Titolo Popper Karl R., Congetture e confutazioni,Lo sviluppo della conoscenza scientifica,( “Conjetures and Refutation,London Routledge and Kegan Paul, 1969), Il Mulino, Collezione di Testi e Studi,2004[1972], pp719. Autore della recensione Maria Antonietta Carrozza Data della recensione Agosto 2007 Abstract "Conjectures and refutations" is a classic of the philosophy and it is a proof of Popper’s critical analysis and of its wide range of application. From the arguments dealt in the book you can see the important role of the author in the culture of the'900. We find indeed traditional philosophic arguments related to the theory of knowledge, questions concerning the philosophy of science, questions about the social sciences and political philosophy all analyzed under an historical view. The book is the basis for understanding the processes that led to the development of the logical neopositivism epistemology. "Congetture e confutazioni" costituisce un classico della filosofia ed è una prova dell’analisi critica di Popper e della sua ampiezza, infatti essa si è rivolta in svariati campi. Dal libro è possibile evincere l’importante ruolo occupato dall’autore nella cultura del '900 proprio dagli argomenti esposti; si trovano trattati, infatti, sia argomenti filosofici tradizionali relativi alla teoria della conoscenza, sia questioni riguardanti la filosofia della scienza, sia rivisitazioni di alcuni concetti appartenenti al campo specifico della scienze sociali e della filosofia politica condotte per mezzo dell'analisi storica. Il libro costituisce la base di partenza per la comprensione dei processi che hanno condotto allo sviluppo dell'epistemologia del neopositivismo logico. Recensione Lo sviluppo della conoscenza scientifica trattata da Popper nel libro “Congetture e Confutazioni” Raccoglie saggi e soprattutto i testi di conferenze tenute a Cambridge nell'estate del 1953. Nel libro Popper espone le sue concezioni sulla conoscenza scientifica e su come essa procede. Nella prefazione l’autore presenta il focus del suo pensiero che parte da alcune sue vecchie idee in particolare quelle relative al problema dell’induzione per arrivare alla tesi contraria che nega al processo induttivo “ di stabilire la verità o anche solo la <<probabilità>> di una generalizzazione o di una teoria”(VIII-Prefazione all’edizione Italiana, 2003). La verità di un asserto non può essere affermata per induzione, infatti, dice l’autore noi “non conosciamo dove sbagliamo e come possiamo sbagliare”(VIII-Prefazione all’edizione Italiana, 2003)dobbiamo essere in ogni momento disposti a sottoporre a nuova verifica le nostre asserzioni pensando in continuazione che l’asserto teorico che fino ad ora era corroborato da una notevole messe di esperienze potrebbe diventare non vero. Il progresso scientifico è caratterizzato da tentativi di soluzione a problemi che Popper definisce congetture (2003,pag 3) che sono vincolate alla critica, cioè a prove di confutazione(2003,pag 3); è possibile che tali congetture superino ogni prova di confutazione, ciononostante esse non possono essere considerate vere in assoluto e nemmeno il calcolo della probabilità può assegnare a loro un margine di verità, per esse è sempre valido il principio della temporaneità, la nostra congettura è la soluzione più avanzata al problema posto e la confutazione di una teoria deve comunque essere intesa come un passo avanti della conoscenza. “la nostra conoscenza si accresce nella misura in cui impariamo dagli errori, anche se non possiamo mai conoscere, nel senso di conoscere con certezza” (2003,pag 4). Nella prefazione alla seconda edizione del testo Popper auto-corregge questa affermazione quasi a volerla precisare ulteriormente e a voler evitare qualsiasi forma di fraintendimento: “ogni nostra conoscenza progredisce soltanto attraverso la correzione degli errori”(2003, pag.6), che riafferma in tutta la sua