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COLLEZIONE COMPLE TA
DI
COHPENDII SE PARATI
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COMPILATA
DA UNA SOC IETÀ DI DOTTI
SOTTO LA DIRE ZIONE
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FISICA
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DELLA
FISICA
DEI CORPI IMPONDERABILI
COHTESEXTE
OLTRE L'ACUSTICA, UH SAGGIO SULLA LOBO NATURA,
LA TEORIA DELLE LORO VIBRAZIONI, LA LORO APPLICAZIOSE A TUTTI I FEROMEKI DELL'ELETTRICITÀ1 E
DEL MAGNETISMO , DELLA LUCE E DEL CALORE
\
PRECEDUTO
\
Da una
! gegWto da una
INTRODUZIONE STORICA,
BIOGRAFIA , e da un VOCABOLARIO
- de' termini tecnici
-7?**?-
DI
ABÏNET E BAILLY
\-!
}\o ύύβύ& veli
i83a
Cxuitoto
COI TIPI ΟΙ FELICE RUSCONI
contraila de' Due Muri, N.° lo33
INDICE
DELLE MATERIE·
IXTRODUZIOirX AMO STUDIO DELLE SOSTAHZE IMFOnDEBAMU
P"S·
'
PRIMA DIVISIONE.
D E L L ' E L B T T B I C I T A ' E DEL «AGHETISMO .
»
27
SEZIOKE I. DelCelettricità
» 28
Ipotesi di Franklin
«32
Sistema dei due fluidi. . . . "
34
Fona elettromotrice . . . . »
4°
Articolo I. Sorgenti e sviluppamento dell'elettricità
" 4*
Per strofinamento e compressione » fò
Per contatto
"44
Per azioni chimiche e organiche. » 4"
Por solidificazione, fusione, evaporazione, calore
» 32
Articolo II. Dei mezzi d'analisi e di produzione dell'elettricità col maio dei diversi strumenti
« y
VI
C
INDI E
Elettrometri e elettroscopi . pag. 5 ^
Macchine elettriche . . . . « 56
Condensatore, bottiglia di Leida, » 60
Pila di Volta
·· 6 2
Articolo III. Fenomeni naturali dell* elet­
tricità
» 69
Temporali, fulmine, tuono . . » 70
Parafulmini
" 7 4
Animali elettrici
" 7 7
SEZIONE II. Delle correnti elettriche
. . ·» 80
SEZIONE I I I . Del magnetismo
»
89
Calamite naturali e artificiali . « 90
Inclinazione , declinazione , varia­
zione
*· 9 2
Della natura del fluido elettrico. » 97
SECONDA DIVISIONE.
D E I X ' A C OSTICA, Ο DEI suoni
.
.
.
.
­
100
Articolo I. Della produzione e della propa­
gazione dei suoni
­ 103
Vibrazioni sonore
» lo3
Velocità del suono . .
­ I08
Artìcolo l ì . Dell'intensità de' suoni
» i n
Porta­voce e corno acustico .
« Il3
Interferente dei suoni
« Il6
Articolo IH. Della riflessione dei suoni ­ u 8
Eco
. . . . . . . . · »
ivi
Risonanza
·* 121
Organo della voce e dell'udito . · 123
jUtkolo IV. Della comparazione dei suoni w 126
DELLE MATERIE.
Tuono della scala .
Armoniche
VII
. pag. lag
. . . . . .
. » l33
T E R Z A DIVISIONE.
D E L L A LUC E E DEL C ALORE
»
l35
SEZIONE I. Della luce
» l36
Sistemi di emanazione e di vibra­
zione
*» l 3 7
Articolo I. Delle sorgenti della luce e della
luce diretta
Μ Ι^Θ
Sorgenti della luce . . . .
» ivi
Propagazione e intensità
.
» l5l
Celerità della luce
. . . » ify
Articolo II. Della diffrazione, delle interfe­
renze. Teoria della luce
. ­ l6o
Diffrazione e inflessione
. ·· l 6 £
Interferenze
» X6Q
Lamine sottili e anelli colorati. * 175
Teoria delle vibrazioni della luce ­ 179
Articolo III. Delln riflessione della luce. * 184
Degli specchi e de' vetri . . ­ 189
Articolo IV. Della rifrazione della luce. » 193
Delle lenti e de' prismi . . . »
197
A eroina lismo . . .
199
2θ3
Arco­bai eiio e mirage
Articolo V. Del colorimento
206
Colori dello spettro .
207
Raggi calorifici e chimici
aia
Colori propri dei corpi .
Vili
ÌKDICB DELLE MATERIE.
Articolo VI. Della doppia rifrazioni! e della
polarizzazione
pag. 2IJ
Articolo VII. Degli stromenti d'ottica, e
della visione
" 222
Microscopi, telescopi, cannocchiali - 2 2 ^
Camera oscura, camera lucida, ec. »· 23o
ίΛ
Organo della visione
. . . » 232
Miopi e presbiti
»» 2 3 5
SEZIONE II. Del calorico
"
2
^7
Articolo I. Delle sorgenti e dello sviluppa­
mento del calorico
·* 2­'9
Combustione , fuoco , fiamma. » 241
Articolo II. Del calorico latente e del calo­
rico specifico
" 24"
Articolo III. Della trasmissione del calo­
rico
» a56
Per contatto
» ivi
Per irradiazione
* 20o
CONSIDERAZIONI GE NE RALI intorno ifluidi impon­
derabili, e intorno le cause dei fenomeni
fisici
» 270
BIOGRAFIA de' Fisici
VOCABOLARIO de' termini tecnici ■ ■ .
M
200
■ "2°7
COMPENDIO
DELLA FISICA
DEI C ORPI IMPONDERABILI
1NTUODUZIONE
ALLO STUDIO DE LLE SOSTAtiZE IMPOtiDËRABILI.
. L J E cagioni delle proprietà fìsiche d e '
corpi possono essere di tal natura che,
non operando sopra alcuno de 1 nostri
o r g a n i , e non affettando né l'odora­
t o , né il gusto, né l'udito, ed essen­
do intangibili e invisibili, manifestino
la loro esistenza solo pei loro effetti
sopra altri corpi. Tali sono l'attrazione
e il magnetismo. Si è dato il nome di
imponderabili a quelle sostanze, qua­
lunque ne possa essere la loro natura,
F I S I C A , voi. II .
ι
2
INTRODUZION
E
che non danno segno della loro presenza
alla bilancia per qualunque aumento
della loro massa. La causa del calore,
ο il calorico trovasi in questo caso; im­
perciocché , un corpo fortemente ri­
scaldalo non pesa niente di più di
quando è freddo. S'impiega pertanto
il nome di fluidi imponderabili per in­
dicare le cagioni che danno luogo ai
fenomeni della l u c e , del calore, del­
l'elettricità e del magnetismo.
Nella oscurità, che regna intorno la
loro natura, si è dovuto supporre un
fluido sottilissimo indicato col nome di
etere, di sostanza eterea , analoga in
molte delle sue proprietà ai gaz, e.che
può spandersi in forma d'atmosfera sia
intorno alle molecole dei corpi, sia ne'
loro pori. Sarebbe senza dubbio preferi­
bile, di aggiungere alla parola impondera­
bile, che esprime una delle più rimarca­
bili proprietà delle cause, che noi con­
sideriamo, un termine più generale che
quello di fluido; come sarebbe il ter­
STORICA.
3
mine di agente, di essere, di principio;
in modo però da non ammettere che
l'idea della causa, la di cui resistenza è
indubitabile, poiché ne vediamo gli effetti ; ma nello stesso tempo da pregiudicare il meno possibile alla sua natura.
Premessa questa spiegazione, noi adotteremo il nome di sostanze imponderabili per significare questi agenti si
poco conosciuti nella loro essenza , e
così evidenti per le loro azioni. Sono
questi, come si è già detto, Velettricità,
il magnetismo, la luce e il calore. Anche Y attrazione meriterebbe senza dubbio di esser posta fra questi agenti, ma
la sua cagione è ancora più oscura, e
noi abbiamo dovuto conformarci alPuso
riguardandola come una proprietà g e nerale della materia.
Nel primo volume, consacrato allo studio delle sostanze ponderabili, noi a b biamo fatto osservare che la Fisica,
definita per la scienza delle proprietà
generali dei c o r p i , contiene un gran
4.
INTRODUZION
E
numero di scienze differentissime le ime
dalle altre latito p e r l'oggetto l o r o ,
quanto per le considerazioni d i e loro
servono di base odi sviluppo. Per esem­
pio, l'arte di misurare il peso di un cor­
p o , e la stessa gravità, è di una natura
diversa adatto dall'arte di calamitare
un ago da bussola, ο della cagione che
dirige una delle estremità di quest'ago
più ο meuo verso il nord: i fenomeni
della luce sono molto differenti da quelli
che presenta l'elettricità. Noi non siamo
abbastanza avanzati nella conoscenza
delle cagioni per riconoscere il legame
che unisce queste diverse classi di fé­
nomeni: ma non si deve ancora dispe­
rare di giungervi; e per darne un sol
esempio, non ha guari che fortunati la­
vori hanno fatto cadere il velo che oc­
cultava il legarne del magnetismo col­
l'eleltricità. Lo sforzo dei primi fisici è
slato di riunire i fatti analoghi in grandi
famiglie, cóme releltricità,il magnetismo,
la luce, il calore, avvicinando i fatti iso­
ST0B1CA.
5
lati gli uni agli altri. Al giorno d'oggi la
scienza dovrebbe avere per iscopo di
concentrare in una sola le cause separate
di questi numerosi gruppi di fenomeni;
di modo che si potesse prevedere unpro­
gresso della scienza tale che tutti i fe­
nomeni fossero ricondotti ad una causa
unica, di cui ben definito il modo.d'azio­
ne, sviluppandosi colla sola varietà delle
circostanze particolari, riproducesse lut­
ti i fatti conosciuti, tutte le azioni reci­
proche ο isolate , che noi osserviamo
nella natura. Pare che questo scopo ai
nostri giorni si incominci a scorgere con
qualche certezza, e noi ci sforzeremo
alla fine di questo volume di far vedere,
nello stato attuale della scienza, e dietro
gli agenti ipotetici che i fisici hanno im­
maginato per rappresentare le cause de
fenomeni, ciò che queste cause hanno di
comune, e come si possa formare una sola
catena di tutti questianelli ancora staccati.
Ma per approfittare fin da questo mo­
mento dei legami d'intima unione ito­
6
INTB0DUZ10N
E
perii mediante gli sforzi de' d o t t i , noi
diremo che si pouno di già ridurre le
quattro cause, sopra menzionate, a due
soltanto. Imperciocché, i fenomeni del­
l'elettricità e del magnetismo sono ora
riconosciuti pressoché identici nella loro
causa : lo stesso si può dire di quelli
della luce e del calore. Noi abbiamo
aggiunto a queste quattro classi di fe­
nomeni quelli dei suoni, ο Vacustica,
che, a dir vero, appartengono più p r o ­
priamente alla meccanica, poiché que­
sti non sono che gli effetti dell'elasticità
dell'aria, e degli altri c o r p i , ο final­
mente dei movimenti oscillatorii più ο
meno eslesi. Ma questo genere di con­
siderazioni è tutto analogo a quello che
ci deve servire a sviluppare le proprie­
tà della luce e del calore. Queste es­
sendo considerate come produzione
dalle vibrazioni di un fluido universale
e sottilissimo , come' prescrive di farlo
lo stato, in cui la scienza attualmente
si trova, noi abbiamo dovuto naturai­
STORICA.
7
mente porre l'acuslica immediatamente
prima di esse ; poiché la scienza del
suono è affatto simile nella sua teorica
a quella della luce e del calore, ed ha
di più il vantaggio di fornire, nelle vibrazioni delle molecole dei corpi ponderabili elastici, degli esempj più convincenti di quelli che si debbono immaginare nel fluido universale per concepire i fenomeni luminosi e calorifici.
Una analogia incontrastabile esiste fra
i fatti che appartengono a queste scienz e ; potendo quelli di una servire come d'indizii per iscoprire gli analoghi
nelle altre.
La serie de' materiali che noi esamineremo, indipendentemente dai legami che abbiamo stabiliti, sarà questa : elettricità e magnetismo , acustica , luce e calore. Q u e l l e , fra queste
diverse parti della fisica, di cui i fenomeni! sono stati ricondotti alla medesima cagione, non avendo fatto di
recente che pochi passi verso un ulte-
8
IKTBODUZIONK
riore perfezionamento , noi le considereremo separatamente nella introduzione istorica : e si vedrà che, in generale non hanno men differito per il nome
di quelli che le coltivarono, che per le
teorie che le dividevano.
Tutto ciò che gli antichi hanno riconosciuto dei fenomeni elettrici si limita
press'a poco all'attrazione che esercitano sopra i corpi leggeri, certe sostanze strofinate, come l'ambra gialla, e
molte pietre preziose; osservazione che
si fa rimontare fino a Talele. Queste
fìsiche cognizioni si limitarono a ciò
fino alla metà del XVII s e c o l o , in cui
Ottonede Guériche, inventore della macchina pneumatica, lo fu eziandio della
macchiua elettrica. Poco dopo si osservarono le scintille che danno i corpi
elettrizzati : ciò avvenne però solamente
verso il 1700, allorché Gray ebbe trovato il mezzo di ritenere l'elettricità sopra i corpi conduttori isolati per mezzo
dei sostegni non conduttori , che l'è-
STOBtCA.
q
letlricità potè mostrare i suoi più bei
fenomeni e annunciare al mondo dot­
to la sua brillante destinazione. Pri­
ma di questa scoperta, si può dire che
mancava un vaso per contenere questo
fluido, e che egli sfuggiva costante­
mente agli inutili sforzi degli sperimen­
tatori : ma dopo questo tempo l'elettri­
cità occupò sempre tutti gli spiriti, e
pel corso di più anni, queste brillanti e
bizzarre sperienze che si moltiplicarono
nei gabinetti di fìsica, e che mostrarono
al volgo stupefatto una bottiglia, ο qua­
lunque altro a p p a r a l o , inerte in appa­
renza, produrre degli effetti di u r t o ,
di commozione, di calore, di luce i più
energici, diedero alle ricerche di q u e ­
sta scienza tutta l'attrattiva della cu­
riosità e della moda. Frattanto, mentre
che i fisici superficiali si occupavano
della scoperta di esperienze seducenti,
e d'istrumenti più ο meno ingegnosi,
veri passatempi della scienza, che fu­
rono sul punto di porre i giuochi di bus­
IO
INTRODUZIONE
soletto nel campo della fisica, i capi della
scuola interpretavano in una maniera
affatto diversa il linguaggio di questi
importanti fenomeni.
La metà ed il fine del XVIII secolo
furono celebri per i lavori e le scoperte successive di Dufay, di Hfusschenbroeck, di Franklin che stabilirono ben
presto la distinzione delle due sorta di
stati elettrici, la commozione della bottiglia di Leida, l'identità della materia
del fulmine coll'elettricilà, e i mezzi di
preservarsi da questa pericolosa meteora colPajuto de 1 parafulmini. A 1 giorni
nostri, il principio di questo secolo si
distinse pei lavori di Galvani e di Volta, i quali aprirono una nuova carriera
di fenomeni elettrici, la di cui influenza è immensa non solamente su le proprietà fisiche de' corpi, ma ancora su
i fenomeni chimici, e su tutte le azioni
organiche. Si prevedeva da molto tempo che questo potente agente contenesse
il mistero della vita fisica, e del giuoco
ST0B1CA.
~
II
reciproco delle parti muscolari e nervose negli animali e nelle piante, ed è
destinato a scoprire un giorno 1 insiem e , il legame e la sorgente di tutti i
fenomeni che vengono indicati colnome
di fisiologici. In fine, recentemente l'importante scoperta del sig. Oersted, che
ha osservata l'azione dell'apparato di
Volta sopra i corpi calamitati , e le ricerche de! sig. Ampère che ha congiunto l'uno all'altro l'elettricità e il
magnetismo, hanno fatto nel primo quarto del secolo in cui viviamo tanto per
la scienza per lo meno quanto ha p r o dotto in tempi più felici un secolo intero di lavori.
Le prime osservazioni magnetiche
portano la data del medesimo tempo
delle prime osservazioni su l'elettricità: si attribuiscono allo stesso osservatore, se pure alcun fisico merito questo
nome nell'antichità. Tutto si limitava a
sapere che la calamita attira il ferro,
imperciocché gii antichi non videro
12
rNTRODOZIOJÎE
chiaramente die le due estremità della
calamita si trovavano in due stati differenti, e che si potevano osservare delle
ripulsioni, come delle attrazioni. Eglino non conobbero meglio la proprietà
che hanno i corpi calamitati di dirigersi
costantemente presso a poco verso il
nord e sud, nel senso della loro massima lunghezza. Queste nozioni si debbono a Gilbert, che viveva circa al i55o
al 1600. Dopo quest'epoca fino alla fine del XVIH secolo non si occuparono
che dei mezzi di calamitare fortemente
delle vergile d'acciajo, che servir potessero di guida ai navigatori onde aprire tutti i mari alla intrepidezza guidata
dalla scienza. Conviene quindi risalire
per il magnetismo, fino ai lavori di Coulomb, per riconoscere qualche cosu di
rimarchevole intorno a questo ramo
della fisica. Coulomb somministrò il
mezzo di misurare la forza magnetica ;
egli esaminò lo stalo di una calamita
nelle diverse parti della sua lunghezza,
STORICA.
l3
iodico come si poteva misurare in cia­
scun luogo della terra la declinazione
e l'inclinazione dell'ago, riconobbe il
magnetismo di tutti i corpi terrestri, fi­
nalmente fece di questo ramo della fisica,
consideralo sotto il rapporto sperimen­
tale, uno studio completo ove i feno­
meni sono ben sviluppati ed ove l'osser­
vazione ajutata dal calcolo giunge alla
conoscenza delle fìsiche leggi incontra­
stabili. Noi abbiamo già avvertito che
i signori Oersted ed Ampère, studiando
gli effetti dell'elettricità sopra la cala­
mita, avevano congiunti l'uno all'altro
questi due rami della fisica. Per com­
pletare lutto ciò che appartiene al ma­
gnetismo, noi dobbiamo dire che recen­
temente il sig. Arago ha scoperto delle
nuove azioni dei corpi in movimento
sopra la calamita, ο dei corpi in riposo
soprale calamite mobili, fenomeni tal­
mente nuovi nella loro natura, che non
si vede ancora abbastanza chiaro a qual
genere di forze si potranno riferire.
I 4.
lKTRODVZlOtiE
Gli antichi non hanno neppure con­
siderala la scienza dei suoni che come
l'arie di combinarli, onde ottenerne
accordi armoniosi. Si attribuisce nul­
Jadiuieiio a Pitagora alcuna esperien­
za estranea alla musica. Il porta­vo­
ce era conosciuto dagli antichi : si cita
la tromba acustica di Alessandro, colla
quale si faceva udire da tutta la sua
armata. Le prime sperienze dei fisici al
risorgimento delle scienze, in cui non si
considerava nei fenomeni se non ciò
che potevano avere di curioso ο di
sorprendente, furono diretti all'arte di
trasmettere i suoni ad una grande di­
stanza per mezzo di tubi ο di comuni­
cazioni secrete. Anche le diverse sorta
di eco naturali e artificiali attirarono
così la loro attenzione. Dopo si cercò
di misurare la velocità del suono. Ber­
nouilli, Eulero, Lagrange si o c c u p a r o ­
no della sua teoria matematica; ma solo
ai lavori di questi ultimi tempi l'acusti­
ca deve le sue principali scoperte vera­
STORICA.
l5
metile fisiche sulle vibrazioni dei corpi
sonori considerati nella loro natura ,
nella frequenza delle loro ripetizioni ,
nella loro comunicazioni?, nella loro tra­
smissione per mezzo dell'aria ο di altri
mezzi ; inline in tutte le modificazioni
possibili che vi apportano lo slato e le
forme de 1 corpi vibranti. Questi p r o ­
gressi dell 1 acustica sperimentale sono
principalmente il risultato delle ricer­
che de 1 sigg. C hladni ; Biot e Savarl.
L'ottica, ο la scienza dei fenomeni
della luce, è dovuta quasi per intiero ai
lavori Je 1 moderni. Appena gli antichi
possono rivendicare la conoscenza del
suo movimento in linea retta e la legge
della riflessione dei suoi raggi alla su­
perficie degli specchi .imperciocchétul­
le queste nozioni erano ben poco su­
scettive di chiarezza, unite alla bizzarra
opinione d e ' platonici sopra la visione ,
che eglino attribuivano non a raggi di
luce che venivano a percuotere i loro
"echi, ma ad una specie d'emanazione
l6
INTRODUZIONE
degli occhi che andava a toccare i corpi
per riportarne la sensazione. Gli specchi brucianti di Archimede, composti di
un grandissimo numero di piccoli specchii, che riflettevano in un medesimo
punto la luce del sole, sono i più famosi apparati d'ottica del .'antichità. Archimede aveva pur falle delle sperienze
sulla rifrazione che subiscono i raggi di ie
luce che passano da un mezzo in un
altro, come lo prova una delle sue opere il cui titolo solo ci è slato conservato, e che trattava Ae\\a figura di un
anello veduto sott'acqua. Siamo sempre sorpresi di vedere gli antichi, così
eminenti nelle scienze filosofiche e letterarie, aver lasciato quasi del lutto sterile il vasto campo delle scienze fisiche.
La fine del XVI secolo fu rimarchevole per l'invenzione del telescopio e
di molli altri strumenti d'ottica, fondati
sulla vibrazione di cui non si conoscevano ancora le leggi. Cartesio, che visse
nella prima mela del XYII secolo fece
STORICA.
ιη
conoscere questa legge. Gli occhiali
erano in uso da mollo tempo. Dopo
Cartesio, Grimaldi
riconobbe la di­
frazione della luce, Bartholin la d o p ­
pia rifrazione ; Huyghens dà le leggi
di quest'ultima modificazione dei rag­
g i , e la sua teoria della luce, richia­
mata a v giorni nostri dopo una lunga
dimenticanza, e che è ancora presso a
poco quella che si segue generalmen­
t e ; Newton fa sopra gli anelli colora­
ti e la dispersione de 1 colori varie spe­
rienze mollo, precise , e analizzate col
mezzo di un calcolo mirabilmente ap»
plicalo ai fatti ; Roemer misura la ve­
locità della luce; Bradley fa conosce­
re l'aberrazione. Tutte queste scoperte
si succedono fino verso il ι ^ ΰ ο .
Incominciando da quest'epoca, l'ottica
ha ottenuto dei fel ici successi ; tutti i suoi
rami sono stati perfezionati sotto il rap­
porto teorico e sperimentale. La sco­
perta dell'acromatismo ha permesso di
costruire dei cannocchiali molto più C O­
F I S I C A , voi. II .
a
1'8
INÏBODtJZIOïrÈ
modi e più perfetti ; la prospettiva é
statu arricchita di apparecchi più precisi:
di nuovi strumenti, che dirigendo con
più perfezione la luce de 1 fari, hanno
strappato con più sicurezza i navigli
agli scogli dei mari. Finalmente, in questo stesso secolo il principio delle interferenze , la polarizzazione della luce, i colori delle lame cristallizzate che
attraversa la luce polarizzata, in una
parola, la teoria quasi interna della rifrazione , della polarizzazione, della
doppia rifrazione, è una massa di fatti
fisici, superiore a tutto ciò che ci hanno lasciato i secoli anteriori, richiamano con molto onore i nomi di Young,
Malus, A r a g o , Biot, Fresnel, Brewester e Seebeck.
L'agente fisico, il più universale, il
più indispensabile che entra pure come parte essenziale nella composizione
organica di molte classi d'animali, il
fuoco, il calore, il più anticamente conosciuto senza dubbio e il più fami-
STORICA.
ι g
gliare a tulli gli occhi, è quello di cui
i fisici si sono il più tardi occupati.
Non v'ha ramo della fisica che sia più
recente della teorica, e dei fatti an­
cora relativi al calorico. Si sarebhe
quasi in diritto, per questa parte della
scienza, come pure per la luce alla
quale si ricongiunge, di tacciare lo
spirilo umano di negligenza, e di ac­
cusarlo di essersi lasciato guidare da
viste d'utilità poco elevate, allorché si
riflette che i bisogni dell'astronomia e
della chimica hanno solamente aperto
il campo a due dei più importanti r a ­
mi della fisica.
Gli astronomi, per iscoprire il va­
sto meccanismo dell'universo, sono stati
coslretti di divenire fisici, e sopra tut­
to di perfezionare l'ottica, mentre è
stato nei laboratorii dei chimici, che
si sono trovate le principali proprietà
del fuoco che eglino avevano bisogno
di conoscere; poiché l'influenza di que­
sto agente è universale nelle chimiche
20
lNTBODtJZION
E
combinazioni. Il vocabolario della fisi­
ca , in questa p a r i e , è tolto pure
quasi intieramente dal linguaggio della
chimica ; e quando la scienza chiama
calorico, l'agente stesso del calore, al­
lorché ella si serve delle parole di ca­
lorico latente, calorico sensibile, calo­
rico raggiatile, calorico specifico, indi­
ca diverse circostanze dell'azione di
questa causa , che inleressano ugual­
mente il chimico ed il fisico. Ma si
potino facilmente assolvere da questo
rimprovero quelli che hanno coltivata
la scienza, osservando che la cono­
scenza di fatti isolali, ai quali il ragio­
namento non può applicare questa co­
gnizione empirica c i o è , che non di­
stingue che semplici nozioni che si
acquistano senza porvi attenzione, poi­
ché non v'ha altra cosa da rimarcar­
vi che la loro esistenza ; questa co­
gnizione, diciam noi, non è abbastan­
za rilevata per attirare Γ attenzione di
uno spirilo esercitalo , e deve natii­
STORICA.
21
Talmente esserne disprezzata. È stato
quindi uopo d ' a t t e n d e r e in ciascuna
scienza che l'esperienza avesse accumulato un gran numero di fatti, perchè dal loro paragone potesse risullare lo stabilimento di leggi curiose a
conoscersi in sé stesse, ed importanti
a svilupparsi nelle loro conseguenze :
e queste scoperte dovevano naturalmente essere fatte da quelli che avevano sovente bisogno d'impiegare gli
agenti in quistione, e che erano loro
famigliari ; come gli astronomi cojla
luce, i chimici col fuoco , i naviganti
colla calamita. D'altronde è meglio esaminare la bella parte di questa mutua
dipendenza delle scienze, e ammirare
come il genio dell'uomo assoggettandosi la natura i n t e r a , attinge dall'insieme di tutte le sue conoscenze, quelle
nozioni che ne ponno schiarire ciascuna parte.
Verso il 1600, Drebbcl, Olandese,
diede un termometro mollo imperfet-
3Ώ
INTBODDZtON
E
Io. Newton indicò i veri principi! del
metodo di regolare questi strumenti,
e ne fece l'applicazione. Reaumur do­
p o il 1700, e più tardi ancora Z7e/uc,
diedero degli strumenti più p r e c i s i ,
che sono poi divenuti perfetti fra le
mani di Gay­Lussac. Penalmente, per
dire in poche parole ciò che i diversi
tempi hanno prodotto nella fisica del ca­
lore, e dire a quali uomini ne andia­
mo debitori, citeremo Newton,
Rich­
man, Black, I rvine, Crawford,
Lavoi­
sier, Laplace, Rumford, Leslie, e più
recentemente, in un lavoro che abbrac­
cia tutti gli altri, i signori Pelile Du­
ìong, che sono benemeriti alla scienza
p e r ricerche esperimentali; mentre che
nella teoria di questi fenomeni i si­
gnori Prévôt, Laplace, Fourier e Pois­
son, hanno stabilita la teorica sopra i
fatti, e ne hanno in seguito, per mez­
zo di calcoli superiori a tutte le diffi­
coltà, ricavali tutti i risultati che ne
conseguitano.
STOHICA.
23
Tale è stato in generale il progresso della scienza nei diversi rami che
noi abbiamo accennati. Per rendere r a gione di questi diversi fenomeni i fisici sono stati costretti di ammetter l'esistenza di certi agenti, ai quali hanno
attribuite delle proprietà analoghe alle
azioni che ne dovevano dipendere. Questo modo d'agire è estremamente utile, allorché, non si attribuisca agli agenti che immaginano , altra importanza
che quella che ne risulta dal vantaggio di riunire comodamente lutti i fenomeni che servono p e r riunire tutti
i fatti. Così, tutti i fenomeni dell'elei»
tricità si svariati e numerosi, sono stati
ridotti a non essere più che la conseguenza dell'azione di due fluidi ben
distinti, di cui si può matematicamente calcolare l'azione. I fenomeni magnetici sono stati ricondotti ben p r e sto allo stesso principio, e in seguito
al medesimo principio che quelli dell'elettricità : altrettanto se ne può dire
24
INTRODUZtON
E
di quelli della luce e del calorico. Re­
sterebbe frattanto da paragonare insie­
me questi agenti ipotetici, onde vede­
re fino a qual punto si ponno consi­
derare loro stessi come aventi u n ' o r i ­
gine comune, e come dipendenti da
nn solo agente ο fluido universale, la
cui esistenza , come noi lo v e d r e m o ,
sembra messa fuor di dubbio p e r la
teoria del calore e della luce. A que­
sto fluido in riposo, ο in movimento,
composto ο decomposto si rapporte­
rebbero il freddo, il caldo, l'oscurità,
la luce, i due stati elettrici, i feno­
meni delle correnti, il magnetismo che
si unisce immediatamente alla teorica
delle correnti elettriche: infine l'attra­
zione stessa potrebbe essere, come
l'hanno opinato molti fisici, il risultalo
della presenza di questo fluido univer­
sale attorno le molecole dei corpi. Ma
queste generali considerazioni meglio
troveranno luogo alla fine di questo
volume, allorché avremo appreso a co­
STOSTCA.
25
noscere per lo sviluppo dei fenomen i , questi agenti che i fisici immaginano per ispiegarne la cagione. Quando si sarà in tal modo pervenuti a congiungere tutti i rami della fisica a un
solo e medesimo a g e n t e , considerato
come causa principale modificata per
diverse circostanze, si potrà definire
teoricamente la fisica col mezzo di questo ageute che comprenderà lutti gli
altri in sé stesso. Ma questo è ciò che
noi siamo ben lungi dal poter fare; e
quand'anche vi si ibsse pervenuti ,
niente osterebbe ancoraché la scoperta
di nuovi fatti, non compresi nella p r e supposta causa geuerale, non venisse
a forzare di risalire ancora più lungi,
in modo da oltrepassare le forze dell' umano spirito , se però si può ammettere che si possa ragionevolmente
sperare di ricondurre a una medesima
cagione tutti i fatti conosciuti fino al
giorno d'oggi.
Del resto, quand'anche noi fossimo
9.6
INTRODUZION
E
STORICA.
condoni a ignorare per sempre la na­
tura delle cause primitive, nulladime­
no un vasto campo di consolazione ci
è aperto. Tulle le scienze conduco­
no inevitabilmente per delle vie più ο
meno dirette al miglioramento della
condizione dell'uomo e ad una quan­
tità d'applicazioni utili alla società ; que­
sto bello sparlimento di scienze sicco­
me non può ricevere grandi attacchi,
così non può sperare grandi avanza­
menti nella cognizione dell'essenza delle
cagioni slesse. Proseguiamo dunque
senza posa i lavori che tendono ad al­
largare utilmente i limili del nostro
sapere, e attendiamo con pazienza che
nuovi progressi vengano a toglierci
la incertezza delle speculazioni, alla
quale la curiosità e il nobile sentimento
dell'amore della verità, attribuiscono
con ragione la più grande importan­
za, ma che sono sì spesso indifferenti
allo slato reale, e alla pratica delle
scienze.
PRIMA DIVISIONE.
D E I X ' Î L E T T B I C I T A '
E DEI.
MAGNETISMO.
il
JL IKO alla scoperta di Oersted, che trò»;
vò nel 1819 che l'elettricità agiva in certe
circostanze sulle calamite ; scoperta che
fu seguita da quelle che fece Ampère
sulle azioni reciproche delle correnti
elettriche; si erano giustamente attribuiti i fenomeni dell'elettricità e del magnetismo a due cagioni differenti. L'esposizione che noi daremo prima dei fenomeni
elettrici, poi de1 fenomeni che presentano le correnti, infine di quelli che sono
conosciuti sotto il nome di magnetici,
farà vedere i motivi che abbiamo avuto
di riunire questi tre generi d' azioni in
una medesima divisione che noi termineremo con considerazioni generali sopra l'agente ipotetico che i tisici ammettono per ispiegare tutti i fenomeni
che andremo di mano in mano rivedendo.
2
§
E
D LL1 E LE TTRICITÀ'
S E Z I O U E PIUMA­
Dell' elettricità.
La parola elettricità proviene dal gre­
co, colla quale gli aiiliclii nominavano
il succino ο ombra gialla, specie di re­
sina fossile, giallastra e trasparente che
csscudo strofinata con una stoffa di la­
na , per esempio , acquista la proprietà
di attirare i corpi leggieri come piccoli
pezzetti di carta sminuzzati , pagliuz­
ze, ο frammenti di piume. Questa espe­
rienza' semplicissima è il primo fatto di
una serie immensa di fenomeni pve l'e­
lettricità occupa un posto molto eminen­
te, come ne saremo convinti dall'esame
di molti casi in cui questa cagione agi­
sce ora come forza secondaria, ora come
forza principale, ma in modo però da in­
tervenire, quasi senza eccezione, in tutti
i fenomeni della natura. C i basterà qui
di dire che la produzione dell'elettricità
accompagna sempre lo strofinamento , la
compressione , le azioni chimiche, Γίη­
zupparuento, il contatto, il laceramento,
IK GKREKALE
9.Q
i cangiamenti di temperatura, gli sconvolgimenti nell'atmosfera. L'atmosfera stessa
si trova in uno stato costante (IVlcttricità. Le forze fisiologiche, influenzate d»
questa cagione, danno luogo a credere che
a questo agente si riferiscano la maggior
parte delle azioni organiche, e si può aggiungere che molti animali sono provveduti d'organi elettrici. Il fulmine ci mostra l'accumulazione dell'elettricità sotto
la forma la più imponente , mentre d'altra parte gli strumenti elettrici sono divenuti i più potenti mezzi di decomposizione chimica, e i produttori di fuochi
di cui l'intensità della luce rivaleggia con
quella del sole, e di 'cui la forza calorifica sorpassa quella dei raggi dì quest'astro concentrati per mezzo degli specchi
ustorii i più energici.
L'ambra non è la sola sostanza che sia
dotata della proprietà elettrica : tutte le
resine , per esempio, la ceralacca ordinaria, il vetro e tutte le sostanze analoghe possono essere elettrizzate per mezzo
dello strofinamento; ma si può andare anche più lungi e riconoscere che tutti i
corpi sono suscettibili Ui manifestare quel'ISICA, vai. 11.
3
3o
DF.LL'ELETTRI
C ITA '
sta proprietà, come noi lo proveremo ben
presto. Quindi l'elettricità è una proprietà
generale dei corpi, e tutti possono essere
portati a questo stato.
Un corpo elettrizzato non pesa né di
più né di meno d'un corpo nello stato
naturale : conviene dunque attribuire que­
sto fenomeno all'azione di un fluido invisi­
bile e sottilissimo, che si concepirà fisso
sulla parte del corpo che è stata strofina­
ta , e che dà de' segni di elettricità. Se
pertanto, onde esaminare la natura di
questo fluido, ο di questo agente qualun­
que , se ne depone una porzione sopra
un corpo mobile, e che si faccia agire su
questa porzione separata il resto del flui­
do che ha conservato il corpo strofinato,
si osserverà che vi ha ripulsione fra que­
ste due porzioni della stessa elettricità.
La medesima ripulsione può, osservarsi
spezzando in due parti il corpo elettriz­
zato, e facendo agire le due metà l'una
sopra l'altra, purché l'una di esse sia resa
sufficientemente mobile. Da ciò si conclude
che si esercita fra le molecole del fluido
elettrico una ripulsione analoga a quella
che si manifesta fra le molecole dei fluì­
IH GE NE RALE .
3l
di elastici; ma che ne differisce in ciò ;
che l'azione elettrica si produce tanto in
distanza quanto in contatto.
Se frattanto si facciano agire l'ima sul­
l'altra le due elettricità somministrate da
due corpi differenti, si trova che l'elet­
tricità presa sul vetro, sulle pietre preziose,
sulle sostanze cristallizzate, differisce es­
senzialmente dall'elettricità della resina,
dell'ambra, della ceralacca, della seta.Gli
stati elettrici di tutte le prime sostanze
sono identici, così che poco imporla l'im­
piegare l'elettricità dell'urto ο dell'altro.
Altrettanto se ne può dire della seconda
serie di sostanze. C onsiderate a parie, vi
ha identità nel loro stato elettrico; ma
se si fa agire l'elettricità del vetro sul­
l'elettricità della resina, per esempio, si
osserva un' attrazione invece di una ri­
pulsione , che non si sarebbe preveduta.
Si debbono dunque riconoscere due stati
elettrici diversi; l'uno simile a quello del
vetro strofinato , l'altro simile a quello
della resina strofinata, essendo lo strofi­
natole per ambedue le sostanze una stoffa
di lana, ο la mano bene asciutta. C osi
l'elettricità' che acquista il vetro differisce
3a
DELL'ELETTM
C ITA1
dall'elettricità che prende la resina , in
questo che, in tutti i casi in cui quest'ul­
tima eserciterebbe ο proverebbe una ri­
pulsione, il primo eserciterebbe ο prove­
rebbe un'attrazione, e reciprocamente.
Franklin ha dato una teoria semplicis­
sima dei due stati elettrici. Secondo lui,
l'elettricità è un fluido universale di cui
tutti i corpi sono impregnati a un certo
grado. L'operazione dello strofinamento ,
ο qualunque altra azione, fa passare nel
vetro strofinato una parte dell'elettricità
dello strofinatore, per modo che il vetro
si trova aver più di questo fluido, che non
ne avrebbe nello stato naturale, avendone
allora lo strofinatore meno che nello stato
primitivo. Se si strofina della resina, ha
ìuogo l'effetto contrario : lo strofinatore
le toglierà una porzione della sua elet­
tricità naturale , e si troverà caricato di
un eccesso di fluido , mentre che la re­
sina avrà conservato meno fluido di quello
che aveva nello stato primitivo. Il vetro
con eccésso di fluido è allora elettrizzato
in più, e la resina, che se ne trova priva
in parte, è elettrizzata in meno. Il primo
di questi due stati è detto ancora stalo
4
■■■''*'
IS GE NE I\AIE .
33
positivo, ο elettricità positiva; il secondo,
stala negativo, ο elettricità negativa.
Queste idee, come si vede, sono sem­
plicissime, e rendono immediatamente ra­
gione di questo fatto, osservato costante­
mente, che se si strofinano due sostanze
fra loro, Tuna prende sempre lo stato po­
sitivo, l'altra lo stato negativo , come se
quella che ha più tendenza ο attrazione
per il fluido elettrico Io togliesse alla so­
stanza che ne ha meno, e prendesse ella
stessa un eccesso di fluido che produr­
rebbe necessariamente un difetto dello
stesso fluido nell'altra sostanza.
Ma, in questa teoria, è molto difficile
di rendere ragione dell'uguaglianza per­
fetta che si osserva nelle azioni elettri­
che del corpo nei due stati. Impercioc­
ché, senza entrare in più estesi particolari,
si conosce che vi sono molte circostanze
in cui una quantità minima di elettrici­
tà deve agire differentemente d'un c e
cesso di questo medesimo fluido. Noi sia­
mo dunque obbligati di abbandonare la
teoria di Franklin, e di attribuire ai due
stati elettrici due cagioni perfettamente
uguali nelle loro proprietà, quantunque
3/J
DELL'ELETTRI
C ITÀ'
diverse nella loro natura ; poiché nelle
attrazioni, nella distribuzione, nelle mu­
tue azioni, in tutte le circostanze infine,
l'elettricità si mostra rigorosamente nei
due stati.
Noi ammetteremo dunque due fluidi
elettrici del tutto simili nelle loro pro­
prietà considerate isolatamente, che esi­
stono simultaneamente e in quantità ugua­
le in tutti i corpi nello stato naturale ,
e che si neutralizzano l'uno coll'altro ,
poiché qualunque attrazione ο qualun­
que repulsione che l'uno dei due eserci­
t a , è controbilanciala da azioni contra­
rie che emanano dall'altra. L'atto dello
strofinamento non fa che permettere a
ciascun corpo di prender quello dei due
fluidi per il quale ha più tendenza, e
ciascheduno di loro esce dall'esperienza
elettrizzato, e sono di più elettrizzati allo
stesso grado; poiché, partendo dallo stato
naturale in cui le due elettricità si equi­
libravano l'ima e l'altra, tanto il primo
corpo avrà dell'uno dei due fluidi in ec­
cesso, quanto il secondo ne avrà dell'al­
tro in sovrabbondanza, mentre che questa
stessa quantità non sarà più neutralizzata
IK GENERALS.
35
'dal fluido di natura diverso che è passato
sul primo corpo.
Dopo l'idea di un sol fluido, l'ipotesi
che noi abbiamo testé esposta è la più semplice che si possa immaginare: ella ha
preceduto ancora l'ipotesi di Franklin,,
ed è dovuta a Dufay, che la diede' come
una traduzione immediata dei fatti nel
linguaggio il più conforme all'esperienza.
Dufay nominava elettricità vitrea l'elettricità che prende il vetro strofinato, come
pure nominava elettricità resinosa l'elettricità della resina, e le considerava come due fluidi distinti. Queste denominazioni sono ancora in uso nelle opere di
alcuni fisici francesi i quali, conservando
queste denominazioni, hanno voluto specificare di più l'esistenza de' due fluidi
in qnistione. Si fu principalmente allorché le sperienze sì numerose e sì precise di Coulomb ebbero stabilite le leggi
fisiche dell'elettricità, e che i ealcoli di
Poisson ebbero fatto vedere che tutte
l'esperienze si deducevano rigorosamente
da queste leggi, che le denominazioni di
vitrea e di resinosa furono le più usitate
in Francia. Ma le due denominazioni più
t
3fi
DELL'ELETTIU
C ITA'
generalmente adottate di fluido positivo
e di fluido negativo, clic si ponno pren­
dere anche letteralmente per due fluidi
differenti che hanno la proprietà di neu­
tralizzarsi, infine l'autorità stessa di molti
scienziati francesi ci fa preferire l'impiego
di questi ultimi nomi. C onviene pure ag­
giungere a questi motivi, che il vetro pu6
essere elettrizzato resinosamante, quando
si strofina con un corpo che ha più ten­
denza di lui per l'elettricità positiva ,
come accade strofinandolo colla pelle del
gatto; e che ugualmente la resina pren­
d e , con qualche sostanza minerale, l'e­
lettricità vitrea, come lo ha osservato
Haiiy. In questi casi le denominazioni di
elettricità vitrea e resinosa sono difet­
tose, oppure in contraddizione coi fatti.
Noi chiameremo dunque slato positi­
vo, ο Veltttricilà positiva, lo stato ed il
fluido che prende il vetro strofinato COD
una stoffa di lana, e qualsisia altro stato
analogo di un corpo qualunque; e per lo
stato negativo, elettricità negativa, 0 fluido
negativo, noi intenderemo lo stato ο il
fluido che prende la resina strofinata colla
medesima stolta : qualsisia altra sostanza
IK GE NKIÌALE .
3τ
che avrà preso in un'azione qualunque
un'elettricità della medesima natura che
la lesina in questo caso , sarà delta allo
stato negativo,ο caricata di fluido negativo.
Dopo ciò chi; si è detto, è facile il con­
cepire che due soslanze che si strofinano
insieme si elettrizzeranno sempre Tuna e
l'altra , e si metteranno in due opposti
stati elettrici, ciascheduna di esse sod­
disfacendo la sua maggior tendenza per
Tuna ο per l'altra delle due elettricità.
Il solo caso d'eccezione, in cui i due
corpi uscirebbero dallo strofinamento sen.
za dare alcun segno di virtù elettrica,
sarebbe quello nel quale si trovassero
avere ambidue la stessa tendenza per cia­
scheduno dei due fluidi : come per esem­
pio nel caso in cui si strofinasse un nastro
di seta con un altro naetro del tutto si­
mile. Ma anche in questo caso l'esperien­
za mostra che se lo strofinamento non
agisce egualmente sopra tutti due i na­
stri, l'uno e l'altro si elettrizza, e il più
fortemente strofinato prende l'elettrici­
tà negativa. Nell'esperienza dei due na­
stri disposti in croce , e se l'uno essen­
do fisso, si faccia muovere il secondo
■ 38
DELL'ELETTRI
C ITÀ 1
come per segare il primo, questo pro­
verà uno strofinamento più grande assai
nella medesima parte, sempre sottomessa
all'azione dell1 altro: il primo prenderà
dunque l'elettricità negativa, e il secondo
la positiva.
