Casi clinici Fibrosi retroperitoneale idiopatica: descrizione di un caso clinico senza segni umorali di flogosi, diagnosticato e trattato in modo incruento Alberto Artom, Nicola Gandolfo* We report a case of benign idiopathic retroperitoneal fibrosis in a 39-year-old male, who was successfully treated with immunosuppressive drugs only. Advances in imaging techniques, especially in magnetic resonance imaging, often permit an accurate diagnosis in retroperitoneal fibrosis, avoiding open biopsy or biopsy by means of image-guided techniques. In addition, the modern medical approach with immunosuppressive drugs is based on evidence of disease regression following the medical therapy and is frequently effective. Hence, it is possible to avoid conventional surgery or laparoscopy. In the present case the response to immunosuppressive treatment was objectively assessed by means of enhanced computed tomography, magnetic resonance and nuclear medicine (Ga-67), showing an important decrease in the extent of the disease at follow-up. Our case shows the important role of the specialist in Internal Medicine in the treatment of this uncommon connective tissue disease. (Ann Ital Med Int 2004; 19: 50-53) Key words: Aneurysm of the abdominal aorta; Hydronephrosis; Immunosuppressive therapy; Retroperitoneal fibrosis. Introduzione genetica prevalente non è a tutt’oggi confermata con certezza. Altre cause ipotizzate sono l’uso prolungato di alcuni farmaci, in particolare la metisergide e la pergolide4. La malattia è 2 volte più frequente nei maschi che nelle femmine, con un picco di massima incidenza tra i 40 e i 60 anni. Il sintomo di esordio più comune è una lombalgia, talvolta accompagnata da segni di malattia sistemica, come astenia, febbricola e dimagramento; concomitano inoltre frequentemente l’alterazione dei test di flogosi ed una lieve anemia. La diagnosi è basata, oltre che sulla diagnostica per immagini, in particolare la risonanza magnetica nucleare (RMN) e la scintigrafia con Gallio, sul riscontro di un reperto bioptico concordante, che escluda malattie neoplastiche. La terapia tradizionale è quella chirurgica, tendente in particolare a risolvere in modo permanente l’ostruzione ureterale tramite ureterolisi e intraperitoneolizzazione dell’uretere stesso. È stato tentato talvolta un approccio meno cruento5,6, risolvendo inizialmente la stenosi ureterale tramite l’introduzione di uno stent ed applicando una terapia immunosoppressiva steroidea, previo il raggiungimento di una certezza diagnostica tramite biopsie con ago sottile. Descriviamo un caso di fibrosi retroperitoneale idiopatica insorto in età relativamente giovane, in cui non erano presenti segni umorali di flogosi ma che ha risposto alla terapia immunosoppressiva. La diagnosi e la terapia sono state effettuate con mezzi non invasivi, in relazione anche alle particolari caratteristiche del caso. La fibrosi retroperitoneale idiopatica è una malattia rara1, descritta per la prima volta nel 1905 da un Urologo francese, ma che divenne nota solo con un lavoro pubblicato da Ormond nel 19482, che per la prima volta la descriveva come un’entità clinica ben definita. Questa malattia è caratterizzata dalla proliferazione di tessuto fibroso che sostituisce il tessuto normale, più spesso a livello della zona centrale del retroperitoneo. La fibrosi interessa usualmente l’area tra le arterie renali ed il sacro, determinando l’incarceramento dell’aorta, della vena cava inferiore e degli ureteri, con secondaria frequente idronefrosi ed aneurismi localizzati dell’aorta addominale. È probabile che la causa più comune della malattia sia un processo autoimmune, che spiegherebbe anche l’associazione relativamente frequente con altre patologie autoimmuni, come la tiroidite, la cirrosi biliare primitiva, alcune glomerulonefriti, il lupus eritematoso sistemico e la sclerodermia; è stata anche descritta recentemente3 l’associazione con la pancreatite cronica sclerosante. Si è ipotizzato che, nella patogenesi della malattia, sia spesso in gioco una reazione autoimmune ad una sostanza lipidica che filtra attraverso la parete aortica provenendo da una placca aterosclerotica, ma questa ipotesi etiopatoU.O. di Medicina Interna (Direttore: Dr. Alberto Artom), *U.O. di Radiologia (Direttore: Dr. Giovanni Serafini), Azienda Ospedaliera Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure (SV) © 2004 CEPI Srl 50 Alberto Artom - Nicola Gandolfo Presentazione Un uomo di 39 anni veniva ricoverato per dolore acuto e persistente nelle regioni del fianco e lombare di sinistra, comparso da 7 giorni. Il paziente era sempre stato bene e non aveva mai assunto farmaci, se non farmaci antinfiammatori non steroidei molto