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Disclaimer: questa dispensa è una raccolta di consigli pratici, non una bibbia. Ci sono
inesattezze scientifiche, terminologia imprecisa, anche qualche refuso e cazzata concettuale.
Prendetela con le molle, però se v’avvelenate non può essere tutta colpa mia.
Simone Cicali, http://www.ilcicali.com, [email protected]
FERMENTAZIONE ALCOLICA CASALINGA
Cos’è:
La fermentazione è un processo che ha come risultato la trasformazione degli zuccheri in alcool etilico e anidride carbonica. Tale
processo è alla base della produzione delle principali bevande alcoliche (vino, birra) ma anche della lievitazione del pane e della
produzione del bioetanolo.
<Pippone> Il processo viene svolto da dei funghi unicellulari chiamati lieviti. Inizialmente tali organismi messi nel substrato di coltura
(il mosto, ilmalto o l'impasto del pane) svolgono una respirazione aerobica, utilizzando cioè l'ossigeno dell'aria, trasformando gli
zuccheri in acqua ed anidride carbonica. Poi dall'interno della massa in fermentazione per mancanza di ossigeno i lieviti passano alla
fermentazione sfruttando l'energia degli zuccheri ossidandoli anaerobicamente (senza l'utilizzo di ossigeno) in alcol etilico ed anidride
carbonica.</Pippone>
In soldoni: il lievito inoculato si riproduce, “mangia” lo zucchero e produce “rifiuti”: alcool e anidride carbonica. Ad una certa gradazione
alcolica, secondo ceppo del lievito, più o meno resistente, il processo si ferma: il lievito, soffocato dai suoi rifiuti, non è più in grado
di compiere il suo lavoro. Il lievito precipita sul fondo del contenitore, l’anidride carbonica si disperde nell’ambiente. Ovviamente, se
l’ambiente è abbastanza ristretto -leggi “bottiglia” o “barilotto”- si scioglie per la pressione nel liquido, rendendolo naturalmente gassato.
In questo corso NON affronteremo la preparazione all-grain, cioè a partire dai chicchi di cereale, poichè più laboriosa anche se non
impossibile. Vi rimando a http://www.birramia.it/doc/allgrain.htm per un’idea del processo.
Cosa serve:
- Zuccheri fermentabili, di solito sotto forma di succhi di frutta, o “melasse di cereali” -malti preparati- allungate in acqua.
- Lieviti. Il lievito di birra non è lievito PER birra. Si usano dei ceppi selezionati che non conferiscono cattivi sapori. Poiché i lieviti sono
naturalmente presenti nell’aria e nelle polveri, si può effettuare una fermentazione senza inoculare lieviti “altri”, ma non è garantito il
gusto della bevanda. I lieviti sono piuttosto resistenti al tempo e ai maltrattamenti, purché dormienti.
- Attrezzatura:
● Un recipiente chiudibile per alimenti, meglio se a bocca larga e con un rubinetto sul fondo.
● Un sistema per far uscire l’anidride carbonica e non entrare polveri e quindi “lieviti selvatici”, tipo un “gorgogliatore” -una
specie di tubo a “N” con l’ansa inferiore piena d’acqua- o un tubo di sfiato immerso in una bacinella.
● il necessario per la sanitizzazione: di solito basta della candeggina non profumata.
● il necessario per imbottigliare: bottiglie -meglio quelle col tappo a scatto-, tappi, tappatrice.
NON serve:
- Il luppolo. Il luppolo è un corservante, nella fattispecie un antibatterico, e un amaricante. Le birre non destinate all’esportazione,
tradizionalmente, sono meno amare delle export, proprio per la ridotta necessità di conservazione. Nei malti preparati è già
presente.
- Un distillatore. La distillazione può avvenire a partire dal fermentato, ma non è necessario se non volete superalcolici.
Disclaimer: questa dispensa è una raccolta di consigli pratici, non una bibbia. Ci sono
inesattezze scientifiche, terminologia imprecisa, anche qualche refuso e cazzataconcettuale.
Prendetela con le molle, però se v’avvelenate non può essere tutta colpa mia.
Simone Cicali, http://www.ilcicali.com, [email protected]
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Come si fa:
Il procedimento pratico comune a tutte le ricette, che si tratti di vino, birra, sidro e idromele, consiste di pochi essenziali passi:
- Pulizia.