Fra i corpi i quali, allorché si strofi­
nano , prendono con più forza l'elettri­
cità positiva, si ponno citare la pelle
del gatto, e tutte le pellicce fine, il ve­
t r o , il diamante, il cristallo di rocca, e
tutte le pietre preziose : fra quelli che
prendono con forza l'elettricità negativa,
si ponno citare la resina, l'ambra, la cera­
lacca e la seta. Fra questi estremi v'ha
una infinità di corpi intermediarli che
hanno una tendenza molto minore a im­
possessarsi dell'una ο dell'altra elettricità.
Quindi si vc4e che lo stato elettrico ili
un corpo strofinato dipende dalla natura
del corpo col quale si strofina : questo
stato è positivo nel caso che il corpo
strofinato abbia più tendenza che lo stro­
finatore per l'elettricità positiva, e nega­
tiva nel caso contrario· Si vede infine bre­
vemente la prova dell'asserzione che noi
abbiamo più sopra emessa, cioè che l'elet­
IK GEKSRAIB.
3çf
tricità e una proprietà generale dei corpi :
in fatti, se si strofina un corpo alternativamente colla seta e colla pelle del gatto,
si sarà certi, qualunque sia questo corpo,
<li fargli contrarre uno stato elettrico
moltissimo caratterizzato : poiché , per
esempio, se egli non si elettrizzasse pel
suo strofinamento sulla seta, questo sarebbe un indizio che egli avrebbe, come
la seta , molta tendenza per l'elettricità
negativa, e che l'azione del corpo sperimentato e quella della seta si sarebbero
equilibrate; ma per ciò appunto questo corpo strofinato contro la pelle del gatto che
tende al contrario a prendere l'elettricità
positiva , uscirà dal contatto con un alto
grado di elettricità negativa. E dunque
possibile di elettrizzare sempre un corpo
qualunque , e si vede che tutti i corpi
per rapporto all'elettricità formano due
scale inverse di distribuzione.
Nell'indicata sperienza per distinguere
le due elettricità, lo strofinatore di lana,
in contatto col vetro, gli cede dell'elettricità positiva, e diviene negativo; lo stesso corpo, messo a contatto colla resina,
gli cede l'elettricità negativa, e resta per
4o
DELL'ELETTRI
C ITÀ1
conseguenza positivo. Da ciò apparisce
che la lana, intermedia per le proprietà
elettriche fra il vetro e la resina, ha
minor tendenza che il primo per l'elet­
tricità positiva, e minore che la secon­
da per Γ elettricità negativa. In tutti i
casi consimili in cui si opera una sepa­
razione delle due elettricità, in virtù
delle diverse tendenze de' corpi che rea­
giscono, la forza séparatrice che ne ri­
sulta dicesi forza elettromotrice.
Allorquando si vogliono verificare col­
Γesperienza tutte le proprietà che ab­
biamo enunciate, una ve ne ha alla qua­
le è importantissimo di fare attenzione,
e che deve, indipendentemente da qua­
lunque altra considerazione, essere men­
zionata in primo luogo fra le proprietà
elettriche dei corpi. Imperciocché gli uni
lasciano scorrere Γ elettricità lungo la
loro superficie, e si dicono perciò corpi
conduttori : tali sono i metalli, l'arqua, i
corpi umidi, gli organi degli animali.
Altri corpi hanno la proprietà contra­
ria , e non permettono alcun passaggio
all'elettricità, né lungo la loro superficie,
ne a traverso le loro sostanze; si dicono
IN GE NE E ALE .
4'
questi non conduttori, ο isolanti , poi­
ché eglino isolano così l'elettricità che
si depone sopra ili loro, ο meglio i corpi
elettrizzati ai quali servono di appoggio.
Si vede che Paria è un corpo isolante: im­
perocché se fosse conduttore, sarebbe
impossibile d'ottenere il minimo segno
d'elettricità, mentre che questo fluido
si perderebbe nel medesimo tempo che
si accumulerebbe sopra un corpo. Tutte le
sostanze che ci hanno servito d'esempio,
il vetro, la seta, la resina, sono non con­
duttori dell'elettricità, ed è perciò che
si possono elettrizzare tenendole in mano:
la parte vicina alla mano isola la parte
strofinata, mentre che se si tiene un me­
tallo ο un pezzo di drappo, non vi si sco­
prirà, dopo lo strofinamento, alcun se­
gno d'elettricità: conviene tenere queste
sostanze col mezzo di un corpo isolante,
come sarebbe un manico di vetro ο di
resina, e vi si riconoscerà subito lo stato
elettrico. L'esperienza riesce a meravi­
glia con un turacciolo di sughero fissato
all'estremità d'un bastone di ceralacca:
se si strofina il turacciolo con una stoffa
di lana, toccandolo con un dito, non si
4^
DELL'ELETTRI
C ITÀ'
elettrizza niente affatto; se non si tocca
che la cera, il sughero diviene fortemente
elettrizzato. Si avrà dunque cura, tutte le
volte che si vuole sperimentare l'elettri­
cità di un corpo conduttore, di (issarlo su
di un corpo isolante, affinchè conservi
l'elettricità acquistata.
AUTICOLO Panno.
Sorgenti e sviluppamento
dell'elettricità.
La vera causa produttrice dei fenomeni
elettrici , questa forza séparatrice delle
due elettricità, che noi abbiamo nomi­
nata forza eletlromotrice, ci è de) tutto
incognita nella sua natura. La sola espe­
rienza ci fa conoscere le circostanze nelle
quali si sviluppano con maggiore ο mi­
nore energia. 11 numero de1 casi di svi­
luppamento dell1 elettricità si accresce
giornalmente, a misura che l'esperienze
si moltiplicano, che i mezzi d'investiga­
zione si perfezionano; per modo che sem­
bra giusto il pensare che i corpi non
provano alcuna modificazione senza che
si operi una produzione di elettricità
S0HGEKT1 E
SV1LOPPAME NTO , E C.
fi
cioè a dire un cangiamento nella quan­
tità rispettiva dei (Ine fluidi che conten­
gono. Ma fra tutti i casi die noi abbia­
mo sopra citati, è principalmente per lo
strofinamento e per il contatto che si
ottengono gli effetti più rimarchevoli.
Noi abbiamo detto che quando si stro­
fina un bastone di ceralacca ο di ve­
tro con un pezzo di drappo, si elettriz­
za: se allora vi si accosta il dito, se ne
ottengono delle piccole scintille; di più,
nell'oscurità il bastone di vetro sembrerà
leggermente luminoso. Alla fine di un
certo tempo questi effetti spariscono, ma
si nonno riprodurre a piacere strofinando
di nuovo i corpi. Siccome abbiamo già
detto , tutte le sostanze isolate sono su­
scettibili Ji manifestare le medesime pro­
prietà; così allorché una persona e posta
sopra una focaccia di resina, ο sopra uno
sgabello coi piedi di vetro , battendola
con una pelle di gatto, se ne estraggono
delle scintille. Si vede pertanto che lo
strofinamento è un potente mezzo per
isviluppare l'elettricità, ed è questo in­
fatti che s'impiega nelle diverse macchine
elettriche.
<j4
E
SOIIG KTI E
SVILUPPAME KTO
La compressione non è ima sorgente di
sviluppo d'elettricità così possente, ma sem­
bra p e r ò generale. Ilaiiy aveva di già fatte
a q u e s t o riguardo delle belle osservazio­
ni; ma le numerose s p e r i e n z e d i Becquerel
provano che t u t t e le volte clic si c o m p r i ­
mono due ο più corpi gli uni contro gli
altri, p r e n d o n o degli stati elettrici diffe­
renti.
Il contatto di certe sostanze è uno dei
più p o t e n t i mezzi di separazione dei due
fluidi elettrici, e per conseguenza tutti i
fenomeni che sono il risultato di questo
isolamento, devono manifestarvisi con una
i n t e n s i t à analoga. P a r e che in certe cir­
costanze, tutti i corpi messi a contatto a
due a due, e per qualchedimo i frammenti
di u n o stesso corpo in differenti posizio­
n i , siano suscettibili di sviluppare l'elet­
t r i c i t à ; e da ciò si concepisce come q u e ­
sti effetti debbano riscontrarsi frequente­
m e n t e , e come p u r e debbano avere i n ­
fluenza nella produzione dei numerosi fe­
nomeni n a t u r a l i .
Galvani fu il p r i m o fisico che s'avvide
di questi fenomeni. Nel p r e p a r a r e delle
r a n e , avendole c a s u a l m e n t e sospese col
DELl/'ELETTnlClTA1.
4^
mezzo d'uncinetti eli rame ad un balcone
di ferro, egli fu sorpreso dalle violenti
contrazioni che si manifestarono nei loro
muscoli, e dalle convulsioni che agitaro­
no le loro membra. Questa osservazione
non rimase sterile, e Volta nel variare
le sperien/.e del Galvani, riconobbe che
questi effetti erano dovuti al contatto dei
due metalli. Si ottiene cosi qualche de­
bole effetto quando si fa comunicare un
nervo con un muscolo: ed è appunto da
ciò che Galvani aveva conclusa l'esisten­
za d'una elettricità particolare, che egli
chiamava animale, e che supponeva cir­
colare nel sistema organico. I fisici adot­
tando queste idee, furono condotti ad am­
mettere un nuovo fluido, che chiamarono
galvanico, dal nome di colui che ne ave­
va per il primo scoperti gli effetti.
Ma ben presto l'analisi la più esatta
dei fenomeni dimostrò l'identità comple­
ta dell'elettricità e del galvanismo. 11 ce­
lebre Volta ravvisò tosto che le convul­
sioni prodotte nelle membra delle rane,
e in generale di tutti gli animali, non
erano bene evidenti che allorquando si
mettevano in comunicazione i nervi c«
FISI e Λ . roi.
//.
46
E
SORG STI E
SVIWPPAME STO
i muscoli col mezzo di due metalli; nel
modo stesso che applicando sopra ciascu­
na superficie della lingua una piastra ο
medaglia d'un metallo differente, all'i­
stante del contatto delle due piastre, si
risente un sapore particolare, e si vedono,
anche chiudendo gli occhi, piccole scin­
tille. Queste riflessioni lo condussero a
pensare che le convulsioni delle r a n e ,
come tutti i fenomeni galvanici,erano do­
vuti a questo, che i due metalli, e in ge­
nerale due sostanze eterogenee, prendono
degli stati elettrici differenti quando si
pongono ad immedialo contatto; e che le
rane, la lingua, in generale il corpo con­
duttore interposto fra le due sostanze ,
serve a stabilire la comunica/Jone fra lo­
ro e risente gli effetti della corrente elet­
trica che lo attraversa. Fondato su que­
ste osservavioni piene di genio giunse alla
scoperta dello strumento così rimarche­
vole, chiamato pila di folta, pila Gal­
vanica , che noi insegneremo fra poco a
conoscere.
In una moltitudine d'operazioni chimi­
che, nel cangiamento di stato e di com­
binazione dei corpi, si opera pure uno
DELL'ELETTRICITÀ1.
47
sviliippamento di elettricità, che si può
riguardare come il risultato della coni­
pressione^ del contatto delle molecole di
diversa natura. Infine, riscaldando diverse
sostanze, si fanno loro manifestare segni
evidenti d'elettricità, e si trovano molti
pesci provveduti d'un apparato col mez­
zo del quale provocano istantaneamente
lo sviluppo d'una grande quantità d'elet­
tricità , e dirigono cos'i sopra i loro ne­
mici, ο sopra la loro preda delle com­
mozioni fulminanti.
Tutte le volte che vi ha sviluppo d'e
leltricità, sia per lo strofinamento di due
corpi, sia per contatto, sia per qualunque
altro mezzo, questi corpi produttori del­
l'elettricità sono sempre costituiti in due
differenti stati elettrici; cioè a dire che
se l'uno è elettrizzato positivamente, l'al­
tro lo sarà negativamente. Presenteranno
allora il fenomeno costante di respingere
i corpi caricati di elettricità della slessa
specie, e di attirar quelli dotati d'elet­
tricità contraria; fenomeno che si mani­
festa a certa distanza, come lo abbiamo
di già detto.
■Non si conosce alcun rapporta fra la
4$
E
SORG NTI P. SVIMJÏPAME lfTO
natura ο la costituzione dei corpi, e lo
stato elettrico che affettano allorché sono
strofinati; nulladimeno moltiplicate spe­
rienze hanno condotto Coulomb a con­
cludere in generale che: di due corpi di
cui si strofinano le superficie, quella le
<li cui parti sono meno frastornate, ο
meno distolte dallo stato di riposo , è
disposta a prendere l'elettricità vitrea ο
positiva, ciò che aumenta per la compres­
sione ; mentre che quella le cui parti ne
sono più spostate , ha più tendenza per
lo stato elettrico resinoso ο negativo, ciò
che aumenta ancora la dilatazione. Lo
sviluppo dell'elettricità è tanto più ener­
gico, quanto l'opposizione di queste cir­
costanze è più grande 5 e tanto pili pic­
colo, quanto le superficie sono più simi­
li, di modo che sarebbe nullo, se vi si
trovasse perfetta uguaglianza. Quindi due
nastri di seta bianca sviluppano difficil­
mente l'elettricità; ma se si strofinano
un nastro bianco con uno nero , questo
prenderà l'elettricità negativa , mentre
che se si allontanano, per mezzo del ca­
lore, le molecole del nastro bianco ,quc­
*4f
DELI/ELETTEICITA1.
/(Q,
sto avrà più tendenza per l'elettricità ne­
gativa, e sarà costituito a questo stalo.
L'azione di un corpo elettrizzato si
estende tutto all'intorno di lui, e decre­
sce in ragione del quadrato della distan­
za: questo è appunto ciò che ha dimo­
strato C oulomb. Ne risulta che lutti i
•corpi che sono cnlro i limiti della sfe­
ra (Vattivila di questo corpo, debbono
risentirne l'influenza. Due corpi elettriz­
zati differentemente potranno dunque eli­
dere mutuamente le loro azioni in tutto
ο in parte, e non dare in appresso segni
d'elettricità che allorquando cesseranno
d'estendere la loro azione alla stessa di­
sianza. Questo effetto non può aver luo­
go che quando un ostacolo si oppone
al loro miscuglio ; imperocché senza di
ciò l'attrazione dei due fluidi l'uno per
l'altro provoca la loro riunione, il clic
si opera per mezzo di una scarica esplo­
siva, il più sovente accompagnata da lu­
ce, od anche per una comunicazione in­
sensibile.
Noi abbiamo detto che i corpi, per
rapporto all'elettricità, ponno essere di­
stinti in buoni e in cattivi conduttori­ que­
5θ
SORG
E STI E
SVlLUPPAME tiTO
sti ultimi servono a produrne l'elettri­
cità e ad accumularla sugli altri, ai quali
servono il1 isolanti : e in fatti, si conce­
pisce facilmente che se si circonda da
tutte le parti un corpo conduttore con
delle sostanze non conduttrici, e che gli
si comunichi dell'elettricità, sarà costretto
a conservarla fino a che non gli si pre­
senta uno sfogo, ο fino a che, caricato di
troppo, si produca una esplosione ed una
scarica d'elettricità accumulata sui corpi
più vicini.
Tutte le volte che si mette un corpo
elettrizzato in comunicazione colla terra,
la sua elettricità si divide fra il globo
e lui, e diviene insensibile. Il globo pren­
de, per rapporto a questo effetto, il no­
me di serbatoio comune. Non si conosce
alcuna proprietà tisica ο chimica in rap­
porto colla conducibilità elettrica : così
il carbone fibroso ο polveroso è un buon
conduttore , ma cristallizzato in diaman­
te è un isolante : lo stesso e dell'acqua e
del gliiaccio.il vetro, la resina, i grassi,
che solidi sono non conduttori, diven­
gono tali colla fusione.
Poiché l'elettricità non rimane nei cor­
DEM.' ELBTTIUCITA1.
Si
pi conduttori che in virtù itogli ostacoli
ohe oppongono alla sua trasmissione i
corpi isolanti , »i deve aspettarsi di tro­
varla tutta accumulata alla loro supirfi­
cie : infatti l'esperienza ha fatto ricono­
scere che l'inlci­no di un corpo elettriz­
zato non manifesta alcuna tensione: se
no deve quindi concludere clic i corpi
non agiscono su l'elettricità in virtù d'una
specie d'affinità, e sombrano vasi ove que­
sto fluido si distribuisce conformemente
alle leggi della meccanica. L'aria è un
cattivissimo conduttore quando e secca;
ma la sua facoltà conduttrice aumenta
considorabilmenle coll'umidità. Questo e
ciò che rende qualche volta così difficili
le sperienze. Del resto i corpi sembrano
sempre opporsi più ο meno alla trasmissione
del fluido elettrico, imperocché nel votosi
spande colla più «rande facilità, e sotto
forma di una debole luce e continua. Non
si è ancora potuto determinare la velo­
cità di trasmissione, poiché, come quella
della luce, ella è istantanea per le nostre
distanze terrestri ; spazii di più leghe
sono stati percov«i dallo scoppio elettrico
in un tempo incalcolabile.
52
E
eOnO Kfl Β SVlVtH'iAME KTO
Noi abbiamo teste indicato le principali
cagioni dello sviluppo dell'elettricità, tua
ve n'iia ancora molte altre che meritano
d'essere conosciute ; così lo zolfo, la cio­
eolatta l'usi, allorché si solidificano, diven­
gono elettrici, ed è difficile l'attribuire
questo effetto allo strofinamento ; sembra
più probabile che l'atto della solidifica­
zione, cangiando le relazioni delle mole­
cole , cangi ancora l'equilibrio elettrico.
In presso che tutti i casi di fusione, efe­
■ vaporazione e di sviluppo di gas, vi ha
pure produzione d'elettricità; ciò si ri­
conosce facendo comunicare un elettro­
scopio al vaso isolato in cui si evapora
un liquido. I cangiamenti di tempera­
tura sviluppano pure l'elettricità , se­
gnatamente in un gran numero di corpi
cristallizzati, come sono la tormalina , i
topazzi, ce. A questo riguardo Haiiy ha
fatto un'importante osserva/.ione, ed è che
questa proprietà piro­tUurica non appar­
tiene che ai cristalli le di cui forme an­
golari non sono simetriche nelle loro
estremità. In (ine tutte le volte che si
rompe un corpo, l1 equilibrio elettrico è
turbato, come quando si raschia del legno
DELL'ELETTRICITÀ1.
55
con un pozzo di vetro: m;i questi effetti
si ponno riferire allo strofinamento.
S'intende ora come tulli questi feno­
meni, che si rinnovano così sovente nel­
la natura, debbano influire sullo stato
elettrico che regna nell'atmosfera e alla
supeiticie del globo. Il sig. Pouillet (1)
ha fatto delle sperienze che lo hanno
condotto a pensare che le principali sor­
genti doll'elottricilà atmosferica prenda­
no origine da analoghi effetti : ha rico­
nosciuto che Γ assorbimento dell'acido
carbonico dai vegetabili per una parie, e
dall'allra l'evaporazione di tulli i liqui­
di più ο meno impuri , come si riscon­
trano nello stalo naturale, sviluppano l'e­
lettricità.
ARTICOLO II.
Dei mezzi d'analisi e di produzione
dilPe­
Ictiriiutà col mezzo dei diversi strumenti­
Si può r i c o n o s c e r e c h e u n c o r p o e elet­
trizzato q u a n d o a t t r a e un c o r p o leggero
(l ) Le memorie native a queste ricorrili! sono
Main Ielle: dal] ii ι il oic .ill'AiTailernia dello scienze il .'u
maggio e (J luglio 1825.
5.{
E
D LL1 BLETTRICITA\
che gli si p r e s e n t a ; ma questo processa >'
non è un mezzo di misura, non indirà né
la n a t u r a , nò la quantità dell'elettricità;
in oltre , non è senza pericolo nel caso
elie la carica sia molto forte, e il corpo
buon conduttore. F u cosi che R i c h m a n ,
avendo disposto un grande
elettrometro
per misurare l ' e l e t t r i c i t à delle nubi, r i ­
mase colpito m o r t a l m e n t e dal suo appa­
rato al momento che lo c o n s u l t e r a : i fi­
sici quindi hanno dirette le loro ricerche
alla scoperta di strumenti , col mezzo
de 1 quali hanno p o t u t o riconoscere con
precisione e senza alcun pericolo la prc­
senza e la natura dell'elettricità, e valu­
tare il grado della sua energia.
Tali sono gli elettroscopìi e gli elettro·
metri, fondati lutti sulle p r o p r i e t à attrat­
tive e repulsive dei corpi e l e t t r i z z a t i ,
composti t u t t i di piccoli corpi leggeri e
mobili. C onstano questi ora semplice­
m e n t e di una ο due piccole palle di mi­
dollo di sambuco, sospése ad un (ilo di
canape, e poste in diverse posizioni sopra
differenti m a c c h i n e , ο sopra un sostegno
isolante (Tav. ι , Fig. ι ) ; ora di due la­
mine d'oro ο di paglia piccolissime, rin­
/
S1T.UMEKTI E LE TTRICI.
■>·>
chiuse in una boccetta ili vetro, e comu­
nicanti con un'asta metallica clie esce
per il collo della boccetta (Fig. 2); ora
finalmente , come noli 1 elettrometro di
Haiiy (.Fig. 3 ) , di un1 asta metallica
mobile »u di un perno. La bilancia di
torsione ili C oulomb,descritta nella Fisi­
ca dei corpi ponderabili, e rappresentata
nella Tav. i,fig. 4, eon qualche piccola mo­
difica/ione, diviene pure un elettrometro
ed è anche il più suscettibile di esattez­
za, e si nomina sovente bilancia elettrica.
La torsione del filo ne dà la misura della
forza elettrica.
In tutti questi apparali, quando si avvi­
cinano a un corpo elettrizzalo i corpi
mobili nello stato naturale, ο i fili con­
duttori che li sostengono, si riconosce la
presenza dell1 elettricità, poiché sono at­
tratti quando l'elettrometro è composto
di un sol mobile, e si allontanano l'un
dall'altro quando sono due: quest'ultimo
effetto è prodotto dall'influenza del cor­
po elettrizzato che comunica ai due mo­
bili un eccesso di elettricità del mede­
simo genere, dal che ne conseguila eh*
debbono respingersi. Si conosce che l'cf­
50
E
D LL1 IÏLETTMCITA1
ietto prodotto da quest'azione deve esse­
re in ragione della forza agente: si potrà
dunque valutare l'intensità di questa for.
za, misurando l'allontanamento dei due
mobili. Questi effetti si manifestano allo
stesso grado, sia clic i corpi siano elet­
trizzali positivamente ο negativamente:
ma per determinare la specie d'elettri­
cità del corpo clic si sottomette alla spe­
rienza, basta di esaminare se egli attrae
ο respinge un mobile al quale si è co­
municata da prima una specie di elettri­
cità conosciuta.
L'elettricità elicsi ottiene strofinando
un bastone di vetro ο di resina e poco
considerevole, onde vi si supplisce tutte
le volte clic si vogliono effetti energici
colle macelline elettriche. Di queste ve
«Mia di più specie, ma la più in uso è
quella rappresentata dalla fig. 4­ Questo
e un piallo ο disco di vetro Ρ 1" di di­
mensione più ο meno grande, premuto
da quattro cuscini C riempiuti di crino,
e accompagnati da un inviluppo di taffetà
verniciato: allorché si fa girare il disco
col mezzo del manubrio M , si sviluppa
una grande quantità (l'elettricità che va
STKtIMEKTl E lBTTItlCI.
57
ad accumularsi nel corpo conduttore A,
al quale si dà tal forma e tali dimensioni
che più sembrano opportune, ma di cm
si terminano le estremità in palle a fine
di non disperdere il fluido. L'elettrome­
tro di Henley, ο a quadrante E, indica
la potenza della carica. Facendo comu­
nicare i cuscini col serbatoio comune, si
ha così una sorgente costante e abbon­
dante d'elettricità, col mezzo della quale
si possono fare molte curiose sperienze,
e produrre de1 fenomeni molto rimarche­
voli. Vi ha ancora un'altra macchina,
quella cioè di Nairn, che merita di essere
conosciuta: questa è formata di un cilin­
dro di vetro, che gira su di un asse, ed
è strofinato da un cuscino, che si può iso­
lare a piacimento, per modo che se ne
ottengono le due elettricità, secondo che
si prende quella del cuscino ο quella
del vetro; questa macchina è costante
ne' suoi effetti e d'una gran forza.
Un apparato semplicissimo, e molto
comodo per ottenere in qualunque tem­
po l'elettricità, e il cosi detto elettro/òro,
fig. 5. C onsta di una focaccia di resina
ciiUrizzata negativamente colla pelle d l
58
DELL'EIETTM
C ITA'.
gatto; ponendola sopra un piatto condut­
tore portato d» un manico isolante, e
toccandolo quindi rnl dito per lasciare che
sfugga la sua elettricità negativa, respinta
dalla simile elettricità della resina, que­
sto piatto è costituito in allora nello stato
positivo: si rifa iti seguito della sua elet­
tricità levandola col suo manico isolante.
Si può per l'accumulamento dell'elet­
tricità in un corpo, considcrnbilmentc
ampliarne gli effetti, di già molto ener­
gici, delle macchine; allorché si comunica
una elettricità contraria a due superficie
di un corpo isolante , ο a due corpi con­
duttori separati da un corpo non condut­
tore bastantemente piccolo, queste due
elettricità non ponno né riunirsi, né di­
struggersi per la loro unione , e quindi
le loro azioni contrarie si bilanciano re­
ciprocamente, e permettono un più gran­
de accumulamento dei due fluidi: si dice
che il corpo in questo stato è caricato,
e chiamasi scarica ο commozione elettrica
la riunione dei due fluidi clic si ottie­
ne facendo comunicare le due superficie
ο i due corpi col mezzo di conduttori.
Si vede che questa scarica è tanto più
STBOMBKTI E LE TTRICI.
5<)
forte, quanto i corpi sono più elettriz­
zati, e clic questo accumulamento dipen­
de dall'influenza più ο meno grande clic
i corpi esercitano l'uno sopra l'altro, fino
al limite in cui la forza di attrazione
elettrica sarà bastante per rompere l'o­
stacolo che si opponeva alla riunione dei
fluidi. E su questo principio che riposa
tutta la teoria dell' elettricità accumula­
ta , e la costruzione di molti apparati
col mezzo de1 quali si perviene , da una
parte a valutare le più piccole quantità
sommandole insieme, dall'altra ad otte­
nere delle scariche molto energiche.
Su questi principii sono costruiti i con­
densatori, col mczRo de'quali si giunge a
riconoscere la presenza di una piccolissi­
ma quantità d'elettricità sviluppata. Que­
sti strumenti, ai quali si danno diverse
figure, e si compongono di diverse sostan­
ze, sono essenzialmente formali, come l'ab­
biamo indicato, Hi due corpi conduttori
separati da una sostanza non conduttrice;
allorché si comunica una piccola quantità
d'elettricità ad uno dei corpi conduttori,il
fluido dell'altro corpo e scomposto perla
«"a influenza in modo da paralizzare la
Go
DIÎLl·' ELETTI! ICIT k\
sua azione. Si ponno dunque aggiungere
»
nuove quantità di elettricità, che agiranno nello stesso modo, e si accumuleranno
successivamente; allora levandone la superficie sopraccaricata, per far cessare l'influenza, si potrà valutare al solilo questa
elettricità accumulata. La fig. 6 rappresenta Velettromctro condensatore.
Questo ci fa tosto conoscere tutti gli
apparati col mezzo de'quali si accumulano grandi quantità di fluido elettrico, e se
ne ottengono cosi degli effetti meravigliosi per la loro violenza: in fatti, altra cosa
non sono che condensatori di diverse forme, dei quali una superficie si fa comunicare col comune serbatoio,e l'altra si mette a contatto con una macchina elettrica in
movimento. La decomposizione successiva
del fluido vi si opera come più sopra abbiam
veduto; e prima che la resistenza del corpo isolante possa essere vinta, i due piatti sono costituiti in islato elettrico molto
intenso: finche restano isolati,! loro effetti si paralizzano scambievolmente e rcstanoinscnsibili; ma se si stabilisce la comunicazione col mezzo di un corpo conduttore, la combinazione ha subito luogo, e
STEUMENTI E LE TTniCI.
βι
una violenta commozione si fa sentire. E
perciò nella pratica non si operano que­
ste scariche che col mezzodì un arco me­
tallico conduttore dell'elettricità, prov­
veduto di un manico isolatore, strumento
che porta il nome ^eccitatore (fig. 7).
Le macchine più usitatc per produrre
queste scariche violenti sono le seguenti:
il quadrello fulminante composto di una
piastra di vetro, ricoperta su ciascuna
faccia di una foglia di stagno: la bottiglia
di Leida scoperta da Musschcnl/roek, e
che lo condusse all'invenzione di tutti
gli altri apparati. È questo una boccia di
Vetro (fig. 8 ) ricoperta esteriormente di
una foglia di stagno, e riempiuta di fo­
glie d'oro che la guernisce interiormente;
un filo metallico , terminato in un bot­
tone, s'immerge in questo apparato, che
βι carica tenendo in mano la fornitura
esteriore, e presentando il bottone di ra­
me al conduttore di una macchina elet­
trica. A fine poi di ottenere effetti ancora
più energici , si riuniscono più bottiglie
col mezzo di un conduttore comune, ciò
che si chiama batteria elettrica, colla sca­
rica della quale si può fondere il ferro,
FISICA, vol
H.
S
(32
E
D LI.' E LE TTRICITÀ1.
l'oro, c tutti gli altri metalli; uccidere
animali a grande distanza ; infine produr­
re nn gran numero di fenomeni notabi­
lissimi per la loro analogia e quasi per
la loro identità coi fenomeni del fulmine.
Noi abbiamo veduto che i corpi allo
stato naturale ο d'equilibrio sono attratti
dai corpi elettrizzati : secondo però che
sono ο no conduttori , presentano di­
versi effetti. Neil' ultimo caso restano
attaccati l'uno all'altro ; e per lo contra­
r i o , quando sono conduttori , a cagione
della decomposizione e divisione di tutto
il fluido che contengono, appena ha avu­
to luogo il contatto si respingono; ma se
con un mezzo qualunque si toglie l'elet­
tricità all'uno dei corpi , si attraggono
di nuovo. Su questo principio è fondata
la costruzione di alcuni apparecchi cu­
riosi e dilettevoli chiamati
cariglioni,
molini, danze ehltriche; apparecchi nei
quali differenti corpi sono alternativamen­
te attratti e respinti, e perciò possono
battere un timpano a colpi raddoppiati,
girare e saltare in aria. Il cariglione è
rappresentalo dalla fig. 9·
La pila galvanica 0 di Volta è una spe­
STBUMENTI E LE TTRICI.
63
eie di macchina elettrica capace , in un
genere diverso , de1 più energici effetti
si attribuiscono generalmente le differen­
ze d'azioni di <juesti apparati a ciò, che
nelle macchine ordinarie l'elettricità pro­
dotta è più intensa; ma la sua produzione
non è continua come nelle pile. Volta è
stato il primo a costruire gli apparati di
cui saremo per parlare.
Questo 6sico, sperimentando diverse so­
stanze, riconobbe che la migliore combi­
nazione era di mettere lo zinco a contatto
col rame ο l'argento, ed in comunicazione
con un liquido, e specialmente un liquido
acidulo ; per conseguenza la pila che sul
principio aveva laforma d'una colonna ((ìg.
io) era composta di piccoli dischi di rame
e di zinco, saldati ο messi a contatto, e
ciascuna coppia era poi separata da ro­
telle di panno umido. L'apparato fu in
seguito composto di piastre diversamente
conformate e di diverse dimensioni, com­
poste egualmente di zinco e rame saldate
insieme, ed immerse in un truogolo pie­
no di liquido acidulo. Al giorno d'oggi
si costruiscono ordinariamente come lo
rappresenta la fig. π . Un apparato com­
64
E
E
E
D I.L1 I. TTl^IClTλ,.
posto di un sol paio di lastre fornisre
una quantità insensibile d'elettricità, e
non si può rendere valutabile che col
mezzo del condensatore ; ma unendone
molte paia col mezzo di un buon con­
duttore, come sarebbe un liquido acidu­
lo, e dando alle piastre dimensioni assai
grandi, e finalmente facendo comunica­
re uno degli elementi col suolo, questo
strumento agisce con una energia rimar­
chevole. Si sa che la quantità d'elettricità
sviluppata,essendotutte le cose d'altronde
uguali, cioè a dire il contatto e la comu­
nicazione essendo il più possibile perfetti,
è in ragione della quantità e della super­
ficie delle piastre. Frattanto con pile an­
che della più piccola dimensione si ot­
tengono degli effetti curiosi, come l'azione
su diversi organi, la decomposizione del­
l'acqua, l'influenza sopra le calamite, ec.
Gli apparati di Volta i più energici
che siano stati costrutti , sono quelli di
Children, Silliman e Davy, coi quali si
ottengono i fenomeni d'ignizione, di fu­
sionc , di decomposizione i più meravi­
gliosi. L'uno di questi apparati, stabilito
m Inghilterra da una società d'amatori
'..
'
\
STRUMENTI ELETTRIC I.
65
delle s c i e n z e , è composto di 2000 paia
di p i a s t r e zinco e r a m e di circa 32 pol­
lici ; l'altro e composto d i 20 paia di
piastre s o l a m e n t e , m a c h e hanno sei
piedi di lunghezza e più di due di lar­
ghezza. Lo zinco e il r a m e sono le so­
stanze che si preferiscono per la costru­
zione delle p i l e , come l e più a t t i v e ;
m a u n a q u a n t i t à d'altre sostanze messe
a c o n t a t t o sviluppano p u r e l'elettricità.
A l l o r c h é u n a p p a r a t o di questo genere è
i s o l a t o , non può p r e n d e r e i due fluidi che
sopra sé stesso : ne risulta d u n q u e che
la piastra c e n t r a l e non manifesta alcuna
t e n s i o n e e l e t t r i c a , e c h e la tensione
d e l l e altre a u m e n t a a misura che si al­
l o n t a n a n o dal c e n t r o , positiva da u n a
p a r t e e negativa d a l l ' a l t r a . S e a l c o n t r a ­
rio lo s t r a n i e n t e comunica col com u n
s e r b a t o i o , n e a t t r a e il fluido d e c o m p o ­
s t o , e allora la tensione elettrica au­
m e n t a c o n t i n u a m e n t e in ciascuna piastra,
p a r t e n d o da quella c h e e unita al suo­
l o : in questo caso l'elettricità che si ot­
tiene è positiva q u a n d o il rame comu­
nica col comun s e r b a t o i o , e negativa al­
l o r c h é è lo zinco.
ί,ίοι
SO
E
E
E
D LI·' L TTRICITÀ'.
L'identitadell'istrumento che noi abbia­
mo testé descritto colle macchine elet­
triche (se queste potessero continuamente
riparare la loro perdita e fornire per
conseguenza una corrente continua in
luogo di scariche successive) sarebbe ri­
gorosamente dimostrata, poiché si può
caricare la bottiglia di Leida , ricono­
scere la sua azione sugli elettroscopii ,
vedere che la pila agisce su gli elettro­
metri precedentemente elettrizzati, co­
me lo farebbe un bastone di resina ο di
vetro. Gli effetti di commozione, di com­
bustione che presenta la pila, sono presso
a poco simili a quelli delle altre mac­
chine, ma nella decomposizione dei cor­
pi agisce con una potenza incompara­
bilmente maggiore. È col mezio della
pili che i chimici moderni hanno otte­
nuto dei risultati della più grande im.
portanza: hanno decomposto l'acqua, gli
ossidi, gli acidi, in fine gli alcali e
eerte basi che fino a questo punto si
erano considerate come corpi semplici.
In tutti questi fenomeni sembra che l'a­
zione della pila, esercitandosi sopra gli
elementi dei corpi che si trovano natu­
STBUMETITI
«LE TTRICI.
6^
ralmcntccd invariabilmente in istati elet­
trici detcrminati, li renda isolali per la
doppia influenza de' due poli : accade
allora che gli elementi che sono natu­
ralmente allo stato positivo, si accumu­
lano al polo negativo della pila, e quelli
che sono allo stato negativo, al polo po­
sitivo. E cosa notabile die l'ossigeno, che
è il corpo il più universalmente sparso
nella natura, manifesti sempre uno stato
elettrico negativo , e che tulli gli altri
corpi alla sua presenza affettino lo stato
contrario. E pure rimarchevole clic queste
decomposizioni possnno aver luogo quan­
d'anche i fili , che conducono l'elettri­
cità dei poli della pila, non si uniscano
nello stesso vase: quindi nella decompo­
sizione dell'acqua si può ottenere l'ossi,
geno in un vaso, e l'idrogeno in un al.
tro , per modo che siamo costretti ad
ammettere che 1' uno ο l'altro di questi
corpi e stato trasportato da un vaso
all'altro per l'azione della pila. Questo
e un fenomeno molto importante , ma
difficile a spiegarsi nello stalo attuale
della scienza.
NelTrattato di Chimica si avrà occasione
68
DELL'ELBTTRI
C ITA 1 .
di ritornare su gli effetti elettro­chi mici
della pila· Davy per altro ha fitto d i
queste nozioni u n ' a p p l i c a z i o n e che non
pussiamo passare sotto silenzio. Mettendo
u n piccolo pezzetto di zinro ο di ferro
a contatto con una grande foglia di ra­
m e , si cangia lo stato e l e t t r i c o di que­
st'ultimo c o r p o : lo scienziato che abbiam
or or nominato ha riconosciuto che p e r
questo effetto si fa cessare l'azione cor­
rosiva dell'acqua del mare sulla fodera­
tura di rame de 1 vascelli u Ecco qui ,
<i dice F o u r n i e r O ) ) un nuovo esempio di
« utilità immediata delle teorie. Questo
« successo era degno del gran fisico che
« per reiterate'ricerche sulla natura d e l l a
« liamma ha scoperto un mezzo di p r e ­
« venire le esplosioni funeste nelle m i ­
« niere ; » mezzo che noi impareremo a
conoscere nella C h i m i c a .
L'elettricità della pila esercita su l'or,
ganizzazione animale le a/ioni le più
sorprendenti. Ognuno conosce le belle
spcrienze d'Aldini e del dottor Ure su
(i) Rapporti dei lavori doli*Accademia letti nell'a­
duuaDza del l4 aprile ιί$25.
' ν^,ΐί^Λ^Α :
STntWEUTl E LE TTRICI.
6g
gli animali e su gli uomini che sembra,
vano ripigliare la vita sotto Γ influenza
dell'elettricità. I movimenti muscolari i
più violenti , le convulsioni le più spa­
ventevoli, gli occhi aperti e minaccio­
si , il riso ed il furore dipinti sulla me­
desima faccia, la stessa respirazione ri­
stabilita, tutto presentava in un cada­
vere l'esercizio spaventevole delle fun­
zioni della vita.
ÀBTICOLO
III.
Fenomeni naturali delFelettricità.
Tutte le sperienze alle quali si sono
potuti sottomettere i due fluidi elettrici,
gli hanno mostrati sparsi universalmente;
e poiché sonò capaci di produrre effetti
tanto rimarchevoli, e si sviluppano so­
vente con molta facilità, noi non sare­
mo sorpresi di vederli occupare un po­
sto della prima importanza nella maggior
parte delle operazioni della natura; ma
come a questo riguardo le nostre cogni­
zioni sono imperfette ! L'elettricità ordi­
naria, il galvanismo e le correnti elet«
ηο
DELL' ELETTRIC ITÀ1.
triche agiscono , senza dubbio , potente­
mente nella maggior parte dei fenomeni
<
atmosferici, in quelli della composizione
dei corpi, della vegetazione e dell'anima­
lizzazione ; può essere che contengano an­
cora la chiave dell'organizzazione vitale:
ma noi non ne ravvisiamo che appena
qualche rapporto , e un denso velo ce
ne asconde ancora le cagioni. Frattanto
vi sono molti effetti che noi spieghia­
mo in modo assai soddisfacente per con­
solarci della nostra ignoranza, e di giorno
in giorno noi vediamo con piacere al­
lontanarsi i limiti del nostro sapere.
Noi abbiamo vedute le batterie elet­
triche manifestare una grande potenza,
e produrre degli effetti violentissimi. Que­
ste considerazioni ci conducono alla sco­
perta dei principali fenomeni dell'elet­
tricità naturale, e specialmente del ful­
mine che è una vera scarica elettrica,
e del iuono che è il rumore analogo a
quello dell'esplosione delle nostre mac­
chine. Gli apparati che la natura impie­
ga per lo sviluppo di questi terribili ef­
fetti sono d'una semplicità estrema, e '
però cosa sono in confronto di loro le
nostre complicale macchine ?
ΓΕΒ0ΜΪΝ1 E LE TTRICI.
ηI
La terra è un vasto serbatoio, una
sorgente immensa di elettricità. Noi non
saremo adunque sorpresi di vedere che
nella moltitudine d'operazioni d'ogni ma­
niera che succedono alla sua superficie,
una porzione dei fluidi divenga libera,
ο sia assorbita, dal che ne risulterà una
rottura d'equilibrio. Spcrienze recentissi­
me, e che noi abbiamo già indicate, mo­
strano che l'assimilazione dell'acido carbo­
nico che fassi dalle foglie de' vegetabili,
e le evaporazioni d'ogni sorta che hanno
luogo continuamente alla superficie del
globo, sono pure abbondanti sorgenti
dell'elettricità atmosferica.
Del resto, qualunque ne sia la ca­
gione , che sarà più ampiamente esami­
nata nella Meteorologia, l'atmosfera si
mostra in uno stato quasi costante d'e­
lettricità positiva. Le nubi sono per que­
st'elettricità tanti vasti conduttori, da cui
il fluido si trasporta verso la terra, slan­
ciandosi immediatamente su i corpi più
vicini. È specialmente per le eminenze
che s' innalzano alla superficie del globo,
per le punte isolate degli alberi, che si
opera questa comunicazione dell'elettri­
«a
E
D LL' E LE TTRICITÀ1.
cita atmosferica colla terra : questo è ciò
che viene confermalo dall'esperienza, poi­
ché noi vediamo che i temporali non
sono in alcun luogo così frequenti, co­
me nei paesi ripieni di montagne e di
foreste, e il fulmine cade ordinariamente
su gli oggetti elevati, e particolarmente
sopra quegli alberi che minacciano le
nubi colle loro cime.
L'esperienza e la teoria ci dimostrano
egualmente che le punte hanno la pro­
prietà di sottrarre il fluido di un con­
duttore in presenza del quale si trovano,
come anche di sviluppare quello di un
conduttore sul quale sono fissate : ne ri­
sulta quindi che queste punte tendono
di continuo a ristabilire l'equilibrio fra
la terra e le nubi per delle azioni lente
e insensibili. Ma se l'aria in virtù della
sua secchezza e bastantemente isolante per
ritenere il fluido, questo può accumu­
larsi in modo da produrre una scossa
violenta pel suo passaggio in tanta copia
sopra la terra, ο sopra un'altra nube
meno elettrizzata. Si possono allora para­
gonare tutti gli effetti che si manifestano
a ciò che accade nelle scariche elettriche
FEH0MEM ELETTRICI.
j3
delle nostre macchine in cui v'ha produzione di luce, rumore, combustione, ec.;
converrà solo ampliarne i risultati, a cagione dell'energia della causa che li produce. In tal modo si spiegano i temporali, i lampi, i tuoni, la produzione della
grandine, e ì& maggior parte degli effetti
tanto singolari e bizzarri del fulmine.
Noi citeremo specialmente il contro-colpo, che uccide qualche volta gli animali
verso l'estremità di una nube che ha fatto l'esplosione in un'altra parte lontana,
per la rientrata del fluido che l'azione
del fluido simile aveva respinto: imperciocché una nube , qualunque sia il suo
stato elettrico, agisce sempre per influenza sulla terra, e, respingendo l'elettricità dello stesso nome di quella che
possiede, costituisce il suolo in uno stato
elettrico contrario; si osserva pure qualche fenomeno di fulmine ascendente, allorché le nubi , essendo allo stato negativo , sono realmente fulminate dalla terra
«he si trova per conseguenza allo stato
positivo: imperocché, alla pressione ordinaria, tutte le sperienze dimostrano che
" fluido positivo attraversa più facilmente l'atmosfera che il fluido negativo.
mt
E
D H . ' E LE TTRICITÀ.'.