sporadicamente. Non era presente familiarità positiva per malattie cardiovascolari, non vi era abitudine al fumo e risultavano nella norma precedenti controlli dei lipidi ematici; all’esame Doppler dei tronchi sovraortici non era infine presente alcuna significativa alterazione: non era ipotizzabile quindi una malattia aterosclerotica accelerata. Gli esami ematochimici erano tutti nella norma, salvo un lieve aumento della creatinina (1.5% mg). L’esame ecografico dell’addome dimostrava segni di idroureteronefrosi sinistra di grado medio ed un aneurisma aortico, situato tra l’emergenza delle arterie renali ed il carrefour, che si estendeva per 6 cm con diametro massimo di 3.5 cm. La tomografia assiale computerizzata addominale confermava le alterazioni già descritte dall’esame ecografico, escludeva la presenza di calcoli o comunque di masse intra o extraluminali a livello pieloureterale sinistro, descriveva la presenza di un manicotto di tessuto solido non altrimenti definibile in sede preaortica. La RMN addominale (Fig. 1) confermava la presenza di tessuto solido ipointenso nelle sequenze sia pesate in T1 che in T2, conformato a semiluna a convessità anteriore, disposto prevalentemente in sede anteriore rispetto all’aorta ed alla vena cava inferiore, in sede sottorenale, con spessore di 12 mm; la sequenza short-term inversion recovery (STIR) e le sequenze dei tronchi sovraortici pesate in T2 non dimostravano iperintensità di segnale di tale tessuto, che sarebbe stato altrimenti espressivo di attività della malattia. La scintigrafia con Gallio67 (Fig. 2) dimostrava un’area di accumulo patologico del radiocomposto in corrispondenza del tessuto fibroso evidenziato dalla RMN. I numerosi altri esami effettuati non dimostravano segni di malattie immunitarie, granulomatose o neoplastiche. Il paziente rifiutava gli accertamenti bioptici, consigliati ai fini di una diagnosi istologica. Veniva posizionato stent ureterale sinistro ed iniziata terapia con prednisone 40 mg/die. A distanza di 40 giorni si rilevava la scomparsa dei segni ecografici di ureteroidronefrosi sinistra e riduzione della lunghezza e del diametro dell’aneurisma aortico. A distanza di 2 mesi la RMN (Fig. 3) dimostrava una completa remissione della malattia. Veniva tolto lo stent ureterale ed il trattamento medico era continuato con azatioprina 100 mg/die e prednisone 10 mg/die, anche per l’insorgenza di sindrome maniacale considerata secondaria alla terapia steroidea. A distanza di 15 mesi, il paziente è asintomatico, senza segni di malattia anche al controllo RMN. A B FIGURA 1. Risonanza magnetica dell’addome superiore. Sequenze dei tronchi sovraortici pesate in T2 (A) e in short-term inversion recovery (STIR) (B), piani trasversali. Si evidenzia la presenza di tessuto solido, localizzato anteriormente all’aorta addominale sottorenale distale, caratterizzato da una morfologia “a semiluna” e da bassa intensità di segnale in T2 (A) e in STIR (B). Le caratteristiche di segnale sono compatibili con una scarsa componente flogistica attiva con prevalente tessuto fibroso maturo. Il tessuto coinvolge l’origine dell’arteria mesenterica inferiore. Discussione La fibrosi retroperitoneale idiopatica è una malattia rara ed anche per questo motivo non vi è stata sinora un’attività di ricerca efficace che ne determinasse una migliore conoscenza per ciò che attiene all’etiologia ed al trattamento. Studi recenti7,8 hanno ipotizzato l’esistenza di un’unica sindrome clinica denominata periaortite cronica che comprenderebbe la fibrosi retroperitoneale idiopatica, gli aneurismi infiammatori dell’aorta addominale e la fibrosi retroperitoneale perianeurismatica. Queste tre patologie avrebbero un comune substrato istopatologico, costituito da un’aterosclerosi avanzata concomitante con un processo di flogosi dell’avventizia aortica secondaria ad una reazione autoimmune ad antigeni della placca aterosclerotica che filtrano dalla parete aortica. La ricerca appare però ancora lontana da una sistematica ed esaustiva classificazione di questo stato morboso, 51 Ann Ital Med Int Vol 19, N 1 Gennaio-Marzo 2004 2. non sempre il processo istopatologico dipende dalla presenza di un’aterosclerosi avanzata: il caso da noi presentato, che si riferisce ad un soggetto relativamente giovane e con anamnesi ed esami non compatibili con un’aterosclerosi avanzata, è a questo proposito esemplificativo; 3. la scintigrafia con Gallio-67 è superiore alla RMN nell’identificare uno stato di attività della malattia e quindi la possibile risposta alla terapia immunosoppressiva anche in assenza di alterazione dei test di flogosi; 4. gli accertamenti bioptici potrebbero non essere più considerati sempre necessari per porre diagnosi