Uso sostenibile delle acque e sviluppo di tecnologie pulite per il risparmio idrico Pubblicazione ottobre 2004 Tesi di Laurea Redattore: Lorenzo GALLETTI Relatore: Prof.ssa Alessandra BONOLI FACOLTÀ DI INGEGNERIA – Università degli studi di Bologna Corso di laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio A. A. 2002/2003 Labelab srl – Via Mirasole 2/2 – 40124 Bologna (BO) – C.F./P.Iva: 02151361207 PAROLE CHIAVE: RISPARMIO IDRICO, ACQUA, RICICLO USO IDRICO, SOSTENIBILE, RIUTILIZZO IDRICO INDICE 1. PREMESSA………………………………………………………….…. 5 1.1 Progetto di studio……………………………………………………. 10 2. AMBITO CIVILE……………………………………………………… 14 2.1 Uso sostenibile dell’acqua in ambito domestico…………………….. 15 2.1.1 Tecnologie…………………………………………………… 16 2.1.2 Pratiche comportamentali……………………………………. 17 2.2 Tecniche per la gestione dell’acqua piovana…………………….….. 19 2.3 Sistemi non convenzionali di depurazione: metodologie naturali.….. 23 2.3.1 Tecniche basate sulle capacità depurative delle piante……… 25 2.3.1.1 Fitodepurazione………………………………………….. 25 2.3.1.2 Living Machine………………………………………….. 49 2.3.2 Tecniche basate sulle capacità depurative del terreno……….. 50 2.3.3 Impianti tecnologici………………………………………….. 51 2.4 Esempi di applicazione di principi e tecnologie per il risparmio idrico in ambito europeo…………………………………………….. 53 2.4.1 Saragozza (Spagna)………………………………………….. 53 2.4.2 Francoforte (Germania)……………………………………… 56 2.4.3 Francia – Riciclaggio di acque fognarie depurate…………… 62 2.4.4 Gran Bretagna – Trattamento di acque di scarico tramite sistema fognario centralizzato (Living Machine)……………. 63 Applicazioni in Italia………………………………………… 64 3. AMBITO INDUSTRIALE…………………………………………….. 67 2.4.5 3.1 Linee guida per la gestione delle risorse idriche nelle nuove aree industriali……………………………………………………………. 68 3.1.1 Approvvigionamento idrico…………………………………. 69 3.1.2 Trattamento degli effluenti……………………………….….. 71 2 3.2 Linee guida per la gestione delle risorse idriche nelle aree industriali esistenti……………………………………………….………….…... 74 3.2.1 Valutazione dello stato ambientale dell’area…………….…... 74 3.2.2 Definizione degli obiettivi di gestione ambientale…………... 76 3.2.3 Attuazione dei sistemi e dei progetti di gestione sostenibile delle risorse idriche………………………………………….. 76 3.3 Riciclo delle acque di scarico………………………………………... 78 3.3.1 Impianti a ciclo chiuso………………………………………. 78 3.3.2 Impianto ad osmosi inversa………………………………….. 79 3.4 Metodi non convenzionali di depurazione applicati al settore industriale…………………………………………………………….. 82 3.4.1 Sistemi basati sulle capacità depurative delle piante…….…... 82 3.4.1.1 Marcita…………………………………………………. 82 3.4.1.2 Fitodepurazione…………………………………….….. 82 3.4.2 Applicazione della fitodepurazione al trattamento di reflui agroalimentari…………………………………………….….. 3.4.3 84 Applicazione della fitodepurazione per il riciclo delle acque reflue nell’industria tessile…………………………………... 89 3.5 Ecosistemi industriali: il modello di “simbiosi” tra industrie di diversi settori…………………………………………………………. 3.5.1 92 Danimarca – Applicazione di un modello di simbiosi industriale……………………………………………………. 93 3.5.2 Paesi Bassi – Riciclaggio delle acque dei processi di produzione…………………………………………………… 94 3.6 Esempi di applicazione di principi e tecnologie per il risparmio idrico nel settore industriale…………………………………………. 3.6.1 Paesi Bassi – Tecnologia a circuito chiuso in un mobilificio…………………………………………………… 3.6.2 95 95 Austria – Tecnologia a circuito chiuso e risparmio sulle materie prime nell’industria della cellulosa…………………. 97 3.6.3 Italia – Risparmio idrico nell’industria tessile………………. 98 3.6.4 Germania – Acquafarming……………………………….….. 99 3 3.6.5 Gran Bretagna – Terreno irriguo per il trattamento di reflui minerari……………………………………………………… 100 3.6.6 Svezia – Impianto di lavaggio con ricircolo d’acqua…….….. 101 3.6.7 Portogallo – Sistema integrato di gestione ambientale per un’industria chimica…………………………………………. 104 3.6.8 Italia – Industria cartaria: esempio di chiusura del ciclo idrico alla cartiera Modesto Cardella…………………….….. 107 4. AMBITO AGRICOLO………………………………………………… 114 4.1 Linee guida………………………………………………………….. 114 4.2 Metodologie e tecniche per il risparmio e la razionalizzazione dell’impiego delle risorse idriche in agricoltura………………….…. 124 4.2.1 Aridocoltura…………………………………………………. 124 4.2.2 Sistemi irrigui…………………………………………….…. 128 4.2.2.1 La fertirrigazione………………………………………… 130 4.2.2.2 La microirrigazione o irrigazione a goccia………………. 144 4.2.2.3 Il sistema per aspersione o a pioggia……………….……. 150 4.2.2.4 La subirrigazione………………………………………… 152 4.2.3 Italia – Applicazione di un impianto di irrigazione a goccia alimentato con energia fotovoltaica in Emilia- Romagna………………………………………………….….. 155 4.3 Tecniche naturali per la gestione delle risorse idriche………………. 159 4.3.1 Fitodepurazione applicata al settore agricolo…………….….. 159 4.3.2 Applicazione della fitodepurazione al trattamento di reflui di origine zootecnica…………………………………………… 162 4.4 Esempi di applicazione di principi e tecnologie per il risparmio idrico nel settore agricolo in Italia…………………………………... 165 4.4.1 Il progetto “Licata” contro la desertificazione in Sicilia…….. 165 4.4.2 Impianto di fitodepurazione in un’azienda agraria in Toscana………………………………………………………. 178 5. CONCLUSIONI………………………………………………………... 180 6. BIBLIOGRAFIA……………………………………………………….. 182 4 1. PREMESSA L’acqua è una risorsa di importanza universale: essa è all’origine della vita, è fondamentale in tutti i processi biologici, è indispensabile alla sopravvivenza dell’uomo e costituisce il materiale fondamentale per tutte le attività civili, agricole ed industriali. L’acqua dall’atmosfera giunge a terra sottoforma di precipitazioni. Nel suo percorso si arricchisce dei gas e delle sostanze che incontra, penetrando nel terreno o scorrendo su di esso, raggiungendo rispettivamente le falde sotterranee ed i corpi idrici superficiali; questi a loro volta si riversano negli oceani. Dagli oceani, dai corpi idrici superficiali e dal terreno l’acqua, per effetto dell’irraggiamento solare, evapora in atmosfera per formare i corpi nuvolosi e riprendere il ciclo. Occorre quindi rilevare che l’acqua non è una sostanza pura ma, a temperatura ambiente, è un liquido che ha in soluzione e sospensione percentuali più o meno elevate di gas e solidi, che non sempre vengono tollerati negli impieghi agricoli, civili ed industriali. Per questi scopi non è quindi possibile usare qualsiasi tipo di acqua, ma è necessario che essa non contenga sostanze dannose all’attività per la quale è impiegata. In particolare ciò si verifica nell’industria, dove spesso l’acqua è sottoposta a trattamenti di depurazione prima dell’impiego. Naturalmente dopo l’impiego l’acqua deve essere restituita in condizioni tali da non danneggiare l’ambiente, ossia l’insieme dei fattori che influenzano il benessere biologico e psichico dell’uomo. Pertanto se un’acqua, nel suo impiego è stata inquinata, è necessario sottoporla a tutti quei processi che sono necessari ad eliminare o quanto meno trasformare gli inquinanti presenti. Sino a qualche anno fa si riteneva che l’acqua idonea agli usi civili, agricoli e industriali fosse un bene disponibile senza riserve. Oggi questo concetto è superato: l’aumento della popolazione e lo sviluppo socio-tecnologico, hanno reso l’acqua un bene prezioso, tra l’altro distribuito sulla superficie terrestre in maniera disomogenea. 5 In effetti l’acqua dolce rappresenta solo il 2,5% del volume totale di acqua presente sulla Terra (il restante 97,5% è salata), di questo volume il 68,7% è immagazzinato sotto forma di ghiaccio e nevi perenni, il 29,9% costituisce le riserve idriche sotterranee, mentre quello immediatamente disponibile (laghi e corpi idrici superficiali) rappresenta solo lo 0,26% e ciò spiega la necessità di un impiego oculato di questa risorsa. La gestione delle risorse idriche viene spesso effettuata senza una programmazione mirata alla razionalizzazione del loro utilizzo ed alla minimizzazione dell’impatto che le attività umane, sempre più idroesigenti, hanno sull’ambiente. L’acqua oggi è vista e trattata nella sua duplice veste: componente ambientale e materia prima. Come componente ambientale essa spesso non è più gratuitamente né naturalmente rinnovabile, in quanto i tempi necessari al ripristino qualiquantitativo dei corpi idrici superficiali e sotterranei compromessi sono spesso molto lunghi. Anche quando vengono messi in atto complessi e costosi interventi di bonifica, questi di rado riportano i corpi idrici alle condizioni “naturali”, lasciando un degrado residuo che andrà a ripercuotersi sulla possibilità delle future generazioni di avere acqua sufficiente, non inquinata e quindi disponibile. Come materia prima, anche in realtà territoriali che storicamente non avevano mai avuto questo problema di approvvigionamento, è diventata indispensabile per poter sostenere il modello di vita e di sviluppo su cui ci si è attestati; ad essa va quindi attribuito un valore economico e va gestita secondo le regole dell’economia, mai però dimenticando che essa costituisce un bene indispensabile alla sopravvivenza. E’ necessario non sottovalutare il ruolo fondamentale rivestito dall’acqua nella conservazione degli equilibri ecologici e territoriali, nella qualità del paesaggio, nella tutela della qualità della vita e della salute. A livello europeo occorre sottolineare che la desertificazione ed il degrado delle terre interessa, con intensità ed estensione diverse, i paesi europei che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, compresa una considerevole porzione dell’Italia meridionale ed insulare, esposte a stress di natura climatica ed alla pressione delle attività umane sull’ambiente. 6 Da questo punto di vista l’acqua ed il suolo devono essere considerati come risorse strategiche e vulnerabili da utilizzare con estrema attenzione, poiché la loro inadeguata gestione è la principale causa delle desertificazione. In queste aree sono pertanto di grande attualità le questioni legate allo sviluppo sostenibile, inteso come benessere della società attuale e delle generazioni future, ovvero un modello di sviluppo che sia basato sulla gestione sostenibile delle risorse naturali. Quando si parla di disponibilità della risorsa idrica sorgono due tipi di problemi: quantitativo e qualitativo. Essi si manifestano sotto le forme della scarsità e dell’inquinamento tra loro strettamente connesse, nel senso che l’esistenza dell’una induce la presenza dell’altra o ne aggrava gli effetti. Il ciclo di utilizzazione dell’acqua richiede una gestione integrata ed attenta riguardo ai suoi due aspetti: naturale ed utilizzativo. Occorre pertanto confrontarsi con il suo uso sostenibile: la disponibilità della risorsa, in termini di adeguatezza qualitativa e quantitativa, per i fabbisogni presenti e futuri, è strettamente connessa alla razionalizzazione del sistema complessivo dei prelievi, delle modalità di utilizzo e di restituzione all’ambiente nell’ambito di una gestione integrata del territorio. Le linee guida cui attenersi per la gestione sostenibile delle risorse idriche sono: • Riduzione dei flussi: il prelievo di risorsa deve essere ridotto in termini sia assoluti che specifici (per unità di prodotto). • Chiusura dei cicli: razionalizzazione tecnologica e organizzativa della produzione e del consumo. • Riduzione degli sprechi. • Ridefinizione del benessere: promozione di un cambiamento degli stili di vita. • Riforme fiscali e tariffarie e sistema di incentivi e disincentivi che favoriscano l’orientamento del mercato verso la sostenibilità. • Semplificazione amministrativa: miglioramento delle capacità operative degli enti locali. • Messa a punto di un sistema efficiente di monitoraggio e controllo, orientato alla prevenzione del danno ambientale e non solo all’individuazione e alla repressione delle violazioni delle norme in vigore. 7 • Incentivazione delle opportunità di occupazione e di nuova imprenditorialità offerte dai nuovi campi di intervento aperti dalle norme e dalle politiche improntate alla sostenibilità. In Italia, fino all’emanazione del recentissimo decreto legislativo 11/05/1999 n°152, il governo del ciclo di utilizzazione delle risorse idriche è stato spesso attuato in maniera frammentaria e settoriale: basti pensare che in materia sono stati emanati più di 130 atti normativi solamente a livello nazionale a cui occorre aggiungere la normativa UE (Unione Europea) e quella regionale. Ciò ha favorito una situazione generalizzata di incertezza nelle norme da seguire, un aumento di operatori, pubblici ma anche privati, spesso in concorrenza se non in competizione tra loro con la conseguente deregolamentazione del settore. Tale scenario non poteva che determinare un generale degrado dei corpi idrici superficiali e sotterranei, una carenza realizzativa e funzionale del sistema depurativo, derivante quest’ultima da insufficienze tecnico-gestionali degli enti gestori. Una strategia di riferimento può essere quella di affiancare agli interventi per l’adeguamento della disponibilità, una ottimizzazione degli impieghi dell’acqua, da pianificare in funzione delle richieste territoriali. In questo senso si dovrà ricorrere a risparmio, riuso e riciclo nei processi industriali e nelle attività agricole e reimpostare il trattamento delle acque reflue come reintegro e restituzione all’ambiente della risorsa. Alcuni dei campi in cui occorre intervenire con la massima priorità sono: • riduzione dei flussi in entrata nei vari settori di utilizzo tramite la razionalizzazione degli usi, l’ottimizzazione degli impianti e dei processi produttivi, la diffusione delle pratiche di risparmio, riciclo, riuso; • soddisfacimento delle esigenze depurative del Paese attraverso la separazione delle reti fognarie ed il loro completamento insieme a quello del parco impianti; • miglioramento e razionalizzazione delle reti di distribuzione (stato e gestione); • stimolo alla ricerca e sperimentazione mirato allo sviluppo e diffusione di tecnologie innovative riferite all’intero ciclo antropico delle acque. 8 Consumo idrico A livello mondiale, la coltivazione agricola assorbe il 70% delle acque deviate da fiumi e laghi o pompate da falde, il 20% viene utilizzato dall’industria ed il 10% dalle abitazioni (Fig. 1). fig.1 Consumo idrico a livello mondiale civile 10% industria 20% agricoltura 70% In Europa la domanda d’acqua è in aumento, con particolare riguardo all’area meridionale, specialmente per gli usi agricoli sebbene l’industria rimanga il maggior utilizzatore. Nel complesso delle acque prelevate il 56% è utilizzato dall’industria (compresi gli usi per scopi energetici e gli usi non definiti), il 30% dall’agricoltura e il 14% dagli usi domestici (fig.2), ma con grandi variazioni tra paesi diversi. In generale nei paesi del Nord prevalgono gli usi industriali, mentre al Sud gli usi agricoli con punte massime fino all’80%. fig.2 Consumo idrico in Europa civile 14% agricoltura 30% industria 56% 9 Per quanto concerne il consumo idrico in Italia, si hanno i seguenti dati: 12% per uso civile, 25% per uso industriale, 63% per uso agricolo (fig.3). fig.3 Consumo idrico in Italia civile 12% industriale 25% agricolo 63% 1.1 Progetto di studio Il progetto per un “uso efficiente dell’acqua” può essere definito in due ambiti: • Modalità di minor utilizzo d’acqua all’inizio del ciclo; • Riciclo dell’acqua in circuito chiuso o riuso dell’acqua di scarico parzialmente trattata per altre applicazioni. Gli utilizzatori possono essere suddivisi in due grandi categorie, gli utilizzatori finali e gli operatori del sistema. Questi utilizzatori possono scegliere tra molte pratiche efficienti che si dividono in due categorie: 1. tecnologiche e operative (ingegneristiche): basate sulla modificazione degli impianti o alle procedure operative di fornitura; 2. comportamentali: basate sul cambiamento delle abitudini d’uso. 10 Pratiche per usi civili Tecnologiche Impiantistiche: sciacquoni a basso flusso; dispositivi di minor consumo degli sciacquoni; docce a flusso ridotto ed acceleratori di flusso; aeratori; riduttori di pressione; utilizzo delle acque grigie (acque di scarico domestiche composte dalle acque di lavaggio della cucina e di lavanderia). Per usi all’aperto: sistemi per irrigazione programmata ed apparecchiature più efficienti come i sistemi a goccia, fino ad arrivare alla Xeriscape landscaping, che è un approccio integrato ed innovativo che si basa sulla pianificazione, l’analisi dei suoli, e la selezione delle piante da utilizzare (xerofite: a bassa richiesta d’acqua). Comportamentali Cambiamento dei comportamenti senza modifiche degli impianti. Per gli usi residenziali possono essere applicate sia all’interno che all’esterno dell’abitazione. Usi all’aperto possono essere ridotti con pratiche d’irrigazione nelle ore migliori e nei giorni più freschi o un minimo di accorgimenti nel lavaggio dell’auto. Pratiche per usi industriali Tecnologiche Oltre alle misure tecnologiche di cui sopra, questi utenti possono mettere in atto accorgimenti come il Riuso e il Riciclo. Il riuso è l’uso d’acque di scarico, bonificate se necessario, per una applicazione diversa da quella per la quale sono state utilizzate inizialmente (come ad esempio le acque reflue municipali trattate per altre applicazioni come l’irrigazione di aree verdi). L’acqua per il riuso deve corrispondere a specifiche caratteristiche definite a livello normativo. Applicazioni potenziali includono altri usi industriali, irrigazione di aree verdi, irrigazione in agricoltura, usi antincendio ecc.. I fattori da considerare in un programma di riuso industriale dell’acqua includono: 1. identificazione delle opportunità di riuso dell’acqua; 2. determinazione dei livelli minimi di qualità per gli usi previsti; 11 3. identificazione delle fonti di acque reflue che potrebbero soddisfare i livelli di qualità determinati; 4. individuazione delle modalità di trasporto. Il riciclo è il riuso dell’acqua per la stessa applicazione per la quale era stata originariamente utilizzata. I fattori da considerare sono: 1. identificazione delle opportunità di riuso dell’acqua; 2. determinazione dei livelli minimi di qualità per gli usi previsti; 3. valutazione del peggioramento della qualità dell’acqua dovuta all’uso; 4. determinazione dei trattamenti eventuali che potrebbero essere necessari. Comportamentali Cambiamento dei comportamenti senza modifiche degli impianti, inoltre possono essere sostenute da modalità di pianificazione e monitoraggio per ottimizzare le scelte. Pratiche per usi agricoli Tecnologiche Per l’irrigazione si distinguono tre categorie: pratiche al campo, strategie di gestione e modifiche di sistema. Le pratiche di campo sono tecniche che mantengono l’acqua nel suolo, distribuiscono l’acqua più efficientemente su tutto il terreno e incoraggiano la ritenzione dell’umidità del suolo. Esempi di queste pratiche includono l’incisione di suoli estremamente compatti, la lavorazione più approfondita degli stessi e la realizzazione di piccoli argini ai bordi per controllare lo scorrimento. Queste pratiche sono le più convenienti dal punto di vista economico. Le strategie gestionali comportano il monitoraggio delle condizioni dell’acqua e del suolo e la raccolta d’informazioni sull’uso dell’acqua e sull’efficienza, che aiuta nel prendere decisioni sulla programmazione o sul miglioramento del sistema di irrigazione. I metodi includono la misurazione dell’acqua di pioggia, la determinazione dell’umidità del suolo, il controllo dell’efficienza delle pompe e la programmazione dell’irrigazione. 12 La modificazione dei sistemi di irrigazione significa il miglioramento dei sistemi esistenti o il loro cambiamento generale con nuovi sistemi. Generalmente un cambiamento totale ha costi più gravosi rispetto alle modalità precedenti. Comportamentali Una migliore programmazione dell’irrigazione generalmente ha come effetto una riduzione dell’ammontare complessivo della quantità d’acqua che si richiede per irrigare una coltivazione efficacemente. Una adeguata scelta delle portate e dei tempi può aiutare gli agricoltori a mantenere la stessa quantità di raccolto con una minore quantità d’acqua. Informazioni accurate sulla richiesta d’acqua della particolare coltivazione richiedono informazioni altrettanto accurate sulle radiazioni solari e su altre variabili meteo. Esistono anche nuovi metodi che possono essere utilizzati per migliorare la programmazione dell’irrigazione e possono comportare forti ritorni, come ad esempio l’utilizzo di apparecchiature come i tensiometri per monitorare le condizioni di umidità del suolo e determinare in maniera più accurata i tempi e le quantità d’acqua da distribuire. Pratiche per gli operatori Sostanzialmente consistono in: introduzione di contatori e subcontatori, individuazione e analisi delle perdite, riuso, Well Capping (chiusura dei pozzi artesiani abbandonati con rivestimento danneggiato, con perdite costanti nei sistemi di drenaggio), pratiche di Pianificazione, tariffazione, programmi di Retrofit (implica alcuni cambiamenti nell’impianto gestiti dal fornitore che può fornirli al prezzo di costo ed occuparsi anche dell’installazione), programmi d’audit (verifica) per gli usi residenziali, infine piani di gestione della siccità. Lo studio quindi si articolerà secondo questo schema analizzando le diverse situazioni di risparmio idrico nei comparti civile, industriale ed agricolo. Inoltre si riporteranno alcune applicazioni e sperimentazioni, avvenute in ambito europeo ed italiano, esemplificative di principi e tecnologie volte al risparmio idrico. 13 2. AMBITO CIVILE Si propone come obiettivo quello di analizzare le problematiche riguardanti una corretta progettazione per ottimizzare il ciclo dell’acqua a livello urbano, inteso sia come città che come singola abitazione, cercando di elaborare una serie di linee guida. Occorre apprfondire lo studio dell’impermeabilizzazione dei suoli, della rete di adduzione idrica, fognaria e della circolazione delle acque superficiali in modo tale da poter ricostruire il reale funzionamento del ciclo dell’acqua a livello urbano. L’acqua piovana scarsamente inquinata, possibilmente in maniera decentrata, deve: venire infiltrata attraverso strati di terreno permeabile al fine di ricaricare la falda freatica evitandone l’abbassamento del livello e migliorandone la qualità; consentire la riduzione della portata idraulica delle canalizzazioni; diminuire la diluizione delle acque di scarico separando le reti fognarie (reti duali). Occorre incentivare gli interventi di rinaturazione sui corsi d’acqua e fossati in genere, in modo da ripristinare tutte le funzioni ecologiche e riportarli quindi ad uno stato vicino alle condizioni naturali. Le tecniche di intervento sono rivolte: alla stabilizzazione dei terreni mediante piantumazione; alla sistemazione idraulica per rafforzare le sponde; al fitoassorbimento dei nutrienti in eccesso presenti nelle acque da parte delle piante; all’aumento della variabilità ambientale (la presenza sulle sponde di radici, rami e incavature, crea molti micro-habitat aumentando di conseguenza la biodiversità del corso d’acqua); alla rinaturazione dell’ambiente urbano (la condizione ottimale è rappresentata da essenze ripariali mature, affiancate da zone di più recente colonizzazione con alberi autoctoni ed infine ripe più a ridosso dell’acqua formate solamente da erbe). La ritenzione dell’acqua piovana, l’infiltrazione, il suo riciclo e la fitodepurazione, sono elementi riproponibili anche a livello di singola abitazione, dove, sin dall’inizio della progettazione, possono essere prese alcune misure che garantiscano un risparmio della risorsa stessa. Un’ottimizzazione dell’uso dell’acqua comporta anche un risparmio energetico, sia nella preparazione, nell’approvvigionamento e nel trasporto 14 dell’acqua potabile che nel funzionamento degli impianti. Se non ci sarà un uso parsimonioso dell’acqua il suo costo continuerà ad aumentare e ricadrà sul consumatore. Un progetto di abitazione rivolto ad un uso sostenibile dell’acqua deve quindi prevedere determinate componenti impiantistiche: • rubinetterie a getti regolati, con acceleratori di flusso o a fotocellula; • sciacquoni a cacciata ridotta (3/6 litri); • lavatrici con sistema jet-system; • decalcificatori; • scaldacqua solare. E’ auspicabile in ogni caso che ogni singolo utente si impegni con la dovuta partecipazione ad impedire qualsiasi azione nociva alle acque. 2.1 USO SOSTENIBILE DELL’ACQUA IN AMBITO DOMESTICO L’acqua non è una fonte inesauribile; la media italiana per il consumo di acqua potabile è di 200 litri al giorno per persona. Quest’acqua, soprattutto nelle città, è potabile anche quando non sarebbe necessario come accade per lo sciacquone del water, per lavare la macchina od innaffiare il giardino. Al fine di comprendere meglio l’importanza dell’acqua nella vita di tutti i giorni si riportano di seguito alcuni esempi di consumi idrici civili: • da un rubinetto aperto escono 12 litri di acqua al minuto; • con un rubinetto che perde si possono sprecare dai 30 ai 100 litri di acqua al giorno; • per una doccia di 5 minuti occorrono 50 litri; • per un bagno 150 litri; • per lavarsi i denti servono 30 litri di acqua ogni 5 minuti. 15 2.1.1 Tecnologie Esistono oggi delle tecnologie che permettono di ottenere un risparmio consistente nell’uso dell’acqua; esse sono utilizzate in apparecchiature molto semplici che dimezzano i consumi di acqua corrente e che quindi portano a risparmiare non solo acqua potabile ma anche il combustibile che serve per riscaldarla. Tali apparecchiature sono definite acceleratori di flusso e consentono di “accelerare” l’acqua sfruttando il principio di Venturi. Queste sostituiscono gli erogatori delle docce ed i frangiflutti dei rubinetti, evitano i depositi di calcare, riducono i costi di manutenzione, migliorano la pressione degli impianti idrosanitari e non necessitano di interventi tecnici particolari per la loro installazione. Le tecnologie più usate sono: • doccia a cornetta: l’acqua viene accelerata attraverso un ugello, si ottiene un risparmio del 50%; • regolatore del flusso di acqua: adattabile su docce a cornetta e rubinetti; • frangigetto: è una retina che ha lo scopo di rompere il getto d’acqua che fuoriesce dal rubinetto miscelandolo con l’aria. Il risultato è una maggiore potenza lavante e, a parità di effetto, minore acqua consumata, infatti eroga 8 litri al minuto contro i 14/16 litri al minuto normalmente usati. Si possono risparmiare circa 6.000 litri di acqua all’anno a persona, così che una famiglia media di tre persone riesce a risparmiare fino a 18.000 litri di acqua in un anno. Oltre a queste tecnologie, esistono molti accorgimenti, anche di facile attuazione, che possono portare ad una diminuzione rilevante del consumo di acqua potabile in ogni famiglia. Di seguito si evidenziano gli interventi principali. E’ necessaria una corretta manutenzione di rubinetti e tubazioni. L’acqua risparmiata facendo riparare per tempo un rubinetto che gocciola al ritmo di 90 gocce al minuto è di 5-15 litri al giorno (1800-5.500 litri di acqua all’anno). Un foro di 1 millimetro in una tubatura provoca, in un giorno, una perdita di 2.328 litri di acqua potabile. Oltre il 30% dei consumi idrici domestici sono imputabili allo sciacquone, infatti normalmente si sprecano dai 6 ai 12 litri di acqua. E’ utile dotare lo sciacquone di 16 moderni sistemi di scarico che, a seconda della pressione, erogano quantità diverse di acqua a seconda dell’esigenza, oppure di sistemi a cacciata ridotta che usano 3,5-6 litri d’acqua. In questo modo quindi si può risparmiare fino al 50%, che equivale a circa 26.000 litri anno/famiglia. Inoltre eliminando il flusso costante di una perdita di acqua nello sciacquone, che può arrivare fino a 100 litri, si possono risparmiare fino a 52.000 litri d’acqua in un anno. 2.1.2 Pratiche Comportamentali Si elencano di seguito alcuni dati di grande interesse sulle possibili riduzioni nei consumi di acqua in una casa tipo italiana, adottando comportamenti idrosensibili. Il lavaggio di una persona nella vasca da bagno comporta un consumo di 100÷200 litri d’acqua; se si sceglie la doccia piuttosto che il bagno si risparmiano 150÷180 litri per volta, infatti il consumo di acqua per una doccia si aggira attorno ai 20÷50 litri. Usando poi la doccia con un miscelatore aria e acqua si consuma ancora un 50% di meno. Tenere aperto il rubinetto è causa di un notevole spreco, infatti questo scarica circa 12 litri al minuto. In un anno una famiglia di tre persone arriva a risparmiare fino a 7.500 litri di acqua potabile. Per lavare le stoviglie e gli alimenti è buona norma non usare l’acqua corrente, ma raccoglierla in un contenitore. Inoltre pulire le stoviglie subito dopo i pasti, usare l’acqua di cottura della pasta per lavarle, permette di ottenere un risparmio non soltanto idrico ma anche energetico e di detersivo. Infatti l’eccessivo uso di prodotti chimici per la pulizia delle stoviglie e della casa oltre a causare inquinamento dei corsi d’acqua, aumenta il consumo di acqua utilizzata per la pulizia delle superfici saponate. Lavatrici e lavastoviglie consumano tanta acqua (80-120 litri) indipendentemente dal carico di panni e stoviglie, per risparmiare acqua ed energia elettrica è opportuno utilizzare gli elettrodomestici a pieno carico, diminuendo così la frequenza dei lavaggi. In questo modo si risparmiano 7.000-11.000 litri anno/famiglia. E’ bene acquistare una lavatrice con il sistema “Jet System” o con “Lavaggio a Pioggia”, ovvero a basso consumo di energia ed acqua. Conviene raffrontare il consumo di acqua indicato dal costruttore ed acquistare i prodotti che garantiscono un minor consumo. In media la lavatrice consuma meno 17 della metà dell’acqua (80 l.) con il lavaggio a 30° rispetto a quello a 90°; oggi molti detersivi sono poi efficaci sotto ai 60°. La quantità di acqua che normalmente si consuma per lavare l’automobile con il tubo di gomma, lasciando correre l’acqua durante il lavaggio, è di 200÷400 litri per lavaggio, se si utilizza un contenitore si risparmiano oltre 100 litri di acqua. E’ bene collocare la caldaia per il riscaldamento dell’acqua in una posizione il più vicino possibile alle utenze: in questo modo vengono evitati notevoli sprechi dovuti all’attesa dell’arrivo dell’acqua calda. E’ necessario non usare la toilette come discarica di sostanze tossiche (vernici, lacche, prodotti chimici, sigarette, solventi) altrimenti si riduce la funzionalità del sistema fognario. Si può limitare l’utilizzo per annaffiare i fiori, se possibile è bene usare pozzi o raccogliere l’acqua piovana, altrimenti è opportuno usare per i fiori l’acqua già utilizzata per lavare frutta e verdura. Bisogna tenere presente che l’irrigazione a goccia penetra nel terreno e consente di ottenere un migliore risultato rispetto all’innaffiamento tradizionale, ma con molta meno acqua. Irrigando nelle ore serali, quando le temperature sono inferiori, l’acqua evapora in misura minore e non viene sprecata. Tutto questo porta ad un risparmio annuo di circa 6.000 litri di acqua potabile. Le piante e i fiori hanno esigenze idriche molto diversificate. Anche la loro posizione rispetto al sole assume notevole importanza ai fini dell’irrigazione. Quando si acquista una pianta si devono prendere in considerazione le sue esigenze idriche e posizionarla in penombra, si ottengono maggiori risultati senza che la pianta soffra la sete e in più si risparmia acqua. Al riguardo una pratica che si sta affermando è la Xeriscape Landscaping, una particolare tecnica di ambientazione paesaggistica per la conservazione delle risorse idriche e la tutela dell’ambiente. Si tratta di un approccio globale, primo nel suo genere, articolato in sette principi di base: pianificazione e progettazione, analisi del suolo, creazione di tappeti erbosi funzionali, adeguata selezione delle piante, irrigazione efficiente, utilizzo di concimi naturali organici e manutenzione appropriata. La combinazione di tali principi consente di ottenere un notevole risparmio idrico e al contempo ambienti verdeggianti. Con questi semplici accorgimenti, una famiglia risparmia in un anno non meno di 75.000 litri di acqua potabile. 18 2.2 TECNICHE PER LA GESTIONE DELL’ACQUA PIOVANA Si deve procedere a favore di una raccolta separata di acque reflue e piovane. Quando sia prevista, la rete separata di scarico dei reflui civili dovrebbe consentire, per favorire il recupero differenziato degli scarichi umani, la separazione delle frazioni di scarico alla fonte. Nell’ambito dei sistemi di adduzione o approvvigionamento, si prevedono: • la separazione delle reti di adduzione di acqua potabile e acqua piovana; • il recupero e il riutilizzo dell’acqua piovana per usi specifici; • lo stoccaggio dell’acqua piovana in vasche realizzate da consentire il mantenimento delle caratteristiche. Tutti gli interventi in quest’ambito dovrebbero essere sottesi a più generali criteri di risparmio idrico e di razionalizzazione nell’uso dell’acqua potabile, limitandone l’utilizzo ai soli casi in cui non siano possibili alternative, cioè per cucinare e per bere. Altri usi, come quelli legati all’igiene personale ed alla pulizia della casa, potrebbero essere risolti ricorrendo all’impiego di acqua piovana depurata. Quindi la gestione dell’acqua piovana, in modo da renderla utilizzabile come risorsa, può contribuire positivamente allo sviluppo dell’ambiente urbano tramite soluzioni orientate alla gestione locale, alla raccolta ed al riutilizzo. Gli obiettivi potenzialmente raggiungibili sono i seguenti: • reinserimento delle acque piovane nel loro ciclo naturale; • riduzione delle portate di acque di scarico che raggiungono il depuratore; • alimentazione delle falde sotterranee (ravvenamento); • diminuzione dell’inquinamento dei corsi d’acqua; • miglioramento del microclima; • riduzione dei costi di gestione. 19 A livello urbano sono adottabili le seguenti specifiche: • la raccolta delle acque meteoriche ed il loro riutilizzo per usi non potabili; • una pavimentazione che favorisca la permeabilità del terreno per no diminuirne le capacità depurative, per migliorare il microclima urbano, per favorire l’assorbimento dei nutrienti ad opera di vegetazione locale e per consentire l’eventuale ravvenamento delle falde per percolazione; • la realizzazione di aree umide con finalità depurative e di miglioramento microclimatico. Le tecniche per la gestione dell’acqua piovana sono: Recupero delle acque meteoriche: presenta indubbi vantaggi quali: • risparmio d’acqua potabile; • miglioramento del bilancio idrico; • riduzione dei costi per la depurazione di minori quantità di reflui che raggiungono i depuratori, grazie alla separazione della componente “acqua meteorica”. Le superfici che più si prestano al recupero dell’acqua piovana sono quelle dei tetti, soprattutto quelli realizzati in laterizio ed in terracotta o comunque in materiali che non rilascino eventuali residui tossici. In ogni caso andrebbe evitato di raccogliere la prima acqua di pioggia, spesso ricca d’impurità: allo scopo è possibile adottare dei separatori automatici delle prime acque meteoriche. La fase seguente dovrà prevedere il filtraggio dell’acqua ricorrendo a strati di materiali inerti (sabbia, ghiaia, ciottoli, ecc..) oppure utilizzando zone umide artificiali. Successivamente l’acqua potrà essere convogliata in apposite cisterne d’accumulo che dovranno essere realizzate lontano da qualsiasi fonte d’inquinamento, interrate per garantire costanza della temperatura dell’acqua, chiuse ermeticamente per evitare il passaggio della luce che potrebbe indurre la formazione di alghe, protette da infiltrazioni esterne da un setto impermeabile con inclinazione verso l’esterno; occorreranno anche dei filtri, per impedire ai corpi estranei che cadono sui tetti di arrivare alle cisterne. La capienza di queste cisterne d’accumulo non dovrà essere inferiore ai 3 m3; la forma dovrà essere compatibile con l’installazione di una pompa, eventualmente 20 alimentabile con pannelli fotovoltaici, ed avere un fondo preferibilmente semisferico per favorire la spontanea sedimentazione delle sostanze sospese. Il mantenimento delle qualità organolettiche dell’acqua risulterà favorito da un’adeguata “foderatura” interna della cisterna. Nel caso in cui i serbatoi risultino vuoti causa il basso volume di acqua piovana raccolta, entra in funzione un’elettrovalvola posta in contatto con la linea dell’acquedotto. L’acqua raccolta nelle cisterne potrà essere utilizzata in tutti gli impieghi che non richiedano acqua potabile: sciacquoni dei bagni, alimentazione di elettrodomestici (l’acqua piovana è povera di sali, per cui diminuiscono le incrostazioni di calcare), lavaggio di parti della casa e delle automobili, irrigazione dei giardini. Permeabilizzazione del terreno: alla base delle scelte dei singoli criteri d’intervento si considerano alcuni parametri: • modalità d’uso delle aree soprastanti il terreno d’infiltrazione; • caratteristiche del terreno in termini di capacità d’infiltrazione; • livello di falda; • intensità e dinamica della precipitazione; • caratteristiche chimiche dell’acqua piovana nel caso in cui si possa caricare d’inquinanti prima dell’infiltrazione. Le tecniche d’infiltrazione possono consistere in impianti d’infiltrazione diretta dell’acqua nel punto in cui cade, oppure possono essere costituite da un bacino di raccolta dal quale l’acqua è fatta filtrare, previo eventuale trattamento biofitodepurativo. La riduzione della quantità di acqua di scorrimento superficiale implica un minor carico dei depuratori centralizzati ed un miglior controllo dei picchi di piena nei canali, in particolare in quelli di medie e piccole dimensioni. La presenza di adeguata vegetazione nel terreno permeabile svolge un’azione depurativa che riduce di molto i rischi che eventuali agenti inquinanti presenti in superficie possano, percolando, raggiungere le falde sotterranee. Il ricorso a pavimentazioni permeabili è facilmente adattabile a piazze, parcheggi, vialetti, cortili e impianti sportivi. 21 Magazzini di acque meteoriche provenienti dal dilavamento di varie superfici: tramite questa tecnicaè possibile soddisfare i seguenti obiettivi: • trattare in modo naturale ed in loco l’acqua proveniente da superfici impermeabili e carica di inquinanti; • evitare di caricare gli impianti di depurazione con ingenti masse d’acqua variabili nel tempo sia in quantità che in qualità; • contribuire alla regimentazione fluviale in caso di forti precipitazioni; • scaricare nei corpi idrici di superficie un effluente che alteri il meno possibile gli equilibri naturali. I magazzini d’acqua consistono in bacini con fondo reso impermeabile tramite l’uso di argilla o di una guaina, realizzati per escavazione del terreno, contenenti uno strato di materiale inerte adatto alla piantumazione d’essenze vegetali che espletino la funzione depurativa che è propria delle zone umide a flusso superficiale. In esse la vegetazione, fissa sul fondo o galleggiante, emerge sopra uno strato d’acqua che fluisce lentamente dalla zona di entrata a quella d’uscita. In corrispondenza di queste due zone i bacini possono presentare due piccoli invasi, più profondi del livello medio del bacino e di capacità pari a circa 1/10 di quella complessiva del bacino, per favorire un’azione di sedimentazione in entrata e di ristagno prima dell’uscita. La permanenza media ottimale per la depurazione è valutata in circa 10 giorni: per consentire un eventuale ritenzione dell’acqua di abbondanti precipitazioni, il bacino è usualmente sovradimensionato rispetto al funzionamento a regime, con un’altezza dello strato d’acqua di circa 60 cm. Una fascia esterna più alta rispetto allo scavo interno, ma più bassa del livello del terreno circostante, è piantumata con alberature di medie dimensioni ed assicura quella flessibilità della capacità di accumulo che è sfruttata in caso di forti precipitazioni consentendo una liberazione graduale, attraverso l’adozione di valvole regolabili, dell’acqua in eccesso. 