La conoscenza sperimentale del modo
d'aoire dell'elcttricita, lia condotto ad
una delle più belle scoperte dovute al
genio dell1 uomo. Infatti è stato dietro j
la tendenza dei due fluidi a seguire i
corpi conduttori, e dietro la proprietà
delle punte di attrarlo, che Franklin ha
concepita l'idea dei parafulmini, desti­
nati, facilitando la trasmissione dell'elet­
tricità delle nubi al comun serbatoio, a
preservarci dai loro effetti fulminanti. I
parafulmini sono composti di un'asta me­
tallica terminata in punta superiormente,
che si pone su i luoghi i più elevati, e
che comunica colla terra per mezzo di
una catena di metallo, ο di corde di fdo
di ferro. L'estremità di questa catena
deve penetrare bastantemente nel suolo
umido , ο pescare nell'acqua.
I parafulmini servono ancora di pre­
servativo contro la grandine, che non si
forma giammai che nelle nubi sommamen­
te elettrizzate : è per questo scopo che si
impiegano i paragrandini, che altro non
sono che veri parafulmini , ma più sem­
plici e meno dispendiosi, nella loro co*
sti'uzionc. Sono questi foimati di lun­
FEHOMEKl E LE TTRICI.
j5
glie pertiche, che si pian Uno nel suolo,
terminate in punte di metallo, le quali
comunicano col comun serbatoio per mez­
zo di un iilo d'ottone. Alcune sperienze
precise proposte dalla Società Linneana
di Parigi, e fatte nel decorso del 1824
in Italia, in Svizzera , hanno provato che
questi apparati diminuiscono l'intensità
dell'elettricità accumulata, attraendola a
poco a poco, ed hanno di più il van­
taggio , presentando al fluido un corso
facile, di preservare i corpi circondati ,
nel maggior numero di casi, dalle terri­
bili scariohe del fulmine.
Allorché l'elettricità passa da un corpo
in un altro, repentinamente e a distanze,
ciò accade per scintille ο per esplosione,
e per conseguenza con isviluppo di luce. II
chiarore di questa luce, e la forza dello
strepito che accompagna l'esplosione, di­
pendono dalla quantità del fluido. 11 colo­
re delle scintille è d'ordinario leggermen­
te azzurrognolo , ma cangia al cangiar dei
mezzi che il fluido attraversa: si produce
egualmente nell'acqua. Quando la comu­
nicazione dell'elettricità si fa per mezzo
di corpi bastantemente conduttori, non
*6
DELL' ELETTRIC ITÀ'.
si manifestano che piccolissime scintille,
e il fluido sembra passare per un getto
continuo: nel vuoto questo getto è lumi­
noso, e preparato opportunamente pro­
duce dei pennacchi luminosi, che si os­
servano pure qualche volta attraverso del­
l'aria sopra conduttori sommamente ca­
richi di elettricità : se ne presentano
massimamente alle estremità delle punte,
quando lo sviluppo dell'elettricità è ab­
bondantissimo.
L'elettricità spande un odore molto
simile a quello del fosforo ο dell'idro­
geno impuro. Applicala alla lingua ca­
giona una sensazione d'un gusto partico­
lare. Attraversando una parte qualunque
del nostro corpo, ella produce un fremito
più ο meno disaggradevole in ragione della
forza della scarica e della sensibilità della
persona ; quando questa scarica è consi­
derevole, produce negli organi una scossa
violenta e penosissima ; ella può sul mo­
mento colpire mortalmente gli animali β
i vegetabili. Si sa ancora che la commo­
zione elettrica si fa sentire istantanea­
mente a tutte le persone che formano ciò
che si chiama la catena elettrica.
FEHOMEH! E LE TTRICI,
ηη
' L'elettricità occupa il primo posto nella
più parte de' fenomeni naturali, e la sua
azione sulla maggior parte dei corpi è
incontrastabile: quindi l'acqua sottomessa
a scariche ripetute sviluppa dell'idrogeno
e dell'Ossigeno , ciò che indica che ella
è decomposta. Si è trovato che l'elettri·
cita rende più attiva la vegetazione, au­
menta la traspirazione degli animali, l'e­
vaporazione dei frutti, delle foglie, e in
generale di tutti i corpi. Le scariche elet­
triche cangiano pure il colore di certi
fiori dilicati , e producono una moltitu­
dine di combinazioni e decomposizioni
chimiche : una piccola scintilla basta per
infiammare molte sostanze combustibili,
e per fare accendere i miscugli fulmi­
nanti. La commozione può distruggere la
proprietà magnetica di una calamita , ο
aumentarla, ο cambiarne i poli. In fine
questo fluido presenta una moltitudine
d'altri fenomeni che non si sono ancora
potuti sottomettere all'analisi, e che sa­
rebbe troppo lungo il farne menzione.
Fra le mani dell'abile medico l'elet­
tricità è sovente un potente mezzo cu­
rativo, specialmente in que1 casi ne'quali
FISICA , voi.
II.
6
«8
DELI'ELETTRI
C ITA.'.
l'energia vitale ha bisogno di essere mo­
mentaneamente stimolata , come nel caso
d'asfissia : ma la riunione troppo «carsa
delle cognizioni del medico e del fisico,
e i nostri apparati elettrici troppo po­
co mobili, hanno Ono ad ora ini pedi to
a questo ramo della scienza di produr­
re tutti que1 vantaggi che sembra pro­
mettere.
Si conoscono quattro pesci che han­
no la proprietà di produrre a piacere
delle commozioni elettriche potentissime,
e , cosa ben sorprendente , eli dirizzarle
verso un punto senza aver bisogno di
fare ciò che noi chiamiamo la catena ο
il circolo elettrico. Sono questi la torpe­
dine, specie di razza, il ginnotto elettri­
co ο anguilla di Surinam, il siluro e il
tetrodontc elettrici. E facile comprendere
* c h e gli organi che sviluppano il fluido,
■ analoghi alla pila, sono composti di cel­
lule riempiute di materia gelatinosa, e
■i crede che ciò avvenga per una rea­
zione di parti muscolari sopra le parti
, gelatinose ; ma s'ignora, a vero dire, ciò
che è realmente, e come questa reazione
e posta in giuoco. Molti vegetabili danno
FliSOMEM EtETTnlCl.
79
in certi momenti delle scintille elettriche ; questo è un caso affatto particolare
«li rottura d'equilibrio dei fluidi : si osservano specialmente questi fenomeni nel
nasturzio e nella frassinella.
Noi abbiamo detto che in certi corpi
il calore sviluppa l'elettricità. In molte
sostanze minerali , e soprattutto nella
tormalina, si producono cosi dei poli i
cui stati elettrici sono contrarli, che agiscono, per rapporto ai corpi elettrizzati ,
assolutamente come le calamite per rapporto ai corpi magnetizzati.
Dopo tutto ciò che abbiamo veduto,
non si può dubitare che l'azione dei fluidi
elettrici , più intimamente conosciuta,
non sia per somministrarci la chiave di
una moltitudine di fenomeni che c'imbarazzano al presente; non si può dubitare,
per esempio, che gli eifetti termo-ekltrici
non abbiano collo stato del globo e le
variazioni periodiche di temperatura dei
rapporti necessari! , che noi non possiamo ora che travedere. E impossibile,
trattando dell'elettricità naturale, di nou
dire alcuna cosa del magnetismo animateLa maggior parte dei fenomeni fisiologici
8θ
E
E
ftE
M­' t TTBICITV.
che si pongono in questa categoria, BO­
BO inesplicabili e incomprensibili, per­
chè i loro autori hanno piuttosto presa
l'immaginazione per guida, che l'espe­
rienza. Ma ciascun giorno questi feno­
meni acquistano più consistenza , e noi
possiam dire di conoscere uomini molto
saggi e di un gran sapere che se ne ser­
vono con successo, come mezzo di studio
della natura : nell'attendere nuovi lumi
che possano portare con essi il pieno con­
vincimento, non conviene decidere alcu­
na cosa eu questa materia cosi curiosa
che ha quasi del meraviglioso, e che
del resto non appartiene in modo alcu­
no alla fisica.
SEZIONE I I .
Delle correnti
1
elettriche.
Noi sappiamo che la pila di Volta é
una sorgente costante d'elettricilà, e chei
suoi due poli sono in due stati differenti.
S'intende quindi che se si fanno comuni­
care col mezzo di un filo conduttore, vi
sarà continuo passaggio delle due elet­
BELLE COE r.E KTI E LE TTRICHE .
Si
tritila verso l'estremità della pila, e di
là verso il polo opposto attraverso del
βίο , e che si produrrà una corrente
permanente, poiché la sorgente è co­
stante;! due fluidi debbono dunque cir­
colare continuamente da un polo all'al­
tro , e si può considerare questa cor­
rente come doppia, Puna di fluido po­
sitivo che va dal polo positivo al nega­
tivo, e l'altra di fluido negativo che va
in senso contrario. Per mostrare il cam­
mino della corrente, s'indica d'ordina­
rio il senso in cui va l'elettricità posi­
tiva.
Si sapeva di già che la comunicazione
stabilita fra i due poli della pila non fa­
ceva cessare l'azione elettromotrice. Quin­
di , malgrado che la tensione elettrica
η on si manifestasse più all'elettrome­
tro e al condensatore, si sapeva che
la decomposizione chimica si produceva
tuttavia. Davy specialmente aveva fatto
conoscere gì' importanti fenomeni d'in­
candescenza , di calore e di luce prodotti
nel vuoto, allorché si pongono le due
estremità di due fili conduttori a poca
distanza, dopo aver avuta l'attenzione di
82
DElt'EtETTBO-MAGHETISMO.
farli terminare 1' uno e l'altro in una
punta di carbone, sostanza infusibile. La
corrente si stabilisce fra le due punte attraverso dell'aria rarefatta , e la composizione dei due fluidi, che si oprra in
questo piccolo spazio intermedio . dà luogo nd una luce estremamente intensa, a
un calore superiore a quello che si può
produrre con qualunque altro mezzo, eppure non ha luogo alcuna combustione, né alcun atomo d'un corpo è consumato. Noi rifletteremo opportunamente
quanta importanza abbia questa sperienza , poiché ella può totalmente cangiare
il modo di ravvisare i fenomeni chimici,
e somministrare qualche nozione intorno
la causa del calore e della luce. Ma queste osservazioni non si erano per anche
estese oltre la sfera dei fatti conosciuti,
allorché QErsted scopri che la corrente
elettrica agiva sugli aghi calamitati. D'allora in poi questa parte della scienza
divenne lo scopo delle ricerche di molli
fisici, e mercè i bei lavori di Ampère
cangiò totalmente la faccia per la dimostrazione dell' identità della cagione del
magnetismo e dell'elettricità , donde il
»'
COMIEKTI.
83
­, nome A'elettro­magnctismo, col quale si
distinguono questi fenomeni.
Ampère riconobbe tosto clip le cor­
renti plettricbe presentano de1 fenomeni
analoghi a quelli delle calamite, cioè
che due correnti si attraggono ο si re­
spingono reciprocamente , secondo che
hanno luogo nel medesimo senso ο in
senso contrario, e che si ponno toccare
senza far loro perdere alcuna delle loro
proprietà, ciò che distingue i conduttori
delle correnti dai conduttori elettrici
ordinarli. Il conduttore mobile che fece
conoscere ad Ampère l'attrazione e la ripul­
sione delle correnti gli fece vedere an­
cora che il globo che dirige le calamite
nord e sud , dirige il piano di una cor­
rente elettrica, per esempio circolare,
trasversalmrntc alla direzione preceden­
te , vale a dire est e ouest. L'analogia
fra le calamite e i fili conduttori delle
correnti , i di cui piani sono situati nd
angolo retto coll'asse della calamita, si
riconosce in tutte l'esperienze. Arago ed
Ampère verificarono questo fatto in tutti
' casi di calamitazione per mezzo delle
correnti ; la limatura di ferro fu attratta
84
E
H U.' E LE TTRO­MAGKE T1SM0.
allo stesso modo che da una calamita
trasversale: eglino calamitarono delle ver­
ghe d'acciaio sottomettendole alla cor­
rente d'un conduttore conformato a spi­
ra , e col mezzo ancora di scintille suc­
cessive della macchina elettrica , ο della
scarica della bottiglia di Leida; per modo
che si può dire che dalle spericnze di
questi scieniiati l'identità del magnetismo
e dell'elettricità è un punto della fisica il
meglio dimostrato. Ci restano a esporre un
poco più circostanziatamente questi curio­
si fenomeni, riportandoli alla cagione che
noi abbiamo or ora indicata.
Il primo fatto da stabilirsi è l'attra­
zione che si esercita fra due Gli con­
duttori , quando la corrente li percorre
ambedue nel medesimo senso, come l'in­
dicano le frecce nella figura 15. L'at­
trazione si cangia in ripulsione quando
la corrente si fa in senso contrario nei
due fili, come nella fig. ι6. Finalmente,
se !a direzione delle due correnti fa un
angolo , come nella fig. 17, quella che
sarà mobile girerà in modo da portarsi
paralcllamente all'altra, e colla corrente
diretta nello stesso senso.
t,nt\irt<,
'*^^^P^"'
COBREKTI.
85
Ciò posto, si osserva che la terra di­
rige le correnti elettriche mobili, come
una corrente fissa dirige una corrente
mobile: siamo dunque portati ad am­
mettere nella terra delle correnti elet­
triche , poiché agisce esattamente, come
se realmente vi fossero correnti alla sua
superficie ο nel suo interno. Di più le
dirige a est e ouest ; questo è dunque il
senso del cammino delle correnti della
terra. Ecco dunque dei nuovi apparati
che potrebbero sostituirsi alla calamita
e alla bussola, e che si dirigerebbero
verso Pest e l'ouest, come le calamite
verso il nord e il sud.
Per continuare il seguito delle nostre
induzioni , noi diremo : una verga cala­
mitata si dirige trasversalmente a una
corrente elettrica che si fa agire sopra di
lei: la direzione che prendono le corren­
ti mobili indica la direzione delle corren­
ti elettriche nella terra dall'est all'ouest :
la calamita deve dunque essere diretta a
nord e sud ; ciò è appunto quello che
l'esperienza conferma: dunque la dire­
zione delle calamite è dovuta alle cor­
renti della terra che agiscono su di loro
86
HELL·1 ELETTRO MAGNETISMO.
secondo le leggi prevedute per la teoria
delle correnti.
Ma ciò non basta : l'analogia delle calamite colla terra, considerata sotto il
rapporto del magnetismo , è completa,
siccome noi lo vedremo ben presto. Si
può dunque, considerando la terra come
agente per mezzo di correnti, trasportare la medesima disposizione nella costituzione delle calamite , e considerare
lo stato magnetico come dovuto a delle
correnti elettriche che si moverebbero
attorno le particelle dei corpi calamitati. Non sarebbe neppur difficile d'immaginare una composizione chimica che
soddisfarrsse a questa condizione: di più,
la proprietà di una verga di dirigersi
dal nord al sud, mentre che le correnti
della terra sono dall'est all'ouest, obbliga di
considerare i piani di queste piccole correnti elementari come perpendicolari alla
direzione dell'asse della calamita, ciò che
risulta egualmente dalla situazione trasversale che prende una calamita sotto
l'influenza di un filo conduttore.
Con questi principii, e la legge dell'azione d' una porzione di una corrente
COHHEKTI.
87
«opra un'altra porzione situata in modo
qualunque nello spazio, legge che è stata
dedotta immediatamente dall'esperienza,
Ampère spiega e calcola tutte le azioni
clic presentano non solamente le calamite , ma ben anche le correnti elettriche e le azioni reciproche di queste due
classi di motori , che rientrano perciò
in una sola e medesima teoria. In tal
modo si fa sparire uno degli agenti ipotetici che i tisici fino ad ora erano stati
costretti di conservare.
La scoperta di Oersted , richiamando
l'attenzione sugli effetti magnetici dei fili
conduttori delle correnti della pila, non
è stata menù utile al perfezionamento
di più rami della fisica elettricità. Si
sono scoperte le correnti prodotte nei
corpi diversamente riscaldati. Davy e
Becquerel hanno misurata la conducibilità di diversi metalli: Schweiger ha inventato l'elettroscopio galvanico, che egli
chiama moltiplicatore (fig. ia), nel quale
la corrente elettrica, percorrendo un gran
numero di volte un filo condu ttore ravvolto attorno una verga calamitata, rende
l'azione di questa corrente sensibile, qua-
E
D LI1 E LE TTRO MACKP.TISMO.
88
lunquc ne sia la sua debolezza. C on que­
sto apparato e molti altri di sua inven­
zione, Becquerel ha comprovato che v'ha
produzione di correnti elettriche in tutte
le azioni chimiche, nell'imbevimento dei
liqu idienegli altri fenomeni capillari,ed
in fine in un gran numero di casi in cui
la sagacità della natura ncll'occultare il
suo segreto richiedeva tutta Inabilità di
un osservatore non meno ingegnoso che
perseverante per iscoprirlo.
L'ambizione dei fisici pareva doversi
onorevolmente riposare dopo tante sco­
perte fatte sul dominio delle verità che
fin qui ci erano state nascoste , quando
la nuova scoperta di Arago su i movi­
menti impressi ad un ago calamitato da
una lamina di rame ο d'altro metallo in
movimento presso quest'ago, è venuto ad
aprirci una strada che tutto annuncia
non dover essere meno vasta di quella
che noi dobbiamo a Oersted. Questo ge­
nere d'azione , che è comune a tutti i
corpi , è talmente nuovo e talmente
energico, che non si sa comprendere ab­
bastanza , per una parte , come fino ad
ora non sia stato riconosciuto, e per
^
BEL MAGNE TISMO.
8g
l'altra, come non sia stato osservato ,
malgrado tutti i pregiudizi! ricevuti, at­
traverso de1 quali gli spiriti i più guar­
dinghi contro ogni prevenzione non ponno
contenersi di vedere gli oggetti.
ι
SEZIONE III.
Del
magnetismo.
Sotto il nome di magnetismo si com­
prendono tutte le proprietà delle cala­
mite: la più anticamente conosciuta è
quella di attirare il ferro, e molti com­
posti dello stesso metallo, come l'accia­
io, diversi miaerali di ferro , e in fine
due altri metalli che sono pure magne­
tici , il nichel e il cobalto, ma che lo
sono però a un minor grado che il ferro.
Queste attrazioni , come pure tutti gli
altri fenomeni che andremo di mano in
mano esaminando, sono dovuti all'azione
• Ielle correnti che si sviluppano per in­
fluenza nei corpi sottomessi all'azione
della calamita, e che sono attratti dalle
correnti della calamita in azione.
Fra i corpi suscettibili della virtù ma­
go
DM. MAOKE TISMO.
gnetica, gli uni , come il ferro e il ni­
chel dolce, non acquistano che momen­
taneamente il magnetismo, mentre che
la disposizione che dà al metallo questa
proprietà si conserva quasi indefinita­
mente nell'acciaio temprato, nella mi­
niera di ferro, te. Si μοηηο considerare
le correnti molecolari come stabili in
questi ultimi corpi , e molto meno fisse
nei primi.
Le calamite si distinguono sovente in
naturali ed artificiali. Le prime non so­
no altro che miniere terrose di ferro,
­che si trovano così calamitate nelle ini­
:­niere di questo metallo ; le altre sono
'•Verghe d'acciaio alle quali si è comu­
nicato il magnetismo. Le proprietà delle
une e delle altre sono perfettamente
identiche.
Tutte le calamite dirigono una delle
loro estremità verso il nord, d'estremità
opposta verso il sud : questo fenomeno ,
inosservato dagli antichi, e divenuto per
i moderni il potente mezzo col quale l'in­
gegno e l'ardimento hanno cangiali i de­
stini del mondo. Guidati da questa scor­
ta, che nò i venti né le tempcste'ponno
DEL MAGNE TISMO.
gì
fare smarrire, i naviganti non hanno più
conosciuta sull'oceano alcuna barriera j
e mentre che il cielo sembra interdire
la veduta degli astri che dirigono il va­
scello, una piccola verga calamitata, a
ciascun istante consultata, permette di
aspettare il ritorno della calma e i soc­
corsi dell'astronomia. Noi abbiamo già
indicata nella sezione precedente la ca­
gione di questa costante direzione delle
calamite.
Se dopo d'aver sospese liberamente due
verghe magnetiche , si marcano i punti
che si rivolgono verso le medesime re­
gioni del globo, e che dopo d'avere cosi
riconosciute le estremità della stessa na­
t u r a , si facciano agire l'una sull'altra
due di queste estremità simili, che si
chiamano poli, si osserva una ripulsio­
ne: si ottiene al contrario un'attrazione
mettendo in presenza Γ un dell'altro due
poli differenti. Il mezzo di una calamita
non manifesta alcuna virtù magnetica.
Egli è dispiacevole che tutti questi fe­
nomeni non siano una deduzione ab­
bastanza semplice per permetterci di qui
esporla ; ma diremo bene che tutti que­
03
E
D L MA.GKE TISM0.
sti casi sono stati calcolati matematica­
mente e che il risultato dell'esperienza
si è costantemente accordato con quello
del calcolo.
Allorquando si sospende una verga ca­
lamitata pel suo centro di gravità, e che
è libera di disporsi nello spazio, si os­
serva che la punta rivolta verso il nord
si abbassa considerevolmente al di sotto
dell'orizzonte. Nei nostri climi , l'angolo
che fa l'asse dell'ago colla linea orizzon­
tale è maggiore di 68° ; all'equatore, l'ago
è naturalmente a livello, e più uno si
avanza verso i due poli, più l'ago si ab­
bassa. Si rende esattamente ragione di
questa direzione dell'ago , che è rappre­
sentata nella fig. 18, nell'apparato che ap­
pellasi bussola d'inclinazione, dietro la
tendenza delle correnti della calamita a
dirigersi d'una maniera analoga a quelle
della terra ; e si può ancora imitare
questo effetto con una corrente elettrica
che agisce su di una calamita, ο con una
corrente elettrica mobile di cui la terra
inclina il piano, come inclina l'asse delle
verghe calamitate.
Si chiama declinazione delCago la dif­
DEL MAGNE TISMO.
φ
ferpnza che si trova fra il punto verso il
quale si dirige 1' asse di una verga e il
nord astronomico; imperciocché la dire­
ttone nord e sud delle calamite non ê
che approssimativa, e non è la stessa per
tutti i luoghi della terra ; ciò doveva
naturalmente aspettarsi dopo la cagione
assegnata alla direzione delle calamite,
vale a dire delle correnti elettriche ter­
restri. Ora non è punto difficile l'am­
mettere queste correnti, indipendente­
mente ancora dai fenomeni elettrici e
magnetici, in mezzo a tante azioni che
ne sono le cause produttrici costanti, co­
me il contatto dei diversi strati geologi­
ci, le azioni chimiche, e sopra tutto l'ine­
guaglianza delle temperature dei diversi
punti del globo; ma è ancora evidente
che molte cause più ο meno locali ne
debbono variare il cammino , e influire
sulla direzione dell'ago calamitato. La de­
clinazione varia in ciascun giorno per un
periodo di 9 a 16 minuti di grado; va­
ria ancora da un mese all'altro in un pe­
riodo annuo ; finalmente di secolo in se­
colo questa declinazione varia in una mu­
.niera molto più considerevole.;Nel 1666,
FISICA, voi. II .
7
«4
η ρ χ MAGNETISMO .
epoca rimarchevole per la fondazione del­
l'Accademia delle Scienze, l'ago volgevasi
direttamente al nord , e la declinazione
era perciò nulla. Dopo questo tempo fino
a quest'ultimi anni l'ago si è avanzato
di 22° i/i verso l'ovest , che è la dire­
zione attuale a Parigi ; sembra stazio­
nario da cinque, ο sei anni , e lo stesso
Arago ha annunciato che più migliaia di
osservazioni indicano un incominciamento
di cammino retrogrado.
L'intensità della forza colla quale il
globo agisce per dirigere un ago, è un
elemento singolare e importante da cono­
scersi. Si misuri col mezzodì un numero
d'oscillazioni che fa, in un dato tempo ,
un ago , ο una verga calamitata sospesa
ad un1 unione di fili senza torsione. Que­
sta forza decresce dall'equatore ai poli ,
siccome lo ha osservato Humboldt. Non
si sa ancora se la sua energia è costante
'o variabile per un medesimo punto del
globo.
La virtù magnetica si comunica, senza
indebolirsi, da una calamita naturale ο
artificiale ad una verga d'acciaio che si
vuole calamitare. Se questa non è d'un
DEL MAGNE TISMO.
Q5
volume troppo considerevole , come uà
ago da bussola, una lamina di coltello,
basta farla strisciare per tutta la sua
lunglie/.;.a, smnpre nel medesimo senso,
vicino ni polo della calamita. Esce essa
dall'esperienza in uno stato magnetico
molto intenso, ciò che manifesta agendo
sul ferro ο sopra altre verghe. Niente
v' ha di più facile a concepirsi teori­
camente. Basta far nascere ο disporre
delle correnti nel corpo che si vuole ca­
lamitare. Ora, ciò è appunto quello che
risulterà dalla vicinanza di correnti di
già sviluppate, che agiranno sulle mole­
cole dell'acciaio per dirigerne le corren­
ti, se esistono, ο per farle nascere e di­
rigere nello stesso tempo , se non sono
inerenti alle molecole. Questo modo di
agire è affatto simile all'attrazione che
esercita un corpo elettrizzato su di un.
corpo allo stato naturale, di cui egli de­
compone tosto l'elettricità respingendo
il fluido del medesimo nome di quello
che possiede , e attraendolo in seguito
quando si trova carico di fluido contra­
rio. Del resto, quand'anche la teoria fosse
muta, l'esperienza qui parlerebbe con suf­
Q6
DEI- MAGKETISMO.
Sciente evidenza. Imperciocché le correnti
elettriche, come abbiam detto, possono
dare i più alti gradi di magnetismo all'acciaio, allorché si dirigono trasversalmente
alla verga che si vuole calamitare. La disposizione di queste, e la magnetizzazione
che ne è una conseguenza , non si continua sempre regolarmente da una estremità all'altra della verga : vi si trovano
qualche volta molti punti, che chiamami
conseguenti, che sono realmente altrettanti poli differenti sparsi nella sua lunghezza: un difetto d'omogeneità nell'acciaio dà luogo a questa particolarità.
Mostriamo qui la spiegazione molto
semplice degli effetti magnetici anticamente osservati nei pezzetti d'acciaio colpiti dal fulmine, e che erano quindi divenuti vigorosissime calamite, avendo in
questo caso il fulmine agito come una
corrente elettrica d'una forza estremale
bussole delle navi, nella medesima circostanza, ponno aver cangiati i loro poli
per la direzione in senso contrario delle
correnti molecolari, ciò che molte volte
ha cagionato la perdita dei naviganti, che
non essendo avvertiti del cangiamento
DEL MACKE TISMO.
97
itrlta direzione della bussola , correvano
direttamente contro gli scogli che cre­
devano di evitare.
Noi non termineremo l'esposizione dei
fenomeni dell'elettricità, del magnetismo
e delle correnti elettriche che loro ser­
vono di comun legame, senza gettare
uno sguardo sul complesso della teoria
dei due fluidi alla quale eglino si riferi­
scono. La spiegazione dei fatti che pre­
sentano il calore e la luce ci condurrà
ad ammettere l'esistenza d'un fluido uni­
versale, estremamente sottile e molto ela­
stico , che noi chiameremo etere, e alle
vibrazioni del quale si riferiscono i loro
fenomeni cosi variati. L'andamento sem­
plice della natura, che produce sempre
i più grandi effetti col minor numero d'a­
genti possibili, non lascia dubitare che i
due fluidi considerati finora non sieno in
rapporto immediato con questo. Ampère,
la cui opinione in questo caso è di un
gran peso , considera questi due fluidi,
allorché sono combinati, e non presen­
tano alcuno degli effetti elettrici, come
formanti allora il fluido universale ο l'è*;
<j8
DEL· M AGKETISMO.
tere. L'etere sarebbe così composto di due
fluidi distinti che non avrebbero azione, nò
potrebbero manifestarsi allo stato di tensione, di corrente, se non nel caso che fossero
separati fimo dall'altro. Questa immensa
massa di fluido neutro sarebbe analoga a
tutte le grandi masse che si mostrano
quasi sempre inattive , come l'atmosfera,
le acque sulla terra. Egli è infatti naturale di pensare che un corpo che agisse
fortemente su gli altri per combinarsi
con loro, non deve restare isolato, e che
la sua tendenza essendo soddisfatta per
la combinazione, non si deve più definitivamente osservarlo che neutralizzato
cosi per l'unione sua colle sostanze di
natura contraria. Ma se ci alziamo ancora
di più, noi troveremo in queste proprietà
neutralizzate, la sorgente di questa bella
semplicità che noi ammiriamo nella causa
de' fenomeni i più variati della natura.
In fatti, ciò ritorna a considerare nell'insieme degli esseri inattivi , non un
vero riposo) ma un equilibrio che sussiste solamente per il bilancio delle proprietà contrarie. La natura, per produrre
degli effetti, non ha dunque più bisogno
DEL MAGNETISMO.
99
di creare delle forze motrici , ο d'altre
azioni qualunque : tutte queste forze esi­
stono, per cosi dire, in riserva, e basta
interrompere un poco il loro equilibrio
per farle agire. È questa realmente una
bilancia mobilissima, di cui i due bacini
sono caricati di pesi a tulto rigore ugua­
li : trasportato dall'uno all'altro una parte
di questo peso, l'equilibrio è tolto, e l'ap­
parato si metterà in movimento.
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SECONDA DIVISIONE .
*****
DELL'ACUSTICA,
Ο
DEI
SUONI.
O I può definire l'acustica, la scienza dei
suoni. Tutto ciò che si riferisce alla for­
mazione, alla trasmissione, alla riflessio­
ne, infine alla propagazione d'un suono,
ο d'un romore d'una natura qualunque,
appartiene all'acustica. Non v'ha alcuno
che, dopo ciò che abbiamo detto, non
pensi tosto alla musica , la quale entra
come un caso particolare nell'acustica:
infatti la musica non considera i suoni
che nel rapporto loro ο nelle loro armo­
nie, mentre che alcuna cosa relativa alle
vibrazioni è estranea all'acustica: ella si
arresta pero al termine in cui le sensa­
zioni pervenute all' anima col mezzo
de1 sensi, escono del lutto dall'impero
della fisica, per rientrare sotto quello del
ragionamento , ο dell'immaginazione.
fiÉtt'AOUSTICA.
ΙΟΓ
L'importanza della scienza dei suoni
non può essere rivocata in dubbio, allor­
ché si riflette che uno de' nostri sensi è
destinato esclusivamente alla percezione
dei movimenti che ne sono l'oggetto :
l'udito e la parola occupano il primo po­
sto fra le facoltà dell'uomo e degli ani­
mali : essi vi sono, come in tutte le altre
opere della natura, perfettamente coordi­
nati negli esseri che ne so no provveduti,
e nelle circostanze nelle quali se ne deb­
bono servire ; gli organi degli uccelli ,
degli animali terrestri e dei pesci non
si mostrano punto simili. Sappiamo che
gli antichi avevano fitto della voce ar­
ticolata un epiteto distintivo dell'uomo,
riguardandola così come il segno il più
decisivo della sua superiorità.
La varietà delle modificazioni sono­
re che l'acustica comprende è infinita ;
e se la scienza è pervenuta a scuoprire
le loro principali cagioni , ve ne sono
ancora moltissime che le sono sfuggite:
quindi, non solamente si distinguono delle
differenze fra un suono grave ed acuto ,
forte ο debole, ma si giudica pure so ·
vente colla più grande esattezta la na­
102
E
D LL'ACUSTICA.
tura del corpo sonoro dalla qualità del
suono che produce: si distinguono le voci
umane, le grida di ciascun animale, il
suono di qualunque strumento, il sibilo
de1 venti, il mormorio dell'onde: tutte
le specie di rumori prodotti da un mo­
vimento , ο strofinamento, un urto qua­
lunque, sono pure suoni dovuti a una me­
desima causa, alle vibrazioni dei corpi,
ma che offrono mille varietà inesplica­
bili , e che nulladimeno il nostr'organo
sa valutare.
ARTICOLO PRIMO.
Della produzione e della propagazione
dei suoni.
Il suono è prodotto dalle vibrazioni
dell'aria e dei corpi , le di cui molecole
sono suscettibili d'eseguire dei movimenti
alternativi avanti e indietro , movimenti
che si trasmettono da strato a strato at­
traverso dell'atmosfera, ο del mezzo qua­
lunque nel quale si propaga il suono;
questo movimento comunicato in seguito
alla membrana tesa dell'orecchio, la fa
PRODUZIONE DE I SUOKI.
Ιθ3
vibrare in modo analogo e diviene quindi
sensibile per noi. Può formarsi un'idea ade­
guata di questi movimenti vibratorii, osser­
vando ciò che accade allorché dopo d'avere
pizzicata la corda tesa d'uno strumento
musicale, si abbandona a sé stessa. Que­
sta corda fa, durante un certo tempo, un
gran numero d'andate e di ritorni alter­
nativi da una parte e dall'altra del suo
punto di riposo : questo è ciò che si chia­
ma vibrazione; queste vibrazioni si tras­
mettono all'aria che circonda la corda,
e si concepisce che questo fluido riceve
de' movimenti in avanti quando la corda
procede verso l'orecchio, e de' movimenti
retrogradi allorché la corda ritorna in
senso contrario. Il tutto trasmesso di vi­
cinanza in vicinanza, giunge all'orecchio
e le comunica una sensazione.
Tutti i corpi sono più ο meno elasti­
ci, tutti posson dunque produrre e tras­
mettere dei suoni : sono però dotati di
questa proprietà in gradi molto differen­
ti, e ne risultano nell'intensità, nella ce­
lerità della propagazione e nella qualità
dei suoni, delle varietà infinite. Qualun­
que sia lo stato del corpo, ,é sempre
I<>4
DELL'ACUSTICA.
coll'csercitar delle vibrazioni ch'egli divien s o n o r o ; ma si Tede che la sua forma, la sua densità, la sua composizione,
e molte altre qualità debbono influire
necessariamente sulle osculazioni che fanno le sue molecole. Non si dovrà dunque stupire di riscontrare tante diversità nei suoni prodotti, d'intenderne de'
confusi, de' sordi , dei clamorosi , degli
aggradevole dei discordanti, degli armoniosi , ec. j una cagione complicata non
può produrre effetti semplici.
Esaminando i diversi casi della produzione del suono, si riconosce che risultano tutti da movimenti consimili, che
si formano se non nello stromento sonoro, per lo meno sempre nell'aria che
lo circonda. Fra gli stromenti sonori per
se stessi, vale a dire che eseguiscono delle
vibrazioni, si ponno citare tutti gli stromenti a eorde, le campane, l'armonica e
le corde vibranti , le membrane tese, e
tutti i corpi che producono delle risonanze, le lastre vibranti, come i timballi, certe specie di linguette, e c ; fra quelli
in cui l'aria, modificata dallo strumento,
è il solo corpo vibrante, si ponno enti-
PHODEZIOKE r>Et S U M ,
IO5
mer.ire i cannelli sonori di qualunque
forma , le canne da organo , la tromba,
il corno, il flauto, la cornamusa, gli stru­
menti a linguette, nei quali questa parte
del meccanismo non vibra in modo so­
noro, e non fa che produrre dei passaggi
alternativi all'aria , che perciò diviene
vibrante e sonora : infine tutti gli stru­
menti per i quali la materia di cui sono
composti è indifferente, per lo meno alla
natura del suono; imperciocché l'influen­
za che esercita sulla sua bellezza la riso­
nanza di cui parleremo più tardi, e so­
vente potentissima, e modifica all'infinito
le qualità sonore.
L'aria deve provare delle scosse diffe­
rentissime, in ragione delle forze infini­
tamente variate che l'agitano per le loro
commozioni subite ο ripetute ; ella non
può entrare in vibrazione nello stesso
modo sotto l'influenza di queste cause
diverse, e noi vedremo che tantosto, scos­
sa dagli urti vivamente ripetuti, oscilla
con una frequenza proporzionale, e pro­
duce un suono acuto; tantosto agitata
con poca violenza, le sue vibrazioni sono
più rare e il suono grave; urti inter­
loG
C
DELL'A
C
USTI A.
medii producono tutti i suoni interme­
di! fra questi due estremi.
Allorquando un corpo è messo in vi­
brazione s o n o r a , persiste in questo mo­
vimento durante un certo t e m p o , fino a
che abbia p e r d u t o , sia comunicandolo ai
corpi circostanti, sia dividendolo coll'a­
ria stessa che mette in m o v i m e n t o . Du­
r a n t e questo tempo l'aria riceve delle im­
pressioni analoghe che si trasmettono al­
l'orecchio col mezzo di questo
fluido,
ma non è necessario che il movimento
si prolunghi così per affettare il nostro
organo : un suono istantaneo e passag­
g i e r o , come l'esplosione di u n ' a r m a da
tuoco, il remore clamoroso d'una frusta,
u n gridd unico sono percepiti egualmen­
te. Si dà particolarmente il nome di re­
more a un suono isolato , ο ad u n insie­
me di suoni che si succedono senza ras­
somiglianza: sono sempre meno aggradc­
voli a l l ' o r e c c h i o , che la serie sostenuta
delle vibrazioni più ο meno simili , che
n o n costringono l'orecchio a cangiare il
suo proprio movimento vibratorio p e r
eseguire dei movimenti analoghi.
L ' u r t o dei corpi, l'impressione d e ' passii
PRODUZIONE DE I SCOW.
IO7
sul suolo, il lavoro degli operai in mol­
tissime arti, i venti, le acque, tutte le
azioni meccaniche, diversi fenomeni della
natura producono del romore. Non si sa­
prebbero numerare quanti indizii som­
ministrar possono le proprietà acustiche
dei corpi, e senza entrare ne' particolari
di tutto ciò che gli uomini e gli animali
ne ricavano d'utili indicazioni, ci basterà
di dire che per i sensi bene esercitati è
la stessa voce della natura che si fa sen­
tire, e che somministra in molti casi degli
indizii che alcun altro mezzo non dareb­
be con altrettanta certezza e semplicità.
Noi qui non citeremo che lo strumento
di Laennec ( ι ) , col quale si esplora lo
stato del petto col mezzo delle vibrazioni
trasmesse colla voce, e quelli per mez­
1 zo de' quali si riconosce il romore che
accompagna la contrazione muscolare. Per
far comprendere infine sino a qual punto
l'orecchio può essere una guida fedele
per riconoscere un fenomeno qualunque
dalla natura del suono che Paccompagna,
noi ricorderemo come poche parole ba­
(*) Stetoscopo.
I08
DFI.I.'ACUSTICA.
stano per far riconoscere la voce di una
persona che non si è sentita parlare che
poche volte, e qual certezza si aggiunga
ad altri indizii, allorché l'orecchio si
trova d'accordo con tutto cloche la me­
moria aveva conservato intorno l'attuale
oggetto che richiama l'attenzione.
I movimenti vibratori! che si eccitano
nell'aria con un mezzo qualunque, si tras­
mettono in virtù dell' elasticità di que­
sto mezzo, e tonto più presto quanto è
più clastico ο meno denso. Per misurare
questa velocità si osserva da una grande
distanza con un telescopio l'istante del­
l'esplosione d'un pezzo di cannone, che
si manifesta di giorno per il fumo della
polvere, e di notte per una luce assai
viva: si misura il tempo che il suono im­
piega a percorrere lo spazio che separa
l'osservatore dal pezzo (spazio che deve
essere conosciuto), e se ne conclude il
cammino che il suono percorre in un
secondo di tempo : questo è ciò che si
chiama la velocità del suono. Si è trovato
in tal maniera che essa e di 33^ metri
ο looo piedi circa per secondo; ma varia
alcun poco dall'inverno all'estate, e dalla
PBODCZIONE DE I SUOKI.
log
notte al giorno, l'aria essendo più fred­
da e meno elastica nei primi due di que­
sti periodi, e per conseguenza minore la
velocità del suono. Il vento influisce pu­
re sulla celerità del suono: se l'aria si
muove per questa azione nella stessa di·»
rezione, la velocità del vento si aggiun­
ge a quella del suono; in direzione con­
traria si sottrae: in un piano perpendi­
colare alla direzione del suono, il vento
non vi apporta alcun cangiamento.
Queste nozioni hanno in molti casi
delle applicazioni importanti; si può,per
esempio, sapere approssimativamente a
qual distanza uno si trova da un bastio­
ne, ο da una batteria marittima là dove
si tirano colpi di cannone, contando tan­
te volte 3^7 metri quanti secondi sono
scorsi fra l'istante in cui si è veduta Fé·»
splosione, e quello nel quale si è sentito
il romore. La distanza di molte posizioni
militari in luoghi di montagna può os­
servarsi ancora con un oriuolo a secon­
di: in fine mediante un processo analo­
go si può giudicare qual distanza ci se»
para da una nube procellosa che manda
lampi 0 scoppii di fulmine. Si può inve­
FISICA
K
voi. II .
8
HO
E
D LL1 ACUSTICA.
ce di un oriuolo a secondi consultare le
battute del polso, la di cui durata non·
differisce molto da un secondo, e meglio
sarà il conoscere il numero de' secondi
che corrispondono a un numero deter­
minato di battute di un oriuolo comune
ben regolato. Non si deve giammai esse­
re stupefatti della grande quantità d'in­
dizii utili che fornisce qualunque mezzo
cronometrico a un osservatore attento :
infatti il tempo entra come elemento in­
dispensabile in tutti i fenomeni, e si sono
già acquistate delle nozioni fondamentali
coll'averne misurata la durata. Se si vuo­
le osservare in una maniera semplice la
trasmissione del suono si può riguardare,
quando questo meccanismo è scoperto,
il martello che batte una campana per
indicare le ore, ο fare attenzione ai col­,
pi che batte un falegname posto su di:
una collina opposta a quella ove uno si
trova. Si vedrà l'ascia cadere in silenzio
e si sentirà il suono quando lo strumen­
to è di già rialzato e sta per cadere un a
seconda volta.
■;.wui ótMJ ÌB■ Λ*flfilUt iti iï(|<j.rjc (> ;
.'
DEIL'IKTERSITA ' D E I SUONI.
titt
AfiTICOLO II.
..;,}·,
.
.
Dell'intensità dei suoni.
' " ''P
i« l'.ìtj
f E questo un principio di meccanica,
che il movimento si conserva, senza au­
mentare né diminuire, fra i corpi di cui
mette inazione l'elasticità; ne segue im­
mediatamente che la stessa quantità di
moto s'indebolisce trasmettendosi, o, in
altri termini, distribuendosi a una più
gran massa di corpi. Questo è ciò che
avviene al suono a misura che si allon­
tana dalla scossa che ne è stata la sor­
gente, si dissemina sfericamente tutto al­
l'intorno, allontanandosi continuamente
da questo centro in ragione di 33^m.
per secondo. Si chiamano onde sonore,
l'insieme di tutti i punti che sono agi­
tati al medesimo istante dal moto tras­
messo dal centro delle vibrazioni.
Il calcolo prova che in allora la forza
ο l'intensità del suono decresce come il
quadralo della distanza: quindi ad una di­
stanza doppia, tripla, quadrupla il suono
sarà quattro, nove, sediei volte meno in­
IJ2
E
B LL'ACUSTICA.
tenso· e cosi pure per farsi intendere
due volte più lontano, converrà gridare
quattro volte più forte, o, come si dico,
più allo. La difficoltà d'isolare i movi­
menti che hanno luogo secondo tutte le
direzioni attorno del corpo sonoro, e la
complicazione stessa dei moti di questo
centro di vibrazione non hanno permes­
so fino ad ora di verificare scrupolosa­
mente questo risultato col mezzo dell'e­
sperienza: ma si può, senza tema di un
grande errore, adottarlo fino a che non
venga invalidato dall'osservazione, ciò
che non è probabile. Un'altra circostan­
za non meno difficile a verificarsi nei
suoni, si è il loro moto in linea retta
partendo dall'origine. Nulladimeno la ri­
flessione dei suoni , ο l'eco di cui par­
leremo ben presto, e che ha luogo se­
condo questa legge, gli dà una grande
probabilità.
Poiché l'intensità del suono s'indebo­
lisce, perchè il moto, che ne è la cagio­
ne, diminuisce disseminandosi in tutte le
masse d'aria che mette in vibrazione, si
può prevedere che il suono nulla perde­
rebbe della sua forza, e si trasmetterebbe
1
INTEMSITA1 DEI SUOHI.
