L’archeologia e il tempo La datazione in archeologia La datazione archeomagnetica e l’archeomagnetismo Enzo Ferrara Stabilire l’età di un oggetto, di un antico sito abitativo o di un contesto di scavo è uno dei compiti principali dell’archeologia. È anche uno dei compiti più complessi. Le due radici gemelle dell’archeologia, fondate una sulle scienze umane e l’altra sulle scienze naturali come la geologia e la paleontologia hanno fornito strade diverse per rispondere alle domande: “quanto è antico?”, “in che età ha vissuto?”, “quando è stato realizzato?”. Il tempo è un concetto fondamentale in quasi tutte le discipline scolastiche. In primis, fisica e filosofia, ma anche in geologia, in biologia, e sottostà a tutte quelle discipline che vengono scolasticamente presentate secondo una scansione storica. Nel nostro caso una premessa teorica va fatta: il tempo, come gli altri concetti fondamentali della fisica contemporanea, non può essere inteso – come voleva Newton – come concetto ‘assoluto’, ontologicamente fisso. Le grandezze fisiche “sono definite da un insieme di metodi e di apparecchi di misura” e questi (diversamente dal tempo) sono strutturalmente ‘finiti’. Inoltre, come insegnano Heisenberg e la meccanica quantistica, anche per il tempo esiste una relazione di indeterminazione. Una volta chiarito che la nozione di tempo è molto diversa a seconda del dominio scientifico considerato, possiamo esaminare come non solo la scienza, ma la filosofia, l’arte, la letteratura hanno rappresentato e misurato il tempo. Grazie alle discipline umanistiche, e in particolare grazie allo studio meticoloso e all’osservazione delle conoscenze tecniche delle civiltà del passato, gli archeologi hanno messo a punto schemi per la datazione relativa basati su un’accurata analisi delle forme e delle funzioni dei manufatti. Per arrivare a dare un senso compiuto a questa impresa interpretativa, è stato necessario teorizzare forti connessioni (non necessariamente dimostrate) fra l’aspetto e i modi di utilizzo dei materiali da un lato e la loro classificazione (tassonomia) e tipologia dall’altro. Inoltre, va considerato che le pratiche di classificazione e tipologia sono a loro volta dipendenti dallo sviluppo di consistenti regole per la descrizione dei manufatti e dei contesti nei quali essi sono stati ritrovati. Queste considerazioni ci permettono di effettuare una prima distinzione fra metodologie di datazione. Si distinguono comunemente i metodi di datazione relativa dai metodi di datazione assoluta: • i primi (relativi) si limitano a stabilire la successione temporale di oggetti ed eventi; • i secondi (assoluti) cercano di datare oggetti ed eventi con la maggior precisione possibile in termini di unità di tempo. In altri termini, mentre la cronologia relativa ci dice che cosa è accaduto prima e che cosa dopo, quella assoluta stabilisce quando si sono verificati determinati fatti. Fig. A.1: esempio di classificazione tipologica per la ricostruzione di una cronologia relativa. Il criterio di similitudine funzionale è riportato lungo ogni colonna per tre diversi tipi di oggetti cronologicamente sviluppatisi in sequenza riprodotta dal basso verso l’alto. Oggetti in metallo come fibulae (spille per il fissaggio delle vesti), spade e pugnali e infine scuri ritrovati in Scandinavia furono classificati in tre diversi periodi appartenenti all’età del bronzo. Fig. A.2: esempio di seriazione della simbologia prevalente in sepolcri cimiteriali statunitensi fra il 1700 e il 1800 (New England). Da sinistra verso destra e cronologicamente dal basso verso l’alto si osserva un passaggio da rappresentazioni di teschi, a rappresentazioni di cherubini per finire con rappresentazioni di urne e salici. Il profilo grafico è detto a “nave da guerra” (battleship). Le considerazioni culturali correlate al cambiamento stilistico possono essere molteplici. Fig. A.3: esempio di datazione incrociata per mezzo di manufatti simili. Perline di ambra di identica forma sono state ritrovate in una tomba scavata a Micene (sinistra) e in un tumulo sepolcrale dell’Inghilterra meridionale (destra), permettendo in tal modo la datazione del sito inglese. Tab. A.I: datazione incrociata per mezzo di manufatti: sulla sinistra è indicato il nome del re Egizio, la durata del suo regno e il periodo di riferimento secondo uno studio di Wolfgang Helck (Untersuchungen zur Thinitenzeit.