di fibrosi retroperitoneale idiopatica, in relazione alle nuove tecniche diagnostiche per immagine. La presenza di una RMN diagnostica per fibrosi retroperitoneale, se non si rilevano segni di malattie neoplastiche o granulomatose, può probabilmente essere sufficiente, insieme con segnali di attività della malattia diagnosticati in particolare dalla scintigrafia con Gallio-67, per iniziare la terapia immunosoppressiva. In conclusione, in alcuni casi di fibrosi retroperitoneale idiopatica, non solo la terapia applicata può talora essere incruenta e si può evitare l’intervento chirurgico di ureterolisi una volta usuale9, ma anche il processo diagnostico potrebbe non richiedere sempre accertamenti bioptici, in particolare se, come nel caso da noi osservato, la terapia immunosoppressiva ed un controllo ripetuto ed accurato, laboratoristico e clinico del paziente dimostrano una rapida e persistente remissione dei segni della malattia. FIGURA 2. Scintigrafia con Gallio-67. Piano coronale. Si evidenzia una captazione focale del radiofarmaco in sede paramediana mesogastrica, compatibile con la presenza di tessuto flogistico. Riassunto Viene descritto un caso di fibrosi retroperitoneale idiopatica in un maschio di età relativamente giovane (39 anni), ad andamento benigno ed attualmente in remissione completa con la sola terapia immunosoppressiva. Le caratteristiche del caso consentono di ipotizzare la possibilità di diagnosticare e curare questa rara malattia con mezzi non invasivi, evitando sia gli accertamenti istologici sia l’intervento chirurgico, convenzionale o laparoscopico. Il progresso nella gestione di questa malattia è determinato in primo luogo dalle nuove tecniche diagnostiche per immagine, in particolare la risonanza magnetica nucleare che è in grado di porre la diagnosi con notevole accuratezza. I farmaci immunosoppressivi a nostra disposizione permettono poi, con un seriato controllo di risonanza magnetica nucleare dell’evoluzione della malattia, di valutarne l’andamento nel tempo, senza dovere ricorrere all’intervento chirurgico salvo che se ne determini un’assoluta necessità, quale per esempio un’ostruzione urete- FIGURA 3. Risonanza magnetica dell’addome superiore. Sequenza short-term inversion recovery, piano trasversale. Il controllo evolutivo eseguito dopo 2 mesi conferma la remissione completa della malattia retroperitoneale. L’origine dell’arteria mesenterica inferiore appare ora più apprezzabile. che ha tuttora un’etiologia, un comportamento clinico e talora un substrato istopatologico multiforme. Il caso da noi presentato si presta in particolare ad alcune considerazioni: 1. non vi è rapporto costante tra la presenza di segni di flogosi umorale (non presenti nel nostro caso) e l’efficacia della terapia immunosoppressiva. L’assenza di fattori umorali di flogosi non è quindi un criterio sufficiente per non praticare terapia immunosoppressiva, in particolare se la scintigrafia con Gallio-67 dimostra comunque segni di attività della malattia; 52 Alberto Artom - Nicola Gandolfo rale che non si risolva completamente e rapidamente con la sola terapia medica. Nel trattamento di questa rara malattia è quindi importante il ruolo del medico internista. retroperitoneal fibrosis and sclerosing pancreatitis. Lancet 2002; 359: 1403-4. 4. Cecil B. Textbook of medicine. 21st ed. Philadelphia, PA: WB Saunders, 1999: 1561. 5. Kardar AH, Sundin T, Al-Suhaibani H, et al. Successful treatment of idiopathic retroperitoneal fibrosis with steroids. Ann Saudi Med 1996; 17: 419-22. Parole chiave: Aneurisma dell’aorta addominale; Fibrosi retroperitoneale; Idronefrosi; Terapia immunosoppressiva. 6. Kardar AH, Kattan S, Lindstedt E, Hanash K. Steroid therapy for idiopathic retroperitoneal fibrosis: dose and duration. J Urol 2002; 168: 550-5. Bibliografia 7. Parums DV. The spectrum of chronic periaortitis. Histopathology 1990; 16: 423-31. 1. Thoene JG, Coker NP. Physician’s guide to rare diseases. 2nd ed. Montvale, NJ: Dowden Publishing Co., 1997. 8. Vaglio A, Corradi D, Manenti L, Ferretti S, Garini G, Buzio C. Evidence of autoimmunity in chronic periaortitis: a prospective study. Am J Med 2003; 114: 454-62. 2. Ormond JK. Bilateral ureteral obstruction due to envelopment and compression by an inflammatory retroperitoneal process. J Urol 1948; 59: 1072-9. 9. Baker LR, Mallinson WJ, Gregory MC, et al. Idiopathic retroperitoneal fibrosis. A retrospective analysis of 60 cases. Br J Urol 1987; 60: 497-503. 3. Hamano H, Kawa S, Ochi Y, et al. Hydronephrosis associated with Manoscritto ricevuto il 9.9.2003, accettato il 26.1.2004. Per la corrispondenza: Dr. Alberto Artom, via N. Paganini 19, 17027 Pietra Ligure (SV). E-mail: [email protected] 53