potenza la concezione della provvisorietà delle teorie e la prassi della confutazione come atteggiamento proprio di chi fa scienza. Quasi come se dovesse comporre la sua autobiografia nel capitolo 1, Popper svela il motivo per cui chiamato a parlare nel corso organizzato dal British Council nel 1953 e relativo agli sviluppi e le tendenze della filosofia britannica contemporanea, aveva deciso di presentare ai partecipanti, tutti colleghi filosofi, una sintesi dei lavori condotti sulla filosofia della scienza a partire dal 1919. Il problema che nella fase giovanile del suo pensiero si era posto era il seguente: "esiste un criterio per determinare il carattere scientifico di una teoria?"(2003, pag. 61). L’esistenza di questo criterio comporterebbe il poter "stabilire una distinzione fra scienza e pseudoscienza"(2003, pag.61).Pertanto, quello che l’autore pone in discussione è il “problema della demarcazione”(2003, pag.71) e cioè come riconoscere una teoria scientifica da una teoria non scientifica? Nel periodo giovanile della strutturazione delle sue concezioni, alcune teorie emergenti creavano grande fermento intellettuale, tutte vantavano carattere di scientificità. Le teorie froidiane della psicoanalisi quelle del marxismo e quella formulata da Einstein tra il 1905 e il 1915 in ambito fisico: la teoria della relatività. Queste teorie avanzavano la pretesa di scientificità e proprio su questa pretesa di scientificità si imposta la riflessione di Popper che operando una differenza tra le tre teorie emergenti fa cogliere al lettore il senso della sua argomentazione a sostegno della ricerca di una linea di demarcazione. Una teoria scientifica opera predizioni relativamente al comportamento di alcuni fenomeni naturali che, se confutate, invalidano totalmente o in parte la teoria medesima; ogni teoria scientifica è perciò una “teoria a rischio" nel senso che “se l’osservazione mostra che l’effetto previsto è del tutto assente, allora la teoria risulta semplicemente confutata. Essa è incompatibile con certi possibili risultati dell’osservazione“( 2003, pag.66). La teoria della relatività di Einstein, in quanto teoria scientifica, aveva previsto la misura della curvatura della luce di una stella causata dalla gravitazione del Sole; nel corso dell'eclisse del 1919 Eddington riuscì a misurare la curvatura della luce di una stella per effetto della gravitazione del Sole e i dati si accordarono con le previsioni contenute nella teoria stessa. Se la misura avesse fornito risultati non adeguati, la teoria di Einstein sarebbe stata rifiutata. Le teorie psicoanalitiche e marxiste, al contrario, non adottano la previsione nella loro prassi; non sono teorie "a rischio" nel senso che ogni comportamento umano o sociale da esse studiato e contemplato dalle teorie era soggetto a interpretazione, la quale convalidava sempre la teoria stessa. La caratteristica evidente era il loro “apparente potere esplicativo. Esse sembravano in grado di spiegare praticamente tutto ciò che accadeva nei campi cui si riferivano. Lo studio di una qualunque di esse sembrava avere l'effetto di una conversione o rivelazione intellettuale, che consentiva di levare gli occhi su una nuova verità, preclusa ai non iniziati. Una volta dischiusi in questo modo gli occhi, si scorgevano ovunque delle conferme: il mondo pullulava di verifiche della teoria"( 2003, pag.63). Queste teorie presentavano uno spiccato carattere di adeguatezza “e risultavano sempre confermate” ( 2003, pag.65); il fatto che esse risultano sempre adeguate è “in realtà il loro elemento di debolezza” ( 2003, pag.65). La conclusione a cui perviene l’autore è perciò che "il criterio dello stato scientifico di una teoria è la sua falsificabilità, confutabilità, o controllabilità". Popper afferma in queste pagine che sia i costrutti della psicoanalisi sia i costrutti del marxismo non possono essere annoverati tra i costrutti