È fondamentale che non siano presenti lieviti selvatici che, riproducendosi assieme a quelli inoculati, potrebbero conferire cattivi
sapori. Occorre quindi una sanitizzazione con appositi prodotti o, più banalmente, con candeggina opportunamente diluita. Le
bottiglie in vetro possono pure essere messe, tappate con fogli d’alluminio, in forno e lasciate freddare. Dicono.
- Miscelazione.
Tutte le basi zuccherose devono essere miscelate all’acqua. Più acqua a parità di zucchero abbassa il grado alcolico finale, che,
ricordo, è la percentuale in volume dell’alcool nel prodotto. Tot zucchero, tot alcool, ovviamente. Troppo zucchero, come nelle
marmellate, rende impossibile la fermentazione. I fermentati a partire dai succhi - vino, sidro- ovviamente, non avranno bisogno di
essere diluiti, salvo il gusto personale. Il miele per l’idromele e i malti, al contrario, sì. È utile anche se non indispensabile registrare
con appositi strumenti la densità (o Original Gravity) del liquido ottenuto. Zucchero e alcool hanno diverse densità, e la differenza tra
le densità del liquido in diversi momenti rispecchia quanto dello zucchero si è trasformato in alcool. La formula è “% Alcool = ((1.05
x (OG – TG)) / TG) / 0.79”, dove OG è la densità iniziale e TG la finale. L’acqua può essere di fonte, del rubinetto, minerale, bollita
per essere sterilizzare... è una questione di gusti sul prodotto finito e praticità.
Inoculazione.
Quando il mosto è ben miscelato e a temperatura ambiente, pena il rischio di uccidere il lievito, si inocula quest’ultimo. Il lievito,
di solito secco, viene sparso e mescolato al mosto. Inizia immediatamente o quasi ad aggredire gli zuccheri e a riprodursi. Viene
spesso consigliato di dare uno “start” al lievito premiscelandolo ad acqua tiepida con un po’ di zucchero.
- Fermentazione.
Per un periodo che può variare dai cinque giorni a diversi mesi, secondo ricetta, il lievito va lasciato lavorare, nel suo contenitore
a prova di polveri; ci sono procedimenti da abbazia che prevedono la conservazione del mosto in luoghi freddi e la rimozione dei
cristalli di ghiaccio in superficie per innalzarne la gradazione alcolica, ma è roba da frati. Il lievito “funziona” meglio senza dare cattivi
saporti a temperatura ambiente, tra i 18° e 30°.
- Imbottigliamento.
Se state creando delle bevande “liscie” va bene così, l’anidride carbonica se ne è andata da sola. Altrimenti dovrete fornire
qualcosa, di solito zucchero o una piccola quantità del mosto originale, che fermentando in bottiglia produrrà il gas necessario. Di
nuovo, prevedete dei contenitori e relativi tappi sanitizzati e che siano in grado di resistere a una certa pressione. Tappate.
- Maturazione.
Le birre sono migliori tra i due mesi e i due anni dall’imbottigliamento. Il sidro è ben bevibile dopo una settimana. L’idromele anche
dopo diversi mesi. Fate degli esperimenti.
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Simone Cicali, http://www.ilcicali.com, [email protected]
E dopo?
- Potete lasciare invecchiare oltre i due anni consigliati. Chi scrive ha bevuto delle birre di quattro o cinque anni ottime. Ma una norma
dei birrificatori casalinghi è “La birra è come le scoregge, quella che fai tu non fa mai tanto schifo”, quindi siete avvisati.
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- Potete distillare. La distillazione, procedura per la quale serve un po’ (tanta) pratica e molta attenzione - si rischiano incendi, esplosioni,
avvelenamenti, roba imbevibile, la galera - estrae alcool e olii aromatici dalla bevanda. Grappe, whiskey, vodka, acqueviti, sono
diversi risultati dello stesso procedimento su diversi fermentati.
- Potete pastorizzare. Il lievito, come detto, è piuttosto resistente. Continua nel suo lavoro finchè sopravvive e ha di che “mangiare”. Ad
esempio un ottimo idromele, dolce e aromatico, lasciato da solo, può diventare una specie di prosecco vagamente aromatizzato al
miele e piuttosto alcolico.
La pastorizzazione, ovverosia una banalissima “cottura” prolungata a temperatura medio-alta, (60°-65° per una mezz’ora) ci
consente di interrompere questo processo uccidendo i lieviti. Ovviamente questa cottura, che consente di allungare i tempi di
conservazione per la birra, cambia in qualche modo - molto variabile - anche i sapori. E, altrettanto ovviamente, impedisce la
fermentazione e gasatura in bottiglia. Le birre artigianali gassate sono tradizionalmente NON pastorizzate.