I|3
senza indebolirsi a una distanza qualunque, se la traccia che gli si assegna non
gli permettesse di sparpagliarsi in uno
spazio più grande di quello che occupa
presso al corpo sonoro. Tal sarebbe il
caso di un canale che fosse percorso dalle
onde sonore, l'estensione delle quali non
potrebbe allora aumentarsi. Difatti Biot
ha esperimentato i suoni trasmessi per
mezzo dei tubi degli acquedotti di Parigi in una lunghezza di circa un quarto
di lega. La voce anche la più debole si
propagava da una estremità all'altra, e
secondo la sua espressione, non vi aveva che un sol mezzo per non essere intesi , quello cioè di non parlare del
tutto.
Oltre il caso dei tubi cilindrici che
trasmettono il suono senza indebolirlo, si
deve considerare quello del porta-voce
(fig. 22), che serve a trasmettere la voce
ad una distanza molto più grande di
quella che l'uomo può aspettarsi, quando
procura di farsi intendere senza il sussidio
d'alcun apparato. S'intende infatti che
producendo dei suoni nella parte più
stretta dello stromento, le vibrazioni so-
ιι£
C
DELL'A
C
USTI A.
no costrette a spandersi nello spazio che
corrisponde al prolungamento dei lati
del porta­voce , per modo che il movi­
mento sonoro si diffonde in uno spazio
molto minore di quello che ha luogo
quando si parla in uno spazio illimitato,
e l'intensità del suono deve essere au­
mentata nel rapporto dello spazio totale
allo spazio minore in cui si diffonde al­
lora il suono: si perviene in questo mo­
do a portare la voce al di là d'una mezza
lega. Si fa molt'uso di questo strumento
in mare, la di cui forza supera il frago­
re delle onde del mare, e permette così
al comandante delle manovre di farsi in­
tendere in mezzo alle più violenti tem­
peste.
Al porta­voce, strumento attivo come
la parola, corrisponde il corno acustico
(6g. 2Î) , strumento passivo come l'o­
recchio. L'uffizio di questo è di riceve­
re per la sua apertura allargata, rivolta
verso l'oggetto di cui si vuole intendere ·
il suono, una larghezza maggiore di quel­
la dell'onda sonora, la quale restringen­
dosi a misura che si propaga verso la ,
piccola apertura posta vicino all' orec.­
INTENSITÀ' DE I SUONI.
ιιδ
eli io, si rinforza a misura che si concen­
tra sopra una minor massa d'aria, e porta
all' orecchio delle vibrazioni tanto più
energiche. Il vecchio, nel quale la sen­
sibilità dell'udito si è indebolita, ritrova
col mezzodì questo strumento un vigore
artificiale dell'organo. Riportiamo qui ciò
che Brisson (1), fisico onorevolmente co­
nosciuto per i suoi lavori scientifici, molto
amante degli spettacoli nella sua vec­
chiezza , disse, applaudendo alle sue co­
gnizioni in fisica, che gli rendevano delle
orecchie e degli occhi che egli più non
aveva da molto tempo.
Un fenomeno rimarchevole, che non
possiam passare sotto silenzio, si è l'in­
crocicchiamento dei suoni emanati da di­
verse sorgenti, e che noi vediamo traver­
sarsi Pun l'altro, e per così dire pene­
trarsi, senza confondersi, di modo che la
loro propagazione ulteriore non soffre
niente della lor momentanea confusione
nel punto ove si sono riscontrati. La mec­
canica viene qui in nostro soccorso: ella
(I) Vegg. la Fisira io' corpi ponderabili dell'Esci·
116
C
DELL'A
C
USTI A.
ci dice che una molecola materiale può
essere agitata (la due movimenti ai quali
obbedisce nel medesimo tempo. V'ha nul­
lameno un caso in cui dai due movimenti
comunicati non risulta alcuna impres­
sione, quando sono cioè direttamente op.
posti, nel qual raso si distruggono a vi­
cenda. Le onde sonore ci presentano in
molti casi questo fenomeno singolare di
suoni indeboliti, modificati, ο distrutti
per altri suoni ; così facendo pervenire
ali1 orecchio il suono di due canne da
organo nello stesso tempo, l'orecchio non
percepisce alcun suono, mentre che par­
lando sola l'ima ο l'altra delle canne ,
produrrebbe suoni molto sensibili. S'in­
tende questo singolare fenomeno, di cui
noi ritroveremo l'analogo nei raggi lu­
minosi, riflettendo che il suono consiste
in una serie di movimenti alternativi,
progressivi η retrogradi: ora, se la posi­
zione dei due tubi vibranti è tale che i
movimenti retrogradi delle ondulazioni
del primo giungano all'orecchio al me­
desimo istante che i movimenti diretti
del secondo , la membrana dell'orecchio,
sollecitata nello stesso tempo da due for­
1HTEHSITA1 DE I 5D0KI.
ì\n
«e contrarie, resterà in riposo, e non si
percepirà alcun suono. L'esperienza ha
provato che nelle grandi sale, ο negli
edilìzii destinati a contenere un nume­
roso uditorio , vi si trovano molti punti
nei quali ha luogo una distruzione quasi
completa del suono. Si qualificano d'or­
dinario questi luoghi col nome di sordi;
quello di muli loro converrebbe assai di
più. Questo effetto, come l'abbiamo già
detto, proviene da ciò, che il suono ar­
riva a questi punti da molte parti, sia
perla strada diretta, sia dopo una ο più
riflessioni, e che la mancanza d'accordo fra
i sensi di movimenti delle diverse vibra­
zioni che concorrono all'orecchio, cagio­
na la loro quasi totale distruzione. Dob­
biamo molte importanti e nuove spe­
vienze a Savart sul punto che in una
massa d'aria di data forma sono agitati
dei movimenti sonori i più forti e i più
deboli. Se si lasciano aperte le finestre
d'un appartamento in cui si producono
dei suoni intensissimi, le linee sonore e
le linee di riposo si propagano al di fuo­
ri ad una distanza considerabile ; osserva­
zione che dobbiam pure a questo dotto
sperimentatore.
­ι»8
.ι
DELL'A
C USTI
C A.
ABTICOLO
III.
Della riflessione dei suoni.
Uno de' fenomeni il più conosciuto,
ma che richiama sempre l'attenzione a
dispetto anche della memoria, è l'eco»
Si sa che l'esperienza consiste nel pro­
durre dei suoni, come quelli degli stru­
menti di musica , ο di far agire la pro­
pria voce davanti a degli ostacoli che
possono rimandarci il suono. Gli edifizii,
le rupi , le vallate , e spesso ancora le
pareti opposte degli appartamenti ο del­
le volte, soddisfano a questa condizione
e annunciano l'eco, pel rimbombo dei
passi, ο per il ritorno delle parole di
colui che si trova in presenza dell'osta­
colo riflettitore. Si vede essere opportu­
no che la superficie rimandante il suo­
no sia roncava dalla parte di colui che
interroga l'eco, affinchè gli rimandi, con­
centrandoli, i suoni, che senza di ciò
s'indebolirebbero di troppo per il loro
passaggio nell'aria, per la loro naturai ten­
denza a diverger sempre· Più l'eco è lon.
RIFLESSIONE DEI SHORT.
J IQ
tano, più si poi ranno pronunciar parole,
prima che i primi suoni che hanno battuto l'ostacolo siano Hi ritorno e comincino la loro risposta. Si citano degli
echi che ripetono da venti sillabe , vale
a dire che permettono di pronunciarne
venti prima che il suono riflesso dalla
prima sia di ritorno all'orecchio. Supponendo che il tempo impiegato a pronunciare una sillaba, sia d'un decimo di secondo, vi vorranno due secondi per pronunciarne venti, e si dovrà esser posti
a una distanza di 33j metri dall'ostacolo
che riflette le vibrazioni; il primo suono
impiegherà allora un secondo per giungere al corpo riflettitore, ed un secondo
per ritornare, e per conseguenza darà
prima del suo ritorno il tempo di pronunciare le venti sillabe. È stato osservato che l'eco replica più parole la notte, che il giorno, ciò che si deve senza
dubbio alla minor elasticità dell'aria più
fredda che rallenta per conseguenza di
più la velocità del suono.
Le volte e gli archi di molti edifizii
offrono degli echi ancora più singolari.
Tutti i suoni che partono da un punto
130
E
D LL'ACUSTICA.
vanno a riunirsi in un altro punto, dopo
la loro riflessione sulla volta, di modo
che il più debole rumore si trasmette
per intiero da uno di questi punti all'al­
tro. Parlando a voce bassa in una di que­
ste posi/ioni, si è intesi dall'altra, senza
timore di essere uditi da persone che
occupassero posizioni intermedie. Si vede
come la cognizione di tutte queste pro­
prietà, che gli antichi sembra abbiano
molto bene analizzate, dovevano aiutare
le loro pitonesse nella pronuncia dei lo­
ro oracoli. Avevano pure tratto un gran
partito dalla riflessione del suono, per
aumentarne l'intensità nei loro immensi
teatri in cui l'attore doveva essere inte­
so da tutto un popolo.
Allorché un movimento vibratorio vie­
ne a battere un corpo, una porzione del
movimento si ripercuote , come poc'anzi
abbiain detto, ciò che forma il suono rifles­
so ; l'aitia penetra il corpo e vi si estin­
gue, ο si trasmette attraverso indebolen­
dosi tanto più, quanto questo corpo è
più grosso e meno elastico; deve in al­
lora provare una rifrazione analoga a
quella che noi riconosceremo nella luce.
RIFLESSIONE DE I SU0K1.
lai
Ciascuno sa che !a voce e i diversi suo­
ni non sono arrestati dai muri, e si
propagano ancora a traverso la Ior mas­
sa scuotendoli. Accade qualche volta , se
il corpo attraverso del quale si propa­
gano le vibrazioni è suscettibile di vibra­
re egli stesso in una maniera permanente,
che resta in moto vibratorio lungo tem­
po dopo l'impressione dei movimenti che
lo hanno agitato: questo è ciò che si
chiama la risonanza de1 corpi. Questo
effetto ha principalmente luogo quando
le vibrazioni che può eccitare il corpo in
quistione, sono d'accordo con quelle del
suono che lo attraversa. C osi le lastre di
vetro d'una finestra in una sala destinata
per la musica, quand'hanno ricevuto il
moto di un suono analogo alle vibrazio­
ni che esse ponno fare, divengono esse
pure sonore. Una corda tesa a lato d'un'al­
tra corda simile si motte in movimento
quando si pizzica la prima, e continua a
risonare quand' anche si è fermata la
sua vicina. In fine, quasi tutti gli stro­
menti sono accompagnati da una cassa più
ο meno voluminosa le di cui pareti sono
di legno a lunghissime fibre e molto
1*52
C
DELL'A
C
USTI A.
suscettibili di vibrazioni. L'aria rinchiusa
nella cassa e la cassa stessa entrano in
vibrazione per l'influenza della corda che
si Locca, e rinforzano considerevolmente
il suono di questa corda. È per questo
che la materia di cui si è costruito un
flauto, il legno, il cristallo, la carta pos­
sono avere una leggera influenza sulla
qualità di questi suoni, vibrando ο no
coli'aria, che, come si è detto, è vera­
mente il corpo sonoro.
Tutto ciò che abbiamo detto intorno
al suono, noi lo abbiamo considerato prin­
cipalmente nell'aria: ma tutti gli altri
gas, tutti i liquidi e tutti i solidi pos­
sono pure trasmetterlo con delle diffe­
renze che sono relative alla densità e al­
l'elasticità del mezzo che lo propaga. Un
marangone isolato in mezzo all'acqua sente
ι colpi che si battono sulla riva, lo sca­
vatore di miniere si conduce attraverso di
una roccia per il suono trasmesso verso il
minatore dalla parte opposta per riaggiun­
gerlo. Si potrebbero citare mille esempi di
questa propagazione del suono per mozzo
d'ali ri corpi oltre l'aria, ma la sua ana­
logia completa con ciò che ha luogo in
INFLESSIONE DEI SCORI.
12$
questo fluido ci dispensa d'arrestarci su
di ciò· Basterà dire che la celerità della
propagazione attraverso i solidi e i liquidi è generalmente in rapporto colla
densità e l'elasticità ; il suono si trasmette tanto più prontamente quanto il
corpo è più elastico e meno denso. Il
calcolo è pervenuto, dopo la reazione
elastica del mezzo, a misurare questa celerità di trasmissione per tutti i corpi ·
Laplace, tenendo conto, da una parte ,
dei cangiamenti di temperatura che provano necessariamente le molecole dell'aria nelle loro vibrazioni, ha stabilito fra
il calcolo e 1' esperienza un bellissimo
accordo; e dall'altra , egli ha ritrovato
che la celerità di trasmissione del suono
nell'acqua è 4 volte e mezzo , e nell'ottone io volte e mezzo più rapida eh e
nell'aria. Questo è ciò che Biot ha verificato in tubi fusi di 950 metri , nei
quali percepiva nitidamente due suoni,
l'uno trasmesso quasi istantaneamente
dal metallo, l'altro molto più lento dalla colonna d'aria.
:
L'organo della voce e quello dell'udito
presentano l'uno e l'altro una conforma-
I2Ì
C
DELL'A
C
OSTI A.
zione si felicemente c o m b i n a t a , e de 1 r i ­
sultati sì numerosi d'un meccanismo, che
sembra a prirn'aspetto accessorio alle fun­
zioni della respirazione, che noi non pos­
siamo dispensarci dal d i r n e qualche co­
sa ( i ) . L'orecchio ci offre subito un pa­
diglione più ο m e n o allargato , a p e r t u r a
c h e va r e s t r i n g e n d o s i in forma di corno
acustico, sino al fondo o v ' è fermata per
mezzo di una m e m b r a n a tesa che dicesi
il timpano. A questa membrana sono con­
giunte piccole ossa, senza dubbio desti­
nate a t e n d e r l a più ο m e n o , e a tras­
m e t t e r e le vibrazioni al nervo acustico :
questo si spiega al fondo della cavità c h e
ricopre il t i m p a n o . Le vibrazioni di q u e ­
sta membrana ci d a n n o la sensazione del
suono.
Nell'organo vocale si deve tosto con­
siderare il petto che, ricevendo l'aria, rap­
presenta il m a n t i c e dell'organo. L ' a r i a
scacciata verso l'orifizio esteriore per il
condotto della t r a c h e a ­ a r t e r i a , giunge al
fondo della b o c c a , in cui attraversa u n
(i) Vedi pel maggiore sviluppo i Trattati d'Ana­
tomia e di Fisiologici dell' ENCICLOPÉDIA POHTATILE.
KIFLESS'OKE DE I SUONI.
| jS
apparato vibrante analogo ad una iwgu<:l­
ta: questo apparato è il vero pezzo im­
portante dell'organo vocale e il genera­
tore dei suoni. Questi modificati dalla
lingua, dalla forma del palato, dall'aper­
tura del naso, dalla disposizione dei den­
t i , e in fine dalle labbra, si diffondono
con diverse articolazioni nell'aria circo­
stante, trasportando, per così dire, con loro
l'impressione di tutte le circostanze che
hanno contribuito alla loro formazione :
per modo che il medesimo suono pro­
dotto da due persone offre spesso tante
differenze percettibili quanto quella delle
persone stesse che hanno procurato di ca­
vare dal loro organo due suoni identici­
La maggior parte degli animali si fan
sentire producendo de' suoni ο rumori
di diverso genere, ma i mammiferi e gli
uccelli sono solamente dotati d'un or­
gano vocale. Si sa quanto è complicato
presso molti di questi ultimi : quindi, ol­
tre d'imitare perfettamente la voce arti­
colata, ve n' ha molti la voce dei quali
fa sentire dei suoni i più melodiosi,
ed eseguisce delle ariette che ci sareb­
be impossibile di suonare su i nostri
FISICA, voi. II .
9
!■,(■,
E
I> T.I.'ACrSTIC\
mi"liori istromenti. L ' o r g a n o dell'urlilo,
molto più u t i l e , è ancora il p i ù generale
presso gli esseri a n i m a t i : si p u ò anzi d i ­
r e che è u n i v e r s a l e ; i m p e r o c c h é sebbene
non sia visibile che negli animali verte­
b r a t i , p u r e si vedono g l ' i n s e t t i e molti
altri esseri inferiori di molto dare delle
prove irrefragabili di udito­
ARTICOLO
Della composizione
IV.
dei
suoni.
Ci resta da esaminare nei snoni le mo­
dificazioni i m p o r t a n t i , che s'indicano col
n o m e di suono crave e di acuto^ ο ΐ io­
ni, Io studio d e ' quali costituisce la mu­
sica. Il snono grave è quello che esegui­
sce un m i n o r n u m e r o di vibrazioni che
il suono acuto nello stesso tempo. Quindi,
di due corde eguali in lunghezza e gros­
sezza, quella che è più tesa eseguisce i
suoi movimenti più r a p i d a m e n t e , e dà
perciò delle alternative più frequenti, e
r e n d e il suono più acuto che la meno
tesa. Si dice che u n snono è all'ottava
di un altro q u a n d o fa nel medesimo tem­
COMPOSIZIONE Π Ε Ι
SBOMI.
IUJ
po due volte più vibrazioni che l'altro.
Una corda lunga un mezzo piede, a gros­
sezze uguali, vibra all'ottava di una corda
lunga un piede ugualmente tesa. Si pon­
no produrre facilmente tutte queste va­
rietà di suoni gravi ο acuti, ο altrimen­
ti tutti i toni , e paragonarli col mez­
zo del monocordo ο sonometro (iig. 21)·
In questo strumento si può far /variare
a piacere il numero delle vibrazióni ese­
guite da una corda in un dato tempo,
tanto dividendola in più parti col mezzo
dei C avalletti, quanto caricandola di di­
versi pesi, che ne fanno variare conve­
nevolmente la tensione.
Del resto, per la percezione dei diver­
si toni è necessario che il numero del­
le loro vibrazioni stia nei limiti seguen­
ti : cioè 3a vibrazioni per secondo per
i toni più gravi che l'orecchio possa
percepire , e 8192 , 0 anche i6384 nello
stesso tempo per i più acuti di tulli i
suoni percettibili. Quest'ultimo caso è la
nona ottava al di sopra del suono, che
fa 3a vibrazioni per secondo: conviene
avere un orecchio sensibilissimo per aver­
ne la percezione. 11 do del violoncello è
il suono prodotto da 128 vibrazioni in
un secondo : si prende d1 ordinario per
punto di partenza nelle sperienze dell'a­
custica, e cosi pure in musica, la doppia
ottava di questo tono che è il risultato
di 5i2 vibrazioni; questo è il do che si
ottiene sul violino, mettendo il terzo dito
sulla quarta corda. Ma nei concerti gli
strumenti s'accordano sul la del diapason
(6g. 20) che è la quinta nòta al di so­
pra di questo tono principale. Si osser­
va essenzialmente fra i suoni comparati
quello che farebbe tre vibrazioni, quan­
do il suono preso per termine di para­
gone , ο il suono fondamentale non ne
farebbe che due» questo suono acuto,
poiché fa un maggior numero di vibra­
zioni, si chiama la quinta: dopo l'ottava,
questo è il cangiamento di tono che
più piace all'orecchio. Si osserva ancora
quello che farebbe cinque vibrazioni con­
tro quattro d' un tono fondamentale :
questo suono è meno acuto della quinta ;
si chiama terza. Il cangiamento di suono
fondamentale nel passare alla terza è
all'orecchio meno gradevole che l'ottava
e la quinta ; ma è però più dolce che
COMP0SIZI0ÏIE DE I 8TJ0HI.
Ii!g
alcuni degli altri intervalli della scala.
Noi diamo qui il prospetto comparato di
questi intervalli; la prima linea indica i
nomi dei suoni, e la seconda il numero
delle vibrazioni che fa ciascuna di que­
ste note durante una di quelle del suo­
no fondamentale,
do re mi
fa sol la
si do.
x i
1
s
ι
a
7
2
T ' T ' T ' T ' T ' T
·
La scala ci offre una serie di toni
che sono sempre più acuti andando da
un suono fondamentale alla sua ottava.
Nello scegliere all'orecchio, tutti quelli
che in questo intervallo non disgustano
quest'organo delicato, se ne sono trovati
sette ai quali si è dato il nome così co­
nosciuto di do, re, mi ,fa, sol, la, si ; do
rappresentando il suono fondamentale. Il
sol e il mi sono la quinta e la terza di
cui abbiamo parlato, e che s'indicano an­
cora sotto il nome d'Ormoniche del do ;
eglino sono,coltone fondamentale,in rap­
porti cosi semplici che l'orecchio passa
senza fatica dal primo suono a quest'ul­
timi due. I rapporti degli altri col do
sono meno semplici, ma però pochissimo
] 3o
C
DELII'A
C
UBTI *.
c o m p l i c a t i , c o m e lo fa vedere il prospetto.
G l ' I n g l e s i e gli Alemanni in luogo dei
nostri monosillabi r a p p r e s e n t a n o i toni
della scala colle lettere G , D , E , F ,
G , A. e 15; C essendo il d o , e cosi di se­
guito.
Nell'esaminare g l ' i n t e r v a l l i che sepa­
r a n o i sette t o n i della scala , si vede
che r i n t e r v a l l o del mi al fa , e quello
del si al do sono molto più ravvicinati
che gli a l t r i , per modo che a voler cam­
m i n a r e a intervalli presso che uniformi
conviene i n t e r c a l a r e fra il do e il r e , il
r e e il m i , il fa e il s o l , il sol e il l a ,
il la e il si, c i n q u e nuove n o t e , ciò che
porta a dodici il n u m e r o dei toni della
scala. Q u e s t e n o t e i n t e r c a l a t e si chia­
mano diesis,
p e r r a p p o r t o al più grave
dei due suoni che separano , e bemolli
per r a p p o r t o ai più acuti. Si scorgerà d'al­
t r o n d e l'indispensabile necessità di q u e ­
sta addizione
riflettendo che ciascuna
nota della scala p u ò essere presa per
p u n t o di p a r t e n z a , ο per suono fonda­
m e n t a l e , e che p e r t r o v a r e le armoniche
di questo n u o v o suono, e generalmente
una scala t u t t a i n t e r a che abbia con
COMrOSlZIOKE DEI SCORI.
l3l
quello gli stessi rapporti che la scala naturale col do, sono indispensabili questi semi-Ioni.
Questo problema pratico del cangiamento della nota fondamentale non è
così semplice come potrebbe sembrare a
primo aspetto, perchè i numeri che esprimono le vibrazioni della scala del do,
per esempio , non si trovano più esattamente in rapporto colle vibrazioni che
converrebbero rigorosamente alle diverse
note della scala del r e , e così delle altre. S1 incontrano a questo riguardo dei
grandi imbarazzi negli stromenti a suoni
fìssi, come sono Tarpa, il piano forte,
il flauto , in cui non si posson mettere
quante si vogliono corde, tasti e aperture. Si è forzati di prendere un termine
medio d'errore il più tollerabile all'Orecchio : questo è ciò che si chiama temperamento. Gli accordatori di strumenti,
senza molto occuparsi delle numerose idee
teoriche sparse su questa materia , tentano le diverse scale sullo strumento,
e si arrestano alla disposizione che loro
sembra dare i minori inconvenienti, l'rony,
cimentando al sonometro degli strumenti
i32
C
DELL'A
C
USTI A.
accordati dai più famosi artisti in questo
genere, ha trovato questo semplicissimo
risultato che i dodici semi­toni dello
strumento erano ugualmente distanti da
un'ottava all'altra, per modo che erano
tutti uguali e dividevano la scala in
dodici semi­toni , ο intervalli uguali. In
questa disposizione si scorge che la quinta
nota è sempre la terza di quella che chia­
masi prima , l'ottava ne è la quinta , e
lo stesso per tutti gli altri toni, in ra­
gione di due note per tono.
Quantunque il modo di vibrazione del­
l'orecchio sia probabilmente complicatis­
simo , poiché ci presenta una membrana
d'ineguale grossezza, irregolare nel suo
contorno, attaccata pel suo mezzo a delle
piccole ossa, suscettibile infine di essere
più ο meno tesa per l'azione dei muscoli
circostanti, e malgrado che noi non pos­
siamo nulla affermare intorno i movi­
menti che dipendono da tante cagioni ,
non ei può per altro fare a meno di
non vedere che il rapporto semplicissimo
delle vibrazioni del suono fondamentale
con quelle dell'ottava, della terza e della
quinta, deve dare all' organo una grande
C0MPOSIZIOKE DEI SCORI.
133
facilità per passare dall'uno all'altro , e
che la sensazione che risulta da questo
passaggio deve essere più aggradevoleìche
quella che risulterebbe da una modificazione meno semplice dell'organo. Si sono
nulladimeno ricercati i suoni armonici
in una sperienza di Tartini curiosa in
sé stessa, ma che non fa aggiungere un'analogia di più all'idea che noi abbiamo
esposta. Si tratta della vibrazione sonora
di una lunga corda che fa percepire all'orecchio attento, non solamente il suono fondamentale , ma ancora l'ottava di
questo suono, la sua doppia ottava , la
doppia ottava della quinta , e la tripla
ottava della terza,il che sembra indicare
che la corda, oltre il suo movimento generale che corrisponde al suono più grave, vibra ancora separatamente in ciascuna delle sue metà per far sentire l'ottava , e che le vibrazioni particolari del
terzo, del quarto e del quinto della corda
intera hanno pur luogo e danno origine
alle altre armoniche. Il famoso principio
della coesistenza dei piccoli movimenti,
dovuto a Bernouilli , si applica qui in
tutta la sua estensione. Tutto induce a
134
C
DELL'A
C
USTI A.
credere che il movimento della corda vi­
brante sia eccessivamente complicato, e
che egli effettua tutte le vibrazioni pos­
sibili, poiché l'orecchio percepisce senza
eccezione tutte quelle che sono percepi­
bili , quando è di già modificato per il
suono fondamentale, sotto l'influenza del
quale l'orecchio non può scegliere che
le sue armoniche, le sole di cui le vibra­
zioni ponno accordarsi e sussistere colle
sue.
La fisica della musica si arresta qui. Il
compositore s'impossessa di questi accordi
e di queste discordanze , e trasmettendo
all'orecchio dei suoni forti ο deboli, ru­
morosi 0 sordi, spessi ο rallentati, armo­
niosi 0 discordanti, egli fa passare all'a­
nima delle sensazioni analoghe. Questo è
un vero incanto che crea successivamen­
te la gioia, la tristezza,l'ammirazione, il
timore e mille altri sentimenti, l'esisten­
za de' quali non ha origine materiale,
poiché risultano da qualche movimento
passaggicro che l'arte somministra alla
fisica per produrre tutte queste mera­
viglie.
L· Ì­­.­1 .·■■ .;>.··».■·.
..·ν:ι·!.­­',|!>ί'?., .­■'JÏ ίϊΐ ϊ^ΐσχ;".'
135
TERZA DIVISIONE .
*****
DELLA
L U CE
E
DE L
C A L O RE .
J K tutti i tempi l.i voce dell'esperienza
ha proclamate le numerose analogie del
calore e della luce ; ma solo recente­
mente si è pervenuti a riconoscere l'i­
dentità quasi completa di questi due ef­
fetti della medesima cagione, e a mo­
strare che hanno l'uno e l'altro per ori­
gine i movimenti vibratorii delle mo­
lecole de' corpi. Queste vibrazioni ele­
mentari costituiscono da una parte Io
stato termometrico, e dall'altra, col tras­
mettersi nell'etere circostante, vi pro­
pagano sotto forma di raggi oscuri ο lu­
minosi il calore e la luce. L'ordine ra­
gionevole prescrive dunque di non sepa­
rare due classi di fenomeni così stretta­
mente uniti.
136
DELLA LUCK
SEZIONE PRIMA.
Della luce.
La luce ci offre il pia bello fra i fenomeni fisici, e l'organo, che per mezzo
della luce ci fa raggiungere dei corpi
separati a distanze prodigiose , tiene il
primo posto fra tutti i mezzi di comunicazione dell'anima cogli oggetti percettibili. La sorgente delle diverse sensazioni che ci danno la vista, sembra ancora così poco materiale, che si trovano
nel linguaggio figurato tutte le circostanze che rappresentano idee affatto estranee agli oggetti fisici.
Se fosse d1 uopo definire la luce coll'cnumera/.ione dei diversi fenomeni che
vi si riferiscono, come la proprietà di
renderci sensibili i corpi che ne circondano, di propagarsi secondo certe leggi
geometriche, di riflettersi, di rifrangersi,
di darci la sensazione dei colori, infine
di provare le modificazioni conosciute
sotto il nome di doppia rifrazione, di polarizzazione, d 1 interferenza, e c , il gran
IK GEKEIULB.
1 ^7
numero di queste proprietà diverse, se
non pi>r la loro cagione, almeno per i
fatti che «i connettono a ciascheduna di
loro, ei farebbe di questa definizione quasi nn ristretto della scienza della luceMa i fisici moderni, coli1 aumentare la
somma delle nostre ricchezze in questo
ramo della fisica, al segno di sorpassare
per le loro recenti scoperte la massa delle osservazioni fatte anteriormente a questi ultimi tempi, hanno non men felicemente ricondotte tutte le cognizioni sperimentali a una sola e medesima cagione
teorica ben distinta , i di cui effetti considerati sotto diversi punti di vista abbracciano e riproducono tutti i fenomeni
conosciuti : per modo che la definizione
della causa equivale a quella del complesso dei fenomeni che ne sono le conseguenze.
Cartesio riguardava la luce come il
risultato d'un movimento trasmesso istantaneamente attraverso un fluido universale. \ì movimento progressivo della luce
non era in allora conosciuto. Hu/gens,
dopo la scoperta della celerità della luce
fatta da Roëmer, modificò la supposizione
(38
E
D LLA LUCE
di Cartesio , e suppose il mezzo univer­
sale come un fluido estremamente sottile,
nel mezzo del quale il movimento che
dà la luce, si propaga secondo lo stesso
modo che il suono nell'aria. Egli diede
in questa ipotesi fisica la spiegazione d'un
gran numero di fenomeni; e senza le lumi­
nose sperienze di Newton che vennero
ad ecclissare per lungo tempo la teoria
di C artesio e di Huygens , è da credere
che le belle scoperte dei fisici del nostro
secolo non sarebbero loro state per cosi
dire riservate con tanta cura dai loro
dotti predecessori.
Newton suppose rhe la luce ha per
cagione l'emissione dai corpi luminosi di
un numero infinito di molecole il di cui
effetto sui nostri oerhi produce la vi­
sione. Queste molecole si muovono con
una rapidità estrema, e le diverse pro­
prietà della luce non sono che il risultato
delle diverse proprietà analoghe di que­
ste molecole, considerate sia in se stesse,
sia nei diversi generi d'azioni che i cor­
pi esercitano sopra di loro.
Le proprietà della luco manifestate da
un organo così delicato, qnal β la vista,
IK GE NE RALE .
13t)
sperimentate da un gran numero di cor­
pi diversi che in mille maniere posso­
no agire sulla vista medesima, sommini­
strano un numero immenso di risultati.
Si concepisce dunque bastantemente che
qualunque ipotesi presentata per rendere
ragione dei fenomeni così esattamente
misurati, e che si sviluppano con una sì
grande varietà, sarà sottomessa a un così
gran numero di verificazioni , che sarà
difficile d'essere per lungo tempo incerti
sulla giustezza delle idee teoriche che ci
si offrivano per ispiegarli, ο sulla scelta
da farsi fra due teorie rivali.
Nel considerare il complesso di tutti i
fenomeni conosciuti della luce, si può dire
francamente che l'ipotesi d1 Huygens ag­
giunge al merito cosi prezioso della sem­
plicità nella causa, il merito ancora più
grande di dare la spiegazione la più pre­
cisa di tutti i fatti. Fino ad ora la teoria
di Newton era stata quasi esclusivamente
adottata. Dopo qualche anno solamente
quella d'Huygens ha trovato dei saggi
estimatori , che riconoscendo i fatti che
loro aveva spiegati, ο svelati, l'hanno
riprodotta con giudizio, e ne hanno mo­
Ιίθ
E
D LLA LUCE
strata tutta la fecondità. Si può qui far
osservare quanto l1 influenza di un gran
nome possa ancora su i migliori ingegni.
A ciascuna nuova scoperta intorno la lu­
ce , che ne faceva conoscere delle nuove
proprietà, si era solleciti di aggiungere
alle molecole luminose una proprietà di
più per ispiegare il nuovo fenomeno, e
la lista di quelle che s'immaginavano
per ciascun atomo luminoso uguagliava
press'a poco il numero dei fatti fin allora
conosciuti.
V'ebbero frattanto alcuni fisici meno
prevenuti per il sistema di Newton, che
tentarono di mantenere le vibrazioni lu­
minose, come meglio in rapporto coi fe­
nomeni. Eulero si distinse per la sua per­
severanza nel sostenere la teoria d'Huygens,
allorquando tutto il ceto dei dotti era
Newtoniano, e lo era egli stesso nei suoi
calcoli, come astronomo, sull'attrazione.
Non sostenne però questa giusta causa
coi suoi talenti ordinarli. Un' infinità di
bellissimi risultati, che ne erano una con­
seguenza, gli sfuggirono, e questa teoria
non riprese nella stima dei fisici l'im­
portanza che meritava se non quando
IH GE NE IULB.
ΐ4·
Young , aggiungendo all'autorità dei cal­
coli e della critica l'influenza, non me­
no persuasiva delle luminose scoperte che
gli aveva suggerile, lo studio delle vi­
brazioni , richiamò sopra di sé l'atten­
zione dei fisici. Nell'esaminare senza pre­
venzione questo sistema, che avevano si
lungo tempo obbliato, furono sorpresi di
vederlo cosi facilmente prestarsi, tanto a
spargere della luce sulle no/ioni di già
acquistate, quanto a rischiarare colla sua
face i passi di quelli che desideravano
progredire.
Noi considereremo adunque con Huy·
gens la luce come prodotta dalle vibra­
zioni d'un fluido universale, che riempie
non solamente tutto lo epazio lasciato
vóto fra i diversi corpi della natura, ma
ancora i pori che separano le molecule.
Queste vibrazioni eccitate in questo mez­
zo eminentemente sottile ed elastico, si
trasmettono con una grande rapidità in
quello spazio che noi chiamiamo vóto,
che conviene pertanto concepir sempre
occupato dal fluido universale ο etere.
La loro trasmissione ha luogo ugualmen­
te attraverso de' corpi trasparenti, agi­
FISICA, voi. II
io
, j
3
DELIA LDCB
tando ad nn tempo e il fluido nel quale
le molecole sono immerse e le molecole
ellisse de' corpi.
Per istabilire queste nozioni in un modo preciso, può immaginarsi per la luce
un modo d'azione affatto analogo a quello che ci trasmette per l'aria le vibrazioni d'un corpo sonoro. Noi abbiamo
veduto il suono, partendo da un centro
di scuotimento, propagarsi attraverso dell'aria per quindi venire a percuotere l'orerchio: in questo caso la sorgente della
luce, come un corpo incandescente, il
sole, una stella, mettono l'etere in movimento vibratorio, e questi movimenti
dopo un certo tempo giungono all'occhio,
e gli cagionano la sensazione della vista.
L'oscurità nell'ottica ό analoga al silen­
zio nell'acustica, e il riposo dell'etere al
riposo dell'aria. Le vibrazioni più ο me­
no energiche dell'etere luminoso tengono
luogo dei medesimi movimenti molto più
lenti dell'aria sonora : infine l'occhio per­
cepisce la luce per mezzo de1 movimenti
vibratori! del fluido universale, come l'o­
recchio percepisce i suoni per mezzo delle
ondulazioni del fluido atmosferico.
IH GE NE RALE .
14^
Le analogie non hanno qu! lìmite: la
frequenza più ο meno grande delle vi­
brazioni d'una corda tesa, ci dà dei suo­
ni più ο meno acuti; lo stesso dicasi
delle alternative più ο meno frequenti
nei movimenti delle particelle vibranti
dei corpi incandescenti che agitano l'e­
tere, producono la luce, e ci danno la
sensazione dei diversi colori; il violetto,
come i suoni acuti, risulta dalie vibra­
zioni più numerose, e il rosso, come i
suoni gravi, corrisponde a quelle che lo
sono meno. Il calore si trasmétte allo
stesso modo che la luce nello spazio; ma
solo con delle vibrazioni ancora meno
frequenti che quelle dei raggi rossi; e
l'esperienza prova ch'esso si può propa­
gare per mezzo di raggi del tutto oscuri
in sé stessi , senza essere accompagnato
da alcuna luce, come lo si osserva nei
corpi riscaldati al di sotto dell'incande­
scenza ; mentre che nei raggi del sole
che ci portano insieme luce e calore si
ponno separare i raggi di luce da quelli
di calore, vale a dire le vibrazioni lumi­
nose dalle vibrazioni calorifiche. In una
parola, il calore nei corpi e il risultato
jtÂ
E
D LLA
LtJCE
delle vibrazioni delle molecole stesse,
come i raggi del calore e della luce sono
i movimenti derivati da questi e tras­
messi per mezzo dell'etere.
I corpi , relativamente alla luce, pre­
sentano delle differenze marcatissime ;
quindi gli uni , come il sole, i corpi
che abbruciano, spandono luce attorno
a sé stessi, vale a dire sono fuochi che
mettono in moto il fluido etereo; si dice
che questi corpi sono luminosi per se
stessi. Gli altri rimandano in tutto ο in
parte la luce che hanno ricevuta, vale a
dire propagano il movimento vibratorio
del fluido facendogli subire diverse alte­
razioni : questi corpi, che diconsi illumi­
nati, non divengono visibili che quando
sono in presenza de1 primi. Fra questi
corpi illuminati ve ne sono di quelli che
lasciano passare la luce in più ο meno
grande quantità, come sono i gas, la mag­
gior parte dei liquidi, un gran numero
di cristalli, e quasi tutti i solidi quando
sono bastantemente assottigliati: si dice
allora che questi corpi sono trasparenti
ο traslucidi; ma ve n'ha pure di quelli
che arrestano del tutto la luce, e questi
IK GE KE RALE .
1 45
sono i corpi che diconsi opachi. Lo stu­
dio di queste diverse proprietà dei corpi
ha fatto riconoscere ed ha condotto alla
spiegazione di tutte le circostanze del
corso della luce, che noi saremo per se­
guire nei loro particolari.
Per mettere un ordine nell'esposizione
di questi fenomeni non meno variali che
interessanti, noi ne seguiremo, per così
dire, passo passo le diverse modificazioni:
noi vedremo tosto da qual sorgente ema­
ni la luce,e quale strada ella segua nello
spazio; all'avvicinamento dei corpi noi
la vedremo piegarsi, e questa particola­
rità, che ci farà riconoscere il principio
delle interferenze, servirà di prova alla
teoria che svilupperemo. Noi seguiremo
di poi la luce, qnand'ella si riflette alla
superficie de1 corpi, quand'clla si rifran­
ge penetrando nel loro interno ; e così
pure in molti altri casi della sua propa­
gazione, i di cui nomi sono ancora troppo
recenti, perchè vi si connetta cosi di se­
guito l'idea de' fenomeni che indicano.
Finalmente non ci resterà che a spiega­
re i fenomeni di colorimento, e a descri­
:;;ε?ί«5ι»ϊίί ». *j> mm/hi? i/y>$fa.
Ijjfi
E
D LLA LUCE .
vere gli strumenti d'ottica e l'organo della
vista.
Si dividerà altre volte la scienza della
luce, ο Yottica, in ottica propriamente
detta, che comprendeva i fenomeni della
luce diretta; in cattotrica per quelli della
luce riflessa ; finalmente in diottrica per
la luce rifratta. L'enumerazione prece­
dente mostra come questa classificazione
sarebbe nulladimeno incompleta.
ARTICOLO I.
Delle sorgenti della luce e della luce
diretta.
Qualunque causa capace d'imprimere
all'etere un movimento vibratorio può
produrre della luce : si deve quindi cre­
dere che ne esistano molte; infatti la
luce alla superficie del nostro globo pro­
viene da un gran numero di cause diffe­
renti. La più potente , quella , la cui
importanza nella maggior parte dei fe­
nomeni naturali è immensa, è il sole:
la causa della sua azione energica sul
fluido etereo ci è incognita; ma dal mo­
• ■
-..-J'-
SOBGEMI.
i(ij
mento che si alza al di sopra del n o s t r o
orizzonte, i m p r i m e a l l ' e t e r e che ci c i r ­
conda un movimento i n virtù del quale
egli stesso, e tutti gli altri corpi che r i ­
cevono la sua influenza, ci divengono vi­
s i b i l i : più t a r d i , a l l o r c h é si abbassa, l'o­
scurità succede al g i o r n o , a misura che
questa potente cagione della luce sparisce.
F r a gli altri a s t r i , alcuni, come la Io­
n a , i pianeti, le comete, non ci sono v i ­
sibili che per r i m a n d a r c i la luce del
sole ; ma le stelle che popolano il fir­
m a m e n t o in n u m e r o infinito sono l u m i ­
nose per sé stesse , vale a dire dotate di
una p r o p r i e t à analoga a quella del nostro
sole C O·
Q u a l u n q u e sia la sorgente della luce, le
leggi alle quali obbedisce sono esattamen­
te le stesse: quindi si riferiscono indiffe­
r e n t e m e n t e le sperienze e i ragionamenti
alla luce del sole, ο a quella di differenti
i o r p i terrestri. F r a queste ultime, quella
che accompagna un gran n u m e r o di com­
binazioni dei corpi merita di fissare la
(I ) Vedi Γ Astronomia dell' £KCICU>PEDJA Ì'OB­
«AÏ1U. ­'
...·■­­ .. i K ^ J V . ­ r V ^ i l W '
1/58
DBI.L1 LUCE.
nostra attenzione. In una moltitudine
d'operazioni chimiche vi ha produzione
di luce e di calore: i vulcani ne sono
un esempio nella natura; il fuoco che
noi conserviamo nei nostri focolari, la
luce che noi produciamo artificialmente
per rischiararci, infine tutti i casi iVignizione risultano da chimiche combinazioni, cause produttrici di calore e di
luce. Nel caso deWincandescenza, al contrario, è l'aumento dello stato calorifico
del corpo che lo rende luminoso , e vi
si vede giungere a poco a poco , come
se il calore e la luce non fossero che
una modificazione differente dello stesso
principio; quindi i corpi riscaldandosi,
affettano tosto uno stato di luce oscura,
per cosi dire, poi passano al rosso, indi
al giallognolo, al bianco, e terminano
col mandare un chiarore che gli occhi
durano fatica a sopportare.
Le aurore boreali sono pure una sorgente di luce, la di cui origine non è ancora ben conosciuta, e sarà discussa nella Meteorologia: ma l'elettricità n'è una
potente causa di sviluppo. Noi abbiamo
vedute le nostre macchine fornire delle
SORGENTI.
l4<)
scintille luminose a grandi distanze, e le
correnti elettriche rendere molti corpi
incandescenti, e perciò luminosi : il fulmi­
ne ci mostra ancora ne1 lampi de' luc­
cicori più vivi. In fine si sa che quando
si strofina fortemente , quando si urta,
quando si comprime eccessivamente un
gran numero di corpi, si sviluppa nello
stesso tempo luce e calore.
Molti corpi ancora organizzati sono
naturalmente luminosi, e sono quelli che
diconsi fosforescenti. C hi non ha osser­
vato la lucciola, ο verme rilucente che
somiglia ad una scintilla nel mezzo ai
campi? C hi non ha sentito vantare dai
viaggiatori questi insetti, vere fiaccole
viventi delle regioni tropiche, e quelle
miriadi di zoofiti che danno al mare
l'aspetto d'un lago di fuoco? Tali esse­
ri sono dotati di questa proprietà ; gli
uni duran te tutto il tempo della loro
esistenza , gli altri in certe determinate
epoche solamente: ma vi hanno delle so­
stanze che non sono fosforescenti che
quando un principio di decomposizione
ha luogo; tal è il legno putrido, la car­
ne della maggior parte dei pesci: si pos­
1 5θ
E
D LLA LL'CE .
sono anche comporre molli miscugli, che
divengono pure una sorgenle di luce, ma
sempre più ο meno passaggiera. In oltre
si può citar quello delle squame d'ostri­
che in polvere e del fior di zolfo; calci­
nato al calore bianco, indi esposto al
sole ο a un urto elettrico , questa com­
binazione è dotata a un alto grado della
facoltà di rilucere nell'oscurità.
