Un aggiornamento sui test da sforzo
GERALD F. FLETCHER, WESLEY C. MILLS, WALTER C. TAYLOR
Il test da sforzo rappresenta un importante mezzo diagnostico nella valutazione di cardiopatie, note o sospette. Nel
2002 l’American College of Cardiology (ACC) e la American Heart Association (AHA) hanno modificato le proprie linee-guida per i test da sforzo. Le modifiche hanno riguardato in particolare 10 categorie: adattamento del tratto ST
per la frequenza cardiaca; angina instabile; pazienti anziani; sindromi coronariche acute; centri per pazienti con dolore toracico; infarto miocardico acuto; pazienti asintomatici; cardiopatie valvolari; alterazioni del ritmo; ipertensione. L’adattamento del tratto ST alla frequenza cardiaca in pazienti asintomatici con rischio cardiaco elevato è in
grado di identificare l’ischemia miocardica. I pazienti a basso rischio o a rischio intermedio affetti da angina instabile, sindromi coronariche acute o dolore toracico devono essere sottoposti ad un test da sforzo dopo che le loro condizioni cliniche si sono stabilizzate. Una volta raggiunte condizioni stabili, i pazienti che hanno avuto un infarto
miocardico devono sottoporsi ad un test da sforzo submassimale, prima di essere dimessi; alternativamente i pazienti devono sottoporsi ad un test da sforzo limitato dalla comparsa di sintomi, eseguito dopo 2-3 settimane. In pazienti asintomatici con fattori di rischio cardiaci il test da sforzo può fornire importanti informazioni prognostiche.
L’insufficienza aortica è l’unica valvulopatia cardiaca per la quale siano disponibili significative evidenze in favore
del test da sforzo, che risulta utile nel guidare le decisioni terapeutiche. Il test da sforzo può essere utile anche in
pazienti anziani, per identificare la presenza di coronaropatie. Nei pazienti anziani la presenza di altre patologie associate può rendere necessario il ricorso ad un test da sforzo farmacologico. Il test da sforzo è utile nella valutazione
delle aritmie in pazienti con sincopi. Quando evidenzia una risposta ipertensiva abnorme all’esercizio il test da sforzo
può essere utile anche nell’identificare pazienti a rischio di sviluppare un’ipertensione. (Am Fam Physician 2006;
76: 1749-54. Copyright© 2006 American Academy of Family Physicians).
L’
elettrocardiogramma (ECG) da sforzo
rappresenta un mezzo affidabile e
diffusamente utilizzato per la valutazione di pazienti affetti da malattie cardiovascolari, o a rischio per lo sviluppo di
malattie cardiovascolari. In aggiunta alle
modificazioni del tracciato ECG (segmento
ST, alterazioni dell’onda T e dell’onda U),
altre informazioni ottenibili con il test da
sforzo, ed utili nella valutazione e nell’impostazione del trattamento dei pazienti,
riguardano aritmie, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, capacità di esercizio, percezione della fatica. Le linee-guida per il test
da sforzo formulate nel 2002 dall’American
College of Cardiology (ACC) e dalla American
Heart Association (AHA) (Tabella 1) forniscono un aggiornamento, basato su evidenze,
delle linee-guida precedenti, ed identificano
chiaramente i pazienti che andrebbero sottoposti all’esame.1
Rispetto alle precedenti linee-guida, formulate nel 1997, le linee-guida del 2002 presentano delle modifiche riguardanti 10 ca15 - febbraio 2007 - Minuti
tegorie; nel presente articolo verranno specificamente discussi i punti salienti di tali
modifiche, basate su evidenze di Classe 1 e
di Classe 2. Una discussione degli esami di
imaging cardiaco, da condurre in associazione
al test da sforzo, va invece al di là degli scopi
del presente articolo. Occorre tuttavia ricordare che l’ecocardiografia da sforzo o gli esami
di perfusione cardiaca durante sforzo, con
metodi di medicina nucleare, possono migliorare sensibilità e specificità della valutazione del paziente. Questi esami vanno
presi in considerazione nei casi in cui l’ECG
da sforzo non risulta diagnostico, nonché in
alcuni gruppi di pazienti (es. i pazienti con
diabete, blocchi di branca, oppure i pazienti
impossibilitati a compiere un esercizio che
consenta di giungere ad un end point adeguato).
