Breve nota sulla misurazione della grandezza Forza 1. Introduzione In generale, si ricorre al concetto di forza in tutte quelle situazioni in cui sia necessario qualificare e quantificare l’entità delle interazioni che si generano tra qualsiasi tipo di corpo. Da ciò emerge come la misurazione della forza trovi ragion d’essere in un intervallo molto ampio di fenomeni fisici: dalle forze a breve raggio d’azione, che regolano i fenomeni in campo sub-atomico ed atomico, alle forze di tipo elettromagnetico e gravitazionale. La forza è inoltre parte integrante delle misurazioni di peso (e, quindi, in ultima analisi, di massa), di coppia, di impatto e di accelerazione. L’unità di misura SI associata alla grandezza forza è il newton (simbolo N), definito come la forza in grado di imprimere ad una massa di 1 kg un’accelerazione pari ad 1 m/s2. All’atto pratico, per la realizzazione dell’unità di forza, non risulta conveniente applicare effettivamente l’accelerazione di 1 m/s2 ad una massa di 1 kg; si utilizzano invece masse note che, sottoposte all’effetto dell’accelerazione di gravità locale, esercitano forze note su di un supporto vincolato a terra. La struttura meccanica necessaria per realizzare la misurazione della forza secondo tale metodo è ciò che viene definito un campione primario (o macchina) a pesi diretti (o pesi “morti”). Essendo la forza una grandezza fisica di tipo vettoriale, per la sua espressione è necessario sia il ricorso ad una terna di parametri (cioè, rispettivamente, direzione, verso e modulo) sia l’utilizzo delle regole che governano la composizione vettoriale. Ad esempio, se la somma vettoriale delle forze agenti su di un corpo risulta non nulla, allora il corpo in questione subirà un’accelerazione tale per cui la variazione nel tempo della sua quantità di moto (data dal prodotto tra la sua massa e la sua velocità) avrà modulo pari al modulo della forza risultante stessa; misurazioni di forza eseguite valutando tali parametri vengono definite dinamiche. In realtà, sia per considerazioni di tipo pratico sia per ragioni prettamente metrologiche, le forze agenti su di un corpo sono misurate confrontandole in equilibrio statico con una forza di riferimento nota, generata in modo primario da corpi pesanti (impiegati nei campioni a pesi diretti). Il metodo statico si basa sul fatto che se su di un corpo mantenuto in equilibrio, e cioè con accelerazione nulla, agiscono varie forze, la risultante vettoriale delle forze agenti deve essere nulla. Impedendo quindi il movimento al corpo soggetto ad una forza unidirezionale (rendendolo cioè statico attraverso l’imposizione di opportuni vincoli), si originerà sul corpo una forza di reazione che sarà pari in modulo ma opposta in verso rispetto alla forza imposta. Tale forza di reazione si traduce in una proporzionale deformazione dell’elemento (elastico) soggetto alla forza di riferimento: la misurazione di tale deformazione fa di questo elemento un trasduttore (o misuratore secondario) di forza, più comunemente detto dinamometro. 1 Nel seguito si descrive brevemente l’equazione alla base del funzionamento dei campioni primari a pesi diretti che, ne caso specifico dell’IMGC-CNR, sono adibiti a misure di forza nell’intervallo da 5·10-1 N a 1·106 N, e le caratteristiche principali dei dinamometri la cui riferibilità ai campioni stessi è garantita da apposite procedure di taratura. 2. I campioni di forza a pesi diretti Misurare la forza ricorrendo all’applicazione diretta di un corpo pesante presenta un indubbio vantaggio metrologico: la forza-peso esercitata da tale corpo può essere infatti calcolata tramite misure fondamentali della sua massa, di spazio e tempo (per determinare l’accelerazione di gravità locale) e di altre grandezze di influenza legate alle condizioni ambientali del luogo in cui avviene la misurazione di forza (ed essendo queste tutte grandezze di cui si possono avere misure con elevato grado di precisione, l’incertezza estesa relativa sul modulo della forza generata può essere ridotta ad alcune parti su 106). Ricorrendo dunque alla definizione newtoniana della forza, e tenendo in considerazione l’effetto di galleggiamento (o spinta di Archimede) che ogni corpo immerso in aria subisce, il modulo F (in newton) della forza generata da una massa m (in kilogrammi) può essere espresso come: F = m ⋅ g l ⋅ (1 − ρ aria ρ m ) (1) dove: - gl : accelerazione di gravità locale, cioè nel luogo stesso in cui si trova il campione di forza, espressa in m/s2; - ρaria: massa volumica dell’aria, in kg/m3 (dipende dai valori di temperatura, pressione ed umidità dell’aria); - ρm: massa volumica del materiale costituente la massa utilizzata, in kg/m3. E’ stato ampiamente evidenziato come la realizzazione meccanica di un campione di forza, che traduca in pratica la relazione espressa in Eq.