22 2.3 SISTEMI NON CONVENZIONALI DI DEPURAZIONE: METODOLOGIE NATURALI L’adozione di sistemi non convenzionali presenta i seguenti vantaggi: • riduzione del materiale di scarto inutilizzabile per la possibilità di riciclare gran parte dei nutrienti presenti nel refluo; • riduzione della rete fognaria nel caso di trattamento del refluo nel luogo di produzione; • adozione di un sistema di separazione dell’acqua piovana che evita rischi di sovraccarico e facilita il trattamento del refluo che presenta nel tempo una stabilità della propria composizione chimica; • garanzia di una migliore qualità ambientale e di un minore impatto visivo sul territorio; • sfruttamento del sole come fonte energetica; • ridotti consumi energetici; • costi per la realizzazione di un impianto non convenzionale quasi uguali a quelli di un impianto tradizionale, mentre sul piano gestionale, gli oneri sono molto inferiori per gli impianti non convenzionali. Tenendo conto dei costi ambientali nelle valutazioni economiche di impianti di trattamento, la scelta si indirizza decisamente verso sistemi di trattamento non convenzionali. I costi realizzativi e gestionali diminuiscono ulteriormente per impianti di piccola scala; • possibilità di integrazione fra paesaggio e costruito; questo rende gli impianti basati su metodi depurativi naturali adatti ad operazioni di restauro e riqualificazione del territorio in ambito urbano, periferico ed in aree dismesse. Gli svantaggi, cioè i fattori che ne limitano la diffusione, sono i seguenti: • sensibilità alle variazioni territoriali e climatiche; • maggiore necessità di spazio; • adeguata depurazione soprattutto di reflui di origine domestica, a composizione chimica stabile, mentre di solito non si ottengono buoni risultati nel trattamento di reflui di origine industriale. 23 Per la realizzazione di impianti non convenzionali occorre tenere presente le seguenti caratteristiche fondamentali: • forme dei bacini favorenti la dinamica di flusso; • impermeabilizzazione delle fosse e dei bacini di trattamento; • permeabilità del materiale di riempimento; • percorsi sinuosi tra un bacino e l’altro per l’ossigenazione dell’acqua. La possibilità di inserire delle tecnologie non convenzionali in contesti territoriali di piccole dimensioni è uno dei punti di forza di una visione decentralizzata della gestione dei reflui che coniuga caratteristiche di economicità, efficacia e semplicità. I vantaggi ottenuti con una gestione locale dei reflui sono: • possibilità di evitare un mescolamento tra reflui civili ed industriali, ottenendo un refluo più pulito e trattabile nel luogo di produzione ed in aree limitrofe con metodologie naturali; • possibilità di svincolarsi da reti di scarico e di adduzione che costringono a costosi interventi di manutenzione o di sostituzione per limitare le perdite lungo il percorso fino alla singola utenza; • possibilità di sfruttamento del calore del refluo nelle stagioni climaticamente sfavorevoli, per l’ottimizzazione del funzionamento dei processi fitodepurativi; • possibilità di stimolare l’utenza verso una gestione sostenibile degli scarti e renderla consapevole del proprio ruolo all’interno del sistema tramite aree verdi progettate per il trattamento ma anche fruibili sul piano estetico e ricreativo. Separando il refluo di origine domestica in più frazioni elementari come urine, feci ed acque grigie si ottiene l’ottimizzazione di molti processi depurativi naturali e soprattutto si rende possibile l’impiego dei nutrienti nel settore agricolo. 24 TECNICHE SPECIFICHE NON CONVENZIONALI Per la depurazione delle acque reflue in ambito civile si possono sfruttare varie metodologie naturali suddivisibili in tre famiglie principali: 1. tecniche che sfruttano la capacità depurativa delle piante (Land and vegetation based system), in particolare la fitodepurazione; 2. tecniche che sfruttano la capacità depurativa del terreno (Land based system); 3. tecniche che sfruttano l’azione depurativa biologico-meccanica di impianti tecnologici. 2.3.1 Tecniche basate sulle capacità depurative delle piante Fanno parte di questa categoria le seguenti metodologie: • fitodepurazione • living machine 2.3.1.1 Fitodepurazione La fitodepurazione è un processo naturale per depurare le acque reflue che utilizza i vegetali come filtri biologici attivi in grado di ridurre gli inquinanti in esse presenti. I trattamenti di fitodepurazione sono trattamenti biologici secondari, che necessitano di un trattamento primario di sedimentazione, e/o terziario (di affinamento), che sfruttano la capacità di autodepurazione degli ambienti acquatici. La rimozione dei nutrienti e dei batteri avviene attraverso gli stessi processi fisici, chimici e biologici dei fanghi attivi, cioè tramite filtrazione, adsorbimento, assimilazione da parte degli organismi vegetali e degradazione batterica. L’impianto di fitodepurazione rappresenta quindi un’alternativa alla depurazione tradizionale, rispetta l’ambiente ed è vantaggioso dal punto di vista economico (risparmio di energia elettrica, in un’ottica di sviluppo sostenibile, e limitati costi di gestione) ed ambientale (miglior impatto sul paesaggio, eliminazione di trattamenti di disinfezione). 25 In pratica, si tratta di una zona umida costruita, in cui il suolo è mantenuto costantemente saturo d’acqua e consiste in un bacino poco profondo, impermeabilizzato ove necessario, riempito con un idoneo substrato e vegetato con piante acquatiche. Il criterio generale della decentralizzazione sotteso alla realizzazione degli impianti di fitodepurazione può prestarsi alla gestione dei reflui in ambiti territoriali ed urbanistici diversi: settori di città, quartieri, vuoti urbani, periferie (ma anche aree agricole ed aree industriali con produzioni agroalimentari). Se adottata come tecnica di finissaggio di depuratori esistenti, può costituire una valida alternativa per l’adeguamento e il miglioramento delle potenzialità depurative. Applicazioni La fitodepurazione può essere utilizzata per: • trattamenti di depurazione completi per piccole comunità (fino a 1.000 abitanti); • trattamenti secondari, dopo sedimentazione, di reflui di insediamenti civili (abitativi, ricreativi quali campeggi, centri di agriturismo, centri commerciali, ecc..), soprattutto in siti abitativi rurali dove non è possibile o si rivela troppo costoso l’allacciamento a fognatura, oppure in siti con popolazione fluttuante; • trattamenti terziari a valle di impianti di depurazione di tipo civile o misto soprattutto in funzione dell’abbattimento della carica batterica. Vantaggi • riduzione dei costi capitali; • consumi energetici ridotti o nulli; • semplicità gestionale; • costi di gestione molto limitati; • limitate quantità di biomassa di risulta; • buon inserimento ambientale; • maggior tutela dei corpi idrici recettori. 26 Svantaggi • necessità di ampie superfici; • non adattabile ad alte quote o in climi freddi. Aspetti innovativi della Fitodepurazione Attualmente, la tecnologia appare matura per consentire uno sviluppo industriale di tali sistemi in diversi ambiti di applicazione su piccola, media e grande scala, soprattutto per il trattamento dei reflui civili, ma anche per il trattamento dei reflui di origine industriale. Le numerose esperienze condotte sia all’estero che in Italia, hanno confermato la validità di questi sistemi nel trattamento dei reflui e la loro capacità di raggiungere appropriati livelli di abbattimento degli inquinanti, paragonabili a quelli ottenibili con impianti tradizionali. Inoltre presentano notevoli vantaggi che contribuiscono a migliorarne le qualità ambientali ed economiche. Uno degli aspetti di maggior rilievo, anche a fronte della crescente attenzione a queste problematiche, è rappresentato dal basso impatto sull’ambiente. I sistemi di fitodepurazione si inseriscono nel contesto ambientale in modo non invasivo, spesso contribuiscono alla riqualificazione paesaggistica e non incidono negativamente sul paesaggio in aree ad alta valenza ambientale. Inoltre, questi sistemi richiedono un limitato apporto energetico, imputabile esclusivamente all’alimentazione del sistema di distribuzione del refluo, consentendo in tal modo risparmi energetici dal 40% al 75% rispetto ai sistemi tradizionali. Un ulteriore aspetto positivo è rappresentato dalla semplificazione delle operazioni di gestione. Ciò incide sull’affidabilità complessiva del sistema, nonché sui costi ad essa associati. Questo appare di notevole interesse con particolare riferimento alle piccole utenze. I limitati costi di gestione si riflettono sul costo complessivo della tecnologia. Da recenti indagini sui costi della depurazione secondaria con tecnologie tradizionali o con sistemi di fitodepurazione, è stato possibile evidenziare come, nonostante i maggiori costi iniziali, un impianto di fitodepurazione, nel mediolungo periodo, comporti un risparmio complessivo di risorse finanziarie. 27 Classificazione I trattamenti di fitodepurazione, in base alla modalità ed alla direzione di scorrimento dell’acqua, si possono suddividere in: • lagunaggi biologici (o stagni biologici); • ecosistemi filtro; • sistemi a flusso superficiale (FWS, Free Water Surface); • sistemi a flusso sub-superficiale orizzontale (H-SFS, Horizontal SubSurface Flow System); • sistemi a flusso sub-superficiale verticale (V-SFS, Vertical Sub-Surface Flow System). Possono essere classificati anche in base al tipo di vegetali utilizzati: • sistemi a microalghe; • sistemi a macrofite galleggianti; • sistemi a macrofite radicate sommerse; • sistemi a macrofite radicate emergenti; • sistemi misti. Si prendono in esame i sistemi con possibilità di applicazione anche sul territorio nazionale. a. Lagunaggi biologici (stagni biologici) Sono sistemi basati sull’interazione tra microrganismi e piante; la tecnica consiste in un sistema di bacini di accumulo, in pratica dei laghetti profondi da 0,2 a 5 m., percorsi d’acqua in fossati, rigagnoli (in cui il fitoassorbimento è garantito dalla vegetazione) e sculture a lemniscata (a forma di “otto”) che favoriscono l’ossigenazione. Possibilmente vengono realizzati a pianta quadrata o rettangolare con angoli arrotondati, ma spesso la planimetria segue l’andamento irregolare del terreno. In funzione delle sostanze inquinanti che si prevede possa contenere il refluo da trattare, il fondo può necessitare di impermeabilizzazione realizzata con fogli di materiale plastico termosaldati, mediante impregnazione con sostanze bituminose o plastiche, con materiali cementizi, o con uno strato d’argilla di almeno 0,1 m. 28 ricoperto con uno strato di sabbia grossolana. Gli argini sono realizzati con materiale di riporto compattato ed hanno solitamente pendenza di 45°. L’acqua da depurare viene immessa nel sistema dopo una grigliatura ed una dissabbiatura, l’afflusso non deve avvenire in prossimità degli argini e deve essere realizzato in modo da minimizzare i fenomeni di cortocircuito. Il refluo subisce poi un’azione depurativa ad opera di organismi viventi di vario tipo come alghe, batteri e macrofite che, alimentandosi, demoliscono o assorbono le sostanze inquinanti. I meccanismi depurativi consistono quindi nella sedimentazione, nel filtraggio di particolari sostanze e nell’assorbimento dei nutrienti da parte delle macrofite, tramite un’attività microbiologica che si sviluppa nell’acqua, nel substrato del terreno e sulla superficie delle piante. Per lo scarico dell’effluente è fondamentale la realizzazione di deflettori immersi per limitare il deflusso di solidi galleggianti, di una tubazione con funzione di troppo pieno ed una per lo svuotamento totale dello stagno. Il lagunaggio è un trattamento estensivo che necessita di superfici molto ampie (da 2 a 4 m2/A.E. (abitanti equivalenti)), presenta molti vantaggi per la capacità di sopportare temporanei sovraccarichi inquinanti ed i bassi costi di gestione ed è indicato soprattutto per comunità fino a qualche migliaio di abitanti, in climi caldi o temperati. Può dare problemi di odori e di insetti, per questo sono previste distanze di rispetto dal centro abitato diverse a seconda del tipo di stagno; si consigliano valori di 500 m. per gli anaerobici, 200 m. per gli aerati. Per quanto riguarda il problema dello smaltimento dei fanghi, data la loro alta mineralizzazione e la scarsa carica batterica, possono essere utilizzati in agricoltura come ammendante evitandone l’uso solo nelle colture a prevalente scopo alimentare. Vantaggi • Basso costo di investimento e soprattutto di gestione; • Limitato consumo energetico; • Scarsa o nulla produzione di fanghi di supero; • Alta efficienza di rimozione di microrganismi patogeni (ad esempio coliformi fecali). 29 Svantaggi • Necessità di disporre di grandi superfici; • Riduzione delle efficienze depurative durante il periodo invernale; • Rischio di proliferazione di insetti e di vettori a rischio sanitario. Campi di applicazione: gli stagni biologici vengono utilizzati per il trattamento di reflui di origine civile ed industriale (solo nei casi in cui il refluo industriale abbia caratteristiche simili a quello civile). È interessante l’utilizzo dei lagunaggi biologici per il finissaggio dei reflui già trattati da impianti di depurazione. Sono diffusi soprattutto negli Stati Uniti, mentre in Italia questo sistema ha trovato applicazione, oltre che in campo civile, anche in quello delle industrie di lavorazioni alimentari stagionali, come gli zuccherifici. Esistono diversi tipi di lagunaggio biologico, che differiscono tra loro per il particolare fenomeno biologico ed i particolari microrganismi deputati alla depurazione: • stagni anaerobi; • stagni facoltativi; • stagni aerobi (tradizionali, con ricircolo); • stagni di finissaggio. Stagni anaerobi: hanno profondità compresa tra 3-5 m., operano sia come sedimentatori che come reattori biologici anaerobici; il rendimento di depurazione arriva al massimo ad una rimozione del BOD5 (Biochemical Oxigen Demand) circa dell’80%; è ottimale che la temperatura del liquame nello stagno non scenda sotto i 10°C. Preferibilmente vengono usati nel campo della sgrossatura che si ottiene con tempi di ritenzione relativamente brevi, sfruttando i processi di sedimentazione e di degradazione biologica. Non presentano alcuna produzione algale, per la formazione di una crosta superficiale consistente, dovuta al progressivo affioramento dei fanghi trascinati in superficie dalle bolle di gas; questo porta ad una sensibile riduzione degli odori rilasciati. 30 La rimozione dei fanghi di fondo stabilizzati avviene periodicamente ad intervalli variabili in funzione del tenore di solidi nel liquame e della profondità dello stagno; per i liquami domestici, in bacini con profondità media di circa 4 m., l’accumulo di fanghi è dell’ordine di 30-50 l/ab*anno, questo porta ad un incremento dello strato dei fanghi di circa 5-7 cm/anno, con frequenza di rimozione ogni 10 anni; la rimozione è parziale, solitamente si lascia uno spessore di almeno 10 cm. per garantire una rapida ripresa dei processi biologici. Stagni facoltativi: hanno profondità compresa tra 0,7-1,5 m.; sono adatti al trattamento di scarichi con concentrazioni di BOD5 analoghe a quelle dei liquami domestici (200 mg/l), con rendimenti di depurazione che superano il 90% sul filtrato. Negli strati superiori, grazie alla fotosintesi algale, si ha l’ossigenazione del liquame che attiva la fermentazione batterica di tipo aerobico; negli strati profondi e nei sedimenti, data la mancanza di ossigeno disciolto, si ha un processo anaerobico-facoltativo. Lo spessore di questi due strati è continuamente variabile durante la giornata, per adattarsi a questo la flora batterica è di tipo prevalentemente facoltativo. Si ha una notevole produzione di microalghe con dimensioni dell’ordine di 10-20 µm, una frazione di queste uscirà con l’effluente incrementando il valore del BOD5 e dei solidi sospesi in uscita. La rimozione dei nutrienti (azoto e fosforo) è dell’ordine del 20-40%, per la carica batterica si supera mediamente il 90%. I fanghi depositati sul fondo si decompongono per via anaerobica e solitamente non necessitano di una periodica rimozione perché tramite il moto ondoso, dovuto all’azione del vento, vengono ripartiti uniformemente su tutta l’area di fondo dello stagno, con un incremento medio annuo di spessore di pochi millimetri. Stagni aerobi: hanno profondità compresa tra 0,2-0,6 m. che permette la penetrazione della luce, quindi la produzione fotosintetica di ossigeno anche sul fondo, in modo da avere un funzionamento aerobico anche a livello dei sedimenti. I meccanismi di funzionamento sono analoghi a quelli dello strato superiore per gli stagni facoltativi. 31 Gli stagni aerobi con ricircolo, rispetto a quelli tradizionali, consentono di lavorare su un carico organico superiore, raggiungendo valori di rimozione del BOD5 superiori al 90% sul filtrato. Stagni di finissaggio: hanno lo scopo di migliorare le caratteristiche degli effluenti dei trattamenti biologici, riducendo ulteriormente BOD, SS (solidi sospesi) e carica batterica. Hanno profondità media di 1 m., il tempo di ritenzione non supera di solito i 2 giorni, con riduzioni del BOD5 del 40-50% e dei coliformi del 90-95%; i risultati migliori si hanno disponendo più stadi in serie. b. Ecosistemi filtro Si tratta di interessanti applicazioni, molto efficaci ad esempio per l’abbattimento della carica batterica ai fini della balneazione. Sono costituite da unità ecosistemiche differenti (specchi lentici, unità palustri, unità di prato umido, canali a corrente lenta), organizzate in modo da sviluppare capacità autodepurative molto elevate tra punto di emissione dello scarico di impianti di depurazione e corpo recettore. c. Sistemi a flusso superficiale (FWS - free water surface wetland) Si tratta di vasche o canali a bassa profondità (0,5 m.), dotati di un opportuno medium per la crescita di vegetazione come piante galleggianti, quali il giacinto d’acqua (Eichornia crassipes) o la lenticchia d’acqua (Lemna) (Fig.1), oppure piante radicate sommerse, quali Miriophyllum, Potamogeton, Ceratophyllum (Fig.2), che richiedono profondità dell’acqua più elevate, o emergenti, quali la cannuccia di palude (Phragmites australis), la mazza di tamburo (Typha latifoglia) o il giunco palustre (Scirpus lacustris), citando essenze diffuse alla nostra latitudine (Fig.3). La vegetazione occupa un ruolo fondamentale perché trasferisce l’ossigeno attraverso le radici e i rizomi fino in fondo ai bacini di trattamento, assicurando la sopravvivenza dei microrganismi responsabili del trattamento. Le caratteristiche progettuali delle macrofite si basano essenzialmente sulla profondità dell’acqua. 32 Fig. 1: Schema di un sistema a flusso superficiale con macrofite galleggianti; la specie illustrata è il giacinto d’acqua (Eichornia crassipes). fig. 2: Schema di un sistema a flusso superficiale con macrofite radicate sommerse; la specie illustrata è Elodea canadensis. Fig. 3: Schema di un sistema a flusso superficiale con macrofite radicate emergenti; la specie illustrata è il giunco palustre (Scirpus lacustris). I sistemi principali sono quelli che utilizzano macrofite galleggianti: il giacinto d’acqua e la lenticchia d’acqua. Il sistema a giacinto d’acqua risulta molto efficace per la rimozione dei nutrienti, dei metalli pesanti e anche dei fenoli, ma può in questi ultimi casi risultare problematico il destino della biomassa prodotta. Inoltre il suo tasso di crescita si riduce drasticamente al di sotto dei 10 °C. 33 In base al livello di ossigeno disciolto ed al metodo di aerazione del bacino, si distinguono tre sistemi: • aerobico non aerato: il più comune, usato come trattamento secondario, porta ad ottimi risultati e limita gli odori; • aerobico aerato: usato nel caso in cui sia richiesta l’assenza totale di odori, si ha una riduzione dell’area richiesta e la possibilità di poter trattare carichi organici maggiori; • anaerobico facoltativo: usato per carichi organici molto alti, si ha però un aumento degli odori. Il sistema a lenticchia d’acqua è efficace soprattutto nella riduzione delle concentrazioni di azoto e fosforo, ma è difficile da gestire, per l’estrema facilità di impilarsi sotto la spinta di un forte vento, lasciando scoperta una parte della superficie dell’acqua. Per evitare questo si possono utilizzare dei galleggianti che rendono minima la superficie esposta all’azione del vento. Nel caso delle macrofite radicate, il lento flusso dell’acqua attraverso steli e radici favorisce la creazione di un ambiente in grado di abbattere in modo importante il carico organico, ma l’efficienza si riduce nel periodo invernale e si possono creare problemi di insetti ed in alcuni casi di cattivi odori. Il dimensionamento dei letti ed il livello dell’acqua variano in funzione del sistema utilizzato, del vegetale utilizzato e del tipo di trattamento. Per dare un ordine di grandezza, per un trattamento secondario l’altezza dell’acqua può variare da 10 a 40 cm., la superficie deve essere preferibilmente superiore a 2,0 m2/A.E. e può arrivare fino a 10 m2/A.E. e il rapporto ottimale lunghezza/larghezza almeno 10:1 (bacino lungo e stretto). Vantaggi Buoni risultati conseguiti in termini di efficienza depurativa. 34 Svantaggi • Lunghi tempi di residenza idraulica (fino a 20-40 giorni), indispensabili per garantire l’ottenimento di buoni risultati in termini di efficienza depurativa. • Profondità dei bacini limitata, in funzione della vegetazione utilizzata e della possibilità di ossigenazione del refluo, con conseguente necessità di impiego di superfici molto ampie. • Presenza di acque superficiali, con la possibile insorgenza di cattivi odori e lo sviluppo di insetti a rischio sanitario. • Limitata possibilità di applicazione in prossimità di centri abitati. • Elevata superficie di scambio termico e sensibilità alle variazioni termiche stagionali. • Bassa efficienza depurativa nel periodo invernale a causa del rallentamento dei processi biologici e possibile formazione di ghiaccio in superficie. • Necessità di frequenti rinnovi della vegetazione utilizzata in impianti che utilizzano macrofite galleggianti, come il giacinto d’acqua che, in quanto specie tropicale, non sopravvive a basse temperature. • Difficoltà gestionali in impianti con specie vegetali galleggianti, come la lenticchia d’acqua, che richiede l’uso di barriere flottanti per contenere e proteggere le piante dall’azione delle correnti e del vento. Campi di applicazione: nonostante queste limitazioni, tali sistemi si prestano ad essere impiegati nei processi di depurazione delle acque superficiali contaminate da inquinamento microbiologico, per il trattamento terziario e di affinamento di acque reflue, oppure, abbinate ad interventi di rinaturalizzazione, come ecosistemi filtro in prossimità di corpi idrici recettori, per risanare corpi idrici eutrofizzati, o per creare delle casse d’espansione in zone soggette ad alluvioni. L’applicazione più idonea, con una adeguata superficie a disposizione, appare quella del finissaggio di scarichi di impianti di depurazione, quando il refluo è già sufficientemente depurato, per l’abbattimento dell’azoto. 35 Fanno parte di questa categoria le seguenti tecniche: • letti d’infiltrazione; • rinaturazione di impianti tradizionali esistenti; • finissaggio; • flow-form. Letti d’infiltrazione (zone umide d’infiltrazione): il terreno periodicamente può essere coperto d’acqua e si sfrutta la capacità depurativa del substrato. Si tratta di terreni di drenaggio in cui cresce vegetazione e l’acqua periodicamente sommerge lo strato superficiale, tramite spargimento su tutto il terreno. Lo scopo di questi sistemi è di aumentare la superficie d’infiltrazione. Le piante assorbono i nutrienti e poi vengono raccolte. Il passaggio del terreno da condizioni di bagnato a quelle di asciutto favorisce il processo depurativo in quanto consente il passaggio da ambienti anaerobici ad ambienti aerobici. Gli impianti di solito sono costituiti da più canali funzionanti in periodi alterni. Rinaturazione di impianti tradizionali esistenti: esistono varie pratiche a seconda dei contesti. Gli obiettivi che si prefigge sono: • riduzione dell’impatto che un impianto tradizionale ha sul territorio in cui è realizzato; • ricostruzione degli ambienti naturali con finalità di riequilibrio ecosistemico per compensare l’alterazione originata dalla costruzione dell’impianto. Spesso gli impianti tradizionali scaricano l’acqua in uscita in corpi idrici che, realizzati o modificati, se già esistenti, in funzione della presenza del depuratore, presentano una riduzione delle capacità autodepurative originarie. Infatti in natura avvengono costantemente processi di depurazione naturale: la sostanza organica che raggiunge un corso d’acqua, sia essa di origine naturale o antropica, viene demolita da microrganismi e i prodotti della mineralizzazione vengono utilizzati dai vegetali. 36 Le varie comunità microscopiche, costituite da batteri, funghi, protozoi, alghe, rappresentano il primo sistema depurante dei corsi d’acqua. Questo depuratore naturale supporta un secondo sistema depurante che funge da acceleratore e regolatore del processo, costituito dagli invertebrati bentonici. La loro ricchezza di specializzazioni massimizza l’utilizzo di tutte le forme di risorse alimentari disponibili, scarichi umani compresi, e rende la comunità in grado di rispondere in maniera flessibile alle variazioni stagionali o antropiche del carico organico. Un ulteriore contributo alla rimozione della biomassa è fornito dai vertebrati, compresi quelli terrestri, che si nutrono degli invertebrati acquatici. Molto efficace è anche il ruolo della vegetazione acquatica nell’azione di ciclizzazione dei nutrienti. Vertebrati e vegetazione acquatica possono essere considerati il terzo sistema depurante dell’ambiente fluviale. L’efficienza dei tre sistemi depuranti è, a sua volta, condizionata dall’integrità del sistema terrestre circostante, in particolare dalla vegetazione riparia, che agisce da filtro meccanico (sedimentazione del carico solido delle acque di dilavamento) e da filtro biologico (rimozione di azoto e fosforo). Se il corso d’acqua riceve altri scarichi, se la portata del fiume viene diminuita, se le comunità di organismi sono state alterate da agenti tossici o da sconvolgimenti dell’alveo naturale, si avrà una riduzione della sua capacità autodepurativa, che è una qualità propria degli ecosistemi che tende a riportare l’ambiente al punto di equilibrio. Il ripristino delle condizioni naturali dell’alveo fluviale svolge un’azione depurativa complementare e sinergica rispetto a quella del depuratore. La rinaturazione ha lo scopo di potenziare le capacità di trattamento del depuratore mettendo, tra questo ed il corso d’acqua ricettore, un sistema di finissaggio che migliori in modo naturale la qualità dell’acqua che raggiunge il corpo idrico. La mitigazione dell’impatto ambientale si può ottenere costruendo un terrapieno realizzato con materiali naturali, che, piantumato con essenze arboree adeguate al finissaggio, contribuisca a mascherare l’impianto artificiale dal territorio circostante. Finissaggio: si può raggiungere un maggior abbattimento dell’azoto senza ricorrere all’ammodernamento di impianti esistenti. Dato che le acque trattate dagli impianti tradizionali presentano una richiesta residua d’ossigeno che può portare all’eutrofizzazione dei corpi idrici superficiali, gli impianti di 37 fitodepurazione impiegati nella fase di post-depurazione possono garantire una migliore qualità dell’effluente già con un dimensionamento dei bacini di 5 m2/A.E.. Visto l’alto costo degli interventi di adeguamento degli impianti preesistenti, per l’abbattimento dell’azoto in insediamenti di piccole dimensioni risulta più conveniente orientarsi verso l’adozione di sistemi basati sui processi autodepurativi naturali delle piante. Flow-form: sono costituite da elementi conformati a lemniscata, di materiale diverso, con dimensioni che singolarmente vanno dai 50 cm. ai 2 m. e che, disposti in serie più o meno lunga, fungono da canale di scorrimento dell’acqua alla quale inducono, per la loro sinuosità, movimenti cadenzati ad “otto” che favoriscono l’ossigenazione. In questa maniera si favoriscono i processi biologici necessari ad effettuare la purificazione dell’acqua. d. Sistemi a flusso sub-superficiale orizzontale (H-SFS) e verticale (V-SFS) Sono quelli con maggiori applicazioni per trattamenti secondari, sia per gli spazi più limitati che occupano rispetto ai precedenti che per la loro efficienza ed adattabilità: infatti l’efficienza depurativa è abbastanza costante durante l’anno dato che i processi depurativi avvengono a livello dell’apparato radicale sommerso, il quale perciò non risente delle variazioni climatiche esterne. Consistono in bacini naturalmente impermeabili o resi tali, con un substrato di materiale inerte ove vengono piantumate macrofite radicate emergenti. Il principio utilizza la capacità delle piante degli ambienti umidi di trasferire l’ossigeno dalle parti aeree a quelle sommerse: l’ossigeno atmosferico assunto dalle foglie e dagli steli viene trasferito e rilasciato a livello della rizosfera creando, nel medium anaerobico, delle piccole zone aerobiche, condizione indispensabile per quei batteri che necessitano di ossigeno per la loro attività. Si stima che le macrofite possano trasferire da 5 a 45 g. di ossigeno per giorno per metro quadrato di superficie umida a seconda della densità delle piante, della richiesta di ossigeno da parte del suolo saturo e delle caratteristiche di permeabilità delle radici. Si può utilizzare Typha latifoglia, a crescita rapida ed ampia tolleranza per i metalli, con penetrazione nel terreno sino a 0,3-0,4 m., ma il vegetale più utilizzato in Europa è il Phragmites australis, una specie molto diffusa con ampia tolleranza alle condizioni climatiche, dovuta alla molteplicità 38 dei suoi biotipi. Quest’ultimo ha una crescita molto rapida ed una penetrazione radicale di 0,6 m. nel medium in cui viene immesso, non viene attaccato da ratti e nutrie e possiede un’elevata capacità di trasferimento dell’ossigeno dalle parti aeree alle parti sommerse, il che favorisce i processi di nitrificazione. Il suo insediamento può avvenire per semina, trapianto di piccole piantine, trapianto con talee o interramento di rizomi, ma quest’ultimo sembra il metodo più idoneo, ricorrendo sia a vegetazione spontanea che di vivaio. L’assorbimento dei nutrienti avviene in maniera preponderante nella rizosfera, permettendo di evitare la rimozione periodica della vegetazione, consentendo una manutenzione più agevole. La rimozione di BOD, COD, SST e carica batterica è maggiore del 90% (valore medio perché si riscontrano molte oscillazioni). La rimozione di azoto e fosforo in alcuni casi va oltre il 90%, ma in generale vi è incertezza sul rendimento di abbattimento. I tempi di ritenzione idraulica variano da 4 a 15 giorni. Vantaggi • Sono i sistemi più diffusi nel nostro Paese, rappresentando attualmente la maggior parte degli impianti esistenti. • Rispetto ai sistemi precedenti, necessitano di minori superfici per unità di refluo da depurare, in quanto il substrato di riempimento aumenta la superficie attiva di depurazione. • Hanno impatto igienico-sanitario nullo o limitato per l’assenza di un contatto tra il refluo e l’ambiente esterno; infatti grazie allo scorrimento sommerso del refluo, è completamente eliminato il problema dei cattivi odori e degli insetti a rischio sanitario. • Si utilizzano specie vegetali tipiche delle nostre latitudini. I sistemi a flusso sub-superficiale, in base ai principi di funzionamento che li caratterizzano, possono operare a flusso orizzontale o a flusso verticale. Per entrambe le tipologie, a livello progettuale occorre tener conto di: • carico idraulico; • caratteristiche del refluo; • superfici disponibili; • condizioni climatiche; • distanza dalle abitazioni. 39 d.1 Sistemi a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) (Fig. 4) Il refluo da trattare, dopo un pretrattamento per ottimizzare i rendimenti di depurazione e limitare l’impiego di superfici (vasca Imhoff ed eventualmente grigliatura), attraversa orizzontalmente il medium di crescita della vegetazione emergente in modo che la zona subsuperficiale si mantenga satura e non si abbia scorrimento superficiale. Il medium è costituito da sabbia, ghiaia e roccia preferibilmente locali, svolge azione di filtrazione meccanica e costituisce, con l’apparato radicale delle macrofite, il substrato per l’adesione della pellicola biologica (batteri, funghi, protozoi), responsabile della depurazione biologica. La superficie dei letti deve essere perfettamente piana, mentre il fondo deve avere una leggera pendenza, che non superi l’1%, per favorire il deflusso; la profondità del substrato inerte deve essere 50 cm. La superficie indicata per applicazioni non stagionali è di 4,5 m2/A.E. e per applicazioni prevalentemente estive di 3,5 m2/A.E. Questo sistema determina un impatto ambientale ed igienico-sanitario nullo, perché non si ha scorrimento in superficie del liquame da depurare; richiede un’area di utilizzo inferiore rispetto ai sistemi FWS (a flusso superficiale) in quanto la presenza del medium attraverso cui passa il refluo aumenta la superficie utile per i processi depurativi; richiede una gestione ed una manutenzione estremamente ridotte e l’efficienza depurativa è costante tutto l’anno. L’abbattimento del BOD5 è dovuto principalmente a processi di filtrazione a carico del medium ed alla decomposizione da parte dei microrganismi adesi ai rizomi ed alle radici delle piante. L’efficienza di rimozione dei solidi sospesi è dovuta al processo di filtrazione da parte del medium ed avviene in misura maggiore in prossimità del punto di immissione dello scarico. La rimozione dell’azoto avviene in parte per assunzione da parte delle macrofite (10-16 %), ma soprattutto per un processo di nitrificazione nei micrositi aerobici adiacenti alla superficie radicale, seguita da un processo di denitrificazione nello spessore del medium in cui vi sono condizioni di anaerobiosi. La rimozione del fosforo avviene per processi di adsorbimento, complessazione e precipitazione a carico del medium ed in minima parte per assunzione da parte delle macrofite. La rimozione dei batteri, estremamente efficace, sembra derivi dal continuo passaggio attraverso micrositi aerobici ed anaerobici nella rizosfera, il che 40 comporta uno stress per i microrganismi non metabolicamente adatti a tenori diversi di ossigeno. Vantaggi Sono sistemi utilizzati in diversi contesti. Svantaggi • Risentono delle variazioni climatiche stagionali a causa della riduzione dell’attività vegetativa delle piante durante i mesi invernali; ne consegue una riduzione dell’apporto di ossigeno e una diminuzione dell’attività batterica. • Sebbene le aree impegnate siano inferiori rispetto ai sistemi a flusso superficiale, sono necessari fino a 5 m2 di superficie per abitante equivalente in funzione delle caratteristiche ambientali del sito. Campi di applicazione: gli impianti di fitodepurazione a flusso orizzontale possono essere utilizzati per: • la depurazione secondaria dei reflui di origine civile (in alcuni casi anche di origine industriale), anche in contesti urbani senza che intervengano situazioni critiche per la popolazione; • la depurazione degli scarichi di case isolate, in quanto possono essere agevolmente frazionati senza che questo influisca sull’efficienza depurativa dell’impianto stesso; • i processi di affinamento di acque reflue a valle di impianti biologici per la rimozione del fosforo; • la depurazione di utenze a forte fluttuazione stagionale, laddove le punte di carico organico e/o idraulico si presentino in periodo di massima attività vegetativa (tarda primavera,estate). 41 Fig.4: Schema di un sistema subsuperficiale a flusso orizzontale con macrofite radicate emergenti; la specie illustrata è la cannuccia di palude (Phragmites australis). Un esempio di applicazione: Lugo di Baiso (RE). Tratta una quantità di reflui corrispondenti a 50 A.E.(abitanti equivalenti) ed il pretrattamento è effettuato da una vasca Imhoff . E’ un impianto sperimentale, nel quale sono state realizzate due vasche di fitodepurazione, con una pendenza dell’1%, impermeabilizzate con tessuto non tessuto, riempite con materiale inerte e piantumate con Phragmites (4-5 rizomi/m2 alla profondità di 20-30 cm.). Il livello idraulico viene regolato in pozzetti a valle di ogni vasca. Si prevede il rinnovo del materiale di riempimento ogni 15-20 anni. L’efficienza di rimozione degli inquinanti risulta elevata: Parametro Efficienza di rimozione (%) BOD5 90 in estate, 60-70 in inverno SS 90 Batteri 90 – 99 N e P (azoto e fosforo) varia, ma può arrivare al 90 42 Rientrano tra le applicazioni a flusso orizzontale: • metodo rootzone; • sistema M.P.I.. Metodo rootzone: si utilizzano quasi esclusivamente canneti semplici. Le piante non hanno funzione attiva nel processo di depurazione, ma creano, attraverso le proprie radici, le condizioni affinchè questo avvenga. Le piante trasportano l’ossigeno alle radici creando un ambiente aerobico/anaerobico nel terreno (lo strato più superficiale è saturo d’acqua e privo d’ossigeno). Lo scopo di questo sistema è di favorire, con la vicinanza tra ambienti aerobici ed anaerobici, sia l’abbattimento del materiale organico che i processi di nitrificazione e denitrificazione e di portare alla ritenzione del fosforo. Vi sono anche reazioni chimiche e fisiche nel terreno che contribuiscono all’eliminazione dei metalli pesanti. Un impianto di questo tipo è di solito costituito da uno o più bacini impermeabili sia sulle pareti che sul fondale, profondi circa 2 m., in cui si gettano strati di argilla, sabbia, ghiaia e si pianta la vegetazione di giunchi e canneti. Trascorsi 3 o 4 anni dalla piantumazione, l’impianto raggiunge la massima efficacia, per garantire la quale è necessario che vi sia luce e che la temperatura non scenda sotto i 10°C. A differenza del metodo M.P.I. (che vedremo in seguito), in questo caso le piante non vengono tagliate periodicamente. Sistema M.P.I. (Max Planck Institute): sfrutta la capacità delle piante di separare le diverse sostanze durante l’assorbimento e la loro capacità di creare nelle radici un ambiente chimico che contribuisce ad eliminare i batteri pericolosi. Il sistema si basa su un substrato di sabbia ghiaiosa che assorbe poche sostanze nutritive e necessita della raccolta della vegetazione in modo che i nutrienti vengano eliminati. Nel caso in cui il sistema venga sviluppato in associazione con il metodo Rootzone, viene catalogato con la denominazione: Reed bed treatment system. Un impianto di questo tipo è costituito da uno o più bacini profondi circa 2 m., con pareti e fondale impermeabilizzati, riempiti di strati di argilla, sabbia, ghiaia e piantumati con vegetazione di giunchi e canneti. 43 d.2 Sistemi a flusso subsuperficiale verticale (V-SFS) (Fig.5). Sono schematicamente costituiti da una vasca di sedimentazione primaria, da una vasca di equalizzazione delle portate giornaliere influenti e dall’impianto di fitodepurazione. La superficie deve essere orizzontale, perfettamente piana e il fondo impermeabile. La profondità del substrato inerte deve essere circa 80 cm e la granulometria del medium deve presentare un gradiente verticale. Il sistema viene alimentato in modo discontinuo (pompe o sistemi a sifone). Le superfici minime sono di 2,5 m2 /A.E. per applicazioni non stagionali e di 2,0 m2 /A.E. per applicazioni estive. Prevedono un’irrigazione intermittente del suolo artificiale, che porta ad un costante ricambio dei gas presenti nel suolo stesso. La permeabilità del substrato garantisce una costante aerazione rispetto alla fitodepurazione orizzontale, nonché un’elevata ossidazione e degradazione della sostanza organica e degli inquinanti anche nel periodo invernale. La presenza delle piante consente di proteggere le acque dalle basse temperature invernali (elevata efficienza depurativa anche con temperature esterne di -10 °C), di assorbire dal suolo le sostanze minerali rese disponibili nel corso del processo di degradazione microbica e di assicurare mediante il sistema radicale una microfauna batterica con maggiore spettro di azione, arricchendo in questo modo le capacità di degradazione e rimozione degli inquinanti del sistema. Il refluo scorre superficialmente e viene distribuito sulla superficie del medium, quindi filtra gradatamente verso il fondo delle vasche dove viene raccolto da delle tubature; lo svuotamento progressivo permette all’aria di infiltrarsi negli interstizi, il riempimento successivo intrappola l’aria e la spinge in profondità, permettendo in questo modo un’elevata ossigenazione anche nel periodo del riposo vegetativo. La purificazione avviene principalmente grazie al terreno, il ruolo delle piante è di preservare la capacità infiltrativa. Vantaggi Questi sistemi, rispetto a quelli a flusso orizzontale, consentono: • un minor uso di superficie; • rese più costanti nell’arco dell’anno, in quanto meno sensibili alle variazioni climatiche; • una maggiore scelta tra le specie vegetali, aumentando in tal modo le possibilità applicative della fitodepurazione. 