scientifici; l’autore sottolinea, inoltre, che privare questi campi del carattere di scientificità non significa privarli del carattere di utilità o di validità, significa soltanto affermare che esse non adottano criteri scientifici nell’approccio allo studio dei fenomeni nei loro campi di conoscenze; è possibile che in un futuro questi campi si costituiscano come scienze, infatti ogni scienza nasce storicamente da un mito, sta di fatto che il modo in cui esse ai tempi di Popper hanno organizzato la prassi di studio, ha condotto l’autore a non riconoscere loro alcun carattere di scientificità. Nell’esplicitare il suo problema e cioè quello di una linea di demarcazione tra scienza e pseudoscienza Popper si oppone alle posizioni di Wittgenstein che nel tentativo di caratterizzare la distinzione tra scienza e filosofia si concentra sulla struttura delle proposizioni e sul loro significato, asserendo che le proposizioni dotate di significato sono asserzioni che descrivono possibili stati di cose che potrebbero essere respinte o accettate dall’osservazione. Perciò, ogni proposizione è dotata di senso se contiene asserzioni osservative che riconducono a dati registrati da esperienze. Pertanto, sono scientifiche le proposizioni o i costrutti teorici deducibili da fatti realmente osservati. La verifica attraverso asserzioni osservative secondo Wittgenstein costituisce il carattere di scientificità ed è un “rozzo criterio di demarcazione basato sulla verificabilità”(2003, pag.72) asserisce Popper che non condivide queste posizioni. Popper si discosta dalla posizione di Wittgenstein secondo il quale una proposizione ha significato e senso solo se fondata sull’ esperienza, e rigetta “il criterio del significato come verificabilità” (2003, pag.73) che svolgesse “la funzione di criterio di demarcazione…..infatti il criterio di demarcazione di Wittgenstein è troppo stetto e troppo largo: esso esclude dalla scienza praticamente tutto ciò che è peculiare mentre non riesce, di fatto, ad escludere l’astrologia. Nessuna teoria scientifica può mai essere dedotta da asserzioni osservative, o venire descritta come funzione di verità di asserzioni osservative” (2003, pag.73). Nel testo Popper rende evidente la sua opposizione a Wittgenstein riguardo l’impostazione della sua analisi e cioè la convinzione che il significato di una proposizione muova dal suo rinvio all’esperienza. Il criterio imposto dall’autore, la controllabilità di una congettura, fu di gran lunga accettato non senza indurre confusione nei verificazionisti, confusione non voluta dall’autore ma provvidenziale perché consentì poi una revisione delle posizioni che furono infine comprese da tutti i componenti del circolo di Vienna in cui la disputa e gli attacchi alle posizioni di Wittgenstein ebbero luogo. Nel libro “Congetture e Confutazioni” Popper affronta il problema dell’induzione trovando una connessione tra questo e il problema della demarcazione da cui la sua analisi era partita. L’induzione viene affrontata da Popper per confronto con l’analisi che Hume ne fa. La domanda che l’autore rende evidente al lettore è relativa al processo stesso e riguarda tutte le scienze che dichiarano di avvalersi del processo induttivo per arrivare a generalizzazioni sui fenomeni naturali partendo da un numero sebbene elevato di casi osservati in natura. È corretto e scientificamente attendibile il procedere per induzione? È veramente scientifico il presupposto “da molti casi particolari al generale”?. La domanda di fondo che Popper evidenzia in realtà è il “come” si muove chi fa uso di questo procedimento. Ed è, a mio avviso, l’attenzione al “come” si passa da una pluralità di casi osservati alla costruzione di una teoria previsionale dei fenomeni naturali che consente a Popper di concludere che nessuna osservazione è possibile senza essere guidata da un “che cosa” osservare e da un “come procedere” nell’osservazione. Nessuna