La maggior parte dei corpi che sono stati
esposti ad una viva luce, sono in seguito
luminosi durante più ο meno lungo tem­
po. I coi pi bianchi sono quasi sempre
visibili, sia per la grande quantità di
raggi che riflettono , sia perchè sono fo­
sforescenti; una quantità di minerali re­
stano pure visibili, allorché tutti gli al­
tri corpi sono immersi nell'oscurità. Ma
ciò che la fosforescenza presenta di più
singolare, si è che questa luce è prodolta
senza essere accompagnata da uno svi­
luppo di calore. La nostra ignoranza sul­
le cagioni primitive di tutti questi fe­
nomeni è ancora quasi intera ; nullndi­
meno noi dobbiamo dire che molti ani­
mali sembrano riferirle ai fenomeni elet­
trici, nello stesso modo che noi vedremo
ΡΚΟΡΑΓ.Α/.ΙΟΪβ.
l5l
molti effetti calorifici essere attribuiti
alle medesime cause.
Conformemente alle leggi della mecca­
nica, la luce nel vóto, ο in mra/.i di na­
tura e densità uniformi, si propaga co­
stantemente in linea retta, sia che ella
emani da un corpo raggiante luminoso
per sé stesso, ο da un corpo illuminato
per riflessione. Si ponno dunque consi­
derare tutti i corpi luminosi come un
centro di scuotimento che comunica alle
particelle del fluido etereo che sono in
contatto con lui un moto vibratorio ana­
logo a quello che una corda elastica im­
prime all'aria, movimento che si comu­
nica in seguito indefinitamente di strato
in strato, e forma una moltitudine di
raggi che si portano da ogni parte nello
spazio, e divergono di continuo propa
gandosi in linea retta.
L'esperienza ci fa riconoscere nella luce
queste proprietà che il calcolo indica do­
ver appartenere a uu fluido materiale do­
tato d'un movimento vibratorio : quindi
chiunque sa che interponendo un corpo
opaco sulla linea retta che passa dal no­
str'occhio ad un corpo raggiante, que­
l5a
E
D LLA LUCK.
sto cessa di esservi visibile. Tale è la ca­
gione dell'ombra dei corpi. Nello stesso
modo si è potuto osservare che la stri­
scia della luce che passa in una camera
oscura, in cui ella ha penetrato per un
piccol pertugio, e che diviene visibile per
la riflessione parziale che operano le par­
ticelle della polvere sospesa nell'aria, se­
gue sempre una linea retta. Quanto alla
divergenza dei raggi, ella è evidente per
ciò solo, che un medesimo punto illumi­
nato ο luminoso è visibile da qualunque
parte ; ciò che indica che il moto si pro­
paga in ogni senso.
I raggi che emanano da un corpo lu­
minoso , propagandosi costantemente in
linea retta, devono continuamente diver­
gere allontanandosi dal punto radiante:
se divergono in tal modo, l'intensità della
luce ricevuta da un corpo, « che serve
ad illuminarlo , dovrà decrescere in ra­
gione della distanza dal punto luminoso.
Infatti a misura che si allontanano,! fa­
sci di luce abbracciano un più grande
spazio ; la stessa quantità di moto si ap­
plica ad una più grande superficie: quin­
di si concepisce che i corpi illuminati
IKTKNSITA1.
153
da questi fasci non ponno manifestare
Io stesso splendore come se fossero sta­
ti percossi da fasci più abbondanti di
raggi. Si riconosce ancora che a misura
che la luce si allontana, deve dividersi
sopra superficie che crescono come il qua­
drato della distanza , e per conseguenza
la sua intensità e in ragione inversa dei
quadrati di queste distanze; in altri ter­
mini, se la distanza è ι, la chiarezza sa­
rà ι ; se la distanza è 3, la chiarezza sa­
rà — : 5 , sarà — , ec. : da ciò si cono ­
see perchè i corpi sono ora chiarissimi,
ora appena visibili, ora del tutto oscuri,
almeno per i nostri organi; impercioc­
ché noi sappiamo che ciò che è oscurità
per noi, è certamente chiarezza per al­
tri occhi fino a certi limiti di cui noi
ignoriamo il termine.
L'intensità della luce prova una dimi­
nuzione considerevole per l'assorbimento
che ne fanno tutti i mezzi , anche i più
diafani, che attraversa, e tutti i corpi, an­
che i più riflettenti che essa percuote; ο
per esprimerci in un modo più esatto re­
lativamente al sistema delle vibrazioni,si
J 54
E
D LLA LUCE .
è per l'estinzione più ο meno grande del
moto che si opera nell'incontro od a tra­
verso de' corpi. Quindi il iole all'Oriz­
zonte sembra di una luce meno viva,
perché la luce attraversa degli strati
d'aria più estesi e più densi; onde noi
il possiamo (issare in faccia quando una
nebbia si aggiunge alla potrnza estintiva
dell'aria ordinaria, ο quando il nostr'oc­
chio è armato di un vetro che non la­
scia passare che una porzione dei raggi.
Quindi per ciò che riguarda i corpi ri­
flettenti si può fare l'esperienza che, per
mezzo di riflessioni bastantemente ripe­
tute anche sugli specchi i più lisci , si
perviene ben presto a estinguere com­
pletamente la luce. In tutte queste cir­
costanze sembra che le molecole dei corpi,
tanto in ragione della loro densità , che
della loro aggregazione, distruggano una
quantità più ο meno grande del moto
impresso al fluido etereo: nel modo stesso
che si vede il suono annientarsi istanta­
neamente su certi corpi, e specialmente
dopo qualche eco; allo stesso modo che
abbiamo veduti i corpi elastici non rim­
balzare che in parte dopo l'urto.
IHTEHSITA'.
>.15
L'esperienza or ora citata ci ha fatto
vedere che la luce che penetra in una
camera oscura per una piccola apertura,
forma dei fasci di raggi conici divergenti ; ella ci farà ancora riconoscere che
ciascun punto di un corpo luminoso deve
essere considerato come un centro di
scossa particolare che manda dei raggi
in ciascuna direzione nello spazio; imperciocché se si riceve l'immagine di un
fascio di luce a una sufficiente distanza
dall' apertura , si riconoscerà che questa
ha costantemente la forma del corpo luminoso. Ne abbiamo giornalmente la prova sotto gli occhi. Infatti se si esaminano
le macchie luminose prodotte dal sole
sul terreno attraverso le foglie degli alberi , si troveranno costantemente circolari , mentre che, quando il sole è in
parte occultato da un eclisse, queste macchie hanno la forma della 'porzione del
suo disco che ci manda la luce. La stessa
spcrienza ci fa ancora vedere : in primo
luogo, che i corpi ci sembrano coloriti,
perchè la luce che ci trasmettono è colorita per sé stessa , poiché lasciando penetrare la luce riflessa d'uno di questi
l56
E
D LLA LUCE .
corpi in luogo di quella del sole, noi la
vediamo presentare tutte le variazioni di
colore di questo corpo ; e in secondo luo­
go ci spiega perchè questa immagine ri­
cevuta di dietro a un piano in cui è pra­
ticata un1 apertura, è necessariamente ro­
vesciata.
La luce e l'oscurità non sono che stati
relativi ai nostri organi. Le cagioni del
moto del fluido etereo , che esistono al­
l'intorno di noi, sono cosi moltiplicate,
che il suo riposo è quasi impossibile, e
non ha senza dubbio giammai luogo com­
pletamente: ora s'intende facilmente co­
me, da che egli è in moto, possa produrre
degli effetti calorifici ο luminosi , ο agi­
re sopra certi organi. Noi siamo dotati
della facoltà di percepire gli oggetti, al­
lorché solamente la luce ha una certa
intensità : ma altri esseri viventi pon­
no avere altri limiti di visibilità. C osì
la storia naturale ci offre mille esempi
di animali che ponno sopportare una
lune più intensa che noi senza esserne
punto incomodati , ο che veder ponno
con una quantità di luce che cij'lasce­
rebbe nella massima oscurità. Del resto
INÎEBSITA 1 .
157
tutti i fenomeni dell'intensità della luce
che potevano spiegarsi senza diffìcoltàcolla
teoria dell'emanazione, sono una conseguenza immediata di quella che noi adottiamo, e si spiegano in una maniera assolutamente analoga a quelli del suono ,
sempre uguali in celerità di trasmissione,
ma ineguali in intensità. E siccome le
onde sonore non per delle variazioni nella
loro lunghezza , né por la durata delle
loro vibrazioni, ma per l'ampiezza delle
oscillazioni, ci offrono lutti gl'intermediarii fra il suono il più debole e il rumore il più forte, così le onde luminose
per mezzo di modificazioni consimili presenteranno tutte le differenze d'intensità
immaginabili. S'intende tosto che un tal
movimento oscillatorio putrì avere sufficiente energia per agire sopra un organo , mentre la sua azione sarà nulla
su di un altro ; nel primo caso il suono
sarà inteso, il corpo sarà visibile; nel secondo vi avrà oscurità, silenzio perfetto , per l'essere dotato <li quest'organo.
Noi vedremo, nel trattare della causa
della rifrazione, che la celerità di trasmissione della luce varia nei diversi
FISICA, voi.
I\
11
lÌS
DF.t.I.V i,cr.R
corpi; ma questa celerità nello spazio è
ella direttamente valutabile ? Per moltis­
simo tempo si è creduto che questa tras­
missione fosse istantanea, e Galileo ave­
va così creduto, fondandosi sopra spe­
rienze analoghe a quelle del suono, nel­
le quali egli non faceva percorrere alla
luce che degli spazii di alcune leghe, di­
stanze del tutto insufficienti per misurare
■ina celerità che farebbe più volte il gi­
ro intero della terra in un secondo di
tempo. Faceva quindi uopo di prendere
gl'intervalli che separano i corpi celesti
per accorgersi che la luce impiega un
tempo calcolabile per oltrepassarli: Roë·
mer, nel l'osservare gli eclissi dei satel­
liti di Giove, trovojtina differenza di 16
minuti e i/a fra IVepoca in cui noi li
osserviamo quando/ la terra è situata fra
il sole e questo pi/aneta, e quella al con­
trario in cui il s­kle è situato fra noi e
Giove, fatta dedizione del tempo che la
terra impiega a /passare da una di que­
ste posizioni a'fll' altra. Era adunque il
ritardo di , 6 ' \ φ ohe provenivano dal
tempo che la ' L C e aveva impiegato per
giungere alla /terra , nel secondo caso
CELEKITA1.
15g
di più che nel primo, ο per pereorrere
il doppio «Iella distanza dalla terra al
sole. Sono adunque due volte 33.ooo,ooo
di lega percorsi in 16' \β, ο 33,ooo,ooo
in 8' ι/4, ciò che forma circa 67,000 le­
ghe per secondo. Questa celerità della
luce è incirca 10,000 volte quella della
terra nella sua orbita. Ella è molto evi­
dente nei fenomeni d'astronomia cono­
sciuti sotto il nome di'aberrazione. Se si
dirige Passe d'un cannocchiale ad una
stella, durante il tempo che la luce per­
correrà la lunghezza dello strumento, la
terra che lo trasporta con lei lo sposta
della diecimillesima parte di questa lun­
ghezza, all'incirca un decimo di millime­
tro per un cannocchiale di un metro,
quantità molto grande per degli stru­
menti nei quali i nostri sensi aiutati con
mezzi i più ingegnosi sanno calcolare
fino ad un millesimo di millimetro. Il
paragone di questo piccolo spostamento
colla lunghezza del cannocchiale, dà pu­
re esattamente la celerità della luce al­
l'astronomo sedentario, mentre che due
stazioni situate all'estremità del globo
]0O
DBH.A LUCE.
non potrebbero renderla sensibile agli
osservatori che vi si fossero trasportati.
Conviene però guardarsi di non confondere la progressione della luce coi
piccoli movimenti vibratorii dell'etere ,
che ne sono la cagione. Questi non hanno che una piccolissima estensione. Conviene dunque concepire, come nella teoria del suono, che le vibrazioni passano
molto prontamente da una molecola all'altra, e che quindi il moto vibratorio si
sposta rapidamente, mentre che le molecole dell'etere alle quali si comunica
non sono mosse che pochissimo dalla
loro posizione d'equilibrio, e che la riprendono tosto che l'agitazione si è trasmessa a strati alquanto più lontani.
ARTICOLO
II.
Della diffrazione, delle interferenze.
Teoria della luce.
La teoria di Newton, che considerava la
luce come prodottala molecole slanciale
in tutti i sensi dai corpi luminosi,ha durato quasi esclusivamente fino a quesli
DIFFRAZIONE.
l6l
ultimi tempi : ma alla fine il gran numero
di fenomeni, ch'essa non ispiegava se non
col mezzo di supposizioni complicatissime , e d'altre ancora , come sono quelle
che formano il soggetto di questo arti-,
colo, che erano insolubili per sé stesse,
Imnno portato a questa teoria molti colpi mortali. L'abbandono di questa famosa teoria, alla quale si erano applicati
dei calcoli e dei ptincipii meccanici molto rimarchevoli, ha posti molti buoni
ingegni in una indifferenza troppo grande
sulla scelta d'una teoria, e nonostante la
storia medesima della scienza ci mostra
tutti i vantaggi che ai ponno ricavare
da una ipotesi che sia in rapporto coi
fatti che debbe spiegare. L'ottica da cento anni era stazionaria colla teoria di
Newton. Quando Young , e dopo lui altri fisici illustri hanno richiamata quella di Cartesio e d'Huygens, questa scienza ha più che duplicato il numero dei
fatti principali che stabiliscono solidamente le sue basi.
Per istudiare teoricamente una scienza d'osservazione, è indispensabile di ridurre i fenomeni al massimo grado di
16a
DELLA LUCE.
semplicità;prima, perche la rausa «li questi primi fenomeni si lascia più facilmente conoscere , e in seguito , perchè
questi fenomeni divengono come tanti
elementi già conosciuti che entrano nella
spiegazione dei casi più complicati. Nell'ottica , lo studio di ciò che accade allorché la luce è ridotta ad una sorgente
unica, ha fatto scuoprire delle particolarità inattese, sulle quali noi dobbiamo
insistere, come quelle che hanno rovesciate le idee generalmente ricevute e
unicamente professate intorno la cagione
della luce.
I fenomeni di diffrazione, e A"1 interferenze sono inconciliabili colPemanazione
di particelle , mentre che si ponno prevedere e calcolare i più complessi, supponendoli il risultato dei movimenti vibratorii. Sono questi adunque realmente
i fondamenti sui quali poggia la trnria,
e noi non sapremmo stabilirli con molta
solidità.
Cominciamo per tanto dall'esaminare
le modificazioni della luce, allorché il
corpo è ridotto ad un sol punto luminoso, per modo che allora tutti i movi·
DIITRAZIOKE.
l63
menti vibratori! abbiano il medesimo centro di scuotimento : questo caso è facile
da realizzarsi introducendo per una piocola apertura la luce del sole in una
stanza chiusa da tutte le parli. I fenomeni che in tal caso si osservano, sono per
la maggior parte talmente differenti da
quelli che si manifestano ordinariamente
con masse diffuse di luce, che si sarebbe tentati a credere d'aver prodotto un
caso più complicato, invece d'avere operato una semplificazione, se non si scuoprisse con meraviglia che tutti questi risultati straordinarii non sono un enigma
che per coloro che ignorano affatto la
teoria delle vibrazioni, di cui sono una
deduzione delle più semplici, come questa teoria stessa ne è una conseguenza
immediata.
La più generale di tutte le osservazioni che somministrano l'ombra e la
luce d1 un corpo luminoso ridotto a un
sol punto, è una deroga alla legge per
la quale la luce si propaga in linea retta. Siccome si può in allora, in mancanza di qualunque altra estranea luce , cogliere la minor derivazione dei
l6/i
E
D LLA LUCE .
raggi emanati dal punto luminoso, si
scor"ono, indipendentemente dal prin­
cipal movimento che é rettilineo , come
abbiam detto , altri movimenti più de­
boli penetrare nell'ombra del corpo, ο
rigettarsi nella luce elle circonda l'om­
bra , e rinforzarla così in certe parti.
Questi effetti si stabiliscono sempre con­
formemente alle leggi che deve seguire
il moto vibratorio propagato da un fluido
ugualmente elastico in tutti i sensi, e su­
scettibile di manifestare non solo i moti che
riceve dilettamente, ma ancora tutte le
derivazioni che nascono da una rottura
d'equilibrio in un punto qualunque della
sua estensione. Tutti i fenomeni che si
riferiscono a questi movimenti di sbalzo,
e donde risultano nuovi raggi più ο me­
no distanti dalla direzione dei raggi pri­
mitivi, sono stati designati col nome di
diffrazione da Grimaldi che pel primo li
fece conoscere: più tardi Newton adottò
quello d'inflessione, che non ha però
prevaluto.
L'ombra d'un corpo posto in una ca­
mera oscura, ove la luce non penetra
che per una piccolissima apertura, sembra
οηπιΐλζιυκΒ.
ι65
circondata da due ο tre frange colorate,
d'uno splendor maggiore che il restante
della luce , e che seguono i contorni di
quest'ombra colla più grande esattezza.
Consultando il calcolo a questo riguardo,
si trova che l'interruzione delle onde
luminose nel punto ove incontrano il
corpo, danno luogo a dei movimenti clic
si slanciano di nuovo verso la luce, e
ne aumentano il chiarore nei punti ove
si trasferiscono : altri movimenti più de­
boli penetrano nell'ombra , come noi lo
vedremo ben presto. La separazione dei
colori che costituisce le frangiò colorale
è la conseguenza di ciò che tutti questi
colori non sono uguali né in numero ,
né nell'estensione delle loro vibrazioni,
e per conseguenza i movimenti derivati
dagli uni e dagli altri non si portano
tutti ugualmente alla medesima parte.
Le medesime considerazioni ci mostra­
no i movimenti vibratori'! penetranti
nell'ombra con una intensità piccolis­
sima rispetto a quella della luce di­
retta , ma pur sensibile in molti ca­
si. Il più semplice è quello in cui, fa­
cendo passare la luce di una stella per
l66
DELLA LUCE.
un'apertura praticata in un corpo opaco
( fig. 27), si scorge che questa luce ricevuta su di un parafuoco , si spande in
uno spazio più grande che non è l'apertura, mentre che, pel paralellismo dei
raggi venuti dalla stella , se avessero
continuato il loro corso in linea retta,
avrebbero intercettato sul parafuoco uno
spazio precisamente uguale ali 1 apertura
per la quale erano passati.
Un fenomeno dei più rimarchevoli in
questo genere si manifesta ponendo fra
il punto luminoso e l'occhio un piccolo
parafuoco circolare, p. e. un piccolissimo
pezzo d'argento applicato su di una lastra
di vetro ben trasparente che gli serva di
sostegno. La luce s'inflette talmente attorno l'orlo del piccolo disco ( fìg. 28),
per portarsi nel mezzo dell'ombra ove
si trova posto l'occhio, che ne risulta
esattamente ilo stesso effetto , che se la
lastra circolare fosse stata realmente fornita di un foro che trasmettesse dei raggi, e che è impossibile, ad onta di non
essere preoccupati da veruna illusione, di
richiamare ili dubbio questa testimonianza
manifestamente fallace del nostro organo.
DIFFRAZIONE.
l6j
Per ispiegare queste inflessioni New­
ton aveva inventata la sua Teoria de­
gli accessi, per la quale egli suppone­
va le molecole luminose , dopo l'istante
della loro partenza, predisposte ad essere
attratte ο respinte, riflesse ο trasmesse.
Nel sistema dell'emissione si è dunque
costretti di riguardare la lune riflessa
come respinta, la luce rifratta come
attirata ; e per i fenomeni di diffrazione
si può dire che è alternativamente re­
spinta e attratta, mentre che il contra­
rio avrà luogo modificando qualche cir­
costanza. C ome immaginare delle azioni
cosi opposte,specialmente dopo che si sa
che la natura e la grossezza del corpo
opaco nulla cangia ai fenomeni di dif­
frazione , e dopo che si sono distrutte
le frange luminose dell'ombra di un cor­
po intercettandone i raggi da una sola
parte? Ma mentre che si prova in modo
diretto e irrecusabile che aggiungendo
luce a luce non si rende sempre il suo
chiarore più intenso, ma si produce so­
vente oscurità , si può dire che nello
stato attuale della scienza i fenomeni di
diffrazione , del tutto inesplicabili nel
I
fig
E
D LLA LUCE .
sistema dell'Omissione, sono al contrario
una conseguenza necessaria di quello delle
vibrazioni· E infatti si vede chiaramente
che l'oscurità , vale a dire la cessazione
del movimento , potrà essore prodotta
dalla coincidenza di due onde nello stesso
luogo; basterà perciò che esse vi giun­
gano con movimenti d'ordine contrario:
ora e su questo principio che poggia tutta
la teoria delle interferenze.
L'inflessione della luce ci scuopre un'al­
tra particolarità non meno importante a
conoscersi della diffrazione, e che ri­
sulta da ciò, che la luce penetrando nel­
l'ombra da due parti de] corpo , ciascun
punto di quest'ombra riceve ad un tempo
due moti diversi che ponno essere ana­
loghi ο contrarli nelle loro direzioni , e
produrranno un rinforzo di vibrazioni
nei punti ne1 quali i loro moti saranno
d'accordo, e perciò una più viva luce, men­
tre che in altri punti nei quali i movi­
menti contrarli si distruggeranno, si osser­
verà un riposo completo dell'etere, vale
a dire l'oscurità.
E difatti, nell'osservare l'ombra d' un
capello, si vede manifestarsi una serie
DÌFFI\AZ!«i>NE.
'fiç)
di frangie splendenti ed oscure, accompa­
gnate da colori che riempiono tutta l'Om­
bra del capello, la frangia del mezzo es­
sendo splendente. Questa risulta dalla luco
che penetrando dalle due parti è perve­
nuta nel mezzo dell'ombra , e che aven­
do percorso lo stesso cammino da una
parte e dall'altra, ha eseguito lo stesso
numero di moti alternativi. Alla diritta
ed alla sinistra di questa frangia ve ne
sono altre due oscure, che risultano da
ciò, che per questa il cammino percorso
da uno dei raggi essendo più corto, e
le alternative della medesima natura non
giungendo più ad un tempo sui punti
di questa frangia, i movimenti contrarli
vi si distruggono. In generale si vede che
vi sarà una frangia splendente in quel
punto nel quale i moti vibratorii si ac­
corderanno, e una frangia oscura in quel
punto nel quale si contrareranno per la
loro direzione in senso opposto.
Ma per non trascorrere troppo legger­
mente sopra queste addizioni edistruziotii
di luce di cui Young, al quale sono dovu­
te e che le ha chiamate interferenze, ha
mostrata tut la l'importanza, facendo vedere
'
■
'
:
■
-
'
'
.
■
*
·
'
:
'
■
'
ΙηΟ
E
D LLA
1.CCF­
che esse risultano dall'arcordoe dalla di­
scordanza dei moti vibratorii, nello stesso
modo che gli effetti analoghi osservati nel
caso dei due suoni che giungono insieme al­
l'orecchio, noi enuncieremo questo eviden­
te principio: che se due movimenti deri­
vanti da un medesimo centro di vibrazione
si riscontrano in un punto, dopo di aver
eseguito il medesimo numero di moti al­
ternativi avanti e indietro, si accorde­
ranno e congiungeranno i loro effetti ;
se l'uno ha fatto di più dell'altro, due,
t r e , quattro alternative, si accorderanno
ancora, poiché al momento che il primo
p. e. comincierà un movimento in avanti,
l'altro produrrà Io stesso effetto , e lo
stesso per tutti i movimenti ; ma se l'uno
avendo fatto un certo numero di duplici
alternative, l'altro ne fa un numero dispari,
il movimento progressivo del primo cor­
risponderà al moto retrogrado dell'altro
e reciprocamente , ciò che produrrà una
estinzione di moto per l'opposta loro di­
rezione. Ora , il numero delle alternati­
ve essendo in rapporto immediato col
cammino percorso da ciascun raggio , si
potrà pure enunciare il principio delle
UiTF.KFEr.EKZE.
IJf
interferenze in altro modo, dicendo : rhe
due raggi si uniscono quand'hanno per.
corso degli spazii die sono uguali oche
differiscono di quantità rappresentate dai
numeri ι , 2 , 3 , 4 , e c , mentre che si
distruggono quando la differenza del cam­
mino è ­■; , 1 ­j· , 2 ~­, 3 i­, ec, la quan­
tità presa per unità essendo ineguale per
le diverse specie di raggi dei quali è
composta la luce.
Lo studio delle frange ha fatto vedere
che questa lunghezza delle ondulazioni
varia per i colori discernibili ai nostri
organi fra 4 e 6 ο η diecimillimctii di
millimetro, e perla celerità della luce,
si è potuto calcolare che la milionesima
parte di un secondo di tempo basta alla
produzione di 56<j:ooo ondulazioni : il
rosso è prodotto dalle vibrazioni le più
lunghe e meno rapide ; il violetto dalle
più rapide, che non hanno che 4 dieci­
millimetri di millimetro.
Dopo ciò che si è detto, sarà facile di
concepire il singoiar fenomeno d'un foro
praticato in uno srcrmaglio opaco, e che
in certe posizioni presenta una macchia
|Π2
E
D LLA
LUC E .
nera invece di un punto luminoso, offren­
do cosi il caso contrario dello scermaglio
pieno della fig. 28, che sembrava avere un
foro. Qui l'occhio, ricevendo dai diversi
punti dell'apertura, differenti moti che
non hanno tutti percorso lo stesso cam­
mino, la sua posizione può esser tale
che al medesimo istante egli riceva un'u­
gual somma di moli progressivi e di
moti retrogradi che, distruggendosi a vi­
cenda , produrranno quindi Γ oscurità.
In questa sperienza, come in tutti i casi
analoghi, si manifestano sempre de.Ue fran­
ge e degli anelli colorati , nei punti in
cui uno de1 colori, dopo le vibrazioni e
il cammino percorso, si trova più intenso
che gli altri colori che uniti a questo
riprodurrebbero il bianco : ma se non
s'illuminano gli oggetti che con luce
omogenea, vale a dire di un sol colore,
le frange saranno alternativamente nere e
del colore che si avrà impiegato.
Si può verificare direttamente il prin­
cipio delle interferenze senza impiegare
la luce inflessa, facendo riflettere i raggi
emanati da uno stesso punto luminoso
sopra due specchi leggermente inclinati
INTERFERENZE·
Ι η"ϊ
( fig. 3 a ) , i quali, facendo quasi la conti­
nuazione l'uno dell'altro, producono l'in­
contro dei moti riflessi da ciaschedu­
no di loro sotto un piccolissimo ango­
lo. C onsultando la figura, ove i punti
dell'etere che hanno il movimento in
avanti sono segnati da linee continuate,
e quelli che lo hanno retrogrado da li­
nee punteggiate, si può vedere tosto che
vi ha incontro di moto simile come in
α, a , e per conseguenza questi punti
sono illuminati, mentre che in b, b,
accadono dei moti contrarli che danno
l'oscurità. La posizione di queste coin­
cidenze è disturbala se s'interpone sulla
direzione di uno dei raggi una lamina
trasparente e che rifranga la luce , vale
a dire che ritarda la propagazione delle
onde luminose.
Noi ricorderemo ancora, fralesperienze
le più singolari della diffrazione, la pro­
digiosa dilatazione del fascio di luce che
passa fra due lamine fra loro vicinissime
( fìg. 2 9 ) , l'ombra della punta di uno
spillo forcuto, e l'ombra di una squa­
dra ( fig. 3o ) , di cui Grimaldi ha os­
servate le frange pennacchiate , e che
FISICA , voi. I l
12
,_ί
ΠΕΙΛ.Α. LUC E.
il principio solo delle interferenze ha
potuto spiegare.
Tutti questi fenomeni non avrebbero
luogo se s'impiegasse un corpo luminoso
di grande dimensione invece di un sol
punto. Difatti si vede facilmente che
ciascuna parte del corpo luminoso , di­
venuta centro di vibrazione, produrrebbe
gli effetti che abbiamo sopra indicati ;
ma queste frange oscure e splendenti non
essendo situate nello stesso modo per
ciascheduno di questi centri, la loro so­
prapposizione e la loro confusione le fa­
rebbe sparire interamente, e ricondur­
rebbe il campo da loro occupato ad
una tinta uniforme più ο meno ricca di
luce. È per la stessa cagione che le
frange si manifestano tanto più lungi
dal corpo opaco quanto la luce è più
omogenea, poiché in questo caso i lo­
ro movimenti sono più lungo tempo ana­
loghi,
φ
il principio delle interferenze che ci
spiega le inflessioni della luce , compie
ancora la spiegazione del suo cammino
in linea retta, facendoci vedere che fuori
di questa direzioue i diversi punti dello
INTERFERENZE.
Ij5
spazio ricevendo dall'onda luminosa dei
moti non concordanti fra loro, non deve
sussistere in tai luoghi che una picco­
lissima quantità di luce, e che per quella
che vi penetra , rientra nei fenomeni di
diffrazione che or or abbiamo esaminati.
I colori delle lamine sonili sono pure
effetti bea rimarchevoli rielle interferenze.
Qualunque lamina sottile d'un corpo
trasparente, come il vetro soffiato, Polio
alla superficie dell'acqua, le bolle di
sapone , infine anche le sottili lamine
d'aria che si trovano fra due lastre di
vetro premute Γ una contro l'altra, of­
frono dei colori molto vivi. Si ottiene
un fenomeno più regolare e delle misu­
re più facili a prendersi con una lente
di vetro pochissimo convessa che si pone
su di un piano di ghiaccio ben liscio
in modo da presentare diverse grossezze
ad un tempo nello spazio compreso fra
la lente e il piano di ghiaccio. C iascuna
di queste grossezze conservandosi la stessa
circolarmente intorno al punto di con­
tatto, produce un anello dello stesso co­
lore in tutto il suo contorno, e ■ diver­
si anelli che corrispondono alle diverse
l'­6
DiiLlA LUCE .
grossezze, han fatto sì che s'indichi questo
fenomeno col nome d'anelli colorati. Sic­
come in questa sperienza è facile di ri­
conoscere la grossezza della sottil lami­
na d'aria, (T'acqua, ο di qualunque al­
tro fluido interposto, col calcolo della
convessità della lastra, si può determina­
re esattamente la grossezza estremamente
piccola in cui si produce ciascuna tinta.
Per avere la spiegazione degli anelli
colorati , si rifletterà che zampilla della
luce dalla prima superficie della lamina
sottile, e che ne zampilla ancora dalla
seconda. Queste due quantità giungono
all'occhio , con questa differenza che la
luce che zampilla dalla seconda superfi­
cie ha allungato il suo cammino di due
volte il tragitto della grossezza della la­
mina, si vede che i suoi movimenti po­
tranno non esser d'accordo con quelli
della luce che è zampillata dalla prima
superficie , e dal loro accordo , ο dalla
loro discordanza risulterà per ciascun
colore la permanenza ο l'estinzione; que­
sti effetti non avendo luogo negli stessi
punti per ciascun colore, sviluppano per­
ciò tutti i fenomeni di colorimento dei
quali noi abbiamo or ora parlato.
AKEt.LI COLOftAf t.
I 77
Si è osservalo elio la grossezza della
lamina e sempre corrispondente alla lun­
ghezza delle ondulazioni; si può dunque
predire anticipatamente i luoghi nei quali
si manifesterà un tal colore , dove sa­
rà un anello oscuro ο splendente. L'il­
lustre Newton, al quale si debbono le
più belle ricerche sugli anelli colorati,
aveva riconosciuta la legge della loro for­
mazione; ma non le attribuiva alla me­
desima cagione. Egli ha determinata la
grossezza delle lamine d'aria . d'acqua e
di vetro per sette ordini d'anelli, facendo
un totale di trenta colori ; ma si coni­
prende che se le sottili lamine non possono
manifestarne un più gran numero , que­
sti roluri non ne sono perciò meno mol­
tiplicati , ο per meglio dire, realmente
in numero indefinito; quindi per la spie­
gazione di questi fenomeni cosi imba­
­ razzanti nella sua teoria,Newton ha im­
maginati i suoi accessi di facile trasmis­
sione e di facile riflessione, differenti per
ciascun* colore.
Noi ritorneremo sul coloramento dèi
corpi all'articolo dei colori in generale ;
ma v'ha un così gran numero di cast
]n8
DELLA
L UC E .
che M riferiscono si immediatamente alle
interferenze, che egli è impossibile di
passarli qui sotto silenzio. Tali sono i
colori delle superficie rigate che pro­
vengono dai raggi riflessi sui due orli
del piccolo solco che a quelle venne
fatto , e che sono in accordo ο in di­
8Cordanza , come nell'esperienza dei due
specchi ( fig. 32 ). Tali sono ancora i co­
lori della madreperla , e quelli dell'eli­
tre di molti insetti, la di cui impronta
presa con della cera nera riproduce i
colori così bene come la forma. La natura
è industriosa a produrre i più belli ef­
fetti colla piìi semplice causa: così le
gradazioni infinitamente splendenti e va­
riate dei petali dei fiori, i colori vario­
pinti delle penne d'un gran numero di
uccelli, delle squame di molti pesci ,
delle conchiglie, d'una moltitudine di
molluschi , e senza dubbio molti altri fe­
nomeni di colorimento , sono prodotti
dalla semplice differenza della grossezza
della picciol pellicola che gì'involge. Si
vede pure che quando i fiori si svilup­
pano e si appassiscono, quando gli animali
passano dalla fresca età all'adulta υ alla
ANELLI C0L0IUTI.
1 Jf)
vecchiezza, ο non sono più nella stagio­
ne degli amori, succedersi i colori che
corrispondono a un aumento ο a una
diminuzione di grossezza, ciò che ac­
cade sicuramente in questa pellicola in­,
tegumentale, cagione di tutti questi ef­
fetti.
Dopo lutto ciò che abbiamo esposto
sarà facile il foimarsi un'idea chiara e
abbastanza completa della teoria intera
della luce. Noi abbiamo veduto, nel trat­
tare dell'acustica, che nei mezzi di unifor­
me densità tutti i suoni, qualunque sia la
loro natura ed energia, si propagano colla
stessa celerità, e che perciò la loro intensi­
tà dipende dall'ampiezza delle oscillazioni,
e non dalla loro celerità di trasmissione.
Abbiamo veduto ugualmente che la natu­
ra dei suoni, vale a dire il tono, dipende
dalla successione più ο meno rapida delle
vibrazioni, successione che non cangia
niente la celerilà di propagazione del
suono attraverso i differenti mezzi, ed è
una conseguenza della lunghezza delle
ondulazioni. Noi sappiamo inoltre, e ciò
risulta pure dalla natura de1 movimenti
iRo
ηκι.Γ.Λ LUCE ­
vibratori! clii· sono prodotti dalle con­
densazioni e rarefazioni alternative , rlie
ogni qualvolta due ο più onde sonore per­
vengono a un medesimo punto, si con­
giungono allorché in quell'istante i loro
moti si fanno nello stesso senso , e al
contrario si distruggono, si neutralizzano
in tutto ο in parte quando il movimento
loro si fa in senso opposto Si ponno ve­
dere gli stessi effetti allorquando si getta
una pietra nell'acqua: in quei luoghi nei
quali gruppi di onde press'a poco ugua­
li s'incrocicchiano, l'acqua rimane immo­
llile , mentre che nei luoghi nei quali
coincidono, le onde si rinforzano. Que­
sti principii, che il calcolo prova essere
inerenti ai mezzi omogenei ai quali si
comunica il moto d'oscillazione, s'appli­
cano interamente ai fenomeni della luce,
e servono a spiegarli con una semplicità
meravigliosa.
Si deve credere, e questa supposizione
pare molto naturale, che i corpi lumi­
nosi, sia per incandescenza, sia per qua­
lunque altra modificazione, in virtù delle
cagioni che ci sono incognite,ma che sono
forse analoghe alle correnti elettric he che
ΤΕΟηΐΛ.
ι8'ι
noi abbiamo veduto produrre Ια luco e
il calore, imprimono all'etere, che noi
ammettiamo dominare lo spazio e tutti i
corpi, delle vibrazioni di qualunque na­
tura. Un mezzo elastico, come è l'etere,
non può eseguire delle vibrazioni d'inc­
gual celerità , senza che le ondulazioni
che ne risultano cangino di lunghezza;
ma queste modificazioni non ne appor­
tano alcuna nella velocità di trasporto
• del movimento, le oscillazioni essendo
più rapide, ma anche più corte nello
stesso rapporto: la sola differenza adun­
que che gli urti della molecola incande­
scente, nello stesso intervallo di tempo,
sono più moltiplicati, dal che risultano im­
(
pressioni diverse. Qualunque sia la ce­
lerità delle vibrazioni, esse si propagano
attorno il centro ili scuotimento in tutti
i sensi, in linea retta, in un modo egua­
le e senza cambiar di natura, purché il
mezzo rimanga omogeneo.
Quindi vediamo che un corpo diviene
luminoso, allorché egli imprime all'etere
delle oscillazioni di ogni celerità, e che
forma per conseguenza delle ondulazioni
di qualunque lunghezza , come si p°»»°
l8a
E
D LLA LUCE .
immaginare osservando la figura 3i. Que­
ste variazioni si succedono così rapida­
mente, che ciascuna di loro non può pro­
durre un'impressione ; la sensazione sarà
dunque il risultato del loro effetto com­
posto , e non si valuterà né il loro ac­
cordo , né la loro discordanza , né i co­
lori, vale a dire la lunghezza dell'ondula­
zione: la luce sembrerà bianca, accom­
pagnata da effetti calorifici e chimici e
senza interferenze sensibili. Ma se con
un mezzo qualunque noi separiamo que­
sti effetti parziali , e li costringiamo a
continuare per un tempo calcolabile, po­
tremo in allora giudicare della lunghezza
delle onde, e dei punti ne' quali il moto
vibratorio ha luogo in avanti ο in indietro.
In questo caso, come le vibrazioni più
0 meno vive dei corpi sonori, trasmesse
al nostro orecchio, ci danno la sensazione
dei differenti toni , cosi le onde com­
prese fra i limiti , che sono apprezzabili
dai nostri organi, e che noi abbiamo as­
segnati, produrranno in noi, secondo la
loro lunghezza , la sensazione di tutti i
colori. Le onde la cui estensione eccede
6 a 7 diecimillimetri di millimetro, sono
TEORIA.
l83
per noi invisibili, ma manifestano la loro
presenza per mezzo d'azioni calorifirlie;
quelle la cui lunghezza è minore di 4 diecimillesimi di millimetro, e delle quali
noi ignoriamo ugualmente i limiti, sono
pure insensibili pel nostro organo della
vista, ma esercitano qualche azione chimica.
Tali sono i fenomeni che presenta il
corso della luce ; tutti comprovati dall'esperienza, sono tante conseguenze necessarie dell'esistenza d'un etere messa
in moto vibratorio ; vedremo in seguito
esser lo stesso dei fenomeni di riflessione , di rifrazione e di colorimento. La
teoria di Newton li aveva lasciati sparsi
e incompleti; quella di Huygens, riprodotta da Young e così perfezionata da
Fresnel , ha il vantaggio, riunendo tutli
i fatti, di formarne un corpo di dottrina,
e sottoponendosi a tutte le sperienze, di
poterne anticipatamente predire e caN
colare i risultati; quivi, come nell'elettricità, il perfezionamento della teoria
permette , ila che ella è esposta, di scegliere, per ispiegarla, uno qualunque dei
fenomeni che òlla comprende.
18^
BELLA ΙΛ>Πϋ.
ARTICOLO
III.
Della riflessione della luce.
Allorquando la luce viene a percuo­
tere la superficie dei corpi, ancorché li­
quidi, ο fluidi aeriformi, ella si riflette
sempre più ο meno, comVUa vi si estingue
sempre in parte anche alla superfìcie dei
corpi che meglio la rimandano. Fri i cor­
pi riflettenti, gli uni disperdono la luce,
rimandandone certe porzioni, e ritenen­
done le altre, per lo più in un modo
costante; questi sono i corpi colorati: gli
altri, che diconsi specialmente rijletlenli,
rimandano la luce essi pure più ο meno
abbondantemente, ma con regolarità, vale
a dire che non cangiano in modo alcu­
no la natura delle ondulazioni dei corpi
e non fanno che diminuire l'intensità dei
loro moti, e per conseguenza il chiarore
della luce. I riflettenti più perfetti sono
i liquidi non colorati, come l'acqua, l'al­
cool, il mercurio, e la maggior parte dei
metalli, dei vetri e dei cristalli.
La prima condizione, alla quale con­
RIFLKSSIOKE.
l85
viene soddisfare per ottenere una riflessione regolare, si è che i corpi che debbono rimandare un' immagine distinta
del punto luminoso abbiano la loro superficie ben liscia: ma con tutto ciò vi
rimarranno sempre delle seabrezze che
per la luce saranno grandissime) e quella è una delle difficoltà principali che
incontra la dottrina dell'emissione, difficoltà che sparisce del tutto in quella
delle ondulazioni. In falli non è la riflessione in sé stessa difficile a concepirsi: nell'una e nell'altra ipotesi, dopo
la perfetta elasticità delle molecole luminose e l'enorme differenza che si deve
supporre esistere fra le molecole dell'etere e quelle dei corpi, la riflessione debbe essere molto considerevole; il difficile
si è di spiegare come sopra superficie
così scabre la riflessione sia nulladimeno così regolare, e faccia costantemente
l'angolo d'incidenza uguale alt1 angolo
di riflessione. Nella teoria d'Huygens basta che le asprezze che costituiscono il
pulimento imperfetto del corpo riflettente siano poste a distanze minori che la
lunghezza delle ondulazioni: poiché in
185
E
D LLA LUCE .
allora tutto succederà press'a poco come
se il pulimento fosse perfetto. Indipen­
dentemente da qualunque ipotesi, l'espe­
rienza prova che nella riflessione della
luce l'angolo d'incidenza è uguale all'an­
golo di riflessione; la teoria delle vibra­
zioni si presta in una maniera sempli­
cissima alla spiegazione di questa legge.
Infatti (.fig· S3) il movimento che giunge
alla superficie A Β mette i punti Ρ Ρ' Ρ "
in vibrazione luminosa, che si propaga
in seguito in tutti i sensi attorno di que­
sti punti. Resta da esaminare in qua! di­
rezione questi moti possali sussistere. Se
si prendono al di sopra della superficie
riflettente i punti R B / R " posti come lo
sono al disotto I l ' I " ove sarebbe perve­
nuto direttamente il moto vibratorio, si
vede che il cammino percorso è esatta­
mente lo stesso in ambedue i casi : ora
senza l'incontro dell' ostacolo riflettente
la luce si sarebbe propagata in linea ret­
ta verso Ι Γ I": dunque, essendo tutte le
circostanze uguali per i moti che hanno
luogo al di sopra di AB, la luce riflessa
si propagherà nello stesso modo verso
il R' R". Non conviene però dimenticare
niFiEssiosE.
187
anche in questo caso, come nella trasmissione in linea retta , che vi ha sempre, verso V orlo del fascio luminoso,
un.i piccolissima porzione di movimenti
che sussistono fuori della stretta direïione indicata dalla legge, sfuggendo alle
interferenze che non potino distruggere
completamente qualunque derivata vibrazione, vale a dire qualunque raggio
obbliquo alla direzion e del moto principale.
Si è veduto che la luce riflessa fa colla
superficie riflettente l'angolo di riflessione uguale all'angolo d'incidenza. E per
questo che per analizzare i fenomeni della
riflessione, non si deve già scegliere il raggio perpendicolare , imperciocché questo
deve essere rimandato nella stessa direzione del raggio incidente e confondersi
con lui ; ma farà d'uopo osservare uno
di quelli che cadono obbliquamente sulla superfìcie riflettente. Se noi facciamo
questa sperienza in una camera oscura
per meglio valutarne i risultati, noi ravviseremo allora i fenomeni seguenti : *i
raggi che giungeranno alla superficie di
una lastra di retro, a malgrado della sua
|Sg
DELLA LUCE.
trasparenza, saranno in parte riflessi, e
proietteranno l'immagine del corpo luminnso in una posizione che sarà ilipfndente dall'obbliquità di questa lastra ;
l'osservatore, situalo in questa direzione,
vedrà il corpo luminoso molto splendente : questo corpo gli sembrerà posto
dalla parte opposta della lastra eli vetro, precisamente nella direzione del raggio riflesso, e se egli può giudicare delle
distanze, a quella ove dcbb'essere in ragione della lunghez«a del raggio riflesso.