(1), comporti in realtà un aumento dell’incertezza estesa relativa ad alcune parti su 105. Ciò può essere ricondotto ad irregolarità geometriche (di tipo costruttivo o legate alle condizioni di utilizzo) presenti nei campioni stessi, responsabili della generazione di componenti della forza non nulle al di fuori dell’asse di applicazione della stessa. In Fig.1 è riportato lo schema del campione a pesi diretti attualmente in uso presso l’IMGC-CNR, per le portate fino a 105 N. 2 Fig. 1 . Campione a pesi diretti da 100 kN dell’IMGC-CNR 3. I dinamometri (o celle di carico) Sono strumenti portatili che permettono la determinazione della forza applicata attraverso una misura della deformazione dell’elemento elastico soggetto alla forza stessa. La relazione che lega la deformazione alla forza è stabilita periodicamente in fase di taratura con i campioni primari. L’elemento elastico è progettato in modo che la misura di deformazione sia relativa unicamente alla forza applicata sul suo asse principale, riducendo al minimo la possibile influenza di forze laterali. 3 La diversificazione dei dinamometri, per dimensioni, uso e portate, è notevolissima, mentre è ormai oggigiorno comune il fatto che la deformazione rilevata sia tradotta in segnale elettrico attraverso l’impiego di estensimetri resisitivi applicati all’elemento che subisce la deformazione. La caratterizzazione metrologica di un dinamometro avviene tenendo in considerazione i seguenti parametri: - ripetibilità e, più in generale, riproducibilità: ambedue queste caratteristiche sono funzioni della sensibilità della celle di carico alle forze non uniassiali ed agli effetti di contatto con le superfici attraverso cui avviene l’applicazione della forza; - non linearità: dipende dal tipo di elemento elastico utilizzato e dal circuito elettrico impiegato; - isteresi e scorrimento: effetti legati al comportamento plastico del materiale costituente l’elemento elastico, oltre che agli estensimetri ed agli adesivi con cui questi sono stati applicati; - temperatura: può influire sulle caratteristiche elastiche del materiale soggetto alla forza, oltre che perturbare i circuiti elettrici di rilevazione della deformazione. Il materiale costituente l’elemento elastico è usualmente acciaio (anche inossidabile), o alluminio, o rame-berillio; in sostanza, si cerca di utilizzare un materiale che mostri una relazione più lineare possibile tra la forza applicata e la deformazione che ne consegue, con un’isteresi ed uno scorrimento ridotti nell’intervallo di utilizzo. Affinché l’elemento elastico possa garantire una buona ripetibilità di comportamento nelle migliaia di cicli di applicazione del carico cui sarà sottoposto nel corso della sua “vita”, esso viene di norma sottoposto a speciali trattamenti termici che ne aumentino al massimo la stabilità. A titolo di esempio, nella pratica quotidiana, i dinamometri trovano applicazioni nei seguenti campi: - metrologico: controllo macchine prova materiali, pesate e misure di durezza; - ingegneristico: misura delle sollecitazioni, posa di cavi sottomarini; - industriale: sollevamento e controllo delle soglie di sicurezza dei carichi,, controllo delle tensioni sulle reti da pesca, etc. In Fig.2 sono riportate le sezioni di alcuni dei più diffusi tipi di elementi elastici impiegati in dinamometri di differenti portate. 4 Fig. 2. Alcuni esempi di elementi elastici, tipo di forza misurata e loro portate: a) cilindro pieno, per compressione: 50 kN – 50 MN; b) cilindro cavo, per compressione: 10 kN – 50 MN; c) anello toroidale, per compressione: 1 kN – 5 MN; d) anello, per compressione: 1 kN – 1 MN; e) “trave ad S”, a flessione o taglio: 200 N – 50 kN; f) trave a doppio appoggio, a taglio: 20 kN – 2 MN; g) trave a doppia flessione: 500 N – 50 kN; h) trave a taglio: 1 kN – 500 kN; i) tarve a doppia flessione: 100 N – 10 kN; j) cilindro a trazione: 50 kN – 50 MN. 5