizzate;
•
la quantità di materiale, acqua ed energia in entrata;
•
la quantità di acqua, rifiuti ed energia in uscita;
•
il grado di attuazione della gestione ambientale.
A livello di area industriale, occorre invece valutare:
•
la qualità dell’acqua all’interno e nelle vicinanze dell’area;
•
l’adeguatezza degli esistenti servizi ambientali;
•
l’integrità delle caratteristiche naturali del sito;
•
l’estensione delle aree inquinate;
•
la condizione attuale dei servizi dell’infrastruttura, in particolare della
fornitura di acqua.
75
3.2.2 DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DI GESTIONE AMBIENTALE
La costituzione di un gruppo di lavoro, con la partecipazione di amministratori
dell’area, manager e dipendenti aziendali, autorità pubbliche locali, rappresentanti
della comunità locale e consulenti ambientali, può contribuire ad identificare le
esigenze in termini di gestione ambientale dell’area industriale. Il gruppo può
inoltre essere allargato ad altri enti, come le università.
In primo luogo, il gruppo di lavoro deve occuparsi di individuare e valutare le
criticità ambientali e, solo in seguito, formulare un piano di miglioramento
ambientale dell’area, definendo gli obiettivi di gestione ambientale per l’area nel
suo insieme.
Al fine di assicurare il consenso, sia da parte delle industrie che degli investitori, è
necessario il coinvolgimento di tutte le parti interessate: incontri e contatti
contribuiscono infatti a consolidare gli impegni presi e ad incoraggiare la
partecipazione delle aziende.
3.2.3 ATTUAZIONE DI SISTEMI E PROGETTI DI GESTIONE
SOSTENIBILE DELLE RISORSE IDRICHE
Iniziative promosse dall’area
Le aree industriali hanno spesso bisogno di migliorare la qualità delle
infrastrutture e dei servizi forniti. In particolare, considerando le risorse idriche,
queste possono:
•
raccogliere l’acqua piovana e utilizzarla per l’irrigazione;
•
migliorare l’efficienza nell’uso di acqua (oltre che di energia) degli edifici
attraverso l’ammodernamento delle strutture;
•
determinare delle procedure da seguire in caso di emergenze.
Si possono inoltre creare nuovi servizi ambientali capaci di generare profitti per
l’area e utili come strumenti di marketing nell’attrarre nuove industrie.
76
Tali servizi possono includere:
•
la costruzione di un unico impianto per il trattamento degli effluenti
industriali;
•
la definizione di un’attività di monitoraggio e di auditing ambientale;
•
l’attuazione di un servizio di analisi;
•
l’organizzazione di programmi di formazione sulla gestione ambientale,
con particolare riguardo alla gestione sostenibile delle risorse idriche.
E’ auspicabile il ripristino, dove possibile, delle caratteristiche naturali del sito
prevedendo per esempio:
•
la ricostruzione delle zone umide;
•
la semina di piante ed arbusti;
•
la conservazione delle aree naturali esistenti;
•
la creazione di habitat particolari per uccelli ed altri animali.
Tali progetti possono salvaguardare la qualità dell’acqua, accrescere la
biodiversità e migliorare l’aspetto estetico dell’area.
Iniziative delle singole aziende
Le aziende possono effettuare un ammodernamento degli impianti per un
maggiore risparmio idrico mediante il riutilizzo dell’acqua di riscaldamento o di
processo.
77
3.3 RICICLO DELLE ACQUE DI SCARICO
3.3.1 Impianti a Ciclo Chiuso
Confrontando lo schema dell’impianto a ciclo aperto con quello a ciclo chiuso, si
nota subito che in quest’ultimo è presente una rete di ricircolo e di reintegro delle
acque di scarico che consente un notevole risparmio idrico.
Infatti nell’impianto a ciclo chiuso parte delle acque accumulatesi nel bacino delle
acque reflue vengono reintegrate previo trattamento, quindi reimmesse nel
serbatoio d’accumulo per essere riutilizzate nel processo produttivo.
Ciclo Aperto
5
2
3
1
2
U
4
6
7
Ciclo Chiuso: rete di reintegro e di ricircolo
2
9
3
1
5
2
2
U
6
4
8
7
1. fonte di approvvigionamento
6. utenze
2. stazione di pompaggio
7. scarico (perdite)
3. trattamenti
8. bacino acque reflue
4. serbatoio di accumulo
9. trattamento acque reflue
5. serbatoio piezometrico
78
3.3.2 Impianto ad Osmosi Inversa
Molte acque di lavaggio provenienti dalle lavorazioni industriali possono essere
riciclate. Già in passato, era possibile riciclare alcuni scarichi con l’impiego di
resine a scambio ionico che tuttavia causavano inconvenienti, quali l’incremento
salino allo scarico, accumuli organici nell’anello di acqua di riciclo, oltre ad avere
un elevato costo di esercizio.
Oggi si sta affermando la tecnologia della filtrazione a membrana, nella quale
rientra anche l’osmosi inversa.
Filtrazione su membrana
La filtrazione su membrana si applica a sospensioni con una percentuale molto
bassa di solidi sospesi, aventi dimensioni molto piccole. Il refluo si muove
tangenzialmente rispetto alla membrana.
Il mezzo filtrante è costituito da membrane microporose che consentono di
separare selettivamente sostanze sospese, batteri, macromolecole, virus, sali e
ioni. Sono pellicole di spessore molto piccolo (0.2-0.4 millimetri) che ad occhio
nudo appaiono perfettamente continue e levigate ma che a livello microscopico
posseggono una struttura spugnosa, come è possibile evidenziare per mezzo di
forti ingrandimenti.
Le tecniche di preparazione delle membrane hanno fatto notevoli progressi e
consentono di ottenere una porosità controllata, con dimensioni superficiali dei
pori molto uniformi.
Con un simile mezzo filtrante la ritenzione delle particelle sospese nel fluido è
essenzialmente
dovuta
all’effetto
di
setacciamento
che
si
verifica
in
corrispondenza delle aperture superficiali delle porosità; la possibilità di trattenere
i solidi all’interno della membrana, nell’insieme delle porosità, è trascurabile.
L’aumento della resistenza che, con il progredire della filtrazione, si oppone al
passaggio del liquido è principalmente dovuto all’occlusione superficiale dei pori.
Una recente tendenza consiste nel fabbricare membrane anisotropiche in cui la
porosità è più fine dal lato di entrata che da quello di uscita della membrana
stessa; in altri termini è come se la sezione dei pori aumentasse attraversando lo
spessore della membrana nel senso della filtrazione. Con questo accorgimento si
riduce il pericolo di intasamento del mezzo filtrante: una particella che entra in un
79
poro alla superficie non corre più il rischio di rimanere intrappolata all’interno
della membrana.
La classificazione è fatta in base alle dimensioni, in ordine decrescente, delle
sostanze che si possono separare: microfiltrazione, ultrafiltrazione, nanofiltrazione
ed osmosi inversa.
L’osmosi è un fenomeno naturale: il processo consiste nel passaggio di acqua
attraverso una membrana semipermeabile da una soluzione salina diluita ad
un’altra con maggiore concentrazione, per creare un equilibrio. La pressione che
spinge l’acqua attraverso la membrana è definita pressione osmotica.
L’osmosi inversa consiste nell’applicare al comparto della soluzione a maggiore
concentrazione salina una pressione superiore a quella osmotica, invertendo il
fenomeno: le molecole di acqua passano attraverso la membrana, mentre le
molecole dei sali, le molecole organiche e la quasi totalità di cariche microbiche
vengono respinte. Si ottiene così una soluzione concentrata da una parte ed acqua
pura dall’altra.
A seguire è proposto lo schema di un impianto (ideato dalla Tecn.A.–
Antipollution Technologies) che utilizza la tecnologia dell’osmosi nversa.
Il primo stadio di trattamento consiste nella eliminazione dei metalli pesanti dagli
scarichi da trattare, in modo che le acque possano successivamente essere inviate
alla sezione di osmosi inversa, senza creare problemi di precipitazioni e rendendo
la frazione di acqua scartata compatibile con i limiti di scaricabilità.
Il secondo stadio consiste nella deionizzazione con membrane di osmosi inversa
della frazione precedentemente demetallizzata e dell’acqua primaria necessaria
per reintegrare i volumi scaricati.
In questo modo l’impianto assolve contemporaneamente a due funzioni:
•
Depurare parte delle acque di scarico.
•
Rendere disponibile un’acqua industriale di processo di altissima
qualità per tutte le utenze produttive.
80
Schema logico dell’impianto
PRODUZIONE
DEMETALLIZZAZIONE
OSMOSI
INVERSA
IMPIANTO DI
DEPURAZIONE
SCARICO FINALE
ACQUA IN INGRESSO
Sezione di Osmosi Inversa (30 m3/h)
81
3.4 METODI NON CONVENZIONALI DI DEPURAZIONE
APPLICATI AL SETTORE INDUSTRIALE
3.4.1 Sistemi basati sulle capacità depurative delle piante
Sono metodi che sfruttano principalmente la capacità depurativa delle piante.
Le principali applicazioni in ambito industriale sono la Marcita e la
Fitodepurazione.
3.4.1.1 Marcita
Consiste in terreni coltivati a foraggi divisi in appezzamenti, i quali vengono
convenientemente inclinati ad ali spioventi disposte a coppie, sul vertice di
ciascuna delle quali è scavata una roggia irrigatrice dalla quale l’acqua deborda
riversandosi sui due lati, per poi raccogliersi in altre rogge costituite dalla
convergenza delle ali di altre coppie. Mediante un sistema detto a ripiglio, l’acqua
irriga vari appezzamenti in successione al fine di ottenere una migliore
depurazione, a conclusione della quale l’acqua può riversarsi senza inconvenienti
in qualsiasi corso d’acqua.
Questa tecnica trova prevalente applicazione nel trattamento dei liquami
provenienti da industrie lattiero casearie le cui lavorazioni producono un refluo
con alta presenza proteica. In questi casi il refluo viene distribuito sui campi per la
produzione di foraggio. Data la temperatura piuttosto elevata dei liquami e
l’emissione di calore conseguente alle fermentazioni organiche, l’irrigazione è
resa possibile anche durante il periodo invernale e consente la produzione di
numerosi tagli di foraggio.
Quindi oltre ad abbattere i costi depurativi, la tecnica consente di sfruttare la
concimazione delle colture foraggiere destinate al bestiame senza alcun onere.
3.4.1.2 Fitodepurazione in ambito industriale
Le tecniche principalmente utilizzate fanno parte delle zone umide a flusso
superficiale, le quali consistono in bacini o canali dotati di un opportuno medium
per la crescita della vegetazione, con l’acqua che scorre praticamente in
superficie. Possono ospitare vegetazione galleggiante o sommersa od essere
piantumate a canneto.
82
Solitamente si utilizzano le zone umide naturali soprattutto per la fase di
finissaggio, quando il refluo è già sufficientemente depurato, per l’abbattimento
dell’azoto. Si elencano di seguito le tecniche principali:
Sistemi di lagunaggio per reflui di industrie alimentari: si basano sull’interazione
tra microrganismi e piante, che svolgono un’azione depurativa sull’acqua,
demolendone ed assorbendone le sostanze inquinanti; consistono essenzialmente
in un sistema di bacini di accumulo di profondità variabile da 0,2 a 5 m.
Flow-form: consistono essenzialmente in canali di scorrimento dell’acqua
conformati in modo da conferirle un movimento ad “otto” che favorisce
l’ossigenazione, quindi i processi di depurazione biologica;
Sistemi misti: consistono nella combinazione di una o più tecniche specifiche, la
più diffusa delle quali è l’associazione tra vassoio, con funzione principale di
trattamento del refluo, e la tecnica del lagunaggio, sfruttata come finissaggio per il
liquido in uscita dal vassoio.
Vassoi associati ai lagunaggi: l’associazione di queste tecniche ha lo scopo di
migliorare il processo depurativo contribuendo nel contempo al restauro e alla
valorizzazione del territorio con la creazione di aree umide.
Il vassoio d’infiltrazione è un sistema flusso subsuperficialeverticale, consiste in
un vassoio assorbente, alloggiato in uno scavo di 1 m. di profondità e piantumato
a canneto, costituito da un letto di sabbia, una guaina impermeabile interposta tra
due strati di tessuto non tessuto, uno strato di materiale di riempimento a
granulometria fine ed uno di ghiaie; il refluo viene distribuito tramite un tubo a
pioggia posto a 30 cm. di profondità. Il successivo lagunaggio consiste in una
serie di bacini di accumulo di profondità compresa tra 0,2 e 5 m., collegati tramite
percorsi d’acqua con profilo sinuoso per favorire l’ossigenazione. La superficie
piuttosto estesa che è richiesta per questa tecnica mista potrebbe essere reperita
sfruttando, nelle città, i “buchi urbani” o le aree dismesse, ed in ambito
territoriale, le zone degradate e le ex cave, i canali agricoli e tutte le aree che, una
volta subito un processo di artificializzazione, sono state abbandonate senza che
fossero ripristinate le condizioni originarie.
83
3.4.2 APPLICAZIONE DELLA FITODEPURAZIONE AL
TRATTAMENTO DI REFLUI AGROALIMENTARI
I reflui prodotti dalle attività di trasformazione agro-alimentari si caratterizzano,
in genere, per gli alti carichi organici. Sebbene vi sia una enorme variabilità nelle
caratteristiche dei reflui a seconda delle produzioni e del processo produttivo,
sono state valutate le potenzialità del sistema di fitodepurazione con due tipologie
di refluo: il primo proveniente dal settore lattiero-caseario e quindi con un carico
organico costituito prevalentemente da grassi ed in misura minore da proteine
(siero magro); il secondo proveniente da un’industria agro-alimentare, nello
specifico da uno stabilimento per la lavorazione e liofilizzazione delle uova, e
pertanto con un carico organico prevalentemente proteico.
Le esperienze riportate in seguito sono state effettuate su un sistema a flusso
subsuperficiale verticale e sono state volte principalmente alla rimozione della
sostanza organica in termini di COD (Chemical Oxigen Demand), in quanto nei
casi esaminati, l’azoto non rappresenta in generale un problema per la
depurazione.
a) Settore lattiero – caseario
Rimozione della sostanza organica - COD
Come precedentemente accennato, questa tipologia di refluo è caratterizzata da un
alto contenuto di materia organica, costituita prevalentemente da sostanze grasse
ed in misura minore da proteine.
Infatti, il refluo è caratterizzato da un’elevata concentrazione di COD (circa
60.000 mgO2/l) e da un rapporto N-totale/COD pari a circa 0,003( N-totale pari a
180 mg/l).
L’impianto a scala di laboratorio, in questo specifico caso, è stato composto da
cinque fasi di trattamento poste in serie, successivamente portate a quattro in
quanto l’apporto della quinta fase, in termini di rimozione del carico inquinante, è
stato ritenuto non significativo.
Questo dato è osservabile nella seguente tabella, dove vengono esposti i valori in
concentrazione di COD (mgO2/l) in ingresso all’impianto ed in uscita dalle
singole fasi di trattamento, nonché le rimozioni complessive del COD, ottenuti nel
corso del trattamento di depurazione.
84
Valori e percentuali di rimozione del COD:
Fasi di trattamento
Valori medi del COD
Rimozione complessiva
(mgO2/l)
del COD (in %
sull’ingresso)
Ingresso
60.021
-
Fase 1
52.893
12%
Fase 2
48.628
19%
Fase 3
31.652
47%
Fase 4
6.347
89,3%
Fase 5
5.000
92%
Il refluo in oggetto presenta un rapporto N-totale/COD molto ridotto, pertanto le
sostanze azotate non rappresentano un problema in termini di depurazione.
Rimozione del fosforo
Le rimozioni del fosforo totale conseguite nelle prove svolte sono state pari al
95%.
Valori e percentuali di rimozione del fosforo totale:
Fasi di trattamento
Valori di Fosforo totale
Rimozione del Fosforo
(mg/l)
totale (in %
sull’ingresso)
Ingresso
232
-
Fase 1
224
3%
Fase 2
59
75%
Fase 3
58
75%
Fase 4
11
95%
85
b) Settore agro-alimentare
Sono state svolte prove di fitodepurazione a scala di laboratorio su di un refluo,
proveniente da uno stabilimento di lavorazione e produzione di uova liofilizzate
(polvere di uova), di natura prevalentemente proteica. L’impianto è stato
composto da quattro fasi di trattamento poste in serie.
Rimozione della sostanza organica - COD
Nella tabella riportata in seguito vengono esposti i risultati medi ottenuti nel corso
delle prove in oggetto.
Valori e percentuali di rimozione del COD:
Fasi di trattamento
Valori del COD
Rimozione complessiva
(mgO2/l)
del COD in %
sull’ingresso
Ingresso
5.562,7
-
Fase 1
3.014,3
45%
Fase 2
2.340,7
57%
Fase 3
618,3
88%
Fase 4
118,7
98%
La rimozione complessiva del COD è stata mediamente del 98%.
86
Rimozione delle sostanze azotate
Nella seguente tabella vengono riportati i valori medi di rimozione delle diverse
forme azotate, rispettivamente nelle singole fasi di trattamento.
Concentrazioni delle forme azotate:
Fasi di
Azoto
N-NH4
N-NO2
N-NO3
Azoto
trattamento
totale
(mg/l)
(mg/l)
(mg/l)
organico
(mg/l)
(stima)
(mg/l)
Ingresso
186,00
0,99
1,37
1,88
181,75
Fase1
152,77
2,66
0,18
0,50
149,43
Fase 2
140,83
7,67
0,28
0,40
132,49
Fase 3
52,43
9,31
0,15
0,22
42,76
Fase 4
8,91
3,75
0,15
0,73
5,11
Rimozione
95,2%
-
-
97,1%
totale
sull’ingresso
Rimozione del fosforo
Nella tabella in seguito riportata, vengono esposte le concentrazioni di fosforo
totale ottenute in uscita da ogni singola fase di trattamento.
Valori e percentuali di rimozione del fosforo totale:
Fasi di trattamento
Fosforo totale (mg/l)
Rimozione del fosforo
totale (in %
sull’ingresso)
Ingresso
26,20
-
Fase 1
8,45
67,7
Fase 2
5,44
79,2
Fase 3
1,01
96,1
Fase 4
0,43
98,3
Come si evince dai dati esposti, anche nel caso di questa tipologia di refluo si
riscontrano rimozioni di fosforo molto elevate, nello specifico pari a 98,3%.
87
Conclusioni
In base ai risultati ottenuti è possibile affermare che, mediante la fitodepurazione a
flusso subsuperficiale verticale, è possibile raggiungere alti rendimenti di
rimozione degli inquinanti, in particolare della sostanza organica, delle forme
azotate e del fosforo, presenti nelle due tipologie di reflui agro-alimentari oggetto
delle prove descritte. Inoltre, il trattamento si è dimostrato efficace
nell’abbattimento della sostanza organica a prevalente componente lipidica (refluo
di origine lattiero-casearia) o proteica (refluo di liofilizzazione di uova).
In sintesi, le efficienze riscontrate sono quelle indicate in tabella.
Rimozione complessiva degli inquinanti:
Parametro
Tipologia di refluo
Lattiero – caseario
Liofilizzazione uova
COD
90%
98%
Azoto totale
91%
95%
Fosforo totale
95%
98%
Sebbene le metodologie utilizzate nel trattamento dei reflui siano state
sostanzialmente simili, si sono evidenziati comportamenti diversi nel trattamento
del singolo refluo; ciò è in funzione del grado di biodegradabilità del refluo, del
carico organico applicato, nonché della presenza di sostanze che possono
interferire “fisicamente” con i processi di depurazione, come ad esempio i grassi.
88
3.4.3 APPLICAZIONE DELLA FITODEPURAZIONE PER IL RICICLO
DELLE ACQUE REFLUE NELL’INDUSTRIA TESSILE
L’attività dell’industria tessile è caratterizzata da un insieme di processi, che
vanno dalla preparazione delle fibre naturali o artificiali, ai trattamenti
preliminari, alla tintura, alla stampa, al finissaggio, fino alla produzione del
manufatto finito. L’acqua utilizzata in questi processi deve essere necessariamente
sottoposta a pretrattamenti al fine di raggiungere gli standard qualitativi richiesti.
D’altra parte, la grande richiesta della risorsa acqua, assieme alla disponibilità di
tecnologie innovative, hanno indotto negli ultimi anni a studiare trattamenti
finalizzati a rendere possibile il riutilizzo dell’acqua, per quanto più possibile, nei
cicli produttivi.
In questa direzione, ed in seguito a sperimentazioni con sistemi ad osmosi inversa
per il trattamento di reflui tessili, è emersa la sensibilità delle membrane ai
fenomeni di “fouling” (intasamento). Inoltre, essendo i permeati ottenuti da questa
prima fase di lavoro comunque caratterizzati da una colorazione più o meno
intensa, indice di una rimozione del COD insufficiente per l’applicazione diretta
ad esempio in tintura, è necessario ricorrere a pretrattamenti che ne diminuiscano
la colorazione, in modo tale da riuscire ad ottenere dall’impianto a membrana un
permeato incolore e nello stesso tempo diminuire il rischio di accumulo eccessivo
di sostanze inquinanti sulla superficie delle membrane.
Diventa così necessario un ulteriore affinamento del refluo a monte del sistema ad
osmosi inversa, con l’obiettivo di ridurre al minimo la presenza di sostanza
organica (COD) nel refluo.
Per ottimizzare il funzionamento e le rese dell’impianto ad osmosi inversa e
contestualmente ridurre i costi di trattamento delle acque in ingresso, si è
analizzata la possibilità di introdurre un trattamento di affinamento depurativo,
mediante fitodepurazione a flusso subsuperficiale verticale, del refluo in uscita da
un impianto a fanghi attivi convenzionale e a monte dell’impianto di osmosi.
L’impianto pilota costituito da quattro fasi di trattamento poste in serie, è stato
installato presso uno stabilimento tessile per verificare il funzionamento del
sistema. In seguito vengono presentati i risultati ottenuti, rivolgendo particolare
attenzione ai parametri COD, tensioattivi non ionici (BiAS) e azoto.
89
Rimozione del COD
I carichi in entrata si presentano con andamento fluttuante; man mano che si
procede nel processo di depurazione, invece, i valori diventano più costanti.
Infatti all’uscita dall’impianto della fase 4, il COD si mantiene uniforme ed
intorno a valori medi di 30 mg/l.
Quanto evidenziato ha permesso di verificare la potenzialità del sistema di
fitodepurazione in merito al suo effetto di equalizzazione delle fluttuazioni di
carico in ingresso, tale da permettere di assicurare una certa uniformità del refluo
in uscita dal sistema.
Per quanto riguarda la rimozione del COD, possiamo affermare che nel sistema di
trattamento mediante fitodepurazione è possibile abbattere un’elevata percentuale
del COD (73%) presente nell’effluente dell’impianto di depurazione a fanghi
attivi, permettendo così un funzionamento più efficiente del sistema ad osmosi
inversa.
Rimozione dei tensioattivi
Il trattamento permette il raggiungimento del parametro “Tensioattivi” (sostanze
capaci di abbassare fortemente la tensione superficiale dei sistemi liquido-vapore,
liquido-liquido e liquido-solido, usati come agenti emulsionanti, flottanti e
detergenti) entro il limite previsto dal Decreto Legislativo 152/99 per lo scarico in
corpo idrico superficiale (2 mg/l).
La rimozione media complessiva dei BiAS ottenuta dopo le 4 fasi di trattamento
di fitodepurazione è stata pari al 70%.
Rimozione dell’azoto
Si osserva come, nel refluo in ingresso all’impianto pilota di fitodepurazione,
l’azoto totale sia costituito in gran parte da azoto ammoniacale ed in misura
minore da azoto organico (stimato come differenza tra l’azoto totale e le specie
azotate inorganiche).
Si nota come avvenga la quasi completa ossidazione dell’azoto ammoniacale (NNH4), che viene trasformato in nitrato (N-NO3), man mano che il refluo passa
attraverso le successive fasi di trattamento, grazie all’ossigeno disciolto assicurato
dall’intermittenza nell’alimentazione del refluo.
90
All’uscita dell’ultima fase di trattamento, il nitrato costituisce praticamente tutto
l’azoto totale presente. L’abbattimento percentuale dell’azoto totale è stato pari al
62%.
Conclusioni
In seguito viene esposto un riassunto dei risultati relativi alla rimozione di COD,
BiAS e sostanze azotate ottenuti nel corso della sperimentazione in fase pilota,
nonché le percentuali di rimozione complessive ottenute per ogni singolo
parametro.
Concentrazioni e percentuali di rimozione degli inquinanti presenti nelle diverse
fasi:
Ingresso
Fase 1
Fase 2
Fase 3
Fase 4
% di
rimozione
complessiva
COD
116,03
82,63
72,22
53,07
31,67
73%
16,15
11,45
11,53
7,14
6,15
62%
8,6
4,7
3,0
0,99
0,48
94%
0,0
1,5
4,5
5,2
5,32
-
0,1
0,8
3,0
2,7
0,46
-
4,02
2,69
2,11
1,55
1,22
70%
(mgO2/l)
N-totale
(mg/l)
N-NH4
(mg/l)
N-NO3
(mg/l)
N-NO2
(mg/l)
BiAS
(mg/l)
91
3.5 ECOSISTEMI INDUSTRIALI: IL MODELLO DI
“SIMBIOSI” TRA INDUSTRIE DI DIVERSI SETTORI
L’ecologia industriale, secondo la definizione di Tibbs (1992), riguarda la
“progettazione di infrastrutture industriali come serie di ecosistemi interdipendenti
che si interfacciano con l’ecosistema naturale globale”.