Ma soprattutto...
- Potete bere (responsabilmente) il frutto delle vostre fatiche.
Ricette
Sidro
Il sidro - da non confondersi coll’idromele o idromiele, che colle mele non c’ha nulla a che fare - è un fermentato di succo di mele,
alcolico quanto lo consente il lievito introdotto, non distillato.
Il modo più facile per farlo è recuperare un vecchio bidone alimentare, che saranno ben lieti di omaggiarvi in qualsiasi pasticceria dopo
averlo svuotato dalle marmellate. Va bene anche un boccione da olio, visto che io parto con un minimo di tre litri di prodotto.
Dopo averlo opportunamente sanitizzato con i metodi preferiti (metabisolfito, candeggina molto diluita), vi si versa SUCCO DI MELA.
Negli Hard Discount vendono un ottimo succo di mela tedesco, già PASTORIZZATO, biologico e adattissimo all’uopo. Mettetene da
parte un 10%, eventualmente congelandolo, se volete un sidro gassato.
Poi giunge il difficile: metteteci un cucchiaino di lievito da enologia: il Saccharomices Cerevisiae, di quello usato per lo champenois.
Se volete il sidro dolce, scegliete lievito meno attenuante: meglio fermarsi a 8-9 gradi alcolici col sidro dolce che a 12 con qualcosa di
simile a un prosecco. Ovviamente, se volete il sidro ben forte, vale il discorso contrario. Ci sono anche soluzioni “capra e cavoli” grazie
alla miscelazione di zuccheri non fermentabili (es. lattosio), ma, provatili, onestamente, non ne vale la pena.
Lasciate fermentare, al buio, tra i 18° e i 30°, con una copertura antipolvere ma in grado di lasciar fuoriuscire i gas della fermentazione:
un buon acquisto (1-2 euro) è un tappo gorgogliatore, ma potete gestirvela anche con tubi ritorti immersi in
bacinelle, eccetera.
Dopo una quindicina-venti giorni il sidro, se il lievito è buono, è quasi pronto, o quantomeno bevibile. Travasatelo, senza la fondata
di lievito, in bottiglie o barilotti. Lasciate spazio per l’inevitabile gas di continuazione di fermentazione in bottiglia, se non volete degli
shrapnel nel frigorifero o in cantina. Tappate le bottiglie, meglio coi tappi “a macchinetta” o “a corona”.
Se lo volete gasato, mescolate prima di chiudere le bottiglie il 10% di succo che avete tenuto da parte: fermenterà anch’esso coi lieviti
in sospensione, e il gas, chiuso nelle bottiglie, si discioglierà nel sidro. Ovviamente, tenete ancora un po’ più spazio, per la suddetta
esplosività. Aspettate almeno un’altra settimana prima di aprire QUESTE bottiglie, se volete bere un bel sidro gasato.
Disclaimer: questa dispensa è una raccolta di consigli pratici, non una bibbia. Ci sono
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Simone Cicali, http://www.ilcicali.com, [email protected]
Idromele
Fare l’idromele è ancora più facile del sidro.
Si prende il sottocitato bidone e lo si sanitizza.
Si mette a bollire dell’acqua.
Vi si butta FINO A UN 30% di miele, spengendo contemporaneamente il fuoco, pastorizzando così il tutto.
Si lascia coperto a ghiacciare un poco, e appena è arrivato a temperatura ambiente si versa il tutto nel bidone e si aggiunge il sempre
succitato lievito.
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Si lascia fermentare e invecchiare almeno tre mesi.
A titolo di esperimento si fecero nove bottiglie, tre per il 10%, tre per il 20%, tre per il 30%, e se ne assaggiarono una per percentuale a
tre, sei, nove mesi.
Trovammo l’optimum col 20% a sei mesi, ma ogni miele, temperatura di cantina e lievito è fattore a sè, quindi il mio è solo un consiglio.
Enjoy homebrewing!
Fonti:
http://www.ilcicali.com
http://www.pinta.it/
http://www.mr-malt.it/
http://www.bertinotti.org
http://drunkmansguide.wordpress.com
http://www.lalupagolosa.it
Il newsgroup it.hobby.birra
La solita Wikipedia.
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