Aggiustamento tratto ST
alla frequenza cardiaca
Secondo studi recenti,3 l’indice (o slope) ST/frequenza cardiaca (cioè il rapporto tra il sot-
toslivellamento del tratto ST al picco dell’esercizio e l’aumento della frequenza cardiaca attribuibile all’esercizio)2 non presenterebbe un’accuratezza diagnostica maggiore
rispetto alla semplice valutazione del sottoslivellamento ST. In alcune tipologie di pazienti asintomatici (es. pazienti con ipertensione o iperlipidemia), tuttavia, un indice
ST/frequenza cardiaca anomalo è risultato associato ad un rischio cardiaco maggiore rispetto a quanto descritto utilizzando criteri
standard.4 Il rapporto tra le modificazioni del
segmento ST e la frequenza cardiaca, pertanto, può essere utile in alcune popolazioni
di pazienti, oppure nei casi in cui la risposta
del segmento ST appare dubbia.
Sindrome coronarica acuta / infarto
miocardico acuto
La sindrome coronarica acuta è un evento
cardiaco acuto, e comprende specificamente
angina instabile o infarto miocardico acuto.
L’angina instabile viene diagnosticata clinicamente in base alla presenza di un’angina
di nuova insorgenza, di un’angina ingravescente, oppure di un’angina che si manifesta a riposo. La causa dell’angina instabile è
spesso data da una trombosi che si sovrappone ad un’ostruzione coronarica fissa. La
definizione clinica di angina instabile si basa
tuttavia sui sintomi, e non su di uno specifico meccanismo fisiopatologico.5
Una sindrome coronarica acuta può presentarsi fin dalla prima volta come tale, oppure,
in un paziente con coronaropatia cronica (Tabella 2), può svilupparsi interrompendo una
fase di stabilità clinica.1,6 L’evoluzione naturale della sindrome coronarica acuta può
comprendere la progressione verso l’infarto
miocardico e/o la morte, oppure un ritorno
ad una coronaropatia cronica stabile, in un
periodo di tempo compreso tra 4 e 6 setti-
mane. In un paziente con sindrome coronarica acuta il test da sforzo può essere condotto nei periodi di malattia acuta e di convalescenza.1 Da un punto di vista clinico i
pazienti vengono trattati sulla base di una
stratificazione di rischio (Tabella 2).1,6
I livelli di rischio vengono definiti in base
all’anamnesi e all’esame obiettivo, nonché
in base ai risultati dei markers di danno
cardiaco e dell’ECG; il livello di rischio viene
determinato in base al fattore di rischio più
elevato riscontrato tra le diverse variabili.
Pertanto, anche nei casi in cui il paziente
presenta una sola caratteristica ad alto rischio, mentre le altre caratteristiche indicherebbero un rischio basso o intermedio, il
paziente viene considerato ad alto rischio.
Anche la scelta di quando eseguire il test da
sforzo dipende dalla definizione del rischio
(Tabella 3).1 Le evidenze attualmente disponibili, per quanto riguarda pazienti con sindrome coronarica acuta, sono in supporto
dell’esecuzione del test da sforzo quando i
pazienti sono clinicamente stabili. In una review riguardante tre studi, condotti su 632
pazienti con angina instabile “stabilizzata”,
i tassi di morte o di infarto miocardico comparsi entro 24 ore dall’esecuzione del test da
sforzo sono risultati pari allo 0,5%.1 La Tabella 4 riporta le indicazioni riguardanti il
trattamento di pazienti con infarto miocardico acuto, e la tempistica dell’esecuzione
del test da sforzo.1,6,7
Centri per pazienti
con dolore toracico
Sempre più frequentemente i test da sforzo
vengono condotti presso centri specifici per
pazienti con dolore toracico, posti all’interno
di dipartimenti di emergenza. Tali centri
sono in grado di fornire con rapidità ed efficienza una stratificazione del rischio ed un
Minuti - febbraio 2007 - 16
trattamento a pazienti con dolore toracico
giudicati affetti da una coronaropatia acuta.