L’ecologia industriale supera tale definizione in quanto intende modellare il
sistema industriale sugli ecosistemi naturali che si dimostrano efficienti per le
risorse.
Lo scambio di sottoprodotti tra società permette la creazione di ecosistemi
industriali o modelli di simbiosi industriale. I rifiuti o i residui generati in
operazioni industriali possono essere utilizzati come materie prime per altre
attività industriali.
Nel seguito sono esposti sinteticamente due esempi di simbiosi industriale attuati
in Danimarca e nei Paesi Bassi.
Le aree industriali sono luoghi eccellenti per applicare tale principio poiché
ospitano industrie diverse. Molti paesi sono attualmente impegnati nella creazione
di questo modello di aree ecoindustriali.
Per esempio, molte società medio-piccole presenti nelle aree industriali che non
sono in grado di dedicare risorse economiche e umane al miglioramento dei propri
sistemi di gestione ambientale, trarrebbero un grande vantaggio (in termini
economici e ambientali) dalla fornitura di servizi ambientali comuni.
Le aree industriali che promuovono tali raggruppamenti possono ridurre la
quantità di rifiuti prodotta e la relativa domanda di impianti di trattamento.
L’ecologia industriale incoraggia una forma di sviluppo economicamente e
ambientalmente sostenibile. Gli ecosistemi industriali possono sorgere a livello di
area industriale e a livello regionale. Nel secondo caso, il collegamento in una rete
di aree industriali può migliorare il “metabolismo” dei materiali della regione.
Una rete di aree industriali che funzionino come ecosistemi è considerata il
massimo livello di trasformazione dello sviluppo industriale.
92
3.5.1 DANIMARCA – APPLICAZIONE DI UN MODELLO DI SIMBIOSI
INDUSTRIALE
Il distretto di Kalundborg in Danimarca è uno tra gli esempi più famosi di
simbiosi industriale che ha avuto una graduale evoluzione. Di seguito ne vediamo
una raffigurazione schematica.
Per 15 anni, le industrie si sono scambiate sottoprodotti quali surplus di energia,
calore estratto dai rifiuti e altri materiali. Ad esempio, il calore viene recuperato
(sotto forma di acqua di raffreddamento) dalla Centrale Elettrica Asnaes ed è
fornito (teleriscaldamento) alle abitazioni e agli edifici del comune di Kalundborg.
La figura precedente illustra i numerosi scambi di sottoprodotti nell’area.
Questo modello di riutilizzo e riciclo tra società ha consentito di ridurre
l’inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo nonché i livelli di consumo delle
risorse (materie prime ed energia). Grazie ad un investimento di 60 milioni di
dollari nelle infrastrutture a servizio di trasporti, di materiali e di energia, le
società partecipanti hanno realizzato 120 milioni di dollari di entrate tramite lo
scambio di sottoprodotti e un’addizionale risparmio dei costi derivante da una
migliore efficienza aziendale.
93
3.5.2 PAESI BASSI - RICICLAGGIO DELLE ACQUE DEI PROCESSI DI
PRODUZIONE
Un gruppo di aziende diverse nel Limburgo meridionale ricerca un metodo
intelligente per utilizzare l’una le acque di scarico delle altre. E’ il primo tentativo,
nei Paesi Bassi, messo in atto al fine di utilizzare le acque di scarico di un’azienda
come acque per il processo di produzione o acque di raffreddamento per un’altra
azienda, poiché ciò che è scarto per l’una, va bene per l’altra.
In pratica si cerca di attuare un modello di simbiosi industriale.
Vi partecipano il Policlinico, la società chimica Ciba-Geigy, un cementificio, due
fabbriche di carta concorrenti, due fabbriche di materiale edilizio concorrenti e
una vetreria.
L’uso comune di acque sotterranee (sei milioni di metri cubi di acqua) dall’arido
suolo limburghese diminuirà dal 50 al 75%. Il flusso di acqua che viene scaricata
da una azienda talvolta può essere utilizzata in un’altra direttamente. Altre volte,
l’acqua viene prelevata dalla rete di acque di scarico, in cui ogni azienda scarica la
sua, dopo un semplice procedimento di depurazione. Un grande vantaggio è che le
aziende non sono lontane fra di loro e l’infrastruttura non ha dunque bisogno di
chilometri di tubature.
Un importante motivo per la collaborazione tra le aziende è l’aumento drastico dei
costi di sfruttamento delle acque sotterranee. Nel 1997, le aziende del Limburgo
spendevano ogni anno per l’acqua circa otto milioni di fiorini (4 milioni di euro, 8
miliardi di lire). Se non si corresse ai ripari, nel 2005 gli stessi costi
ammonteranno a più di cinque volte tanto. I costi totali del progetto ammontano a
undici milioni di fiorini (circa 5 milioni di euro, quasi 1 miliardo di lire), rendendo
il bilancio finanziario positivo.
Inoltre, il risparmio idrico comporterà anche un risparmio energetico e la
posizione concorrenziale a livello internazionale delle aziende partecipanti
potrebbe migliorare grazie a questo progetto ecologico.
94
3.6 ESEMPI DI APPLICAZIONE DI PRINCIPI E
TECNOLOGIE PER IL RISPARMIO IDRICO NEL SETTORE
INDUSTRIALE
3.6.1 PAESI BASSI - TECNOLOGIA A CIRCUITO CHIUSO IN UN
MOBILIFICIO
La fabbrica dimobili per ufficio Gispen International, presso la sua sede di
Culemborg, ha realizzato una produzione quasi priva di emissioni dannose,
tramite l’adozione di un sistema di depurazione dell’acqua costituito da filtri a
membrana tubolari.
I componenti in metallo vengono verniciati a spruzzo in più di 27 colori, prima di
essere montati sui mobili. La verniciatura a spruzzo avviene con vernici ad acqua,
per una media di 1500 kg alla settimana. Quasi un terzo della vernice resta in
realtà sul velo nella cabina di verniciatura, dove poi, per evitare ulteriore
inquinamento, viene raccolta in filtri e mescolata con acqua demineralizzata.
Alcuni anni fa l’azienda ha acquistato un impianto di ultrafiltrazione per
recuperare la vernice dall’acqua. In questo modo, non solo la Gispen riesce a
chiudere quasi completamente il circuito dell’acqua del processo di produzione
(solo le perdite per evaporazione devono essere ancora compensate) ma anche i
rifiuti di prodotto verniciante vengono quasi completamente riciclati e riutilizzati.
L’acqua di scarico della cabina di verniciatura, contenente vernice, viene pompata
(P) in un serbatoio, quindi passa ai filtri a membrana dove avviene la separazione.
Le vernici separate dall’acqua pulita tramite i filtri a membrana, circa 500 kg alla
settimana, per un quinto possono essere direttamente utilizzate per la verniciatura
di elementi non visibili dei mobili, come componenti in metallo di cassettiere e
pannelli che successivamente vengono tappezzati, per i quali la verniciatura a
spruzzo è a scopo di prevenzione della corrosione. Il resto dei rifiuti destinato al
trattamento va alla fabbrica di vernici, dove viene rielaborato e torna come
prodotto verniciante nelle sfumature di grigio molto richieste.
La vernice riutilizzabile è addirittura di qualità migliore del prodotto originario: il
pompaggio continuo del sistema di depurazione in effetti causa una struttura più
95
densa. Solo l’utilizzo di vernici metallizzate comporta ancora problemi, in quanto
esse contengono troppe particelle di alluminio e pertanto devono essere eliminate
come rifiuti non riciclabili.
Il risparmio per l’azienda nell’uso della vernice ammonta a 100.000 fiorini l’anno
(circa 45.000 euro, 88 milioni di lire ) e la quantità annuale di circa 16.000 chili di
rifiuti è stata eliminata.
La figura che segue riproduce schematicamente la sequenza delle operazioni
fondamentali per il recupero delle pitture idrosolubili che avvengono
nell’impianto.
VERNICE
ACQUA
BACINO DI
RACCOLTA
VERNICE
FILTRI
PULITA
ACQUA E
VERNICE
P
VERNICIATURA
MONTAGGIO
96
3.6.2 AUSTRIA - TECNOLOGIA A CIRCUITO CHIUSO E RISPARMIO
SULLE MATERIE PRIME NELL’INDUSTRIA DELLA CELLULOSA
Nell’industria di cellulosa SCA Fine Paper Hallein il consumo d’acqua e la
produzione di acque di scarico nel processo di sbiancatura sono notevolmente
ridotti depurando l’acqua del processo di produzione. Chiudendo in questo modo
il circuito idrico, si influenza in realtà la qualità della cellulosa, perché le sostanze
dannose possono abbandonare il processo di produzione solo attraverso lo scolo
verso l’impianto di depurazione delle acque di scarico o con il prodotto. Ciò rende
necessaria anche la pulizia del circuito.
Insieme alla Austria Energy & Enviroment, la fabbrica di cellulosa ha cercato una
soluzione per adattare la filtrazione a membrana in modo da separare le sostanze
organiche dannose sciolte. E’ stato però necessario stabilire quale tipo di
membrana fosse più adatta, perché non si sapeva quali sostanze avessero un
effetto di disturbo sul processo di sbiancatura. Da circa due anni, l’acqua di
risciacquo della cellulosa viene depurata tramite la filtrazione a membrana e
liberata dalle sostanze dannose così che le sostanze chimiche non trasformate
vengono riportate nel processo. Per il risparmio di acqua pulita e sostanze
chimiche raggiunto, questo metodo comporta benefici economici ed ecologici.
Oltre alla diminuzione tanto del fabbisogno idrico quanto della produzione di
acque di scarico, le sostanze chimiche sbiancanti utilizzate possono essere anche
recuperate. Separando le sostanze organiche macromolecolari spesso difficilmente
degradabili, gli impianti di depurazione ricevono molto meno carico inquinante.
Grazie alla concentrazione delle correnti di acque di scarico, si verifica anche una
diminuzione del lavoro per l’impianto di essiccamento.
Il progetto è stato premiato nel 1999 in Austria con il premio per le innovazioni in
campo idrico - NEPTUN - nella categoria di tecnologia idrica.
97
3.6.3 ITALIA – RISPARMIO IDRICO NELL’INDUSTRIA TESSILE
L’industria tessile nel nord dell’Italia rappresenta un settore industriale vasto e
molto ben sviluppato. Colorare e stampare sono processi di produzione in cui si
utilizzano enormi quantità di acqua (un’azienda di medie dimensioni consuma
circa 1000 metri cubi d’acqua al giorno, pari più o meno al consumo d’acqua di
un paesino di 2500 abitanti). Per questa ragione, l’industria tessile di Como
sviluppa già da tempo iniziative per risparmiare le acque sotterranee.
In pratica, accanto alle condutture idriche comunali per la separazione dell’acqua
potabile per uso umano, vengono poste per l’industria delle speciali condutture
idriche, che prelevano l’acqua dal lago di Como e la distribuiscono in gran parte
delle aziende nella zona di Como e a sud di essa. Si raggiungono distanze tra i 15
e i 20 km dal punto di partenza e si prelevano dal lago circa 4.000.000 m3 di
acqua all’anno. Questa acqua deve essere purificata prima di poter essere
utilizzata nelle fabbriche tessili, perché la qualità delle acque superficiali non è
ancora sufficientemente adatta all’uso diretto.
Utilizzare quest’acqua significa ottenere un notevole risparmio delle acque
sotterranee destinate ad essere distribuite direttamente come acqua potabile.
Inoltre, i costi elevati per la produzione di acqua pronta per l’uso e per la
depurazione di grandi quantitativi di reflui, hanno spinto molte aziende a ridurre il
consumo idrico.
In un certo numero di aziende, una parte delle acque di scarico della tessitura può
essere riutilizzata per usi meno raffinati nei processi di stampaggio (pulizia degli
stampi e altro), portando ad un produttivo risparmio idrico pari al 20% circa.
98
3.6.4 GERMANIA – ACQUA FARMING
La United Food Engineering (UFE) vende impianti per l’allevamento ittico la cui
produzione annuale è calcolata tra le 25 e le 1000 tonnellate di pesce, effettuata
all’interno di un circuito idrico quasi completamente chiuso.
In questo modo, si è riusciti a diminuire l’impatto che simili impianti costituivano
per la qualità dell’acqua. Nella tecnologia a circuito chiuso della UFE, in ogni
unità in cui si tengono i pesci è installato un sistema di depurazione dell’acqua.
Dapprima ha luogo una depurazione meccanica preliminare tramite filtri.
La schiuma, e con essa le particelle galleggianti più piccole, vengono eliminate
attraverso appositi dispositivi.
Negli elementi centrali i fanghi attivi effettuano poi una depurazione biologica.
L’aerazione usata permette un apporto di ossigeno ottimale sia ai microrganismi
attivi nella decomposizione sia ai pesci nel bacino, inoltre tiene l’acqua in
movimento senza che per questo siano necessarie pompe. Poiché la quantità di
germi batteriologici viene fortemente ridotta nel sistema dai raggi ultravioletti, la
possibilità di proliferazione di malattie è molto bassa. In caso di malattia, vengono
trattati solo i pesci coinvolti, il che, considerata la scarsa quantità di acqua e i
sistemi di depurazione delle acque, non ha alcun effetto sull’ecosistema
dell’impianto.
A seconda del tipo di pesci allevati, tenuti in quantità tra i trenta e i sessanta chili
per metro cubo di volume del bacino, il ricambio dell’acqua viene riportato dal
convenzionale 100% all’ora al 5 - 10% al giorno. Le relative acque di scarico,
nelle stesse quantità, possono essere utilizzate come concime in agricoltura o
vengono depurate secondo le norme in vigore.
Fino ad ora, la UFE ha costruito impianti di allevamento ittico con tecnologia a
circuito chiuso in Germania, Australia, Corea, Giappone e Cina.
99
3.6.5 GRAN BRETAGNA – TERRENO IRRIGUO PER IL
TRATTAMENTO DI REFLUI MINERARI
La Coal Authority è a capo di un progetto di cooperazione per la pulizia delle
acque minerarie inquinate. A questo scopo, vengono utilizzati, a costi
relativamente bassi, soprattutto filtri a telaio di canna.
Il primo telaio di canna fu installato nella stazione di pompaggio Woolley a
Barnsley (probabilmente il più grande progetto di terreno irriguo in Europa per il
trattamento di acque minerarie).
L’acqua giunge in una serie di vasche di sedimentazione, vi si aggiungono agenti
flocculanti e l’acqua viene filtrata attraverso filtri di tessuto prima di raggiungere
un terreno irriguo aerobico di 1,4 ettari. La concentrazione di ferro nelle acque di
scarico diminuisce nel terreno irriguo da 50 mg/l a 1 mg/l, fino dunque a
coincidere con le norme di scarico. Piante e animali selvatici sono tornati al fiume
Dearn, che scorre nelle immediate vicinanze e dove prima si scaricavano le acque,
e nel territorio grazie all’ambiente più pulito.
La Coal Authority è coinvolta in un secondo progetto per le acque minerarie
(costi: 1 milione di sterline, circa 2 miliardi di lire), sostenuto tra l’altro
dall’Unione Europea, per la depurazione di sei chilometri di acque inquinate del
fiume Don, nei pressi di Penstone, South Yorkshire. Dalle vecchie miniere
Bullhouse Colliery, in disuso dal 1918, fuoriesce acqua mineraria.
Alcuni anni fa, le miniere sono state riaperte per l’argilla che si trova sotto gli
strati di carbone. La miniera è ormai esaurita e una superficie di trenta ettari è
stata riportata allo stato originario.
In seguito, cinque ettari sono stati usati per un sistema lagunare che tratta le acque
minerarie. Le acque scorrono in una serie di cascate, per permettere lo scambio di
ossigeno, prima di entrare nella laguna dove gli ossidi di ferro sedimentano.
Poi le acque scorrono attraverso un telaio di canne che raccoglie tutte le restanti
particelle sospese. Si potrebbe inoltre raccogliere il fango dal fondo per farne
mattoni o cemento.
100
3.6.6 SVEZIA - IMPIANTO DI LAVAGGIO CON RICIRCOLO D’ACQUA
Introduzione
Questo progetto LIFE svedese ha portato allo sviluppo di un impianto di lavaggio
che depura l’acqua e la ricicla, permettendo di ridurre il consumo di acqua e
detergenti. Il progetto è stato realizzato in 10 impianti di dimostrazione nei settori
alimentare, della stampa e dell’autolavaggio, situati principalmente nella Svezia
meridionale e centrale.
Descrizione del problema
Gli impianti di autolavaggio utilizzati per vari tipi di veicoli, i processi di pulizia
usati nell’industria alimentare, nelle stamperie, nelle officine e nell’industria dei
metalli, vari trattamenti superficiali ed altri processi ancora producono acque
reflue contenenti livelli molto elevati di sostanze organiche che rendono
difficoltosa la depurazione biologica nei normali impianti di depurazione.
Se le acque reflue contengono metalli pesanti, sostanze tossiche o materiale
organico inquinante e biologicamente resistente, il problema è ancora maggiore
perché tali inquinanti compromettono la qualità dei fanghi prodotti dai depuratori
comunali e li rendono inutilizzabili come fertilizzanti.
Gli impianti di autolavaggio impiegano normalmente un sistema a flusso lineare:
prelevano acqua dalla rete idrica, aggiungono i prodotti chimici necessari ed
usano la miscela ottenuta.
L’acqua di lavaggio usata viene raccolta in un separatore d’olio collegato
direttamente alla rete fognaria: mano a mano che l’acqua di lavaggio affluisce nel
separatore, un’uguale quantità di liquido già contenuta nello stesso si riversa nella
rete fognaria.
Questo tipo di sistema, molto diffuso, utilizza grandi quantità di acqua e prodotti
chimici e produce quantità altrettanto grandi di acque reflue contaminate.
101
Soluzione tecnica
La soluzione è costituita da un impianto che depura e ricicla l’acqua creando un
circuito in cui almeno l’80% dell’acqua altrimenti destinata alla rete fognaria
viene reimmessa in circolo ed utilizzata per altri lavaggi.
Per eliminare dall’acqua di ricircolo il materiale estraneo che la renderebbe
inadatta per nuovi lavaggi sono previsti sistemi di depurazione che riportano la
qualità dell’acqua ai livelli richiesti.
La costruzione dei prototipi e degli impianti di dimostrazione è iniziata alla fine
del 1997 ed il primo impianto di dimostrazione è stato approntato all’inizio del
1998. Altri impianti sono stati completati nel corso del 1998 e del 1999.
Al termine dei lavori di pianificazione e costruzione è stata avviata la fase di
documentazione dei risultati e di effettuazione degli studi di controllo, mentre
nell’ultima fase si è proceduto alla valutazione dei risultati.
Il sistema utilizza metodi di separazione collaudati e affidabili, come ad esempio
la sedimentazione e la filtrazione su sabbia, e prodotti chimici noti e di costo
contenuto che non hanno un particolare impatto negativo sull’ambiente.
Il progetto è suddiviso in dieci sottoprogetti che riguardano tra l’altro il lavaggio
di veicoli pesanti, la pulizia di autocarri (compreso il lavaggio interno delle
cisterne), il lavaggio di piccole autovetture e il lavaggio/pulizia di impianti ed
attrezzature usati nell’industria alimentare, della stampa e della lavorazione dei
metalli. I sottoprogetti sono stati realizzati in zone climatiche diverse utilizzando
tecniche di lavaggio diverse.
Il nuovo sistema riduce come minimo del 90% la contaminazione dell’acqua
reflua e dell’80% o più il consumo di acqua di rete e prodotti chimici.
Risultati e impatto
Il sistema permette di ridurre del 94-99% la contaminazione da oli e metalli
pesanti e del 70-90% il consumo di acqua e detergenti, mantenendo inalterata la
qualità del lavaggio. Se questo sistema di lavaggio e ricircolo fosse utilizzato
negli impianti di autolavaggio per auto private, il potenziale risparmio di acqua
nell’Unione Europea (UE) sarebbe equivalente al consumo domestico d’acqua di
circa 1,5 milioni di persone e un risultato almeno equivalente si otterrebbe
utilizzando il sistema per la pulizia dei mezzi pesanti, ottenendo anche un
risparmio nel trattamento delle acque reflue.
102
I costi associati alle tecniche di produzione “ecologiche” tendono ad escludere dal
mercato molte piccole e medie aziende, in quanto tali tecniche prevedono
normalmente l’utilizzo di tecnologie avanzate ed impianti costosi.
Questo progetto ha deliberatamente evitato di adottare questa impostazione,
concentrando invece gli sforzi sull’uso di tecniche vecchie e collaudate,
attrezzature di costo contenuto e prodotti chimici semplici, diffusi ed economici.
Di seguito sono riportati i risultati ottenuti nei vari impianti, in particolare la
riduzione del consumo di prodotti chimici ed acqua.
riduzione %
Riduzione del consumo di prodotti chimici ed acqua
120
100
80
60
40
20
0
riduzione %
consumo acqua
riduzione % acque
reflue
riduzione %
consumo prodotti
chimici
1
2
3
4
5
6
impianti
103
7
8
3.6.7 PORTOGALLO - SISTEMA INTEGRATO DI GESTIONE
AMBIENTALE PER UN’INDUSTRIA CHIMICA
Introduzione
Quimigal-Química de Portugal-SA è un’impresa privata che produce acido
nitrico, nitrobenzene e anilina. Nel processo è presente una miscela di acido
nitrico e solforico, quest’ultimo viene recuperato mediante concentrazione.
La soluzione in uscita è composta da sali azotati, composti aromatici ed alcuni
solfati.
La prima priorità, conformemente alla politica ambientale definita, è stata di
impiegare una tecnologia pulita nel processo di produzione. A tal fine l’unità di
concentrazione di acido solforico operante in ambiente alcalino è stata sostituita
con un’unità simile, operante in condizioni di ambiente acido. Grazie a questa
iniziativa, la contaminazione dovuta all’azoto diminuisce del 50 %, mentre il resto
viene recuperato sotto forma di materia prima (acido nitrico).
Descrizione del problema
L’eliminazione dei composti aromatici avviene in letti di macrofiti, che
richiedono una superficie effettiva di 10.000 m2 per un effluente di 10 m3/h.
Questa metodologia è stata messa a punto nell’ambito di un altro progetto (LIFE
Reciclam 93/PA.13/P101), che si è dimostrato molto efficiente nell’eliminare i
composti aromatici malgrado i problemi dovuti all’alta concentrazione di sali del
solido nell’effluente.
La tecnologia già applicata, molto semplice, comporta l’occupazione di vaste
superfici e presuppone costi di investimento elevati. Data la notevole efficienza
del processo si è voluto, con la stessa tecnologia di base, creare un letto di
attecchimento che consenta, senza ridurre l’efficienza, di applicare un carico
idraulico superiore. Quindi, in una superficie equivalente all’incirca a un terzo di
quella esistente, si intendono trattare approssimativamente 10 m3/h.
104
Soluzione tecnica
Il progetto è stato avviato costruendo due letti di macrofiti in parallelo, con una
superficie di 1.500 m2 ciascuno, la cui matrice di attecchimento è data da
aggregati di argilla espansa. Per la costruzione si è proceduto come segue:
•
rilievo topografico: è stato effettuato un rilievo topografico in scala 1/200
della zona di insediamento dei nuovi letti;
•
preparazione del terreno e movimento terre: livellamento del terreno e
scavi fino alla quota stabilita, spianamento e compattamento dei declivi
per permettere la posa di una geomembrana;
•
sistema di impermeabilizzazione: è stato collocato uno strato di geotessile,
sopra il quale è stata posta una membrana di polietilene ad alta densità
spessa 1,5 mm, saldata mediante estrusione e fusione e fissata lungo i
perimetri dei letti;
•
distribuzione degli effluenti e sistema di drenaggio: i letti sono alimentati
orizzontalmente per cui è stata costruita una cassa 50x0,5x0,6 m di ghiaia
(strato di spessore 8-15 cm) per la distribuzione dell’effluente, sulla quale
è stato collocato un tubo di scarico in PVC. Il sistema di drenaggio è
costituito da un tubo, perforato e collocato longitudinalmente sul fondo del
letto;
•
materiale di riempimento: sul tubo di drenaggio è stato collocato uno
strato di ciottoli in un avvolgente di 0,4 m di raggio lungo tutto il tubo.
