Eucaristia: memoriale, sacrificio, presenza 1 Introduzione Vorrei procedere nella riflessione sull’Eucaristia come memoriale, sacrificio, presenza facendo costantemente riferimento al momento della celebrazione eucaristica: da esso, cioè dalla regola secondo la quale la Chiesa prega, dovrà muovere ogni nostra riflessione su ciò che la Chiesa crede e annuncia al mondo come proprio patrimonio di fede. Durante la preghiera eucaristica, il sacerdote invoca da Dio Padre la venuta dello Spirito Santo (= epiclesi) affinché, per la sua azione, il pane e il vino diventino il Corpo e il Sangue di Gesù (“Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito, perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore”); poi fa memoria dell’Ultima Cena, nella quale Gesù ha istituito l’Eucaristia (“Gesù, offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: «Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi». Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli e disse: «Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati»”) e conclude questa sezione con le parole: “Fate questo in memoria di me” (leggi: Vangelo di Luca 22,19; Prima Lettera ai Corinzi 11,24-25). E’ il comando con il quale Gesù affida ai Dodici il mandato di ripetere nel tempo ciò che egli ha fatto e detto quella sera nel Cenacolo: lì egli ha affidato l’Eucaristia alla Chiesa e l’ha istituita affinché la Chiesa possa celebrarla ogni volta che vuole in memoria di Cristo. E’ precisamente questa la domanda alla quale vogliamo anzitutto rispondere: “Cosa significa celebrare l’Eucaristia in memoria di Cristo? Il memoriale: molto più di un semplice ricordo! Nel linguaggio biblico la memoria (o memoriale) non è il semplice ricordo di fatti o persone del passato, il richiamare cioè alla mente eventi successi o persone vissute lontano nel tempo. Dopo il racconto dell’Ultima Cena, il sacerdote prega dicendo: “Celebrando il memoriale della morte e risurrezione del tuo Figlio, ti offriamo, Padre, il pane della vita e il calice della salvezza” (Preghiera eucaristica II); o: “Celebrando il memoriale del tuo Figlio, morto per la nostra salvezza, gloriosamente risorto e asceso al cielo, ti offriamo Padre, in rendimento di grazie, questo sacrificio vivo e santo” (Preghiera eucaristica III). Fare memoria – celebrare il memoriale – di Cristo non significa solamente richiamare, tener vivo nella nostra mente il ricordo che duemila anni fa è vissuto un uomo di nome Gesù, che si è proclamato Figlio di Dio, ha sofferto, è morto in croce ed è risorto; in questo caso, la comunità cristiana si ridurrebbe ad una specie di club dedicato ad una persona vissuta in un passato più o meno recente, ma la cui vicenda non ha più effetti sul presente. “(Il memoriale non è) una semplice estensione della mente al passato, ma un movimento di ripresentazione per cui ciò che è avvenuto una volta per sempre si rende presente nell’oggi della comunità celebrante per raggiungerla e contagiarla della sua efficacia”1. 1 B. FORTE, L’eternità nel tempo. Saggio di antropologia ed etica sacramentale, Paoline, Cinisello Balsamo, 1993, p. 202. Eucaristia: memoriale, sacrificio, presenza 2 Fare memoria in linguaggio biblico significa che l’evento che la comunità cristiana ricorda ridiventa attuale per essa, che ha così la possibilità di comunicare a tutta la potenza di salvezza legata ad esso; il fatto storico è irrimediabilmente chiuso nel passato, dunque non può più ripetersi; è piuttosto la comunità stessa che, per l’azione dello Spirito Santo, può essere “messa a contatto” con tutta la carica di salvezza che esso ha portato al mondo. “Il memoriale è un memoriale-reale, la ri-presentazione di ciò che è commemorato, la presenza reale di ciò che è storicamente passato e che qui e ora ci si comunica in modo efficace”2. Il discorso può diventare maggiormente chiaro se cerchiamo di applicarlo all’Eucaristia. E’ necessario allora riportare l’attenzione sul Cenacolo nel quale Gesù ha consumato l’Ultima Cena con i suoi discepoli: egli prese un pane, lo benedisse, lo spezzò e lo distribuì tra i suoi discepoli, accompagnando il gesto con le parole: “Prendete, mangiate (Vangelo di Matteo 26,26)! Questo è il mio corpo che è dato per voi. Fate questo in memoria di me (Vangelo di Luca 22,19)”. Poi prese il calice, lo benedisse, e lo distribuì tra i Dodici, accompagnando il gesto con le parole: “Bevetene tutti (Vangelo di Matteo 26,27)! Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi (Vangelo di Luca 22,20)”. Attraverso quei gesti, interpretati dalle parole, Gesù anticipò, disse già simbolicamente (ATTENZIONE: “simbolicamente” non significa “non realmente”) ciò che, di lì a poche ore, sarebbe accaduto fisicamente al suo corpo e al suo sangue sul Calvario. Dopo la Cena, infatti, iniziò il tragitto di sofferenza che sarebbe culminato nella passionemorte-risurrezione-ascensione-al-cielo-glorificazione di Gesù (eventi che, con una sola parola, chiamiamo il mistero pasquale): nel Cenacolo, nel segno del pane spezzato e offerto, del vino distribuito ai Dodici, egli già offre realmente la sua vita (il suo Corpo e Sangue) per la salvezza degli uomini; fuori dal simbolo, questa offerta si invererà sul patibolo della croce. Comprendiamo, allora, che il momento dell’Ultima Cena è inseparabile dagli eventi della passione-morte-risurrezione di Gesù: si tratta dello stesso mistero, che nell’Ultima Cena viene espresso attraverso la mediazione dei simboli del pane e del vino, identificati dalle parole di Gesù con il suo Corpo e Sangue. Se vale – come vale – il discorso sin qui fatto, ne consegue che ogniqualvolta la Chiesa ha celebrato, celebra e celebrerà l’Eucaristia, ripetendo gesti e parole di Gesù nell’Ultima Cena, è tornata, torna e tornerà vera, attuale per essa tutta la potenza di salvezza legata alla passione-morte-risurrezione di Gesù. Bisogna intendersi bene: non è che Gesù patisca, muoia e risorga ancora: sono eventi già avvenuti una volta per tutte e, perciò, assolutamente irripetibili; è come se, nel momento della celebrazione eucaristica, noi venissimo resi contemporanei ad essi, partecipando così, per la potenza dello Spirito Santo, a tutta la ricchezza di salvezza che essi hanno donato. L’Eucaristia è precisamente il memoriale della passione-morte-in sacrificio-risurrezione di Gesù: “L’evento pasquale della morte e resurrezione del Signore – ora suprema e definitiva della nostra salvezza – viene reso attuale, contemporaneo all’oggi della Chiesa nel concreto della sua 2 B. NEUNHEUSER, Memoriale, in D. SARTORE-A.M. TRIACCA-C. CIBIEN (edd.), Liturgia, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2001, p. 1163-1164. Eucaristia: memoriale, sacrificio, presenza 3 situazione storica, grazie all’azione dello Spirito consolatore, che è la vivente memoria di Dio per noi”3. Possiamo provare a sintetizzare la riflessione con parole di altri: “Le parole della sacra Scrittura, le affermazioni della tradizione ecclesiastica, in particolare la testimonianza della liturgia nella celebrazione dell’eucaristia e infine il crescente interesse della teologia odierna hanno permesso di riconoscere quanto sia importante il motivo del ' memoriale' per la comprensione dell’eucaristia. Orbene, quando sulla base di tutte queste testimonianze noi parliamo dell’eucaristia come del ' memoriale'della morte e della risurrezione del Signore, che cosa intendiamo dire? Anzitutto intendiamo dire: nella celebrazione dell’eucaristia, cioè in quell’azione sacra in cui la chiesa (il popolo di Dio sotto la guida del vescovo [o del suo rappresentante], il quale rappresenta Cristo) pronuncia sul pane e sul vino la preghiera eucaristica onde poi distribuire in santo cibo ai fedeli questi doni trasformati nel corpo e sangue del Signore, noi compiamo quanto il Signore ci ha comandato di fare: «Fate questo in memoria di me». Tale azione è pertanto un memoriale oggettivo e non solo (anche se naturalmente lo è) un ricordo soggettivo di quanto il Signore ha fatto per noi. In altre parole: essa è un memoriale reale, non soltanto mentale, non un ricordo puramente concettuale, non una ' nuda commemorazione' , come ha definito il concilio di Trento contro Lutero. Al contrario, il concetto di ' memoriale'ha un contenuto così denso e pieno già nella sua applicazione all’interno dell’Antico Testamento e soprattutto nel Nuovo