Da un'altra parte, il punto della superficie riflettente in cui cadono i raggi del
corpo luminoso diverrà visibile in tutte
le direzioni, ma con una intensità molto
debole, se si paragona a quella dell'immagine riflessa regolarmente : ciò non è
di fatto che il risultato della dispersione
d'una porzione di luce operata indifferentemente in tutti i sensi, come se il corpo
non fosse stato liscio. In fine un' altra
parte di luce incidente penetra nel vetro: giunto alla seconda superficie, se
ne riflette una piccola quantità, come
alla prima superficie , la rimanente pas»u senz.1 riflettersi. Se noi sostituiremo
a
ìjj
M
li
A
<|
.·,]
BIFLESS10KE.
189
al vetro una superGcie metallica non
trasparente, osserveremo dei fenomeni
analoghi, vale a dire, che una parte della
luce incidente sarà riflessa regolarmente,
un'altra parte dispersa, e infine una
terza parie non più trasmessa , ma a»·
sorbita , estinta ; ciò che noi potremo ri­
conoscere coiraiuto dei mezzi fotometrici,
vale a dire, che misurano Γ intensità
della luce , mediante i quali noi indiche­
remo altronde qualche tentativo dei mo­
derni fisici.
Questa analisi del corso della luce e
della legge che segue allorché percuote
una superficie piana, basta per ispiegare
(giacché vi si ponno riferire scomponen­
doli') tutti i fenomeni anche i più com­
plicati che presenta la riflessione della
luce sia in certe particolari circostanze,
sia sopra superficie di diverse forme. Quin­
di volgendo gli occhi alla figura 34, si
riconoscerà che gli oggetti veduti per
riflessione in uno specchio piano come
i vetri , debbono conservare le loro
forme, le loro dimensioni , i loro colo­
ri , e apparire dietro il vetro cosi lon­
tani come lo sono realmente nel davan­
FISICA, voi.
11.
>3
loo
E
D LIA LUCE .
ti· si riconoscerà pure ( Gg. 35) il per­
chè "li ° g g e t l ' veduti nell'acqua per ri­
flessione sembrano rovesciati. Un'analisi
consimile del corso dei raggi ci farà ij
prevedere i fenomeni clic presentano gli '1
specchi curvi ο sferici di qualunque gè­ ■«
nere; imperciocché ciascun punto d'una
superficie curva qualunque può essere
considerato come un piano posto nella
direzione della tangente di questo pun­
t o , e per conseguenza i raggi vi si deb­
bono riflettere facendo l'angolo d'inci­
denza uguale a quello di riflessione. Quin­
di, sopra uno specchio concavo (fig. 36),
i raggi pervenuti da un punto lontanis­
simo S , per modo che si posson ri­
guardare come paralelli, debbonsi ri­
flettere sullo specchio in modo tale da
concorrere tutti in un medesimo punto
F, che si chiama il foco. Un tal foco si
trova , in questo caso, posto precisamente
ad una distanza uguale dalla superfìcie
e dal centro dello specchio, e si chiama
fòco principale, per distinguerlo dai fo­
chi ove si riuniscono i raggi non paralel­
li ; questo è dotato della proprietà di
riunire tutti i raggi paralelli che cadono
RIFLESSÏÛNIS.
Igf
sullo specchio , e per conseguenza forni­
sce un'immagine del punto luminoso
mollo più intensa che colla visione di·
retta.
Concentrando in tal modo i raggi solari
nel foco di grandi specchiai è pervenuti
a fondere i metalli i più resistenti; in
una parola , a ottenere una temperatura
molto più elevata che col mezzo dei no­
stri forni i più energici. Il foco princi­
pale è dotato ancora di quest'altra pro­
prietà, conseguenza della prima, di ren­
dere paralelli i raggi che ne emanano,
del che si approfitta nella costruzione de1
.fari, apparato destinato a proiettare a
grandi distanze in mare un fascio di vi­
va luce, a fine di prevenire i naviganti
della vicinanza delle coste, ο di altri in­
contri dannosi, e far ad essi conoscere
la loro posizione durante la notte.
Si forma nei fochi degli specchi con­
cavi un'immagine la quale è importan­
tissimo di conoscere per la costruzione
degli strumenti d'ottica. Ella è rovescia­
ta , come si vede nella fig. 3y, a cagione
dell' incrocicchiamento dei raggi ; quelli
che giungono dalla parte superiore del­
)M
E
D LLA
LUCB.
l'oggetto si riflettono alla parte inferiore
dell'immagine , e reciprocamente.
Quanto agli specchi confessi, sui quali
cadono i raggi paralclli, si vede (fig. 38)
che li disperdono come se emanassero
da un foco principale F. Si ponno fa­
cilmente riferire a questi fenomeni tutti
quelli che presentano tutte le altre qua­
lità di specchi ; è quindi superfluo che
noi ci arrestiamo su di ciò. C i restereb­
bero ad indicare le applicazioni che si
sono fatte delle loro proprietà per av­
vicinare , ingrandire e rischiarare gli og­
getti, ma esse sono complicale cogli ef­
fetti delle lenti trasparenti ; quindi la
spiegazione dei telescopi, dei microsco­
pi ed altri stromenti d'ottica troverà me­
glio il suo luogo dopo lo studio della ri­
frazione.
Ma prima di lasciare questo argomen­
to, noi dobbiamo far menzione di quai»
che fenomeno importante della rifles­
sione ; come sarebbe quello che presen­
tano i vetri paralclli ο poco inclinati.
Si sa che i primi moltiplicano gli og­
getti , per cosi dire, all'infinito; la ra­
gione a'è chiara, ed è perche l'immagine
Γ. INAZIONE.
Ιgì
riflessa in ciascun vetro diviene per l'al­
tro un oggetto principale, ed è per con­
seguenza riflessa come lo sarebbe un og­
getto reale posto alla medesima distanza
di dietro allo specchio; Io stesso avviene
per questa seconda immagine, e cosi di
seguito ; si vede però che l'intensità di
queste immagini va continuamente de­
crescendo. Ecco adunque altri fenomeni
singolari della riflessione: uno si può ve­
dere tutto intiero in uno specchio che
non abbia che la metà dell'altezza del­
l'osservatore , come lo indica la fig. 34­,
In uno specchio inclinato a $3 gradi ,
gli oggetti orizzontali sembrano vertica­
li , e gli oggetti verticali sembrano oriz­
zontali.
ARTICOLO
IV.
Della rifrazione della luce.
Noi abbiamo or or esaminato ciò che
accade alla porzione di luce incidente
che si riflette alla superficie dei corpi;
seguitiamo ora quella che sfugge alla ri­
flessione e penetra nell'interno de' cor­
pi. Ogni qua! volta un raggio di luce
jg^
E
D LLA LCCE .
passa obbliquamente da un mozzo in un
altro di natura ο densità differente, prova
una deviazione dalla direzione in linea
retta che percorre ; questo è quel fe­
nomeno che chiamasi rifrazione della
luce. Noi sappiamo già che i differenti
mezzi , modificando la celerità e per
conseguenza la lunghezza delle ondula­
zioni luminose, sono la cagione di que­
sta deviazione dei raggi, la quale ha
luogo coll'avvicinarli alla perpendicolare
allorché passano da un mezzo più raro
in un più denso , e al contrario allon­
tanandoli allorché passano da un mezzo
più denso in uno più raro.
Questa deviazione ο rifrazione della
luce è stabilita da mille sperienze incon­
trastabili, molte delle quali si ponno ri­
petere ad ogni momenlo; quindi un ba­
stone immerso obbliquamente nell'ac­
qua sembra troncato, perchè i raggi che
emanano dalla parte immersa sono rav­
vicinati alla perpendicolare. Ponendo una
piccol moneta in un vaso a pareti opa­
che (fig. 4 ° ) j s ' è sorpresi di non ve­
derla finché questo vaso non contiene
che aria, mentre che apparisce visibile
ΕΙΤΒΑΖΙΟΚΐ.
19·'
quando si riempie d'acqua ; in quest'ul­
timo caso i raggi invece di seguire la li­
nea S Ο' sono inflessi secondo C V O.
Questa sperienza prova quindi che la
luce nel passare dall'acqua nell'aria è
allontanata dalla normale.
Questi fenomeni ci fanno riconoscere
che la luce , finché percorre uno spazio
di densità e di natura omogenea, segue
una linea retta, ma che ella devia dalla
sua direzione primitiva per avvicinarsi
ο allontanarsi alla perpendicolare, allori
che passa da un mezzo all'altro. I New­
toniani hanno sempre spiegata la rifra­
zione della luce colla supposizione di una
forza attiva esercitata sulle molecole lu­
minose dalle sostanze nelle quali esse
penetrano, forza che varierehbe in ragione
della densità ed anche della natura del
corpo. Nella teoria che s'innalza sulle
rovine della Newtoniana, la rifrazione è il
risultato della diminuzione di celerità che
prova la luce nel passare in un mezzo
più denso.
Per rendere teoricamente ragione della
rifrazione, noi osserveremo che, confor­
memente a ciò che­è stato stabilito nel­
lg(5
E
D LLA LUCE .
l'acustica in riguardo al moto vibrato­
rio trasmesso in un mezzo qualunque,
la rapidità di trasmissione di questo
moto è tanto più piccola , quanto il
mezzo è più denso e meno elastico; ora,
un corpo diafano rifrangente può assomi­
gliarsi a un mezzo più denso ο meno
elastico che l'etere ο il vóto, sia perchè
le molecole del corpo, vibrando con quelle
dell'etere, formino un mezzo composto
più denso in virtù dell'eccesso di den­
sità delle molecole del corpo sopra quelle
della porzione di etere che spostano, sia
f i n virtù dell'ostacolo che la presenza di
•queste molecole oppone al moto dell'e­
t e r e , ciò che assomiglierebbe questo flui­
do impedito ne' suoi moli a un fluido
meno clastico. C omunque però sia, tutto
indica nella celerità della luce una di­
minuzione manifesta,quando ella penetra
i mezzi le cui molecole sono più ravvici­
nate; quindi nella fig. 39, «i vede che i
raggi S S' S" , i quali senza l'incontro
del mezzo rifrangente, continuando il loro
moto, andrebbero da Ρ Ρ ' Ρ " in I I' I "
in un dato tempo, si avvicineranno alla
perpendicolare Ρ Ζ, e più non percorre­
MFBAZIONS.
t<)7
ranno nello stesso tempo che degli spa­
zii rispettivamente minori arrivando in
R R' R".
La deviazione prodotta dalla rifrazio­
ne è la stessa, ma in senso contrario,
all'entrata e all'uscita d'un mezzo rifran­
gente a superficie paralelle, per modo
che dopo averlo attraversato, i raggi se­
guono la stessa direzione : è per questa
cagione che gli oggetti non sono spo­
stati quando sono veduti attraverso dei
vetri. Non è però così quando le due
superficie non sono paralelle, ciò che
in generale s'indica col nome di mezzo
prismatico, le facce d'entrata e di usci­
ta essendo allora inclinate come la fac­
cia d'un prisma. L'effetto d'un tal cor­
po rifrangente, di vetro ο di acqua, è di
deviare i raggi verso la base del prisma
opposta all'angolo acuto. Questa proprietà
somministra la spiegazione di tutti ι fe­
nomeni della riunione ο della dispersio­
ne della luce col mezzo delle lenii ο dei
vetri di qualunque forma; fenomeni che
d'altronde si avvicinano molto a quel­
li degli specchi riflettenti , ciò che e»
permetterà di passar di volo eopra la
I nS
E
D LLA LUCE .
loro spiegazione. Le figure ί\·ί a 47 rap­
presentano tutte le varie specie di len­
t i , i nomi delle quali sono tratti dalle
lor forme; ma per intendere gli effetti
di tutte basterà parlare delle lenti con­
vesse e concave. La prima di queste
(fig. 4 ^ rende paralelli i raggi che ema­
nano dal suo foco, riunisce in questo
foco principale i raggi paralelli , e in
altri fochi quelli che fanno un angolo
sensibile pervenendo alla sua superficie,
poiché una lente convessa altra cosa non
è che un complesso d'un numero infini­
to di prismi la cui base è rivolta ver­
so il mezzo della lente , e la cui forza
diminuisce a misura che si va verso il
centro. La lente concava (fig. 47 ) agisce
in senso contrario della precedente, per­
chè i prismi vi sono rivolti in senso
contrario. I vetri di qualunque altra
forma partecipano più ο meno delle pro­
prietà di questi, secondo che si avvici­
nano ο si allontanano dalla convessità ο
dalla concavità; ed è su questo princi­
pio che poggia la costruzione dell'occhio,
non che della maggior parte degli stro­
uienti d ottica. · •ma>»i^'­:iiirmvt^>vWK
RIFR47.IOHE.
199
Nel passare da un mezzo in un altro,
e sopra tutto attraverso di un prisma la
cui forza rifrangente è molto considere­
vole , la luce bianca è decomposta, e
alla sua uscita il fascio di luce presenta
un'immagine allungata e di differenti co­
lori , immagine che noi studieremo fra
poco. Se questo effetto non è sempre
visibile , si è perchè la rifrazione è po­
co considerabile , ed i raggi di diverso
colore, troppo poco allontanati gli uni
dagli altri, continuano a soprapporsi e
lasciano cosi la luce bianca. Le lenti
potendo essere considerate come un com­
plesso di tanti prismi , produrranno la
stessa dispersione di luce ogni qual volta
la devieranno molto dalla sua direzio­
ne , dal che si vede che Γ immagine
che rappresenteranno sarà confusa e co­
lorita. Newton aveva creduto questo vi­
zio irrimediabile ; ma Dollond, ottico
inglese, avendo riconosciuto che certe
sostanze, con una forza rifrangente ine­
guale disperdevano egualmente la luce,
concepì la possibilità di rifrangere i raggi
per ottenere delle immagini , senza per­
tanto separare i colori. Tale è l'acroma­
a o o
E
D LLA
LUCE .
tismo, e il principio sul quale è fondata
la costruzione delle lenti, ο piuttosto dei
vetri acromatici, nei quali si stabilisce
ordinariamente la compensazione per la
riunione del vetro comune ο crown­glass
con il cristallo nel quale entra il piombo,
che dicesi flint­glass.
Lo studio della facoltà rifrangente di
diverse sostanze ha mostrato che è molto
variabile, e in ragione della densità, so­
lamente nei mezzi omogenei ; poiché la
natura chimica le modifica potentemente.
Quindi la facoltà rifrangente dell'alcool,
dell'olio è più forte di quella dell'acqua,
ad onta che la loro densità sia minore.
In generale si osserva che la rifrazione
è fortissima nei corpi combustibili; per
mezzo di questa osservazione 1' illustre
Newton annunciò che il diamante e l'ac­
qua di cui la forza t'infrangente è consi­
derabile, contenevano delle sostanze in­
fiammabili, ciò che la chimica ha veri­
ficato decomponendoli; ma s'ignora an­
cora qual sia la cagione di questo indi­
zio d'analogia ; prova però quanto l'os­
servazione la più indiretta in apparen­
za , fra le mani di un uomo di genio
RIMATORE.
301
possa condurre a delle conseguenze lontane e inaspettate.
Uno de1 fenomeni naturali d'ottica più
«ingoiare si é Varco baleno: esso é prodotto dalle riflessioni e dalle rifrazioni che
le gocce d'acqua operano sulla luce. Egli
è inutile di descrivere in quali cirrostanze questo fenomeno si produce; ciascuno ha potuto osservare che ciò avviene quando piove , che l'arco dove esser
opposto diametralmente al sole cl'osser' vatore posto fra i due ; un getto d'acqua
produce lo stesso effetto. I raggi del sole
penetrando attraverso le gocce di acqua,
vi provano, come lo mostra la figura 5o,
molte rifrazioni e molte riflessioni. Ne
risulta che potranno giungere in differenti punti O, O', O", 0'"; ma a cagione delle rifrazioni vi perverranno disseminati, e per conseguenza colorati.
Queste riflessioni e queste rifrazioni ponilo continuarsi all'infinito, e quindi più
archi potranno apparire l'uno al di sopra dell'altro, ma andranno continuamente diminuendo d'intensità , poiché
una porzione di luce si disperde in ciaecuiia riflessione, e nelle diverse situa·
202
E
D LLA LUCB.
•zioni , giacché i raggi che ne daranno
Γ immagine non avranno seguita la stessa
direzione. D'ordinario non si vedono che
due archi baleni, l'uno interno più splen­
dente, poiché i raggi non hanno sofferta
che una riflessione , e nel quale i raggi
rossi sono al di fuori; l'altro più debo­
l e , e nel quale il raggio rosso è al di
dentro. La figura addita la strada tenuta
dai raggi nei globettì, e mostra le ri­
frazioni che vi provano. Il calcolo fa
vedere che non vi sono , per i raggi di
ciascun colore , che quelli che attraver­
sano in un certo modo le gocce d'ac­
qua , che possano convenevolmente giun­
gere all'osservatore, e che tutti gli altri
sono perduti per lui.
La rifrazione semplice, e la rifrazione
variabile che ha luogo nei mezzi di den­
sità ineguale com'è l'aria, in cui i raggi
sono continuamente inflessj., in modo
che seguono una linea curva, sommini­
strano pure la spiegazione di molt' fe­
nomeni curiosi. Il crepuscolo , l'appia­
namento degli astri all'orizzonte, il loro
apparire, come quello d' un vascello, al­
lorché sono realmente ancora sotto Γο­
niFIUZIOKE.
3o3
rizzonte (fig. 48)1 l'esagerata valutazione
dell'altezza dei corpi , sono fenomeni ili
semplice rifrazione. Quello del mirage,
che si presenta in molte circostanze, ma
specialmente nelle pianure sabbiose e
aride, come son quelle dell1 I n i t i o , allorché sono colpite dai raggi del sole, è il
prodotto della rifrazione differente, operata dagli strati d'aria d'inegual densità.
Questo fenomeno, descritto e spiegato da
Monge, non ha luogo che nelle ore nelle
quali il sole ha fortemente riscaldato il
suolo, e per conseguenza dilatato lo
strato d'aria che vi è sovrapposto. Gli
oggetti lontani sembrano interamente circondati d'acqua ; e di fatto, eglino sono veduti attraverso del raggio rimandato direttamente all'occhio dell'osservatore, e appariscono nella loro vera posizione; ma i raggi diretti verso il suolo
penetrando tosto in uno strato d'aria meno denso, vi sono rifratti nell'allontanarsi dalla terra, in modo che potranno
ancora giungere all'osservatore per una
tale strada ; e cosi l'osservatore vedrà
una seconda immagine dell'oggetto, ma
sembrerà rovesciata e circondata dall'ira-
2θΛ
E
D LLA LUCE .
marine rifratta del ciclo , ciò che per­
fettamente imiterà la riflessione degli
o<""ctti alla superficie dell'acqua. Il dot­
tore Wollaston ha posta fuori di dubbio
questa spiegazione, col produrre il feno­
meno sopra barre di ferro fortemente ri­
scaldate, ο facendo passare un raggio in
un miscuglio di liquidi di densità va­
riabile.
ARTICOLO V.
Del
colorimento.
Non è bastato alla natura d'avere variato
in mille maniere l'aspetto di un medesi­
mo oggetto per la diversa quantità di lu­
ce che ammette ο rimanda, quantità che
costituisce lo splendore ο il colore dei cor­
pi, che sola basterebbe a distinguerli fra
loro; la stessa natura produce ancora ef­
fetti più meravigliosi col medesimo fa­
scio di luce, e ci mostrerà, nella luce
stessa che li rischiara, i colori dei quali
si serve per dipingerli.
Prima però di andare più oltre, noi av­
vertiremo un errore di fatto ο di linguaggio
che di frequente si commclte. Il bianco,
COLOnlMEKTO.
2θ5
il mro, il grìgio, sono comunemente ri­
guardali come colori: il primo non è
frattanto che Juce senza colore affatto (
che esce dagli oggetti illuminati : il se­
condo risulta dalla mancanza di ogni lu­
ce, allorché il corpo illuminato non può
rimandare alcun raggio; finalmente il gri­
gio offre il caso intermedio, quello cioè
d : un corpo che non rimanda che una
parte di luce che riceve, come quando si
mescola una polvere nera con una bianca:
imperciocché, siccome ha fatto Newton,
illuminando fortemente un tal miscuglio,
sembrerà alla vista d'un bianco molto
lucente. Si commette ancora un altro er­
rore col chiamar bianchi i corpi tra­
sparenti, come l'acqua , il diamante , che
realmente sono senza colore. Al cele­
bre fisico sunnominato noi siamo de­
bitori delle più belle sperienze su i co­
lori. Avendo introdotta la luce del sole
in una camera oscura , passando per un
prisma di vetro, si rifranse il fascio bian­
co dei raggi di quest'astro, e li gettò lun­
gi dal punto che andavano a percuotere
prima dell'interposizione del prisma. Il
lascio, che prima era circolare , si dilatò
FISICA, voi. II .
>4
2 0
g
E
D LLA LUCE .
nel senso della rifraiione (fig­ 4&) e for­
mò invece d'un 1 immagine rotonda del
sole una fascia allungata nella quale si
mostravano un'infinità di colori, e alla
quale si è dato il nome di spettro solare.
Newton stabili per questo che la luce
bianca del sole contiene in sé stessa una
infinità di raggi di natura diversa, tutti
inegualmente refrangibili, e che per con­
seguenza non essendo ugualmente devia­
ti, si mostravano isolati nella fascia co­
lorata : nell'esaminar la serie di questi
colori, egli credè che fosse sufficiente di
distinguerne sette, che a partire dai rag­
gi i più rifrangibili sono i seguenti: vio­
letto, indaco, bleu, verde, giallo, lanciato,
rosso. Neil1 esaminarli relativamente alla
facoltà illuminante, si trova che i raggi
medii, il verde e il giallo, illuminano di
più degli altri. Quindi i caratteri di un
libro posto nella luce del color verde ,
sono veduti più da lontano che se rice­
vessero il rosso, il violetto, ο il bleu.
I fisici che sono succeduti a Newton
hanno esaminato più attentamente anco­
ra i raggi dello spettro. Hanno misurata
la lunghezza d'ondulazione di ciascun co­
coLoniMBDTO.
ao7
lore, e, come noi l'abbiamo di già indi­
cato, il raggio rosso si β trovato avere la
più grande, e il violetto la più piccola.
Si è ancora determinata la facoltà calori­
fica dello spettro, vale a dire la distribu­
zione di questo calore che va di pari passo
colla luce, e si è trovato che la maggior
quantità si trasferiva verso il rosso, ed
anche al di là nello spazio oscuro, fuori
dei raggi estremi di questo colore, per
modo che i raggi calorifici sono nello
stesso tempo invisibili e.meno refrangi­
bili di qualunque aliro raggio luminoso.
Lo spettro, all'estremità che occupa il
violetto, offre un'altra proprietà rimarche­
vole 5 ed è di produrre su i reattivi chi­
mici esposti alla sua influenza, degli ef­
fetti molto più manifesti che le altre parti
di questo singolare complesso di colori
Quindi si sa che il muriate d'argento'
che è bianco, diventa nero esposto alla
luce. Se si pongono diversi pezzetti dv
questa sostanza nei diversi colori dello
spettro, si vedrà con sorpresa cangiare
subito di colore in ogn'altro raggio, fuor
che nel violetto. Un raggio di luce bian­
ca infiamma con istrepito un miscuglio
« * ■ ■
2o8
DELLA LUCE.
a parti uguali di cloro e d'idrogeno attraverso del quale si dirige. Lo stesso
avverrà col raggio violetto, ma non col
rosso, situato alla parte opposta dello spettro, e del quale la lunghezza d' ondulazione è quasi doppia. Noi ritorneremo,
nelle considerazioni generali, sull'influenza che può qui avere la lunghezza delle
onde.
Si concepirà facilmente come tutti questi colori possono riscontrarsi nello stesso raggio, nel riflettere che basta una
sensazione ripetuta a ciascun decimo di
secondo per produrre sopra i nostri organi l'effetto d'una azione continua; quindi noi avremmo la sensazione costante di
un colore che ci trasmettesse una sola
vibrazione per ciascun intervallo di un
decimo di secondo: ora la luce durante
questo tempo percorre 6700 leghe; le vibrazioni potrebbero dunque succedersi a
questa enorme distanza; e siccome la lunghezza di ciascuna delle onde è di circa
un mezzo millimetro di millimetro, non
v'ha difficoltà di porre sul passaggio di
un raggio un gran numero di sistemi di
onde di diverse lunghezze d'ondulazione,
COLOR IMBUTO.
20()
che corrisponderanno, come l'abbiam det­
to, ai diversi colori. Del resto l'esperien­
za del prisma permette di operare tanto
per via di sintesi, come per via d'anali­
si, e nel riunire col mezzo di una gran
lente i diversi colori separati si ricom­
pone la luce bianca. La medesima dispo­
sizione permette d' ottenere nel modo il
più comodo il miscuglio dei diversi co­
lori: si vede che basta perciò d'intercet­
tare quelli che si vogliono escludere dal­
la riunione che si fa al foco della lente.
Newton, nel misurare gli spazii che oc­
cupano sullo spettro i diversi colori, ri­
conobbe che erano press'a poco rappre­
sentati dai numeri che , nella scala j
riempiono l'intervallo fra il numero ι
corrispondente al suono fondamentale, e
il numero 2 che corrisponde all' ottava.
Questi medesimi numeri, che esprimono
gl'intervalli dei suoni, indicano sulla lun­
ghezza dello spettro , presa per unità , i
punti di separazione dei colori: ma l'a­
nalogia di Newton non ha luogo che per
il vetro, ed anche per una specie di ve­
tro particolare; imperocché il flint­glass,
ο cristallo, si allontana molto da questa
5jo
net Là
L U CE .
regola. Non dovrà dimenticarsi frattanto
il gravicerabalo occularc del P. C astelli,
che presentava successivamente agli oc­
chi i colori pretesi analoghi ai diversi
suoni, per modo che un pezzo di musica
era supplito da una serie di colori che
colpivano successivamente la vista.
Non v'ha alcun limite ben deciso fra i
colori dello spettro, e se ne ponno quin­
di ammettere moltissimi. Newton, come
si è detto, ne ha ammessi sette solamen­
te. Gli operai di Roma che lavorano in
musaico, nell'enumerare i diversi colori
e le loro tinte differenti, ne impiegano,
si dice, η·ί mila, mentre che molti non
ammettono che tre colori , il rosso, il
giallo e il bleu, poiché dal loro miscuglio
se ne possono ricavare tutti gli altri. Sono
questi difatti che si trovano i più vivaci
nei corpi che macinati coli1 olio ο colla
gomma servono alla pittura; ma col ran­
ciato, verde e violetto si ottengono esat­
tamente i medesimi risultali. Noi riterre­
mo dunque da questi fatti il solo punto
certo, che dal miscuglio di due colori ne
risulta un colore intermedio ; cioè che il
giallo e il bleu danno il verde.
ν
C0LOH1MEKTO.
2 It
I] colorimento dei corpi offre gran­
di difficoltà , quando voglionsi penetra­
re più avanti le cagioni che fanno zam­
pillare da ciascun corpo colorato u»
solo colore, e che estinguono tutti gli
altri. La disposizione delle molecole dei
corpi sema dubbio è tale, che non pon­
no eseguire ο permettere che vibrazio­
ni di una certa natura, e può essere an­
cora ehe interferenze distruggano tutti i
raggi, fuori che quello che dà il color
proprio dei corpi. Quindi gli uni ri­
manderanno egualmente le onde di ogni
lunghezza , e appariranno bianchi ; al­
tri, lasciandole penetrare nel loro inter­
no, le estingueranno, ovvero le riman­
deranno in modo che vi sarà sempre
discordanza completa fra le onde che si
incontrefanno, e per conseguenza dislrug­
gimento di moto ; questi corpi appari­
ranno neri; infine gli altri avendo d d l t
proprietà intermedie fra questi due estre­
mi, produrranno pure degli effetti inter­
medii, distruggeranno certe onde, riman­
deranno le altre; questi corpi presente­
ranno dei colori, delle produzioni si nu­
merose come lo pojino essere le Iuuj
212
E
D LLA LUCE .
ghczze delle onde. Del resto , propri eia
così complicate nei loro effetti non re­
cheranno meraviglia, imperciocché dipen­
dono unicamente dalla posizione delle
molecole dei corpi , dal modo col quale
rimandano le ondulazioni , e si vede che
questa posizione delle particelle elemen­
tari debb'essere cosi variata, come lo è
la natura dei corpi.
L'ineguaglianza delle vibrazioni riflesse
ο trasmesse dai corpi, secondo che co­
lorano la luce per riflessione ο per ri­
frazione , ci spiega molti fenomeni cu­
riosi ; così il diamante rimandando tutti
i colori sarà bianco, il rubino non ri­
mandando che un colore sarà rosso , il
topazzo giallo, lo smeraldo verde, l'a­
matista violetto. C osì le diverse dissolu­
lioni di legno da tinture sembrano p. e.
bleu per riflessione , gialle ο rosse per
trasmissione. Si vede che questi corpi
semitrasparenti hanno la proprietà di ri­
flettere certi raggi e di lasciar passare
gli altri in tutto ο in parte. Allorché li
lasciano passare in totalità, ciò che acca­
de assai di raro, questi colori veduti per
trasmissione sono complementarii di quelli
C0L0RIMËHT0.
3l3
veduti per riflessione ; quando la tras­
missione non è che parziale , il colore
dipende dalla natura del corpo, come
pure dalla sua trasparenza e dalla sua
grossezza ; perciò le soluzioni che abbiamo
citate , in un bicchiere conico potranno
sembrare rosse in cima , gialle in fondo.
Uopacità completa non è che un grado
di più di questa proprietà, e dipende
dalla natura e grossezza del corpo; quindi
l'oro ridotto in lamine sottili diviene
trasparente, e veduto per trasmissione
sembra verde; si vede che qui v'ha as­
sorbimento parziale, poiché il verde non
è complementario del giallo, colore del­
l'oro per riflessione; invece più grosso,
l'opacità di questo corpo è completa,
poiché ai raggi che già assorbiva aggiun­
ge quelli che lasciava passare; allora non
è più visibile che per riflessione. Un
corpo che rifletta tutta la luce sembra
bianco per riflessione , opaco e nero per
trasmissione ο rifrazione ; quello che ri­
frange e lascia passare tutta la luce sem­
brerà opaco e nero per riflessione, tras­
parente e bianco per rifrazione. Quanto
ai colori senza numero clic vibra, il
91 £
DELLA LUCE.
diamante attraversato dalla luce che egli
decompone, si riferiscono agli effelti del
prisma , che basta di qui ricordare.
Volgiamo ora uno sguardo sul quadro che la natura offre ai nostri occhi, e nel quale i colori ciascun giorno dipinti sulla tela la più splendente,
ciascun giorno sono cancellati per essere
riprodotti al dimani colle modificazioni
le più meravigliose. Il famoso dipintore
di paesetti Claudio Lorenese, sempre nel
mezzo dei campi, vi leggeva le ore a
questo orologio della natura che nessuna
cosa può alterare. In questo vasto quadro, il bianco è la luce, il nero la notte ; una grande coperta bleu ne formava
il fondo, che nubi risplendenti e oscure
diversificano ad ogni istante ; l'immenso serbatoio delle acque ci offre un color verde, al quale si «ingiunge l'azzurro dell'atmosfera ; gli alberi, i campi,
i prati ci danno ancora in grandi masse
un verde più puro, nel mezzo del quale
risplendono le vive degradazioni dei fiori
senza numero; degli uccelli, e degl'insetti
glie ne disputano il primato tanto per la
ricchezza, quanto per la varietà ; alcuni di
COLOKIMEHTO.
215
questi ultimi spandono intorno di loro una
luce die non debbono punto allo splen­
dore del sole; in fine il mare, dal quale
gli antichi facevano uscire la forza ge­
neratrice , sembra volere dal fondo de1
suoi abissi rivaleggiare colla terra. Il
mare oppone con vantaggio alle pro­
duzioni dei continenti le sue conchi­
glie variopinte , i suoi pesci, i suoi zoo­
fiti, dei quali alcuni risplendono di colori
che il pennello il più abile non può
imitare; mentre che da un tropico al­
l'altro ricopre la sua superficie d'un nu­
mero così prodigioso d'esseri fosforici,
che i naviganti, sorpresi nel mezzo della
notte da uno spettacolo cosi pomposo,
credono di navigare sopra onde di luce.
ARTICOLO
VI.
Della doppia rifrazione
polarizzazione.
e della
I corpi trasparenti ordinarli, l'aria,
l'acqua, l'olio, il vetro, non agiscono
su ciascun raggio clic per deviarlo più
ο meno secondo il grado della sua foraa
5l6
DELLA LUCE.
rinfrangentc. Ma la maggior parte dei cristalli , dei quali noi abbiamo fatta conoscere la costituzione regolare nella Fisica de 1 corpi ponderabili , presentano il
singolare fenomeno della duplicazione
dell'immagine del corpo che si osserva
attraverso la loro sostanza. Si è dato a
questo fenomeno il nome di doppia rifrazione , e si deve a Huygens la teoria
completa di questa propagazione straordinaria del moto luminoso , che conviene evidentemente attribuire ad una
celerità maggiore di questo moto, in un
senso determinato in rapporto colla disposizione molecolare. L'aggregazione regolare dei cristalli deve in fatti influire in un modo costante in ciascuna
direzione sulla trasmissione delle vibrazioni. Comprimendo il vetro non cristallizzato , Frcsnel ne ha ottenuti tutti
i fenomeni dei cristalli doppiamente refrangenti.
Si vede quanto debbono essere numerosi gli effetti di cause così complicate.
Noi ricorderemo pertanto i fatti principali, più per destare nel lettore il desiderio di conoscere questi fenomeni cosi
DOPPIA
RIFKAZIOKE .
21J
variati, che per farglieli conoscere in par.
titolare ; imperciocché la materia e qui
talmente nuova, che non solamente non si
posson richiamare alla memoria i fatti co­
nosciuti, ma che uno studio preliminare
diviene indispensabile per le sostanze
stesse che svelano queste proprietà.
La natura, che sembra volere ad ogni
istante confondere i nostri pregiudizi, for­
ma il più bello di tutti i cristalli col
più comune di tutti i materiali che noi
conosciamo, la pietra calcare, che serve
a fabbricare, e che sotto la forma di
creta, di marmo, di terra, è abbondan­
tissimamente sparsa nella natura. È l'I­
slanda che ci fornisce specialmente dei
saggi di questo minerale , la cui pu­
rezza e trasparenza sorpassano l'acqua
la più limpida. Se si pone questa so­
stanza su i caratteri d' un libro, ciascuna
lettera , ciascuna linea sembra doppia ,
e secondo il taglio del cristallo, Γ incli­
nazione dei raggi, la loro natura, si ma­
nifestano mille fenomeni che sono dive­
nuti altrettanti trionfi per la teoria che
li ha completamente sottomessi alle suo
leggi.
2|8
E
D LLA LtICB.
Quasi t u t t e le sostanze che impiegano
i gioiellieri sono cristalli c h e la rifra­
zione doppia ο semplice può far distin­
guere tra di loro. P e r c i ò non si confon­
derà mai il d i a m a n t e col topazzo non
colorato del Brasile , come è accadulo
sovente, quando si vedrà attraverso di
questo l ' i m m a g i n e doppia di uno spillo,
ciò che non ha giammai luogo nel diaman­
t e . Si vede che non v ' h a alcuna conside­
razione che sia infruttuosa nelle scienze, e
per citare i m m a n t i n e n t e un'applicazione
delle leggi della doppia rifrazione a delle
misure della più grande difficoltà, noi
diremo che col mezzo di un prisma a
doppie immagini , Arago è pervenuto a
determinare i diametri dei corpi celesti
con una precisione che non si poteva
sperare con altro qualsivoglia mezzo.
I raggi che escono da un cristallo
doppiamente rifrangente, ne ricevono una
modificazione non meno singolare che la.
doppia rifrazione che le ha dato ori­
g i n e ; consiste in c i ò , che i raggi sono
inegualmente attaccabili nelle loro di­
verse p a r t i , per modo che si dirigono
differentemente secondo il senso nel quale
DOPPIA RlFnAZIOKE .
S l­Ç)
loro si presentano i corpi riflettenti , ο
l'infrangenti, od anche delle sostanze cri­
stallizzate. La riflessione della luce alla
superficie dei corpi sotto certi angoli le
dà pure queste proprietà, che si distili*
guono col nome di polarizzazione , pa­
rola somministrata da Malus alla teoria
dell'emanazione. (Juesto fisico, al quale
dobbiamo la scoperta di tutto questo ra­
mo intero dell'ottica, attribuiva le di­
verse proprietà di ciascuna faccia di un
raggio , mollificato come abbiam già det­
t o , a delle disposizioni analoghe, appar­
tenenti a certi lati ο poli delle mole­
cole luminose. Dopo molti lavori di teo­
ria e di esperienze, Fresnel, al quale
l'ottica è debitrice di tante scoperte, è
pervenuto a ravvicinarli a delle vibra­
zioni trasversali che egli immagina, e
che dimostra ancora con molte sperienze,
la maggior parte delle quali sono altret­
tanti fatti nuovi.
L'esperienza ha verificate tutte le con­
getture che sarebbero la conseguenza
delle supposizioni che naturalmente si
potrebbero fare sulla costituzione mole­
colare dei mezzi cristallizzati; ma per
a 5 0
E
D LLA
L U CE .
(issare le idee noi citeremo il caso della
tormalina tagliata in lastre sottili che
non lascia passare che i raggi polarizzati
in un determinato senso , estinguendo
così qualunque altra vibrazione. Ne ri­
sulta che due lastre soprapposte nel me­
d'esimo senso sono trasparenti, perchè lo
stesso raggio le attraversa tutte due; ma
se si mettono in croce ad angolo retto,
esse sono del tutto opache, perchè i raggi
trasmessi dalla prima non ponno propa­
garsi nella seconda.
La polarizzazione dà origine ai più bei
fenomeni di colorimento, quando si fan­
no passare dei raggi polarizzati attra­
verso lamine cristallizzate. Siam debitori
della scoperta di questi colori ad Arago.
Frcsncl li ha ravvicinati in modo mera­
viglioso alia teoria delle interferenze, mo­
strando che lo stesso fascio di luce .si
«livide in due in un cristallo , perché
una delle due parti corre più celere nel
senso della maggiore elasticità del mez­
zo, e precede Paîtra d'una quantità de­
terminata. I due raggi giungono insieme
all'occhio; la differenza di cammino pro­
duce per i diversi colori un accordo , ο
POLintZZAZIOKE.
221
un contrasto di moti vibratori!, che la­
sciano sussistere certi colori , estinguen­
done gli altri. Mille sperienze decisive ,
prevedute ο calcolale, ed anche prece­
dentemente misurate, non lasciano alcun
dubbio su questa teoria tanto semplice
a prima vista , quanto immensa ne' suoi
sviluppi.
I colori della polarizzazione hanno for­
nito ad Arago un mezzo molto preciso
di riconoscere l'uguaglianza d'intensità
di due raggi , problema pratico al quale
si riferisce tutta la fonometria. Per otte­
ner ciò si dividono ciascuno in due im­
magini colorate, l'ima verde, p. esem., e
l'altra rossa; combinando in seguito il
verde dell' una col rosso dell'altra , se i
raggi primitivi sono uguali, si riprodurrà
il bianco, come se i due colori derivas­
sero dallo stesso fascio.
La polarizzazione essendo una proprietà
che dipende dalla natura del corpo rin­
frangcntc, ο riflettente, e questa proprietà
acquistata essendo permanente nei raggi
una volta polarizzati, si può, nell'esaiiii­
nare la luce che ci proviene dagli astri,
avere intorno la loro costituzione un
FISICA , voi. II .
·5
»222
DELLA
LUC E.
n u m e r o di d a t i che nessun altro mezzo
p o t r e b b e somministrare. Q u i n d i siam d e ­
bitori all'astronomo più volte citato, del­
l'osservazione singolare che la luce délit;
comete è polarizzata , come lo debbe es­
sere nella supposizione che questi am­
massi di vapori pochissimo densi rice­
vano la luce dal sole e ce la riflettono.
Egli ha p u r dimostrato che la luce del
i o l e , priva d'ogni polarizzazione, deve
essere assomigliata a quella dei gas incan­
descenti , che n o n ne mostrano alcuna
traccia , e non alla luce dei s o l i d i , ο
dei liquidi r i s c a l d a t i allo stesso g r a d o ;
imperciocché la loro luce è mescolata di
una q u a n t i t à m o l t o considerevole di raggi
polarizzati.
ARTICOLO
Degli stromenti
tfotlica
VII.
, e della
visione.
La cognizione delle^ leggi della rifra­
zione della luce ha esercitata su i p r o ­
gressi delle scienze un' influenza mollo
felice, somministrando all' uomo gli stro­
a c n t i ; co! mezzo de' quali egli ha p ò ­
STB0M1ÎKTI.
aa3
tuto esplorare due mondi, che gli sa­
rebbero stati eternamente incogniti, l'uno
a cagione della sua immensità, l'altro a
cagione delia sua picciolezza ; l'occhio
stesso é divenuto un apparato cl'ottica,in
cui ai osservano colla più grande preci­
sione tutte le leggi della luce.
La costruzione di tutti gli strumenti
d'ottica è fondata principalmente sull'ap­
plicazione delle proprietà degli specchi e
delle lenti. Si ponno considerar tutti an­
che i più composti come essenzialmente
Formati di due vetri, ο di un vetro e
di uno specchio; l'uno riceve la luce
dagli oggetti e la concentra in un foco ,
quest'è l'obbiettivo; l'altro si pone vici­
no all'occhio, e serve a riguardare l'im­
magine formata dal primo, e questo è
Yoculare.
Ma per dare a questi stromenti mag­
gior perfezione si complicano di un più
gran numero di vetri ; si dispongono in
un tubo formante una camera oscura,
a (ine di assorbire i raggi obbliqui; si
dividono anche in questa disposizione
per mezzo di diaframmi opachi che non
lasciano passare che i raggi vicino al­
aaiJ
E
1> LLA LUGB.
Tasse; in fine si conserva la possibilità
di far strisciare i pezzi dello strumenta
gli uni sugli altri a fine di ottenere delle
immagini distinte di oggetti posti a di­
Terse distanze, e per accomodarli alle
diverse viste. Gli strumenti d'ottica i
più utili sono i microscopi e i telescopi,
ο cannocchiali astronomici, nautici, ter­
restri, di teatri, di grandi distanze, ec. ;
i primi servono a riguardare i piccoli
oggetti, e molto da vicino, ma però con
molta nitidezza , ciò che ingrandisce
di molto le loro dimensioni; i secondi
sono destinati a presentare gli ogget­
ti lontani sotto on angolo maggiore di
quello che farebbero veduti ad occhio
nudo. Noi faremo ancora menzione di
altri apparati che hanno diverse appli­
cazioni.
Siccome poc'anzi abbiamo detto, il princi­
pio degli stromenti d'ottica è molto sem.
plice; una lente convessa, nel foco della
quale sì pone un piccolo oggetto , e che
rendendone i raggi che ne emanano quasi
paralelli , permette di vedere questo og­
getto nettamente ad una distanza mollo
­più piccola di quella della visione distia­
STBOMENTI.
325
ta, è un vero microscopio che si chia­
ma lente ο microscopio semplice. La con­
fusione prodotta dalle aberrazioni, allor­
ché non si fa uso d'una lente di foco un
poco corta , limita assai Γ uso di questo
stroniento che non abbraccia che un
campo poco considerabile. Questo è stato
il motivo che ha fatto costruire i micro­
scopi composti, formati dal l'unione di
due vetri convessi ; si complicano qual­
che volta d'uno ο più vetri intermedi! >
secondo l'idea d ' E u l e r o , messa in pra­
tica da Ramsden e da C ampani, per acro­
matizzare gli oggetti ; poiché il mezzo so­
pra indicato è impraticabile per le lenti
di un cosi corto foco. Nel microscopio
composto, del quale la fig. 5ι rappre­
senta lo scheletro, si pone l'oggetto in
A B , un poco al di là del foco dell'ob­
biettivo L: i raggi che ne partono an­
dranno a dipingere un'immagine rove­
sciata in a ύ; ma arrestati dalla secon­
da lente, l'immagine si formerà in A' B';
«piest'iinmagine diviene l'oggetto della
visione, ed osservata con una lente sem­
brerà in a' V, molto ingrandita. Egli è ne­
cessario d'illuminare fortemente l'oggetto
22fi
E
S LLA LUTE .
reale col mezzo di uno specchio riflet­
tente ο di una lente , onde rimanga »i­
sibile, dopo le molte estinzioni di luce
operate dalle lenti.