44 Campi di applicazione La fitodepurazione a flusso verticale può essere applicata in contesti molto diversi che comprendono: • la depurazione a livello secondario, in sostituzione degli impianti biologici tradizionali, o terziario per affinare la capacità degli impianti esistenti nella rimozione dei nutrienti (agenti eutrofizzanti); • il trattamento delle acque reflue prima dello scarico delle stesse nell’ambiente oppure finalizzato al riciclo o riuso delle acque nei cicli produttivi; • il trattamento di diverse tipologie di refluo (urbano, civile, industriale, agroindustriale e zootecnico) e con potenzialità di impianto molto variabili. Fig.5: Schema di sistema a flusso subsuperficiale verticale (percolazione) con macrofite radicate emergenti; la specie illustrata è la cannuccia di palude (Phragmites australis). La tecnica principale appartenente a questa categoria è: Vassoio d’infiltrazione: è preceduto da una grigliatura grossolana in apposito pozzetto, alla quale segue una fase di decantazione in una fossa Imhoff ed un eventuale ulteriore pozzetto riempito di materiale inerte per ottenere una prima filtrazione biologica. Si può interporre tra l’impianto e le vasche di pretrattamento un altro pozzetto che consenta lo smaltimento del troppo pieno e dal quale si possano effettuare prelievi di controllo. 45 Per la realizzazione occorre uno scavo di circa 1 m. di profondità per accogliere il vassoio assorbente. Questo a sua volta è composto, in sezione, da un letto di sabbia di 10 cm., da una guaina (tipo HDPE) per garantire l’impermeabilizzazione interposta tra due strati di tessuto non tessuto, da uno strato di materiale di riempimento a granulometria fine di 10 cm. di spessore e da uno strato di ghiaie di diversa granulometria per uno spessore complessivo di 70 cm.. Nel caso di trattamento di reflui di origine domestica provenienti da singole abitazioni, l’impermeabilizzazione è ottenibile impiegando uno strato di argilla di 50-70 cm. di spessore. Alle estremità del vassoio si realizzano due vespai di 1 m. di lunghezza utilizzando ciottoli di 7-10 cm.. Il “tubo a pioggia” che garantisce una ripartizione omogenea del refluo sul vassoio è posto ad una profondità di circa 30 cm. per evitare la formazione di cattivi odori. E’ necessario scegliere un’adeguata essenza arborea da piantumare all’interno del vassoio: i risultati migliori derivano dall’adozione di canne del tipo Phragmites in numero di 4-5 rizomi a m2. Le canne hanno la funzione di trasmettere l’ossigeno dall’apparato fogliare alla radice garantendo così un microambiente aerobico intorno alle radici. Nelle fasce laterali del vassoio si potrà prevedere la piantumazione di specie officinali e/o arbustive. Il rapporto lunghezza/larghezza del vassoio varia tra 0,4-3 e la superficie richiesta per la sua realizzazione è di 2-3 m2/abitante. Esso ha una durata teorica di 10-15 anni circa, dopo i quali il materiale inerte va sostituito o lavato ed essiccato. All’uscita del vassoio è bene porre dei percorsi sinuosi (tipo flow-form) per favorire l’ossigenazione delle acque, che contribuiscono a completare più efficacemente il ciclo depurativo. Quando questo è ultimato le acque vanno convogliate in fossi o canali esistenti, i quali possibilmente siano stati sottoposti a processi di rinaturazione per ottenere un ulteriore fitoassorbimento. Le percentuali di rimozione degli inquinanti sono elevate. 46 In un sistema di fitodepurazione a flusso verticale di acque miste sito nel comune di Gorizia, in funzione dal 1995, si sono registrati questi valori: Parametro Efficienza di rimozione (%) BOD5 90 COD 65 N-NH4+ (azoto ammoniacale) 60 N totale 75 P 90 Coliformi totali >99 Coliformi fecali >99 Linee Guida per la progettazione degli impianti di fitodepurazione Il gruppo di lavoro ANDIS, alla luce delle indicazioni del Decreto Legislativo 152/99 e successive modifiche, ha proposto linee guida utili per scelte applicative e dimensionamento di impianti di fitodepurazione a flusso superficiale e subsuperficiale alimentati con acque pretrattate, con una copertura superficiale vegetale costituita prevalentemente da macrofite radicate. Tali linee guida sono relative al trattamento delle sole acque domestiche e assimilabili, per scarichi di potenzialità inferiore a 1.000 A.E.. Senza entrare nei dettagli tecnici, se ne riporta una breve sintesi. Caratteristiche dei siti idonei alla collocazione di questi sistemi di fitodepurazione: • distanza dalle abitazioni non inferiore a 50 m (tranne che per impianti al servizio di singole abitazioni); • possibilità di accesso per la manutenzione e la rimozione dei fanghi; • microclima favorevole; • pendenza del terreno compatibile con l’allocazione; • impermeabilizzazione naturale un’impermeabilizzazione artificiale). 47 (si ricorre altrimenti ad Se non è presente impermeabilizzazione naturale (almeno 60 cm di argilla), si può ricorrere a vasche prefabbricate in plastica, vasche in cemento armato o teli impermeabili di spessore pari a 1 mm. Il vegetale più utilizzato nei trattamenti a macrofite radicate è la cannuccia di palude (Phragmites australis), ma possono essere utilizzati anche la mazza di tamburo (Typha latifolia), il giunco palustre (Scirpus lacustris) ed altre essenze, delle quali però esistono poche informazioni sull’efficienza di depurazione. Le migliori tecniche per l’impianto della cannuccia di palude sono rappresentate dal trapianto di piantine con pani di terra (in primavera, 3-4 piantine/m2 ) e dall’interramento di cespi (= 2/m2 ) o rizomi (= 4/m2) in autunno. Nella progettazione occorre tener conto del carico idraulico (200 l/g per A.E.) e del carico di inquinanti dopo pretrattamento e, soprattutto ove vi siano problemi di siccità, è necessaria una valutazione del bilancio idrico per garantire la sopravvivenza delle piante. La gestione e la manutenzione comportano quanto è di seguito schematizzato: Operazioni Frequenza minima proposta Controllo del sistema di distribuzione Quindicinale Controllo del sistema di raccolta e Quindicinale scarico Controllo del livello idrico nei bacini Quindicinale (Sistemi H-SFS) Verifica della funzionalità di eventuali Quindicinale apparecchiature elettromeccaniche Controllo della corretta funzionalità dei Quindicinale pretrattamenti Controllo del livello di fango nel Trimestrale trattamento primario per decidere la sua rimozione Eventuale taglio della vegetazione (solo nei sistemi FWS) 48 Annuale 2.3.1.2 Living Machine Il sistema consiste in una depurazione per fasi, sfruttando le capacità della fauna e della flora acquatica di nutrirsi delle sostanze contenute nelle acque di scarico. Il refluo viene raccolto in una vasca di accumulo dalla quale, per tracimazione riempie un serbatoio anaerobico, che, conformato con setti “a pettine”, consente una continua agitazione del liquido. Una pompa sommersa, posta nel fondo della vasca anaerobica, assicura il completo ricircolo del refluo, rendendone possibile il passaggio attraverso corpi di riempimento per esaltare la flora batterica. L’eliminazione dei sali minerali (mineralizzazione della sostanza organica) prodotti durante il processo depurativo anaerobico, è ottenibile sia realizzando una vasca aerobica simile a quella anaerobica, dove vi sono piante ornamentali, sia ricorrendo ad un vassoio subsuperficiale da inserire dopo il processo anaerobico. Questi impianti acquatici dove il refluo viene usato direttamente come substrato per la coltivazione di piante e come habitat per animali, rappresentano un’alternativa per il trattamento delle acque fognarie nelle abitazioni sfruttando, come elementi di arredo, cilindri traslucidi collegati in modo che l’acqua possa fluire tra loro ed ospitanti una vegetazione che risulti anche gradevole alla vista. Nel caso di piccole comunità che non superino le 100 persone, esistono impianti a piccola scala in strutture coperte (tipo serra) realizzabili in legno e vetro, oppure combinando una struttura di alluminio e pannelli di policarbonato a doppio strato. L’uso di centraline fotovoltaiche per l’alimentazione delle pompe sommerse contribuirebbe ad accrescere il grado di compatibilità ambientale di questo ciclo depurativo, con produzione di acqua compatibile con l’irrigazione. 49 2.3.2 Tecniche basate sulle capacità depurative del terreno Sono sistemi basati sull’infiltrazione nel suolo nel quale avvengono processi di tipo meccanico (filtraggio), chimico (scambio di ioni) e biologico (tramite l’azione svolta dalla microflora batterica). Le tecniche principali appartenenti a questa categoria sono: Infiltrazione nel terreno esistente: dopo una prima fase di sedimentazione, il refluo viene raccolto in una fossa dalla quale è distribuito ai tubi di spargimento a pioggia, disposti parallelamente ad una distanza di circa 1m. ed interrati normalmente ad una profondità di 60 cm.; la loro lunghezza varia in funzione della permeabilità del terreno. Il refluo fuoriesce dai fori delle tubature per infiltrarsi nel terreno dove il processo di depurazione ha luogo grazie all’azione dei microrganismi. Lo strato più efficace ai fini depurativi è quello superficiale, dove funghi e batteri, utilizzando le particelle organiche come nutrienti, concorrono alla loro eliminazione. L’efficacia di questo trattamento dipende dalle caratteristiche del terreno, che può essere più o meno adatto a ricevere l’acqua ed a farla filtrare. In media sono necessari circa 5 m2/A.E. di terreno. Questa tecnica consente il trattamento di tutti i tipi di reflui, in particolare di quelli di origine civile, senza richiedere consumo energetico e comporta bassi costi realizzativi e gestionali. Gli svantaggi relativi al suo impiego sono costituiti dall’impossibilità di recupero dei nutrienti e dal sovraccarico di sostanze nel terreno nel lungo periodo, con conseguente pericolo d’infiltrazioni nelle tubature ed inquinamento delle falde sotterranee. Sistema a scorrimento superficiale: consente lo sfruttamento di suoli a bassa permeabilità, scarsamente drenati. Consiste in un terreno, diviso in vari terrazzamenti, con pendenza compresa tra il 2 ed il 6% alla cui sommità viene applicato il flusso, raccolto alla base da un canale di collettamento. Si ottiene un effluente di alta qualità anche su reflui che hanno subito solo trattamenti meccanici. In Italia è usato soprattutto a valle di impianti biologici di depurazione per i bassi costi di gestione e di investimento. Si raggiungono i seguenti rendimenti di abbattimento: BOD 90-95%, solidi sospesi (SS) 90%, azoto (N) varia da 20-30% fino a 80%, fosforo (P) varia da 20 a 60%. 50 2.3.3 Impianti Tecnologici Sono sistemi adatti principalmente al trattamento di reflui civili ed acque grigie, da considerarsi, a differenza degli altri visti in precedenza, come seminaturali. Consistono in minidepuratori nei quali il sistema depurativo è di natura biologica: questo assicura la trasformazione del materiale organico ed evita, come avviene nel processo chimico, che gli inquinanti vengano spostati dal refluo ai fanghi. Questi impianti presentano una grande efficacia depurativa, occupano poco spazio e sono controllabili facilmente; consumano però energia e richiedono una costante manutenzione. Le metodologie più utilizzate sono le seguenti: • dischi biologici; • biofiltri; • minidepuratori con particelle di riempimento; • minidepuratori a fanghi attivi. Dischi biologici: di norma posti a valle della sedimentazione primaria, consistono in un tamburo rotante a bassa velocità (1-2 giri/min) semisommerso nel refluo da depurare, contenuto in una vasca di cemento armato, acciaio rivestito o vetroresina, a pianta rettangolare e sezione trasversa semicircolare o trapezoidale. Il tamburo è formato da un certo n° di dischi di materiale plastico, montati su un albero ed uniformemente spaziati tra loro. E’ prevista una copertura per evitare un abbassamento della temperatura di esercizio nei periodi freddi e per la protezione dei dischi dal dilavamento dovuto alle precipitazioni. Sulla superficie dei dischi si forma una pellicola di microrganismi che assorbono i nutrienti. Durante la rotazione questa pellicola si bagna ed arieggia alternativamente dando ai microrganismi un alternarsi di condizione aerobica ad anaerobica. La biomassa prodotta sui dischi si stacca ed in seguito viene raccolta nella vasca di sedimentazione secondaria. Il rendimento è funzione della velocità di rimozione del BOD, che dipende a sua volta dalla concentrazione di batteri e dal tempo di contatto batteri-refluo. 51 Biofiltri: consistono in reattori a letto fisso completamente sommersi ed aerati, di norma preceduti dalla sedimentazione primaria, dato che possono essere utilizzati con concentrazioni di SS (solidi sospesi) in ingresso < 100 mg/l, per evitare problemi di intasamento e riduzione d’efficienza. Il flusso di liquame può essere discendente (dall’alto verso il basso), ascendente (dal basso verso l’alto) oppure trasversale. Il flusso d’aria artificiale è sempre dal basso verso l’alto ed avviene per insufflazione d’aria direttamente nel reattore, con una concentrazione di ossigeno compresa tra 3 e 6 mgO2/l. I mezzi di riempimento, di materiale plastico o lapideo, hanno dimensioni che variano da qualche cm. (per questi occorre una periodica rimozione dei solidi tramite adeguati cicli di lavaggio) alla frazione di mm. (per otteneere grandi superfici specifiche). L’altezza del mezzo filtrante oscilla tra 1,8 e 4 m. in funzione della direzione del flusso e del tipo di riempimento. Occorrono cicli di lavaggio per rimuovere i solidi accumulati (per crescita batterica ed intrappolamento). In alcuni casi si effettua il ricircolo dell’effluente per diluire il liquame in ingresso ed ottenere una migliore miscelazione. Minidepuratori con corpi di riempimento: sono composti da un pozzetto di sedimentazione, un biofiltro ed un altro pozzetto. Il biofiltro è costituito da un contenitore riempito di particelle di plastica, materiale inerte ed idrorepellente, con un’ampia superficie di assorbimento. I batteri del refluo si fissano sulle particelle formando piccoli ammassi di fango che poi cadono sul fondo. Tramite una pompa l’acqua ripassa più volte attraverso questo biofiltro per favorire la riduzione dei batteri. I fanghi vengono condotti al primo pozzetto per la sedimentazione, mentre il refluo passa attraverso il secondo prima di subire un processo di finissaggio in bacini o zone umide. Minidepuratori a fanghi attivi: composti da cisterne in polietilene che possono raggiungere i 15000 litri, il sistema si basa sull’azione dei batteri che svolgono azione depurativa nella fase aerobica. A questa si alterna una fase anaerobica, gestita da un programma computerizzato che assicura grande flessibilità, durante la quale i fanghi si depositano sul fondo e l’acqua superficiale, depurata, viene raccolta. 52 2.4 ESEMPI DI APPLICAZIONE DI PRINCIPI E TECNOLOGIE PER IL RISPARMIO IDRICO IN AMBITO EUROPEO 2.4.1 SARAGOZZA (SPAGNA) Introduzione Il fenomeno della carenza d’acqua, che in Spagna interessa milioni di persone, è dovuto in parte alle scarse precipitazioni e in larga misura a una cultura di spreco dell’acqua, tant’è vero che negli ultimi anni la pioggia caduta è scesa del 10%, mentre il consumo è aumentato del 20%. Nel 1995 in Spagna 11 milioni di cittadini erano quotidianamente soggetti a limitazioni del consumo idrico. Inoltre sussisteva un triplice paradosso: la Spagna era il terzo paese del mondo per il consumo idrico per abitante, l’acqua scarseggiava e il suo costo era molto basso. Descrizione del problema La cultura dello spreco dell’acqua si inseriva in questa situazione: inesistenza di una normativa che favorisse il risparmio, politica istituzionale basata sull’aumento dell’offerta, disconoscimento dell’esistenza di tecnologie che permettono un uso più efficace dell’acqua nelle abitazioni (un’indagine effettuata a Saragozza prima dell’avvio della campagna ha dimostrato che il 60% degli intervistati non ricordava o conosceva gli accorgimenti che permettono di ridurre il consumo domestico di acqua), scarsa valorizzazione di questa risorsa da parte dei cittadini, tendenze allo spreco nell’uso quotidiano. Soluzione tecnica Lo scopo del progetto era promuovere una nuova cultura dell’acqua con una gestione razionale di questa risorsa naturale. L’obiettivo consisteva nel fare risparmiare a Saragozza 1 miliardo di litri d’acqua per uso domestico nell’arco di un anno. Per conseguire tale obiettivo era necessario: sollecitare presso i consumatori la domanda di tecnologia che permette 53 di risparmiare acqua, stimolare il mercato che offre tale tecnologia nonché formare e informare i cittadini in merito. Prima di avviare la campagna è stata constatata un’incongruenza tra la tecnologia disponibile sul mercato e quella installata nelle case. Quest’ultima era responsabile di sprechi, mentre il mercato offriva un’ampia gamma di prodotti e dispositivi per il risparmio idrico non richiesti. Il fronte dell’offerta sosteneva che c’era una domanda specifica di prodotti atti a limitare il consumo idrico, mentre quello della domanda asseriva di non conoscerli. Per far evolvere la situazione, si è deciso di promuovere la conoscenza dei prodotti che consentono di limitare il consumo di acqua e di incoraggiarne l’uso mediante una campagna di informazione e sensibilizzazione. Per riuscire a risparmiare 1 miliardo di litri di acqua, sono state definite sei linee strategiche di risparmio: • acquisto di nuove attrezzature sanitarie (wc, rubinetti, docce ecc.) a basso consumo idrico; • installazione di dispositivi di limitazione del consumo idrico nei vecchi sanitari; • acquisto di elettrodomestici a basso consumo (lavatrici e lavastoviglie); • introduzione a domicilio di contatori individuali per l’acqua calda; • qualsiasi altra misura, dispositivo o attrezzatura a fini di risparmio (riparazione di perdite, riciclaggio dell’acqua domestica ecc.); • modifica delle abitudini legate al consumo dell’acqua. Inoltre, trattandosi di coinvolgere tutti i protagonisti determinanti della cultura dell’acqua, sono state identificate diverse categorie di pubblico con cui collaborare: professionisti del settore, grandi consumatori, pubblico infantile e giovanile nonché pubblico in generale. Il progetto è stato suddiviso in due fasi ben differenziate. Nel febbraio 1997 è cominciata la fase di preparazione, in cui si è configurata la struttura di partecipazione (soci promotori, patrocinatore, imprese promotrici ed enti collaboratori iniziali). Durante questa tappa si è privilegiato in modo particolare il gruppo di professionisti del settore, per convincerli a partecipare attivamente alla campagna. 54 Nell’ottobre 1997 si è passati alla fase di esecuzione, durante la quale sono state realizzate azioni specifiche, mirate alle varie categorie di pubblico. È iniziata la diffusione della documentazione pubblicitaria, assicurata per un mese dai vari mezzi di comunicazione (televisione, radio, stampa, espositori commerciali, opuscoli, adesivi, manifesti, cartelloni pubblicitari ecc.). La campagna si è conclusa il 25 gennaio 1999 con lo svolgimento dell’incontro internazionale sull’uso efficiente dell’acqua nelle città. Risultati e impatto Durante la campagna sono stati consumati 1 miliardo 176 milioni di litri di acqua in meno rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente. Sono stati conclusi accordi di collaborazione con 150 enti cittadini; vi hanno partecipato 183 istituti scolastici, 474 insegnanti e 70.000 alunni. Il comune di Saragozza ha deciso di varare un piano cittadino di risparmio idrico. Oltre 140 esercizi ora commercializzano prodotti che permettono di risparmiare acqua. Il 65% dei negozi che vendono apparecchiature sanitarie, rubinetteria, elettrodomestici e installano contatori hanno partecipato attivamente al progetto. La vendita di elettrodomestici a basso consumo idrico è aumentata del 15%, il numero di contatori individuali è stato quadruplicato e quello della rubinetteria efficiente moltiplicato per sei. In 3.990 abitazioni della città sono stati installati dispositivi tecnologici di limitazione del consumo durante l’anno di svolgimento del progetto. Durante il medesimo anno, 300.000 cittadini (la metà degli abitanti della città) hanno adottato nelle loro case abitudini volte a ridurre il consumo d’acqua. Prima dell’inizio della campagna, quasi il 60 % della cittadinanza non conosceva alcun accorgimento in tal senso; alla fine, solo un 28 % non era a conoscenza di tali misure. Il progetto ha goduto di un’ampia diffusione, sia a livello nazionale che internazionale. 55 2.4.2 FRANCOFORTE (GERMANIA) Introduzione Nel 1992, a causa di vari problemi ambientali, il Comune di Francoforte sul Meno ha avviato una campagna per il risparmio idrico. In totale, la domanda d’acqua della città è scesa da 63 milioni di metri cubi nel 1990 a meno di 46 milioni di metri cubi (-26%) nel 2001. Il risultato della campagna è stato possibile grazie a varie misure: • una campagna di sensibilizzazione dei cittadini che dimostrava le conseguenze di un uso abbondante dell’acqua; • il finanziamento di progetti di risparmio idrico nel settore industriale, commerciale e pubblico; • l’offerta di un servizio per l’istallazione di dispositivi di risparmio d’acqua nelle case private. La campagna per la conservazione dell’acqua cominciò dopo che il governo di Assia aveva annunciato lo “stato d’emergenza’ del rifornimento idrico nel 1992. Il motivo era un abbassamento significativo dei livelli delle acque freatiche in alcune zone di rifornimento idrico intorno alla città. Durante lo “stato di emergenza” era proibito lavare le auto, irrigare i prati e praticare altri usi dispendiosi d’acqua. Per finanziare un programma di sovvenzioni per misure di risparmio idrico il governo regionale ha stabilito un’imposta di 0,25 euro per metro cubo. All’inizio il settore industriale ha protestato contro l’imposta, ma in seguito ha fatto uso del programma per finanziare progetti di risparmio d’acqua che hanno avuto come risultato una riduzione significativa del consumo di acqua potabile (per esempio la sostituzione di acqua potabile con acqua piovana per impianti di lavaggio, servizi igienici, refrigerazione ed altri usi industriali). 56 Sviluppo del consumo di acqua Tra il 1960 e il 1980 la domanda per l’acqua è quasi raddoppiata nella Repubblica Federale tedesca. Nel decennio successivo si è vista una stagnazione ad un alto livello. La situazione era simile nella Ex-Repubblica Democratica Tedesca. Il consumo dell’acqua comincia a diminuire dal 1990. Mentre il consumo nel settore industriale ha visto una riduzione continua dal 1980, il consumo nei settori “cittadini e piccolo commercio” e “uso/servizio pubblico” è rimasto costante fino al 1991 prima di diminuire. Ci sono stati alcuni cambiamenti strutturali, l’industria non è più il principale settore nella città di Francoforte. L’effetto di questi cambiamenti sulla domanda idrica non è facilmente quantificabile. Il grafico che segue mostra la situazione in Germania in paragone a quella di Francoforte. Diminuzione del consumo d'acqua, Francoforte vs Germania 0% -5% -10% -15% Germania -20% Francoforte 1998 1997 1996 1995 1994 1992 1993 1991 -25% Rispetto al 1990 il consumo d’acqua è sceso in tutta la Germania, ma a partire dal 1995 la quota di riduzione era più alta a Francoforte che non nel resto del paese. Analizzando queste cifre vanno prese in considerazione le specificità strutturali del luogo. In una città come Francoforte il settore terziario è dominante. Circa 300.000 pendolari vengono nella città ogni giorno. Per capire il vero successo della campagna per il risparmio idrico si deve guardare il settore “cittadini e piccolo 57 commercio”: a Francoforte questo settore è responsabile per il 71% del consumo totale. A partire dal 1990 c’è stata una diminuzione del 18% a Francoforte e del 8% in Germania. Questo non riguarda la crescita della popolazione (quasi costante). Mentre nella Germania a partire dal 1993 si verifica una stagnazione, la domanda a Francoforte diminuisce, questo grazie soprattutto alla campagna per il risparmio idrico. Campagna di marketing “Meno” La prima azione del Comune di Francoforte nella campagna per il risparmio idrico è stata l’iniziativa di marketing “Meno”. Gli slogan erano del tipo “Sprecare l’acqua non uccide solo l’ambiente naturale. Partecipa all’iniziativa ‘Io risparmio acqua’” e venivano presentati su manifesti con animali e piante in estinzione. Oltre a presentazioni nei mass media (cinema e radio, depliant) ed eventi pubblici, è stato annunciato un premio annuale “risparmiatore d’acqua dell’anno”. Hanno preso il premio banche, industrie, alberghi e persone private. Questa campagna ha rafforzato l’opinione pubblica che, anche in un paese grande come la Germania, l’acqua potabile è una risorsa preziosa. Una inchiesta dimostra che oggi nove cittadini su dieci sono convinti che la conservazione dell’acqua è “importante” o “molto importante”. La campagna di sensibilizzazione è stata accompagnata dall’offerta di informazioni tecniche dettagliate da parte del servizio idrico e dell’ufficio ambiente. Programma di sovvenzioni Parallelamente alla campagna l’ufficio ambiente ha elaborato un programma di contributi. Sono stati finanziati progetti di risparmio idrico, come per esempio l’istallazione di contatori di consumo d’acqua insieme a dispositivi di risparmio idrico in zone residenziali, edifici pubblici e piscine e la sostituzione di acqua potabile con acqua piovana in case private. Dal 1997 al 1999 il programma ha finanziato l’istallazione di 5.000 contatori d’acqua. 58 Inoltre è stata creata una “Agenzia per l’acqua” con offerte speciali per business e imprese (contributi dal 15 al 50%) e organizzazioni (contributo del 60%); il programma in seguito è stato sospeso. L’Agenzia per l’acqua ha sostenuto inoltre molti altri progetti. Alcuni esempi: • Raffreddamento di macchine saldatrici con acqua piovana (risparmio idrico 850 m3/a); • Riciclaggio di acqua di scarico industriale (risparmio idrico 44.000 m3/a); • Lavaggio di auto con acqua piovana (risparmio idrico 4.400 m3/a); • Impresa di lavorazione della pietra, uso di acqua piovana per la finitura delle pietre (risparmio idrico 3.000 m3/a); • Lavanderia: sostituzione di acqua potabile con acqua freatica e istallazione di un nuovo impianto di lavaggio (riduzione del 50% di acqua – 8 litri/kg, capacità 2.200 kg/a; risparmio idrico 33.000 m3/a). Servizio diretto di installazione Sulla base dell’esperienza della campagna di sensibilizzazione il passo successivo è stato l’offerta di un servizio diretto di istallazione di dispositivi di risparmio idrico (aeratori, docce di flusso lento, tasti di risparmio per gli sciacquoni) da parte dell’ufficio ambiente nelle abitazioni private. L’ufficio ambiente, in collaborazione con una rivista consumatori e un istituto indipendente (LGA della Baviera), ha fatto un test dei vari prodotti in commercio per selezionare i dispositivi più efficaci per il risparmio idrico. 59 Nella tabella seguente sono indicati quelli usati nella campagna. Descrizione Aeratori Criterio Prodotti usati Flusso mass. 6 l/min, Due aeratori: flusso 3 e 6 Rumore< 25 dB (A) l/min Miscelatori per la cucina Flusso mass. 8 l/min, Flusso 7 l/min Rumore<25 dB (A) Miscelatori per le docce Flusso mass. 9 l/min, Due modelli: “comfort” e Rumore<10 dB (A) “standard”; flusso 8 e 4 l/min Doccia a cornetta con 9 – 15 l/min Regolabile flusso regolabile WC-Stop Non funzione impedisce del la serbatoio, garantisce un flusso di 3 litri quando si preme il bottone per 1 secondo L’uso di queste tecniche ha ridotto la domanda quotidiana media a persona da 125 a 90 litri senza cambiamenti di comportamento, perché gli utenti non si sono accorti dei dispositivi di risparmio idrico. Se ci fosse un piccolo cambiamento comportamentale oltre l’acquisto di una lavatrice e una lavastoviglie a risparmio idrico, sarebbe possibile il raggiungimento di un consumo di solo 60 litri al giorno a persona. L’ufficio ambiente offriva il servizio diretto di istallazione in collaborazione con l’artigianato locale. Le abitazioni private pagavano solo per il prodotto, il programma finanziava il servizio di istallazione. Per una abitazione media (2 persone, il prezzo dell’acqua potabile sommato alla tassa di depurazione pari a 4 euro/m3, più i costi di energia per l’acqua calda pari a 2 euro/m3) il periodo di ammortamento per gli impianti di risparmio idrico è tra tre e sei mesi. Più di 15.000 case hanno fatto uso del servizio. Per accertare il successo della campagna (che ora è terminata) è stato fatto un accordo speciale con gli artigiani locali. 60 Il loro compenso dipendeva in parte dal numero di abitazioni nelle quali eseguivano l’istallazione: oltre le 7.500 abitazioni è stato pagato un bonus crescente. Il risultato è stato che un 70% dei compensi pagati erano per le istallazioni, un altro 30% erano dei bonus. Grazie a quest’incentivazione l’interesse degli artigiani di trovare case disponibili a farsi istallare gli impianti per il risparmio idrico era molto alto; hanno così elaborato insieme all’ufficio ambiente una “strategia di escalation”: 1. Sulla base di una valutazione dei dati statistici sono stati selezionati dei distretti con probabilità elevate di trovare persone disponibili ad aderire alla campagna. 2. Come primo passo sono stati affissi dei manifesti per il servizio di istallazione nei distretti individuati. 3. La campagna in seguito è stata allargata con lettere personali agli abitanti dall’ufficio ambiente, con allegata una scheda che descriveva i servizi e i dispositivi. 4. Gli artigiani hanno attivato un call center. Subito dopo la spedizione della lettera per posta, i cittadini sono stati chiamati per fissare degli appuntamenti per una consulenza sul risparmio d’acqua. Più del 90% delle consultazioni hanno avuto come esito un’istallazione. Inoltre c’era la possibilità di chiamare un numero verde per fissare un appuntamento con gli idraulici. Un’altra possibilità per avere delle informazioni era tramite la pagina web www.wassersparaktion.de o ancora attraverso un contatto via e-mail. Conclusione La riduzione della domanda d’acqua a Francoforte ha comportato un leggero aumento del prezzo dell’acqua perché la tariffa è basata in gran parte su costi fissi. Va però tenuto presente che coloro che hanno partecipato alla campagna hanno potuto abbassare la bolletta per l’acqua del 20-30%. Il gestore dei servizi idrici ha risparmiato perché non ha dovuto investire nell’esplorazione di nuove zone di estrazione e la costruzione di nuovi pozzi. Si è verificato che una campagna che mette insieme la sensibilizzazione, il servizio diretto di istallazione e contributi ben definiti può essere molto efficiente in termini di costi. Quest’esperienza può essere applicata anche in altre campagne per il risparmio di risorse. 61 2.4.3 FRANCIA – RICICLAGGIO DI ACQUE FOGNARIE DEPURATE Si riporta l’esempio di Saint-Mathieu-de-Travers, piccolo comune del Dipartimento dell’Hérault situato lungo il fiume Lez su un suolo calcareo con molte faglie, dallo stesso fiume la città di Montpellier preleva la sua acqua potabile e quindi Saint-Mathieu non vi può immettere le sue acque di scarico. Si è quindi studiata e trovata una soluzione per lo smaltimeto delle acque di scarico, senza che l’ambiente ne risultasse danneggiato. Le acque di scarico provenienti dai 6.000 abitanti del comune giungono in un sistema di depurazione computerizzato. Qui ha luogo il primo trattamento: per mezzo di una griglia i solidi grossolani vengono eliminati; dopo la dissabbiatura e la disoleazione l’acqua giunge in una vasca di aerazione dove microrganismi trasformano gli inquinanti in fango; in un’altra vasca, il fango sedimenta prima di essere pompato e raccolto in un silo; l’acqua viene poi conservata in recipienti per l’irrigazione. L’idea innovativa sta nel fatto di utilizzare l’acqua raccolta in una apposita vasca di stoccaggio per l’irrigazione di una pineta di sette ettari. Secondo Michel Arnal, assessore della città, ciò presenta tre vantaggi: 1. i microrganismi decompongono l’inquinamento organico nel terreno; 2. i pini crescono più velocemente grazie all’acqua; 3. la stessa acqua previene gli incendi perché il suolo rimane sempre umido. Tutti questi vantaggi mostrano che la stazione di depurazione di Saint-Mathieude-Trevers è molto efficiente. 62 2.4.4 GRAN BRETAGNA – TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI SCARICO TRAMITE SISTEMA FOGNARIO CENTRALIZZATO (LIVING MACHINE) L’Earth Centre (un progetto per il millennio realizzato per la creazione di un futuro verde e duraturo) si trova in un parco situato su due miniere di carbone in disuso nel South Yorkshire. Uno dei principali impianti nel terreno di 26 ettari è il sistema fognario centralizzato Living Machine (Macchina vivente) per il trattamento delle acque di scarico, che è essenzialmente un procedimento biologico. Un sistema fognario conduce le acque di scarico in un serbatoio di equalizzazione dove vengono raccolte durante le ore di punta . Successivamente le acque passano attraverso una griglia che blocca le sostanze solide grossolane, e poi passano alla prima fase della Living Machine, un serbatoio di fermentazione anaerobico in cui il contenuto di carbonio delle acque di scarico diminuisce sensibilmente. La seconda fase del trattamento avviene in serbatoi chiusi aerobici dove l’ammoniaca viene trasformata in nitrato. Si introduce aria nelle acque di scarico, che vengono condotte attraverso un filtro biologico per eliminare l’eccessivo odore. Le acque di scarico dei serbatoi giungono in una doppia fila di serbatoi di aerazione aperti. Per mezzo di vasche di sedimentazione, la maggior parte delle rimanenti sostanze solide viene eliminata e riportata indietro al serbatoio di fermentazione anaerobico. La fase finale della Living Machine è la disinfestazione a raggi ultravioletti, grazie alla quale tutti i germi batterici vengono eliminati. Le acque di scarico ottenute alla fine rispondono alle norme di scarico e vengono liberate nel fiume Don, le cui acque vengono usate soprattutto per l’irrigazione. 63 2.4.5 APPLICAZIONI IN ITALIA Si riportano sinteticamente e schematicamente di seguito alcuni esempi: Esempi di separazione acque grigie/acque nere Nelle abitazioni la composizione media degli scarichi è data da: 73% acque grigie, 27% acque nere, queste ultime sono composte inoltre da 1,4% di urine e da 0,2% di materiale fecale. Tramite la separazione degli scarichi delle due diverse tipologie di acque, queste possono essere sottoposte ad un diverso trattamento depurativo: fitodepurazione tramite lagunaggio per le acque grigie, trattamento biologico tradizionale per le acque nere. In tabella si riportano le differenti caratteristiche delle acque: Parametri Acque nere Acque grigie COD (Chemical Oxigen 60% 40% Azoto 91% 9% Agenti Patogeni 69% 31% Demand) Al camping “La Cava” di Poppi (AR) si è applicato il principio della separazione delle acque grigie dalle acque nere per il trattamento degli scarichi corrispondenti ad 80 A.E.(punta massima di abitanti equivalenti). Per le acque nere (N) si adotta un percorso tradizionale: subiscono il primo trattamento in una fossa settica Imhoff (I), passano poi in un pozzetto (P1), quindi vengono convogliate in una vasca a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) per la fitodepurazione (per evitare problemi di odori e di igiene), infine vengono scaricate dopo essere passate in un altro pozzetto (P2) per l’ispezione ed il controllo. Per le acque grigie (G) il percorso è simile, con la differenza che inizialmente vengono raccolte in uno sgrossatore (S), poi, dopo essere state trattate tramite il sistema a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) di fitodepurazione, vengono pompate (P) per essere riutilizzate (R) per gli sciacquoni dei WC. 64 Schema dell’impianto di fitodepurazione del camping “la Cava” – Poppi (AR) N P1 I G S P1 scarico H-SFS P2 H-SFS P2 P R Lo stesso principio ha ispirato l’amministrazione comunale di Ruvo di Puglia (BA) per la realizzazione, in un quartiere, di un impianto che è costituito da due linee di trattamento: una per le acque grigie ed una per le acque meteoriche. Le fasi principali sono schematicamente descritte in figura. La linea delle acque grigie (G) è composta da: pozzetto di raccolta (P), sistema flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS) e sistema a flusso superficiale (FWS). La linea delle acque meteoriche provenienti dal piazzale (M P) è composta da: disoleatore e sedimentatore (D-S) e sistema a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS); quella delle acque provenienti da tetti e terrazze (M T-T) confluisce direttamente nel serbatoio d’accumulo. Le tre linee confluiscono in un serbatoio d’accumulo per il riuso in subirrigazione, irrigazione di aree verdi, lavaggio del piazzale, lavatrici e sciacquoni. Tramite il sistema a flusso subsuperficiale orizzontale si elimina anche il problema degli odori. 65 Schema dell’impianto allestito in un quartiere del comune di Ruvo di Puglia (BA) G M T-T MP P H-SFS D-S FWS H-SFS SERBATOI DI ACCUMULO PER IL RIUSO AREE VERDI SUBIRRIGAZIONE PIAZZALE LAVATRICI SCIACQUONI FOGNATURA Esempio di trattamento di acque meteoriche L’impianto è stato realizzato nel 2001 nel comune di Rispescia (GR); è costituito da un pozzetto di raccolta (P1) delle acque provenienti dai tetti e dal piazzale del parcheggio, da questo vengono convogliate in una vasca di fitodepurazione a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS), quindi ad una a flusso superficiale (FWS), infine giungono in un pozzetto di ispezione e controllo (P2). Le acque trattate vengono riutilizzate a scopo irriguo. P1 H-SFS FWS 66 P2 3. AMBITO INDUSTRIALE Nel settore industriale l’acqua viene utlizzata nei seguenti modi: • uso industriale (acqua industriale) 1. acqua di processo (materia prima) 2. agente meccanico (trasporto idraulico, idrodinamica, ..) 3. vettore termico (riscaldamento, refrigerazione) • uso potabile (servizi igienico-sanitari) • uso antincendio (di riserva in impianti antincendio ad acqua) Alcuni esempi di consumi di acqua nell’industria sono di seguito elencati: • acqua industriale (consumi specifici per unità di prodotto, cifre indice) 1. centrale termoelettrica 180-350 l/kWh 2. motori a combustione interna (diesel) 30-40 l/kWh 3. stabilimento siderurgico (acciaio) 130-260 m3/t 4. zuccherificio (zucchero raffinato) 100-150 m3/t 5. cartiera (carta fine) 1400-3000 m3/t 6. lanificio (tessuto) 600-1000 m3/t • acqua potabile (per ogni dipendente) 50 l/g Le industrie che utilizzano grandi quantità di acqua possono portare ad esaurimento le risorse idriche locali, in particolare le acque sotterranee, con il conseguente abbassamento della falda nonché l’infiltrazione di acqua salata negli acquiferi costieri. Le vaste aree destinate a parcheggi, strade e altre infrastrutture possono causare l’inquinamento sia delle acque superficiali che sotterranee e provocare lo spargimento di acque meteoriche. L’acqua è una risorsa preziosa e quindi da gestire con cautela con un programma di tariffe tali da incoraggiarne il risparmio. In caso di carenza, le aree industriali possono raccogliere le acque piovane dai tetti e dalle zone pavimentate e renderle disponibili agli utenti. In fase di progettazione gli edifici possono essere dotati di impianti di raccolta per l’acqua piovana e le acque grigie. L’acqua piovana può essere utilizzata per lo 67 scarico dei servizi igienici e per il lavaggio dei pavimenti, mentre le acque grigie possono essere utilizzate per l’irrigazione dei giardini. Il gestore dell’area industriale può incoraggiare il risparmio idrico mediante adeguate disposizioni. In tal modo è possibile ottimizzare l’uso delle risorse idriche esistenti ed eliminare o ritardare la ricerca di nuove risorse. L’insediamento deve essere dotato di sistema fognario o impianti settici di contenimento per le acque reflue affinché queste ultime possano essere scaricate nel rispetto dei limiti imposti dalla normativa sulle acque. Se le acque di scarico sono esenti da sostanze tossiche, i fanghi possono essere inviati al compostaggio e utilizzati come fertilizzanti. 3.1 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE NELLE NUOVE AREE INDUSTRIALI Le zone umide, i laghi e le altre risorse naturali svolgono importanti funzioni ecologiche che, a loro volta, comportano dei benefici economici. Le zone umide ed i corsi d’acqua rappresentano un naturale sistema di controllo del livello idrico, di drenaggio dell’acqua piovana e di filtrazione, oltre a costituire un habitat naturale per la fauna e la flora selvatiche. Qui di seguito sono riportate alcune prassi da adottare in fase di progettazione: 1. Individuare le zone umide ed i corsi d’acqua da proteggere. La protezione dei corsi d’acqua può essere ottenuta mantenendo zone vegetative lungo di essi. 2. Evitare il riporto di terra nelle zone umide ed evitare la modificazione dei contorni delle piane alluvionali. 3. Limitare il numero di attraversamenti dei corsi d’acqua sia di strade sia di servizi pubblici. Evitare che ingenti volumi d’acqua piovana si riversino direttamente nei fiumi o nei mari, attraverso la creazione di bacini di contenimento artificiali o l’incanalamento dell’acqua nelle zone umide. 