Inoltre sono stati collocati due strati di aggregati leggeri di argilla espansa
(LECA): lo strato inferiore è spesso 0,4 m con granulometria di 3-8 mm e
quello superiore 0,2 m con una granulometria di 2-4 mm. In totale sono
stati impiegati 1.780 m3 di LECA;
•
piantagione: sono stati raccolti i rizomi di piante native della regione delle
specie Aveiro-Phragmites, dalle quali sono stati isolati frammenti con due
nodi, collocati subito in acqua per salvaguardare il frammento di rizoma
fino alla sua piantagione. Si è proceduto al loro attecchimento in terreno
vegetale e germinazione in serra. Dopo 3-5 settimane, si è proceduto alla
piantagione con densità di 5 piante/m2;
105
•
acclimatazione: inizialmente i letti sono stati inondati di acqua per favorire
lo sviluppo delle piante e della popolazione microbica; in seguito sono
stati alimentati con effluenti;
•
controllo analitico: una volta creato il sistema, è stato effettuato un
controllo analitico sistematico sia dell’affluente (in entrata) che
dell’effluente (in uscita) per testare la capacità di depurazione e di
rendimento dei letti di macrofiti nell’eliminazione dei composti aromatici.
Risultati e impatto
I pochi riferimenti sull’utilizzo di LECA in letti di macrofiti sono associati
all’eliminazione del fosforo negli effluenti domestici. La specificità del sistema ha
permesso di sviluppare un progetto su scala semindustriale, utilizzando un
supporto provvisto di un’elevata superficie specifica in modo da aumentare il
carico organico applicato al sistema.
Con il progetto si è messo a punto un metodo per denitrificare gli effluenti, i cui
livelli di nitrato sono superiori a 800 ppm (parti per milione), in base a un
processo biologico di cellule microbiche libere e/o immobilizzate su un supporto
rigido, poroso e con un’elevata superficie specifica. Questo processo di
denitrificazione ha dimostrato finora un’efficienza superiore all’85%, producendo
un effluente liquido che si presta ad essere riciclato nel processo industriale.
La tecnologia sviluppata, oltre ad essere applicata all’effluente dell’impresa
Quimigal-SA, potrà essere ampiamente impiegata nel settore dei fertilizzanti,
fonte potenzialmente grave di inquinamento.
106
3.6.8 ITALIA - INDUSTRIA CARTARIA: ESEMPIO DI CHIUSURA DEL
CICLO IDRICO ALLA CARTIERA MODESTO CARDELLA
Introduzione
Oggi le cartiere hanno imparato a prevenire la formazione della maggior parte dei
fanghi. Molte sanno riutilizzarli e tutte le cartiere nazionali hanno imparato a
risparmiare acqua, fibre cellulosiche ed energia a parità di carta prodotta.
Dal punto di vista delle materie prime, due sono le grandi categorie di cartiere: le
cartiere che producono a base di carta e cartone riciclato e le cartiere che
utilizzano come base le fibre vergini.
Le carte di massa si identificano di norma nella prima categoria e qui vediamo i
cartoni e i cartoncini per l’imballaggio, seguite dalle carte per quotidiani e dalle
carte da stampa non destinate alla conservazione nel tempo. Le carte che
impiegano fibre vergini di elevata qualità hanno un loro ruolo come integratori di
caratteristiche fibrose che nelle fibre rigenerate decadono a ogni ciclo di riutilizzo.
Si stima che mediamente la carta è riciclabile da cinque a sette volte ma per farlo
correttamente su impianti industriali è buona norma utilizzare insieme al riciclato
andante anche del riciclato proveniente da fibra vergine (di primo riutilizzo).
Il riutilizzo di carta riciclata post-consumer fa risparmiare ai produttori di
cellulosa e di carta:
•
Energia, normalmente almeno 200 gr. di petrolio equivalente per ogni kg
di carta prodotta.
•
Alberi, normalmente l’80%.
•
Acqua, normalmente circa il 30% del totale dell’acqua prelevata.
•
Costi.
Il settore cartario ha visto nei paesi altamente industrializzati la riduzione dei
propri utilizzi di acqua fresca, a parità di carta prodotta, del 80% nell’arco degli
ultimi 30 anni.
Si prevede nei prossimi 30 anni una riduzione di prelievo d’acqua fresca per usi
cartacei di un ulteriore 80%. Questo obiettivo sarà raggiunto in tempi più brevi
solo se l’acqua ad uso industriale dei paesi industrializzati avrà un costo
107
significativo, ossia equivalente alla tassa di un dollaro di oggi per metro cubo di
acqua prelevata.
Il settore cartario sta sopportando enormi sforzi per ridurre il suo impatto
ambientale ed i suoi utilizzi di acqua. Pertanto si propone, invece che una
tassazione, l’incentivazione economico-fiscale basata sul risparmio d’acqua a
parità di carta prodotta (come oggi già applicato in Germania).
Lo sforzo esercitato dal settore cartario negli ultimi decenni ha fatto risparmiare, a
parità di carta prodotta, le materie prime massicciamente impiegate quali acqua,
alberi, energia, fibre cellulosiche e cariche minerali ed è stato accompagnato
dall’incremento di riutilizzo di carte e cartoni riciclati. In Italia per produrre carta
e cartoni si riutilizza molta carta di riciclo: oggi circa il 60% del materiale fibroso
cartaceo nazionale è ottenuto dal post-consumer. Per ottenere 1 kg al secco di
buona cellulosa sono normalmente necessari 7 kg di albero vivo (metà del peso
del legno fresco è acqua). Potature, cortecce e sfridi sono oggi largamente
utilizzati come materiale combustibile utile alla produzione dell’energia
necessaria alla trasformazione del legno in fibre cartarie.
E’ auspicabile al più presto un contributo per la rottamazione dell’acqua e dei
materiali post-consumer riutilizzati.
Mediamente in Europa un foglio di carta è costituito da: 42% di materiali fibrosi
vergini, 36% di carta riciclata, 12% di pigmenti quali caolino, carbonato di calcio,
talco, ecc., 7% di acqua (dato medio), 3% di amidi e additivi chimici.
Le carte e i prodotti derivanti dai materiali post-consumer, se ottenuti con le
moderne tecnologie rispettose dell’ambiente, danno origine a oggetti di elevato
contenuto qualitativo, pari a quello ottenuto da materie prime di primo riutilizzo.
Considerazioni
Ci si augura che possa assumere rilevanza e peso la Direttiva Europea IPPC
(Prevenzione e Controllo integrato dell’inquinamento) che in Italia è stata recepita
con la legge comunitaria 95/97. Essa impone un cambio sostanziale nella gestione
dei cicli produttivi dell’industria cartaria. In particolare, dovrà determinare il
modo di operare al fine di dimostrare che durante il processo di produzione siano
state preventivamente adottate le migliori tecnologie disponibili per il massimo
rispetto integrato dell’ambiente (acqua, aria e suolo).
La produzione di carta e cartone dovrebbe avere degli aggravi e delle agevolazioni
108
economiche proporzionate alla sua funzione sociale e al suo spreco di risorse di
non veloce rinnovabilità.
Il settore cartario nazionale è fortemente impegnato nella riutilizzazione dei
prodotti cartacei post-consumer, nella riduzione dei consumi energetici, nella
riduzione della sua incidenza su piogge acide ed effetto serra. Le sue acque reflue
sono sempre più pulite e sempre più adatte all’irrigazione agricola. Risparmiare
150 milioni di metri cubi annui di acqua in Italia su 200 è un obiettivo
perseguibile, ma occorre renderlo economicamente conveniente.
Le industrie cartarie, si troveranno a dover affrontare costi molto alti derivati dai
processi tecnologici per la riduzione dell’impatto ambientale. La tendenza sarà
quella di recuperare parte delle spese sostenute nel trattamento dei reflui con il
riutilizzo dei materiali riciclabili nel processo produttivo.
La tecnologia attualmente disponibile e che potrà essere nel futuro migliorata,
permette da una parte di utilizzare per il primo impiego acque di ogni tipo e di
restituire ai bacini idrici acque di scarico che non ne modifichino le
caratteristiche; un opportuno riciclaggio può inoltre permettere un ripetuto
impiego delle stesse acque, eliminando gli sprechi.
Misure per la riduzione delle emissioni in acqua
•
separazione delle acque di processo a diverso contenuto di inquinanti e
riciclo delle stesse;
•
gestione ottimale delle acque, loro chiarificazione tramite filtrazione,
sedimentazione o flottazione, e riutilizzo;
•
riduzione dei consumi idrici attraverso la rigida separazione dei flussi e
riciclo;
•
installazione di un bacino di equalizzazione e di un sistema di trattamento
primario delle acque reflue;
•
trattamento biologico anaerobico seguito da un trattamento aerobico delle
acque reflue;
•
parziale riutilizzo delle acque provenienti dalla depurazione biologica
(l’applicabilità va valutata nei singoli casi e potrebbe richiedere anche
trattamenti terziari aggiuntivi);
109
•
trattamento in ciclo di specifiche acque di processo; la totale chiusura del
ciclo non ha invece la necessaria efficienza.
Simulazione della chiusura del circuito delle acque dalla situazione attuale
alla Cartiera Cardella (Verona)
Lo scopo dello studio compiuto è quello di avere una panoramica dei consumi di
acqua, sia fresca che di processo, per la produzione di carta in questo stabilimento.
Il risultato finale che si vuole raggiungere è la raccolta di informazioni utili per
ottenere una chiusura del circuito, tale da consumare 5 m3 di acqua di pozzo per
tonnellata di carta prodotta.
A questo scopo si è analizzato:
•
il consumo di acqua di pozzo all’interno dello stabilimento;
•
il comportamento dell’impianto di depurazione delle acque in funzione
della chiusura del ciclo;
•
una proiezione sulla crescita della concentrazione del COD nelle acque di
processo a seguito della chiusura del ciclo;
•
la caratterizzazione dal punto di vista chimico dei componenti dell’acqua
di processo.
I principali impieghi di acqua fresca sono per:
•
raffreddamenti;
•
lavaggi di tele e feltri;
•
preparazione e diluizione dei prodotti chimici,
Acqua per i circuiti di raffreddamento: il consumo totale di acque fresche per i
circuiti di raffreddamento è pari a 90 m3/h.
Lavaggio di tele e feltri: si può stimare che il consumo totale per gli spruzzi sarà
di 60 m3/h dopo le modifiche apportate all’impianto.
110
Prodotti chimici: il consumo di acqua per la preparazione e la diluizione dei
prodotti chimici oscilla tra 20 e 35 m3/h.
Considerazioni
L’acqua che potrebbe essere adatta a soddisfare i consumi di acqua per gli spruzzi
ad alta e bassa pressione delle tele e dei feltri è quella di processo,
opportunamente trattata tramite filtrazione.
Poiché l’acqua fresca da introdurre nel circuito è di 5 m3/t di carta, per la
produzione di 30 t/h si ha una introduzione di 150 m3/h di cui 90 m3/h sono da
impegnare per i raffreddamenti. Per l’evaporazione occorre considerare circa un
fattore 1,35 rispetto alla produzione di carta e quindi 39 m3/h ((150/1,35) m3/h =
111 m3/h; (150 – 111) m3/h = 39 m3/h); quindi rimangono circa 20 m3/h ((150 –
90 – 39) m3/h = 21 m3/h) da utilizzare per scopi più nobili.
L’acqua dei raffreddamenti è comunque da riutilizzare nella preparazione e nella
diluizione dei prodotti chimici.
Analizziamo ora la gestione delle acque di processo. Le analisi compiute hanno
mostrato che tra le varie componenti non ci sono differenze tali da giustificare che
vi siano dei trattamenti differenziati tra di loro. Le acque di processo possono
essere gestite in due modi diversi: in modo centralizzato ed in modo anulare.
Nel primo caso la gestione è molto più complicata sebbene offra dei vantaggi: la
possibilità di effettuare trattamenti sul complesso delle acque ed il fatto che in
questo avremo sempre a disposizione acqua di processo di qualità mediata.
La modalità anulare è più semplice dal punto di vista impiantistico ma offre lo
svantaggio di alimentare le utenze con acqua di qualità variabile.
L’acqua in uscita dal depuratore può essere utilizzata per molti scopi poiché la sua
introduzione nel circuito ha un impatto molto basso sul COD delle acque di
processo (infatti si ha rimozione di COD pari al 91,5%, BOD pari al 95%).
111
Proiezione della chiusura del circuito delle acque (5 m3/t) per la produzione
attuale di 20 t/h di carta
Nella situazione odierna la produzione può essere considerata mediamente di 20
t/h.
Se si vuole conseguire un consumo di acqua fresca, al netto dell’evaporazione, di
5 m3/t, si ottiene di poter introdurre nel circuito 100 m3/h di acqua dei pozzi che
aumentano a 126 m3/h se si considera che per ogni tonnellata di carta prodotta
1,35 m3 di acqua si perdono con l’evaporazione.
Nel totale, questo significa avere un’entrata di acqua nel circuito di circa 130
m3/h.
La quantità di acqua che deve essere riciclata, previa filtrazione, per soddisfare i
consumi attuali degli spruzzi a bassa ed alta pressione delle tele e dei feltri è pari a
43 m3/h.
I 126 m3/h introdotti verrebbero così utilizzati:
•
90 m3/h per i raffreddamenti della centrale termica e quindi la
preparazione e la diluizione dei prodotti chimici;
•
26 m3/h in uscita con le fumane;
•
rimarrebbero da impiegare circa 10 m3/h per i quali trovare un
utilizzo nobile.
La portata di acqua fresca così introdotta non è sufficiente a soddisfare il
fabbisogno di acqua di controlavaggio dei depuratori della sezione “preparazione
pasta”, per i quali si può utilizzare l’acqua in uscita dal depuratore biologico: la
portata stimata di tale consumo è di 21 m3/h.
Ipotesi per la chiusura del ciclo delle acque e la riduzione dei consumi di acqua
•
Parziale riutilizzo dell’acqua in entrata ai flottatori per gli spruzzi (S) di
tele e feltri. Questa opzione può essere realizzata mediante l’impiego di un
filtro o di un chiarificatore a sedimentazione;
•
Parziale riutilizzo dell’acqua in uscita dai flottatori per gli spruzzi (S) di
tele o feltri dopo un trattamento con un filtro.
•
Riutilizzo dell’acqua in uscita dal trattamento biologico, previa filtrazione.
112
•
Riutilizzo dell’acqua in uscita dall’impianto biologico, previa filtrazione a
membrana, per gli spruzzi (S) di tele e feltri (la membrana è utilizzata per
migliorare la qualità dell’acqua in uscita dall’impianto biologico).
Nella figura seguente è proposto uno schema dell’impianto con le varie opzioni
(indicate con le linee tratteggiate) per la chiusura del circuito e la riduzione dei
consumi idrici.
MATERIE PRIME
ACQUA FRESCA
EVAPORAZIONE
STABILIMENTO
S
DEPURATORE
BIOLOGICO
FLOTTATORE
SCARICO
113
4. AMBITO AGRICOLO
4.1 LINEE GUIDA
La gestione sostenibile delle risorse idriche per uno sviluppo organico dell’attività
agricola comporta una combinazione di interventi di ordine normativo,
tecnologico gestionale, formativo, professionale, variabile sostanzialmente a
seconda delle emergenze territoriali (penuria delle risorse, dissesto idrogeologico,
inquinamento, ecc...). Si tratta di fenomeni di natura non solo molto differente tra
loro, ma anche, al loro stesso interno, di segno discordante (può essere tanto
problematico il deficit idrico in una zona, quanto la mancata regolamentazione
della risorsa idrica abbondante in un’altra zona).
Per affrontare il problema dell’utilizzazione dell’acqua in agricoltura, è utile
dunque procedere con ordine:
•
fissando alcuni punti di partenza;
•
descrivendo il contesto nazionale ed internazionale entro il quale ci si
deve muovere;
•
proponendo le soluzioni conseguenti.
Fissiamo l’attenzione sul territorio nazionale.
Come primo punto di partenza, bisogna ricordare un dato molto importante:
l’irrigazione in Italia è meno diffusamente praticata lì dove le condizioni
climatiche richiederebbero un maggior apporto idrico. In sintesi l’entità
dell’approvvigionamento irriguo è direttamente dipendente dalle disponibilità
idriche naturali (36 miliardi di metri cubi al Centro-Nord, 9 al Sud), molto meno
dalla domanda d’acqua.
Secondo punto di partenza: il dissesto idrogeologico è un fenomeno diffuso su
tutto il territorio nazionale, tanto da costituire un gravissimo fattore limitante dello
sviluppo economico e sociale.
Se infatti si va a guardare la classificazione dei Comuni italiani con “livello di
attenzione” per il rischio idrogeologico “molto elevato ed elevato”, elaborata dal
CNR (Centro Nazionale per le Ricerche), si nota come questi coprono ben il
114
45,3% del totale dei Comuni e che la graduatoria vede comparire in ordine
alternato Regioni del Nord, Centro e Sud (in prima posizione è l’Umbria, seguita
dalla Calabria, dal Molise, dalla Liguria, dalla Valle d’Aosta e così di seguito).
Terzo punto di partenza è che dal punto di vista gestionale spesso tutto il
sistema irriguo (captazione, adduzione, distribuzione) funziona con gravi disagi:
ciò è evidente se solo si pensa che le perdite d’acqua nelle condotte di adduzione e
di distribuzione di una acquedotto irriguo arrivano mediamente al 40% della
quantità dell’acqua in partenza dall’acquedotto (mentre sarebbe “fisiologica” una
perdita dell’ordine del 20%).
Spesso sono stati realizzati dei bacini artificiali di raccolta dell’acqua senza le
opere di protezione del suolo a monte, per cui ben presto i bacini si sono
trasformati in depositi di fango risultante dall’erosione.
Altre volte, essendo affidata ad Enti o soggetti differenti la realizzazione delle
varie fasi irrigue (captazione, raccolta, trasporto, distribuzione, ecc.), i bacini sono
stati costruiti prima di attrezzare i sistemi di irrigazione a valle, per cui per anni
l’acqua è stata raccolta ed esposta all’evaporazione senza alcuna utilità.
In definitiva nonostante le forti somme investite in questi anni nelle grandi
infrastrutture idriche, sono state costruite opere che si sono poi rivelate poco
redditizie, dal punto di vista costi-benefici.
Il contesto entro il quale si inserisce la problematica della utilizzazione dell’acqua
a fini irrigui, negli ultimi anni non si può dire sia favorevole né a livello mondiale,
né a livello europeo e nazionale.
Infatti a livello mondiale, mentre si registra un consenso unanime sulle previsioni
dei rischi di penuria di acqua, anche all’interno di autorevoli enti (quali FAO,
ONU e Banca Mondiale) si esprimono posizioni radicalmente distinte quando si
passa ad indicare le linee strategiche per opporsi a questa tendenza. C’è chi
attribuisce questa carenza a mutamenti metereologici e a fenomeni sempre più
preoccupanti di inquinamento; altri, ad una sorta di siccità agricola determinata
dalla crescita della popolazione e dalla coltivazione intensiva di varietà agricole
ad alto rendimento ma ad elevato assorbimento idrico (esempio riso e canna da
zucchero), a questo fenomeno si riporta sostanzialmente la responsabilità della
sempre più diffusa desertificazione .
A livello di Unione Europea la domanda d’acqua è in aumento per gli usi
agricoli, con particolare riguardo per i paesi mediterranei; si riscontra però un
115
profondo dissenso tra paesi mediterranei e paesi continentali sulla opportunità o
meno della priorità dell’approvvigionamento idrico al settore agricolo.
A fronte di ciò la posizione dell’Italia sull’argomento appare da un certo
punto di vista “più favorevole”, in quanto il nostro è un paese nel quale si sono
mantenuti alcuni principi basilari di salvaguardia sull’uso dell’acqua, e in
agricoltura in particolare: ad esempio un articolo della legge 36/94 (legge Galli)
definisce “pubbliche” tutte le acque superficiali e sotterranee nel territorio
nazionale; un altro articolo stabilisce che in condizioni di siccità o comunque di
penuria di acqua, dopo il consumo potabile, venga privilegiato quello per
l’irrigazione.
Sono ormai certe alcune acquisizioni di cui bisogna prendere atto:
•
c’è una generale e diffusa tendenza al risparmio, al riciclo e al riuso
dell’acqua;
•
occorrerà affrontare la questione del prezzo dell’acqua;
•
saranno sempre più diffusi i controlli e i censimenti (non a caso si sta
cercando da tempo di imporre l’obbligo della denuncia dei pozzi per una
conoscenza approfondita dei consumi diffusi).
Le vicende climatiche degli ultimi anni stanno sempre più evidenziando delle
anomalie nel regime delle piogge: diminuzione della quantità assoluta con lunghi
periodi di siccità ed eventi temporaleschi di elevata intensità di precipitazione, con
fenomeni alluvionali sempre più frequenti. La siccità che colpisce sempre più
gravemente le regioni meridionali, determina enormi problemi sia di fornitura di
acqua potabile ai cittadini sia per la difficoltà od impossibilità di irrigare le
coltivazioni, con perdite economiche rilevantissime, specie a carico delle colture
orticole e frutticole, che sono quelle che richiedono i maggiori quantitativi
d’acqua e che rappresentano il comparto portante dell’agricoltura nazionale.
Anche nelle regioni del centro-nord la carenza di precipitazioni provoca rilevanti
problemi sia alle colture sia all’ambiente; infatti, l’eccessivo prelievo idrico dai
fiumi limita in questi la portata, provocando di conseguenza la concentrazione
degli inquinanti e la compromissione della vita acquatica, mentre l’eccessivo
sfruttamento delle acque sotterranee provoca l’abbassamento delle falde,
l’ingressione di acque marine, ed anche lo sprofondamento del territorio (grave
116
fenomeno della subsidenza lungo la costa dell’alto adriatico). Inoltre occorre
tenere conto anche dei fenomeni di dissesto idrogeologico, sempre più diffusi.
In Italia la domanda complessiva d’acqua è di circa 50 miliardi di m3, dei quali
circa il 60% (30 miliardi di m3) è consumata in irrigazione. Stime più recenti
rivedono queste ultime verso il basso, in particolare per gli usi irrigui, che sono
stimati in circa 20 miliardi di m3, per un prelievo annuo complessivo d’acqua
dolce di circa 40,5 miliardi di m3. Per quanto concerne l’agricoltura, IRSA-CNR
individua alcune tendenze che suggeriscono una certa riduzione della domanda
nei prossimi anni, in particolare le riforme nella Politica Agricola Comune del
1992 e quelle più incisive di Agenda 2000 che hanno introdotto la diminuzione al
sostegno dei prezzi agricoli. Tuttavia l’esperienza passata indica che le zone
maggiormente produttive, in generale quindi quelle che utilizzano l’irrigazione in
maniera intensiva, sono meno influenzate da queste politiche.
Per l’IRSA (Istituto di Ricerca e Sperimentazione Agraria): “Le stime esistenti
sono scarse; tuttavia avvalorano in genere un’opinione secondo cui la SAU
(Superficie Agraria Utilizzata) complessiva è in diminuzione, ma quell’irrigabile
aumenta, sia pure solo leggermente. In molti casi tuttavia questo non si traduce
necessariamente in una domanda effettiva di irrigazione. Una ulteriore tendenza
che sembra ipotizzabile è quella che va verso la sostituzione delle tradizionali
tecniche a scorrimento o allagamento con tecniche meno idroesigenti (aspersione
in genere, a goccia nelle colture a più elevato valore). Questo processo di
sostituzione è in gran parte indipendente da considerazioni di risparmio idrico,
essendo dovuto soprattutto alla minore intensità di lavoro, alle maggiori
opportunità di automazione offerte da queste tecnologie ed alle migliori possibilità
di combinazione con le attività di fertilizzazione e lotta antiparassitaria; ma è ben
probabile che un’ulteriore spinta in questa direzione possa venire dalla leva
tariffaria, in particolare se verranno attuati i principi contenuti nella proposta di
Direttiva Quadro europea sulle acque con la riduzione drastica dei sussidi al
prezzo dell’acqua”.
Il prelievo agricolo è anche caratterizzato da una forte stagionalità estiva, con
ancor più gravi problemi di approvvigionamento. Nella situazione attuale di
siccità sempre più pronunciata risulta quindi indispensabile che il settore agricolo,
quale maggior consumatore della risorsa idrica, si indirizzi alla massima
limitazione dei prelievi idrici attraverso un uso oculato della risorsa.
117
Questa strategia comporta una ricerca di soluzioni che coinvolgono al tempo
stesso
gli
aspetti:
normativi,
gestionali
e
tecnologici
nel
campo
dell’approvvigionamento, della regimazione delle acque meteoriche, del
disinquinamento, delle irrigazioni ad elevata efficienza e del consistente recupero
e riciclo delle acque reflue.
Un uso più efficiente dell’acqua irrigua, oltre che permettere di irrigare maggiori
superfici, comporta minori rilasci di nutrienti nei fiumi ed un importante risparmio
energetico; infatti, tutta l’acqua distribuita è normalmente sollevata più di una
volta, con consistenti consumi d’energia. Le modalità e le tecniche per
incrementare l’efficienza dell’acqua e ridurre i consumi sono numerose; talune
molto conosciute ma non sempre applicate, altre, viceversa, richiedono maggiori
conoscenze agronomiche e tecnologiche che è indispensabile far giungere a tutti i
produttori ed agli enti gestori delle risorse idriche.