Ägyptologische Abhandlungen. 45. Wiesbaden, 1987). Sulla destra la corrispondenza storica con l’area egea. L’età é calcolata grazie alla formula di decadimento radioattivo funzione esponenziale : At = Ao e -l*t__________ At attività carbonio 14 del campione Ao attività carbonio 14 iniziale Lambda costante di decadimento t1/2 del 14C (5568 anni) t = tempo Estraendo il valore di t nell’equazione, si ottiene una formula semplice per il calcolo del’età: ETA’ = log Ao/A * 8,033 * 103anni Le étà 14C sono espresse in maniera convenzionale in anni B.P. (Before Present) Esempio di correlazione campione - curva di variazione secolare del campo magnetico terrestre per datazione archeomagnetica Per molti aspetti Homo sapiens è un ominide al pari di altri suoi predecessori o coetanei con i quali ha convissuto per decine di millenni, fino a poco meno di 30mila anni fa. I segni apparenti di attività simbolica, dalle sepolture rituali all’arte rupestre, sono scarsissimi fino a 50mila anni fa. Poi succede qualcosa di straordinario, che i paleo-antropologi chiamano “rivoluzione paleolitica”, e nasce la mente umana moderna con l’intero equipaggiamento di facoltà attualmente in uso. Gli artisti della grotta di Lascaux e degli altri siti rupestri appartenevano ai primi gruppi di Homo sapiens insediatisi in Europa. Dai rinvenimenti conosciuti finora appare evidente che l’uomo di Neanderthal, benché ben adattato ad ambienti diversi e dotato di ottime capacità intellettuali, non ha partecipato al “grande balzo in avanti”. Non si hanno segni duraturi né di attività simbolica e artistica né di consistenti innovazioni e diversificazioni culturali nei siti neandertaliani. “Dating row divides rock art experts” The New Scientist by Leigh Dayton Magazine issue 2074 22 March 1997 I segni della creatività simbolica dell’Homo sapiens non riguardano soltanto l’uomo di Cro-Magnon europeo, ma vanno a collocarsi in un puzzle temporale e spaziale planetario di difficilissima lettura. Innovazioni tecnologiche significative, come le punte di osso e gli strumenti su lama, e oggetti ornamentali come perline compaiono in Africa intorno a 80-60mila anni fa. La retrodatazione dei dipinti rupestri fino a 32mila anni fa mostra che le popolazioni di Cro-Magnon raggiunsero e occuparono l’Europa quando già avevano sviluppato le loro capacità di innovazione, di diversificazione culturale e di produzione simbolica. Il tempo intercorso fra il loro arrivo e i primi esempi di arte rupestre e di scultura, che fin da subito rivelano grande cura e raffinatezza smentendo la classica teoria degli “stadi progressivi” di sviluppo dell’arte parietale sembra troppo breve per ipotizzare un’evoluzione lenta e graduale delle loro capacità cognitive. Non dobbiamo rimpiangere il piacere a cui abbiamo dovuto rinunciare abbandonando la concezione che ci poneva al culmine di un progresso mentale continuo, culmine da cui potevamo guardare indietro a inizi rozzi e primitivi. Consideriamo invece quale grande soddisfazione derivi dal comprendere la nostra autentica affinità con i primi artisti noti del paleolitico … Abbiamo sempre amato l’arcobaleno, da trentamila anni a questa parte. Per tutto il tempo trascorso da allora ci siamo sforzati di dipingere la bellezza e la forza della natura … e sappiamo che, anche allora, avevamo in noi qualcosa di grande. (Stephen J. Gould, I pittori del paleolitico, in “I fossili di Leonardo e il pony di Sofia”, 1998)