4. Proteggere i sistemi idrici naturali nell’ambito del programma di controllo dell’area di deflusso superficiale delle acque piovane. 68 3.1.1 APPROVVIGIONAMENTO IDRICO Il consumo di acqua dell’infrastruttura dell’area e delle aziende ospitate può essere facilmente ridotto grazie ad una buona pianificazione e progettazione. Se un’area industriale gestisce il proprio sistema idrico, la conservazione dell’acqua abbasserà ulteriormente i costi di esercizio e di manutenzione. In molti casi, il costo della conservazione è inferiore a quello di sviluppo di altri progetti nel settore idrico per l’ampliamento della rete di approvvigionamento. Un programma integrato di gestione ambientale deve mirare a conservare e ad usare efficientemente l’acqua, nonché a provvedere al suo riutilizzo. Conservazione e consumo efficiente • Installare con cura e controllare regolarmente la rete idrica per ridurre al minimo le perdite. • Incoraggiare le aziende dell’area ad adottare tecnologie per lo stoccaggio dell’acqua, in modo da diminuire la quantità di acqua utilizzata nell’industria. • Utilizzare piante resistenti che richiedono basse quantità di acqua nella progettazione del paesaggio; spesso è più opportuno usare piante locali, adatte al clima della zona. Riutilizzo In un’area industriale vi sono numerose opportunità che consentono di utilizzare e riutilizzare l’acqua. La gestione dell’intero ciclo idrico di un’area industriale consente di diversificare la tipologia dell’acqua a seconda dell’uso. Lowe, Moran e Holmes (1996) identificano i seguenti standard di qualità dell’acqua: • acqua extra-pura (impiegata nella produzione di chip semiconduttori); • acqua di lavorazione (per la produzione ed il raffreddamento); • acqua potabile (ad uso delle cucine, dei bar e delle fontane); • acqua di risciacquo (per la pulizia dei camion usati per le consegne, dei pavimenti e degli edifici); • acqua per l’irrigazione (di prati e di piante). 69 Qui di seguito sono elencate alcune opzioni per il riutilizzo dell’acqua all’interno dell’area industriale: • Adottare la tecnica “A cascata”. Le acque reflue di un’azienda possono essere riutilizzate per altre operazioni all’interno della stessa azienda o da altre per la pulizia dei pavimenti o il lavaggio dei veicoli. • Spruzzare acqua sui tetti laddove il clima è caldo, per raffreddare gli edifici e ridurre i costi del sistema di condizionamento dell’aria. • Irrigare usando acque reflue, acqua piovana o derivante dallo scioglimento della neve. È tuttavia necessario verificare che queste non presentino sostanze inquinanti pericolose prodotte dalle industrie. • Nelle regioni a clima secco, esaminare la possibilità di raccogliere l’acqua piovana dai tetti o da terreni impervi (dove l’inquinamento atmosferico e la contaminazione batterica non sono così gravi). Al fine di mettere in pratica queste opzioni, i progettisti dovranno considerare la realizzazione di sistemi di condutture diversi per i differenti tipi di acqua. Tecnica a Cascata Gli effluenti industriali trattati vengono reimpiegati per il raffreddamento industriale, la pulizia dei pavimenti e lo scarico dei servizi igienici. L’uso di questa tecnica è in crescita in numerosi settori: cartiere, tessile, chimico, della plastica, della gomma, nelle acciaierie e nei cementifici. Cisterne Se paragonato a molte tecnologie moderne, il sistema delle cisterne è un semplice e vecchio metodo per raccogliere e poi usare l’acqua. L’acqua piovana viene raccolta dal tetto, messa in una cisterna e in seguito fatta defluire o pompata per essere utilizzata dagli edifici o per la manutenzione delle aree verdi della zona. Le coperture del tetto che meglio agevolano la raccolta dell’acqua sono: le tegole in terracotta, lo stucco, i materiali da copertura in metallo verniciato (evitare il metallo ricoperto di zinco) e le assicelle di copertura in legno non trattato o di materiale composito. I tetti piatti fissati con vari tipi di catrame e prodotti contenenti petrolio grezzo sono spesso non indicati per la raccolta dell’acqua. Un 70 tetto normale può trattenere una considerevole quantità di acqua, persino nelle zone a clima arido; 5 centimetri di acqua piovana su di una superficie di 250 metri quadri di tetto danno circa 125.000 litri di acqua di scolo. 3.1.2 TRATTAMENTO DEGLI EFFLUENTI Nel trattamento delle acque reflue possono essere utilizzati metodi innovativi di riciclaggio, i quali ad esempio, oltre a trattare acque reflue in modo che possano essere riutilizzate in altri processi, possono assorbire sottoprodotti dalle altre imprese dell’area oppure fornire fanghi per la fertilizzazione. Un progetto integrato di gestione ambientale deve prevedere la conservazione e il riutilizzo dell’acqua, l’installazione di comuni impianti per il trattamento degli effluenti industriali e di sistemi per il recupero e la gestione dell’acqua piovana. Riutilizzo degli effluenti È possibile utilizzare gli effluenti per l’irrigazione, mentre l’acqua calda proveniente da una centrale elettrica può trovare impiego nell’allevamento ittico o nelle serre. Possono essere necessari studi per verificare la necessità di un pretrattamento per rispettare le linee guida relative alla salvaguardia della salute, della sicurezza e dell’ambiente. E’ buona norma valutare la possibilità di riservare una zona specifica dell’area per quelle industrie che utilizzano grandi quantitativi di acqua (separatamente dalle zone destinate a magazzino, agli uffici o alle industrie caratterizzate dalla lavorazione a secco). Tale operazione agevola il riutilizzo o riciclaggio degli effluenti tra le aziende dell’area. Impianto comune di trattamento degli effluenti Tale servizio è vantaggioso nel caso di trattamento degli effluenti di grandi aree industriali. Un impianto di trattamento viene realizzato per trattare volumi considerevoli di effluenti omogenei, con risparmi in termini di costruzione, esercizio e manutenzione dell’impianto. Il raggruppamento di industrie che producono stesse tipologie di effluenti facilita il trattamento specifico. 71 Un crescente numero di imprese e di aree industriali realizza zone umide artificiali per il trattamento degli effluenti. Le zone umide riescono a rimuovere una notevole quantità di sostanze nutritive, a disintossicare i composti, a neutralizzare gli agenti patogeni e a produrre acqua pulita. Inoltre, tali sistemi presentano costi d’investimento e di esercizio relativamente bassi e risultano esteticamente piacevoli. Occorre tuttavia prestare attenzione alla loro realizzazione, in quanto le zone umide artificiali devono essere adatte al volume e al tipo di effluenti da trattare. Qui di seguito vengono riportate alcune considerazioni utili per una corretta progettazione; è necessario definire: • la natura delle sostanze inquinanti da rimuovere; • il tempo necessario per un trattamento completo; • l’area occorrente per il trattamento; • l’habitat adeguato per il tipo di vegetazione desiderata; • le condizioni necessarie per assicurare la sopravvivenza della vita acquatica; • l’impatto estetico; • la manutenzione ed il monitoraggio. Le zone umide possono anche essere progettate per il trattamento dei liquami, delle acque di scolo e di altri rifiuti liquidi prodotti. Alle singole aziende può comunque venir richiesta l’adozione di tecnologie di pretrattamento allo scopo di preservare l’integrità dell’intero sistema. Realizzazione di un sistema di gestione dell’acqua piovana La raccolta e gestione dell’acqua piovana rappresenta un importante vantaggio ambientale in un’area industriale. L’acqua piovana delle superfici pavimentate può essere contaminata dagli effluenti industriali, ed è quindi consigliabile un trattamento prima di riutilizzarla o scaricarla al di fuori dell’area. 72 In sostituzione della costruzione di impianti artificiali per il drenaggio dell’acqua piovana, esistono delle valide ed economiche alternative tra cui: • la salvaguardia delle zone umide e dei canali fluviali; • l’utilizzo di laghetti artificiali o naturali per la conservazione dell’acqua; le zone umide naturali e i bacini artificiali sono importanti per l’assorbimento di grandi quantità di acqua in caso di precipitazioni. Sia le sostanze detergenti che quelle oleose presenti nelle acque di scolo devono essere trattenute e filtrate. L’acqua delle vasche di ritenzione può essere riutilizzata nei sistemi di riscaldamento e raffreddamento degli edifici vicini. L’esubero di tali vasche filtra attraverso il sottosuolo e ricarica gli acquiferi della zona. 73 3.2 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE NELLE AREE INDUSTRIALI ESISTENTI Le aree industriali già costituite possono mettere in atto molti principi e strategie di gestione ambientale, in particolar modo di gestione sostenibile delle risorse idriche, arrivando così ad ottenere vantaggi sia economici che ambientali. Può essere necessario intraprendere una fase di consultazione per elaborare le linee guida da mettere in pratica. Vengono identificate quattro fasi per l’implementazione del SGA (Sistema di Gestione Ambientale) ed in particolare: • la valutazione dello stato e delle criticità ambientali dell’area; • la definizione degli obiettivi di gestione ambientale; • la pianificazione dei sistemi e dei progetti di gestione ambientale; • l’attuazione dei progetti di gestione ambientale. 3.2.1 VALUTAZIONE DELLO STATO AMBIENTALE DELL’AREA Gli amministratori devono innanzitutto effettuare una valutazione dello stato e delle criticità ambientali presenti nell’area. Sulla base dei risultati ottenuti, possono quindi procedere a definire le priorità di intervento. La fase di valutazione deve essere avviata mediante incontri con le aziende localizzate nell’area, le agenzie per la protezione ambientale, le comunità locali e tutti gli altri gruppi di interesse. Allo stesso tempo è necessario definire e valutare le condizioni ambientali sia del sito che delle aree ad esso circostanti. Al fine di ottenere e raccogliere tutte le informazioni necessarie occorre effettuare un’analisi e un’audit (verifica) ambientale sulle singole aziende e sull’area. Tali operazioni possono essere coordinate dal personale dell’area o da chi gestisce la fase di pianificazione della gestione ambientale in collaborazione con ricercatori universitari, consulenti o dipendenti delle industrie ospitate nell’area. 74 Servizi di audit ambientale I servizi di audit (verifica) vengono richiesti per valutare la conformità delle aziende rispetto alla legge. Gli audit relativi a energia, salute, sicurezza e ambiente (con particolare riguardo per l’acqua) hanno dimostrato in passato l’esistenza di numerose opportunità per migliorare l’efficienza complessiva dell’azienda, ridurre i rifiuti e proteggere l’ambiente. Un servizio di audit fornito dall’insediamento industriale costituisce sia un mezzo di supporto alle aziende che uno strumento per migliorare l’ambiente. È inoltre possibile formalizzare un accordo contrattuale tra la società e il revisore il cui compenso è stabilito in percentuale al risparmio ottenuto dalla maggiore efficienza del processo. A livello di singola azienda, l’attività di ricerca e di auditing deve determinare: • i prodotti/servizi dell’azienda; • le tecnologie di produzione utilizzate; • la quantità di materiale, acqua ed energia in entrata; • la quantità di acqua, rifiuti ed energia in uscita; • il grado di attuazione della gestione ambientale. A livello di area industriale, occorre invece valutare: • la qualità dell’acqua all’interno e nelle vicinanze dell’area; • l’adeguatezza degli esistenti servizi ambientali; • l’integrità delle caratteristiche naturali del sito; • l’estensione delle aree inquinate; • la condizione attuale dei servizi dell’infrastruttura, in particolare della fornitura di acqua. 75 3.2.2 DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DI GESTIONE AMBIENTALE La costituzione di un gruppo di lavoro, con la partecipazione di amministratori dell’area, manager e dipendenti aziendali, autorità pubbliche locali, rappresentanti della comunità locale e consulenti ambientali, può contribuire ad identificare le esigenze in termini di gestione ambientale dell’area industriale. Il gruppo può inoltre essere allargato ad altri enti, come le università. In primo luogo, il gruppo di lavoro deve occuparsi di individuare e valutare le criticità ambientali e, solo in seguito, formulare un piano di miglioramento ambientale dell’area, definendo gli obiettivi di gestione ambientale per l’area nel suo insieme. Al fine di assicurare il consenso, sia da parte delle industrie che degli investitori, è necessario il coinvolgimento di tutte le parti interessate: incontri e contatti contribuiscono infatti a consolidare gli impegni presi e ad incoraggiare la partecipazione delle aziende. 3.2.3 ATTUAZIONE DI SISTEMI E PROGETTI DI GESTIONE SOSTENIBILE DELLE RISORSE IDRICHE Iniziative promosse dall’area Le aree industriali hanno spesso bisogno di migliorare la qualità delle infrastrutture e dei servizi forniti. In particolare, considerando le risorse idriche, queste possono: • raccogliere l’acqua piovana e utilizzarla per l’irrigazione; • migliorare l’efficienza nell’uso di acqua (oltre che di energia) degli edifici attraverso l’ammodernamento delle strutture; • determinare delle procedure da seguire in caso di emergenze. Si possono inoltre creare nuovi servizi ambientali capaci di generare profitti per l’area e utili come strumenti di marketing nell’attrarre nuove industrie. 76 Tali servizi possono includere: • la costruzione di un unico impianto per il trattamento degli effluenti industriali; • la definizione di un’attività di monitoraggio e di auditing ambientale; • l’attuazione di un servizio di analisi; • l’organizzazione di programmi di formazione sulla gestione ambientale, con particolare riguardo alla gestione sostenibile delle risorse idriche. E’ auspicabile il ripristino, dove possibile, delle caratteristiche naturali del sito prevedendo per esempio: • la ricostruzione delle zone umide; • la semina di piante ed arbusti; • la conservazione delle aree naturali esistenti; • la creazione di habitat particolari per uccelli ed altri animali. Tali progetti possono salvaguardare la qualità dell’acqua, accrescere la biodiversità e migliorare l’aspetto estetico dell’area. Iniziative delle singole aziende Le aziende possono effettuare un ammodernamento degli impianti per un maggiore risparmio idrico mediante il riutilizzo dell’acqua di riscaldamento o di processo. 77 3.3 RICICLO DELLE ACQUE DI SCARICO 3.3.1 Impianti a Ciclo Chiuso Confrontando lo schema dell’impianto a ciclo aperto con quello a ciclo chiuso, si nota subito che in quest’ultimo è presente una rete di ricircolo e di reintegro delle acque di scarico che consente un notevole risparmio idrico. Infatti nell’impianto a ciclo chiuso parte delle acque accumulatesi nel bacino delle acque reflue vengono reintegrate previo trattamento, quindi reimmesse nel serbatoio d’accumulo per essere riutilizzate nel processo produttivo. Ciclo Aperto 5 2 3 1 2 U 4 6 7 Ciclo Chiuso: rete di reintegro e di ricircolo 2 9 3 1 5 2 2 U 6 4 8 7 1. fonte di approvvigionamento 6. utenze 2. stazione di pompaggio 7. scarico (perdite) 3. trattamenti 8. bacino acque reflue 4. serbatoio di accumulo 9. trattamento acque reflue 5. serbatoio piezometrico 78 3.3.2 Impianto ad Osmosi Inversa Molte acque di lavaggio provenienti dalle lavorazioni industriali possono essere riciclate. Già in passato, era possibile riciclare alcuni scarichi con l’impiego di resine a scambio ionico che tuttavia causavano inconvenienti, quali l’incremento salino allo scarico, accumuli organici nell’anello di acqua di riciclo, oltre ad avere un elevato costo di esercizio. Oggi si sta affermando la tecnologia della filtrazione a membrana, nella quale rientra anche l’osmosi inversa. Filtrazione su membrana La filtrazione su membrana si applica a sospensioni con una percentuale molto bassa di solidi sospesi, aventi dimensioni molto piccole. Il refluo si muove tangenzialmente rispetto alla membrana. Il mezzo filtrante è costituito da membrane microporose che consentono di separare selettivamente sostanze sospese, batteri, macromolecole, virus, sali e ioni. Sono pellicole di spessore molto piccolo (0.2-0.4 millimetri) che ad occhio nudo appaiono perfettamente continue e levigate ma che a livello microscopico posseggono una struttura spugnosa, come è possibile evidenziare per mezzo di forti ingrandimenti. Le tecniche di preparazione delle membrane hanno fatto notevoli progressi e consentono di ottenere una porosità controllata, con dimensioni superficiali dei pori molto uniformi. Con un simile mezzo filtrante la ritenzione delle particelle sospese nel fluido è essenzialmente dovuta all’effetto di setacciamento che si verifica in corrispondenza delle aperture superficiali delle porosità; la possibilità di trattenere i solidi all’interno della membrana, nell’insieme delle porosità, è trascurabile. L’aumento della resistenza che, con il progredire della filtrazione, si oppone al passaggio del liquido è principalmente dovuto all’occlusione superficiale dei pori. Una recente tendenza consiste nel fabbricare membrane anisotropiche in cui la porosità è più fine dal lato di entrata che da quello di uscita della membrana stessa; in altri termini è come se la sezione dei pori aumentasse attraversando lo spessore della membrana nel senso della filtrazione. Con questo accorgimento si riduce il pericolo di intasamento del mezzo filtrante: una particella che entra in un 79 poro alla superficie non corre più il rischio di rimanere intrappolata all’interno della membrana. La classificazione è fatta in base alle dimensioni, in ordine decrescente, delle sostanze che si possono separare: microfiltrazione, ultrafiltrazione, nanofiltrazione ed osmosi inversa. L’osmosi è un fenomeno naturale: il processo consiste nel passaggio di acqua attraverso una membrana semipermeabile da una soluzione salina diluita ad un’altra con maggiore concentrazione, per creare un equilibrio. La pressione che spinge l’acqua attraverso la membrana è definita pressione osmotica. L’osmosi inversa consiste nell’applicare al comparto della soluzione a maggiore concentrazione salina una pressione superiore a quella osmotica, invertendo il fenomeno: le molecole di acqua passano attraverso la membrana, mentre le molecole dei sali, le molecole organiche e la quasi totalità di cariche microbiche vengono respinte. Si ottiene così una soluzione concentrata da una parte ed acqua pura dall’altra. A seguire è proposto lo schema di un impianto (ideato dalla Tecn.A.– Antipollution Technologies) che utilizza la tecnologia dell’osmosi nversa. Il primo stadio di trattamento consiste nella eliminazione dei metalli pesanti dagli scarichi da trattare, in modo che le acque possano successivamente essere inviate alla sezione di osmosi inversa, senza creare problemi di precipitazioni e rendendo la frazione di acqua scartata compatibile con i limiti di scaricabilità. Il secondo stadio consiste nella deionizzazione con membrane di osmosi inversa della frazione precedentemente demetallizzata e dell’acqua primaria necessaria per reintegrare i volumi scaricati. In questo modo l’impianto assolve contemporaneamente a due funzioni: • Depurare parte delle acque di scarico. • Rendere disponibile un’acqua industriale di processo di altissima qualità per tutte le utenze produttive. 80 Schema logico dell’impianto PRODUZIONE DEMETALLIZZAZIONE OSMOSI INVERSA IMPIANTO DI DEPURAZIONE SCARICO FINALE ACQUA IN INGRESSO Sezione di Osmosi Inversa (30 m3/h) 81 3.4 METODI NON CONVENZIONALI DI DEPURAZIONE APPLICATI AL SETTORE INDUSTRIALE 3.4.1 Sistemi basati sulle capacità depurative delle piante Sono metodi che sfruttano principalmente la capacità depurativa delle piante. Le principali applicazioni in ambito industriale sono la Marcita e la Fitodepurazione. 3.4.1.1 Marcita Consiste in terreni coltivati a foraggi divisi in appezzamenti, i quali vengono convenientemente inclinati ad ali spioventi disposte a coppie, sul vertice di ciascuna delle quali è scavata una roggia irrigatrice dalla quale l’acqua deborda riversandosi sui due lati, per poi raccogliersi in altre rogge costituite dalla convergenza delle ali di altre coppie. Mediante un sistema detto a ripiglio, l’acqua irriga vari appezzamenti in successione al fine di ottenere una migliore depurazione, a conclusione della quale l’acqua può riversarsi senza inconvenienti in qualsiasi corso d’acqua. Questa tecnica trova prevalente applicazione nel trattamento dei liquami provenienti da industrie lattiero casearie le cui lavorazioni producono un refluo con alta presenza proteica. In questi casi il refluo viene distribuito sui campi per la produzione di foraggio. Data la temperatura piuttosto elevata dei liquami e l’emissione di calore conseguente alle fermentazioni organiche, l’irrigazione è resa possibile anche durante il periodo invernale e consente la produzione di numerosi tagli di foraggio. Quindi oltre ad abbattere i costi depurativi, la tecnica consente di sfruttare la concimazione delle colture foraggiere destinate al bestiame senza alcun onere. 3.4.1.2 Fitodepurazione in ambito industriale Le tecniche principalmente utilizzate fanno parte delle zone umide a flusso superficiale, le quali consistono in bacini o canali dotati di un opportuno medium per la crescita della vegetazione, con l’acqua che scorre praticamente in superficie. Possono ospitare vegetazione galleggiante o sommersa od essere piantumate a canneto. 82 Solitamente si utilizzano le zone umide naturali soprattutto per la fase di finissaggio, quando il refluo è già sufficientemente depurato, per l’abbattimento dell’azoto. Si elencano di seguito le tecniche principali: Sistemi di lagunaggio per reflui di industrie alimentari: si basano sull’interazione tra microrganismi e piante, che svolgono un’azione depurativa sull’acqua, demolendone ed assorbendone le sostanze inquinanti; consistono essenzialmente in un sistema di bacini di accumulo di profondità variabile da 0,2 a 5 m. Flow-form: consistono essenzialmente in canali di scorrimento dell’acqua conformati in modo da conferirle un movimento ad “otto” che favorisce l’ossigenazione, quindi i processi di depurazione biologica; Sistemi misti: consistono nella combinazione di una o più tecniche specifiche, la più diffusa delle quali è l’associazione tra vassoio, con funzione principale di trattamento del refluo, e la tecnica del lagunaggio, sfruttata come finissaggio per il liquido in uscita dal vassoio. Vassoi associati ai lagunaggi: l’associazione di queste tecniche ha lo scopo di migliorare il processo depurativo contribuendo nel contempo al restauro e alla valorizzazione del territorio con la creazione di aree umide. Il vassoio d’infiltrazione è un sistema flusso subsuperficialeverticale, consiste in un vassoio assorbente, alloggiato in uno scavo di 1 m. di profondità e piantumato a canneto, costituito da un letto di sabbia, una guaina impermeabile interposta tra due strati di tessuto non tessuto, uno strato di materiale di riempimento a granulometria fine ed uno di ghiaie; il refluo viene distribuito tramite un tubo a pioggia posto a 30 cm. di profondità. Il successivo lagunaggio consiste in una serie di bacini di accumulo di profondità compresa tra 0,2 e 5 m., collegati tramite percorsi d’acqua con profilo sinuoso per favorire l’ossigenazione. La superficie piuttosto estesa che è richiesta per questa tecnica mista potrebbe essere reperita sfruttando, nelle città, i “buchi urbani” o le aree dismesse, ed in ambito territoriale, le zone degradate e le ex cave, i canali agricoli e tutte le aree che, una volta subito un processo di artificializzazione, sono state abbandonate senza che fossero ripristinate le condizioni originarie. 83 3.4.2 APPLICAZIONE DELLA FITODEPURAZIONE AL TRATTAMENTO DI REFLUI AGROALIMENTARI I reflui prodotti dalle attività di trasformazione agro-alimentari si caratterizzano, in genere, per gli alti carichi organici. Sebbene vi sia una enorme variabilità nelle caratteristiche dei reflui a seconda delle produzioni e del processo produttivo, sono state valutate le potenzialità del sistema di fitodepurazione con due tipologie di refluo: il primo proveniente dal settore lattiero-caseario e quindi con un carico organico costituito prevalentemente da grassi ed in misura minore da proteine (siero magro); il secondo proveniente da un’industria agro-alimentare, nello specifico da uno stabilimento per la lavorazione e liofilizzazione delle uova, e pertanto con un carico organico prevalentemente proteico. Le esperienze riportate in seguito sono state effettuate su un sistema a flusso subsuperficiale verticale e sono state volte principalmente alla rimozione della sostanza organica in termini di COD (Chemical Oxigen Demand), in quanto nei casi esaminati, l’azoto non rappresenta in generale un problema per la depurazione. a) Settore lattiero – caseario Rimozione della sostanza organica - COD Come precedentemente accennato, questa tipologia di refluo è caratterizzata da un alto contenuto di materia organica, costituita prevalentemente da sostanze grasse ed in misura minore da proteine. Infatti, il refluo è caratterizzato da un’elevata concentrazione di COD (circa 60.000 mgO2/l) e da un rapporto N-totale/COD pari a circa 0,003( N-totale pari a 180 mg/l). L’impianto a scala di laboratorio, in questo specifico caso, è stato composto da cinque fasi di trattamento poste in serie, successivamente portate a quattro in quanto l’apporto della quinta fase, in termini di rimozione del carico inquinante, è stato ritenuto non significativo. Questo dato è osservabile nella seguente tabella, dove vengono esposti i valori in concentrazione di COD (mgO2/l) in ingresso all’impianto ed in uscita dalle singole fasi di trattamento, nonché le rimozioni complessive del COD, ottenuti nel corso del trattamento di depurazione. 84 Valori e percentuali di rimozione del COD: Fasi di trattamento Valori medi del COD Rimozione complessiva (mgO2/l) del COD (in % sull’ingresso) Ingresso 60.021 - Fase 1 52.893 12% Fase 2 48.628 19% Fase 3 31.652 47% Fase 4 6.347 89,3% Fase 5 5.000 92% Il refluo in oggetto presenta un rapporto N-totale/COD molto ridotto, pertanto le sostanze azotate non rappresentano un problema in termini di depurazione. Rimozione del fosforo Le rimozioni del fosforo totale conseguite nelle prove svolte sono state pari al 95%. Valori e percentuali di rimozione del fosforo totale: Fasi di trattamento Valori di Fosforo totale Rimozione del Fosforo (mg/l) totale (in % sull’ingresso) Ingresso 232 - Fase 1 224 3% Fase 2 59 75% Fase 3 58 75% Fase 4 11 95% 85 b) Settore agro-alimentare Sono state svolte prove di fitodepurazione a scala di laboratorio su di un refluo, proveniente da uno stabilimento di lavorazione e produzione di uova liofilizzate (polvere di uova), di natura prevalentemente proteica. L’impianto è stato composto da quattro fasi di trattamento poste in serie. Rimozione della sostanza organica - COD Nella tabella riportata in seguito vengono esposti i risultati medi ottenuti nel corso delle prove in oggetto. Valori e percentuali di rimozione del COD: Fasi di trattamento Valori del COD Rimozione complessiva (mgO2/l) del COD in % sull’ingresso Ingresso 5.562,7 - Fase 1 3.014,3 45% Fase 2 2.340,7 57% Fase 3 618,3 88% Fase 4 118,7 98% La rimozione complessiva del COD è stata mediamente del 98%. 86 Rimozione delle sostanze azotate Nella seguente tabella vengono riportati i valori medi di rimozione delle diverse forme azotate, rispettivamente nelle singole fasi di trattamento. Concentrazioni delle forme azotate: Fasi di Azoto N-NH4 N-NO2 N-NO3 Azoto trattamento totale (mg/l) (mg/l) (mg/l) organico (mg/l) (stima) (mg/l) Ingresso 186,00 0,99 1,37 1,88 181,75 Fase1 152,77 2,66 0,18 0,50 149,43 Fase 2 140,83 7,67 0,28 0,40 132,49 Fase 3 52,43 9,31 0,15 0,22 42,76 Fase 4 8,91 3,75 0,15 0,73 5,11 Rimozione 95,2% - - 97,1% totale sull’ingresso Rimozione del fosforo Nella tabella in seguito riportata, vengono esposte le concentrazioni di fosforo totale ottenute in uscita da ogni singola fase di trattamento. Valori e percentuali di rimozione del fosforo totale: Fasi di trattamento Fosforo totale (mg/l) Rimozione del fosforo totale (in % sull’ingresso) Ingresso 26,20 - Fase 1 8,45 67,7 Fase 2 5,44 79,2 Fase 3 1,01 96,1 Fase 4 0,43 98,3 Come si evince dai dati esposti, anche nel caso di questa tipologia di refluo si riscontrano rimozioni di fosforo molto elevate, nello specifico pari a 98,3%. 87 Conclusioni In base ai risultati ottenuti è possibile affermare che, mediante la fitodepurazione a flusso subsuperficiale verticale, è possibile raggiungere alti rendimenti di rimozione degli inquinanti, in particolare della sostanza organica, delle forme azotate e del fosforo, presenti nelle due tipologie di reflui agro-alimentari oggetto delle prove descritte. Inoltre, il trattamento si è dimostrato efficace nell’abbattimento della sostanza organica a prevalente componente lipidica (refluo di origine lattiero-casearia) o proteica (refluo di liofilizzazione di uova). In sintesi, le efficienze riscontrate sono quelle indicate in tabella. Rimozione complessiva degli inquinanti: Parametro Tipologia di refluo Lattiero – caseario Liofilizzazione uova COD 90% 98% Azoto totale 91% 95% Fosforo totale 95% 98% Sebbene le metodologie utilizzate nel trattamento dei reflui siano state sostanzialmente simili, si sono evidenziati comportamenti diversi nel trattamento del singolo refluo; ciò è in funzione del grado di biodegradabilità del refluo, del carico organico applicato, nonché della presenza di sostanze che possono interferire “fisicamente” con i processi di depurazione, come ad esempio i grassi. 88 3.4.3 APPLICAZIONE DELLA FITODEPURAZIONE PER IL RICICLO DELLE ACQUE REFLUE NELL’INDUSTRIA TESSILE L’attività dell’industria tessile è caratterizzata da un insieme di processi, che vanno dalla preparazione delle fibre naturali o artificiali, ai trattamenti preliminari, alla tintura, alla stampa, al finissaggio, fino alla produzione del manufatto finito. L’acqua utilizzata in questi processi deve essere necessariamente sottoposta a pretrattamenti al fine di raggiungere gli standard qualitativi richiesti. D’altra parte, la grande richiesta della risorsa acqua, assieme alla disponibilità di tecnologie innovative, hanno indotto negli ultimi anni a studiare trattamenti finalizzati a rendere possibile il riutilizzo dell’acqua, per quanto più possibile, nei cicli produttivi. In questa direzione, ed in seguito a sperimentazioni con sistemi ad osmosi inversa per il trattamento di reflui tessili, è emersa la sensibilità delle membrane ai fenomeni di “fouling” (intasamento). Inoltre, essendo i permeati ottenuti da questa prima fase di lavoro comunque caratterizzati da una colorazione più o meno intensa, indice di una rimozione del COD insufficiente per l’applicazione diretta ad esempio in tintura, è necessario ricorrere a pretrattamenti che ne diminuiscano la colorazione, in modo tale da riuscire ad ottenere dall’impianto a membrana un permeato incolore e nello stesso tempo diminuire il rischio di accumulo eccessivo di sostanze inquinanti sulla superficie delle membrane. Diventa così necessario un ulteriore affinamento del refluo a monte del sistema ad osmosi inversa, con l’obiettivo di ridurre al minimo la presenza di sostanza organica (COD) nel refluo. Per ottimizzare il funzionamento e le rese dell’impianto ad osmosi inversa e contestualmente ridurre i costi di trattamento delle acque in ingresso, si è analizzata la possibilità di introdurre un trattamento di affinamento depurativo, mediante fitodepurazione a flusso subsuperficiale verticale, del refluo in uscita da un impianto a fanghi attivi convenzionale e a monte dell’impianto di osmosi. L’impianto pilota costituito da quattro fasi di trattamento poste in serie, è stato installato presso uno stabilimento tessile per verificare il funzionamento del sistema. In seguito vengono presentati i risultati ottenuti, rivolgendo particolare attenzione ai parametri COD, tensioattivi non ionici (BiAS) e azoto. 89 Rimozione del COD I carichi in entrata si presentano con andamento fluttuante; man mano che si procede nel processo di depurazione, invece, i valori diventano più costanti. Infatti all’uscita dall’impianto della fase 4, il COD si mantiene uniforme ed intorno a valori medi di 30 mg/l. Quanto evidenziato ha permesso di verificare la potenzialità del sistema di fitodepurazione in merito al suo effetto di equalizzazione delle fluttuazioni di carico in ingresso, tale da permettere di assicurare una certa uniformità del refluo in uscita dal sistema. Per quanto riguarda la rimozione del COD, possiamo affermare che nel sistema di trattamento mediante fitodepurazione è possibile abbattere un’elevata percentuale del COD (73%) presente nell’effluente dell’impianto di depurazione a fanghi attivi, permettendo così un funzionamento più efficiente del sistema ad osmosi inversa. Rimozione dei tensioattivi Il trattamento permette il raggiungimento del parametro “Tensioattivi” (sostanze capaci di abbassare fortemente la tensione superficiale dei sistemi liquido-vapore, liquido-liquido e liquido-solido, usati come agenti emulsionanti, flottanti e detergenti) entro il limite previsto dal Decreto Legislativo 152/99 per lo scarico in corpo idrico superficiale (2 mg/l). La rimozione media complessiva dei BiAS ottenuta dopo le 4 fasi di trattamento di fitodepurazione è stata pari al 70%. Rimozione dell’azoto Si osserva come, nel refluo in ingresso all’impianto pilota di fitodepurazione, l’azoto totale sia costituito in gran parte da azoto ammoniacale ed in misura minore da azoto organico (stimato come differenza tra l’azoto totale e le specie azotate inorganiche). Si nota come avvenga la quasi completa ossidazione dell’azoto ammoniacale (NNH4), che viene trasformato in nitrato (N-NO3), man mano che il refluo passa attraverso le successive fasi di trattamento, grazie all’ossigeno disciolto assicurato dall’intermittenza nell’alimentazione del refluo. 90 All’uscita dell’ultima fase di trattamento, il nitrato costituisce praticamente tutto l’azoto totale presente. L’abbattimento percentuale dell’azoto totale è stato pari al 62%. Conclusioni In seguito viene esposto un riassunto dei risultati relativi alla rimozione di COD, BiAS e sostanze azotate ottenuti nel corso della sperimentazione in fase pilota, nonché le percentuali di rimozione complessive ottenute per ogni singolo parametro. Concentrazioni e percentuali di rimozione degli inquinanti presenti nelle diverse fasi: Ingresso Fase 1 Fase 2 Fase 3 Fase 4 % di rimozione complessiva COD 116,03 82,63 72,22 53,07 31,67 73% 16,15 11,45 11,53 7,14 6,15 62% 8,6 4,7 3,0 0,99 0,48 94% 0,0 1,5 4,5 5,2 5,32 - 0,1 0,8 3,0 2,7 0,46 - 4,02 2,69 2,11 1,55 1,22 70% (mgO2/l) N-totale (mg/l) N-NH4 (mg/l) N-NO3 (mg/l) N-NO2 (mg/l) BiAS (mg/l) 91 3.5 ECOSISTEMI INDUSTRIALI: IL MODELLO DI “SIMBIOSI” TRA INDUSTRIE DI DIVERSI SETTORI L’ecologia industriale, secondo la definizione di Tibbs (1992), riguarda la “progettazione di infrastrutture industriali come serie di ecosistemi interdipendenti che si interfacciano con l’ecosistema naturale globale”. L’ecologia industriale supera tale definizione in quanto intende modellare il sistema industriale sugli ecosistemi naturali che si dimostrano efficienti per le risorse. Lo scambio di sottoprodotti tra società permette la creazione di ecosistemi industriali o modelli di simbiosi industriale. I rifiuti o i residui generati in operazioni industriali possono essere utilizzati come materie prime per altre attività industriali. Nel seguito sono esposti sinteticamente due esempi di simbiosi industriale attuati in Danimarca e nei Paesi Bassi. Le aree industriali sono luoghi eccellenti per applicare tale principio poiché ospitano industrie diverse. Molti paesi sono attualmente impegnati nella creazione di questo modello di aree ecoindustriali. Per esempio, molte società medio-piccole presenti nelle aree industriali che non sono in grado di dedicare risorse economiche e umane al miglioramento dei propri sistemi di gestione ambientale, trarrebbero un grande vantaggio (in termini economici e ambientali) dalla fornitura di servizi ambientali comuni. Le aree industriali che promuovono tali raggruppamenti possono ridurre la quantità di rifiuti prodotta e la relativa domanda di impianti di trattamento. L’ecologia industriale incoraggia una forma di sviluppo economicamente e ambientalmente sostenibile. Gli ecosistemi industriali possono sorgere a livello di area industriale e a livello regionale. Nel secondo caso, il collegamento in una rete di aree industriali può migliorare il “metabolismo” dei materiali della regione. Una rete di aree industriali che funzionino come ecosistemi è considerata il massimo livello di trasformazione dello sviluppo industriale. 92 3.5.1 DANIMARCA – APPLICAZIONE DI UN MODELLO DI SIMBIOSI INDUSTRIALE Il distretto di Kalundborg in Danimarca è uno tra gli esempi più famosi di simbiosi industriale che ha avuto una graduale evoluzione. Di seguito ne vediamo una raffigurazione schematica. Per 15 anni, le industrie si sono scambiate sottoprodotti quali surplus di energia, calore estratto dai rifiuti e altri materiali. Ad esempio, il calore viene recuperato (sotto forma di acqua di raffreddamento) dalla Centrale Elettrica Asnaes ed è fornito (teleriscaldamento) alle abitazioni e agli edifici del comune di Kalundborg. La figura precedente illustra i numerosi scambi di sottoprodotti nell’area. Questo modello di riutilizzo e riciclo tra società ha consentito di ridurre l’inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo nonché i livelli di consumo delle risorse (materie prime ed energia). Grazie ad un investimento di 60 milioni di dollari nelle infrastrutture a servizio di trasporti, di materiali e di energia, le società partecipanti hanno realizzato 120 milioni di dollari di entrate tramite lo scambio di sottoprodotti e un’addizionale risparmio dei costi derivante da una migliore efficienza aziendale. 93 3.5.2 PAESI BASSI - RICICLAGGIO DELLE ACQUE DEI PROCESSI DI PRODUZIONE Un gruppo di aziende diverse nel Limburgo meridionale ricerca un metodo intelligente per utilizzare l’una le acque di scarico delle altre. E’ il primo tentativo, nei Paesi Bassi, messo in atto al fine di utilizzare le acque di scarico di un’azienda come acque per il processo di produzione o acque di raffreddamento per un’altra azienda, poiché ciò che è scarto per l’una, va bene per l’altra. In pratica si cerca di attuare un modello di simbiosi industriale. Vi partecipano il Policlinico, la società chimica Ciba-Geigy, un cementificio, due fabbriche di carta concorrenti, due fabbriche di materiale edilizio concorrenti e una vetreria. L’uso comune di acque sotterranee (sei milioni di metri cubi di acqua) dall’arido suolo limburghese diminuirà dal 50 al 75%. Il flusso di acqua che viene scaricata da una azienda talvolta può essere utilizzata in un’altra direttamente. Altre volte, l’acqua viene prelevata dalla rete di acque di scarico, in cui ogni azienda scarica la sua, dopo un semplice procedimento di depurazione. Un grande vantaggio è che le aziende non sono lontane fra di loro e l’infrastruttura non ha dunque bisogno di chilometri di tubature. Un importante motivo per la collaborazione tra le aziende è l’aumento drastico dei costi di sfruttamento delle acque sotterranee. Nel 1997, le aziende del Limburgo spendevano ogni anno per l’acqua circa otto milioni di fiorini (4 milioni di euro, 8 miliardi di lire). Se non si corresse ai ripari, nel 2005 gli stessi costi ammonteranno a più di cinque volte tanto. I costi totali del progetto ammontano a undici milioni di fiorini (circa 5 milioni di euro, quasi 1 miliardo di lire), rendendo il bilancio finanziario positivo. Inoltre, il risparmio idrico comporterà anche un risparmio energetico e la posizione concorrenziale a livello internazionale delle aziende partecipanti potrebbe migliorare grazie a questo progetto ecologico. 