Tra le numerose azioni possibili di risparmio idrico, l’aridocoltura è quella più
conosciuta e consiste in lavorazioni dei terreni utili al massimo accumulo e
tesaurizzazione dell’acqua nel terreno, alla riduzione delle perdite di
evaporazione, alla scelta di ordinamenti colturali con specie e genotipi
aridoresistenti, all’uso di pacciamature e frangiventi capaci di ridurre i consumi
d’acqua.
Le strategie di gestione delle irrigazioni possono ulteriormente contribuire ad un
uso più efficiente dell’acqua: irrigazioni effettuate con quantità ben dosate e
distribuite in momenti di massima efficacia per le piante, possono essere
individuate tramite specifici bilanci idrici e con l’attuale conoscenza della
fisiologia delle colture. Anche l’uso di metodi e sistemi irrigui di elevata
efficienza di distribuzione, come l’irrigazione a goccia, o una gestione più
efficiente e moderna di quelli già presenti, risultano capaci di far ridurre le
necessità d’acqua salvaguardando le rese agricole.
Alle modalità di risparmio idrico nell’azienda agricola andrebbero poi affiancate
azioni materiali ed immateriali consortili, capaci di contenere le perdite di
trasporto tra fonte idrica e azienda agricola, di consentire ai produttori una
gestione elastica e con i metodi irrigui più efficienti, ma, soprattutto, di sollecitare
gli utilizzatori ad un uso parsimonioso, anche tramite un sistema tariffario
incentivante e campagne di divulgazione ed assistenza tecnica sull’uso efficiente
dell’acqua.
118
In termini generali va però rilevato che nessuna azione applicata singolarmente
risulterà capace di determinare un buon contenimento dei consumi, viceversa
un’applicazione intelligente ed integrata di diverse azioni e modalità può incidere
sensibilmente sulle riduzioni dei prelievi agricoli, senza penalizzare il reddito
aziendale.
Un problema decisivo diventa perciò la soluzione della questione dell’efficienza
del sistema irriguo, e immediatamente dopo, ma correlata ad essa, quella relativa
ad una maggiore corrispondenza tra costi di gestione, contribuzioni e benefici.
Ma per questo la prima cosa da fare è precisare che quando parliamo di
irrigazione dovremo sempre distinguere la problematica relativa alla cosiddetta
irrigazione “pubblica”, cioè quella derivante dalle grandi infrastrutture gestite
normalmente dai Consorzi di bonifica, da quella della irrigazione “privata” e
cioè quella ottenuta attraverso emungimento da pozzi. Sono infatti problematiche
completamente differenti e rappresentano entrambe fenomeni molto consistenti.
Si pensi che ad esempio in Puglia si calcola che su 262.000 ettari
complessivamente irrigati, 83.000 sono irrigati con le grandi infrastrutture e ben
179.000 da pozzi.
Per quanto riguarda l’irrigazione pubblica, si dovrà puntare sull’obiettivo di
garantire un servizio idrico efficiente anche in zone agricole difficili, dove il costo
di approvvigionamento risulta elevato in senso relativo.
In proposito l’INEA (Istituto Nazionale Economia Agraria) nel suo “Studio
sull’uso irriguo sulla risorsa idrica, sulle produzioni agricole irrigate e sulla loro
redditività” condotto in alcune aree campione significative, rileva che nel triennio
1996-1998, nonostante un andamento crescente dei ruoli irrigui (fino anche a 4-5
volte) a carico delle contribuzioni degli agricoltori, la capacità di copertura dei
costi di gestione varia nei diversi distretti irrigui, in funzione del sistema
distributivo. In particolare, nei distretti serviti con sollevamento le contribuzioni
non coprono i costi di esercizio (la copertura media è dell’86%), a differenza di
quanto accade nei distretti serviti da reti a pelo libero, ove il valore medio si
attesta, invece, al 245% circa.
Queste marcate differenze mettono in risalto la necessità di una attenta
modulazione dei ruoli, che favorisca una più equa partecipazione dei vari distretti
alla copertura dei costi di distribuzione irrigua. Ciò implica il ridimensionamento
del carico che grava sugli utenti nelle aree servite da canali a pelo libero (già
119
penalizzate da una maggiore incidenza delle perdite di distribuzione) e,
conseguentemente, un adeguamento dei ruoli nelle aree irrigue servite da condotte
in pressione.
Per quanto riguarda invece l’irrigazione privata la situazione è in un certo senso
più delicata e complessa. In questo caso infatti si tratta di prelievi sotterranei
d’acqua che sfuggono ad un controllo certo e che avvengono in particolare in zone
ove manca l’irrigazione pubblica. Ciò comporta spesso gravi problemi di
abbassamento della falda freatica, processi di salinizzazione nelle zone costiere e
fenomeni sempre più estesi di subsidenza.
Occorrerà
dunque
intervenire
urgentemente
attraverso
sistemi
di
approvvigionamento pubblico in quanto più il fenomeno si manifesta e più gli
attingimenti privati diventano onerosi e problematici.
In questo senso molto apprezzabile è l’Accordo di Programma sottoscritto
nell’Agosto 1999 da Basilicata e Puglia che, sfruttando l’articolo 17 della Legge
36/94, mira al superamento della frammentazione gestionale esistente tra le due
Regioni attraverso l’istituzione degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali).
In questo Accordo è detto esplicitamente che il costo dell’acqua deve essere
fissato “come elemento motore di opportunità di sviluppo locale”.
Se è indiscutibile dunque il fatto che bisognerà incrementare la disponibilità di
acqua per l’irrigazione, occorre valutare se sia più redditizio fornirla attraverso la
costruzione di nuove grandi dighe (che comportano spesso inefficienze
tecnologiche e complicazioni nella sincronia dei tempi di realizzazione delle opere
di adduzione e di distribuzione), oppure attraverso piccoli laghetti collinari e
montani la cui gestione risulta più maneggevole e semplice.
Bisognerà intervenire con urgenza specialmente nelle regioni meridionali ed
insulari, esposte a stress di natura ambientale (condizioni di aridità stagionali,
ripetuti episodi di siccità, precipitazioni brevi ed intense, erodibilità dei suoli,
pressione delle attività umane sull’ambiente), ove si sono già evidenziati squilibri
in
conseguenza
della
scarsa
disponibilità
dell’acqua
con
rischio
di
desertificazione.
Si devono quindi assumere tutte quelle misure che possano limitare la diffusione
dei gas-serra che determinano in definitiva un innalzamento della temperatura
media terrestre; questo perché gli agricoltori, in particolare quelli residenti in aree
120
a clima arido e in quelle soggette alla desertificazione, sono i primi ad essere
penalizzati da un aumento della temperatura del pianeta.
Da uno studio effettuato dalle Nazioni Unite, che raccoglie i principali scienziati
di diversi Paesi, si stima che nei prossimi 100 anni l’aumento medio della
temperatura, a seconda che si mettano in atto o meno efficaci politiche ambientali,
oscillerà tra i 1,8 e 5,8 gradi. Questi 4 gradi di differenza comportano una
differenza enorme nella capacità di produzione agricola mondiale.
E’ noto che il processo di degrado del territorio che porta alla desertificazione è
generato da fattori ambientali e da fattori antropici. Tra questi ultimi può
assumere un ruolo positivo notevole l’adozione di una buona prassi agricola
nelle aziende agricole. Infatti le lavorazioni del terreno sono sempre state lo
strumento principe per l’idonea regimazione delle acque di deflusso sia
superficiali che profonde e, se idoneamente realizzate, evitano il ruscellamento e
aiutano il mantenimento del tenore idrico dei suoli.
Ma
la
gestione
delle
risorse
idriche
non
significa
solo
razionale
approvvigionamento: deve significare anche corretta ed efficace difesa dalle
acque, ossia regimazione e disinquinamento. Una efficace azione di difesa
idrogeologica si realizza solo se si attiva un programma nazionale di prevenzione
che si concretizza in una efficace e diffusa manutenzione delle aste fluviali e dei
versanti.
Esiste ora la possibilità per gli agricoltori di realizzare specifici interventi di
manutenzione, in convenzione con l’operatore pubblico, come specificato in
alcune leggi (legge sulla montagna 97/94, art.7 e art.17) .
Si tratterà di intraprendere, laddove la presenza e la capacità professionale dei
coltivatori è più elevata, contatti con le Comunità montane per l’affidamento agli
agricoltori di lavori di manutenzione ordinaria, in particolare dei versanti e degli
alvei, o per l’assegnazione di finanziamenti per interventi nelle aziende agricole.
Ma in zone sempre più diffuse del paese il problema idrico più impellente inizia
ad essere quello della “qualità”. Il problema è tanto grave da condizionare lo
stesso uso dell’acqua e di fatto diventa un fattore limitante anche della quantità.
Sostanzialmente per questa ragione l’Unione Europea ha emesso la Direttiva
2000/60 sulla regolazione della quantità e della qualità delle acque.
121
In questa è sancito un principio che determinerà un vincolo per lo sfruttamento dei
corpi idrici superficiali molto stretto, il quale stabilisce che, per tutti i corpi idrici,
deve essere garantito il “minimo deflusso vitale”.
Bisognerà trovare tutti i modi per sfruttare al meglio tutte le risorse idriche
convenzionali e non. In questo senso il riciclaggio ed il risparmio possono essere
una risora preziosa.
In agricoltura finora sono state trascurate le risorse idriche alternative (acque
reflue o salmastre). Queste acque, pur presentando anomalie, possono essere
valorizzate nell’irrigazione qualora vengano impiegate con adeguati e scrupolosi
accorgimenti tecnici. Non si può generalizzare il concetto di qualità dell’acqua
irrigua, perché questa dipende da numerosissimi fattori (tipo di terreno,
andamento climatico, specie coltivata, metodo irriguo, ecc.). Il più recente disegno
di legge sull’utilizzazione delle acque superflue in agricoltura, invece, contempla
analisi severissime, ammettendo all’uso irriguo acque talmente “depurate” da
risultare immuni da ogni difetto, ma costosissime. Così avviene che i reflui
urbani, che rappresentano una potenziale risorsa idrica, dopo che la collettività ha
sostenuto i costi per la depurazione, vengono sprecati, mentre la siccità avanza.
Inoltre per ottenere un consistente risparmio di acqua è necessario utilizzare
materiali di costruzione delle condotte di buona tenuta, come anche mettere in
opera sistemi irrigui a minor consumo relativo, come quelli “a pressione”, “a
goccia” e meccanizzati.
Un ulteriore contributo al risparmio di acqua irrigua proviene dall’elettronica.
Da qualche tempo molti impianti irrigui hanno raggiunto un elevato grado di
automazione. Le adacquate possono essere totalmente programmate mediante
centraline di controllo, software, computer, timer, elettrovalvole e misuratori di
flusso, dando alla pianta solo il volume di acqua necessario alla traspirazione.
In questa materia si può far rientrare il ruolo determinante che deve svolgere la
ricerca scientifica. Si tratta infatti, considerando il progressivo processo di
inquinamento delle acque determinato dalle varie attività umane, di intervenire sul
miglioramento della qualità delle acque e del recupero di fonti idriche non
convenzionali o di riciclo (dissalazione dell’acqua marina o recupero delle acque
di scarico civile attraverso impianti di depurazione).
Ma la ricerca si deve anche concentrare su questioni prettamente agronomiche o
comunque su tecniche irrigue connesse a questa materia: ad esempio si dovranno
122
sviluppare ricerche finalizzate alla diffusione di quei tipi di coltivazione a minor
richiesta di acqua o maggiormente resistenti alla salinizzazione dell’acqua.
In questa direzione dovrebbero essere anche orientate le ricerche biotecnologiche
per consentire ad esempio la coltivazione di specie agricole non idroesigenti.
In questo caso, trattandosi di una tecnologia ad alto contenuto innovativo rispetto
all’agricoltura tradizionale (uso razionale delle acque, reali fabbisogni idrici delle
varie coltivazioni e qualità delle acque per l’irrigazione), diventa determinante
anche la questione relativa all’assistenza tecnica e all’aggiornamento
professionale degli agricoltori. Per far ciò è necessario dunque prevedere una
larga diffusione di centri di analisi delle acque e dei terreni al servizio degli
agricoltori.
Dunque anche questa è materia che comporterà un allargamento notevole delle
capacità professionali dell’agricoltore. Infatti, sia una maturazione e una
innovazione del processo produttivo agricolo che la nuova prospettiva di lavori di
manutenzione agli imprenditori agricoli attraverso l’ingegneria naturalistica,
rientrano esattamente nella prospettiva comunitaria della multifunzionalità
dell’attività agricola.
123
4.2 METODOLOGIE E TECNICHE PER IL RISPARMIO E LA
RAZIONALIZZAZIONE DELL’IMPIEGO DELLE RISORSE
IDRICHE IN AGRICOLTURA
4.2.1 ARIDOCOLTURA
E’ una pratica utilizzata nella coltivazione in aree dove l’apporto idrico naturale è
insufficiente a soddisfare i fabbisogni delle colture, in quanto scarso o mal
distribuito nell’ambito del ciclo biologico, e non è possibile far ricorso
all’irrigazione.
I principali obiettivi da conseguire sono:
•
favorire l’accumulo di riserve d’acqua nel terreno;
•
minimizzare le perdite d’acqua;
•
massimizzare l’efficienza d’uso dell’acqua meteorica.
a) Accumulo di riserve idriche nel terreno
Si può procedere tramite diverse modalità integrabili tra loro; di seguito si
elencano sinteticamente le principali tecniche.
•
Sistemazione superficiale: ha lo scopo di favorire l’infiltrazione rispetto
allo scorrimento superficiale; si ottiene tramite:
I. Aumento della rugosità del suolo;
II. Arginelli disposti secondo le curve di livello;
III. Convogliamento dell’acqua di ruscellamento in compluvi ristretti
(utilizzato soprattutto in aree subdesertiche).
•
Lavorazioni: sostanzialmente si distinguono in:
I. Lavorazioni profonde, per favorire l’infiltrazione;
II. Maggior approfondimento radicale;
III. Eliminazione della flora infestante (che sottrae acqua utile alle
coltivazioni).
124
•
Ammendamenti: hanno lo scopo di aumentare la capacità di campo tramite
l’aggiunta di sostanze organiche.
•
Inondazione stagionale: possibili solo se nelle vicinanze sono presenti
fiumi, al fine di ricaricare le riserve idriche del terreno.
•
Maggese nudo: ha le seguenti caratteristiche:
I. Nel terreno interessato si ha assenza di coltura per un anno (ad esempio
avvicendamento biennale);
II. Si utilizza in aree dove la piovosità è insufficiente a ricostituire le riserve
idriche;
III. Consiste in avvicendamenti nei quali la coltura principale si avvantaggia
del riposo;
IV. Sono necessarie lavorazioni per mantenere il terreno nudo: aratura
profonda prima dell’autunno; lavorazioni superficiali ripetute ogni
qualvolta il terreno si inerbisce, in qualche caso rimane inerbito sino a
febbraio-marzo e pascolato nei mesi invernali. Gli scopi delle
lavorazioni sono: limitare l’evaporazione, favorire la mineralizzazione
della sostanza organica, favorire il rinettamento dalle colture infestanti,
ottenere un miglioramento dello stato strutturale. Le conseguenze
negative sono: bilancio umico in deficit, erosione del terreno, mancato
reddito (causa l’assenza di coltura per un anno).
•
Maggese vestito: utilizzato in aree con buona piovosità, le caratteristiche
principali che lo contraddistinguono sono:
I. Flora spontanea, adatta al pascolo;
II. Leguminose annuali (fava, trifoglio) e/o autoriseminanti (ley farming
system);
III. Minori vantaggi in termini di riserve idriche rispetto al maggese nudo;
IV. Vantaggi da un punto di vista ambientale (minore erosione, minore calo
di sostanza organica);
V. Diventa un’avvicendamento vero e proprio.
125
b) Limitazione delle perdite di acqua
E’ caratterizzata dalle tecniche elencate di seguito:
•
Lavorazioni superficiali: sostanzialmente si distinguono in:
I. Eliminazione delle erbe infestanti;
II. Chiusura delle crepacciature.
•
Frangivento e ombreggiamento: questa tecnica ha lo scopo di ridurre
l’Evapotraspirazione; consiste in filari di piante od in piccole strisce
boscose disposte e utilizzate come sbarramento protettivo contro il vento
ai margini delle colture, in modo da aumentare l’ombreggiamento.
•
Pacciamatura: questa tecnica consiste nel ricoprire il terreno interessato
dalla coltura con del materiale vegetale/inorganico, impedendo ad altre
piante di crescere e mantenendo così in salute la coltura. Esistono due tipi
di pacciame: il pacciame inorganico (ghiaia, lapillo vulcanico, argilla
espansa, conchiglie, fogli di pvc…) è di lunga durata, ma non migliora la
struttura del terreno e non ha potere fertilizzante; il pacciame organico
(foglie, cortecce, compost, rametti sminuzzati, trucioli, letame maturo,
torba…) ottimizza la tessitura del suolo, lo fertilizza, offre maggiore
isolamento termico, ma deve essere rifornito di nuovo materiale ogni anno
e può favorire marciumi soprattutto se troppo inumidito (anche i fogli di
pvc possono provocare marciumi). Il terreno deve essere ben lavorato
(vangato e/o zappato), prima di disporre il materiale almeno in strati di 4-5
cm, mentre non esiste un’altezza massima. L’uso di questa tecnica è legato
ad una serie di motivi:
-
per evitare gli sbalzi termici (soprattutto per proteggere i germogli o i
bulbi dal gelo); la protezione dell’apparato radicale dagli sbalzi termici
permette una migliore radicazione e quindi un maggior benessere delle
piante;
-
per mantenere costante l’umidità; questo permette un risparmio idrico
(soprattutto nelle zone secche) e minore stress per le piante;
-
per migliorare la tessitura del suolo e per concimare (in caso di
pacciamature con resti vegetali).
126
c) Altre tecniche per migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua
Si articolano in:
•
Scelta colturale e varietale fatta in base a:
I. Ciclo colturale e precocità;
II. Tolleranza alla siccità;
III. Profondità raggiunta dalle radici;
IV. Capacità di accrescimento in periodo freddo e umido.
•
Epoca di semina:
I. Sincronizzazione con il clima (tenendo conto delle precipitazioni e delle
temperature);
II. Semina autunnale in ambienti a primavere corte e aride;
III. Anticipo semina primaverile (Temperatura di germinazione bassa).
•
Densità di semina, potatura arborea:
I. Semina più rada (minori quantità di seme per ettaro);
II. Potatura povera;
III. Concimazione organica e ridotte dosi di concime in zone aride per
limitare la salinità.
127
4.2.2 SISTEMI IRRIGUI
Le finalità dell'irrigazione
L’importanza dell’acqua nella riuscita delle produzioni agricole era già conosciuta
nell’antichità. Le grandi civiltà antiche, come l’egizia, la cinese, la sumera o
l’inca, vantavano impianti irrigui in grado di apportare le necessarie quantità
d’acqua alle coltivazioni. Essi erano frutto di evoluti studi d’ingegneria idraulica e
garantivano l’ottenimento degli alimenti indispensabili per il sostentamento delle
popolazioni.
L’irrigazione permette di portare l’acqua nei terreni aridi, rendendoli fertili, o di
migliorare l’attività agricola nelle zone dove scarseggia, perché le precipitazioni
sono scarse e saltuarie.
L’acqua non si comporta però nello stesso modo in tutti i tipi di terreno: ognuno
di essi presenta infatti caratteristiche di tipo meccanico, fisico-chimico e
biologico, che ne condizionano la capacità di trattenerla e il potere adsorbente.
Una volta arrivata sul suolo, l’acqua non ha un uguale destino: una parte s’infiltra,
una parte scorre sulla superficie, una parte evapora. Della porzione che s’infiltra
non tutta è utile per gli apparati radicali delle piante: una frazione scende per
gravità verso gli strati sottostanti ed è difficilmente captabile; un’altra viene
trattenuta, grazie a forze di capillarità, nei piccolissimi pori presenti nel terreno;
questa, insieme alla frazione dell’acqua che per risalita capillare arriva dagli strati
bassi e impermeabili, mantiene il terreno umido ed è quella meglio utilizzabile
dalle radici.
Le piante, coltivate o spontanee, hanno perciò disponibilità idriche molto variabili
in funzione della distribuzione stagionale delle precipitazioni, del tipo di terreno,
del clima e del tipo di apparato radicale. Con l’irrigazione l’uomo riesce a
sopperire alla mancanza di acqua di origine meteorica ed a mantenere nel terreno
la necessaria disponibilità idrica per soddisfare i fabbisogni delle colture.
Alcuni lavori agricoli, come l’aratura, hanno lo scopo di aumentare la capacità del
terreno di trattenere l’acqua e di mantenere l’umidità a livelli adatti alla riuscita
delle coltivazioni.
128
I sistemi per risparmiare la risorsa idrica
L’irrigazione moderna deve rispondere alle esigenze di garantire una produttività
elevata o un elevato standard qualitativo, nel caso delle colture di pregio.
Questo significa in generale contenere i costi d’impianto e risparmiare la risorsa
idrica, ridurre la manodopera ed aumentare l’automazione.
Dal punto di vista dell’economia delle risorse, l’interesse si rivolge perciò ai
sistemi in grado di ridurre sia i consumi idrici che quelli energetici, necessari per
somministrare l’acqua d’irrigazione.
Tali sistemi devono anche ridurre al minimo le perdite, che avvengono sia nelle
operazioni di approvvigionamento e distribuzione dell’acqua, sia, durante la
somministrazione dell’acqua, per scorrimento sul terreno, per percolazione in
profondità e per evaporazione.
A questo scopo la ricerca nel settore mira ad aumentare l’efficienza irrigua, cioè
in pratica a migliorare il rapporto che lega le quantità d’acqua indispensabili ad
una coltura e le quantità effettivamente somministrate, per evitare sprechi
antieconomici.
I sistemi d’irrigazione che permettono un risparmio d’acqua prevalentemente
utilizzati in Italia sono: la subirrigazione, il sistema per aspersione o a pioggia
e il sistema a goccia, anche detto microirrigazione o irrigazione localizzata.
Quest’ultimo, nato in Israele attorno al 1970, è quello che consente la maggiore
efficienza distributiva ed il maggiore risparmio dei volumi d’adacquamento, da
metà a due terzi di quelli necessari con l’irrigazione a pioggia.
A questi sistemi può essere associata la pratica della fertirrigazione, che consiste
nella contemporanea somministrazione alla coltura di acqua e fertilizzante insieme
e, pertanto, rappresenta la pratica agronomica più razionale per il soddisfacimento
idrico-nutritivo della pianta.
Questi sistemi riducono i consumi d’acqua rispetto ai sistemi tradizionali.
Essi fanno ricorso a una elevata automazione ed a tecniche impiantistiche
all’avanguardia, per risultare il più possibile efficienti nella distribuzione
dell’acqua ed adattarsi alle tecniche agronomiche più attuali. Questi sistemi sono
però quelli che prevedono un maggiore investimento nell’impianto.
129
4.2.2.1 La fertirrigazione
Introduzione
La fertirrigazione è una pratica associata alle tecniche irrigue che può fungere
anche da sistema di smaltimento dei liquami sul terreno, da considerarsi perciò
alla stregua di un trattamento depurativo biologico.
Lo scopo principale di questa tecnica è la produzione agricola, mentre la
depurazione del liquame è un obiettivo secondario; il sistema comporta la crescita
dei vegetali sul terreno, irrigandolo con una delle tecniche che vedremo in seguito
(microirrigazione, irrigazione a pioggia, subirrigazione).
E’ utilizzato in zone caratterizzate da bassa piovosità ed irrigazione artificiale.
Il trattamento depurativo avviene per evapotraspirazione, in funzione del clima,
del tipo di terreno, delle colture e dell’utilizzazione da parte delle piante dei
nutrienti contenuti nel refluo prevalentemente domestico. Il dosaggio applicato è
abbastanza esiguo, di norma si aggira attorno a 25-75 mm/settimana (pari a 7503760 mm/ha*anno).
Il limite principale relativo all’applicazione di questo sistema consiste nel fatto
che occorre tenere conto delle esigenze agricole e climatiche, per cui è necessario
prevedere bacini di stoccaggio dimensionati in base al calcolo del carico idraulico
applicabile, desumibile valutando i dati agronomici, climatici e geologici a
disposizione. Nel caso di spandimento del liquame, per evitare problemi di odori e
di igiene, occorre pretrattarlo tramite grigliatura, decantazione e disinfezione,
inoltre è bene non applicarlo sulle colture da consumarsi crude, recintare i terreni
e mantenere una distanza di rispetto di 400 m. dalle abitazioni; per quanto
riguarda la falda è sufficiente una distanza di 5 m. dalla superficie, dati i bassi
dosaggi.
La fertirrigazione a solo scopo irriguo consiste nell’incorporazione dei concimi
nell’acqua e nella loro somministrazione tramite l’impianto d’irrigazione. Questa
tecnologia si è apprezzata maggiormente con la diffusione dell’ irrigazione a
goccia.