I cannocchiali ο telescopi hanno reso
ancora servigi più importanti che i mi­
croscopi , permettendoci di portare un
occhio scrutatore sul corso, sulla disposi­
zione e stiirOrganiz/.azione dei mondi, col
farci penetrare nell'immensità dello spa­
zio, moltiplicando all'infinito gli astri che
lie circondano. Non si sa precisamente
chi fosse il primo inventore di questi
meravigliosi slromenti: ma Galileo è que­
gli che ne costrusse pel primo dei vera­
mente utili. Ne esistono di varie specie:
quelli che chiàmansi diottrici sono fon­
dati, come i microscopi, sulla convergenza
dei raggi nelle lenti ; questo è lo stesso
apparato con un obbiettivo più grande e
dei raggi ohe vengono da un oggetto più
lontano: del resto vi si moltiplicano egual­
mente i vetri tanto per aumentarne la
forza, quanto per distruggere le aberra­
zioni di rifranffbilità e di sfericità} ma
vi si deve innoltre aggiungere un obbiet­
tivo acromatico, vale a dire composto di
STROMEKTI.
■>.·>■}
due v e t r i dotati d ' u n a forza dispersiva
differente, p e r r i u n i r e ad un medesimo
p u n t o i raggi d i diversi colori.
Gli strumenti di questo genere che n o n
h a n n o specchi p o r t a n o p i ù specialmente
il nome di cannocchiali.
Se ne costrui­
scono di quelli c h e h a n n o fino a 22 pie­
di d i lunghezza, e p e r la combinaziono
perfetta dei vetri si è p e r v e n u t i a far
loro p r o d u r r e effetti così s u b o r d i n a r l i c o ­
m e quelli d e ' p i ù grandi telescopi, e con
molta più precisione e nettezza. Per r i u n i r e
alla visione distinta il vantaggio di misu­
r a r e esattamente il diametro degli oggetti
che si osservano, si aggiungono a tutti i
buoni 3tromenti destinoti per gliosserva­
torii,de'nucromeiri, apparati c h e a p p a r t e n ­
gono più specialmente all'astronomia ( i ) .
Dopo questi stromenti cosi p o t e n t i , i l
pireolo cannocchiale
da teatro,
c h e si
c h i a m a ancora occhialetto da teatro, ο
cannocchiale di Galileo, non sembrerà im­
meritevole d i menzione,quando si rifletto
ai numerosi servigi c h e ci presta in ispa­
zii p i ù l i m i t a t i : è d ' a l t r o n d e con questo
(1) Vedi VAstronomìa doli 'EKCICIOÌEDM POUTATIIB.
s
2î8
DELLA LUCE.
apparato, costruito su grandissime proporzioni, che Galileo ha fatte le sue più
belle scoperte.Questo cannocchiale è composto d'un obbiettivo convesso e d'un
oculare concavo: quest'ultimo posto fra
l'obbiettivo e il suo foco ha il vantaggio
di accorciare lo strumento e di presentare gli oggetti nella loro situazione diritta, mentre che nei cannocchiali astronomici sono sempre rovesciati.
I telescopi propriamente detti sono
stromenti catottrici,o meglio catadiottrici,
vale a dire, che sono costrutti secondo
le proprietà della riflessione e della rifrazione della luce, e contengono degli
specchi e delle lenti. I fisici e gli astronomi ne hanno eostruiti di ogni genere , e li hanno successivamente molto perfezionati ; i principali sono però i
seguenti: quello di Gregorio, detto Gregoriano, nel quale i raggi concentrati
nel foco d'uno specchio metallico concavo,
sono respinti mediante un piccolo specchietto della stessa forma, posto alquanto
al di là di questo foco, verso l'occhio armato di una lente convergente e posta
di dietro al grande specchio, nel centro
STHOMENTI.
339
del quale avvi u n foro. Si vede elio in
questo s t r u m e n t o una parte dei raggi che
giungono è intercettata dal piccolo spec­
chio. Egli è lo stesso in quello di Cas­
"egrain , che non differisce dui prece­
dente fuori che il piccolo specchio inve­
ce di esser concavo è convesso, e posto
un poco al dinanzi del foco dello spec­
chio grande j ma questo telescopio ha
l ' i n c o n v e n i e n t e di mostrare gli oggetti
rovesciati. Quello che porta il nome di
Newton impiega un piccolo specchio pia­
no e inclinato all'asse per respingere i
raggi da un lato fuori del t u b o : si os­
serva allora Γ immagine sempre con una
l e n t e , ma per un foro praticato in una
parete laterale del t u b o . Tutti questi stro­
inenli hanno l'inconveniente di far subi­
r e ai raggi due riflessioni. Herschcl sull'i­
dea di Lemaire ha evitato in parte que­
sti inconvenienti inclinando lo specchio
rifletti to r e : da ciò ne risulta che i rag­
gi sono concentrati fuori dell'asse dello
strumento su di un Iato, nel quale si os­
servano con una lente. Herschel ha dato
a molti di questi strumenti deile dime";
•ioni p r o d i g i o s e , come di quattro piedi
230
E
B LLA LUCE .
di diametro e quaranta di lunghezza: la
loro forza amplificativa, ο l'ingrandimen­
to' che apportano è valutato pili di 6000
volte il diametro dell1 oggetto, ciò che
corrisponde a un ingrandimento di più
di 200 miliardi di volte nel volume. C on
siffatti stromenti questo illustre astrono­
mo è pervenuto a decomporre in tante
stelle la maggior parte dille nebulose, e
ad aumentare considerabilmente la lista
di questi ammassi di materia splendente;
infine è stato condotto a idee così ele­
vate sull'organizzazione dell'universo·
Le proprietà delle lenti servono a ri­
mediare ai difetti della vista : ne vedre­
mo il come quando conosceremo l'orga­
no della visione. Ma fra la folla di stro­
menti d'ottica di ogni genere che si so­
no composti collo scopo di utilità ο di
piacere, ve n' ha qualcuno di cui noi
dobbiamo indicare il meccanismo e l'uso.
Tale è fra gii altri la camera oicura
(lig. 5a), apparato nel quale un obbiet­
tivo, posto ad una piccola apertura, por­
ta l'immagine degli oggetti esteriori ri­
flessa da uno specchio , e li presenta in
jiiccole dimensioni coi loro colori e
STRUMENTI.
23 Γ
nella loro prospettiva, su di una carta
sulla quale si potino disegnare colla pili
grande esattezza. Uno stromcnto più co­
modo è la camera lucida, dovuta a Wol­
laslon (fig. 53); l'immagine degli oggetti
è riflessa all'occhio per mezzo di un pri­
sma ; se si dispone in modo che la metà
solamente della pupilla riceva quest'im­
magine , ciò che un poco d'abitudine in­
segna facilmente , si vede nello stesso
tempo un cartone posto al di sotto nella
direzione della vista naturale, ed è so­
pra questo cartone che sembra dipin­
gersi l'immagine. Se ne possono allora
fissare i contorni e le tinte con una ma­
tita ο un pennello.
L'apparato della camera oscura, leg­
germente modificato, costituisce molti
altri strumenti d'ottica curiosi. Quindi,
allorché invece di ricevere l'immagine
dagli oggetti lontani , si pone assai vi­
cino all'obbiettivo un corpo fortemente
illuminato , se ne ottiene nella camera
un'immagine della quale si fanno variare
le dimensioni a piacere , coll'avvicina­
re l'oggetto alla lente , ed allontanare
il cartone che forma la tela del <I»a­
s3a
DELLA
I.UC.B.
t i r o ; talc e il migascopio, s t r o m e n t o che
serve a copiare in grande. Se in luogo
d' un obbiettivo voi mettete all'apertura
una lente fortissima, davanti alla quale
collocherete dei piccoli corpi molto illuminati , voi avrete il microscopio
solare,
col mezzo del quale si ottengono i più
forti ingrandimenti ; per esempio l ' i m magine d ' u n pulce si dipinge sulla par e t e della grandezza di un bue. Sostit u e n d o alla luce solare quella di una
lampada, e mettendo davanti l'obbiettivo
delle figure d i p i n t e sul vetro e rovesciate , voi avrete la lanterna magica ,
che non è altra cosa che un megascopio
p o r t a t i l e ; in fine se voi fate variare la
distanza di queste figure dall'obbiettivo
e quella dell'obbiettivo dalla p a r e t e per
cangiare le dimensioni d e l l ' i m m a g i n e , voi
creerete t u t t e le apparenze della fantasmagoria.
Porgano della visione, destinato a darci
la percezione degli oggetti m e d i a n t e l'a.
«ione della luce che questi ci trasmett o n o , è un vero stromento d'ottica che
concentra i raggi venuti dagli oggetti
per p r o i e t t a r n e l'immagine in quel luego
HELLA VISIOKU­
2Î3
nel quale i fili nervosi ne ricevono la
sensazione; ma questo è uno strumento
d'una perfezione inimitabile. Egli riuni­
sce tutte le condizioni necessarie per ac­
comodarsi alle distanze e distruggere le
cagioni d'imperfezione, come quelle di
aberrazione, di rifrangibililà e di sfe­
ricità , molto meglio di quello che noi
lo possiam fare coi nostri strumenti.
Vecchio può assomigliarsi ad una ca­
mera oscura, al fondo della quale ven­
gono a dipingersi le immagini degli og­
getti esteriori, prodotte per mezzo di
una picciol lente convergente che esiste
realmente nell'organo , e porta il nome
di cristallino. I raggi che passano per
l'apertura circolare, che chiamasi pupilla
ο prunella, tagliata nel mezzo della parte
colorata dell'occhio ο iride, di già mo­
dificaii dalla prima superficie conves­
sa, giungono sul cristallino posto di die­
tro alla pupilla ; questa li rende affit­
to convergenti, e se l'occhio e ben con­
formato , li riunisce su di una mem­
brana chiamata retina, formata dalla di­
latazione del nervo ottico che trasmette
la sensazione al cervello. La cavità aa­
2
5ί
E
D LLA LUTE .
tcriorc al cristallino e occupata da un
liquido chiamato umore acqueo ; il re­
sto è riempialo dall'umor uUi\o : in line
l'occhio è ricoperto interamente dalla
coroide, membrana nera che, destinata
ad estinguere tutta la luce sparsa, rende
compiuta l'analogia colla camera oscura.
La sensazione di ciascun punto este­
riore è percepito per mezzo della luce ,
che attraversando la pupilla va a percuo­
tere il fondo dell'occhio. Questo punto
ci sembra sulla direzione del raggio che
ce ne ha portata l'immagine ; non è
quindi necessario, ad onta dell'incrocic­
c.hiamento ilei pennelli che dipingono nel
fondo dell'occhio l'immagine rovesciata
degli oggetti , di attribuire al pensiero
l'uffizio di raddrizzarli, poiché ciascun
puuto è riportato , fuori di noi , al­
la posizione ebe realmente occupa. La
relina è la vera sede di questa sensa­
zione, e i fili nervosi dei quali è spar­
sa , sono senza dubbio differentemente
affetti dai diversi colori, per modo che
è facile di concepire una disposizione
d'organi che non si prestasse alla per­
cezione di certe vibrazioni, ed i colori
DELLA VISIONE .
235
che ne risultano sarebbero per conse­
guenza sconosciuti all'occhio affetto da
questo vizio.
Abbiamo detto che noi percepiamo di­
stintamente gli oggetti quando l'imma­
gine si forma sulla retina; diversamente
i raggi di ciascun punto , occupando
un certo spazio, si confondono più ο
meno. Tale è il caso degli occhi miopi
e f/iesl/ili; nei primi una rifrazione trop­
po forte , che riunisce i raggi prima di
giungere alla retina, richiede l'uso di
una lente concava destinata a dar loro
il grado di divergenza atto a portare
Γ immagine sulla membrana nervosa; nei
secondi il caso coutrario esige l'impiego
di un vetro convesso. Ricordiamo inoltre
che, entro certi limiti, l'occhio, per un
meccanismo incognito, è dotato della fa­
coltà di appropriarsi la percezione degli
oggetti a distanze molto differenti; quell»
di otto pollici è la più favorevole ad un
occhio ben conformato. 1 miopi pongono
ciò che voglion distinguere con chia­
rezza a una distanza molto più piccola ,
e i presbiti, al contrario, mollo più lon­
tana.
a
36
DELLA LUCE.
Noi troviamo presso gli animali d e sìi occhi costruiti sullo stesso principio
c h e n e l l ' u o m o , ma che non di meno
offrono sovente grandi differenze , alcune delle quali sono proprie delle abitudini
dell'animale , m e n t r e alcune altre sono
destinate a funzioni che ci sono incognite. Certi a n i m a l i vedono nettament e quando per noi è oscurità perfetta ;
senza dubbio , come abbiamo d e t t o , perchè i loro organi p o n n o percepire dei
raegi che non producono alcuna impressione sui nostri. E specialmente negli uccelli che l'Occhio sembra essere
stato dotato della più grande potenza.
N e ' pesci è stato convenevolmente modificato giustail mezzo che a b i t a n o : il loro
cristallino è sferico. In fine, un modo
di visione t u t t o particolare si riscontra negl' insetti , i quali h a n n o occhi
semplici e lisci , come le mosche , ora
occhi multiplici , composti di faccette,
per cosi dire i n n u m e r e v o l i , poiché se
n e sono riconosciute circa diciassettemila sull'occhio delle farfalle. Non dee
egli credersi che in questi e s s e r i , che
hanno sempre gli occhi fissi, l'organo
DEI.
CALORICO.
23^
sensitivo sia situato alla superficie stessa
dell'apparato della visione, e percepisca
direttamente i raggi ? (,ι)
SEZIONE
H.
Del calorico.
I fisici indicano sotto il nome di cn­
lorico la cagione del calore ,· ina le loro
opinioni non sono punto (l'accorilo intor­
no alla natura di questo agente. I seguaci
di Newton, ο i partigiani dell'emissione,
ammettono attorno le molecole dei corpi
un fluido sottilissimo , che in certe cir­
costanze le abbandona ο vi si accumula,
e produce così i fenomeni del caldo β
del freddo. I chimici sono attaccatissimi
a questa opinione, che sembra rientrare
con vantaggio nella teoria delle combi­
nazioni , ove fanno esercitare a questo
fluido l1 uffizio d1 un elemento ; ma la
produzione indefinita di calore per mez­
zo dello strofinamento è troppo contra­
il) Vedi i Trattati di Storia naturale dell'EKC l­
CLOPEDIA POHTAT1LE. , , „
FISICA, vol.
11.
i n
.uisil„;!?,., | y
|g
(,ίί'ϋ,,ί
:
2 38
DEL
"ALOHE.
ria all'idea d'un fluido accumulato nei
corpi in quantità determinata, per adot­
tare questo sistema , che è ancora in
contraddizione colle analogie che neces­
sariamente si riscontrano fra il calore e
la luce. I seguaci di C artesio e d'Huy­
gens , ο i partigiani delle vibrarioni, per
spiegare il calore, non hanno bisogno,
come nella luce, che d'un moto, che
ne sia la causa produttrice, ora della
luce, ora del calore, ed ora dell'uno e
dell'altro nello stesso tempo. Non ci
dobbiamo qui estendere intorno questi
rapporti presentati già più volte, e di­
remo solamente che in questa ipotesi
tutti gli effetti del calorico risultano
dallo stato vibratorio, da una parte del­
le molecole dei corpi in ragione del
loro stato e della loro natura , e dal­
l'altra dell'etere interposto fra esse in
quantità diversa. L'intensità più ο men
grande di queste vibrazioni produce tutti
i gradi di calore e di freddo , e la loro
più grande frequenza , lo stato luminoso.
Noi esporremo, secondo questo sistema,
f,li effetti della produzione, della scom­
parsa e trasmissione del calore.
SORGBHTC.
ARTICOLO
339
PBIMO.
Delle sorgenti e dello
sviluppamenlo
del
calorico.
Il s o l e , elle noi abbiamo veduto span­
dere cosi in abbondanza la l u c e , è an­
che il centro che mantiene la temperatura
ordinaria dei diversi luoghi della super­
ficie del nostro globo. Sia che agisca di­
r e t t a m e n t e ο i n d i r e t t a m e n t e , non si può
d u b i t a r e che egli non sia la causa reale
dei differenti stati sotto i quali i corpi
si presentano d ' o r d i n a r i o 3 n o i ; poiché
noi vediamo questi corpi di solidi 0 li­
quidi divenir gazosi , 0 di gazosi e li­
quidi divenir solidi in ragione del cor­
so del sole ; poiché noi vediamo la tem­
p e r a t u r a essere tanto più considerevole,
quanto quest'astro resta più lungo tempo
al di sopra d e l l ' o r i z z o n t e , e che si rice­
vono più perpendicolarmente i suoi raggi;
finalmente q u a n t o più si accosta all'equa­
tore. Questo astro é una causa perma­
nente d'eccitazione del moto v i b r a t o r i o ;
egli ristabilisce c o n t i n u a m e n t e nei corpi
840
E
D I, CALORE .
Je condiaioni della temperatura che ma­
nifestano , e non permette al fluido po­
sto fra le loro molecole, e a queste stesse
molecole, di rimanere in un riposo che
cagionerebbe un freddo assoluto, ciò che
accadrebbe senza dubbio se cessasse ogni
causa d'eccitamento. Non è argomento
di quest'opera il far conoscere le leggi
della distribuzione del calore secondo i
climi e le stagioni , né le variazioni nu­
merose della temperatura, il calor pro­
prio del globo e molte altre importanti
quistioni cheappartengono alla meteorolo­
gia, alla geografia fisica e alla geologia.
Le macchine elettriche, le pile voltiane,
il fulmine sono pure potenti cagioni d'ec­
citamento del moto vibratorio: le vedre­
mo dunque senza sorpresa produrre gli
effetti calorifici i più energici. Quindi col
mezzo delle scariche delle nostre mac­
chine noi possiamo fondere , bruciare
istantaneamente una moltitudine di corpi.
Chi n o n e stato testimi,nio di­alcuno
dei terribili effetti del fulmine, e non
sa che i metalli, i corpi che colpisce ,
sono nell'istante medesimo fusi ο ridotti
in cenere?
SORGESTI­
2^1
In tutte le combinazioni chimiche v'ha
sviluppo ο assorbimento eli calore, e que­
sti effetti non ci debbono sorprendere:
imperciocché ogni" qual volta lo stato
intimo ο le relazioni delle molecole dei
corpi si cangiano, non è fuor di proposito
che lo stato vibratorio dell'etere provi
delle modificazioni. Il fuoco , che è una
delle sorgenti da cui il calore emana col­
la massima violenza, la fiamma, la com­
bustione non sono che i risultati di
combinazioni. C i faremmo un'idea molto
falsa della combustione e del fuoco, se
li riguardassimo come cagione di distru­
zione e d'annientamento, poiché sono nel­
lo stesso tempo cause di produzione. La
combustione non è dunque realmente al­
tra cosa che un cambiamento della com­
binazione dei corpi. Quindi nei nostri ap­
partamenti , allorché bruciamo della le­
gna per riscaldarci, delle candele, dell'o­
lio per illuminarci, noi operiamo una
combinazione chimica, durante la quale
si produce un' intensità di calore abba­
stanza energico per rendere luminoso il
corpo in combustione, e manifestare cosi
i fenomeni dell'ignizione e della fiamma.
2/Î2
DBL aALOȕ.
Il fuoco fra le mani dell'uomo è nno
dei più potenti ageuti che egli abbia
messo in operai ed è perciò il suo impiego così universale, non solamente nelle nostre stanze in cui non si ha per
iscopo che di approfittare del calore che
produce, non solamente nelle arti chimiche, nelle quali egli favorisce le combinazioni, e nelle nostre cucine, nelle quali si
operano de' veri cangiamenti chimici, ma
anche nella maggior parte delle arti d'industria, nelle quali si ha bisogno d'una
considerevole forza motrice, od anche
nelle quali è necessario far subire ai corpi delle modificazioni in alcune delle
loro fisiche proprietà, come sono la durezza, la solidità, la duttilità, la fusibilità, ec.; ma non è nostro scopo d'insistere molto sulle numerose applicazioni
del calore e della combustione alle arti.
Molte classi d'animali , come sono gli
uomini , alla temperatura ordinaria che
regna alla superficie terrestre, sono sorgenti di calore, vale a dire, che la temperatura particolare dei loro corpi è in
generale più elevata che quella dei mezzi
ambienti, e per conseguenza li riscal-
SOUGENTI.
2i}3
dano perpetuamente a loro spese. Sembra
che si possa attribuire la maggior parte
di questo calore animale , di circa 8/io,
alle combinazioni che si eseguiscono nell'atto della respirazione, e le belle sperieme di Despretz confermano questo risultato > il soprappiù di questo calore
proyiene dalla assimilazione alimentare ,
dalla circolazione del sangue, e sicuramente da diversi effetti elettrici. Egli è
rimarchevole che il calore e l'elettricità
presentano il legame il più intimo colla
forza di vitalità degli esseri organizzati :
perciò molti animali,all'approssimarsi dell'inverno, cadono in uno stato di languore vicino alla morte, il quale non si
dissipa che al ritorno della primavera.
La maggior parte dei rettili è tanto più
agile , e il loro veleno è tanto più attivo, quanto la temperatura è più elevata j
è pure in questo medesimo caso che le commozioni colle quali i pesci elettrici ponno battere i loro nemici, sono le più
energiche. Noi non finiremmo più mai se
volessimo menzionare tutte le prove dell' influenza del calore sugli esseri viventi ; anche i vegetabili ne presentano nu-
^44
nRL
CALORE
merosi esempi, e noi vediamo, p. e., l'aro
ο piede di vitello all'epoca della feconda­
zione manifestale un calore capace di far
salire il termometro oltre i io 0 gradi.
Vi sono ancora molte cause di svilup­
po di calorico: cosi strofinando due corpi
uno contro l'altro con vivacità, si vedono
ben presto infiammarsi ; comprimendo
fortemente un corpo , sia con un urto
violento e istantaneo, come quando si
batta la pietra focaia con un corpo du­
ro , sia con una compressione subita ,
come quando si condensa l'aria nel fu­
cile pneumatico, si produce ugualmente
l'ignizione se il calore sviluppato è ab­
bastanza considerabile. Dietro la maniera
ordinaria di riguardare i fenomeni calo­
rifici, si scorge che le molecole dei corpi
essendo ravvicinate ο modificate in modo
da non potere più contenere il calorico
che era fra loro interposto , questo sarà
reso libero e si precipiterà sui corpi cir­
costanti. Faremo osservare che questi fe­
nomeni di stropicciamento, di compres­
sione, ec., sono una conseguenza natu­
rale del moto vibratorio che acquistano
necessariamente le molecole dei corpi
UTENTE Β SPE CIFICO.
245
sottoposti a questi cimenti. D'altronde
osserviamo die nello strofinamento, dietro
le sperienze di Rumford e di Davy, si
vede immediatamente il moto trasfor­
marsi in calore.
Nel Trattato della Fisica dei corpi pon­
derabili abbiamo dimostrato che il calo­
rico è il principio ripulsivo che contro­
bilancia l'attrazione, e concorre perciò
a produrre e a mantenere i diversi stati
d'aggregazione solida , liquida e gazosa
dei corpi. In oltre per tutta la durata
di questi stati l'aumento e la diminu­
zione di calorico allontana ο ravvicina le
molecole; ciò è quello che abbiamo pure
studiato. Non avremo dunque a parlare
qui degli importanti effetti della data­
zione e della contrazione prodotti dal
calorico , e nemmeno degli stromenti, i
termometri, i pirometri, col mezzo dei
quali si è pervenuti a misurarle.
îfô
E
D L CALORE
ARTICOLO
II.
Del calorico latente e del calorico
specifico.
Noi sappiamo che a cagione della pre­
senza ο mancanza di calore, i corpi a
differenti temperature per ciascheduno ,
ma costanti per il medesimo , divengono
solidi , liquidi e gazosi· Abbiamo ricono­
sciuto nella fusione e gazificazione questo
fenomeno singolare, che questi limiti nella
temperatura dei corpi non ponno essere
oltrepassati finché la massa intera non ha
cangiato di stato; sembra dunque che in
tal caso il calorico iiggiunto serva a li­
quefare ο evaporare i corpi. Questa por­
zione di calore, che si rende insensibile
al termometro, si chiama calorico latente^
e in linguaggio chimico,secondo l'antica
teoria , calorico combinalo. I corpi pre­
sentano ancora per riguardo al calore
un'altra particolarità; ed è di non avere
pel calore stesso la medesima capacità,
per modo che una stessa quantità ­di ca­
lore agisce molto differentemente sulla
t
ÌATEBTE E SPECIFICO.
a^7
loro temperatura ; questo e ciò che si
chiama calorico specifico.
Sappiamo già che i liquidi contengono
più calorico latente che i solidi, i gaz
più che i liquidi. Un corpo non passerebbe a queste nuove forme se gli si negasse il calore; quindi il ghiaccio per divenir liquido, cioè per passare allo stato
di acqua, abbisogna di 7 5° di calore; imperciocché se si mescola insieme un chilogrammo di ghiaccio a o° e un chilogrammo di acqua a ;j5°, si avranno due
chilogrammi d'acqua a o°. La quantità
di calore necessaria alla gazifica/.ione è
molto più considerevole , e si può dire
enorme ; ma ciò non deve sorprendere ,
poiché il volume in questo caso diviene
per l'acqua 1700 volte più grande. Si
giudica che il calorico necessario per far
passare l'acqua allo stato di vapore uguaglia 5 volte e i/i quello che conviene
per elevarla da o° a ioo°, 0 incirca 55o°.
Si può riconoscere, dopo questi esempi che
si ripetono per gli altri corpi con de'
numeri differenti, ma nello stesso senso , qual quantità di calorico è assorbito
e reso latente nella fusione, e molto più
3^8
DSL CALORE .
nella gazificazionc dei corpi. Questa os­
servazione serve a spiegare moltissimi
fenomeni naturali. Quindi Leslie nel far
evaporare l'acqua nel vóto e assorbire il
vapore dall'acido zolforico, la fece con­
gelar rapidamente; e recentemente Bus­
sy, col mezzo dell'evaporazione dell'aci­
do zolforoso , è arrivato a produrre un
freddo abbastanza grande per liquefare
molti gaz. L'evaporazione e la condensa­
zione sono impiegate continuamente dalla
natura per ristabilire l'equilibrio di tem­
peratura e moderarne gli eccessi; quindi
gli ardori del sole ne1 solstizi sono in­
deboliti dai vapori che s'innalzano al­
lora in abbondanza da ciascun fiume e
da ciascun campo, mentre che il freddo
dell'inverno è temperato dalla conden­
sazione dei vapori dell'atmosfera sotto
forma di pioggia ο neve. Negli animali
l'equilibrio di temperatura è ugualmente
mantenuto dall'evaporazione che si opera
ai polmoni e alla cute; e un gran numero
di malattie, segnatamente molte febbri,
provengono da questa soppressione, capa­
ce di dare al corpo 4° di calore di più
che nello stato di sanità abituale.
LATENTE E FISICO.
Qfo
II calorico latente non è punto distrutto,
ma è momentaneamente dissimulato; il
ritorno dei corpi allo stato loro primitivo
lo fa ricomparire; perciò il vapore acqueo
passando allo stato liquido senza cangiare di temperatura, sviluppa una quantità
considerabile di calore, e su questo principio è stabilito il riscaldamento a vapore: il calore prodotto è si considerevole,
che si è calcolato che un piede cubico
d'acqua condensato può riscaldare a circa 20° un edifìcio eli aooo piedi cubici.
L'acqua nel divenir ghiaccio, egualmente
senza cangiare di temperatura, é pure
una sorgente di calore. Questi fenomeni
importanti d'assorbimento e di sviluppo
di calorico spiegano la lentezza degli sgeli e della formazione del ghiaccio, e sono
cagione che i cambiamenti di temperatura sono graduali invece di essere subitanei.
La quantità totale di calore che contiene un corpo non può essere conosciuta
in modo assoluto, poiché non se ne può
privare interamente veruna sostanza; ma
noi possiamo valutare la quantità di calere necessaria ai corpi secondo la lor
2^0
E
D L CALORE
natura per far variare la rispettiva tem­
peratura d'un numero eguale di gradi :
questo è ciò che chiamasi calorico speci­
fico. Lo si misura dal paragone della quan­
tità che ciascun corpo, a peso eguale, ne
assorbe ο ne perde. Quindi si riconosce che
nei corpi omogenei il calore si distribui­
sce uniformemente, poiché mischiando
un cliilog. d'acqua a o°e un chilog. d'ac­
qua a 6o°, si hanno due chilog. d'acqua
a 3o°; ma se si fa il miscuglio con corpi
differenti,non si otterrà più lo stesso risul­
tato : si vedrà che ciascun corpo ha una
capacità propria , vale a dire richiede
quantità di calore molto diverse, per va­
riare di uno stesso numero di gradi: p. e.
se si mescola un chilog. d'acqua a 34
con un chilog. di mercurio a o° , il ter­
mometro posto nel miscuglio indicherà
33°: dal che si conclude che la stessa
quantità di calore necessaria per elevare
l'acqua di un grado ha elevato il mer­
curio a 33°; il calorico specifico del merJ
curio è dunque r/33 di quello dell'acqua
che generalmente si prende per termine
di paragone.
Multi metodi sperimentali sono stati
LATENTE E FISICO.
'
a5 [
inventati per misurare questa quantità di
calore ; ma una folla di cagioni d'errori
fa sì che difficilmente si possano a tutto rigore valutare questi risultati. Si è veduto
che i miscugli possono far conoscere il
calore specifico, e questo mezzo ci sembra il più esatto, ogni qual volta i corpi
non sono di natura da combinarsi fra
loro: questo è infatti il metodo il più
usi tato. Dobbiamo per lo «tesso oggetto
a Lavoisier od a Laplace uno stromento
ingegnosissimo col quale si misura il calorico specifico colla quanlità d'acqua che
rende liquido un corpo raffreddandosi contornato di ghiaccio; è questo il calorimetro (fig. 24),di cui la capacità interiore
somminislra l'arqua fusa dal corpo che vi
si raffredda, mentre che la capacità esteriore, riempiuta ugualmente di ghiaccio,
intercetta il calore dei corpi circostanti.
Petit e Dulong hanno pure misurato il
calore specifico mediante il paragone del
tempo necessario al raffreddamento dei
corpi; processo che non la cede, sotto alcun rapporto , a quelli menzionati finora.
Tali sono i diversi mezzi co1 quali si
è cercato di valutare il calorico spcci-
a5a
E
D L CALORE
fico d'un gran numero di corpi : ve­
diamo ora in quai modo la teoria dei
moti vibratorii s'applichi ai diversi fé­
nomeni del calore.
Secondo la definizione sperimentalc,due
corpi sono alla stessa temperatura allorché
messi a contatto ο in comunicazione qua­
lunque, non si prendono né si cedono
scambievolmente alcuna quantità di ca­
lore. Se ne vede teoricamente la ragione
facendo attenzione che, in questo stato,
le molecole dei due corpi si trasmettono
sia per l'etere, sia secondo il loro modo
di legame, delle quantità uguali di calo­
re , e che si fa tra loro un semplice
cangiamento di moto vibratorio. Ma se
l'uno dei corpi, riscaldandosi, aumenta
d'intensità di vibrazione, egli comuni­
cherà al secondo una maggiore quanti­
tà di moto che non riceve , e perderà
della sua temperatura a favore di que­
sto. Il calorico specifico, in questa teo­
ria, è evidentemente la quantità di moto
vibratorio che contiene comunicare alle
molecole dei corpi per farlo salire da
un grado di calore ad un grado più ele­
vato j e questa quantità dipende dalla
LATENTE E SPE CIFICO.
253
natura e dalla massa delle molecole,
dal loro modo di legame, e fors'anche
dallo stato dell'etere clie ne occupa i
pori. Ove l'esperienza verifichi delle dif­
ferenze , la teoria le fa prevedere esat­
tamente.
Il calorico combinato ο latente , vale
a dire la quantità di calore che diviene
insensibile nel passaggio dei corpi da uno
stato all'altro, si spiega.non meno felice­
mente. Di fatti l'intensità del. moto vi­
bratorio dipende principalmente dal mo­
do di legame delle molecole fra loro ;
l'intensità è tanto più grande, quanto
le molecole sono ricondotte da forze più
energiche alla loro posizione naturale di
riposo, e si vede che una molecola che
fosse libera non potrebbe vibrare in mo­
do alcuno, poiché niuna causa la ricon­
durrebbe alla posizione che avesse ab­
bandonata. Ora quando un corpo passa
dallo stato solido allo stato liquido, noi
possiam ammetter qui come verità di fatto,
che le sue molecole sono unite da forze
minori che nello stato solido ; ne deve
dunque risultare una diminuzione di
moto vibratorio, che è, a parlare con
FISICA , voi. II .
17
254
" Ε Ι . C ALORE
proprietà, una perdita Hi calore. Nel
passaggio allo stato (li gaz, in cui le
molecole sono ancora più indipenden­
ti le une dalle altre , la perdita di
moto deve essere ancora più grande che
nel passaggio allo stato liquido j questo
è ciò che l'esperienza conferma. In fine
nel ritornare allo stato solido e allo stato
liquido le molecole si legano di più in
p i ù , acquistano più intensità nelle loro
vibrazioni, e riproducono cosi un eccesso
di calore uguale alla perdita che aveva
avuto luogo nel procedere in senso op­
posto.
Le produzioni cosi meravigliose di ca­
lore e di freddo che risultano dalle chi­
miche mescolanze , si spiegano tutte così
facilmente con un aumento ο con una di­
minuzione delle forze che uniscono le
molecole del miscuglio , relativamenle
al modo di legame che aveva luogo in
ciascuno degli elementi della combina­
zione. Secondo ciò che indica la teoria,
la liquefazione , slegando le molecole,
deve trar seco una perdita di calore,
come nel miscuglio del sale colla neve­
che si liquefanno insieme e producono
LATENTE fc SPE CIFICO.
à55
tin freddo intensissimo. Ma si osserva
ancora il caso contrario, e non si sarà
sorpresi, riflettendo che indipendente­
mente dalle forze che presiedono all'ag­
gregazione delle molecole composte, e
che le teDgono allo stato solido, liquido
ο gazoso, conviene aver riguardo alle
azioni del tutto estranee a queste, e che
producono l'unione chimica delle mole­
cole dei due corpi combinati.
ARTICOLO
III.
Delta trasmissione del Calorico.
Ogni qual volta un corpo e più cal­
do ο più freddo di quelli che lo circon­
dano, egli perde ο assorbe del calore, e
si mette con loro in equilibrio di tem­
peratura. Questa trasmissione di calorico
si opera in due modi: dapprima per con·
tatto, indi nel modo stesso che il calore
del sole viene a noi, vale a dire per irra­
diazione.Lo studio di questi due modi di
propagazione è uno de' subbirtti delle ri­
cerche che più hanno occupato i fisici.
Consideriamo dapprima il riscaldameu­
256
E
D L CAIOE E
to per contatto , di cui l'alzarsi del
termometro e la sensazione del caldo ci
danno l'indizio e la prova. Se sommerge
la palla d'un termometro in un liquido
caldo, il calorico del liquido si dividerà
tosto col corpo in contatto con esso, e
il termometro indicherà un effetto più
pronto che se si fosse semplicemente espo­
sto al calore raggiante di questo bagno.
Il contrario avrà luogo se s'immerge in
un mez20 più freddo: in questo caso è il
colorico del termometro che si spande
nel liquido fino a che l'equilibrio di tem­
peratura sia stabilito. Nello stesso modo,
tutti i corpi ci fanno provare la sensa­
zione del caldo ο del freddo, quand'han.
no, al momento del contatto, una tempe­
ratura più elevata ο più bassa della no­
stra. L'abitudine influisce ancora molto
sulle nostre sensazioni a questo riguardo;
ci sembra che la temperatura del mezzo
che ne circonda, dopo qualche tempo sia
uguale a quella del nostro corpo, a me­
no che la differenza non sia molto con­
siderevole, e quest'abitudine modifica ί
nostri giudizi allorquando sentiamo un
calore differente. Ecco perchè le cantine e
TBASMISSIQBK.
SS7
le sergenti, delle quali la temperatura è
presso che costante, ci sembrano calde
nell'inverno, e fredde in estate.
Molte altre cagioni complicatissime ci
fanno provare una sensazione di caldo 0
di freddo più viva toccando certi corpi,
come i corpi lisci , i metalli, nel caso
ancora in cui il termometro non indichi
alcuna differenza, vale a dire, in cui real­
mente i corpi che tocchiamo sieno ad una
temperatura uguale. Questo effetto dipen­
de dalla densità del corpo, dalla levigatezza
della sua superficie, dalla sua capacità, e
dalla sua più ο meno conducibilità per
il calorico. C osi una tavola di marmo ci
sembra più fredda che una di legno, per­
chè il marmo più denso e più liscio ci
presenta più punti di contatto per mez­
zo dei quali si divide la temperatura del
nostro corpo; il ferro ci sembra più fred­
do che il piombo, perchè è miglior con­
duttore del calorico, e per conseguenza
toglie più rapidamente il calore ai no­
stri organi. L'acqua e i liquidi ci sem­
brano freddi, in parte a cagione del per­
fetto contatto che si stabilisce, in parte
perchè la, loro capacità pel calore è molto
258
E
D L CALOBB
considerabile, e per conseguenssa nè> esi>
gono di più per riscaldarsi. C i persua­
diamo a fatica che corpi che agiscono
su di noi tanto diversamente siano tuni
ad una temperatura uniforme ; ma uu>
momento di riflessione fa vedere che noi
giudichiamo i corpi toccati caldi ο fred­
di non in ragione della loro temperatu­
r a , ma in ragione della maggiore ο mi­
nore quantità di calore che ci trasmet­
tono ο ci tolgono, paragonata a quella
che noi dovremmo perdere ο guadagnare,
per il contatto dell'aria ο dei corpi chi}
ne circondano abitualmente.
.r
Il tempo necessario per riscaldare o !
raffreddare un corpo dipende dalla sua
facoltà conduttrice, e da quella delle so­
stanze che gli debbono trasmettere que'
sto calore, ο toglierglielo; e sotto questo
rapporto si distinguono i corpi in buoni
e cattivi conduttori del calorico. Questa
comunicazione è sempre molto lenta e
poco considerabile : ella decresce molto
rapidamente allontanandosi dal centro del
calore. Se ne avrà un' idea sapendo che
sarebbe impossibile di alzare d'un grado
la temperatura dell'estremità d'una barra
JBASMISSIOHR PE R ÇPHTATTO.
25θ/
di legno d'una tesa di lunghezza, appli­
cando all'altra estremità il fuoco il più
intenso; questa estremità sarebbe roveri­
te prima che l'altra fosse riscaldata sea­
sibilinentei Pertanto la maggior parte
dei metalli sono chiamati buoni condut­
tori , perchè sono dotati di questa facol­
tà a un più alto grado degli altri corpi,
ma presentano fra loro delle grandi dif­
ferenze: l'oro e l'argento sono i migliori
conduttori, il piombo e il platino sono
i più cattivi fra j metalli. In altre so­
.stanze, come nei legni, nel carbone, nel­
la lana, questa proprietà è quasi nulla.
Chi non sa che si può tenere in mano
un pezzo cortissimo di legno.ο di car­
bone in ignizione ad una delle sue estre­
mità? è lo stesso della maggior parte,
delle sostanze liquide e gazoscj ma que­
st'ultime sembrano tanto migliori condut­
trici del calore, quanto sono più dense,
mentre che per i solidi questa conside­
razione non è che secondaria.
S'impiegano varii metodi sperimentali
per .ottenere la facoltà conduttrice de'cor­
p i , ma è molto difficile di valutarla esat­
tamente , specialmente per i liquidi ο
"■' ­­­­'■­' ­ ­ . ^ " ^ T V " . r
,
­ . ^ifei.
a6o
E
D L CAtOBB
\
pei gaz, perchè in questi corpi Veffetto
si complica per l'estrema mobility delie
loro molecole ; tostochè una pozione
della massa è riscaldata ο raffreddati, e
per conseguenza dilatata ο contratta, can­
già di luogo e produce tosto delle correnti.
Ora questi movimenti comunicano alla
massa la nuova temperatura molto più
rapidamente che non l'avrebbe fatto il
semplice contatto delle molecole. Queste
correnti sono discendenti se il corpo si
raffredda, ascendenti se si riscalda.
I corpi non trasmettono tutti il calo­
rico allo stesso modo, e per conseguenza
si riscaldano e si raffreddano inegualmen­
te in tempi eguali. L'estensione della lo­
ro superficie, facendo variare il numero
delle molecole in contatto, modifica po­
tentemente questa durata ; noi vedremo
che lo stesso accade del calorico acquistare
ο perduto per irradiazione,e di più che lo
«tato e il calore di questa superficie sono
altre cagioni che influiscono molto sul
tempo necessario per mettere molti corpi
in equilibrio di temperatura : quindi, oltre
che la natura dei corpi seco porta delle dif­
ferenze nel modo d'irradiare il calorico,
TKASMISSI ONE
PE U
COKTATTO.
S6I
lo stato della superficie ne produce delle
nuove. Queste variazioni sono in rappor­
to colla proprietà di riflessione di queste
medesime superficie, per modo che quelle
che sono scabrose e cariche di colori, ir­
radiano e assorbono più calore, per riflet­
terne pochissimo, mentre che le superficie
lisce, ο il colore delle quali si avvicina
al bianco, irradiano e assorbono poco, ma
rifletton molto. Dobbiamo a Leslie le ri­
cerche le più importanti e precise su
questo argomento.
Il calorico raggiante segue assoluta­
mente lo stesso cammino, ed è sottopo­
sto alle stesse modificazioni che la luce:
onde noi ci limiteremo al loro solo an­
nunzio. E in ciò che apparisce, in tutta la
sua evidenza l'identità di questi due prin­
cipii , che sembrano prodursi e modifi­
carsi a vicenda, e che noi vediamo sog­
getti alle medesime leggi. Difatti il ca­
lorico si riflette come la luce alla su­
perficie dei corpi lisci, facendo l'an­
golo di riflessione eguale a quello d'in­
cidenza : come la luce, si concentra al fo­
co degli specchi riflettenti e a quello
delle lenti rifrangenti. È dunque , come
2
Γ>3
,
E
D L CAtOBB
la luce, sottoposto alla rifra sionV j e eo­
me essa presenta i fenomeni della\disner·
sione nello spettro solare. Abbiado ve­
duto, studiando questa parte interessan­
te dell'ottica, che esistono nello spèttro
dei raggi calorifici non visibili al di là
del rosso, e che l'intensità del calorico
va continuamente diminuendo partendo
da questa estremità fino al violetto, ove
essa è affattoinsensibile. Infine Bérard ha
dimostrato recentemente che il calorico,
anche del' tutto oscuro , è come la luce
sottoposto alla doppia rifrazione e alla
polarizzazione ; e più recentemente an­
cora Arago ha riconosciuto che il calo­
rico presentava i medesimi fenomeni di
interferenza, vale a dire di distruzio­
ne per una doppia riunione nel mede­
simo luogo. Sembra dunque impossibile
di separare il principio del calore da
quello della luce , e l'osservazione del
dotto ultimamente citato, provando che
calore aggiunto a calore produce il fred­
do, sembra dimostrare evidentemente che
il calorico non è già una materia par­
ticolare emessa dai corpi caldi, ma il
risultato di unojUlo di moto vibrato­
i
«ΑοοίΑκτΕ.
a(33
rio soggette per conseguenza alle mede­
sime leggi meccaniche di tutte le ondu­
lazioni.
Noi abbiamo detto che i corpi ί più
lisci sono quelli la cui superficie loro
lascia penetrare menp raggi di calore,
ma che ugualmente ne emettono di me­
no : in generale si può dire che que­
ste proprietà sono sempre correlative.