94 3.6 ESEMPI DI APPLICAZIONE DI PRINCIPI E TECNOLOGIE PER IL RISPARMIO IDRICO NEL SETTORE INDUSTRIALE 3.6.1 PAESI BASSI - TECNOLOGIA A CIRCUITO CHIUSO IN UN MOBILIFICIO La fabbrica dimobili per ufficio Gispen International, presso la sua sede di Culemborg, ha realizzato una produzione quasi priva di emissioni dannose, tramite l’adozione di un sistema di depurazione dell’acqua costituito da filtri a membrana tubolari. I componenti in metallo vengono verniciati a spruzzo in più di 27 colori, prima di essere montati sui mobili. La verniciatura a spruzzo avviene con vernici ad acqua, per una media di 1500 kg alla settimana. Quasi un terzo della vernice resta in realtà sul velo nella cabina di verniciatura, dove poi, per evitare ulteriore inquinamento, viene raccolta in filtri e mescolata con acqua demineralizzata. Alcuni anni fa l’azienda ha acquistato un impianto di ultrafiltrazione per recuperare la vernice dall’acqua. In questo modo, non solo la Gispen riesce a chiudere quasi completamente il circuito dell’acqua del processo di produzione (solo le perdite per evaporazione devono essere ancora compensate) ma anche i rifiuti di prodotto verniciante vengono quasi completamente riciclati e riutilizzati. L’acqua di scarico della cabina di verniciatura, contenente vernice, viene pompata (P) in un serbatoio, quindi passa ai filtri a membrana dove avviene la separazione. Le vernici separate dall’acqua pulita tramite i filtri a membrana, circa 500 kg alla settimana, per un quinto possono essere direttamente utilizzate per la verniciatura di elementi non visibili dei mobili, come componenti in metallo di cassettiere e pannelli che successivamente vengono tappezzati, per i quali la verniciatura a spruzzo è a scopo di prevenzione della corrosione. Il resto dei rifiuti destinato al trattamento va alla fabbrica di vernici, dove viene rielaborato e torna come prodotto verniciante nelle sfumature di grigio molto richieste. La vernice riutilizzabile è addirittura di qualità migliore del prodotto originario: il pompaggio continuo del sistema di depurazione in effetti causa una struttura più 95 densa. Solo l’utilizzo di vernici metallizzate comporta ancora problemi, in quanto esse contengono troppe particelle di alluminio e pertanto devono essere eliminate come rifiuti non riciclabili. Il risparmio per l’azienda nell’uso della vernice ammonta a 100.000 fiorini l’anno (circa 45.000 euro, 88 milioni di lire ) e la quantità annuale di circa 16.000 chili di rifiuti è stata eliminata. La figura che segue riproduce schematicamente la sequenza delle operazioni fondamentali per il recupero delle pitture idrosolubili che avvengono nell’impianto. VERNICE ACQUA BACINO DI RACCOLTA VERNICE FILTRI PULITA ACQUA E VERNICE P VERNICIATURA MONTAGGIO 96 3.6.2 AUSTRIA - TECNOLOGIA A CIRCUITO CHIUSO E RISPARMIO SULLE MATERIE PRIME NELL’INDUSTRIA DELLA CELLULOSA Nell’industria di cellulosa SCA Fine Paper Hallein il consumo d’acqua e la produzione di acque di scarico nel processo di sbiancatura sono notevolmente ridotti depurando l’acqua del processo di produzione. Chiudendo in questo modo il circuito idrico, si influenza in realtà la qualità della cellulosa, perché le sostanze dannose possono abbandonare il processo di produzione solo attraverso lo scolo verso l’impianto di depurazione delle acque di scarico o con il prodotto. Ciò rende necessaria anche la pulizia del circuito. Insieme alla Austria Energy & Enviroment, la fabbrica di cellulosa ha cercato una soluzione per adattare la filtrazione a membrana in modo da separare le sostanze organiche dannose sciolte. E’ stato però necessario stabilire quale tipo di membrana fosse più adatta, perché non si sapeva quali sostanze avessero un effetto di disturbo sul processo di sbiancatura. Da circa due anni, l’acqua di risciacquo della cellulosa viene depurata tramite la filtrazione a membrana e liberata dalle sostanze dannose così che le sostanze chimiche non trasformate vengono riportate nel processo. Per il risparmio di acqua pulita e sostanze chimiche raggiunto, questo metodo comporta benefici economici ed ecologici. Oltre alla diminuzione tanto del fabbisogno idrico quanto della produzione di acque di scarico, le sostanze chimiche sbiancanti utilizzate possono essere anche recuperate. Separando le sostanze organiche macromolecolari spesso difficilmente degradabili, gli impianti di depurazione ricevono molto meno carico inquinante. Grazie alla concentrazione delle correnti di acque di scarico, si verifica anche una diminuzione del lavoro per l’impianto di essiccamento. Il progetto è stato premiato nel 1999 in Austria con il premio per le innovazioni in campo idrico - NEPTUN - nella categoria di tecnologia idrica. 97 3.6.3 ITALIA – RISPARMIO IDRICO NELL’INDUSTRIA TESSILE L’industria tessile nel nord dell’Italia rappresenta un settore industriale vasto e molto ben sviluppato. Colorare e stampare sono processi di produzione in cui si utilizzano enormi quantità di acqua (un’azienda di medie dimensioni consuma circa 1000 metri cubi d’acqua al giorno, pari più o meno al consumo d’acqua di un paesino di 2500 abitanti). Per questa ragione, l’industria tessile di Como sviluppa già da tempo iniziative per risparmiare le acque sotterranee. In pratica, accanto alle condutture idriche comunali per la separazione dell’acqua potabile per uso umano, vengono poste per l’industria delle speciali condutture idriche, che prelevano l’acqua dal lago di Como e la distribuiscono in gran parte delle aziende nella zona di Como e a sud di essa. Si raggiungono distanze tra i 15 e i 20 km dal punto di partenza e si prelevano dal lago circa 4.000.000 m3 di acqua all’anno. Questa acqua deve essere purificata prima di poter essere utilizzata nelle fabbriche tessili, perché la qualità delle acque superficiali non è ancora sufficientemente adatta all’uso diretto. Utilizzare quest’acqua significa ottenere un notevole risparmio delle acque sotterranee destinate ad essere distribuite direttamente come acqua potabile. Inoltre, i costi elevati per la produzione di acqua pronta per l’uso e per la depurazione di grandi quantitativi di reflui, hanno spinto molte aziende a ridurre il consumo idrico. In un certo numero di aziende, una parte delle acque di scarico della tessitura può essere riutilizzata per usi meno raffinati nei processi di stampaggio (pulizia degli stampi e altro), portando ad un produttivo risparmio idrico pari al 20% circa. 98 3.6.4 GERMANIA – ACQUA FARMING La United Food Engineering (UFE) vende impianti per l’allevamento ittico la cui produzione annuale è calcolata tra le 25 e le 1000 tonnellate di pesce, effettuata all’interno di un circuito idrico quasi completamente chiuso. In questo modo, si è riusciti a diminuire l’impatto che simili impianti costituivano per la qualità dell’acqua. Nella tecnologia a circuito chiuso della UFE, in ogni unità in cui si tengono i pesci è installato un sistema di depurazione dell’acqua. Dapprima ha luogo una depurazione meccanica preliminare tramite filtri. La schiuma, e con essa le particelle galleggianti più piccole, vengono eliminate attraverso appositi dispositivi. Negli elementi centrali i fanghi attivi effettuano poi una depurazione biologica. L’aerazione usata permette un apporto di ossigeno ottimale sia ai microrganismi attivi nella decomposizione sia ai pesci nel bacino, inoltre tiene l’acqua in movimento senza che per questo siano necessarie pompe. Poiché la quantità di germi batteriologici viene fortemente ridotta nel sistema dai raggi ultravioletti, la possibilità di proliferazione di malattie è molto bassa. In caso di malattia, vengono trattati solo i pesci coinvolti, il che, considerata la scarsa quantità di acqua e i sistemi di depurazione delle acque, non ha alcun effetto sull’ecosistema dell’impianto. A seconda del tipo di pesci allevati, tenuti in quantità tra i trenta e i sessanta chili per metro cubo di volume del bacino, il ricambio dell’acqua viene riportato dal convenzionale 100% all’ora al 5 - 10% al giorno. Le relative acque di scarico, nelle stesse quantità, possono essere utilizzate come concime in agricoltura o vengono depurate secondo le norme in vigore. Fino ad ora, la UFE ha costruito impianti di allevamento ittico con tecnologia a circuito chiuso in Germania, Australia, Corea, Giappone e Cina. 99 3.6.5 GRAN BRETAGNA – TERRENO IRRIGUO PER IL TRATTAMENTO DI REFLUI MINERARI La Coal Authority è a capo di un progetto di cooperazione per la pulizia delle acque minerarie inquinate. A questo scopo, vengono utilizzati, a costi relativamente bassi, soprattutto filtri a telaio di canna. Il primo telaio di canna fu installato nella stazione di pompaggio Woolley a Barnsley (probabilmente il più grande progetto di terreno irriguo in Europa per il trattamento di acque minerarie). L’acqua giunge in una serie di vasche di sedimentazione, vi si aggiungono agenti flocculanti e l’acqua viene filtrata attraverso filtri di tessuto prima di raggiungere un terreno irriguo aerobico di 1,4 ettari. La concentrazione di ferro nelle acque di scarico diminuisce nel terreno irriguo da 50 mg/l a 1 mg/l, fino dunque a coincidere con le norme di scarico. Piante e animali selvatici sono tornati al fiume Dearn, che scorre nelle immediate vicinanze e dove prima si scaricavano le acque, e nel territorio grazie all’ambiente più pulito. La Coal Authority è coinvolta in un secondo progetto per le acque minerarie (costi: 1 milione di sterline, circa 2 miliardi di lire), sostenuto tra l’altro dall’Unione Europea, per la depurazione di sei chilometri di acque inquinate del fiume Don, nei pressi di Penstone, South Yorkshire. Dalle vecchie miniere Bullhouse Colliery, in disuso dal 1918, fuoriesce acqua mineraria. Alcuni anni fa, le miniere sono state riaperte per l’argilla che si trova sotto gli strati di carbone. La miniera è ormai esaurita e una superficie di trenta ettari è stata riportata allo stato originario. In seguito, cinque ettari sono stati usati per un sistema lagunare che tratta le acque minerarie. Le acque scorrono in una serie di cascate, per permettere lo scambio di ossigeno, prima di entrare nella laguna dove gli ossidi di ferro sedimentano. Poi le acque scorrono attraverso un telaio di canne che raccoglie tutte le restanti particelle sospese. Si potrebbe inoltre raccogliere il fango dal fondo per farne mattoni o cemento. 100 3.6.6 SVEZIA - IMPIANTO DI LAVAGGIO CON RICIRCOLO D’ACQUA Introduzione Questo progetto LIFE svedese ha portato allo sviluppo di un impianto di lavaggio che depura l’acqua e la ricicla, permettendo di ridurre il consumo di acqua e detergenti. Il progetto è stato realizzato in 10 impianti di dimostrazione nei settori alimentare, della stampa e dell’autolavaggio, situati principalmente nella Svezia meridionale e centrale. Descrizione del problema Gli impianti di autolavaggio utilizzati per vari tipi di veicoli, i processi di pulizia usati nell’industria alimentare, nelle stamperie, nelle officine e nell’industria dei metalli, vari trattamenti superficiali ed altri processi ancora producono acque reflue contenenti livelli molto elevati di sostanze organiche che rendono difficoltosa la depurazione biologica nei normali impianti di depurazione. Se le acque reflue contengono metalli pesanti, sostanze tossiche o materiale organico inquinante e biologicamente resistente, il problema è ancora maggiore perché tali inquinanti compromettono la qualità dei fanghi prodotti dai depuratori comunali e li rendono inutilizzabili come fertilizzanti. Gli impianti di autolavaggio impiegano normalmente un sistema a flusso lineare: prelevano acqua dalla rete idrica, aggiungono i prodotti chimici necessari ed usano la miscela ottenuta. L’acqua di lavaggio usata viene raccolta in un separatore d’olio collegato direttamente alla rete fognaria: mano a mano che l’acqua di lavaggio affluisce nel separatore, un’uguale quantità di liquido già contenuta nello stesso si riversa nella rete fognaria. Questo tipo di sistema, molto diffuso, utilizza grandi quantità di acqua e prodotti chimici e produce quantità altrettanto grandi di acque reflue contaminate. 101 Soluzione tecnica La soluzione è costituita da un impianto che depura e ricicla l’acqua creando un circuito in cui almeno l’80% dell’acqua altrimenti destinata alla rete fognaria viene reimmessa in circolo ed utilizzata per altri lavaggi. Per eliminare dall’acqua di ricircolo il materiale estraneo che la renderebbe inadatta per nuovi lavaggi sono previsti sistemi di depurazione che riportano la qualità dell’acqua ai livelli richiesti. La costruzione dei prototipi e degli impianti di dimostrazione è iniziata alla fine del 1997 ed il primo impianto di dimostrazione è stato approntato all’inizio del 1998. Altri impianti sono stati completati nel corso del 1998 e del 1999. Al termine dei lavori di pianificazione e costruzione è stata avviata la fase di documentazione dei risultati e di effettuazione degli studi di controllo, mentre nell’ultima fase si è proceduto alla valutazione dei risultati. Il sistema utilizza metodi di separazione collaudati e affidabili, come ad esempio la sedimentazione e la filtrazione su sabbia, e prodotti chimici noti e di costo contenuto che non hanno un particolare impatto negativo sull’ambiente. Il progetto è suddiviso in dieci sottoprogetti che riguardano tra l’altro il lavaggio di veicoli pesanti, la pulizia di autocarri (compreso il lavaggio interno delle cisterne), il lavaggio di piccole autovetture e il lavaggio/pulizia di impianti ed attrezzature usati nell’industria alimentare, della stampa e della lavorazione dei metalli. I sottoprogetti sono stati realizzati in zone climatiche diverse utilizzando tecniche di lavaggio diverse. Il nuovo sistema riduce come minimo del 90% la contaminazione dell’acqua reflua e dell’80% o più il consumo di acqua di rete e prodotti chimici. Risultati e impatto Il sistema permette di ridurre del 94-99% la contaminazione da oli e metalli pesanti e del 70-90% il consumo di acqua e detergenti, mantenendo inalterata la qualità del lavaggio. Se questo sistema di lavaggio e ricircolo fosse utilizzato negli impianti di autolavaggio per auto private, il potenziale risparmio di acqua nell’Unione Europea (UE) sarebbe equivalente al consumo domestico d’acqua di circa 1,5 milioni di persone e un risultato almeno equivalente si otterrebbe utilizzando il sistema per la pulizia dei mezzi pesanti, ottenendo anche un risparmio nel trattamento delle acque reflue. 102 I costi associati alle tecniche di produzione “ecologiche” tendono ad escludere dal mercato molte piccole e medie aziende, in quanto tali tecniche prevedono normalmente l’utilizzo di tecnologie avanzate ed impianti costosi. Questo progetto ha deliberatamente evitato di adottare questa impostazione, concentrando invece gli sforzi sull’uso di tecniche vecchie e collaudate, attrezzature di costo contenuto e prodotti chimici semplici, diffusi ed economici. Di seguito sono riportati i risultati ottenuti nei vari impianti, in particolare la riduzione del consumo di prodotti chimici ed acqua. riduzione % Riduzione del consumo di prodotti chimici ed acqua 120 100 80 60 40 20 0 riduzione % consumo acqua riduzione % acque reflue riduzione % consumo prodotti chimici 1 2 3 4 5 6 impianti 103 7 8 3.6.7 PORTOGALLO - SISTEMA INTEGRATO DI GESTIONE AMBIENTALE PER UN’INDUSTRIA CHIMICA Introduzione Quimigal-Química de Portugal-SA è un’impresa privata che produce acido nitrico, nitrobenzene e anilina. Nel processo è presente una miscela di acido nitrico e solforico, quest’ultimo viene recuperato mediante concentrazione. La soluzione in uscita è composta da sali azotati, composti aromatici ed alcuni solfati. La prima priorità, conformemente alla politica ambientale definita, è stata di impiegare una tecnologia pulita nel processo di produzione. A tal fine l’unità di concentrazione di acido solforico operante in ambiente alcalino è stata sostituita con un’unità simile, operante in condizioni di ambiente acido. Grazie a questa iniziativa, la contaminazione dovuta all’azoto diminuisce del 50 %, mentre il resto viene recuperato sotto forma di materia prima (acido nitrico). Descrizione del problema L’eliminazione dei composti aromatici avviene in letti di macrofiti, che richiedono una superficie effettiva di 10.000 m2 per un effluente di 10 m3/h. Questa metodologia è stata messa a punto nell’ambito di un altro progetto (LIFE Reciclam 93/PA.13/P101), che si è dimostrato molto efficiente nell’eliminare i composti aromatici malgrado i problemi dovuti all’alta concentrazione di sali del solido nell’effluente. La tecnologia già applicata, molto semplice, comporta l’occupazione di vaste superfici e presuppone costi di investimento elevati. Data la notevole efficienza del processo si è voluto, con la stessa tecnologia di base, creare un letto di attecchimento che consenta, senza ridurre l’efficienza, di applicare un carico idraulico superiore. Quindi, in una superficie equivalente all’incirca a un terzo di quella esistente, si intendono trattare approssimativamente 10 m3/h. 104 Soluzione tecnica Il progetto è stato avviato costruendo due letti di macrofiti in parallelo, con una superficie di 1.500 m2 ciascuno, la cui matrice di attecchimento è data da aggregati di argilla espansa. Per la costruzione si è proceduto come segue: • rilievo topografico: è stato effettuato un rilievo topografico in scala 1/200 della zona di insediamento dei nuovi letti; • preparazione del terreno e movimento terre: livellamento del terreno e scavi fino alla quota stabilita, spianamento e compattamento dei declivi per permettere la posa di una geomembrana; • sistema di impermeabilizzazione: è stato collocato uno strato di geotessile, sopra il quale è stata posta una membrana di polietilene ad alta densità spessa 1,5 mm, saldata mediante estrusione e fusione e fissata lungo i perimetri dei letti; • distribuzione degli effluenti e sistema di drenaggio: i letti sono alimentati orizzontalmente per cui è stata costruita una cassa 50x0,5x0,6 m di ghiaia (strato di spessore 8-15 cm) per la distribuzione dell’effluente, sulla quale è stato collocato un tubo di scarico in PVC. Il sistema di drenaggio è costituito da un tubo, perforato e collocato longitudinalmente sul fondo del letto; • materiale di riempimento: sul tubo di drenaggio è stato collocato uno strato di ciottoli in un avvolgente di 0,4 m di raggio lungo tutto il tubo. Inoltre sono stati collocati due strati di aggregati leggeri di argilla espansa (LECA): lo strato inferiore è spesso 0,4 m con granulometria di 3-8 mm e quello superiore 0,2 m con una granulometria di 2-4 mm. In totale sono stati impiegati 1.780 m3 di LECA; • piantagione: sono stati raccolti i rizomi di piante native della regione delle specie Aveiro-Phragmites, dalle quali sono stati isolati frammenti con due nodi, collocati subito in acqua per salvaguardare il frammento di rizoma fino alla sua piantagione. Si è proceduto al loro attecchimento in terreno vegetale e germinazione in serra. Dopo 3-5 settimane, si è proceduto alla piantagione con densità di 5 piante/m2; 105 • acclimatazione: inizialmente i letti sono stati inondati di acqua per favorire lo sviluppo delle piante e della popolazione microbica; in seguito sono stati alimentati con effluenti; • controllo analitico: una volta creato il sistema, è stato effettuato un controllo analitico sistematico sia dell’affluente (in entrata) che dell’effluente (in uscita) per testare la capacità di depurazione e di rendimento dei letti di macrofiti nell’eliminazione dei composti aromatici. Risultati e impatto I pochi riferimenti sull’utilizzo di LECA in letti di macrofiti sono associati all’eliminazione del fosforo negli effluenti domestici. La specificità del sistema ha permesso di sviluppare un progetto su scala semindustriale, utilizzando un supporto provvisto di un’elevata superficie specifica in modo da aumentare il carico organico applicato al sistema. Con il progetto si è messo a punto un metodo per denitrificare gli effluenti, i cui livelli di nitrato sono superiori a 800 ppm (parti per milione), in base a un processo biologico di cellule microbiche libere e/o immobilizzate su un supporto rigido, poroso e con un’elevata superficie specifica. Questo processo di denitrificazione ha dimostrato finora un’efficienza superiore all’85%, producendo un effluente liquido che si presta ad essere riciclato nel processo industriale. La tecnologia sviluppata, oltre ad essere applicata all’effluente dell’impresa Quimigal-SA, potrà essere ampiamente impiegata nel settore dei fertilizzanti, fonte potenzialmente grave di inquinamento. 106 3.6.8 ITALIA - INDUSTRIA CARTARIA: ESEMPIO DI CHIUSURA DEL CICLO IDRICO ALLA CARTIERA MODESTO CARDELLA Introduzione Oggi le cartiere hanno imparato a prevenire la formazione della maggior parte dei fanghi. Molte sanno riutilizzarli e tutte le cartiere nazionali hanno imparato a risparmiare acqua, fibre cellulosiche ed energia a parità di carta prodotta. Dal punto di vista delle materie prime, due sono le grandi categorie di cartiere: le cartiere che producono a base di carta e cartone riciclato e le cartiere che utilizzano come base le fibre vergini. Le carte di massa si identificano di norma nella prima categoria e qui vediamo i cartoni e i cartoncini per l’imballaggio, seguite dalle carte per quotidiani e dalle carte da stampa non destinate alla conservazione nel tempo. Le carte che impiegano fibre vergini di elevata qualità hanno un loro ruolo come integratori di caratteristiche fibrose che nelle fibre rigenerate decadono a ogni ciclo di riutilizzo. Si stima che mediamente la carta è riciclabile da cinque a sette volte ma per farlo correttamente su impianti industriali è buona norma utilizzare insieme al riciclato andante anche del riciclato proveniente da fibra vergine (di primo riutilizzo). Il riutilizzo di carta riciclata post-consumer fa risparmiare ai produttori di cellulosa e di carta: • Energia, normalmente almeno 200 gr. di petrolio equivalente per ogni kg di carta prodotta. • Alberi, normalmente l’80%. • Acqua, normalmente circa il 30% del totale dell’acqua prelevata. • Costi. Il settore cartario ha visto nei paesi altamente industrializzati la riduzione dei propri utilizzi di acqua fresca, a parità di carta prodotta, del 80% nell’arco degli ultimi 30 anni. Si prevede nei prossimi 30 anni una riduzione di prelievo d’acqua fresca per usi cartacei di un ulteriore 80%. Questo obiettivo sarà raggiunto in tempi più brevi solo se l’acqua ad uso industriale dei paesi industrializzati avrà un costo 107 significativo, ossia equivalente alla tassa di un dollaro di oggi per metro cubo di acqua prelevata. Il settore cartario sta sopportando enormi sforzi per ridurre il suo impatto ambientale ed i suoi utilizzi di acqua. Pertanto si propone, invece che una tassazione, l’incentivazione economico-fiscale basata sul risparmio d’acqua a parità di carta prodotta (come oggi già applicato in Germania). Lo sforzo esercitato dal settore cartario negli ultimi decenni ha fatto risparmiare, a parità di carta prodotta, le materie prime massicciamente impiegate quali acqua, alberi, energia, fibre cellulosiche e cariche minerali ed è stato accompagnato dall’incremento di riutilizzo di carte e cartoni riciclati. In Italia per produrre carta e cartoni si riutilizza molta carta di riciclo: oggi circa il 60% del materiale fibroso cartaceo nazionale è ottenuto dal post-consumer. Per ottenere 1 kg al secco di buona cellulosa sono normalmente necessari 7 kg di albero vivo (metà del peso del legno fresco è acqua). Potature, cortecce e sfridi sono oggi largamente utilizzati come materiale combustibile utile alla produzione dell’energia necessaria alla trasformazione del legno in fibre cartarie. E’ auspicabile al più presto un contributo per la rottamazione dell’acqua e dei materiali post-consumer riutilizzati. Mediamente in Europa un foglio di carta è costituito da: 42% di materiali fibrosi vergini, 36% di carta riciclata, 12% di pigmenti quali caolino, carbonato di calcio, talco, ecc., 7% di acqua (dato medio), 3% di amidi e additivi chimici. Le carte e i prodotti derivanti dai materiali post-consumer, se ottenuti con le moderne tecnologie rispettose dell’ambiente, danno origine a oggetti di elevato contenuto qualitativo, pari a quello ottenuto da materie prime di primo riutilizzo. Considerazioni Ci si augura che possa assumere rilevanza e peso la Direttiva Europea IPPC (Prevenzione e Controllo integrato dell’inquinamento) che in Italia è stata recepita con la legge comunitaria 95/97. Essa impone un cambio sostanziale nella gestione dei cicli produttivi dell’industria cartaria. In particolare, dovrà determinare il modo di operare al fine di dimostrare che durante il processo di produzione siano state preventivamente adottate le migliori tecnologie disponibili per il massimo rispetto integrato dell’ambiente (acqua, aria e suolo). La produzione di carta e cartone dovrebbe avere degli aggravi e delle agevolazioni 108 economiche proporzionate alla sua funzione sociale e al suo spreco di risorse di non veloce rinnovabilità. Il settore cartario nazionale è fortemente impegnato nella riutilizzazione dei prodotti cartacei post-consumer, nella riduzione dei consumi energetici, nella riduzione della sua incidenza su piogge acide ed effetto serra. Le sue acque reflue sono sempre più pulite e sempre più adatte all’irrigazione agricola. Risparmiare 150 milioni di metri cubi annui di acqua in Italia su 200 è un obiettivo perseguibile, ma occorre renderlo economicamente conveniente. Le industrie cartarie, si troveranno a dover affrontare costi molto alti derivati dai processi tecnologici per la riduzione dell’impatto ambientale. La tendenza sarà quella di recuperare parte delle spese sostenute nel trattamento dei reflui con il riutilizzo dei materiali riciclabili nel processo produttivo. La tecnologia attualmente disponibile e che potrà essere nel futuro migliorata, permette da una parte di utilizzare per il primo impiego acque di ogni tipo e di restituire ai bacini idrici acque di scarico che non ne modifichino le caratteristiche; un opportuno riciclaggio può inoltre permettere un ripetuto impiego delle stesse acque, eliminando gli sprechi. Misure per la riduzione delle emissioni in acqua • separazione delle acque di processo a diverso contenuto di inquinanti e riciclo delle stesse; • gestione ottimale delle acque, loro chiarificazione tramite filtrazione, sedimentazione o flottazione, e riutilizzo; • riduzione dei consumi idrici attraverso la rigida separazione dei flussi e riciclo; • installazione di un bacino di equalizzazione e di un sistema di trattamento primario delle acque reflue; • trattamento biologico anaerobico seguito da un trattamento aerobico delle acque reflue; • parziale riutilizzo delle acque provenienti dalla depurazione biologica (l’applicabilità va valutata nei singoli casi e potrebbe richiedere anche trattamenti terziari aggiuntivi); 109 • trattamento in ciclo di specifiche acque di processo; la totale chiusura del ciclo non ha invece la necessaria efficienza. Simulazione della chiusura del circuito delle acque dalla situazione attuale alla Cartiera Cardella (Verona) Lo scopo dello studio compiuto è quello di avere una panoramica dei consumi di acqua, sia fresca che di processo, per la produzione di carta in questo stabilimento. Il risultato finale che si vuole raggiungere è la raccolta di informazioni utili per ottenere una chiusura del circuito, tale da consumare 5 m3 di acqua di pozzo per tonnellata di carta prodotta. A questo scopo si è analizzato: • il consumo di acqua di pozzo all’interno dello stabilimento; • il comportamento dell’impianto di depurazione delle acque in funzione della chiusura del ciclo; • una proiezione sulla crescita della concentrazione del COD nelle acque di processo a seguito della chiusura del ciclo; • la caratterizzazione dal punto di vista chimico dei componenti dell’acqua di processo. I principali impieghi di acqua fresca sono per: • raffreddamenti; • lavaggi di tele e feltri; • preparazione e diluizione dei prodotti chimici, Acqua per i circuiti di raffreddamento: il consumo totale di acque fresche per i circuiti di raffreddamento è pari a 90 m3/h. Lavaggio di tele e feltri: si può stimare che il consumo totale per gli spruzzi sarà di 60 m3/h dopo le modifiche apportate all’impianto. 110 Prodotti chimici: il consumo di acqua per la preparazione e la diluizione dei prodotti chimici oscilla tra 20 e 35 m3/h. Considerazioni L’acqua che potrebbe essere adatta a soddisfare i consumi di acqua per gli spruzzi ad alta e bassa pressione delle tele e dei feltri è quella di processo, opportunamente trattata tramite filtrazione. Poiché l’acqua fresca da introdurre nel circuito è di 5 m3/t di carta, per la produzione di 30 t/h si ha una introduzione di 150 m3/h di cui 90 m3/h sono da impegnare per i raffreddamenti. Per l’evaporazione occorre considerare circa un fattore 1,35 rispetto alla produzione di carta e quindi 39 m3/h ((150/1,35) m3/h = 111 m3/h; (150 – 111) m3/h = 39 m3/h); quindi rimangono circa 20 m3/h ((150 – 90 – 39) m3/h = 21 m3/h) da utilizzare per scopi più nobili. L’acqua dei raffreddamenti è comunque da riutilizzare nella preparazione e nella diluizione dei prodotti chimici. Analizziamo ora la gestione delle acque di processo. Le analisi compiute hanno mostrato che tra le varie componenti non ci sono differenze tali da giustificare che vi siano dei trattamenti differenziati tra di loro. Le acque di processo possono essere gestite in due modi diversi: in modo centralizzato ed in modo anulare. Nel primo caso la gestione è molto più complicata sebbene offra dei vantaggi: la possibilità di effettuare trattamenti sul complesso delle acque ed il fatto che in questo avremo sempre a disposizione acqua di processo di qualità mediata. La modalità anulare è più semplice dal punto di vista impiantistico ma offre lo svantaggio di alimentare le utenze con acqua di qualità variabile. L’acqua in uscita dal depuratore può essere utilizzata per molti scopi poiché la sua introduzione nel circuito ha un impatto molto basso sul COD delle acque di processo (infatti si ha rimozione di COD pari al 91,5%, BOD pari al 95%). 111 Proiezione della chiusura del circuito delle acque (5 m3/t) per la produzione attuale di 20 t/h di carta Nella situazione odierna la produzione può essere considerata mediamente di 20 t/h. Se si vuole conseguire un consumo di acqua fresca, al netto dell’evaporazione, di 5 m3/t, si ottiene di poter introdurre nel circuito 100 m3/h di acqua dei pozzi che aumentano a 126 m3/h se si considera che per ogni tonnellata di carta prodotta 1,35 m3 di acqua si perdono con l’evaporazione. Nel totale, questo significa avere un’entrata di acqua nel circuito di circa 130 m3/h. La quantità di acqua che deve essere riciclata, previa filtrazione, per soddisfare i consumi attuali degli spruzzi a bassa ed alta pressione delle tele e dei feltri è pari a 43 m3/h. I 126 m3/h introdotti verrebbero così utilizzati: • 90 m3/h per i raffreddamenti della centrale termica e quindi la preparazione e la diluizione dei prodotti chimici; • 26 m3/h in uscita con le fumane; • rimarrebbero da impiegare circa 10 m3/h per i quali trovare un utilizzo nobile. La portata di acqua fresca così introdotta non è sufficiente a soddisfare il fabbisogno di acqua di controlavaggio dei depuratori della sezione “preparazione pasta”, per i quali si può utilizzare l’acqua in uscita dal depuratore biologico: la portata stimata di tale consumo è di 21 m3/h. Ipotesi per la chiusura del ciclo delle acque e la riduzione dei consumi di acqua • Parziale riutilizzo dell’acqua in entrata ai flottatori per gli spruzzi (S) di tele e feltri. Questa opzione può essere realizzata mediante l’impiego di un filtro o di un chiarificatore a sedimentazione; • Parziale riutilizzo dell’acqua in uscita dai flottatori per gli spruzzi (S) di tele o feltri dopo un trattamento con un filtro. • Riutilizzo dell’acqua in uscita dal trattamento biologico, previa filtrazione. 112 • Riutilizzo dell’acqua in uscita dall’impianto biologico, previa filtrazione a membrana, per gli spruzzi (S) di tele e feltri (la membrana è utilizzata per migliorare la qualità dell’acqua in uscita dall’impianto biologico). Nella figura seguente è proposto uno schema dell’impianto con le varie opzioni (indicate con le linee tratteggiate) per la chiusura del circuito e la riduzione dei consumi idrici. MATERIE PRIME ACQUA FRESCA EVAPORAZIONE STABILIMENTO S DEPURATORE BIOLOGICO FLOTTATORE SCARICO 113 4. AMBITO AGRICOLO 4.1 LINEE GUIDA La gestione sostenibile delle risorse idriche per uno sviluppo organico dell’attività agricola comporta una combinazione di interventi di ordine normativo, tecnologico gestionale, formativo, professionale, variabile sostanzialmente a seconda delle emergenze territoriali (penuria delle risorse, dissesto idrogeologico, inquinamento, ecc...). Si tratta di fenomeni di natura non solo molto differente tra loro, ma anche, al loro stesso interno, di segno discordante (può essere tanto problematico il deficit idrico in una zona, quanto la mancata regolamentazione della risorsa idrica abbondante in un’altra zona). Per affrontare il problema dell’utilizzazione dell’acqua in agricoltura, è utile dunque procedere con ordine: • fissando alcuni punti di partenza; • descrivendo il contesto nazionale ed internazionale entro il quale ci si deve muovere; • proponendo le soluzioni conseguenti. Fissiamo l’attenzione sul territorio nazionale. Come primo punto di partenza, bisogna ricordare un dato molto importante: l’irrigazione in Italia è meno diffusamente praticata lì dove le condizioni climatiche richiederebbero un maggior apporto idrico. In sintesi l’entità dell’approvvigionamento irriguo è direttamente dipendente dalle disponibilità idriche naturali (36 miliardi di metri cubi al Centro-Nord, 9 al Sud), molto meno dalla domanda d’acqua. Secondo punto di partenza: il dissesto idrogeologico è un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale, tanto da costituire un gravissimo fattore limitante dello sviluppo economico e sociale. Se infatti si va a guardare la classificazione dei Comuni italiani con “livello di attenzione” per il rischio idrogeologico “molto elevato ed elevato”, elaborata dal CNR (Centro Nazionale per le Ricerche), si nota come questi coprono ben il 114 45,3% del totale dei Comuni e che la graduatoria vede comparire in ordine alternato Regioni del Nord, Centro e Sud (in prima posizione è l’Umbria, seguita dalla Calabria, dal Molise, dalla Liguria, dalla Valle d’Aosta e così di seguito). Terzo punto di partenza è che dal punto di vista gestionale spesso tutto il sistema irriguo (captazione, adduzione, distribuzione) funziona con gravi disagi: ciò è evidente se solo si pensa che le perdite d’acqua nelle condotte di adduzione e di distribuzione di una acquedotto irriguo arrivano mediamente al 40% della quantità dell’acqua in partenza dall’acquedotto (mentre sarebbe “fisiologica” una perdita dell’ordine del 20%). Spesso sono stati realizzati dei bacini artificiali di raccolta dell’acqua senza le opere di protezione del suolo a monte, per cui ben presto i bacini si sono trasformati in depositi di fango risultante dall’erosione. Altre volte, essendo affidata ad Enti o soggetti differenti la realizzazione delle varie fasi irrigue (captazione, raccolta, trasporto, distribuzione, ecc.), i bacini sono stati costruiti prima di attrezzare i sistemi di irrigazione a valle, per cui per anni l’acqua è stata raccolta ed esposta all’evaporazione senza alcuna utilità. In definitiva nonostante le forti somme investite in questi anni nelle grandi infrastrutture idriche, sono state costruite opere che si sono poi rivelate poco redditizie, dal punto di vista costi-benefici. Il contesto entro il quale si inserisce la problematica della utilizzazione dell’acqua a fini irrigui, negli ultimi anni non si può dire sia favorevole né a livello mondiale, né a livello europeo e nazionale. Infatti a livello mondiale, mentre si registra un consenso unanime sulle previsioni dei rischi di penuria di acqua, anche all’interno di autorevoli enti (quali FAO, ONU e Banca Mondiale) si esprimono posizioni radicalmente distinte quando si passa ad indicare le linee strategiche per opporsi a questa tendenza. C’è chi attribuisce questa carenza a mutamenti metereologici e a fenomeni sempre più preoccupanti di inquinamento; altri, ad una sorta di siccità agricola determinata dalla crescita della popolazione e dalla coltivazione intensiva di varietà agricole ad alto rendimento ma ad elevato assorbimento idrico (esempio riso e canna da zucchero), a questo fenomeno si riporta sostanzialmente la responsabilità della sempre più diffusa desertificazione . A livello di Unione Europea la domanda d’acqua è in aumento per gli usi agricoli, con particolare riguardo per i paesi mediterranei; si riscontra però un 115 profondo dissenso tra paesi mediterranei e paesi continentali sulla opportunità o meno della priorità dell’approvvigionamento idrico al settore agricolo. A fronte di ciò la posizione dell’Italia sull’argomento appare da un certo punto di vista “più favorevole”, in quanto il nostro è un paese nel quale si sono mantenuti alcuni principi basilari di salvaguardia sull’uso dell’acqua, e in agricoltura in particolare: ad esempio un articolo della legge 36/94 (legge Galli) definisce “pubbliche” tutte le acque superficiali e sotterranee nel territorio nazionale; un altro articolo stabilisce che in condizioni di siccità o comunque di penuria di acqua, dopo il consumo potabile, venga privilegiato quello per l’irrigazione. Sono ormai certe alcune acquisizioni di cui bisogna prendere atto: • c’è una generale e diffusa tendenza al risparmio, al riciclo e al riuso dell’acqua; • occorrerà affrontare la questione del prezzo dell’acqua; • saranno sempre più diffusi i controlli e i censimenti (non a caso si sta cercando da tempo di imporre l’obbligo della denuncia dei pozzi per una conoscenza approfondita dei consumi diffusi). Le vicende climatiche degli ultimi anni stanno sempre più evidenziando delle anomalie nel regime delle piogge: diminuzione della quantità assoluta con lunghi periodi di siccità ed eventi temporaleschi di elevata intensità di precipitazione, con fenomeni alluvionali sempre più frequenti. La siccità che colpisce sempre più gravemente le regioni meridionali, determina enormi problemi sia di fornitura di acqua potabile ai cittadini sia per la difficoltà od impossibilità di irrigare le coltivazioni, con perdite economiche rilevantissime, specie a carico delle colture orticole e frutticole, che sono quelle che richiedono i maggiori quantitativi d’acqua e che rappresentano il comparto portante dell’agricoltura nazionale. Anche nelle regioni del centro-nord la carenza di precipitazioni provoca rilevanti problemi sia alle colture sia all’ambiente; infatti, l’eccessivo prelievo idrico dai fiumi limita in questi la portata, provocando di conseguenza la concentrazione degli inquinanti e la compromissione della vita acquatica, mentre l’eccessivo sfruttamento delle acque sotterranee provoca l’abbassamento delle falde, l’ingressione di acque marine, ed anche lo sprofondamento del territorio (grave 116 fenomeno della subsidenza lungo la costa dell’alto adriatico). Inoltre occorre tenere conto anche dei fenomeni di dissesto idrogeologico, sempre più diffusi. In Italia la domanda complessiva d’acqua è di circa 50 miliardi di m3, dei quali circa il 60% (30 miliardi di m3) è consumata in irrigazione. Stime più recenti rivedono queste ultime verso il basso, in particolare per gli usi irrigui, che sono stimati in circa 20 miliardi di m3, per un prelievo annuo complessivo d’acqua dolce di circa 40,5 miliardi di m3. Per quanto concerne l’agricoltura, IRSA-CNR individua alcune tendenze che suggeriscono una certa riduzione della domanda nei prossimi anni, in particolare le riforme nella Politica Agricola Comune del 1992 e quelle più incisive di Agenda 2000 che hanno introdotto la diminuzione al sostegno dei prezzi agricoli. Tuttavia l’esperienza passata indica che le zone maggiormente produttive, in generale quindi quelle che utilizzano l’irrigazione in maniera intensiva, sono meno influenzate da queste politiche. Per l’IRSA (Istituto di Ricerca e Sperimentazione Agraria): “Le stime esistenti sono scarse; tuttavia avvalorano in genere un’opinione secondo cui la SAU (Superficie Agraria Utilizzata) complessiva è in diminuzione, ma quell’irrigabile aumenta, sia pure solo leggermente. In molti casi tuttavia questo non si traduce necessariamente in una domanda effettiva di irrigazione. Una ulteriore tendenza che sembra ipotizzabile è quella che va verso la sostituzione delle tradizionali tecniche a scorrimento o allagamento con tecniche meno idroesigenti (aspersione in genere, a goccia nelle colture a più elevato valore). Questo processo di sostituzione è in gran parte indipendente da considerazioni di risparmio idrico, essendo dovuto soprattutto alla minore intensità di lavoro, alle maggiori opportunità di automazione offerte da queste tecnologie ed alle migliori possibilità di combinazione con le attività di fertilizzazione e lotta antiparassitaria; ma è ben probabile che un’ulteriore spinta in questa direzione possa venire dalla leva tariffaria, in particolare se verranno attuati i principi contenuti nella proposta di Direttiva Quadro europea sulle acque con la riduzione drastica dei sussidi al prezzo dell’acqua”. Il prelievo agricolo è anche caratterizzato da una forte stagionalità estiva, con ancor più gravi problemi di approvvigionamento. Nella situazione attuale di siccità sempre più pronunciata risulta quindi indispensabile che il settore agricolo, quale maggior consumatore della risorsa idrica, si indirizzi alla massima limitazione dei prelievi idrici attraverso un uso oculato della risorsa. 