Essa è infatti abbinata preferibilmente alla microirrigazione o alla subirrigazione,
anche se può adattarsi praticamente a qualsiasi metodo irriguo. Nella pratica della
fertirrigazione si realizza un effetto sinergico: l’acqua migliora l’assorbimento dei
130
fertilizzanti ed al tempo stesso questi rendono più efficiente il consumo
dell’acqua.
Presupposti importanti per un efficiente e razionale impiego di questa tecnica
sono la conoscenza delle esigenze nutrizionali (minerali ed idriche) della coltura,
della fertilità del suolo e delle caratteristiche dell’acqua di irrigazione, connessi ad
una gestione razionale della tecnica irrigua.
Nella fertirrigazione occorre aumentare la disponibilità di elementi nutritivi nel
volume di terreno umettato, in modo che questa sia proporzionale al grado di
assimilazione della coltura. La quantità di elementi nutritivi da apportare dipende
dalle asportazioni della coltura e dalla loro disponibilità nel terreno.
Vantaggi della fertirrigazione
I principali vantaggi della fertirrigazione sono:
•
impiego di poca manodopera per le operazioni di applicazione del
concime;
•
non calpestamento del terreno con le macchine;
•
facilità di esatto frazionamento della concimazione azotata;
•
applicazione dei fertilizzanti solo nello spessore di terreno effettivamente
esplorato dagli apparati radicali delle colture;
•
possibilità di effettuare apporti di piccole dosi dei vari elementi nel corso
dello sviluppo della coltura, riuscendo da un lato a soddisfare le reali
esigenze delle piante, dall’altro a limitare i fenomeni di assorbimenti di
lusso e la percolazione degli elementi più mobili;
•
possibilità di intervento anche in momenti in cui il terreno non è
praticabile per i mezzi meccanici, per la presenza della coltura.
Svantaggi della fertirrigazione
Gli aspetti negativi principali sono collegati a:
•
limitazione alle sole coltivazioni irrigue;
•
necessità di un impianto di irrigazione più perfezionato e costoso;
•
interventi di irrigazione non strettamente necessari ma effettuati a sola
funzione concimante;
131
•
perdite per dilavamento e volatilizzazione a causa di impianti irrigui
inefficienti o di particolari condizioni chimiche del terreno.
Considerazioni
Una razionale gestione della fertirrigazione consente generalmente di migliorare
le rese rispetto alla concimazione tradizionale.
In una coltivazione di pomodoro da industria la resa è stata maggiore del 17% in
fertirrigazione rispetto alla concimazione tradizionale con irrigazione ad
aspersione.
In fertirrigazione l’apporto di elementi nutritivi può essere inferiore rispetto alle
dosi indicate per il pieno campo perché la distribuzione è mirata alla zona del
terreno dove si concentra maggiormente l’apparato radicale e minori sono le
perdite di nutrienti. Nei disciplinari di produzione integrata viene in effetti
raccomandata una riduzione di circa il 30% degli elementi fertilizzanti rispetto
alle quantità indicate per il pieno campo.
Diverse sperimentazioni sono state effettuate per valutare le dosi ottimali da
adottare in fertirrigazione. In una coltivazione in serra di peperone con dosi di
azoto variabili fra 0 e 350 kg/ha la resa maggiore è stata ottenuta con 150 kg/ha
distribuiti in fertirrigazione.
Per prevenire fenomeni di inquinamento per dilavamento è opportuno che la
tecnica irrigua adottata assicuri una elevata efficienza ed uniformità distributiva
dell’acqua. Occorre, quindi, distribuire volumi di adacquamento idonei a portare
alla capacità idrica di campo il volume di terreno esplorato dalle radici, ciò
significa definire correttamente le variabili irrigue (turni e volumi), conoscere le
caratteristiche idrologiche del terreno, la profondità delle radici e dell’umidità del
terreno al momento dell’irrigazione.
Nel caso di irrigazione a goccia è opportuno adottare, nei terreni sabbiosi, turni
irrigui giornalieri o a giorni alterni, anche in considerazione delle perdite di acqua
per evapotraspirazione (>5-6 mm. al giorno). Nei terreni argillosi occorre adottare
turni irrigui di 3-4 giorni, per evitare fenomeni di asfissia e di formazione di
crepacciature.
Anche la scelta e la tipologia dell’impianto irriguo è di estrema importanza: la
portata e il numero di gocciolatori per m2 devono consentire una erogazione tale
da ottenere una continuità di volume di terreno bagnato lungo tutta la linea
132
distributrice, inoltre la superficie di terreno umettata deve essere adeguata alle
esigenze della coltura, la distanza tra i gocciolatori sull’ala disperdente può
variare tra 30-40 cm. e 60-80 cm. passando da terreni sabbiosi a terreni argillosi.
Solo in questo modo sarà possibile ottenere una elevata uniformità ed efficienza di
distribuzione dell’acqua e contemporaneamente una efficace fertirrigazione.
Si rilevano elevati valori di perdita dei nutrienti e di inquinamento delle falde che
dipendono da una errata gestione dell’irrigazione e della fertirrigazione associata a
condizioni sfavorevoli idrodinamiche dei suoli, come riscontrato in aree ad alta
intensità agricola della Spagna, dove i livelli di nitrati nelle falde sono stati
superiori a 160 mg/l NO3.
I suoli con caratteristiche più sfavorevoli, quindi più soggetti al rischio di
inquinamento da nitrati, sono i terreni sabbiosi per la limitata capacità di
ritenzione idrica, quelli con falda superficiale (inferiore a 2 m), i terreni con uno
ridotto strato utile (15-20 cm), i terreni con una pendenza elevata e quelli ricchi in
sostanza organica.
L’aumento del numero di fertirrigazioni, a parità di dose di fertilizzante,
determina generalmente un aumento del rendimento. In una prova di pomodoro la
resa è stata maggiore nella sperimentazione con più frequenti fertirrigazioni,
rispetto a 2 o 4 fertirrigazioni: infatti nel caso di più frequenti fertirrigazioni il
contenuto di azoto nella soluzione del terreno è stato meno fluttuante e comunque
superiore a 50 ppm (parti per milione).
Una gestione ottimale della fertirrigazione ha naturalmente influenza anche sulla
qualità della produzione, anche se le differenze tra fertirrigazione e fertilizzazione
tradizionale non sono sempre nette.
L’inquinamento ambientale e la fertirrigazione
Nel codice di buona pratica agricola (CBPA), relativo alla protezione delle acque
dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (Direttiva
CEE 91/676), vengono incoraggiate quelle tecniche con le quali la concimazione
azotata viene effettuata con poco anticipo rispetto ai momenti di fabbisogno
(come in fertirrigazione).
Inoltre viene ribadita l’importanza di praticare la fertirrigazione con metodi irrigui
che assicurino una elevata efficienza distributiva dell’acqua; il fertilizzante non
133
deve essere immesso nell’acqua di irrigazione sin dall’inizio dell’adacquata, ma
preferibilmente dopo aver somministrato circa il 20-25% del volume di
adacquamento; la fertirrigazione dovrebbe completarsi quando è stato
somministrato l’80-90% del volume di adacquamento.
Nel caso di colture a ciclo breve, come la maggior parte di quelle orticole da
foglia, da frutto o da radice (insalate, cavoli, zucchine, ravanelli, ecc.) il momento
di esecuzione della concimazione passa in secondo piano, come misura di
contenimento delle perdite per dilavamento dei nitrati, rispetto al rischio, ben
maggiore, di un eccesso di concimazione azotata molto ricorrente in questo tipo di
colture.
La dose di azoto deve assicurare una adeguata risposta produttiva: si tratta di
stabilire gli obiettivi di produzione, quelli che conciliano al meglio la
remunerazione dei produttori, l’approvvigionamento dei consumatori e la
minimizzazione del rischio ambientale.
Nello stimare i fabbisogni di azoto si deve seguire la linea di prendere come base i
livelli medio-alti di produttività e i conseguenti prelevamenti di azoto da parte
delle colture, quali risultano dalla composizione chimica delle biomasse prodotte.
La metodologia della fertirrigazione
Una razionale applicazione della fertirrigazione richiede di stabilire diversi
parametri (quantità e rapporti fra gli elementi nutritivi, composizione chimica
della soluzione, frequenza degli interventi di fertirrigazione rispetto agli interventi
irrigui).
Possiamo distinguere, fondamentalmente, due metodologie di fertirrigazione:
•
Distribuzione
di
elementi
nutritivi
continua
e
proporzionale
all’intervento irriguo: questo metodo ha il vantaggio di essere
estremamente semplice e consente di aumentare la distribuzione dei
fertilizzanti all’aumento della domanda di acqua di irrigazione; estrema
importanza ha la composizione chimica della soluzione, la sua
conducibilità elettrica e la reazione del pH.
•
Distribuzione di elementi nutritivi definita e suddivisa per ciascuna
fase fenologica: il fabbisogno della coltura viene stimato attraverso un
bilancio che considera le asportazioni, le immobilizzazioni, le perdite, gli
134
apporti e le disponibilità naturali; quindi viene suddiviso, considerando i
rapporti ottimali fra gli elementi, per ciascuna fase fenologica ottenendo la
quantità da distribuire periodicamente.
Tipologia dei fertilizzanti
Per quanto riguarda i fertilizzanti, ne sono disponibili una vasta gamma, formulati
in forma solida, liquida, a bassa salinità, ecc.
Nella scelta è opportuno considerare, oltre al costo dell’unità fertilizzante, anche
la solubilità dei vari formulati, la compatibilità dei vari prodotti tra di loro ed il
grado di purezza. Qualora la conducibilità elettrica dell’acqua irrigua e/o del
terreno sia elevata è opportuno scegliere prodotti che non aumentino ulteriormente
tale parametro. Nel caso di acque ad elevato pH è opportuno utilizzare prodotti
che determino un abbassamento dello stesso.
E’ importante considerare la solubilità dei vari formulati che cambia notevolmente
a seconda della temperatura dell’acqua nella quale vengono disciolti, per cui è
bene porre particolare attenzione nei periodi primaverile ed autunnale e qualora si
utilizzino fonti idriche profonde. I prodotti impiegati nella fertirrigazione devono
essere completamente solubili in acqua, per evitare occlusioni negli erogatori, e
mobili nel terreno per poter raggiungere facilmente l’apparato radicale.
Quando sono presenti nella stessa soluzione, determinati elementi interagiscono
tra loro per formare altre sostanze. In molti casi, le sostanze che si formano
possono otturare l’impianto di irrigazione.
L’azoto nitrico (nitrato) è soggetto nel suolo a forti lisciviazioni, perciò dovrebbe
essere applicato ad ogni irrigazione alla dose ottimale per la coltura fertirrigata. In
questo modo la salinità del suolo, determinata dagli apporti di fertilizzanti,
avrebbe un andamento costante e non determinerebbe stress per eccessiva
fertilizzazione, o per carenza a causa dei fenomeni di lisciviazione.
L’analisi dell’acqua può contribuire ad identificare dove è probabile che ci possa
essere un problema e, ove necessario, l’acqua deve essere trattata prima
dell’aggiunta del fertilizzante.
In generale, i fertilizzanti che contengono livelli elevati di calcio (Ca) o magnesio
(Mg) non dovrebbero essere mescolati con i fertilizzanti che contengono fosforo
(P) o zolfo (S). La solubilità generale della miscela è fissata solitamente dal
135
componente che ha la solubilità più bassa fra i componenti presenti nella
soluzione.
Sulla base di alcune verifiche condotte presso aziende frutticole ferraresi si ritiene
che ottimi risultati siano ottenibili anche con concimi ordinari, si ritiene pertanto
che l’uso di formulati particolarmente puri e/o a bassa salinità sia giustificato
solamente in condizioni particolari (elevata salinità dell’acqua o del terreno) o per
specifiche esigenze colturali (necessità di far assorbire rapidamente gli elementi
alla coltura).
Metodi di iniezione
L’iniezione dei fertilizzanti nell’acqua di irrigazione può essere fatta in vari modi.
La scelta del sistema e dell’apparecchiatura di iniezione più idonea va fatta
secondo la forma del fertilizzante (solida o liquida), la disponibilità di una fonte di
energia elettrica, il bisogno di portatilità del sistema di iniezione e secondo i
requisiti ed i vincoli della portata necessaria. L’iniezione del fertilizzante
dovrebbe essere fatta preferibilmente prima dei filtri.
Solo gli acidi, dovrebbero essere iniettati a valle per non danneggiare i filtri. In
entrambi i casi, dovrebbe essere impostato un sufficiente lasso di tempo, dopo
l’iniezione del fertilizzante, affinchè l’acqua pulita attraversi tutto l’impianto di
irrigazione, lavando il sistema dai residui. Prima dell’iniezione, è necessario
assicurarsi che l’impianto di irrigazione sia adatto per la fertirrigazione.
Un dispositivo che impedisce l’inversione del flusso dovrebbe essere installato nel
punto più appropriato.
Si elencano di seguito gli apparati di iniezione più comuni.
.
Serbatoio di by-pass a pressione
Un serbatoio, contenente il fertilizzante nella forma solida o liquida, viene
installato in parallelo con una valvola collocata sulla linea di irrigazione. La
chiusura parziale della valvola provocherà una differenza di pressione tra la
valvola ed il serbatoio. L’acqua allora attraverserà il serbatoio, dissolvendo e
trasportando il fertilizzante nell’acqua di irrigazione. Il serbatoio deve essere in
grado di reggere la pressione dell’impianto di irrigazione.
136
Gli svantaggi principali di questo metodo consistono nel fatto che la
concentrazione del fertilizzante nell’acqua di irrigazione non è uniforme
(diminuendo con la durata della fertirrigazione) e che il serbatoio deve essere
riempito di fertilizzante ogni volta. E’ un sistema adatto per piccoli impianti,
senza una fonte di energia e che necessitano di un apparato portatile.
Iniettore Venturi
Usando il principio Venturi (che limita la sezione trasversale del flusso) per
generare una aspirazione, la soluzione fertilizzante viene risucchiata e veicolata
nel flusso dell’acqua di irrigazione. La costruzione del dispositivo è semplice ed i
costi d’acquisto sono relativamente bassi. Poiché il dispositivo è molto sensibile
alle variazioni di pressione, dovrebbe essere impiegato solo nelle situazioni in cui
le condizioni di funzionamento dell’impianto sono conosciute e stabili.
Pompe
Le pompe iniettano la soluzione del fertilizzante aspirandola da un serbatoio
aperto (non a pressione) ed iniettandolo nell’acqua di irrigazione con una
pressione più elevata rispetto alla prevalenza nel punto di innesto.
L’uso delle pompe permette una gestione completa dei quantitativi e della
temporizzazione del fertilizzante. Sono adatte sia per il funzionamento manuale
che l’automazione più avanzata. Le pompe sono disponibili in una vasta gamma
di principi di funzionamento ed alimentazione.
•
Le pompe azionate dalla pressione dell’acqua sono appunto alimentate
dalla pressione esercitata dall’acqua su un pistone od un diaframma. La
quantità iniettata dalla pompa è proporzionale alla pressione, ma può
essere regolata dall’utente. Nella maggior parte dei modelli, l’acqua
impiegata per il funzionamento viene espulsa dall’impianto ma
bisognerebbe prendere in considerazione un suo recupero. Il vantaggio
più importante è che l’iniezione del prodotto cessa quando si arresta il
flusso dell’acqua.
•
Le pompe con motore a scoppio sono un sistema molto potente di
iniezione. Solitamente viene utilizzato il motore di un trattore per
alimentare l’iniettore, che aspira da un grande serbatoio portatile. Il
funzionamento di tale dispositivo ha bisogno della presenza dell’operatore
137
ed inoltre deve essere regolato il tasso di iniezione. Utilizzando un
dispositivo di misurazione collegato all’iniettore è possibile controllare la
quantità del volume di soluzione iniettata.
•
Le pompe con motore elettrico sono disponibili in una vasta gamma di
portate e capacità. Questo tipo di pompa è la più adatta per l’automazione
di impianti fissi (come per le serre o i pozzi) poiché la sua limitazione è la
disponibilità di una sorgente di energia elettrica.
Sistemi di filtrazione
La filtrazione è un trattamento meccanico delle acque, realizzato per proteggere
l’impianto di irrigazione da otturazioni o da usura eccessiva, che viene progettato
per separare le particelle solide (sospese solitamente) maggiori di una dimensione
stabilita. Il meccanismo di filtrazione deve essere selezionato e regolato secondo
l’impianto di irrigazione, le caratteristiche dell’acqua e, nel caso di fertirrigazione,
la presenza di particelle solide, dovute all’incorporazione del fertilizzante.
Idrociclone (separatore centrifugo)
L’acqua viene iniettata in un cono rovesciato attraverso un ingresso tangenziale.
La separazione cinetica viene effettuata dalla forza centrifuga che spinge le
particelle solide (con peso specifico maggiore dell’acqua) verso la parete del
cono. Scorrendo dalla sommità fino alla parte inferiore del cono, lungo le pareti
(per la forza di gravità), i solidi vengono raccolti in un serbatoio separato mentre
l’acqua pulita viene espulsa attraverso una bocca nella parte superiore del cono.
I filtri idrociclone sono i più adatti per la separazione della sabbia.
Filtri a schermo
L’acqua di irrigazione passa attraverso uno schermo di metallo o di plastica che
crea una zona di filtrazione. Lo schermo è sostenuto da un corpo rigido per
compensare la pressione sviluppata anche dall’accumulo dello sporco. Questo tipo
di filtro è solitamente meno costoso di altri sistemi di filtrazione. I semplici filtri a
schermo hanno un uso limitato alla filtrazione di bassi livelli di contaminazione da
particelle di ossidi di ferro e magnesio oppure come controllo dei filtri
138
idrociclone. I sistemi automatici di lavaggio incorporati nei filtri a schermo
aumentano la capacità di filtrazione, anche se innalzano pure il costo.
Filtri a materiale
Il processo di filtrazione avviene facendo passare l’acqua di irrigazione attraverso
uno spesso strato di particelle calibrate (ghiaietto). La finezza di filtrazione
dipende dal formato delle particelle e dalla velocità di flusso dell’acqua attraverso
il filtro. La pulizia dei filtri viene effettuata lavandoli con un flusso contrario di
acqua pulita o filtrata. I filtri a materiale sono adatti per la filtrazione dei solidi in
sospensione (limo) così come dell’acqua che contiene livelli elevati di materiale
organico (alghe) o ferro e magnesio ossidati.
Filtri a disco
Formati da un insieme di dischi scanalati, compressi lungo un asse, questa
versione elaborata dei filtri a schermo aggiunge la dimensione “profondità” alla
zona filtrante e quindi aumenta considerevolmente la sua capacità rispetto a quelli
a schermo.
I filtri a disco possono essere usati per filtrare bassi livelli di contaminazione da
alghe o da particelle di ossidi di ferro e magnesio e come filtro di controllo per
altri sistemi di filtrazione, escluso l’idrociclone. L’installazione di sistemi di
lavaggio automatico aumenta le capacità operative dei filtri.
Strumenti di controllo
I principali strumenti di controllo, relativi ad un impianto irriguo tramite il quale
si applichi la fertirrigazione, sono quelli descritti nel seguito.
Valvola di non ritorno
Quando si incorporano i fertilizzanti nell’irrigazione, c’è sempre il pericolo di
riflusso all’indietro dei fertilizzanti nella sorgente d’acqua. L’installazione di un
dispositivo di non ritorno, a monte del punto di iniezione, è raccomandata e in
alcuni casi obbligatoria, secondo i regolamenti vigenti del luogo.
139
Valvola di rilascio del vuoto (sull’iniezione)
Quando l’impianto di irrigazione si spegne, l’acqua restante nei tubi defluisce
attraverso gli ugelli, generando una depressione (vuoto) nel sistema.
Ciò può provocare una aspirazione del fertilizzante dal serbatoio che potrebbe
causare effetti nocivi sulle colture, quando la soluzione concentrata di fertilizzante
viene distribuita. L’installazione di una valvola di rilascio del vuoto, sul tubo
dell’unità di iniezione, può impedire tali gravi problemi. La valvola deve essere
situata più in alto del livello della soluzione fertilizzante nel serbatoio.
Automazione
Il funzionamento programmato dell’impianto di irrigazione e del processo di
fertirrigazione può essere attuato dall’utente con un sistema centralizzato facile e
pratico. E’ importante che sia dotato di un allarme che avvisa il personale in caso
di malfunzionamento. L’installazione di dispositivi di telecomando permette il
controllo esterno dei vari sistemi. Possono essere installati dispositivi di controllo
e di misura dei volumi, dei tempi o delle pressioni (come nel caso di lavaggio
automatico dei filtri), con differenti livelli di indipendenza e di complessità
secondo il bisogno.
Manutenzione
Di seguito si elencano le specifiche per la manutenzione dei principali apparati
costituenti un impianto irriguo al quale è associata la pratica della fertirrigazione:
•
i serbatoi devono essere sciacquati e puliti alla fine di ogni ciclo di
fertirrigazione;
•
le valvole del serbatoio devono essere pulite e controllate per vedere se ci
sono perdite;
•
i dispositivi e gli apparati di iniezione devono essere controllati affinchè
non vi siano perdite e siano iniettati i quantitativi esatti;
•
occorre verificare la perdita di pressione dovuta all’accumulo di materiale
nei filtri affinchè rientri nei limiti dati dal fornitore;
•
i filtri devono essere periodicamente puliti tramite flusso inverso d’acqua
pulita affinchè non diminuisca la capacità di filtrazione;
140
•
sono necessarie misure di pressione alla testa dell’impianto d’irrigazione
ed alle ali terminali per controllare le perdite di carico;
•
sono necessarie misure di portata per controllare che questa rimanga al di
sotto del 10% di perdita della portata di progetto; una diminuzione
eccessiva è sintomo di un processo di otturazione;
•
è necessario effettuare il lavaggio delle tubazioni, seguendo il senso del
flusso, almeno 2 volte l’anno (uno durante la stagione irrigua, uno alla fine
di questa) per eliminare i materiali che sedimentano alle estremità delle
linee di irrigazione;
•
per eliminare le incrostazioni saline al livello degli ugelli è necessario un
trattamento con acido; si ottiene il massimo rendimento dal trattamento
solo se viene fatto quando il processo d’incrostazione è all’inizio;
Qualità dell’acqua irrigua
Per una fertirrigazione ottimale, grande attenzione deve essere posta alla qualità
dell’acqua
in
funzione
principalmente
della
tipologia
di
impianto
di
fertirrigazione.
La fertirrigazione a goccia richiede la più elevata qualità dell’acqua, priva di solidi
sospesi e di microrganismi che possono intasare i piccoli fori dei gocciolatori, e
richiede anche l’impiego di fertilizzanti perfettamente solubili.
La precipitazione di fertilizzanti nel sistema irriguo costituisce un serio problema
se si supera la solubilità di un elemento fertilizzante; questo problema si verifica
spesso quando la concentrazione del calcio o del magnesio supera 100 ppm.
Se è presente un’elevata concentrazione di sali nell’acqua irrigua, se ne deve
tenere conto per evitare danni a colture particolarmente sensibili alla salinità; in
queste condizioni la distribuzione dei fertilizzanti deve essere frazionata in tutti
gli interventi irrigui allo scopo di rendere minimo l’incremento della conducibilità
dell’acqua irrigua per effetto dei fertilizzanti disciolti.
In presenza di elementi tossici per colture sensibili (boro, cloro, sodio) nell’acqua
irrigua si debbono scegliere fertilizzanti che ne sono privi.
141
Alcune norme pratiche
Si riportano di seguito alcune considerazioni e norme pratiche da seguire nella
fertirrigazione applicata su colture orticole con irrigazione a goccia:
•
conoscere le esigenze nutrizionali della coltura in termini di nutrienti;
•
soddisfare le esigenze idriche della coltura senza eccessi (dilavamento) né
carenze;
•
conoscere le caratteristiche idrologiche ed analitiche del terreno per tarare
gli apporti nutritivi;
•
conoscere le caratteristiche dell’acqua di irrigazione (conducibilità, pH);
•
l’apporto di elementi fertilizzanti va ridotto di circa il 30% rispetto alle
quantità indicate per il pieno campo;
•
la frequenza degli interventi di fertirrigazione nei suoli sabbiosi, almeno
per quanto riguarda l’azoto, dovrebbe coincidere con l’intervento di
irrigazione a goccia;
•
nei suoli di medio impasto la fertirrigazione può essere praticata con
frequenza pari ad 1/2 di quella dell’irrigazione a goccia;
•
nei suoli argillosi la fertirrigazione può essere praticata con frequenza pari
ad 1/3 di quella dell’irrigazione a goccia;
•
conoscere la profondità delle radici ed il contenuto di umidità del terreno
al momento dell’irrigazione;
•
non distribuire volumi di adacquamento maggiori di quelli necessari a
portare alla capacità idrica di campo il volume di terreno esplorato dalle
radici;
•
immettere
il
fertilizzante
nell’acqua
di
irrigazione
dopo
aver
somministrato circa il 20-25% del volume di adacquamento;
•
completare la fertirrigazione quando è stato somministrato l’80-90% del
volume di adacquamento;
•
nei terreni sabbiosi adottare turni irrigui giornalieri o a giorni alterni,
anche in considerazione delle perdite di acqua per evapotraspirazione (>56 mm. al giorno);
•
nei terreni argillosi adottare turni irrigui di 3-4 giorni per evitare fenomeni
di asfissia e di formazione di crepacciature;
142
•
la portata e il numero di gocciolatori devono bagnare in maniera continua
il terreno lungo tutta la linea distributrice;
•
la distanza tra i gocciolatori sull’ala disperdente può variare tra 30-40 cm e
60-80 cm passando da terreni sabbiosi a quelli argillosi;
•
impiegare fertilizzanti solubili per evitare possibili ostruzioni dei
gocciolatori;
•
apportare pochi sali soprattutto quando si utilizza acqua salata;
•
mantenere il pH della soluzione fertilizzante fra 5 e 6;
•
non apportare contemporaneamente fertilizzanti che contengono calcio e/o
magnesio con altri che contengono zolfo o fosforo;
•
l’impiego di fertilizzanti a reazione acida riduce la possibilità di ostruzione
dei gocciolatori, rendendo più assimilabili i microelementi presenti nel
suolo.