Da ciò ne segue che questi corpi deb­
bono riscaldarsi e raffreddarsi lentamen­
te. Le superficie appannate e nere al
contrario sono quelle che assorbono la
più grande quantità di calore, ma irra­
diano anche di più per modo che si ri­
scaldano e si raffreddano molto rapida­
mente. C osì annerendo e rendendo appan­
nati i corpi i più tersi, si aumenta enor­
memente la loro facoltà di assorbire e
di emettere. C ol mezzo del termometro
differenziale di Leslie e del termoscopio
di Rumford, de1 quali se ne può acqui­
stare un' idea colla figura 2 3 , si valu­
tano i più piccoli irradiameuti. Questi
strumenti, che non servono che ad indi­
care le differenze di calore, contengono
ne1 bulbi due masse d'aria separate da
\
a(V
­bei
CALORE
un liquido che mostra il bulbo meno ri­
baldato, per la parte verso la quale il
liquido si trasporta
I corpi col loro mutuo irradiamento
in tutti i sensi mantengono e ristabi­
liscono perpetuamente l1 equilibrio del­
la loro temperatura. Allorché si vuole
comprendere chiaramente la dottrina dei
cambi che noi dobbiamo a Prévôt di Gi­
nevra, conviene rappresentarsi la super­
ficie di un corpo come una parte che
dà continuamente passaggio colla stessa
facilità al calorico che viene tanto dal
di dentro quanto dal di fuori ; si vede
allora che i corpi più caldi del re­
cinto che li circonda, debbono lasciar
uscire più calore di quello che ne ri­
cevono ; laddove ha luogo il contrario
pei corpi più freddi. Del resto se si di­
spongono (fig. 26) due specchi riflet­
tenti ben paralellamente, e che si pon­
ga al foco dell1 uno un termometro , e
al foco dell'altro un pezzetto di ghiac­
cio , ο nn vaso di vetro contenente del­
l' acqua calda, intercettandone qualun­
que comunicazione diretta col mezzo di
uno sccrmaglio, si vedrà il termometro
RAGGIANTE.
afi5
abbassarsi ο innalzarsi rapidamente. Che
accade di fatto in questa sperienza , la
quale prova inoltre la concentrazione del
calore al foco degli specchi ? Il termo­
metro , come pure il pezzetto di ghiac­
cio irradiano in tutti i sensi, ma gli spec­
chi sono per essi de1 recinti clic loro impe­
discono d'entrare in comunicazione collo
spazio, per modo che non ponno che far
cambio reciproco l'uno colPaltro ; dal
che ne deve risultare una dispersione
considerevole per quello che è più cal­
d o , e che emette più calore senza rice­
verne che pochissimo in compenso.
L'irradiamento è la cagione principale
che stabilisce e mantiene fra tutti i cor­
pi una temperatura uniforme; un corpo
che sia più caldo irradia in maggior quan­
tità che non ne riceve; deve dunque
raffreddarsi fino a che sia pervenuto allo
stesso grado; se è più freddo, tutti i cor­
pi circostanti gli mandano più calore
di quello che ne ricevono, e l'equilibrio
è tosto ristabilito : infine questa tempe­
ratura uguale si mantiene pei cambi re­
ciproci fra tutti i corpi­ Ma se ve ne
sono di quelli posti in modo da irradiare
2
6θ
E
" L CALORE
senza riceverne, egli è evidente che si
dovranno raffreddare: ciò è quello che si
riscontra nei corpi posti alla superficie
della terra durante la notte, quando il
tempo è molto sereno, ed è ciò che pro­
duce la rugiada e la brina. Questa spie­
gazione d'un fenomeno giornaliero, data
da C Weels, è una delle più belle appli­
cazioni della teoria dell'irradiazione;essa
mostra perchè un leggier velo basti per
difendere le piante dai dannosi effetti
della brina.
Il modo d'irradiamento e di condu­
cibilità del calorico per parte dei cor­
pi non cessa di avere delle applicazioni
nelle arti economiche. Dovrebbe special­
mente essere per le nostre vesti il rego­
latore delle mode. C i fa conoscere che si
ponno stabilire delle tramezze sottilissime
e molto calde col mezzo del carbone pe­
sto posto fra due intonachi molto sottili
di gesso, poiché il carbone, cattivissimo
conduttore del calorico , ne trasmetterà
pochissimo per contatto, e la superficie
bianca del gesso farà che la dispersione
per irradiazione sia quasi nulla. C i fa ve­
dere ancora che un Testito bianco, di
H AGGI ASTE.'
269
sostanze organiche , cattivo conduttore,
come la seta, la lana, le pellicce, e quello clic conserva più il calore, specialmente se le fibre delle stoffe sono molto fine.
L'influenza del pulimento delle superficie,
per diminuire l'irradiamento e l'assorbimento di colore, non è meno considerevole che quella della loro natura e del
loro colore : quindi è impossibile di far
bollire dell'acqua in una caffettiera d'argento molto liscia, anche posta vicinissima al fuoco, almeno quando non è a immediato contatto.
Abbiamo or or veduto che l'irradiazione , raffreddando i corpi, è la cagione
del deposito dell'umidità dell'aria sotto forma di rugiada : il ghiaccio che si
forma al Bengal , esponendo dell'acqua
in recipienti aperti da tutte le parti
è un fenomeno del tutto analogo. È lo
stesso del freddo intenso che regna nelle contrade le più cocenti dell' Affrica, e che ci ha tolto recentemente uno
di que1 viaggiatori intrepidi 0 ) a i l"*1*'
si dirà non avere sfuggito alcun perico-
(>) 11 doit, ouiticf.^^^-ì^m*1''
'
a88
E
D I. CALORE
lo , quando si vedono perire di freddo
nella zona torrida. Si vede che in queste
contrade, ove il suolo è molto compatto,
e il cielo molto sereno, la dispersione
del calore occasionata dall'irradiazione
verso lo spazio durante la notte debbe
essere molto considerevole: faremo ancora
osservare che in queste aride contrade
il vapore d'acqua è cosi raro che non se
ne deve quasi affatto condensare sotto
forma di rugiada: il suolo non può dun­
que prendere in compenso, come nei no­
stri climi, la grande quantità di calore
latente che il vapore restituisce nel pas­
sare allo stato liquido.
La natura sembra aver messo tutte le
sue produzioni in armonia colle circo­
stanze fisiche che le debbono circondare,
e l'uomo stesso vi si sottomette per istin­
to , quando la civilizzazione non lo ha di
troppo sviato dalla strada naturale. Noi
vediamo i negri, e in generale tutti gli
abitanti delle regioni dei tropici, essere
dotati di colori neri, ο molto oscuri a
line di facilitare Γ uscita dell'eccesso di
calore che porta nei loro corpi l'aria
cocente che respirano , mentre che a
RAGGIASTE.
369
misura che noi ci accostiamo ai poli, vediamo la pelle imbianchire, e il color
biondo de' capelli divenir di più in più
dominante. La maggior parte degli animali dei paesi settentrionali, come gli
orsi bianchi, le martore,le lepri, e c , hanno
una spoglia bianca che conserva il loro
colore naturale, e ve ne sono di quelli
che noi vediamo rivestiti dalla previdente
natura d'un abito oscuro per l'estate,
d'una pelliccia bianca per l'inverno.
Dietro queste considerazioni, noi dovremmo portare durante Testate, al sole,
dei vestiti bianchi che riflettessero i raggi di quest'astro: all'ombra, dei vestiti
neri per disperdere il calore del corpo:
durante l'inverno gli abiti bianchi sarebbero necessari! per non perdere questo
calore. In questa stagione noi vediamo
la neve conservare le piante che ricopre,
per mezzo della poca irradiazione della
sua superfìcie bianca.
FISICA , voi.
li.
'8
CONSIDERAZIONI GENERALI
SUI FLUIDI IMP0HDSRAB1H E SULLA CAGIONE
DEI FENOMENI FISICI.
*****
IN EL prospetto che noi abbiamo presentato delle nostre cognizioni siili1 elettricità, il magnetismo, la luce e il calore,
come in tutte le altre parti della fisica,
noi abbiamo procurato di riferire i fenomeni alle teorie che servono a spiegarli, e di stabilire quindi, all'occasione dei
fatti, le proprietà degli agenti, dei quali
l'esistenza ipotetica ci offre, se non la
realtà, almeno l'immagine delle vere cagioni. I fatti pertanto essendo sviluppati
'e conosciuti, non sarà di poca importanza
il riguardare la scienza sotto un punto di
vista differente, e di esaminare come questi agenti supposti riproducano tutti i
fenomeni : perciò noi riuniremo attorno
d'una medesima causa teorica tutti gli
effetti che ne risultano , in modo da discendere dal principio alle conseguenze
mentre die precedentemente noi siamo
risaliti dall'esperienza alla teoria. Noi
ÇOMSIDEBÀZIOlfl CE KE BAlt.
271
avremo ancora il vantaggio d'insistere so­
pra viste ο rapporti che un altro conca­
tenamento di verità, costituenti la scien­
za, non avrebbe permesso di sviluppare ο
di riconoscere.
llcomplesso degli esseri materiali,consi­
derati nella loro essenza, si divide natu­
ralmente in due classi : le molecole pon­
derabili da una parte, β dall'altra il flui­
do ο i fluidi eterei die ne occupano gli
intervalli. Tali sono gli elementi teorici
coi quali i fisici, nuovi creatori,, eono ob­
bligati di costituire il mondo fisico. Ma
quali forze, quali proprietà conviene egli
attribuire alle molecole, aV^'tere, per de­
durne tutti i fenorae»» d'attrazione, di
coesione,, di regione «ielle molecole?
Se noi n ° n possiamo innalzarci fino a que­
ste proprietà fondamentali, delle quali
tutte le altre ne sarebbero la conseguen­
za, procuriamo almeno di stabilire preci­
samente le condizioni che dovrebbero
adempire tutte le ipotesi che si potesse­
ro immaginare.
11 primo fatto a spiegarsi nella costi­
tuzione dei corpi si è evidentemente que­
sta sospensioni; cosi maravigliosa delle ino.
2-2
C0HSTDEHAZ10M
lecole vicine, che non permette ad esse
né di ravvicinarsi di più, né di sfuggire. La
mutua attrazione di tutte le parti della
materia essendo ammessa, chi loro impedirebbe di giungere a contatto? ciò non
sarebbe già l'etere, malgrado la forza elastica che gli si deve attribuire, perché
questa forza agisce ugualmente in tutti i
sensi. Conviene dunque aver ricorso ad
un'altra forza ripulsiva fra le molecole
««·« corpi ; ma qual sarà questa forza ? il
calorico per verità può aumentarla per
mezzo delle sue vibrazioni, facendo variare le distanze rispettive, ma non può
produrla. Am», f i tt e r a s s i una ripulsione
elettrica fra le m o l a l e simili, che per
conseguenza dovrebbero etrwre elettrizzate nello etesso modo, ripulsione ohe aumentando rapidamente colla distanza;
contrabbilancerebbe l'attrazione essenziale
alle molecole?... Il gran numero delle
ipotesi dello stesso genere , che qualunque spirito un poco esercitato alle considerazioni fisiche potrebbe indicare come possibili. riduce quasi a niente il
valore di queste speculazioni teoriche,
Ano a che una di esse, aggiungendo ai
GEBEI1ALI.
27a
merito della verosimiglianza quello di
ben rappresentare tutti i fenomeni, possa
reclamare una stima esclusiva. Contentiamoci di qui indicare le condizioni da
adempirsi , senza tentare di soddisfarviEcco qui le prime tre cose da spiegarsi:
l'attrazione mutua delle molecole allontanate: la cagione che le tiene ad una certa
distanza dal contatto,- in fine l'origine
delle forze che producono la coesione
legando fra loro le molecole dei corpi
nelle posizioni invariabili.
Molli fisici hanno riferita all'etere la .
causa dell'attrazione, che loro sembrava impossibile di porre nell'essenza stessa
dei corpi. La quistione, come si vede,
richiederebbe, per la sua completa soluzione, che vi si riferissero ancora le forze
che producono la coesione dei solidi, e
che noi abbiamo chiamate forze polari:
ora ciò è che sembra impossibile, a meno
che non si chiamino in soccorso le forze
elettriche. Queste nascerebbero , come
l'abbiam detto, dall'etere decomposto in
due fluidi , che separati eserciterebbero
delle azioni attrattive e repulsive , mentre che dalla loro unione ne risulterebbe
2^4
E
C0KSID HA7.10HI
un fluido neutro, inattivo, Teiere infine,
il cui solo carattere distintivo sarebbe
l'elasticità , proprietà tutta meccanica,
indipendente dalla natura delle «ostarne
alle quali appartiene.
I due fluidi formanti l'etere ponno es­
sere concepiti differenti da questo senza
alcuna difficoltà, come nella decomposi­
zione dell'acqua, i suoi due elementi,
l'ossigeno e l'idrogeno, manifestano delle
proprietà del tutto estranee a quelle del
composto da cui sono usciti. Da ciò deri­
vano moltissimi effetti! e primieramente
tutte le azioni elettriche, nelle quali la
tcnsionc,sia positiva, sia negativa, si ma*
nifesta; in seguito le correnti,allorché i
due fluidi di continuo trasportati verso
ι punti in cui si neutralizzano senza in­
terruzione, circolano con un moto con­
tinuo. In line le azioni magnetiche, con­
seguenze delle correnti, come le correnti
lo sono della lensione che si stabilisce
ai due poli d'un apparato elettromotore
qualunque, quando si fanno in seguito
comunicare fra loro le due estremità.
E appunfoqui dovevieuea stabilirsi la
nuova teoria elettro­chimica, nella quale
GEHEltAL).
5^5
si riferisce l'affinità ad uno stato elettrico
permanente degli elementi che si combi­
nano. L'esperienza prova che si può for­
mare una tavola delle affinità chimiche
esatta tanto secondo le proprietà elet­
triche dei corpi, quanto secondo la loro
reazione direttamente osservata. Aggiun­
giamo inoltre che l'unione ο piuttosto
il ravvicinamento grandissimo degli ele­
menti combinati deve produrre delle vi­
brazioni , e per conseguenza del calore
e della luce , indipendentemente del re­
sto da qualunque aumento ο diminuzione
della forza di coesione, le di cui variazioni
come si è veduto, sono potenti cagioni
di riscaldamento ο di raffreddamento.
La luce e il calore che producono le cor­
renti elettriche nei corpi ο nel vóto, sono
una conseguenza naturale dei motivibrato­
rii che deve conservare ο produrre l'etere
ricomposto cosi nei suoi due elementi, il
fluido positivo e il fluido negativo. Tale
è pure probabilmente la cagione della
porzione del calore animale, che non e
dovuta alle azioni chimiche, come anche
della luce de1 vermi lucenti, e di qual­
che animale fosforescente, che si può
2 r(")
E
COBSID RAZIOM
rilerire alle correnti elettriche. Quanto
alla fosforescenza dei corpi in putrefazione,
si spiega facilmente col mezzo degli ef­
fetti chimici; quella dei corpi riscaldati,
col mezzo delle vibrazioni calorifiche che
hanno potuto eccitare le vibrazioni lu­
minose; in fine, quella che produce l'e­
sposizione ad una viva luce è la conse­
guenza dei moti vibratorii molto energici,
de1 quali sussiste più ο men lungo tempo
una quantità più o­men grande.
Se noi esaminiamo in fine il caso del
semplice moto vibratorio dell'etere, che
costituisce il calore e la luce, noi vedre­
mo la forza e la frequenza variabile delle
vibrazioni dare la luce più ο meno in­
tensa e i colori diversi : effetti ana­
loghi hanno luogo pel calore , > di cui
raggi non sono nondimeno suscettibili
di vibrare in un modo cosi differente,
poiché tutto il calore si concentra all'u­
na delle estremità dello spettro allungato,
mentre che la luce ne occupa tutta la
lunghezza. Dietro queste medesime defi­
nizioni, noi non saremo sorpresi di ve­
dere, in certi casi,il calore divenir luce,
lalucecalore: ciò non è che un impiego di­
GEKERALl-
2
77
Terso della stessa quantità di moto vibratorio, e il moto meccanico medesimo, come
nello strofinamento, nell'urto, nella compressione, che nell'agitare le molecole, si
trasforma naturalmente in luce e in calore.
La trasmissione di questi moti si opera
dapprima per mezzo dell'etere, e in seguito per mezzo delle forze che legano fra
loro le molecole : imperciocché non si
può spostare l'uno dei corpi d'un sistema
senza turbare lo stato dinamico del sistema intero. Questo rilievo rende perfettamente ragione della poca conducibilità dei fluidi, dei liquidi e dei gas, dei
quali la coesione è debolissima, specialmente se si fa ancora attenzioi.e che la
maggior parte del moto trasmesso dall'etere non agita in modo permanente le
molecole dei fluidi. In un mezzo perfettamente elastico e omogeneo, non sussisterebbe, dopo il passaggio dell'onda, alcuna
traccia di questa agitazione momentanea.
Non si può revocare in dubbio l'azione della luce sulla cristallizzazione, sul
colorimento dei vegetabili, e su alcuni reattivi chimici. Si spiega come l'influenza del fuoco,così potente in tutte te
2^8
E
C0HSID BAZ10K1
combinazioni, collo stato vibratorio che
prendono le molecole sottomesse a queste
vibrazioni, che ora avvicinando, ora al­
lontanando le molecole, fanno variare
per ciò in una maniera considerevole le
forze che presiedono alla loro aggregazione.
Le ondulazioni calorifiche più appropria·*
te a quelle che ponno eseguire le moleco­
le dei corpi, poiché esse pure provengono
da movimenti molecolari, debbono, come
lo prova l'esperienza, produrre più effetto
che le vibrazioni luminose. Ma per non om­
mettere alcuno dei rapporti che lascia
ravvisare l'esame dei fatti, la maggior in­
fluenza della luce violetta è forse dovuta
a ciò, che i raggi di questo colore hanno,
coi raggi calorifici posti all'altra estremila
dello spettro un'analogia grandissima di vi­
brare circa due volte più frequentemente.
Terminiamo questi cenni, che il lettore
non metterà tutti allo stesso grado d'im­
portanza ο di probabilità , col far osser­
vare, relativamente alle viste teoriche, che
è cosi importante per colui che vuole
contribuire all'avanzamento della scienza,
di lasciarsi guidare da esse, come danno^
io l'a ttaccarci troppa realtà. In luogo di'
GEKEHAII.
279
restringersi in un picciol cerchio, d'onde
non si esce che difficilmente, si è spesso
condotti , da un sistema anche falso, alla
scoperta di fatti importanti che a lui so­
pravTengono·. imperciocché è naturale il
pensare che una teoria immaginata per
rappresentare un gran numero di feno­
meni , ne può indicare altri i cui legami
coi primi, non si sarebbero preveduti sen­
za di essa. Del resto, consultando l'isto­
ria delle scienze, noi vediamo Keplero,
Cartesio, Huygens, Newton, ed anche i
più felici sperimentatori dei nostri giorni,
le di cui luminose scoperte ci mostrano
il valore, lasciarsi guidare da teorie pm
0 meno probabili, più ο meno generali.
1 fenomeni della natura sono un labirin­
to in cui la debolezza della nostra intel­
ligenza ci lascia nelle più dense tenebre:
si ricuserà dunque l'assistenza di un filo
che ci permette d'esplorarne una parte,
perchè noi non troveremo questo sicuro
filo abbastanza solido ο abbastanza este­
so per farcene percorrere tutti gli andi­
rivieni, senza essere obbligati di cambiar­
ne la guida ?
a8o
BIOGRAFIA
DEI PIÙ 1 ILLUSTRI FISICI.
BLACK, fisico e chimico inglese. Morì
nel 1777· Si debbe a lui d'aver richiamata l'attenzione dei dotti sul calorico
latente.
BOUGUER, matematico francese, celebre
astronomo, idrografo, e fisico. Fece parte
della spedizione degli accademici francesi
che andò nel 1736 al Perù a misurare un
grado della terra. Dobbiamo a Bouguer
un1 opera originale sulla misura dell'intensità della luce. Mori nel 17.58 d'anni
63. (.Vedi ^Astronomia dell'EscicLOPEDiA
PORTATILE ) .
COULOMB, fisico francese, morì nel
1806. Fu uno dei migliori sperimentatori
e calcolatori. Col mezzo della bilancia di
torsione e di altri apparati ingegnosissimi
e molto delicati è pervenuto a sottoporre all'osservazione le più piccole forze
attrattive e ripulsive, e a determinarne^
la legge colla massima precisione. L'elet-
BIOGnAFIA DE1 FISICI.
28l
tricità e il magnetismo gli debbono quasi
tutto ciò che si sa eli preciso sulle leggi
della loro azione.
CARTESIO, nacque nel 1596, visse nella
prima metà del secolo 17° Senza richiamare tutti i suoi titoli all'ammirazione
degli uomini, noi gli assegneremo uno
dei primi posti nella fisica, non solamente per aver messo sulla strada retta
onde ricercare la verità, ma ancora per
esser<; autore della scoperta della legge
cosi importante della rifrazione della luce, ricercata inutilmente da tutti i suoi
predecessori. Invano una falsa interpretazione di qualche parola d'Kuygens ha
fatto attribuire a Sncllius la scoperta di
questa legge: si deve come dice Laplace
rendere a Cartesio una giustizia completa.
Ci duole che la nostra Biografia non ci
permetta di dar luogo ad una dissertazione nella quale si potrebbe dimostrare che
una grande scoperta appartiene interamente a un gran uomo che si prostrò s i
piedi degli altari per la ricerca della
verità, fuggendo gli uomini e la sua fama. Morì nel i65o a Stockholm, ove egli
tra stato chiamato dalla regina Cristina
28a
BIOGRAFIA.
( Vedi VAstronomia C IC II'ENC IC LOPEDIA POR­
TATILE ).
CRAWFORD, fisico e chimico inglese,
mori nel 1795 di 46 anni. Si applicò in­
sieme col dottor I rvine intorno ad impor­
tanti ricerche sul calore, e dobbiamo loro
molte tavole della capacità dei corpi pel
calorico. C rawford è autore di un' opera
sul calore animale e sulla combustione, ed
Irvine di alcuni «aggi tal medesimo ar­
gomento.
FRANKLIN, illustre americano, nac­
que a Boston nel 1706, dimorò molto
tempo in Francia come agente degli Sta­
ti­Unili. La sua scoperta dell'identità del
fulmine coll'elettricità, e la sua ammi­
rabile invenzione dei parafulmini lo ren­
deranno per sempre celebre. Morì nel
1790.
■/
GALVANI. Verso la 6ne dell'ultimo
secolo tutti gli spiriti furono vivamente
colpiti dalla scoperta di questo fisico ita­
liano, Avendo spogliate della loro pelle
alcune rane destinate a delle preparazioni
anatomiche, egli si avvide che toccando
con uno strumento di metallo, i loro ner­
vi e i loro muscoli, si eccitavano delle
DE1 FISICI.
s83
convulsioni assai forti. Questa osservazione avrebbe potuto perire fra altre mani;
ma Galvani la ripetè in diversi modi, e
coll'aiiito del suo nipote Gio. Aldini egli
fu condotto a riconoscere l'azione d'una
specie di elettricità, che si distinse per
qualche tempo dall'elettricità ordinaria
col nome di galvanismo. Si sa quanto
i lavori del Volta hanno esteso il dominio di questa parte dell'elettricità, che
ha usurpato quasi tutto il campo della
fisica, della chimica , della fisiologia, e
in fine quello del magnetismo. Galvani
mori nel 1798.
HOOK.E, celebre fisico, membro della
Società reale di Londra e contemporaneo
di Newton; ebbe con questi le più violenti discussioni intorno la scoperta dell'attrazione, che altri pretendevano negare
a tutti e due; ma Newton si era appropriata questa scoperta dimostrandola col
calcolo dei moti celesti. Hooke si distinse per una infinità d'invenzioni ingegnose.
Indicò l'esperienza dell'aberrazione per
cercare una prova del moto della terra.
Non si sa comprendere coinè una si bella
scoperta sia stata comprovata tanto tempo __
28<
BIOOBAFIA
dopo. Egli ha dato nella sua Micrografia
una spiegazione degli anelli colorati mediante la teoria delle vibrazioni luminose
che egli aveva adottata. Morì nel i 7 o3.
HUYGENS, membro dell1 Accademia delle Scienze e della Società reale di Londra , d'una celebre famiglia d' Aia, fiorì
tra Cartesio e Newton. Fu chiamato da
Luigi XIV in Francia. Le sue scoperte
astronomiche ( vedi {'Astronomia dell'EsCICLOPF.DIA POETATILE ) gli avrebbero gua-
dagnato un nome glorioso senza neppur
contare i suoi ammirabili lavori matematici: ma la sua teoria delle forze centrifughe, la sua spiegazione de' fenomeni
della luce colle ondulazioni, e l'applicazione che ne fece alla doppia rifrazione,
gli hanno assegnato uno de1 primi posti
fra i genii che fanno onore all'umanità.
Le sue opere numerose hanno il merito, forse unico, di non contenere alcun
errore. La nobiltà del suo carattere e
della sua condotta corrispondevano a quella del suo intelletto. Egli rese giustizia
a tutti i suoi contemporanei, e non conobbe ne la rivalità né l'invidia. Morì all'Aia nel i6ij5, d'anni GO. t v
DE1 FISICI.
a85
K.IRWAN, illustre scienziato inglese, al
quale la teoria del calore è debitrice di
molti e bei lavori, figura fra i primi chimici e mineralogisti ( Vedi la Mineralogia dcll'EllCICLOPEDIA PORTATILE).
LAMBERT, dell'Accademia di Berlino,
fiorì verso la metà del secolo passato,
morì nel 1777· Siamo a lui debitori di
alcune ricerche e di numerose spcrienze
sul suono, suirigrometria, e sulla fotometria; ma, come Eulero, fu più matematico che fisico.
MALUS, fu autore d'una delle più importanti scoperte della fisica, la polarizzazione della luce. Nacque a Parigi nel
1775, e fu uno dei primi e più illustri
allievi della scuola Politecnica. Si occupò
pel primo a determinare il corso che seguono i raggi luminosi , riflessi 0 rifratti da superficie a qualunque curvatura : ma fu dopo la campagna di Sambra-Mosa, e di Egitto che divenne UDO
de1 capi di questa scuola; scuoprì la polarizzazione per riflessione, esaminando
gli (fletti della doppia riflessione dello
spato d'Islanda. Le sue scoperte sono
inserite in un1 opera intitolata : Teoria
FISICA , voi. IL
19
286
BIOGRAFIA DE
1
FISICI.
della doppia rifrazione. Nominato mem­
bro dell'Istituto, mori prima del 3η.° an­
no nel 1812, nel momento che i suoi
lavori davano di lui le più grandi spe­
ranze.
RUMFORD (conte d i ) , membro del
l'Istituto e della Società reale di Londra,
ha fatto sul calorico, considerato scientifi­
camente e sotto il punto di vista della
sua economia nelle arti, una serie im­
mensa di ricerche importanti. Propose
alla Società reale un premio, che egli
riportò pel primo. Il secondo fisico co­
ronato fu Leslie, e più tardi Wells. Morì
nel 1814.
VOCABOLARIO
DE' T E R M I N I T E C N I C I
DELLA FISICA
JDHI CORPI IMPONDERABILI
:
~
A
ABERRAZIONE. Spostamento apparente degli astri
dovuto alla celerità della luce, 159.
·— Di rifrangibilità: difetto delle lenti, che non riuniscono i diversi colori nel medesimo foco, 226.
— Di .-sfericità: altro difetto delle lenti, i cui orli
rifrangono più i raggi che il centro, ivi.
ACCESSO di facile trasmissione.
— Di facile riflessione. Proprietà delle molecole luminose immaginate da NewtOD, per ispiegarc i colori delle lamine sottili, 177.
ACROMATISMO. Compensazione dei colori prodotti
dalla rifrazione col mezzo di due lenti d'una forza
di dispersione contraria , 199.
ACUSTICA. Scienza de' suoni, loo.
ACUTO f suono). Risulta dalle frequenti vibrazioni, 126.
ANELLI COLORATI. V, U U H X SOTTILI, 11$.
88
C
VO ABOLARIO
ARCO BALENO. Ateo dell'iride de' colori dello
spettro» prodotto dalla rifrazione e dalla riflessione
nelle gocce della pioggia , 201.
ARMONICHE, Hanno col suono fondamentale de'
rapporti semplicissimi, 129.
A T T R A Z I O N E . Ha forse per cagione l'etere univer­
sale, 27.3.
— Elettrica. Ha luogo fra i corpi carichi di fluidi
differenti, 3 i .
2
Β
BATTERIA elettrica. Riunione di parecchi vasi ana­
loghi alla bottiglia di Leida , 6 1 .
BILANCIA elettrica. Specie d'elettrometro , 55.
B O T T I G L I A DI LEIDA. C orpo isolante fornito di
due corpi conduttori. ■— Accumula l'elettricità, 6 l .
BUSSOLA. Ago calamitato che serve a riconoscere la
posizione de' punti cardinali, 92,
C
CALAMITE , 89. — Naturali, artificiali, 90.
CALORE. C onsiderato come un c o r p o , ο come il
risultalo di movimenti vibratori!, 237. ­— Sue
sorgenti, 23g
Latente, &j6
Specifico, 25».
.— Sua trasmissione per contatto, 2 5 5 . — Ter ir­
radiazione, 260.
CALORICO. V. C AtoBE.
CALORIMETRO. Istrumento che misura la quantità
di calore d'un corpo col inciso de] ghiaccia che
fonde raffreddandosi, j 5 j ,
FISICO.
289
CAMERA LUC IDA. Prisma di vetro a quattro Cac­
ce , che mostra sopra un cartone orizzontale l'im­
magine degli oggetti circostanti, 2 3 1 .
CAMERA OSC URA. Apparato che rappresenta sopra
una carta l'immagine de' corpi esteriori. ■— Sua
costruzione, 200.
CANNOCCHIALI. V. TELESC OPI', 226.
CARRIGLIONE elettrico, 6 2 .
CATENA elettrica, 76.
CHIMICHE (combinazioni ). Sviluppano l'elettricità,
46. — Ed il calore, 24 1. — Per qual cagiono, 2 7 4 .
COLORI. Si ottengono dalla luce bianca per l'ine­
guale rifrazione di ciascuno d'essi, 2o5. — Risul­
tano dalle interferenze e dalla diffrazione, l 6 5 . —
Dalla riflessione parziale de' corpi, 212. — 11
bianco , il nero ed il grigio non sono punto colo­
ri , 2o4­
COMBUSTIONE. C ombinazione che sviluppa calore
e luce, 241·
COMMOZIONE elettrica. V . SC ARIC A.
COMPRESSIONE. È una sorgente dell'elettricità, 44.
CONDENSATORE. Accumula l'elettricità come la
battigia di IMda, 5<).
CONDUCIBILITÀ'. Proprietà de' corpi che propn­
gano facilmente l'elettricità, 4 0 . — Il calore, 258.
CONDUTTORI. C orpi che punto non conservano
l'elettricità, se non sono isolati, 4 l · — L a con­
ducibilità elettrica e variabile no' corpi, 5o. —
Conduttori del calorico , 258.
CONSEGUENTI ( punti ). Poli nella lunghezza di
una verga calamitata, 9 6 .
ago
C
VO ASÒLARIO
CONTATTO (elettricità sviluppata per), 44. —
Produce i fenomeni galvanici, §5. — Ha sommini­
strato la pila vohiana , I fè.
CONTRO­COLPO. È dovuto alla rientrata ddjZui.
do elettrico, 73.
CORNO acustico. C oncentra l'onda sonora al fondo
deli*orecchio t llfy.
CORRENTI elettriche, 8o. — Loro effetti magneti'
Ci, 83. ­— Della terra , 85.
D
DECLINAZIONE. Angolo dell'ago col meridiano, 92.
DIAPASON. Nota vibrante che dà un suonofisso,128.
DIFFRAZIONE. Deviazione delia luce dal suo corso
in linea retta, 164* — Sua importanza teorica, 160.
DOPPIA RIFRAZIONE. Separazione della luce in
due fasci oc* cristalli» 2l5.
E
ECCITATORE. Conduttore che serve ad operare le
scariche senza pericolo, 61.
ECO. E prodotto dalla riflessione de* suoni, 112.
ELETTRICITÀ' ( electron, ambra gialla ). Sua ori­
gine e sua natura , 32. — Sue sorgenti, 4 2 · —■
Mezzi di svilupparla, 53. — Fenomeni ch'essa pro­
duce , 69.
■— Accumulata. Suoi effetti; loro spiegazione, 5$.
— Atmosferica. Sue sorgenti, 53, 71. — Suoi ef­
fetti , 70.
FISICO.
29I
E L E T T R O F O R O . Istrumento che produce elettricità per influenza, 5 7 .
E L E T T R O - M A G N E T I S M O . Fenomeni in cui l'elettricità produce effetti magnetici, 8 2 .
E L E T T R O M E T R I , Eleltroscopìi. Istrumenti che
misurano od indicano l'elettricità , 5 ^ .
E T E R E . Fluido universale, sottilissimo, imponderabile,
molto elastico- — E una combinazione neutra di
due fluidi reagenti, 9 7 . — L e sue vibrazioni danno
luce e calore raggiatiti, 2 7 6 .
F
FANTASMAGORIA. V. L A H T Ì B N A MAGICA, 2 3 2 .
FIAMMA. Incandescenza dei gaz che si combinano, 2 ^ 1 .
F I L I CONDUTTORI ( correnti elettro-magnetiche ), 80.
F L U I D I elettrici. Agenti incogniti ammessi per la
spiegazione dei due stati elettrici, e dei loro effetti,
3 4 . — Positivo. — Negativo, 36. — La loro combinazione forma il fluido universale 0 l'etere, 2 7 3 .
F O C O . Punto di riunione dei raggi ricevuti dagli
specchie dalle lenti. -— Principale, 190.
FORZA E L E T T R O M O T R I C E . Causa di separazione dei àuefuidi,
in forza delle tendenze speciali
di ciascun corpo, ^ 0 .
FOSFORESCENZA. Sua causa e suoi effetti, l 4 9 · 276.
F O T O M E T R I A . Misura dell'intensità della l u c e ,
1 8 9 , 221.
F R A N G I E COLORATE. Risultano dalle interferenze, i 6 5 .
2θ2
C
VO ABOLARIO
FULMINE. È una scarica del fluido elettrico, 7 0 . —
Ascendente i ? 3 .
F U O C O . Sinonimo di calore.. Indica altresì la com­
bustione che produce calore e luce, 2 4 1 .
G
GALVANISMO ( di Galvani,
inventore ). Effetti
elettrici prodotti dal contatto , §5. — E il risul­
tato delle correnti elettriche, 8 0 .
G E L O BIANC O. Rugiada congelata dal raffredda­
mento ulteriore d' un corpo su cui essa si depo­
n e , 266.
GRAVE (suono ). Risulta da vibrazioni poco fre­
quenti, 127.
I
I G N I Z I O N E . V.
INC ANDESC ENZA.
INCANDESCENZA. Slato di un corpo divenuto lu­
minoso a cagione del calore , i ^ 8 , z!\\.
INCLINAZIONE. Angolo il di cui asse d ' u n ago
calamitato s'abbassa al di sotto dell'orizzonte, 0 2 .
I N F L E S S I O N E . V. DIFFRAZIONE , 164.
I N T E R F E R E N Z E . Distruzioni di raggi luminosi e
calorifici, le cui vibrazioni non s'accordano, I 6Q.
— De* snoni, 116.
ISOLANTI, ISOLATORI. C orpi ebe non· danno pas­
saggio ali'elettricità, 4*·
FISICO.
2()3
.cMiaaei·"' ■
' ■·:
L
LAMINE S O T T I L I ( colori delle ). Hisultano dalle
interferenze de' raggi riflessi dalle due superficie
della lumina, 175.
LAMPO. È la luce della scintilla del fulmine , 7­3.
LANTERNA MAGIC A. Apparato che rappresenta in
grande piccioli oggetti col mezzo di una lente, 232.
L E N T I . C orpi trasparenti a superficie sferiche, 197.
— Concavi e convesse , riuniscono e disperdono 1
raggi, 198.
LINGUETTA. Apparecchio che pone l'aria in vibra­
zione, aprendole e chiudendole alternativamente U
passaggio, 125.
LL'CE. Due opinioni sulla sua causa , \&η. — Sue
sorgenti, sua intensità, sua celerità, lift· — Sua
diffrazione, sue interferenze , sua teoria, lOo. —
Sua riflessione, 184. — Sua rifrazione, i g 3 . —
Suoi colorì, zo\. — Sua duplice rifrazione e sua
polarizzazione, 3 l 5 .
M
MACCHINA E L E T T R I C A . Il vetro strofinato vi
fornisce l'elettricità. — C omune. — Di Nairn, Sj­
MAGNETISMO (magnes , calamita). Proprietà ed
. azioni de' corpi calamitati, 89. — Del globo, 9°·
— Ammale. Effetti fisiologici di cui è incognita la
causa, 79.
\ ο π < " ■ ;- ■-::■'* -^ '■- '
2g4
C
VO ABOLARIO
MEGASCOPIO. Modificazione dell'apparato della
camera oscura , 232.
MICROSCOPI. Apparati per ingrandire le dimen­
■ sioni d'un piccolo oggetto , 224. — Semplice, ο
Unti, 225. — Composto , ivi. — Solare. Lanter­
na magica, i di cui oggetti sono illuminati dal
sole, 232.
MIOPI ( occhi ). infrangono troppo fortemente la
luce. — Vi si rimedia col mezzo di vetri diver­
genti, 235.
MIRAGE. Fenomeno prodotto dagli strati inferiori
dell'aria molto riscaldata , che rifrangono i raggi,
come se fossero stati ridessi, 2o3.
MOLTIPLICATORE. Elettroscopio e condensatore
elettro­magnetico , 87.
MONOCORDO. V. SOKOMETBO , 127.
Ν
NEGATIVO (stato elettrico), ο in meno, elettricità
negativa. Fluido che prende ordinariamente la re­
sina, 3 2 , 3 5 , 3 6 .
Ο
OBBIETTIVO. Vetro olente che riceve i raggi del­
l'oggetto per concentrarli nel suo foco , 223.
OCCHIO. Sua analogia colla camera oscura, 233.
•— Parti diverse Ai cui è composto , ivi. — Dei
diversi animali, 236.
OCULARE. Vetro di corto foco, col quale l'occhio
\
I
FISICO.
395
amplifica l'immagine formata ai foco deWobbiet·
tifo, 223.
ONDE. V. VIBRAZIONI.
OPACHI (corpi). Opacità. Non lasciano passare
veruna luce, 144» 2x3.
Ρ
PARAFULMINI. Conduttore che attrae l'elettricità
delle nuvole , 7φ
PARAG­RÀNDINI. V. PAHAFULMINJ ( 74.
PENNACCHI luminosi. Sono prodotti dalla disper­
sione dell'elettricità , 76.
PESCI elettrici. Sviluppano l'elettricità, 47» 78*
PILA DI VOLTA, Galvamsmo. È dovuta a Volta,
46. — Sua costruzione e sua forma, 62. —* Suoi
effetti chimici, 66. — Sue correnti, 80.
PIRO­ELETTRICA. Proprietà di alcuni corpi che
il calore elettrizza , 5a.
POLARIZZAZIONE. Proprietà particolare a certi
lati de* raggi, 219. — Suoi colori, 220.
POLI ( della pila ) , 67. — Delle calamite, 91.
PORTA­VOCE. Strumento che accresce Γ intensità
del suono, circoscrivendo lo spazio nel quale si
diffonde, n 3 .
* POSITIVO ( stato elettrico ) ο in più, elettricità po­
sitiva. Fluido che prende ordinariamente il vetro
strofinato, 32» 35, 36.
PRESBITI (occhi). Non rifrangono abbastanza i
raggi. — Vi si rimedia con vetri convessi, 23α.
2g6
C
VO ABOLARIO
P R I S M I , ο piuttosto superficie prismatiche. Superfi­
cie inclinate che rifrangono e deviano i raggi. 197.
P U N T E . Hanno la proprietà di sviluppare ed attrarre
l'elettricità, 7 2 .
Q
QUADRELLO
fulminante,
V.
BOTTIGLIA DI L E I ­
61.
QUINTA. F a tre vibrazioni contro due del suono
fondamentale j 128.
DA,
R
RESINOSA ( elettricità ). V. NEGATIVA , 3 5 .
RIFLESSIONE. Della luce, 184. — Sopra super­
ficie piane, ivi. —· Sopra gli specchi curvi, 190.
RIFRAZIONE. Deviazione dei raggi che cangiano di
mezzo, 193. —■ Sua legge, 1 9 ^ . — Ne'prismi e
nelle lenti, 197.
RIPULSIONE elettrica. Ha luogo fra i corpi carichi
dello stesso fluido > 3o.
RISONANZA. Movimento vibratorio comunicato e
conservato , 1 2 1 .
RUGIADA. Deposito dell' umidità dell'aria su i corpi
raffreddati dall' irradiazione, 266.
S
.
SGALA. Scric de' suoni in rapporti semplici con un
suono fondamentale, I3@.
FISICO.
297
SCARICA elettrica. C ombinazione dei due fluidi, da
cui risulta uu urto violento ed altri effetti, 49· $&·
SERBATOIO C OMUNE. La terra è cosi chiamata
rispetto all'elettricità, 5o.
SFERA d'attività. Limite d'azione sensibile d' una
forza qualunque , ^9*
SONOMETRO. Stromcnto che si mette all' unisono
d ' u n tono che si vuol riconoscere , 127.
SPECCHI. C orpo liscio, e perciò buon
riflettente,
189. — Concavi, 190. — Convessi, 192. —
Loro uso ne' telescopi, 2 2 6 .
S P E T T R O solare. Sua divisione in sette colori, 206.
— Sue proprietà calorifiche, illuminanti e chimi­
che, 207.
S T R O F I N A M E N T O . C ausa possente dello sviluppo
dell'elettricità , 2 9 , q\3.
STROFINATORE. Sostanza qualunque che sviluppa
elettricità per mesto dello strofinamento , 3 1 .
SUONI. Loro produzione pei movimenti dell'aria »
102. — Loro velocità, 108. — Loro intensità ,
H i . — Loro riflessione » 118. ·— L o r o parago­
ne , 126.
Τ
T E L E S C O P I . Strumenti destinati ad avvicinare ed
ingrandire gli oggetti lontani, 226. —~ A specchio
ο catottrìci, 2 2 8 . — A lenti ο cannocchiali, 227.
T E M P E R A M E N T O . Alterazione di certi intervalli
musicali negli iirouienU a SUQUÌ fissi # *3i»
2<)8
VOCABOLARIO
TENSIONE elettrica. Forza ripulsiva dell'elettricità
accumulali! sopra un corpo, 59.
TERMO­ELETTRICI ( effetti ). SODO dovuti all'in­
fluenza reciproca del calore e dell'elettricità, 7g.
TERMOMETRO D1FFE RE NZIA1E . Apparato che
rende sensibili le più piccole differenze di calo­
r e , 263.
TERMOSCOPIO. V. TE BMOHSTBO DimRSNHALE ,
263.
TERZA. Suono che fa cinque vibrazioni, mentre il
suono fondamentale ne fa quattro, 128.
TONI. Suoni comparati, 126.
TORMALINA. Cristallo dotato della proprietà di
elettrizzarsi pel calore, 5 2 . — Non lascia passare
che i raggi polarizzati in un senso, 220.
TRASPARENTI E TRANSLTJCIDI ( corpi ). I pri­
mi , come i vetri, lasciano passare direttamente la
luce ; ΐ secondi trasmettono uua luce diffusa, come
la porcellana, Iqq.
TUONO. È il romore di una forte scintilla elettri­
ca, 70.
U
UDITO ( organo dell' ). Percepisce i suoni per mezzo
d'una membrana clastica, 124.
V
VIBRAZIONI, Movimenti alternativi delle molecole
dei corpi 0 dell'etere.
FISICO·
>99
— Sonore. Hanno per origine il corpo sonoro, e per
mezzo l'aria, 102.
•— Luminose , calorifiche. Hanno per causa i movimenti molecolari dei corpi incandescenti, e si trasmettono per mezzo dell'etere, 1^1 » 238.
VITREA ( elettricità ). V. POSITIVA , 35.
VOCE, organo de'suoni. È analogo ad una linguetta, 125.·
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•Astronomia
•Botanica
•igiene
•Mineralogia
Meteorologia
Chimica
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razionali
'C ommercio
"Scienze Filosof.
Aritmetica
Matematica
Geometria
Filosofia
Fisionomia
Kclig. e Morale
Legislazione
Politica
Econom. pubM,
Navigazione
Guerra, ec.
3. Scienze '
letterari *£
'Letteratura
*Storia, ec.
•Pittura
Teor. delle ling.
Scrittura
Rettorica
Poetica
Musica
Coreografia
ÀrcheoìoL'
Araldica
G engrafi
Àuat. elM^iolo?.
1 Trattati segnati coli*asterisco sono quelli già
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Prezzo di aiiïcun volume, pei sigg. Associati,
con Tavole in rame lir. 2. 5o ital.
senza Tavole lir. 2. 0 0 .
Pei non Associati il prezzo è maggiore di cent, 5o.
Sotto al
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C O M P R I S E io n i
2."
{ C RONO LOGIA.
RETTORICA.
MEDICINA LEGALE.
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