117 Questa strategia comporta una ricerca di soluzioni che coinvolgono al tempo stesso gli aspetti: normativi, gestionali e tecnologici nel campo dell’approvvigionamento, della regimazione delle acque meteoriche, del disinquinamento, delle irrigazioni ad elevata efficienza e del consistente recupero e riciclo delle acque reflue. Un uso più efficiente dell’acqua irrigua, oltre che permettere di irrigare maggiori superfici, comporta minori rilasci di nutrienti nei fiumi ed un importante risparmio energetico; infatti, tutta l’acqua distribuita è normalmente sollevata più di una volta, con consistenti consumi d’energia. Le modalità e le tecniche per incrementare l’efficienza dell’acqua e ridurre i consumi sono numerose; talune molto conosciute ma non sempre applicate, altre, viceversa, richiedono maggiori conoscenze agronomiche e tecnologiche che è indispensabile far giungere a tutti i produttori ed agli enti gestori delle risorse idriche. Tra le numerose azioni possibili di risparmio idrico, l’aridocoltura è quella più conosciuta e consiste in lavorazioni dei terreni utili al massimo accumulo e tesaurizzazione dell’acqua nel terreno, alla riduzione delle perdite di evaporazione, alla scelta di ordinamenti colturali con specie e genotipi aridoresistenti, all’uso di pacciamature e frangiventi capaci di ridurre i consumi d’acqua. Le strategie di gestione delle irrigazioni possono ulteriormente contribuire ad un uso più efficiente dell’acqua: irrigazioni effettuate con quantità ben dosate e distribuite in momenti di massima efficacia per le piante, possono essere individuate tramite specifici bilanci idrici e con l’attuale conoscenza della fisiologia delle colture. Anche l’uso di metodi e sistemi irrigui di elevata efficienza di distribuzione, come l’irrigazione a goccia, o una gestione più efficiente e moderna di quelli già presenti, risultano capaci di far ridurre le necessità d’acqua salvaguardando le rese agricole. Alle modalità di risparmio idrico nell’azienda agricola andrebbero poi affiancate azioni materiali ed immateriali consortili, capaci di contenere le perdite di trasporto tra fonte idrica e azienda agricola, di consentire ai produttori una gestione elastica e con i metodi irrigui più efficienti, ma, soprattutto, di sollecitare gli utilizzatori ad un uso parsimonioso, anche tramite un sistema tariffario incentivante e campagne di divulgazione ed assistenza tecnica sull’uso efficiente dell’acqua. 118 In termini generali va però rilevato che nessuna azione applicata singolarmente risulterà capace di determinare un buon contenimento dei consumi, viceversa un’applicazione intelligente ed integrata di diverse azioni e modalità può incidere sensibilmente sulle riduzioni dei prelievi agricoli, senza penalizzare il reddito aziendale. Un problema decisivo diventa perciò la soluzione della questione dell’efficienza del sistema irriguo, e immediatamente dopo, ma correlata ad essa, quella relativa ad una maggiore corrispondenza tra costi di gestione, contribuzioni e benefici. Ma per questo la prima cosa da fare è precisare che quando parliamo di irrigazione dovremo sempre distinguere la problematica relativa alla cosiddetta irrigazione “pubblica”, cioè quella derivante dalle grandi infrastrutture gestite normalmente dai Consorzi di bonifica, da quella della irrigazione “privata” e cioè quella ottenuta attraverso emungimento da pozzi. Sono infatti problematiche completamente differenti e rappresentano entrambe fenomeni molto consistenti. Si pensi che ad esempio in Puglia si calcola che su 262.000 ettari complessivamente irrigati, 83.000 sono irrigati con le grandi infrastrutture e ben 179.000 da pozzi. Per quanto riguarda l’irrigazione pubblica, si dovrà puntare sull’obiettivo di garantire un servizio idrico efficiente anche in zone agricole difficili, dove il costo di approvvigionamento risulta elevato in senso relativo. In proposito l’INEA (Istituto Nazionale Economia Agraria) nel suo “Studio sull’uso irriguo sulla risorsa idrica, sulle produzioni agricole irrigate e sulla loro redditività” condotto in alcune aree campione significative, rileva che nel triennio 1996-1998, nonostante un andamento crescente dei ruoli irrigui (fino anche a 4-5 volte) a carico delle contribuzioni degli agricoltori, la capacità di copertura dei costi di gestione varia nei diversi distretti irrigui, in funzione del sistema distributivo. In particolare, nei distretti serviti con sollevamento le contribuzioni non coprono i costi di esercizio (la copertura media è dell’86%), a differenza di quanto accade nei distretti serviti da reti a pelo libero, ove il valore medio si attesta, invece, al 245% circa. Queste marcate differenze mettono in risalto la necessità di una attenta modulazione dei ruoli, che favorisca una più equa partecipazione dei vari distretti alla copertura dei costi di distribuzione irrigua. Ciò implica il ridimensionamento del carico che grava sugli utenti nelle aree servite da canali a pelo libero (già 119 penalizzate da una maggiore incidenza delle perdite di distribuzione) e, conseguentemente, un adeguamento dei ruoli nelle aree irrigue servite da condotte in pressione. Per quanto riguarda invece l’irrigazione privata la situazione è in un certo senso più delicata e complessa. In questo caso infatti si tratta di prelievi sotterranei d’acqua che sfuggono ad un controllo certo e che avvengono in particolare in zone ove manca l’irrigazione pubblica. Ciò comporta spesso gravi problemi di abbassamento della falda freatica, processi di salinizzazione nelle zone costiere e fenomeni sempre più estesi di subsidenza. Occorrerà dunque intervenire urgentemente attraverso sistemi di approvvigionamento pubblico in quanto più il fenomeno si manifesta e più gli attingimenti privati diventano onerosi e problematici. In questo senso molto apprezzabile è l’Accordo di Programma sottoscritto nell’Agosto 1999 da Basilicata e Puglia che, sfruttando l’articolo 17 della Legge 36/94, mira al superamento della frammentazione gestionale esistente tra le due Regioni attraverso l’istituzione degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali). In questo Accordo è detto esplicitamente che il costo dell’acqua deve essere fissato “come elemento motore di opportunità di sviluppo locale”. Se è indiscutibile dunque il fatto che bisognerà incrementare la disponibilità di acqua per l’irrigazione, occorre valutare se sia più redditizio fornirla attraverso la costruzione di nuove grandi dighe (che comportano spesso inefficienze tecnologiche e complicazioni nella sincronia dei tempi di realizzazione delle opere di adduzione e di distribuzione), oppure attraverso piccoli laghetti collinari e montani la cui gestione risulta più maneggevole e semplice. Bisognerà intervenire con urgenza specialmente nelle regioni meridionali ed insulari, esposte a stress di natura ambientale (condizioni di aridità stagionali, ripetuti episodi di siccità, precipitazioni brevi ed intense, erodibilità dei suoli, pressione delle attività umane sull’ambiente), ove si sono già evidenziati squilibri in conseguenza della scarsa disponibilità dell’acqua con rischio di desertificazione. Si devono quindi assumere tutte quelle misure che possano limitare la diffusione dei gas-serra che determinano in definitiva un innalzamento della temperatura media terrestre; questo perché gli agricoltori, in particolare quelli residenti in aree 120 a clima arido e in quelle soggette alla desertificazione, sono i primi ad essere penalizzati da un aumento della temperatura del pianeta. Da uno studio effettuato dalle Nazioni Unite, che raccoglie i principali scienziati di diversi Paesi, si stima che nei prossimi 100 anni l’aumento medio della temperatura, a seconda che si mettano in atto o meno efficaci politiche ambientali, oscillerà tra i 1,8 e 5,8 gradi. Questi 4 gradi di differenza comportano una differenza enorme nella capacità di produzione agricola mondiale. E’ noto che il processo di degrado del territorio che porta alla desertificazione è generato da fattori ambientali e da fattori antropici. Tra questi ultimi può assumere un ruolo positivo notevole l’adozione di una buona prassi agricola nelle aziende agricole. Infatti le lavorazioni del terreno sono sempre state lo strumento principe per l’idonea regimazione delle acque di deflusso sia superficiali che profonde e, se idoneamente realizzate, evitano il ruscellamento e aiutano il mantenimento del tenore idrico dei suoli. Ma la gestione delle risorse idriche non significa solo razionale approvvigionamento: deve significare anche corretta ed efficace difesa dalle acque, ossia regimazione e disinquinamento. Una efficace azione di difesa idrogeologica si realizza solo se si attiva un programma nazionale di prevenzione che si concretizza in una efficace e diffusa manutenzione delle aste fluviali e dei versanti. Esiste ora la possibilità per gli agricoltori di realizzare specifici interventi di manutenzione, in convenzione con l’operatore pubblico, come specificato in alcune leggi (legge sulla montagna 97/94, art.7 e art.17) . Si tratterà di intraprendere, laddove la presenza e la capacità professionale dei coltivatori è più elevata, contatti con le Comunità montane per l’affidamento agli agricoltori di lavori di manutenzione ordinaria, in particolare dei versanti e degli alvei, o per l’assegnazione di finanziamenti per interventi nelle aziende agricole. Ma in zone sempre più diffuse del paese il problema idrico più impellente inizia ad essere quello della “qualità”. Il problema è tanto grave da condizionare lo stesso uso dell’acqua e di fatto diventa un fattore limitante anche della quantità. Sostanzialmente per questa ragione l’Unione Europea ha emesso la Direttiva 2000/60 sulla regolazione della quantità e della qualità delle acque. 121 In questa è sancito un principio che determinerà un vincolo per lo sfruttamento dei corpi idrici superficiali molto stretto, il quale stabilisce che, per tutti i corpi idrici, deve essere garantito il “minimo deflusso vitale”. Bisognerà trovare tutti i modi per sfruttare al meglio tutte le risorse idriche convenzionali e non. In questo senso il riciclaggio ed il risparmio possono essere una risora preziosa. In agricoltura finora sono state trascurate le risorse idriche alternative (acque reflue o salmastre). Queste acque, pur presentando anomalie, possono essere valorizzate nell’irrigazione qualora vengano impiegate con adeguati e scrupolosi accorgimenti tecnici. Non si può generalizzare il concetto di qualità dell’acqua irrigua, perché questa dipende da numerosissimi fattori (tipo di terreno, andamento climatico, specie coltivata, metodo irriguo, ecc.). Il più recente disegno di legge sull’utilizzazione delle acque superflue in agricoltura, invece, contempla analisi severissime, ammettendo all’uso irriguo acque talmente “depurate” da risultare immuni da ogni difetto, ma costosissime. Così avviene che i reflui urbani, che rappresentano una potenziale risorsa idrica, dopo che la collettività ha sostenuto i costi per la depurazione, vengono sprecati, mentre la siccità avanza. Inoltre per ottenere un consistente risparmio di acqua è necessario utilizzare materiali di costruzione delle condotte di buona tenuta, come anche mettere in opera sistemi irrigui a minor consumo relativo, come quelli “a pressione”, “a goccia” e meccanizzati. Un ulteriore contributo al risparmio di acqua irrigua proviene dall’elettronica. Da qualche tempo molti impianti irrigui hanno raggiunto un elevato grado di automazione. Le adacquate possono essere totalmente programmate mediante centraline di controllo, software, computer, timer, elettrovalvole e misuratori di flusso, dando alla pianta solo il volume di acqua necessario alla traspirazione. In questa materia si può far rientrare il ruolo determinante che deve svolgere la ricerca scientifica. Si tratta infatti, considerando il progressivo processo di inquinamento delle acque determinato dalle varie attività umane, di intervenire sul miglioramento della qualità delle acque e del recupero di fonti idriche non convenzionali o di riciclo (dissalazione dell’acqua marina o recupero delle acque di scarico civile attraverso impianti di depurazione). Ma la ricerca si deve anche concentrare su questioni prettamente agronomiche o comunque su tecniche irrigue connesse a questa materia: ad esempio si dovranno 122 sviluppare ricerche finalizzate alla diffusione di quei tipi di coltivazione a minor richiesta di acqua o maggiormente resistenti alla salinizzazione dell’acqua. In questa direzione dovrebbero essere anche orientate le ricerche biotecnologiche per consentire ad esempio la coltivazione di specie agricole non idroesigenti. In questo caso, trattandosi di una tecnologia ad alto contenuto innovativo rispetto all’agricoltura tradizionale (uso razionale delle acque, reali fabbisogni idrici delle varie coltivazioni e qualità delle acque per l’irrigazione), diventa determinante anche la questione relativa all’assistenza tecnica e all’aggiornamento professionale degli agricoltori. Per far ciò è necessario dunque prevedere una larga diffusione di centri di analisi delle acque e dei terreni al servizio degli agricoltori. Dunque anche questa è materia che comporterà un allargamento notevole delle capacità professionali dell’agricoltore. Infatti, sia una maturazione e una innovazione del processo produttivo agricolo che la nuova prospettiva di lavori di manutenzione agli imprenditori agricoli attraverso l’ingegneria naturalistica, rientrano esattamente nella prospettiva comunitaria della multifunzionalità dell’attività agricola. 123 4.2 METODOLOGIE E TECNICHE PER IL RISPARMIO E LA RAZIONALIZZAZIONE DELL’IMPIEGO DELLE RISORSE IDRICHE IN AGRICOLTURA 4.2.1 ARIDOCOLTURA E’ una pratica utilizzata nella coltivazione in aree dove l’apporto idrico naturale è insufficiente a soddisfare i fabbisogni delle colture, in quanto scarso o mal distribuito nell’ambito del ciclo biologico, e non è possibile far ricorso all’irrigazione. I principali obiettivi da conseguire sono: • favorire l’accumulo di riserve d’acqua nel terreno; • minimizzare le perdite d’acqua; • massimizzare l’efficienza d’uso dell’acqua meteorica. a) Accumulo di riserve idriche nel terreno Si può procedere tramite diverse modalità integrabili tra loro; di seguito si elencano sinteticamente le principali tecniche. • Sistemazione superficiale: ha lo scopo di favorire l’infiltrazione rispetto allo scorrimento superficiale; si ottiene tramite: I. Aumento della rugosità del suolo; II. Arginelli disposti secondo le curve di livello; III. Convogliamento dell’acqua di ruscellamento in compluvi ristretti (utilizzato soprattutto in aree subdesertiche). • Lavorazioni: sostanzialmente si distinguono in: I. Lavorazioni profonde, per favorire l’infiltrazione; II. Maggior approfondimento radicale; III. Eliminazione della flora infestante (che sottrae acqua utile alle coltivazioni). 124 • Ammendamenti: hanno lo scopo di aumentare la capacità di campo tramite l’aggiunta di sostanze organiche. • Inondazione stagionale: possibili solo se nelle vicinanze sono presenti fiumi, al fine di ricaricare le riserve idriche del terreno. • Maggese nudo: ha le seguenti caratteristiche: I. Nel terreno interessato si ha assenza di coltura per un anno (ad esempio avvicendamento biennale); II. Si utilizza in aree dove la piovosità è insufficiente a ricostituire le riserve idriche; III. Consiste in avvicendamenti nei quali la coltura principale si avvantaggia del riposo; IV. Sono necessarie lavorazioni per mantenere il terreno nudo: aratura profonda prima dell’autunno; lavorazioni superficiali ripetute ogni qualvolta il terreno si inerbisce, in qualche caso rimane inerbito sino a febbraio-marzo e pascolato nei mesi invernali. Gli scopi delle lavorazioni sono: limitare l’evaporazione, favorire la mineralizzazione della sostanza organica, favorire il rinettamento dalle colture infestanti, ottenere un miglioramento dello stato strutturale. Le conseguenze negative sono: bilancio umico in deficit, erosione del terreno, mancato reddito (causa l’assenza di coltura per un anno). • Maggese vestito: utilizzato in aree con buona piovosità, le caratteristiche principali che lo contraddistinguono sono: I. Flora spontanea, adatta al pascolo; II. Leguminose annuali (fava, trifoglio) e/o autoriseminanti (ley farming system); III. Minori vantaggi in termini di riserve idriche rispetto al maggese nudo; IV. Vantaggi da un punto di vista ambientale (minore erosione, minore calo di sostanza organica); V. Diventa un’avvicendamento vero e proprio. 125 b) Limitazione delle perdite di acqua E’ caratterizzata dalle tecniche elencate di seguito: • Lavorazioni superficiali: sostanzialmente si distinguono in: I. Eliminazione delle erbe infestanti; II. Chiusura delle crepacciature. • Frangivento e ombreggiamento: questa tecnica ha lo scopo di ridurre l’Evapotraspirazione; consiste in filari di piante od in piccole strisce boscose disposte e utilizzate come sbarramento protettivo contro il vento ai margini delle colture, in modo da aumentare l’ombreggiamento. • Pacciamatura: questa tecnica consiste nel ricoprire il terreno interessato dalla coltura con del materiale vegetale/inorganico, impedendo ad altre piante di crescere e mantenendo così in salute la coltura. Esistono due tipi di pacciame: il pacciame inorganico (ghiaia, lapillo vulcanico, argilla espansa, conchiglie, fogli di pvc…) è di lunga durata, ma non migliora la struttura del terreno e non ha potere fertilizzante; il pacciame organico (foglie, cortecce, compost, rametti sminuzzati, trucioli, letame maturo, torba…) ottimizza la tessitura del suolo, lo fertilizza, offre maggiore isolamento termico, ma deve essere rifornito di nuovo materiale ogni anno e può favorire marciumi soprattutto se troppo inumidito (anche i fogli di pvc possono provocare marciumi). Il terreno deve essere ben lavorato (vangato e/o zappato), prima di disporre il materiale almeno in strati di 4-5 cm, mentre non esiste un’altezza massima. L’uso di questa tecnica è legato ad una serie di motivi: - per evitare gli sbalzi termici (soprattutto per proteggere i germogli o i bulbi dal gelo); la protezione dell’apparato radicale dagli sbalzi termici permette una migliore radicazione e quindi un maggior benessere delle piante; - per mantenere costante l’umidità; questo permette un risparmio idrico (soprattutto nelle zone secche) e minore stress per le piante; - per migliorare la tessitura del suolo e per concimare (in caso di pacciamature con resti vegetali). 126 c) Altre tecniche per migliorare l’efficienza d’uso dell’acqua Si articolano in: • Scelta colturale e varietale fatta in base a: I. Ciclo colturale e precocità; II. Tolleranza alla siccità; III. Profondità raggiunta dalle radici; IV. Capacità di accrescimento in periodo freddo e umido. • Epoca di semina: I. Sincronizzazione con il clima (tenendo conto delle precipitazioni e delle temperature); II. Semina autunnale in ambienti a primavere corte e aride; III. Anticipo semina primaverile (Temperatura di germinazione bassa). • Densità di semina, potatura arborea: I. Semina più rada (minori quantità di seme per ettaro); II. Potatura povera; III. Concimazione organica e ridotte dosi di concime in zone aride per limitare la salinità. 127 4.2.2 SISTEMI IRRIGUI Le finalità dell'irrigazione L’importanza dell’acqua nella riuscita delle produzioni agricole era già conosciuta nell’antichità. Le grandi civiltà antiche, come l’egizia, la cinese, la sumera o l’inca, vantavano impianti irrigui in grado di apportare le necessarie quantità d’acqua alle coltivazioni. Essi erano frutto di evoluti studi d’ingegneria idraulica e garantivano l’ottenimento degli alimenti indispensabili per il sostentamento delle popolazioni. L’irrigazione permette di portare l’acqua nei terreni aridi, rendendoli fertili, o di migliorare l’attività agricola nelle zone dove scarseggia, perché le precipitazioni sono scarse e saltuarie. L’acqua non si comporta però nello stesso modo in tutti i tipi di terreno: ognuno di essi presenta infatti caratteristiche di tipo meccanico, fisico-chimico e biologico, che ne condizionano la capacità di trattenerla e il potere adsorbente. Una volta arrivata sul suolo, l’acqua non ha un uguale destino: una parte s’infiltra, una parte scorre sulla superficie, una parte evapora. Della porzione che s’infiltra non tutta è utile per gli apparati radicali delle piante: una frazione scende per gravità verso gli strati sottostanti ed è difficilmente captabile; un’altra viene trattenuta, grazie a forze di capillarità, nei piccolissimi pori presenti nel terreno; questa, insieme alla frazione dell’acqua che per risalita capillare arriva dagli strati bassi e impermeabili, mantiene il terreno umido ed è quella meglio utilizzabile dalle radici. Le piante, coltivate o spontanee, hanno perciò disponibilità idriche molto variabili in funzione della distribuzione stagionale delle precipitazioni, del tipo di terreno, del clima e del tipo di apparato radicale. Con l’irrigazione l’uomo riesce a sopperire alla mancanza di acqua di origine meteorica ed a mantenere nel terreno la necessaria disponibilità idrica per soddisfare i fabbisogni delle colture. Alcuni lavori agricoli, come l’aratura, hanno lo scopo di aumentare la capacità del terreno di trattenere l’acqua e di mantenere l’umidità a livelli adatti alla riuscita delle coltivazioni. 128 I sistemi per risparmiare la risorsa idrica L’irrigazione moderna deve rispondere alle esigenze di garantire una produttività elevata o un elevato standard qualitativo, nel caso delle colture di pregio. Questo significa in generale contenere i costi d’impianto e risparmiare la risorsa idrica, ridurre la manodopera ed aumentare l’automazione. Dal punto di vista dell’economia delle risorse, l’interesse si rivolge perciò ai sistemi in grado di ridurre sia i consumi idrici che quelli energetici, necessari per somministrare l’acqua d’irrigazione. Tali sistemi devono anche ridurre al minimo le perdite, che avvengono sia nelle operazioni di approvvigionamento e distribuzione dell’acqua, sia, durante la somministrazione dell’acqua, per scorrimento sul terreno, per percolazione in profondità e per evaporazione. A questo scopo la ricerca nel settore mira ad aumentare l’efficienza irrigua, cioè in pratica a migliorare il rapporto che lega le quantità d’acqua indispensabili ad una coltura e le quantità effettivamente somministrate, per evitare sprechi antieconomici. I sistemi d’irrigazione che permettono un risparmio d’acqua prevalentemente utilizzati in Italia sono: la subirrigazione, il sistema per aspersione o a pioggia e il sistema a goccia, anche detto microirrigazione o irrigazione localizzata. Quest’ultimo, nato in Israele attorno al 1970, è quello che consente la maggiore efficienza distributiva ed il maggiore risparmio dei volumi d’adacquamento, da metà a due terzi di quelli necessari con l’irrigazione a pioggia. A questi sistemi può essere associata la pratica della fertirrigazione, che consiste nella contemporanea somministrazione alla coltura di acqua e fertilizzante insieme e, pertanto, rappresenta la pratica agronomica più razionale per il soddisfacimento idrico-nutritivo della pianta. Questi sistemi riducono i consumi d’acqua rispetto ai sistemi tradizionali. Essi fanno ricorso a una elevata automazione ed a tecniche impiantistiche all’avanguardia, per risultare il più possibile efficienti nella distribuzione dell’acqua ed adattarsi alle tecniche agronomiche più attuali. Questi sistemi sono però quelli che prevedono un maggiore investimento nell’impianto. 129 4.2.2.1 La fertirrigazione Introduzione La fertirrigazione è una pratica associata alle tecniche irrigue che può fungere anche da sistema di smaltimento dei liquami sul terreno, da considerarsi perciò alla stregua di un trattamento depurativo biologico. Lo scopo principale di questa tecnica è la produzione agricola, mentre la depurazione del liquame è un obiettivo secondario; il sistema comporta la crescita dei vegetali sul terreno, irrigandolo con una delle tecniche che vedremo in seguito (microirrigazione, irrigazione a pioggia, subirrigazione). E’ utilizzato in zone caratterizzate da bassa piovosità ed irrigazione artificiale. Il trattamento depurativo avviene per evapotraspirazione, in funzione del clima, del tipo di terreno, delle colture e dell’utilizzazione da parte delle piante dei nutrienti contenuti nel refluo prevalentemente domestico. Il dosaggio applicato è abbastanza esiguo, di norma si aggira attorno a 25-75 mm/settimana (pari a 7503760 mm/ha*anno). Il limite principale relativo all’applicazione di questo sistema consiste nel fatto che occorre tenere conto delle esigenze agricole e climatiche, per cui è necessario prevedere bacini di stoccaggio dimensionati in base al calcolo del carico idraulico applicabile, desumibile valutando i dati agronomici, climatici e geologici a disposizione. Nel caso di spandimento del liquame, per evitare problemi di odori e di igiene, occorre pretrattarlo tramite grigliatura, decantazione e disinfezione, inoltre è bene non applicarlo sulle colture da consumarsi crude, recintare i terreni e mantenere una distanza di rispetto di 400 m. dalle abitazioni; per quanto riguarda la falda è sufficiente una distanza di 5 m. dalla superficie, dati i bassi dosaggi. La fertirrigazione a solo scopo irriguo consiste nell’incorporazione dei concimi nell’acqua e nella loro somministrazione tramite l’impianto d’irrigazione. Questa tecnologia si è apprezzata maggiormente con la diffusione dell’ irrigazione a goccia. Essa è infatti abbinata preferibilmente alla microirrigazione o alla subirrigazione, anche se può adattarsi praticamente a qualsiasi metodo irriguo. Nella pratica della fertirrigazione si realizza un effetto sinergico: l’acqua migliora l’assorbimento dei 130 fertilizzanti ed al tempo stesso questi rendono più efficiente il consumo dell’acqua. Presupposti importanti per un efficiente e razionale impiego di questa tecnica sono la conoscenza delle esigenze nutrizionali (minerali ed idriche) della coltura, della fertilità del suolo e delle caratteristiche dell’acqua di irrigazione, connessi ad una gestione razionale della tecnica irrigua. Nella fertirrigazione occorre aumentare la disponibilità di elementi nutritivi nel volume di terreno umettato, in modo che questa sia proporzionale al grado di assimilazione della coltura. La quantità di elementi nutritivi da apportare dipende dalle asportazioni della coltura e dalla loro disponibilità nel terreno. Vantaggi della fertirrigazione I principali vantaggi della fertirrigazione sono: • impiego di poca manodopera per le operazioni di applicazione del concime; • non calpestamento del terreno con le macchine; • facilità di esatto frazionamento della concimazione azotata; • applicazione dei fertilizzanti solo nello spessore di terreno effettivamente esplorato dagli apparati radicali delle colture; • possibilità di effettuare apporti di piccole dosi dei vari elementi nel corso dello sviluppo della coltura, riuscendo da un lato a soddisfare le reali esigenze delle piante, dall’altro a limitare i fenomeni di assorbimenti di lusso e la percolazione degli elementi più mobili; • possibilità di intervento anche in momenti in cui il terreno non è praticabile per i mezzi meccanici, per la presenza della coltura. Svantaggi della fertirrigazione Gli aspetti negativi principali sono collegati a: • limitazione alle sole coltivazioni irrigue; • necessità di un impianto di irrigazione più perfezionato e costoso; • interventi di irrigazione non strettamente necessari ma effettuati a sola funzione concimante; 131 • perdite per dilavamento e volatilizzazione a causa di impianti irrigui inefficienti o di particolari condizioni chimiche del terreno. Considerazioni Una razionale gestione della fertirrigazione consente generalmente di migliorare le rese rispetto alla concimazione tradizionale. In una coltivazione di pomodoro da industria la resa è stata maggiore del 17% in fertirrigazione rispetto alla concimazione tradizionale con irrigazione ad aspersione. In fertirrigazione l’apporto di elementi nutritivi può essere inferiore rispetto alle dosi indicate per il pieno campo perché la distribuzione è mirata alla zona del terreno dove si concentra maggiormente l’apparato radicale e minori sono le perdite di nutrienti. Nei disciplinari di produzione integrata viene in effetti raccomandata una riduzione di circa il 30% degli elementi fertilizzanti rispetto alle quantità indicate per il pieno campo. Diverse sperimentazioni sono state effettuate per valutare le dosi ottimali da adottare in fertirrigazione. In una coltivazione in serra di peperone con dosi di azoto variabili fra 0 e 350 kg/ha la resa maggiore è stata ottenuta con 150 kg/ha distribuiti in fertirrigazione. Per prevenire fenomeni di inquinamento per dilavamento è opportuno che la tecnica irrigua adottata assicuri una elevata efficienza ed uniformità distributiva dell’acqua. Occorre, quindi, distribuire volumi di adacquamento idonei a portare alla capacità idrica di campo il volume di terreno esplorato dalle radici, ciò significa definire correttamente le variabili irrigue (turni e volumi), conoscere le caratteristiche idrologiche del terreno, la profondità delle radici e dell’umidità del terreno al momento dell’irrigazione. Nel caso di irrigazione a goccia è opportuno adottare, nei terreni sabbiosi, turni irrigui giornalieri o a giorni alterni, anche in considerazione delle perdite di acqua per evapotraspirazione (>5-6 mm. al giorno). Nei terreni argillosi occorre adottare turni irrigui di 3-4 giorni, per evitare fenomeni di asfissia e di formazione di crepacciature. Anche la scelta e la tipologia dell’impianto irriguo è di estrema importanza: la portata e il numero di gocciolatori per m2 devono consentire una erogazione tale da ottenere una continuità di volume di terreno bagnato lungo tutta la linea 132 distributrice, inoltre la superficie di terreno umettata deve essere adeguata alle esigenze della coltura, la distanza tra i gocciolatori sull’ala disperdente può variare tra 30-40 cm. e 60-80 cm. passando da terreni sabbiosi a terreni argillosi. Solo in questo modo sarà possibile ottenere una elevata uniformità ed efficienza di distribuzione dell’acqua e contemporaneamente una efficace fertirrigazione. Si rilevano elevati valori di perdita dei nutrienti e di inquinamento delle falde che dipendono da una errata gestione dell’irrigazione e della fertirrigazione associata a condizioni sfavorevoli idrodinamiche dei suoli, come riscontrato in aree ad alta intensità agricola della Spagna, dove i livelli di nitrati nelle falde sono stati superiori a 160 mg/l NO3. I suoli con caratteristiche più sfavorevoli, quindi più soggetti al rischio di inquinamento da nitrati, sono i terreni sabbiosi per la limitata capacità di ritenzione idrica, quelli con falda superficiale (inferiore a 2 m), i terreni con uno ridotto strato utile (15-20 cm), i terreni con una pendenza elevata e quelli ricchi in sostanza organica. L’aumento del numero di fertirrigazioni, a parità di dose di fertilizzante, determina generalmente un aumento del rendimento. In una prova di pomodoro la resa è stata maggiore nella sperimentazione con più frequenti fertirrigazioni, rispetto a 2 o 4 fertirrigazioni: infatti nel caso di più frequenti fertirrigazioni il contenuto di azoto nella soluzione del terreno è stato meno fluttuante e comunque superiore a 50 ppm (parti per milione). Una gestione ottimale della fertirrigazione ha naturalmente influenza anche sulla qualità della produzione, anche se le differenze tra fertirrigazione e fertilizzazione tradizionale non sono sempre nette. L’inquinamento ambientale e la fertirrigazione Nel codice di buona pratica agricola (CBPA), relativo alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (Direttiva CEE 91/676), vengono incoraggiate quelle tecniche con le quali la concimazione azotata viene effettuata con poco anticipo rispetto ai momenti di fabbisogno (come in fertirrigazione). Inoltre viene ribadita l’importanza di praticare la fertirrigazione con metodi irrigui che assicurino una elevata efficienza distributiva dell’acqua; il fertilizzante non 133 deve essere immesso nell’acqua di irrigazione sin dall’inizio dell’adacquata, ma preferibilmente dopo aver somministrato circa il 20-25% del volume di adacquamento; la fertirrigazione dovrebbe completarsi quando è stato somministrato l’80-90% del volume di adacquamento. Nel caso di colture a ciclo breve, come la maggior parte di quelle orticole da foglia, da frutto o da radice (insalate, cavoli, zucchine, ravanelli, ecc.) il momento di esecuzione della concimazione passa in secondo piano, come misura di contenimento delle perdite per dilavamento dei nitrati, rispetto al rischio, ben maggiore, di un eccesso di concimazione azotata molto ricorrente in questo tipo di colture. La dose di azoto deve assicurare una adeguata risposta produttiva: si tratta di stabilire gli obiettivi di produzione, quelli che conciliano al meglio la remunerazione dei produttori, l’approvvigionamento dei consumatori e la minimizzazione del rischio ambientale. Nello stimare i fabbisogni di azoto si deve seguire la linea di prendere come base i livelli medio-alti di produttività e i conseguenti prelevamenti di azoto da parte delle colture, quali risultano dalla composizione chimica delle biomasse prodotte. La metodologia della fertirrigazione Una razionale applicazione della fertirrigazione richiede di stabilire diversi parametri (quantità e rapporti fra gli elementi nutritivi, composizione chimica della soluzione, frequenza degli interventi di fertirrigazione rispetto agli interventi irrigui). Possiamo distinguere, fondamentalmente, due metodologie di fertirrigazione: • Distribuzione di elementi nutritivi continua e proporzionale all’intervento irriguo: questo metodo ha il vantaggio di essere estremamente semplice e consente di aumentare la distribuzione dei fertilizzanti all’aumento della domanda di acqua di irrigazione; estrema importanza ha la composizione chimica della soluzione, la sua conducibilità elettrica e la reazione del pH. • Distribuzione di elementi nutritivi definita e suddivisa per ciascuna fase fenologica: il fabbisogno della coltura viene stimato attraverso un bilancio che considera le asportazioni, le immobilizzazioni, le perdite, gli 134 apporti e le disponibilità naturali; quindi viene suddiviso, considerando i rapporti ottimali fra gli elementi, per ciascuna fase fenologica ottenendo la quantità da distribuire periodicamente. Tipologia dei fertilizzanti Per quanto riguarda i fertilizzanti, ne sono disponibili una vasta gamma, formulati in forma solida, liquida, a bassa salinità, ecc. Nella scelta è opportuno considerare, oltre al costo dell’unità fertilizzante, anche la solubilità dei vari formulati, la compatibilità dei vari prodotti tra di loro ed il grado di purezza. Qualora la conducibilità elettrica dell’acqua irrigua e/o del terreno sia elevata è opportuno scegliere prodotti che non aumentino ulteriormente tale parametro. Nel caso di acque ad elevato pH è opportuno utilizzare prodotti che determino un abbassamento dello stesso. E’ importante considerare la solubilità dei vari formulati che cambia notevolmente a seconda della temperatura dell’acqua nella quale vengono disciolti, per cui è bene porre particolare attenzione nei periodi primaverile ed autunnale e qualora si utilizzino fonti idriche profonde. I prodotti impiegati nella fertirrigazione devono essere completamente solubili in acqua, per evitare occlusioni negli erogatori, e mobili nel terreno per poter raggiungere facilmente l’apparato radicale. Quando sono presenti nella stessa soluzione, determinati elementi interagiscono tra loro per formare altre sostanze. In molti casi, le sostanze che si formano possono otturare l’impianto di irrigazione. L’azoto nitrico (nitrato) è soggetto nel suolo a forti lisciviazioni, perciò dovrebbe essere applicato ad ogni irrigazione alla dose ottimale per la coltura fertirrigata. In questo modo la salinità del suolo, determinata dagli apporti di fertilizzanti, avrebbe un andamento costante e non determinerebbe stress per eccessiva fertilizzazione, o per carenza a causa dei fenomeni di lisciviazione. L’analisi dell’acqua può contribuire ad identificare dove è probabile che ci possa essere un problema e, ove necessario, l’acqua deve essere trattata prima dell’aggiunta del fertilizzante. In generale, i fertilizzanti che contengono livelli elevati di calcio (Ca) o magnesio (Mg) non dovrebbero essere mescolati con i fertilizzanti che contengono fosforo (P) o zolfo (S). La solubilità generale della miscela è fissata solitamente dal 135 componente che ha la solubilità più bassa fra i componenti presenti nella soluzione. Sulla base di alcune verifiche condotte presso aziende frutticole ferraresi si ritiene che ottimi risultati siano ottenibili anche con concimi ordinari, si ritiene pertanto che l’uso di formulati particolarmente puri e/o a bassa salinità sia giustificato solamente in condizioni particolari (elevata salinità dell’acqua o del terreno) o per specifiche esigenze colturali (necessità di far assorbire rapidamente gli elementi alla coltura). Metodi di iniezione L’iniezione dei fertilizzanti nell’acqua di irrigazione può essere fatta in vari modi. La scelta del sistema e dell’apparecchiatura di iniezione più idonea va fatta secondo la forma del fertilizzante (solida o liquida), la disponibilità di una fonte di energia elettrica, il bisogno di portatilità del sistema di iniezione e secondo i requisiti ed i vincoli della portata necessaria. L’iniezione del fertilizzante dovrebbe essere fatta preferibilmente prima dei filtri. Solo gli acidi, dovrebbero essere iniettati a valle per non danneggiare i filtri. In entrambi i casi, dovrebbe essere impostato un sufficiente lasso di tempo, dopo l’iniezione del fertilizzante, affinchè l’acqua pulita attraversi tutto l’impianto di irrigazione, lavando il sistema dai residui. Prima dell’iniezione, è necessario assicurarsi che l’impianto di irrigazione sia adatto per la fertirrigazione. Un dispositivo che impedisce l’inversione del flusso dovrebbe essere installato nel punto più appropriato. Si elencano di seguito gli apparati di iniezione più comuni. . Serbatoio di by-pass a pressione Un serbatoio, contenente il fertilizzante nella forma solida o liquida, viene installato in parallelo con una valvola collocata sulla linea di irrigazione. La chiusura parziale della valvola provocherà una differenza di pressione tra la valvola ed il serbatoio. L’acqua allora attraverserà il serbatoio, dissolvendo e trasportando il fertilizzante nell’acqua di irrigazione. Il serbatoio deve essere in grado di reggere la pressione dell’impianto di irrigazione. 