A seguire si trattano le tecniche irrigue alla quali è possibile associare la
fertirrigazione.
143
4.2.2.2 La microirrigazione o irrigazione a goccia
Uno degli obiettivi più attuali nella tecnica irrigua consiste nel mantenere un
contenuto di umidità nel terreno tale da favorire l’assorbimento dell’acqua in
modo continuativo da parte delle radici. L’apparato radicale non deve così
sopportare situazioni di scarsità alternate ad eccessi idrici.
A questo fine si ispira la microirrigazione, detta anche a goccia o ad infiltrazione
localizzata in pressione: si tratta di un sistema per far sì che l’acqua,
somministrata a piccoli volumi, bagni ad intervalli di tempo ravvicinati soltanto la
porzione di terreno vicino alle radici.
Il contenuto di umidità pressochè costante nel terreno esplorato dalle radici è
garantito dalla elevata frequenza delle somministrazioni.
I vantaggi del sistema
I vantaggi dei sistemi microirrigui possono essere così sintetizzati:
•
minore sviluppo delle colture infestanti;
•
assenza di dilavamento delle foglie;
•
indifferenza al vento;
•
localizzazione dell’acqua in prossimità della zona radicale della coltura;
•
indifferenza ad alta temperatura dell’aria;
•
riduzione delle perdite di acqua per evaporazione;
•
possibilità di fertirrigazione;
•
possibilità di impiego di acque reflue (associata alla tecnica della
fertirrigazione);
•
costo di esercizio contenuto grazie alle basse pressioni richieste e alle
basse portate orarie;
•
elevata uniformità di distribuzione dell’acqua;
•
possibilità di automatizzare l’impianto;
•
migliore difesa antiparassitaria grazie alla possibilità di entrare in campo
con macchine anche durante la fase irrigua;
•
mantenimento del terreno sempre al giusto grado di umidità;
•
possibilità di utilizzo di fonti idriche di modesta portata.
144
Il risparmio del sistema a goccia è evidente: a piccoli volumi corrispondono
modeste portate e pressioni d’esercizio ridotte, il che significa consumo di basse
quantità d’acqua e d’energia.
I sistemi a goccia, che prevedono pressioni di funzionamento molto basse (tra 1 e
2 bar), economizzano il consumo d’acqua con portate che difficilmente superano i
10 decimetri cubi all’ora. I punti di erogazione dell’acqua sono localizzati in
modo che sia massimo l’assorbimento da parte dell’apparato radicale della
coltura.
In questo modo è garantito il risparmio d’acqua perché una minore massa di
terreno da inumidire si traduce in minori volumi d’adacquamento.
Con questo sistema il fabbisogno idrico della coltura, ovvero il volume stagionale
d’acqua richiesto per potersi sviluppare nelle migliori condizioni, resta
pienamente soddisfatto, ma senza sprechi.
La microirrigazione viene normalmente adottata per frutteti, vigneti e colture
ortive. Permette di sfruttare anche acque salmastre, che, se a contatto diretto con
le foglie delle piante, procurerebbero bruciature.
Grazie ai volumi d’acqua richiesti piuttosto contenuti, questo sistema consente di
sfruttare anche semplici pozzi. Permette inoltre d’irrigare in presenza di vento,
caratteristica di non trascurabile importanza in particolari condizioni climatiche.
Con le tubazioni interrate è infine possibile eseguire le operazioni colturali
necessarie tra i filari e immettervi fertilizzanti, per ottenere irrigazione e
concimazione combinate.
Somministrando la stessa quantità di acqua, l’irrigazione a goccia copre circa il
46% in più di volume di terreno umidificato rispetto al sistema in superficie.
Questo non solo lascia più spazio per una maggiore aerazione ma anche, non
raggiungendo mai il punto di saturazione del terreno, favorisce il movimento
dell’acqua per capillarità e diminuisce le perdite della stessa per percolazione.
Gli svantaggi del sistema
D’altra parte la microirrigazione presenta anche alcuni limiti così sintetizzabili:
•
possibilità di occlusione dei gocciolatori per la presenza di solidi in
sospensione o deposito di sostanze organiche o minerali, con conseguente
necessità di un accurato sistema di filtraggio;
•
costi di impianto spesso elevati;
145
•
richiesta di picchi di manodopera nella fase di impianto e disinstallazione
dello stesso.
Le tubazioni di piccolo calibro e gli erogatori utilizzati con questo sistema
possono facilmente intasarsi e richiedono perciò apparati di filtraggio.
In base al tipo di terreno, se più argilloso o più sabbioso, occorre studiare per la
singola situazione la posizione ed il numero più adatto di erogatori.
Anche la qualità dell’acqua può essere limitante per l’adozione di questo sistema,
specie se contiene delle particelle solide sospese che oltrepassano i filtri o
sostanze disciolte corrosive nei confronti delle varie parti dell’impianto.
Il metodo microirriguo esclude inoltre la possibilità di distribuire antiparassitari
sulla parte aerea delle colture o di ricorrere all’irrigazione antigelo o
climatizzante.
Apparati costituenti l’impianto microirriguo
L’impianto microirriguo risulta sostanzialmente costituito da: stazione di
pompaggio, dispositivi di filtraggio, eventuali sistemi per la fertirrigazione,
condotta principale e derivazioni per le condotte secondarie (manichette, ali
gocciolanti) dotate di dispositivi per l’erogazione dell’acqua (gocciolatori,
microirrigatori).
Stazione di pompaggio
Uno dei principali vantaggi legati all’impiego della microirrigazione è
rappresentato dalla bassa pressione di esercizio, che non rende necessarie pompe
ad elevata prevalenza, come invece spesso accade negli impianti per aspersione.
Rimane comunque un elemento da non trascurare l’elevata portata necessaria
qualora si voglia intervenire su più appezzamenti simultaneamente.
In alcuni casi possono essere utilizzate con successo pompe caratterizzate da
elevata portata e ridotta prevalenza, interessanti anche sotto il profilo economico.
Considerando le perdite di carico della condotta principale e del dispositivo di
filtraggio, il gruppo pompante deve garantire una pressione di circa 1-1,5 bar
all’ingresso della condotta secondaria (ala microirrigua); ciò permette, anche nei
casi più sfavorevoli, di partire con pressioni generalmente inferiori a 4-5 bar.
146
Condotte principali, secondarie ed erogatori
I due tipi di elementi che maggiormente caratterizzano un impianto microirriguo
sono: le condotte per il trasporto dell’acqua, che terminano con le cosiddette ali
gocciolanti, ovvero le appendici su cui sono inseriti gli erogatori o microerogatori,
che distribuiscono l’acqua.
Le condotte sono sempre in materiale plastico (PVC o polietilene ad alta o bassa
densità) che è economico, flessibile, elastico e garantisce la migliore resistenza
alle aggressioni chimiche.
Le ali gocciolanti si classificano in pesanti e leggere secondo lo spessore e,
quindi, la durata richiesta alla linea, ed in autocompensanti e non, secondo gli
accorgimenti adottati per ridurre le perdite di carico e garantire sufficiente
omogeneità di distribuzione al variare della pressione.
Gli erogatori, fabbricati in materiale plastico, hanno la funzione di far fuoriuscire
l’acqua in pressione che circola nelle tubazioni. La messa in pressione dell’acqua
avviene grazie all’apparato pompante dell’impianto, un’elettropompa o una
motopompa a scoppio.
I tipi più comuni di erogatori sono dei semplici fori da cui l’acqua esce come uno
zampillo: all’aumentare della pressione nel tubo aumenta la portata.
I tipi cosiddetti autocompensanti mantengono invece inalterata la portata grazie a
particolari meccanismi di compensazione delle variazioni della pressione interna.
La portata di ciascun erogatore è molto bassa: da 4 litri per ora, quando si usa una
bassa pressione di erogazione, a 10 litri per ora, per alte pressioni. Il buon
funzionamento degli erogatori dipende dall’efficienza del sistema filtrante a
monte, che occorre tenere pulito e che richiede una assidua manutenzione.
Un indice molto importante che caratterizza la qualità degli erogatori è il
coefficiente di variazione (CV) della portata nominale (Qn). Il coefficiente di
variazione esprime, in percentuale, lo scostamento delle portate dei singoli
erogatori dalla portata media del campione.
Il tipo di terreno, più sabbioso o più argilloso, deve essere considerato quando si
progetta l’impianto, soprattutto per quanto riguarda il numero e la posizione degli
erogatori: se sono troppo pochi, alla pianta non viene fornita la giusta quantità
d’acqua e il risultato produttivo è scarso; se sono troppi, aumentano i costi.
147
Sistema di filtraggio
Relativamente alla scelta del sistema di filtraggio, il primo elemento da prendere
in considerazione è la qualità dell’acqua, sostanzialmente legata alla fonte di
approvvigionamento.
I filtri disponibili si differenziano in base alle dimensioni e alla portata oraria.
I valori forniti dai costruttori devono comunque essere opportunamente valutati in
quanto dipendenti dal grado di pulizia dell’acqua in ingresso, che influenza anche
la frequenza di lavaggio e manutenzione del sistema filtrante.
In base alle caratteristiche specifiche legate al tipo di impurità presenti, la scelta
può ricadere su filtri a schermo, a materiale, a dischi oppure a idrociclone.
Nel caso di pompaggio da condotte interrate con un buon grado di pulizia
dell’acqua può essere sufficiente anche un unico filtro a schermo con capacità
filtrante adeguata alla portata necessaria all’impianto.
Se si attinge da canali a cielo aperto o da bacini di raccolta caratterizzati da
elevata presenza in acqua di frazioni organiche (alghe, particelle vegetali, ecc.)
può essere necessario l’impiego di filtri a materiale, singoli od in batteria, sempre
dimensionati sulla base della portata necessaria, costituiti da un serbatoio di
acciaio zincato o inox, eventualmente abbinati ad un secondo filtro a schermo o
dischi per trattenere l’eventuale impurità residua.
I filtri a dischi presentano dei dischetti in materiale plastico con superfici esterne
scabrose e sono disponibili con diverso indice di filtraggio; il principale vantaggio
è rappresentato dall’elevata superficie filtrante che viene a crearsi in volumi
generali del filtro complessivamente ridotti.
Per l’attingimento da pozzi o fonti caratterizzati da elevata frazione solida (sabbia,
silice, ecc.) può essere necessario il ricorso a filtri tipo idrociclone, capaci di
separare, accumulandole alla base, le particelle solide disperse per effetto
centrifugo generato dalla velocità di transito dell’acqua.
L’eventuale presenza di più tipologie di impurità richiederà abbinamenti diversi e
specifici per garantire la perfetta pulizia dell’acqua in uscita, onde non
compromettere, spesso irrimediabilmente, l’efficienza dell’impianto.
148
Dimensionamento, progettazione e controllo
Nella realizzazione di impianti microirrigui è proprio l’omogeneità di
distribuzione il parametro principale del dimensionamento che, in funzione della
lunghezza dell’appezzamento, determinerà la portata necessaria e quindi la
tipologia di ala più indicata per l’impianto. Indicativamente possono considerarsi
accettabili portate di 4-5 litri all’ora per metro di lunghezza per appezzamenti di
100-150 metri, riducibili a 3-4 litri all’ora aumentando a 200-250 metri, fino a
1,5-2 litri all’ora approssimandosi a 300 metri.
Una volta definita la tipologia di ala e, quindi, la portata lineare, sarà la superficie
dell’appezzamento che determinerà la portata totale dell’impianto responsabile del
dimensionamento del gruppo di pompaggio e di filtraggio, precisando che in
determinate condizioni può risultare economicamente conveniente rinunciare
all’irrigazione simultanea di tutto l’appezzamento preferendo due o più turni
irrigui.
Quando si fa un progetto di un impianto microirriguo, occorre inoltre considerare
le caratteristiche del clima e le necessità di acqua delle singole colture.
Il computer trova applicazione in questo sistema d’irrigazione per il controllo del
funzionamento dell’impianto, con possibilità di avvertire le anomalie e stabilire i
relativi programmi di allarme e soccorso; può inoltre acquisire ed elaborare i dati
relativi all’informazione ambientale, per predisporre una risposta automatica
all’irrigazione.
L’acqua per la microirrigazione
Gli erogatori, per le loro piccole dimensioni, hanno vie di passaggio per l’acqua
molto ridotte. L’acqua da utilizzare deve essere di buona qualità, senza particelle
solide o elementi disciolti, dannosi per l’impianto. La qualità dell’acqua è perciò
un elemento molto importante per questo tipo d’impianto: per meglio definirla
può essere necessario ricorrere all’analisi di laboratorio per poi valutare, con i dati
alla mano, l’economicità degli eventuali trattamenti cui sottoporla per renderla
idonea all’uso.
In ogni caso è sempre necessario il trattamento fisico di filtraggio per trattenere le
impurità e mantenere efficiente tutto l’impianto.
Se nell’acqua ci sono sostanze in soluzione si ricorre al trattamento chimico, che
consiste nell’aggiunta di cloro o acido all’interno delle tubazioni.
149
4.2.2.3 Il sistema per aspersione o a pioggia
Con il sistema per aspersione l’acqua d'irrigazione cade sul terreno e sulle colture
sotto forma di piccole goccioline: per questo motivo viene anche detto irrigazione
a pioggia.
Vantaggi del sistema
E’ un sistema che ha trovato largo uso nell’agricoltura tradizionale perché
presenta numerosi vantaggi:
•
è adottabile su tutti i tipi di terreno e non richiede sistemazioni preliminari
del terreno;
•
permette di economizzare i volumi d’adacquamento, perchè si possono
ripartire con maggiore regolarità rispetto ad altri sistemi;
•
la manodopera necessaria è limitata, specie nel caso di impianti fissi,
perchè l’impianto è agevolmente automatizzabile.
Svantaggi del sistema
Per contro, presenta alcuni svantaggi:
•
prevede un elevato investimento iniziale per la messa in opera (come per
la microirrigazione);
•
richiede una costante manutenzione e un notevole dispendio energetico per
il funzionamento;
•
l’efficacia dell’irrigazione per aspersione è fortemente condizionata dalla
presenza di vento, che influisce sulla regolarità della distribuzione;
•
nel caso in cui l’acqua sia suddivisa troppo finemente, si possono
verificare ingenti perdite per evaporazione.
Apparati costituenti l’impianto d’irrigazione a pioggia
A monte dell’impianto c’è il gruppo motore/pompa che deve portare ad una
pressione adeguata l’acqua per irrigare. Da qui l’acqua passa nelle condotte in
pressione, di materiali diversi, che possono essere sistemate sul terreno in modo
fisso, mobile o misto.
150
Nel primo caso sono in genere interrate, mentre le mobili vengono posate sul
terreno e facilmente montate e smontate grazie a giunti rapidi.
Gli elementi terminali del sistema sono gli irroratori o irrigatori: questi hanno il
compito di spruzzare l’acqua in modo uniforme, rendendo minima l’azione
battente delle gocce sul terreno o sulle colture. L’intensità di erogazione deve
essere regolata in modo che non si formino ristagni sul terreno e che l’acqua
venga assorbita gradualmente.
I modelli più utilizzati sono di due tipi: gli statici, usati in giardini, vivai e
impianti sportivi, e i rotativi, molto diffusi nelle colture di pieno campo.
Gli irrigatori si distinguono in base all’intensità di pioggia (i millimetri di acqua
che cadono sull’area circolare bagnata dall’irrigatore nell'unità di tempo) che sono
in grado di fornire: lentissima (circa 3 mm/ora), lenta (5 mm/ora), media (5-10
mm/ora), alta (oltre 10 mm/ora).
Per facilitare l’uso del sistema per aspersione sulle ampie superfici si sono ideate
diverse soluzioni, come gli irrigatori montati su ali piovane (tipi speciali di
tubazioni), che possono essere trainate o essere semoventi.
Tra i sistemi che hanno più successo ci sono quelli autoavvolgenti, in cui
l’irrigatore è montato su un carrello e attaccato ad un tubo che lo alimenta. Il tubo,
che all’inizio dell’operazione è avvolto su di una grossa bobina, si srotola mentre
il carrello è trasportato lontano dalla bobina. Quando incomincia a funzionare, una
pompa spinge l’acqua nel tubo e contemporaneamente il carrello si muove
affinchè il tubo di alimentazione venga lentamente riavvolto sulla bobina.
Le soluzioni più moderne sono meccaniche e automatizzate, di tipo semovente,
dotate quindi di motore autonomo. Nei sistemi center pivot (perno centrale),
destinati a grandissime superfici, la tubazione è lunga anche 500 metri e ruota
intorno al punto di alimentazione dell’acqua. Gli erogatori sono mantenuti a
qualche metro da terra grazie ad appositi supporti, simili a tralicci, che si
muovono su carrelli con ruote.
Sempre con un tubazione rigida funziona il sistema rainger, in cui il movimento
dei tralicci avviene in senso frontale. Diversamente dal precedente, l’area irrigata
ha forma rettangolare e non circolare.
Questi impianti possono essere dotati di valvole programmate e di programmatori
d’irrigazione, per ridurre ulteriormente l’intervento della manodopera.
151
Ancora per aspersione funzionano i moderni impianti cosiddetti sottochioma per
frutteti, che comprendono una parte interrata, mentre l’altra è costituita da
spruzzatori a 100-150 cm di altezza.
L’aspersione soprachioma viene invece utilizzata quasi unicamente nelle zone
frutticole del nord Italia, per permettere l’irrigazione antibrina.
4.2.2.4 La subirrigazione
La subirrigazione, oltre ad essere una tecnica irrigua, è anche un sistema di
smaltimento dei liquami (acque reflue provenienti da scarichi civili o zootecnici)
nel terreno, adatto per insediamenti di piccole dimensioni.
Viene eseguita tramite dispersione artificiale delle acque o del liquame
chiarificato al di sotto della superficie del suolo, evitando così il problema dei
cattivi odori ed i pericoli igienici; viene realizzata con una rete di piccoli condotti
sotterranei, detti reticoli disperdenti, lievemente inclinati e la cui lunghezza è
funzione della permeabilità del terreno. Questi introdotti nel terreno (permeabile o
poco permeabile), favoriscono la dispersione delle acque senza che sia necessario
modellare in modo speciale la superficie del suolo sovrastante.
Questo metodo irriguo consente, tramite le ali gocciolanti interrate, la precisa
distribuzione del liquame oppure dell’acqua, dei fertilizzanti e di altri fitofarmaci,
direttamente nella zona esplorata dall’apparato radicale delle piante, riducendo le
quantità dei prodotti utilizzati con la conseguente riduzione dei costi. Ciò permette
agli utilizzatori di ottimizzare le condizioni ambientali di crescita delle colture che
comporteranno una maggiore resa, non solo in termini quantitativi ma anche
qualitativi.
Un impianto di subirrigazione distribuisce efficientemente l’acqua ad una
profondità che varia dai 10 ai 75 cm, creando uno strato di terreno umidificato
continuo lungo i filari delle piante. La profondità alla quale verranno installate le
ali gocciolanti sarà determinata dalla tessitura del terreno e dallo sviluppo
dell’apparato radicale delle colture.
152
Interventi irrigui frequenti (più volte al giorno), senza mai raggiungere il punto di
saturazione del terreno, favoriscono il movimento dell’acqua per l’azione
capillare, eliminando il ristagno d’acqua in superficie e le perdite per
percolazione.
Il principale limite all’applicazione di questo metodo irriguo è dovuto alla
possibilità di intrusione delle radici negli erogatori, che vengono così otturati
impedendo l’uscita dell’acqua.
I vantaggi associati all’utilizzo di questa pratica sono i seguenti:
•
maggiore resa: l’acqua ed i nutrienti, distribuiti direttamente in prossimità
dell’apparato radicale, favoriscono la crescita in salute delle piante e
riducono lo stress delle stesse;
•
migliore qualità del raccolto: sia il terreno sia il fogliame vengono
mantenuti asciutti riducendo in tal modo le malattie fungine, favorite
specialmente dall’irrigazione in superficie, inoltre si eliminano le macchie
sui frutti e sulle foglie spesso causate dall’irrigazione sopra chioma;
•
sicura ed efficiente distribuzione di fertilizzanti, insetticidi e
fitofarmaci: i prodotti chimici arrivano direttamente all’apparato radicale
delle piante diminuendo le quantità utilizzate e riducendo al minimo
l’inquinamento ambientale;
•
minore sviluppo di erbe infestanti: la superficie del terreno asciutta
riduce la germinazione di erbe infestanti;
•
migliore aerazione del terreno: le particelle più piccole del terreno non
sono dilavate, diminuendo così la compattazione dello stesso e favorendo
la crescita delle radici;
•
superficie del terreno asciutta: con la superficie del terreno asciutta i
lavori colturali e la raccolta possono essere effettuati anche mentre
l’irrigazione è in atto;
•
maggior durata dell’impianto: i gocciolatori a flusso turbolento e le
tubazioni vengono fabbricati con materie prime di elevata qualità che
garantiscono una lunga durata. Il sistema irriguo, quando è interrato, viene
protetto dai danni causati dai raggi ultravioletti, dalle fluttuazioni termiche
e da quelli dovuti ai lavori colturali;
153
•
sostanziale
risparmio
d’acqua:
lo
spreco
d’acqua
dovuto
all’evaporazione, alla foschia, allo scorrimento superficiale viene
eliminato;
•
minore quantità di sali: meno acqua implica la minore presenza di sali
nel terreno e nelle falde;
•
minor costo di manutenzione: l’impianto viene interrato definitivamente
e non richiede ulteriori manipolazioni;
•
risparmio di manodopera: la più facile distribuzione dei fertilizzanti, la
presenza di meno erbe infestanti, il miglior controllo delle malattie e la
minor manutenzione implicano meno manodopera impiegata.
Apparati costituenti l’impianto di subirrigazione: il sistema di subirrigazione è
composto dagli stessi elementi di un normale impianto a goccia di superficie,
cioè: la stazione di pompaggio, l’eventuale sistema di trattamento dell’acqua,
l’iniettore di fertilizzanti e fitofarmaci, le valvole di scarico e il gruppo comandi
con controllo sia manuale che automatizzato.
Nel caso in cui l’alimentazione del sistema sia costituita da liquame
(particolarmente adatto è l’effluente del lagunaggio), questo deve essere grigliato,
decantato e distribuito con sistemi a cacciata per evitare depositi lungo le condotte
e garantire l’efflusso anche nei punti più lontani.
154
4.2.3 ITALIA - APPLICAZIONE DI UN IMPIANTO DI IRRIGAZIONE A
GOCCIA ALIMENTATO CON ENERGIA FOTOVOLTAICA IN EMILIA
ROMAGNA
Con questa esperienza si abbina il risparmio energetico conseguibile con
l’impiego dell’energia rinnovabile fotovoltaica, con il risparmio idrico
determinato dall’impiego dell’irrigazione a goccia.
Le esperienze condotte dal CER (Consorzio di Bonifica di secondo grado per il
Canale Emiliano Romagnolo) da alcuni anni hanno verificato che l’abbinamento
delle due tecnologie si sposa ottimamente sia per soddisfare le esigenze di
risparmio idrico ed energetico, sia per fornire energia agli impianti irrigui,
automatizzando ed adeguando le irrigazioni alle esigenze climatiche, con volumi
idonei ad un uso sostenibile dell’acqua.
Quest’ultima capacità deriva dal fatto che, sia la pianta sia i pannelli fotovoltaici
funzionano
in
relazione
alla
radiazione
solare
che
intercettano.
L’evapotraspirazione della coltura è fortemente correlata alla radiazione solare:
per tale motivo esiste una relazione tra quantità di energia intercettata dai pannelli
solari e convertita in energia elettrica (che tramite un elettropompa viene a sua
volta convertita in quantità d’acqua fornita alla coltura) e fabbisogno idrico della
pianta.
Per dare la massima aderenza tra energia elettrica fornita dai pannelli fotovoltaici
ed esigenze idriche della pianta, il sistema studiato in una precedente fase di
ricerca ha eliminato l’accumulo energetico in batterie (costose ed oggetto di
continue manutenzioni), fornendo elettricità direttamente all’elettropompa.