I test da sforzo condotti presso questi centri
vanno riservati a pazienti che, sulla base di
anamnesi, esame obiettivo, ECG e markers
biochimici di danno cardiaco risultano esposti ad un basso rischio.9
La maggior parte dei pazienti che si presenta
ai centri per il dolore toracico presso i dipartimenti di emergenza è in effetti a basso rischio, ed in tale popolazione la prevalenza
di coronaropatie è bassa. In questi pazienti
gli outcome sfavorevoli derivanti dal test da
sforzo sono rari.1 Alcuni autori hanno valutato l’utilità del test da sforzo, eseguito in
centri per pazienti con dolore toracico, in
424 pazienti con angina instabile e rischio
intermedio; i pazienti sono stati suddivisi
in maniera randomizzata in un gruppo inviato ad una unità per il dolore toracico, e in
un gruppo indirizzato verso un ricovero ospedaliero standard.10 Tra i due gruppi non sono
state descritte significative differenze per
quanto riguarda tassi di mortalità, infarto
miocardico o scompenso cardiaco. Dei pazienti inviati al centro per il dolore toracico,
60 avrebbero soddisfatto, prima di eseguire
il test da sforzo, i criteri per il ricovero in
ospedale; 55 pazienti hanno presentato risultati al test da sforzo indicanti un rischio
intermedio o elevato, mentre 97 pazienti
17 - febbraio 2007 - Minuti
hanno presentato risultati negativi. Tra questi pazienti non sono state descritte complicanze direttamente correlate all’esecuzione
del test da sforzo. I risultati dello studio indicano che, in pazienti a basso rischio ed in
pazienti a rischio intermedio opportunamente selezionati che si presentano ad un
reparto di terapia d’urgenza, l’esecuzione del
test da sforzo in tale reparto è sicura.
Pazienti anziani
Pochi studi sono stati pubblicati sull’uso del
test da sforzo nella valutazione diagnostica
e prognostica delle coronaropatie in pazienti
anziani (cioè in pazienti di età superiore o
pari a 65 anni). La prevalenza ed il rischio
delle coronaropatie arteriosclerotiche aumentano con l’avanzare dell’età. Nel 1989
lo studio National Health Interview Survey osservò che la prevalenza di coronaropatie diagnosticate era pari all’1,5% tra le donne di
età superiore a 75 anni, ed all’1,8% tra gli
uomini di età superiore a 75 anni.11 Secondo
alcune stime un’ischemia silente sarebbe
presente nel 15% dei pazienti di 80 anni.12
In considerazione dei tassi più elevati di coronaropatie nella popolazione anziana, nei
soggetti di età avanzata l’ECG da sforzo possiede una sensibilità leggermente più elevata (84%) ed una specificità più bassa (70%)
rispetto a quanto descritto in popolazioni
più giovani.13 Ciò rende più difficoltoso escludere la presenza di patologie significative.
L’utilizzazione del test da sforzo, a scopo
di valutazione prognostica, in pazienti anziani (rispetto a pazienti giovani) è stata specificamente valutata nell’ambito di uno studio di coorte.14 La popolazione anziana ha
presentato più patologie associate, ha raggiunto un carico di lavoro più basso ed ha
presentato tassi di mortalità significativamente più elevati rispetto ai pazienti giovani.
Anche se nei pazienti anziani l’esecuzione
di test da sforzo può porre numerosi problemi, tali test non sono controindicati
nei pazienti di età avanzata.15 Nell’anziano
le capacità funzionali risultano spesso limitate dalla riduzione di forza muscolare e dal
decondizionamento fisico. In pazienti con
difficoltà di deambulazione e di coordinamento può essere più appropriato un test da
sforzo condotto utilizzando un cicloergometro, oppure un test da sforzo farmacologico.16 Anche l’interpretazione del test da
sforzo differisce in qualche modo, in un paziente anziano, rispetto a pazienti giovani.