osservazione può essere condotta senza che sia stata posta antecedentemente una regola dal soggetto che quindi la dirige. Per questa via Popper arriva alla conclusione che “le teorie scientifiche, quindi, non erano sintesi di osservazioni, bensì invenzioni, congetture audacemente avanzate per prova, da eliminarsi se contrastanti con le osservazioni”(2003,pag.83). Le osservazioni “vengono intraprese con precisa intenzione di controllare una teoria, ottenendo possibilmente una confutazione decisiva” (2003,pag.83). Queste proposizioni hanno, allora, un unico significato; ritornando al “come” si passa alla costruzione di una teoria previsionale e perciò scientifica, occorre concludere che la costruzione è possibile solo perché si procede attraverso la logica delle “osservazioni sotto ipotesi” e le ipotesi sono le invenzioni, le immaginazioni, le congetture, le risposte che uno scienziato fornisce a un problema di conoscenza che lo ha stimolato. Le ipotesi, attraverso il procedimento scientifico saranno sottoposte a rigoroso controllo e sono il controllo e la confutabilità non le osservazioni induttive che forniscono la linea di demarcazione tra scienza e pseudoscienza. La scienza inizia da osservazioni oggettive o da problemi? Popper risponde: “la credenza che possiamo partire da delle osservazioni, senza niente di simile ad una teoria, è davvero assurda”(2003, pag.83); e poi aggiunge: “è chiaro che il precetto<<osservate!>> è assurdo” (2003, pag.84); ed ancora: “L’osservazione è sempre selettiva. Essa ha bisogno di un oggetto ben determinato, di uno scopo preciso, di un punto di vista, di un problema. E la decisione che ne segue presuppone un linguaggio descrittivo, con termini che designano proprietà” (2003, pag.84). Con queste frasi Popper rende ragione delle sue concezioni relative al procedere della conoscenza scientifica che muove da problemi e non da osservazioni oggettive e che di fronte a problemi di conoscenza subentrano due atteggiamenti principali del soggetto, in primo luogo, dotarsi di strategie che possono condurre alla soluzione del problema ed esse risiedono nell’invenzione, nelle congetture, nelle procedure di confutabilità delle congetture stesse; in secondo luogo dotarsi di strategie comunicative. Le prime strategie sono fortemente dipendenti dai bisogni(nel caso degli animali) e dai punti di vista(nel caso degli uomini), “dal particolare problema, dalle congetture, dalle teorie che egli accetta come presupposti” (2003, pag.85). Ma allora, nella scienza nasce prima il problema o prima l’ipotesi? Nasce, dice Popper, “un precedente tipo di ipotesi….che suscitavano il bisogno di una spiegazione e davano così origine all’invenzione di un’ipotesi…..perchè non potevano essere spiegate all’interno della vecchia struttura teorica, del vecchio orizzonte di aspettazioni” (2003, pag.85). La teoria elaborata da un qualsiasi scienziato è una risposta creativa a problemi di conoscenza della realtà, ma la teoria non discende direttamente dall’esperienza perché questa è filtrata dal soggetto che se la rappresenta, per cui essa è necessariamente diversa dalle osservazioni eseguite che in tal senso necessitano di diverse spiegazioni. È possibile, allora che il pensiero umano possa fondarsi su idee innate? Popper confuta il fondamento delle idee innate: “la teoria delle idee innate è assurda”(2003, pag.85), in favore di quello delle “reazioni innate o risposte innate”(2003, pag.85), che si possono denominare, dice l’autore, “aspettazioni” (2003, pag.85); innata ad esempio è l’attesa di regolarità nei confronti della natura ed essa “è anteriore, logicamente a tutte le esperienze osservative”(2003, pag.86), ma “l’aspettazione non è valida a priori”(2003, pag.86). Per concludere la sua argomentazione sull’induzione e sulla confutazione delle idee innate, Popper offre al lettore la bella metafora della macchina induttiva con cui logicamente il lettore