In sintesi, un sistema irriguo fotovoltaico a goccia (SOLARDRIP) adeguatamente
dimensionato, può permettere di dare una minore quantità di acqua alle colture nei
periodi dell’anno con giornate corte (o nelle giornate estive ma con copertura
nuvolosa) e viceversa una maggiore quantità d’acqua in quelle lunghe e molto
soleggiate, nelle quali la domanda evapotraspirativa, quindi l’esigenza idrica della
pianta, è alta.
Precedenti esperienze del CER hanno permesso di rilevare che, orientativamente,
per soddisfare le esigenze idriche sostenibili delle colture da frutto in EmiliaRomagna, occorrono i volumi idrici (l/m2) e le superfici di pannelli solari indicate
nella tabella seguente.
155
mm
Mese
Necessità idriche litri/m2
Piogge Melo Pesco Kiwi
Vite
Necessità irrigue litri/m2
Melo Pesco
Kiwi
Vite
Maggio
60
49
45
58
49
-
-
-
-
Giugno
56
95
82
113
76
39
26
57
20
Luglio
34
124
109
167
87
90
75
133
43
Agosto
33
111
98
150
76
78
65
117
43
Settembre
78
74
-
-
29
-
Superficie (m2) pannelli solari necessari per
7,91
6,59
11,69
7,56
(punta)
ettaro di coltura >
La stima evidenzia superfici non eccessive se l’acqua si trova già in superficie;
dovranno essere previste superfici maggiori in caso di sollevamento dell’acqua da
un pozzo ed in caso di tubazioni di trasporto idrico con elevate perdite di carico.
Il pescheto solare presso l’azienda Martorano 5 di Cesena
L’impianto dimostrativo SOLARDRIP è stato montato su un pescheto della
cultivar (tipo) Springbelle (maturazione ad inizio luglio), costituito da 6 filari
distanti 5 m. tra loro e lunghi 131 m., per un totale di 3.930 m2 (=(30*131)m2).
Tutto l’impianto irriguo è stato scelto e dimensionato per ridurre al minimo le
perdite energetiche e per sfruttare al massimo l’energia solare.
Per l’irrigazione delle piante sono stati montati 430 gocciolatori comuni (del tipo
Toro Eurokey) aventi portata nominale di 2 l/h (portata nominale complessiva di
860 l/h); l’impianto ha, quindi, una pluviometria teorica di 0,22 mm/h (= 860 l/h
su 3.930 m2).
La bassa pluviometria dell’impianto è stata scelta in considerazione della lunga
durata di erogazione determinata dall’alimentazione dei sistemi di pompaggio ad
energia solare senza accumulatori.
Il gocciolatore scelto è di tipo comune, quindi in grado di aumentare la sua portata
all’aumentare della pressione, che evidentemente si ha nelle ore della giornata con
massimo irraggiamento solare e quindi di maggior conversione fotovoltaica.
E’ quindi stata evitata la scelta di un gocciolatore autocompensante che avrebbe
potuto non entrare in pressione nelle ore meno soleggiate e diminuire la pressione
156
in quelle con massimo irraggiamento, con scarsa omogeneità di distribuzione
idrica e minor portata complessiva a fine giornata.
I gocciolatori sono stati montati su tubazioni di polietilene di diametro 20 mm.;
tale diametro determina irrisorie perdite di carico idraulico (quindi energetico) in
considerazione delle basse portate degli erogatori.
Per evitare problemi di intasamento degli erogatori di bassa portata, l’acqua
proveniente da un bacino aziendale a cielo aperto è filtrata tramite un filtro a
dischi.
Dopo aver calcolato le esigenze idriche sostenibili della coltura, in collaborazione
con la Nuova Thermosolar di Formigine (MO) è stata individuata l’elettropompa a
corrente continua CC (quelle a corrente alternata CA necessitano di inverter
CC/CA che consumano rilevanti % di energia) idonea all’impianto a goccia per
pressione e portata.
La scelta è ricaduta sull’elettropompa solare Solaflux con dispositivo turbo per
basse prevalenze ed alte portate, che da un’indagine è risultata quella di maggior
portata ed efficienza per la situazione idraulica del frutteto da irrigare.
Pompa Solaflux
La pompa sommersa è di piccola potenza ed elevato rendimento, alimentabile con
tensioni comprese tra 20 e 280 W.
La portata dichiarata è compresa tra 600 e 11.000 l/g, a seconda: della prevalenza
di funzionamento, dell’efficienza e del numero di pannelli fotovoltaici applicati e
della radiazione solare del sito di installazione (tutti parametri che necessitano di
attente verifiche per adeguare l’impianto alle necessità irrigue).
La pompa è stata posizionata verticalmente nel bacino di accumulo idrico
dell’azienda sperimentale Martorano 5 a circa 70 cm. sotto il livello dell’acqua.
157
L’abbinamento con un impianto a goccia è già stato verificato positivamente dal
CER.
Per l’alimentazione elettrica diretta della elettropompa sono stati installati 4
moduli fotovoltaici di silicio policristallino, da 12 Volt nominali, della superficie
di 1.215x555 mm. (0,6743 m2 ognuno x 4 = 2,6973 m2 complessivi).
I moduli sono stati collegati in serie per raggiungere i 48 Volt nominali di
tensione, ottimali per un buon funzionamento della pompa solare.
I moduli fotovoltaici sono stati montati su un telaio d’acciaio che è stato rivolto a
sud ed inclinato rispetto all’orizzontale di 30° per ottenere la massima efficienza.
Tra i moduli fotovoltaici e l’elettropompa è stato inserito un controller elettronico
(MK1) che ha importanti funzioni per il buon funzionamento dell’elettropompa:
•
interruzione del collegamento elettrico tra pannelli e pompa quando
l’insolazione è troppo debole, evitando danneggiamenti alla pompa;
•
ripristino immediato del collegamento quando l’insolazione torna a livelli
sufficienti per l’azionamento del motore;
•
consente l’eventuale ripetizione del ciclo di interruzione e ripristino ogni 2
minuti;
•
in base all’insolazione e al carico della pompa collega automaticamente
tutti i 4 pannelli in serie, oppure 2 a 2 in parallelo, per consentire il
funzionamento del sistema anche in condizioni di bassa insolazione e per
un tempo prolungato.
Nel seguito è rappresentato uno schema semplificato dell’impianto pompa
Solaflux - 4 pannelli fotovoltaici.
+ -
+ -
+ -
+ -
MK1
SOLAFLUX
158
Prime osservazioni sulla funzionalita’ del sistema
Il montaggio dell’impianto irriguo e l’allacciamento al sistema fotovoltaico è stato
completato il 21 giugno 2002.
Da alcuni rilievi effettuati nei giorni 22 e 23 giugno è stato rilevato che l’impianto
ha erogato complessivamente 24.000 m3 d’acqua, e quindi 12.000 l/g.
Il volume distribuito sulla superficie del frutteto è stato, quindi, di 3,053
mm/giorno (= 12.000 l/g su 3930 m2); volume corrispondente all’irrigazione
sostenibile ipotizzata.
4.3 TECNICHE NATURALI PER LA GESTIONE DELLE
RISORSE IDRICHE
Per impiegare i nutrienti nel settore agricolo in un’ottica di riutilizzo delle risorse
ed ottimizzare molti processi depurativi naturali occorre separare il refluo di
origine domestica nelle sue frazioni elementari: urine, feci ed acque grigie.
I rifiuti organici provenienti dalla cucina ed il materiale fecale sottoposti a
trattamento di compostaggio, i fanghi di supero provenienti da impianti di
depurazione, le urine fatte decantare in apposite vasche sono le frazioni che più
proficuamente risultano utilizzabili in agricoltura.
4.3.1 FITODEPURAZIONE APPLICATA AL SETTORE AGRICOLO
Una tipologia molto usata è quella delle zone umide artificiali a flusso
subsuperficiale verticale, nelle quali l’acqua da depurare, sparsa sulla superficie
del suolo, percola verticalmente attraverso il medium e viene raccolta da delle
tubature poste sul fondo, per cui il processo depurativo avviene principalmente nel
terreno, con le piante che preservano la capacità infiltrativ, oltre ad assorbire i
nutrienti a livello dell’apparato radicale.
La tecnica specifica facente parte di questra categoria e maggiormente usata nel
settore agricolo è:
159
Sistema di irrigazione dei terreni agricoli: sia l’acqua che le sostanze contenute
nel refluo sono sfruttate come nutrienti da recuperare. E’ un sistema estensivo in
cui l’irrigazione può avvenire solo durante determinati periodi dell’anno.
Tale modalità prevede che le acque raccolte, dopo la fase di sedimentazione ed il
trattamento biologico, vengano convogliate in un bacino per il periodo invernale.
Per garantire l’eliminazione degli agenti patogeni eventualmente presenti nelle
acque meteoriche risulta importante prolungarne il periodo di permanenza in una
o più vasche, mentre durante l’estate ne è previsto l’utilizzo per irrigare i terreni
circostanti, che possono ospitare colture agricole per usi generici o canneti che
assorbono molti nutrienti e sopportano bene l’acqua. Caratteristiche similari
presentano anche alcune piante terrestri quali salice e pioppo.
Il bacino di raccolta, abbastanza profondo per diminuire l’esposizione al sole ed
all’aria, va previsto con un fondo impermeabile.
Un corretto funzionamento del sistema consente di chiudere il ciclo senza
inquinare le acqua profonde o in superficie con efficacia soddisfacente e di
recuperare i fanghi come concime. in un’area agricola con grande consumo
d’acqua, tale metodologia consente di diminuirlo e, riciclando i nutrienti, di
evitare l’eutrofizzazione dei corsi d’acqua.
Gli alti costi di un’eventuale rete di convogliamento delle acque nel bacino
suggeriscono di adottare questa tecnica nelle vicinanze dell’insediamento dal
quale proviene il refluo.
Altra tipologia è quella delle zone umide a flusso superficiale, che consistono in
bacini o canali dotati di un opportuno medium per la crescita della vegetazione,
con l’acqua che scorre in superficie. Possono ospitare vegetazione galleggiante o
sommersa od essere piantumate a canneto. In agricoltura la tecnica di questo tipo
più usata è:
Bacini di accumulo (magazzini di acque meteoriche): oltre alla possibilità di
attingere per scopi irrigui da parte degli agricoltori, questa metodologia consente
di soddisfare anche funzioni estetiche, depurative, regolative del regime fluviale e,
talvolta, anche energetiche.
Un inserimento ambientale dal quale tutto il paesaggio tragga beneficio impone di
ridurre al minimo gli elementi artificiali rilevabili a prima vista: il profilo sinuoso
delle sponde e la loro piantumazione con essenze arboree locali, consentono di
mascherarne la struttura artificiale. Questi due elementi hanno un effetto positivo
160
sulle capacità depurative del bacino; collocando quest’ultimo in modo da
consentire lo sfruttamento di eventuali “salti” d’acqua, c’è la possibilità di
produrre energia idroelettrica.
Altre tecniche varie:
•
Colture idroponiche: si basano sulle capacità depurative dell’acqua, in
particolare sull’azione svolta da piante ed organismi acquatici, demolitori
di sostanze inquinanti, in cui la presenza di acqua è determinante. In questi
sistemi i nutrienti contenuti nel refluo vengono utilizzati per la
coltivazione di piante acquatiche o l’allevamento di pesci e molluschi.
Consistono in una serie di bacini di profondità variabile, tra loro collegati;
la tecnica basa il suo funzionamento sul fluire del refluo da un contenitore
all’altro. Per le caratteristiche degli specifici trattamenti che in ognuno di
essi hanno luogo in una successione che esalta la funzione depurativa,
l’acqua da depurare diminuisce gradualmente il proprio grado di
inquinamento alimentando biotipi compatibili con le proprie caratteristiche
chimico-fisiche. In condizioni di clima sufficientemente caldo gli impianti
possono essere allestiti all’esterno, mentre in climi freddi e temperati si
preferisce chiuderli in strutture climatizzate tipo serre.
•
Stoccaggio e trattamento urine: l’operazione più complessa e costosa
legata a questa tecnica è la separazione delle urine dalle altre componenti
degli scarichi umani. Il processo di trattamento è di facile realizzazione
consistendo in una cisterna per lo stoccaggio delle urine, interrata per
mantenere il contenuto a bassa temperatura al fine di evitare l’attività dei
batteri e l’evaporazione dell’azoto, dimensionata in modo da garantire
un’autonomia di circa 1 anno. Trascorso questo lasso di tempo le urine
possono essere prelevate ed utilizzate come ammendante nel settore
agricolo. Per le difficoltà impiantistiche connesse alla separazione, ma
soprattutto per la forte motivazione necessaria all’utenza per adeguare le
proprie abitudini alle tipologie impiantistiche, questa tecnica non è sempre
e dappertutto facilmente introducibile, nonostante i vantaggi ambientali ad
essa connessi: dalla possibilità di riciclaggio attraverso la produzione di
161
ammendante di ottima qualità, all’alleggerimento dei nutrienti da trattare
che altrimenti raggiungerebbero i depuratori.
•
Compostaggio: questa tecnica favorisce l’igienizzazione delle feci e di
altro materiale organico consentendone l’impiego in agricoltura come
fertilizzante. Il materiale fecale ed i rifiuti organici sono raccolti in una
camera di compostaggio interrata dove ha luogo una riduzione del
materiale tramite processi biochimici in ambiente aerobico ed a
temperatura elevata. Quando il serbatoio di compostaggio è pieno, il
contenuto deve essere conservato per 3/6 mesi per igienizzarsi, poi
trascorso un anno può essere utilizzato in agricoltura come humus.
Il modello, che si basa sulla separazione tra urine, materiale fecale ed
acque grigie, se da un lato ha il vantaggio di una migliore gestione delle
singole frazioni e dell’ottenimento della massima riciclabilità, presenta
d’altra parte dei limiti derivanti dalla disposizione del serbatoio interrato
che va posto preferibilmente direttamente sotto il WC ed è perciò
adottabile quasi esclusivamente in ambito rurale (oppure nel caso di
singole abitazioni con giardino).
4.3.2 APPLICAZIONE DELLA FITODEPURAZIONE AL
TRATTAMENTO DI REFLUI DI ORIGINE ZOOTECNICA
Lo sviluppo negli ultimi anni di allevamenti con capacità produttive, in termini di
capi/allevamento, superiori alle risorse territoriali presenti, ha determinato da un
lato lo sviluppo di allevamenti con grandi capacità di produzione, e dall’altro un
progressivo incremento degli oneri unitari per lo spargimento e, in misura
maggiore, per il trasporto delle deiezioni su lunghe distanze.
Tale incremento dei costi determina l’esigenza di ricercare nuovi sistemi di
trattamento delle acque reflue di allevamento, assimilando l’attività zootecnica per
taluni aspetti a quelle di carattere industriale, consentendone lo scarico
nell’ambiente, private del loro carico di nutrienti, a costi contenuti e gestione
semplificata.
162
Sono state avviate prove al fine di stabilire le modalità di utilizzo di un sistema di
fitodepurazione per il trattamento biologico dei reflui zootecnici e, nello specifico,
dei reflui provenienti da allevamenti suini.
Gli obiettivi principali sono stati quelli di valutare l’efficacia del sistema
nell’abbattimento della sostanza organica, dell’azoto e del fosforo totale in un
impianto a flusso verticale. Le prove di fitodepurazione sono state avviate su un
refluo precedentemente filtrato.
Nella seguente tabella vengono riassunti i risultati medi ottenuti nelle prove di
fitodepurazione a flusso verticale a scala di laboratorio, costituito da tre fasi di
trattamento.
Concentrazioni e percentuale di rimozione degli inquinanti
Fasi di
COD
trattamento (mgO2/l)
(mg/l)
Azoto
N-NH4
N-NO2
N-NO3
Azoto
totale
(mg/l)
(mg/l)
(mg/l)
organico
(mg/l)
(stima)
(mg/l)
Ingresso
2.248,4
869,2
698,7
1,4
9
160,1
Fase 1
1.284,9
603,5
388,5
80
32,2
102,8
Fase 2
972,8
556
299
106,7
78,6
71,7
Fase3
763,5
551,7
193,1
123,3
90,4
144,8
Rimozione
66%
37%
72%
-
-
10%
totale
sull’ingresso
Rimozione della sostanza organica – COD
Nello schema di trattamento utilizzato, la rimozione della sostanza organica intesa
come COD è stata pari al 66%. Tuttavia, in esperienze pregresse condotte su di un
refluo di origine agro-alimentare di tipo proteico, e quindi con un elevato
contenuto di sostanza organica e di azoto e con un valore di COD in uscita
analogo (618 mgO2/l), sono state raggiunte concentrazioni di COD residuo molto
più contenute (118 mg/l), con un trattamento più spinto determinato dall’aggiunta
di fasi successive di fitodepurazione. Si ritiene, quindi, che con l’aggiunta di una o
163
più fasi di fitodepurazione, anche a basso carico idraulico, sia possibile migliorare
le rese ottenute e raggiungere i limiti di scarico previsti.
Rimozione delle sostanze azotate
Il refluo esaminato si caratterizza per un alto rapporto N-totale/COD, il quale si
aggira su valori di 0,4. La principale forma di azoto è quella ammoniacale (NNH4), risultato della degradazione dell’urea. Come è noto, alte concentrazioni di
ammoniaca possono risultare tossiche per i microrganismi.
La percentuale complessiva di rimozione dell’azoto totale è stata mediamente del
37%. Per quanto riguarda l’azoto ammoniacale, questo viene rimosso in misura
del 70% circa, mediante processi biologici sia di assimilazione che di ossidazione
e successiva trasformazione in nitrito e nitrato.
Tuttavia, sulla base delle prove svolte e dei valori del rapporto N-totale/COD,
risulta che una maggiore rimozione dell’azoto totale, con i principi e le
metodologie gestionali adottate, non è raggiungibile.
Rimozione del fosforo
La rimozione complessiva del fosforo totale è stata contenuta, circa 50%, valore
quest’ultimo inferiore a quelli conseguiti in altre esperienze.
Tuttavia, detti valori di rimozione sono da attribuirsi anche alla tipologia di
substrato utilizzato, altamente poroso che, se da un lato agevola i processi di
ossidazione e di digestione dell’impianto, dall’altro canto determina una bassa
efficienza depurativa per quanto concerne il fosforo, a causa di fenomeni di
insolubilizzazione. Così si ritiene che l’aggiunta di fasi ulteriori di fitodepurazione
a basso carico con idonei substrati possano migliorare le efficienze raggiunte.
Conclusioni
Le prove svolte consentono di valutare la fattibilità dell’utilizzo di tale tipologia
impiantistica per il trattamento dei reflui zootecnici.
Tuttavia, a fronte dei risultati ottenuti, si ritiene che il raggiungimento dei limiti di
accettabilità allo scarico sia possibile mediante una configurazione impiantistica
più articolata ed una gestione appropriata del refluo in oggetto.
164
4.4 ESEMPI DI APPLICAZIONE DI PRINCIPI E
TECNOLOGIE PER IL RISPARMIO IDRICO NEL SETTORE
AGRICOLO IN ITALIA
4.4.1 IL PROGETTO “LICATA“ CONTRO LA DESERTIFICAZIONE IN
SICILIA
Nell’estate 2002 la già grave situazione idrica della Sicilia si è ulteriormente
aggravata a fronte di una stagione particolarmente siccitosa che si è protratta fino
all’autunno.
Questa situazione ha colpito in modo particolare la regione meridionale della
Sicilia, di cui il Comune di Licata costituisce un esempio limite, a causa della
assoluta mancanza di acqua dolce per usi agricoli e civili. In questo preoccupante
quadro di emergenza idrica, il Comune di Licata ha richiesto all’ENEA (Ente per
le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) di elaborare una proposta
complessiva che affrontasse il grave problema dell’approvvigionamento idrico,
quindi riguardante anche le attività per la lotta alla desertificazione.
L’ENEA ha risposto alla richiesta del Comune elaborando il presente progetto di
massima. Lo scopo del presente lavoro è quindi di indicare alle autorità pubbliche
(Comune, Provincia, Regione) l’opzione tecnica più opportuna.
Quadro socio economico del territorio di Licata
La città di Licata è situata nella provincia di Agrigento sulla costa meridionale
della regione Sicilia.
Tutta la fascia costiera agrigentina è caratterizzata da un clima sub-umido secco
con precipitazioni annue comprese fra 230 e 639 mm., ma anche soggetto ad
eventi alluvionali che nel passato hanno provocato ingenti danni e perdite umane.
Le condizioni climatiche costituiscono al tempo stesso un vantaggio ed una
limitazione per lo sviluppo dell’area, poiché le attività produttive agricole da un
lato beneficiano di temperature medie mensili che oscillano fra i 12°C del mese di
gennaio ed i 26°C del mese di agosto, ma dall’altro soffrono di una cronica
insufficienza di acqua per l’attività di produzione intensiva, che costituisce la
maggiore fonte di reddito di Licata.
165
Il crescente fabbisogno d’acqua dell’agricoltura è stato in passato soddisfatto
emungendo la falda freatica ed utilizzando il fiume Salso, che sfocia nei pressi di
Licata.
La qualità dell’acqua della falda si è progressivamente deteriorata a causa delle
intrusioni saline (dell’acqua di mare), mentre l’acqua del fiume, che è
naturalmente ricca di sali minerali, impone di interrompere periodicamente
l’attività agricola per ripristinare un tenore salino dei suoli compatibile con le
attività produttive. L’impiego di queste acque non solo limita la produttività delle
colture agricole, ma provoca anche un significativo rischio di desertificazione.
I fabbisogni idrici di Licata e di altri comuni limitrofi vengono in parte soddisfatti
dal dissalatore di Gela e da alcuni invasi destinati a questo scopo.
L’acqua del dissalatore di Gela potrebbe teoricamente soddisfare il 75% dei
fabbisogni di questi comuni se la rete di distribuzione non fosse soggetta a furti e
perdite, che praticamente riducono la disponibilità di acqua a livelli del tutto
insufficienti.
E’ stato valutato che ogni abitante di Licata consuma circa 37 l/giorno, rispetto ad
un valore nazionale medio di circa 200 l/giorno, quindi è assolutamente necessario
ridurre al minimo gli sprechi e razionalizzare l’uso delle risorse idriche, affinchè
sia garantita un’adeguata fornitura per i settori civile, agricolo e industriale.
La vigente normativa italiana in materia di risorse idriche (Decreto legge 152/99 e
legge Galli 36/94), ha stabilito che i fabbisogni civili sono prioritari rispetto agli
altri usi. Soddisfare i fabbisogni idrici civili e del settore agricolo costituisce una
sfida non solo per lo sviluppo delle zone aride, che rischiano di diventare sempre
più economicamente e socialmente marginali, ma anche per la lotta alla
desertificazione.
Per raggiungere tale obiettivo è necessario combinare la costruzione delle grandi
opere civili (dighe, invasi, acquedotti) con lo sfruttamento di una risorsa idrica
certa e praticamente inesauribile come l’acqua di mare. Entrambe queste opzioni
vanno sapientemente integrate per far fronte alle attuali e future esigenze idriche
della Sicilia.
Il dissalatore di Gela, che produce 500 litri/sec (43.200 m3/giorno), fornisce
acqua per uso civile ai Comuni di Gela, Niscemi, Palma di Montechiaro, Licata,
Canicattì, Campobello, Ravanusa, Agrigento e consorzio Voltano, che
166
costituiscono un bacino di utenza di circa 300.000 abitanti che ha un fabbisogno
idrico per usi civili stimabile in 60.000 m3/giorno.
Foto 1. Conseguenze della siccità nella Piana di Licata: quello che resta di
una coltivazione a carciofi.
Le nuove opere civili di captazione o quelle che entreranno in funzione, non
permetteranno di soddisfare la domanda idrica per l’agricoltura nell’area
considerata.
Gli scenari climatici indicano che nel prossimo futuro le precipitazioni potrebbero
ulteriormente ridursi (come poi è accaduto nell’estate del 2003), rispetto al
passato, e quindi gli attuali invasi rischiano di non essere sufficienti a soddisfare i
fabbisogni idrici dell’isola.
Le possibili misure tecnologiche di mitigazione e di adattamento alle nuove
condizioni, come la dissalazione ed il riutilizzo delle acque reflue, dovranno
essere associate a misure di risparmio ed ottimizzazione dell’utilizzo dell’acqua,
nonché ad altre misure ambientali di ripristino della copertura vegetale in una
visione integrata della protezione dell’acqua e del suolo, necessaria a scongiurare i
rischi di desertificazione.
Sarà inoltre necessario programmare le attività produttive in modo compatibile
con la qualità e la quantità delle risorse naturali esistenti, acqua e suolo, nella
167
consapevolezza che la desertificazione costituisce una minaccia non solo per gli
ecosistemi e le attività produttive, ma anche per la società nel suo complesso.
Fino al settembre 2002 la disponibilità idrica per gli abitanti era garantita alcune
ore per due giorni la settimana. Gli abitanti accumulavano quindi l’acqua in
cisterne, facendo anche ricorso ad autobotti private.