Testamento, che, applicato alla celebrazione eucaristica, esprime ' in qualche modo'la presenza della realtà commemorata, la sua ' attualizzazione oggettiva' , la sua presenza qui e ora. (…) (Il termine memoriale) è talmente pregnante già nell’uso linguistico dell’Antico Testamento, di modo che esprime la realtà dell’evento e l’' attualizzazione oggettiva'e presenza della cosa commemorata, ma nel contempo – intesa nel senso della tradizione antica – essa dice espressamente che la cosa commemorata non viene ' ripetuta' , non viene fatta uscire dal suo essere-stata-storicamente-posta una volta per tutte e nondimeno fa sentire il suo effetto presentemente, è presente. (…) Tale presenza di ciò che è storicamente passato e ciò nonostante permane, è possibile per l’intervento di Dio: per mezzo della fede e in virtù dello Spirito santo viene comunicata al credente l’azione salvifica di Cristo, dell’incarnato Figlio di Dio, la sua azione sacrificale in croce, in modo che egli possa prendervi parte, inserirvisi, per offrire in Cristo, con Cristo e per mezzo di Cristo al Padre l’unico sacrificio. Il contenuto del memoriale, ciò che diventa presente in virtù dello Spirito Santo, è l’azione salvifica di Cristo, anzitutto e direttamente la sua morte sacrificale e la risurrezione che la corona, ma poi anche tutta l’opera salvifica in quanto un’unica grande unità, che ha il suo centro appunto nel passaggio del Signore dalla morte alla vita. (L’Eucaristia è) memoriale nel senso pieno del termine – presenza del sacrificio di Cristo, senza che il sacrificio di Cristo compiuto storicamente una volta sola venga ripetuto, in modo tale che la chiesa celebrante prenda parte ad esso”4. L’Eucaristia, memoriale dell’offerta di Cristo La riflessione svolta sinora ci ha portato alla conclusione che l’Eucaristia è memoriale della passione-morte-risurrezione-ascensione-al-cielo di Gesù; egli non è semplicemente 3 B. FORTE, L’eternità nel tempo. Saggio di antropologia ed etica sacramentale, Paoline, Cinisello Balsamo, 1993, p. 203. 4 B. NEUNHEUSER, Memoriale, in D. SARTORE-A.M. TRIACCA-C. CIBIEN (edd.), Liturgia, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2001, p. 1175-1177. Eucaristia: memoriale, sacrificio, presenza 4 morto, ma è morto per la salvezza degli uomini; perciò la sua morte ha il carattere di offerta della propria vita perché altri possano vivere in pienezza: “Offrendo il suo corpo sulla croce, (Gesù) diede compimento ai sacrifici antichi, e donandosi per la nostra redenzione divenne altare, vittima e sacerdote” (Prefazio pasquale V). D’altra parte, anche le parole stesse che Cristo pronunciò sul pane e sul vino durante l’Ultima Cena ci orientano ad interpretare la sua passione e morte nel senso di una offerta sacrificale: “Questo è il mio Corpo che è dato per voi” e “Questo calice è la nuova alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi” (vangelo di Luca 22,19-20). Non a caso, al termine della Preghiera eucaristica, il sacerdote, sollevando la patena con il Corpo di Cristo e il calice con il suo Sangue dice, a nome dell’intera assemblea: “Per Cristo, con Cristo e in Cristo: a te, Dio Padre onnipotente ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli”: è il culmine della celebrazione eucaristica: la comunità offre al Padre il sacrificio del Figlio Gesù. Precisamente in quanto è memoriale anche della passione e della morte di Gesù, l’Eucaristia riveste pure valore di sacrificio (leggi il Catechismo della Chiesa Cattolica ai nn. 1365-1367). Con le parole del Concilio di Trento (1545-1563): “[Cristo] Dio e Signore nostro, anche se si sarebbe immolato a Dio Padre una sola volta morendo sull’altare della croce per compiere una redenzione eterna, poiché, tuttavia, il suo sacerdozio non doveva estinguersi con la morte (Lettera agli Ebrei 7,24.27), nell’Ultima Cena, la notte in cui fu tradito (Prima Lettera ai Corinzi 11,23), [volle] lasciare alla Chiesa, sua amata Sposa, un sacrificio visibile (come esige l’umana natura), con cui venisse significato quello cruento che avrebbe offerto una volta per tutte sulla croce, prolungandone la memoria fino alla fine del mondo (Prima Lettera ai Corinzi 11,23), e applicando la sua efficacia salvifica alla remissione dei nostri peccati quotidiani”. Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’Eucaristia sono un unico sacrificio; con le parole del Concilio di Trento: “Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi. (…) In questo divino sacrificio, che si compie nella Messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che si offrì una sola volta in modo cruento sull’altare della croce”. Nella Costituzione sulla Liturgia Sacrosanctum Concilium (n. 47), il Concilio Vaticano II (1963-1965) ribadisce la medesima dottrina di fede: “Il nostro Salvatore nell’ultima cena… istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, al fine di perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce, e di affidare così alla sua diletta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e risurrezione”. L’Eucaristia è sacrificio di lode, d’azione di grazie, di propiziazione e di espiazione. Leggiamo dal Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 1359-1361.1393-1395): “L’Eucaristia, sacramento della nostra salvezza realizzata da Cristo sulla croce, è anche un sacrificio di lode in rendimento di grazie per l’opera della creazione. Nel sacrificio eucaristico, tutta la creazione amata da Dio è presentata al Padre attraverso la morte e la Risurrezione di Cristo. Per mezzo di Cristo, la Chiesa può offrire il sacrificio di lode in rendimento di grazie per tutto ciò che Dio ha fatto di buono, di bello e di giusto nella creazione e nell’umanità. Eucaristia: memoriale, sacrificio, presenza 5 L’Eucaristia è un sacrificio di ringraziamento al Padre, una benedizione con la quale la Chiesa esprime la propria riconoscenza a Dio per tutti i suoi benefici, per tutto ciò che ha operato mediante la creazione, la redenzione e la santificazione. Eucaristia significa prima di tutto: azione di grazie. L’Eucaristia è anche il sacrificio della lode, con il quale la Chiesa canta la gloria di Dio in nome di tutta la creazione. Tale sacrificio di lode è possibile unicamente attraverso Cristo: egli unisce i fedeli alla sua persona, alla sua lode e alla sua intercessione, in modo che il sacrificio di lode al Padre è offerto da Cristo e con lui per essere accettato in lui. (…) Il Corpo di Cristo che riceviamo nella Comunione è «dato per noi», e il Sangue che beviamo è «sparso per molti in remissione dei peccati». Perciò l’Eucaristia non può unirci a Cristo senza purificarci, nello stesso tempo, dai peccati commessi e preservarci da quelli futuri (…) Come il cibo del corpo serve a restaurare le forze perdute, l’Eucaristia fortifica la carità che, nella vita di ogni giorno, tende ad indebolirsi; la carità così vivificata cancella i peccati veniali. Donandosi a noi, Cristo ravviva il nostro amore e ci rende capaci di troncare gli attaccamenti disordinati alle creature e di radicarci in lui (…) Proprio per la carità che accende in noi, l’Eucaristia ci preserva in futuro dai peccati mortali. Quanto più partecipiamo alla vita di Cristo e progrediamo nella sua amicizia, tanto più ci è difficile separarci da lui con il peccato mortale. L’Eucaristia non è ordinata al perdono dei peccati mortali. Questo è proprio del sacramento della Riconciliazione. Il proprio dell’Eucaristia è invece di essere il sacramento di coloro che sono nella piena comunione della Chiesa”. Nell’Eucaristia, la Chiesa non solo offre al Padre il sacrificio del Figlio Gesù, ma anch’essa, Corpo di Cristo, si offre al Padre insieme al suo Capo. Alla presentazione dei doni, il sacerdote pronuncia sul pane le seguenti parole: “Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane frutto della terra e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna”; poi, il sacerdote pronuncia parole simili anche sul vino. Pane e vino, dunque, sono frutto del lavoro dell’uomo, simbolo del suo impegno, del suo sudore, del suo sacrificio: la comunità li offre a Dio, perché egli li trasformi nel Corpo e Sangue del suo Figlio. La creatura umana offre quanto è nelle sue possibilità, Dio compie il miracolo di trasformare questi poveri doni in un cibo che nutre per la vita eterna: dunque, anche nel gesto della