136 Gli svantaggi principali di questo metodo consistono nel fatto che la concentrazione del fertilizzante nell’acqua di irrigazione non è uniforme (diminuendo con la durata della fertirrigazione) e che il serbatoio deve essere riempito di fertilizzante ogni volta. E’ un sistema adatto per piccoli impianti, senza una fonte di energia e che necessitano di un apparato portatile. Iniettore Venturi Usando il principio Venturi (che limita la sezione trasversale del flusso) per generare una aspirazione, la soluzione fertilizzante viene risucchiata e veicolata nel flusso dell’acqua di irrigazione. La costruzione del dispositivo è semplice ed i costi d’acquisto sono relativamente bassi. Poiché il dispositivo è molto sensibile alle variazioni di pressione, dovrebbe essere impiegato solo nelle situazioni in cui le condizioni di funzionamento dell’impianto sono conosciute e stabili. Pompe Le pompe iniettano la soluzione del fertilizzante aspirandola da un serbatoio aperto (non a pressione) ed iniettandolo nell’acqua di irrigazione con una pressione più elevata rispetto alla prevalenza nel punto di innesto. L’uso delle pompe permette una gestione completa dei quantitativi e della temporizzazione del fertilizzante. Sono adatte sia per il funzionamento manuale che l’automazione più avanzata. Le pompe sono disponibili in una vasta gamma di principi di funzionamento ed alimentazione. • Le pompe azionate dalla pressione dell’acqua sono appunto alimentate dalla pressione esercitata dall’acqua su un pistone od un diaframma. La quantità iniettata dalla pompa è proporzionale alla pressione, ma può essere regolata dall’utente. Nella maggior parte dei modelli, l’acqua impiegata per il funzionamento viene espulsa dall’impianto ma bisognerebbe prendere in considerazione un suo recupero. Il vantaggio più importante è che l’iniezione del prodotto cessa quando si arresta il flusso dell’acqua. • Le pompe con motore a scoppio sono un sistema molto potente di iniezione. Solitamente viene utilizzato il motore di un trattore per alimentare l’iniettore, che aspira da un grande serbatoio portatile. Il funzionamento di tale dispositivo ha bisogno della presenza dell’operatore 137 ed inoltre deve essere regolato il tasso di iniezione. Utilizzando un dispositivo di misurazione collegato all’iniettore è possibile controllare la quantità del volume di soluzione iniettata. • Le pompe con motore elettrico sono disponibili in una vasta gamma di portate e capacità. Questo tipo di pompa è la più adatta per l’automazione di impianti fissi (come per le serre o i pozzi) poiché la sua limitazione è la disponibilità di una sorgente di energia elettrica. Sistemi di filtrazione La filtrazione è un trattamento meccanico delle acque, realizzato per proteggere l’impianto di irrigazione da otturazioni o da usura eccessiva, che viene progettato per separare le particelle solide (sospese solitamente) maggiori di una dimensione stabilita. Il meccanismo di filtrazione deve essere selezionato e regolato secondo l’impianto di irrigazione, le caratteristiche dell’acqua e, nel caso di fertirrigazione, la presenza di particelle solide, dovute all’incorporazione del fertilizzante. Idrociclone (separatore centrifugo) L’acqua viene iniettata in un cono rovesciato attraverso un ingresso tangenziale. La separazione cinetica viene effettuata dalla forza centrifuga che spinge le particelle solide (con peso specifico maggiore dell’acqua) verso la parete del cono. Scorrendo dalla sommità fino alla parte inferiore del cono, lungo le pareti (per la forza di gravità), i solidi vengono raccolti in un serbatoio separato mentre l’acqua pulita viene espulsa attraverso una bocca nella parte superiore del cono. I filtri idrociclone sono i più adatti per la separazione della sabbia. Filtri a schermo L’acqua di irrigazione passa attraverso uno schermo di metallo o di plastica che crea una zona di filtrazione. Lo schermo è sostenuto da un corpo rigido per compensare la pressione sviluppata anche dall’accumulo dello sporco. Questo tipo di filtro è solitamente meno costoso di altri sistemi di filtrazione. I semplici filtri a schermo hanno un uso limitato alla filtrazione di bassi livelli di contaminazione da particelle di ossidi di ferro e magnesio oppure come controllo dei filtri 138 idrociclone. I sistemi automatici di lavaggio incorporati nei filtri a schermo aumentano la capacità di filtrazione, anche se innalzano pure il costo. Filtri a materiale Il processo di filtrazione avviene facendo passare l’acqua di irrigazione attraverso uno spesso strato di particelle calibrate (ghiaietto). La finezza di filtrazione dipende dal formato delle particelle e dalla velocità di flusso dell’acqua attraverso il filtro. La pulizia dei filtri viene effettuata lavandoli con un flusso contrario di acqua pulita o filtrata. I filtri a materiale sono adatti per la filtrazione dei solidi in sospensione (limo) così come dell’acqua che contiene livelli elevati di materiale organico (alghe) o ferro e magnesio ossidati. Filtri a disco Formati da un insieme di dischi scanalati, compressi lungo un asse, questa versione elaborata dei filtri a schermo aggiunge la dimensione “profondità” alla zona filtrante e quindi aumenta considerevolmente la sua capacità rispetto a quelli a schermo. I filtri a disco possono essere usati per filtrare bassi livelli di contaminazione da alghe o da particelle di ossidi di ferro e magnesio e come filtro di controllo per altri sistemi di filtrazione, escluso l’idrociclone. L’installazione di sistemi di lavaggio automatico aumenta le capacità operative dei filtri. Strumenti di controllo I principali strumenti di controllo, relativi ad un impianto irriguo tramite il quale si applichi la fertirrigazione, sono quelli descritti nel seguito. Valvola di non ritorno Quando si incorporano i fertilizzanti nell’irrigazione, c’è sempre il pericolo di riflusso all’indietro dei fertilizzanti nella sorgente d’acqua. L’installazione di un dispositivo di non ritorno, a monte del punto di iniezione, è raccomandata e in alcuni casi obbligatoria, secondo i regolamenti vigenti del luogo. 139 Valvola di rilascio del vuoto (sull’iniezione) Quando l’impianto di irrigazione si spegne, l’acqua restante nei tubi defluisce attraverso gli ugelli, generando una depressione (vuoto) nel sistema. Ciò può provocare una aspirazione del fertilizzante dal serbatoio che potrebbe causare effetti nocivi sulle colture, quando la soluzione concentrata di fertilizzante viene distribuita. L’installazione di una valvola di rilascio del vuoto, sul tubo dell’unità di iniezione, può impedire tali gravi problemi. La valvola deve essere situata più in alto del livello della soluzione fertilizzante nel serbatoio. Automazione Il funzionamento programmato dell’impianto di irrigazione e del processo di fertirrigazione può essere attuato dall’utente con un sistema centralizzato facile e pratico. E’ importante che sia dotato di un allarme che avvisa il personale in caso di malfunzionamento. L’installazione di dispositivi di telecomando permette il controllo esterno dei vari sistemi. Possono essere installati dispositivi di controllo e di misura dei volumi, dei tempi o delle pressioni (come nel caso di lavaggio automatico dei filtri), con differenti livelli di indipendenza e di complessità secondo il bisogno. Manutenzione Di seguito si elencano le specifiche per la manutenzione dei principali apparati costituenti un impianto irriguo al quale è associata la pratica della fertirrigazione: • i serbatoi devono essere sciacquati e puliti alla fine di ogni ciclo di fertirrigazione; • le valvole del serbatoio devono essere pulite e controllate per vedere se ci sono perdite; • i dispositivi e gli apparati di iniezione devono essere controllati affinchè non vi siano perdite e siano iniettati i quantitativi esatti; • occorre verificare la perdita di pressione dovuta all’accumulo di materiale nei filtri affinchè rientri nei limiti dati dal fornitore; • i filtri devono essere periodicamente puliti tramite flusso inverso d’acqua pulita affinchè non diminuisca la capacità di filtrazione; 140 • sono necessarie misure di pressione alla testa dell’impianto d’irrigazione ed alle ali terminali per controllare le perdite di carico; • sono necessarie misure di portata per controllare che questa rimanga al di sotto del 10% di perdita della portata di progetto; una diminuzione eccessiva è sintomo di un processo di otturazione; • è necessario effettuare il lavaggio delle tubazioni, seguendo il senso del flusso, almeno 2 volte l’anno (uno durante la stagione irrigua, uno alla fine di questa) per eliminare i materiali che sedimentano alle estremità delle linee di irrigazione; • per eliminare le incrostazioni saline al livello degli ugelli è necessario un trattamento con acido; si ottiene il massimo rendimento dal trattamento solo se viene fatto quando il processo d’incrostazione è all’inizio; Qualità dell’acqua irrigua Per una fertirrigazione ottimale, grande attenzione deve essere posta alla qualità dell’acqua in funzione principalmente della tipologia di impianto di fertirrigazione. La fertirrigazione a goccia richiede la più elevata qualità dell’acqua, priva di solidi sospesi e di microrganismi che possono intasare i piccoli fori dei gocciolatori, e richiede anche l’impiego di fertilizzanti perfettamente solubili. La precipitazione di fertilizzanti nel sistema irriguo costituisce un serio problema se si supera la solubilità di un elemento fertilizzante; questo problema si verifica spesso quando la concentrazione del calcio o del magnesio supera 100 ppm. Se è presente un’elevata concentrazione di sali nell’acqua irrigua, se ne deve tenere conto per evitare danni a colture particolarmente sensibili alla salinità; in queste condizioni la distribuzione dei fertilizzanti deve essere frazionata in tutti gli interventi irrigui allo scopo di rendere minimo l’incremento della conducibilità dell’acqua irrigua per effetto dei fertilizzanti disciolti. In presenza di elementi tossici per colture sensibili (boro, cloro, sodio) nell’acqua irrigua si debbono scegliere fertilizzanti che ne sono privi. 141 Alcune norme pratiche Si riportano di seguito alcune considerazioni e norme pratiche da seguire nella fertirrigazione applicata su colture orticole con irrigazione a goccia: • conoscere le esigenze nutrizionali della coltura in termini di nutrienti; • soddisfare le esigenze idriche della coltura senza eccessi (dilavamento) né carenze; • conoscere le caratteristiche idrologiche ed analitiche del terreno per tarare gli apporti nutritivi; • conoscere le caratteristiche dell’acqua di irrigazione (conducibilità, pH); • l’apporto di elementi fertilizzanti va ridotto di circa il 30% rispetto alle quantità indicate per il pieno campo; • la frequenza degli interventi di fertirrigazione nei suoli sabbiosi, almeno per quanto riguarda l’azoto, dovrebbe coincidere con l’intervento di irrigazione a goccia; • nei suoli di medio impasto la fertirrigazione può essere praticata con frequenza pari ad 1/2 di quella dell’irrigazione a goccia; • nei suoli argillosi la fertirrigazione può essere praticata con frequenza pari ad 1/3 di quella dell’irrigazione a goccia; • conoscere la profondità delle radici ed il contenuto di umidità del terreno al momento dell’irrigazione; • non distribuire volumi di adacquamento maggiori di quelli necessari a portare alla capacità idrica di campo il volume di terreno esplorato dalle radici; • immettere il fertilizzante nell’acqua di irrigazione dopo aver somministrato circa il 20-25% del volume di adacquamento; • completare la fertirrigazione quando è stato somministrato l’80-90% del volume di adacquamento; • nei terreni sabbiosi adottare turni irrigui giornalieri o a giorni alterni, anche in considerazione delle perdite di acqua per evapotraspirazione (>56 mm. al giorno); • nei terreni argillosi adottare turni irrigui di 3-4 giorni per evitare fenomeni di asfissia e di formazione di crepacciature; 142 • la portata e il numero di gocciolatori devono bagnare in maniera continua il terreno lungo tutta la linea distributrice; • la distanza tra i gocciolatori sull’ala disperdente può variare tra 30-40 cm e 60-80 cm passando da terreni sabbiosi a quelli argillosi; • impiegare fertilizzanti solubili per evitare possibili ostruzioni dei gocciolatori; • apportare pochi sali soprattutto quando si utilizza acqua salata; • mantenere il pH della soluzione fertilizzante fra 5 e 6; • non apportare contemporaneamente fertilizzanti che contengono calcio e/o magnesio con altri che contengono zolfo o fosforo; • l’impiego di fertilizzanti a reazione acida riduce la possibilità di ostruzione dei gocciolatori, rendendo più assimilabili i microelementi presenti nel suolo. A seguire si trattano le tecniche irrigue alla quali è possibile associare la fertirrigazione. 143 4.2.2.2 La microirrigazione o irrigazione a goccia Uno degli obiettivi più attuali nella tecnica irrigua consiste nel mantenere un contenuto di umidità nel terreno tale da favorire l’assorbimento dell’acqua in modo continuativo da parte delle radici. L’apparato radicale non deve così sopportare situazioni di scarsità alternate ad eccessi idrici. A questo fine si ispira la microirrigazione, detta anche a goccia o ad infiltrazione localizzata in pressione: si tratta di un sistema per far sì che l’acqua, somministrata a piccoli volumi, bagni ad intervalli di tempo ravvicinati soltanto la porzione di terreno vicino alle radici. Il contenuto di umidità pressochè costante nel terreno esplorato dalle radici è garantito dalla elevata frequenza delle somministrazioni. I vantaggi del sistema I vantaggi dei sistemi microirrigui possono essere così sintetizzati: • minore sviluppo delle colture infestanti; • assenza di dilavamento delle foglie; • indifferenza al vento; • localizzazione dell’acqua in prossimità della zona radicale della coltura; • indifferenza ad alta temperatura dell’aria; • riduzione delle perdite di acqua per evaporazione; • possibilità di fertirrigazione; • possibilità di impiego di acque reflue (associata alla tecnica della fertirrigazione); • costo di esercizio contenuto grazie alle basse pressioni richieste e alle basse portate orarie; • elevata uniformità di distribuzione dell’acqua; • possibilità di automatizzare l’impianto; • migliore difesa antiparassitaria grazie alla possibilità di entrare in campo con macchine anche durante la fase irrigua; • mantenimento del terreno sempre al giusto grado di umidità; • possibilità di utilizzo di fonti idriche di modesta portata. 144 Il risparmio del sistema a goccia è evidente: a piccoli volumi corrispondono modeste portate e pressioni d’esercizio ridotte, il che significa consumo di basse quantità d’acqua e d’energia. I sistemi a goccia, che prevedono pressioni di funzionamento molto basse (tra 1 e 2 bar), economizzano il consumo d’acqua con portate che difficilmente superano i 10 decimetri cubi all’ora. I punti di erogazione dell’acqua sono localizzati in modo che sia massimo l’assorbimento da parte dell’apparato radicale della coltura. In questo modo è garantito il risparmio d’acqua perché una minore massa di terreno da inumidire si traduce in minori volumi d’adacquamento. Con questo sistema il fabbisogno idrico della coltura, ovvero il volume stagionale d’acqua richiesto per potersi sviluppare nelle migliori condizioni, resta pienamente soddisfatto, ma senza sprechi. La microirrigazione viene normalmente adottata per frutteti, vigneti e colture ortive. Permette di sfruttare anche acque salmastre, che, se a contatto diretto con le foglie delle piante, procurerebbero bruciature. Grazie ai volumi d’acqua richiesti piuttosto contenuti, questo sistema consente di sfruttare anche semplici pozzi. Permette inoltre d’irrigare in presenza di vento, caratteristica di non trascurabile importanza in particolari condizioni climatiche. Con le tubazioni interrate è infine possibile eseguire le operazioni colturali necessarie tra i filari e immettervi fertilizzanti, per ottenere irrigazione e concimazione combinate. Somministrando la stessa quantità di acqua, l’irrigazione a goccia copre circa il 46% in più di volume di terreno umidificato rispetto al sistema in superficie. Questo non solo lascia più spazio per una maggiore aerazione ma anche, non raggiungendo mai il punto di saturazione del terreno, favorisce il movimento dell’acqua per capillarità e diminuisce le perdite della stessa per percolazione. Gli svantaggi del sistema D’altra parte la microirrigazione presenta anche alcuni limiti così sintetizzabili: • possibilità di occlusione dei gocciolatori per la presenza di solidi in sospensione o deposito di sostanze organiche o minerali, con conseguente necessità di un accurato sistema di filtraggio; • costi di impianto spesso elevati; 145 • richiesta di picchi di manodopera nella fase di impianto e disinstallazione dello stesso. Le tubazioni di piccolo calibro e gli erogatori utilizzati con questo sistema possono facilmente intasarsi e richiedono perciò apparati di filtraggio. In base al tipo di terreno, se più argilloso o più sabbioso, occorre studiare per la singola situazione la posizione ed il numero più adatto di erogatori. Anche la qualità dell’acqua può essere limitante per l’adozione di questo sistema, specie se contiene delle particelle solide sospese che oltrepassano i filtri o sostanze disciolte corrosive nei confronti delle varie parti dell’impianto. Il metodo microirriguo esclude inoltre la possibilità di distribuire antiparassitari sulla parte aerea delle colture o di ricorrere all’irrigazione antigelo o climatizzante. Apparati costituenti l’impianto microirriguo L’impianto microirriguo risulta sostanzialmente costituito da: stazione di pompaggio, dispositivi di filtraggio, eventuali sistemi per la fertirrigazione, condotta principale e derivazioni per le condotte secondarie (manichette, ali gocciolanti) dotate di dispositivi per l’erogazione dell’acqua (gocciolatori, microirrigatori). Stazione di pompaggio Uno dei principali vantaggi legati all’impiego della microirrigazione è rappresentato dalla bassa pressione di esercizio, che non rende necessarie pompe ad elevata prevalenza, come invece spesso accade negli impianti per aspersione. Rimane comunque un elemento da non trascurare l’elevata portata necessaria qualora si voglia intervenire su più appezzamenti simultaneamente. In alcuni casi possono essere utilizzate con successo pompe caratterizzate da elevata portata e ridotta prevalenza, interessanti anche sotto il profilo economico. Considerando le perdite di carico della condotta principale e del dispositivo di filtraggio, il gruppo pompante deve garantire una pressione di circa 1-1,5 bar all’ingresso della condotta secondaria (ala microirrigua); ciò permette, anche nei casi più sfavorevoli, di partire con pressioni generalmente inferiori a 4-5 bar. 146 Condotte principali, secondarie ed erogatori I due tipi di elementi che maggiormente caratterizzano un impianto microirriguo sono: le condotte per il trasporto dell’acqua, che terminano con le cosiddette ali gocciolanti, ovvero le appendici su cui sono inseriti gli erogatori o microerogatori, che distribuiscono l’acqua. Le condotte sono sempre in materiale plastico (PVC o polietilene ad alta o bassa densità) che è economico, flessibile, elastico e garantisce la migliore resistenza alle aggressioni chimiche. Le ali gocciolanti si classificano in pesanti e leggere secondo lo spessore e, quindi, la durata richiesta alla linea, ed in autocompensanti e non, secondo gli accorgimenti adottati per ridurre le perdite di carico e garantire sufficiente omogeneità di distribuzione al variare della pressione. Gli erogatori, fabbricati in materiale plastico, hanno la funzione di far fuoriuscire l’acqua in pressione che circola nelle tubazioni. La messa in pressione dell’acqua avviene grazie all’apparato pompante dell’impianto, un’elettropompa o una motopompa a scoppio. I tipi più comuni di erogatori sono dei semplici fori da cui l’acqua esce come uno zampillo: all’aumentare della pressione nel tubo aumenta la portata. I tipi cosiddetti autocompensanti mantengono invece inalterata la portata grazie a particolari meccanismi di compensazione delle variazioni della pressione interna. La portata di ciascun erogatore è molto bassa: da 4 litri per ora, quando si usa una bassa pressione di erogazione, a 10 litri per ora, per alte pressioni. Il buon funzionamento degli erogatori dipende dall’efficienza del sistema filtrante a monte, che occorre tenere pulito e che richiede una assidua manutenzione. Un indice molto importante che caratterizza la qualità degli erogatori è il coefficiente di variazione (CV) della portata nominale (Qn). Il coefficiente di variazione esprime, in percentuale, lo scostamento delle portate dei singoli erogatori dalla portata media del campione. Il tipo di terreno, più sabbioso o più argilloso, deve essere considerato quando si progetta l’impianto, soprattutto per quanto riguarda il numero e la posizione degli erogatori: se sono troppo pochi, alla pianta non viene fornita la giusta quantità d’acqua e il risultato produttivo è scarso; se sono troppi, aumentano i costi. 147 Sistema di filtraggio Relativamente alla scelta del sistema di filtraggio, il primo elemento da prendere in considerazione è la qualità dell’acqua, sostanzialmente legata alla fonte di approvvigionamento. I filtri disponibili si differenziano in base alle dimensioni e alla portata oraria. I valori forniti dai costruttori devono comunque essere opportunamente valutati in quanto dipendenti dal grado di pulizia dell’acqua in ingresso, che influenza anche la frequenza di lavaggio e manutenzione del sistema filtrante. In base alle caratteristiche specifiche legate al tipo di impurità presenti, la scelta può ricadere su filtri a schermo, a materiale, a dischi oppure a idrociclone. Nel caso di pompaggio da condotte interrate con un buon grado di pulizia dell’acqua può essere sufficiente anche un unico filtro a schermo con capacità filtrante adeguata alla portata necessaria all’impianto. Se si attinge da canali a cielo aperto o da bacini di raccolta caratterizzati da elevata presenza in acqua di frazioni organiche (alghe, particelle vegetali, ecc.) può essere necessario l’impiego di filtri a materiale, singoli od in batteria, sempre dimensionati sulla base della portata necessaria, costituiti da un serbatoio di acciaio zincato o inox, eventualmente abbinati ad un secondo filtro a schermo o dischi per trattenere l’eventuale impurità residua. I filtri a dischi presentano dei dischetti in materiale plastico con superfici esterne scabrose e sono disponibili con diverso indice di filtraggio; il principale vantaggio è rappresentato dall’elevata superficie filtrante che viene a crearsi in volumi generali del filtro complessivamente ridotti. Per l’attingimento da pozzi o fonti caratterizzati da elevata frazione solida (sabbia, silice, ecc.) può essere necessario il ricorso a filtri tipo idrociclone, capaci di separare, accumulandole alla base, le particelle solide disperse per effetto centrifugo generato dalla velocità di transito dell’acqua. L’eventuale presenza di più tipologie di impurità richiederà abbinamenti diversi e specifici per garantire la perfetta pulizia dell’acqua in uscita, onde non compromettere, spesso irrimediabilmente, l’efficienza dell’impianto. 148 Dimensionamento, progettazione e controllo Nella realizzazione di impianti microirrigui è proprio l’omogeneità di distribuzione il parametro principale del dimensionamento che, in funzione della lunghezza dell’appezzamento, determinerà la portata necessaria e quindi la tipologia di ala più indicata per l’impianto. Indicativamente possono considerarsi accettabili portate di 4-5 litri all’ora per metro di lunghezza per appezzamenti di 100-150 metri, riducibili a 3-4 litri all’ora aumentando a 200-250 metri, fino a 1,5-2 litri all’ora approssimandosi a 300 metri. Una volta definita la tipologia di ala e, quindi, la portata lineare, sarà la superficie dell’appezzamento che determinerà la portata totale dell’impianto responsabile del dimensionamento del gruppo di pompaggio e di filtraggio, precisando che in determinate condizioni può risultare economicamente conveniente rinunciare all’irrigazione simultanea di tutto l’appezzamento preferendo due o più turni irrigui. Quando si fa un progetto di un impianto microirriguo, occorre inoltre considerare le caratteristiche del clima e le necessità di acqua delle singole colture. Il computer trova applicazione in questo sistema d’irrigazione per il controllo del funzionamento dell’impianto, con possibilità di avvertire le anomalie e stabilire i relativi programmi di allarme e soccorso; può inoltre acquisire ed elaborare i dati relativi all’informazione ambientale, per predisporre una risposta automatica all’irrigazione. L’acqua per la microirrigazione Gli erogatori, per le loro piccole dimensioni, hanno vie di passaggio per l’acqua molto ridotte. L’acqua da utilizzare deve essere di buona qualità, senza particelle solide o elementi disciolti, dannosi per l’impianto. La qualità dell’acqua è perciò un elemento molto importante per questo tipo d’impianto: per meglio definirla può essere necessario ricorrere all’analisi di laboratorio per poi valutare, con i dati alla mano, l’economicità degli eventuali trattamenti cui sottoporla per renderla idonea all’uso. In ogni caso è sempre necessario il trattamento fisico di filtraggio per trattenere le impurità e mantenere efficiente tutto l’impianto. Se nell’acqua ci sono sostanze in soluzione si ricorre al trattamento chimico, che consiste nell’aggiunta di cloro o acido all’interno delle tubazioni. 149 4.2.2.3 Il sistema per aspersione o a pioggia Con il sistema per aspersione l’acqua d'irrigazione cade sul terreno e sulle colture sotto forma di piccole goccioline: per questo motivo viene anche detto irrigazione a pioggia. Vantaggi del sistema E’ un sistema che ha trovato largo uso nell’agricoltura tradizionale perché presenta numerosi vantaggi: • è adottabile su tutti i tipi di terreno e non richiede sistemazioni preliminari del terreno; • permette di economizzare i volumi d’adacquamento, perchè si possono ripartire con maggiore regolarità rispetto ad altri sistemi; • la manodopera necessaria è limitata, specie nel caso di impianti fissi, perchè l’impianto è agevolmente automatizzabile. Svantaggi del sistema Per contro, presenta alcuni svantaggi: • prevede un elevato investimento iniziale per la messa in opera (come per la microirrigazione); • richiede una costante manutenzione e un notevole dispendio energetico per il funzionamento; • l’efficacia dell’irrigazione per aspersione è fortemente condizionata dalla presenza di vento, che influisce sulla regolarità della distribuzione; • nel caso in cui l’acqua sia suddivisa troppo finemente, si possono verificare ingenti perdite per evaporazione. Apparati costituenti l’impianto d’irrigazione a pioggia A monte dell’impianto c’è il gruppo motore/pompa che deve portare ad una pressione adeguata l’acqua per irrigare. Da qui l’acqua passa nelle condotte in pressione, di materiali diversi, che possono essere sistemate sul terreno in modo fisso, mobile o misto. 150 Nel primo caso sono in genere interrate, mentre le mobili vengono posate sul terreno e facilmente montate e smontate grazie a giunti rapidi. Gli elementi terminali del sistema sono gli irroratori o irrigatori: questi hanno il compito di spruzzare l’acqua in modo uniforme, rendendo minima l’azione battente delle gocce sul terreno o sulle colture. L’intensità di erogazione deve essere regolata in modo che non si formino ristagni sul terreno e che l’acqua venga assorbita gradualmente. I modelli più utilizzati sono di due tipi: gli statici, usati in giardini, vivai e impianti sportivi, e i rotativi, molto diffusi nelle colture di pieno campo. Gli irrigatori si distinguono in base all’intensità di pioggia (i millimetri di acqua che cadono sull’area circolare bagnata dall’irrigatore nell'unità di tempo) che sono in grado di fornire: lentissima (circa 3 mm/ora), lenta (5 mm/ora), media (5-10 mm/ora), alta (oltre 10 mm/ora). Per facilitare l’uso del sistema per aspersione sulle ampie superfici si sono ideate diverse soluzioni, come gli irrigatori montati su ali piovane (tipi speciali di tubazioni), che possono essere trainate o essere semoventi. Tra i sistemi che hanno più successo ci sono quelli autoavvolgenti, in cui l’irrigatore è montato su un carrello e attaccato ad un tubo che lo alimenta. Il tubo, che all’inizio dell’operazione è avvolto su di una grossa bobina, si srotola mentre il carrello è trasportato lontano dalla bobina. Quando incomincia a funzionare, una pompa spinge l’acqua nel tubo e contemporaneamente il carrello si muove affinchè il tubo di alimentazione venga lentamente riavvolto sulla bobina. Le soluzioni più moderne sono meccaniche e automatizzate, di tipo semovente, dotate quindi di motore autonomo. Nei sistemi center pivot (perno centrale), destinati a grandissime superfici, la tubazione è lunga anche 500 metri e ruota intorno al punto di alimentazione dell’acqua. Gli erogatori sono mantenuti a qualche metro da terra grazie ad appositi supporti, simili a tralicci, che si muovono su carrelli con ruote. Sempre con un tubazione rigida funziona il sistema rainger, in cui il movimento dei tralicci avviene in senso frontale. Diversamente dal precedente, l’area irrigata ha forma rettangolare e non circolare. Questi impianti possono essere dotati di valvole programmate e di programmatori d’irrigazione, per ridurre ulteriormente l’intervento della manodopera. 151 Ancora per aspersione funzionano i moderni impianti cosiddetti sottochioma per frutteti, che comprendono una parte interrata, mentre l’altra è costituita da spruzzatori a 100-150 cm di altezza. L’aspersione soprachioma viene invece utilizzata quasi unicamente nelle zone frutticole del nord Italia, per permettere l’irrigazione antibrina. 4.2.2.4 La subirrigazione La subirrigazione, oltre ad essere una tecnica irrigua, è anche un sistema di smaltimento dei liquami (acque reflue provenienti da scarichi civili o zootecnici) nel terreno, adatto per insediamenti di piccole dimensioni. Viene eseguita tramite dispersione artificiale delle acque o del liquame chiarificato al di sotto della superficie del suolo, evitando così il problema dei cattivi odori ed i pericoli igienici; viene realizzata con una rete di piccoli condotti sotterranei, detti reticoli disperdenti, lievemente inclinati e la cui lunghezza è funzione della permeabilità del terreno. Questi introdotti nel terreno (permeabile o poco permeabile), favoriscono la dispersione delle acque senza che sia necessario modellare in modo speciale la superficie del suolo sovrastante. Questo metodo irriguo consente, tramite le ali gocciolanti interrate, la precisa distribuzione del liquame oppure dell’acqua, dei fertilizzanti e di altri fitofarmaci, direttamente nella zona esplorata dall’apparato radicale delle piante, riducendo le quantità dei prodotti utilizzati con la conseguente riduzione dei costi. Ciò permette agli utilizzatori di ottimizzare le condizioni ambientali di crescita delle colture che comporteranno una maggiore resa, non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi. Un impianto di subirrigazione distribuisce efficientemente l’acqua ad una profondità che varia dai 10 ai 75 cm, creando uno strato di terreno umidificato continuo lungo i filari delle piante. La profondità alla quale verranno installate le ali gocciolanti sarà determinata dalla tessitura del terreno e dallo sviluppo dell’apparato radicale delle colture. 152 Interventi irrigui frequenti (più volte al giorno), senza mai raggiungere il punto di saturazione del terreno, favoriscono il movimento dell’acqua per l’azione capillare, eliminando il ristagno d’acqua in superficie e le perdite per percolazione. Il principale limite all’applicazione di questo metodo irriguo è dovuto alla possibilità di intrusione delle radici negli erogatori, che vengono così otturati impedendo l’uscita dell’acqua. I vantaggi associati all’utilizzo di questa pratica sono i seguenti: • maggiore resa: l’acqua ed i nutrienti, distribuiti direttamente in prossimità dell’apparato radicale, favoriscono la crescita in salute delle piante e riducono lo stress delle stesse; • migliore qualità del raccolto: sia il terreno sia il fogliame vengono mantenuti asciutti riducendo in tal modo le malattie fungine, favorite specialmente dall’irrigazione in superficie, inoltre si eliminano le macchie sui frutti e sulle foglie spesso causate dall’irrigazione sopra chioma; • sicura ed efficiente distribuzione di fertilizzanti, insetticidi e fitofarmaci: i prodotti chimici arrivano direttamente all’apparato radicale delle piante diminuendo le quantità utilizzate e riducendo al minimo l’inquinamento ambientale; • minore sviluppo di erbe infestanti: la superficie del terreno asciutta riduce la germinazione di erbe infestanti; • migliore aerazione del terreno: le particelle più piccole del terreno non sono dilavate, diminuendo così la compattazione dello stesso e favorendo la crescita delle radici; • superficie del terreno asciutta: con la superficie del terreno asciutta i lavori colturali e la raccolta possono essere effettuati anche mentre l’irrigazione è in atto; • maggior durata dell’impianto: i gocciolatori a flusso turbolento e le tubazioni vengono fabbricati con materie prime di elevata qualità che garantiscono una lunga durata. Il sistema irriguo, quando è interrato, viene protetto dai danni causati dai raggi ultravioletti, dalle fluttuazioni termiche e da quelli dovuti ai lavori colturali; 153 • sostanziale risparmio d’acqua: lo spreco d’acqua dovuto all’evaporazione, alla foschia, allo scorrimento superficiale viene eliminato; • minore quantità di sali: meno acqua implica la minore presenza di sali nel terreno e nelle falde; • minor costo di manutenzione: l’impianto viene interrato definitivamente e non richiede ulteriori manipolazioni; • risparmio di manodopera: la più facile distribuzione dei fertilizzanti, la presenza di meno erbe infestanti, il miglior controllo delle malattie e la minor manutenzione implicano meno manodopera impiegata. Apparati costituenti l’impianto di subirrigazione: il sistema di subirrigazione è composto dagli stessi elementi di un normale impianto a goccia di superficie, cioè: la stazione di pompaggio, l’eventuale sistema di trattamento dell’acqua, l’iniettore di fertilizzanti e fitofarmaci, le valvole di scarico e il gruppo comandi con controllo sia manuale che automatizzato. Nel caso in cui l’alimentazione del sistema sia costituita da liquame (particolarmente adatto è l’effluente del lagunaggio), questo deve essere grigliato, decantato e distribuito con sistemi a cacciata per evitare depositi lungo le condotte e garantire l’efflusso anche nei punti più lontani. 154 4.2.3 ITALIA - APPLICAZIONE DI UN IMPIANTO DI IRRIGAZIONE A GOCCIA ALIMENTATO CON ENERGIA FOTOVOLTAICA IN EMILIA ROMAGNA Con questa esperienza si abbina il risparmio energetico conseguibile con l’impiego dell’energia rinnovabile fotovoltaica, con il risparmio idrico determinato dall’impiego dell’irrigazione a goccia. Le esperienze condotte dal CER (Consorzio di Bonifica di secondo grado per il Canale Emiliano Romagnolo) da alcuni anni hanno verificato che l’abbinamento delle due tecnologie si sposa ottimamente sia per soddisfare le esigenze di risparmio idrico ed energetico, sia per fornire energia agli impianti irrigui, automatizzando ed adeguando le irrigazioni alle esigenze climatiche, con volumi idonei ad un uso sostenibile dell’acqua. Quest’ultima capacità deriva dal fatto che, sia la pianta sia i pannelli fotovoltaici funzionano in relazione alla radiazione solare che intercettano. L’evapotraspirazione della coltura è fortemente correlata alla radiazione solare: per tale motivo esiste una relazione tra quantità di energia intercettata dai pannelli solari e convertita in energia elettrica (che tramite un elettropompa viene a sua volta convertita in quantità d’acqua fornita alla coltura) e fabbisogno idrico della pianta. Per dare la massima aderenza tra energia elettrica fornita dai pannelli fotovoltaici ed esigenze idriche della pianta, il sistema studiato in una precedente fase di ricerca ha eliminato l’accumulo energetico in batterie (costose ed oggetto di continue manutenzioni), fornendo elettricità direttamente all’elettropompa. In sintesi, un sistema irriguo fotovoltaico a goccia (SOLARDRIP) adeguatamente dimensionato, può permettere di dare una minore quantità di acqua alle colture nei periodi dell’anno con giornate corte (o nelle giornate estive ma con copertura nuvolosa) e viceversa una maggiore quantità d’acqua in quelle lunghe e molto soleggiate, nelle quali la domanda evapotraspirativa, quindi l’esigenza idrica della pianta, è alta. Precedenti esperienze del CER hanno permesso di rilevare che, orientativamente, per soddisfare le esigenze idriche sostenibili delle colture da frutto in EmiliaRomagna, occorrono i volumi idrici (l/m2) e le superfici di pannelli solari indicate nella tabella seguente. 155 mm Mese Necessità idriche litri/m2 Piogge Melo Pesco Kiwi Vite Necessità irrigue litri/m2 Melo Pesco Kiwi Vite Maggio 60 49 45 58 49 - - - - Giugno 56 95 82 113 76 39 26 57 20 Luglio 34 124 109 167 87 90 75 133 43 Agosto 33 111 98 150 76 78 65 117 43 Settembre 78 74 - - 29 - Superficie (m2) pannelli solari necessari per 7,91 6,59 11,69 7,56 (punta) ettaro di coltura > La stima evidenzia superfici non eccessive se l’acqua si trova già in superficie; dovranno essere previste superfici maggiori in caso di sollevamento dell’acqua da un pozzo ed in caso di tubazioni di trasporto idrico con elevate perdite di carico. Il pescheto solare presso l’azienda Martorano 5 di Cesena L’impianto dimostrativo SOLARDRIP è stato montato su un pescheto della cultivar (tipo) Springbelle (maturazione ad inizio luglio), costituito da 6 filari distanti 5 m. tra loro e lunghi 131 m., per un totale di 3.930 m2 (=(30*131)m2). Tutto l’impianto irriguo è stato scelto e dimensionato per ridurre al minimo le perdite energetiche e per sfruttare al massimo l’energia solare. Per l’irrigazione delle piante sono stati montati 430 gocciolatori comuni (del tipo Toro Eurokey) aventi portata nominale di 2 l/h (portata nominale complessiva di 860 l/h); l’impianto ha, quindi, una pluviometria teorica di 0,22 mm/h (= 860 l/h su 3.930 m2). La bassa pluviometria dell’impianto è stata scelta in considerazione della lunga durata di erogazione determinata dall’alimentazione dei sistemi di pompaggio ad energia solare senza accumulatori. Il gocciolatore scelto è di tipo comune, quindi in grado di aumentare la sua portata all’aumentare della pressione, che evidentemente si ha nelle ore della giornata con massimo irraggiamento solare e quindi di maggior conversione fotovoltaica. E’ quindi stata evitata la scelta di un gocciolatore autocompensante che avrebbe potuto non entrare in pressione nelle ore meno soleggiate e diminuire la pressione 156 in quelle con massimo irraggiamento, con scarsa omogeneità di distribuzione idrica e minor portata complessiva a fine giornata. I gocciolatori sono stati montati su tubazioni di polietilene di diametro 20 mm.; tale diametro determina irrisorie perdite di carico idraulico (quindi energetico) in considerazione delle basse portate degli erogatori. Per evitare problemi di intasamento degli erogatori di bassa portata, l’acqua proveniente da un bacino aziendale a cielo aperto è filtrata tramite un filtro a dischi. Dopo aver calcolato le esigenze idriche sostenibili della coltura, in collaborazione con la Nuova Thermosolar di Formigine (MO) è stata individuata l’elettropompa a corrente continua CC (quelle a corrente alternata CA necessitano di inverter CC/CA che consumano rilevanti % di energia) idonea all’impianto a goccia per pressione e portata. La scelta è ricaduta sull’elettropompa solare Solaflux con dispositivo turbo per basse prevalenze ed alte portate, che da un’indagine è risultata quella di maggior portata ed efficienza per la situazione idraulica del frutteto da irrigare. Pompa Solaflux La pompa sommersa è di piccola potenza ed elevato rendimento, alimentabile con tensioni comprese tra 20 e 280 W. La portata dichiarata è compresa tra 600 e 11.000 l/g, a seconda: della prevalenza di funzionamento, dell’efficienza e del numero di pannelli fotovoltaici applicati e della radiazione solare del sito di installazione (tutti parametri che necessitano di attente verifiche per adeguare l’impianto alle necessità irrigue). La pompa è stata posizionata verticalmente nel bacino di accumulo idrico dell’azienda sperimentale Martorano 5 a circa 70 cm. sotto il livello dell’acqua. 157 L’abbinamento con un impianto a goccia è già stato verificato positivamente dal CER. Per l’alimentazione elettrica diretta della elettropompa sono stati installati 4 moduli fotovoltaici di silicio policristallino, da 12 Volt nominali, della superficie di 1.215x555 mm. (0,6743 m2 ognuno x 4 = 2,6973 m2 complessivi). I moduli sono stati collegati in serie per raggiungere i 48 Volt nominali di tensione, ottimali per un buon funzionamento della pompa solare. I moduli fotovoltaici sono stati montati su un telaio d’acciaio che è stato rivolto a sud ed inclinato rispetto all’orizzontale di 30° per ottenere la massima efficienza. Tra i moduli fotovoltaici e l’elettropompa è stato inserito un controller elettronico (MK1) che ha importanti funzioni per il buon funzionamento dell’elettropompa: • interruzione del collegamento elettrico tra pannelli e pompa quando l’insolazione è troppo debole, evitando danneggiamenti alla pompa; • ripristino immediato del collegamento quando l’insolazione torna a livelli sufficienti per l’azionamento del motore; • consente l’eventuale ripetizione del ciclo di interruzione e ripristino ogni 2 minuti; • in base all’insolazione e al carico della pompa collega automaticamente tutti i 4 pannelli in serie, oppure 2 a 2 in parallelo, per consentire il funzionamento del sistema anche in condizioni di bassa insolazione e per un tempo prolungato. Nel seguito è rappresentato uno schema semplificato dell’impianto pompa Solaflux - 4 pannelli fotovoltaici. + - + - + - + - MK1 SOLAFLUX 158 Prime osservazioni sulla funzionalita’ del sistema Il montaggio dell’impianto irriguo e l’allacciamento al sistema fotovoltaico è stato completato il 21 giugno 2002. Da alcuni rilievi effettuati nei giorni 22 e 23 giugno è stato rilevato che l’impianto ha erogato complessivamente 24.000 m3 d’acqua, e quindi 12.000 l/g. Il volume distribuito sulla superficie del frutteto è stato, quindi, di 3,053 mm/giorno (= 12.000 l/g su 3930 m2); volume corrispondente all’irrigazione sostenibile ipotizzata. 