La rete idrica idropotabile di Licata è alimentata dal dissalatore di Gela, dalla
captazione di acqua da alcune piccole sorgenti e dagli invasi di accumulo destinati
all’uso idropotabile.
Teoricamente questo sistema di approvvigionamento dovrebbe fornire circa 90
litri/secondo (pari a 7.700 m3/giorno), mentre la disponibilità attuale è di circa
1.000 m3/giorno.
L’agricoltura utilizza in parte le acque del fiume Salso, prelevando abusivamente
lungo il suo percorso. Esistono poi alcuni pozzi artesiani nella piana di Licata ad
una profondità di circa 20-40 m., che forniscono un’acqua con pessime
caratteristiche chimiche, per la presenza di cloruro di sodio (NaCl), quest’ultimo
ad una concentrazione di circa 4-6 g/l.
Alcuni agricoltori soddisfano le loro esigenze irrigue utilizzando queste acque
dopo un adeguato trattamento, che consiste in una fase di sedimentazione in
vasche (vedi foto 2), seguita da un processo di ossidazione, di chiarificazione con
lapillo di cava e di osmosi inversa.
Le acque primarie disponibili sul territorio di Licata, su cui si possono effettuare
processi di depurazione sono:
1. Il mare
2. Il fiume Salso
3. Le acque reflue del depuratore civile
4. I pozzi artesiani
168
Foto 2. Vasca di sedimentazione dell’acqua estratta da un pozzo per uso
agricolo
Necessità idriche per lo sviluppo socio economico
Le necessità idriche nel territorio di Licata, a prevalente sviluppo urbano ed
agricolo, sono state valutate per uso potabile ed agricolo, a partire dalle
caratteristiche del territorio considerato (piana di Licata ed insediamento urbano).
Gli abitanti di Licata sono circa 40.000, ma nel periodo estivo diventano circa
60.000 per il rientro degli emigrati e per la presenza turistica. Proprio nel periodo
estivo le disponibilità idriche tradizionali si riducono ai livelli minimi.
Per assicurare almeno a 40.000 abitanti una quota pro capite di circa 200
litri/giorno (media del consumo idrico civile in Italia), è necessario disporre di
8.000 m3/giorno (= 40.000 ab.*0,2 m3/g).
Il fabbisogno idrico per fini irrigui è stimato in base ai dati forniti dal locale
ufficio
dell’Assessorato
Regionale
Agricoltura
e
Foreste,
sulla
base
dell’estensione delle colture attuali nella piana di Licata e del fabbisogno idrico
medio delle varie colture (vedi tabella 1). Risultano necessari almeno 30.000
m3/giorno d’acqua per scopi irrigui (ottenuti da 10.750.000 m3/anno su 365
giorni).
169
Tabella 1. Fabbisogno idrico per fini irrigui di diverse colture
Principali colture
Superficie di
agricole locali
colture (ha)
Fabbisogno idrico Fabbisogno totale
specifico (m3/ha
(m3/anno)
anno)
Serre a tunnel per
1.200
5.000
6.000.000
Carciofi
800
1.500
1.200.000
Produzioni orticole
700
1.500
1.050.000
Vigneti
1.000
1.500
1.500.000
Uliveti
1.000
1.000
1.000.000
la produzione di
meloni e ortaggi
Fabbisogno idrico
10.750.000
totale
Sulla base di una ricognizione territoriale e di uno studio eseguito presso la
Provincia di Agrigento ed il Comune di Licata, è stato possibile formulare una
proposta di un nuovo approvvigionamento idrico, recupero e gestione delle risorse
idriche da destinare allo sviluppo socio economico del comprensorio.
Per soddisfare i fabbisogni civili si prevede di ricavare acqua potabile dalla
dissalazione dell’acqua di mare perché è l’unica possibilità offerta dal sito, sia per
le quantità necessarie, che per ragioni economiche ed igienico sanitarie.
Infatti, e’ più costoso e meno sicuro dal punto di vista igienico produrre acqua
potabile dai reflui civili o dallo stesso fiume Salso. Per l’uso irriguo si propone di
recuperare acque di scarico dal depuratore civile di Licata e dal fiume Salso,
previa opportuna depurazione.
La stima delle necessità idriche del Comune di Licata è di:
•
circa 8.000 m3/giorno per usi civili (acqua potabile);
•
circa 30.000 m3/giorno per scopi agricoli
Si propone di ricavare 10.500 m3/giorno dalla dissalazione dell’acqua di mare, in
modo da soddisfare le esigenze civili, con un esubero di circa 2.500 m3/giorno.
170
Il fabbisogno stimato dell’agricoltura può essere solo parzialmente soddisfatto
facendo ricorso a fonti non convenzionali. Si prevede che a regime sia possibile
soddisfare solo un terzo (10.000 m3/g) dell’attuale richiesta ottimizzando il riuso
dei reflui urbani e delle acque del Salso.
Per l’agricoltura si prevede di recuperare circa 2.800 m3/giorno dal depuratore e
dal Salso, a cui si aggiungono i 2.500 m3/giorno in esubero dal dissalatore.
A regime, cioè quando sarà aumentata l’acqua per usi civili, crescerà
conseguentemente la quantità sversata nel depuratore (che ha una capacità di
10.000 m3/g), quindi si potrà contare su circa 12.500 m3/giorno.
Processo di depurazione e riutilizzo delle acque reflue a scopi agricoli
L’impianto a fanghi attivi sversa in mare un volume di circa 1.000 m3/giorno di
acque biologicamente depurate.
Queste acque hanno una composizione chimica piuttosto compatibile per un
possibile uso agricolo (COD = 120 ppm), con tracce di metalli pesanti, ma con un
contenuto elevato di cloruri ed una presenza di flora batterica.
L’impiego di queste acque in agricoltura richiede un adeguato trattamento
depurativo. Il completamento dell’allacciamento alla rete fognaria del settore
occidentale della città ha reso disponibili altri 1.000 m3/giorno, portando quindi la
produzione complessiva intorno ai 2.000 m3/giorno.
Ora, non tutte le abitazioni di Licata sono collegate con la rete fognaria, ma
impiegano pozzi a dispersione. Questi scarichi non arrivano attualmente al
depuratore, ma è previsto un graduale allacciamento alla rete fognaria.
Foto 3. Le acque quasi stagnanti del fiume Salso in prossimità della foce
171
Il Salso ha una portata variabile nel corso dell’anno ma è ragionevole valutare una
portata minima intorno ai 1.800 m3/giorno, anche se a causa dei prelievi illegali
effettuati nella piana di Licata, tale portata è molto difficile da valutare.
Anche la composizione chimica dell’acqua del fiume Salso oscilla fortemente in
funzione della stagione, con una concentrazione di cloruri che varia in un
intervallo compreso fra 1 e 4 g/l.
Le acque del Salso hanno un contenuto salino (NaCl) medio annuale di circa 2,5
g/l. La salinità è più alta in estate, quando piove di meno, e più bassa in inverno
quando piove di più.
Attualmente le acque del Salso vengono comunque impiegate per l’agricoltura,
con effetti dannosi per le colture e per la salinità dei suoli, che tende ad
aumentare.
Nel caso sia resa disponibile acqua di migliore qualità per l’agricoltura, gli
emungimenti illegali sul letto del fiume dovrebbero cessare o ridursi.
Il fiume, in prossimità della foce è contaminato da scarichi organici (fognature
abusive), il che richiede un primo processo di depurazione biologica.
La foto 4 mostra le acque reflue in uscita dall’impianto, quelle che si prevede di
trattare con microfiltrazione (MF) ed osmosi inversa (OI), per renderle idonee
all’agricoltura.
Foto 4. Le acque reflue del depuratore di Licata scaricate in mare
172
Si prevede d’inviare al depuratore di Licata anche le acque del Salso in prossimità
della foce, che si trova a circa 100 metri dal depuratore di Licata.
In questo modo è ragionevole attendersi un flusso medio di acqua da depurare
dell’ordine di 3.800 m3/giorno, quando comunque la capacità di trattamento è di
10.000 m3/giorno.
Sulla base della composizione chimica e microbiologica di queste acque reflue e
di quelle del Salso, si propone il seguente schema di post trattamento al fine di
depurare le acque stesse e renderle perfettamente compatibili con l’impiego
agricolo (figura 1).
Figura 1. Schema di processo del trattamento di acque reflue per uso agricolo
Scarico a mare 745 m3
Scarichi civili + Salso
In testa al depuratore 250 m3
3.800 m3
Depuratore
2.485 m3
MF
S
1.065 m3
OI
1.740 m3
Acqua depurata ad uso agricolo 2.805 m3
L’acqua depurata dal biologico entra in un sedimentatore (S), quindi viene inviata
ad un sistema di Microfiltrazione (MF) con membrane ceramiche con taglio
molecolare di 0,2 µm. Il sistema a membrana sarà dotato di un prefiltro meccanico
da 10 µm.
Il 30% dell’acqua permeata in Microfiltrazione verrà immessa in una vasca di
miscelazione da 5 m3. Il restante 70% del microfiltrato entra in osmosi inversa
(OI) a bassa pressione (10-15 bar). Il 70% dell’acqua che entra in Osmosi Inversa
viene recuperata come permeato e miscelata con la precedente acqua microfiltrata
nella vasca di miscelazione.
Il permeato di Osmosi Inversa avrà un contenuto di cloruri di circa 0,02 g/l ed
andrà a diluire la concentrazione del microfiltrato, in cui i cloruri saranno circa
1,36 g/l. Dal mescolamento indicato si otterrà un’acqua con un contenuto di
173
cloruri di circa 0,5 g/l, quindi compatibile con un uso agricolo. Il limite previsto
per lo sversamento in acque superficiali (legge 152/99) è di 1,2 g/l.
La quantità d’acqua recuperata per l’agricoltura sarà di circa 1.065 m3/giorno del
microfiltrato e di 1.740 m3/giorno del permeato di Osmosi Inversa (in totale 2.805
m3/giorno). Circa 745 m3/giorno saranno rigettati in mare come retentato di
Osmosi Inversa, rispetto agli attuali 2.000 m3/giorno.
Lo schema di processo elaborato si caratterizza per una notevole versatilità
operativa, necessaria a compensare le variazioni di composizione salina del Salso
e del depuratore nel corso dell’anno.
Esso consente di modificare le proporzioni di acqua trattata nelle due sezioni a
membrana (Microfiltrazione e Osmosi Inversa), anche in funzione delle portate
stagionali del Salso e di quelle del depuratore.
La quota del 30% d’acqua microfiltrata che viene reimmessa nelle condotte ad uso
agricolo serve a fornire un contenuto di nutrienti per il terreno, che tuttavia
devono essere bilanciati dalla presenza di cloruri. Con la rimozione totale dei
cloruri (processo di Osmosi Inversa) si riducono anche i nutrienti contenuti nelle
acqua, quindi è stato formulato un ragionevole equilibrio fra cloruri e nutrienti,
come indica la tabella 2.
Tabella 2. Composizione prevista dell’acqua dopo il trattamento di MF
(microfiltrazione) e di OI (osmosi inversa)
Componente
Concentrazioni (ppm)
Solidi Sospesi
0
COD
50
Nitrati
2,2
Nitriti
0,1
Ammoniaca
0,9
Cloruri
50
Fosfati (P)
2,2
Battteri
Assenti
Virus
Assenti
174
Processo di dissalazione acqua-mare per uso potablile
L’impianto di dissalazione ad osmosi inversa dovrà essere installato in prossimità
del mare, nella zona est dell’insediamento urbano di Licata.
L’impianto dovrà essere collocato ad almeno 800 m di distanza dal depuratore
civile, per ragioni di sicurezza igienico sanitaria; sarà dimensionato per produrre
10.500 m3/giorno di acqua potabile, operando 24 ore su 24. La portata di permeato
ottenuta sarà di 437 m3/h.
L’impianto verrà alimentato preferibilmente con presa da pozzo in prossimità
della riva, che offre il vantaggio di fornire un’acqua meno carica di solidi sospesi
e sedimentabili. Si cerca di evitare una presa a mare, che comporta costi elevati
per l’installazione, in particolare dei sistemi di aspirazione e di prefiltrazione.
La captazione in mare aperto comporta la costruzione di una vasca intermedia e di
un gruppo di spinta alla prefiltrazione, con maggiori potenze installate che
andranno ad incidere sul costo al metro cubo di acqua dissalata. L’impianto sarà
dotato di recuperatore di energia installato sul concentrato dell’osmosi.
Sarà costituito da 7 linee di moduli a membrana in parallelo e indipendenti di pari
potenzialità (1500 m3/giorno cad.). Tale modularità offre una serie di vantaggi
operativi che permettono una più facile manutenzione, lavaggio e sostituzione dei
moduli, ed assicurano una maggiore continuità produttiva di tutto l’impianto.
L’impianto ha una resa produttiva di circa il 38%, cioè il 38% dell’acqua
prelevata dal mare è trasformata in acqua potabile, mentre il rimanente 62% è
rigettato in mare.
L’acqua dissalata (permeato) deve essere stoccata in un serbatoio di adeguata
capacità e il concentrato sarà scaricato a mare.
L’intero impianto è controllato e gestito dal quadro elettrico generale, la gestione
e l’automazione del processo è semplice e perfettamente funzionale.
175
E’ interessante valutare quale sarà la produttività dei due sistemi in funzione del
tempo, considerando come tempo zero quello che coincide con l’inizio di
costruzione degli impianti che richiede almeno 1 anno per la loro completa posa
in opera.
La figura 2 riporta la produttività di acqua per uso agricolo e potabile.
Figura 2. Produttività a regime dei due impianti
Produzione (litri/giorno)
Produttività dei due sistemi vs anni
14000
12000
10000
8000
6000
4000
2000
0
MF+OI
OI
1
2
3
4
5
6
7
Tempo (anni)
Dal grafico appare che, a partire dal 4° anno dall’inizio della costruzione degli
impianti, la disponibilità di acqua per usi irrigui si attesta intorno ai 12.500
m3/giorno.
Conclusioni
Lo stato di emergenza idrica nella Piana di Licata sta provocando ingenti danni
all’ambiente ed alle attività produttive. La siccità sta soffocando l’economia della
zona che è principalmente legata alle attività agricole e minaccia la
desertificazione del territorio a causa dell’alto contenuto di cloruro di sodio
presente nei pozzi artesiani e nelle acque del fiume Salso.
D’altro canto, vista la forte insolazione del territorio considerato, l’acqua sarebbe
necessaria per rilanciare l’agricoltura locale e quindi l’economia della provincia di
Agrigento.
176
Le uniche fonti idriche disponibili per l’agricoltura sono le acque reflue e quelle
del Salso, previo intervento mirato di depurazione, come indicato in questo
progetto.
Il senso della proposta presentata per il Comune di Licata è quello di ridurre i
gravi disagi attuali, anche nella prospettiva di un nuovo scenario climatico, in cui
gli invasi che sinora hanno assicurato la quantità di acqua minima vitale non siano
più in grado di assicurare le riserve necessarie.
E’ utile ricordare che il dissalatore di Gela e la sua rete di distribuzione
garantiscono circa il 70% dei fabbisogni del bacino di utenza servito.
L’autosufficienza idrica di Licata renderebbe disponibili altre risorse attuali,
almeno 1.500 m3/giorno di acqua potabile, provenienti dal dissalatore di Gela.
Questa risorsa potrà essere dirottata su altri comuni, ed in particolare su quelli
dell’interno non bagnati dal mare.
Il riutilizzo delle acque reflue, oltre a fornire un contributo importante per
l’agricoltura (2.805 m3/giorno subito, a regime 10.000 m3/giorno), ha il vantaggio
ambientale di ridurre fortemente lo scarico inquinante che attualmente viene
riversato in mare.
I presupposti e le indicazioni strategiche che lo studio si era prefissato sono stati
raggiunti, in particolare:
•
Assicurare un livello di approvvigionamento idrico per i fabbisogni civili,
indipendentemente dalla piovosità.
•
Depurare i reflui civili e le acque del fiume Salso ai fini di un riutilizzo
irriguo.
•
Combattere la desertificazione attraverso la fornitura di acqua per uso
agricolo con tenori salini compatibili con questo uso.
•
Fornire l’autosufficienza idrica al Comune di Licata per il suo sviluppo
socio economico e rendere disponibili nuovi lotti idrici per il territorio,
attualmente prelevati dal dissalatore di Gela o da acquedotti locali.
•
Ridurre l’impatto ambientale dovuto allo scarico in mare delle acque
reflue di depurazione e del Salso, con uno scarico a mare ridotto in volume
e bonificato sotto il profilo igienico-sanitario (assenza di microrganismi).
•
Indicare le specifiche tecniche dei vari impianti di trattamento delle acque
177
4.4.2 IMPIANTO DI FITODEPURAZIONE IN UN’AZIENDA AGRARIA
IN TOSCANA
L’impianto illustrato nel seguito, realizzato nel 1997, si trova nell’azienda agraria
tenuta di Spannocchia (SI) ed è stato progettato per trattare i reflui domestici di 60
A.E. (abitanti equivalenti).
Le acque reflue vengono dapprima raccolte in una fossa biologica (F), quindi,
passando attraverso un pozzetto ripartitore (P1) e due pozzetti di controllo (P2 e
P3), convogliate verso un sistema di fitodepurazione formato da due vasche a
flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS), al fine di renderle utilizzabili per
l’irrigazione; in seguito fluiscono, sempre tramite due pozzetti di controllo (P4 e
P5), in una vasca che raccoglie le acque depurate destinate all’irrigazione, nella
quale vengono convogliate anche le acque piovane provenienti da un altro bacino
di raccolta.
I parametri che caratterizzano il sistema sono: la portata giornaliera pari a 9
m3/giorno, la superficie pari a 160 m2 e la concentrazione di BOD5 nei reflui che è
circa 280 mg/l.
ACQUE REFLUE
VASCA di RACCOLTA
delle ACQUE PIOVANE
F
P2
P1
P3
H-SFS
H-SFS
P4
P5
BACINO di RACCOLTA delle ACQUE
DEPURATE
178
IRRIGAZIONE
Di seguito vi sono le immagini dell’impianto appena realizzato e dello stesso dopo
un anno. Si può notare la crescita della vegetazione che costituisce l’impianto di
fitodepurazione.
179
5. CONCLUSIONI
La politica europea in tema di gestione delle risorse idriche oggi si sta evolvendo
verso il principio della sostenibilità.
L’adozione della direttiva quadro sull’acqua, stabilendo la diminuzione del
sostegno al prezzo dell’acqua, offre uno strumento politico che permette di
preservare in modo sostenibile questa risorsa essenziale.
Anche il Sesto programma di azione per l’ambiente prevede un insieme di
interventi destinati a garantire l’attuazione integrale ed adeguata della direttiva
quadro sull’acqua e altre politiche complementari: direttiva sui nitrati, direttiva
sulle acque di balneazione, direttiva sulle acque urbane reflue, integrazione della
protezione della qualità dell’acqua nelle politiche agrarie e regionali,ecc..
Una dichiarazione congiunta tra l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) e i
rappresentanti del Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP),
relativo alle carenze idriche in Europa, rileva che in molti casi è più economico ed
efficace migliorare l’efficienza nell’uso dell’acqua che incrementare la fornitura
della stessa.
Infatti, in base allo studio effettuato, si può affermare che nei tre grandi settori,
civile, industriale ed agricolo, ci si sta orientando verso il risparmio, il riciclo ed il
riuso della risorsa idrica.
Per ogni ambito si sono riportate varie esperienze in cui si applicano tecniche,
principi e modelli comportamentali che permettono una gestione sostenibile delle
acque. Si può notare come, negli ultimi anni, a livello nazionale ed europeo,
l’aumento delle pressioni sulle risorse idriche e l’affermarsi del concetto e delle
azioni rivolte allo ”sviluppo sostenibile” hanno condotto alla realizzazione di
importanti progetti e programmi di conservazione e di risparmio, mediante
innovazioni
tecnologiche
e
gestionali,
accompagnate
da
campagne
di
sensibilizzazione e da modificazioni tariffarie ed economiche.
Oltre alla logica della prevenzione, quindi al risparmio nel consumo di acqua, si
sta incentivando quella del riutilizzo e del riciclo, che si basa sulla considerazione
del refluo come risorsa, non come scarto.
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In pratica le acque, anche se alterate rispetto alle loro condizioni naturali
originarie, possono essere riutilizzate, venendo sottoposte o meno a determinati
trattamenti depurativi in base alle caratteristiche richieste per il nuovo uso.
Per quanto riguarda i trattamenti, si sta incentivando l’adozione di metodologie
naturali (ad esempio la fitodepurazione) in sostituzione degli impianti tradizionali.
Questo perché le tecniche naturali, a parità di rendimento di depurazione, in luogo
di un maggior costo di realizzazione, offrono un minore costo di gestione ed un
minore impatto ambientale, anzi contribuiscono spesso alla rinaturazione del
territorio.
Gli obiettivi prioritari di queste tecniche sono la limitazione dei consumi d’acqua,
il mantenimento di caratteristiche chimiche e fisiche che la rendano idonea ad altri
usi, oltre che allo scarico nei corpi idrici, e la soluzione dei problemi idraulici
legati al suo flusso.
Infatti queste tecniche innescano un’azione di riassetto della circolazione idrica
superficiale, di sfruttamento e potenziamento delle capacità autodepurative
naturali e di riduzione dei consumi di acqua potabile, apportando all’ambiente una
serie di contributi positivi per il miglioramento delle condizioni di vita.
La scala di applicazione media o piccola di queste metodologie è in perfetta
armonia col principio che alla base di un progetto di sviluppo sostenibile a livello
globale ci deve essere una pianificazione a livello locale, affinchè si creino le
condizioni di massima autosufficienza ambientale e massima capacità di carico.
Inoltre alcuni dei problemi di inquinamento possono essere limitati da un minor
consumo, limitando i mal funzionamenti dei sistemi di trattamento in sito (ad
esempio perdita da fosse settiche), i deflussi inquinanti da sovrairrigazione, la
costruzione di impianti addizionali di trattamento potabile e depurativo, i prelievi
di acque superficiali che implicano degradazione congiunta dei corpi idrici e delle
aree riparie e infine i prelievi d’acque sotterranee.
Si deve rilevare infine la correlazione tra risparmio energetico e risparmio idrico:
com’è segnalato da ricerche americane, il 30% dei consumi energetici domestici è
rappresentato dall’utilizzo d’acqua calda a scopi igienici e dal pompaggio.
Riducendo l’uso dell’acqua si possono ottenere sostanziosi risparmi energetici,
(com’è stato sperimentato anche in Emilia Romagna nelle attività connesse con i
circuiti di alberghi ecologici).
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CURRICULUM VITAE di GALLETTI LORENZO
STUDI
Anno 1995:
Diploma di Maturità Scientifica conseguito presso il Liceo Scientifico “G. Ricci
Curbastro” di Lugo (RA) con votazione 56/60.
Marzo 2004: Laurea quinquennale (secondo il vecchio ordinamento) in Ingegneria per
l’Ambiente e il Territorio - indirizzo Ambiente - orientamento Ingegneria Sanitaria,
conseguita presso l’Università degli Studi di Bologna con votazione 93/100.
La Tesi discussa ha il titolo: “Uso sostenibile delle acque e sviluppo di tecnologie
pulite per il risparmio idrico”; Relatore: prof.ssa Alessandra Bonoli; Materia:
Ingegneria delle Materie Prime.
Giugno 2004: conseguimento della Abilitazione alla professione di Ingegnere con votazione
100/120 – I° sessione 2004, I° commissione, Presidente: Prof. Ing. Ezio MESINI.
PUBBLICAZIONI
“Utilizzo sostenibile e tecnologie pulite basi di partenza per il risparmio idrico” pubblicato a pag.
90-93 della rivista Ambiente & Sicurezza n°2 – 2004 “I servizi idrici locali – Stato dell’arte,
mercato e prospettive”, supplemento di Ambiente & Sicurezza n°9 – 18 Maggio 2004, supplemento
de “Il Sole 24 ore” distribuito in occasione del convegno H2O - Accadueo - VII edizione - Mostra
delle tecnologie per il trattamento e la distribuzione dell’acqua potabile e il trattamento delle
acque reflue, tenutosi dal 19 al 21 Maggio 2004 a Ferrara.
ESPERIENZE DI LAVORO
Dicembre 2003 - Ottobre 2004: ho svolto il Servizio Civile presso il Consorzio di Bonifica della
Romagna Occidentale con sede in Lugo (RA), come addetto
all’Ufficio Attività Tecniche di Pianura, impiegato in attività di:
integrazione di data base consistente nell’informatizzazione di
dati cartografici e territoriali; ricognizione dello stato della rete
scolante, degli impianti e delle opere pubbliche di bonifica
idraulica di pianura.
CONOSCENZE INFORMATICHE
Sistema operativo Windows e programmi applicativi Word, Excel, Power Point, GIS – ArcView
3.2; Internet.
Linguaggi di programmazione: Fortran 77.
CONOSCENZE LINGUISTICHE
Buona conoscenza dell’inglese scritto, sufficiente conoscenza dell’inglese parlato.
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Uso sostenibile delle acque e sviluppo di tecnologie