stesso si convince dell’insensatezza del processo di induzione come processo scientifico attendibile. Allora, se l’induzione, secondo Popper, non fa parte della tradizione scientifica che cosa caratterizza la tradizione scientifica rispetto a quella non scientifica, quale proprietà la distingue? Il problema della demarcazione è ricorrente in più punti, ed anche questo nuovo problema riconduce al primo problema popperiano. La risposta alla nuova domanda arriva al lettore attraverso il pregnante confronto che Popper fa tra l’atteggiamento dogmatico e quello critico e l’equivalenza che egli stabilisce tra pensiero scientifico e pensiero critico e tra pensiero dogmatico e pensiero pseudoscientifico. Per mezzo di una serie di affascinanti e convincenti argomentazioni Popper, in modo naturale, conduce il lettore a sposare la sua tesi di fondo quella che la linea di demarcazione tra scienza e pseudoscienza è da ricercarsi nell’atteggiamento critico, atteggiamento che caratterizza il procedere scientifico; esso infatti impone la libera discussione delle teorie formulate “al fine di scoprire i lati deboli, per poterle migliorare……esso si avvale sia di argomenti verbali, sia dell’osservazione” (2003, pag.91). Nell’adozione del pensiero critico il ruolo fondamentale è esercitato dal ragionamento logico deduttivo perché per suo tramite è possibile scoprire le implicazioni delle asserzioni e sottoporle efficacemente a critica. Sottoponendo le asserzioni al vaglio del ragionamento logico deduttivo tipico del processo critico e quindi anche di quello scientifico(vista l’equivalenza stabilita dall’autore), è possibile accettare le teorie scientifiche; ma, mette in guardia l’autore, si tratta di una accettazione provvisoria. Il punto di vista popperiano è, quindi, che “tutte le leggi, tutte le teorie restano essenzialmente provvisorie, congetturali, o ipotetiche, anche quando non ci sentiamo più in grado di dubitare di esse. Non possiamo mai sapere in qual modo debba essere modificata una teoria prima che sia stata confutata” (2003, pag.93). Nelle pagine successive del libro Popper analizza tre differenti concezioni della conoscenza umana e conduce l lettore verso la scoperta degli intrecci tra le concezioni della nuova fisica fondata da Galileo e Newton fino alla fisica dei quanti nata in tempi più recenti e quelli di filosofi come Hume, Kant, Cartesio e Bacone. In questo modo introduce il lettore nel dibattito della conoscenza del mondo della natura discutendo le implicazioni dell’idea di una conoscenza pura e della ricerca della verità che caratterizzò la “tradizione fondata da Galileo”(2003, pag.172) e quella del concetto di teoria tipico della concezione strumentalista della conoscenza, mostrando il netto contrasto tra le due: la tradizione di Galileo infatti si basa sulla concezione che una teoria è soprattutto una descrizione del mondo, mentre non ha alcun carattere simile per gli strumentalisti. L’essenza della controversia e l’intervento che in essa giocarono figure religiose come il vescovo Berkeley e il cardinal Bellarmino viene resa evidente da Popper, il quale rende manifesta anche la sua posizione di non condivisione della tesi strumentalista della conoscenza. Puntando l’attenzione sulle componenti della civiltà occidentale, l’autore individua nella tradizione razionalistica greca la sua componente principale; questa tradizione, infatti, aveva per fondamento la discussione critica come ricerca della verità e tutta la scienza greca è stata un prodotto di tale fondamento, è l’eredità di questo fondamento che giunse a Galileo ed egli ne fondò “il rinascimento”(2003, pag. 176). In conclusione le concezioni della conoscenza analizzate da Popper sono: la spiegazione ultima in termini di essenze; le teorie come strumenti; congetture, verità e realtà; ma dove vuole arrivare Popper per questa via? Vuole arrivare a riaffermare proprio la sua tesi