4.3 TECNICHE NATURALI PER LA GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE Per impiegare i nutrienti nel settore agricolo in un’ottica di riutilizzo delle risorse ed ottimizzare molti processi depurativi naturali occorre separare il refluo di origine domestica nelle sue frazioni elementari: urine, feci ed acque grigie. I rifiuti organici provenienti dalla cucina ed il materiale fecale sottoposti a trattamento di compostaggio, i fanghi di supero provenienti da impianti di depurazione, le urine fatte decantare in apposite vasche sono le frazioni che più proficuamente risultano utilizzabili in agricoltura. 4.3.1 FITODEPURAZIONE APPLICATA AL SETTORE AGRICOLO Una tipologia molto usata è quella delle zone umide artificiali a flusso subsuperficiale verticale, nelle quali l’acqua da depurare, sparsa sulla superficie del suolo, percola verticalmente attraverso il medium e viene raccolta da delle tubature poste sul fondo, per cui il processo depurativo avviene principalmente nel terreno, con le piante che preservano la capacità infiltrativ, oltre ad assorbire i nutrienti a livello dell’apparato radicale. La tecnica specifica facente parte di questra categoria e maggiormente usata nel settore agricolo è: 159 Sistema di irrigazione dei terreni agricoli: sia l’acqua che le sostanze contenute nel refluo sono sfruttate come nutrienti da recuperare. E’ un sistema estensivo in cui l’irrigazione può avvenire solo durante determinati periodi dell’anno. Tale modalità prevede che le acque raccolte, dopo la fase di sedimentazione ed il trattamento biologico, vengano convogliate in un bacino per il periodo invernale. Per garantire l’eliminazione degli agenti patogeni eventualmente presenti nelle acque meteoriche risulta importante prolungarne il periodo di permanenza in una o più vasche, mentre durante l’estate ne è previsto l’utilizzo per irrigare i terreni circostanti, che possono ospitare colture agricole per usi generici o canneti che assorbono molti nutrienti e sopportano bene l’acqua. Caratteristiche similari presentano anche alcune piante terrestri quali salice e pioppo. Il bacino di raccolta, abbastanza profondo per diminuire l’esposizione al sole ed all’aria, va previsto con un fondo impermeabile. Un corretto funzionamento del sistema consente di chiudere il ciclo senza inquinare le acqua profonde o in superficie con efficacia soddisfacente e di recuperare i fanghi come concime. in un’area agricola con grande consumo d’acqua, tale metodologia consente di diminuirlo e, riciclando i nutrienti, di evitare l’eutrofizzazione dei corsi d’acqua. Gli alti costi di un’eventuale rete di convogliamento delle acque nel bacino suggeriscono di adottare questa tecnica nelle vicinanze dell’insediamento dal quale proviene il refluo. Altra tipologia è quella delle zone umide a flusso superficiale, che consistono in bacini o canali dotati di un opportuno medium per la crescita della vegetazione, con l’acqua che scorre in superficie. Possono ospitare vegetazione galleggiante o sommersa od essere piantumate a canneto. In agricoltura la tecnica di questo tipo più usata è: Bacini di accumulo (magazzini di acque meteoriche): oltre alla possibilità di attingere per scopi irrigui da parte degli agricoltori, questa metodologia consente di soddisfare anche funzioni estetiche, depurative, regolative del regime fluviale e, talvolta, anche energetiche. Un inserimento ambientale dal quale tutto il paesaggio tragga beneficio impone di ridurre al minimo gli elementi artificiali rilevabili a prima vista: il profilo sinuoso delle sponde e la loro piantumazione con essenze arboree locali, consentono di mascherarne la struttura artificiale. Questi due elementi hanno un effetto positivo 160 sulle capacità depurative del bacino; collocando quest’ultimo in modo da consentire lo sfruttamento di eventuali “salti” d’acqua, c’è la possibilità di produrre energia idroelettrica. Altre tecniche varie: • Colture idroponiche: si basano sulle capacità depurative dell’acqua, in particolare sull’azione svolta da piante ed organismi acquatici, demolitori di sostanze inquinanti, in cui la presenza di acqua è determinante. In questi sistemi i nutrienti contenuti nel refluo vengono utilizzati per la coltivazione di piante acquatiche o l’allevamento di pesci e molluschi. Consistono in una serie di bacini di profondità variabile, tra loro collegati; la tecnica basa il suo funzionamento sul fluire del refluo da un contenitore all’altro. Per le caratteristiche degli specifici trattamenti che in ognuno di essi hanno luogo in una successione che esalta la funzione depurativa, l’acqua da depurare diminuisce gradualmente il proprio grado di inquinamento alimentando biotipi compatibili con le proprie caratteristiche chimico-fisiche. In condizioni di clima sufficientemente caldo gli impianti possono essere allestiti all’esterno, mentre in climi freddi e temperati si preferisce chiuderli in strutture climatizzate tipo serre. • Stoccaggio e trattamento urine: l’operazione più complessa e costosa legata a questa tecnica è la separazione delle urine dalle altre componenti degli scarichi umani. Il processo di trattamento è di facile realizzazione consistendo in una cisterna per lo stoccaggio delle urine, interrata per mantenere il contenuto a bassa temperatura al fine di evitare l’attività dei batteri e l’evaporazione dell’azoto, dimensionata in modo da garantire un’autonomia di circa 1 anno. Trascorso questo lasso di tempo le urine possono essere prelevate ed utilizzate come ammendante nel settore agricolo. Per le difficoltà impiantistiche connesse alla separazione, ma soprattutto per la forte motivazione necessaria all’utenza per adeguare le proprie abitudini alle tipologie impiantistiche, questa tecnica non è sempre e dappertutto facilmente introducibile, nonostante i vantaggi ambientali ad essa connessi: dalla possibilità di riciclaggio attraverso la produzione di 161 ammendante di ottima qualità, all’alleggerimento dei nutrienti da trattare che altrimenti raggiungerebbero i depuratori. • Compostaggio: questa tecnica favorisce l’igienizzazione delle feci e di altro materiale organico consentendone l’impiego in agricoltura come fertilizzante. Il materiale fecale ed i rifiuti organici sono raccolti in una camera di compostaggio interrata dove ha luogo una riduzione del materiale tramite processi biochimici in ambiente aerobico ed a temperatura elevata. Quando il serbatoio di compostaggio è pieno, il contenuto deve essere conservato per 3/6 mesi per igienizzarsi, poi trascorso un anno può essere utilizzato in agricoltura come humus. Il modello, che si basa sulla separazione tra urine, materiale fecale ed acque grigie, se da un lato ha il vantaggio di una migliore gestione delle singole frazioni e dell’ottenimento della massima riciclabilità, presenta d’altra parte dei limiti derivanti dalla disposizione del serbatoio interrato che va posto preferibilmente direttamente sotto il WC ed è perciò adottabile quasi esclusivamente in ambito rurale (oppure nel caso di singole abitazioni con giardino). 4.3.2 APPLICAZIONE DELLA FITODEPURAZIONE AL TRATTAMENTO DI REFLUI DI ORIGINE ZOOTECNICA Lo sviluppo negli ultimi anni di allevamenti con capacità produttive, in termini di capi/allevamento, superiori alle risorse territoriali presenti, ha determinato da un lato lo sviluppo di allevamenti con grandi capacità di produzione, e dall’altro un progressivo incremento degli oneri unitari per lo spargimento e, in misura maggiore, per il trasporto delle deiezioni su lunghe distanze. Tale incremento dei costi determina l’esigenza di ricercare nuovi sistemi di trattamento delle acque reflue di allevamento, assimilando l’attività zootecnica per taluni aspetti a quelle di carattere industriale, consentendone lo scarico nell’ambiente, private del loro carico di nutrienti, a costi contenuti e gestione semplificata. 162 Sono state avviate prove al fine di stabilire le modalità di utilizzo di un sistema di fitodepurazione per il trattamento biologico dei reflui zootecnici e, nello specifico, dei reflui provenienti da allevamenti suini. Gli obiettivi principali sono stati quelli di valutare l’efficacia del sistema nell’abbattimento della sostanza organica, dell’azoto e del fosforo totale in un impianto a flusso verticale. Le prove di fitodepurazione sono state avviate su un refluo precedentemente filtrato. Nella seguente tabella vengono riassunti i risultati medi ottenuti nelle prove di fitodepurazione a flusso verticale a scala di laboratorio, costituito da tre fasi di trattamento. Concentrazioni e percentuale di rimozione degli inquinanti Fasi di COD trattamento (mgO2/l) (mg/l) Azoto N-NH4 N-NO2 N-NO3 Azoto totale (mg/l) (mg/l) (mg/l) organico (mg/l) (stima) (mg/l) Ingresso 2.248,4 869,2 698,7 1,4 9 160,1 Fase 1 1.284,9 603,5 388,5 80 32,2 102,8 Fase 2 972,8 556 299 106,7 78,6 71,7 Fase3 763,5 551,7 193,1 123,3 90,4 144,8 Rimozione 66% 37% 72% - - 10% totale sull’ingresso Rimozione della sostanza organica – COD Nello schema di trattamento utilizzato, la rimozione della sostanza organica intesa come COD è stata pari al 66%. Tuttavia, in esperienze pregresse condotte su di un refluo di origine agro-alimentare di tipo proteico, e quindi con un elevato contenuto di sostanza organica e di azoto e con un valore di COD in uscita analogo (618 mgO2/l), sono state raggiunte concentrazioni di COD residuo molto più contenute (118 mg/l), con un trattamento più spinto determinato dall’aggiunta di fasi successive di fitodepurazione. Si ritiene, quindi, che con l’aggiunta di una o 163 più fasi di fitodepurazione, anche a basso carico idraulico, sia possibile migliorare le rese ottenute e raggiungere i limiti di scarico previsti. Rimozione delle sostanze azotate Il refluo esaminato si caratterizza per un alto rapporto N-totale/COD, il quale si aggira su valori di 0,4. La principale forma di azoto è quella ammoniacale (NNH4), risultato della degradazione dell’urea. Come è noto, alte concentrazioni di ammoniaca possono risultare tossiche per i microrganismi. La percentuale complessiva di rimozione dell’azoto totale è stata mediamente del 37%. Per quanto riguarda l’azoto ammoniacale, questo viene rimosso in misura del 70% circa, mediante processi biologici sia di assimilazione che di ossidazione e successiva trasformazione in nitrito e nitrato. Tuttavia, sulla base delle prove svolte e dei valori del rapporto N-totale/COD, risulta che una maggiore rimozione dell’azoto totale, con i principi e le metodologie gestionali adottate, non è raggiungibile. Rimozione del fosforo La rimozione complessiva del fosforo totale è stata contenuta, circa 50%, valore quest’ultimo inferiore a quelli conseguiti in altre esperienze. Tuttavia, detti valori di rimozione sono da attribuirsi anche alla tipologia di substrato utilizzato, altamente poroso che, se da un lato agevola i processi di ossidazione e di digestione dell’impianto, dall’altro canto determina una bassa efficienza depurativa per quanto concerne il fosforo, a causa di fenomeni di insolubilizzazione. Così si ritiene che l’aggiunta di fasi ulteriori di fitodepurazione a basso carico con idonei substrati possano migliorare le efficienze raggiunte. Conclusioni Le prove svolte consentono di valutare la fattibilità dell’utilizzo di tale tipologia impiantistica per il trattamento dei reflui zootecnici. Tuttavia, a fronte dei risultati ottenuti, si ritiene che il raggiungimento dei limiti di accettabilità allo scarico sia possibile mediante una configurazione impiantistica più articolata ed una gestione appropriata del refluo in oggetto. 164 4.4 ESEMPI DI APPLICAZIONE DI PRINCIPI E TECNOLOGIE PER IL RISPARMIO IDRICO NEL SETTORE AGRICOLO IN ITALIA 4.4.1 IL PROGETTO “LICATA“ CONTRO LA DESERTIFICAZIONE IN SICILIA Nell’estate 2002 la già grave situazione idrica della Sicilia si è ulteriormente aggravata a fronte di una stagione particolarmente siccitosa che si è protratta fino all’autunno. Questa situazione ha colpito in modo particolare la regione meridionale della Sicilia, di cui il Comune di Licata costituisce un esempio limite, a causa della assoluta mancanza di acqua dolce per usi agricoli e civili. In questo preoccupante quadro di emergenza idrica, il Comune di Licata ha richiesto all’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) di elaborare una proposta complessiva che affrontasse il grave problema dell’approvvigionamento idrico, quindi riguardante anche le attività per la lotta alla desertificazione. L’ENEA ha risposto alla richiesta del Comune elaborando il presente progetto di massima. Lo scopo del presente lavoro è quindi di indicare alle autorità pubbliche (Comune, Provincia, Regione) l’opzione tecnica più opportuna. Quadro socio economico del territorio di Licata La città di Licata è situata nella provincia di Agrigento sulla costa meridionale della regione Sicilia. Tutta la fascia costiera agrigentina è caratterizzata da un clima sub-umido secco con precipitazioni annue comprese fra 230 e 639 mm., ma anche soggetto ad eventi alluvionali che nel passato hanno provocato ingenti danni e perdite umane. Le condizioni climatiche costituiscono al tempo stesso un vantaggio ed una limitazione per lo sviluppo dell’area, poiché le attività produttive agricole da un lato beneficiano di temperature medie mensili che oscillano fra i 12°C del mese di gennaio ed i 26°C del mese di agosto, ma dall’altro soffrono di una cronica insufficienza di acqua per l’attività di produzione intensiva, che costituisce la maggiore fonte di reddito di Licata. 165 Il crescente fabbisogno d’acqua dell’agricoltura è stato in passato soddisfatto emungendo la falda freatica ed utilizzando il fiume Salso, che sfocia nei pressi di Licata. La qualità dell’acqua della falda si è progressivamente deteriorata a causa delle intrusioni saline (dell’acqua di mare), mentre l’acqua del fiume, che è naturalmente ricca di sali minerali, impone di interrompere periodicamente l’attività agricola per ripristinare un tenore salino dei suoli compatibile con le attività produttive. L’impiego di queste acque non solo limita la produttività delle colture agricole, ma provoca anche un significativo rischio di desertificazione. I fabbisogni idrici di Licata e di altri comuni limitrofi vengono in parte soddisfatti dal dissalatore di Gela e da alcuni invasi destinati a questo scopo. L’acqua del dissalatore di Gela potrebbe teoricamente soddisfare il 75% dei fabbisogni di questi comuni se la rete di distribuzione non fosse soggetta a furti e perdite, che praticamente riducono la disponibilità di acqua a livelli del tutto insufficienti. E’ stato valutato che ogni abitante di Licata consuma circa 37 l/giorno, rispetto ad un valore nazionale medio di circa 200 l/giorno, quindi è assolutamente necessario ridurre al minimo gli sprechi e razionalizzare l’uso delle risorse idriche, affinchè sia garantita un’adeguata fornitura per i settori civile, agricolo e industriale. La vigente normativa italiana in materia di risorse idriche (Decreto legge 152/99 e legge Galli 36/94), ha stabilito che i fabbisogni civili sono prioritari rispetto agli altri usi. Soddisfare i fabbisogni idrici civili e del settore agricolo costituisce una sfida non solo per lo sviluppo delle zone aride, che rischiano di diventare sempre più economicamente e socialmente marginali, ma anche per la lotta alla desertificazione. Per raggiungere tale obiettivo è necessario combinare la costruzione delle grandi opere civili (dighe, invasi, acquedotti) con lo sfruttamento di una risorsa idrica certa e praticamente inesauribile come l’acqua di mare. Entrambe queste opzioni vanno sapientemente integrate per far fronte alle attuali e future esigenze idriche della Sicilia. Il dissalatore di Gela, che produce 500 litri/sec (43.200 m3/giorno), fornisce acqua per uso civile ai Comuni di Gela, Niscemi, Palma di Montechiaro, Licata, Canicattì, Campobello, Ravanusa, Agrigento e consorzio Voltano, che 166 costituiscono un bacino di utenza di circa 300.000 abitanti che ha un fabbisogno idrico per usi civili stimabile in 60.000 m3/giorno. Foto 1. Conseguenze della siccità nella Piana di Licata: quello che resta di una coltivazione a carciofi. Le nuove opere civili di captazione o quelle che entreranno in funzione, non permetteranno di soddisfare la domanda idrica per l’agricoltura nell’area considerata. Gli scenari climatici indicano che nel prossimo futuro le precipitazioni potrebbero ulteriormente ridursi (come poi è accaduto nell’estate del 2003), rispetto al passato, e quindi gli attuali invasi rischiano di non essere sufficienti a soddisfare i fabbisogni idrici dell’isola. Le possibili misure tecnologiche di mitigazione e di adattamento alle nuove condizioni, come la dissalazione ed il riutilizzo delle acque reflue, dovranno essere associate a misure di risparmio ed ottimizzazione dell’utilizzo dell’acqua, nonché ad altre misure ambientali di ripristino della copertura vegetale in una visione integrata della protezione dell’acqua e del suolo, necessaria a scongiurare i rischi di desertificazione. Sarà inoltre necessario programmare le attività produttive in modo compatibile con la qualità e la quantità delle risorse naturali esistenti, acqua e suolo, nella 167 consapevolezza che la desertificazione costituisce una minaccia non solo per gli ecosistemi e le attività produttive, ma anche per la società nel suo complesso. Fino al settembre 2002 la disponibilità idrica per gli abitanti era garantita alcune ore per due giorni la settimana. Gli abitanti accumulavano quindi l’acqua in cisterne, facendo anche ricorso ad autobotti private. La rete idrica idropotabile di Licata è alimentata dal dissalatore di Gela, dalla captazione di acqua da alcune piccole sorgenti e dagli invasi di accumulo destinati all’uso idropotabile. Teoricamente questo sistema di approvvigionamento dovrebbe fornire circa 90 litri/secondo (pari a 7.700 m3/giorno), mentre la disponibilità attuale è di circa 1.000 m3/giorno. L’agricoltura utilizza in parte le acque del fiume Salso, prelevando abusivamente lungo il suo percorso. Esistono poi alcuni pozzi artesiani nella piana di Licata ad una profondità di circa 20-40 m., che forniscono un’acqua con pessime caratteristiche chimiche, per la presenza di cloruro di sodio (NaCl), quest’ultimo ad una concentrazione di circa 4-6 g/l. Alcuni agricoltori soddisfano le loro esigenze irrigue utilizzando queste acque dopo un adeguato trattamento, che consiste in una fase di sedimentazione in vasche (vedi foto 2), seguita da un processo di ossidazione, di chiarificazione con lapillo di cava e di osmosi inversa. Le acque primarie disponibili sul territorio di Licata, su cui si possono effettuare processi di depurazione sono: 1. Il mare 2. Il fiume Salso 3. Le acque reflue del depuratore civile 4. I pozzi artesiani 168 Foto 2. Vasca di sedimentazione dell’acqua estratta da un pozzo per uso agricolo Necessità idriche per lo sviluppo socio economico Le necessità idriche nel territorio di Licata, a prevalente sviluppo urbano ed agricolo, sono state valutate per uso potabile ed agricolo, a partire dalle caratteristiche del territorio considerato (piana di Licata ed insediamento urbano). Gli abitanti di Licata sono circa 40.000, ma nel periodo estivo diventano circa 60.000 per il rientro degli emigrati e per la presenza turistica. Proprio nel periodo estivo le disponibilità idriche tradizionali si riducono ai livelli minimi. Per assicurare almeno a 40.000 abitanti una quota pro capite di circa 200 litri/giorno (media del consumo idrico civile in Italia), è necessario disporre di 8.000 m3/giorno (= 40.000 ab.*0,2 m3/g). Il fabbisogno idrico per fini irrigui è stimato in base ai dati forniti dal locale ufficio dell’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste, sulla base dell’estensione delle colture attuali nella piana di Licata e del fabbisogno idrico medio delle varie colture (vedi tabella 1). Risultano necessari almeno 30.000 m3/giorno d’acqua per scopi irrigui (ottenuti da 10.750.000 m3/anno su 365 giorni). 169 Tabella 1. Fabbisogno idrico per fini irrigui di diverse colture Principali colture Superficie di agricole locali colture (ha) Fabbisogno idrico Fabbisogno totale specifico (m3/ha (m3/anno) anno) Serre a tunnel per 1.200 5.000 6.000.000 Carciofi 800 1.500 1.200.000 Produzioni orticole 700 1.500 1.050.000 Vigneti 1.000 1.500 1.500.000 Uliveti 1.000 1.000 1.000.000 la produzione di meloni e ortaggi Fabbisogno idrico 10.750.000 totale Sulla base di una ricognizione territoriale e di uno studio eseguito presso la Provincia di Agrigento ed il Comune di Licata, è stato possibile formulare una proposta di un nuovo approvvigionamento idrico, recupero e gestione delle risorse idriche da destinare allo sviluppo socio economico del comprensorio. Per soddisfare i fabbisogni civili si prevede di ricavare acqua potabile dalla dissalazione dell’acqua di mare perché è l’unica possibilità offerta dal sito, sia per le quantità necessarie, che per ragioni economiche ed igienico sanitarie. Infatti, e’ più costoso e meno sicuro dal punto di vista igienico produrre acqua potabile dai reflui civili o dallo stesso fiume Salso. Per l’uso irriguo si propone di recuperare acque di scarico dal depuratore civile di Licata e dal fiume Salso, previa opportuna depurazione. La stima delle necessità idriche del Comune di Licata è di: • circa 8.000 m3/giorno per usi civili (acqua potabile); • circa 30.000 m3/giorno per scopi agricoli Si propone di ricavare 10.500 m3/giorno dalla dissalazione dell’acqua di mare, in modo da soddisfare le esigenze civili, con un esubero di circa 2.500 m3/giorno. 170 Il fabbisogno stimato dell’agricoltura può essere solo parzialmente soddisfatto facendo ricorso a fonti non convenzionali. Si prevede che a regime sia possibile soddisfare solo un terzo (10.000 m3/g) dell’attuale richiesta ottimizzando il riuso dei reflui urbani e delle acque del Salso. Per l’agricoltura si prevede di recuperare circa 2.800 m3/giorno dal depuratore e dal Salso, a cui si aggiungono i 2.500 m3/giorno in esubero dal dissalatore. A regime, cioè quando sarà aumentata l’acqua per usi civili, crescerà conseguentemente la quantità sversata nel depuratore (che ha una capacità di 10.000 m3/g), quindi si potrà contare su circa 12.500 m3/giorno. Processo di depurazione e riutilizzo delle acque reflue a scopi agricoli L’impianto a fanghi attivi sversa in mare un volume di circa 1.000 m3/giorno di acque biologicamente depurate. Queste acque hanno una composizione chimica piuttosto compatibile per un possibile uso agricolo (COD = 120 ppm), con tracce di metalli pesanti, ma con un contenuto elevato di cloruri ed una presenza di flora batterica. L’impiego di queste acque in agricoltura richiede un adeguato trattamento depurativo. Il completamento dell’allacciamento alla rete fognaria del settore occidentale della città ha reso disponibili altri 1.000 m3/giorno, portando quindi la produzione complessiva intorno ai 2.000 m3/giorno. Ora, non tutte le abitazioni di Licata sono collegate con la rete fognaria, ma impiegano pozzi a dispersione. Questi scarichi non arrivano attualmente al depuratore, ma è previsto un graduale allacciamento alla rete fognaria. Foto 3. Le acque quasi stagnanti del fiume Salso in prossimità della foce 171 Il Salso ha una portata variabile nel corso dell’anno ma è ragionevole valutare una portata minima intorno ai 1.800 m3/giorno, anche se a causa dei prelievi illegali effettuati nella piana di Licata, tale portata è molto difficile da valutare. Anche la composizione chimica dell’acqua del fiume Salso oscilla fortemente in funzione della stagione, con una concentrazione di cloruri che varia in un intervallo compreso fra 1 e 4 g/l. Le acque del Salso hanno un contenuto salino (NaCl) medio annuale di circa 2,5 g/l. La salinità è più alta in estate, quando piove di meno, e più bassa in inverno quando piove di più. Attualmente le acque del Salso vengono comunque impiegate per l’agricoltura, con effetti dannosi per le colture e per la salinità dei suoli, che tende ad aumentare. Nel caso sia resa disponibile acqua di migliore qualità per l’agricoltura, gli emungimenti illegali sul letto del fiume dovrebbero cessare o ridursi. Il fiume, in prossimità della foce è contaminato da scarichi organici (fognature abusive), il che richiede un primo processo di depurazione biologica. La foto 4 mostra le acque reflue in uscita dall’impianto, quelle che si prevede di trattare con microfiltrazione (MF) ed osmosi inversa (OI), per renderle idonee all’agricoltura. Foto 4. Le acque reflue del depuratore di Licata scaricate in mare 172 Si prevede d’inviare al depuratore di Licata anche le acque del Salso in prossimità della foce, che si trova a circa 100 metri dal depuratore di Licata. In questo modo è ragionevole attendersi un flusso medio di acqua da depurare dell’ordine di 3.800 m3/giorno, quando comunque la capacità di trattamento è di 10.000 m3/giorno. Sulla base della composizione chimica e microbiologica di queste acque reflue e di quelle del Salso, si propone il seguente schema di post trattamento al fine di depurare le acque stesse e renderle perfettamente compatibili con l’impiego agricolo (figura 1). Figura 1. Schema di processo del trattamento di acque reflue per uso agricolo Scarico a mare 745 m3 Scarichi civili + Salso In testa al depuratore 250 m3 3.800 m3 Depuratore 2.485 m3 MF S 1.065 m3 OI 1.740 m3 Acqua depurata ad uso agricolo 2.805 m3 L’acqua depurata dal biologico entra in un sedimentatore (S), quindi viene inviata ad un sistema di Microfiltrazione (MF) con membrane ceramiche con taglio molecolare di 0,2 µm. Il sistema a membrana sarà dotato di un prefiltro meccanico da 10 µm. Il 30% dell’acqua permeata in Microfiltrazione verrà immessa in una vasca di miscelazione da 5 m3. Il restante 70% del microfiltrato entra in osmosi inversa (OI) a bassa pressione (10-15 bar). Il 70% dell’acqua che entra in Osmosi Inversa viene recuperata come permeato e miscelata con la precedente acqua microfiltrata nella vasca di miscelazione. Il permeato di Osmosi Inversa avrà un contenuto di cloruri di circa 0,02 g/l ed andrà a diluire la concentrazione del microfiltrato, in cui i cloruri saranno circa 1,36 g/l. Dal mescolamento indicato si otterrà un’acqua con un contenuto di 173 cloruri di circa 0,5 g/l, quindi compatibile con un uso agricolo. Il limite previsto per lo sversamento in acque superficiali (legge 152/99) è di 1,2 g/l. La quantità d’acqua recuperata per l’agricoltura sarà di circa 1.065 m3/giorno del microfiltrato e di 1.740 m3/giorno del permeato di Osmosi Inversa (in totale 2.805 m3/giorno). Circa 745 m3/giorno saranno rigettati in mare come retentato di Osmosi Inversa, rispetto agli attuali 2.000 m3/giorno. Lo schema di processo elaborato si caratterizza per una notevole versatilità operativa, necessaria a compensare le variazioni di composizione salina del Salso e del depuratore nel corso dell’anno. Esso consente di modificare le proporzioni di acqua trattata nelle due sezioni a membrana (Microfiltrazione e Osmosi Inversa), anche in funzione delle portate stagionali del Salso e di quelle del depuratore. La quota del 30% d’acqua microfiltrata che viene reimmessa nelle condotte ad uso agricolo serve a fornire un contenuto di nutrienti per il terreno, che tuttavia devono essere bilanciati dalla presenza di cloruri. Con la rimozione totale dei cloruri (processo di Osmosi Inversa) si riducono anche i nutrienti contenuti nelle acqua, quindi è stato formulato un ragionevole equilibrio fra cloruri e nutrienti, come indica la tabella 2. Tabella 2. Composizione prevista dell’acqua dopo il trattamento di MF (microfiltrazione) e di OI (osmosi inversa) Componente Concentrazioni (ppm) Solidi Sospesi 0 COD 50 Nitrati 2,2 Nitriti 0,1 Ammoniaca 0,9 Cloruri 50 Fosfati (P) 2,2 Battteri Assenti Virus Assenti 174 Processo di dissalazione acqua-mare per uso potablile L’impianto di dissalazione ad osmosi inversa dovrà essere installato in prossimità del mare, nella zona est dell’insediamento urbano di Licata. L’impianto dovrà essere collocato ad almeno 800 m di distanza dal depuratore civile, per ragioni di sicurezza igienico sanitaria; sarà dimensionato per produrre 10.500 m3/giorno di acqua potabile, operando 24 ore su 24. La portata di permeato ottenuta sarà di 437 m3/h. L’impianto verrà alimentato preferibilmente con presa da pozzo in prossimità della riva, che offre il vantaggio di fornire un’acqua meno carica di solidi sospesi e sedimentabili. Si cerca di evitare una presa a mare, che comporta costi elevati per l’installazione, in particolare dei sistemi di aspirazione e di prefiltrazione. La captazione in mare aperto comporta la costruzione di una vasca intermedia e di un gruppo di spinta alla prefiltrazione, con maggiori potenze installate che andranno ad incidere sul costo al metro cubo di acqua dissalata. L’impianto sarà dotato di recuperatore di energia installato sul concentrato dell’osmosi. Sarà costituito da 7 linee di moduli a membrana in parallelo e indipendenti di pari potenzialità (1500 m3/giorno cad.). Tale modularità offre una serie di vantaggi operativi che permettono una più facile manutenzione, lavaggio e sostituzione dei moduli, ed assicurano una maggiore continuità produttiva di tutto l’impianto. L’impianto ha una resa produttiva di circa il 38%, cioè il 38% dell’acqua prelevata dal mare è trasformata in acqua potabile, mentre il rimanente 62% è rigettato in mare. L’acqua dissalata (permeato) deve essere stoccata in un serbatoio di adeguata capacità e il concentrato sarà scaricato a mare. L’intero impianto è controllato e gestito dal quadro elettrico generale, la gestione e l’automazione del processo è semplice e perfettamente funzionale. 175 E’ interessante valutare quale sarà la produttività dei due sistemi in funzione del tempo, considerando come tempo zero quello che coincide con l’inizio di costruzione degli impianti che richiede almeno 1 anno per la loro completa posa in opera. La figura 2 riporta la produttività di acqua per uso agricolo e potabile. Figura 2. Produttività a regime dei due impianti Produzione (litri/giorno) Produttività dei due sistemi vs anni 14000 12000 10000 8000 6000 4000 2000 0 MF+OI OI 1 2 3 4 5 6 7 Tempo (anni) Dal grafico appare che, a partire dal 4° anno dall’inizio della costruzione degli impianti, la disponibilità di acqua per usi irrigui si attesta intorno ai 12.500 m3/giorno. Conclusioni Lo stato di emergenza idrica nella Piana di Licata sta provocando ingenti danni all’ambiente ed alle attività produttive. La siccità sta soffocando l’economia della zona che è principalmente legata alle attività agricole e minaccia la desertificazione del territorio a causa dell’alto contenuto di cloruro di sodio presente nei pozzi artesiani e nelle acque del fiume Salso. D’altro canto, vista la forte insolazione del territorio considerato, l’acqua sarebbe necessaria per rilanciare l’agricoltura locale e quindi l’economia della provincia di Agrigento. 176 Le uniche fonti idriche disponibili per l’agricoltura sono le acque reflue e quelle del Salso, previo intervento mirato di depurazione, come indicato in questo progetto. Il senso della proposta presentata per il Comune di Licata è quello di ridurre i gravi disagi attuali, anche nella prospettiva di un nuovo scenario climatico, in cui gli invasi che sinora hanno assicurato la quantità di acqua minima vitale non siano più in grado di assicurare le riserve necessarie. E’ utile ricordare che il dissalatore di Gela e la sua rete di distribuzione garantiscono circa il 70% dei fabbisogni del bacino di utenza servito. L’autosufficienza idrica di Licata renderebbe disponibili altre risorse attuali, almeno 1.500 m3/giorno di acqua potabile, provenienti dal dissalatore di Gela. Questa risorsa potrà essere dirottata su altri comuni, ed in particolare su quelli dell’interno non bagnati dal mare. Il riutilizzo delle acque reflue, oltre a fornire un contributo importante per l’agricoltura (2.805 m3/giorno subito, a regime 10.000 m3/giorno), ha il vantaggio ambientale di ridurre fortemente lo scarico inquinante che attualmente viene riversato in mare. I presupposti e le indicazioni strategiche che lo studio si era prefissato sono stati raggiunti, in particolare: • Assicurare un livello di approvvigionamento idrico per i fabbisogni civili, indipendentemente dalla piovosità. • Depurare i reflui civili e le acque del fiume Salso ai fini di un riutilizzo irriguo. • Combattere la desertificazione attraverso la fornitura di acqua per uso agricolo con tenori salini compatibili con questo uso. • Fornire l’autosufficienza idrica al Comune di Licata per il suo sviluppo socio economico e rendere disponibili nuovi lotti idrici per il territorio, attualmente prelevati dal dissalatore di Gela o da acquedotti locali. • Ridurre l’impatto ambientale dovuto allo scarico in mare delle acque reflue di depurazione e del Salso, con uno scarico a mare ridotto in volume e bonificato sotto il profilo igienico-sanitario (assenza di microrganismi). • Indicare le specifiche tecniche dei vari impianti di trattamento delle acque 177 4.4.2 IMPIANTO DI FITODEPURAZIONE IN UN’AZIENDA AGRARIA IN TOSCANA L’impianto illustrato nel seguito, realizzato nel 1997, si trova nell’azienda agraria tenuta di Spannocchia (SI) ed è stato progettato per trattare i reflui domestici di 60 A.E. (abitanti equivalenti). Le acque reflue vengono dapprima raccolte in una fossa biologica (F), quindi, passando attraverso un pozzetto ripartitore (P1) e due pozzetti di controllo (P2 e P3), convogliate verso un sistema di fitodepurazione formato da due vasche a flusso subsuperficiale orizzontale (H-SFS), al fine di renderle utilizzabili per l’irrigazione; in seguito fluiscono, sempre tramite due pozzetti di controllo (P4 e P5), in una vasca che raccoglie le acque depurate destinate all’irrigazione, nella quale vengono convogliate anche le acque piovane provenienti da un altro bacino di raccolta. I parametri che caratterizzano il sistema sono: la portata giornaliera pari a 9 m3/giorno, la superficie pari a 160 m2 e la concentrazione di BOD5 nei reflui che è circa 280 mg/l. ACQUE REFLUE VASCA di RACCOLTA delle ACQUE PIOVANE F P2 P1 P3 H-SFS H-SFS P4 P5 BACINO di RACCOLTA delle ACQUE DEPURATE 178 IRRIGAZIONE Di seguito vi sono le immagini dell’impianto appena realizzato e dello stesso dopo un anno. Si può notare la crescita della vegetazione che costituisce l’impianto di fitodepurazione. 179 5. CONCLUSIONI La politica europea in tema di gestione delle risorse idriche oggi si sta evolvendo verso il principio della sostenibilità. L’adozione della direttiva quadro sull’acqua, stabilendo la diminuzione del sostegno al prezzo dell’acqua, offre uno strumento politico che permette di preservare in modo sostenibile questa risorsa essenziale. Anche il Sesto programma di azione per l’ambiente prevede un insieme di interventi destinati a garantire l’attuazione integrale ed adeguata della direttiva quadro sull’acqua e altre politiche complementari: direttiva sui nitrati, direttiva sulle acque di balneazione, direttiva sulle acque urbane reflue, integrazione della protezione della qualità dell’acqua nelle politiche agrarie e regionali,ecc.. Una dichiarazione congiunta tra l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) e i rappresentanti del Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), relativo alle carenze idriche in Europa, rileva che in molti casi è più economico ed efficace migliorare l’efficienza nell’uso dell’acqua che incrementare la fornitura della stessa. Infatti, in base allo studio effettuato, si può affermare che nei tre grandi settori, civile, industriale ed agricolo, ci si sta orientando verso il risparmio, il riciclo ed il riuso della risorsa idrica. Per ogni ambito si sono riportate varie esperienze in cui si applicano tecniche, principi e modelli comportamentali che permettono una gestione sostenibile delle acque. Si può notare come, negli ultimi anni, a livello nazionale ed europeo, l’aumento delle pressioni sulle risorse idriche e l’affermarsi del concetto e delle azioni rivolte allo ”sviluppo sostenibile” hanno condotto alla realizzazione di importanti progetti e programmi di conservazione e di risparmio, mediante innovazioni tecnologiche e gestionali, accompagnate da campagne di sensibilizzazione e da modificazioni tariffarie ed economiche. Oltre alla logica della prevenzione, quindi al risparmio nel consumo di acqua, si sta incentivando quella del riutilizzo e del riciclo, che si basa sulla considerazione del refluo come risorsa, non come scarto. 180 In pratica le acque, anche se alterate rispetto alle loro condizioni naturali originarie, possono essere riutilizzate, venendo sottoposte o meno a determinati trattamenti depurativi in base alle caratteristiche richieste per il nuovo uso. Per quanto riguarda i trattamenti, si sta incentivando l’adozione di metodologie naturali (ad esempio la fitodepurazione) in sostituzione degli impianti tradizionali. Questo perché le tecniche naturali, a parità di rendimento di depurazione, in luogo di un maggior costo di realizzazione, offrono un minore costo di gestione ed un minore impatto ambientale, anzi contribuiscono spesso alla rinaturazione del territorio. Gli obiettivi prioritari di queste tecniche sono la limitazione dei consumi d’acqua, il mantenimento di caratteristiche chimiche e fisiche che la rendano idonea ad altri usi, oltre che allo scarico nei corpi idrici, e la soluzione dei problemi idraulici legati al suo flusso. Infatti queste tecniche innescano un’azione di riassetto della circolazione idrica superficiale, di sfruttamento e potenziamento delle capacità autodepurative naturali e di riduzione dei consumi di acqua potabile, apportando all’ambiente una serie di contributi positivi per il miglioramento delle condizioni di vita. La scala di applicazione media o piccola di queste metodologie è in perfetta armonia col principio che alla base di un progetto di sviluppo sostenibile a livello globale ci deve essere una pianificazione a livello locale, affinchè si creino le condizioni di massima autosufficienza ambientale e massima capacità di carico. Inoltre alcuni dei problemi di inquinamento possono essere limitati da un minor consumo, limitando i mal funzionamenti dei sistemi di trattamento in sito (ad esempio perdita da fosse settiche), i deflussi inquinanti da sovrairrigazione, la costruzione di impianti addizionali di trattamento potabile e depurativo, i prelievi di acque superficiali che implicano degradazione congiunta dei corpi idrici e delle aree riparie e infine i prelievi d’acque sotterranee. Si deve rilevare infine la correlazione tra risparmio energetico e risparmio idrico: com’è segnalato da ricerche americane, il 30% dei consumi energetici domestici è rappresentato dall’utilizzo d’acqua calda a scopi igienici e dal pompaggio. Riducendo l’uso dell’acqua si possono ottenere sostanziosi risparmi energetici, (com’è stato sperimentato anche in Emilia Romagna nelle attività connesse con i circuiti di alberghi ecologici). 181 6. 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Marzo 2004: Laurea quinquennale (secondo il vecchio ordinamento) in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio - indirizzo Ambiente - orientamento Ingegneria Sanitaria, conseguita presso l’Università degli Studi di Bologna con votazione 93/100. La Tesi discussa ha il titolo: “Uso sostenibile delle acque e sviluppo di tecnologie pulite per il risparmio idrico”; Relatore: prof.ssa Alessandra Bonoli; Materia: Ingegneria delle Materie Prime. Giugno 2004: conseguimento della Abilitazione alla professione di Ingegnere con votazione 100/120 – I° sessione 2004, I° commissione, Presidente: Prof. Ing. Ezio MESINI. PUBBLICAZIONI “Utilizzo sostenibile e tecnologie pulite basi di partenza per il risparmio idrico” pubblicato a pag. 90-93 della rivista Ambiente & Sicurezza n°2 – 2004 “I servizi idrici locali – Stato dell’arte, mercato e prospettive”, supplemento di Ambiente & Sicurezza n°9 – 18 Maggio 2004, supplemento de “Il Sole 24 ore” distribuito in occasione del convegno H2O - Accadueo - VII edizione - Mostra delle tecnologie per il trattamento e la distribuzione dell’acqua potabile e il trattamento delle acque reflue, tenutosi dal 19 al 21 Maggio 2004 a Ferrara. ESPERIENZE DI LAVORO Dicembre 2003 - Ottobre 2004: ho svolto il Servizio Civile presso il Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale con sede in Lugo (RA), come addetto all’Ufficio Attività Tecniche di Pianura, impiegato in attività di: integrazione di data base consistente nell’informatizzazione di dati cartografici e territoriali; ricognizione dello stato della rete scolante, degli impianti e delle opere pubbliche di bonifica idraulica di pianura. CONOSCENZE INFORMATICHE Sistema operativo Windows e programmi applicativi Word, Excel, Power Point, GIS – ArcView 3.2; Internet. Linguaggi di programmazione: Fortran 77. CONOSCENZE LINGUISTICHE Buona conoscenza dell’inglese scritto, sufficiente conoscenza dell’inglese parlato.