La presenza di alterazioni ECG a riposo, precedenti infarti miocardici, ritardi di conduzione intraventricolare possono rendere difficoltoso o compromettere l’ottenimento di
dati diagnostici utili. I criteri standard di
valutazione della risposta del segmento ST
presentano tuttavia un’accuratezza simile
nei pazienti anziani e nei pazienti giovani.17
19 - febbraio 2007 - Minuti
Pazienti asintomatici
In pazienti asintomatici di età superiore a
45 anni e con fattori di rischio il test da sforzo
può fornire utili informazioni prognostiche.
Tanto più elevato è il numero dei fattori di rischio, tanto maggiori sono le probabilità di
un risultato positivo. Utilizzando criteri stringenti, i fattori di rischio possono essere identificati nei seguenti: iperlipidemia, con livelli
di colesterolemia totale superiori a 240 mg/dL
(6,20 mmol/L); ipertensione, con pressione
arteriosa sistolica superiore a 140 mmHg, o
pressione diastolica superiore o pari a 90 mmHg;
fumo; diabete mellito; storia di infarto miocardico o di morte improvvisa in un parente
di primo grado di età inferiore a 60 anni.18
Pazienti asintomatici con diabete mellito
presentano un rischio più elevato di coronaropatie in presenza di almeno uno dei seguenti fattori: età superiore a 35 anni;
diabete di tipo 2 da più di 10 anni; diabete
di tipo 1 da 15 anni o più; patologia a carico del microcircolo, come retinopatia proliferativa o nefropatia; neuropatia autonomica. I pazienti che soddisfano questi criteri devono sottoporsi ad un test da sforzo
prima di intraprendere attività fisiche di intensità intermedia o elevata.19
Cardiopatie valvolari
In pazienti con cardiopatie valvolari il valore primario del test da sforzo riguarda la
possibilità di valutare oggettivamente sintomi atipici, la capacità di esercizio, l’entità
della limitazione funzionale.20 Per i pazienti
con cardiopatie valvolari la versione rivista
delle indicazioni di ACC/AHA, basata su
evidenze di tipo 1 e 2a, si riferisce solo all’insufficienza aortica (Tabella 5).1 Ulteriori
indicazioni possono essere trovate nel documento di ACC/AHA Guidelines for the Management of Patients with Valvular Heart Disease.20
Alterazioni del ritmo
Una sincope può essere causata da una disfunzione del nodo del seno, da un blocco
atrioventricolare o da tachicardie; queste alterazioni del ritmo possono essere identificate durante il test da sforzo.1 Anche se le
coronaropatie non rappresentano cause frequenti di sincope, l’esecuzione di un test da
sforzo in pazienti con sincope può consentire di identificare i pazienti con coronaropatie (Tabella 6).1
Ipertensione
Il test da sforzo viene utilizzato per identificare i pazienti con risposte pressorie abnormi, che possono essere considerate un
precursore dell’ipertensione. Questa identificazione consente al medico di intervenire,
con possibilità di prevenire o di ritardare
l’insorgenza della malattia.21 In pazienti asintomatici e normotesi il riscontro di una risposta eccessiva della pressione arteriosa durante il test da sforzo, con un valore di pres-
sione arteriosa sistolica al picco dell’esercizio superiore a 214 mmHg, oppure con
valori elevati di sistolica o diastolica al terzo
minuto del recupero, risulta associato ad un
aumento del rischio di ipertensione nel lungo
periodo.22 Nei pazienti con scarso controllo
pressorio, inoltre, la tolleranza all’esercizio
risulta ridotta.23
Una grave ipertensione sistemica può causare un sottoslivellamento del segmento ST
indotto dall’esercizio, anche in assenza di
aterosclerosi.24 In pazienti con una storia nota
di ipertensione, la presenza di una pressione
sistolica superiore a 200 mmHg, o di una
pressione diastolica superiore a 110 mmHg,
o di entrambe, viene considerata una controindicazione relativa al test da sforzo.25
Gli Autori
Il Dr. FLETCHER è Professor of Medicine
presso il Mayo Clinic College of Medicine,
di Jacksonville, Florida (Stati Uniti). Il Dr.
MILLS lavora come libero professionista a
Jacksonville. Il Dr. TAYLOR è Assistant
Professor of Family Medicine presso il Mayo
Clinic College of Medicine.
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