iniziale, infatti vi arriva partendo dalla terza concezione recuperando la “dottrina galileiana secondo cui lo scienziato persegue una descrizione vera del mondo, o di alcuni suoi aspetti, ed una effettiva spiegazione dei fatti osservabili; e combina inoltre questa dottrina con quella non galileiana, secondo cui, benché tale resti lo scopo dello scienziato, egli non può sapere con certezza se quanto ha trovato è vero anche se può talora stabilire con ragionevole certezza che una teoria è falsa”(2003, pag.198). Con questo sancisce il ritorno alla sua concezioneiniziale: congetture e confutazione, dunque, conducono a provvisorietà della conoscenza relativa ai fenomeni del mondo, la confutazione invece fornisce ragionevole certezza della falsità di una teoria. Altri punti notevoli del testo riguardano la trattazione relativa a Kant e alla logica dell’esperienza; la critica che Popper rivolge a Carnap relativa alla demarcazione fra scienza e metafisica che Carnap vede nella distinzione tra senso e non senso, posizione non condivisa da Popper. L’ultima parte del testo si discosta, a mio avviso dai temi strettamente relativi alla conoscenza scientifica e a come essa procede, e si rivolgono alla presentazione della critica sferrata da Popper in altri campi a partire da quello delle scienze sociali. L’attacco in questo campo è rivolto alla dottrina che Popper stesso definisce storicismo di cui critica i suoi dogmi partendo dal marxismo e dal suo metodo storico, si dirama all’analisi dei principi liberali per svelarci la natura di alcuni miti su cui essi poggiano, e si conclude col discorso sull’esame del rapporto fra utopia e violenza e il ruolo che la sua concezione di razionalismo riveste il questo rapporto. In tutte queste dissertazioni e in quelle relative agli ultimi capitoli ciò che si nota è l’uso costante del processo di confutazione che Popper utilizza per sferrare attacchi non violenti, ma stimolanti in quasi tutti i campi del mondo di conoscenze necessariamente “provvisorie” che abbiamo tra le mani. Indice Prefazione all'edizione italiana Prefazione Introduzione: Le fonti della conoscenza e dell'ignoranza PARTE PRIMA: CONGETTURE 1. La scienza: congetture e confutazioni 2. La natura dei problemi filosofici e le loro radici nella scienza 3. Tre differenti concezioni della conoscenza umana 4. Per una teoria razionale della tradizione 5. Ritorno ai presocratici - Appendice: Congetture storiche e osservazioni su Eraclito e il problema del mutamento 6. Nota su Berkeley quale precursore di Mach e Einstein 7. La critica kantiana e la cosmologia 8. Lo status della scienza e della metafisica 9. Perché i calcoli della logica e della aritmetica sono applicabili alla realtà? 10. Verità, razionalità e accrescersi della conoscenza scientifica PARTE SECONDA: CONFUTAZIONI 11. La demarcazione fra scienza e metafisica 12. Il linguaggio e il problema dei rapporti corpo-mente 13. Nota sul problema dei rapporti corpo-mente 14. Autoriferimento e significato nel linguaggio ordinario 15. Che cos'è la dialettica? 16. Previsione e profezia nelle scienze sociali 17. L'opinione pubblica e i principi liberali 18. Utopia e violenza 19. La stona del nostro tempo: visione di un ottimista 20. Umanesimo e ragione Addenda: Alcune note tecniche Indice analitico Indice dei nomi Autore Karl Popper nacque a Vienna il 28 luglio 1902, la sua formazione intellettuale fu segnata da molte esperienze vissute in svariati campi che toccarono le scienze, la musica e la politica. Molto giovane lavorò presso la clinica di consulenza per l'infanzia di Alfred Adler. Nel 1928 conseguì la laurea in filosofia con lo psicologo Karl Bühler. Dal l930 al l936 insegnò matematica e fisica nelle scuole medie. Pur non essendo membro del circolo di Vienna ebbe stretti rapporti con importanti esponenti del circolo quali Hans Hahn, Rudolf Carnap, e Herbert Feigl, con Otto Neurath con Kurt Gödel e Alfred Tarsi, con i