presentazione dei doni è evidente che la Chiesa, radunata per la celebrazione eucaristica, si unisce all’offerta di Cristo; la vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro sono uniti a quelli di Cristo e in tal modo acquistano un valore radicalmente nuovo. Il Concilio Vaticano II, nel Decreto sul Ministero e la vita sacerdotale Presbyterorum ordinis (n. 5) afferma: “Tutti i Sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere d’apostolato, sono strettamente uniti alla Sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella Santissima Eucarestia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua Carne vivificata e vivificante nello Spirito Santo, dà vita agli uomini i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire insieme a Lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create”. Da queste considerazioni mi pare discendere come conseguenza che la spiritualità cristiana trova sostanzialmente la sua sorgente nell’Eucaristia: nutrirsi dell’unico Corpo e dell’unico Sangue di Cristo, che sono Corpo dato e Sangue versato per gli altri, abilita e Eucaristia: memoriale, sacrificio, presenza 6 insieme invita/impegna ad entrare nella medesima logica di vita, improntata al dono di sé a Dio e ai fratelli, ciascuno in modo conforme alla propria vocazione: “La comunione eucaristica ha un carattere tutt’altro che intimistico e sentimentale. Far comunione con il Signore crocifisso e risorto significa donarsi con lui al Padre e ai fratelli: «A noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito. Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito» (Preghiera eucaristica III). Il Signore Gesù viene a vivere in noi e ci assimila a sé: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me» (Vangelo di Giovanni 6,55-57). La vita che egli comunica è la sua carità verso il Padre e verso tutti gli uomini. Unendoci a sé, Gesù Cristo ci unisce anche tra noi: lo esprime bene il segno del pane e del vino, condivisi in un convito fraterno. I molti diventano un solo corpo in virtù dell’unico pane: «Mistero di amore! Simbolo di unità! Vincolo di carità!» (SANT’AGOSTINO, Commento al Vangelo di Giovanni). Come i chicchi di grano si fondono in un solo pane e gli acini d’uva in un solo vino, così noi diventiamo uno in Cristo. L’Eucaristia presuppone, rafforza e manifesta l’unità della Chiesa. Esige l’unità della fede e impegna a superare le divisioni contrarie alla carità. (…) Farsi uno con Cristo vuol dire aprire il cuore alle dimensioni dell’umanità intera” (Catechismo degli Adulti La verità vi farà liberi, p. 330-331). Eucaristia e presenza reale di Cristo “Nella celebrazione della Messa sono gradualmente messi in evidenza i modi principali della presenza di Cristo nella Chiesa. E’ presente in primo luogo nell’assemblea stessa dei fedeli riuniti in suo nome; è presente nella sua Parola, allorché si legge in chiesa la Scrittura e se ne fa il commento; è presente nella persona del ministro; è presente infine e soprattutto sotto le specie eucaristiche: una presenza, questa, assolutamente unica, perché nel sacramento dell’Eucaristia vi è il Cristo tutto e intero, Dio e uomo, sostanzialmente e ininterrottamente. Proprio per questo la presenza di Cristo sotto le specie consacrate vien chiamata reale: «reale non per esclusione, come se le altre non fossero tali, ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, uomo-Dio , tutto intero si fa presente» (Paolo VI, Lettera enciclica Mysterium fidei)”. L’introduzione al Rito della comunione fuori della Messa e culto eucaristico – appena citata – riconosce (n. 6) una molteplicità di modi attraverso i quali il Signore risorto, vivente e operante si rende presente nella vita della Chiesa, suo Corpo. Ma, tra tutte, riveste assoluta eccellenza la sua presenza, nel suo Corpo e Sangue, sotto il pane e il vino consacrati. Cristo è presente in questo sacramento perché, per le parole della consacrazione pronunciate dal sacerdote (“Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo…”; “Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue…”) e l’azione potente dello Spirito Santo, il pane e il vino si convertono nel Corpo e Sangue di Gesù: “Non è l’uomo che fa diventare le cose offerte Corpo e Sangue di Cristo, ma è Cristo stesso, che è stato crocifisso per noi. Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle parole, ma la loro Eucaristia: memoriale, sacrificio, presenza 7 virtù e la grazia sono di Dio. Questo è il mio Corpo, dice. Questa Parola trasforma le cose offerte”5. Ecco, al proposito, la dottrina formulata dal Concilio di Trento: “Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione”. Probabilmente, il termine transustanziazione è difficile da capire oggi, perché fa riferimento ad un linguaggio filosofico a noi non del tutto familiare. Potremmo provare a spiegarlo in questo modo: quando il sacerdote pronuncia sul pane e sul vino le parole della consacrazione, la loro destinazione profonda, il loro significato e la loro finalità cambiano. A riprova, basta riconsiderare ciò che il sacerdote dice alla presentazione dei doni: “Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo; dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane frutto della terra e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna”. La comunità presenta al Padre un pane comune, atto a sostenere l’uomo nella sua vita fisica; chiede a Dio che diventi cibo capace di nutrire il credente per la vita eterna, finalità che il pane comune non è affatto in grado di garantire; perciò il significato, la destinazione di quel pane cambia, esso si rapporta a noi in un modo profondamente diverso dal pane comune: non deve solo nutrirci corporalmente, ma deve nutrirci per la vita eterna! Il cambiamento della destinazione, della finalità del pane è possibile solo ammettendo anche una trasformazione della sua realtà più profonda, della sua “essenza”: quello non è più pane comune, ma, per le parole della consacrazione e l’azione dello Spirito Santo, è diventato Corpo e Sangue di Cristo. Il discorso vale analogamente anche per il vino. “E’ oltremodo conveniente che Cristo abbia voluto rimanere presente alla sua Chiesa in questa forma davvero unica. Poiché stava per lasciare i suoi sotto il suo aspetto visibile, ha voluto donarci la sua presenza sacramentale; poiché stava per offrirsi sulla croce per la nostra salvezza, ha voluto che noi avessimo il memoriale dell’amore con il quale ci ha amati «sino alla fine» (Vangelo di Giovanni 13,1), fino al dono della propria vita. Nella sua presenza eucaristica, infatti, egli rimane misteriosamente in mezzo a noi come colui che ci ha amati e ha dato se stesso per noi, e vi rimane sotto i segni che esprimono e comunicano questo amore”6. Certo, la trasformazione del pane e vino nel Corpo e Sangue di Cristo non è di tipo chimico, perciò i nostri occhi non la colgono; la riconosce e la professa solo lo sguardo della fede, fiduciosamente fondato sulla parola del Signore, che è certa e fedele. Ecco come san Tommaso esprime i medesimi concetti nell’inno eucaristico Adoro te devote: Ti adoro con devozione, o Dio che ti nascondi, che sotto queste figure veramente ti celi: 5 6 SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, De proditione Judae. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1380. Eucaristia: memoriale, sacrificio, presenza 8 a te il mio cuore si sottomette interamente, perché, nel contemplarti, viene meno. La vista, il tatto e il gusto si ingannano a tuo riguardo, soltanto alla parola si crede con sicurezza: Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio: nulla è più vero della sua parola di Verità. L’Eucaristia, memoriale del mistero pasquale e sua presenza reale nella vita della Chiesa, è il modo eccellente attraverso il quale Cristo Risorto mantiene la promessa che chiude significativamente il Vangelo di Matteo: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo”. Si può leggere anche: Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Editrice Vaticana, 1992, p. 345-365. Catechismo degli adulti La verità vi farà liberi, p. 326-331; 366-371. B. FORTE, L’eternità nel tempo. Saggio di antropologia ed etica sacramentale, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1993, p. 223-230. R. CANTALAMESSA, L’Eucaristia nostra santificazione. Il mistero della Cena, Ancora, Milano, 19927.