quali intraprese vivaci discussioni e critiche ma in seguito se ne distanziò. Un evento storico che segnò la sua vita fu l’occupazione nazista dell’Austria, in seguito a questo e viste le sue origini ebraiche, prese la decisione di emigrare in Nuova Zelanda dove, negli anni che vanno dal l937 al l945, svolse l’attività di insegnante al Canterbury University College di Christchurch. Finita la guerra, nel 1946 fece ritorno in Europa poiché gli fu offerta la cattedra di logica e in seguito quella di metodologia presso la London School of Economics; nel l949 presso la stessa sede diventò professore ordinario e successivamente capo del Dipartimento di Filosofia. Abbandonò l'insegnamento nel 1969 ma prima fu maestro di alcuni tra i più importanti filosofi tra cui ricordiamo Feyerabend e Lakatos. Negli anni Cinquanta Popper ebbe numerosissimi riconoscimenti per la sua attività di ricerca: come la nomina a membro onorario della Royal Society o quella a membro dell'International Academy for Philosophy of Science, a membro della London School of Economics and Political Science. Nel 1965 fu investito del titolo di baronetto mentre nel 1985 si trasferì nei pressi di Londra, precisamente a Kenley dove morì nel l994. Bibliografia essenziale dell’ autore Logica della scoperta scientifica [1934], Einaudi, Torino, 1970. Congetture e confutazioni [1969], Il Mulino, Bologna, 1972 Miseria dello storicismo, [1944-45], Editrice l'Industria, Milano, 1954 La società aperta e i suoi nemici [1945], 2 voll., Armando, Roma, 1973-74 "Sulla logica delle scienze sociali", in AA.VV. [1962], Dialettica e positivismo in sociologia, Einaudi, Torino, 1972, pagg. 105-123 Conoscenza oggettiva. Un punto di vista evoluzionistico [1972], Armando, Roma, 1975 "La razionalità delle rivoluzioni scientifiche" [1973], in R. Harré (a cura di), Rivoluzioni scientifiche e rivoluzioni ideologiche, Armando, Roma, 1977 La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale [1974], Armando, Roma, 1974 Popper-Eccles, L'io e il suo cervello [1977], Armando, Roma, 1981 L'edizione italiana si compone di 3 volumi: il primo riporta i contributi di Popper, il secondo riporta i contributi di Eccles, il terzo volume riporta 12 dialoghi tra i due autori. I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza [1979], Il Saggiatore, Milano, 1987 Il mito della cornice, Il Mulino, Bologna, 1995 Poscritto alla logica della scoperta scientifica [1981], Il Saggiatore, Milano, 1984, 3 volumi: Il realismo e lo scopo della scienza, L'universo aperto, La teoria dei quanti e lo scisma in fisica Tre saggi sulla mente umana [1987], Armando, Roma, 1994 "Meccanismi contro invenzione creativa: brevi considerazioni su un problema aperto", in G. Giorello - P. Strata (a cura di), L'automa spirituale. Menti, cervelli e computer, Laterza, Roma- Bari, 1991 Alla ricerca di un mondo migliore [1987], Armando, Roma, 2002 La conoscenza e il problema corpo-mente [1994], Il Mulino, bologna, 1996 In quest'opera l'autore espone la sua concezione sulla conoscenza, affrontando il problema mente-corpo, ossia la questione del rapporto tra stati mentali e stati fisici del cervello. La proposta di Popper è nettamente antimaterialista e si basa sulla "teoria dei tre mondi". Tutta la vita è un risolvere problemi. Scritti sulla conoscenza, la storia e la politica, Rusconi, Milano, 1996 La mia filosofia. Dizionario filosofico, Armando, Roma, 1997 "Tolleranza e responsabilità intellettuale", in Susan Mendus - David Edwards (a cura di), Saggi sulla tolleranza, Il Saggiatore, Milano, 1990, pagg. 25-47 Contro Marx, Armando, Roma, 2000 La libertà è più importante della eguaglianza, Armando, Roma, 2000 Diritto di errore. Ventiquattro interviste (1970-1994), Armando, Roma, 2002 Karl Popper - Konrad Lorenz - Franz Kruezer, Il futuro è aperto, Bompiani, Milano, 2002 Un universo di propensioni [1990], Armando, Roma, 1994 Link http://plato.stanford.edu/entries/popper/ http://www.eeng.dcu.ie/~tkpw/ http://www.friesian.com/popper.htm http://www.stephenjaygould.org/ctrl/gardner_popper.html http://www.ildiogene.it/EncyPages/Ency=Popper.html http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=61 http://www.filosofico.net/popper.htm http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=78 http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=117 http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=293 http://www.blupete.com/Literature/Biographies/Philosophy/Popper.htm http://www.unav.es/gep/Logetic.html http://www.ditext.com/popper/lbp.html commenti Il primo sentimento nell’affrontare le 719 pagine del libro “Congetture e Confutazioni” di Popper è di dover intraprendere una lettura doverosa e faticosa, sentimento che svanisce a mano a mano che si leggono i primi capitoli del libro, i temi affrontati coinvolgono molto soprattutto persone che si sono formate alla luce di una tradizione scientifica che dà importanza più ai risultati della scienza che ai modi in cui essi vengono raggiunti. I processi scientifici attraverso cui si ottengono le teorie alla luce delle quali vengono raggiunti i risultati scientifici vengono analizzati con minuziosa chiarezza e nella pur innegabile prolissa lettura, nella mente di chi legge, si strutturano, in uno schema sempre più chiaro, via via sia i problemi che l’autore affronta sia le soluzioni che egli trova usando proprio quel procedimento che egli attribuisce alla scienza: congettura e confutazione. I problemi relativi ai processi della conoscenza scientifica che Popper esamina nel testo sono cinque, il primo relativo all’esistenza di un criterio di distinzione tra la scientificità e la non scientificità di una teoria, è il problema che Popper definisce della demarcazione. Il secondo problema posto e risolto da Popper può essere evidenziato dalle domande: le teorie possono essere ridotte a deduzioni di fatti osservati? Il carattere della scienza è quello della verificabilità? Il terzo problema riguarda il processo induttivo di cui molte scienze pensano di servirsi. Il problema è evidenziato da questa domanda: può una teoria essere elaborata a partire dall’induzione? È fortemente coinvolgente la lettura della modalità con cui Popper risolve i primi tre problemi e l’uso che egli fa di procedimenti logici che lo portano a concludere che il criterio di demarcazione esiste ed è individuabile nella falsificazione e non nella verificabilità di un costrutto teorico, che il processo induttivo non può portare a costrutti teorici perché alla base del processo vi è una operazione attiva del soggetto che dirige l’osservazione e che questa operazione attiva è l’invenzione, la congettura, mentre è la confutazione della congettura che conduce a costrutti teorici. Il quarto problema affrontato da Popper è sintetizzato da questa domanda: poiché l’induzione non conduce alla formulazione di costrutti teorici, mentre la formulazione di congetture conduce all’elaborazione di teorie, esiste una fonte originaria da cui le congetture possono muovere, e in tal caso dove risiede questa fonte? L’ultimo problema riguarda la possibilità che il processo induttivo possa rivelarci una conoscenza che abbia alta probabilità di essere scientificamente indubitabile. La via di risoluzione che Popper trova a questo problema è il risultato di ampie e minuziose argomentazioni, la conclusione è invece estremamente chiara e immediata: ogni teoria scientifica non ha mai carattere di probabile validità, ogni costrutto teorico che risultasse essere altamente probabile sarebbe scientificamente privo di interesse; ciò che distingue le teorie scientifiche è, difatti, un carattere di elevata improbabilità. Come potrebbe, allora, un uomo o una donna di scienza ignorare l’analisi popperiana? Come potrebbero fare a meno degli spunti che egli fornisce al dibattito sui modi di costruzione della scienza?